Le elezioni presidenziali e legislative anticipate in Turchia 26 giugno 2018 |
Indice |
L'assetto istituzionale|Il sistema elettorale|I risultati elettorali| |
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Capitale: Ankara Superficie: 783.560 kmq Popolazione: 79.512.426 abitanti Densità: 98,5 ab/kmq PIL annuo: 841,2 mld di dollari Valuta: lira turca Forma di governo: Repubblica presidenziale Divisioni amministrative: 81 province Indipendenza: 1923, dall'Impero ottomano Political Rights Score (1-7): 4 (parzialmente libero) Civil Liberties Score (1-7): 5 (parzialmente libero) fonte: Atlante Geopolitico Treccani |
L'assetto istituzionaleIn Turchia è in atto un controverso processo di transizione verso un regime dai tratti marcatamente presidenzialisti, che si è aperto con il referendum dell'aprile 2017 e si sta avviando a conclusione con le consultazioni presidenziali e legislative svoltesi anticipatamente il 24 giugno scorso. Il testo dell'attuale Costituzione turca, adottato nel 1982 dopo il golpe militare del 1980, è stato in passato sottoposto a diverse revisionI, molte delle quali introdotte dopo l'apertura dei negoziati di adesione all'Unione europea nel 2005; tali modifiche hanno posto in evidenza l'estrema difficoltà d'introdurre i principi del costituzionalismo liberal-democratico occidentale nel sistema configurato dalla Costituzione del 1982, che istituiva un regime parlamentare ma riconosceva contempo un ruolo istituzionale di primo piano alle Forze armate. La riforma costituzionale - sostenuta dal partito di governo AKP e dal partito nazionalista MHP - è stata approvata, come accennato, con una consultazione referendaria svoltasi nell'aprile 2017 nel pieno dello stato d'emergenza proclamato all'indomani del tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016. Proprio in ragione del clima d'intimidazione e per l'assenza di un vero e proprio dibattito pubblico nel paese anatolico, la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (la cd. "Commissione di Venezia" del Conisglio d'Europa) aveva espresso nel marzo 2017 parere negativo sullo svolgimento della consultazione referendaria. Le modifiche costituzionali introdotte nel 2017 hanno riguardato in primo luogo le modalità elettive ed il ruolo istituzionale del Presidente della Repubblica: secondo quanto stabilito dal testo del 1982, il Capo dello Stato era eletto per un mandato di sette anni dal Parlamento a struttura monocamerale (la Grande Assemblea nazionale turca) tra i propri membri; non poteva essere eletto per un secondo mandato ed era tenuto doveva rinunciare all'eventuale appartenenza ad un partito al momento dell'elezione. Una riforma approvata nell'ottobre del 2007 aveva ridotto la durata del mandato a cinque anni, prevedendo la possibilità di un eventuale secondo mandato e l'elezione diretta del Capo dello Stato da parte del corpo elettorale: non erano state però modificate le sue attribuzioni che restavano soprattutto di rappresentanza e di garanzia costituzionale. La revisione costituzionale del 2017 ribadisce che il Presidente della Repubblica duri in carica cinque anni e che sia rieleggibile per un ulteriore mandato: tuttavia, nel caso in cui il Parlamento decida, a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, il suo auto-scioglimento e lo svolgimento di elezioni anticipate, si prevede che il Presidente uscente possa ricandidarsi per un terzo mandato; a parere della Commissione di Venezia, la formulazione del testo non esclude esplicitamente che il Capo dello Stato possa ricandidarsi, nel caso di elezioni anticipate deliberate dal Parlamento, per un numero indefinito di mandati. E' interessante segnalare che, a differenza di quanto avviene abitualmente nel quadro dei regimi presidenziali, il Presidente ha il potere di indire elezioni politiche anticipate: nel caso in cui si avvalga di tale potere nel corso del suo secondo mandato, egli non può ricandidarsi per un terzo mandato. In ogni caso il nuovo testo prevede lo svolgimento contestuale delle elezioni presidenziali e di quelle legislative. Viene meno, inoltre, la clausola d'incompatibilità tra la carica di Capo dello Stato e l'appartenenza ad un partito politico. Poichè, come accennato, la riforma costituzionale ha configurato un regime presidenziale, nel quale il Presidente della Repubblca è posto a capo del potere esecutivo, acquisendo il potere di nomina diretta e di revoca dei vicepresidenti e dei ministri, dei vicepresidenti e dei funzionari governativi. E' stata quindi soppressa la figura del Primo Ministro. E' inoltre attribuito al Presidente della Repubblica