L'evoluzione della crisi libica: cronologia dei più recenti avvenimenti (aprile 2019-aprile 2020) 14 maggio 2020 |
L'offensiva della primavera 2019 del generale HaftarIl 4 aprile 2019 il generale Khalifa Haftar dava inizio ad un'offensiva militare per prendere possesso della capitale Tripoli, controllata dalle milizie del Governo di accordo nazionale (GNA), guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dalle Nazioni Unite. L'offensiva ha vanificato i pochi progressi in direzione di un accordo capace di spostare la rivalità tra le fazioni libiche dal piano militare a quello politico ed ha riaperto una nuova stagione di conflitti tra le diverse milizie presenti nel paese. Dall'inizio dell'offensiva si calcola che il numero delle vittime, secondo stime giornalistiche ma difficilmente verificabili, si collochi tra i 2.200 e i 3.000 morti, oltre alla distruzione di case ed infrastrutture. Inoltre, la ripresa su vasta scala del confronto bellico ha acuito lo scontro sul controllo delle risorse economiche, in particolare relativamente alle infrastrutture del comparto idrocarburico e agli apparati istituzionali preposti alla commercializzazione di petrolio e gas e alla redistribuzione dei proventi. Haftar ha posto l'azione del suo esercito in relazione alla lotta contro il terrorismo e all'impegno a combattere i militanti islamici insediati nel sud del paese, soprattutto nella regione del Fezzan. Secondo alcuni rapporti delle Nazioni Unite, l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti avrebbero sostenuto militarmente Haftar, ritenendolo un baluardo contro l'islamismo. In particolare, secondo quanto rivelato dal quotidiano New York Times e da altri organi di stampa, Haftar avrebbe ricevuto caccia egiziani, droni emiratini e sistemi d'arma sofisticati (tra cui proiettili d'artiglieria a guida laser e missili anticarro). Il Presidente statunitense, Donald Trump, il 15 aprile, pochi giorni dopo la dichiarazione del Dipartimento di Stato che aveva condannato la campagna militare di Haftar, in una conversazione telefonica con il Generale libico ha espresso parole di apprezzamento per il suo ruolo "sia nella lotta contro il terrorismo, sia nelle azioni atte a mettere in sicurezza le risorse petrolifere del paese". Secondo il giornale americano Bloomberg, che cita fonti diplomatiche, Trump avrebbe dato il proprio supporto all'azione militare di Haftar, il 9 aprile in un colloquio telefonico avvenuto durante la visita a Washington del Presidente egiziano, Al Sisi. All'inizio di aprile del 2019 l'Esercito nazionale libico avanzava in direzione di Tripoli, ingaggiando combattimenti con le forze fedeli al governo d'intesa nazionale guidato da Serraj e riconosciuto dalla maggior parte della Comunità internazionale. Pur incontrando una forte resistenza da parte delle forze di sicurezza fedeli al governo di Serraj e dalle milizie di Misurata, l'Esercito nazionale libico rivendicava la presa dell'aeroporto sud di Tripoli, che si trova a soli 25 km dal centro della città. Se nei giorni successivi lo slancio delle truppe di Haftar sembrava affievolirsi, nondimeno la situazione a Tripoli risultava insostenibile per lo svolgimento della Conferenza delle Nazioni Unite, prevista a Ghadames per il 14-16 aprile, cui avrebbero dovuto partecipare centinaia di rappresentanti locali e regionali al fine di porre le basi per una piattaforma condivisa che permettesse di smorzare le tensioni tra le diverse anime del Paese, ridurre la distanza tra i rappresentanti dell'Est e dell'Ovest e stabilire una data per lo svolgimento delle elezioni generali alle quali veniva affidata la speranza di una fine delle ostilità nel paese. Alla fine di aprile, in un bombardamento di un sobborgo di Tripoli, le truppe di Haftar causavano la morte di 11 persone e il ferimento di una trentina. Il presidente della compagnia petrolifera nazionale (NOC) lanciava l'allarme sui rischi per la produzione di energia del paese, riferendosi anche alla militarizzazione - ovvero al controllo da parte delle truppe di Haftar - delle infrastrutture energetiche nell'est del paese. Alla metà di maggio, quasi a fare eco a queste preoccupazioni, un aereo dello schieramento di Haftar colpiva Zawiya, 50 km a ovest di Tripoli, sede della principale raffineria del paese, provocando la morte di tre civili. Nel contempo cospicue truppe di Haftar muovevano in direzione di Sirte, importante per completare il controllo dell'area nella quale si trovano i grandi terminal petroliferi di Sidra e Ras Lanuf. All'inizio di luglio si palesava un altro risvolto del tragico conflitto in corso in Libia, quando un aereo facente capo alle forze di