Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Comunicazione della Commissione europea - Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell'UE
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 24
Data: 14/10/2019
Organi della Camera: VI Finanze, XIV Unione Europea


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Comunicazione della Commissione europea - Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell'UE

14 ottobre 2019


Indice

|Il contesto|Il quadro normativo dell'UE|Finalità/Motivazioni|Contenuti|Esame presso le istituzioni dell'UE|Esame presso altri Parlamenti nazionali|


Tipo di atto

Comunicazione - COM(2019)8
Data di adozione 15 gennaio 2019
Settori di intervento Fiscalità, armonizzazione fiscale, imposta, maggioranza dei voti, processo decisionale, mercato unico, elaborazione del diritto dell'UE, diritto tributario, cooperazione fiscale europea, riforma fiscale
Assegnazione 22 gennaio 2019 - VI Commissione (Finanze)


Il contesto

Il 15 gennaio 2019 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione "Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell'UE" ( COM(2019)8) con cui propone una transizione progressiva dalla procedura legislativa speciale (voto all'unanimità al Consiglio dell'UE, consultazione del Parlamento europeo) alla procedura legislativa ordinaria (voto a maggioranza qualificata al Consiglio e Consiglio e Parlamento che deliberano in qualità di colegislatori) per alcuni settori della politica fiscale dell'UE.
Si segnala che la comunicazione fa parte di una serie di comunicazioni della Commissione europea che propongono una analoga transizione dal voto all'unanimità nei settori della politica estera e di sicurezza comune (12 settembre 2018), della politica energetica e ambientale (la comunicazione in questione include anche le questioni fiscali attinenti all'energia e all'ambiente) (9 aprile 2019) e della politica degli affari sociali (16 aprile 2019).
La transizione proposta avverrebbe in quattro fasi, da completare entro il 2025, senza ricorrere a revisioni del vigente quadro normativo dell'Unione e senza incidere sulle attuali competenze degli Stati membri nel settore.
In particolare, la Commissione europea propone al Consiglio europeo di ricorrere alla clausola "passerella" di cui all'articolo 48, paragrafo 7, del TUE in base alla quale solo il Consiglio europeo può, all'unanimità, adottare una decisione che consenta di passare dalla regola del voto all'unanimità al voto a maggioranza qualificata/alla procedura legislativa ordinaria, se nessun Parlamento nazionale si oppone entro sei mesi dalla notifica della decisione e previa approvazione del Parlamento europeo.
Anche la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, negli " Orientamenti politici per la prossima Commissione europea (2019-2024) - "Un'Unione più ambiziosa: Il mio programma per l'Europa", afferma che intende avvalersi delle disposizioni dei Trattati che consentono di adottare le proposte in campo fiscale con voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio. Allo stesso modo, nelle risposte fornite al questionario del Parlamento europeo, il Commissario designato per l'economia, Paolo Gentiloni, ha espresso la sua intenzione di lavorare per una transizione progressiva e mirata al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria al fine di rendere la politica fiscale nell'UE più agile e più democratica.