il potere di dichiarare lo stato di emergenza per un periodo non superiore a sei mesi (eventualmente prorogabile su proposta del Parlamento); in tale contesto, il Capo dello Stato può emanare decreti aventi forza di legge anche in materia di diritti politici e di diritti fondamentali che devono essere ratificati dal Parlamento nei tre mesi successivi alla loro adozione. Il Presidente della Repubblica, che è privo del potere d'iniziativa legislativa, può adottare decreti nelle "materie riguardanti il potere esecutivo": tali provvedimenti non possono intervenire in materia di diritti fondamentali né disciplinare materie da riserva di legge: in ogni caso, il nuovo testo costituzionale prevede che, nel caso di antinomie tra leggi e decreti presidenziali, siano le prime a prevalere. Con riferimento al Parlamento, le innovazioni introdotte dalla riforma sono ancora più incisive. Da un lato viene aumentato il numero totale dei deputati (da 550 a 600 membri) e si riduce l'età richiesta per l'elettorato passivo (da 25 a 18 anni). Tuttavia, si stabilisce che l'approvazione di una legge rinviata dal Presidente all'Assemblea debba avere luogo a maggioranza assoluta, con la conseguente attribuzione al Presidente di una sorta di diritto di veto sulla funzione legislativa del Parlamento. Il rapporto tra Capo dello Stato e Parlamento cambia anche sotto altri profili, poichè si ridimensiona sensibilmente il ruolo di controllo di quest'ultimo sul primo e sul Governo. Con l'entrata in vigore della riforma, infatti, il Parlamento non potrà più esercitare il suo potere di controllo per mezzo di "domande, inchieste parlamentari, dibattiti generali, interpellanza, e indagini parlamentari" previste dal previgente articolo 98 Cost., nonché mediante le ipotesi d'indagine parlamentare riguardanti il Primo Ministro ed altri ministri; l'organo potrà solo richiede informazioni, sollecitare risposte da parte dei singoli ministri mediante domande poste per iscritto, indire riunioni per discutere le azioni del Capo dello Stato e del Governo. Rilevanti modifiche sono altresì apportate alla procedura d'impeachment, che potrà essere avviata solo con una mozione sottoscritta dalla maggioranza assoluta del Parlamento. Quest'ultimo, nei tre mesi successivi, potrà istituire una commissione d'inchiesta con l'approvazione a voto segreto da parte della maggioranza dei tre quinti dei parlamentari, mentre la proposta di deferire il Presidente alla Corte suprema dovrà essere approvata di due terzi dei parlamentari. Non meno incisive sono le modifiche riguardanti il potere giudiziario: da una parte, infatti, la riforma prevede l'abolizione delle corti militari; dall'altra, muta il numero e le modalità di elezione dei membri del Consiglio dei giudici e dei procuratori, le cui funzioni erano state già oggetto di modifiche con la revisione del 2010 e, in seguito, con una legge del 2014. La prima aveva inteso rendere effettiva l'indipendenza dei giudici; la seconda, invece, di segno opposto, aveva trasferito al Ministero della giustizia poteri molto ampi (tra cui quelli inerenti all'esercizio dell'azione disciplinare contro i magistrati). Molte norme della legge del 2014 erano state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, ma la riforma le reintroduce, con qualche ulteriore novità: si prevede, in particolare, una riduzione drastica del numero dei membri del Consiglio supremo dei giudici e dei procuratori (da 22 a soli 12), ma rimane ferma la presidenza dell'organo in capo al Ministro della Giustizia. Con la riforma, inoltre, la nomina della metà dei membri del Consiglio spetta al Presidente, mentre quella dell'altra metà resta prerogativa del Parlamento. Se si considera che, nel nuovo quadro istituzionale, la nomina e la revoca dei singoli ministri diviene prerogativa esclusiva del Capo dello Stato, quest'ultimo potrà anche nominare e destituire il Ministro della Giustizia, potendo così controllare, di fatto, l'operato del Consiglio dei giudici e dei procuratori di cui il suddetto Ministro è presidente. A ciò si aggiunga che il numero dei componenti della Corte costituzionale scende da diciassette a quindici, dodici dei quali continueranno ad essere nominati dal Presidente della Repubblica e i restanti tre designati dal Parlamento. |
