Comunicazione della Commissione europea - Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell'UE 14 ottobre 2019 |
Indice |
|Il contesto|Il quadro normativo dell'UE|Finalità/Motivazioni|Contenuti|Esame presso le istituzioni dell'UE|Esame presso altri Parlamenti nazionali| |
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Il contesto
Il
15 gennaio 2019 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione "Verso un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica fiscale dell'UE" (
COM(2019)8) con cui propone una
transizione progressiva
dalla procedura legislativa speciale (voto all'unanimità al Consiglio dell'UE, consultazione del Parlamento europeo)
alla procedura legislativa ordinaria (voto a maggioranza qualificata al Consiglio e Consiglio e Parlamento che deliberano in qualità di colegislatori) per alcuni settori della
politica fiscale dell'UE.
Si segnala che la comunicazione fa parte di una serie di comunicazioni della Commissione europea che propongono una analoga transizione dal voto all'unanimità nei settori della politica estera e di sicurezza comune (12 settembre 2018), della politica energetica e ambientale (la comunicazione in questione include anche le questioni fiscali attinenti all'energia e all'ambiente) (9 aprile 2019) e della politica degli affari sociali (16 aprile 2019).
La transizione proposta avverrebbe in
quattro fasi, da completare
entro il 2025,
senza ricorrere a revisioni del vigente quadro normativo dell'Unione e
senza incidere sulle attuali competenze degli Stati membri nel settore.
In particolare, la Commissione europea propone al Consiglio europeo di ricorrere alla
clausola "passerella" di cui all'articolo 48, paragrafo 7, del TUE in base alla quale
solo il Consiglio europeo può, all'unanimità, adottare una decisione che consenta di
passare dalla regola del voto all'unanimità al voto a maggioranza qualificata/alla procedura legislativa ordinaria, se nessun Parlamento nazionale si oppone entro sei mesi dalla notifica della decisione e previa approvazione del Parlamento europeo.
Anche la
Presidente eletta della Commissione europea,
Ursula von der Leyen, negli "
Orientamenti politici per la prossima Commissione europea (2019-2024) - "Un'Unione più ambiziosa: Il mio programma per l'Europa", afferma che intende avvalersi delle disposizioni dei Trattati che consentono di adottare le proposte in campo fiscale con voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio. Allo stesso modo, nelle
risposte fornite al questionario del Parlamento europeo, il
Commissario designato per l'economia,
Paolo Gentiloni, ha espresso la sua intenzione di lavorare per una transizione progressiva e mirata al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria al fine di rendere la politica fiscale nell'UE più agile e più democratica.
L'iniziativa si inquadra nell'ambito di
un approfondito dibattito
che negli ultimi anni si è sviluppato
sul piano dottrinario, oltre che politico, in merito all'insufficiente livello di armonizzazione fiscale all'interno dellUE. In particolare, da più parti è stata segnalata un'asimmetria per cui, a fronte di regole di bilancio che stabiliscono vincolistringenti sostanzialmente uniformi per tutti i Paesi membri, persistono regimi fortemente differenziati
sul piano della tassazione (
salvo il caso dell'IVA che è in larga parte armonizzata). Ciò induce atteggiamenti opportunistici da parte di alcuni Stati membri che applicano regimi di favore con aliquote significativamente più basse di quelle medie vigenti all'interno dell'Unione, innescando così una concorrenza fiscale all'interno dell'Unione stessa. Ne consegue che l'allocazione degli investimenti subisce forti distorsioni per cui taluni Paesi si avvantaggiano dell'afflusso di ingenti volumi grazie al trattamento tributario favorevole
, con ricadute positive non soltanto sulle grandezze economiche ma anche per la finanza pubblica
. Ciò crea difficoltà agli altri Paesi i quali, invece, sono costretti a manovre restrittive di contenimento della spesa ovvero di aumento della tassazione per rispettare le regole di bilancio, accentuando in tal modo i divari e le sperequazioni. Le resistenze che hanno finora fatto fallire tutti i tentativi - in primo luogo della Commissione europea - di promuovere una più intensa armonizzazione, in particolare per le imposte dirette, discendono non soltanto dalla difesa, che molti Stati membri rivedicano, delle prerogative statuali in materia fiscale, ma anche dal timore di dover rinunciare ai concreti vantaggi che
possono assicurare
i differenziali dei livelli di tassazione.