L'iniziativa si inquadra nell'ambito di un approfondito dibattito che negli ultimi anni si è sviluppato sul piano dottrinario, oltre che politico, in merito all'insufficiente livello di armonizzazione fiscale all'interno dellUE. In particolare, da più parti è stata segnalata un'asimmetria per cui, a fronte di regole di bilancio che stabiliscono vincolistringenti sostanzialmente uniformi per tutti i Paesi membri, persistono regimi fortemente differenziati sul piano della tassazione ( salvo il caso dell'IVA che è in larga parte armonizzata). Ciò induce atteggiamenti opportunistici da parte di alcuni Stati membri che applicano regimi di favore con aliquote significativamente più basse di quelle medie vigenti all'interno dell'Unione, innescando così una concorrenza fiscale all'interno dell'Unione stessa. Ne consegue che l'allocazione degli investimenti subisce forti distorsioni per cui taluni Paesi si avvantaggiano dell'afflusso di ingenti volumi grazie al trattamento tributario favorevole , con ricadute positive non soltanto sulle grandezze economiche ma anche per la finanza pubblica . Ciò crea difficoltà agli altri Paesi i quali, invece, sono costretti a manovre restrittive di contenimento della spesa ovvero di aumento della tassazione per rispettare le regole di bilancio, accentuando in tal modo i divari e le sperequazioni. Le resistenze che hanno finora fatto fallire tutti i tentativi - in primo luogo della Commissione europea - di promuovere una più intensa armonizzazione, in particolare per le imposte dirette, discendono non soltanto dalla difesa, che molti Stati membri rivedicano, delle prerogative statuali in materia fiscale, ma anche dal timore di dover rinunciare ai concreti vantaggi che possono assicurare i differenziali dei livelli di tassazione. 
Si segnala, altresì, che il Ministro Amendola ha affermato che il Governo intende fare in modo che il processo di integrazione includa sempre maggiori settori, in particolare quello fiscale. "L'imposizione diretta è competenza dei singoli Stati membri - ha affermato il Ministro -  ma l'esercizio di questa competenza non può pregiudicare gli obiettivi e gli interessi dell'Unione, e un riavvicinamento del regime di prelievo fiscale è una delle basi su cui si deve fondare la competitività tra i Paesi, al fine di evitare gli effetti distorsivi conseguenti all'eccessiva concorrenza fiscale, ivi inclusa la delocalizzazione. Credo che l'azione del Governo si debba muovere quindi nel senso di spingere l'Unione verso un riavvicinamento delle legislazioni degli Stati in materia fiscale e verso un' armonizzazione quantomeno parziale dei livelli di imposizione, in particolare delle tasse relative alle imprese".
A livello internazionale, gli sforzi per migliorare la cooperazione fiscale tra i Governi si concentrano soprattutto in sede OCSE dove, tra l'altro, è stato adottato il cosiddetto "pacchetto BEPS" (Base Erosion and Profit Shifting) che consiste nell'adozione di standard internazionali e modalità di approccio comuni nei seguenti ambiti: contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva; erosione della base imponibile e trasferimento degli utili; scambio di informazioni attraverso il Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali; contrasto alla frode a danno dell'IVA; risoluzione delle controversie in caso di doppia imposizione.

