Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 73/2022 - Semplificazioni fiscali, nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e altre misure finanziarie e sociali
Riferimenti: AC N.3653/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 583/1
Data: 01/08/2022

Semplificazioni fiscali, nulla osta
al lavoro, Tesoreria dello Stato e altre misure finanziarie e sociali

 

D.L. 73/2022 – A.S 2681

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 560/1

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 583/1

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 7

Articolo 1 (Soppressione dell’obbligo di vidimazione quadrimestrale dei repertori)  9

Articolo 2 (Adempimenti sostituto d’imposta). 12

Articolo 3, commi 1-6 (Modifiche al calendario fiscale). 15

Articolo 3, comma 6-bis (Modifica della disciplina sugli obblighi di informativa in capo ai soggetti che percepiscono erogazioni pubbliche). 20

Articolo 3-bis (Estensione dell'applicazione della disciplina  in materia di versamento unitario)  22

Articolo 4 (Modifica domicilio fiscale). 24

Articolo 5 (Erogazione dei rimborsi fiscali agli eredi). 26

Articolo 6 (Dichiarazione dei redditi precompilata) 28

Articolo 6-bis (Comunicazione conclusione attività istruttoria). 30

Articolo 6-ter (Vendita diretta, su proposta del debitore, di immobili privi di rendita catastale) 31

Articolo 7 (Modifica della validità dell’attestazione per i contratti di locazione a canone concordato). 34

Articolo 8 (Estensione del principio di derivazione rafforzata alle micro imprese e disposizioni in materia  di errori contabili). 36

Articolo 9 (Abrogazione disciplina società in perdita sistematica e dell’addizionale  IRES di cui all’articolo 3 della legge  6 febbraio 2009, n. 7). 39

Articolo 10 (Semplificazioni in materia di dichiarazione IRAP). 42

Articolo 11 (Rinvio dei termini per l’approvazione della modulistica dichiarativa)  45

Articolo 12 (Esterometro). 46

Articolo 13 (Omessa o errata trasmissione delle fatture relative alle operazioni transfrontaliere) 48

Articolo 14 (Termine per la richiesta di registrazione degli atti in termine fisso). 49

Articolo 15  (Ampliamento del servizio telematico di pagamento dell’imposta di bollo)  51

Articolo 16 (Semplificazione del monitoraggio fiscale sulle operazioni di trasferimento attraverso intermediari bancari e finanziari e altri operatori). 52

Articolo 17  (Semplificazione degli obblighi di segnalazione in materia di appalti). 55

Articolo 18 (Modifiche alla disciplina IVA delle prestazioni rese ai ricoverati e agli accompagnatori dei ricoverati) 56

Articolo 19 (Semplificazione in materia di modelli di dichiarazione IMU per gli enti non commerciali). 61

Articolo 20 (Adeguamento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF ai nuovi scaglioni dell’IRPEF). 63

Articolo 21 (Integrazione logistica tra Agenzia delle entrate e Agenzia delle entrate-Riscossione) 65

Articolo 22 (Proroga del meccanismo di inversione contabile) 67

Articolo 23, comma 1 (Credito d'imposta per spese di ricerca e sviluppo per farmaci)  69

Articolo 23, commi 2-8 (Disposizioni in materia di certificazione del credito ricerca, sviluppo e innovazione) 72

Articolo 23, commi 8-bis e 8-ter (Disposizioni relative alla Fondazione Enea Tech e Biomedical e alla società Arexpo S.p.A.). 78

Articolo 24 (Indici sintetici di affidabilità fiscale) 83

Articolo 25 (Contrassegno fiscale telematizzato sull’alcole e sulle bevande alcoliche)  85

Articolo 25-bis (Modifica alla disciplina sulla trasmigrazione dei registri esistenti al Registro unico nazionale del Terzo settore). 86

Articolo 26 (Disposizioni in materia di Terzo settore). 88

Articolo 26-bis (Proroga applicazione norme sul Terzo settore). 95

Articolo 27 (Modifiche alla legge 28 marzo 1991, n. 104, recante proroga della gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato). 96

Articolo 28  (Unificazione  della Tesoreria  provinciale e centrale dello Stato) 101

Articolo 29 (Modalità di versamento in Tesoreria delle cauzioni a garanzia della partecipazione alle gare pubbliche). 102

Articolo 30 (Modifiche alle disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato di cui al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440). 103

Articolo 31 (Abrogazione della disciplina del vaglio cambiario della Banca d’Italia)  108

Articolo 32 (Modifiche alla disciplina dei controlli sui rendiconti amministrativi e sui conti giudiziali e standardizzazione informatica degli ordinativi di incasso e pagamento)  110

Articolo 33 (Semplificazioni degli adempimenti attuativi della legge 9 dicembre 2021, n.220)  112

Articolo 34 (Commissariamento Società SOGIN S.p.A.). 118

Articolo 35, comma 4 (Proroga dichiarazione IMU 2021). 139

Articolo 35, comma 5 (Proroga della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso operanti presso l’Agenzia italiana del farmaco). 141

Articolo 35, comma 5-bis (Proroga dei termini di validità dell’iscrizione all’elenco  dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL). 143

Articolo 35, comma 5-ter (Termini relativi alla Commissione tecnica del Fondo indennizzo risparmiatori). 147

Articolo 35-bis (Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione di lavoro dell'AIFA). 151

Articolo 36, comma 1 (Disposizioni in materia di indennità una tantum per i lavoratori dipendenti). 152

Articolo 36, comma 1-bis (Indennità sostitutiva della retribuzione di risultato per i dirigenti di seconda fascia assegnati ad alcuni uffici del Ministero della salute). 154

Articolo 36, comma 2 (Proroga della ferma dei medici e degli infermieri militari). 155

Articolo 36, comma 3 (Proroga degli incarichi a tempo determinato di funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica). 157

Articolo 36, comma 4 (Copertura della proroga della durata della ferma dei medici e degli infermieri militari e degli incarichi a tempo determinato di funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica). 159

Articolo 36, comma 4-bis  (Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)  163

Articolo 36-bis (Limiti massimi di  assistiti per i  medici di medicina generale). 165

Articolo 37 (Termini del programma delle amministrazioni straordinarie) 166

Articolo 37-bis (Modifiche al regime di segnalazione dei creditori pubblici qualificati)  169

Articolo 38 (Sostegno per soggetti con disabilità nell'ambito dell'assegno unico e universale per i figli a carico e riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità)  171

Articolo 38-bis (Assegni per situazioni di famiglia a favore del personale a contratto degli uffici all'estero). 174

Articolo 39 (Misure per favorire il benessere dei minorenni e per il contrasto alla povertà educativa). 176

Articolo 39-bis (Misure in materia di svolgimento della sessione 2022 dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato). 182

Articolo 40 (Disposizioni in materia di termini del procedimento di prenotazione degli incentivi auto). 185

Articolo 40-bis (Contributi all'acquisto di veicoli elettrici di categoria L1). 186

Articolo 40-ter (Semplificazione degli adempimenti relativi ai recipienti a pressione)  187

Articolo 40-quater (Modifiche disciplina crediti d’imposta e cessione del credito). 189

Articolo 41 (Cooperazione internazionale). 191

Articolo 41-bis (Semplificazione degli obblighi di comunicazione e assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). 194

Articoli 42 e 43 (Semplificazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro dei lavoratori stranieri). 195

Articolo 44 (Semplificazione delle procedure di verifica della osservanza dei presupposti contrattuali). 202

Articolo 45 (Rafforzamento delle strutture e disposizioni finanziarie). 205

Articolo 45, commi da 3-bis a 3-septies (Procedure di accertamento e valutazione delle condizioni di invalidità, disabilità, inabilità e inidoneità) 207

Articolo 45, commi da 3-octies a 3-decies (Titoli società assicurazioni) 209

Articolo 46 (Disposizioni finanziarie e finali). 211

Articolo 46-bis  (Clausola di salvaguardia). 212

Articolo 47 (Entrata in vigore). 213

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Soppressione dell’obbligo di vidimazione
quadrimestrale dei repertori)

 

 

L’articolo 1 apporta modifiche alla disciplina del controllo sul repertorio degli atti formati da pubblici ufficiali, ai fini dell’imposta di registro.

Con le modifiche in esame si chiarisce la generale competenza dell’Agenzia delle entrate nel controllo dei predetti repertori; viene abolita la vidimazione quadrimestrale e si novella la disciplina dei compiti dell’ufficio di registro, che non è più tenuto ad apporre il proprio visto sul repertorio, ma deve comunicare l’esito del controllo ai pubblici ufficiali. Sono poi aggiornati in euro gli importi delle sanzioni previste per l’omessa presentazione del repertorio degli atti dei pubblici ufficiali.

Nel corso dell’esame alla Camera è stato introdotto il comma 2-bis, che consente, oltre alla tenuta, anche la conservazione telematica dei registri contabili con sistemi elettronici, anche in difetto di conservazione sostitutiva digitale effettuata ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale.

 

L’articolo 1, comma 1, lettera a) del disegno di legge sostituisce i commi 1 e 2 dell’articolo 68 del Testo Unico dell’imposta di registro, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986.

 

Si ricorda al riguardo che, secondo la normativa vigente, l'articolo 67 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – Testo unico dell’imposta di registro, in materia di repertorio degli atti formati da pubblici ufficiali, dispone che i pubblici ufficiali obbligati a richiedere la registrazione degli atti (indicati nell'art. 10, lettera b) e c), del medesimo TU: notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della pubblica amministrazione, gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati; i cancellieri e i segretari per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni), nonché i capi delle amministrazioni pubbliche ed ogni altro funzionario autorizzato alla stipulazione dei contratti devono iscrivere in un apposito repertorio tutti gli atti del loro ufficio soggetti a registrazione in termine fisso.

Il successivo articolo 68 del TU si occupa della disciplina dei controlli sul repertorio degli atti formati dai pubblici ufficiali. La disciplina previgente stabiliva, al comma 1, che i pubblici ufficiali - indicati all'articolo 67 - dovessero, entro il mese successivo a ciascun quadrimestre solare nei giorni indicati dall'ufficio del registro competente per territorio, presentare il repertorio all'ufficio stesso, che ne rilascia ricevuta.

Il comma 2 dell’articolo 68 affidava poi all’ufficio del registro, dopo aver controllato la regolarità della tenuta del repertorio e della registrazione degli atti in esso iscritti, nonché la corrispondenza degli estremi di registrazione ivi annotati con le risultanze dei registri di formalità, e dopo aver rilevato le eventuali violazioni e tutte le notizie utili, il compito di apporre il proprio visto dopo l'ultima iscrizione, indicando la data di presentazione e il numero degli atti iscritti o dichiarando che non ha avuto luogo alcuna iscrizione.

 

Con le modifiche in esame (comma 1, lettera a) dell’articolo in commento) sono sostituiti i commi 1 e 2 dell’articolo 68. Si chiarisce che, in generale, compito dell’Agenzia delle entrate il controllo dei repertori degli atti formati dai pubblici ufficiali; è eliminato l’obbligo di vidimazione quadrimestrale dei repertori e, infine, si chiarisce che l’ufficio di registro non è più tenuto ad apporre il proprio visto sul repertorio, ma deve comunicare l’esito del controllo ai pubblici ufficiali.

Più in dettaglio, con le novelle al comma 1 si affida il controllo dei repertori all’iniziativa degli uffici dell’Agenzia delle entrate competenti per territorio (cd. controllo a campione).

Si sopprime la vidimazione quadrimestrale del repertorio, prevedendo invece che i pubblici ufficiali obbligati a richiedere la registrazione degli atti (soggetti indicati nell'articolo 10, lettere b) e c), del medesimo TU: notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della pubblica amministrazione, altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati; cancellieri e segretari per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni) nonché i capi delle amministrazioni pubbliche ed ogni altro funzionario autorizzato alla stipulazione dei contratti trasmettano il repertorio entro trenta giorni dalla data di notifica della richiesta.

 Si affida agli uffici dell’Agenzia delle entrate il compito di effettuare verifiche anche presso gli uffici dei soggetti roganti.

 

La relazione illustrativa chiarisce come l’intervento normativo sia diretto a ridurre il carico amministrativo per i soggetti interessati (Ufficiali roganti dei Comuni, Regioni e Province, notai, società a partecipazione pubblica, uffici giudiziari, ecc.) eliminando l’obbligo di consegna quadrimestrale, e di ritiro, dei repertori agli uffici dell’Agenzia delle entrate per il relativo controllo e vidimazione e prevendendo che tale controllo venga invece effettuato a campione, su iniziativa degli uffici dell’Agenzia delle entrate.

 

Con le modifiche al comma 2, si dispone che l’ufficio di registro – fermo restando il compito di controllare la regolarità della tenuta del repertorio e della registrazione degli atti iscritti, nonché la corrispondenza degli estremi di registrazione ivi annotati con le risultanze dei registri di formalità, nonché dopo aver rilevato le eventuali violazioni e tutte le notizie utili -  sia tenuto a comunicare l’esito del controllo ai pubblici ufficiali, in luogo di apporre il proprio visto come previsto dalla normativa vigente.

 

L’articolo 1, comma 1, lettera b) sostituisce il primo comma dell’articolo 73 del TU sull’imposta di registro che prevedeva, per l'omessa presentazione del repertorio (ai sensi del primo comma dell'articolo 68) una sanzione amministrativa per i pubblici ufficiali, da due milioni a dieci milioni di lire. Con le modifiche in esame si chiarisce che la sanzione consegue all'omessa presentazione del repertorio, a seguito di richiesta dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate e i relativi importi sono aggiornati in euro (da 1.032,91 a 5.164,57 euro).

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, chiarendo che alle attività di controllo di repertorio si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si segnala che l’articolo 14 del provvedimento in esame, alla cui scheda si rinvia, estende da venti a trenta giorni il termine per la registrazione degli atti in termine fisso, ai fini dell’imposta di registro.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stato introdotto il comma 2-bis, che modifica l’articolo 7, comma 4-quater del decreto-legge n. 357 del 1994.

Nella sua formulazione vigente, il richiamato comma 4-quater considera regolare la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi elettronici su qualsiasi supporto, in ogni caso, in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge, qualora in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultino aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti ed in loro presenza.

Con le modifiche in esame, oltre alla tenuta, si consente anche la conservazione telematica dei registri contabili con sistemi elettronici su qualsiasi supporto, anche in difetto di conservazione sostitutiva digitale, effettuata ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale.

 


Articolo 2
(
Adempimenti sostituto d’imposta)

 

 

L’articolo 2, modificato nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, stabilisce, con norma di primo livello, alcuni adempimenti a cui sono tenuti i sostituti d'imposta nella loro attività di assistenza fiscale. In particolare vengono definite modalità e termini per la trasmissione in via telematica all'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni elaborate, dei relativi prospetti di liquidazione e dei dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell’otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

L’articolo 2 modifica la disciplina dell’assistenza fiscale prestata dai sostituti d'imposta prevista dall’articolo 37 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In particolare il comma 1 introduce un nuovo comma 2-bis al richiamato articolo 37 che stabilisce che i sostituti d'imposta che comunicano ai propri sostituiti, entro il 15 gennaio di ogni anno, di voler prestare assistenza fiscale provvedono a:

§  controllare, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalla dichiarazione presentata dal sostituito, la regolarità formale della stessa anche in relazione alle disposizioni che stabiliscono limiti alla deducibilità degli oneri, alle detrazioni ed ai crediti di imposta;

§  consegnare al sostituito, prima della trasmissione della dichiarazione, copia della dichiarazione elaborata ed il relativo prospetto di liquidazione;

§  trasmettere in via telematica all’Agenzia delle entrate le dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;

§  tramettere in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede relative alla scelta dell’otto, del cinque e del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (modifica introdotta nel corso dell’esame alla Camera dei deputati).

 

Come emerge dalla relazione illustrativa la possibilità riconosciuta ai sostituti d’imposta di gestire telematicamente le scelte relative alla destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche supera l’anacronismo secondo il quale l’obbligo di presentazione, gestione e trasmissione cartacea di tale modulistica era posto in capo esclusivamente ai sostituti d’imposta mentre per gli altri due canali attraverso i quali è possibile presentare il modello 730 (CAF e professionisti abilitati; portale dell’Agenzia delle entrate) la dematerializzazione del processo è già da tempo avvenuta. Il precedente regime produceva inoltre un ingiustificato aggravio per i dipendenti che, svolgendo la propria attività da remoto, erano tenuti a consegnare materialmente la modulistica a coloro che prestavano assistenza fiscale.

 

La trasmissione delle dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione deve avvenire entro i termini indicati dalla disposizione in esame ovvero:

-     il 15 giugno di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente entro il 31 maggio;

-     il 29 giugno di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 1° al 20 giugno;

-     il 23 luglio di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 21 giugno al 15 luglio;

-     il 15 settembre di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 16 luglio al 31 agosto;

-     il 30 settembre di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 1° al 30 settembre;

 

Si ricorda che il richiamato articolo 37 comma 2, prevede che i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale:

a) ricevono le dichiarazioni e le schede per la scelta della destinazione del quattro e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

b) elaborano le dichiarazioni;

c) consegnano al contribuente copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte;

d) effettuano le operazioni di conguaglio;

e) inviano le dichiarazioni dei redditi e le suddette scelte.

 

Entro gli stessi termini sopra indicati deve avvenire la trasmissione in via telematica all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nelle schede relative alla scelta dell’otto, del cinque e del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali).

 

I sostituti sono, altresì, tenuti a comunicare all’Agenzia delle entrate in via telematica, entro i termini previsti sopra indicati, il risultato finale delle dichiarazioni. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 16, comma 4-bis decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 che disciplina le modalità di trasmissione in via telematica delle comunicazioni in merito al risultato finale delle dichiarazioni tra Agenzia delle entrate e sostituti d’imposta.

 

I sostituti d’imposta devono anche conservare copia delle dichiarazioni e dei relativi prospetti di liquidazione fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, nonché le schede relative alle scelte per la destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione.

Si segnala che il comma in esame riproduce sostanzialmente, a livello di fonte primaria, le norme previste dal dall’articolo 17, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 (vedi infra).

 

Il comma 2 precisa che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a partire dalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (ovvero il 22 giugno 2022).

 

Il comma 3, conseguentemente alle modifiche introdotte dalla disposizione, stabilisce che, con la medesima decorrenza di cui al comma 2, l’articolo 17, comma 1, del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 (che recava norme in materia di assistenza fiscale prestata dal sostituto d'imposta) cessa di avere applicazione.

 

Si ricorda che il menzionato comma 1 dell’articolo 17 stabiliva che i sostituti d'imposta che comunicano ai propri sostituiti, entro il 15 gennaio di ogni anno, di voler prestare assistenza fiscale provvedono a:

a) controllare, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalla dichiarazione presentata dal sostituito, la regolarità formale della stessa anche in relazione alle disposizioni che stabiliscono limiti alla deducibilità degli oneri, alle detrazioni ed ai crediti di imposta;

b) consegnare al sostituito, prima della trasmissione della dichiarazione, copia della dichiarazione elaborata ed il relativo prospetto di liquidazione;

c) trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate le dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione, nonché consegnare, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, le buste contenenti le schede relative alle scelte per la destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, entro:

1) il 15 giugno di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente entro il 31 maggio;

2) il 29 giugno di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 1 al 20 giugno;

3) il 23 luglio di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 21 giugno al 15 luglio;

4) il 15 settembre di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 16 luglio al 31 agosto;

5) il 30 settembre di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente dal 1 al 30 settembre;

c-bis) comunicare all'Agenzia delle entrate in via telematica, entro i termini previsti alla lettera c), il risultato finale delle dichiarazioni. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 16, comma 4-bis del medesimo decreto;

d) conservare copia delle dichiarazioni e dei relativi prospetti di liquidazione fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione.


 


Articolo 3, commi 1-6
(Modifiche al calendario fiscale)

 

 

L’articolo 3 contiene numerose modifiche ai termini previsti dalla legge per alcuni adempimenti fiscali.

Il comma 1 posticipa dal 16 al 30 settembre il termine per l’invio delle liquidazioni periodica IVA relative al secondo trimestre dell’anno di riferimento.

Il comma 2, modificato alla Camera, dispone che gli elenchi Intrastat siano presentati entro il giorno 25 del mese successivo del periodo di riferimento e, dunque, che il decreto ministeriale di attuazione sia tenuto a disciplinare le sole modalità di presentazione di tali elenchi. Il comma 3 apporta le conseguenti modifiche di coordinamento.

I commi 4 e 5 elevano da 250 a 5000 euro gli importi-soglia che consentono di usufruire di modalità di pagamento agevolate dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, con riferimento alle fatture emesse dal 1° gennaio 2023.

Il comma 6 posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2022 il termine per la presentazione della dichiarazione dell’imposta di soggiorno per gli anni di imposta 2020 e 2021.

Posticipo termini per l’invio delle liquidazioni trimestrali IVA

L’articolo 1, comma 1, posticipa dal 16 al 30 settembre il termine per l’invio delle liquidazioni IVA relative al secondo trimestre dell’anno di riferimento, a tal fine modificando l’articolo 21-bis, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010.

 

Al riguardo si rammenta che i soggetti passivi Iva devono presentare il modello “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA” per comunicare i dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell’imposta (articolo 21-bis del decreto legge n. 78 del 2010). Sono esonerati dall'adempimento i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale Iva o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, sempre che, nel corso dell’anno, non vengano meno le condizioni di esonero. L’obbligo di invio non ricorre in assenza di dati da indicare mentre sussiste nell'ipotesi in cui occorra evidenziare il riporto di un credito proveniente dal trimestre precedente. Il modello di deve essere presentato esclusivamente per via telematica, direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre.

Ai sensi delle norme previgenti, la comunicazione relativa al secondo trimestre doveva essere presentata entro il 16 settembre; quella relativa al quarto trimestre può, in alternativa, essere effettuata con la dichiarazione annuale Iva, che, in tal caso, deve essere presentata entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. Se il termine di presentazione della comunicazione scade di sabato o in giorni festivi, lo stesso è prorogato al primo giorno feriale successivo.

Semplificazione modelli Intrastat

Il comma 2 modifica l’articolo 50, comma 6-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, che affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze le disposizioni attuative dell’obbligo di presentazione degli elenchi riepilogativi Intrastat.

 

I soggetti passivi Iva, in riferimento alle operazioni intracomunitarie devono presentare (articolo 50, comma 6 del richiamato decreto-legge n. 331 del 1993):

-       l’elenco riepilogativo delle seguenti categorie di operazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea:

o  cessioni intracomunitarie di beni comunitari

o  prestazioni di servizi diverse da quelle oggetto di specifiche deroghe in tema di territorialità;

-       l’elenco riepilogativo delle seguenti categorie di operazioni acquisite presso soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea:

o  acquisti intracomunitari di beni comunitari

o  prestazioni di servizi.

 

Con le norme in esame, modificate durante l’esame alla Camera, si chiarisce in norma primaria che tali elenchi siano presentati entro il giorno 25 del mese successivo al periodo di riferimento e che il decreto ministeriale di attuazione sia tenuto a disciplinare le sole modalità (non più i termini) di presentazione di tali elenchi.

Nel testo originario del decreto-legge si disponeva che gli elenchi fossero presentati entro il mese successivo al periodo di riferimento.

 

Si ricorda che il DM 22 febbraio 2010 ha disciplinato le modalità attuative della trasmissione di tali elenchi prevedendo, all’articolo 3, che essi siano presentati all’Agenzia delle dogane entro il giorno 25 del mese successivo al periodo di riferimento.

Le modifiche apportate alla Camera sembrano dunque riallineare il termine previsto dalle disposizioni di rango primario a quanto già stabilito dal decreto ministeriale, cui spetta di determinare solo le modalità di presentazione di detti elenchi.

 

Con riferimento alla semplificazione dei modelli Intrastat, si ricorda che il terzo periodo dell’articolo 50, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, prevede che vengano definite, di concerto con il Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e d’intesa con l’Istituto Nazionale di Statistica, significative misure di semplificazione degli obblighi comunicativi Intrastat. Le misure di semplificazione devono essere finalizzate a garantire anche la qualità e completezza delle informazioni statistiche richieste dai regolamenti dell'Unione europea e ad evitare duplicazioni prevedendo, in particolare, che il numero dei soggetti obbligati all'invio degli elenchi riepilogativi sia ridotto al minimo, diminuendo la platea complessiva dei soggetti interessati e comunque con obblighi informativi inferiori rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente e nel rispetto della normativa dell'Unione europea.

In sostanza, tale norma ha prefigurato una razionalizzazione dei flussi informativi Intrastat, volta a raggiungere un duplice obiettivo: evitare duplicazioni di adempimenti comunicativi a carico dei contribuenti IVA e ridurre – nel rispetto della normativa UE – le informazioni fiscali e statistiche da trasmettere all’Amministrazione.

A seguito di tale semplificazione è stato adottato il provvedimento 194409/2017 del 25 settembre 2017, che ha introdotto semplificazioni nella compilazione, ha innalzato la soglia delle operazioni inserite negli elenchi, ha abolito alcuni modelli periodici e ha specificato la loro valenza esplicitamente statistica.

 

A seguito delle modifiche apportate dal comma 2, il successivo comma 3 abroga l’articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro dell’economia e finanze 22 febbraio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010, il quale – in attuazione dell’articolo 50, comma 6-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 – fissava al giorno 25 del mese successivo al periodo di riferimento il termine per la presentazione degli elenchi Intrastat.

Innalzamento delle soglie per il pagamento agevolato dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche

Il comma 4 eleva da 250 a 5000 euro gli importi-soglia che consentono di usufruire di modalità di pagamento semplificate e unitarie dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche (evitando in tal modo il pagamento frazionato della medesima), a tal fine modificando la disciplina contenuta nell’articolo 17, comma 1-bis, lettere a) e b) del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124.

 

Le attuali disposizioni in tema di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, di cui all’articolo 6 del DM del 17 giugno 2014 (come modificato nel tempo), prevedono che il pagamento del tributo sia effettuato, con riferimento alle fatture emesse in ciascun trimestre solare, entro il 31 maggio, 30 settembre e 30 novembre dello stesso anno, nonché, per il quarto trimestre, entro il 28 febbraio dell’anno successivo.

Nel caso in cui l'ammontare dell'imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell'anno non superi l'importo di 250 euro, il contribuente, in luogo della scadenza ordinaria, può procedere al pagamento entro il 30 settembre, unitamente all’imposta dovuta per il secondo trimestre.

Qualora, poi, l'importo dell'imposta di bollo dovuta in relazione alle fatture elettroniche emesse nei primi due trimestri solari dell'anno, complessivamente considerato, non superi l'importo di 250 euro, il pagamento dell'imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nei predetti trimestri può essere effettuato entro il 30 novembre dello stesso anno, unitamente all’imposta dovuta per il terzo trimestre.

Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

 

L’articolo 17 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. In tal caso l’amministrazione finanziaria deve comunicare con modalità telematiche al contribuente l’ammontare dell’imposta da versare nonché delle sanzioni per tardivo versamento e degli interessi.

Il comma 1-bis dell’articolo 17, come poi sostituito dall’articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020, ha rimodulato le scadenze per i versamenti dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche rapportandole all’imposta dovuta nel trimestre, e ha fissato (dagli originari 1000 euro) a 250 euro gli importi-soglia che consentono di usufruire di modalità agevolate di versamento.

In particolare, la lettera a) del comma 1-bis nella sua formulazione originaria dispone che, ove l’ammontare dell’imposta dovuta per le fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell’anno sia di importo inferiore a 250 euro (ma ove l’importo complessivo dell’imposta dovuta per il primo e secondo trimestre fosse superiore a 250 euro), il versamento possa essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta relativa alle fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno.

Ove, considerando anche l’imposta dovuta per le fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno, l’importo complessivo da versare resti inferiore a 250 euro, il versamento dell’imposta relativa al primo e secondo trimestre dell’anno può essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta per le fatture elettroniche emesse nel terzo trimestre dell’anno di riferimento (30 settembre) (lettera b) del comma 1-bis).

 

Il comma 5 chiarisce che l’innalzamento delle predette soglie si applica alle fatture elettroniche emesse a decorrere dal 1° gennaio 2023.

Posticipo termini dichiarazione imposta di soggiorno

Il comma 6 posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2022 il termine per la presentazione della dichiarazione dell’imposta di soggiorno per gli anni di imposta 2020 e 2021.

Detto termine è previsto dagli articoli 4, comma 1-ter, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e 4, comma 5-ter, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

 

L'articolo 4 del D.Lgs. 23 del 2011 (federalismo municipale) attribuisce ai comuni la facoltà di istituire una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. Per ulteriori informazioni si rinvia al portale della documentazione parlamentare.

Il comma 1-ter dell’articolo 4 individua il gestore della struttura ricettiva qual responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.  L'articolo 4, comma 5-ter del decreto-legge n. 50 del 2017 prevede che, con riferimento alle locazioni turistiche brevi, il soggetto che incassa il canone o il corrispettivo, ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi è responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno nonché degli adempimenti dichiarativi.

La dichiarazione dell’imposta è ordinariamente presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.

In relazione all’emergenza Covid-19, il decreto-legge n. 41 del 2021 ha disposto che la dichiarazione relativa all'anno d'imposta 2020 debba essere presentata unitamente alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta 2021.

Il modello di dichiarazione, le relative istruzioni e le specifiche tecniche sono stati approvati per la prima volta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 29 aprile 2022.

 

 

 


Articolo 3, comma 6-bis
(Modifica della disciplina sugli obblighi di informativa in capo ai soggetti che percepiscono erogazioni pubbliche)

 

L’articolo 3, comma 6-bis, introdotto alla Camera, integra la disciplina sugli obblighi di informativa in capo ai soggetti che percepiscono erogazioni pubbliche, chiarendo che i soggetti che – pur in carenza di un obbligo in tal senso – procedono alla redazione della Nota integrativa al bilancio, possono utilizzare tale forma di pubblicità in luogo della pubblicazione sul sito Internet o sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza, nel temine previsto per la redazione del bilancio anziché entro il 30 giugno dell’anno successivo alla erogazione del beneficio.

 

La legge 4 agosto 2017, n. 124 (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza”) (art. 1, commi da 125 a 129) prevede – a partire dal 2018 - specifici obblighi di informativa in capo ai soggetti che percepiscono erogazioni pubbliche. Gli obblighi di pubblicazione riguardano contributi di importo almeno pari a 10 mila euro nel periodo considerato.

La disciplina previgente è stata integralmente sostituita dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (art. 35), in quanto – come riportava la relazione illustrativa allora allegata al disegno di legge di conversione – la disciplina sulla trasparenza delle erogazioni pubbliche non aveva trovato applicazione, a causa delle difficoltà interpretative delle relative disposizioni, che non specificavano in maniera chiara le differenti modalità di adempimento in capo ai soggetti obbligati.

Le novità introdotte sono riassunte nella circolare n. 38 del 25 giugno 2021 del Ministero del lavoro, cui si fa rinvio.

In particolare la norma si rivolge agli enti non commerciali (associazioni di protezione ambientale, associazioni di consumatori, associazioni, ONLUS e fondazioni), le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri e le imprese, imponendo loro il dovere di pubblicare le informazioni relative a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, agli stessi effettivamente erogati nell’esercizio finanziario precedente dalle pubbliche amministrazioni.

Per gli enti non commerciali e le cooperative che svolgono attività a favore degli stranieri l’onere si assolve attraverso i relativi siti Internet (o analoghi portali digitali).

Per le imprese la disciplina è così articolata: per le imprese soggette all’obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese, l’obbligo si assolve in sede di redazione del bilancio con la Nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato; per i soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e quelli non tenuti alla redazione della Nota integrativa (essenzialmente, imprenditori individuali, società di persone e micro imprese), l’obbligo si assolve sui siti Internet (o sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza).

In caso di assolvimento dell’obbligo tramite i portali internet, il termine per l’adempimento è il 30 giugno dell’anno successivo alla ricezione del beneficio; se si provvede con la Nota integrativa al bilancio il termine è quello stabilito per la redazione del bilancio.

 

Per quanto riguarda gli enti non commerciali, le cooperative che svolgono attività in favore di stranieri e le imprese non tenute alla nota integrativa che – pur in carenza di un obbligo in tal senso – procedono alla redazione della Nota integrativa, non è risultato chiaro se la pubblicazione delle notizie richieste in tale documento possa tener luogo della pubblicazione sul sito Internet o sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza ed entro quale termine.

 

Il dubbio sembra sciolto in senso positivo dal comma aggiuntivo in esame, in base al quale gli enti che provvedono nell'ambito della nota integrativa del bilancio d'esercizio o di quello consolidato, non sono più tenuti a rispettare il termine del 30 giugno, ma possono osservare il termine previsto per l'approvazione del bilancio dell'anno successivo.

 


Articolo 3-bis
(Estensione dell'applicazione della disciplina
in materia di versamento unitario)

 

L’articolo 3-bis, introdotto alla Camera, intende estendere ulteriormente l’utilizzo del modello F24 per il pagamento di imposte, tasse e contributi in favore dello Stato e degli enti territoriali e previdenziali, al fine di consentire ai contribuenti il pagamento con tali modalità di qualsiasi imposta, tassa o contributo.

 

Preliminarmente occorre ricordare che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 ha introdotto il sistema del versamento unificato delle imposte, dei contributi e delle altre somme dovute allo Stato, alle Regioni ed agli enti previdenziali (cosiddetto modello F24) che sono elencate al comma 2 dello stesso articolo 17. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è possibile consultare il novero dei pagamenti effettuabili mediante F24.

Tale modello consente di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti.

La lettera h-ter) del richiamato comma 2 prevede che il sistema del versamento unificato possa essere esteso anche ad altre entrate, individuate con apposito decreto ministeriale.

In applicazione della citata disposizione, il sistema del versamento unificato è stato progressivamente esteso nel tempo, operando tra l’altro anche per i pagamenti dell'imposta sulle successioni e donazioni, dell'imposta di registro, delle imposte ipotecarie e catastali, delle tasse ipotecarie, dell'imposta di bollo, nonché dei relativi accessori, interessi e sanzioni e ai tributi speciali. Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 novembre 2020 l’utilizzo del modello F24 è stato esteso al pagamento delle somme dovute per la registrazione degli atti formati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e al versamento dell’imposta sulle donazioni, nei casi di registrazione degli atti presso gli uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate.

Come ha chiarito l’Agenzia delle entrate, nell’ottica di razionalizzazione delle modalità di pagamento il modello F24 è inteso come strumento di maggiore efficienza, rappresentando un progresso verso la semplificazione degli adempimenti fiscali dei contribuenti, che già utilizzano il modello F24 per il pagamento di numerosi tributi.

 

Più in dettaglio, il comma 2 dell’articolo in esame affida a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 17, comma 2, lettera h-ter) del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, il compito di elencare e disciplinare le tipologie di versamenti che possono essere pagate con F24, non già ricomprese nel medesimo decreto legislativo.

 

Il comma 1 prevede quindi che, dall’entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, i contribuenti possano effettuare versamenti unitari di qualsiasi imposta, tassa o contributo comunque denominati, in favore dello Stato, degli enti territoriali e previdenziali, secondo l’illustrata disciplina dei versamenti unitari (modello F24).

 


Articolo 4
(Modifica domicilio fiscale)

 

 

L’articolo 4 modifica l’autorità competente a stabilire il domicilio fiscale di un contribuente in un comune diverso da quello della residenza anagrafica o della sede legale riconoscendo tale facoltà all’Agenzia delle entrate.

La disposizione reca, inoltre, norme di semplificazione in merito alla variazione del domicilio fiscale.

 

L’articolo 4 modifica la disciplina all’articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, che prevede che l'amministrazione finanziaria possa stabilire il domicilio fiscale di un contribuente in un comune diverso da quello della residenza anagrafica o della sede legale (la variazione viene disposta d’ufficio oppure, se ricorrono circostanze particolari, a seguito di motivata richiesta da parte del contribuente).

In particolare la lettera a) del comma 1 stabilisce che competente all'esercizio della facoltà sopra citata è la Direzione regionale o la Divisione contribuenti dell’Agenzia delle entrate (non più l'intendente di finanza o il Ministro per le finanze) a seconda che il provvedimento importi lo spostamento del domicilio fiscale nell'ambito della stessa regione o in altra regione (non più della stessa provincia o in altra provincia).

 

La lettera b), inserendo un nuovo comma all’articolo 59, chiarisce che quando il domicilio fiscale è stato modificato, ogni successiva revoca ed eventuale ulteriore variazione del precedente provvedimento, anche richieste con istanza motivata del contribuente, sono stabilite con provvedimento dell’ufficio e hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui il provvedimento stesso viene notificato.

Competente all’esercizio della sola revoca è l’organo che ha emanato l’originario provvedimento. Quando alla revoca consegue una contestuale variazione del domicilio fiscale, competente a emanare il nuovo e unico provvedimento è la Direzione regionale o la Divisione contribuenti dell’Agenzia delle entrate a seconda che il provvedimento importi lo spostamento del domicilio fiscale nell'ambito della stessa regione o in altra regione.

Nella relazione illustrativa si sottolinea che il nuovo comma dell’articolo 59, in applicazione dei principi di speditezza ed economicità che devono caratterizzare l’azione amministrativa, vuole semplificare la procedura di revoca e variazione del domicilio fiscale prevedendo che, ove alla revoca segua contestualmente una nuova variazione, sia previsto un unico provvedimento (mentre in precedenza era necessario emettere un duplice provvedimento: uno relativo alla revoca e uno relativo alla nuova variazione di domicilio fiscale).

 

Il comma 2 stabilisce l’invarianza finanziaria della misura in esame, disponendo che all’attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


Articolo 5
(Erogazione dei rimborsi fiscali agli eredi)

 

 

L’articolo 5 disciplina la destinazione dei rimborsi fiscali spettanti al defunto modificando il testo unico concernente l’imposta sulle successioni e donazioni. Si prevede in particolare che tali rimborsi spettino ai chiamati all’eredità, nei casi di successione legittima, per l’importo corrispondente alla rispettiva quota ereditaria. La disciplina è derogabile. È altresì disciplinata l’ipotesi in cui il chiamato non intenda accettare il rimborso fiscale.

 

In particolare l’articolo in commento modifica l’articolo 28 del Testo unico delle disposizioni concernente l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, inserendo un nuovo comma 6-bis.

 

L’articolo 28 disciplina la dichiarazione di successione da presentare all'ufficio del registro competente da parte dei chiamati all'eredità e dei legatari ovvero dei loro rappresentanti legali, degli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente, degli amministratori dell'eredità e dei curatori delle eredità giacenti nonché degli esecutori testamentari. I chiamati all'eredità e i legatari sono esonerati dall'obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine di dodici mesi dalla data di apertura della successione, hanno rinunziato all'eredità o al legato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell'eredità e ne hanno informato per raccomandata l'ufficio del registro. Sono inoltre esclusi il coniuge e i parenti in linea retta del defunto se l'attivo ereditario ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare.

Se dopo la presentazione della dichiarazione di successione sopravviene un evento (diverso da quelli indicati all'art. 13, comma 4, riguardanti condotte di alienazione o elusione dell’obbligo di consentire l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello stato su beni culturali e dall'erogazione di rimborsi fiscali) che dà luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa.

 

La disciplina introdotta prevede che i rimborsi fiscali di competenza dell’Agenzia delle entrate, spettanti al defunto, siano erogati, salvo diversa comunicazione degli interessati, ai chiamati all’eredità come indicati nella dichiarazione di successione dalla quale risulta che l’eredità è devoluta per legge, per l’importo corrispondente alla rispettiva quota ereditaria.

Le modalità di trasmissione della comunicazione sopra descritta sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Pertanto la disciplina introdotta prevede la possibilità per i chiamati all’eredità la possibilità di ottenere direttamente, secondo la propria quota ereditaria, i rimborsi fiscali consentendo tuttavia al chiamato che non intende accettare il rimborso di riversarne l’importo all’Agenzia delle entrate successivamente all’erogazione. Ciò implica che l’Agenzia delle entrate possa eseguire più celermente l’attività di erogazione dei suddetti rimborsi, utilizzando anche procedure informatiche automatizzate.

 

L’ottenimento del rimborso avviene quindi automaticamente ma non implica l’automatica accettazione dell’eredità da parte del chiamato, posto che viene fatta salva la possibilità di rinunciare al rimborso riversando all’Agenzia delle entrate l’importo dello stesso.

 

Si dispone infine che all’attuazione di tali semplificazioni procedurali (che potrebbero comportare alcuni adempimenti per l’Agenzia delle entrate) si provvede mediante le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 6
(Dichiarazione dei redditi precompilata)

 

 

L’articolo 6 prevede che anche in caso di presentazione senza modifiche della dichiarazione precompilata mediante CAF o professionista non venga effettuato il controllo formale sui dati.

La norma precisa inoltre che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, con modifiche, mediante CAF o professionista, il controllo formale non è effettuato sui dati delle spese sanitarie che non risultano modificati ed inoltre non è richiesta la loro conservazione documentale.

 

L’articolo 6 modifica la disciplina dell'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, che prevede dei limiti ai poteri di controllo dell’Agenzia delle entrate nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, a seconda che la dichiarazione sia presentata con modifiche o meno. In particolare la norma introduce delle nuove disposizioni nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata avvenuta mediante CAF o professionista.

 

La lettera a) della disposizione in esame sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 5 prevedendo che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, ovvero mediante CAF o professionista (soggetti non previsti dalla precedente disciplina), senza modifiche, non si effettua il controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi. Su tali dati resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.

 

La lettera a-bis), introdotta alla Camera, dispone una correzione di forma, sopprimendo al comma 2 il riferimento alla lettera a) del comma 1 del richiamato articolo 5 che risulta, nel testo vigente, non più riferibile.

 

La lettera b) modificando il comma 3 stabilisce che solo nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata con modifiche mediante CAF o professionista è possibile effettuare il controllo formale.

Con la modifica introdotta, infatti, la norma stabilisce che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, con modifiche (non più come nel previgente testo: “anche con modifiche”) effettuata mediante CAF o professionista, il controllo formale è effettuato nei confronti del CAF o del professionista, anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata, fermo restando a carico del contribuente il pagamento delle maggiori imposte e degli interessi. Il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni è effettuato nei confronti del contribuente.

 

Sempre al comma 3, come modificato alla Camera, la norma aggiunge altresì un periodo che dispone che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, con modifiche, mediante CAF o professionista, il controllo formale non è effettuato sui dati delle spese sanitarie che non risultano modificati rispetto alla dichiarazione precompilata e non è richiesta la conservazione documentale. Ai fini del controllo il CAF o il professionista verifica la corrispondenza delle spese sanitarie mediante la presa visione della documentazione esibita dal contribuente con gli importi aggregati in base alle tipologie di spesa utilizzati per la predisposizione della dichiarazione precompilata.

Nella Relazione illustrativa che accompagna il testo si evidenzia che per effetto della norma in esame si evita che, con riferimento alle spese sanitarie, per le quali gli operatori sanitari trasmettono tutti gli elementi di dettaglio al Sistema Tessera Sanitaria, ivi compresi i dati riferiti ad ogni singolo documento di spesa, il CAF o il professionista debba conservare i singoli documenti di spesa i cui dati non sono modificati. Viene inoltre ricordato che le informazioni di dettaglio trasmesse al Sistema Tessera Sanitaria possono essere visualizzate solo dal contribuente, sia accedendo al Sistema Tessera Sanitaria, sia sul sito dell’Agenzia delle entrate nell’area autenticata, tramite il servizio di interrogazione puntuale in cooperazione applicativa esposto dal Sistema Tessera Sanitaria. L’Agenzia delle entrate riceve dal Sistema Tessera Sanitaria i dati aggregati per tipologia di spesa (es. farmaci, dispositivi medici, ecc.) e li utilizza per l’elaborazione della dichiarazione precompilata, che viene poi resa disponibile, oltre ai contribuenti, anche ai CAF e ai professionisti autorizzati tramite apposita delega.

In caso di difformità, l'Agenzia delle entrate effettua il controllo formale relativamente ai soli documenti di spesa che non risultano indicati nella dichiarazione precompilata.

Il comma 2 chiarisce che le disposizioni dell’articolo in esame si applicano a partire dalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (ovvero il 22 giugno 2022) e alle stesse si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


Articolo 6-bis
(Comunicazione conclusione attività istruttoria)

 

L’articolo 6-bis, introdotto alla Camera, reca alcune norme volte a introdurre nuove modalità semplificate di comunicazione da parte dell’amministrazione finanziaria dell’esito negativo della procedura di controllo nei confronti del contribuente.

 

L’articolo 6-bis, comma 1, inserito durante l’esame alla Camera, introduce un nuovo comma 5-bis all’articolo 6 della legge n.212, del 27 luglio 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) in materia di conoscenza degli atti e di semplificazione. In particolare, la disposizione prevede che in caso di esercizio di attività istruttorie di controllo nei confronti del contribuente del cui avvio lo stesso sia informato, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, in forma semplificata, entro il termine di sessanta giorni della conclusione della procedura di controllo, l’esito negativo della medesima.

Il secondo periodo del comma chiarisce che le modalità semplificate di comunicazione sono individuate dall’amministrazione finanziaria, con proprio provvedimento, anche mediante l’utilizzo di messaggistica di testo indirizzata all’utenza mobile del destinatario, della posta elettronica, anche non certificata, o dell’applicazione “IO”. Inoltre, con il medesimo provvedimento, sono definite le modalità attraverso le quali il contribuente fornisce i propri dati al fine di consentire la sopra citata comunicazione.

La norma specifica che la comunicazione dell’esito negativo non pregiudica tuttavia l’esercizio successivo dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria.

Le disposizioni in esame non si applicano alle liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni (articolo 36-bis del D.P.R. 29/09/1973, n. 600) né dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni (articolo 54-bis del D.P.R. 26/10/1972, n. 633).

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria prevedendo che dall’attuazione delle disposizioni dell’articolo si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 6-ter
(Vendita diretta, su proposta del debitore,
di immobili privi di rendita catastale)

 

L’articolo 6-ter, introdotto alla Camera, consente al debitore, in seno alle procedure di riscossione coattiva con pignoramento o ipoteca di beni, di effettuare la vendita diretta di immobili, ove si tratti di immobili censibili nel catasto edilizio urbano senza attribuzione di rendita catastale, al valore determinato da perizia inoppugnabile effettuata dall'Agenzia delle entrate.

 

 

L’articolo 6-ter, inserito durante l’esame alla Camera, inserisce un nuovo comma 2-quinquies nell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, il quale disciplina le procedure di vendita dei beni pignorati in seno alle procedure di riscossione coattiva dei tributi.

 

Si ricorda in generale che, ai sensi del richiamato D.P.R. n. 602 del 1973 (articoli 49 e seguenti), si dà corso alle procedure esecutive e alla vendita all’asta dei beni in caso di debiti per i quali persiste il mancato pagamento e soltanto in presenza delle condizioni stabilite dalla legge.

In particolare il pignoramento immobiliare (articolo 76) non può essere effettuato se l’immobile ha tutte le seguenti caratteristiche:

•    è l’unico immobile di proprietà del debitore;

•    è adibito a uso abitativo e il debitore vi risiede anagraficamente;

•    non è di lusso (cioè non ha le caratteristiche previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969) e non è comunque una villa (A/8), un castello o un palazzo di eminente pregio artistico o storico (A/9).

Negli altri casi si può procedere al pignoramento e alla vendita all’asta dell’immobile solo se:

•    l'importo complessivo del debito è superiore a 120 mila euro;

•    il valore degli immobili del debitore è superiore a 120 mila euro;

•  sono passati almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non ha pagato/rateizzato il debito o in mancanza di provvedimenti di sgravio/sospensione.

Il pignoramento immobiliare dell’Agente della riscossione è effettuato mediante la trascrizione nei registri immobiliari di un avviso che viene notificato al debitore entro i successivi cinque giorni.

La legge prevede che il contribuente, con il consenso di Agenzia delle entrate-Riscossione, possa vendere personalmente l’immobile pignorato o ipotecato entro i 5 giorni che precedono il primo incanto oppure, nel caso in cui lo stesso non vada a buon fine, entro il giorno precedente al secondo incanto. In questo caso l’intero corrispettivo è versato direttamente all'Agenzia che utilizza l’importo per il saldo del debito e restituisce al debitore l’eventuale somma eccedente entro i 10 giorni lavorativi successivi all’incasso.

 

In sintesi, il richiamato articolo 52 prevede che la vendita dei beni pignorati sia effettuata, mediante pubblico incanto o nelle altre forme previste dalla legge, a cura del concessionario (agente della riscossione) senza necessità di autorizzazione dell'autorità giudiziaria. L'incanto è tenuto e verbalizzato dall'ufficiale della riscossione.

Il debitore ha facoltà (comma 2-bis dell’articolo 52) di procedere alla vendita diretta del bene pignorato o ipotecato, al valore del bene attribuito nel verbale di pignoramento (articolo 68 del medesimo D.P.R., se il valore dei beni pignorati non risulta da listino di borsa o di mercato), o al prezzo base dell’incanto (articolo 79, riferito alla rendita catastale, giusto rinvio alle disposizioni del Testo Unico dell’imposta di registro) ovvero ancora al valore di stima di un esperto nominato dal giudice (nel caso in cui l’autorità giudiziaria ritenga che il valore del bene, determinato ai sensi dell'articolo 79, sia manifestamente inadeguato: articolo 80, comma 2, lettera b) del medesimo D.P.R.), con il consenso dell'agente della riscossione, il quale interviene nell'atto di cessione e al quale è interamente versato il corrispettivo della vendita. L'eccedenza del corrispettivo rispetto al debito è rimborsata al debitore entro i dieci giorni lavorativi successivi all'incasso. Ove il debitore eserciti la facoltà di effettuare la vendita diretta, essa deve aver luogo entro i cinque giorni antecedenti la data fissata per il primo incanto, ovvero la nuova data eventualmente fissata per effetto della nomina dell’esperto da parte dal giudice.

 

Con le disposizioni in esame (comma 1) viene introdotto un nuovo comma 2-quinquies all’articolo 52, che intende introdurre una specifica disciplina opzionale, nel caso in cui la vendita diretta su proposta del debitore riguardi immobili censibili nel catasto edilizio urbano senza attribuzione di rendita catastale, quali fabbricati in corso di costruzione, fabbricati collabenti, fabbricati in corso di definizione, lastrici solari e aree urbane.

In tali ipotesi il debitore ha facoltà di procedere alla vendita del bene, con il consenso dell'Agente della Riscossione, al valore determinato - in deroga al già illustrato comma 2-bis dell’articolo 52 - da perizia inoppugnabile, effettuata dall'Agenzia delle entrate.

La perizia è effettuata in base agli accordi e nei termini ivi stabiliti, che sono stipulati con lo stesso agente della riscossione ai sensi dell’art. 64, comma 3-bis del decreto legislativo n. 300 del 1999: detta norma stabilisce che l'Agenzia delle entrate è competente a svolgere le attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimative richieste dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti ad esse strumentali, sulla base di specifici accordi che prevedono il rimborso dei costi sostenuti dall'Agenzia.

La richiesta di perizia è presentata dal debitore al medesimo agente. Il rimborso dei costi sostenuti per l’effettuazione della perizia è posto a carico del debitore ed è versato al predetto agente, unitamente al corrispettivo della vendita del bene (di cui al comma 2-bis) ovvero, in mancanza di vendita, entro il termine di 90 giorni dalla consegna della perizia.

Decorso tale termine, in assenza di pagamento, l’agente della riscossione può procedere alla riscossione coattiva delle somme dovute, unitamente alle spese esecutive di cui all’articolo 17, comma 3, lettera a) del D. Lgs. n. 112 del 1999.

Si tratta della quota denominata "spese esecutive", correlata all'attivazione di procedure esecutive e cautelari da parte dell'agente della riscossione.