Si segnala, altresì, che il
Ministro
Amendola ha affermato che il Governo intende fare in modo che il processo di integrazione includa sempre maggiori settori, in particolare quello fiscale. "L'imposizione diretta è competenza dei singoli Stati membri - ha affermato il Ministro - ma l'esercizio di questa competenza non può pregiudicare gli obiettivi e gli interessi dell'Unione, e un
riavvicinamento del regime di prelievo fiscale è una delle basi su cui si deve fondare la competitività tra i Paesi, al fine di
evitare gli effetti distorsivi conseguenti all'eccessiva concorrenza fiscale, ivi inclusa la delocalizzazione. Credo che l'azione del Governo si debba muovere quindi nel senso di spingere l'Unione verso un
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati in materia fiscale e verso un'
armonizzazione quantomeno parziale dei livelli di imposizione, in particolare delle
tasse relative alle imprese".
A livello internazionale, gli sforzi per migliorare la cooperazione fiscale tra i Governi si concentrano soprattutto in sede OCSE dove, tra l'altro, è stato adottato il cosiddetto "pacchetto BEPS" (Base Erosion and Profit Shifting) che consiste nell'adozione di standard internazionali e modalità di approccio comuni nei seguenti ambiti: contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva; erosione della base imponibile e trasferimento degli utili; scambio di informazioni attraverso il Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali; contrasto alla frode a danno dell'IVA; risoluzione delle controversie in caso di doppia imposizione.
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Il quadro normativo dell'UE
In materia
fiscale, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce la
regola generale secondo la quale il
Consiglio delibera all'unanimità secondo la procedura legislativa speciale.
Gli
articoli 113 e 115 stabiliscono infatti che il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, "adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza" e "stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno". Inoltre, l'articolo 192, paragrafo, 2, primo comma, e l'articolo 194, paragrafo 3, del TFUE stabiliscono che le disposizioni/misure "aventi principalmente natura fiscale" nei settori dell'ambiente e dell'energia siano adottate dal Consiglio, che delibera all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale.
I Trattati contengono, tuttavia,
altre disposizioni che conferiscono
flessibilità per il ricorso a procedure diverse dall'unanimità, senza dover rivedere i Trattati stessi. Si tratta, in particolare, delle seguenti:
La Commissione europea propone, quindi, di adottare una soluzione ambiziosa, qual è quella della clausola passerella e, consapevole delle prevedibili resistenze che questa ipotesi troverebbe in alcuni Stati membri, prospetta
un approccio graduale articolato in diverse fasi. Tuttavia, il ricorso a questa procedura implica che vi sia unanimità in sede di Consiglio europeo, il che, allo stato attuale, rende tale ipotesi difficilmente percorribile. Potrebbe valutarsi, in alternativa, la possibilità, peraltro contemplata dalla Commissione stessa, anche se scartata, di ricorrere al citato articolo 116 del TFUE in considerazione del pregiudizio alla concorrenza che discende dall'adozione di regimi fiscali più favorevoli da parte di uno o più Stati membri proprio allo scopo di attrarre più risorse e più investimenti a scapito di altri.