Il quadro normativo dell'UE

In materia fiscale, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce la regola generale secondo la quale il Consiglio delibera all'unanimità secondo la procedura legislativa speciale.
Gli articoli 113 e 115 stabiliscono infatti che il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, "adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza" e "stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno". Inoltre, l'articolo 192, paragrafo, 2, primo comma, e l'articolo 194, paragrafo 3, del TFUE stabiliscono che le disposizioni/misure "aventi principalmente natura fiscale" nei settori dell'ambiente e dell'energia siano adottate dal Consiglio, che delibera all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale.
I Trattati contengono, tuttavia, altre disposizioni che conferiscono flessibilità per il ricorso a procedure diverse dall'unanimità, senza dover rivedere i Trattati stessi. Si tratta, in particolare, delle seguenti:
  • cooperazione rafforzata (articolo 20 del TUE e articoli da 326 a 334 del TFUE): un gruppo di almeno nove Stati membri può procedere congiuntamente con un'iniziativa proposta qualora si rivelasse impossibile raggiungere un accordo all'unanimità in seno al Consiglio. Secondo la Commissione europea, la cooperazione rafforzata non è tuttavia una soluzione ottimale perchè non garantisce un regime omogeneo in tutta l'Unione ma limitato ai soli Paesi partecipanti, come dimostra il caso della proposta per istituire una tassazione sulle transazioni finanziarie (ITF) che è tuttora oggetto di una cooperazione rafforzata tra dieci Stati membri (Belgio, Germania, Francia, Grecia, Italia, Austria, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna);
  • il voto a maggioranza qualificata in circostanze specifiche: l'articolo 116 del TFUE stabilisce che il voto a maggioranza qualificata nell'ambito della procedura legislativa ordinaria è ammissibile per eliminare distorsioni di concorrenza dovute alla disparità delle norme fiscali se non è stato possibile eliminare la distorsione, previa consultazione con gli Stati membri (secondo la Commissione europea, la disposizione, che è subordinata a condizioni rigorose, non può colmare tutte le lacune generate dall'unanimità); l'articolo 325 del TFUE prevede il possibile uso del voto a maggioranza qualificata per le misure mirate ad affrontare le frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione (secondo la Commissione europea, tale disposizione potrebbe essere utilizzata per talune misure di lotta contro le frodi all'IVA, dato che l'IVA è una risorsa propria dell'UE, e quindi avrebbe un ambito di applicazione circoscritto);
  • il ricorso alle cosiddette clausole "passerella": l'articolo 48, paragrafo 7, del TUE contempla una clausola "passerella" generale in base alla quale il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta: di deliberare a maggioranza qualificata nei casi in cui i Trattati richiedono l'unanimità (comma 1); di applicare la procedura legislativa ordinaria nonostante i Trattati prescrivano il ricorso a procedure speciali (comma 2). Per attivare la clausola, il Consiglio europeo deve decidere all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Inoltre, è previsto un diritto di veto a favore dei Parlamenti nazionali, da esercitarsi entro sei mesi dalla trasmissione dell'iniziativa da parte del Consiglio europeo; l'articolo 192, paragrafo 2, del TFUE contiene, invece, une clausola "passerella" specifica, destinata a misure nel settore ambientale attualmente subordinate al voto all'unanimità, comprese disposizioni "aventi principalmente natura fiscale". In questo caso, al fine di passare alla procedura legislativa ordinaria, il Consiglio deve decidere all'unanimità, in base a una proposta della Commissione europea e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni. A giudizio della Commissione europea, le suddette clausole "passerella" consentirebbero modalità più strutturate per abbandonare l'unanimità rispetto alle altre opzioni.
La Commissione europea propone, quindi, di adottare una soluzione ambiziosa, qual è quella della clausola passerella e, consapevole delle prevedibili resistenze che questa ipotesi troverebbe in alcuni Stati membri, prospetta un approccio graduale articolato in diverse fasi. Tuttavia, il ricorso a questa procedura implica che vi sia unanimità in sede di Consiglio europeo, il che, allo stato attuale, rende tale ipotesi difficilmente percorribile. Potrebbe valutarsi, in alternativa, la possibilità, peraltro contemplata dalla Commissione stessa, anche se scartata, di ricorrere al citato articolo 116 del TFUE in considerazione del pregiudizio alla concorrenza che discende dall'adozione di regimi fiscali più favorevoli da parte di uno o più Stati membri proprio allo scopo di attrarre più risorse e più investimenti a scapito di altri.

Finalità/Motivazioni

I vantaggi di un regime diverso

A giudizio della Commissione europea, il passaggio al voto a maggioranza qualificata migliorerebbe la qualità delle decisioni del Consiglio in materia fiscale poiché l'unanimità tende a creare diversi ostacoli a un processo decisionale efficiente:

  1. rende molto difficile raggiungere un compromesso, dato che basta un solo Stato membro per impedire un accordo e, anche in caso di accordo, spesso è al minimo comune denominatore;
  2. ha comportato alcuni effetti indesiderati, poiché alcuni Stati membri possono servirsi di importanti proposte in materia fiscale come moneta di scambio per altre richieste che possono avere riguardo a fascicoli del tutto distinti o per esercitare una pressione sulla Commissione europea affinché presenti proposte legislative;
  3. è controproducente poiché le decisioni adottate all'unanimità possono essere revocate solo all'unanimità, il che spesso rende gli Stati membri eccessivamente prudenti, attenuando le ambizioni e indebolendo il risultato finale;

Inoltre, secondo la Commissione europea, la procedura attuale non coinvolge a sufficienza il Parlamento europeo, mentre la transizione verso il voto a maggioranza qualificata, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, consentirebbe al Parlamento europeo di contribuire pienamente a informare la politica fiscale dell'UE.