 

Le norme in esame (comma 2) si applicano anche ai procedimenti in corso a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 


Articolo 7
(Modifica della validità dell’attestazione
per i contratti di locazione a canone concordato)

 

 

L’articolo 7, modificato durante l’esame alla Camera, chiarisce che la dichiarazione con cui si attesta la rispondenza del contenuto economico e normativo di un contratto di locazione a canone concordato - transitorio o per studenti universitari - agli accordi definiti a livello locale, possa essere fatta valere per tutti i contratti di locazione stipulati successivamente al suo rilascio e, per effetto delle modifiche apportate in sede parlamentare, aventi il medesimo contenuto del contratto per cui è stata rilasciata, fino ad eventuali variazioni delle caratteristiche dell’immobile o dell’Accordo Territoriale del Comune a cui essa si riferisce.

 

Gli articoli 1, comma 8, 2, comma 8, e 3, comma 5, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 16 gennaio 2017 (che individua i criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, nonché dei contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari) prevedono la possibilità delle parti che stipulano un contratto di locazione a canone concordato, un contratto di locazione di natura transitoria, ovvero un contratto di locazione per studenti universitari  di essere assistite dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.

Per i contratti non assistiti, sono gli accordi locali a definire le modalità con cui si attesta - sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità da parte di almeno una organizzazione firmataria dell'accordo - la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali.

Al riguardo si fa presente che l’Agenzia delle entrate, nella risposta all’interpello n. 105 del 2018, ha chiarito che per i contratti di locazione a canone concordato “non assistiti”, l’attestazione sulla rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto di locazione all’Accordo Territoriale, esplica effetti anche ai fini del conseguimento delle agevolazioni fiscali.

In tal senso, si è espresso anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale per la Condizione Abitativa - che, con nota del 6 febbraio 2018, n. 1380, ha affermato che “… per quanto concerne i profili fiscali va considerato che l’obbligatorietà dell’attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, sia a livello centrale che comunale, la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell’accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, sia statali che comunali. Ne consegue l’obbligo per i contraenti, di acquisire l’attestazione in argomento anche per poter dimostrare all’Agenzia delle entrate, in caso di verifica fiscale, la correttezza delle deduzioni utilizzate”. Al riguardo, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 31/E del 20 aprile 2018, ha affermato che “per i contratti a canone concordato “non assistiti”, l’acquisizione dell’attestazione costituisce elemento necessario ai fini del riconoscimento delle agevolazioni”. Da quanto detto, emerge che per i contratti di locazione a canone concordato stipulati in applicazione di accordi territoriali, che recepiscono il mutato assetto normativo, le parti contrattuali, in ipotesi di contratti “non assistiti”, hanno l’obbligo di acquisire l’attestazione di rispondenza al fine di poter legittimamente godere delle agevolazioni fiscali.

 

Nella medesima risposta all’interpello n. 105 del 2018, l’Agenzia ha ritenuto – dal momento che tale attestazione si rende obbligatoria al fine di certificare la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso - necessaria un’attestazione per ogni singolo contratto. Per quanto riguardava, invece, l’ipotesi di uno stesso appartamento concesso in locazione per porzioni a studenti universitarie con singoli contratti, qualora stipulati contestualmente e aventi tutti lo stesso contenuto economico e normativo, si riteneva sufficiente un’unica attestazione di rispondenza per il complesso dei contratti.

 

Con le disposizioni in esame si chiarisce che la predetta attestazione può essere fatta valere per tutti i contratti di locazione, stipulati successivamente al suo rilascio, fino ad eventuali variazioni delle caratteristiche dell’immobile o dell’Accordo Territoriale del Comune a cui essa si riferisce.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato specificato che la validità di tale attestazione riguarda tutti i predetti contratti, purché abbiano il medesimo contenuto del contratto per cui è stata rilasciata.

 

La relazione tecnica chiarisce che, sul piano economico, la sopra citata attestazione concerne caratteristiche specifiche dell’immobile (superficie, disponibilità di posti auto, balconi, terrazze, ascensore, eccetera). Tali caratteristiche prescindono dalle parti contrattuali ed appare quindi sufficiente confermare la validità dell’attestazione finché non si modifichino le citate caratteristiche ovvero i contenuti degli accordi territoriali.

 

 

 


Articolo 8
(
Estensione del principio di derivazione rafforzata alle micro imprese e disposizioni in materia  di errori contabili)

 

 

L’articolo 8 dispone l’applicazione del cd. principio di derivazione rafforzata (secondo il quale la determinazione del reddito d’impresa a fini Ires è coerente con la rappresentazione contabile, in deroga alle norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) alle microimprese che optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria. Estende poi i criteri di imputazione temporale discendenti dal principio di derivazione rafforzata anche alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili, a condizione che si tratti di componenti negativi di reddito per cui non è scaduto il termine per presentare dichiarazione integrativa.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati è stato chiarito che le poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori rilevano anche a fini Irap, purché per tali componenti negative di reddito non sia scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa.

Le modifiche così apportate si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 22 giugno 2022. 

 

Le disposizioni in esame (comma 1) apportano a tal fine modifiche all’articolo 83 del D.P.R. n. 917 del 1986 – Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, norma che disciplina le modalità di individuazione del reddito complessivo ai fini dell’applicazione dell’imposta sui redditi delle società – Ires.

In particolare, il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita del conto economico le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti dal medesimo TUIR.

L’articolo 83 è stato modificato dall'articolo 13-bis del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, a seguito della riforma dei bilanci societari introdotta dal 1° gennaio 2016 con il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139 (che ha attuato la direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese) e che ha introdotto nell’ordinamento il cd. principio di derivazione rafforzata.

Per effetto delle modifiche del 2016, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all'articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni del TUIR, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili.

Per i predetti soggetti, la determinazione del reddito d’impresa a fini Ires è coerente con la rappresentazione contabile, con riferimento ai concetti di qualificazione (esatta individuazione dell’operazione posta in essere), classificazione (individuazione della specifica tipologia di provento o di onere) e imputazione temporale (corretta individuazione del periodo d’imposta al quale attribuire la rilevanza fiscale dei componenti di reddito) che vengono adottati in sede di redazione del bilancio escludendo, tuttavia, i criteri valutativi.

 

Con la prima delle modifiche in esame (comma 1, lettera a)) si precisa che il richiamato principio di derivazione rafforzata si applica ai soggetti “diversi dalle micro-imprese” di cui all’articolo 2435-ter del codice civile “che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria”.

In sostanza, dalla formulazione letterale della norma si evince che, ove la microimpresa abbia optato per l’applicazione del bilancio ordinario, a essa si applicherà il principio di derivazione rafforzata e la determinazione dell’imponibile dovrà seguire la rappresentazione contabile, in deroga alle specifiche norme del TUIR che qualificano le diverse componenti del reddito d’impresa.

 

Al riguardo si ricorda che gli articoli 2435-bis e 2435-ter del codice civile disciplinano, rispettivamente, alcune semplificazioni nella redazione delle scritture contabili, applicabili alle le società che non superino alcuni limiti dimensionali (bilancio in forma abbreviata, rispettivamente, e cd. super abbreviata per le micro imprese).

 

Con la lettera b) del comma 1 si chiarisce che i criteri di imputazione temporale discendenti dal principio di derivazione rafforzata - di cui al terzo periodo dell’articolo 83, come modificato dalla lettera a) - valgono ai fini fiscali anche in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili.

Tuttavia, tale disposizione non si applica ai componenti negativi di reddito (es. le perdite) per i quali è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa (di cui all’articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322).

 

Il Governo nella Relazione illustrativa chiarisce che, nel previgente regime, le componenti di reddito generate dal processo di correzione degli errori contabili – processo attuato secondo i principi contabili - non possono trovare riconoscimento fiscale se non attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta interessato dall’errore contabile. Di conseguenza la deducibilità dei costi/imponibilità dei proventi resta ancorata all’imputazione al periodo in cui gli stessi avrebbero dovuto essere contabilizzati; conseguentemente, la deducibilità/imponibilità sono legittimate solo attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa che tenga conto della rettifica dell’errore ricalcolando l’imponibile fiscale.  Pertanto, nel sistema tributario attuale le componenti generate dalla correzione dagli errori non assumono rilevanza fiscale nel periodo d’imposta in cui viene effettuata la correzione.

Con le norme in esame si intende conferire rilevanza fiscale alla correzione degli errori nell’esercizio in cui viene effettuata in conformità ai principi contabili esistenti, evitando così alle imprese la presentazione di una apposita dichiarazione integrativa. In considerazione delle predette finalità di semplificazione della modifica e del principio di carattere generale in base al quale la rettifica delle dichiarazioni non può comportare, in ogni caso, la riapertura di periodi d’imposta per i quali siano già spirati i termini di decadenza dell’attività di accertamento, la rilevanza fiscale delle poste derivanti dalla correzione di errori contabili è, in ogni caso, esclusa per i componenti negativi di reddito in relazione ai quali, con riferimento al periodo d’imposta di corretta imputazione contabile, è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stato introdotto il comma 1-bis, il quale dispone che le poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili (effettuato ai sensi dell’articolo 83, comma 1, lettera b), quarto periodo del TUIR, introdotto dal comma 1) rilevano anche a fini Irap; tuttavia, tale disposizione non si applica ai componenti negativi della base imponibile (valore della produzione netta) per i quali sia scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del D.P.R. n. 322 del 1998).

Il comma 2 dispone che le modifiche predette (ivi compreso il comma 1-bis) si applichino a partire dal periodo d’imposta in corso al 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

 

In ordine all’efficacia delle norme tributarie nel tempo, si ricorda che lo Statuto del Contribuente (legge n. 212 del 2000) dispone (articolo 3, comma 1) che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. È fatta salva la retroattività delle norme interpretative, che può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

 

 


Articolo 9
(
Abrogazione disciplina delle società in perdita sistematica e dell’addizionale IRES di cui all’articolo 3
della legge 6 febbraio 2009, n. 7)

 

 

L’articolo 9 abroga:

§  al comma 1, la disciplina delle cd. società in perdita sistematica, dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022;

§  al comma 2, l’addizionale Ires per le imprese operanti nel settore degli idrocarburi, a decorrere dal periodo d’imposta 2021 (periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020).

 

Abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica

L’articolo 1, al comma 1, abroga la disciplina delle cd. società in perdita sistematica, contenuta nei commi 36-decies, 36-undecies e 36-duodecies del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138.

L’abrogazione decorre dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022.

 

Le società in perdita sistematica sono disciplinate dall’articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138.

Con tali disposizioni, sono considerate società di comodo - di cui all’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – non solo le “società non operative”, ossia le società che non superano il cd. test di operatività, ma anche le “società in perdita sistematica” ovvero quelle che presentano cinque periodi d’imposta in perdita, ai sensi del citato comma 36-decies dell’articolo 2 (c.d. periodo di osservazione, che è stato esteso da tre a cinque periodi di imposta dal decreto legislativo n. 175 del 2014).

Più precisamente sono considerate società in perdita sistematica, ai sensi del citato comma 36-decies dell’articolo 2, i soggetti che presentano una situazione di perdita fiscale risultante dalle relative dichiarazioni dei redditi per cinque periodi d’imposta consecutivi ovvero, sempre per lo stesso periodo di osservazione, presentino indifferentemente due dichiarazioni dei redditi in perdita fiscale ed una terza con un reddito imponibile inferiore a quello minimo presunto ai sensi della disciplina delle società di comodo.

Alle società in perdita sistematica - in quanto considerate di comodo - si applica la specifica disciplina prevista dall'art. 30 della legge n. 724 del 1994.

Esse dunque hanno l'obbligo di dichiarare ai fini delle imposte sui redditi un reddito non inferiore a quello minimo presunto e ai fini Irap un valore della produzione minimo; vi è la possibilità di utilizzare, nel periodo d’imposta in cui la società è non operativa, le perdite dei periodi d’imposta precedenti in diminuzione soltanto per la parte di reddito eccedente il minimo; è fatto divieto di chiedere a rimborso o di utilizzare il credito IVA in compensazione.

Inoltre, per le società in perdita sistematica che siano anche società di capitali, è previsto il versamento della maggiorazione dell’aliquota Ires del 10,50%. Pertanto, le società di capitali che risultano "di comodo" dovranno pagare un’Ires al 34,5% (24+10,5).

Si ricorda che per società non operative (ovvero “società di comodo”) si intendono quelle che non sono preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, volta ad evitarne l’utilizzo, a fini antielusivi. L’individuazione avviene attraverso il cd. test di operatività, che mette a confronto i ricavi dichiarati e i ricavi presunti che la società si stima debba generare in base ai valori iscritti all’attivo in bilancio. Alle società di comodo viene obbligatoriamente attribuito un reddito minimo - applicando alcune percentuali prefissate al valore delle attività patrimoniali - la cui disapplicazione può essere richiesta all’Agenzia delle entrate tramite interpello.

 

Il comma 3 quantifica l’onere derivante dall’abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica in 17,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 10,1 milioni di euro annuo a decorrere dall’anno 2024, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del di Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n.282.

 

L’intendimento alla base di tale abrogazione si fonda sulla considerazione, riportata in relazione illustrativa, che l’attribuzione della qualifica di società di comodo solo in ragione dei risultati negativi conseguiti dall’impresa, seppure ripetuti nel tempo, determinando inevitabilmente l’applicazione delle penalizzazioni di legge, produce l’effetto di applicarsi anche a soggetti in realtà pienamente operativi e commerciali ma non redditizi per un lungo periodo di tempo cosa possibile in periodi di perdurante crisi economica come quelli attuali. Si ritiene quindi di evitare l’utilizzo di uno strumento automatico indicando quale strumento di individuazione di eventuali condotte fiscalmente non lecite quello delle presunzioni semplici in sede di accertamento ordinario.

Abrogazione dell’addizionale sulle imprese che operano nel settore degli idrocarburi

Il comma 2 abroga, a decorrere dal periodo d’imposta 2021 (più precisamente, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020), l’articolo 3 della legge 6 febbraio 2009, n. 7, che ha introdotto fino al 2028 una addizionale Ires per le imprese operanti nel settore degli idrocarburi.

 

La relazione tecnica segnala come le previsioni di Bilancio dello Stato, tenuto conto degli andamenti rilevati, prudenzialmente non scontano effetti di gettito con riferimento a tale tributo. Pertanto l’abrogazione non produce effetti economici rispetto alla legislazione vigente.

 

L’articolo 3 della legge n. 7 del 2009 (recante ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008) ha introdotto fino al 2028, un’addizionale all’imposta sul reddito delle società operante per specifiche categorie di imprese del settore degli idrocarburi. 

L’addizionale in parola è dovuta dalle società ed enti commerciali residenti in Italia in possesso dei seguenti requisiti:

·         operanti nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. In particolare, a tal fine è richiesto che il valore delle partecipazioni di controllo e di collegamento e delle immobilizzazioni materiali e immateriali nette utilizzate per le predette attività sia superiore al 33 per cento della corrispondente voce di bilancio.

·         emittenti azioni o titoli equivalenti ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato;

·         con una capitalizzazione superiore a 20 miliardi di euro. A tal fine rileva la media delle capitalizzazioni rilevate sui mercati regolamentati nell’ultimo mese di esercizio e relative ai maggiori volumi negoziati.

 

L’aliquota ordinaria dell’addizionale è pari al 4 per cento e l’imponibile è determinato in misura corrispondente all’utile prima delle imposte risultante dal conto economico. L’imposta, tuttavia, non è dovuta dai soggetti per i quali l’incidenza fiscale risulti inferiore al 19 per cento. L’imposta, inoltre, non è dovuta, in ogni caso, nelle ipotesi di esercizi in perdita.

L’incidenza fiscale è determinata dal rapporto tra:

a) l’onere netto per l’Ires corrente, differita e anticipata per le eventuali imposte sostitutive;

b) l’utile prima delle imposte.

Viene individuato un importo massimo del tributo dovuto.

Dall’onere netto per l’Ires sono esclusi gli effetti di imposta corrente, differita e anticipata relativi alle società incluse nello stesso consolidato fiscale nazionale o mondiale o insieme alle quali è stata esercitata l’opzione di trasparenza fiscale.

L’addizionale trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008 e fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2028.

 

 


Articolo 10
(
Semplificazioni in materia di dichiarazione IRAP)

 

 

L’articolo 10 contiene alcune semplificazioni in materia dichiarazione IRAP, con specifico riferimento alla determinazione del valore della produzione netta, costituente la base imponibile del tributo. In particolare, ai fini della determinazione del valore della produzione, si prevede la deduzione integrale del costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e, conseguentemente, si esclude, per questi lavoratori, la deduzione dei contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, le deduzioni dei contributi previdenziali e assistenziali ad essi riferiti, la deduzione delle spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro e per il personale addetto alla ricerca e sviluppo nonché la deduzione prevista per ciascun nuovo dipendente assunto che incrementa il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d'imposta precedente.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati è stato precisato che per le spese relative agli apprendisti, ai disabili e per le spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro la relativa deduzione permanga integralmente per le pubbliche amministrazioni e per i soggetti che operano senza fini di lucro mentre si riferisca al solo personale diverso dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato per gli altri soggetti d’imposta. È stato altresì consentito ai contribuenti di compilare il modello IRAP 2022 secondo quanto previsto dalla normativa precedentemente vigente.

 

In particolare il comma 1 dell’articolo 10 modifica l’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

In primo luogo, al comma 1, lettera a), n. 1, del citato articolo si prevede che nella determinazione della base imponibile siano ammessi in deduzione i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro solo in relazione a soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (e non tutti i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro).

Sono inoltre abrogate le deduzioni previste dai n. 2 e 4 della lettera a) riconosciute ai soggetti passivi d’imposta (ad eccezione delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti e delle amministrazioni pubbliche e degli organi costituzionali) in particolare:

§  la deduzione un importo pari a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 13.500 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni;

§  la deduzione dei contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, la lettera a) n. 3) ha infine disposto, modificando il n. 5 della lettera a) dell’articolo 11 del decreto legislativo 446 del 1997, che per i soggetti che determinano il valore della produzione ai sensi degli articoli da 5 a 9 (ossia: le società commerciali, gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, che esercitino attività commerciali, le società di persone e le imprese individuali, le banche e gli altri enti e società finanziari, le assicurazioni, le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate esercenti arti e professioni¸ le imprese di allevamento e i soggetti che esercitano attività agricola), la deduzione delle spese relative agli apprendisti, ai disabili e delle spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro si riferisca al solo personale diverso da quello assunto a tempo indeterminato, mentre la stessa deduzione rimane pienamente applicabile al personale, con le medesime caratteristiche, degli enti privati non commerciali che svolgono esclusivamente attività non commerciali di cui al comma 1 dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 446 del 1997, nonché delle amministrazioni pubbliche, degli organi costituzionali e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale che determinano il valore della produzione ai sensi dell’articolo 10-bis del medesimo decreto legislativo.

 

Nel testo inziale del decreto-legge la norma limitava ai soli soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, la deduzione delle spese relative agli apprendisti, ai disabili e delle spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, nonché, per i soggetti passivi d’imposta (ad eccezione delle amministrazioni pubbliche e degli organi costituzionali) dei costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo.

Attraverso l’intervento correttivo introdotto, anche alla luce della nuova formulazione del comma 4-octies dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997, si mantiene per le pubbliche amministrazioni e gli enti privati non commerciali la piena deducibilità delle spese sopra indicate.

 

Allo stesso modo, al comma 4.bis.1 dell’articolo 11, la deduzione di euro 1.850, su base annua, riconosciuta ai soggetti d’imposta per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo d'imposta fino a un massimo di cinque (non si tiene conto degli apprendisti, dei disabili e del personale assunto con contratti di formazione lavoro) è limitata ai lavoratori diversi da quelli a tempo indeterminato (modifica introdotta alla lettera b), del comma 1).

Viene poi abrogato il comma 4-quater che prevede una deduzione del costo del personale, per un importo annuale non superiore a 15.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto per i soggetti passivi di imposta (ad eccezione delle pubbliche amministrazioni e degli organi costituzionali) che incrementano il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d'imposta precedente nel limite dell'incremento complessivo del costo del personale classificabile nell'articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile per il periodo d'imposta in cui è avvenuta l'assunzione con contratto a tempo indeterminato e per i due successivi periodi d'imposta (lettera c) del comma 1).

Sono infine novellati i contenuti dei commi 4-septies e 4-octies dell’articolo 11.

Il comma 4 septies, novellato dalla lettera d) del comma 1, contiene modifiche di coordinamento con le precedenti disposizioni dirette a sopprimere i riferimenti a disposizioni abrogate, mantenendo fermo il principio secondo il quale per ciascun dipendente l’importo delle deduzioni ammesse dai commi 1 e 4-bis.1 non possa comunque eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli oneri e spese a carico del datore di lavoro.

Il comma 4-octies, novellato dalla lettera e) del comma 1, in conseguenza delle modifiche sopra individuate prevede che ai fini della determinazione del valore della produzione netta per i soggetti che operano secondo le previsioni di cui agli articoli da 5 a 9 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (ossia: le società commerciali, gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, che esercitino attività commerciali, le società di persone e le imprese individuali, le banche e gli altri enti e società finanziari, le assicurazioni, le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate esercenti arti e professioni¸ le imprese di allevamento e i soggetti che esercitano attività agricola) sia dedotto il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato nonché, nei limiti del 70 per cento del costo complessivamente sostenuto, il costo complessivo per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno centoventi giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto.

 

Si ricorda che il comma 4-octies dell’articolo 11 (sul quale la norma in questione interviene) prevedeva che potesse essere dedotta dal valore della produzione la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e le deduzioni spettanti ai sensi dei commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis.1 e 4-quater.

In altri termini la deduzione generale prevista dal comma 4-octies dell’articolo 11 veniva quantificata “per differenza” rispetto a quanto già dedotto attraverso le deduzioni speciali (spettanti ai sensi dei commi sopra indicati). Ne consegue un intervento di natura procedimentale che non implica nuovi costi, risolvendosi in una semplificazione delle operazioni di calcolo del valore della produzione. La relazione tecnica precisa a questo proposito che “la disposizione in esame mira a semplificare la compilazione della dichiarazione IRAP con riferimento all’applicazione, in sede di determinazione del valore della produzione netta, delle vigenti deduzioni del costo del lavoro. Alla misura non si ascrivono effetti, data la natura ricognitiva e di coordinamento della stessa”.

 

Il comma 2 prevede che le disposizioni sopra indicate si applichino a partire dal periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento. A seguito di una modifica introdotta alla Camera dei deputati è stato tuttavia consentito ai contribuenti –ove ritenuto più agevole- di compilare il modello IRAP 2022 secondo quanto previsto dalla normativa precedentemente vigente.


Articolo 11
(
Rinvio dei termini per l’approvazione della modulistica dichiarativa)

 

L’articolo 11 rinvia al mese di febbraio i termini per l’approvazione della modulistica dichiarativa per l’imposta sui redditi e l’IRAP, nonché per la messa a disposizione dei modelli di dichiarazione, delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati.

 

In primo luogo viene modificato l’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che prevede che ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive le dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati entro il 31 gennaio con provvedimento amministrativo, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale e da utilizzare per le dichiarazioni dei redditi e del valore della produzione relative all'anno precedente ovvero, in caso di periodo di imposta non coincidente con l'anno solare, per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione.

I provvedimenti di approvazione dei modelli di dichiarazione dei sostituti d'imposta di cui all'articolo 4, comma 1, e i modelli di dichiarazione di cui agli articoli 34, comma 4, e 37, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono emanati entro il 15 gennaio dell'anno in cui i modelli stessi devono essere utilizzati e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

 

Il comma 1, lettera a), dell’articolo in commento posticipa al mese di febbraio il termine di emanazione del provvedimento amministrativo di approvazione dei modelli di dichiarazione IRAP e IRPEF e allinea al mese di febbraio anche il termine di approvazione dei modelli di dichiarazione previsti per i sostituti d'imposta.

Il comma 1, lettera b), posticipa dal 15 febbraio alla fine di febbraio il termine entro il quale l’Agenzia delle entrate rende disponibili, in formato elettronico, i modelli di dichiarazione, le relative istruzioni e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati.

Viene in tal senso modificato il comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

 

Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa lo scopo dell’intervento è quello di consentire all’Agenzia delle entrate di gestire più efficacemente nella modulistica dichiarativa le numerose disposizioni emanate nel corso degli ultimi mesi dell’anno (quali, ad esempio, quelle contenute nella legge di bilancio) in modo da rendere le istruzioni di compilazione dei modelli dichiarativi più chiare ed esaustive, facilitando gli adempimenti dei contribuenti.

 


Articolo 12
(Esterometro)

 

 

L’articolo 12 amplia i casi di esonero dallo specifico obbligo di comunicazione telematica (esterometro) previsto per la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere. Con la norma in esame tale obbligo non è più richiesto per le singole operazioni di importo non superiore a 5.000 euro.

 

In particolare la disposizione in esame sostituisce interamente il comma 3-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 che disciplina gli adempimenti necessari per la trasmissione dei dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi delle operazioni transfrontaliere.

Con le modifiche introdotte sono esonerate dall’obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate anche le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato purché di importo non superiore ad euro 5.000 per ogni singola operazione, relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 che recano norme volte a disciplinare la territorialità dell’imposta sul valore aggiunto).

 

Si ricorda sinteticamente che la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) ha stabilito che la fatturazione nei confronti delle amministrazioni pubbliche debba avvenire esclusivamente in forma elettronica attraverso il Sistema di Interscambio e il decreto Ministeriale del 7 marzo 2008 ha individuato l'Agenzia delle Entrate quale gestore del Sistema di Interscambio e la Sogei quale apposita struttura dedicata ai servizi strumentali ed alla conduzione tecnica. Le regole per predisporre, trasmettere, ricevere e conservare le fatture elettroniche sono definite nel provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018 pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. La legge di bilancio 2018 ha previsto successivamente l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio a partire dal 1° gennaio 2019 sia nel caso in cui la cessione del bene o la prestazione di servizio è effettuata tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer). L’articolo 1, comma 3-bis del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, stabilisce tuttavia, uno specifico obbligo di comunicazione telematica (esterometro) per la trasmissione dei dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi delle operazioni transfrontaliere: i soggetti passivi sono tenuti a trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche (la trasmissione telematica è effettuata trimestralmente entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento). L’articolo 5, comma 14-ter del decreto legge 146 del 2021 posticipa dal 1° gennaio 2022 al 1° luglio 2022, l’abolizione della specifica comunicazione telematica dei dati relativi alle cessioni di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere.

 

Il nuovo comma 3-bis prevede pertanto che i soggetti passivi soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale, quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche, nonché quelle, purché di importo non superiore ad euro 5.000 per ogni singola operazione, relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia. La trasmissione telematica è effettuata trimestralmente entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento. Con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, i dati di cui al primo periodo sono trasmessi telematicamente utilizzando il Sistema di interscambio. Con riferimento alle medesime operazioni:

a)    la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni svolte nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi;

b)   la trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni ricevute da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l'operazione o di effettuazione dell'operazione.

 


Articolo 13
(Omessa o errata trasmissione delle fatture
relative alle operazioni transfrontaliere)

 

 

L’articolo 13 differisce al 1° luglio 2022 il termine a partire dal quale si applicano le sanzioni per omessa o errata trasmissione delle fatture relative alle operazioni transfrontaliere.

 

L’articolo in esame modificando l’articolo 11, comma 2-quater, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, posticipa la data della decorrenza della misura sanzionatoria prevista per omessa o errata trasmissione delle fatture relative alle operazioni transfrontaliere.

In particolare, la disposizione prevede che per le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022 (il termine previgente era il 1° gennaio 2022) in caso di omessa o errata trasmissione dei dati, si applica la sanzione amministrativa di 2 euro per ciascuna fattura, entro il limite massimo di 400 euro mensili (la sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di 200 euro per ciascun mese, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alle scadenze stabilite ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati).

Tale modifica risulta conseguente alle modifiche introdotte dall’articolo 5, comma 14-ter del decreto legge 146 del 2021 che ha posticipato dal 1° gennaio 2022 al 1° luglio 2022 (termine confermato dall’articolo 12 del decreto in esame che sostituisce interamente il comma 3-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, alla cui scheda si rimanda) l’abolizione della specifica comunicazione telematica dei dati relativi alle cessioni di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere (cosiddetto esterometro).

 


Articolo 14
(
Termine per la richiesta di registrazione degli atti in termine fisso)

 

 

L’articolo 14 estende da venti a trenta giorni il termine per la registrazione degli atti in termine fisso, ai fini dell’imposta di registro.

 

In estrema sintesi e in linea generale, si ricorda che essere registrati:

-       gli atti formati per iscritto nel territorio dello Stato;

-       gli atti formati all'estero, che comportano trasferimento della proprietà o costituzione/trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti in Italia, nonché quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto degli stessi;

-       i contratti verbali di locazione o affitto di beni immobili esistenti in Italia (e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite);

-       i contratti di trasferimento e affitto di aziende esistenti nel territorio dello Stato e di costituzione/ trasferimento di diritti reali di godimento sulle stesse (e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite).

Alcuni atti sono esclusi dall’obbligo ai sensi della tabella allegata al TU n. 131 del 1986, fra cui gli atti e i documenti formati per l'applicazione, la riduzione, la liquidazione, la riscossione, la rateazione e il rimborso di imposte e tasse, quelli per la formazione del catasto dei terreni e dei fabbricati, i contratti di lavoro subordinati, gli atti di natura traslativa o dichiarativa che hanno per oggetto veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico.

Gli atti soggetti a registrazione possono esserlo in termine fisso (parte prima della Tariffa allegata Testo Unico) o in caso d'uso (parte seconda).

La registrazione “in termine fisso” va richiesta entro un determinato numero di giorni. Si verifica il caso d’uso, invece, quando l’atto si deposita, per essere acquisito, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le Amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga per l'adempimento di un'obbligazione delle Amministrazioni stesse, oppure quando è obbligatorio per legge o regolamento. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate devono essere presentati alla registrazione dal pubblico ufficiale che li ha redatti o autenticati. La registrazione degli atti giudiziari è richiesta dal cancelliere.

 

Più in dettaglio, per effetto delle norme in esame (comma 1) sono modificati:

-       l’articolo 13, comma 1 del TU, ai sensi del quale la registrazione degli atti che vi sono soggetti in termine fisso deve essere richiesta entro trenta (in luogo di venti) giorni dalla data dell'atto se formato in Italia, fermo restando il termine di sessanta giorni se formato all'estero;

-       l’articolo 13, comma 4 del TU, ai sensi del quale nel caso di operazioni di società ed enti esteri soggetti a registrazione che non risultino da atto scritto (articoli 4 e 12 del TU), la registrazione deve essere richiesta entro trenta (in luogo di venti) giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese, fermo restando - in ogni caso – il termine di non oltre sessanta giorni dalla istituzione o dal trasferimento della sede amministrativa, legale o secondaria nel territorio dello Stato, o dalle altre operazioni di enti e società esteri (ai sensi del medesimo articolo 4).

 

Il comma 2 dell’articolo in esame quantifica i relativi oneri in 6,031 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282.

 

Si segnala che l’articolo 1 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) apporta modifiche alla disciplina del controllo sul repertorio degli atti formati da pubblici ufficiali, ai fini dell’imposta di registro.

 

 

 


Articolo 15
 (
Ampliamento del servizio telematico di pagamento
dell’imposta di bollo)

 

 

L’articolo 15 consente di estendere, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, le ipotesi di pagamento per via telematica dell’imposta di bollo.

 

Si ricorda al riguardo che il comma 596 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), per consentire a cittadini e imprese di assolvere per via telematica a tutti gli obblighi connessi all'invio di una istanza a una pubblica amministrazione o a qualsiasi ente o autorità competente, ha affidato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con il capo del Dipartimento della funzione pubblica, il compito di definire le modalità per il pagamento per via telematica dell'imposta di bollo dovuta per le istanze e per i relativi atti e provvedimenti, anche attraverso l'utilizzo di carte di credito, di debito o prepagate.

In attuazione del predetto comma 596 è stato emanato il Provvedimento del 19 settembre 2014, sul cd. servizio @e.bollo.

 

L’articolo in commento introduce un nuovo comma 596-bis alla legge di stabilità 2014,  che permette di estendere le modalità per il pagamento in via telematica dell’imposta di bollo - individuate con il provvedimento citato del 19 settembre 2014 -  con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate - da adottare, d’intesa con il Capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente in materia di l’innovazione tecnologica e la transizione digitale- a tutti gli atti, documenti e registri indicati nella tariffa annessa al Testo Unico dell’Imposta di bollo, di cui al DPR 26 ottobre 1972, n. 642.

 


 


Articolo 16
(Semplificazione del monitoraggio fiscale sulle operazioni di trasferimento attraverso intermediari bancari e finanziari
e altri operatori)

 

 

L’articolo 16 riduce da 15.000 a 5.000 la soglia prevista per la trasmissione da parte degli intermediari all'Agenzia delle entrate di specifici dati sulle operazioni di trasferimento da o verso l'estero di mezzi di pagamento ed elimina, allo stesso tempo, la necessità per l'intermediario di ricostruire quelle operazioni che, apparendo collegate fra loro come parti di un'unica operazione frazionata, potessero determinare il superamento della soglia.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame sostituisce l’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990, che stabilisce gli obblighi informativi nei confronti dell'Agenzia delle entrate degli intermediari bancari e finanziari che intervengono nei trasferimenti da o verso l'estero di mezzi di pagamento. La modifica, come chiarito nella Relazione illustrativa del governo, è volta a "ristabilire un coordinamento" tra gli obblighi di comunicazione recati dal decreto suddetto e i nuovi obblighi di conservazione disposti dalla normativa in materia di riciclaggio, adeguando il contenuto dei primi alle modifiche apportate al decreto legislativo n. 231 del 2007 in sede di attuazione della direttiva (UE) 2015/849 (cosiddetta "quarta direttiva antiriciclaggio").

 

In particolare, viene prevista la trasmissione da parte degli intermediari all'Agenzia delle entrate di specifici dati sulle operazioni di trasferimento da o verso l'estero di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 5.000 euro. La previgente disciplina prevedeva che l'oggetto di conservazione e trasmissione fossero le operazioni di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che si trattasse di un'operazione unica o di più operazioni collegate per realizzare un'operazione frazionata. Viene dunque ridotta la soglia da 15.000 a 5.000 euro per le operazioni di trasferimento di mezzi di pagamento e, allo stesso tempo, viene eliminata la necessità per l'intermediario di ricostruire quelle operazioni che, apparendo collegate fra loro come parti di un'unica operazione frazionata, potessero determinare il superamento della soglia. Tale scelta riflette la modifica dell'articolo 31 del decreto legislativo n. 231 del 2007 effettuata dal decreto legislativo n. 90 del 2017, 2007, per è stata eliminata la soglia rilevante ai fini della conservazione di documenti, dati e informazioni utili a prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e a consentire lo svolgimento delle analisi effettuate.

 

I soggetti obbligati alla trasmissione dei dati all'Agenzia delle entrate sono individuati mediante riferimento all'elenco dei soggetti obbligati alla disciplina per la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Si tratta in particolare di:

- intermediari bancari e finanziari di cui all’articolo 3, comma 2 del decreto legislativi n. 231 del 2007;

- società fiduciarie non iscritte nell'albo previsto dall'articolo 106 del Testo unico bancario (TUB) e soggetti che esercitano professionalmente l'attività di cambio valuta (operatori finanziari di cui all’articolo 3, comma 3, lettere a) e d), del decreto legislativi n. 231 del 2007;

- prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale (operatore non finanziario di cui all’articolo 3, comma 5, lettera i), del decreto legislativo n. 231 del 2007.

Rientrano nell'elenco degli intermediari bancari e finanziari le banche; Poste italiane S.p.A.; gli istituti di moneta elettronica; gli istituti di pagamento; le società di intermediazione mobiliare; le società di gestione del risparmio; le società di investimento a capitale variabile e quelle a capitale fisso; gli agenti di cambio; gli intermediari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del TUB; Cassa depositi e prestiti S.p.A.; le imprese di assicurazione; gli intermediari assicurativi; i soggetti eroganti micro-credito; i confidi; le società fiduciarie iscritte nell'albo dall'articolo 106 del TUB; le succursali insediate di intermediari bancari e finanziari aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo; gli intermediari bancari e finanziari aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio nazionale; i consulenti finanziari e le società di consulenza finanziaria.

 

I soggetti suddetti sono alla trasmissione dei dati qualora intervengano, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento.

La definizione degli strumenti che rientrano fra i mezzi di pagamento è nuovamente identificata mediante riferimento alla disciplina antiriciclaggio e in particolare all'articolo 1, comma 2, lettera s) del decreto legislativo n. 231 del 2007. Rientrano, ai sensi di tale disposizione, fra i mezzi di pagamento il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie.

 

I soggetti obbligati, in relazione alle predette operazioni di importo pari o superiore a 5.000 euro, eseguite (anche in valuta virtuale) per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati di cui all’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2007).

Tale disposizione indica gli obblighi di conservazione di documenti, dati e informazioni utili a prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e a consentire lo svolgimento delle analisi effettuate. Il comma 2 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari e gli altri soggetti obbligati ai sensi della disciplina antiriciclaggio conservano copia dei documenti acquisiti in occasione dell'adeguata verifica della clientela e l'originale ovvero copia avente efficacia probatoria delle scritture e registrazioni inerenti le operazioni. La documentazione conservata deve consentire, quanto meno, di ricostruire univocamente:

- la data di instaurazione del rapporto continuativo o del conferimento dell'incarico;

- i dati identificativi, ivi compresi, ove disponibili, i dati ottenuti mediante i mezzi di identificazione elettronica e i pertinenti servizi fiduciari di cui al regolamento UE n. 910/2014 o mediante procedure di identificazione elettronica sicure e regolamentate ovvero autorizzate o riconosciute dall'Agenzia per l'Italia digitale, del cliente, del titolare effettivo e dell'esecutore e le informazioni sullo scopo e la natura del rapporto o della prestazione;

- la consultazione, ove effettuata, dei relativi registri con riferimento titolarità effettiva di persone giuridiche e trust;

- la data, l'importo e la causale dell'operazione;

- i mezzi di pagamento utilizzati.

 

Il comma 2 stabilisce che il nuovo regime di trasmissione delle operazioni di trasferimento da o verso l'estero di mezzi di pagamento si applica a partire dalle comunicazioni relative alle operazioni effettuate nel 2021.

 

 

 


Articolo 17
 (Semplificazione degli obblighi di segnalazione
in materia di appalti)

 

 

L’articolo 17 elimina l’obbligo di comunicazione da parte delle P.A. e degli enti pubblici all'anagrafe tributaria degli estremi dei contratti di appalto, di somministrazione e di trasporto conclusi, mediante scrittura privata e non registrati.

 

L’articolo 17 provvede ad abrogare il primo comma dell’articolo 20 del D.P.R. 605/1973 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), come modificato dall’art. 20, comma 2, lett. e), della legge 413/1991, in cui si dispone l’obbligo di comunicazione da parte delle P.A. e degli enti pubblici all'anagrafe tributaria degli estremi dei contratti di appalto, di somministrazione e di trasporto conclusi, mediante scrittura privata e non registrati.

In merito, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 10 marzo 2005 ha stabilito che:

·       la comunicazione deve avvenire telematicamente attraverso il sistema Entratel;

·       la scadenza dell’adempimento è il 30 aprile di ogni anno;

·       la comunicazione deve riguardare i contratti dell’anno solare precedente;

·       sono oggetto di comunicazione i contratti di importo complessivo uguale o superiore ad € 10.330,00 al lordo dell’Iva.

L’Agenzia ha chiarito che vanno comunicati gli estremi dei contratti di appalto, di somministrazione e di trasporto, conclusi mediante scrittura privata e non registrati.

L’obbligo o meno della registrazione dei contratti pubblici dipende dalla forma di stipulazione del contratto scelta dall’Amministrazione tra quelle previste dall’art. 32, comma 14, del Codice dei contratti pubblici (D.lgs.  50/2016): atto pubblico notarile informatico; forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice; con modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante; scrittura privata. Il Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (DPR 26 aprile 1986, n. 131) prevede che i contratti stipulati mediante atto pubblico notarile o forma pubblica amministrativa sono sempre soggetti a registrazione, mentre i contratti stipulati mediante scrittura privata non autenticata sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso (art. 6 DPR 26/04/1986, n. 131).

La relazione illustrativa specifica che l’obbligo in commento viene abrogato perché rappresenta una duplicazione di informazioni già disponibili in quanto i dati oggetto di segnalazione possono essere rinvenuti sia dalle fatture elettroniche emesse dagli operatori nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli enti stessi sia dalla "piattaforma dei crediti commerciali" (modificata da ultimo dall'articolo 7-bis del DL n. 35/2013, introdotto dall'art. 27 del DL 66/2014).


Articolo 18
(Modifiche alla disciplina IVA delle prestazioni rese ai ricoverati
e agli accompagnatori dei ricoverati)

 

 

L'articolo 18 estende, alla lettera a), l'esenzione dall'IVA alle prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie dalle case di cura non convenzionate e l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento alle prestazioni di alloggio rese (anche da soggetti diversi dalle case di cura non convenzionate) agli accompagnatori delle persone ricoverate e alle prestazioni di diagnosi, cura e ricovero che non siano esenti. La successiva lettera b) estende l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento alle prestazioni di ricovero e cura, comprese le prestazioni di maggiore comfort alberghiero, diverse da quelle già esenti ai sensi della legislazione vigente, nonché alle prestazioni di alloggio rese agli accompagnatori delle persone ricoverate.

 

In particolare, il comma 1 apporta una serie di modificazioni al D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto):

a)   attraverso una modifica dell'articolo 10 (Operazioni esenti dall'imposta), primo comma, numero 18), estende il regime di esenzione previsto per le prestazioni rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie anche alle ipotesi in cui tali prestazioni siano rese dalla casa di ricovero e cura non convenzionata con il servizio sanitario (cioè costituiscano una componente di una prestazione di ricovero e cura resa alla persona ricoverata da un soggetto diverso da quelli di cui al numero 19)), quando tale casa di cura a sua volta acquisti la suddetta prestazione sanitaria presso un terzo che applica il regime di esenzione. In tal caso, l’esenzione opera per la prestazione di ricovero e cura fino a concorrenza del corrispettivo dovuto da tale soggetto al terzo.

 

Il vigente articolo 10, primo comma, numero 18) del DPR n. 633 del 1972, infatti, stabilisce che sono esenti dall'imposta le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto n. 1265 del 1934, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze. Con D.M. 17 maggio 2002 sono state individuate le prestazioni sanitarie esenti dall'IVA.

Il numero 19) del medesimo comma, stabilisce che sono esenti dall'imposta altresì le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate, nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da enti del Terzo settore di natura non commerciale compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo precisa che tale previsione risulta coerente con l’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE (sistema comune IVA) il quale prevede, alla lettera b), l’esenzione per “l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti” e, alla lettera c), l’esenzione per “le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato”. Sempre secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, dalla giurisprudenza unionale emerge che “il criterio in base al quale va delimitato l’ambito di applicazione delle due fattispecie di esenzione previste dalle suddette disposizioni non è tanto la natura della prestazione, quanto, piuttosto, il luogo della sua erogazione” e che “l’articolo 132, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in questione riguarda prestazioni compiute in ambito ospedaliero, mentre l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva riguarda prestazioni fornite al di fuori di un tale ambito, tanto nello studio privato del prestatore quanto nel domicilio del paziente o altrove” (cfr., tra le altre, la sentenza 8 giugno 2006, C?106/05, e le citate sentenze C-334/14 e C-700/17). Se ne ricava, secondo il Governo, che – ove una prestazione sia resa al paziente da una determinata struttura avvalendosi di un professionista, in un rapporto trilaterale, che veda detta prestazione resa dal professionista alla struttura e da quest’ultima al paziente – l’esenzione trova applicazione sia per la prestazione resa dal professionista alla struttura che per la prestazione resa dalla struttura al paziente.

 

b)   Attraverso la sostituzione del numero 120) della parte III (riguardante beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta del 10 per cento) della tabella A, la presente lettera estende l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10 per cento, già prevista per le prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge n. 217 del 1983, e successive modificazioni, alle prestazioni di ricovero e cura, comprese le prestazioni di maggiore comfort alberghiero, diverse da quelle esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 18) e n. 19) (si veda sopra), del medesimo DPR n. 633 del 1972, nonché alle prestazioni di alloggio rese agli accompagnatori delle persone ricoverate dai soggetti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 19), e da case di cura non convenzionate, nonché alle prestazioni di maggiore comfort alberghiero rese a persone ricoverate presso i soggetti di cui all’articolo 10, primo comma, numero 19).

 

Il vigente n. 120 della parte III della Tabella A del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede che siano soggette all'aliquota IVA ridotta del 10 per cento le prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive di cui all'articolo 6 della legge n. 217 del 1983 (sono strutture ricettive gli alberghi, i motels, i villaggi-albergo, le residenze turistico-alberghiere, i campeggi, i villaggi turistici, gli alloggi agro-turistici, gli esercizi di affittacamere, le case e gli appartamenti per vacanze, le case per ferie, gli ostelli per la gioventú, i rifugi alpini.), e successive modificazioni nonché prestazioni di maggiore comfort alberghiero rese a persone ricoverate in istituti sanitari;

 

Secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, tale previsione risulta in linea con la disciplina europea in base alla quale le prestazioni sanitarie non comprese nel perimetro dell'esenzione possono essere assoggettate ad aliquote IVA ridotte non inferiori al 5% essendo menzionate al punto 17 dell’allegato III della direttiva IVA. La medesima aliquota si rende applicabile alle prestazioni di alloggio rese agli accompagnatori delle persone ricoverate in quanto dette prestazioni possono essere ricomprese tra le prestazioni alberghiere di cui al punto 12 del medesimo allegato III.

 

Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in 12,3 milioni di euro per l’anno 2022 e 21 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, e indica la fonte di copertura finanziaria nella corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (Fispe), di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004.

 

L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate (articolo 1 del DPR 633 del 1972 - c.d. decreto IVA).

In Italia l'aliquota ordinaria è determinata, dal 1° ottobre 2013, nella misura del 22 per cento. L'ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte (di cui alla Tabella A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972): una al 10 per cento (che si applica, ad esempio, alle forniture di energia elettrica e gas - Tabella A, parte III del D.P.R. n. 633 del 1972) e una al 5 per cento (che si applica, ad esempio, su alcuni prodotti alimentari e sulla cessione di beni ritenuti necessari per contrastare l'emergenza da Covid-19 - Tabella A, parte II-bis del D.P.R. n. 633 del 1972). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota minima al 4 per cento (che si applica sui prodotti di primaria importanza quali, ad esempio, gli alimenti - Tabella A, parte II del D.P.R. n. 633 del 1972). Questa aliquota soddisfa infatti le condizioni poste dall'articolo 110 della direttiva IVA: essere in vigore al 1° gennaio 1991 e rispondere a ben definite ragioni di interesse sociale.

L’IVA è una imposta armonizzata a livello europeo (articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE), disciplinata dalla cosiddetta direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.

 

L'UE coordina e armonizza la legislazione sull'IVA e le accise al fine di assicurare che le variazioni nelle aliquote e nei sistemi di tassazione non alterino la concorrenza tra le imprese europee. Gli Stati membri applicano, nell'ambito del regime IVA, un'aliquota normale non inferiore al 15 per cento e, a titolo facoltativo, una o due aliquote ridotte unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III della direttiva stessa (articolo 98). Le aliquote ridotte sono fissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 per cento (articolo 99). Gli Stati membri che al 1° gennaio 1991, in conformità della legislazione comunitaria, accordavano esenzioni con diritto a detrazione o applicavano aliquote ridotte inferiori al 5% a beni e servizi diversi da quelli di cui all'allegato III, possono applicare l'aliquota ridotta o una delle due aliquote ridotte non inferiori al 5% (articolo 113). Alcuni paesi sono autorizzati ad applicare aliquote speciali su determinate forniture. Tali aliquote sono autorizzate per i paesi dell'UE che applicavano aliquote ridotte il 1° gennaio 1991. Le aliquote speciali intendevano essere una misura transitoria per agevolare il passaggio alle norme dell'UE sull'IVA introdotte con l'entrata in vigore del mercato interno (abolizione delle barriere doganali) il 1° gennaio 1993, per poi essere abolite gradualmente. Vi sono 3 tipi di aliquote speciali per determinati beni e servizi: aliquota minima, aliquota zero, aliquota speciale.

Il 6 aprile 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea la direttiva (UE) 2022/542. Tramite una serie di modifiche alla previgente direttiva 2006/112/CE[1] (cd. "direttiva IVA"), questo testo legislativo prevede la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre nuove aliquote di IVA ridotte.

L'intervento legislativo parte dalla premessa che le aliquote ridotte dovrebbero rimanere un'eccezione rispetto all'aliquota normale (par. 5 delle Premesse). I beni e servizi che possono beneficiarne dovrebbero non solo costituire un beneficio del consumatore finale ma perseguire obiettivi di interesse generale (par. 3). In quest'ottica, dovrebbero essere coerenti con le altre politiche dell'Unione europea (par. 4) e segnatamente con:

il rafforzamento della resilienza dei sistemi sanitari, estendendo l'ambito di applicazione dei beni e servizi considerati essenziali per sostenere la prestazione di assistenza sanitaria e per compensare e superare le disabilità;

la realizzazione di un'economia verde e climaticamente neutra, applicando aliquote ridotte alle cessioni e prestazioni rispettose dell'ambiente e preparando, al contempo, l'eliminazione graduale dell'attuale trattamento preferenziale per cessioni e prestazioni considerate invece dannose per l'ambiente.

Per approfondimenti si rinvia alla relativa nota del Servizio studi del Senato.

Si segnala inoltre la proposta di direttiva del Consiglio COM/2018/329 final che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di misure tecniche dettagliate per il funzionamento del sistema dell’IVA definitivo per l’imposizione degli scambi tra Stati membri.

Per approfondimenti si rinvia alla relativa nota del Servizio studi del Parlamento europeo.

Secondo le stime presentate nella Relazione sulla evasione fiscale e contributiva allegata alla NADEF 2021, nell'intervallo 2016-2018 l’IVA è l’imposta maggiormente evasa in Italia con un gap medio stimato pari a 34,4 miliardi di euro. Nel 2018, tuttavia, si è registrata una riduzione del gap confermata anche dalla stima preliminare relativa all'anno 2019 di 27 miliardi di euro.

Secondo uno studio realizzato dalla Commissione europea (Study and Reports on the VAT Gap in the EU-28 Member States: 2019 Final Report) in termini assoluti nel 2017 l’Italia a livello europeo continua a registrare il maggior ammontare di IVA mancante (circa 33,6 miliardi di euro) di tutti i Paesi membri EU, seguita da Germania (25 miliardi) e Regno Unito (19 miliardi) (totale evasione EU:137 miliardi).

 

Si segnala che l'articolo 4 del disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale (A.C. 3343-A) reca la delega al Governo per l'introduzione di norme per la razionalizzazione dell’IVA e delle accise sulla scorta dei seguenti princìpi e criteri direttivi: semplificazione, contrasto dell'erosione e dell'evasione ed efficienza per quanto riguarda l'IVA; riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili per quanto riguarda le accise.

 

 


Articolo 19
(
Semplificazione in materia di modelli di dichiarazione IMU
per gli enti non commerciali)

 

 

L’articolo 19, in luogo di disporre che il modello di dichiarazione IMU per gli enti non commerciali sia approvato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, prevede che detta dichiarazione sia approvata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, comma 770 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevede che gli enti non commerciali (più precisamente, gli enti di cui al comma 759, lettera g) della medesima legge) siano tenuti a presentare la dichiarazione IMU entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta. La dichiarazione deve essere presentata ogni anno.