Haftar colpiva un centro di detenzione immigrati nei pressi di Tripoli, con un bilancio oscillante dai 50 ai 100 morti e numerosi feriti - da parte delle forze di Haftar si ammetteva l'errore, accusando però il governo di Serraj di servirsi dei migranti come scudi umani. Il governo di Serraj chiedeva e otteneva immediatamente la convocazione di una seduta del Consiglio di sicurezza dell'ONU, anche considerando che l'aereo autore del raid sarebbe stato straniero, con il coinvolgimento quindi dell'Egitto o degli Emirati Arabi Uniti, aperti sostenitori di Haftar. Il 1° agosto il governo di Tripoli comunicava la decisione di chiudere tre centri di detenzione migranti nella parte occidentale della Libia, tra i quali quello di Tajoura, colpito dal raid aereo - nel corso del quale, peraltro, secondo l'inviato speciale dell'ONU per la Libia Ghassam Salamé, il bilancio delle vittime sarebbe stato accresciuto dal fuoco aperto dalle guardie del centro di detenzione sui migranti che tentavano di fuggire dopo l'effettuazione del raid aereo. Dopo che il 3 agosto diversi bombardamenti sull'aeroporto di Mitiga (Tripoli) avevano costretto a chiudere lo scalo; il 5 agosto oltre 40 civili perdevano la vita in un bombardamento di una zona residenziale di Murzuq, peraltro ben lontano da Tripoli (circa 900 km. a sud), allo scopo di colpire i locali miliziani Tebu, qualificati da Haftar alla stregua di mercenari ciadiani. Ancora una volta Serraj chiedeva l'apertura di un'indagine ONU per crimini di guerra nei confronti di Haftar, e sulla stessa linea si esprimeva sostanzialmente anche l'Unione europea. |
L’avvicinamento di Fatah Serraj alla Turchia. Le iniziative della diplomazia italianaIl 27 novembre, in occasione della visita di Fatah Serraj a Istanbul, sono stati siglati due memorandum d'intesa, uno relativo alla delimitazione dei confini marittimi e al sostegno dei rispettivi diritti nelle acque del Mediterraneo - visto con preoccupazione da Grecia, Cipro, ed Egitto in quanto suscettibile di porre a rischio la libertà dello sfruttamento di risorse energetiche - e l'altro riguardante la cooperazione militare. Quest'ultimo in particolare prevede una maggiore cooperazione nello scambio di personale, materiali, attrezzature, consulenza ed esperienza tra Governo di accordo nazionale ( GNA e Turchia. In base all'intesa, la Turchia si impegna inoltre ad offrire sostegno all'istituzione di una Forza di reazione rapida per la polizia e le forze militari del GNA, rafforzando la cooperazione in materia di intelligence e nel settore della difesa. Con tali accordi, in una fase di grande difficoltà politica e militare di Tripoli, la Turchia stabilisce una partnership privilegiata con Serraj, divenendo di fatto il maggior difensore del governo riconosciuto dalle Nazioni unite. Il 2 gennaio la Grande Assemblea turca ha approvato il dispiegamento di forze turche in Libia, cui è seguito l'annuncio del Presidente Erdoğan di avere inviato truppe per "sostenere il governo internazionalmente riconosciuto di al-Sarraj ed evitare un disastro umanitario". Netta contrarietà agli Accordi tra Ankara e Tripoli è stata espressa dalla Lega Araba, in particolare da parte egiziana, saudita, emiratina e bahreinita. Preoccupazione è stata espressa dall'UE che, nelle conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre ha reiterato la condanna delle trivellazioni turche nella Zee di Cipro. Il Presidente Trump, in una telefonata ad Erdoğan, ha condannato ogni interferenza straniera in Libia. Da parte turca si ribadiva tuttavia che le decisioni relative alla Libia erano state adottate dopo un'esplicita richiesta di aiuto da parte dell'unico governo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite. Nonostante gli appelli internazionali alla cessazione delle ostilità, la situazione sul terreno a registrare combattimenti, raid aerei e attentati, con evidenti segnali di coinvolgimento turco e di un rafforzamento della presenza indiretta della Russia. Il 17 dicembre il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, si recato in Libia per incontrare i principali protagonisti della crisi in atto, veicolando l'idea di fondo, anche a nome dell'Europa –nonostante le incertezze e le divisioni tra i principali Stati del Vecchio Continente -, dell'impossibilità di una soluzione militare per la crisi libica e della necessità di riavviare un dialogo per giungere ad una soluzione politica concordata tra le parti. In particolare, a Tripoli il capo della diplomazia italiana incontrava tutti i principali esponenti del governo di unità nazionale, incluso il premier Serraj, chiarendo che la prospettiva della imminente Conferenza