A giudizio della Commissione europea, il passaggio al voto maggioranza qualificata consentirebbe altresì:

- alla politica fiscale dell'UE di realizzare tutto il suo potenziale, contribuendo a costruire un mercato unico più forte e dinamico che sostenga le imprese, attragga gli investitori e sia in grado di competere con i mercati globali più forti;

Al riguardo, la Commissione europea sottolinea che se non si affronta il problema della frammentazione dell'imposizione diretta, e in misura minore di quella indiretta, in 28 legislazioni nazionali diverse, gli Stati membri possono imporre costi di conformità esorbitanti alle imprese europee, in particolare alle PMI, rendendo il mercato unico meno attraente per gli investimenti a livello globale.

- al Consiglio di adottare tempestivamente le misure fiscali che corrispondono a un mercato unico dalle economie altamente integrate e agli Stati membri di affrontare più efficacemente le sfide comuni, proteggere i loro redditi, perseguire politiche fiscali propizie alla crescita e lottare contro le minacce esterne alle loro basi imponibili, comprese la concorrenza fiscale sleale e la pianificazione fiscale aggressiva;

Ad esempio - sostiene la Commissione europea - l'azione comune dell'UE è l'unico modo per lottare contro i problemi transfrontalieri di frode all'IVA, che costa ogni anno 50 miliardi di euro alle amministrazioni, nonché l'evasione e l'elusione fiscali, stimate pari a 50-70 miliardi di euro l'anno.

- di mitigare gli effetti transfrontalieri della concorrenza fiscale.

A titolo di esempio - ricorda la Commissione europea - le misure fiscali di uno Stato membro intese ad attrarre basi imponibili mobili come il reddito da capitale hanno la tendenza a ridurre il livello dell'imposizione su questo tipo di reddito in tutti gli Stati membri e che, per compensare tale riduzione, tali Stati membri spesso devono aumentare la tassazione di basi imponibili meno mobili, come il reddito da lavoro o i consumi. Di conseguenza un onere più gravoso ricade sui lavoratori, sui consumatori e sulle imprese nazionali mettendo a repentaglio l'equità dei sistemi fiscali degli Stati membri.

Costo dell'inazione nella politica fiscale dell'UE

Svolte tutte le suddette considerazioni, la Commissione europea quantifica il costo dell'inazione nella politica fiscale dell'UE nel modo seguente:

a) il regime dell'IVA definitivo potrebbe aiutare a colmare il divario annuale dell'IVA (VAT GAP, cioè la differenza tra le entrate IVA previste e quelle effettivamente riscosse negli Stati membri), pari a 137 miliardi di euro nel 2017 (con l'Italia che registra il divario IVA più elevato in termini assoluti - circa 33,5 miliardi di euro), dovuto all'evasione e all'elusione fiscali, nonché a ridurre le frodi all'IVA, che attualmente costerebbe ai bilanci pubblici mediamente 50 miliardi di euro l'anno. Un meccanismo particolarmente comune di frode tranfrontaliera è quello "dell'operatore inadempiente" o della frode "carosello", in cui sono acquistati e rivenduti beni senza pagamento dell'IVA.

Al riguardo, si segnala che la Commissione europea ha presentato il piano d'azione sull'IVA (COM(2016)148) che definisce un percorso per giungere a uno spazio unico europeo dell'IVA in grado di contrastare le frodi, sostenere le imprese e aiutare l'economia digitale e il commercio elettronico, ma diverse proposte collegate al Piano sono ferme ai tavoli negoziali.

b) sul lungo periodo la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società aumenterebbe gli investimenti nell'UE fino al 3,4% e si tradurrebbe in un incremento della crescita fino all'1,2% (corrispondente a circa 180 miliardi di euro).