 

Nella previgente formulazione, tale modello doveva essere approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI e, nelle more dell'entrata in vigore di tale decreto, i contribuenti continuano ad utilizzare il modello di dichiarazione di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 26 giugno 2014.

Per effetto delle modifiche in commento, il relativo modello dichiarativo è approvato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (e non del Ministro).

 

L’articolo 1, comma 759, lettera g) esenta da IMU gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali (enti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ovvero i soggetti Ires qualificati come enti non commerciali: gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato), purché siano destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, attività di religione o di culto.

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che la norma intende allineare il comma 770 con il precedente comma 769 in tema di approvazione del modello di dichiarazione IMU prevista rispettivamente per gli enti non commerciali e le persone fisiche nonché quelle giuridiche.

Infatti, l’attuale comma 769 prevede che il modello di dichiarazione per le persone fisiche e gli enti commerciali sia adottato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. L’allineamento intende semplificare l’iter di approvazione attribuendo ad un unico soggetto, e quindi al Direttore delle finanze, il potere di adottare i provvedimenti in questione, dal momento che detti modelli devono rispettare, dal punto di vista tecnico, requisiti che già sono presenti nella disciplina del tributo, al pari di quanto accade per altri modelli dichiarativi delle imposte erariali.

 

Per quanto riguarda il posticipo della dichiarazione IMU 2021 per gli enti non commerciali, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 35, comma 4 del provvedimento in esame.

 


Articolo 20
(
Adeguamento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF ai nuovi scaglioni dell’IRPEF)

 

L’articolo 20 proroga al 31 luglio 2022 i termini per l’approvazione delle delibere di adeguamento delle addizionali comunali all’Irpef da parte dei comuni. Si prevede inoltre che per l’anno 2022, per i comuni che non adottano o non trasmettono tempestivamente la delibera di adeguamento e possiedono aliquote di addizionale differenziate per scaglioni, l’addizionale comunale all’IRPEF si applichi sulla base dei nuovi scaglioni dell’IRPEF e delle prime quattro aliquote vigenti nel comune nell’anno 2021, con eliminazione dell’ultima.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 7, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, a seguito della riforma degli scaglioni IRPEF introdotta dai commi dal comma 2 dell’articolo 1 della medesima legge, prevedeva che entro il 31 marzo 2022, o, in caso di scadenza successiva, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, i comuni per l'anno 2022 modificassero gli scaglioni e le aliquote dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche al fine di conformarsi alla nuova articolazione prevista per l'imposta sul reddito delle persone fisiche.

Il termine in questione viene rinviato, dal comma 1 del presente articolo, al 31 luglio 2022.

Il medesimo comma prevede inoltre che, nel caso di approvazione della delibera di adeguamento ai nuovi scaglioni o di quella di determinazione dell’aliquota unica in data successiva all'adozione del proprio bilancio di previsione, il comune provvede ad effettuare le conseguenti modifiche al bilancio di previsione in occasione della prima variazione utile.

Si consente pertanto di intervenire per adeguare l’addizionale ai nuovi scaglioni anche successivamente all’approvazione del bilancio di previsione.

 

Il comma 2 disciplina ulteriore specifica fattispecie concernente i comuni:

§   nei quali nel 2021 risultano vigenti aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF differenziate per scaglioni di reddito;

§  e che non adottano la delibera di adeguamento ai nuovi scaglioni o di determinazione dell’aliquota unica nel rispetto del termine del 31 luglio 2022, o non la trasmettono entro il termine stabilito dall’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione a condizione che essa sia pubblicata entro il 20 dicembre dell’anno a cui la delibera afferisce).

In tali enti locali per l’anno 2022 l’addizionale comunale all’IRPEF si applica sulla base dei nuovi scaglioni dell’IRPEF e delle prime quattro aliquote vigenti nel comune nell’anno 2021, con eliminazione dell’ultima.

 

Si ricorda che a seguito della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) L’Imposta sui redditi delle persone fisiche prevede quattro scaglioni di reddito con altrettante aliquote, secondo il seguente schema:

fino a 15.000 euro, 23%;

da 15.000,01 a 28.000 euro, 25%;

da 28.000,01 a 50.000 euro, 35%;

oltre 50.000 euro, 43%.

 

Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha pubblicato sul proprio sito una estesa circolare (n. 4/E del 18 febbraio 2022) che fornisce chiarimenti sulla riforma dell’Irpef contenuta nella Legge di bilancio 2022.

Il sistema in vigore fino alla fine del 2021 prevedeva invece cinque aliquote e modulava diversamente gli scaglioni:

fino a 15.000 euro, 23 per cento;

oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;

oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;

oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;

oltre 75.000 euro, 43 per cento.

 

La disposizione interviene pertanto in via suppletiva rispetto all’inerzia degli enti locali riarticolando su quattro scaglioni le addizionali comunali, eliminando l’aliquota più elevata, nel caso in cui la precedente articolazione per scaglioni fosse organizzata su cinque aliquote d’imposta e assicurando quindi un necessario coordinamento normativo. In ragione di ciò la relazione tecnica esclude che tale disposizione comporti effetti finanziari rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente.

La relazione illustrativa segnala come l’obiettivo della disposizione sia quello di evitare che, in virtù dell’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si proroghino automaticamente aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF differenziate sulla base degli scaglioni dell’IRPEF non più vigenti a seguito dell’entrata in vigore della nuova articolazione di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.

In mancanza della disposizione in commento, si verificherebbe un contrasto delle delibere prorogate con l’articolo 1, comma 11, del DL 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 che prevede, tra l’altro, che “(…), i comuni possono stabilire aliquote dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche utilizzando esclusivamente gli stessi scaglioni di reddito stabiliti, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla legge statale, nel rispetto del principio di progressività”.


Articolo 21
(
Integrazione logistica tra Agenzia delle entrate
e Agenzia delle entrate-Riscossione)

 

 

L’articolo 21 reca norme volte a realizzare una maggiore integrazione logistica tra l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione anche attraverso la gestione congiunta dei fabbisogni immobiliari.

 

L’articolo in esame inserisce un nuovo comma 5-quater all’articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 che, sopprimendo le società del Gruppo Equitalia, introduce le norme che regolano le attività (a decorrere dal 1° luglio 2017) di riscossione svolte dal nuovo ente pubblico economico a ciò preposto: l’Agenzia delle entrate-Riscossione.

In particolare la norma prevede che al fine di agevolare l’integrazione logistica dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione anche attraverso la gestione congiunta dei fabbisogni immobiliari, l’Agenzia delle entrate-Riscossione può avvalersi di tutte le soluzioni allocative individuate per l’Agenzia delle entrate, anche nel caso di utilizzo, a titolo gratuito, di immobili demaniali oppure, previo rimborso della corrispondente quota di canone, di edifici appartenenti ai fondi pubblici di investimento immobiliare o oggetto di acquisto da parte degli enti previdenziali (ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78).

 

Si ricorda a tale proposito che l’articolo 8, comma 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 - in materia di razionalizzazione di immobili pubblici - prevede che gli enti previdenziali possano destinare una parte delle loro risorse all’acquisto di immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche, da adibire ad uffici in locazione passiva delle amministrazioni pubbliche, secondo le indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio sulla base del piano di razionalizzazione. Eventuali opere e interventi necessari alla rifunzionalizzazione degli immobili sono realizzati a cura e spese dei medesimi enti sulla base di un progetto elaborato sempre dall'Agenzia del demanio.

 

L’ultimo periodo specifica che, ove richiesto dall’Agenzia delle entrate, nell’assegnazione di tali tipologie di immobili, ovvero ai fini dell’attuazione delle previsioni dell’articolo 8, comma 4, sopra richiamato, l’Agenzia del demanio considera congiuntamente i fabbisogni espressi dall’Agenzia delle entrate stessa e dall’Agenzia delle entrate-Riscossione.

La relazione illustrativa precisa che tale disposizione consentirà all’Agenzia del demanio, su richiesta dell’Agenzia delle entrate, di assegnare spazi all’Agenzia delle entrate-Riscossione, derogando alla preventiva verifica di eventuali fabbisogni di altre pubbliche amministrazioni dello Stato e che sarà inoltre possibile per l’Agenzia delle entrate-Riscossione la locazione di spazi in sedi da far acquistare agli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010.

 

Si segnala che tale intervento normativo è in linea con il più generale processo di integrazione tra l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione avviato in particolare dai commi da 14 a 23 della legge di bilancio 2022 e dall’articolo 8, comma 1, lettera a) del disegno di legge di delega fiscale .

 

A tale proposito si ricorda che i commi da 14 a 23 introducono, tra l’altro, delle modifiche alla governance del servizio nazionale della riscossione volte a realizzare una maggiore integrazione tra l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione. A tal fine, si prevede che l’Agenzia delle entrate-Riscossione è sottoposta all’indirizzo operativo e di controllo dell’Agenzia delle entrate, ente titolare della funzione di riscossione. In tale ottica, l’Agenzia delle entrate approva le modifiche dei regolamenti e degli atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, nonché i bilanci e i piani pluriennali di investimento. Sono, altresì, previste forme di assegnazione temporanea, comunque denominate, di personale da un’agenzia all’altra.

L’articolo 8, comma 1, lettera a) del disegno di legge di delega fiscale indica tra i principi e i criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell’attuazione della delega pure il perseguimento dell’efficientamento e della semplificazione del sistema nazionale della riscossione, da ottenersi anche attraverso l’eliminazione di duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali.


Articolo 22
(Proroga del meccanismo di inversione contabile)

 

 

L’articolo 22 proroga al 31 dicembre 2026 l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile facoltativa (cd. reverse charge) IVA, in coerenza con la più recente evoluzione della normativa europea.

 

Più in dettaglio, si modifica l’articolo 17, comma 8 del D.P.R. IVA (D.P.R. n. 633 del 1972) che nella sua previgente formulazione dispone che l’inversione contabile “facoltativa” IVA per alcune operazioni specifiche si applichi fino al 30 giugno 2022 (termine così fissato, da ultimo, dall’articolo 2, comma 2-bis del decreto-legge n. 118 del 2019).

 

Occorre ricordare in questa sede che l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore.

Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri – secondo la Direttiva 2006/69/CE – in deroga alla procedura normale di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario.

In particolare, per le operazioni indicate nell’articolo 199 della Direttiva 2006/112/CE (che disciplina il sistema comune dell’IVA in Europa), l’applicazione dell’inversione contabile può essere adottata dagli Stati membri senza la necessità di un’autorizzazione preventiva, essendo sufficiente una semplice comunicazione al Comitato IVA di cui all’articolo 398 della stessa Direttiva.

Il successivo articolo 199-bis della Direttiva IVA ha stabilito una serie di nuove fattispecie rispetto alle quali, per finalità antifrode, gli Stati membri possono decidere di applicare il meccanismo dell’inversione contabile informando previamente il Comitato IVA. La norma comunitaria consente agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell’inversione contabile avvalendosi di una procedura semplificata (senza richiedere l’autorizzazione da parte del Consiglio UE, previa proposta della Commissione), ovvero con la comunicazione al Comitato IVA dell’adozione della deroga. Gli Stati devono altresì fornire informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo.

L’articolo 17, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) riporta le categorie di beni e servizi per le quali l’Italia ha inteso far uso della deroga, cioè:

§  le cessioni di telefoni cellulari (apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative), con esclusione dei componenti e accessori per i telefoni cellulari;

§  le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; da questa categoria vanno esclusi i computer quali beni completi e i loro accessori;

§  le cessioni di console da gioco, tablet, PC e laptop;

§  i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra trasferibili (articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE);

§  i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;

§  le cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore.

 

In precedenza, l’articolo 199-bis della direttiva IVA consentiva l’applicazione del meccanismo di inversione contabile cd. facoltativa fino al 31 dicembre 2018; esso è stato poi modificato dalla Direttiva UE 2018/1695 del 6 novembre 2018, che ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022 (termine riprodotto dall’articolo 17, comma 8 del D.P.R. IVA, su cui intervengono le norme in esame).

L’articolo 199-bis è stato recentemente modificato dalla direttiva 3 giugno 2022, n. 2022/890/UE. Essa ha prorogato al 31 dicembre 2026 il periodo di applicazione del meccanismo facoltativo di inversione contabile relativo alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi.

 

L’articolo 22 in commento, in coerenza coi nuovi termini fissati in sede UE, modifica il richiamato comma 8 dell’articolo 17, per coordinare il termine ivi previsto con quello dell’articolo 199-bis,  come novellato.

Si intende, dunque, prorogare l’applicazione facoltativa del reverse charge nei predetti settori al 31 dicembre 2026, come anticipato in premessa.

 

 

 


Articolo 23, comma 1
(Credito d'imposta per spese di ricerca e sviluppo per farmaci)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 23 modifica la disciplina di cui all'articolo 31, commi 1-5 e comma 9, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106, che prevede un credito d'imposta in favore delle imprese che effettuano attività di ricerca e sviluppo per i farmaci, inclusi i vaccini, con riferimento ai costi sostenuti dal 1° giugno 2021 al 31 dicembre 2030.

La novella di cui alla lettera a) del presente comma 1 sopprime la limitazione del riferimento ai farmaci nuovi, estendendo l'ambito del credito d'imposta in esame alle spese di ricerca e sviluppo relative a tutti i farmaci (compresi i vaccini).

La novella di cui alla successiva lettera b) specifica che per la definizione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio in oggetto si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 maggio 2020 (decreto recante "disposizioni applicative per nuovo credito d'imposta, per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design").

 

 Si ricorda che la misura del credito d'imposta in esame è pari al 20 per cento dei costi sostenuti dal 1° giugno 2021 al 31 dicembre 2030, entro l'importo massimo annuale per ciascun beneficiario di 20 milioni di euro. In base alla norma già vigente, sono considerati ammissibili, nel rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità, tutti i costi sostenuti per ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale e studi di fattibilità, necessari per il progetto di ricerca e sviluppo nel corso della sua durata, ad esclusione dei costi relativi agli immobili e ai terreni[2]. La novella di cui alla suddetta lettera b) introduce il rinvio, per la definizione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, alle disposizioni di cui all'articolo 2 del citato decreto ministeriale del 26 maggio 2020; queste ultime contemplano come ammissibili le sole attività rientranti nelle categorie della ricerca fondamentale, della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale[3]; si consideri l'opportunità di valutare se, in conseguenza dell'introduzione del suddetto rinvio, il riferimento agli studi di fattibilità debba essere espunto dal testo oggetto della novella.

Si ricorda che, in base alla disciplina già vigente:

-         per il credito d'imposta in esame è esclusa la cumulabilità, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con altri incentivi aventi forma di credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo;

-         il credito d'imposta è utilizzabile in compensazione[4] (non si applicano i limiti di importo previsti dalla legislazione vigente per il complesso dei crediti di imposta - ovvero dei crediti medesimi e dei contributi compensabili - maturati dal soggetto); il credito non concorre alla formazione del reddito[5]; la compensazione suddetta è riconosciuta in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dall’anno successivo a quello di maturazione del credito; sia il credito d'imposta sia la suddetta esclusione dello stesso dalla formazione del reddito non rilevano ai fini della deducibilità di interessi passivi e di altri componenti negativi[6];

-         gli oneri finanziari derivanti dal credito di imposta in esame sono quantificati in 19,3 milioni di euro per il 2022, 40,6 milioni per il 2023, 68,3 milioni per il 2024, 76,8 milioni per il 2025, 83,2 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2031, 55,4 milioni per il 2032 e 27,7 milioni per il 2033. Al riguardo, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[7] osserva che gli effetti finanziari della soppressione della limitazione del riferimento ai farmaci nuovi sono già computati nelle suddette quantificazioni originarie, in quanto queste ultime sono state operate sulla base dell'ipotetica spesa annua per ricerca e sviluppo di tutti i farmaci.

 

Riguardo, più in particolare, alle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, l'articolo 2 del citato decreto ministeriale del 26 maggio 2020 reca le nozioni delle suddette categorie di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale e specifica che in ogni caso sono rilevanti, ai fini in oggetto, soltanto le attività di ricerca e sviluppo che perseguano un progresso o un avanzamento delle conoscenze o delle capacità generali in un campo scientifico o tecnologico (con esclusione esplicita delle attività intese ad un semplice progresso o avanzamento delle conoscenze o delle capacità proprie di una singola impresa). La condizione del perseguimento di un progresso o un avanzamento delle conoscenze e delle capacità generali - ai sensi del medesimo articolo 2 - si considera realizzata anche nel caso dell'adattamento delle conoscenze o delle capacità, relative a un campo della scienza o della tecnica, inteso a realizzare un avanzamento in un altro campo (in relazione al quale tale adattamento non sia facilmente deducibile o attuabile). Il medesimo articolo considera ammissibili al credito d'imposta le attività summenzionate anche nel caso in cui l'avanzamento scientifico o tecnologico ricercato non sia raggiunto o non sia pienamente realizzato. Sono inoltre definiti specifici criteri per i casi in cui attività analoghe siano state svolte, ovvero siano svolte contemporaneamente, da parte di altri soggetti.

 

Si ricorda che il credito d’imposta oggetto delle novelle in esame spetta anche[8] alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, che eseguono le attività di ricerca e sviluppo in Italia in base a contratti stipulati con imprese residenti in Italia o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze del 4 settembre 1996 (recante l'elenco "degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana").

 

 

 


Articolo 23, commi 2-8
(Disposizioni in materia di certificazione del credito ricerca, sviluppo e innovazione)

 

 

L’articolo 23 consente alle imprese di richiedere una certificazione che attesti:

§  la qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica ammissibili al credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative;

§  la qualificazione delle attività di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica ai fini dell’applicazione delle rispettive aliquote dell'agevolazione previste per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022, per il periodo d'imposta ad esso successivo e per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2025. La richiesta di tale certificazione è subordinata alla condizione che le violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta previsti nei medesimi periodi non siano state già "constatate" (rectius, contestate) e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza. Si demanda a un successivo DPCM la definizione della disciplina attuativa, con particolare riguardo all'individuazione dei soggetti abilitati al rilascio della certificazione. Infine, ai fini dello svolgimento di tali attività, il MISE è autorizzato ad assumere un dirigente di livello non generale e 10 unità di personale non dirigenziale.

 

Commi 2-5 - disciplina del sistema di certificazione relativo alle spese per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative

 

Il comma 2 specifica che l'introduzione di tale sistema di certificazione ha la finalità di favorire l’applicazione in condizioni di certezza operativa delle discipline previste dall’articolo 1, commi 200, 201 e 202, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160/2019).

 

Il comma 198 della legge di bilancio per il 2020 ha riconosciuto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206.

Il comma 199 consente l'accesso al credito d'imposta a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell'impresa, che effettuano investimenti in una delle attività ammissibili definite nei commi 200, 201 e 202. Sono escluse:

- le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale prevista dal R.D. n. 267/1942, dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. n. 14/2019), o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni;

- le imprese destinatarie di sanzioni interdittive per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (come definite dall'articolo 9, comma 2, del d.lgs. n. 231/2001).

Per le imprese ammesse al credito d'imposta, la fruizione del beneficio spettante è comunque subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

Il comma 200 qualifica come attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente, alle lettere m), q) e j) del punto 15 del paragrafo 1.3 della comunicazione della Commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, concernente disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione.

La «ricerca fondamentale» comprende i lavori sperimentali o teorici svolti soprattutto per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni commerciali dirette.

La «ricerca industriale» è la ricerca pianificata o le indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze e capacità, da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o apportare un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Essa comprende la creazione di componenti di sistemi complessi e può includere la costruzione di prototipi in ambiente di laboratorio o in un ambiente dotato di interfacce di simulazione verso sistemi esistenti e la realizzazione di linee pilota, se ciò è necessario ai fini della ricerca industriale, in particolare ai fini della convalida di tecnologie generiche.

Lo «sviluppo sperimentale» è l'acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l'utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati. Rientrano in questa definizione anche altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi o servizi. Rientrano nello sviluppo sperimentale la costruzione di prototipi, la dimostrazione, la realizzazione di prodotti pilota, test e convalida di prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati, effettuate in un ambiente che riproduce le condizioni operative reali laddove l'obiettivo primario è l'apporto di ulteriori miglioramenti tecnici a prodotti, processi e servizi che non sono sostanzialmente definitivi. Lo sviluppo sperimentale può quindi comprendere lo sviluppo di un prototipo o di un prodotto pilota utilizzabile per scopi commerciali che è necessariamente il prodotto commerciale finale e il cui costo di fabbricazione è troppo elevato per essere utilizzato soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Lo stesso comma 200 ha demandato a un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione dei criteri per la corretta applicazione di tali definizioni, tenendo conto dei princìpi generali e dei criteri contenuti nel Manuale di Frascati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). In attuazione di tale disposizione è stato quindi emanato il D.M. 26 maggio 2020 (Disposizioni applicative per nuovo credito d'imposta, per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design).

Il comma 201 considera quali attività di innovazione tecnologica ammissibili al credito d'imposta le attività, diverse da quelle indicate nel comma 200, finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati. Per prodotto o processo di produzione nuovo o sostanzialmente migliorato si intende un bene materiale o immateriale o un servizio o un processo che si differenzia, rispetto a quelli già realizzati o applicati dall'impresa, sul piano delle caratteristiche tecnologiche o delle prestazioni o dell'ecocompatibilità o dell'ergonomia o per altri elementi sostanziali rilevanti nei diversi settori produttivi. Non sono considerate attività di innovazione tecnologica ammissibili al credito d'imposta le attività di routine per il miglioramento della qualità dei prodotti e in generale le attività volte a differenziare i prodotti dell'impresa da quelli simili, presenti sullo stesso mercato concorrenziale, per elementi estetici o secondari, le attività per l'adeguamento di un prodotto esistente alle specifiche richieste di un cliente nonché le attività per il controllo di qualità e la standardizzazione dei prodotti.

Il comma 202 considera attività innovative ammissibili al credito d'imposta le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese operanti nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell'occhialeria, orafo, del mobile e dell'arredo e della ceramica, per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari.

I commi 200, 201 e 202 provvedono poi, per le attività di rispettiva competenza, alla descrizione delle spese ammissibili ai fini della determinazione della base di calcolo del credito d'imposta, nel rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità.

Il comma 203 disciplina quindi la misura e le modalità di calcolo del credito d'imposta relativamente a ciascuna categoria di attività ammissibili.

Per quanto qui rileva, i commi 203, quarto periodo, 203-quinquies e 203-sexies prevedono un'aliquota maggiore del credito d'imposta per le attività di innovazione tecnologica previste dal comma 201 finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0:

- fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 15 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo annuale di 2 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d'imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi (comma 203, quarto periodo);

- per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 10 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo annuale di 4 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d'imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi (comma 203-quinquies);

- dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2025, il credito d'imposta è riconosciuto, in misura pari al 5 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo annuale di 4 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d'imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi.

 

Il PNRR, nella Componente M1C2, reca uno specifico programma di investimento finalizzato a sostenere gli incentivi fiscali Transizione 4.0, cui sono destinati 13,38 miliardi di risorse NGEU (sovvenzioni). A tali risorse, si aggiungono ulteriori 5,08 miliardi di euro finanziati dal Fondo nazionale investimenti complementari (la cui funzione è appunto quella di integrare, con risorse nazionali, gli interventi del PNRR), ai sensi di quanto previsto dal D.L. n. 59/2021. Le risorse sono andate, tra l’altro, a finanziare il potenziamento e l’estensione del credito d’imposta in ricerca e sviluppo disposta dalla Legge di bilancio 2021 (vedi supra). Il decreto del Ministero dell’Economia del 6 agosto 2021 dispone la ripartizione delle risorse tra le Amministrazioni titolari e l’individuazione di traguardi e obiettivi semestrali. Il D.M. ha assegnato alla titolarità del Ministero dello sviluppo economico l’investimento Transizione 4.0 (M1C2-I.1). La Tabella che segue espone, in forma riepilogativa, gli interventi e il quadro finanziario delle risorse PNRR per l’attuazione degli stessi, con i relativi soggetti competenti.

 

Il comma 3 demanda a un DPCM, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta 30 dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame:

- l'individuazione dei requisiti dei soggetti pubblici o privati abilitati al rilascio della certificazione, fra i quali quelli idonei a garantire professionalità, onorabilità e imparzialità ed è istituito un apposito albo dei certificatori, tenuto dal MISE;

- la definizione delle modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori, delle modalità e delle condizioni della richiesta della certificazione, nonché dei relativi oneri a carico dei richiedenti, parametrati ai costi della procedura.

Una modificazione apportata dalla Camera ha specificato che tra i soggetti abilitati al rilascio della certificazione sopra indicata sono compresi, in ogni caso, le università statali, le università non statali legalmente riconosciute e gli enti pubblici di ricerca.

 

Secondo quanto si evince dal sito del MUR, il sistema italiano è composto complessivamente da: 97 Istituzioni universitarie di cui 67 università statali; 19 università non statali legalmente riconosciute; università non statali telematiche legalmente riconosciute.

In base all'articolo 1 del d.lgs. n. 218/2016, gli enti pubblici di ricerca sono i seguenti: a) Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; b) Agenzia Spaziale Italiana - ASI; c) Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; d) Istituto Italiano di Studi Germanici; e) Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; f) Istituto Nazionale di Alta Matematica "Francesco Severi" - INDAM; g) Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; h) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; i) Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; l) Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; m) Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi"; n) Stazione Zoologica "Anton Dohrn"; o) Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; p) Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; q) Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - CREA; r) Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; s) Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori - ISFOL (a decorrere dal 1° dicembre 2016 denominato Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP); t) Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; u) Istituto Superiore di Sanità - ISS; v) Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA.

 

Il comma 4 stabilisce l'effetto vincolante della certificazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, la certificazione venga rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata. Fatto salvo quanto previsto nel primo periodo, si dispone la nullità degli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni. Il comma 4 fa quindi espressamente salve le ordinarie attività di controllo -previste dal comma 207 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019) - da parte dell'Agenzia delle entrate, finalizzate alla verifica delle condizioni di spettanza del credito d'imposta e della corretta applicazione della disciplina. Ferme restando le attività di controllo.

In base al comma 5, la certificazione è rilasciata dai soggetti abilitati che si attengono, nel processo valutativo, a quanto previsto da apposite linee guida del MISE, periodicamente elaborate ed aggiornate.

 

Commi 6-8 - procedure di assunzione di un dirigente di livello non generale e di 10 unità di personale non dirigenziale e relativa autorizzazione di spesa

 

Il comma 6 autorizza quindi il MISE ad assumere, ai fini dello svolgimento delle attività previste dai commi da 2 a 5:

- un dirigente di livello non generale;

- 10 unità di personale non dirigenziale.

Il MISE è autorizzato a conferire il predetto incarico di livello dirigenziale non generale anche in deroga ai limiti percentuali previsti dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001.

In base a tale disposizione, gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite:

§  del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo dei dirigenti istituito per ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

§  dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti di seguito indicati.
Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

 

Il comma 7 autorizza il MISE a bandire, per il reclutamento del personale non dirigenziale, una procedura concorsuale pubblica e conseguentemente ad assumere il predetto personale con contratto di lavoro subordinato in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nei limiti della vigente dotazione organica, da inquadrare nell’Area Terza del Comparto Funzioni Centrali. Nelle more dello svolgimento del concorso pubblico, la disposizione in oggetto autorizza ad acquisire il predetto personale mediante comando, fuori ruolo o altra analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti, proveniente da altre pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche e del personale in servizio presso l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, nonché del personale delle Forze armate e della Polizia di Stato (secondo l'integrazione disposta dalla Camera), ovvero ad acquisire personale con professionalità equivalente proveniente da società e organismi in house, previa intesa con le amministrazioni vigilanti, con rimborso dei relativi oneri.

Il comma 8 autorizza, per l’attuazione dei commi 6 e 7, la spesa di euro 307.000 per il 2022 ed euro 614.000 annui a decorrere dal 2023. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per il 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MISE.

 


Articolo 23, commi 8-bis e 8-ter
(Disposizioni relative alla Fondazione Enea Tech e Biomedical e alla società Arexpo S.p.A.)

 

I commi 8-bis e 8-ter sono stati inseriti dalla Camera. Il comma 8-bis dispone l'accreditamento su un conto infruttifero aperto presso la Tesoreria dello Stato, intestato alla Fondazione Enea Tech e Biomedical, delle risorse destinate a finalità e interventi per i quali il MISE si avvale, sulla base della vigente normativa, della Fondazione stessa. Il comma 8-ter autorizza l'apertura di un conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato alla società Arexpo S.p.A., su cui affluiscono le risorse rese disponibili in attuazione di accordi e nel quale la medesima società è autorizzata a effettuare operazioni di versamento e di prelevamento per le medesime finalità.

 

Il comma 8-bis fa espresso rinvio alle "risorse di cui all'articolo 1, comma 951, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e di cui all'articolo 42 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77".

 

L'articolo 1, comma 951, della legge di bilancio per il 2022 (L. 234/2021), al fine di velocizzare gli interventi nell'ambito del settore biomedicale, ha demandato a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle risorse che nell'ambito del Fondo per il trasferimento tecnologico di cui all'articolo 42 del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), sono da destinare alla promozione della ricerca e riconversione industriale del settore biomedicale. A tal fine detto comma ha istituito nello stato di previsione del MISE il Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico, cui sono attribuite anche le risorse da assegnare ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo 42[9]. Il Fondo opera per il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale per la produzione di nuovi farmaci e vaccini, di prodotti per la diagnostica e di dispositivi medicali, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione. Per la realizzazione dei suddetti interventi, il MISE si avvale della Fondazione Enea Tech e Biomedical ai sensi del citato articolo 42 del D.L. n. 34/2020. Il Ministro dell'economia e delle finanze è stato autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

In attuazione del comma sopra descritto, il DM 29 aprile 2022 (Definizione delle risorse finanziarie da destinare al Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico), pubblicato nella GU n. 138 del 15 giugno 2022, ha destinato al Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico le seguenti risorse:

a) euro 200.000.000, a valere sul fondo per l'attrazione degli investimenti e per la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa, istituito (nello stato di

previsione del Ministero dello sviluppo economico) dall'articolo 43, comma

3, del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008). Per tale finalità è autorizzato il versamento del corrispondente importo all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione al pertinente capitolo di spesa del «Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico». Il versamento delle predette risorse sarà disposto con successivo provvedimento del direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico;

b) quota parte delle assegnazioni annuali del pertinente capitolo di bilancio del «Fondo per il trasferimento tecnologico» disposte dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, corrispondente al 70 (settanta) per cento del relativo ammontare e pari a euro 35.000.000 per ciascuno degli anni 2022 e 2023; euro 49.000.000 per il 2024; euro 56.000.000 per ciascuno degli anni dal 2025 al 2035. In relazione ai predetti importi, ai sensi dell'art. 1, comma 951, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, il Ministero dell'economia e delle finanze provvede alle occorrenti variazioni di bilancio.

Resta ferma la destinazione delle risorse già stanziate per gli interventi del Fondo per il trasferimento tecnologico di cui all'art. 42 del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), pari a quota parte delle assegnazioni annuali al pertinente capitolo di bilancio del «Fondo per il trasferimento tecnologico» disposte dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, corrispondente al residuo 30 (trenta) per cento del relativo ammontare e pari a euro 15.000.000 per ciascuno degli anni 2022 e 2023; euro 21.000.000 per il 2024; euro 24.000.000 per ciascuno degli anni dal 2025 al 2035.

Il Fondo per il trasferimento tecnologico è stato istituito, nello stato di previsione del MISE, dall’art. 42 del D.L. n. 34/2020, con una dotazione di 500 milioni, e affidato in gestione ad una fondazione di diritto privato di nuova costituzione (“Fondazione Enea Tech”); con l’art. 31 del D.L. n. 73/2021 il suo ambito d’intervento è stato esteso al settore biomedicale e della telemedicina e la Fondazione ha assunto la denominazione di “Enea Tech e Biomedical”, il cui statuto è stato approvato con decreto 24 novembre 2021 del Ministro dello sviluppo economico.

Le finalità del fondo sono: sostenere e accelerare i processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale, rafforzando i legami e le sinergie con il sistema della tecnologia e della ricerca applicata, compresi il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini per fronteggiare in ambito nazionale le patologie infettive emergenti, oltre a quelle più diffuse, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione.

Secondo quanto si evince dalla relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2021 (documento XIV, n. 5), volume II, tomo I, del 24 giugno 2022, p. 139, "Non ha, invece, trovato avvio l’operatività di alcune misure, a causa dei tempi assorbiti dalla fase di adozione della necessaria regolamentazione amministrativa, quali: (....) il Fondo per il trasferimento tecnologico, il quale è stato oggetto di rilevanti interventi normativi in corso d’anno".

Con comunicato stampa del 25 agosto 2020, pubblicato sul sito del MISE, è stata data notizia dell'avvenuta approvazione dello statuto della Fondazione Enea Tech.

La Fondazione ha sede a Roma, ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile ne è il soggetto fondatore, mentre le funzioni di vigilanza sono esercitate dal Ministero dello sviluppo economico, a cui la Fondazione riferisce annualmente sull’attività svolta nel perseguimento del suo scopo e trasmette per l’approvazione il bilancio preventivo e consuntivo e i relativi atti (oltre che le proposte di modifica statutaria).

Il sito del MISE dà notizia dell’avvenuta nomina del presidente e degli altri componenti del consiglio direttivo della Fondazione (presidente Prof. Giovanni Tria, componenti del direttivo Sergio Abrignani, Paolo Bonaretti, Marco Baccanti e Maria Cristina Porta).

Nella risposta del 3 novembre 2021 all'interrogazione n. 3-02581 sulla costituzione della nuova società Enea Biomedical Tech, il rappresentante del Governo ha ricordato che l’articolo 31 del decreto-legge n. 73 del 2021 ha introdotto la nuova denominazione della Fondazione Enea Tech in "Enea Tech e Biomedical".

Inoltre, il decreto-legge n. 73 ha apportato modifiche all’articolo 42 del decreto-legge n. 34 del 2020 relativo al "Fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell'innovazione", destinando almeno 250 milioni di euro ai settori dell'economia verde e circolare, dell'information technology, dell'agri-tech e del deep tech e disponendo nuove assegnazioni al "Fondo per il trasferimento tecnologico", nel limite massimo di 400 milioni di euro, da destinare alla promozione della ricerca e alla riconversione industriale del settore biomedicale.

Queste modifiche sono intese come rafforzative delle finalità del Fondo in parola, pensato per garantire un sostegno sistemico all’innovazione del tessuto produttivo nazionale attraverso la promozione della ricerca applicata, anche grazie alla collaborazione tra soggetti pubblici e privati impegnati nei processi di innovazione. I recenti emendamenti non hanno comportato la deminutio della finalità del Fondo, né hanno escluso il finanziamento del trasferimento tecnologico nei confronti delle start-up, in quanto hanno ampliato il novero dei destinatari. Infatti l’inserimento del richiamo anche al settore biomedicale e alla produzione di nuovi farmaci e vaccini per fronteggiare le patologie infettive emergenti si coniuga al principio generale della ripartenza economica di settori fondamentali per la crescita del Paese, in termini di innovazione, legata al momento storico contingente.

Con decreto interministeriale del 4 dicembre 2020, emanato di concerto tra il Ministro dello sviluppo economico ed il Ministro dell’economia e delle finanze, sono state definite le modalità di funzionamento del "Fondo per il trasferimento tecnologico", ai sensi dell’articolo 42, comma 3, del cosiddetto decreto "rilancio" stabilendo, in particolare, i criteri, le modalità e le condizioni per la partecipazione del Ministero nel capitale di rischio e di debito delle imprese destinatarie e individuando gli ulteriori interventi per il sostegno all’innovazione e al trasferimento tecnologico, previsti al comma 2 del medesimo articolo 42. L’obiettivo del Legislatore, attraverso l’introduzione dell’intervento in esame, è stato quello di garantire un sostegno sistemico all’innovazione del tessuto produttivo nazionale, attraverso la promozione della ricerca applicata, anche grazie alla collaborazione tra soggetti pubblici e privati impegnati nei processi di innovazione.

Fa presente poi che le successive modifiche normative richiedono, tra le altre cose, l'adozione di un nuovo statuto della "Fondazione Enea Biomedica Tech", che in effetti sta per essere adottato.

Afferma infine che, dopo l’adozione del citato statuto, la nuova Fondazione potrà dirsi operativa e sarà possibile effettuare valutazioni specifiche e ulteriori sulle nuove mission

 

Con riferimento al comma 8-ter, la determinazione del 21 dicembre 2021, n. 139 della Corte dei conti (determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Arexpo S.p.A. - 2020) ricorda che AREXPO S.p.A., con sede in Milano, è stata costituita il 1° giugno 2011, con un capitale di 2 milioni interamente versato dalla Regione Lombardia, in attuazione dell’art. 7, c. 11 della legge regionale 15 agosto 2010, n. 13 e della delibera attuativa della Giunta regionale 31 maggio 2011, n. IX/1789, con i seguenti tre principali scopi sociali (art. 3 dello statuto):

- acquisizione e concessione in uso o in superficie alla società pubblica Expo 2015 s.p.a. delle aree sulle quali si sarebbe poi svolta la manifestazione “Expo Milano 2015”;

- monitoraggio, unitamente alla predetta società pubblica, del processo di infrastrutturazione e trasformazione delle aree concesse in uso/superficie in vista delle attività di cui al punto successivo;

- valorizzazione e riqualificazione del sito espositivo dopo la conclusione della manifestazione, mediante “…progetti miranti a realizzare una più elevata qualità del contesto sociale, economico e territoriale, anche attraverso la possibile alienazione, mediante procedura ad evidenza pubblica, del compendio immobiliare di proprietà…” (c.d. fase “post Expo”).

Essendosi concluso l’evento espositivo - com’è noto - nell’ottobre 2015, l’ultimo dei suddetti obiettivi statutari è rimasto, in buona sostanza, il principale e alla sua realizzazione è stata improntata tutta l’attività nel successivo triennio 2016/2018.

In prosieguo di tempo, tuttavia, a seguito dell’avanzamento del processo di riqualificazione e valorizzazione dell’ex sito espositivo, nonché dell’emanazione delle leggi regionali della Lombardia 24 luglio 2018, n. 10 recante “Disposizioni relative alla Società AREXPO s.p.a. per la realizzazione del parco scientifico e tecnologico Milano Innovation District (MIND)” e 26 novembre 2019, n. 18 (art. 9, c. 4), l’art. 3 dello statuto è stato integrato con l’aggiunta di ulteriori e più particolareggiati scopi sociali.

A decorrere dal 15 dicembre 2016, l’assetto proprietario della Società, per effetto dell’ingresso nel capitale sociale del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), è il seguente.

 

Per ulteriori ragguagli relativi agli accordi conclusi da AREXPO si rinvia al capitolo 3 della relazione Attività e fatti di gestione più rilevanti.

 


Articolo 24
(Indici sintetici di affidabilità fiscale)

 

 

L’articolo 24 estende al 2022 i correttivi in materia di Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA), previsti per il solo 2020 e 2021, introdotti per contrastare gli effetti della pandemia sull’economia nazionale.

La norma individua altresì, a regime, dei nuovi termini per l’approvazione e l’eventuale integrazione degli indici stessi.

 

L’articolo in esame, comma 1, modifica l’articolo 148 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che ha introdotto alcune modifiche al procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021.

 

In sintesi, l’articolo 148 è volto a valorizzazione l’utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria per evitare l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi per il contribuente e a spostare i termini per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile. La norma fornisce altresì nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utilizzabili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell’affidabilità fiscale del contribuente. Per una panoramica dettagliata della disciplina introdotta dall’articolo148 si consiglia la lettura del dossier realizzato dai Servizi studi della Camera dei deputati e dal Senato delle Repubblica.

Si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale. Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

 

Nello specifico, la lettera a), del comma 1, estende anche al 2022 la disciplina introdotta dal sopra citato articolo 148 per gli anni 2020 e 2021, abrogando altresì il differimento dei termini ivi previsto per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione (rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile). Conseguentemente a tale modifica, il comma 2 dell’articolo in esame - vedi infra - stabilisce a regime dei nuovi termini per l’approvazione e l’eventuale integrazione degli indici stessi.

 

La lettera b) aggiunge al comma 2 dell’articolo 148 un periodo che prevede che per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall'applicazione degli indici per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020. Per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall'applicazione degli indici per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021.

 

La disposizione sembra volta a tenere ancora conto delle difficoltà correlate agli effetti sull’economia e sui mercati conseguenti all’emergenza sanitaria, prevedendo pertanto che nella definizione delle strategie di controllo l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza tengono conto anche del livello di affidabilità fiscale derivante dall’applicazione degli indici per due successivi periodo d’imposta e non solo utilizzando i dati dichiarati per il periodo d’imposta di riferimento.

 

Il comma 2, modificando il richiamato articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, stabilisce che gli indici sono approvati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro il mese di marzo del periodo d'imposta successivo a quello per il quale sono applicati (mentre nel testo previgente era stabilito che gli indici fossero approvati entro il 31 dicembre del periodo d'imposta per il quale sono applicati).

Le eventuali integrazioni degli indici, indispensabili per tenere conto di situazioni di natura straordinaria, anche correlate a modifiche normative e ad andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinate attività economiche o aree territoriali, sono approvate entro il mese di aprile del periodo d'imposta successivo a quello per il quale sono applicate (non più a febbraio).

 

La relazione illustrativa segnala che il differimento dei termini per l’integrazione degli indici deriva dal fatto le attività di elaborazione degli ISA, in questi ultimi anni, hanno assunto meccanismi di funzionamento sempre più articolati, che necessitano di dati e informazioni disponibili in Anagrafe Tributaria solo a partire dalle prime settimane dell’anno successivo a quello di entrata in vigore degli ISA stessi. In ragione di ciò è apparso opportuno posticipare i termini per l’approvazione degli indici e per la loro eventuale integrazione, rispettivamente, alla fine del mese di marzo e di aprile del periodo d’imposta successivo a quello di applicazione.

 


Articolo 25
(Contrassegno fiscale telematizzato sull’alcole
e sulle bevande alcoliche)

 

L’articolo 25, che introduceva delle norme volte a garantire l’aggiornamento del contrassegno fiscale attualmente in essere per i prodotti alcolici in considerazione dello sviluppo delle tecnologie informatiche di anticontraffazione e di tracciabilità, è stato soppresso durante l’esame alla Camera dei deputati.

 

 


Articolo 25-bis
(
Modifica alla disciplina sulla trasmigrazione dei registri esistenti al Registro unico nazionale del Terzo settore)

 

 

La disposizione contenuta all’articolo 25-bis, aggiunta nel corso dell’esame alla Camera, introduce di fatto una sospensione del termine per il computo dei 180 giorni entro i quali gli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore, ricevute le informazioni contenute nei registri pre-esistenti, provvedono a richiedere agli enti già iscritti le eventuali informazioni o documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti per l'iscrizione. Ai fini del computo di tale termine a far data dalla ricezione delle informazioni contenute nei registri antecedenti al RUNTS, si prevede infatti che non si debba tenere conto del periodo compreso tra il 1° luglio 2022 ed il 15 settembre 2022.

 

Il termine di 180 giorni per la richiesta del Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore (RUNTS)  ai soggetti già iscritti nei registri regionali per l’integrazione delle informazioni o dei documenti mancanti e per la verifica dei requisiti per l’iscrizione è previsto dall’articolo 54, comma 2, del Codice del Terzo settore (D.Lgs. n. 117/2017).

 

 

 

Il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), che a regime sostituirà i registri delle APS, delle ODV e l'anagrafe delle Onlus previsti dalle precedenti normative di settore, è attivo dal 23 novembre 2021. Le procedure di iscrizione nel RUNTS, le modalità di deposito degli atti, le regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro sono state disciplinate dal decreto n. 106 del 15 settembre 2020.

A partire dal 23 novembre 2021 le amministrazioni che gestivano i registri ODV e APS hanno iniziato a trasferire sul sistema informativo del RUNTS i dati degli enti già iscritti. Conclusa tale attività preliminare, gli uffici RUNTS hanno il compito di verificare le singole posizioni degli enti in trasmigrazione, eventualmente richiedendo informazioni e documenti aggiuntivi, per procedere infine con provvedimento a iscrivere gli enti nel RUNTS o a negare l'iscrizione in assenza dei requisiti.

Possono essere iscritti nel RUNTS:

§  gli enti iscritti all'Anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021 che sono stati compresi nell'elenco pubblicato sul sito dell’Agenzia delle entrate il 28 marzo 2022. Tali enti possono presentare la domanda di iscrizione al RUNTS fino al 31 marzo del periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione UE dei provvedimenti fiscali previsti dal Codice del Terzo settore;

§  le imprese sociali e le cooperative sociali iscritte alla sezione imprese sociali del Registro imprese, che presenti nel Registro a partire dal 21 marzo 2022;

§  gli enti del Terzo settore (ETS) non iscritti ai precedenti registri, che, a partire dal 24 novembre 2021, hanno potuto richiedere l'iscrizione nel RUNTS esclusivamente attraverso il portale dedicato. Sul punto si ricorda che il Codice del Terzo settore ha istituito la qualifica di ETS. Alla categoria di ETS possono essere ricondotti taluni soggetti che, già per la loro qualifica soggettiva e caratteristiche specifiche, sono considerati ETS di diritto (ODV, APS, enti filantropici, imprese sociali, reti associative e società di mutuo soccorso), nonché quei soggetti di natura privata che operano senza scopo di lucro, svolgono attività di interesse generale e sono iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). Il CTS esclude invece dal novero degli ETS le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, D. Lgs. n.165 del 2001, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti. Gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono chiedere l’iscrizione al RUNTS e accedere ai relativi benefici adottando e depositando presso il Registro un regolamento che disciplini lo svolgimento delle attività di interesse generale secondo le previsioni del Codice del Terzo settore e del decreto ministeriale attuativo.

 

 


Articolo 26
(
Disposizioni in materia di Terzo settore)

 

L’articolo 26 introduce una numerosa serie di modifiche alla disciplina delle agevolazioni fiscali e finanziarie prevista dal codice del Terzo settore (comma 1) e di quella relativa all'impresa sociale (comma 2). Il comma 3 reca la quantificazione degli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo e individua le corrispondenti fonti di copertura finanziaria.

 

Il testo dell'articolo 26 è stato interamente sostituito durante l'esame da parte della Camera dei deputati. Il precedente testo corrispondeva alla sola lettera i) del comma 1 del presente articolo.

 

Nel testo approvato dalla Camera, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni al codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017:

a)     all'articolo 79, recante disposizioni in materia di imposte sui redditi:

1)     al comma 2, riguardante le attività di interesse generale degli enti del terzo settore, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I costi effettivi sono determinati computando, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari»;

2)     il comma 2-bis si modifica in modo tale che le attività di interesse generale si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 6 per cento (anziché l'attuale 5 per cento) i relativi costi pe ciascun periodo d'imposta e per non oltre tre periodi (anziché gli attuali due periodi) d'imposta consecutivi;

3)     il comma 4, alinea, viene modificato in modo da specificare che esso si riferisce agli enti di natura non commerciale ai sensi del comma 5;

4)     al comma 5-bis, il quale specifica quali entrate sono da considerarsi da attività non commerciali, è aggiunto il riferimento ai proventi non commerciali di cui agli articoli 84 e 85;

5)     al comma 5-ter, il quale specifica che il mutamento della qualifica da ente di terzo settore non commerciale a ente di terso settore commerciale opera a partire dal periodo d'imposta in cui l'ente assume natura commerciale, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i due periodi d'imposta successivi al termine fissato dall'articolo 104, comma 2, il mutamento di qualifica, da ente di terzo settore non commerciale a ente di terzo settore commerciale e da ente di terzo settore commerciale a ente di terzo settore non commerciale, opera a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui avviene il mutamento di qualifica»;

 

L'articolo 104, comma 2, citato, specifica che le disposizioni del titolo X, salvo quanto previsto dal comma 1, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro.

 

6)     il comma 6 viene modificato in modo da prevedere che si considera non commerciale l'attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi (anziché familiari e conviventi) degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell'ente. Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del Terzo settore le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi. Si considerano, tuttavia, attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati e dei familiari conviventi (anziché familiari e conviventi) degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. In base alla modifica, tali cessioni e prestazioni non si considerano di natura commerciale nel caso in cui le relative attività siano svolte alle condizioni di cui ai commi 2 e 2-bis, cioè si tratti di attività di interesse generale non commerciali. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità;

b)     all'articolo 82, recante disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali:

1)     il comma 1 viene adeguato in modo da includere il riferimento alle seguenti modifiche al comma 3;

2)     al comma 3, il quale riguarda le imposte di registro, ipotecaria e catastale da applicare agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie degli enti, si specifica che per tutti gli enti del terzo settore, comprese le imprese sociali, l'imposta di registro si applica in misura fissa agli atti, ai contratti, alte convenzioni e a ogni altro documento relativo alle attività di interesse generale di cui all'articolo 5 svolte in base ad accreditamento, contratto o convenzione con le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, con l'Unione europea, con amministrazioni pubbliche straniere o con altri organismi pubblici di diritto internazionale;

3)     dopo il comma 5 è inserito il comma 5-bis, in base al quale i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero dai soggetti di cui al comma 1 (enti del terzo settore comprese le cooperative sociali ed incluse le imprese sociali costituite in forma di società, salvo quanto previsto ai commi 3, 4 e 6) sono esenti dall'imposta sul valore dei prodotti finanziari esteri, di cui al comma 18 dell'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;

c)      all'articolo 83, riguardante le detrazioni e le deduzioni per erogazioni liberali:

1)     al comma 1, si rendono detraibili dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche le erogazioni liberali agli enti del Terzo settore di cui all'articolo 82, comma 1 (si veda sopra) anziché agli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5;

2)     al comma 2:

2.1) si rendono deducibili dal reddito netto delle persone fisiche le liberalità a favore degli enti del Terzo settore di cui all'articolo 82, comma 1 (si veda sopra) anziché agli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5;

2.2) si modifica il comma 2 in modo da prevedere che l'eventuale eccedenza dell'erogazione rispetto all'importo deducibile può essere computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare;

3)     il comma 3, che pone limiti all'applicazione di detrazioni e deduzioni, è sostituito in modo da prevedere semplicemente che le disposizioni in materia di deduzioni e detrazioni si applicano a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate ai sensi dell'articolo 8, comma 1, cioè per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;

4)     il comma 6, che specifica le condizioni di applicabilità di detrazioni e deduzioni agli enti di cui al comma 1 dell'articolo 82, è, di conseguenza, abrogato;

d)     all'articolo 84, riguardante il regime fiscale delle organizzazioni di volontariato e degli enti filantropici:

1)     il comma 2 è sostituito in modo da stabilire che i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società. Nella precedente formulazione del comma la destinazione in via esclusiva faceva riferimento agli immobili, e non ai redditi da essi derivanti;

2)     il comma 2-bis è sostituito in modo da specificare che la disposizione di cui al comma 2 (si veda sopra) si applica anche agli enti filantropici, mentre nella versione attuale la disposizione si applica anche alle organizzazioni di volontariato che, a seguito di trasformazione in enti filantropici, sono iscritte nella specifica sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo settore;

e)      all'articolo 85, riguardante il regime fiscale delle associazioni di promozione sociale:

1)     alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e delle società di mutuo soccorso»;

2)     il comma 1 viene modificato in modo da specificare che non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti (riferimento non presente nella versione attuale), dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (riferimento non presente nella versione attuale del testo);

3)     al comma 4:

3.1) non si considerano attività commerciali le attività effettuate anche nei confronti degli stessi soggetti indicati al comma 1 (si veda sopra) anziché dei soli associati e dei familiari conviventi degli stessi;

3.2) di conseguenza, alla lettera b), le parole: «diversi dagli associati» sono sostituite dalle seguenti: «diversi dai soggetti indicati al comma 1»;

4)     il comma 7 è sostituito in modo da stabilire che i redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di promozione sociale, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società. Nella precedente formulazione del comma la destinazione in via esclusiva faceva riferimento agli immobili, e non ai redditi da essi derivanti;

5)     dopo il comma 7 è aggiunto il seguente: «7-bis. Le disposizioni del comma l si applicano anche alle società di mutuo soccorso»;

f)       all'articolo 86, riguardante il regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato, il comma 10 viene modificato in modo da far riferimento all'articolo 19-bis.2 (Rettifica della detrazione) anziché all'articolo 19-bis (Percentuale di detrazione) del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto)

g)     all'articolo 87, in materia di tenuta e conservazione delle scritture contabili degli Enti del terzo settore:

1)     il comma 1, lettera b), viene modificato in modo da aggiungere il riferimento, tra le attività svolte con modalità commerciali, quelle di cui all'articolo 7 (Raccolta fondi) oltre a quelle, già previste dal testo vigente, di cui agli articoli 5 (Attività di interesse generale) e 6 (Attività diverse);

2)     il comma 5 è modificato in modo da prevedere che gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, limitatamente alle attività non commerciali di cui agli articoli 5 e 6, non sono soggetti agli obblighi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015, in materia di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, oltre che all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale previsto dal testo vigente;

h)     l'articolo 88, comma 1, riguardante la subordinazione della concessione delle agevolazioni previste dall'articolo 82 e 85 alla disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti de minimis viene adeguato in modo da includere il riferimento al comma 3 dell'articolo 82, modificato dal presente articolo. Viene altresì aggiornata la disciplina europea di riferimento aggiungendo il regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore ("de minimis") concessi alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale;

i)       l'articolo 104, riguardante l'entrata in vigore, comma 1, è modificato in modo da prevedere che le disposizioni richiamate al primo periodo (articoli 77, 78, 81, 82, 83 e 84, comma 2, 85 comma 7 e dell'articolo 102, comma 1, lettere e), f) e g)) si applicano, a decorrere dall'operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, agli enti del Terzo settore iscritti nel medesimo Registro.

