Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Esteri
Titolo: Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 18 dicembre 1997 e Protocollo di emendamento al Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 22 novembre 2017
Riferimenti: AC N.2522/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 336
Data: 01/09/2020
Organi della Camera: III Affari esteri


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Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 18 dicembre 1997 e Protocollo di emendamento al Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 22 novembre 2017

1 settembre 2020
Schede di lettura


Indice

Contenuto dell'accordo|Contenuto del disegno di legge di ratifica|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto dell'accordo

La Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate è stata aperta alla firma a Strasburgo il 21 marzo 1983 ed è entrata in vigore internazionale il 1° luglio 1985: attualmente ne sono Parti 68 Stati, ossia quelli membri del Consiglio d'Europa (salvo il Principato di Monaco) e diversi Stati non membri, tra i quali l'Australia, il Canada, Israele, il Giappone, gli Stati Uniti, l'India e il Messico. Il nostro Paese ha ratificato la Convenzione ai sensi della legge 25 luglio 1988, n. 334.

 

La Convenzione del 1983 ha lo scopo principale di favorire il reinserimento sociale dei condannati, permettendo a uno straniero detenuto di scontare la pena nel Paese d'origine.
La Convenzione mette l'accento sulle difficoltà di comunicazione date dalle barriere linguistiche e l'assenza di contatti con i familiari possono esercitare un'influenza negativa sul comportamento del detenuto straniero.
In base alla Convenzione, il trasferimento del detenuto straniero può essere richiesto sia dallo Stato (c.d. Stato di condanna) che ha condannato il soggetto in questione, e nelle cui prigioni egli sconta la pena, sia dallo Stato d'origine (c.d. Stato di esecuzione) della persona interessata. L'esecuzione del trasferimento è condizionata al consenso dei due Stati, come anche a quello del detenuto.
La Convenzione definisce parimenti le procedure di esecuzione della pena successivamente al trasferimento: in ogni caso, a prescindere dall'ordinamento giuridico dello Stato di esecuzione, una pena a carattere detentivo non potrà essere commutata in sanzione pecuniaria. Inoltre, il periodo di pena già scontato nello Stato di condanna dovrà essere considerato nelle determinazioni assunte dallo Stato di esecuzione. Infine, in nessun caso la pena dovrà essere, quanto alla natura e alla durata, più severa di quella inflitta dallo Stato di condanna.

 

Il Protocollo addizionale del 18 dicembre 1997,  entrato in vigore il 1° giugno 2000, è stato sinora ratificato da 39 Stati. Il Protocollo definisce le procedure applicabili al trasferimento dell'esecuzione della pena per quanto concerne i soggetti che, dopo la sentenza, si sottraggono all'esecuzione della pena nello Stato di condanna, rientrando nel territorio dello Stato di origine. Inoltre il Protocollo stabilisce le regole per il trasferimento dei detenuti oggetto di una misura di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera in ragione della condanna riportata.

 

Il Protocollo emendativo del 22 novembre 2017 non è ancora entrato in vigore e risulta già ratificato da Austria, Lituania, Paesi Bassi e Svizzera (il nostro Paese ha sottoscritto il testo il 20 febbraio 2018).  I contenuti del nuovo protocollo sono intesi ad un aggiornamento del documento del 1997 alla luce delle prassi giudiziarie degli ultimi venti anni in materia di trasferimento delle persone condannate.

 

Il quadro normativo delineato dal Protocollo addizionale del 1997, come emendato dal Protocollo del 2017, si struttura in nove articoli, preceduti da un breve preambolo nel quale si esplicita l'intento di facilitare l'applicazione della Convenzione del 1983, perseguendo una buona amministrazione della giustizia e favorendo il reinserimento sociale dei condannati.

 

L'articolo 1, comma 2 sancisce l'applicabilità della Convenzione del 1983 nella misura in cui le varie disposizioni siano compatibili con quelle del Protocollo in esame. Peraltro il precedente comma 1 prevede l'interpretazione dei termini utilizzati nel Protocollo del 1997 ai sensi della Convenzione del 1983.

