Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 152/2021 - Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose
Riferimenti: AC N.3354/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 499
Data: 11/11/2021
Organi della Camera: V Bilancio

Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose

D.L. 152/2021 – A.C. 3354

Parte I – Schede di lettura

 

 

Parte I – Schede di lettura

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 471

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Bilancio

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Progetti di legge n. 499

 

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 391

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

Tel. 06 6760-3545 – 06 6760-3685 * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

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D21152.docx

 


INDICE

 

TITOLO I – MISURE URGENTI FINALIZZATE ALLA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PNRR PER IL2021

Capo I – Turismo

Articolo 1 (Contributi e credito d’imposta per le imprese turistiche). 7

Articolo 2 (Garanzie per i finanziamenti nel settore turistico). 21

Articolo 3 (Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo nel turismo). 28

Articolo 4 (Credito d’imposta per la digitalizzazione di agenzie di viaggio e tour operator)  34

Capo II – Infrastrutture ferroviarie, edilizia giudiziaria

Articolo 5 (Semplificazione delle procedure riguardanti gli investimenti ferroviari)  39

Articolo 6 (Approvazione dei progetti ferroviari e di edilizia giudiziaria) 45

Capo III – Innovazione tecnologia e transizione digitale

Articolo 7 (Disposizioni per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale). 53

Capo IV – Procedure di spesa

Articolo 8 (Fondo ripresa resilienza Italia). 63

Articolo 9, comma 1 (Proroga attuazione Programmi complementari). 67

Articolo 9, comma 2 (Ritardo pagamento debiti commerciali). 72

Articolo 9, commi 3-5 (Analisi impatto su occupazione e retribuzione del lavoro del Piano nazionale di ripresa e resilienza). 75

Articolo 9, commi 6-7 e 12-13 (Gestione contabile delle risorse destinate all’attuazione del PNRR). 78

Articolo 9, commi 8 e 9 (Comitato scientifico per revisione della spesa pubblica)  83

Articolo 9, commi 10 e 11 (Assunzioni presso la RGS e impiego di esperti). 86


 

Articolo 9, commi 14-18 (Realizzazione della riforma 1.15 del PNRR “Sistema unico di contabilità economico-patrimoniale per le PA”). . 91

Articolo 10 (Supporto tecnico operativo per le misure di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali). 95

Capo V – Zone economiche speciali

Articolo 11 (Modifiche alla conferenza di servizi per insediamenti ZES e sportello unico ZES) 99

Capo VI – Università e ricerca

Articolo 12 (Borse di studio per gli studenti universitari e delle istituzioni AFAM)  103

Articolo 13 (Supporto tecnico al Ministero dell’università e della ricerca). 108

Articolo 14 (Disposizioni per l’interdisciplinarietà delle classi di laurea e la formazione di profili professionali innovativi) 110

Articolo 15 (Alloggi per studenti). 115

TITOLO II – ULTERIORI MISURE URGENTI FINALIZZATE ALL’ACCELERAZIONE DELLE INIZIATIVE PNRR

Capo I – Ambiente

Articolo 16 (Risorse idriche). 118

Articolo 17 (Piano d’azione per la riqualificazione dei siti orfani). 139

Articolo 18 (Proposta di riduzione dei tempi del procedimento di valutazione ambientale strategica). 141

Articolo 19 (Gestione del fine vita degli impianti fotovoltaici). 144

Capo II – Efficientamento energetico, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, messa in sicurezza degli edifici e del territorio e coesione territoriale

Articolo 20 (Interventi comunali in materia di efficientamento energetico, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile e messa in sicurezza degli edifici e valorizzazione del territorio)  149

Articolo 21 (Piani integrati). 153

Articolo 22 (Misure per agevolare la realizzazione degli interventi finanziati con le risorse del PNRR volti a fronteggiare il rischio di alluvione e il rischio idrogeologico). 162

Articolo 23 (Utilizzo risorse del Fondo Sviluppo e Coesione). 165

Capo III – Scuole innovative, progetti di rilevante interesse nazionale e mobilità dei docenti universitari

Articolo 24 (Progettazione di scuole innovative). 168

Articolo 25 (Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN). 175

Articolo 26 (Disposizioni in materia di chiamata diretta nelle università e di mobilità dei professori universitari e dei ricercatori). 178

Capo IV – Servizi digitali

Articolo 27 (Semplificazione e il rafforzamento dei servizi digitali). 188

Articolo 28 (Servizio di collegamento delle imprese alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati) 195