 

 

Il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), che a regime sostituirà i registri delle APS, delle ODV e l'anagrafe delle Onlus previsti dalle precedenti normative di settore, è attivo dal 23 novembre 2021. Le procedure di iscrizione nel RUNTS, le modalità di deposito degli atti, le regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro sono state disciplinate dal decreto n. 106 del 15 settembre 2020.

A partire dal 23 novembre 2021 le amministrazioni che gestivano i registri ODV e APS hanno iniziato a trasferire sul sistema informativo del RUNTS i dati degli enti già iscritti. Conclusa tale attività preliminare, gli uffici RUNTS hanno il compito di verificare le singole posizioni degli enti in trasmigrazione, eventualmente richiedendo informazioni e documenti aggiuntivi, per procedere infine con provvedimento a iscrivere gli enti nel RUNTS o a negare l'iscrizione in assenza dei requisiti.

Possono essere iscritti nel RUNTS:

§  gli enti iscritti all'Anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021 che sono stati compresi nell'elenco pubblicato sul sito dell’Agenzia delle entrate il 28 marzo 2022. Tali enti possono presentare la domanda di iscrizione al RUNTS fino al 31 marzo del periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione UE dei provvedimenti fiscali previsti dal Codice del Terzo settore;

§  le imprese sociali e le cooperative sociali iscritte alla sezione imprese sociali del Registro imprese, che presenti nel Registro a partire dal 21 marzo 2022;

§  gli enti del Terzo settore (ETS) non iscritti ai precedenti registri, che, a partire dal 24 novembre 2021, hanno potuto richiedere l'iscrizione nel RUNTS esclusivamente attraverso il portale dedicato. Sul punto si ricorda che il Codice del Terzo settore ha istituito la qualifica di ETS. Alla categoria di ETS possono essere ricondotti taluni soggetti che, già per la loro qualifica soggettiva e caratteristiche specifiche, sono considerati ETS di diritto (ODV, APS, enti filantropici, imprese sociali, reti associative e società di mutuo soccorso), nonché quei soggetti di natura privata che operano senza scopo di lucro, svolgono attività di interesse generale e sono iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). Il CTS esclude invece dal novero degli ETS le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, D. Lgs. n.165 del 2001, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti. Gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono chiedere l’iscrizione al RUNTS e accedere ai relativi benefici adottando e depositando presso il Registro un regolamento che disciplini lo svolgimento delle attività di interesse generale secondo le previsioni del Codice del Terzo settore e del decreto ministeriale attuativo.

 

Il comma 2 apporta le seguenti modificazioni al decreto legislativo n. 112 del 2017 (Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106):

a)     all'articolo 16, comma 1, si stabilisce l'obbligo, anziché la mera facoltà prevista dal testo vigente, per le imprese sociali di destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni di cui all'articolo 15, comma 3, nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Tali versamenti sono deducibili ai fini dell'imposta sui redditi dell'impresa sociale erogante;

b)     all'articolo 18, il comma 5, è modificato con l'aggiunta della previsione che fino al quinto periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui al comma 9, le agevolazioni fiscali disposizioni di cui ai commi 3 (detrazione di un importo pari al trenta per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni) e 4 (deduzione dal reddito dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società del trenta per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni) si applicano anche alle somme investite nel capitale delle società che hanno acquisito la qualifica di impresa sociale successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 112 del 2017.

 

Il comma 3 reca la quantificazione degli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, pari a:

?        0,5 milioni di euro per l'anno 2022,

?        5,1 milioni di euro per l'anno 2023,

?        8,1 milioni di euro per l'anno 2024,

?        1,2 milioni di euro per l'anno 2025 e

?        3,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026,

 

e indica le fonti di copertura finanziaria come segue:

a)     quanto a 0,5 milioni di euro per l'anno 2022, a 5,1 milioni per l'anno 2023 e a 8 milioni per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le politiche attive del lavoro di cui all'articolo 1, comma 215, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013);

b)     quanto a 0,1          milioni di euro per l'anno 2024, a 1,2 milioni di euro per l'anno 2025 e a 3,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 3,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024.


Articolo 26-bis
(
Proroga applicazione norme sul Terzo settore)

 

 

L’articolo 26-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, estende al 31 dicembre 2022 (in luogo del vigente 31 maggio 2022) il termine per l’applicazione inderogabile delle norme previgenti al nuovo Codice del Terzo Settore, ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri di Onlus, ODS (Organizzazioni di Volontariato), APS (Associazioni di promozione sociale), in attesa della piena operatività del Registro unico del Terzo settore.

 

 

L’articolo 26-bis in esame prevede pertanto una proroga dell’applicazione delle norme del nuovo Codice del Terzo Settore (D. Lgs. n. 117/2017) per motivi presumibilmente legati alle operazioni di trasmigrazione degli ETS dai registri pre-esistenti (v. anche precedente scheda art. 25-bis).

 


Articolo 27
(Modifiche alla legge 28 marzo 1991, n. 104, recante proroga della gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato)

 

 

L'articolo 27 semplifica e aggiorna la disciplina del servizio di tesoreria dello Stato espletato dalla Banca d'Italia, anche in relazione al perseguimento dell’obiettivo dell’unitarietà della Tesoreria statale (si veda la scheda relativa all'articolo 28 del presente decreto-legge).

 

Si premette che, secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, le modifiche alla legge di affidamento alla Banca d'Italia del servizio di tesoreria per conto dello Stato (legge n. 104 del 1991) sono in linea con l’evoluzione del processo di informatizzazione e le innovazioni nel sistema dei pagamenti.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame apporta le seguenti modificazioni alla legge n. 104 del 1991 (Proroga della gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato):

a)   si adegua la normativa alla nuova denominazione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per cui le parole «Ministero del tesoro» e «Ministro del tesoro», ovunque ricorrano, sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «Ministero dell’economia e delle finanze» e «Ministro dell’economia e delle finanze»;

b)   all’articolo 1:

1)   al comma 1 la parola «provinciale» è soppressa;

2)   il comma 2 è sostituito in modo da eliminare i riferimenti allo svolgimento del servizio di tesoreria tramite le Sezioni di tesoreria provinciale. Si stabilisce quindi che la Banca d’Italia svolge il servizio di tesoreria dello Stato con l’osservanza delle disposizioni delle norme di legge e regolamentari, nonché delle altre disposizioni emanate con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze.

L'articolo 1 della legge n. 104 del 1991, al comma 1, proroga fino al 31 dicembre 2010 la gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato, conferita alla Banca d'Italia e prorogata al 31 dicembre 1990 con legge n. 78 del 1984. Il comma 2 specifica che la Banca d'Italia svolge il servizio tramite sezioni di tesoreria con sedi e competenza territoriale stabilite con decreti del Ministro del tesoro, sentita la Banca d'Italia medesima, tenendo conto delle esigenze di funzionalità e di economicità del servizio. Ai sensi del comma 3, l'affidamento del servizio si intende tacitamente rinnovato di venti anni in venti anni, salva disdetta di una delle parti da notificarsi all'altra parte almeno cinque anni prima della scadenza.

 

Secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, il superamento della distinta soggettività delle Tesorerie è volto a perseguire l’obiettivo dell’unitarietà della Tesoreria statale (si veda la scheda relativa all'articolo 28 del presente decreto-legge). Esso è coerente con la dematerializzazione dei flussi finanziari e funzionale all’attuazione di un programma di innovazione, semplificazione e razionalizzazione dei processi della tesoreria statale sviluppato d’intesa con il MEF e con la Corte dei conti.

 

c)   all’articolo 2:

1)   il comma 2 è sostituito in modo di unificare i precedenti commi 2 e 3 e prevedendo la possibilità che, in relazione a particolari esigenze, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, siano affidati a Poste Italiane S.p.A. o ad altri istituti di credito, determinati servizi, operazioni o adempimenti compresi nell'ambito del servizio di tesoreria.

2)   il comma 3 è, di conseguenza, abrogato.

 

L'articolo 2 della legge n. 104 del 1991 stabilisce, al comma 1, che eventuali nuovi o maggiori servizi, operazioni o adempimenti, rispetto a quelli compresi nel servizio di tesoreria di cui all'articolo 1, debbono formare oggetto di preventivi accordi tra il Ministero del tesoro e la Banca d'Italia. Il comma 2 consente al Ministero del tesoro, in relazione a particolari esigenze e d'intesa con la Banca d'Italia, di affidare all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni o ad istituti di credito determinati servizi, operazioni o adempimenti compresi nell'ambito del servizio di tesoreria di cui all'articolo 1. Ai sensi del comma 3, l'affidamento all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni dei servizi, operazioni e adempimenti indicati nel comma 2 è disposto con decreti del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.

 

d)   all’articolo 3:

1)   il comma 1 è aggiornato aggiungendo, dopo le parole «Cassa depositi e prestiti», sigla: «S.p.A.»;

2)   il comma 2, riguardante la previsione del pagamento di un corrispettivo da parte della Cassa depositi e prestiti, è abrogato.

 

Il menzionato articolo 3 della legge n. 104 del 1991 stabilisce, al comma 1, che la Banca d'Italia continua a svolgere le operazioni della Cassa depositi e prestiti con l'osservanza delle norme di contabilità dello Stato, mentre il comma 2 rinvia a una apposita convenzione tra il Ministero del tesoro e la Cassa suddetta per la determinazione del corrispettivo dovuto dalla Cassa depositi e prestiti per tale servizio.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la previsione, da parte del previgente comma 2, del pagamento di un corrispettivo da parte della Cassa depositi e prestiti non è operativa.

 

 

 

e)   all’articolo 4:

1)   vengono unificati i previgenti commi 1 e 2 semplificando la disposizione. Si autorizza infatti il MEF a stipulare con la Banca d’Italia le convenzioni occorrenti per regolare i rapporti derivanti dall’espletamento del servizio di tesoreria dello Stato, ivi comprese le modalità di comunicazione dei dati relativi alla gestione del servizio stesso;

2)   il comma 2 è, di conseguenza, abrogato;

 

Il previgente articolo 4 della legge n. 104 del 1991, al comma 1, autorizza il Ministero del tesoro a stipulare con la Banca d'Italia le convenzioni occorrenti per regolare i rapporti nascenti dall'applicazione della presente legge. Il comma 2 rinvia alle convenzioni di cui al comma 1 per la determinazione delle modalità da osservare per la comunicazione al Ministero del tesoro dei dati relativi alla gestione del servizio di tesoreria provinciale.

 

f)    all’articolo 5 si elimina il riferimento alle Sezioni di tesoreria in coerenza con le modifiche di cui ai commi precedenti. In particolare:

1)   al comma 1, si semplifica la disposizione eliminando il riferimento al possibile impiego di strumenti informatici e alle sezioni di tesoreria in relazione alla rendicontazione del servizio medesimo;

2)   il comma 2 è abrogato in quanto il riferimento all’individuazione dei casi di esclusione dell'emissione di titoli di spesa e di entrata di importo esiguo, è ormai obsoleto;

3)   dopo il comma 3, è aggiunto, infine, un nuovo comma 3-bis secondo cui la disciplina delle modalità di esecuzione degli incassi e dei pagamenti di somme per conto dello Stato nell'ambito del servizio di tesoreria, rispettivamente, ricevuti o effettuati dalla Banca d’Italia, è definita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Nella relazione illustrativa il Governo chiarisce che tale disposizione ha la finalità di assicurare la necessaria flessibilità per l’aggiornamento del quadro normativo, in relazione alle future innovazioni tecnologiche e del sistema dei pagamenti.

 

Il previgente articolo 5 della legge n. 104 del 1991, al comma 1, stabilisce che, con decreti del Ministro del tesoro, sentita la Banca d'Italia, possono essere adottate, limitatamente alla gestione del servizio di tesoreria, norme intese a semplificare le procedure relative agli incassi e ai pagamenti per conto dello Stato, nonché alla rendicontazione da parte delle sezioni di tesoreria, anche mediante l'impiego di strumenti informatici. Il comma 2 precisa che con gli stessi decreti di cui al comma 1 potranno essere indicati i casi di esclusione dell'emissione di titoli di spesa e di entrata di importo non superiore a L. 20.000.

 

g)     si sopprime, nel titolo, la parola «provinciale».

 

Come spiegato sul proprio sito internet, la Banca d'Italia svolge la funzione di tesoreria per conto dello Stato. La funzione si esplica nell'esecuzione di tutte le disposizioni di pagamento emesse dalle amministrazioni dello Stato a valere sugli stanziamenti di bilancio e sulle contabilità fuori bilancio e nella riscossione di tutte le somme dovute a qualsiasi titolo allo Stato, sia direttamente sia indirettamente, attraverso le banche, le Poste e i concessionari della riscossione.

Le operazioni di incasso e pagamento sono regolate su un conto, detenuto dallo Stato presso la Banca d'Italia, denominato "Conto disponibilità del Tesoro".

La Banca d'Italia rendiconta con cadenza periodica alla Ragioneria Generale dello Stato e alle amministrazioni statali le operazioni di incasso e pagamento svolte. Nella veste di agente contabile la Banca è tenuta, inoltre, a rendere alla Corte dei conti il "conto giudiziale" della propria gestione.

Le modalità di svolgimento del servizio sono disciplinate da un corpus normativo, del quale fanno parte disposizioni contenute nella Legge e nel Regolamento di Contabilità Generale dello Stato, in numerose altre leggi, in decreti ministeriali e in convenzioni, sottoscritte dalla Banca e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che definiscono il contenuto del servizio e le modalità organizzative e contabili. Le principali convenzioni sono la Convenzione per l'affidamento del servizio di tesoreria centrale dello Stato e la Convenzione per l'esercizio del servizio di tesoreria provinciale dello Stato. Tra le norme regolamentari, hanno particolare rilevanza le Istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato, approvate con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 29 maggio 2007, contenenti regole di dettaglio per lo svolgimento del servizio.

La Banca svolge il servizio di tesoreria anche presso le proprie Filiali, che si occupano delle operazioni di incasso e pagamento e delle attività di rendicontazione eseguite con modalità cartacee.

Oltre alla gestione di incassi e pagamenti per le amministrazioni statali centrali e periferiche, la Banca d'Italia si occupa anche della tenuta delle contabilità intestate a Enti non statali, tra cui le amministrazioni locali: la cosiddetta "tesoreria unica" disciplinata dalla legge 720/1984. Per la finanza pubblica italiana il sistema di tesoreria unica si è rivelato sin da subito un utile strumento per la razionalizzazione dei flussi finanziari e informativi tra Stato, Enti Pubblici e sistema bancario.  Attualmente, a seguito del decreto legge 1/2012, vige il sistema della tesoreria unica "pura" in quanto le entrate proprie degli enti e i trasferimenti dal bilancio dello Stato affluiscono direttamente sulle circa 19.000 contabilità speciali aperte presso la Banca.

Il servizio di tesoreria per conto dello Stato è svolto dalla Banca d'Italia fin dal 1894. L'affidamento è stato prorogato da vari provvedimenti; l'ultimo, in ordine di tempo, è la legge 28 marzo 1991, n. 104, che ha portato da dieci a venti anni la durata della convenzione e ha introdotto il principio del rinnovo automatico, salvo disdetta di una delle parti da comunicarsi entro cinque anni dalla scadenza. Poiché le parti non hanno esercitato il diritto alla disdetta entro il 31 dicembre 2005, l'affidamento del servizio è stato rinnovato tacitamente fino al 31 dicembre 2030.

In un ambito strettamente connesso con il servizio di tesoreria per conto dello Stato, la Banca svolge anche servizi di incasso e pagamento per le Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Demanio), per la Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze, nonché per l'INPS (relativamente al pagamento di prestazioni temporanee).

Tali attività, remunerate applicando una tariffazione basata sul recupero del costo pieno più una percentuale di mark-up, si configurano come autonomi servizi di cassa che la Banca, ai sensi dell'articolo 36 del proprio Statuto, può svolgere per conto e a rischio di terzi, nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione del capo IV dello Statuto del SEBC.

 

 


Articolo 28
(Unificazione della Tesoreria provinciale e centrale dello Stato)

 

 

L'articolo 28 abroga la norma vigente che affida alla Banca d'Italia il servizio di Tesoreria Centrale dello Stato.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame abroga l’articolo 6 (Servizio di tesoreria centrale dello Stato) del decreto legislativo n. 430 del 1997, con il quale è stato affidato alla Banca d'Italia il servizio di Tesoreria Centrale dello Stato.

 

Secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, l’abrogazione è coerente con le modifiche apportate alla legge n. 104 del 1991 (si veda la scheda relativa all'articolo 27 del presente decreto) e risponde all’esigenza di unificazione della Tesoreria. Le Sezioni di tesoreria provinciale e la Tesoreria Centrale saranno sostituite dalla Tesoreria intesa in senso unitario, quale unico centro di gestione delle attività di incasso e pagamento per conto dello Stato.

Nella relazione illustrativa si ricorda anche che, prima di essere affidato alla Banca d'Italia, il servizio di tesoreria dello Stato era svolto da una struttura interna al Ministero del Tesoro.

 

L'articolo 6 del decreto legislativo n. 430 del 1997, al comma 1, affida alla Banca d'Italia il servizio di tesoreria centrale dello Stato. Il servizio è regolato da una convenzione aggiuntiva a quella prevista dall'articolo 4 della legge n. 104 del 1991, per il servizio di tesoreria provinciale. Per il servizio di tesoreria centrale dello Stato si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni della predetta legge n. 104 del 1991, nonché le altre norme che regolano lo svolgimento del servizio di tesoreria provinciale (si vedano le norme di riferimento indicate sul sito internet della Banca d'Italia). Il comma 2 disciplina la decorrenza dello svolgimento del servizio di tesoreria centrale da parte della Banca d'Italia, mentre il comma 3 precisa che, nell'esercizio dei compiti di cui al comma 1 la Banca d'Italia rende pienamente ed incondizionatamente fruibili alle competenti strutture ministeriali, mediante collegamenti informatici, tutte le informazioni riguardanti i flussi di tesoreria.

 

Per una breve ricostruzione delle funzioni e dell'organizzazione del servizio di tesoreria svolto dalla Banca d'Italia si rinvia alla scheda relativa all'articolo 27.


 

 

Articolo 29
(Modalità di versamento in Tesoreria delle cauzioni a garanzia
della partecipazione alle gare pubbliche)

 

 

L’articolo 29 modifica l’articolo 93, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice degli appalti), in relazione alle modalità di versamento in Tesoreria delle cauzioni a garanzia della partecipazione alle gare pubbliche, prevedendo in via esclusiva la modalità elettronica.

 

In merito al tema delle cauzioni a garanzia della partecipazione alle gare pubbliche è utile evidenziare che il ricorso alla costituzione della garanzia mediante deposito in Tesoreria ha carattere del tutto residuale, essendo generalmente utilizzata a tale scopo la fidejussione bancaria.

Attualmente, è prevista la possibilità di costituire garanzie – oltre che con bonifico – a mezzo di contanti, assegni circolari e titoli del debito pubblico; queste ultime modalità presentano tuttavia delle difficoltà applicative in quanto a seguito della dematerializzazione, i titoli del debito pubblico non possono più rappresentare titoli da custodire presso la Tesoreria.

Infine il contante, nella pratica, è uno strumento non utilizzato, in considerazione degli importi spesso elevati delle cauzioni e dei connessi rischi operativi. Già attualmente, per i residuali casi di esecuzione del deposito cauzionale in Tesoreria, il bonifico costituisce pertanto lo strumento prevalente per il versamento, assicurando la tracciabilità delle somme poste a garanzia e semplificando gli adempimenti operativi per la riconciliazione e la restituzione, oltre a eliminare i rischi connessi alla custodia di valori.

 

 

 


Articolo 30
(Modifiche alle disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato di cui al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440)

 

 

L’articolo 30 apporta modifiche a numerose disposizioni della legge di contabilità generale dello Stato.

 

L’articolo 30, come evidenziato nella Relazione tecnica, modifica la legge di contabilità generale dello Stato, di cui al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, al fine di adeguarne e rinnovarne il testo in relazione alla normativa che, nel corso degli anni, è intervenuta sulle procedure di spesa e di controllo di quest’ultima.

L’articolo si compone di un unico comma, articolato in lettere, ciascuna delle quali reca modifiche a un articolo della citata legge di contabilità generale dello Stato.

Si riportano di seguito, sinteticamente, le principali innovazioni apportate al testo della legge di contabilità generale dello Stato.

 

La lettera a) modifica l’articolo 16-bis del menzionato regio decreto, al fine di:

§  aggiornare il riferimento normativo non più attuale alla antica imposta di registro (comma 1);

§  sostituire il richiamo a una struttura non più attiva (il Provveditorato generale dello Stato), nonché ad una fattispecie di copisteria cartacea superata dalla digitalizzazione dei documenti (comma 2);

§  snellire alcune previsioni eccessivamente dettagliate con un più ampio termine di versamento al bilancio dello Stato e un contestuale rinvio al regolamento di contabilità di Stato (regio decreto n. 827/1924) per la disciplina degli aspetti di dettaglio (commi 3 e 5), nonché al fine di eliminare il riferimento a conti correnti postali, non più attivi per tale servizio (comma 5).

 

La lettera b) modifica l’articolo 16-ter, al fine di superare le antiche previsioni di legge che disciplinavano la figura del cassiere, in un contesto normativo in materia di contabilità pubblica che prevedeva il superato sistema di custodia dei fondi in contanti da parte di tale funzionario, il quale si serviva di cassaforte soggette ad attività di riscontro e controllo non più in linea con i nuovi mezzi di pagamento informatizzati (comma 1). Viene ammodernata, altresì, la procedura di controllo sui rendiconti delle spese (comma 4), al fine di allinearsi alle norme sul controllo di cui alla legge n. 20/1994 e al decreto legislativo n. 123/2011, dettanti rispettivamente norme in tema di controllo di legittimità della Corte dei conti e di controllo di regolarità amministrativa e contabile del sistema delle ragionerie (Uffici centrali di bilancio e Ragionerie Territoriali dello Stato).

 

La lettera c) e la lettera g) dispongono l’abrogazione, rispettivamente, dell’articolo 23 e dell’articolo 47 della legge di contabilità generale dello Stato, in quanto facenti riferimento a competenze non più esistenti del Direttore Generale del Tesoro.

 

La lettera d) reca modifiche all’articolo 44, sostituendo il riferimento ad uffici non più esistenti (compartimentali e provinciali) con un riferimento agli uffici periferici che hanno competenza in materia di accertamento, riscossione e versamento delle entrate.

 

La lettera e) modifica l’articolo 45, sostituendo il riferimento al Direttore generale del Tesoro, quale destinatario delle informazioni in tesoreria, con la Ragioneria Generale dello Stato, e rinviando contestualmente al regolamento di contabilità (regio decreto n. 827/1924) la disciplina delle modalità e tempistiche con cui gli agenti della riscossione comunicano alle Amministrazioni da cui dipendono, o da cui sono vigilati, i conti degli accertamenti, delle riscossioni e dei versamenti effettuati alla tesoreria.

 

La lettera f) modifica l’articolo 46, eliminando la definizione obsoleta di “casse dello Stato” con il più moderno riferimento alla “tesoreria dello Stato”.

 

La lettera h) dispone l’abrogazione dell’articolo 48, il quale contempla un’ipotesi legata ai titoli di spesa cartacei, mai realizzatasi – come evidenziato dalla Relazione illustrativa e dalla Relazione tecnica – a causa delle difficoltà da parte degli agenti della riscossione di poter estinguere titoli di pagamento emessi dalle Amministrazioni dello Stato. La predetta estinzione sarebbe, infatti, del tutto impossibile oggi con gli attuali titoli di spesa informatici.

 

La lettera i) sostituisce l’articolo 50, disponendo che quando l’impegno di spesa è accertato all’atto stesso in cui occorra disporne il pagamento, il relativo titolo può valere altresì come atto di autorizzazione della spesa. Come specificato dalla Relazione illustrativa, tale sostituzione deriva dall’incompatibilità della precedente disciplina con il sistema NOIPA, che attualmente paga le competenze fisse ed accessorie con un nuovo sistema del cedolino unico, e per incompatibilità sopravvenuta con la nuova disciplina dei controlli di ragioneria dettata dal decreto legislativo n. 123/2011, nonché con la regolamentazione della spesa delegata contenuta nella legge n. 196/2009.

 

La lettera l) modifica l’articolo 54, al fine di razionalizzare e ammodernare le modalità con cui sono predisposti i titoli di spesa delle amministrazioni, dividendo le gestioni in dirette a valere sugli stanziamenti di bilancio dello Stato o previa messa a disposizione di fondi in tesoreria. Tale riforma produce conseguenze sulla corretta contabilizzazione delle spese, dal momento che queste possono essere correttamente imputate agli utilizzatori finali senza rischi di duplicazione, una volta come passaggio di fondi all’ordinatore secondario di spesa e una volta come effettiva immissione delle risorse nel sistema produttivo.

 

La lettera m) sostituisce l’articolo 55, introducendo la disciplina delle modalità di estinzione delle disposizioni di pagamento delle spese dello Stato, emesse ai sensi del nuovo articolo 54. La norma, facendo rinvio a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per la definizione dei dettagli operativi, individua tre modalità di estinzione dei titoli di spesa:

1)   con accredito sul conto di pagamento del beneficiario (bonifico), attualmente la modalità prevalente;

2)   con altri strumenti di pagamento elettronici (formulazione ampia finalizzata a consentire il ricorso anche ad altri strumenti che si rendano disponibili nel sistema dei pagamenti e che presentino adeguate caratteristiche di efficienza e sicurezza);

3)   in contanti, nel rispetto della normativa vigente in materia.

Si disciplina, altresì, il ricorso allo strumento dell’assegno a copertura garantita, qualora si debba dare esecuzione a provvedimenti giurisdizionali di condanna dell’Amministrazione o quando non sia possibile acquisire gli estremi del conto di pagamento del beneficiario. Si limita, dunque, l’utilizzo dei titoli di credito in ragione delle connesse criticità e dei rischi nell’esecuzione dei pagamenti.

Oggetto di disciplina sono infine, i pagamenti tra soggetti detentori di disponibilità nell’ambito della Tesoreria e i versamenti da questi effettuati in conto entrata del bilancio dello Stato (c.d. girofondi).

 

La lettera n) abroga l’ultimo periodo residuo dell’articolo 56, il quale prevede che per le spese di pagamenti in conto, dipendenti da contratti con associazioni cooperative di produzione e lavoro o consorzi di cooperative, o da altri contratti di forniture e lavori per i quali l’Amministrazione giudichi opportuna tale forma di pagamento, devono farsi aperture di credito distintamente per ciascun contratto di fornitura o lavoro.

 

La lettera o) modifica l’articolo 57 per quanto concerne e spese realizzate tramite funzionari delegati, al fine di allineare tale disciplina con le nuove disposizioni in materia di spesa delegata contenute nella legge n. 196/2009. In particolare, si sposta dal tesoriere all’Amministrazione delegante il compito di tenere apposite evidenze contabili di tutte le aperture di credito a favore dei singoli funzionari delegati. I pagamenti a valere sulle aperture di credito verranno trattati analogamente ai mandati disposti sugli stanziamenti di bilancio. La previsione si inserisce nel contesto del percorso di informatizzazione del processo di spesa delegata e nel quadro normativo in materia di programmazione e controllo della spesa delegata da parte delle Amministrazioni coinvolte.

 

La lettera p) abroga i primi tre commi dell’articolo 58, riguardanti previsioni sugli assegni, mai utilizzati e sostituiti dai titoli di spesa quali i mandati/ordinativi di pagamento.

 

La lettera q) modifica l’articolo 61, eliminando un refuso occorso nel comma 2 in base al quale il termine per i rendiconti suppletivi dei funzionari delegati era stato portato al 30 settembre (il termine viene anticipato al 31 marzo, coerentemente con la chiusura del bilancio dell’esercizio nel mese di giugno).

Al comma 3 si prevede un ammodernamento terminologico del versamento al bilancio dello Stato, mentre il comma 4 è abrogato per incompatibilità con la legge n. 196/2009 (il comma prevede che al termine dell'esercizio le aperture di credito fatte ai singoli funzionari vengono ridotte alla somma effettivamente prelevata).

 

La lettera r) modifica l’articolo 62, al fine di allineare le previsioni sul pagamento delle pensioni e indennità a carattere ricorrente riconosciute a titolo di risarcimento, nonché delle competenze fisse e accessorie al personale dello Stato in servizio, con il vigente sistema di pagamento informatizzato.

 

La lettera s) abroga l’articolo 63, in conseguenza della nuova disciplina di cui agli articoli analizzati in precedenza, tra cui in particolari il 55 e il 62.

La lettera t) abroga l’articolo 65, in conseguenza della inattualità della figura dell’ufficiale pagatore.

 

Le lettere u), v) e z) sostituiscono, rispettivamente, gli articoli 66, 67 e 68 in relazione alle nuove previsioni in materia di assegni a copertura garantita di cui all’articolo 55 come sostituito. In particolare, il nuovo articolo 66 prevede che gli assegni a copertura garantita sono sempre emessi con clausola di non trasferibilità. Il nuovo articolo 67 rinvia al regolamento di contabilità la disciplina di dettaglio sull’esigibilità di tale tipologia di assegni, applicandosi, per tutto quanto non previsto, la normativa in materia di assegni bancari (R.D. n. 1736/1933). Il nuovo articolo 68 disciplina le conseguenze della mancata consegna ai creditori degli assegni a copertura garantita, rinviando alla normativa secondaria per gli aspetti di dettaglio.

 

La lettera aa) abroga l’articolo 68-bis, ai sensi del quale gli ordinativi non pagati entro il mese id gennaio successivo all’esercizio in cui sono stati emessi, sono commutati di ufficio, in favore delle persone autorizzate a riscuotere e a quietanzare, in vaglia cambiari non trasferibili dell’istituto incaricato del servizio di tesoreria. Tale fattispecie, come sottolineato dalla Relazione illustrativa, non ha mai trovato applicazione.

 

La lettera bb), infine, abroga l’articolo 72, che demanda a regolamenti speciali le disposizioni per il servizio dell’esercizio in caso di guerra nonché di pubbliche calamità.

 

Da ultimo, l’articolo 46, comma 2, del decreto-legge specifica che le disposizioni di cui all’articolo 30, comma 1, lettera da a) a l) e da n) a bb) si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 30, comma 1, lett. m).

 

 

 


Articolo 31
(Abrogazione della disciplina del vaglio cambiario
della Banca d’Italia)

 

 

L’articolo 31 abroga la disciplina del vaglia cambiario recata dagli articoli da 87 a 97 del R.D. n. 1736 del 1933.

 

L'articolo 31 abroga gli articoli da 87 a 97 del R.D. n. 1736 del 1933 relativi al vaglia cambiario della Banca d’Italia.

 

Il vaglia cambiario è un titolo di credito emesso dalla Banca d'Italia su richiesta del cliente, equiparato all'assegno circolare e al vaglia postale. La Banca d'Italia emette vaglia cambiari anche su richiesta dell’Agenzia delle Entrate per il rimborso di crediti di imposta. Il vaglia cambiario è un titolo di credito all'ordine, pagabile a vista presso qualsiasi filiale della Banca stessa (articolo 87 del R.D. n. 1736 del 1933). Il titolo contiene (articolo 88) la denominazione di "vaglia cambiario" inserita nel contesto dell'intestazione; la promessa incondizionata di pagare una somma determinata, indicata in lettere e in cifre; l'indicazione del prenditore; l'indicazione della data e del luogo in cui il vaglia è emesso, nonché la sottoscrizione dell'Istituto. Il vaglia cambiario, steso su carta filigranata, ha un numero progressivo di emissione e deve essere munito di una tabella numerica laterale destinata a controllare l'esattezza della cifra di emissione; non può essere rilasciato se non contro versamento nelle casse dell'Istituto del corrispondente valore in biglietti di banca o in valuta legale (articolo 89). Sono applicabili al vaglia cambiario della Banca d'Italia le norme relative al vaglia cambiario ordinario, fatta eccezione per quelle espressamente escluse dall'articolo 90 del R.D. n. 1736 del 1933. A garanzia dei vaglia cambiari, la Banca d'Italia è tenuta, a norma di legge, a costituire apposita riserva in oro o in divisa di Paesi esteri nei quali abbia vigore la convertibilità dei biglietti di banca in oro (articolo 91). Il titolo, se l'Istituto ne sia richiesto, deve essere emesso con la clausola "non trasferibile" (articolo 92). Nel caso di smarrimento, distruzione o sottrazione di un vaglia cambiario si applicano le disposizioni previste per l'ammortamento del titolo e per il pagamento dell'importo corrispondente (articoli da 93 a 97).

 

Secondo la Relazione illustrativa, il vaglia cambiario della Banca d'Italia viene di fatto utilizzato prevalentemente per l’esecuzione di pagamenti per conto delle amministrazioni; per importi che risultano "in drastica riduzione (da circa 130.000 vaglia emessi nel 2019 a circa 15.000 del 2021) in ragione della preferenza per il ricorso a strumenti più efficienti e di rapido regolamento". L'abrogazione della disciplina in esame viene direttamente collegata dalla Relazione illustrativa alle nuove modalità di estinzione delle disposizioni di spesa che saranno previste ai sensi dell'articolo 30 del decreto in esame, alla cui scheda di lettura si fa rinvio, che ha novellato l'articolo 55, comma 1, del R.D. n. 2440 del 1923.

 

Ai sensi dell'articolo 46, comma 2, le disposizioni di cui al presente articolo 31 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 30, comma 1, lettera m) (si rinvia alla scheda dell'articolo 30 per ulteriori dettagli).


Articolo 32
(Modifiche alla disciplina dei controlli sui rendiconti amministrativi e sui conti giudiziali e standardizzazione informatica degli ordinativi di incasso e pagamento)

 

 

L’articolo 32 apporta modifiche alla disciplina dei controlli di regolarità amministrativa e contabile, prevista dal D.Lgs. n. 123 del 2011, al fine di adeguarla alle nuove definizioni inserite dal precedente articolo 30 (comma 1, lett. a)).

La disciplina del controllo dei conti giudiziali è estesa esplicitamente agli agenti che svolgono l’attività di riscossione nazionale a mezzo ruolo (comma 1, lett. b)).

Infine si prevede che la trasmissione delle informazioni su incassi e pagamenti delle pubbliche amministrazioni aderenti alla base dati SIOPE avvenga esclusivamente per il tramite dell’infrastruttura SIOPE+, rinviando alla normativa secondaria per i dettagli operativi.

 

Il comma 1, lett. a), modifica l’articolo 11 del D.Lgs. n. 123 del 2011 (Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa) il quale elenca gli atti sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile.

La norma in esame sostituisce alcune definizioni al fine di allinearle alle nuove definizioni e modalità di dotazione dei fondi agli ordinatori secondari di spesa (funzionari delegati) dettate dagli articoli 54 e 62 del regio decreto n. 2440 del 1923, come modificati dal decreto in esame.

L’articolo 46, comma 2, del decreto in esame dispone che la norma in oggetto si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’articolo 30, comma 1, lettera m), il quale sostituisce l’articolo 55 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 disciplinando le modalità di estinzione delle disposizioni di pagamento delle spese dello Stato, emesse ai sensi del nuovo articolo 54.

 

Il comma 1, lett. b), in primo luogo, modifica la norma sul controllo dei conti giudiziali (art. 16 del D.Lgs. n. 123 del 2011) al fine di escludere la trasmissione del conto giudiziale alla Corte di conti nel caso in cui gli uffici di controllo appongano il visto di regolarità e non abbiano nulla da osservare.

In secondo luogo è inserito un nuovo comma 3-bis con il quale si estende l’applicazione dell’articolo 16 anche ai conti giudiziali resi dagli agenti che svolgono l'attività di riscossione nazionale a mezzo ruolo, i quali rendono il conto della propria gestione, per ciascun ambito territoriale, in via principale e diretta.

Si ricorda che l’articolo 16 dispone che gli agenti incaricati della riscossione delle entrate e dell'esecuzione dei pagamenti delle spese, o che ricevono somme dovute allo Stato e altre delle quali lo Stato diventa debitore, o hanno maneggio qualsiasi di denaro ovvero debito di materie, nonché coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti ai detti agenti, devono rendere il conto della propria gestione alle amministrazioni centrali o periferiche dalle quali dipendono, ovvero dalla cui amministrazione sono vigilati, per il successivo inoltro ai competenti uffici di controllo. Il conto giudiziale è reso entro i due mesi successivi alla chiusura dell'esercizio finanziario di riferimento e comunque alla data della cessazione della gestione. Gli uffici di controllo, qualora non abbiano nulla da osservare, appongono sui singoli conti il visto di regolarità amministrativo-contabile (“e li trasmettono alla Corte dei conti” parole ora soppresse) entro i due mesi successivi alla data della loro ricezione ovvero a quella della ricezione dei chiarimenti o dei documenti richiesti con note di osservazione.

 

La Relazione governativa afferma che la modifica in esame consente di superare molti dubbi interpretativi ed applicativi relativi alla resa dei conti giudiziali da parte degli agenti della riscossione, emersi soprattutto a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 174 del 2016, recante il codice di giustizia contabile, e del D.L. n. 193 del 2016 che ha istituito Agenzia delle entrate-Riscossione, quale ente pubblico economico che svolge le funzioni relative alla riscossione nazionale.

In particolare la modifica risponde all'esigenza di armonizzare l'articolo 16 del D.Lgs. n. 123 del 2011 con le disposizioni del codice di giustizia contabile (D. Lgs. n.174 del 2016), per cui si prevede, anche in un’ottica di semplificazione procedurale, la modifica del comma 3 dell'art. 16, eliminando la previsione dell'invio dei conti alla Corte da parte delle Ragionerie territoriali dello Stato, da ritenersi superata a seguito del parere n. 4/CONS/2020 del 10 settembre 2020 reso dalla Corte dei conti a Sezioni Riunite in sede consultiva con riferimento agli adempimenti a cura degli uffici del Sistema delle Ragionerie circa il deposito di conti giudiziali a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 174 del 2016, in considerazione del ruolo e dei compiti attribuiti dall'art. 139 del codice di giustizia contabile al responsabile del procedimento, al quale compete il deposito del conto presso la competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti.

 

Il comma 2, al fine di conseguire ulteriormente il monitoraggio della spesa pubblica, prevede che la trasmissione delle informazioni su incassi e pagamenti delle pubbliche amministrazioni aderenti alla base dati SIOPE (il sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 14, comma 6, della legge n. 196 del 2009) deve avvenire esclusivamente tramite l’infrastruttura SIOPE+. Le modalità e i tempi di tale passaggio saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

SIOPE è una base dati realizzata dalla Banca d’Italia, in collaborazione con la Ragioneria generale dello Stato e l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), che favorisce il monitoraggio dei conti pubblici e dei tempi di esecuzione dei pagamenti mediante la raccolta di informazioni sulle operazioni di incasso e pagamento degli enti aderenti.

Attraverso l’infrastruttura SIOPE+ gli enti pubblici trasmettono alle banche tesoriere gli ordini di pagamento e incasso esclusivamente per via telematica, in base a uno standard emanato dall’AgID (articolo 14, comma 8-bis, della legge n. 196 del 2009, inserito dal comma 533 della legge n. 232 del 2016).


 


Articolo 33
(
Semplificazioni degli adempimenti attuativi
della legge 9 dicembre 2021, n.220)

 

 

L’articolo 33, profondamente modificato durante l’esame alla Camera, interviene sulla disciplina sul contrasto al finanziamento di imprese produttrici di mine antipersona, munizioni e submunizioni a grappolo, di cui alla legge n. 220 del 2021.

In luogo di modificare il solo articolo 3 di tale provvedimento (come disposto dalla formulazione originaria dell’articolo 33 in esame, che istituisce un’apposita Commissione avente il compito di elaborare proposte sulla redazione, pubblicazione e aggiornamento periodico dell’elenco delle società operanti nel settore delle munizioni, nonché sul soggetto competente a svolgere tali attività), per effetto delle modifiche apportate alla Camera l’articolo in esame interviene complessivamente sulla legge n. 220 del 2021 e, in particolare:

-         elimina la previsione che affida agli organismi di vigilanza il compito di redigere e pubblicare l'elenco delle società operanti nel settore delle munizioni, fissando il termine del 31 dicembre 2022 per l’emanazione di apposite istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati;

-         amplia e precisa l’elenco dei cd. intermediari abilitati su cui sono posti i divieti e le prescrizioni concernenti le mine antipersona, le munizioni e le submunizioni a grappolo;

-         in ragione della soppressione del riferimento all’elenco, in luogo di disporre che gli intermediari finanziari debbano escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società operanti nel settore delle munizioni, si impone agli intermediari medesimi di adottare, entro il 31 dicembre 2022, idonei presìdi procedurali e di consultare almeno gli elenchi pubblicamente disponibili di società che producono mine antipersona e munizioni e submunizioni a grappolo;

-         sono modificati i poteri di vigilanza delle Autorità, precisando che esse possono, oltre a richiedere dati, anche effettuare ispezioni presso le sedi degli intermediari stessi;

-         viene precisato e coordinato alle modifiche anche l’impianto sanzionatorio, al fine di applicare le sanzioni ivi previste anche nel caso di inosservanza delle istruzioni emanate dalle Autorità di vigilanza e di individuare le relative procedure.

 

Si ricorda preliminarmente che la legge n. 220 del 2021 interviene sulla disciplina in materia di divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine anti-persona, nonché sulle norme riguardanti la messa al bando delle munizioni a grappolo, al fine di vietare il finanziamento di imprese che producono o commercializzano mine anti-persona e munizioni (o submunizioni) a grappolo, cosiddetti cluster, e sanzionare le banche e gli altri soggetti operanti nel settore finanziario che svolgano tali attività. Per informazioni più dettagliate sul provvedimento si rinvia al dossier.

 

In sintesi, l'articolo 1 della legge (nel testo vigente prima del decreto-legge n. 73 del 2022) delinea il quadro delle attività vietate e delle attività consentite, vietando in particolare:

-           il finanziamento di imprese che producono, commercializzano o detengono mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster. Il divieto riguarda le società che realizzano tali attività in Italia o all'estero, direttamente o avvalendosi di società controllate o collegate secondo i criteri del codice civile:

-          lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, di produzione, di commercializzazione, di cessione a qualsiasi titolo e di detenzione di munizioni e submunizioni cluster. Tali divieti non operano in relazione alle attività espressamente consentite dalle Convenzioni internazionali sulla messa al bando delle mine antipersona e delle munizioni cluster (ovvero le Convenzioni di Ottawa del 1997 e di Oslo del 2008).

Si preclude inoltre alle società che producono, commercializzano o detengono mine antipersona, munizioni e submunizioni cluster di partecipare a bandi o programmi di finanziamento pubblico.

L’articolo 2 contiene le definizioni rilevanti, mentre l’articolo 3 individua i compiti delle autorità di vigilanza in relazione ai divieti posti dalle disposizioni in commento.

L'articolo 4 definisce i compiti per gli intermediari i quali devono, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'elenco delle società operanti nei settori relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società incluse nell'elenco medesimo.

Con l'articolo 5 si disciplinano le verifiche dei divieti posti dalle norme in esame; in particolare, la Banca d'Italia può richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati e, se necessario, può effettuare verifiche presso la sede degli stessi. Gli organismi di vigilanza provvedono, nell'ambito delle ispezioni e dei controlli a carico dei soggetti vigilati, anche a controlli specifici di valutazione dell'attività connessa alla funzione di compliance in relazione ai divieti.

L'articolo 6 introduce sanzioni amministrative a carico degli intermediari abilitati e dei loro amministratori che non osservano i divieti.

Il quadro sanzionatorio è in particolare il seguente:

-          il finanziamento di imprese produttrici di munizioni a grappolo (o cluster) è sempre, chiunque lo effettui, sanzionato penalmente ed è corredato di sanzione amministrativa quando l'illecito è commesso dagli intermediari abilitati;

-          il finanziamento di imprese produttrici di mine antipersona non è mai sanzionato penalmente, ma costituisce illecito amministrativo quando il fatto è commesso dai soli intermediari finanziari abilitati.

Si associano all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie (sia nei confronti delle persone fisiche che delle persone giuridiche, in mancanza di specificazione) anche conseguenze di tipo interdittivo: è disposta infatti la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.

L’originario articolo 33

Nel testo originario del decreto-legge è modificato il solo articolo 3 della legge n. 220 del 2021, che individua i compiti delle Autorità di vigilanza.

Il decreto-legge originario elimina anzitutto il termine finale per l’emanazione, da parte delle autorità di vigilanza, di istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati, al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, assemblaggio, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine anti-persona, delle munizioni e submunizioni cluster e di loro singoli componenti.

Inoltre, l’originario articolo 33 (nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale) istituisce una apposita Commissione, con il compito di elaborare una proposta delle fonti informative da utilizzare, delle modalità e dei tempi per la redazione, la pubblicazione e l’aggiornamento periodico dell’elenco delle società operanti nel settore delle munizioni e del soggetto competente a svolgere le predette attività. L’istituzione di detta Commissione sostituisce la previsione della legge n. 220 che affidava agli organismi di vigilanza il compito di istituire un elenco delle società operanti nei settori relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster.

 

Il testo dell’articolo 33 come modificato alla Camera

Le modifiche in esame, in luogo di intervenire sul solo articolo 3 della legge n. 220 del 2022, modificano in più punti il predetto provvedimento.

 

Con una prima modifica (novellata lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame), che interviene sull’articolo 3 della legge n. 220 del 2021, si fissa il termine finale del 31 dicembre 2022 affinché le Autorità di vigilanza emanino, di concerto tra loro, apposite istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati, al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, assemblaggio, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine anti-persona, delle munizioni e submunizioni cluster e di loro singoli componenti.

 

Con una seconda innovazione viene sostituita integralmente la lettera b) del comma 1 dell’articolo 33, disponendo la soppressione del secondo periodo dell’articolo 3, comma 1 della legge n. 220 del 2021 (nella sua formulazione originaria).

In ogni caso - per effetto delle modifiche alla Camera - è espunta la previsione che affida agli organismi di vigilanza il compito di redigere e pubblicare l'elenco delle società operanti nel settore delle munizioni (di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 2020 e ad indicare l'ufficio responsabile della pubblicazione annuale del medesimo elenco).

 

Viene introdotta nell’articolo 33, comma 1 del provvedimento in esame una nuova lettera b-bis), che modifica le definizioni rilevanti ai fini della legge n. 220 del 2021, contenute nell’articolo 2, lettera a) della legge, lettera che viene integralmente sostituita.

Con le modifiche in esame viene ampliato e precisato l’elenco dei cd. intermediari abilitati, i quali sono:

-         le società di intermediazione mobiliare (SIM) italiane e le banche italiane (come nel testo vigente);

-         i gestori italiani (in luogo di indicare le società di gestione del risparmio - SGR italiane e le società di investimento a capitale variabile - SICAV);

-         gli istituti di moneta elettronica italiani, gli istituti di pagamento italiani, i soggetti che esercitano il microcredito (iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385);

-         gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 106 del medesimo testo unico, ivi compresi i confidi (come nel testo vigente);

-         la società Poste italiane S.p.A. per l’attività di bancoposta e la società Cassa depositi e prestiti S.p.A.;

-         le succursali insediate in Italia di SIM, gestori, banche, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento aventi sede legale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo (in luogo delle banche di Paesi membri dell'Unione europea, delle imprese di investimento di Paesi membri dell'Unione europea e delle banche extracomunitarie, indicate nella vigente legge n. 220 del 2021);

-         le imprese di assicurazione, le imprese di riassicurazione e le sedi secondarie insediate in Italia delle imprese di assicurazione e delle imprese di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo;

-         gli agenti di cambio, le fondazioni di origine bancaria e i fondi pensione (come nel testo vigente).

 

La nuova lettera b-ter) sostituisce integralmente l’articolo 4 della legge n. 220 del 2021 che, come anticipato supra, nella formulazione in vigore prevede che entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'elenco, gli intermediari finanziari siano tenuti ad escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società incluse nel predetto elenco.

Con le modifiche in esame, il novellato articolo 4 dispone che, per assicurare il rispetto del divieto di finanziamento delle società che operano nel settore delle munizioni (di cui all’articolo 1, comma 1), gli intermediari abilitati devono adottare entro il 31 dicembre 2022, idonei presìdi procedurali e sono tenute a consultare “almeno” gli elenchi pubblicamente disponibili di società che producono mine antipersona e munizioni e submunizioni a grappolo.

 

Al riguardo, si fa presente che la norma in esame non individua puntualmente quali siano gli “elenchi pubblicamente disponibili” delle società che producono mine antipersona, nonché munizioni e submunizioni a grappolo.

 

La nuova lettera b-quater) modifica l’articolo 5, comma 1 della legge n. 220 del 2021, che nella formulazione vigente consente alla Banca d’Italia, al fine di verificare il rispetto dei divieti di finanziamento delle imprese che producono munizioni di richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati e, se necessario, effettuare verifiche presso la sede degli stessi.

Con le modifiche in esame si dispone che, per verificare il rispetto dei predetti divieti, così come delle istruzioni emanate per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati (ai sensi dell’articolo 3, comma 1), gli organismi di vigilanza (non più la sola Banca d’Italia) possono richiedere dati ed effettuare ispezioni (in luogo di effettuare verifiche) presso le sedi degli intermediari stessi.

 

La nuova lettera b-quater) sostituisce integralmente l’articolo 6 della legge n. 220 del 2021, che contiene l’impianto sanzionatorio.