di Berlino avrebbe dovuto essere proprio il messaggio agli attori regionali coinvolti più o meno direttamente nel conflitto libico che il loro intervento rischiava di risolversi in una serie di svantaggi. Dal canto suo Serraj ribadiva l'intangibilità dell'unità della Libia e la necessità del ripristino della sovranità nazionale sull'intero territorio. Il Ministro di Maio ha inoltre incontrato a Bengasi il generale Haftar e a Tobruk il Presidente del Parlamento, invitandoli all'impegno per una ripresa dei negoziati. In preparazione del Vertice di Berlino e di una mediazione tra le parti, il 7 gennaio, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ricevuto a Palazzo Chigi il generale Khalifa Haftar. Nella stessa giornata era anche previsto l'incontro del Presidente Conte con il capo del Governo di accordo nazionale, Fayez al Sarraj, che però - venuto a conoscenza della presenza di Haftar nella capitale - ha deciso di annullare l'incontro e fare ritorno a Tripoli, dopo la tappa a Bruxelles, dove aveva incontrato il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, l'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, e il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Nelle stesse ore, al Cairo, il Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, si è riunito con gli omologhi di Egitto (Sameh Shoukry), Francia (Jean-Yves Le Drian), Grecia (Nikos Dendias) e Cipro (Nikos Christodoulides), per discutere sul dossier libico. Al termine dell'incontro, il Ministro Di Maio ha deciso di non firmare il comunicato finale congiunto, ritenuto troppo sbilanciato contro il GNA di Sarraj e la Turchia. |
La posizione dell’Unione europea e la Conferenza di BerlinoIl 7 gennaio 2020, in una dichiarazione congiunta, l'Alto Rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e i Ministri Affari Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno messo in guardia le parti in conflitto dal fare affidamento su assistenza militare dall'esterno perché non sia riconosciuta una influenza indebita agli attori stranieri nelle decisioni libiche; hanno chiesto un immediata cessazione delle ostilità e il rispetto dell'embargo sulle armi stabilito dall'ONU; hanno chiesto di evitare azioni unilaterali quali la firma di accordi che possono esacerbare ancora il conflitto o le misure che creano pretesti per un'ingerenza esterna e che sono contrarie agli interessi del popolo libico, nonché agli interessi europei, come evidenziato dalle conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019. Hanno chiesto inoltre a tutte le parti libiche di aderire con franchezza agli sforzi condotti dall'ONU e di tornare al tavolo dei negoziati. L'UE continuerà a sostenere la mediazione delle Nazioni Unite e contribuirà all'applicazione delle decisioni che potrebbero essere prese a Berlino. L'8 gennaio, a Istanbul, in occasione della cerimonia di inaugurazione del gasdotto Turkstream, il Presidente russo, Putin e il Presidente turco, Erdoğan, hanno avuto un incontro nell'ambito del quale, nonostante le posizioni differenti fin qui adottate, hanno cercato la via del dialogo e degli affari comuni per arginare il caos in Libia, chiedendo al Presidente Serraj e al generale Haftar di accettare una tregua a partire dal 12 gennaio. Nonostante i buoni auspici in cui sembrava avviata la trattativa, tenutasi a Mosca il giorno successivo, il documento firmato da Serraj non è stato accettato da Haftar che, dopo aver chiesto qualche ora di riflessione, ha lasciato Mosca senza fimare il documento. Il 10 gennaio 2020 a Bruxelles il Consiglio Affari Esteri ha dato all'Alto Rappresentante il mandato per rafforzare l'outreach diplomatico e raggiungere una soluzione politica nel quadro del processo di Berlino. Auspicando che il cessate-il-fuoco sia raggiunto e che la Conferenza di Berlino raggiunga un accordo politico, l'UE potrà concentrarsi - con una nuova missione - sul monitoraggio del cessate il fuoco e sul controllo del rispetto dell'embargo sulle armi. L'Alto Rappresentante Borrell presenterà delle proposte in tal senso al prossimo CAE. Il 19 gennaio 2020 si è tenuta la Conferenza di Berlino a cui hanno partecipato rappresentanti degli attori statali esterni più influenti sul dossier libico (Algeria, Cina, Egitto, Francia, Germania, Italia, Russia, Turchia, Congo , EAU, Regno Unito e USA), nonché rappresentanti di ONU, Unione Africana, Unione Europea e Lega Araba, i quali hanno espresso sostegno alla tregua e al rilancio del processo politico, adottando delle Conclusioni su 6 panieri: politica, economia-finanza, sicurezza, embargo sulle armi, diritto umanitario e diritti umani. Al-Sarraj e Haftar, entrambi