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Finalità/Motivazioni
I vantaggi di un regime diverso
A giudizio della Commissione europea, il passaggio al voto a maggioranza qualificata migliorerebbe la qualità delle decisioni del Consiglio in materia fiscale poiché l'unanimità tende a creare diversi ostacoli a un processo decisionale efficiente:
Inoltre, secondo la Commissione europea, la procedura attuale non coinvolge a sufficienza il Parlamento europeo, mentre la transizione verso il voto a maggioranza qualificata, nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, consentirebbe al Parlamento europeo di contribuire pienamente a informare la politica fiscale dell'UE. A giudizio della Commissione europea, il passaggio al voto maggioranza qualificata consentirebbe altresì: - alla politica fiscale dell'UE di realizzare tutto il suo potenziale, contribuendo a costruire un mercato unico più forte e dinamico che sostenga le imprese, attragga gli investitori e sia in grado di competere con i mercati globali più forti;
Al riguardo, la Commissione europea sottolinea che se non si affronta il problema della frammentazione dell'imposizione diretta, e in misura minore di quella indiretta, in 28 legislazioni nazionali diverse, gli Stati membri possono imporre costi di conformità esorbitanti alle imprese europee, in particolare alle PMI, rendendo il mercato unico meno attraente per gli investimenti a livello globale.
- al Consiglio di adottare tempestivamente le misure fiscali che corrispondono a un mercato unico dalle economie altamente integrate e agli Stati membri di affrontare più efficacemente le sfide comuni, proteggere i loro redditi, perseguire politiche fiscali propizie alla crescita e lottare contro le minacce esterne alle loro basi imponibili, comprese la concorrenza fiscale sleale e la pianificazione fiscale aggressiva;
Ad esempio - sostiene la Commissione europea - l'azione comune dell'UE è l'unico modo per lottare contro i problemi transfrontalieri di frode all'IVA, che costa ogni anno 50 miliardi di euro alle amministrazioni, nonché l'evasione e l'elusione fiscali, stimate pari a 50-70 miliardi di euro l'anno.
- di mitigare gli effetti transfrontalieri della concorrenza fiscale.
A titolo di esempio - ricorda la Commissione europea - le misure fiscali di uno Stato membro intese ad attrarre basi imponibili mobili come il reddito da capitale hanno la tendenza a ridurre il livello dell'imposizione su questo tipo di reddito in tutti gli Stati membri e che, per compensare tale riduzione, tali Stati membri spesso devono aumentare la tassazione di basi imponibili meno mobili, come il reddito da lavoro o i consumi. Di conseguenza un onere più gravoso ricade sui lavoratori, sui consumatori e sulle imprese nazionali mettendo a repentaglio l'equità dei sistemi fiscali degli Stati membri.
Costo dell'inazione nella politica fiscale dell'UE
Svolte tutte le suddette considerazioni, la Commissione europea quantifica il costo dell'inazione nella politica fiscale dell'UE nel modo seguente: a) il regime dell'IVA definitivo potrebbe aiutare a colmare il divario annuale dell'IVA (VAT GAP, cioè la differenza tra le entrate IVA previste e quelle effettivamente riscosse negli Stati membri), pari a 137 miliardi di euro nel 2017 (con l'Italia che registra il divario IVA più elevato in termini assoluti - circa 33,5 miliardi di euro), dovuto all'evasione e all'elusione fiscali, nonché a ridurre le frodi all'IVA, che attualmente costerebbe ai bilanci pubblici mediamente 50 miliardi di euro l'anno. Un meccanismo particolarmente comune di frode tranfrontaliera è quello "dell'operatore inadempiente" o della frode "carosello", in cui sono acquistati e rivenduti beni senza pagamento dell'IVA. Al riguardo, si segnala che la Commissione europea ha presentato il piano d'azione sull'IVA (COM(2016)148) che definisce un percorso per giungere a uno spazio unico europeo dell'IVA in grado di contrastare le frodi, sostenere le imprese e aiutare l'economia digitale e il commercio elettronico, ma diverse proposte collegate al Piano sono ferme ai tavoli negoziali. b) sul lungo periodo la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società