Con le modifiche in esame (novellato comma 1 dell’articolo 6) si specifica che le sanzioni ivi indicate (sanzioni amministrative pecuniarie comminate agli intermediari) sono applicate anche per l’inosservanza delle istruzioni – previste per l'esercizio di controlli rafforzati – onde contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, assemblaggio, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni cluster e di loro singoli componenti.

Con un’analoga modifica al comma 2, si chiarisce che le sanzioni per gli organi apicali (che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo in seno agli intermediari abilitati) sono comminate anche nel caso di inosservanza delle medesime istruzioni.

Le modifiche al comma 3 dell’articolo 6 incidono sul regime sanzionatorio accessorio per i soggetti che svolgono funzioni apicali in seno agli intermediari abilitati.

Nella formulazione vigente dell’articolo 6, comma 3, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo comporta la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.

 

Con le modifiche in esame, l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo comporta la cessazione temporanea (in luogo della perdita temporanea) dei requisiti di onorabilità necessari a svolgere funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso gli intermediari abilitati (in luogo di riferirsi ai rappresentanti legali dei soggetti abilitati e delle società di gestione del mercato), fermo restando che tale cessazione – come nel testo vigente – è disposta per un periodo non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni.

Resta invariato il regime valevole per i revisori e i promotori finanziari e per i rappresentanti legali di società quotate, per i quali le sanzioni amministrative comportano l’incapacità temporanea di assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo societario.

 

Viene introdotto un nuovo comma 4 nell’articolo 6, che dispone in ordine all’applicazione delle sanzioni.

Si dispone che a tale applicazione provvedano gli organismi di vigilanza in relazione agli intermediari abilitati da ciascuno vigilati, secondo le rispettive procedure sanzionatorie. Le sanzioni di competenza della Banca d’Italia sono irrogate secondo la procedura sanzionatoria di cui all’articolo 145 del Testo Unico Bancario, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

 

In sintesi, il richiamato articolo 145 del Testo Unico Bancario prevede la contestazione degli addebiti e l’applicazione delle sanzioni con provvedimento motivato. I soggetti interessati possono, entro trenta giorni dalla contestazione, presentare deduzioni e chiedere un'audizione personale in sede di istruttoria, cui possono partecipare anche con l'assistenza di un avvocato.

Il provvedimento di applicazione delle sanzioni è pubblicato senza ritardo e per estratto sul sito web della Banca d'Italia.  Ove sia adita l'autorità giudiziaria, la Banca d'Italia menziona l'avvio dell'azione giudiziaria e l'esito della stessa nel proprio sito web a margine della pubblicazione.

Contro il provvedimento che applica la sanzione è ammesso ricorso alla corte di appello di Roma. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che sia disposta dalla corte di appello per gravi motivi. Con la sentenza la Corte d'Appello può rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento, o accoglierla, annullando in tutto o in parte il provvedimento o riducendo l'ammontare o la durata della sanzione. Copia della sentenza è trasmessa, a cura della cancelleria della corte di appello, alla Banca d'Italia, anche ai fini della pubblicazione.

 

Si rammenta  nell’iter di approvazione della legge n. 220 del 2021 sono emerse alcune esigenze finanziarie, nonché esigenze relative all’individuazione dei compiti della Banca d’Italia, segnalate dal Governo durante l’esame della proposta di legge da cui è originata la legge n. 220 del 2021 (A.C. 2361 e 445-1813), sia nel corso dell’esame in VI Commissione finanze della Camera, così come durante l’esame del provvedimento in Assemblea.

 


Articolo 34
(Commissariamento Società SOGIN S.p.A.)

 

 

L’articolo 34 - modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati - dispone e disciplina il commissariamento di Sogin S.p.A. in considerazione della necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale.

 

Il comma 1, in considerazione della necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale, dispone il commissariamento della società SOGIN S.p.A..

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro trenta giorni dal 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del decreto legge):

a)   la nomina dell’organo commissariale, composto da un commissario e due vicecommissari, anche in deroga al divieto di attribuire a titolo oneroso incarichi a personale collocato in quiescenza.

L’articolo 5, comma 9 del decreto-legge n. 95/2012 (L.n.135/2012), citato nel testo della norma in esame, vieta alle pubbliche amministrazioni, nonché alle P.A. inserite nel conto economico consolidato della P.A, nonché alle autorità indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire – a titolo oneroso a soggetti (già lavoratori privati o pubblici) collocati in quiescenza:

· incarichi di studio e di consulenza

· incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli ordini, collegi professionali, i relativi organismi nazionali e gli enti aventi natura associativa.

Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Si rammenta, che su tale divieto interviene l’articolo 10, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 36/2022, il cui disegno di legge di conversione è stato definitivamente approvato (A.C. 3656), che dispone una deroga fino al 2026 per le P.A. coinvolte nell’attuazione del PNRR;

b)    la definizione della durata del mandato dell’organo commissariale, che può essere prorogata con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della transizione ecologica, in ragione del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1;

c)   all’attribuzione all’organo commissariale di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della SOGIN S.p.A., di ogni eventuale ulteriore potere di gestione societaria, compresi poteri di riorganizzazione finalizzati ad assicurare maggior efficienza nella gestione e celerità nelle attività tenendo conto, in particolare, dei siti che presentano maggiori criticità, nonché di ogni altro ulteriore potere di gestione anche in relazione all’attività di direzione e coordinamento delle società controllate;

d)   la determinazione dei compensi del commissario e dei vice commissari, con oneri a carico della SOGIN S.p.A.. Tale determinazione, secondo le modifiche apportate alla Camera dei deputati, può avvenire anche in deroga al limite massimo retributivo di cui all’articolo 13, comma l, del decreto-legge n. 66/2014 (L. n. 89/2014), nonché alle disposizioni di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201/2011 (L. n. 214/2011), pari a 240.000 euro annui lordi.

La versione originaria della norma, invece, manteneva fermo il limite.

Si ricorda che il richiamato art. 23-ter del decreto-legge 201/2011 dispone che il trattamento retributivo massimo annuo omnicomprensivo fruibile da tutti i soggetti con rapporti di lavoro subordinato o autonomo con le pubbliche amministrazioni non può superare il trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione, fissato, come detto, in euro 240.000 annui (al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente) dall’art. 13 del decreto-legge 66/2014. Successivamente, l'art. 1, comma 68, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), ha disposto che, a decorrere dall'anno 2022, per chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, il suddetto limite retributivo di 240.000 annui è rideterminato sulla base della percentuale stabilita ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 448 del 1998 (pari all'1,71 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020), in relazione agli incrementi medi conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati come calcolati dall'Istat.

 

Il 19 luglio 2022 è stato adottato il DPCM di nomina dell’organo commissariale, previsto dal comma 2 in commento, il quale si trova alla Corte dei Conti per il visto. L’organo commissariale è composto dalla Prof. Fiamma Spena, Commissario, dal Dott. Giuseppe Maresca e dalla Prof.ssa Angelina Bracco, Vice Commissari. L’organo commissariale dura in carica un anno e può essere prorogato con successivo DPCM, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della transizione ecologica, in seguito alla valutazione circa il raggiungimento degli obiettivi del commissariamento.

La determinazione del compenso commissariale è demandata ad un successivo DPCM, da adottare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della transizione ecologica.

 

Il comma 3 dispone che l’organo commissariale opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, ai fini dell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159/2011, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

 

Ai sensi del comma 4, il consiglio di amministrazione di SOGIN S.p.A. decade alla data del 22 giugno 2022 (giorno di entrata in vigore del decreto legge).

Non si applica l’articolo 2383, terzo comma, del codice civile, secondo cui gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.

Il collegio sindacale, in via transitoria, fino alla nomina dell’organo commissariale, assicura il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, nonché degli atti urgenti e indifferibili.

 

Ai sensi del comma 5, alla data di nomina dell’organo commissariale, decadono il Collegio sindacale, nonché i rappresentanti di SOGIN S.p.A. in carica negli organi amministrativi e di controllo delle società controllate.

Non si applica, anche per questi ultimi, l’articolo 2383, terzo comma, del codice civile.

 

Ai sensi del comma 6, l’organo commissariale predispone con cadenza trimestrale, una relazione sulle attività svolte, sullo stato di avanzamento dello smantellamento degli impianti nucleari con particolare riguardo ai siti di prioritaria importanza per ragioni di sicurezza.

La relazione è inviata al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro della transizione ecologica.

I Ministri dell’economia e delle finanze e della transizione ecologica possono, anche autonomamente, segnalare all’organo commissariale priorità e attività ritenute di particolare rilevanza anche in ragione degli impegni internazionali assunti.

 

L’attività di SOGIN è stata oggetto di alcune interrogazioni a risposta immediata presentate in sede parlamentare. Nell’ultimo semestre, si segnalano due question time, cui il Governo ha risposto presso l’Assemblea della Camera dei deputati in data 19 gennaio 2022 e 20 aprile 2022.

Il 19 gennaio 2022, il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in risposta all’interrogazione Maraia 3-02728, ha informato circa lo stato di avanzamento del deposito nazionale per il combustibile nucleare irraggiato e i rifiuti radioattivi e delle vicende che hanno vista coinvolta la Società.

Circa il deposito, il 5 gennaio 2021 è stata pubblicata la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI), sulla quale si è aperta la consultazione pubblica, che ha avuto la durata di 180 giorni. In seguito, SOGIN ha promosso il seminario nazionale per l'approfondimento degli aspetti tecnici relativi al deposito nazionale e parco tecnologico. I lavori si sono svolti dal 7 settembre al 24 novembre del 2021.

È dunque in corso la redazione della Carta nazionale delle aree idonee, la CNAI, la quale dovrà essere consegnata al Ministero per i relativi adempimenti.

In merito alle varie notizie di stampa riportate dagli interroganti, il Ministro ha dichiarato di star vigilando e ha comunque constatato che, nel corso degli ultimi anni, si sono verificate alcune disfunzionalità che pongono dubbi sull'effettiva capacità di Sogin di rispettare gli impegni, in primis l'andamento dell'attività di decommissioning che, rispetto agli obiettivi fissati dai vari Piani a vita intera, continua a procedere molto a rilento, con conseguente slittamento dell'obiettivo finale.

Sullo stato di avanzamento dell'attività di decommissioning, il Ministro ha rappresentato che, al 31 dicembre del 2021, Sogin ha eseguito il 35,5 per cento dei lavori di smantellamento dei siti (dato cumulato dell’attività dall’anno 1999) e l'estrema lentezza dell'attività si evince confrontando gli obiettivi fissati con le soglie di avanzamento effettivamente raggiunte.

Inoltre, il Ministro si è riferito alla corretta attuazione del progetto Cemex che riguarda lo smaltimento dei rifiuti radioattivi nell'impianto di Saluggia, ove sono stati allocati 270.000 litri di rifiuti radioattivi liquidi acidi, stoccati in serbatoi in acciaio costruiti negli anni Sessanta, con il pericolo di sversamento di una parte di tali liquidi nell'ambiente circostante e con i relativi ingentissimi danni ambientali che ne potrebbero derivare.

In terzo luogo, ha fatto riferimento alla correttezza delle rendicontazioni ad ARERA circa i contratti sottoscritti per il deposito nazionale, sulle quali ha dichiarato essere in corso anche indagini della Guardia di finanza.

Ciò premesso, ha evidenziato il Ministro, il MiTE insieme al MEF, sono impegnati a dare alla società un assetto che garantisca il raggiungimento degli obiettivi complessivi che riguardano il decommissioning e tutte le altre attività, non escludendo alcuna ipotesi, ivi compresa quella del commissariamento, anche tenuto conto della circostanza che in primavera si dovrà comunque provvedere al rinnovo degli organi societari.

Il 20 aprile scorso, il Ministro dei rapporti con il Parlamento, D’Incà, in risposta ad una ulteriore interrogazione a risposta immediata Fregolent n. 3-02896, ha confermato i dati già esposti dal Ministro Cingolani, rilevando però come i risultati esposti sul decommissioning per il 2021 confermassero le previsioni del piano industriale 2020-2025.

 

In risposta all’interrogazione, circa l'ipotesi di aumentare le competenze in capo all’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione-ISIN, il Ministro ha poi evidenziato la necessità di una separazione tra soggetto che svolge l’attività di decomissioning (SOGIN) e  autorità di regolazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione (Istituto nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione-ISIN).

Un'eventuale attribuzione di competenze gestorie al soggetto deputato al controllo sul decommissioning si porrebbe – secondo quanto affermato dal Ministro - in contrasto con le best practice internazionali, nonché con le direttive europee rilevanti in materia[10].

Una soluzione di coincidenza fra soggetto controllore e soggetto controllato si rivelerebbe distonica rispetto agli standard di sicurezza dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'AIEA e, in particolare, con IAEA Safety Standard Series No. SF-1 che, tra i principi fondamentali di sicurezza, richiede l'esistenza di un organismo indipendente di regolamentazione, ma soprattutto si porrebbe in contrasto con le direttive 2009/71/Euratom e 2011/70/Euratom, che costituiscono le fonti comunitarie in attuazione delle quali le norme nazionali hanno disciplinato l'istituzione e il funzionamento di ISIN, quale autorità nazionale di regolamentazione indipendente competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione, chiamata a operare con indipendenza di giudizio e di valutazione.

L'articolo 6 della direttiva 2011/70/Euratom che stabilisce che ogni Stato membro istituisce e mantiene un'Autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e che tale Autorità sia funzionalmente separata da ogni altro organismo coinvolto nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, al fine di assicurare l'effettiva indipendenza da influenze indebite sulla sua attività di regolamentazione.

 

La Società Gestione Impianti Nucleari (SO.G.I.N. S.p.a. o Sogin) è stata costituita nel 1999, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. e) del decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79, da Enel. L’anno successivo, in virtù dello stesso decreto, l’intero pacchetto azionario è stato trasferito da Enel al Ministero dell’economia e delle finanze (Mef).

Sogin è a capo del Gruppo SO.G.I.N., costituito anche da Nucleco S.p.a., controllata al 60 per cento, risultando il restante 40 per cento detenuto dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

Sogin è inclusa dall’Istat nell’elenco annuale dei soggetti inseriti nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, dal 1° gennaio 2020 (si veda qui)[11].

La Società, interamente partecipata dal MEF, opera in base agli orientamenti strategico-operativi del Ministero della transizione ecologica[12].

Ad oggi, gli ultimi indirizzi strategico-operativi di riferimento sono costituiti dal decreto emanato dall’allora Ministero delle attività produttive[13] (direttiva 28 marzo 2006 e direttiva 10 agosto 2009)[14].

Il Consiglio di Amministrazione di SOGIN consta di cinque componenti, così come previsto dall’art. 7, comma 23, del decreto-legge n.78/2010 (l. n. 122/2010), che costituisce disposizione speciale, espressamente fatta salva dal decreto legislativo n. 175/2016 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica[15].

Alla Società sono affidati compiti che attengono al mantenimento in sicurezza, al decommissioning e alla gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dagli impianti di fabbricazione del combustibile nucleare e dalle centrali in dismissione sul territorio nazionale, nonché alle attività relative alla chiusura del ciclo del combustibile. La società, in particolare, è stata individuata, ai sensi dell’articolo 17, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52 - ora articolo 74 del decreto legislativo n. 101/2020[16] che ha abrogato il decreto legislativo n. 52/2007 -  quale operatore nazionale del “servizio integrato”, deputato a garantire la messa in sicurezza di lungo periodo delle sorgenti radioattive dismesse ai fini del loro futuro smaltimento, assicurando un immagazzinamento in sicurezza per un periodo di almeno cinquanta anni.

La Sogin è incaricata - ai sensi di quanto prevede l’articolo 26 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 e successive modifiche - di provvedere alla localizzazione, realizzazione ed esercizio del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e dell’annesso Parco tecnologico.

Infine, la stessa Società svolge attività di mercato nell’ambito del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi.

Il decommissioning, secondo quanto prevede l’articolo 2 del decreto legislativo n. 31/2010, è “l'insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente, fino allo smantellamento finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica”.

Costituisce, dunque, l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare e riassume tutte le operazioni di mantenimento in sicurezza dell’impianto, allontanamento del combustibile nucleare esaurito, decontaminazione e smantellamento delle installazioni nucleari, gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, in attesa del loro trasferimento al Deposito nazionale e caratterizzazione radiologica finale[17].

Decomissioning

Secondo le informazioni riportate dalla Corte dei Conti nella relazione sul controllo eseguito sulla gestione della società[18], SOGIN gestisce il decommissioning delle quattro centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano, l’impianto Fabbricazioni Nucleari (FN) di Bosco Marengo, nonché gli ex impianti di ricerca Enea per il ciclo del combustibile EUREX di Saluggia, OPEC e IPU di Casaccia e ITREC di Rotondella; a partire dall’esercizio 2018, è stata trasferita a SOGIN la titolarità e la relativa attività di decommissioning del reattore Ispra 1, sito in provincia di Varese, ai sensi dell’art. 1, commi 538-539 della l. 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di stabilità 2018).

Inoltre, la Società ha in carico il combustibile irraggiato e le materie nucleari derivanti dalla centrale nucleare di Creys-Malville (limitatamente al 33 per cento già detenuto da Enel e per il quale l’Italia ha scelto di procedere con il c.d. riprocessamento virtuale, tuttora in corso in Francia) e dagli impianti del ciclo del combustibile[19].

Complessivamente, lo stato di avanzamento fisico del decommissioning è stato pari nel 2020, al 28,3% in termini di dato cumulato complessivo dal 1999 (il tasso di incremento annuo dell’avanzamento è stato pari al 6,6%)[20].

Mentre, nel 2021, l’avanzamento fisico della commessa nucleare, è stato pari al 35,5% in termini di cumulato complessivo dal 1999 (+ 7,2% rispetto all’anno precedente).

La copertura dei costi inerenti alle attività istituzionali di Sogin avviene attraverso le risorse finanziarie derivanti, oltre che dai fondi trasferiti alla stessa da Enel all’atto del conferimento delle attività nucleari, dalla componente A2 della tariffa elettrica, oneri A2RIM (oneri per la messa in sicurezza del nucleare e compensazioni territoriali), determinata periodicamente dall’Autorità, L’ARERA determina gli oneri nucleari “tenendo conto di criteri di efficienza economica nello svolgimento delle attività” da parte di Sogin[21].

Come evidenzia la Corte dei Conti, ARERA, oltre a definire il modello di remunerazione per SOGIN, controllando le  attività sotto il profilo della congruenza e dell’efficienza economica determina, altresì, l’entità degli oneri della  Commessa  nucleare e, attraverso la CSEA, garantisce alla Società la copertura dei fabbisogni finanziari[22].

La Società, entro il mese di ottobre, deve inviare all’Autorità il programma annuale e quello quadriennale aggiornato con le attività che prevede di realizzare ed i costi correlati. ARERA, poi, provvede al riconoscimento, a consuntivo, dei costi sostenuti nell’anno precedente per lo svolgimento delle attività istituzionali.

In ottemperanza alla Delibera dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) del 3 agosto 2021, n. 348/2021/R/EEL, Allegato A, Articolo 15, SOGIN deve pubblicare le informazioni sull’avanzamento delle attività di decommissioning, aggiornate con cadenza trimestrale. L’ultimo monitoraggio pubblicato è quello aggiornato al 31/12/2021.

La citata delibera fissa i nuovi criteri per il riconoscimento degli oneri conseguenti alle attività di decommissioning per il periodo 2021-2016 e, contestualmente, reca l’approvazione definitiva del testo integrato del decommissioning nucleare.

 

Deposito Nazionale

L’articolo 26 del decreto legislativo n. 31/2011 indica la Sogin S.p.A. quale soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del Deposito nazionale e del Parco Tecnologico, comprendente anche il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi[23].

L’articolo 1, comma 2, lettera e), del medesimo Decreto legislativo precisa che il Deposito Nazionale è “destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari”.

L’articolo 1, comma 104, della legge n. 239/2004 prevede per i soggetti produttori e detentori di rifiuti radioattivi l’obbligo di conferimento dei medesimi al Deposito nazionale, con tempi e modalità tecniche definiti con decreto del Ministero della transizione ecologica[24]. Pertanto, devono confluire nel Deposito Nazionale sia i rifiuti connessi agli oneri nucleari sia i rifiuti ad essi estranei[25].

L’articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 31/2010 prevede che “La SOGIN S.p.A. realizza il Parco Tecnologico, ed in particolare il Deposito nazionale e le strutture tecnologiche di supporto, con i fondi provenienti dalla componente tariffaria che finanzia le attività di competenza. Sulla base di accordi tra il Governo, la regione, gli enti locali interessati, nonché altre amministrazioni e soggetti privati, possono essere stabilite ulteriori e diverse fonti di finanziamento per la realizzazione di un Centro di studi e sperimentazione”.

Infine, l’articolo 25, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 31/2010 precisa che “nell'ambito del Parco Tecnologico, i programmi di ricerca e le azioni di sviluppo condotti da SOGIN S.p.A. e funzionali alle attività di decommissioning e alla gestione dei rifiuti radioattivi sono finanziati dalla componente tariffaria già istituita per il decommissioning”.

In data 19 gennaio 2021, con Deliberazione 12/2021/R/EEL, l’ARERA ha emanato le prime disposizioni in merito al riconoscimento dei costi relativi al Deposito Nazionale e al Parco Tecnologico, avviando un’istruttoria ai fini del riconoscimento dei costi sostenuti da SOGIN dal 2010 fino al 31 dicembre 2020[26].

Come evidenzia la Corte dei Conti, nella relazione sul controllo eseguito sulla Società SOGIN trasmessa nell’anno 2021, la procedura diretta alla localizzazione ha avuto inizio con la pubblicazione, il 4 giugno 2014, da parte di ISPRA, della Guida tecnica contenente i criteri per la localizzazione del DNPT e si è conclusa, per la complessità del relativo procedimento, soltanto in data 5 gennaio 2021 con il nulla osta rilasciato da Mise e dal Mite, a seguito del quale SOGIN ha pubblicato la proposta della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) ed il progetto preliminare del DNPT avviando così la consultazione pubblica volta alla formulazione di eventuali osservazioni e proposte tecniche da parte delle Regioni, degli enti locali e di tutti gli altri soggetti potenzialmente interessati.

In seguito, SOGIN, come segnalato dal Ministro della transizione ecologica a gennaio 2022, ha promosso il seminario nazionale per l'approfondimento degli aspetti tecnici relativi al deposito nazionale e parco tecnologico. I lavori si sono svolti dal 7 settembre al 24 novembre del 2021.

Il Ministro ha evidenziato che è in corso la redazione della Carta nazionale delle aree idonee, la CNAI, la quale dovrà essere consegnata al Ministero per i relativi adempimenti.

La Corte dei CONTI ha ribadito quanto già segnalato nelle precedenti relazioni, ovvero come il ritardo nella localizzazione e realizzazione del Deposito nazionale e Parco tecnologico ha comportato la necessità, da parte della Società, di impiegare ulteriori risorse per l’individuazione di soluzioni transitorie, quali principalmente i depositi temporanei, con costi supplementari, in ragione dell’avanzamento dell’attività di decommissioning.

 

 

Fonte: Sogin

 


Articolo 35, commi 1-3

(Proroga dei termini in materia di registrazione degli aiuti di Stato COVID-19 nel Registro nazionale aiuti)

 

 

L’articolo 35, commi 1-3, proroga i termini per la registrazione, presso il Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), delle misure di aiuto fiscali automatiche. La proroga opera nel seguente modo:

·          i termini con scadenza dal 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore della presente disposizione) al 31 dicembre 2022, sono prorogati al 30 giugno 2023,

·          i termini in scadenza dal 1° gennaio al 30 giugno 2023 sono prorogati al 31 dicembre 2023.

La proroga si applica anche alla registrazione degli aiuti riconosciuti ai sensi del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19, delle sezioni 3.1 e 3.12 (comma 2).

Infine, si proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 l’esclusione della responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell'erogazione degli aiuti, previsto in caso di mancata registrazione degli stessi aiuti, previsto dal D.L. n. 137/2021 (comma 3).

 

Il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) è stato istituito dall’articolo 52 della legge n. 234/2012, integralmente sostituito dall’articolo 14, co. 1, lett. b) della legge n. 115/2015 e modificato dall’articolo 6, comma 6 del decreto-legge n. 244/2016 (l. n. 19/2017).

La finalità del Registro è quella di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea e nazionale.

A questo scopo, i soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti di Stato sono tenuti a trasmettere le informazioni previste dalla disciplina alla banca dati istituita presso il MISE dall’articolo 14 della legge n. 57/2011, che assume contestualmente la denominazione di Registro nazionale degli aiuti di Stato. Il Registro costituisce quindi l’evoluzione della Banca dati anagrafica delle agevolazioni.

Per quanto riguarda le informazioni da inserire nel Registro, la norma istitutiva dispone che si tratta di tutti gli aiuti di Stato di cui all’articolo 107 TFUE, soggetti o meno all’obbligo di notifica preventiva, dunque ivi inclusi gli aiuti in esenzione dalla notifica e gli aiuti di importanza minore cd. de minimis.

Gli aiuti di Stato oggetto di registrazione includono quelli per la compensazione degli obblighi di servizio pubblico relativi a servizi di interesse economico generale.

Il Registro include inoltre l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti illegali dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero.

Il Registro degli aiuti di Stato costituisce quindi una banca dati completa di tutte le tipologie di aiuti di Stato.

Sono esclusi solo gli aiuti relativi ai settori agricolo e forestale, dell’acquacoltura e della pesca. Per questi aiuti operano i registri SIAN e SIPA, dei quali viene comunque assicurata l’interoperabilità con il Registro aiuti di Stato all’interno di un sistema informativo integrato.

L’articolo 52 della legge n. 234/2012 pone inoltre in capo ai soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti l’obbligo di avvalersi del Registro per espletare le verifiche propedeutiche a queste attività; nei provvedimenti di concessione ed erogazione degli aiuti deve essere dato atto dell’adempimento dell’obbligo e devono essere riportati i codici identificativi rilasciati dalla procedura informatica del Registro.

La norma istitutiva prevede anche l’obbligo di aggiornare i dati nel caso di modifiche intervenute e indica i tempi di conservazione (10 anni) e le modalità di accesso per le diverse tipologie di informazioni contenute nel Registro.

A decorrere dal 1° luglio 2017, la trasmissione delle informazioni al Registro e l'adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti.

L’inadempimento di tali obblighi comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione dell’aiuto ed è rilevabile anche dall’impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno.

L’articolo 52 ha demandato la fissazione delle disposizioni di dettaglio sul funzionamento del Registro a un regolamento, adottato con decreto interministeriale del 31 maggio 2017, n. 115. Con il successivo decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese del MISE del 28 luglio 2017 sono state adottate le modalità tecniche per il funzionamento del Registro.

Per il Registro nazionale aiuti vi è un apposito sito istituzionale che si presenta come un portale, suddiviso in due aree: un’area pubblica (Sezione Trasparenza) e un’area il cui accesso è riservato alle Autorità responsabili e ai soggetti gestori degli aiuti.

L’articolo 63 del D.L. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 77/2020, ha disposto che gli aiuti concessi in conformità alla Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (cd. Temporary framework COVID -19) e ss. mod. e int., soggiacciono all’osservanza degli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), e, per il settore agricolo e ittico, nel Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) e nel Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura (SIPA).

I predetti aiuti sono dunque concessi in osservanza degli obblighi di registrazione previsti dal Regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli aiuti di Stato, fatti salvi gli aiuti nei settori agricoltura e pesca che sono registrati nei registri SIAN- Sistema Informativo Agricolo Nazionale e SIPA - Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura

L’articolo 64 ha poi demandato al Ministero dello sviluppo economico (MISE) e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) di modificare i registri, rispettivamente, Registro nazionale aiuti di Stato (RNA) e per il settore agricolo SIAN e SIPA, per consentire la registrazione del regime di aiuti autorizzato dalla Commissione, nonché per contenere i dati necessari alla concessione degli aiuti, prevedendo modalità semplificate per aiuti automatici, sia fiscali che non fiscali.

 

Il comma 1 proroga i termini relativi all’obbligo di registrazione, presso il Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), delle misure di aiuto fiscali, non subordinate all'emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione ai fini della loro fruizione.

L’articolo 10, comma 1, secondo periodo, del D.M. 31 maggio 2017, n. 115 prevede, al riguardo, che tali aiuti si intendono concessi e sono registrati nell’esercizio finanziario successivo a quello della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono dichiarati.

La proroga opera nel seguente modo:

i termini con scadenza dal 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore della presente disposizione) al 31 dicembre 2022, sono prorogati al 30 giugno 2023,

i termini in scadenza dal 1° gennaio al 30 giugno 2023, sono prorogati al 31 dicembre 2023.

 

Ai sensi del comma 2, la proroga di cui al comma 1 si applichi alla registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), nonché nei registri aiuti di Stato riguardanti il settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura, SIAN-Sistema Informativo Agricolo Nazionale e SIPA-Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura, degli aiuti riconosciuti ai sensi del «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19», delle sezioni 3.1 e 3.12, si tratta dunque degli aiuti di imposto limitato (Sezione 3.1) e degli aiuti per il finanziamento dei costi fissi non coperti dalle imprese a causa delle perdite di fatturato (Sezione 3.12).

 

Gli aiuti di importo limitato, di cui alla sezione 3.1 del Quadro non devono superare 2,3 milioni di EUR per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o onere) e possono essere concessi, entro e non oltre il 30 giugno 2022 - sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni) - a imprese che, al 31 dicembre 2019, non si trovavano già in difficoltà (ai sensi dell'art. 2, punto 18) del GBER, dell'art. 2, punto 14, del Reg. n. 702/2014/UE e nell'art. 3, punto 5, del Reg. n. 1388/2014/UE). Gli aiuti possono comunque essere concessi alle micro imprese o alle piccole imprese (ai sensi dell'allegato I del GBER) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e purché non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione. Gli aiuti concessi in base a regimi approvati a norma della sezione e rimborsati prima della concessione di nuovi aiuti a norma della stessa sezione non sono presi in considerazione, quando si verifica se il massimale applicabile non è superato.

Nel settore della pesca e dell'acquacoltura, gli aiuti di importo limitato non devono superare i 345 mila euro e non devono riguardare alcuna delle categorie già escluse dal regime "de minimis" (cfr. lett. da a) a k) dell'art.1 del Reg. 717/2014/UE). Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli gli aiuti non devono superare i 290 mila euro per impresa.

Nel caso in cui un'impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, lo Stato membro interessato garantisce, con mezzi adeguati come la separazione contabile, che per ciascuna attività sia rispettato il massimale pertinente e che non sia superato l'importo massimo complessivo di 2,3 milioni euro per impresa. Gli aiuti concessi ai sensi della sezione e rimborsati prima del 31 dicembre 2021 non sono presi in considerazione nel determinare se il massimale è superato.

Le misure concesse sotto forma di anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili possono essere convertite in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, purché la conversione avvenga entro il 30 giugno 2023 e siano rispettate le condizioni sopra descritte.

 

Ai sensi della Sezione 3.12, gli Stati membri possono prevedere di contribuire ai costi fissi delle imprese per le quali il focolaio di COVID-19 ha determinato la sospensione o riduzione della loro attività, in termini di calo del fatturato.

L'aiuto è concesso entro il 31 dicembre 2021 e copre i costi fissi non coperti sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2022, compresi i costi sostenuti per una parte di tale periodo (periodo ammissibile). L'aiuto è concesso alle imprese che hanno subito un calo di fatturato nel periodo ammissibile di almeno il 30% rispetto allo stesso periodo nel 2019. L'importo complessivo dell'aiuto non deve superare 12 milioni di euro per impresa.

L'aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure rimanga al di sotto del massimale sopraindicato. Tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere.

Le misure concesse sotto forma di anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili possono essere convertite in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, purché la conversione avvenga entro il 30 giugno 2023 e siano rispettate le condizioni della Sezione.

Le imprese già in difficoltà il 31 dicembre 2019 non sono ammissibili agli aiuti. Gli aiuti possono comunque essere concessi alle micro imprese o alle piccole imprese (ai sensi dell'allegato I del GBER) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.

Gli aiuti concessi ai sensi della sezione in esame e rimborsati prima della concessione di nuovi aiuti a norma della stessa sezione non sono presi in considerazione, quando si verifica se il massimale applicabile non sia superato.

 

Si rinvia, sul punto, al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell'epidemia da COVID-19 e nell'attuale contesto di crisi energetica: il quadro europeo”.

 

La relazione illustrativa afferma che la proroga si rende necessaria, tenuto conto dell’elevata quantità di dati che saranno comunicati dai contribuenti con l’autodichiarazione prevista dalla disciplina - di cui all’articolo 1, commi da 13 a 17, del D.L. n. 41/2012 (L. n. 69/2021), D.M. 11 dicembre 2021 e decreto direttoriale dell’Agenzia delle entrate 27 aprile 2022) - sul monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo.

 

Il predetto provvedimento prevede, tra l’altro, che l’autodichiarazione sia presentata entro il 30 giugno 2022 e – dato l’approssimarsi della scadenza e le difficoltà rappresentate dalle imprese e dai professionisti tenuti all’adempimento – potrà essere differito con successivo provvedimento della medesima Agenzia, rendendo ancor più necessaria la proroga del termine per effettuare le successive registrazioni in RNA. Pertanto, considerato l’elevatissimo numero di aiuti individuali da iscrivere in base alla Sezione 3.1 e alla Sezione 3.12 della citata Comunicazione e i numerosi dati che saranno comunicati dai contribuenti con la citata autodichiarazione, la proroga si rende necessaria per consentire all’Agenzia delle entrate di effettuare le relative registrazioni nei termini.

 

Come evidenziato dal D.M. 11 dicembre 2021, sono coinvolte le seguenti misure:

·        l'art. 24 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel quale si prevede l'esonero dal versamento del saldo dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019 e della prima rata dell'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 per determinati soggetti con ricavi o compensi non superiori a 250 milioni euro nel periodo d'imposta precedente alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. 19 maggio 2020, n. 34;

·        l'art. 25 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, che istituisce un contributo a fondo perduto, a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo, nonché dei soggetti che producono reddito agrario, titolari di partita IVA, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. 19 maggio 2020, n. 34;

·        l'art. 28 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, che istituisce un credito d'imposta per i canoni di locazione di immobili a uso non abitativo e di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d'azienda, a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione;

·        l'art. 120 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, che istituisce un credito d'imposta per l'adeguamento dei processi produttivi e degli ambienti di lavoro alle prescrizioni sanitarie e alle misure di contenimento contro la diffusione del virus Covid-19, a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico indicati nell'allegato 2 dello stesso D.L. 19 maggio 2020, n. 34, nonché delle associazioni, fondazioni e altri enti privati, compresi gli enti del terzo settore;

·        l'art. 129-bis del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, relativo alla riduzione al 50 per cento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive per i lavoratori autonomi e imprese ubicati nel Comune di Campione d'Italia, nonché relativo all'istituzione di un credito d'imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti nello stesso comune, che inserisce i commi 576-bis, 577-bis e 577-ter nell'art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160;

·        l'art. 177 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, che dispone l'esenzione dalla prima rata dell'imposta municipale propria (IMU), relativa all'anno 2020, per gli immobili utilizzati nel settore turistico e per quelli in uso per allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;

·        l'art. 78, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, in materia di IMU che prevede l'esenzione dalla seconda rata dell'IMU, relativa all'anno 2020, per gli immobili utilizzati nel settore turistico, per quelli in uso per allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni, per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli e per gli immobili destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili;

·        l'art. 78, comma 3, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, laddove prevede, limitatamente all'anno 2021, l'esenzione dall'IMU per immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli;

·        gli articoli 1, 1-bis, 1-ter del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, che istituiscono un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati negli allegati 1, 2 e 4 allo stesso D.L. 28 ottobre 2020, n. 137;

·        gli articoli 8 e 8-bis del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, che istituiscono un credito d'imposta per i canoni di locazione di immobili a uso non abitativo e di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d'azienda a favore delle imprese operanti nei settori di cui ai codici ATECO riportati negli allegati 1 e 2 allo stesso D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, nonché le agenzie di viaggi e i tour operator, indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d'imposta precedente;

·        gli articoli 9 e 9-bis, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, che in materia di esenzione dall'IMU, ha disposto la cancellazione della seconda rata IMU concernente gli immobili e le relative pertinenze in cui si esercitano le attività riferite ai codici ATECO riportati rispettivamente negli allegati 1 e 2 al medesimo D.L. n. 137 del 2020;

·        l'art. 9-ter, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, il quale ha chiarito che le disposizioni di cui all'art. 177, comma 1, lettera b), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, all'art. 78, comma 1, lettere b), d) ed e), del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, e agli articoli 9, comma 1, e 9-bis, comma 1, dello stesso D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, si applicano ai soggetti passivi dell'IMU, come individuati dal comma 743 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che siano anche gestori delle attività economiche indicate dalle predette disposizioni;

·        l'art. 2 del D.L. 18 dicembre 2020, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2021, n. 6, che istituisce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nella tabella di cui all'allegato 1 dello stesso D.L. 18 dicembre 2020, n. 172;

·        l'art. 2-bis del D.L. 18 dicembre 2020, n. 172, che modifica l'anzidetto art. 28 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, disponendo che il credito d'imposta ivi pre  spetti a condizione che le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e i tour operator abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento dell'anno 2021 di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno 2019;

·        l'art. 1, comma 599, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023, che dispone in materia di IMU l'esenzione dalla prima rata, relativa all'anno 2021, per gli immobili utilizzati nel settore turistico, per quelli in uso per allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni e per gli immobili destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili;

·        l'art. 1, comma 602, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che prevede in favore del settore turistico la proroga, per i mesi da gennaio ad aprile 2021, del credito d'imposta di cui all'art. 28 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, per i canoni di immobili ad uso non abitativo e affitto d'azienda;

·        l'art. 1, commi da 1 a 9, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, che istituisce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo, nonché dei soggetti che producono reddito agrario, titolari di partita IVA, con ricavi o compensi non superiori a 10 milioni di euro nel secondo periodo d'imposta antecedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 22 marzo 2021, n. 41;

·        l'art. 1-ter del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, che istituisce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di reddito d'impresa che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, la cui attività d'impresa è iniziata nel corso del 2019;

·        l'art. 5 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, ai sensi del quale gli operatori economici, che hanno subito una riduzione maggiore del 30 per cento del volume d'affari dell'anno 2020 rispetto al volume d'affari dell'anno precedente, possono procedere al pagamento delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, non inviate per effetto della sospensione disposta dall'art. 157 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con riferimento alle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, nonché con le comunicazioni elaborate entro il 31 dicembre 2021, con riferimento alle dichiarazioni relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, senza l'applicazione di sanzioni;

·        l'art. 6, commi 5 e 6, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, nel quale si prevede l'esonero, per il 2021, dal versamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni di cui al regio D.L. 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, a favore delle strutture ricettive nonché di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico, comprese le attività similari svolte da enti del terzo settore;

·        l'art. 6-sexies del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, nel quale si prevede l'esenzione, per il 2021, dalla prima rata dell'IMU, per gli immobili posseduti dai soggetti passivi per i quali ricorrono le condizioni per ottenere il contributo a fondo perduto di cui commi da 1 a 4 dell'art. 1 del medesimo D.L. 22 marzo 2021, n. 41;

·        l'art. 1 del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, che istituisce ulteriori contributi a fondo perduto;

·        l'art. 4 del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, recante estensione e proroga del credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda.

 

Infine, il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il regime di esclusione della responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell'erogazione degli aiuti previsto, dall’articolo 31-octies, comma 1, del D.L. n. 137/2020 (L. n. 176/2020), in caso di mancata registrazione degli stessi aiuti.

 

La misura, afferma la relazione illustrativa, tiene conto della durata della crisi economica dovuta alla pandemia e del numero di aiuti individuali alle imprese e dei soggetti concedenti gli aiuti, anche per effetto delle misure eccezionali e transitorie attivabili nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel corso emergenza da Covid-19.

 

 

 

 


Articolo 35, comma 4
(Proroga dichiarazione IMU 2021)

 

 

L’articolo 35 al comma 4 proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2022 il termine per la presentazione della dichiarazione IMU relativa all’anno 2021.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati la proroga è stata estesa anche al termine per la presentazione della dichiarazione IMU 2021 da parte degli enti non commerciali.

 

Come chiarito dal Governo nella Relazione illustrativa, nel solco degli interventi connessi alla durata della crisi economica dovuta alla pandemia e del numero di aiuti individuali alle imprese e dei soggetti concedenti gli aiuti, anche per effetto delle misure eccezionali e transitorie attivabili nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel corso emergenza da Covid-19, le norme in esame prorogano al 31 dicembre 2022 (comma 4) il termine per la presentazione della dichiarazione dell’imposta municipale propria (IMU) relativa al 2021.

 

L’articolo 1, comma 769 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) dispone che i soggetti passivi - ad eccezione degli enti non commerciali, di cui al comma 759, lettera g) - devono presentare la dichiarazione o, in alternativa, trasmetterla in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta.

 

La Relazione illustrativa a tal fine chiarisce che, per quanto riguarda la dichiarazione per l’anno di imposta 2021 è in corso di approvazione il nuovo modello dichiarativo nel quale, tra l’altro, è presente un apposito campo dedicato alla “Esenzione Quadro Temporaneo Aiuti di Stato”, che deve essere utilizzato nel caso in cui il contribuente abbia usufruito di benefici fiscali derivanti appunto dal Quadro temporaneo Aiuti di Stato che hanno interessato l’IMU durante il periodo dell’emergenza epidemiologica COVID-19.

Per dettagli su tale quadro di aiuti, si veda il relativo tema sul portale della documentazione parlamentare; con riferimento alle agevolazioni IMU, un primo quadro delle norme di favore è contenuto nella Relazione semestrale della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del mese di dicembre 2021, riferito in particolare alle agevolazioni concesse negli anni 2020-2022.

 

Pertanto, tenuto conto che il termine del 30 giugno è ormai prossimo, si ritiene che il differimento al 31 dicembre consenta ai contribuenti di disporre di un lasso di tempo più ampio e di presentare al comune una dichiarazione utile per l’acquisizione delle informazioni relative agli aiuti COVID-19.

 

Nel corso dell’esame alla Camera la proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2022 è stata estesa anche alle dichiarazioni IMU degli enti non commerciali, di cui al comma 770 della legga di bilancio 2020.

 

Il richiamato comma 770 dispone infatti che gli enti non commerciali (più in dettaglio, gli enti di cui al comma 759, lettera g) della medesima legge di bilancio 2020: enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato, giusto rinvio all’articolo 7, comma 1 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e all’articolo 73, comma 1, lettera c) TUIR) siano tenuti a presentare la dichiarazione, il cui modello è approvato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI, entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta.

Con riferimento alla dichiarazione IMU degli enti non commerciali, si ricorda che l’articolo 19 del provvedimento in esame - in luogo di disporre che il modello di dichiarazione IMU sia approvato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze - prevede che detta dichiarazione sia approvata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.


Articolo 35, comma 5
(Proroga della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso operanti presso
l’Agenzia italiana del farmaco)

 

 

L’articolo 35, comma 5 dispone l’ulteriore proroga al 31 dicembre 2022 – termine già precedentemente prorogato dal 28 febbraio al 30 giugno 2022- della permanenza in carica dei componenti delle commissioni consultive presso l’AIFA (la Commissione tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci e il Comitato prezzi e rimborso), scaduti lo scorso novembre.

 

Più in dettaglio, il comma 5 in esame, intervenendo con una nuova modifica all’articolo 38, comma 1, del DL. 152/2021 recante disposizioni di adeguamento al PNRR (L. n. 233/2021)[27], dispone l’ulteriore proroga al 31 dicembre 2022 della permanenza in carica dei componenti di due commissioni consultive dell’AIFA, in attesa della riorganizzazione della stessa, volta a dare attuazione agli investimenti previsti dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, vale a dire della Commissione consultiva tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci (CTS) e del Comitato prezzi e rimborso (CPR).

 

Il citato articolo 38 aveva già disposto la proroga al 28 febbraio 2022 e successivamente al 30 giugno 2022, nelle more della riorganizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), finalizzata anche a promuovere gli investimenti in ricerca e sviluppo di carattere pubblico sui farmaci in attuazione della missione n. 6 del PNRR interamente intestata al Ministero della salute, della permanenza in carica dei componenti delle due commissioni consultive di cui all’articolo 19 del decreto del Ministro della salute 20 settembre 2004, n. 245, recante il Regolamento organizzativo e sul funzionamento dell’AIFA.

Gli attuali componenti erano stati nominati con decreto del Ministero della salute del 20 settembre 2018 (qui il testo con le composizioni nominative dei componenti di detti organi consultivi).

 

L’intervento normativo è volto a garantire la continuità del funzionamento della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso, vista la rilevanza che tali organi attualmente rivestono ai fini dell’operato dell’AIFA nella fase di istruttoria per l’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali, ivi compresi tutti i vaccini, anche quelli per contrastare l’epidemia in corso. Nelle more della riforma delle Commissioni, si sono pertanto intese garantire le funzioni di alta consulenza tecnico scientifica che le stesse assicurano ai fini dell’espletamento delle funzioni istituzionali dell’AIFA.

 

 

In base all’articolo 19 del DM Salute 20 settembre 2004[28], la Commissione consultiva tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci (CTS) e il Comitato prezzi e rimborso (CPR) sono due organi consultivi che operano nell’ambito dell’Agenzia del farmaco AIFA. Ai sensi del comma 5, art. 19, i loro componenti sono nominati con decreto del Ministero della salute (v. ante DM 20 settembre 2018).

§  la Commissione svolge le funzioni già attribuite alla Commissione unica del farmaco e, in particolare, i compiti definiti dal DL. 269/2003 (L. n. 326/2003, art. 48), al comma 5, lett. d)[29], e)[30] ed l)[31] e le attività di consulenza tecnico-scientifica su richiesta del Direttore generale o del Consiglio di amministrazione. Essa adotta le proprie determinazioni con autonomia sul piano tecnico scientifico e sanitario, anche sulla base dell'attività istruttoria svolta dal Comitato prezzi e rimborso ed è nominata con decreto del Ministro della salute (qui il testo del decreto di nomina del 2018);

§  il Comitato prezzi e rimborso svolge funzioni di supporto tecnico-consultivo all'Agenzia ai fini della negoziazione con concordato preventivo prevista dall'articolo 48, comma 33, della citata legge di riferimento del 2003 (qui il testo). Anche tali componenti devono essere scelti tra persone di comprovata professionalità ed esperienza nei settori della metodologia di determinazione del prezzo dei farmaci, della economia sanitaria e di farmaco-economia.

 

Per entrambi gli organi, da ultimo il DM Salute del 2018 di nomina prevede che i relativi componenti durano in carica 3 anni e sono rinnovabili consecutivamente una sola volta (art. 3). Ciascun organo è composto da 10 membri, di cui fanno parte, per ciascuno, il Direttore dell’AIFA ed il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).


 


Articolo 35, comma 5-bis
(Proroga dei termini di validità dell’iscrizione all’elenco  dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL)

 

Il comma 5-bis dell’articolo 35, inserito nel corso dell’esame alla Camera, proroga, per i soggetti iscritti nell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle Aziende Sanitarie Locali, delle Aziende Ospedaliere e degli altri Enti del SSN, pubblicato in data 12 febbraio 2018, il termine di validità della relativa iscrizione, fino alla pubblicazione, nell'anno 2022, dell'elenco nazionale aggiornato e comunque non oltre il 31 dicembre 2022.

 

Il termine ultimo di validità dell’elenco era stato già prorogato (fino al 30 giugno 2022) dall’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 228/2021[32].

Infatti l'articolo l, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171[33] (c.f.r.infra), prevede che l’iscrizione nell’elenco, fermo restando l’aggiornamento biennale dello stesso, sia valida per quattro anni; pertanto per i soggetti iscritti nell'elenco pubblicato sul sito internet del Ministero della salute in data 12 febbraio 2018, all'esito della selezione avviata con Avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale 3 ottobre 2017, n. 75, la validità dell'iscrizione nell'elenco stesso sarebbe scaduta il 12 febbraio 2022. Pertanto, nelle more dell'avvio delle procedure volte al prescritto aggiornamento biennale del predetto elenco, al fine di non vedere ridotta la platea dei soggetti idonei all'incarico di direttore generale delle Aziende e degli Enti del SSN, anche in ragione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dal perdurare dell'emergenza dovuta alla situazione epidemiologica, l’articolo 4, comma 3 del D.L. 228/2021 ha prorogato la predetta iscrizione fino alla pubblicazione, nell'anno 2022, dell'elenco nazionale aggiornato e comunque non oltre il 30 giugno 2022. Termine ora differito, dal comma in esame,  al 31 dicembre 2022.

 

 

 

In materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, si segnala l'attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge n. 124/2015, da parte del decreto legislativo n. 171/2016 che, nell'ambito di una più ampia disciplina di delega in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, ha attuato la revisione delle norme sul conferimento di incarichi direttoriali negli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.

 

La principale novità in proposito è la costituzione di un elenco nazionale, presso il Ministero della Salute, dei soggetti idonei a ricoprire l'incarico di direttore generale delle ASL, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del SSN, policlinici universitari compresi. Vengono anche definite le disposizioni per il conferimento degli incarichi e prevista la decadenza da direttore generale in caso di gravi disavanzi, per violazioni di legge o per il mancato rispetto delle norme in materia di trasparenza. Sono poi previste nuove misure anche per il conferimento degli incarichi di direttore sanitario, amministrativo e socio sanitario (v. infra gli aspetti di dettaglio). Le disposizioni di attuazioni sono in vigore dal 18 settembre 2016, ma la delega sopra indicata vige dal 28 agosto 2015.

 

Entrando più nel dettaglio, sull'attuazione della delega contenuta nel sopracitato D. Lgs. n. 171/2016, in primo luogo si ricorda che viene disciplinato l'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale.

 

L'elenco, istituito presso il Ministero della Salute, è aggiornato con cadenza biennale. Sempre ogni due anni, per la formazione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei, verrà nominata una Commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione e gestione aziendale, di cui due designati dal Ministro della salute, uno con funzioni di Presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e due designati dalla Conferenza Stato Regioni. I componenti della Commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell'elenco. La Commissione dovrà procedere alla formazione dell'elenco nazionale entro 120 giorni dalla data di insediamento. Alla selezione sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto 65 anni di età in possesso di: a) diploma di laurea; b)comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato; c) attestato rilasciato all'esito del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. Il punteggio massimo complessivamente attribuibile dalla Commissione a ciascun candidato è di 100 punti e possono essere inseriti nell'elenco nazionale i candidati che abbiano conseguito un punteggio minimo non inferiore a 75 punti. Non possono essere reinseriti nell'elenco nazionale coloro che siano stati dichiarati decaduti dal precedente incarico di direttore generale per violazione degli obblighi di trasparenza di cui al decreto legislativo 24 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. 

 

Vengono poi previste disposizioni relative al conferimento degli incarichi di direttore generale. Qui viene innanzitutto precisato che le Regioni potranno procedere a nominare direttori generali esclusivamente gli iscritti all'elenco nazionale. Una commissione regionale composta da esperti, indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, ed uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, procederà poi una valutazione per titoli e colloquio dei candidati, tenendo conto anche di eventuali provvedimenti di accertamento della violazione degli obblighi in materia di trasparenza.