Articolo 29 (Fondo per la Repubblica Digitale). 198

Articolo 30 (Digitalizzazione dell’intermodalità e della logistica integrata). 201

Capo V – Personale e organizzazione delle pubbliche amministrazioni e servizio civile

Articolo 31 (Professionisti assunti a tempo determinato o con incarichi di collaborazione per l’attuazione di progetti previsti dal PNRR e modalità di svolgimento dei concorsi pubblici per i soggetti con disturbi specifici di apprendimento). 204

Articolo 32 (Formez PA). 207

Articolo 33 (Istituzione del Nucleo PNRR Stato-Regioni). 209

Articolo 34 (Reclutamento di personale per il Ministero della transizione ecologica per l'attuazione degli obiettivi di transizione ecologica del PNRR). 213

Articolo 35 (Rafforzamento organizzativo in materia di Giustizia). 215

Articolo 36 (Potenziamento dell’Unità per la semplificazione). 226

Articolo 37 (Integrazione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard)  231

Articolo 38 (Proroga della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso operanti presso l’Agenzia italiana del farmaco). 233

Articolo 39 (Inviato speciale per il cambiamento climatico). 236

Articolo 40 (Disposizioni relative al sistema del servizio civile universale). 238

TITOLO III – GESTIONI COMMISSARIALI, IMPRESE AGRICOLE E SPORT

Capo I – Gestioni commissariali e Alitalia

Articolo 41 (Comprensorio Bagnoli- Coroglio). 241

Articolo 42 (Commissario straordinario per la città di Taranto). 252

Articolo 43 (Potenziamento della struttura del Commissario unico per la bonifica delle discariche abusive). 256

Articolo 44 (Disposizioni in materia di Alitalia). 259

Capo II – Imprese agricole

Articolo 45 (Compensazione per le imprese agricole). 261

Capo III – Sport

Articolo 46 (Fondi per il rilancio del sistema sportivo). 264

TITOLO IV – INVESTIMENTI E RAFFORZAMENTO DEL SISTEMA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA

Capo I – Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia

Articolo 47 (Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario delle aziende) 266

Articolo 48 (Contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia)  273

Articolo 49 (Prevenzione collaborativa) 278

TITOLO V – ABROGAZIONI E DISPOSIZIONI FINALI

Capo I – Abrogazioni e disposizioni finali

Articolo 50, comma 1 (Beni non espropriabili dall’Agente della riscossione). 281

Articolo 50, comma 2 (Tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica)  283

Articolo 50, comma 3 (Abrogazione della disciplina per il recupero dei contributi dovuti per il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti). 285

Articolo 50, comma 4 (Abrogazione della disciplina per l’utilizzo del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi). 287

Articolo 50, comma 5 (Abrogazione di misure di coordinamento e monitoraggi in materia di cambiamenti climatici e qualità dell’aria) 288


 

 

Articolo 51 (Disposizioni finanziarie). 289

Articolo 52 (Entrata in vigore). 290

 

 


TITOLO I – MISURE URGENTI FINALIZZATE ALLA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL PNRR PER IL2021

Capo I – Turismo

Articolo 1
(Contributi e credito d’imposta per le imprese turistiche)

 

 

L’articolo 1 attribuisce alle imprese del settore turistico, ricettivo e fieristico-congressuale un credito di imposta e un contributo a fondo perduto a fronte di specifiche spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.

Il credito d’imposta spetta fino all’80 per cento delle spese sostenute, mentre il contributo è attribuito fino al 50 per cento delle spese per detti interventi, un importo massimo di 40.000 euro (eventualmente innalzabile, in presenza di specifiche condizioni). Per le spese non coperte dagli incentivi è possibile fruire di un finanziamento a tasso agevolato.

Le norme altresì contengono una disciplina transitoria per il passaggio dal credito di imposta per la riqualificazione delle strutture turistico alberghiere al nuovo incentivo.

Per gli interventi non coperti dal credito di imposta e dal contributo a fondo perduto è previsto l’intervento di un finanziamento agevolato.

 

Il comma 1, per migliorare la qualità dell’offerta ricettiva in attuazione della linea progettuale “Miglioramento delle infrastrutture di ricettività attraverso lo strumento del Tax credit” Misura M1C3, investimento 4.2.1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (che prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro allo scopo), attribuisce alle imprese operanti nel settore turistico, alberghiero e ricettivo (individuate al comma 4), un credito di imposta fino all’80 per cento delle spese sostenute in relazione a uno o più interventi edilizi e per la digitalizzazione d’impresa (più specificatamente elencati al comma 5), realizzati dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore della disposizione in esame) fino al 31 dicembre 2024.