aumenterebbe gli investimenti nell'UE fino al 3,4% e si tradurrebbe in un incremento della crescita fino all'1,2% (corrispondente a circa 180 miliardi di euro). Al riguardo, si segnala che nel 2016 la Commissione europea ha rilanciato la proposta suddividendola in due proposte di direttiva: la proposta di direttiva COM(2016)685 relativa a una base imponibile comune per l'imposta sulle società (CCTB) e la proposta di direttiva COM(2016)683 relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB). Le proposte sono tuttavia arenate per le resistenze di alcuni Stati membri. c) l'imposta sulle transazioni finanziarie proposta genererebbe 57 miliardi di euro l'anno di nuove entrate. Come accennato in precedenza, la proposta nel 2013 è stata trasformata in una proposta di cooperazione rafforzata tra dieci Stati membri a causa dell'mpossibilità di trovare un accordo unanime in Consiglio; i negoziati sono tuttavia ancora in corso. d) l'imposta sui servizi digitali genererebbe circa 5 miliardi di euro di entrate annuali nell'UE e aiuterebbe a prevenire la frammentazione del mercato unico; secondo la Commissione europea, le imprese con modelli di business digitali pagano meno della metà dell'aliquota d'imposta rispetto alle imprese con modelli di business tradizionali, ossia un'aliquota media effettiva del 9,5% contro il 23,2%. Al riguardo, si segnala che nel marzo 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte in materia di tassazione dell'economia digitale, con l'obiettivo di adeguare le norme fiscali europee ai nuovi modelli imprenditoriali della realtà digitale, al fine di assicurare che le imprese che operano nell'UE paghino le tasse nel luogo in cui sono generati gli utili e il valore nell'attesa di una soluzione globale a livello internazionale.
La differenza del livello di tassazione delle società all'interno dell'UE
La mancanza di coordinamento fra gli Stati membri in materia di tassazione delle società ostacola le imprese che operano nel mercato unico, poiché si trovano a dover trattare con 28 diverse basi imponibili per l'imposta sulle società, con conseguenti elevati costi di messa in conformità e oneri amministrativi che danneggiano la competitività europea; tale situazione, inoltre, consente alle imprese di sfruttare le asimmetrie esistenti e crea opportunità di pianificazione fiscale aggressiva. Le differenze tra le imposte sui redditi delle società possono innescare, infatti, il trasferimento degli utili delle multinazionali da Paesi ad alta imposizione fiscale verso altri contraddistinti da una bassa tassazione. Come mostra la tabella seguente (Fonte OCSE per l'anno 2018), tra gli Stati membri vi sono notevoli differenze tra le aliquote combinate dell'imposta sul reddito delle società, che variano dal 35% a Malta al 9% in Ungheria (Italia 27,8%). |
Contenuti
La Commissione europea propone, quindi, una
transizione progressiva in quattro fasi verso il voto a maggioranza qualificata nell'ambito della procedura legislativa ordinaria per la politica fiscale dell'UE.
- Prima fase: gli Stati membri concorderebbero di ricorrere al voto a maggioranza qualificata nel caso di misure intese a migliorare la cooperazione e l'assistenza reciproca fra Stati membri nella
lotta all'evasione e alla frode fiscale nonché per le iniziative amministrative che agevolano l'operato delle imprese nell'UE, come ad esempio gli obblighi di dichiarazione armonizzati. Come evidenziato dalla Commissione europea, si tratta di misure di norma accolte con favore da tutti gli Stati membri, ma che possono essere bloccate per motivi non connessi alle questioni in esame.
- Seconda fase: il voto a maggioranza qualificata dovrebbe interessare misure principalmente di natura fiscale intese a sostenere
altre finalità strategiche, come la lotta contro i cambiamenti climatici, la protezione dell'ambiente, il miglioramento della salute pubblica o la politica dei trasporti. Come evidenziato in precedenza, per le disposizioni aventi principalmente natura fiscale nel settore ambientale vi è la clausola "passerella" contenuta nell'articolo 192, paragrafo 2, del TFUE, mentre per gli altri settori strategici sarebbe necessaria la clausola "passerella" generale.