 

In proposito, il Presidente della regione propone una terna di candidati nell'ambito dei quali verrà scelto quello che presenta i requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell'incarico da attribuire. Nel decreto viene inoltre specificato che, nella terna proposta, non potranno essere inseriti coloro che abbiano ricoperto l'incarico di direttore generale, per due volte, presso la stessa azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera o ente del Servizio sanitario nazionale. All'atto della nomina di ciascun direttore generale, le regioni dovranno definire e assegnare, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi con riferimento alle relative risorse, gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino. La durata dell'incarico di direttore generale non potrà essere inferiore a tre anni e superiore a cinque. In caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario verrà scelto tra i soggetti inseriti nell'elenco nazionale. Trascorsi 24 mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la regione, entro sessanta giorni, dovrà verificare i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi e, in caso di esito negativo, dichiarare la decadenza immediata dall'incarico con risoluzione del relativo contratto. L'immediata decadenza del direttore generale potrà avvenire, inoltre, in caso di gravi e comprovati motivi o nel caso in cui la gestione dovesse presentare una situazione di grave disavanzo o ancora in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, nonché per violazione degli obblighi in materia di trasparenza. I provvedimenti di decadenza dovranno essere comunicati al Ministero della salute per la cancellazione dall'elenco nazionale del soggetto decaduto dall'incarico.

 

Le previsioni appena descritte si applicano anche alle aziende ospedaliero universitarie, ferma restando per la nomina del direttore generale l'intesa del Presidente della Regione con il Rettore. Si passa poi alle disposizioni per il conferimento dell'incarico di direttore sanitario, direttore amministrativo e di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale. Per la scelta la commissione dovrà valutare i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell'avviso pubblico, definiti, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Anche in questo caso l'elenco regionale sarà aggiornato con cadenza biennale, e l'incarico di direttore amministrativo, di direttore sanitario e di direttore dei servizi socio sanitari non potrà avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque anni. Il conferimento di questi incarichi è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo. Viene stabilito che la partecipazione alla Commissione nazionale e alle Commissioni regionali saranno a titolo gratuito. vengono infine esplicitate le abrogazioni normative previste dopo l'entrata in vigore delle norme contenute nel decreto.

 

Per quanto riguarda i criteri relativi alla nomina di direttore sanitario di direttore amministrativo delle aziende sanitarie locali, il Decreto Fiscale (decreto legge 124/2019, art. 45, co. 1-quater), con una modifica al comma 7 dell'articolo 3 del D.Lgs n. 502/1992, ha disposo che il requisito del mancato compimento del sessantacinquesimo anno di età debba sussistere soltanto all'atto del conferimento dell'incarico.

 

 

 

 

Va ricordato che sulla Gazzetta Ufficiale IV Serie speciale - Concorsi ed Esami, n. 75 del 3 ottobre 2017 e sul sito web del Ministero della Salute è stato pubblicato l’Avviso pubblico che ha dato avvio alla selezione per la formazione dell’elenco nazionale di idonei alla nomina di direttore generale delle aziende e degli enti del SSN, ai sensi del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e successive modificazioni. In data 12 febbraio 2018 è stato pubblicato sul sito del Ministero della Salute il primo elenco nazionale degli idonei al conferimento dell’incarico di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale; come previsto dalla legge l’idoneità ha la durata di quattro anni, fatta salva la decadenza nei casi prescritti dal legislatore, ed è previsto un aggiornamento dell’elenco con cadenza biennale

Quanto agli aggiornamenti più recenti, con determina 30 marzo 2021 è stata disposta la pubblicazione dell’integrazione dell'Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, nonché dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale presso gli Istituti Zooproflattici Sperimentali. Ciò in quanto l’articolo 4, comma 8, del D.L. n. 183/2020[34] allo scopo di garantire l’ampliamento della platea dei soggetti idonei all’incarico di direttore generale degli enti e delle aziende del SSN,  anche in ragione delle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del COVID-19, ha previsto che l’elenco nazionale citato potesse essere integrato entro il 21 marzo 2021, previa riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati.  

Con determina del 4 novembre 2021, infine, è stata disposta la pubblicazione dell’aggiornamento all’integrazione dell'Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, nonché dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale presso gli Istituti Zooproflattici Sperimentali all’esito della seduta della commissione del 27 ottobre 2021 (cfr. anche determina del 10 febbraio 2022) . Qui l’Elenco completo idonei (aggiornato al 15 aprile 2022).

 

 

 

 

 

 


Articolo 35, comma 5-ter
(Termini relativi alla Commissione tecnica del Fondo indennizzo risparmiatori)

 

L'articolo 35, comma 5-ter proroga dal 31 luglio 2022 al 31 dicembre 2022 l'operatività della Commissione tecnica responsabile per l'istruttoria delle domande al Fondo indennizzo risparmiatori (FIR).  

 

In particolare, il comma 5-ter in esame, facendo riferimento all'esigenza di definire i procedimenti concernenti le istanze di indennizzo presentate ai sensi dell'articolo l, comma 501, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), proroga dal 31 luglio 2022 al 31 dicembre 2022 la durata in carica della Commissione tecnica responsabile per l'istruttoria delle domande al FIR di cui all'articolo 1, comma 63, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021).

Il comma stesso prevede, conseguentemente, che la rubrica dell'articolo 35 venga denominata in modo da aggiungere, in fine, il riferimento ai termini relativi alla Commissione tecnica del Fondo indennizzo risparmiatori.

 

Si rammenta che la Commissione è stata prevista dal comma 501 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, che rimanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (decreto 10 maggio 2019) per la determinazione degli emolumenti da attribuire ai componenti, nel limite massimo di 1,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Tale norma stabilisce che i componenti, nominati con successivo decreto del MEF del 4 luglio 2019, restano in carica fino al 31 luglio 2020 e, a tal fine, autorizza la spesa di 350.000 a sostegno della relativa operatività. Si veda il box seguente per ulteriori dettagli.

 

Il Fondo indennizzo risparmiatori: risorse e finalità

I commi da 493 a 507 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) hanno istituito e disciplinato il Fondo indennizzo risparmiatori (FIR). Tale Fondo ha sostituito quello istituito dalla legge di bilancio 2018, avente analoghe finalità.

In particolare, il comma 493 ha istituito nello stato di previsione del MEF, con una dotazione finanziaria iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), per i risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018.

I casi più significativi, in termini di soggetti coinvolti, riguardano le quattro banche poste in risoluzione a novembre 2015 e, successivamente, in liquidazione (Banca delle Marche Spa, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa, Cassa di Risparmio di Ferrara Spa e Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti Spa), nonché la Banca popolare di Vicenza e Veneto banca, di cui è stata decretata la liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017 (decreto legge n. 99 del 2017).

Il pregiudizio ingiusto viene riconosciuto in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo n. 58 del 1998 - TUF).

In particolare, ai sensi dell’articolo 21 TUF, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.

Ai sensi dell’articolo 23 TUF, i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Con il decreto ministeriale del 10 maggio 2019, pubblicato in G.U. l’11 giugno 2019, sono state determinate le modalità di accesso al Fondo: per ulteriori informazioni si rinvia al focus pubblicato sul sito del MEF. Il 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale dell'8 agosto 2019, è stato attivato il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al Fondo.

Il comma 501, in particolare, prevede che il Fondo operi entro i limiti della dotazione finanziaria e fino a concorrenza delle risorse. Al MEF è delegata la definizione delle modalità di presentazione della domanda di indennizzo, del piano di riparto semestrale delle risorse disponibili, nonché l'istituzione di una commissione tecnica per l’esame e l’ammissione delle domande all’indennizzo del Fondo, composta da 9 membri in possesso di idonei requisiti di competenza, onorabilità e probità. Per accelerare l'attività di liquidazione degli indennizzi a favore dei risparmiatori, l'articoli 1-quater del decreto legge n. 41 del 2021 ha previsto la possibilità di incrementare la consistenza numerica della commissione tecnica, mediante la nomina di nuovi componenti, fino a un massimo di 5 (che porterebbero il totale a 14 commissari).

Con riferimento alla domanda di indennizzo, corredata da idonea documentazione attestante i requisiti prescritti, si prevede che la stessa venga inviata al MEF entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione del decreto di attuazione delle disposizioni in esame. L'ultimo periodo del comma 501 stabilisce che la prestazione di collaborazione nella presentazione della domanda, e le attività conseguenti, non rientrano nell’ambito delle prestazioni forensi e non danno luogo a compenso.

Al medesimo decreto attuativo è delegato di istituire e disciplinare la Commissione tecnica, con le seguenti attribuzioni:

§  esaminare e ammettere le domande all’indennizzo del FIR;

§  verificare le violazioni massive, cioè quelle condotte violative che le banche (e loro controllate) aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, hanno posto in modo talmente consistente da far presumere che un singolo investitore ne sia stato oggetto,

§  verificare la sussistenza del nesso di causalità tra le citate violazioni massive e il danno subito dai risparmiatori;

§  erogare l’indennizzo da parte del FIR.

Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi in presenza dei quali l’indennizzo può essere direttamente erogato.

Il decreto deve inoltre indicare:

§  i tempi delle procedure di definizione delle istanze;

§  le fattispecie di violazioni massive (in modo non tassativo);

§  le modalità di presentazione dell’istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario di cui al comma 502-bis (vedi infra).

Con successivo atto del MEF è prevista la nomina dei componenti della Commissione tecnica e la determinazione degli emolumenti da attribuire ai medesimi, nel limite massimo di 1,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, a cui si fa fronte mediante la corrispondente riduzione della dotazione del FIR.

In attuazione di tali disposizioni è stato adottato il D.M. 10 maggio 2019, recante modalità di accesso alle prestazioni del FIR e sono stati nominati i membri della Commissione tecnica e stabiliti i relativi compensi con D.M. 4 luglio 2019. Il successivo 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. 8 agosto 2019, che ha disciplinato la presentazione delle istanze di indennizzo, è stato attivato il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al Fondo. Il termine per la presentazione delle domande di indennizzo è stato posticipato dapprima dal 18 febbraio 2020 al 18 aprile 2020 (dalla legge di bilancio 2020) e successivamente sino al 18 giugno 2020 dal comma 2 dell'articolo 50 del decreto legge n. 18 del 2020.

Per agevolare l'attività istruttoria della Commissione tecnica, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 236 che ha introdotto inserito nella legge di bilancio 2019 il comma 501.1) ha previsto che, su richiesta dei risparmiatori, la stessa Commissione debba acquisire le eventuali decisioni, giudiziali ed extragiudiziali, utili all'esame delle domande.

In precedenza, il comma 501-bis, inserito dall'articolo 36, comma 2 del decreto Crescita, ha stabilito che le attività di supporto per l’espletamento delle funzioni della Commissione tecnica sono affidate dal MEF, nel rispetto dei principi europei e nazionali conferenti, a società a capitale interamente pubblico, su cui l'amministrazione dello Stato esercita un controllo analogo a quello esercitato su propri servizi e che svolge la propria attività quasi esclusivamente nei confronti della predetta amministrazione. Gli oneri e le spese relative alle predette attività sono a carico delle risorse finanziarie del FIR nel limite massimo di 12,5 milioni di euro. Ad integrazione di tali disposizioni, con le modifiche approvate in sede di conversione del decreto n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto "Rilancio") è stato specificato che la Commissione tecnica, attraverso la suddetta società di supporto, può effettuare, anche successivamente all'erogazione degli indennizzi, i riscontri necessari a verificare la sussistenza del requisito relativo alla consistenza del patrimonio mobiliare (il cui valore deve risultare inferiore a 100.000 euro), dichiarato dal risparmiatore nella domanda di accesso alla procedura di indennizzo forfettario (vedi infra). A tal fine, la Commissione può avvalersi delle informazioni risultanti dalle banche dati detenute dall’Agenzia delle entrate, comprese le informazioni sui rapporti bancari e finanziari, nonché sulle operazioni di natura finanziaria effettuate al di fuori di rapporti continuativi, rilevate e comunicate all'anagrafe tributaria dagli intermediari bancari e finanziari ai sensi del D.P.R. n. 605 del 1973 e del decreto legge n. 201 del 2011. È stato, inoltre, chiarito che l’attività posta in essere dall’Agenzia delle entrate è svolta nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. L'individuazione delle tipologie di informazioni riscontrabili, le modalità di effettuazione dei controlli e le misure di sicurezza adeguate ai rischi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, è stata demandata a un provvedimento adottato dal MEF su proposta della Commissione tecnica e sentito il Garante per la protezione dei dati personali (D.M. 2 marzo 2021).

Oltre alla procedura standard disciplinato ai sensi del comma 501 della legge di bilancio 2019, che prevede l'esame e l'ammissione delle domande di indennizzo da parte della Commissione tecnica sulla base di una valutazione delle condotte violative (anche presuntiva, alla luce delle violazioni massive) messe in atto banche poste in liquidazione, il comma 502-bis della legge di bilancio 2019, inserito dall'articolo 36, comma 2, del decreto Crescita, istituisce una procedura di indennizzo forfettario degli importi determinati ai sensi dei commi 496 e 497. A tal fine, le lettere g) e h) definiscono una categoria speciale di beneficiari del FIR, identificati sulla base della consistenza del patrimonio mobiliare e del reddito dichiarato, che sono soddisfatti con priorità a valere sulla dotazione del FIR (comma 502).


 

Articolo 35-bis
(Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione di lavoro dell'AIFA)

 

L’articolo 35-bis - inserito dalla Camera dei deputati - reca una norma transitoria in materia di rapporti di lavoro dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Si consente che l'AIFA rinnovi fino al 31 dicembre 2022 i contratti di collaborazione coordinata e continuativa aventi scadenza entro il 31 luglio 2022 e che la medesima Agenzia proroghi o rinnovi i contratti di somministrazione di lavoro (per l'utilizzo a tempo determinato di lavoratori) aventi scadenza entro la medesima data del 31 luglio 2022; restano fermi gli effetti delle proroghe già eventualmente intervenute per le medesime finalità.

 

Per le possibilità di rinnovo o proroga di cui al presente articolo viene autorizzata una spesa pari a 760.720 euro per il 2022.

La disposizione transitoria in esame si connette ad un precedente intervento normativo, di cui all'articolo 1, comma 431, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni, che ha consentito la proroga o il rinnovo, fino al completamento delle procedure concorsuali ivi richiamate e comunque non oltre il 30 giugno 2022: nel limite di 30 unità, di contratti di collaborazione coordinata e continuativa già aventi scadenza entro il 31 dicembre 2021; nel limite di 39 unità, di contratti di somministrazione di lavoro già aventi scadenza entro il 31 dicembre 2021.

Si ricorda che, in base al comma 432 dello stesso articolo 1 della L. n. 178 del 2020, e successive modificazioni, dal 1° luglio 2022 vige per l'AIFA un divieto generale di stipulazione di contratti di lavoro a termine, di lavoro flessibile o di lavoro autonomo (divieto rispetto al quale il presente articolo 35-bis pone dunque una deroga transitoria).

Alla copertura finanziaria del suddetto stanziamento di 760.720 euro per il 2022 si provvede mediante riduzione, in misura corrispondente, per il 2022, dell'accantonamento relativo al Ministero della salute del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).

 

 


Articolo 36, comma 1
(Disposizioni in materia di indennità una tantum
per i lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 36, comma 1 prevede, per i dipendenti delle amministrazioni centrali e delle altre amministrazioni che si servono del sistema di pagamento delle retribuzioni del Ministero dell’economia e delle finanze NoiPA, che l’individuazione dei beneficiari dell’indennità una tantum di 200 euro prevista dal D.L. n. 50/2022 avvenga mediante apposite comunicazioni tra il medesimo Ministero e l’INPS; pertanto, i lavoratori interessati sono esentati dall’obbligo di rendere, ai fini del riconoscimento dell’indennità, una dichiarazione in merito alle prestazioni sociali percepite.

 

Si ricorda che l’articolo 31 del D.L. n. 50/2022 ha previsto la corresponsione nel mese di luglio 2022 di un’indennità di 200 euro ai lavoratori dipendenti con una retribuzione lorda non superiore a 2.692 euro, parametrata su base mensile per tredici mensilità[35]. Il riconoscimento dell’indennità, ai sensi del citato articolo 31 del D.L. n. 50/2022, è subordinato alla presentazione da parte del lavoratore di una dichiarazione in cui affermi di non essere titolare di trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, di trattamenti di accompagnamento alla pensione o di percepire il reddito di cittadinanza.

Tale dichiarazione è volta ad evitare la doppia erogazione dell’indennità una tantum, dato che l’articolo 32 del D.L. n. 50/2022 prevede in tali casi la corresponsione della stessa da parte dell’INPS.

 

L’articolo 36, comma 1 del decreto in esame prevede che non siano tenuti a rendere tale dichiarazione i dipendenti delle amministrazioni centrali o delle altre amministrazioni i cui servizi di pagamento siano gestiti dal sistema informatico del Ministero dell’economia e delle finanze NoiPA di cui all’articolo 11, comma 9 del D.L. n. 98/2011.

Detta norma ha previsto, al fine di razionalizzare i servizi di pagamento delle retribuzioni, l’obbligo per le amministrazioni centrali (ad eccezione delle Forze Armate) e la facoltà per le altre amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 165/2001, previa stipulazione di una convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze, di utilizzare i servizi connessi al pagamento offerti dal medesimo Ministero. Secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, i dipendenti pubblici censiti attualmente dal sistema NoiPA ammontano a circa 1,3 milioni.

 

L’individuazione dei dipendenti di tali amministrazioni pubbliche beneficiari dell’indennità di 200 euro avverrà, precisa l’articolo 36, comma 1, tramite apposite comunicazioni tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nel rispetto della normativa, europea e nazionale, in materia di protezione dei dati personali.

 

A seguito dell’entrata in vigore della disposizione in esame, sul portale NoiPA è stata data comunicazione che l’indennità una tantum di 200 euro sarà liquidata ai lavoratori le cui retribuzioni sono gestite da Sistema NoiPA entro il mese di luglio con cedolino separato, senza necessità di alcun adempimento da parte del beneficiario. Infine, si segnala che l’INPS, con Circolare n. 73 del 24 giugno 2022 ha indicato le modalità applicative, anche alla luce della disposizione in commento, degli articoli 31 e 32 del D.L. n. 50/2022 che prevedono la corresponsione dell’indennità una tantum ai lavoratori dipendenti e ad altre categorie di soggetti.

 


 

Articolo 36, comma 1-bis
(Indennità sostitutiva della retribuzione di risultato per i dirigenti di seconda fascia assegnati ad alcuni uffici del Ministero della salute)

 

Il comma 1-bis - inserito dalla Camera dei deputati - dell'articolo 36 prevede un incremento, per gli anni 2022-2025, delle risorse finanziarie destinate all'indennità sostitutiva della retribuzione di risultato per i dirigenti di seconda fascia assegnati agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute e alla Struttura tecnica di supporto operante presso l'Organismo indipendente di valutazione della performance del medesimo Ministero (Oiv).

 

Il suddetto incremento è pari 50.180 euro per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024 e 2025. Alla copertura finanziaria dell'incremento si provvede mediante riduzione, nelle misure annue corrispondenti, dell'accantonamento relativo al Ministero della salute del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, e dell'articolo 11, comma 4, del regolamento di cui al D.P.R. 17 settembre 2013, n. 138[36], ai dirigenti di seconda fascia assegnati agli uffici suddetti sono corrisposte una retribuzione di posizione, in misura equivalente ai valori economici massimi attribuiti ai dirigenti della stessa fascia del Ministero della salute, nonché, in attesa di una specifica disposizione contrattuale, un'indennità sostitutiva della retribuzione di risultato, determinata con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del capo di Gabinetto (del Ministro della salute) o dell'Oiv, "di importo non superiore al cinquanta per cento della retribuzione di posizione, a fronte delle specifiche responsabilità connesse all'incarico attribuito, della specifica qualificazione professionale posseduta, della disponibilità a orari disagevoli e della qualità della prestazione individuale".

L'incremento in oggetto consente, dunque, per gli anni summenzionati, una rideterminazione delle indennità con decreto ministeriale (fermo restando il suddetto limite del cinquanta per cento).

Si ricorda che tali disposizioni non riguardano gli incarichi apicali degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute e, se svolti da soggetti estranei al Dicastero, altri specifici incarichi; per tali incarichi il trattamento economico è disciplinato dal comma 1 del citato articolo 9 del regolamento di cui al D.P.R. n. 138 del 2013.

 

 


Articolo 36, comma 2
(Proroga della ferma dei medici e degli infermieri militari)

 

 

L’articolo 36, comma 2, proroga al 31 dicembre 2022, con il consenso degli interessati e per il personale in servizio al 30 giugno 2022, la durata della ferma dei medici e degli infermieri militari arruolati in relazione all’emergenza COVID-19.

 

La norma è finalizzata, secondo la relazione illustrativa, a corrispondere alle persistenti esigenze di completamento della campagna vaccinale e a possibili aggravamenti del contesto epidemiologico nazionale nel breve periodo, avvalendosi di personale in possesso di specifica esperienza acquisita e maturata sul campo, così da non disperdere le risorse impiegate per la selezione, l’addestramento e l’equipaggiamento del personale già arruolato.

 

La relazione tecnica quantifica gli oneri derivanti dalla proroga sino al 31 dicembre 2022, basandosi sulla ferma eccezionale di n. 30 ufficiali medici, con il grado di tenente o grado corrispondente, e di n. 224 sottufficiali infermieri, con il grado di maresciallo o grado corrispondente, in servizio alla data del 30 giugno 2022.

Più nel dettaglio, il personale in servizio, cha ha aderito alla proroga sino 30 giugno 2022, è così ripartito:

- Esercito italiano: n. 16 ufficiali medici e n. 141 sottufficiali infermieri;

- Marina militare: n. 2 ufficiali medici e n. 31 sottufficiali infermieri;

- Aeronautica militare: n. 9 ufficiali medici e n. 52 sottufficiali infermieri;

- Arma dei carabinieri: n. 3 ufficiali medici.

Calcolando l’onere per i 6 mesi di proroga in base ai costi medi unitari basati sul trattamento economico spettante ai pari grado in servizio permanente riferiti all’anno 2022, per ciascun grado (61.943,12 euro annui per il grado di tenente e 46.755,23 euro annui per il grado di maresciallo), i costi complessivi risultano di euro 6.165.733 per l’anno 2022.

 

Nel biennio 2020/2021 le Forze Armate hanno indetto, nell'alveo della specifica normativa per il contrasto alla pandemia da COVID-19, procedure straordinarie per l'arruolamento a chiamata diretta di personale militare medico e infermieristico, con ferma eccezionale della durata di un anno, previo consenso degli interessati, fino al termine dello stato d'emergenza. Il personale reclutato con tali modalità non è fornito di rapporto d'impiego, prestando servizio attivo per la sola durata della ferma contratta.

Da ultimo, il D.L. n. 228 del 2021 (cd. Proroga termini), con i commi 8-novies e 8-decies dell’articolo 4, ha prorogato al 30 giugno 2022 la durata della ferma dei medici e degli infermieri militari arruolati in relazione all’emergenza COVID-19.

Più in particolare, il comma 8-novies è intervenuto sul comma 691 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il triennio 2022-2024 (legge n. 234/2021), che a sua volta aveva prorogato al 31 marzo 2022, con il consenso degli interessati, la durata della ferma dei medici e degli infermieri militari in servizio al 31 dicembre 2021 di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), all’articolo 22, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021 (cd. Decreto Sostegni) e all’articolo 19-undecies, comma 1, del decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. decreto Ristori).

 

Si ricorda che:

§  il richiamato comma 1 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020 ha autorizzato l’Esercito di arruolare in via straordinaria e per un anno (dal 15 aprile 2020 al 15 aprile 2021, come specificato nella relativa relazione tecnica), 120 medici e 200 infermieri militari, da inquadrare, rispettivamente, con il grado di tenente (gli ufficiali medici) e di maresciallo (i sottufficiali infermieri);

§  a sua volta il comma 1 dell’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 34/2020 ha autorizzato per l’anno 2020 l’arruolamento eccezionale, a domanda, di personale della Marina militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri in servizio temporaneo, con una ferma eccezionale della durata di un anno, nelle seguenti misure per ciascuna categoria e Forza armata:

a)           70 ufficiali medici con il grado di tenente o grado corrispondente, di cui 30 della Marina militare, 30 dell’Aeronautica militare e 10 dell’Arma dei carabinieri;

b)          100 sottufficiali infermieri con il grado di maresciallo, di cui 50 della Marina militare e 50 dell’Aeronautica militare.

L’articolo 22, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021 (cd. Decreto Sostegni) ha prorogato fino al 31 dicembre 2021 la durata della ferma dei 190 medici e dei 300 infermieri militari di cui sopra.

Il richiamato articolo 19-undecies, comma 1, del decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. decreto Ristori) ha previsto l’arruolamento di:

a) 30 ufficiali medici con il grado di tenente o grado corrispondente, di cui 14 dell'Esercito italiano, 8 della Marina militate e 8 dell'Aeronautica militare;

b) 70 sottufficiali infermieri con il grado di maresciallo, di cui 30 dell'Esercito italiano, 20 della Marina militare e 20 dell'Aeronautica militare.

La norma precisa che la ferma ha la durata di un anno, non prorogabile.

 

Per approfondimenti sulle misure in materia di sanità militare adottate durante l’emergenza Covid-19 si rinvia al Tema dell’attività parlamentare “Le misure concernenti la sanità militare adottate durante l'emergenza COVID-19”.

 

 


Articolo 36, comma 3
(Proroga degli incarichi a tempo determinato di funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica)

 

 

L’articolo 36, comma 3, proroga al 31 dicembre 2022, per il personale in servizio alla data del 30 giugno 2022 e con il consenso degli interessati, la durata degli incarichi individuali a tempo determinato relativi a 10 funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica, conferiti ai sensi decreto-legge n. 221 del 2021.

 

L’articolo 13, comma 3, del DL n. 221 del 2021 (cd. “decreto COVID dicembre”) ha autorizzato il Ministero della Difesa a conferire incarichi a tempo determinato a ulteriori 10 biologi per sei mesi, all’interno della selezione effettuata ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020 (si veda il box di approfondimento).

In particolare, l’esigenza di disporre di altre 10 unità di biologi per sei mesi derivava dall’incremento delle prestazioni di analisi e di refertazione in ambito scolastico poste a carico del Dipartimento scientifico del Policlinico militare del Celio, già fortemente impegnato nell’ambito degli interventi relativi all’emergenza Covid.

 

Secondo la relazione illustrativa, la proroga è indispensabile per far fronte alle rimodulate esigenze imposte dal perdurare della pandemia e dalla ancora riscontrabile circolazione del virus, soprattutto nell’ottica della riapertura delle scuole nel prossimo mese di settembre. In questo contesto restano confermate le esigenze di continuare ad effettuare e processare una gran quantità di tamponi molecolari, di rafforzare e proseguire la campagna vaccinale e di mantenere le attività di studio per le cure basate sui c.d. anticorpi monoclonali di seconda generazione e sull’applicazione dei c.d. neutralizzanti.

La relazione richiama inoltre l’impegno del Dipartimento scientifico del Policlinico militare del Celio e dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia definite dall’articolo 2 del decreto-legge  n. 24 del 2022, in ordine al mantenimento dei livelli in atto della diagnostica molecolare e all’implementazione delle attività connesse alla genomica virale, al sequenziamento delle varianti e al sostegno della rete militare di diagnostica e sorveglianza per le malattie diffusive emergenti e riemergenti (DIMOS MILNET), che assicura la propria attività in quasi tutto il territorio nazionale.

 

La relazione tecnica quantifica in euro 132.951,18 euro gli oneri derivanti dalla proroga, fino al 31 dicembre 2022, della durata degli incarichi conferiti per sei mesi dal Ministero della difesa ai dieci funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica sulla base del decreto-legge n. 221del 2021, in servizio alla data del 30 giugno 2022.

Più in dettaglio, viene considerato il costo medio unitario annuo e le differenti date di ingresso in servizio del personale:

- 5 unità di personale per 5 mesi (dal 31 luglio 2022 al 31 dicembre 2022, poiché assunte per sei mesi il 31 gennaio 2022);

- 3 unità di personale per 3 mesi (dal 30 settembre 2022 al 31 dicembre 2022 poiché assunte per sei mesi il 30 marzo 2022)

- 2 unità di personale per 1 mese (dal 30 novembre 2022 al 31 dicembre 2022 poiché assunte per sei mesi il 30 maggio 2022).

 

Nell’ambito dell’emergenza Covid-19, l’articolo 8 del decreto-legge n. 18/2020 ha consentito al Ministero della Difesa, verificata l’impossibilità di utilizzare personale già in servizio, di conferire, previo avviso pubblico, incarichi a tempo determinato di durata annuale, non rinnovabili, ad un massimo di sei unità di personale di livello non dirigenziale, appartenenti all’Area terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario tecnico per la biologia, la chimica e la fisica. Con l’articolo 1-bis, comma 1, lett. b), del D.L. n. 30/2020, il numero di unità è stato incrementato a 15. La norma precisa che gli incarichi sono conferiti previa selezione per titoli e colloquio mediante procedure comparative e hanno la durata di un anno e non sono rinnovabili.

Successivamente, l’articolo 22, comma 3, del D.L. n. 41 del 2021 (cd. Decreto Sostegni) ha prorogato di dodici mesi gli incarichi individuali a tempo determinato conferiti dal Ministero della difesa ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge n. 18/2020 alle quindici unità di personale di livello non dirigenziale appartenente all'Area terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario tecnico per la biologia, la chimica e la fisica. Si ricorda che i quindici incarichi per i quali il D.L. n. 41/2021 ha previsto la proroga di 12 mesi hanno avuto inizio per 6 unità di personale il 1° luglio 2020 e per 9 unità di personale il successivo 1° settembre 2020 (in quanto, come si è detto, con l’articolo 1-bis, comma 1, lett. b), del D.L. n. 30/2020, il numero di unità è stato incrementato da 6 a 15). Infine, il comma 692 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2022 ha prorogato al 31 dicembre 2022, la durata degli incarichi individuali a tempo determinato di livello non dirigenziale appartenente all'Area terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario tecnico per la biologia, la chimica e la fisica, conferiti dal Ministero della difesa ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge n. 18/2020 e dell’articolo 22, comma 3, del decreto-legge n. 41 del 2021.

L’articolo 13, comma 3, del DL n. 221 del 2021 (cd. “decreto COVID dicembre”) ha autorizzato il Ministero della Difesa a conferire incarichi a tempo determinato a ulteriori 10 biologi per sei mesi, all’interno della selezione effettuata ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, i cui incarichi sono prorogati dal D.L. 73/2022 in esame.

Si segnala infine che l’articolo 20, commi 2-5 del DL 4 del 2022 (decreto “sostegni-ter”) ai commi 2-3 autorizza il Ministero della Difesa ad assumere ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fino a un massimo di quindici funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica, tra il personale che ha superato le procedure concorsuali semplificate indette in relazione all’emergenza Covid-19.

 

Per approfondimenti sulle misure in materia di sanità militare adottate durante l’emergenza Covid-19 si rinvia al Tema dell’attività parlamentare “Le misure concernenti la sanità militare adottate durante l'emergenza COVID-19”.


Articolo 36, comma 4
(Copertura della proroga della durata della ferma dei medici e degli infermieri militari e degli incarichi a tempo determinato di funzionari tecnici per la biologia, la chimica e la fisica)

 

 

L’articolo 36, comma 4, autorizza la copertura della spesa prevista per l’attuazione dei precedenti commi 2 e 3 per un importo pari a 6.298.685 euro per l’anno 2022 mediante l’utilizzo corrispondente delle risorse trasferite alla contabilità speciale, assegnata al direttore dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia. Le risorse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.

 

Più in dettaglio, il comma 4 autorizza la spesa di 6.298.685 euro per l’anno 2022 a copertura dei commi 2 e 3 dell’articolo 36, attingendo dalle risorse complessive di cui all’articolo 1, comma 467, quarto periodo, della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) già previste per l'anno 2021 per un totale complessivo di 544.284.100 euro, dirette per le seguenti quote-parti:

a)   per un ammontare di 518.842.000 euro ai fini della stipulazione (da parte di agenzie) dei contratti di lavoro a tempo determinato con medici, infermieri e assistenti sanitari; 

b)   per la restante parte di 25.442.100 euro[37] ai fini del servizio reso dalle agenzie di somministrazione di lavoro per la selezione dei professionisti sanitari che partecipano, in base al punto precedente, alla manifestazione di interesse verso tali contratti.

Gli importi risultano trasferiti alla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19

Si ricorda che il trasferimento delle risorse alla contabilità speciale è previsto dall’articolo 122, comma 9, del DL. n. 18/2020 (L. n. 27/2020)[38], che autorizza altresì il commissario all’apertura di un apposito conto corrente bancario per consentire la rapida regolazione delle transazioni che richiedono il pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia[39].

A far data dal 31 marzo 2022, termine dello stato di emergenza per la pandemia da Covid-19, è intervenuto il DL. 24/2022[40] (L. n. 52/2022, cd. decreto fine marzo 2022) per consentire di continuare a disporre di una struttura con adeguate capacità di risposta a possibili aggravamenti del contesto epidemiologico nazionale, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Pertanto, dal 1° aprile 2022, è stata prevista la temporanea istituzione di una Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia, che si prevede opererà fino a tutto il 2022.

Di conseguenza, i poteri attribuiti al predetto Commissario straordinario ex art. 122 del citato DL. 18, tra cui la titolarità della contabilità speciale per l’utilizzo delle risorse già stanziate, sono stati assegnati al direttore dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia[41], ai sensi dell’articolo 2, comma 1, sesto periodo, del DL. n. 24/2022[42].

 

La norma infine dispone che tali risorse vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.

 

Per l’emergenza sono state stanziate le seguenti risorse, inizialmente a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018:

·      delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale è stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento in rassegna, si provvede nel limite di euro 5.000.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.

·      delibera del Consiglio dei ministri del 5 marzo 2020: con la quale lo stanziamento di risorse di cui alla precedente delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, è integrato di euro 100.000.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44, comma 1, del richiamato decreto legislativo n. 1 del 2018 per il completamento delle attività di cui alla lettera a) del comma 2 dell'art. 25 del citato decreto legislativo (all'organizzazione ed all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall'evento),

·      l'art. 18, comma 3, del decreto-legge n. 18 del 2020 con il quale, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, per l'anno 2020 il fondo di cui all'art. 44, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, è stato incrementato di 1.650 milioni di euro per il 2020.

 

Contestualmente, l’art. 122 del D.L. n. 18/2020 ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19. Il Commissario, per le finalità dell’art. 122, comma 1, provvede nel limite delle risorse assegnate allo scopo con Delibera del Consiglio dei Ministri a valere sul Fondo emergenze nazionali di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1; le risorse sono versate su apposita contabilità speciale intestata al Commissario (comma 9).

Si ricorda che gli ambiti di operatività definiti dall’articolo 122, comma 1, relativi alle finalità di intervento sono i seguenti:

-            organizzare, acquisire e produrre ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti: il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto;

-            provvedere (raccordandosi con le regioni e le aziende sanitarie) al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere (anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali), con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva;

-            disporre la requisizione e circa la gestione di beni mobili, mobili registrati e immobili (anche tramite il Capo del Dipartimento per la protezione civile o se necessario ai prefetti territorialmente competenti);

-            adottare ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell’emergenza;

-            provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti - o alla riconversione di quelli esistenti tramite il commissariamento di rami d'azienda - per la produzione dei beni necessari per il contenimento, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all’emergenza, organizzandone la raccolta e controllandone l’impiego.

In attuazione di quanto disposto dall’art. 122, comma 9, del D.L. n. 18/2021, sono state adottate due delibere dal Consiglio dei Ministri:

-            la Deliberazione 6 aprile 2020, che dispone uno stanziamento di euro 450.000.000 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44, comma 1 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, in favore del commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020;

-            la Deliberazione 20 aprile 2020 che dispone un ulteriore stanziamento di euro 900.000.000 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, in favore del commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020.

 

Le risorse sono state versate sulla contabilità speciale di cui all'art. 122, comma 9 del D.L. n. 18 del 2020, intestata al suddetto commissario straordinario.

 

Per l’anno 2021, i commi 1-3 dell’articolo 34 del D.L. n. 73/2021 (cd. Sostegni-bis) autorizzano la spesa di 1.650 milioni di euro per gli interventi di competenza del Commissario straordinario per l’emergenza COVID-19, da trasferire sull'apposita contabilità speciale ad esso intestata, condizionata alla sua previa richiesta motivata.

Per una migliore allocazione delle risorse confluite a legislazione vigente sulla sopraindicata contabilità speciale ed in relazione alle necessità di spesa connesse all’emergenza pandemica, su richiesta del medesimo Commissario straordinario, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, e con il concerto del MEF e del Ministro della Salute, è prevista la possibilità di una rimodulazione delle risorse autorizzate, in base alle finalità già stabilite dal sopracitato articolo 122 del D.L. 18/2020 (comma 2).

La rimodulazione delle risorse è prevista per garantire, anche in deroga alla normativa vigente, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea i provvedimenti necessari per fronteggiare ogni situazione eccezionale.

Per la parte di dettaglio relativa agli interventi di sanità militare coperti a valere sulle risorse assegnate al Commissario straordinario e alle nuove disposizioni previste ai commi 2 e 3, si fa rinvio alle schede di lettura precedenti.


 


Articolo 36, comma 4-bis
(Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)

 

 

Il comma 4-bis - inserito dalla Camera dei deputati - dell'articolo 36 proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 la normativa transitoria[43] che consente il conferimento - da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza.

 

La durata degli incarichi non può superare il termine ora oggetto di proroga. Resta fermo che il conferimento degli incarichi in esame è subordinato alla verifica dell’impossibilità di assumere personale (la sussistenza di tale impossibilità deve essere verificata anche rispetto all’ipotesi di ricorso agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore).

Si ricorda che la precedente disposizione di proroga in materia[44] - dal 31 marzo 2022 al 31 dicembre 2022 - esplicita, mediante una specifica novella[45], che per le fattispecie in oggetto è consentito, per l'intero periodo come prorogato, il cumulo tra remunerazione dell'incarico e trattamento pensionistico; tale possibilità è in ogni caso prevista anche dalla norma richiamata dal presente comma 4-bis[46].

Si ricorda che la suddetta precedente disposizione di proroga fa riferimento al rispetto delle risorse disponibili a legislazione vigente e dei limiti vigenti di spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario regionale[47]. Si valuti l'opportunità di chiarire se tali riferimenti restino validi anche per la nuova proroga in esame.

Si ricorda inoltre che la normativa transitoria in oggetto[48] prevede che, in base ad uno schema-tipo - predisposto dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze -, le regioni e le province autonome trasmettano mensilmente gli esiti del monitoraggio degli incarichi in oggetto ai suddetti Ministeri.

 

 


Articolo 36-bis
(Limiti massimi di assistiti per i medici di medicina generale)

 

L’articolo 36-bis - inserito dalla Camera dei deputati - consente in via transitoria l'elevamento, da parte delle singole regioni o province autonome, del numero massimo di assistiti in carico presso i medici di medicina generale aventi anche - nell'ambito del ruolo unico dell'assistenza primaria - un incarico ad attività oraria di 24 ore settimanali.

 

La norma transitoria consente, in ragione della situazione di temporanea emergenza relativa alla disponibilità di medici di medicina generale, che le regioni e le province autonome nei cui territori vi siano ambiti scoperti dispongano, fino al 31 dicembre 2023, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, l'elevamento fino a 850 assistiti del limite di 650 assistiti, attualmente previsto - da parte del vigente accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale[49] - al fine della compatibilità con un altro incarico - nell'ambito del medesimo ruolo unico dell'assistenza primaria -, avente natura di attività oraria e una durata pari a 24 ore settimanali.

Si ricorda che il suddetto accordo vigente consente altresì un incarico ad attività oraria di 12 ore settimanali per i medici di medicina generale aventi un numero di assistiti compreso tra 651 e 1.120.

Il medesimo accordo prevede che il medico del ruolo unico di assistenza primaria con attività di 24 ore settimanali che svolga concomitante attività di medico di medicina generale per un numero di assistiti non superiore a 650 possa svolgere attività libero-professionale strutturata fino ad un massimo di 8 ore settimanali[50]. Si valuti l'opportunità di chiarire se l'eventuale elevamento transitorio del numero di assistiti rilevi anche a quest'ultimo fine.

 


Articolo 37
(Termini del programma delle amministrazioni straordinarie)

 

 

L’articolo 37 elimina una lacuna della disciplina sull’amministrazione straordinaria, regolando le modalità di proroga del termine per la conclusione dei programmi previsti per evitare l’insolvenza o il fallimento delle imprese. La disposizione in commento richiede - ai fini della proroga del termine di esecuzione dei programmi - la espressa richiesta dell'organo commissariale. La proroga viene configurata come ipotesi eccezionale, per cui viene fissato un termine finale.

 

L'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è stato introdotto dal decreto-legge n. 26 del 1979, convertito dalla legge n. 95/1979 (cosiddetta legge Prodi), accanto alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata e concordato), per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico. Scopo della procedura era quello di evitare le soluzioni liquidatorie che non tenessero conto dei rilevanti interessi, privati e pubblici, alla conservazione e al risanamento dell'impresa, contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali la cui funzione essenziale era invece quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito. Infatti, l'amministrazione straordinaria introdotta dalla legge Prodi prevedeva l'intervento di uno o più commissari, sotto la vigilanza dell'allora Ministero dell'industria (ora Ministro dello sviluppo economico) escludendo il fallimento dell'impresa. Nata come strumento temporaneo ed eccezionale, volto a consentire la verifica delle situazioni aziendali più rilevanti e l'individuazione sulla base di criteri socio-economici, delle attività risanabili e di quelle da liquidare, la legge nel corso degli anni è stata oggetto di varie censure da parte degli organi comunitari, i quali in diverse occasioni ne hanno rilevato l'incompatibilità con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

Le censure sono state superate nel 1999 con il decreto legislativo n. 270 del 1999 (c.d. legge Prodi-bis), finalizzato a consentire una drastica riduzione della durata della procedura, ad orientare la procedura stessa alla celere individuazione di un nuovo assetto imprenditoriale ed a potenziare gli strumenti di tutela dei creditori.

 Il decreto legislativo n. 270/1999 definisce l'amministrazione straordinaria delle imprese in stato d'insolvenza come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, diretta alla conservazione del patrimonio produttivo, tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell'attività imprenditoriale (art. 1).

L'ambito dei soggetti ammessi alla procedura viene circoscritto alle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento e in possesso dei seguenti requisiti: un numero di lavoratori subordinati non inferiore alle 200 unità (inclusi quelli che eventualmente fruiscono del trattamento di integrazione guadagni); debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio (art. 2).

 Si ricorda che in  base alla legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) sono soggette a fallimento le imprese private che esercitano un'attività commerciale, sia che si tratti di aziende di tipo individuale o di società; sono escluse dalla procedura le imprese pubbliche, le imprese non commerciali e le imprese agricole. Sono esclusi anche i piccoli imprenditori (coltivatori diretti, artigiani, chi esercita un'attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro o quello dei propri familiari).

A seguito della riforma della disciplina dell'insolvenza, introdotta dal decreto legislativo n. 14 del 2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155) i vigenti termini «fallimento», «procedura fallimentare», «fallito» nonché le espressioni derivate dagli stessi termini devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni «liquidazione giudiziale», «procedura di liquidazione giudiziale» e «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale».

Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019, è entrato in vigore il 16 maggio 2022, in base a quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118,  ad eccezione del Titolo II, concernente le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, per il quale l'entrata in vigore è posticipata al 31 dicembre 2023.

Ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo n. 270/1999 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), l'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Infine, l’articolo 27 dello stesso d.lgs. 270 prevede, al co. 1, che le imprese dichiarate insolventi sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali.

Il comma 2 prescrive che tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa:

a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali");

b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione");

b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi di beni e contratti").

 

L'articolo 51 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (l. n. 77 del 2020) aveva prorogato di sei mesi i termini di esecuzione dei programmi aventi scadenza successiva al 23 febbraio 2020 e già autorizzati dal MISE, con riferimento ad alcune società ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, anche se i programmi fossero già stati oggetto di precedenti proroghe.

La norma riguardava in particolare le imprese soggette alle disposizioni sul fallimento (ora liquidazione giudiziale) in stato di insolvenza che si erano avvalse della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria ovvero del programma di cessione dei complessi aziendali, aventi, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti: lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno; debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.

 

Si ricorda, inoltre, riguardo alla possibilità di proroga del termine di esecuzione del programma di risanamento o di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, che, ai sensi ai sensi dell’articolo 4, commi 4-ter e 4-septies del medesimo D.L. n. 347 del 2003, nel caso in cui al termine di scadenza il programma risulti eseguito solo in parte, in ragione della particolare complessità delle operazioni attinenti alla ristrutturazione o alla cessione a terzi dei complessi aziendali e delle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali, il Ministro dello sviluppo economico, su istanza del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può disporre la proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di dodici mesi (co. 4-ter).

Per le procedure il cui programma risulti già prorogato ai sensi del comma 4-ter e che, in ragione della loro particolare complessità, non possano essere definite entro il termine indicato al suddetto comma, il Ministro dello sviluppo economico può disporre con le medesime modalità un'ulteriore proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di 12 mesi, o per un massimo di 24 mesi nel caso in cui, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora realizzata, in tutto o in parte, e risulti, sulla base di una specifica relazione del commissario straordinario, l'utile prosecuzione dell'esercizio d'impresa (co. 4-septies).

 

Con la disposizione in commento gli organi commissariali possono – con atto motivato - richiedere una ulteriore proroga,     comunque non oltre il termine del 30 novembre 2022.

 

 


Articolo 37-bis
(
Modifiche al regime di segnalazione dei creditori pubblici qualificati)

 

 

L’articolo 37-bis introdotto alla Camera dei deputati modifica le disposizioni concernenti la segnalazione, da parte dell’Agenzia delle entrate dei debiti IVA ai fini dell’emersione anticipata della crisi d’impresa, i termini entro i quali le segnalazioni citate sono inviate dalla medesima Agenzia, nonché i termini a decorrere dai quali le disposizioni in questione sono applicabili.

 

In particolare sono introdotte alcune modifiche all’articolo 25-novies del decreto legislativo n. 14 del 2019, contenente il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, avente ad oggetto le segnalazioni di inadempimenti da parte di alcuni creditori pubblici qualificati.

Tale articolo prevede che l'INPS, l’INAIL, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle entrate-Riscossione segnalino all'imprenditore e, ove esistente, all'organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale, a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante raccomandata con avviso di ricevimento inviata all'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria l’esistenza di specifiche situazioni debitorie inserendo nella comunicazione l'invito alla presentazione dell'istanza di accesso alla composizione negoziata, se ne ricorrono i presupposti.

 

Si ricorda che il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 al capo III del Titolo II disciplina, tra l’altro, le segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi. Gli articoli 25-octies e 25-novies contengono disposizioni che attribuiscono a specifici soggetti (organo di controllo, creditori pubblici qualificati) il compito di effettuare alcune comunicazioni funzionali a favorire l’emersione precoce della crisi d’impresa. Tali comunicazioni sono funzionali anche ad avviare la procedura di accesso alla composizione negoziata.

 

In dettaglio, viene in primo luogo, novellata la lettera c) del comma 1, dell’articolo 25-novies prevedendo che l’Agenzia delle entrate debba inviare la segnalazione di un debito scaduto e non versato relativo all’imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge n.78 del 2010 di importo superiore a 5.000 euro e, comunque, non inferiore al 10 per cento dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta precedente. La comunicazione viene comunque inviata se il debito è superiore a 20.000 euro.

 

La disposizione vigente prevede invece che l’Agenzia delle entrate debba inviare la segnalazione dell’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all'imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 superiore all'importo di euro 5.000.

 

Pertanto la disposizione è volta a ridurre le ipotesi di invio delle comunicazioni citate ai soli casi nei quali il debito (che comunque deve essere superiore a 5.000 euro) rappresenti almeno il 10 per cento dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta precedente o comunque sia superiore a 20.000.

 

In secondo luogo viene novellata la lettera a) del comma 2 dell’articolo 25-novies prevedendo che le segnalazioni sopra descritte siano inviate dall’Agenzia delle entrate, contestualmente alla comunicazione di irregolarità di cui all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e, comunque non oltre 150 giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

 

La disciplina vigente prevede che le segnalazioni sopra citate siano inviate entro sessanta giorni dal termine di presentazione delle comunicazioni di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010.

 

Si ricorda che l’articolo 54-bis prevede che quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti dall'ufficio, emerge un'imposta o una maggiore imposta, l'esito della liquidazione è comunicato ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell'articolo 60 al contribuente, nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.

L’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 disciplina le comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, prevedendo che i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate, entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre, una comunicazione dei dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell'imposta.

 

Infine viene novellata la lettera b) del comma 4 dell’articolo 29-bis avente ad oggetto il termine a decorre dal quale trovano applicazione le disposizioni dell’articolo in questione. Esse sono applicabili, con riferimento all’Agenzia delle entrate, a decorrere dai debiti risultanti dalle comunicazioni di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, relative al secondo trimestre 2022.

 

La disciplina vigente prevede che l’applicazione delle disposizioni sopra indicate decorra dalle comunicazioni relative al primo trimestre 2022.


Articolo 38
(Sostegno per soggetti con disabilità nell'ambito dell'assegno unico e universale per i figli a carico e riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità)

 

Il comma 1 dell’articolo 38 reca alcune novelle alla disciplina dell'assegno unico e universale per i figli a carico, di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230; le novelle - che, ai sensi del successivo comma 2, hanno effetto retroattivo dal 1° marzo 2022[51] - sono intese all'inserimento - tra i nuclei familiari aventi diritto all'assegno - dei nuclei familiari orfanili, composti da almeno un orfano maggiorenne, con disabilità grave[52] e già titolare di un trattamento pensionistico in favore dei superstiti (lettera a) del comma 1) e nell'ampliamento, con riferimento ai figli a carico con disabilità e limitatamente all'anno 2022, dei benefici del suddetto istituto (lettere b) e c)). Il successivo comma 3 riduce, nella misura di 136,2 milioni di euro per il 2022, la dotazione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità, ai fini della copertura dell'onere finanziario derivante dalle novelle di cui alle lettere b) e c) del comma 1 (nonché dal suddetto effetto retroattivo di cui al comma 2).