Al riguardo, si segnala che nel 2016 la Commissione europea ha rilanciato la proposta suddividendola in due proposte di direttiva: la proposta di direttiva COM(2016)685 relativa a una base imponibile comune per l'imposta sulle società (CCTB) e la proposta di direttiva COM(2016)683 relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB). Le proposte sono tuttavia arenate per le resistenze di alcuni Stati membri.

c) l'imposta sulle transazioni finanziarie proposta genererebbe 57 miliardi di euro l'anno di nuove entrate.

Come accennato in precedenza, la proposta nel 2013 è stata trasformata in una proposta di cooperazione rafforzata tra dieci Stati membri a causa dell'mpossibilità di trovare un accordo unanime in Consiglio; i negoziati sono tuttavia ancora in corso.

d) l'imposta sui servizi digitali genererebbe circa 5 miliardi di euro di entrate annuali nell'UE e aiuterebbe a prevenire la frammentazione del mercato unico; secondo la Commissione europea, le imprese con modelli di business digitali pagano meno della metà dell'aliquota d'imposta rispetto alle imprese con modelli di business tradizionali, ossia un'aliquota media effettiva del 9,5% contro il 23,2%.

Al riguardo, si segnala che nel marzo 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte in materia di tassazione dell'economia digitale, con l'obiettivo di adeguare le norme fiscali europee ai nuovi modelli imprenditoriali della realtà digitale, al fine di assicurare che le imprese che operano nell'UE paghino le tasse nel luogo in cui sono generati gli utili e il valore nell'attesa di una soluzione globale a livello internazionale

La differenza del livello di tassazione delle società all'interno dell'UE

La mancanza di coordinamento fra gli Stati membri in materia di tassazione delle società ostacola le imprese che operano nel mercato unico, poiché si trovano a dover trattare con 28 diverse basi imponibili per l'imposta sulle società, con conseguenti elevati costi di messa in conformità e oneri amministrativi che danneggiano la competitività europea; tale situazione, inoltre, consente alle imprese di sfruttare le asimmetrie esistenti e crea opportunità di pianificazione fiscale aggressiva. Le differenze tra le imposte sui redditi delle società possono innescare, infatti, il trasferimento degli utili delle multinazionali da Paesi ad alta imposizione fiscale verso altri contraddistinti da una bassa tassazione.

Come mostra la tabella seguente (Fonte OCSE per l'anno 2018), tra gli Stati membri vi sono notevoli differenze tra le aliquote combinate dell'imposta sul reddito delle società, che variano dal 35% a Malta al 9% in Ungheria (Italia 27,8%).