- Terza fase: il ricorso al voto a maggioranza qualificata contribuirebbe a modernizzare le norme dell'UE già armonizzate, come quelle in materia di
IVA e di
accise. A giudizio della Commissione europea, un processo decisionale più rapido in questi settori (soprattutto nel settore dell'IVA, che è una risorsa propria dell'UE) consentirebbe agli Stati membri di stare al passo con gli sviluppi tecnologici e i cambiamenti del mercato più recenti, a beneficio dei Paesi e delle imprese dell'UE.
- Quarta fase: permetterebbe di passare al voto a maggioranza qualificata per i
grandi progetti fiscali, quali la base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), la cui approvazione procede molto lentamente a causa della regola dell'unanimità, e un nuovo sistema per la tassazione dell'economia digitale, necessario per garantire un'imposizione equa e competitiva nell'UE.
La Commissione europea invita, pertanto:
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Esame presso le istituzioni dell'UE |
Consiglio dell'UE
La Comunicazione è stata oggetto di
discussione al Consiglio ECOFIN del 12 febbraio 2019. In particolare, in tale sede sarebbero emersi
tre blocchi di Stati con posizioni differenti: un
gruppo di Stati, il
più numeroso (Lituania, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Ungheria, Irlanda, Slovacchia, Lettonia, Polonia, Croazia, Bulgaria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania, Malta), si sarebbe dichiarato
contrario, o comunque
scettico, esprimendo in particolare preoccupazione per il rischio di perdere la sovranità in un ambito, quello della politica fiscale, vitale per il funzionamento di uno Stato e sostenendo che negli ultimi anni l'unanimita' non ha impedito all'UE di adottare importanti misure in ambito fiscale e quindi non rappresenterebbe un ostacolo all'efficacia e all'efficienza del processo decisionale dell'UE; per contro
Francia e
Spagna avrebbero
sostenuto l'iniziativa della Commissione europea e il suo approccio di fondo di procedere in quattro fasi da qui al 2025; un terzo gruppo (Austria, Belgio, Germania, Grecia, Danimarca,
Italia)
si sarebbe mostrato
aperto ad approfondire la discussione, con alcune distinzioni: la Germania soltanto per specifici ambiti negoziali come la lotta alle frodi o agli abusi fiscali in generale, al fine di permettere all'UE di competere meglio sulla scena internzionale e soprattutto con USA e Cina;
l'Italia al fine di
rimediare alle contraddizioni di un'Unione economica e monetaria che, da una parte, permette forme aggressive di concorrenza fiscale nel mercato interno e, dall'altra parte, pone forti vincoli all'azione degli Stati membri a causa di rigide regole di bilancio.
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Parlamento europeo
Il
26 marzo 2019 il Parlamento europeo ha approvato la
Risoluzione sui reati finanziari, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale, che contiene, al suo interno, dei passaggi sulla questione del voto all'unanimità e del voto a maggioranza qualificata in materia di politica fiscale.
La Risoluzione in particolare:
Si segnala che la medesima Risoluzione riporta anche una serie di conclusioni dedicate alla pratica della
pianificazione fiscale aggressiva all'interno dell'UE. In particolare, la Risoluzione:
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Esame presso altri Parlamenti nazionali
Sulla base dei dati forniti dal sito
IPEX, l'esame della Comunicazione in oggetto risulta
avviato da parte dai Parlamenti nazionali di Finlandia, Germania (Bundestag), Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito (Camera dei comuni) e Slovacchia, mentre risulta
concluso da parte dei Parlamenti nazionali di Austria, Repubblica ceca, Germania (Bundesrat), Regno Unito (Camera dei lord) e Svezia.
In particolare, si segnala che il Parlamento svedese non sostiene
la proposta della Commissione
poichè comporterebbe un trasferimento di potere in un'area chiave per tutti gli Stati membri dal livello nazionale a quello unionale; allo stesso modo, il Parlamento della Repubblica ceca considera inaccettabile la proposta della Commissione europea poichè la politica fiscale è un'area essenziale per il mantenimento della sovranità statale.
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