 

In base alle novelle di cui al comma 1, le quali, come detto, ai sensi del comma 2, hanno effetto retroattivo dal 1° marzo 2022:

-         si inseriscono tra i nuclei familiari aventi diritto all'assegno in esame quelli orfanili, composti da almeno un orfano maggiorenne, con disabilità grave[53] e già titolare di un trattamento pensionistico in favore dei superstiti (lettera a)). La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[54] osserva che gli effetti dell'inserimento di tali nuclei orfanili sono stati già computati nelle quantificazioni degli oneri finanziari operate in sede di adozione della disciplina di cui al citato D.Lgs. n. 230 del 2021 e che in quest'ultimo, tuttavia, non è stato inserito il riferimento ai medesimi nuclei (per i quali, dal 1° marzo 2022, non è più riconosciuto il previgente istituto dell'assegno per il nucleo familiare[55]);

-         per il 2022, la misura di base[56] dell'assegno in esame per ciascun figlio maggiorenne a carico[57] e disabile viene equiparata a quella generale prevista per ciascun figlio minorenne a carico (lettera b), numero 1)). Tale misura è pari a 175 euro mensili qualora l'ISEE[58] del nucleo familiare sia pari o inferiore a 15.000 euro; per livelli di ISEE superiori, essa si riduce gradualmente[59] fino (per i casi di ISEE pari o superiore a 40.000 euro) ad un valore pari a 50 euro. A decorrere dal 2023, la misura di base per ciascun figlio maggiorenne a carico e disabile torna ad essere pari - come nella normativa già vigente - a 85 euro mensili in caso di ISEE pari o inferiore a 15.000 euro, con una riduzione graduale per livelli di ISEE superiori, fino (per i casi di ISEE pari o superiore a 40.000 euro) ad un valore pari a 25 euro (lettera b), numero 4)[60], che opera una novella di coordinamento);

-         per il medesimo anno 2022, la maggiorazione (dell'assegno in esame) prevista per ciascun figlio minorenne a carico e disabile viene estesa per i figli maggiorenni - a carico e disabili - di età inferiore a ventuno anni (lettera b), numero 2)). Si ricorda che tale maggiorazione è pari a 85, 95 o 105 euro mensili, a seconda che la disabilità sia media o grave o consista in una condizione di non autosufficienza (secondo le relative definizioni stabilite dalla disciplina sull'ISEE[61]); a decorrere dal 2023, torna ad essere applicabile la maggiorazione specifica, prevista dalla normativa già vigente, per ciascun figlio maggiorenne a carico, disabile e di età inferiore a ventuno anni, pari a 80 euro mensili (lettera b), numero 3), che opera una novella di coordinamento);

-         sempre con riferimento al 2022, si prevede un importo aggiuntivo (dell'assegno in esame) per i nuclei familiari con almeno un figlio a carico con disabilità e rientranti nell'ambito di applicazione della maggiorazione di cui all'articolo 5 del citato D.Lgs. n. 230 del 2021 (lettera c)). L'importo aggiuntivo in esame - cumulabile con la suddetta maggiorazione - è pari a 120 euro mensili. Riguardo all'ambito di applicazione - all'interno del quale è riconosciuto l'importo aggiuntivo di cui alla presente novella con riferimento ai casi di presenza di un figlio a carico con disabilità -, si ricorda che la maggiorazione di cui al citato articolo 5 del D.Lgs. n. 230[62] è riconosciuta qualora sussistano entrambe le seguenti condizioni: il valore dell’ISEE del nucleo familiare non sia superiore a 25.000 euro; sia stato effettivamente percepito[63], nel corso del 2021, l’assegno per il nucleo familiare, in presenza di figli minori. 

Si ricorda che, per i nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza, la misura dell'assegno unico e universale per i figli a carico è determinata secondo uno specifico criterio di calcolo[64].

Il comma 3, come accennato, riduce, nella misura di 136,2 milioni di euro per il 2022, la dotazione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità[65], ai fini della copertura dell'onere finanziario derivante dal comma 1, lettere b) e c) (ivi compreso l'effetto retroattivo, dal 1° marzo 2022, di cui al comma 2).

Si ricorda che tale Fondo è destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi intesi al riordino delle politiche di sostegno alla disabilità (interventi inerenti alla competenza dell'autorità politica delegata in materia di disabilità); la dotazione del fondo è pari a: 300 milioni di euro per il 2022, al lordo della riduzione di cui al presente comma 3; 350 milioni per ciascun anno del periodo 2023-2026; 300 milioni annui a decorrere dal 2027.

 

 


Articolo 38-bis
(Assegni per situazioni di famiglia a favore del personale a contratto degli uffici all'estero)

 

Il comma 1 dell’articolo 38-bis, novellando interamente l’articolo 157-bis del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, disciplina la materia degli assegni per situazioni di famiglia.

 

Nello specifico:

-         Il comma 1 del novellato articolo 157-bis prevede che al personale a contratto degli uffici all'estero, a decorrere dal 1° marzo 2022, venga riconosciuto, per il caso di coniuge a carico o per la parte di unione civile a carico (in assenza di separazione legale o di fatto), un assegno pari al 4% della retribuzione annua base prevista per un impiegato a contratto con mansioni esecutive di nuova assunzione nella medesima sede di servizio[66]. Tale assegno non può essere inferiore a 960 euro e superiore a 2.100 euro in ragione d'anno.

-         Il comma 2 per lo stesso personale, con analoga decorrenza, prevede un assegno pari all'8% della stessa retribuzione annua base, per ciascun figlio a carico. L'importo dell'assegno non può essere inferiore a 960 euro e superiore a 2.100 euro in ragione d'anno per ciascun figlio a carico. L'assegno spetta, nell'interesse del figlio, in parti uguali a chi esercita la responsabilità genitoriale.

-         Il comma 3 stabilisce le condizioni perché sia riconosciuto l’assegno per figlio a carico:

o   a) nuovi nati a decorrere dal settimo mese di gravidanza;

o   b) figli fino al compimento dei 18 anni di età;

o   c) figli di età compresa tra i 18 e i 21 anni non compiuti, per i quali ricorre una delle seguenti condizioni:

§  frequentano un corso di formazione scolastica o professionale ovvero un corso di laurea;

§  svolgono un tirocinio o un'attività lavorativa con una retribuzione annua inferiore all'importo di cui al comma 4;

§  sono registrati come disoccupati e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l'impiego del luogo di residenza;

§  svolgono il servizio civile universale in Italia.

o   d) i figli con disabilità, senza limiti di età.

-         Il comma 4 stabilisce che il coniuge, la parte di unione civile e i figli sono considerati a carico quando possiedono un reddito complessivo annuo inferiore a un sesto della detta retribuzione annua base.

-         Il comma 5 prevede che, in alternativa agli assegni di cui ai commi l e 2, per i familiari a carico alla data del 28 febbraio 2022, in relazione ai quali era in godimento l'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, il dipendente possa optare per un assegno ad personam non riassorbibile, di importo pari alla misura del predetto beneficio spettante alla medesima data.

-         Il comma 6 prevede che gli assegni di cui ai commi 1, 2 e 5 non siano cumulabili con gli aumenti per situazioni di famiglia di cui all'articolo 173 o con l'assegno unico e universale di cui al decreto legislativo 21 dicembre 2021, n. 230 o con l'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153.

-         Il comma 7 stabilisce che gli anzidetti assegni non concorrano alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

-         Il comma 8 fa salva l'applicazione della normativa locale, se più favorevole.

 

Il comma 2 dell’articolo 38-bis dispone che agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in euro 2,6 milioni per l'anno 2022 e euro 3,3 milioni annui a decorrere dall'anno 2023, si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

 


Articolo 39
(
Misure per favorire il benessere dei minorenni
e per il contrasto alla povertà educativa)

 

 

L’articolo 39, modificato alla Camera, dispone l’istituzione di un apposito Fondo a sostegno delle famiglie in particolare per l’offerta di opportunità educative volte al benessere dei figli, con una dotazione iniziale di 58 milioni di euro per il 2022.

 

Il Fondo di cui al comma 1, più in dettaglio, viene istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed è diretto al finanziamento delle iniziative dei comuni da attuare nel periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 2022, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, di promozione e di potenziamento delle seguenti attività:

·      attività rivolte a contrastare e favorire il recupero rispetto alle criticità emerse per l’impatto dello stress pandemico sul benessere psico-fisico e sui percorsi di sviluppo e crescita dei minori. Con un’aggiunta approvata alla Camera, si specifica che tale finalità è perseguita anche attraverso la promozione dell’attività sportiva;

·      attività finalizzate alla promozione, tra i bambini e le bambine, dello studio delle materie STEM (Science, Technology, Engineering & Mathematics, vale a dire materie di carattere scientifico e tecnologico), da svolgere presso i centri estivi, i servizi socioeducativi territoriali e i centri con funzione educativa e ricreativa per i minori.

 

La misura ripropone, come per gli anni 2020 e 2021, il finanziamento statale dei Comuni che svolgano, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, attività educative extra-scolastiche a favore di minori, per il periodo estivo e fino alla fine dell’anno, attraverso la promozione o il potenziamento di centri estivi, servizi socio-educativi territoriali e centri con funzione educativa.

 

La relazione illustrativa allegata al provvedimento evidenzia che nel 2021 si è avuto un alto tasso di adesione da parte dei Comuni, pari al 95% (n. 7.146 comuni beneficiari) con una potenziale popolazione beneficiaria 0-17 anni pari a 9.154.724.

Tra le ulteriori finalità della norma vi è quella di contrastare l’impatto dello stress pandemico sul benessere psico-fisico e sui percorsi di sviluppo e crescita dei minori, che hanno reso necessario un potenziamento delle attività educative, non formali e informali, a sostegno della socialità, nonché al fine di promuovere, tra i bambini e le bambine, lo studio delle materie STEM.

 

La norma prevede che i beneficiari siano inseriti in un elenco comprensivo di tutti i Comuni italiani ad eccezione di quelli che dichiarino di non voler accedere al finanziamento, predisposto dal Dipartimento per le politiche della famiglia e approvato con decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, contenente gli importi da destinare a ciascun Comune calcolati tenuto conto dei dati relativi alla popolazione minorenne sulla base dei dati ISTAT relativi all’ultimo censimento della popolazione residente. Il medesimo decreto prevede le modalità relative al monitoraggio dell’attuazione degli interventi, svolto dal Dipartimento per le politiche della famiglia.

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia, con il concerto del MEF e Interno, e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città, da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto[67], l’approvazione dell’elenco dei Comuni beneficiari.

Tale elenco comprende tutti i Comuni che non abbiano, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, manifestato espressamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia di non voler aderire all’iniziativa.

Il decreto dovrà stabilire anche gli importi spettanti ai singoli Comuni beneficiari sulla base dei dati ISTAT relativi alla popolazione minorenne di cui all’ultimo censimento della popolazione residente, individuando le modalità di monitoraggio dell’attuazione degli interventi finanziati e quelle di recupero delle somme attribuite in caso di mancata o inadeguata realizzazione.

Al comma 3 viene definita la clausola di copertura dell’onere complessivo di 58 milioni di euro cui si provvede:

·      quanto a 48 milioni di euro mediante riduzione, per l’anno 2022, del Fondo per le politiche della famiglia di cui all'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006[68] (L. n. 248/2006) per il rilancio economico e sociale, e contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica (v. box);

·      quanto a 2 milioni mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a valere sulle risorse trasferite nel 2022 al pertinente bilancio autonomo ai sensi del richiamato articolo 19, comma 1;

·      quanto a 8 milioni, con copertura derivante dalla riduzione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di cui al sopra richiamato D.L. 223/2006, art. 19, comma 3 (v. box).

 

Si ricorda che nel periodo emergenziale, l'art. 105 del decreto legge n. 34 del 2020[69] (c.d. Decreto rilancio) ha stanziato 150 milioni di euro, di cui 135 milioni destinati ai comuni per le iniziative dei centri estivi e 15 milioni destinati a progetti di contrasto della povertà educativa. Lo stesso decreto, all'art. 246, ha autorizzato contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Veneto nell'importo di 100 milioni per l'anno 2020, di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa, e di 20 milioni per l'anno 2021, con la finalità di rafforzare l'azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020[70].

Inoltre, l’articolo 15 del DL. 228/2021 (L. n. 15/2022, cd. proroga termini legislativi), per le finalità di contrasto della povertà educativa ha disposto la proroga al 31 dicembre 2022 - termine precedentemente fissato al 31 dicembre 2021 -, della facoltà, prevista all’articolo 105, co. 1, lett. b) del DL 34/2020 (cd. Rilancio L. n. 77/2020) di utilizzare le risorse per la parte residua non attivata e non utilizzata, iscritte al capitolo del bilancio della Presidenza del Consiglio, nel limite di 15 milioni di euro, in materia di progetti volti a contrastare la povertà educativa e incrementare le opportunità culturali ed educative dei minori[71].

Da ultimo, i commi 135 e 136 della Legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021) hanno prorogato per il 2024 gli effetti delle agevolazioni fiscali riconosciute alle fondazioni bancarie sotto forma di un credito d'imposta pari al 75% dei contributi versati al Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa minorile istituito dalla legge di stabilità per il 2016. Allo scopo, viene prevista una copertura con risorse pari a 45 milioni con riferimento all'anno 2023 e di 25 milioni per il 2024.

 

Per il contrasto della Povertà educativa la Legge di Stabilità per il 2016 (Legge n. 208 del 2015) ha previsto, ai commi 392-395, l'istituzione del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con l'obiettivo di sostenere l'infanzia svantaggiata. Il Fondo è alimentato dai versamenti delle Fondazioni di origine bancaria, alle quali è stato riconosciuto un contributo, pari a 100 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2016-2018, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75 per cento dei versamenti effettuati al medesimo Fondo. Successivamente, la legge di bilancio 2019 (Legge n.145 del 2018, art. 1, commi 478-480) ha confermato il Fondo per il successivo triennio 2019-2021, mettendo a disposizione 55 milioni di euro annui di credito di imposta a favore delle Fondazioni di origine bancaria che possono usufruirne per il 65% degli importi versati[72]. Nel triennio 2016-2018 le Fondazioni hanno alimentato il Fondo con circa 360 milioni di euro.

Il Fondo è disciplinato dal Protocollo d'Intesa siglato da Acri, Presidenza del Consiglio dei Ministri, MEF e Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il soggetto attuatore è stato individuato nella Fondazione con il Sud, attraverso l'impresa sociale "Con i Bambini"[73], appositamente costituita per lo scopo, al fine di garantire maggiore trasparenza e tracciabilità della gestione del Fondo. Le risorse vengono assegnate tramite bandi, mentre le scelte di indirizzo strategico vengono definite da un apposito Comitato di indirizzo composto pariteticamente da Fondazioni di origine bancaria, Governo, organizzazioni del Terzo Settore e rappresentanti di ISFOL e EIEF – Istituto Einaudi per l'economia e la finanza. 

La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, ha poi attribuito all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale. È stato così definito l'IPE – Indice di Povertà Educativa (riferito ad un target di giovani tra i 15 e i 29 anni) attraverso quattro dimensioni riferibili a: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita.

 

 

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006  (legge finanziaria 2007).

Nel periodo emergenziale da COVID-19, l'art. 105 del Decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020) ha incrementato di 150 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo, allo scopo di destinare una quota di risorse ai Comuni per il potenziamento, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i bambini di età compresa tra zero e 16 anni (modifica approvata durante l'esame referente alla Camera, aumentando il range d'età originariamente previsto tra i 3 ed i 14 anni), nonché allo scopo di contrastare con iniziative mirate la povertà educativa.

L'incremento è stato ripartito per 135 milioni con Intesa sul finanziamento a 6.147 Comuni per il potenziamento dei centri estivi (v. tabella del riparto regionale), mentre i restanti 15 milioni saranno assegnati tramite bando, per progetti di contrasto alla povertà educativa.

Successivamente l'art. 19 del decreto legge n. 183 del 2020 di proroga termini (inserendo il comma 3-bis nel corpo dell'art. 105 del Decreto rilancio) ha espressamente previsto che le risorse non utilizzate, iscritte sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, nel limite di 15 milioni di euro, possono essere spese fino a giugno 2021.

Il Fondo, per il 2021, ha raggiunto una dotazione finale pari a 155,9 milioni di euro grazie all'incremento di 50 milioni previsto dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 23, della legge n. 178 del 2020) per sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia. Più in particolare, tali risorse sono da destinare al sostegno e alla valorizzazione delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle lavoratrici madri dopo il parto. Le modalità di attribuzione dei 50 milioni sono demandate ad un decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Inoltre l'art. 1, comma 26, della medesima legge di bilancio 2021 ha inserito un'ulteriore finalizzazione al Fondo per il 2021, stanziando 500 mila euro da destinare al finanziamento delle associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica o psicosociologica a favore dei genitori che subiscono gravi disagi sociali e psicologici in conseguenza della morte del figlio.

Pertanto, le risorse del Fondo indirizzate espressamente alle politiche della famiglia per l'anno 2021 ammontano complessivamente a circa 96,7 milioni di euro e sono destinate alla realizzazione di attività di competenza statale, regionale e degli enti locali.

Il decreto di ripartizione del 24 giugno 2021 indirizza tali risorse, nella misura di 71 milioni circa, alla prosecuzione e avvio di iniziative volte a realizzare interventi in ambito educativo dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica e al disagio minorile, tenuto anche conto degli effetti della pandemia da COVID-19, e per interventi che diffondano e valorizzino le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni, al fine di agevolare il mutuo scambio, la condivisione e il sostegno di esperienze virtuose e di buone pratiche. Lo stesso decreto destina, invece, circa 25,6 milioni di euro alla realizzazione di interventi di competenza regionale e degli enti locali volti alla prosecuzione di iniziative volte a favorire la natalità e la genitorialità, anche tenuto conto dei nuovi bisogni legati all'emergenza del COVID-19. Gli interventi potranno altresì riguardare il supporto delle attività a sostegno della natalità e della genitorialità svolte dai Centri per le famiglie e, nell'ambito delle competenze sociali, dai consultori familiari.

Per il 2022, gli stanziamenti del Fondo sono pari a circa 104 milioni di euro.

 

Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, istituito all’articolo 19, comma 3, del D.L n. 223/2006 (L. n. 248/2006) ha l’obiettivo di promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità partendo da una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2006 e di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007. Tale autorizzazione è stata successivamente incrementata sulla base di singole disposizioni nell'ambito delle manovre finanziarie e da ultimo rifinanziato con la legge di bilancio 2022 (L. n. 234 del 2021) per complessivi 27,2 milioni per l’esercizio 2022 e 10 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, per un totale di risorse pari a 93,3 milioni di euro per il 2022, 72,9 milioni per il 2023 e 72,9 milioni di euro per il 2024.

Le risorse sono allocate – a bilancio statale - nel capitolo 2108 (Programma 17.4, Promozione dei diritti e delle pari opportunità) dello stato di previsione del Ministero dell’economia, rubricato “Somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le politiche delle pari opportunità”, per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove sono ripartite tra i diversi interventi.

Si ricorda che sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo è iscritto sul programma “coordinamento delle politiche relative ai diritti e le pari opportunità”, Centro di responsabilità 8 “Diritti e pari opportunità”, capitolo 815. 


Articolo 39-bis
(Misure in materia di svolgimento della sessione 2022 dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato)

 

L’articolo 39-bis, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, estende la disciplina "speciale" prevista con riguardo alla sessione 2020 anche alla prossima sessione dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato.

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, anche per la sessione da indire per l'anno 2022, sia disciplinato dalle disposizioni di cui al decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, (conv. legge n. 50 del 2021).

 

Il decreto-legge n. 31 del 2021 muoveva dalla straordinaria necessità ed urgenza di adottare delle disposizioni che rendessero possibile, nell’allora contesto emergenziale dovuto alla recrudescenza della pandemia da COVID-19, lo svolgimento delle prove della sessione 2020 dell’esame di abilitazione forense.

Per tale sessione di esame è stata così introdotta una disciplina di svolgimento delle prove derogatoria rispetto a quella prevista a regime.

In particolare:

·         le prove scritte sono state sostituite da una prova orale a carattere preselettivo, propedeutica rispetto alla canonica prova orale;

·         con riguardo alla prima prova orale il candidato - che doveva essere presente nella sede d'esame insieme al segretario della sottocommissione (gli altri componenti della commissione sono collegati da remoto) - è stato chiamato a risolvere una questione di carattere pratico-applicativo, in una materia, tra diritto civile o diritto penale o diritto amministrativo, scelta precedentemente. Il candidato, dopo aver letto il quesito, doveva individuare i nodi problematici, le disposizioni applicabili, sostanziali e processuali, i principi rilevanti e gli eventuali orientamenti giurisprudenziali potendo consultare anche i codici annotati. Per lo svolgimento della prova il candidato aveva a disposizione un'ora dalla dettatura del quesito (mezz’ora per l’esame preliminare, mezz’ora per la discussione);

·         la seconda prova orale - per la quale ciascun candidato aveva a disposizione tra 45 e 60 minuti - aveva ad oggetto 5 materie, oltre a ordinamento e deontologia forense;

·         in caso di positività al COVID-19 o di sintomi compatibili, quarantena o isolamento fiduciario, nonché in caso di comprovati motivi di salute, il candidato poteva chiedere una nuova data per lo svolgimento della prova, tramite istanza al presidente della sottocommissione, adeguatamente documentata. La prova doveva essere svolta entro 10 giorni dalla fine dell’impedimento;

·         veniva incrementato il numero delle sottocommissioni d’esame, ridotte numericamente da 5 a 3 componenti. Potevano far parte delle commissioni d’esame, per la prima volta, i ricercatori universitari a tempo determinato (RTD-B) e i magistrati militari.

 

Il comma 2 demanda al decreto del Ministro della giustizia di indizione della sessione d'esame per il 2022 anche l'indicazione della data di inizio delle prove, delle modalità di sorteggio per l'espletamento delle prove orali, della pubblicità delle sedute di esame, dell'accesso e della permanenza nelle sedi di esame, delle eventuali prescrizioni imposte ai fini della prevenzione e protezione dal rischio del contagio da COVID-19, nonché delle modalità di comunicazione delle materie scelte dal candidato per la prima e la seconda prova orale. Al medesimo decreto è altresì rimessa la disciplina delle modalità di utilizzo di strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, nonché la possibilità di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per lo svolgimento delle prove, da parte dei candidati con disturbi specifici di apprendimento (OSA).

 

La disposizione in commento esclude - conseguentemente - l'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n 31 del 2021.

 

 Il comma 2 dell’articolo 3 demandava ad un decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi entro il 12 aprile 2021 la variazione della composizione delle sottocommissioni già designate con decreto del Ministro della giustizia 20 gennaio 2021. Al medesimo decreto erano rimesse le indicazioni relative:

ü  alla data di inizio delle prove,

ü   alle modalità di sorteggio per l’espletamento delle prove orali,

ü  alla pubblicità delle sedute di esame,

ü   all’accesso e alla permanenza nelle sedi di esame,

ü  alle prescrizioni imposte ai fini della prevenzione e protezione dal rischio del contagio da COVID-19,

ü   alle modalità di comunicazione della rinuncia alla domanda di ammissione all’esame,

ü   alle modalità di comunicazione delle materie scelte dal candidato per entrambe le prove orali.

 

Il comma 3, in deroga a quanto previsto dall'articolo 4, comma 6, sempre del decreto-legge n. 31, (che demandava alla commissione centrale la determinazione delle linee generali da seguire per la definizione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l’omogeneità e coerenza dei criteri di esame) rimette al decreto del Ministro della giustizia anche l'indicazione delle linee generali da seguire per la formulazione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e la coerenza dei criteri di esame. Tali linee generali devono essere stabilite, sentita la commissione centrale.

 

Il comma 4 autorizza per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo la spesa di euro l.820.000 per l'anno 2023, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

 

Il comma 457 dell'articolo 1 della legge n. 205 prevede l'istituzione di un Fondo, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, destinato al finanziamento di interventi urgenti per assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari, con particolare riferimento alle aree colpite da eventi sismici, al sostegno delle attività amministrative del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari, nonché all'attribuzione di sussidi ai magistrati, ai loro familiari (ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 5), della legge 24 marzo 1958, n. 195) erogabili anche a favore del personale amministrativo.

 

Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

La riforma dell’esame di abilitazione

L'articolo 46 della legge n. 247 del 2012 ha modificato la disciplina dello svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense. Tale disciplina, come accennato non ha ancora trovato applicazione. Infatti l'articolo 49 della legge ha previsto una disposizione transitoria oggetto di numerose proroghe, ai sensi della quale l'esame di Stato ha continuato a svolgersi secondo la normativa previgente, dettata dal R.D. n. 37 del 1934. 

Sotto il profilo delle prove da sostenere, l’articolo 46, comma 1, nella formulazione attuale non ha comportato cambiamenti nel numero e nella tipologia rispetto a quanto disposto dall’art. 17-bis del RD 37/1934, confermando le tre prove scritte e l’unica prova orale. Attualmente, in base a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 46 le tre prove scritte - anche in questo caso invariate rispetto alla disciplina del RD n. 37 del 1934 - consistono nella redazione:

• di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia civilistica;

• di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia penale;

• di un atto giudiziario su un quesito proposto in una materia scelta dal candidato tra diritto privato, diritto penale e diritto amministrativo, dal quale si possano desumere le sue conoscenze di diritto sia sostanziale che processuale.

La formulazione attuale del comma 7 prevede che le prove scritte si svolgano con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Tale disposizione, che come già detto, non è mai stata applicata. La disposizione di cui al RD del 1934, prevede invece la possibilità di utilizzare testi corredati di commenti e massime giurisprudenziali.

Per quanto riguarda la prova orale, l’articolo 46 della legge n. 247 del 2012 presenta alcune novità rispetto al regime precedente: è prevista l’illustrazione della prova scritta da parte del candidato (non più un’esposizione succinta come nella norma previgente) e la dimostrazione della conoscenza di 5 materie obbligatorie (ordinamento e deontologia forense, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale), nonché di 2 materie a scelta tra diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto tributario, diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario e penitenziario (quest’ultima materia rappresenta l’unica aggiunta al previgente elenco delle materie disponibili). La disciplina previgente (RD n. 37 del 1934) che continuerà ad applicarsi fino al 2022, richiede invece sei materie (non sette), di cui obbligatoria solo quella relativa ad ordinamento forense e diritti e doveri dell’avvocato e le altre cinque a scelta del candidato (pur con la limitazione relativa alla scelta di almeno una materia di diritto processuale).

 

 


Articolo 40
(Disposizioni in materia di termini del procedimento
di prenotazione degli incentivi auto)

 

 

L’articolo 40 aumenta da 180 a 270 giorni il termine entro il quale i venditori devono confermare le operazioni per l’acquisto con ecoincentivi (c.d. ecobonus) dei veicoli a basse emissioni.

 

In dettaglio, il comma 1 dispone che nelle procedure per l’erogazione degli incentivi per l’acquisto di veicoli non inquinanti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, che vengano effettuate entro il 31 dicembre 2022, sono fissati in 270 giorni i termini per la conferma dell’operazione e per la comunicazione del numero di targa del veicolo nuovo consegnato, nonché del codice fiscale dell’impresa costruttrice o importatrice del veicolo.

Il termine di 270 giorni, sostituisce quello precedentemente fissato in 180 giorni e decorre dalla prenotazione, che è disciplinata dal decreto del MISE 20 marzo 2019. Le disposizioni si pone in deroga alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto che prevedono termini inferiori.

La Relazione illustrativa al decreto evidenzia in proposito che il termine precedentemente fissato in 180 giorni non risulta “compatibile con l’attuale situazione oggettiva di carenza di alcune componenti, risultando necessaria la previsione di un termine generale più ampio”.

 

Si ricorda in proposito che con il Dpcm 6 aprile 2022 sono stati concessi i nuovi incentivi per l'acquisto di veicoli, auto e moto, elettrici, ibridi e a basse emissioni, con fondi di 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022-2023-2024. Gli incentivi sono previsti per gli acquisti dalla data di entrata in vigore del Dpcm e fino al 31 dicembre 2022, nonché per le annualità 2023 e 2024. A partire dalle ore 10 di mercoledì 25 maggio 2022 è stata riaperta la piattaforma ecobonus.mise.gov.it dove i concessionari possono prenotare i contributi. Il DPCM 6 aprile 2022 prevede un termine perentorio per la conclusione della procedura di accesso al beneficio, tramite immatricolazione e consegna del veicolo, il cui decorso determina la caducazione della prenotazione. Lo stesso DPCM rinvia, ai fini dell’attuazione, alle disposizioni del decreto MISE 20 marzo 2019, che, all’art 6, comma 2, prevede che i venditori debbano confermare le operazioni entro 180 giorni dalla data di apertura della prenotazione, termine che viene qui stabilito in 270 giorni.

Per approfondimenti sui nuovi incentivi, c.d. ecobonus, si rinvia all’apposito paragrafo del Tema “Mobilità sostenibile” pubblicato sul Portale di documentazione della Camera dei deputati.

 

 


Articolo 40-bis
(Contributi all'acquisto di veicoli elettrici di categoria L1)

 

L’articolo 40-bis, introdotto nel corso dell'esame in Assemblea, reca una rimodulazione delle risorse destinate per il 2022 alla concessione di incentivi all’acquisto di veicoli elettrici, disponendo il trasferimento di 20 milioni di euro dagli incentivi all’acquisto di automobili elettriche agli incentivi all’acquisto di ciclomotori elettrici.

 

Nel dettaglio, l’articolo aggiuntivo inserito nel corso dell’esame in Assemblea reca una rimodulazione delle risorse assegnate, per il 2022, con il d.P.C.M. 6 aprile 2022 per la concessione di incentivi all’acquisto di veicoli elettrici, ibridi e a basse emissioni.

Le risorse destinate per il 2022 alla concessione di incentivi all’acquisto di nuovi veicoli di categoria M1 nella fascia di emissione 21-60 g, infatti, sono ridotte di 20 milioni di euro, che sono conseguentemente destinati ad incrementare la dotazione della corrispondente misura di incentivazione all’acquisto di veicoli elettrici di categoria L1.

 

 


Articolo 40-ter
(Semplificazione degli adempimenti relativi ai recipienti a pressione)

 

L’articolo 40-ter, introdotto alla Camera, introduce una procedura semplificata per gli adempimenti relativi ai recipienti a pressione contenenti gas di petrolio liquefatto (GPL) con capacità complessiva superiore a 13 metri cubi, mediante l'impiego del metodo basato sulle emissioni acustiche, purché il massimale assicurativo sia di importo non inferiore a 5 milioni di euro.

 

Il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (articolo 64-bis) ha previsto, in via transitoria ed in deroga alle periodicità dei controlli previsti dalla vigente normativa regolamentare, che i proprietari dei serbatoi di GPL di qualsiasi capacità potessero comunicare all’INAIL i dati delle attrezzature ancora da sottoporre a verifica tramite la tecnica di controllo basata sull'emissione acustica alla data della dichiarazione dello stato di emergenza, fino a non oltre 120 giorni dalla data di cessazione dello stato di emergenza.

A tale fine, lo stesso articolo ha esteso anche ai recipienti a pressione fissi interrati, tumulati e fuori terra con capacità complessiva superiore a 13 m3 l'applicazione della disciplina tecnica relativa ai serbatoi di gas di petrolio liquefatto di capacità inferiore a 13 m3 nonché alla procedura operativa per la verifica decennale dei serbatoi interrati per GPL con la tecnica basata sul metodo delle emissioni acustiche.

 

Sul sito dell’INAIL viene riportato che per i serbatoi di capacità superiore a 13 metri cubi, la metodologia basata sulle emissioni acustiche è diversa da quella utilizzata per gli impianti di portata inferiore, in quanto la procedura operativa per l’effettuazione delle verifiche di integrità dei serbatoi interrati con capacità non superiore a 13 cubi è conforme allo standard UNI EN 12817 (“Attrezzature e accessori per GPL -Ispezione e riqualifica dei serbatoi per gas di petrolio liquefatti (GPL) di capacità geometrica minore o uguale a 13 m³”) e prevede criteri di tipo statistico di aggregazione dei serbatoi in lotti omogenei per fabbricazione, capacità, orientamento e tipologia di rivestimento, mentre per l’effettuazione delle verifiche di integrità dei serbatoi con capacità superiore a 13 cubi la procedura è conforme allo standard UNI EN 12819 (“Attrezzature e accessori per GPL - Ispezione e riqualifica di serbatoi per gas di petrolio liquefatti (GPL) di capacità geometrica maggiore di 13 m³”) e prescinde da qualsiasi approccio di tipo statistico.

 

L’articolo 40-bis rende stabile la procedura semplificata appena descritta per la verifica decennale dei serbatoi interrati per GPL con la tecnica basata sul metodo di emissioni acustiche anche per i serbatoi con capacità complessiva superiore a 13 metri cubi a condizione che il massimale assicurativo per anno e per sinistro sia di importo non inferiore a 5 milioni di euro.

 

Il decreto direttoriale dei Ministeri delle attività produttive, della salute e del lavoro e delle politiche sociali 17 gennaio 2005 detta le norme per la verifica dei recipienti con capacità inferiore a 13 metri cubi, disciplinando i soggetti abilitati e introducendo l’accennata metodologia delle emissioni acustiche.

 

Il punto 17 dell'allegato II annesso al citato decreto 17 gennaio 2005 prevede che sia presentata copia della polizza assicurativa per responsabilità civile professionale, con un massimale per anno e per sinistro non inferiore a 3,5 milioni di euro. Tale importo resta valido per i serbatoi di capacità inferiore ai 13 metri cubi, mentre – sulla base di quanto previsto dalla norma in commento - sale a 5 milioni per i serbatoi più grandi.

 


Articolo 40-quater
(Modifiche disciplina crediti d’imposta e cessione del credito)

 

L’art. 40-quater sopprime, ai fini della fruizione di alcuni crediti di imposta riconosciuti alle imprese per l’acquisto di energia elettrica e di gas naturale, l’obbligo del rispetto della normativa della disciplina europea degli aiuti di Stato di modesto importo (gli aiuti c.d. de minimis).

Viene abrogato, inoltre, il termine del 1° maggio 2022 previsto per avvalersi della nuova disciplina della cessione del credito (che consente sempre alle banche ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti), consentendo in tal modo l’applicazione della semplificazione procedurale anche alle comunicazioni avvenute precedentemente a tale data.

 

In particolare, la disposizione, al fine di semplificare l’erogazione dei contributi straordinari, previsti sotto forma di crediti d’imposta (spettanti ai sensi dell’articolo 2, commi 1, 2 e 3, dal decreto-legge n. 50 del 2022), nonché al fine di consentire la corretta applicazione delle disposizioni in materia di comunicazione di prima cessione del credito o di sconto in fattura, abroga il comma 3-ter dell’art. 2 e il comma 3 dell’art. 57 del medesimo decreto legge n. 50 (nel frattempo convertito nella legge n. 91 del 2022).

 

In sintesi, si ricorda che l’art. 2 (commi 1, 2 e 3) del decreto legge n. 50 del 2022, incrementa alcuni crediti d’imposta già concessi alle imprese del settore energetico con il decreto-legge n. 21 del 2022 e ne precisa le modalità di fruizione.

In particolare:

§  il comma 1 incrementa il credito d’imposta per l’acquisto del gas naturale alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa agevolabile sostenuta per l'acquisto del medesimo combustibile, consumato nel secondo trimestre solare dell'anno 2022;

§  il comma 2 incrementa ulteriormente il credito d'imposta, riconosciuto dal decreto legge n. 17 del 2022 e già elevato dal decreto-legge n. 21 del 2022, per le imprese a forte consumo di gas naturale (gasivore), portando dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici;

§  il comma 3 innalza il credito d’imposta concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, elevando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.

Il medesimo art. 2, al comma 3-ter, dispone che tali aiuti sono concessi nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato in regime de minimis ovvero al di sotto di un massimale ottenibile pari a 200 mila euro, calcolato su base triennale considerando tutti gli aiuti concessi sotto questo regime. Per una sintetica ricostruzione della disciplina del regime de minimis si consulti la pagina web del sito dell’Unione Europea.

 

La soppressione di tale comma, pertanto, farebbe venire meno tale soglia massima di 200 mila euro prevista per il riconoscimento alle imprese dei vari crediti d’imposta accumulati.

 

Il sopra citato comma 3, dell’articolo 57, stabilisce che le disposizioni di cui all'articolo 14, comma 1, lettera b) del medesimo decreto legge n. 50 si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022. Si tratta delle norme che stabiliscono che alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo tenuto dalla Banca d'Italia, è sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti (ovvero da persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale) che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione. In tal modo per le banche è possibile cedere il credito a tutti i soggetti loro clienti quindi a società, professionisti e partite Iva (con la sola eccezione dei consumatori).

 

Con la soppressione di tale comma si riconosce, pertanto, non più alle sole cessioni comunicate dopo il 1° maggio 2022, ma anche alle cessioni precedenti, di potersi avvalere della nuova normativa facilitata di cessione del credito introdotta dal menzionato articolo 14.

 


Articolo 41
(Cooperazione internazionale)

 

 

L’articolo 41 incrementa, di 70 milioni di euro, le risorse finanziarie destinate al finanziamento annuale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

 

La proposta normativa, nell’intento di rafforzare l’azione dell’Italia nell’ambito della cooperazione internazionale per lo sviluppo, incrementa di 70.000.000 di euro, per l’anno 2022, le risorse finanziarie di cui all’articolo 18, comma 2, lettera c) della legge 11 agosto 2014, n. 125, Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.

L’articolo 18 di tale legge, dopo aver stabilito al comma 1 che all'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) è attribuita autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio, dispone al comma 2, le diverse modalità di finanziamento del suo bilancio. Tra di esse, con la lettera c), si individua un finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli[74] dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Come risulta dalla relazione illustrativa, l’intervento normativo è disposto anche in relazione alle accresciute attività per l’attuazione delle iniziative e degli interventi di cooperazione internazionale

 

L'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), istituita dall'art. 17 della legge 125/2014, rappresenta il braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione. L'AICS, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta al potere di indirizzo e vigilanza del MAECI, svolge le attività a carattere tecnico-operativo connesse alle fasi di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, e può erogare servizi, assistenza e supporto tecnico, a beneficio delle altre Amministrazioni pubbliche che operino nel quadro degli obiettivi di cooperazione. Acquisisce, inoltre, incarichi di esecuzione di programmi e progetti dell'Unione europea, di banche, fondi e organismi internazionali e collabora con strutture di altri Paesi aventi analoghe finalità, promuovendo forme di partenariato con soggetti privati per la realizzazione di specifiche iniziative. L'Agenzia realizza e gestisce altresì una banca dati pubblica in cui sono raccolte tutte le informazioni relative ai progetti di cooperazione realizzati e in corso di realizzazione. L'Agenzia gode di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio ed è pertanto in condizione di operare in modo flessibile all'interno delle competenze fissate dalla legge 125/2014 e delle funzioni di vigilanza attribuite al MAECI, nonché in conformità con le linee di indirizzo approvate dal Governo con il Documento triennale di programmazione.

Operativa da gennaio 2016, dopo l'adozione dei necessari regolamenti ed altri atti normativi, nelle prime fasi di attività l'Agenzia ha preso in carico tutti i progetti che erano del MAECI ed ha accreditato presso i Governi locali le sue 18 sedi all'estero, che si sommano alla sede centrale di Roma e a quella di Firenze.

In particolare, lo statuto dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo è stato approvato con decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale 22 luglio 2015 n. 113; il regolamento di organizzazione è contenuto nel decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 15 dicembre 2015, come modificato con decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 29 aprile 2016; il regolamento interno di contabilità è contenuto nel decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 15 dicembre 2015, n. 1002/2500. Nello statuto, oltre alle previsioni di carattere organizzativo e gestionale, vi sono norme per la definizione dell'elenco delle organizzazioni no profit che possono partecipare alle iniziative e godere dei finanziamenti. Il d.p.c.m. 2 novembre 2015 stabilisce la dotazione organica dell'Agenzia e i contingenti massimi di personale. Organi dell'Agenzia sono il Direttore, il comitato direttivo e il collegio dei revisori, nonché gli uffici di livello dirigenziale, generale e non, presenti in Italia e le sedi all'estero. Con il decreto MAECI 29 aprile 2016 sono state apportate alcune modifiche allo Statuto, in particolare sull'articolazione degli uffici e sulle procedure per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale non generale. È stato approvato con la determina del Direttore dell’Agenzia n. 311 del 17 dicembre 2020 il Codice etico e di comportamento del personale AICS.

Ai sensi dell'art. 3, comma 2 dello statuto (contenuto nel già ricordato decreto n. 113 del 22 luglio 2015) le modalità di collaborazione tra il MAECI e l'Agenzia, ferme restando le attribuzioni del Ministro previste dall'articolo 11 della legge istitutiva in materia di responsabilità politica, di indirizzo e di coordinamento, sono regolate con una convenzione stipulata ogni tre anni e modificabile su proposta di ciascuna delle parti. La convenzione 2019-2021 attualmente in vigore è stata firmata il 12 luglio 2019. Un’ulteriore convenzione MAECI-AICS-Cassa depositi e prestiti (CDP) firmata il 14 dicembre 2021 (ed emendata il 1° febbraio 2021) ne regola i rapporti in attuazione dell'articolo 22, commi 2 e 5, della legge 125/2014. Si rammenta che l'articolo 22 della legge 125/2014 ha autorizzato CDP, nell'ambito delle finalità della medesima legge, ad assolvere ai compiti di istituzione finanziaria per la cooperazione internazionale allo sviluppo. CDP è stata inoltre autorizzata (art. 22, comma 4 della legge 125/2014 e art. 5, comma 7, lett. a) del decreto legge 269/2003 convertito, con modificazioni dalla legge 326/2003) a destinare risorse proprie, nel limite annuo stabilito con separata convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, a iniziative di cooperazione allo sviluppo anche in regime di cofinanziamento con soggetti privati, ovvero con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali.

Si rammenta che in materia di organizzazione dell'Agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo è successivamente intervenuto l'articolo 27-bis del decreto legge 162/ 2019, convertito con modificazioni dalla legge. n. 8/2020. La disposizione, nell'introdurre talune modifiche in materia di personale operante nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo, ha previsto, tra l'altro, l'incremento del contingente da inviare presso le sedi estere dell'AICS ed ha elevato il numero di unità da assumere localmente. La norma, inoltre, ha incrementato a decorrere dall'esercizio 2020 lo stanziamento a disposizione dell'agenzia.

In particolare:

§   il nuovo comma 5-bis dell'articolo 19 della legge 125/2014, che riguarda il personale dell'AICS, prevede che presso le sedi estere dell'agenzia possono essere inviati, secondo criteri individuati dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, fino a 60 dipendenti inquadrati nell'organico dell'agenzia o esperti già in servizio presso la Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo; tale contingente può essere incrementato sino a 90 unità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili;

§  il contingente numerico complessivo del personale locale assunto nei paesi nei quali opera la agenzia passa da 100 a 150 unità;

§  la dotazione finanziaria assegnata all'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per le per spese di funzionamento è incrementata di 4,2 milioni di euro annui a decorrere dall'esercizio 2020.

 

Nella legge di bilancio per il 2021 (legge 178 /2020) le risorse destinate alle spese di personale e di funzionamento per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, rispettivamente appostate sui capitoli 2021 e 2171 dello stato di previsione del MAECI, ammontano a 33,15 e 7,58 milioni di euro. Sul cap. 2185 (interventi di cooperazione) le risorse sono state pari a 472,9 milioni di euro.

Nella legge di bilancio per il 2022 (legge 234/2021, art. 1, co. 381) è stato stabilito un incremento del finanziamento annuale dell'AICS a valere sullo stato di previsione del MAECI, capitolo 2185 (interventi di cooperazione), così determinato: euro 99 milioni per l'anno 2022, euro 199 milioni per l'anno 2023, euro 249 milioni per l’anno 2024, euro 299 milioni per l’anno 2025, euro 349 milioni annui a decorrere dall’anno 2026.

Per il 2022, le risorse destinate alle spese di personale (cap. 2021), di funzionamento (cap. 2171) per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ammontano - rispettivamente - a 33,17 e 7,58 milioni di euro. Sul cap. 2185 (interventi di cooperazione) le risorse risultano pari a 571,8 milioni di euro.

 

Alla copertura del maggiore onere di 70 milioni di euro per l’anno 2022 si provvede utilizzando parte delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, alla data del 30 maggio 2022, non vengono riassegnate ai pertinenti programmi di spesa per iniziative a vantaggio dei consumatori. I dati degli incassi al 30 maggio 2022 ammontano a euro 293.764.842,90.


 


Articolo 41-bis
(Semplificazione degli obblighi di comunicazione e assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali)

 

L’articolo 41-bis - introdotto nel corso dell'esame presso la Camera - rende strutturale ed obbligatoria, a decorrere dal 1° settembre 2022 la procedura semplificata relativa alle comunicazioni di lavoro agile, attualmente prevista in via transitoria fino al 31 agosto 2022, in base alla quale i datori di lavoro privati comunicano in via telematica al Ministero del lavoro i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, senza obbligo di allegare l’accordo individuale.

In caso di mancata comunicazione, che deve avvenire secondo le modalità definite con apposito decreto ministeriale, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.

Si dispone altresì che tali dati siano resi disponibili all’Inail.

 

Al fine di rendere strutturale la suddetta procedura semplificata, la norma in commento sostituisce integralmente il comma 1 dell’articolo 23 della L. 81/2017, il quale attualmente prevede che l'accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile e le sue modificazioni sono oggetto delle comunicazioni obbligatorie relative alle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro che devono essere inoltrate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (ai sensi dell’art. 9-bis del D.L. 510/1996).

Conseguentemente, il presente articolo modifica la rubrica del richiamato articolo 23 in “Obblighi di comunicazione e assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

Sul punto, si ricorda che l’articolo 90 del D.L. 34/2020 – come prorogato da ultimo dall’art. 10, co. 2-bis, del D.L. 24/2022 – prevede, al comma 3, che la procedura semplificata in oggetto si applichi ai datori di lavoro del settore privato sino al 31 agosto 2022 e, al comma 4, che sino alla medesima data i datori di lavoro privati possono applicare la modalità di lavoro agile ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali.

 

La definizione delle modalità di comunicazione è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per la cui adozione la norma in commento non stabilisce un termine.

In caso di mancata comunicazione secondo tali modalità, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato dalla mancata comunicazione, prevista dall’art. 19, co. 3, del D.Lgs. 276/2003.

 

Infine, il presente articolo dispone che i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile siano resi disponibili all’Inail con le modalità previste dal Codice dell'amministrazione digitale di cui al D.Lgs. 82/2005.


Articoli 42 e 43
(Semplificazione delle procedure di rilascio del nulla osta
al lavoro dei lavoratori stranieri)

 

 

Gli articoli 42 e 43 recano alcune misure per la semplificazione delle procedure di ingresso dei lavoratori stranieri. In particolare, si riduce da 60 a 30 giorni il termine per il rilascio del nulla osta al lavoro subordinato da parte dello sportello unico per l'immigrazione, esclusivamente per le istanze presentate a seguito del decreto sui flussi d'ingresso per l'anno 2022 e per quelle che saranno presentate con il prossimo decreto flussi per l’anno 2023.

Inoltre, si riduce da 30 a 20 giorni il termine per il rilascio del visto da parte delle rappresentanze diplomatiche italiane per l’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri che si trovano all’estero e che hanno ottenuto il nulla osta.

Infine, estende, nel rispetto di determinate condizioni, l'ambito applicativo delle disposizioni di semplificazione anche nei confronti dei cittadini stranieri che si trovano nel territorio nazionale, anziché all’estero, alla data del l° maggio 2022, sempreché per i quali sia stata presentata domanda diretta a istaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato nell’ambito del decreto flussi 2021.

 

In particolare, il comma l riduce da 60 a 30 giorni il termine per il rilascio del nulla osta al lavoro subordinato da parte dello sportello unico per l'immigrazione, istituito presso le Prefetture. Ciò in deroga alla disposizione vigente recata dall'articolo 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (TU immigrazione). I 30 giorni decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto in esame e riguardano le istanze presentate a seguito del decreto sui flussi d'ingresso per l'anno 2022 stabilite con il DPCM 21 dicembre 2021. Ai sensi del successivo comma 6 (vedi oltre), le disposizioni si applicano anche alle domande che saranno presentate con il prossimo decreto flussi.

 

In Italia l'immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Il documento programmatico sulla politica dell'immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un'analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d'ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l'integrazione degli stranieri regolari. L'ultimo documento programmatico adottato è quello per il triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005).

Il decreto sui flussi è lo strumento attuativo del documento programmatico, con cui il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico triennale e dei dati sull'effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un'anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione. Il decreto è adottato entro il 30 novembre di ciascun anno, previo parere delle competenti commissioni parlamentari.

Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto (per esempio in assenza del documento programmatico triennale) il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio con una procedura più veloce e senza il parere delle Camere. Tale decreto, però, non può superare le quote stabilite nell'ultimo decreto (ordinario o transitorio) emanato (art. 3 del testo unico del 1998). Il 17 gennaio 2022 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2021 recante la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2022. Il decreto flussi per il 2022 ammette in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota complessiva massima di 69.700 unità.

 

 

 

L’ingresso per motivi di lavoro nel territorio italiano è regolato con il sistema delle quote annuali e la concessione del permesso di soggiorno è subordinato alla firma del contratto di soggiorno per lavoro tra lo straniero e il suo datore di lavoro.

Il contratto è stipulato presso lo sportello unico per l’immigrazione territorialmente competente, nel quale è concentrata la gran parte delle competenze nella procedura dell’accesso al lavoro degli immigrati.

Il datore di lavoro che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare - previa verifica, presso il centro per l'impiego competente, della indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale - allo sportello unico per l'immigrazione i seguenti documenti:

richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;

idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;

la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;

dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

Lo sportello unico per l'immigrazione, entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta, verificato il rispetto delle prescrizioni di cui sopra e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile, rilascia, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati nel decreto flussi, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, agli uffici consolari, ai fini del rilascio del visto di ingresso in Italia. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.

Lo straniero, dopo aver ottenuto il nulla osta e successivamente il visto presso la rappresentanza diplomatica italiana nel suo Paese di origine, deve sottoscrivere il contratto di soggiorno con il datore di lavoro presso lo sportello unico e presentare richiesta per il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il permesso di soggiorno è rilasciato dal Questore. Successivamente, il lavoratore e il datore di lavoro possono sottoscrivere un contratto di lavoro.

 

Il medesimo comma 1, fa salvo per i lavoratori stagionali quanto previsto dall'articolo 24, comma 6, del TUIM che prevede una forma di silenzio assenso al ricorrere di determinate condizioni, ossia:

§  la richiesta riguarda uno straniero già autorizzato almeno una volta nei cinque anni precedenti a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente;

§  il lavoratore è stato regolarmente assunto dal datore di lavoro e ha rispettato le condizioni indicate nel precedente permesso di soggiorno.

In connessione con la riduzione del predetto termine a trenta giorni, il comma 2 prevede una fattispecie di silenzio assenso per i pareri che devono essere acquisiti nella fase istruttoria, così come richiesti per il lavoro subordinato, a tempo determinato e indeterminato, e per il lavoro stagionale, rispettivamente dagli artt. 22 e 24 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Pertanto, decorso il suddetto termine di 30 giorni, il nulla osta sarà rilasciato se non sono stati comunicati elementi ostativi ai sensi dei citati articoli. Laddove però sopravvenga l'accertamento dei predetti elementi ostativi, ne consegue la revoca del nulla osta e del visto a qualsiasi titolo rilasciato, qualora in corso di validità.

Inoltre, la disposizione prevede che il rilascio del nulla osta costituisce titolo allo lo svolgimento dell’attività lavorativa sul territorio nazionale attraverso l’istaurazione del rapporto di lavoro.

 

Il comma 3 riduce a 20 giorni il termine per la trattazione delle domande di visto da parte delle rappresentanze diplomatiche presentate sulla base dei nulla osta al lavoro. Il termine ordinario, previsto dall'articolo 31, comma 8, del DPR n. 394/1999 è di trenta giorni.

 

Il comma 4 stabilisce che lo sportello unico per l'immigrazione a seguito del rilascio del nullaosta convoca il datore di lavoro e il lavoratore per la sottoscrizione del contratto di soggiorno. Nelle more della predetta sottoscrizione il datore di lavoro sarà comunque tenuto alle garanzie e agli obblighi previsti dall'art. 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in particolare alla garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ed all'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

 

Il comma 5 reca una norma di chiusura che richiama la normativa vigente in materia, ossia il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, che continuano ad applicarsi per le parti non disciplinate dalle disposizioni del decreto in esame.

 

Il comma 6 estende le disposizioni di semplificazione di cui sopra anche alle domande che saranno presentate a seguito dell'adozione del prossimo decreto di programmazione dei flussi di ingresso degli stranieri per l'anno 2023. In questi casi, il termine ridotto di 30 giorni previsti per il rilascio del nulla osta decorrerà dalla data di ricezione delle domande.

 

Il comma 7 estende l'ambito applicativo delle disposizioni di semplificazione anche nei confronti di cittadini stranieri che si trovano nel territorio nazionale, anziché all’estero, alla data del l° maggio 2022 sempreché per i quali è stata presentata domanda diretta a istaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato nell’ambito del decreto flussi 2021.