Contenuti

La Commissione europea propone, quindi, una transizione progressiva in quattro fasi verso il voto a maggioranza qualificata nell'ambito della procedura legislativa ordinaria per la politica fiscale dell'UE.
- Prima fase: gli Stati membri concorderebbero di ricorrere al voto a maggioranza qualificata nel caso di misure intese a migliorare la cooperazione e l'assistenza reciproca fra Stati membri nella lotta all'evasione e alla frode fiscale nonché per le iniziative amministrative che agevolano l'operato delle imprese nell'UE, come ad esempio gli obblighi di dichiarazione armonizzati. Come evidenziato dalla Commissione europea, si tratta di misure di norma accolte con favore da tutti gli Stati membri, ma che possono essere bloccate per motivi non connessi alle questioni in esame.
- Seconda fase: il voto a maggioranza qualificata dovrebbe interessare misure principalmente di natura fiscale intese a sostenere altre finalità strategiche, come la lotta contro i cambiamenti climatici, la protezione dell'ambiente, il miglioramento della salute pubblica o la politica dei trasporti. Come evidenziato in precedenza, per le disposizioni aventi principalmente natura fiscale nel settore ambientale vi è la clausola "passerella" contenuta nell'articolo 192, paragrafo 2, del TFUE, mentre per gli altri settori strategici sarebbe necessaria la clausola "passerella" generale.
- Terza fase: il ricorso al voto a maggioranza qualificata contribuirebbe a modernizzare le norme dell'UE già armonizzate, come quelle in materia di IVA e di accise. A giudizio della Commissione europea, un processo decisionale più rapido in questi settori (soprattutto nel settore dell'IVA, che è una risorsa propria dell'UE) consentirebbe agli Stati membri di stare al passo con gli sviluppi tecnologici e i cambiamenti del mercato più recenti, a beneficio dei Paesi e delle imprese dell'UE. 
- Quarta fase: permetterebbe di passare al voto a maggioranza qualificata per i grandi progetti fiscali, quali la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), la cui approvazione procede molto lentamente a causa della regola dell'unanimità, e un nuovo sistema per la tassazione dell'economia digitale, necessario per garantire un'imposizione equa e competitiva nell'UE.
La Commissione europea invita, pertanto:
  • ad approvare il calendario fissato nella presente comunicazione;
  • a decidere rapidamente di ricorrere alla clausola passerella generale (articolo 48, paragrafo 7, del TUE) per la fase 1 su questioni che non hanno un'incidenza diretta sui diritti di imposizione, sulle basi imponibili o sulle aliquote di imposizione degli Stati membri e per la fase 2 nei settori in cui la tassazione sostiene altri obiettivi politici, al fine di passare al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria. A tal fine, il Consiglio europeo è invitato a notificare l'iniziativa ai Parlamenti nazionali e a chiedere l'approvazione del Parlamento europeo;
  • a prendere in considerazione il ricorso alla clausola passerella generale (articolo 48, paragrafo 7, del TUE) per la fase 3 nei settori in cui l'imposizione è già ampiamente armonizzata e per la fase 4 per altre iniziative necessarie per il mercato unico e una tassazione equa entro la fine del 2025, onde passare al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria in questi settori.
 

Esame presso le istituzioni dell'UE


Consiglio dell'UE

La Comunicazione è stata oggetto di discussione al Consiglio ECOFIN del 12 febbraio 2019. In particolare, in tale sede sarebbero emersi tre blocchi di Stati con posizioni differenti: un gruppo di Stati, il più numeroso (Lituania, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Ungheria, Irlanda, Slovacchia, Lettonia, Polonia, Croazia, Bulgaria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania, Malta), si sarebbe dichiarato contrario, o comunque scettico, esprimendo in particolare preoccupazione per il rischio di perdere la sovranità in un ambito, quello della politica fiscale, vitale per il funzionamento di uno Stato e sostenendo che negli ultimi anni l'unanimita' non ha impedito all'UE di adottare importanti misure in ambito fiscale e quindi non rappresenterebbe un ostacolo all'efficacia e all'efficienza del processo decisionale dell'UE; per contro Francia e Spagna avrebbero sostenuto l'iniziativa della Commissione europea e il suo approccio di fondo di procedere in quattro fasi da qui al 2025; un terzo gruppo (Austria, Belgio, Germania, Grecia, Danimarca, Italia) si sarebbe mostrato aperto ad approfondire la discussione, con alcune distinzioni: la Germania soltanto per specifici ambiti negoziali come la lotta alle frodi o agli abusi fiscali in generale, al fine di permettere all'UE di competere meglio sulla scena internzionale e soprattutto con USA e Cina; l'Italia al fine di  rimediare alle contraddizioni di un'Unione economica e monetaria che, da una parte, permette forme aggressive di concorrenza fiscale nel mercato interno e, dall'altra parte, pone forti vincoli all'azione degli Stati membri a causa di rigide regole di bilancio.