L'articolo 2 - modificato dall'art. 1 del Protocollo emendativo del 2017 nella rubrica e nel comma 1 - è dedicato alle persone che abbiano lasciato lo Stato di condanna prima di aver completato l'esecuzione della loro pena. Il comma 1 prevede, nel caso in cui un cittadino di uno Stato contraente sia oggetto di una sentenza definitiva da parte di un altro Stato contraente (Stato di condanna), che quest'ultimo possa richiedere allo Stato di nazionalità del condannato di dare corso all'esecuzione della pena in due casi, ovvero qualora il soggetto sia fuggito presso lo Stato di nazionalità pur essendo consapevole del procedimento penale nei suoi confronti nello Stato di condanna; oppure quando il soggetto interessato ha adottato analogo comportamento elusivo pur essendo consapevole dell'emissione di una sentenza nei suoi confronti. Il comma 2 dà facoltà allo Stato di esecuzione, dopo la richiesta da parte dello Stato di condanna e prima ancora di ricevere la relativa documentazione, di procedere all'arresto o adottare qualsiasi altra misura cautelativa, sì da garantire che la persona oggetto della richiesta rimanga nel proprio territorio di nazionalità in attesa della decisione sulla richiesta medesima. Il comma 3 stabilisce che per il trasferimento dell'esecuzione della pena non è necessario il consenso del condannato.

L'articolo 3 riguarda i condannati soggetti ad un provvedimento di espulsione. Il comma 1 - modificato unitamente alla rubrica dall'art. 2 del Protocollo del 2017 - prevede che lo Stato di esecuzione possa accettare il trasferimento di una persona condannata anche senza il suo consenso, laddove la sentenza o la decisione amministrativa pronunciata nello Stato di condanna includano un ordine di espulsione nei confronti di detta persona, o comunque altra misura in conseguenza della quale detta persona non possa più rimanere all'interno del territorio dello Stato di condanna una volta rilasciata dal carcere. In ogni modo, ai sensi del comma 2 - peraltro non modificato dal Protocollo del 2017 - lo Stato di esecuzione presta il proprio consenso al trasferimento della persona solo dopo debita considerazione del parere di questa.

Il comma 3 - parzialmente modificato dall'art. 2 del Protocollo del 2017 - prevede che ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 del Protocollo 1997 in commento, lo Stato di condanna dovrà fornire allo Stato di esecuzione una dichiarazione contenente il parere della persona condannata riguardo al suo possibile trasferimento, ovvero una dichiarazione in cui si afferma il diniego della persona condannata di fornire un proprio parere al riguardo. Lo Stato di condanna dovrà altresì fornire una copia del provvedimento di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera, o di qualsiasi altra misura in applicazione della quale il condannato non potrà più soggiornare nello Stato di condanna dopo la sua scarcerazione.

Il comma 4 - interamente modificato dall'art. 2 del Protocollo del 2017 - s'incarica di escludere, nei confronti di ogni persona trasferita conformemente all'articolo 3 in commento, la possibilità di subire un processo, una condanna o un fermo in relazione a reati commessi precedentemente al trasferimento - salvo naturalmente i reati per i quali è stata comminata la pena da eseguire. Allo stesso modo detta persona non dovrà subire restrizioni alla libertà personale, ad eccezione di due casi:

a) quando lo stesso Stato di condanna autorizzi tali restrizioni - tale autorizzazione deve senz'altro essere concessa se il reato per cui è richiesta rappresenta nello Stato di condanna una fattispecie passibile di estradizione, o laddove l'estradizione sarebbe esclusa ma solo in ragione dell'ammontare della pena;

b) quando la persona condannata, pur avendo potuto lasciare il territorio dello Stato di esecuzione non ha fatto ciò entro 30 giorni successivi al suo rilascio, ovvero se tale persona è ritornata in quel territorio dopo essersene allontanata.

Le rimanenti disposizioni dell'art. 3, a partire dal comma 5,  sono rimaste invariate: lo Stato di esecuzione può adottare le misure necessarie ai fini di una interruzione della prescrizione, e tra queste ha facoltà di ricorrere a un procedimento in contumacia.

Il comma 6 prevede che ogni Stato contraente può preannunciare di non voler procedere all'esecuzione di condanne alle condizioni di cui all'articolo 3 del Protocollo del 1997 in commento, attraverso una dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d'Europa.