Il sistema elettoraleIl Presidente della Repubblica è eletto direttamente dal corpo elettorale con un sistema a due turni: è eletto al primo turno il candidato che abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei suffragi. Qualore nessuno riesca ad ottenere tale quorum, è previsto un secondo turno al quale partecipano i due candidati che hanno ottenuto più voti al primo turno, tra questi è eletto presidente il più votato. Il sistema elettorale della Grande Assemblea nazionale è di tipo proporzionale, con un'elevatissima soglia di sbarramento fissata dalla Costituzione: il territorio anatolico è diviso in 87 distretti elettorali coincidenti con le 81 province turche, ad eccezione delle province di Istanbul e Ankara, divise in tre distretti ciascuna, e di quelle di Smirne e Bursa, divise in due distretti ciascuna. Accedono alla ripartizione dei seggi tutte le liste che hanno ottenuto almeno il 10 per cento dei voti a livello nazionale o sono in coalizione con almeno una lista che abbia ottenuto il 10% (la possibilità di formare coalizioni è una novità introdotta dalla riforma costituionale del 2017). La ripartizione dei seggi avviene a livello distrettuale secondo il metodo d'Hondt. |
I risultati elettoraliLe consultazioni presidenziali e legislative - il cui svolgimento anticipato è stato deciso dal presidente Erdoğan nell'aprile scorso - si sono svolte il 24 giugno: esse hanno segnato la riconferma, con la maggioranza assoluta dei suffragi, del Presidente uscente e hanno assicurato alla coalizione tra il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) ed il Partito del movimento nazionalista (MHP), la maggioranza assoluta al Parlamento. L'affluenza alle urne è stata del'87 per cento. Le elezioni costituiscono un momento cruciale non soltanto nella vicenda politica di Erdoğan ma anche nella storia recente della Turchia poichè segnano l'entrata in funzione dell'assetto istituzionale introdotto dalla riforma dell'aprile 2017. Erdoğan ha salutato l'esito elettorale come una "vittoria della democrazia": da parte sua, Muharrem Ince, principale sfidante del presidente uscente, ha raccolto un significativo consenso che il suo Partito CPH, di tradizione kemalista, non registrava dagli anni Settanta: ha contestato i risultati elettorali, accusando le autorità statali di manipolazioni. Il leader del principale partito filocurdo (HDP), Selahattin Demirtas, in carcere dal 2016, ha superato nei suffragi l'ex ministra degli interni nazionalista Meral Aksener, piazzandosi al terzo posto. Di seguito i risultati delle consultazioni presidenziali *:
*Fonte: Agenzia statale di stampa Anadolu – I risultati definitivi saranno comunicati il 5 luglio
Le elezioni politiche sono state segnate dalla contrapposizione di due grandi coalizioni: l'Alleanza del popolo, formata dall'AKP di Erdogan e dal partito ultra-nazionalista MHP, e l'Alleanza nazionale, coalizione costituita da tre formazioni, il Partito repubblicano del popolo (CHP), il Partito buono ed il Partito della felicità (SP): l'aggregazione delle minoranze, costituisce senz'altro una novità, poichè dall'avvento di Erdoğan (2003), le forze di opposizione non erano mai riuscite a coalizzarsi ed a dotarsi di un'agenda politica comune. L'Alleanza del Popolo ha raggiunto il 53,66% dei suffragi, per un totale di 344 seggi (di cui 295 all'AKP e 49 al MHP), perdendone 13 rispetto alle consultazione del novembre 2015); l'Alleanza nazionale ha avuto il 33,94% dei voti e 189 seggi (il CHP ha ottenuto 146 seggi, il Partito buono ne ha ottenuti 43 mentre il Partito della felicità non ha eletto deputati), aumentando di 55 seggi rispetto alle elezioni precedenti. Il Partito democratico del popolo,ha ottenuto quasi sei milioni di voti e una rappresentanza parlamentare di 67 deputati, accrescendo anch'esso di 8 seggi la propria forza in Parlamento. La Grande Assemblea Nazionale presenta quindi la seguente composizione:
*Fonte: Agenzia statale di stampa Anadolu – I risultati definitivi saranno comunicati il 5 luglio La missione di monitoraggio elettorale del Consiglio d'Europa e dell'OSCE ha valutato poitivamente l'elevato tasso di partecipazione elettorale, ma al contempo ha stigmatizzato una presenza troppo intrusiva della polizia nei seggi rispetto alle precedenti votazioni, aspetto questo che ha contribuito a creare un clima d'insicurezza, o comunque di pressione sugli elettori. Ignacio Sanchez Amor, direttore della missione di osservazione elettorale dell'OSCE, ha criticato inoltre il fatto che l'opposizione non abbia potuto fare campagna con eguali condizioni rispetto alle forze che sostenevano Erdoğan ed il suo partito che hanno goduto, dunque, di un notevole vantaggio anche nella copertura da parte dei media pubblici e privati. Ssmpre a parere di Sanchez Amor, il quadro giuridico restrittivo e il potere concesso sotto lo stato di emergenza hanno di fatto limitato la libertà di espressione. |