presenti a Berlino, non hanno avuto colloqui diretti bensì solo proximity talks. Tra i meccanismi attuativi della Conferenza di Berlino vi è l'istituzione di un Comitato dei Seguiti e di un Comitato militare congiunto 5+5 (5 rappresentanti nominati da Al-Serraj e 5 da Haftar). Quest'ultimo ha cominciato a lavorare a Ginevra il 3 febbraio 2020. Intervenendo in sede di Comunicazioni alle Camere il 30 gennaio, il ministro degli esteri di Maio ha chiarito che l'importanza della Conferenza di Berlino risiede nel fatto che per la prima volta tutti gli attori internazionali influenti in quell'area hanno concordato su una roadmap che prevede il raggiungimento del cessate il fuoco ma anche l'embargo delle armi; poi la riattivazione del processo politico, la riforma del settore della sicurezza, la riforma del settore economico-finanziario e il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Tale roadmap è contenuta nell'allegato II (UNSMIL Operationalization of Berlin Process) alle Conclusioni della Conferenza di Berlino. Il Rappresentante Speciale del Segretario generale dell'ONU, Ghassan Salamé, ha affermato che il suo Piano non ha mai smesso di essere in pista. Negli ultimi 4 mesi del 2019 vi è stato un intenso lavoro per costruire il consenso internazionale sull'attuazione del Piano e preparare la Conferenza di Berlino, prevedendo un meccanismo dei seguiti. Ci si è resi conto della necessità di far avanzare contemporaneamente i 3 track: quello economico (che ha cominciato a lavorare il 6 gennaio); il track militare (dal 3 febbraio) e il track politico, il cui avvio è stato programmato per il 26 marzo a Ginevra; i 3 percorsi negoziali si svolgono a livello di parti libiche. Le conclusioni della Conferenza di Berlino sono state fatte proprie dall'ONU con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 2510 (2020) del 12 febbraio che ha inoltre ribadito la necessità di un cessate il fuoco duraturo senza precondizioni al più presto possibile, dando mandato al Segretario Generale di produrre un Rapporto e fare raccomandazioni dettagliate al Consiglio di Sicurezza su un monitoraggio del cessate il fuoco sotto gli auspici ONU, non appena il cessate il fuoco venga consolidato. Tuttavia, tale Risoluzione, approvata con l'astensione della Russia, non opera sotto il Capitolo VII della Carta dell'ONU, non prevede cioè misure (tra cui l'uso della forza) per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Opera invece sotto il capitolo VII la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 2509 (2020) dell'11 febbraio in materia di esportazione illecita di petrolio, embargo sulle armi, ecc. Il Comitato dei seguiti di Berlino si è riunito il 16 febbraio a Monaco, a margine dell'annuale Conferenza di Monaco sulla sicurezza, e ha ribadito l'impegno ad ottenere il pieno rispetto dell'embargo sulle armi. La prossima riunione del Comitato dei seguiti si sarebbe dovuta svolgere nel mese di marzo. La fragile tregua stabilita dalla Conferenza di Berlino, senza che tuttavia le parti accettassero di firmare il documento finale, non si è infatti mai concretizzata, mentre sul terreno i combattimenti sono proseguiti a fasi alterne. Come sottolineato dal Rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU in Libia, Ghassan Salamé, in un discorso del 26 gennaio "dopo una riduzione iniziale della violenza (...) sono ripresi i colpi di artiglieria e i bombardamenti a Tripoli e "l'Esercito nazionale libico ha lanciato un'offensiva contro le forze del Governo di accordo nazionale nell'area di Abu Grain, a sud di Misurata". Inoltre sia il governo tripolino di Serraj sia l'Esercito nazionale del generale Haftar hanno continuato a ricevere rifornimenti dai rispettivi sponsor. |
La missione del ministro Di Maio in Libia e le dimissioni del rappresentante speciale Ghassam SalaméIl ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, ha nuovamente effettuato una visita in Libia, dal 12 al 13 febbraio, dove ha incontrato il Premier, Fayez al-Sarraj, e il Ministro dell'Interno, Fathi Bashaga. Nel corso degli incontri Di Maio ha ribadito l'impegno dell'Italia a lavorare per assicurare il rispetto dell'embargo delle armi imposto alla Libia e il raggiungimento di un cessate il fuoco permanente; ha poi precisato che l'Italia sta seguendo un approccio inclusivo, volto al coinvolgimento di tutte le municipalità della libiche e al dialogo con tutti i soggetti attivi sul territorio, con l'obiettivo di riportare la sicurezza in Libia, così da poter permettere alle aziende italiane di tornare a investire nuovamente nel Paese nordafricano. Il giorno successivo, Di Maio ha incontrato il generale