La disposizione si applica ai cittadini stranieri che, entro tale data, devono trovarsi in una delle seguenti condizioni:

§  sono stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici;

§  hanno soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68, o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici.

 

L’acquisizione dei rilievi foto-dattiloscopici (ossia dei rilievi fotografici e delle impronte digitali) dei cittadini stranieri è previsto da diverse disposizioni speciali.

In linea generale, tutti gli stranieri che fanno richiesta del permesso di soggiorno, o ne richiedono il rinnovo, sono sottoposti alla rilevazione dei dati foto-dattiloscopici (art. 5, comma 2-bis e 4-bis del TU immigrazione, introdotto dalla L. 189/2002).

Gli stranieri autorizzati al lavoro stagionale ai sensi dell'articolo 24 del testo unico per un periodo non superiore a trenta giorni sono esonerati dall'obbligo di sottoposizione alla rilevazione dei dati foto-dattiloscopici (art. 9, comma 5, DPR 394/1999 regolamento di attuazione del TU).

Inoltre, sono sottoposti al rilevamento delle impronte digitali i cittadini stranieri o apolidi di età non inferiore a 14 anni che presentano una domanda di asilo o quando sono fermati dalle competenti autorità a seguito dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera italiana in provenienza da un paese terzo e non sia stato respinto (artt. 4 e 8 regolamento (CE) N. 2725/2000 del Consiglio dell'11 dicembre 2000 che istituisce l'«Eurodac»).

In ogni caso, qualunque cittadino straniero può essere sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici qualora vi sia motivo di dubitare della sua identità personale (art. 6, comma 4, TU).

In occasione della regolarizzazione del 2002 non era richiesto il requisito dei rilievi foto-dattiloscopici (né della dichiarazione di presenza) e si prevedeva che i lavoratori regolarizzati fossero sottoposti ai rilievi foto-dattiloscopici non al momento della richiesta del permesso di soggiorno (come prevede in via generale il TU) ma entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno rilasciato a seguito di emersione, e comunque in sede di rinnovo dello stesso (art. 2, comma 3, del decreto legge 195/2002). Anche nella regolarizzazione del 2009 e in quella del 2012 non era richiesta la pregressa avvenuta rilevazione dei dati foto-dattiloscopici (D.L. 78/2009 e D.Lgs. 109/2012).

Infine, i cittadini stranieri, come quelli italiani, sono sottoposti ai rilievi foto-dattiloscopici qualora ricorrano le condizioni previste dalle norme del procedimento penale.

 

La legge 68/2007 ha eliminato l’obbligo di richiesta del permesso di soggiorno per i soggiorni di breve durata. Il permesso di soggiorno è stato sostituito con una semplice dichiarazione di presenza per gli stranieri non comunitari che intendono soggiornare in Italia per periodi non superiore a tre mesi per motivi di missione, gara sportiva, visita, affari, turismo, ricerca scientifica e studio.

L’inosservanza dell’obbligo della presentazione della dichiarazione di presenza comporta l’espulsione dello straniero, sia in caso di ritardo nella presentazione della dichiarazione, sia in caso di trattenimento nel territorio dello Stato oltre il periodo consentito.

L’art. 1, comma 2, della citata legge 68 prevede che se lo straniero proviene da un paese extra Schengen, la dichiarazione è presentata all’autorità di frontiera, mentre in caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen lo straniero dichiara la sua presenza al questore della provincia in cui si trova.

Puntuali modalità di presentazione della dichiarazione di presenza per soggiorni di breve durata sono state successivamente definite dal decreto del Ministro dell'interno del 26 luglio 2007.

 

Il comma 8 prevede che il datore di lavoro, dopo il rilascio del nulla osta di cui al presente articolo può concludere il contratto di lavoro senza la necessità dell'accertamento delle condizioni di cui al comma 7 (rilievi fottodattiloscopici e dichiarazione di presenza). Tale accertamento sarà effettuato dallo sportello unico per l'immigrazione al momento della sottoscrizione del contratto di soggiorno. All'eventuale accertamento negativo delle predette condizioni, consegue la revoca del nulla osta e del visto a qualsiasi titolo rilasciato, qualora in corso di validità, nonché la risoluzione di diritto del contratto di lavoro.

 

L’articolo 43 riguarda le procedure semplificate di rilascio del nullaosta e loro effetti per i cittadini stranieri già presenti in Italia alla data del l° maggio 2022 di cui all'articolo 42, comma 7.

 

Il comma 1 reca i casi di esclusione dalla possibilità di essere ammessi alle predette procedure; queste non si applicano ai cittadini stranieri:

§  nei confronti dei quali sia stato emesso provvedimento di espulsione, per una delle seguenti cause:

-     per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13, comma 1, TU immigrazione);

-     perché appartenente ad una delle categorie di soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione antimafia (art. 13, comma 2, lett. c), TU immigrazione;

-     per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3 D.L. 144/2005).

§  perché risultano segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

 

In proposito si ricorda che l’Italia partecipa al Sistema d’informazione Schengen (SIS), un sistema automatizzato per la gestione e lo scambio di informazioni tra i Paesi aderenti alla convenzione di Schengen. Il sistema prevede la segnalazione dei cittadini di paesi terzi ai fini del rifiuto di ingresso o di soggiorno per motivi che costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale. Tale situazione si verifica in particolare nei seguenti casi:

-          se il cittadino è stato riconosciuto colpevole in uno Stato membro di un reato che comporta una pena detentiva di almeno un anno;

-          si ritiene che abbia commesso un reato grave o se esistono indizi concreti sull’intenzione di commettere un tale reato.

 

§  perché risultano condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per gravi reati quali quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 del codice di procedura penale) o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti agli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;

§  perché sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per uno dei reati per i quali è previsto l’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 del codice di procedura penale).

 

Il comma 2 esclude altresì dalle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro gli stranieri nei cui confronti, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stato emesso un provvedimento di espulsione disposta dal prefetto di cui all'art. 13, comma 2, lettere a) e b) del D.Lgs. n. 286 del 1998 o risultino condannati anche in via non definitiva per il reato punito ai sensi dell'art. 10-bis del citato decreto n. 286 del 1998 (reato di immigrazione clandestina).

Le due fattispecie di espulsione da parte del prefetto indicate nella norma in esame riguardano lo straniero che:

§  è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10;

§  si è trattenuto nel territorio dello Stato alla scadenza dei titolo di soggiorno.

 

Il comma 3 prevede la sospensione, dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti relativi al rilascio dei permessi di soggiorno dei procedimenti penali e amministrativi nei confronti del lavoratore per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 tra cui la promozione, la direzione, l’organizzazione e il trasporto clandestino di stranieri nel territorio nazionale.

 

Il comma 4 stabilisce la cessazione della predetta sospensione in caso di diniego o revoca del nulla osta e del visto a qualsiasi titolo rilasciato, ovvero nel caso in cui entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto non sia stato rilasciato il nulla osta.

 

Il comma 5 dispone che, nelle more della definizione dei procedimenti di regolarizzazione, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi di cui ai commi 1 e 2 (provvedimento di espulsione per gravi motivi, condanna per gravi reati ecc.).

 

Ai sensi del comma 6 il rilascio del permesso di soggiorno determina per il cittadino straniero l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 3.

 

 


Articolo 44
(Semplificazione delle procedure di verifica della osservanza dei presupposti contrattuali)

 

 

L’articolo 44, al fine di semplificare gli ingressi in Italia di lavoratori extra UE previsti annualmente da appositi decreti (decreti flussi), per il 2021 e il 2022 modifica la procedura di verifica circa l'osservanza dei presupposti contrattuali richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri, affidando tale verifica – qualora non sia già stata effettuata per il 2021 – in via esclusiva a professionisti iscritti in appositi albi e alle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in luogo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, al quale viene comunque riconosciuta la possibilità di effettuare controlli a campione sul rispetto dei requisiti e delle procedure previste dall’articolo in commento.

 

In relazione ai suddetti ingressi, per gli anni 2021 e 2022 la verifica dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni del CCNL applicabile e la congruità del numero delle richieste presentate, per il medesimo periodo, dallo stesso datore di lavoro, in relazione alla sua capacità economica e alle esigenze dell'impresa – prevista dall’articolo 30-bis, comma 8, del D.P.R. 394/1999 ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri e affidata in via generale all’Ispettorato nazionale del lavoro - è affidata in via esclusiva a professionisti iscritti negli albi dei consulenti del lavoro, o degli avvocati e procuratori legali, o dei dottori commercialisti o dei ragionieri e periti commerciali[75], nonché alle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a cui il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato (comma 1).

Viene comunque fatta salva la possibilità per l’Ispettorato nazionale del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, di effettuare controlli a campione sul rispetto dei requisiti e delle procedure semplificate previste dall’articolo in oggetto (comma 6).

Il richiamato art. 30-bis del D.P.R. 394/1999 disciplina la procedura per la richiesta di assunzione dei lavoratori stranieri, in base alla quale il datore di lavoro, italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, presenta la documentazione necessaria per la concessione del nulla osta al lavoro subordinato allo Sportello unico per l’immigrazione che, come disposto in via generale dal comma 8, ne verifica la regolarità e acquisisce dall’Ispettorato del lavoro, anche in via telematica, la verifica dell'osservanza delle suddette prescrizioni contrattuali, con riferimento alla capacità economica del datore di lavoro e alle esigenze dell'impresa, anche in relazione agli impegni retributivi ed assicurativi previsti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria applicabili.

Nelle verifiche di congruità in oggetto si tiene conto anche della capacità patrimoniale, dell’equilibrio economico-finanziario, del fatturato, del tipo di attività svolta dall’impresa e del numero dei dipendenti, ivi compresi quelli stranieri già richiesti ai sensi del D.Lgs. 286/1998 che regolamenta le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro (comma 2, primo periodo).

In relazione a tali elementi, l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la Circolare n. 3 del 2022, specifica, tra l’altro, che, in merito alla capacità patrimoniale e all’equilibrio economico-finanziario del datore di lavoro, sarà necessario verificare il possesso, in relazione a ciascun lavoratore che si intende assumere, di un reddito imponibile o un fatturato non inferiore a 30.000 euro annui, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi o dall’ultimo bilancio di esercizio. La congruità della capacità economica andrà valutata in riferimento al numero di domande presentate dal medesimo datore di lavoro sulla base dei contratti collettivi di lavoro indcicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal medesimo Ministero. Per il settore agricolo, potranno prendersi a riferimento anche gli indici di capacità economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d’affari al netto degli acquisti o dalla dichiarazione IRAP e, eventualmente, considerare i contributi comunitari documentati dagli enti erogatori.

La medesima circolare precisa inoltre che il professionista e l’organizzazione datoriale sono tenuti altresì ad acquisire dal datore di lavoro o dal rappresentante legale dell’impresa

-     il DURC (Documento unico di regolarità contributiva) per la verifica di eventuali debiti previdenziali;

-     l’autodichiarazione in ordine alla circostanza di non essere a conoscenza di indagini e alla inesistenza di condanne, anche non definitive, per reati contro sicurezza e dignità dei lavoratori o contro l’immigrazione;

-     l’autodichiarazione riguardante l’insussistenza, negli ultimi due anni, di violazioni concernenti l’impiego di manodopera irregolare;

-     l’autodichiarazione circa le esigenze sottostanti la richiesta dei nullaosta e la eventuale presenza di nuovi e consistenti impegni contrattuali (es. acquisizione di nuove commesse e/o appalti) che giustifichino l’eventuale maggior numero di nullaosta richiesti rispetto alla annualità precedente;

-     l’autodichiarazione relativa alla circostanza di non aver presentato ulteriori richieste di asseverazione.

Il professionista e l’organizzazione asseveranti sono comunque tenuti, al fine di semplificare eventuali controlli, a conservare la relativa documentazione per un periodo non inferiore a cinque anni. 

Resta comunque ferma, con riferimento ad entrambi gli anni 2021 e 2022, l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 30-bis, comma 8, ultima parte, del D.P.R. 394/1999, in base al quale la verifica della congruità in rapporto alla capacità economica del datore di lavoro non opera in caso di datore di lavoro affetto da patologie o handicap che intende assumere un lavoratore straniero addetto alla sua assistenza (comma 4, ultimo periodo).

 

In caso di esito positivo delle verifiche è rilasciata apposita asseverazione che il datore di lavoro presenta unitamente alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero, o, per le domande già proposte per il 2021, al momento

della sottoscrizione del contratto di soggiorno (commi 2, ultimo periodo, e 3).

 

Al medesimo scopo di semplificare le procedure per l’assunzione di lavoratori stranieri per il 2021 e il 2022, l’obbligo di asseverazione è escluso:

§  con riferimento alle domande del 2021 in relazione alle quali le suddette verifiche sono già state effettuate dall’Ispettorato nazionale del lavoro (comma 4 primo periodo);

§  con riferimento ad entrambi gli anni 2021 e 2022, nell’ipotesi prevista dall’articolo 30-bis, comma 8, ultima parte, del D.P.R. 394/1999, in base al quale, come già detto, la verifica della congruità in rapporto alla capacità economica del datore di lavoro non si applica in caso di datore di lavoro affetto da patologie o handicap che intende assumere un lavoratore straniero addetto alla sua assistenza (comma 4, ultimo periodo)

§  in caso di istanze presentate dalle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che hanno sottoscritto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito protocollo di intesa con il quale si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dei suddetti requisiti. In tali casi trova applicazione quanto disposto dall’articolo 27, comma 1 -ter, del D.Lgs. 286/1998, in base al quale il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato. Anche in tale caso è fatta salva la possibilità per l’Ispettorato nazionale del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, di effettuare controlli a campione sul rispetto di tale procedura semplificata (commi 5 e 6). Si ricorda che la procedura di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato e di sottoscrizione del contratto di soggiorno è oggetto di semplificazione ad opera degli articoli 42 e 43 del provvedimento in esame, (cfr. le relative schede di lettura).

Tale contratto di soggiorno per lavoro subordinato, previsto dall’art. 5-bis del D.Lgs. 286/1998, è stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, sottoscritto presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa e deve contenere:

-        la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

-        l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

In assenza dei suddetti elementi il contratto non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno.

 

Articolo 45
(Rafforzamento delle strutture e disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 45, per consentire una più rapida definizione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro, autorizza il Ministero dell’Interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga alle norme previste dal codice dei contratti pubblici, nel limite massimo di spesa di 5,7 milioni di euro per l'anno 2022, da ripartire tra le sedi di servizio interessate. Per la medesima finalità, il Ministero dell’Interno potrà inoltre potenziare le risorse umane impiegate con l’incremento del lavoro straordinario del personale già in servizio, incrementare il servizio di mediazione culturale e realizzare interventi di adeguamento delle piattaforme informatiche. A tal fine, sono stanziate ulteriori risorse pari a 6,7 milioni di euro per il 2022.

 

L’articolo in esame reca le misure organizzative e le disposizioni relative ai connessi oneri finanziari ritenute necessarie all’attuazione delle norme di semplificazione dei procedimenti di cui ai precedenti articoli 42, 43 e 44. In particolare, vengono previste 4 linee di intervento:

§  Prestazioni di lavoro con contratti a termine (comma 1): il Ministero dell’Interno può utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), agli articoli 32, 36, da 59 a 65 e 106, riguardanti rispettivamente: le fasi delle procedure di affidamento, i contratti “sotto soglia” (cioè di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea indicate nell'art. 35 del medesimo Codice), le procedure di scelta del contraente per i settori ordinari e la modifica di contratti durante il periodo di efficacia. Il limite massimo di spesa per l'anno 2022 è fissato in 5.663.768 euro.

Per le esigenze degli Sportelli Unici per l’Immigrazione si stima, stando a quanto documentato nella Relazione Tecnica, la necessità di una quota di circa 300 unità lavorative per il 2022, a decorrere dall’11 luglio 2022, da distribuire tra le Prefetture – UU.TT.GG.. Tale fabbisogno è stimato tenuto conto dei dati numerici del personale in servizio presso tali Uffici, dei dati relativi alle domande presentate agli Sportelli in relazione al decreto-flussi per l’anno 2021 e dei procedimenti pendenti per il completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare avviate ai sensi dell’articolo 103 del decreto-legge n. 34/2020.

 

§  Prestazioni di lavoro straordinario (comma 2): gli oneri in questione sono ripartiti tra uffici dell’Amministrazione civile dell’interno (per i quali è autorizzata una spesa pari a euro 1.417.485 per l'anno  2022) e dell’Amministrazione della pubblica sicurezza (in particolare, è autorizzata una spesa pari a 4.069.535 per l'anno 2022 per prestazioni eccedenti rispetto al monte ore previsto per il personale della Polizia di Stato e dell'Amministrazione civile dell'interno, in servizio presso l'ufficio immigrazione delle questure e presso la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno).

 

§  Utilizzo di servizi di mediazione culturale (comma 2), anche mediante apposite convenzioni con organizzazioni di diritto internazionale operanti in ambito migratorio (a tal fine è autorizzata una spesa pari a euro 818.902 per l'anno 2022).

Al fine di assicurare le esigenze di comunicazione con gli stranieri, si ritiene di dover prevedere l’utilizzo del servizio di mediazione culturale e linguistica presso gli Uffici coinvolti, per un periodo di sei mesi del 2022 (a decorrere dal 1° luglio). È stato previsto pertanto – si legge nella Relazione Tecnica - l’impiego di mediatori culturali nella misura massima di 45 unità, da ripartire nelle sedi di servizio interessate dalle procedure previste dagli articoli in esame.

 

§  Adeguamento della piattaforma informatica (comma 2) del Ministero dell'Interno - Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione: euro  484.000.

Secondo quanto indicato dalla Relazione Tecnica, si rende necessario prevedere un potenziamento della capacità di elaborazione (server) e della capacità di memoria (storage).

 

Il comma 3 indica la copertura finanziaria dei costi derivanti dal presente articolo, pari a euro 12.453.690 per l’anno 2022, per i quali si provvede tramite corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e  speciali» della  missione «Fondi  da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'Economia  e delle Finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'Interno.


 


Articolo 45, commi da 3-bis a 3-septies
(Procedure di accertamento e valutazione delle condizioni di invalidità, disabilità, inabilità e inidoneità)

 

 

L’articolo 45, ai commi da 3-bis a 3-septies, introdotti nel corso dell'esame presso la Camera, prevede la soppressione delle commissioni mediche di verifica e il trasferimento delle relative funzioni all’INPS.

 

In particolare, il comma 3-bis dell’articolo 45 prevedono che dal 1° gennaio 2023 siano soppresse le commissioni mediche di verifica, operanti nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze e che le relative funzioni siano trasferite all’INPS, che subentra al Ministero dell’economia e delle finanze anche nell’attività di coordinamento, organizzazione e segreteria delle commissioni mediche di verifica e nei rapporti giuridici relativi alle funzioni ad esso trasferite.

 

Le commissioni mediche di verifica, istituite dall’art. 105 del D.P.R. n. 915/1978 e già ridenominate “commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e di invalidità civile” ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 173/1988, sono organismi collegiali attualmente alle dipendenti dalla Direzione dei servizi del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze con sede, a seguito del riordino previsto dall’articolo 7, comma 25 del D.L. n. 78/2010 (a cui il DM 23 dicembre 2010 ha dato attuazione), nei capoluoghi di regione e della provincia autonoma di Trento. Sono composte da medici specialisti e svolgono gli accertamenti sanitari e le valutazioni in merito all’inidoneità al servizio ed altre forme di inabilità per i dipendenti pubblici ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro o del cambio di mansioni. Svolgono, inoltre, gli accertamenti sanitari nei confronti dei dipendenti pubblici per il riconoscimento dell’aggravamento di infermità già riconosciute dipendenti da causa di servizio o dell’interdipendenza di nuove infermità ai fini della concessione dei benefici previsti dalla normativa vigente. Effettuano poi gli accertamenti in tema di causalità di servizio e di inidoneità ed altre forme di inabilità nei confronti del personale delle Forze Armate, alle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Eseguono gli accertamenti relativi allo stato di inabilità dei familiari dei dipendenti pubblici ai fini della concessione del trattamento pensionistico indiretto o di reversibilità e quelli previsti per conseguire benefici in materia di pensioni di guerra (artt. 4 e 5, D.P.R. n. 377/1999). Effettuano, infine, gli accertamenti delle condizioni di inidoneità del personale docente del comparto Scuola.

Si rammenta che già con D.L. n. 203/2005, cui ha dato attuazione il D.P.C.M.  30 marzo 2007, l’INPS è subentrato nell’esercizio delle funzioni in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 3-ter precisa quindi che, dal 1° gennaio 2023, sono svolti dall’INPS i seguenti accertamenti di idoneità e inabilità nei confronti del personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici e degli Enti Locali:

-         inidoneità per infermità a riprendere servizio del dipendente pubblico al termine del periodo massimo previsto per l’aspettativa di infermità, cui consegue la dispensa dal servizio ove non sia possibile, su domanda, l’assegnazione ad altri compiti attinenti alla medesima qualifica (art. 71, D.P.R. n. 3/1957);

-         l’inabilità permanente del dipendente delle aziende sanitarie locali a prestare servizio o l’inidoneità per infermità a riprendere servizio al termine del periodo massimo previsto per l’aspettativa per infermità, cui consegue la dispensa dal servizio (art. 56, D.P.R. n. 761/1979)

-         l’inabilità del dipendente pubblico non derivante da causa di servizio ai fini dell’accesso alla pensione (art. 13, L. n. 274/1991) e

-         l’infermità del dipendente pubblico non dipendente da causa di servizio dalla quale conseguano l'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, la cessazione del servizio e l’accesso alla pensione ai sensi della normativa vigente (art. 2, comma 12, L. n. 335/1995).

Sono fatti salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame o per i quali, alla medesima data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda.

 

Il comma 3-quater rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro il 31 dicembre 2022, l’adozione delle norme attuative, ivi comprese le modalità di eventuale utilizzo degli immobili in uso alle Ragionerie territoriali dello Stato, nonché l’accertamento delle somme allocate per le medesime finalità nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da trasferire, dal 2023, all’INPS.

 

Il comma 3-quinquies autorizza l’INPS, per il biennio 2022-2023, a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche e ad assumere, anche mediante scorrimento di vigenti graduatorie di concorsi pubblici, cento unità da inquadrare nell’Area C – posizione economica C1 del Comparto Funzioni Centrali -Sez. Enti pubblici non economici.

 

Il comma 3-sexies quantifica in 1.686.970 euro per il 2022 e in 5.060.908 euro annui dal 2023 l’onere finanziario conseguente all’assunzione di cento unità e prevede che ad esso si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 3-septies, infine, impegna l’INPS a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dall’assunzione, i dati concernenti le unità di personale effettivamente assunte ai sensi del coma 3-quinquies e i relativi oneri.


Articolo 45, commi da 3-octies a 3-decies
(Titoli società assicurazioni)

 

L’articolo 45, commi da 3-octies a 3-decies, consente, ai soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali, la facoltà di valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione anziché al valore di realizzazione desumibile dal­l’andamento del mercato (comma 3-octies), prevedendo alcuni limiti applicativi per le imprese di assicurazione e di riassicurazione (commi 3-novies e 3-decies).

 

In particolare, il comma 3-octies, considerata l’eccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari, stabilisce che i soggetti che non adottano i princìpi con­tabili internazionali, nell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato, anziché al valore di realizzazione desumibile dal­l’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. L’ap­plicazione delle disposizioni del primo periodo, in relazione all’evoluzione della si­tuazione di turbolenza dei mercati finanziari, può essere prorogata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

In base al combinato disposto degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo n. 38 del 2005 (Esercizio delle opzioni previste dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali), sono tenute alla redazione del bilancio d’esercizio secondo i princìpi contabili internazionali le società quotate, quelle con titoli diffusi tra il pubblico di cui all’articolo 114 del Testo unico di finanza (decreto legislativo n. 58 del 1998), le banche e gli altri intermediari finanziari sottoposti a vigilanza, nonché le società di assicurazione quotate e che non redigono il bilancio consolidato. Per contro, l’adozione dei medesimi princìpi è preclusa alle società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata in quanto non superano le soglie dimensionali dell’articolo 2435 bis del codice civile. Tutte le altre società non rientranti nelle categorie appena menzionate possono adottare in via facoltativa i princìpi contabili internazionali.

 

Per le imprese di cui all’arti­colo 91, comma 2, del codice delle assicurazioni private (imprese di assicurazione e di riassicurazione che hanno sede legale nel territorio della Repubblica che non utilizzano i principi contabili internazionali), di cui al decreto legisla­tivo n. 209 del 2005, il comma 3-novies rinvia per  le modalità attuative delle disposizioni del comma 3-octies del presente articolo a un regolamento dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, con il quale si disciplinano altresì le modalità applicative. Inoltre, ai sensi del medesimo comma 3-novies, le imprese di cui al primo periodo applicano le disposizioni del comma 3-octies previa verifica della coerenza con la strut­tura degli impegni finanziari connessi al proprio portafoglio assicurativo. Per le imprese diverse da quelle di cui all’arti­colo 91, comma 2, del codice delle assicu­razioni private, di cui al decreto legisla­tivo n. 209 del 2005, le modalità attuative contabili delle disposizioni del comma 3-octies sono stabilite dall’Organi­smo italiano di contabilità.

 

Il comma 3-decies, infine, stabilisce che le imprese indicate al comma 3-novies che si avvalgono della facoltà di cui al comma 3-octies destinano a una ri­serva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla differenza tra i valori registrati in applicazione delle disposizioni dei commi 3-octies e 3-novies e i valori di mercato rilevati alla data di chiusura del periodo di riferimento, al netto del rela­tivo onere fiscale. In caso di utili di eser­cizio di importo inferiore a quello della suddetta differenza, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili o, in mancanza, mediante utili degli esercizi successivi.


Articolo 46
(Disposizioni finanziarie e finali)

 

 

L’articolo 46 reca, al comma 1, le disposizioni finanziarie per l’attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame, autorizzando il Ministro dell’economia e delle finanze apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il comma 2 dispone circa la data di applicazione di alcune modifiche normative in tema di contabilità di Stato che sono state introdotte dal provvedimento in esame.

 

In particolare, il comma 1 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio nonché a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria per dare immediata attuazione alle disposizioni del presente decreto.

 

Il comma 2 rinvia l’applicazione di alcune modifiche normative introdotte dal provvedimento in esame, inerenti la contabilità di Stato, a decorrere dalla data di adozione dei decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, previsti dall’articolo 30, comma 1, lettera m), relativi alle modalità di estinzione delle disposizioni di spesa.

In particolare, il rinvio dell’applicazione riguarda:

§  le modifiche al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato), introdotte dall’articolo 30;

§  le abrogazioni della disciplina del vaglia cambiario della Banca d’Italia, previste dall’articolo 31;

§  alcune modifiche in materia di controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile sugli atti previste dall’articolo 32, comma 1, lettera a).

 

 

 


Articolo 46-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

L’articolo 46-bis prevede che le disposizioni del decreto-legge in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[76].

 

 

 


Articolo 47
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 47 disciplina l’entrata in vigore del decreto-legge.

 

Il decreto-legge è entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 21 giugno 2022), quindi il 22 giugno 2022.

 

 

 

 

 

 



[1]              Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

[2]     Il comma 2 del citato articolo 31 del D.L. n. 73 del 2021 fa riferimento alle suddette quattro categorie - ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale e studi di fattibilità - che sono quelle contemplate dalla disciplina, ivi richiamata, dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato (per progetti di ricerca e sviluppo) che possono essere comunque considerati compatibili con il mercato interno (disciplina di cui all'articolo 25 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni, regolamento "che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato"); rispetto alle possibilità previste da tale disciplina europea, il citato comma 2 dell'articolo 31 esclude, come detto, i costi relativi agli immobili e ai terreni.

[3]     Riguardo alle attività e alle categorie in oggetto, cfr. infra.

[4]              Ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

[5]              L'esclusione è riconosciuta sia con riferimento al reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi sia con riferimento al valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

[6]              Il comma 4 del citato articolo 31 del D.L. n. 73 del 2021 prevede infatti che il credito d'imposta e la suddetta esclusione dello stesso dalla formazione del reddito non rilevano ai fini della determinazione del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni (in base a queste ultime norme, in presenza di ricavi fiscalmente esenti, la deducibilità di interessi passivi e di altri componenti negativi viene ridotta secondo un rapporto percentuale).

[7]              La relazione tecnica è reperibile nell'A.C. n. 3653.

[8]              Ai sensi del comma 3 del citato articolo 31 del D.L. n. 73 del 2021.

[9] La disposizione richiamata ha previsto che al Fondo per il trasferimento tecnologico possano essere assegnate ulteriori somme nel limite massimo di 400 milioni di euro, destinate alla promozione della ricerca e alla riconversione industriale del settore biomedicale.

[10]   In un ambito caratterizzato dalle problematiche di gestione dei rifiuti radioattivi del combustibile esaurito, viene ritenuta irragionevole la scelta di far coincidere l'autorità di controllo in materia di sicurezza nucleare - ovvero l'ISIN - con il soggetto deputato alla gestione del processo industriale - ovvero del decommissioning - e della gestione dei rifiuti, compreso il deposito nazionale.

[11]   Cfr, Corte dei Conti, Relazione sul controllo eseguito sulla Società SO.G.I.N. S.p.a. per l’anno 2018, approvata con Determinazione n. 67 del 2020 e Relazione sul controllo eseguito sulla Società SO.G.I.N. S.p.a. per l’anno 2020, approvata con Determinazione n. 81 del 2021.

[12]   In quanto società a controllo pubblico, Sogin S.p.A. è soggetta alle disposizioni dettate dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.

[13]   Le competenze in materia energetica sono state trasferite dal Ministero dello sviluppo economico (già Ministero delle attività produttive) al Ministero della transizione ecologica ai sensi del riassetto delle competenze dei Ministeri disposto dal decreto-legge n. 22/2021.

[14]   La prima direttiva, come evidenzia la Corte dei conti, ha autorizzato SO.G.I.N. al trattamento e riprocessamento virtuale all’estero del combustibile nucleare irraggiato della centrale elettronucleare di Creys-Malville, per la frazione di proprietà SO.G.I.N., nonché alla cessione del plutonio derivante dal predetto riprocessamento. La seconda direttiva riguarda il rientro in Italia dei rifiuti radioattivi, condizionati e pronti per essere immagazzinati nel Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, derivanti dal riprocessamento in Gran Bretagna del combustibile irraggiato, a suo tempo inviato dall’Italia allo stabilimento di Sellafield. In particolare, la direttiva ha incaricato SO.G.I.N. di definire un accordo con Nuclear Decommissioning Authority (NDA) per la sostituzione dei residui di media e bassa attività con un minor volume di residui, radiologicamente equivalenti, di alta attività. La stessa direttiva ha inoltre invitato SO.G.I.N. a promuovere i necessari accordi per adeguare la tempistica di rientro alla disponibilità del Deposito nazionale. Con nota del 4 agosto 2016 il Ministro dello sviluppo economico ha confermato le linee di indirizzo contenute in quest’ultima direttiva con particolare riferimento al rientro in Italia dal Regno unito dei residui prodotti dal riprocessamento del combustibile italiano.

[15]   Al riguardo, infatti, il citato decreto legislativo n. 175/2016, all’art. 1, comma 4, lettera a), recita: “restano ferme le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l’esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse.

[16]   Decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101 Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

      Ai sensi dell’articolo 74 del decreto legislativo  n. 101/2020, l'Operatore nazionale è la Società gestione impianti nucleari (Sogin S.p.a.) e deve:

      a) garantire la messa in sicurezza di lungo periodo delle sorgenti radioattive dismesse ai fini del loro futuro smaltimento, assicurando un immagazzinamento in sicurezza per un periodo di almeno cinquanta anni;

      b) rispettare le stesse prescrizioni di sicurezza per l'immagazzinamento dei rifiuti radioattivi di origine energetica;

      c) mantenere contabilità separata per l'attività di cui alla lettera a).

      Il Gestore del Servizio integrato è ENEA e, in quanto tale, deve garantire tutte le fasi del ciclo di gestione delle sorgenti non più utilizzate quali la predisposizione al trasporto, il trasporto, la caratterizzazione, l'eventuale trattamento e condizionamento e il deposito provvisorio. Al Servizio integrato possono aderire tutti gli impianti di gestione dei rifiuti radioattivi che svolgono attività di raccolta ed eventuale deposito provvisorio di sorgenti radioattive destinate a non essere più utilizzate.

[17]   Cfr. Corte Conti, cit.

[18]   Cfr, Corte dei Conti, Relazione sul controllo eseguito sulla Società SO.G.I.N. S.p.a. per l’anno 2020, approvata con Determinazione n. 81 del 2021.

[19]   Nel corso del 2019, rileva la Corte dei conti, sono proseguite le interlocuzioni con la società francese ORANO (ex AREVA) e con l’inglese Nuclear Decommissioning Authority (NDA), alle quali sono state affidate principalmente, nel corso degli anni, le attività di decommissioning del combustibile irraggiato proveniente dalle centrali italiane. Per ciò che concerne i rapporti con ORANO, la Corte segnala che nel corso dell’esercizio, a seguito del blocco delle autorizzazioni al trasporto del combustibile verso la Francia, imposto dal Governo francese, non era stato ancora trasferito parte del combustibile ivi destinato, sicché SOGIN ha rinnovato il contratto per il suo immagazzinamento e la sua gestione presso il Deposito Avogadro, sito in provincia di Torino. Nel 2019 è cessata l’efficacia del contratto con l’inglese Nuclear Decommissioning Authority (NDA) per il trasporto e il riprocessamento del combustibile nucleare della centrale elettronucleare di Trino (firmato nel 1974)[19].  e sono state avviate interlocuzioni con la stessa NDA, su sollecitazione del Mise, per la cessione alla stessa Autorità di tutto il plutonio e l’uranio residuato dal riprocessamento del combustibile irraggiato proveniente dalle sopra elencate centrali italiane, che risulta ancora stoccato nel Regno Unito. Inoltre, sono state avviate trattative volte alla definitiva chiusura di alcune pendenze relative al contratto di riprocessamento dei rifiuti radioattivi provenienti dalla centrale di Latina

[20]   Cfr, comunicato stampa SOGIN, del 23 dicembre 2021, disponibile qui.

[21]   L'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto 26 gennaio 2000 include, tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, i costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti. L’inclusione degli oneri nucleari tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico è anche prevista dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 25/2003 (legge n. 83/2003), recante Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici, la quale richiama i costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare, alle attività derivanti dagli obblighi di cui all'Accordo transattivo tra il Governo italiano e la Comunità europea dell'energia atomica stipulato a Roma e Bruxelles il 27 novembre 2009 ed alle attività connesse e conseguenti.

L’articolo 8 del decreto 26 gennaio 2000, che definisce gli oneri nucleari, specifica che essi sono afferenti, tra l’altro, alle attività finalizzate “allo stoccaggio in sito provvisorio, al condizionamento ed all'eventuale riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato delle centrali elettronucleari di Caorso, Foce Verde, Trino Vercellese 1 e Garigliano, nonché al successivo invio dello stesso combustibile nucleare irraggiato e di rifiuti e materiali radioattivi presso il deposito nazionale di stoccaggio di lungo termine ed alla loro conservazione presso lo stesso deposito, o, in alternativa, all'invio e conservazione del combustibile nucleare irraggiato, di rifiuti e materiali radioattivi presso altri sistemi di stoccaggio di lungo termine equivalenti”.

      L’articolo 9, comma 2, del decreto 26 gennaio 2000 prevede che l’Autorità determina gli oneri nucleari “tenendo conto di criteri di efficienza economica nello svolgimento delle attività previste al medesimo articolo” (articolo 8).

      Con la deliberazione 194/2013/R/eel, l’Autorità ha approvato i criteri per il riconoscimento degli oneri conseguenti alle attività di smantellamento da applicarsi al periodo dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2016. L’applicazione dei criteri è stata successivamente prolungata, con modifiche, fino all’anno 2020, per le difficoltà connesse all’elaborazione da parte di SOGIN di un programma a vita intera delle attività rientranti nel perimetro degli oneri nucleari adeguato ai fini della definizione dei criteri di efficienza economica per il successivo periodo di regolazione. Quanto alle modifiche adottate, la Corte dei conti evidenzia alcuni correttivi concernenti la sospensione del meccanismo premi/penalità, e un meccanismo di riconoscimento dei costi del programma nucleare finalizzato ad accelerare il  decommissioning e ad aumentare l’efficienza operativa. Con la deliberazione 417/2020/R/eel, l’Autorità ha individuato gli obiettivi specifici da perseguire nello sviluppo del nuovo quadro regolatorio:

§  responsabilizzare Sogin in relazione al rispetto dei programmi, superando, tra l’altro, la distinzione tra cause endogene e cause esogene (ferma restando la gestione di eventi imprevedibili ed eccezionali);

§  proseguire l'efficientamento dei costi di struttura e responsabilizzare Sogin in relazione anche ad altre voci di costo attualmente non soggette a cap;

§  ripensare la logica incentivante della regolazione, prevedendo, tra l’altro, modalità di riconoscimento dei costi che non consentano a Sogin di conseguire dei margini nei casi in cui la programmazione delle attività di decommissioning venga significativamente disattesa;

§  includere nella regolazione le attività non realizzative, ma cruciali per l’avanzamento delle attività;

§  semplificare e razionalizzare la classificazione dei costi, nel contempo rafforzando la responsabilità di Sogin di efficientare la politica e la gestione del personale (compreso l’incentivo all’esodo), nonché di tutti i costi relativi alla gestione della sede centrale e dei siti;

§  incentivare Sogin a politiche di valorizzazione dei siti e delle competenze, che comportino anche ricadute favorevoli in termini di riduzione del peso della commessa nucleare ricadente sulle bollette dei clienti italiani, attraverso ad esempio meccanismi di sharing dei margini ottenuti sulle attività terze;

§  definire un’adeguata durata per il terzo periodo di regolazione, che preveda la possibilità per Sogin di rivedere i programmi solo dopo un congruo numero di anni.

[22]   In particolare, SO.G.I.N. sottopone annualmente ad ARERA il preventivo e il consuntivo delle attività di smantellamento dei siti nucleari. La Cassa conguaglio versa a SO.G.I.N. le risorse per finanziare le attività, sulla base di un Piano finanziario trasmesso dalla società all’Autorità e successivamente aggiornato nel corso dell’anno su base trimestrale. A fronte dei ricavi, SO.G.I.N. rileva una voce patrimoniale dedicata del bilancio d’esercizio, “Acconti nucleari”, che evidenzia anche l’eventuale differenza che potrebbe emergere tra le erogazioni di liquidità effettuate dalla Cassa conguaglio settore elettrico e l’ammontare degli oneri nucleari riconosciuti per ciascun anno. La componente A2 viene aggiornata ogni tre mesi dall’Autorità, insieme alle altre componenti tariffarie a copertura degli oneri generali del sistema elettrico.

[23]   A tal fine, Sogin:

      a) gestisce le attività finalizzate alla localizzazione del sito per il Parco Tecnologico;

      b) cura le attività connesse al procedimento autorizzativo relativo alla realizzazione ed esercizio del Parco e al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi;

      c) provvede alla realizzazione ed all'esercizio del Parco;

      d) eroga agli Enti locali le quote ad essi spettanti;

      e) promuove diffuse e capillari campagne di informazione e comunicazione alla popolazione in ordine alle attività da essa svolte

      e-bis) sulla base degli obiettivi e dei criteri di sicurezza fissati dall'autorità di regolamentazione competente, Sogin S.p.A. definisce le caratteristiche tecniche dei manufatti dei rifiuti radioattivi ai fini dell'accettazione al Deposito nazionale.

      Lo svolgimento delle attività di cui alle lettere c) ed e) del comma 1 è sottoposto al controllo ed alla vigilanza dell'Agenzia e, limitatamente a quelle di cui alla lettera d), anche al controllo ed alla vigilanza dell'ARERA

[24]   Ai sensi dell’articolo 1, comma 105, della medesima legge 239/04 salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque ometta di effettuare il conferimento è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda fino a euro 1.000.000”.

[25] Nel periodo di realizzazione e di esercizio del Deposito Nazionale, le attività di ricerca/medicali/industriali continueranno comunque a produrre nuovi rifiuti radioattivi che dovranno essere conferiti al Deposito Nazionale, il quale, pertanto, dovrà essere dimensionato anche per tener conto di questi ultimi

[26] Con deliberazione 417/2020/R/eel, l’Autorità ha ritenuto opportuno demandare ad un successivo provvedimento, da adottare a valle della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI), la definizione dei criteri di ammissibilità e delle modalità di riconoscimento dei costi, inclusi quelli già sostenuti, delle attività relative al Deposito Nazionale e al Parco Tecnologico, nonché le modalità per la copertura dei relativi oneri per la quota parte non afferente alla commessa nucleare; Il 5 gennaio 2021 la Sogin, acquisito in data 30 dicembre 2020 il previsto nulla osta da parte dei ministeri competenti, ha pubblicato la CNAPI, e ne ha informato l’Autorità con la comunicazione 7 gennaio 2021.

[27]   Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

      Il termine era già stato prorogato dal 28 febbraio al 30 giugno ai sensi dell’art. 4, comma 8-duodecies del DL. 30 dicembre 2021, n. 228 (cd. proroga termine, L. n. 15/2022).

[28]   Regolamento recante norme sull'organizzazione ed il funzionamento dell'Agenzia Italiana del Farmaco, a norma dell'articolo 48, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

[29]   Prevedere, nel caso di immissione di nuovi farmaci comportanti, a parere della struttura tecnico scientifica individuata dai decreti di cui al comma 13, vantaggio terapeutico aggiuntivo,  in sede di revisione ordinaria del prontuario, una specifica valutazione di costo-efficacia, assumendo come termini di confronto il prezzo di riferimento per la relativa categoria terapeutica omogenea e il costo giornaliero comparativo nell'ambito di farmaci con le stesse indicazioni terapeutiche, prevedendo un premio di prezzo  sulla  base dei criteri previsti per la normativa vigente, nonche' per i farmaci orfani;

[30]   Provvedere alla immissione di nuovi farmaci non comportanti, a parere della predetta struttura tecnico scientifica individuata, in particolare, dal Regolamento di organizzazione dell’AIFA (qui il testo), vantaggio  terapeutico, in sede di revisione ordinaria del prontuario, solo se il  prezzo  del  medesimo medicinale è inferiore o uguale al prezzo più basso dei  medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea;

[31]   Provvedere, su proposta della struttura tecnico scientifica sopra individuata, entro il 30  giugno  2004, alla definitiva individuazione delle confezioni ottimali per l'inizio e il mantenimento delle terapie contro le patologie croniche con farmaci a carico del SSN, provvedendo altresì alla  definizione dei relativi criteri del prezzo. A decorrere dal settimo mese successivo alla data di assunzione del provvedimento da parte dell'Agenzia, il prezzo dei medicinali presenti nel Prontuario Farmaceutico Nazionale, per cui non si sia proceduto all'adeguamento delle confezioni ottimali deliberate dall'Agenzia, è ridotto del 30%.

[32]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15/2022.

[33]   Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria.

 

[34]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2021.

[35]            Più precisamente, ai fini del riconoscimento dell’indennità, si richiede che nei primi quattro mesi del 2022 il lavoratore abbia percepito una retribuzione lorda, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non eccedente l'importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima, beneficiando così, per almeno un mese, dell’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di 0,8 punti percentuali previsto dall’articolo 1, comma 121, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.

[36]            "Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150".

[37]   Tale somma è pari al cinque per cento del costo complessivo dei medesimi contratti di lavoro a tempo determinato.

[38]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

[39]   Al conto corrente e alle risorse ivi esistenti si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 1 del 2018 ossia il Codice della protezione civile. In virtù di siffatto richiamo normativo, le risorse della contabilità speciale per la gestione dell'emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non sono pignorabili né sottoponibili a sequestro, e rimane sospesa qualsivoglia azione esecutiva.

[40]   Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza

[41]   Con nomina di cui al D.P.C.M. 29 marzo 2022 del maggior generale dell'Esercito italiano Tommaso Petroni. L’ Ordinanza n. 1/2022 del direttore ha poi definito la struttura dell'Unità.

[42]   L’Unità subentra in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al Commissario straordinario e cura la definizione e, ove possibile, la conclusione delle relative attività amministrative, contabili e giuridiche (ancora in corso alla data del 31 marzo 2022). Al 31 dicembre 2022, l’Unità procede alla chiusura della contabilità speciale e del conto corrente bancario già intestati al Commissario straordinario; le eventuali somme ivi giacenti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate in tutto o in parte, anche con profilo pluriennale, mediante decreto del Ragioniere Generale dello Stato, ai pertinenti stati di previsione della spesa; le eventuali risorse non più necessarie sono acquisite all’erario. Dal 1° gennaio 2023, il Ministero della salute subentra nelle funzioni e in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo all'Unità.

[43]   Normativa di cui all’articolo 2-bis, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27. Riguardo all'ultimo precedente intervento di proroga, cfr. l'articolo 10, commi 5-bis e 5-ter, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla 19 maggio 2022, n. 52.

[44]   Riguardo a tale disposizione, cfr. supra, in nota.

[45]   Il citato comma 5-ter dell'articolo 10 del D.L. n. 24 del 2022 ha novellato l'articolo 34, comma 9, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106, e successive modificazioni.

[46]   Riguardo ad un'ipotesi in cui il cumulo non è in ogni caso ammesso (in relazione alla tipologia specifica di trattamento pensionistico), cfr. il messaggio dell'INPS n. 298 del 20 gennaio 2022.

[47]   Riguardo a tali limiti, cfr. l’articolo 11 del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, come novellato, da ultimo, dall’articolo 1, comma 269, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.

[48]   Cfr. il citato articolo 4, comma 7, del D.L. n. 228 del 2021.

[49]   Si ricorda che tale accordo, relativo al triennio normativo 2016-2018, è oggetto dell'intesa sancita il 28 aprile 2022 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Riguardo alla disposizione in oggetto, cfr. l'articolo 38, comma 7, dell'accordo.

[50]   Cfr. l'articolo 28, comma 4, dell'accordo.

[51]   Si ricorda che l'istituto dell'assegno unico e universale per i figli a carico si applica a decorrere dalla medesima data del 1° marzo 2022, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[52]   Di cui all'articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104.

[53]   Riguardo a tale nozione, cfr. supra, in nota.

[54]   La relazione tecnica è reperibile nell'A.C. n. 3653.

[55]   Cfr. la norma abrogatoria di cui all'articolo 10, comma 3, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[56]   Riguardo alle maggiorazioni, cfr. la parte di scheda relativa alle novelle di cui al numero 2) e al numero 3) della lettera b) del presente comma 1.

[57]   Si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili).

[58]   Riguardo all'ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[59]   Secondo gli importi indicati nella tabella 1 del citato D.Lgs. n. 230 del 2021.

[60]   Il suddetto numero 4) novella l'articolo 4, comma 6, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021, comma concernente i figli, disabili e a carico, di età pari o superiore a ventuno anni. Si ricorda che, per i figli disabili (maggiorenni) di età inferiore a ventuno anni, gli identici importi sono previsti dal comma 2 del medesimo articolo 4; tale comma concerne infatti la misura dell'importo di base per tutti i figli, maggiorenni e a carico, di età inferiore a ventuno anni - ferme restando, per quelli non disabili, le condizioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso D.Lgs. n. 230 -. Per la riduzione graduale suddetta, si applicano gli importi di cui alla citata tabella 1 del D.Lgs. n. 230.

      Si ricorda altresì che per i soli figli che siano di età pari o superiore a ventuno anni continuano a trovare applicazione le detrazioni fiscali (dalle imposte sui redditi) per i figli a carico (ai sensi del citato articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi).

[61]   Cfr. l'allegato 3 del regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159 del 2013.

[62]   Si ricorda, in sintesi, che tale maggiorazione ha natura transitoria, con un valore decrescente, ed è relativa al periodo 1° marzo 2022-28 febbraio 2025.

[63]   Da parte del richiedente l'assegno unico e universale, o da parte di altro componente del nucleo familiare del richiedente.

[64]   In particolare, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021, l'importo del Reddito di cittadinanza e della quota di integrazione del medesimo - la quale rappresenta, nel caso in esame, l'istituto dell'assegno - è determinato sottraendo dall'importo ipotetico complessivo - costituito dalla somma del Reddito di cittadinanza già spettante e dalla misura dell'assegno unico - la quota del Reddito di cittadinanza relativa ai figli facenti parte del nucleo familiare - quota calcolata in base alla scala di equivalenza di cui all'articolo 2, comma 4, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 -. Si ricorda che la scala di equivalenza è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell'ISEE.

[65]   Il Fondo è stato così ridenominato dall'articolo 1, comma 178, della L. 30 dicembre 2021, n. 234, mentre la denominazione precedente (di cui all'articolo 1, comma 330, della L. 27 dicembre 2019, n. 160) era "Fondo per la disabilità e la non autosufficienza". Il citato comma 178 ha trasferito il Fondo dallo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (riguardo alla destinazione delle risorse, cfr. infra).

[66] Conformemente all'articolo 157.

[67]   A far data dal giorno successivo alla pubblicazione del presente decreto-legge (21 giugno 2022).

[68]   Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.

      Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

[70]   In proposito, l'Agenzia per la coesione territoriale ha reso nota - con un avviso pubblicato in Gazzetta ufficiale del 16 novembre 2020 sul proprio sito istituzionale (www.agenziacoesione.gov.it) - la pubblicazione dei testi integrali di due avvisi pubblici rivolti ad enti del Terzo settore riservati, rispettivamente, alle regioni del Mezzogiorno ed alle Regioni Lombardia e Veneto, con i relativi allegati.

[71]   La proroga del termine si è resa necessaria per consentire la conclusione degli adempimenti amministrativi e contabili relativi all'avviso pubblico "Educare in comune", pubblicato dal Dipartimento per le politiche della famiglia in data l dicembre 2020, e attualmente in corso, che destina risorse tutti i comuni italiani, come previsto dal decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia 25 giugno 2020, in attuazione del sopra richiamato articolo 105. In particolare, la relazione illustrativa motiva la modifica del termine di utilizzo delle risorse per via degli adempimenti connessi al procedimento (verifica delle ammissibilità e valutazione dei progetti da parte della Commissione incaricata) particolarmente complessi a causa del numero elevato di proponenti delle proposte progettuali (circa 2000) rispetto alle tre aree di intervento previste dal bando.

[72]   L'operatività del Fondo è stata prorogata per il 2022 dall'art. 63, comma 5, del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. Sostegno bis). Pertanto, per il 2022 viene rifinanziato il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 per cento dei versamenti effettuati dalle stesse Fondazioni al Fondo. Inoltre si incrementa l'ammontare del contributo nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così da 55 a 100 milioni) e di 55 milioni di euro nel 2022.

[73]   Con i Bambini ha pubblicato ad oggi undici bandi ( Prima Infanzia (0-6 anni), Adolescenza (11-17 anni), Nuove Generazioni 5-14 anni, Un passo avanti, Ricucire i sogni, Cambio rotta, A braccia aperte, Un domani possibile , Non uno di meno, Comincio da zero, Bando per le comunità educanti). Nella gestione dei bandi, è stato introdotto l'elemento della valutazione di impatto.

[74]   Nello stato di previsione del MAECI sono relativi all'AICS i seguenti 3 capitoli: cap. 2021, spese per il personale; cap. 2171, spese di funzionamento; cap. 2185, interventi di cooperazione internazionale.

[75]   La norma fa rinvio all’art. 1 della L. 12/1979, in base al quale gli adempimenti in materia di lavoro relativi al personale dipendente, quando non sono curati dal datore di lavoro, possono essere assunti dai soggetti iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro, negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, o dei ragionieri e periti commerciali.

[76]   Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.