 

Gli altri sei articoli del Protocollo addizionale del 1997 riportano in grande dettaglio le clausole finali relative al Protocollo medesimo, aperto alla firma (articolo 4) degli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli altri Stati firmatari della Convenzione del 1983: tuttavia, uno Stato firmatario non può ratificare il Protocollo senza avere in precedenza o contemporaneamente ratificato la Convenzione del 1983. Il Depositario del Protocollo è il Segretario generale del Consiglio d'Europa (articolo 9). Ogni Stato non membro del Consiglio d'Europa che sia Parte della Convenzione del 1983 potrà aderire al Protocollo del 1997 dopo la sua entrata in vigore (articolo 5). Il Protocollo (articolo 7) si applicherà all'esecuzione delle condanne pronunciate sia anteriormente che successivamente all'entrata in vigore di esso. È prevista la possibilità per ogni Parte contraente di denunciare (articolo 8) in qualsiasi momento il Protocollo, attraverso notifica da indirizzare al Depositario: tuttavia, per l'esecuzione di condanne relative a persone trasferite prima che la denuncia abbia effetto, il Protocollo continuerà ad essere applicato. In caso poi di denuncia della Convenzione del 1983 ne conseguirà automaticamente la denuncia del Protocollo del 1997.

 

Il Protocollo del 2017, oltre ai primi due articoli specificamente finalizzati ad emendare il precedente Protocollo del 1997, detta una serie di disposizioni finali (artt. 3-7).

In particolare, l'articolo 3 prevede l'apertura alla firma del Protocollo agli Stati che siano Parti del Protocollo addizionale del 1997. Anche in questo caso il Segretario generale del Consiglio d'Europa eserciterà le funzioni di Depositario. Nel periodo tra l'apertura alla firma del Protocollo del 2017 e prima dell'entrata in vigore di esso uno Stato Parte della Convenzione del 1983 non potrà ratificare il Protocollo del 1997 se simultaneamente non ratificherà il Protocollo del 2017.

L'entrata in vigore (articolo 4) del Protocollo del 2017 è prevista dopo un determinato periodo dalla data in cui tutti gli Stati Parti del Protocollo addizionale del 1997 avranno espresso il loro consenso ad essere vincolati dal Protocollo del 2017. Peraltro uno Stato Parte del Protocollo addizionale del 1997, al momento della ratifica del Protocollo del 2017 o successivamente, potrà dichiarare di voler applicare le disposizioni di quest'ultimo Protocollo a titolo provvisorio prima dell'entrata in vigore di esso. In tal caso, tuttavia, le disposizioni del Protocollo si applicheranno solo tra gli Stati Parti che avranno effettuato la medesima dichiarazione (articolo 5).


Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge A.C. 2522, già approvato dal Senato il 27 maggio 2020, si compone di quattro articoli.

Gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 18 dicembre 1997; e del Protocollo di emendamento al Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Strasburgo il 22 novembre 2017.

L'articolo 3 reca la copertura finanziaria relativa all'attuazione dei Protocolli nel nostro ordinamento giuridico. In particolare il comma 1 rinviene negli articoli 2 e 3 del Protocollo del 1997, nel testo emendato, le norme che comportano oneri finanziari, quantificati complessivamente in 9.189 euro annui a decorrere dal 2020. Tali somme si rinvengono con corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (bilancio triennale 2020-2022), con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

L'articolo 4 del disegno di legge, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

La relazione tecnica che accompagna il disegno di legge A.S. 1239 ipotizza, nell'attuazione congiunta dei due Protocolli e della Convenzione del 1983 - il cui articolo 17 prevede che le spese di trasferimento siano a carico dello Stato di esecuzione, dunque della Parte richiedente - un numero di trasferimenti non superiore a due unità all'anno, considerando che l'applicazione dei due Protocolli riguarda i Paesi membri del Consiglio d'Europa al di fuori degli Stati membri dell'Unione europea, nei cui confronti invece il trasferimento delle persone condannate è disciplinato dalla Decisione quadro 2008/909/GAI, attuata in Italia dal Decreto legislativo 161/2010. Il trasferimento di due condannati all'anno comporta secondo la relazione tecnica, considerando la necessità di due accompagnatori per ciascun condannato, un onere complessivo di 5.189 euro. A tale onere va aggiunta la previsione forfettaria di spese per traduzioni di atti e documenti pari a 4.000 euro annui.

Il disegno di legge A.S. 1239 è altresì corredato da un'Analisi tecnico-normativa (ATN), nella quale non si rinviene alcun profilo di incoerenza o contraddizione con il quadro normativo nazionale, incluso il livello costituzionale. Sempre ai sensi dell'ATN, inoltre, il provvedimento non incide sulla disciplina comunitaria né si pone in contraddizione con altri obblighi internazionali dell'Italia. Di rilievo altresì l'osservazione sulla conformità dei Protocolli ai principi generali giurisprudenziali dell'Unione europea, nonché a quelli della Corte europea dei diritti dell'Uomo, anch'essi ormai parte dell'acquis communautaire.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie di cui all'art. 117, secondo comma, lettere  a) e l) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.