dell'Esercito nazionale libico, Khalifa Haftar. Nel colloquio il Ministro Di Maio ha ribadito la posizione dell'Italia, che rifiuta ogni forma di interferenza esterna e promuove il raggiungimento di un cessate-il-fuoco permanente e una soluzione politica del conflitto. Il 19 febbraio al-Sarraj ha annunciato la sospensione della partecipazione del GNA ai colloqui del 5+5, a seguito del bombardamento del porto di Tripoli da parte dell'Esercito nazionale libico di Haftar. In pari data, le dichiarazioni di UNSMIL, sia dell'Alto Rappresentante dell'UE, Joseph Borrell, hanno condannato l'escalation delle violenze e il bombardamento del porto di Tripoli, invitando le parti a riprendere al più presto i colloqui di Ginevra per favorire la de-escalation e il raggiungimento di un cessate il fuoco permanente. Il 2 marzo il Rappresentante Speciale del Segretario generale dell'ONU, Ghassan Salamé ha dato le dimissioni dal suo incarico con un semplice tweet nel quale ha affermato che la sua salute non gli permette di "affrontare lo stress" a cui lo sottopone il ruolo particolare che ricopre da oltre due anni. Pochi giorni prima delle sue dimissioni, Salamé aveva sottolineato la necessità per la situazione in Libia di passare dalla retorica ai fatti, per tutti i rischi che la situazione comporta: il rischio terrorismo, il rischio migratorio, il rischio di destabilizzare l'intera regione, il rischio di un "nuovo schema geopolitico" nel Mediterraneo centrale con l'ingresso di nuovi attori come Russia e Turchia. L'11 marzo il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha annunciato la nomina della diplomatica statunitense Stephanie Turco Williams i a Rappresentante speciale ad interim e capo della Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL). Il 17 marzo la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha rivolto un appello alle parti in causa chiedendo la sospensione urgente dei combattimenti a fini umanitari e per consentire una risposta all'epidemia di coronavirus, la cui diffusione rappresenta un rischio che il paese non è in grado di affrontare per l'insufficienza e lo stato delle strutture sanitarie, devastate da anni di guerra. Anche l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), con una nota, ha sostenuto l'appello dell'UNSMIL "al fine di consentire alle autorità sanitarie nazionali e ai partner sanitari di rispondere alla potenziale diffusione del coronavirus nel paese". Anche nove paesi occidentali e arabi, insieme all'Unione europea, hanno chiesto alle parti coinvolte di deporre le armi per rispondere alla minaccia rappresentata dal nuovo coronavirus. La dichiarazione è stata firmata dagli ambasciatori di Algeria, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti, dalla delegazione dell'Unione europea e dai governi di Tunisia ed Emirati Arabi Uniti. La proposta di tregua, accettata formalmente da entrambe le parti non ha trovato applicazione, anche se in un primo momento è stata registrata una diminuzione delle ostilità. Secondo il Global Health Security Index 2019, la Libia è tra i Paesi meno preparati alla diffusione della pandemia. In particolare, il Paese è stato posto alla posizione numero 27, su un totale di 195 Paesi più vulnerabili ad eventuali malattie. Alla data del 30 aprile il numero dei casi confermati in Libia è di 61. Entrambe le parti hanno adottato alcune misure di contenimento del Coronavirus: il governo di Tripoli ha imposto un coprifuoco notturno dalle 18:00 alle 6:00 e la chiusura dei luoghi pubblici a partire dal 16 marzo. Oltre a queste misure, sono stati chiusi bar, ristoranti, luoghi di ritrovo e sono stati proibiti funerali e matrimoni. A partire dal 30 marzo, il Consiglio presidenziale del GNA ha esteso il coprifuoco dalle ore 14:00 alle 07:00 del mattino, con il conseguente divieto di spostamento tra le città libiche e l'interruzione delle attività lavorative alle 12:00. Inoltre, il 28 marzo, il Ministero della Giustizia del GNA ha decretato il rilascio di 466 prigionieri, detenuti nelle carceri di Tripoli poste sotto il controllo del governo tripolino. Il fine è ridurre un sovraffollamento e ridurre il rischio di contagio. Il governo di Tobruk, istituito dal LNA, dal 19 marzo ha imposto il coprifuoco notturno e successivamente ha istituito un comitato supremo volto a contrastare l'epidemia, incaricato di fornire le attrezzature mediche e di sicurezza necessarie sia per chi lavora in ambito sanitario sia per prevenire la diffusione del virus tra la popolazione. |