Parlamento europeo

Il 26 marzo 2019 il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione sui reati finanziari, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale, che contiene, al suo interno, dei passaggi sulla questione del voto all'unanimità e del voto a maggioranza qualificata in materia di politica fiscale.
La Risoluzione in particolare:
  • ribadisce l'invito rivolto alla Commissione europea affinché applichi, ove opportuno, la procedura di cui all'articolo 116 TFUE, che consente di modificare il requisito dell'unanimità nei casi in cui la Commissione constati che una disparità esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato interno;
  • accoglie con favore il contributo fornito dalla Commissione nella sua comunicazione dal titolo "Verso un processo decisionale più efficace e democratico nella politica fiscale dell'UE", che propone un calendario per il passaggio al voto a maggioranza qualificata per questioni specifiche e urgenti di politica fiscale laddove iniziative e fascicoli legislativi fondamentali in materia di lotta alla frode fiscale, all'evasione fiscale o alla pianificazione fiscale aggressiva siano bloccati in seno al Consiglio, a scapito di una vasta maggioranza di Stati membri; si compiace del sostegno fornito alla proposta da taluni Stati membri;
  • sottolinea che è opportuno continuare a prevedere tutti gli scenari e non solo il passaggio dal voto all'unanimità a quello a maggioranza qualificata attraverso una clausola "passerella"; invita il Consiglio europeo a inserire tale punto all'ordine del giorno di un futuro vertice entro la fine del 2019, in modo da avviare un dibattito proficuo sulle modalità per facilitare il processo decisionale in materia fiscale nell'interesse del funzionamento del mercato.
Si segnala che la medesima Risoluzione riporta anche una serie di conclusioni dedicate alla pratica della pianificazione fiscale aggressiva all'interno dell'UE. In particolare, la Risoluzione:
  • ricorda che l'elusione fiscale in sei Stati membri dell'UE comporta una perdita pari a 42,8 miliardi di euro di gettito fiscale negli altri 22 Stati membri, il che significa che la posizione di contribuenti netti di tali Paesi può essere controbilanciata dalle perdite che essi infliggono alla base imponibile degli altri Stati membri; osserva, ad esempio, che i Paesi Bassi impongono un costo netto all'Unione nel suo complesso pari a 11,2 miliardi di euro, il che significa che il Paese priva gli altri Stati membri di gettito fiscale a beneficio delle multinazionali e dei loro azionisti;
  • osserva che un recente studio di ricerca ha identificato cinque Stati membri dell'UE come paradisi fiscali per le imprese: Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi;
  • ricorda che la Commissione europea, nell'ambito del Semestre europeo, critica costantemente alcuni Stati membri per le lacune riscontrate nei loro sistemi fiscali, le quali agevolano la pianificazione fiscale aggressiva, affermando che tali politiche compromettono l'integrità del mercato unico europeo ( Al riguardo, si segnala che le raccomandazioni specifiche Paese 2019 della Commissione europea hanno rilevato che determinati elementi dei sistemi fiscali di alcuni Stati membri, vale a dire Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi, potrebbero tuttavia essere utilizzati dalle imprese che attuano pratiche di pianificazione fiscale aggressiva).

Esame presso altri Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l'esame della Comunicazione in oggetto risulta avviato da parte dai Parlamenti nazionali di Finlandia, Germania (Bundestag), Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito (Camera dei comuni) e Slovacchia, mentre risulta concluso da parte dei Parlamenti nazionali di Austria, Repubblica ceca, Germania (Bundesrat), Regno Unito (Camera dei lord) e Svezia.
In particolare, si segnala che il Parlamento svedese non sostiene la proposta della Commissione poichè comporterebbe un trasferimento di potere in un'area chiave per tutti gli Stati membri dal livello nazionale a quello unionale; allo stesso modo, il Parlamento della Repubblica ceca considera inaccettabile la proposta della Commissione europea poichè la politica fiscale è un'area essenziale per il mantenimento della sovranità statale.