L’operazione “Tempesta di fuoco” del Governo di accordo nazionale. La nuova missione dell’UE per il controllo dell’embargo di armi alla LibiaIl 25 marzo il Governo di accordo nazionale ha lanciato l'operazione "Tempesta di pace", volta a frenare gli attacchi dell'Esercito nazionale libico contro la capitale e a proteggere il suo popolo nel quadro del diritto di legittima autodifesa e nei limiti di quanto stabilito dal diritto internazionale. L'iniziativa di Serraj è resa possibile dall'aumentata capacità militare resa possibile dall'accordo con la Turchia che ha fornito al governo di Tripoli consiglieri e materiali militari, oltre che mercenari siriani. Inoltre la Turchia ha installato all'aeroporto tripolino di Mitiga sistemi anti-aerei che possono econtrastare efficacemente i voli del droni di Haftar sulla capitale. La prima operazione nel quadro dell'iniziativa è stato il bombardamento della base di al-Watiya, situata a 140 km a Sud-Ovest della capitale, e a 25 km di distanza dal confine libico-tunisino. L'operazione ha permesso l'arresto di decine di combattenti e mercenari, la distruzione di un aereo da guerra e la conquista di una vasta area della base. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU, il 26 marzo, ha espresso preoccupazione per l'iniziativa tripolina e per i pericoli di una pericolosa escalation di violenza nel paese, invitando le parti a frenare le ostilità. A tale preoccupazione ha risposto con un messaggio il Presidente Serraj che ha invitato l'organo delle Nazioni Unite a intervenire per porre fine alle ostilità perpetrate dalle forze dell'Esercito nazionale libico, rivolte soprattutto contro la capitale Tripoli e contro la popolazione civile. Tra il 27 e 28 marzo, secondo fonti interne al GNA, l'esercito di Haftar avrebbe subito ingenti perdite, tra cui circa 120 uomini in sole 48 ore. Le forze di Haftar hanno risposto al raid continuando a condurre attacchi contro le postazioni tripoline nel tentativo di compensare le perdite subite.
Il 1° aprile 2020 ha preso l'avvio la nuova missione europea, con assetti satellitari, aerei e navali, per il controllo dell'embargo di armi alla Libia, disposto dall'ONU con la Risoluzione 1970/2011. La nuova missione, chiamata Irini, decisa all'unanimità il 17 febbraio 2020 dal Consiglio Affari esteri dell'UE, sostituisce la missione Sophia (scaduta il 31 marzo 2020), e ha il suo principale obiettivo nel far rispettare l'embargo sulle armi, concentrandosi in particolare sul quadrante orientale delle acque libiche, principale punto di arrivo dei carichi di armamenti. In particolare, la missione sarà in grado di ispezionare le navi in alto mare, al largo delle coste libiche, sospettate di trasportare armi o materiale correlato da e verso la Libia conformemente alla Risoluzione n. 2292 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La missione prevede l'impiego di unità navali e di controlli satellitari, nonché il ricorso ad attività di intelligence. Previste anche attività sul territorio che potranno però essere rese operative solo dopo le necessarie intese con le autorità locali. La missione aerea e navale della Ue avrà anche i compiti secondari, ereditati dall'Operazione Sophia:
L'Operazione Irini sarà guidata dall'Ammiraglio Fabio Agostini come Comandante dell'Operazione dell'UE e il suo Quartier Generale sarà situato a Roma, già sede del quartier generale dell'Operazione Sophia. Il primo ministro del Governo libico di accordo nazionale, Serraj, ha valutato negativamente l'iniziativa Irini ritenendo che la missione "omette il monitoraggio delle frontiere aeree e terrestri orientali della Libia", sotto controllo di Haftar, impedendo di fatto di arrivare a destinazione solo alle armi destinate al Governo di Tripoli, mentre le zone di frontiera controllate da Haftar restano prive di controllo. La missione Irini è stata invece accolta con favore dal governo della Cirenaica. |
La proposta di pacificazione del Parlamento di Tobruk-BengasiIl 14 aprile le forze fedeli al Governo di accordo nazionale libico hanno conquistato tutta la fascia costiera ad ovest di Tripoli, fino al confine di Ras Jdeir con la Tunisia, riprendendo il controllo delle città costiere di Sebrata, Sorman, al Ajilat, al Jameel, Raqdalin e Zliten. Il presidente dell'Alto Consiglio di Stato in Libia, Khaled al-Mishri, ha dichiarato che le forze tripoline sono riuscite a prendere il controllo di una striscia di terra costiera di circa 500 km ed il loro obiettivo attuale è liberare le altre località poste sotto il controllo di Haftar, tra cui la città di Tarhuna, situata a Sud-Est di Tripoli. Il 21 aprile la Missione di sostegno dell'Onu in Libia ha espresso profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Tripoli e nei dintorni a causa dell'intensificarsi dei combattimenti e ha chiesto tregua umanitaria per consentire ai libici di prepararsi per il mese del Ramadan in pace e alle autorità di fornire i servizi urgentemente necessari, curare i feriti e affrontare la crescente minaccia del Covid-19. All'appello, con una dichiarazione comune si sono uniti l'Alto Rappresentante dell'Unione europea per la politica estera, Joseph Borrell e i ministri degli esteri di Francia, Germania e Italia. Il 24 aprile il Presidente del parlamento libico di Tobruk-Bengasi, Aguila Saleh, in un video discorso - prendendo atto del fallimento del dialogo politico - ha proposto una road map in otto punti per giungere a una soluzione della crisi libica. L'iniziativa prevede la creazione di un Consiglio presidenziale composto da un rappresentante delle tre regioni della Libia (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan). Di comune accordo, o con voto segreto e sotto la supervisione delle Nazioni unite dovrà essere nominato un Presidente e due Vicepresidenti. Dopo la sua approvazione, il Consiglio presidenziale nominerà un Primo ministro (che non potrà appartenere alla stessa regione del Presidente) e i suoi vice che rappresentano le tre regioni, per poi formare un governo da presentare alla Camera dei rappresentanti per ottenere la fiducia. Dopo la formazione del Consiglio presidenziale, secondo la road map, verrà formato un Comitato di esperti e intellettuali per formulare e redigere una Costituzione, a cui seguiranno le elezioni presidenziali e parlamentari. Il Presidente e i Vicepresidenti del Consiglio presidenziale non avranno diritto di candidarsi a queste elezioni. Il Consiglio presidenziale assumerà collettivamente le funzioni di Comandante supremo delle forze armate. Le forze armate, da parte loro, avranno il diritto di nominare il ministro della Difesa. Il Parlamento, infine, continuerà ad esercitare la sua missione e il ruolo di autorità legislativa eletta fino a quando non verranno scelti nuovi rappresentanti. L'iniziativa di Saleh, secondo alcuni commentatori internazionali, conterebbe sul sostegno dell'Egitto, fautore di una soluzione politica per uscire rapidamente dalla crisi. |
L’autoproclamazione a presidente di HaftarIl 27 aprile , con un annuncio su un canale televisivo il generale Haftar si è autoproclamato leader del Paese dichiarando di avere accettato " il mandato del popolo che mi ha chiamato ad occuparmi della gestione degli affari del paese in questa circostanza eccezionale" e ha poi aggiunto che l'accordo di Skhirat, firmato nel 2015, che sanciva la creazione del governo di accordo nazionale, "è morto e sepolto", promettendo di continuare a combattere per ottenere il controllo di Tripoli. Poco prima dell'annuncio, quattro deputati del parlamento di Bengasi hanno diffuso dei comunicati stampa nei quali hanno dichiarato che "in risposta alla richiesta del popolo, accettano di affidare a Khalifa Haftar la guida del paese". Secondo alcuni analisti, l'improvvisa autoproclamazione di Haftar si spiega da un lato con la difficoltà sul piano militare derivante dalla controffensiva del governo Serraj e dall'altro con l'obiettivo di piegare le frange moderate dell'est e ricompattare il consenso in vista una nuova possibile azione militare per conquistare Tripoli. Il Consiglio presidenziale del Governo di accordo nazionale libico ha commentato con parole di scherno l'annuncio di Haftar, paragonandolo "ad una sitcom che si aggiunge alla serie di annunci di colpi di stato iniziata anni fa". Secondo il Consiglio presidenziale "il colpo di Stato di Haftar contro l'accordo politico e tutti gli organi politici nel paese non è sorprendente, ma un passo previsto che ha lo scopo di coprire la sconfitta delle sue forze e l'incapacità del suo progetto di impadronirsi del potere". Secondo voci di stampa libica, si starebbe profilando un possibile accordo tra il Presidente del Parlamento di Tobruk, Saleh, e il Primo Ministro Sarraj per escludere il Haftar. Secondo il quotidiano "Al Arab Al Youm", diversi incontri sarebbero iniziati lo scorso a Tripoli, al Cairo e nelle capitali di alcuni paesi vicini con il sostegno di forze internazionali, e in particolare di Mosca, con l'obiettivo di arrivare ad un accordo tra i rappresentanti di Saraj e Saleh. Secondo fonti del Parlamento libico, riportate dal sito web "Ean Libya", Haftar avrebbe nel corso di questa settimana minacciato ritorsioni nei confronti del Presidente del parlamento libico di Tobruk nel caso in cui quest'ultimo non accettasse di delegare all'uomo forte della Cirenaica la guida politica del paese. Voci contrarie all'annuncio di Haftar arrivano anche dal Fezzan: il Presidente del Congresso della tribù Tebu, Issa Abdel-Majid, ha dichiarato che l'annuncio di Haftar, è in realtà "un colpo di stato" contro le istituzioni legittime nel paese. Haftar "ha perso la sua battaglia a Tripoli e il suo ultimo annuncio ne è solo un riconoscimento". L'ambasciata degli Stati Uniti in Libia ha espresso rammarico per la dichiarazione di Haftar di porre fine all'accordo libico, accogliendo tuttavia con favore "qualsiasi opportunità di coinvolgere il comandante del LNA e tutte le parti in un dialogo serio su come il paese portare avanti il paese". Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha preso le distanze dall'annuncio di Haftar, affermando che la Russia continua a ritenere che l'unica possibile riconciliazione in Libia possa avvenire attraverso una comunicazione politica e diplomatica tra tutte le parti in conflitto. Il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, da parte sua, ha posto l'accento sull'iniziativa di Saleh che ha auspicato il dialogo nazionale finalizzato alla formazione di autorità generalmente condivise con la presenza delle tre regioni chiave della Libia. La Turchia ha accusato il comandante militare libico, Khalifa Haftar, di star cercando di voler "istituire una dittatura militare" e ha promesso di difendere il governo di Tripoli. Il 28 aprile, con una comunicato, la Farnesina ha dichiarati che "l'Italia riafferma il suo pieno sostegno e riconoscimento alle istituzioni libiche legittime riconosciute dalla Comunità internazionale: Consiglio presidenziale, Governo di accordo nazionale, Camera dei rappresentanti e Alto Consiglio di Stato" e sottolinea che ogni decisione sul futuro della Libia va presa in via consensuale e democratica nel solco dell'Accordo politico libico di Skhirat del dicembre 2015 e del percorso di stabilizzazione condotto dalle Nazioni Unite nell'ambito del Processo di Berlino". |
Ultimi sviluppiIl 29 aprile il portavoce dell'Esercito nazionale libico, Ahmed al Mismari, ha annunciato la decisione di accogliere l'appello della Comunità internazionale per una tregua umanitaria nel mese di Ramadan. Ha precisato che l'Esercito nazionale libico ha fermato tutte le attività militari, riservandosi tuttavia il diritto di rispondere a qualsiasi manovra condotta dal nemico durante questa tregua. Il 30 aprile Al Mismari, facendo seguito alla dichiarazione di Haftar, ha annunciato che sarà presentata a breve una Dichiarazione costituzionale che stabilirà una road map per la fase successiva. Il 2 maggio l'agenzia stampa governativa turca "Anadolu", riportando colloqui intercorsi tra il Presidente della Camera dei Rappresentanti, Saleh, e leader delle tribù della Libia orientale, sostiene che la tregua umanitaria annunciata dal portavoce dell'Esercito nazionale libico sarebbe stata decisa sulla base di una richiesta russa che, giudicando critica la situazione militare in cui si trovavano le forze di Haftar rispetto a quelle di Tripoli, avrebbero chiesto ad Haftar "dichiarare il cessate il fuoco ora che la situazione sul campo di battaglia sta peggiorando". Mosca avrebbe anche chiesto a Haftar di redigere un comunicato sulla "ricomposizione del Consiglio presidenziale". Il 6 maggio la città di Misurata è stata pesantemente bombardata dagli aerei di Haftar. Si è trattato di circa dodici raid hanno incendiato depositi di armi e munizioni, provocando vasti incendi. Al rafforzamento delle posizioni militari delle forze di Saleh che, dopo aver conquistato l'aeroporto di Al Wattia, si stanno dirigendo verso sud, nella stessa giornata l'esercito di Haftar a lanciato razzi in un quartiere residenziale di Tripoli, provocando vittime civili. Il 7 maggio, sono morte almeno cinque persone e si sono registrati decine di feriti nell'attacco missilistico lanciato dalle forze del generale Khalifa Haftar a Tripoli, nell'area intorno alla residenza dell'ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi. Nel corso dell'attacco è stato colpito anche l'edificio della Corte Suprema, adiacente all'ambasciata turca a Tripoli. L'aggressione è stata fermamente condannata dalla viceministra degli esteri, Marina Sereni, che ha sottolineato come sia empre più urgente cessate il fuoco e ripresa del dialogo politico in Libia.". Anche il portavoce dell'Alto rappresentante della UE, Josep Borrell ha condannato l'attacco, esprimendo solidarietà ai partner italiani. Pochi giorni dopo fonti dell'UE, rispondendo alle critiche formulate dal governo Sarraj, hanno ribadito come l'Operazione Irini sia "imparziale" perché non utilizza solo mezzi navali ma anche aerei e satelliti, impegnandosi in un monitoraggio che permette di avere un quadro completo della situazione. |