 

 

Come riassume il comunicato della Presidenza del Consiglio relativo alla riunione del Consiglio del 27 ottobre 2021, il “pacchetto Turismo” del PNRR ammonta complessivamente a 2,4 miliardi.

Per essere operativo, lo schema ha bisogno di una componente normativa (contenuta nel decreto legge in commento) e di una parte che verrà introdotta attraverso atti amministrativi.

I 2,4 miliardi sono così suddivisi:

 

Interventi a titolarità del Ministero del Turismo (MiTur)

2.400.000.000

MISSIONE

COMPONENTE

TIPOLOGIA

INTERVENTO

Importo totale

M1

C3

Investimento

4.1 Hub del Turismo Digitale

114.000.000

M1

C3

Investimento

4.2 Fondi integrati per la competitività delle imprese turistiche

1.786.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.1 Miglioramento delle infrastrutture di ricettività attraverso lo strumento del Tax credit

500.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.2 Digitalizzazione Agenzie e Tour Operator

98.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.3 Sviluppo e resilienza delle imprese del settore turistico (Fondo dei Fondi BEI)

500.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.4 Sostegno alla nascita e al consolidamento delle pmi turismo (Sezione speciale “turismo” del Fondo di Garanzia per le PMI)

358.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.5 Fondo rotativo imprese (FRI ) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo

180.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.2.6 Valorizzazione, competitività e tutela del patrimonio ricettivo attraverso la partecipazione del Min. Turismo nel Fondo Nazionale Turismo

150.000.000

M1

C3

Investimento

4.3 Caput Mundi. Next Generation EU per grandi eventi turistici

500.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.1 Roman Cultural Heritage for EU-Next Generation

170.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.2 I percorsi Giubilari 2025

160.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.3 La città condivisa

90.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.4 Mitingodiverde

60.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.5 Roma 4.0

10.000.000

M1

C3

Sub-Investimento

4.3.6 Amanotesa

10.000.000

 

 

Il comma 2 attribuisce alle medesime imprese un contributo a fondo perduto, non superiore al 50 per cento delle spese sostenute per i medesimi interventi, realizzati a decorrere dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto in esame) e fino al 31 dicembre 2024, comunque non superiore al limite massimo di 100.000 euro.

Il contributo a fondo perduto è riconosciuto per un importo massimo pari a 40.000 euro che può essere aumentato anche cumulativamente:

a)   fino ad ulteriori 30.000 euro, qualora l’intervento preveda una quota di spese per la digitalizzazione e l’innovazione delle strutture in chiave tecnologica ed energetica di almeno il 15 per cento dell’importo totale dell’intervento;

b)   fino ad ulteriori 20.000 euro per le imprese femminili o giovanili. Nello specifico si tratta delle le società cooperative e le società di persone, costituite in misura non inferiore al 60 per cento da donne o da giovani, le società di capitali le cui quote di partecipazione sono possedute in misura non inferiore ai due terzi da donne o giovani e i cui organi di amministrazione sono costituiti per almeno i due terzi da donne o giovani, e le imprese individuali gestite da donne o giovani, che operano nel settore del turismo. Ai fini della lettera in esame, per giovani si intendono le persone con età compresa tra i 18 anni e 35 anni non compiuti alla data di presentazione della domanda;

c)   fino ad ulteriori 10.000 euro, per le imprese la cui sede operativa è ubicata nei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

 

Ai sensi del comma 3, il credito d’imposta e il contributo a fondo perduto sono cumulabili, a condizione che tale cumulo - tenuto conto del fatto che le misure agevolative non concorrono alla formazione del reddito e della base imponibile Irap, ai sensi del comma 8 - non porti al superamento del costo sostenuto per gli interventi agevolati, di cui al comma 5.

L’ammontare massimo del contributo a fondo perduto è erogato in un’unica soluzione a conclusione dell’intervento, fatta salva la facoltà di concedere, a domanda, un’anticipazione non superiore al 30 per cento del contributo a fondo perduto a fronte della presentazione di idonea garanzia fideiussoria rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di  solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o  rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’albo apposito (di cui  all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre  1993, n. 385, Testo Unico Bancario) o cauzione costituita, a scelta del beneficiario, in contanti, con bonifico, in assegni circolari o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, presso le aziende autorizzate, ovvero, ad esclusione degli assegni circolari, presso la tesoreria statale, a titolo di pegno a favore dell’amministrazione

 

Il comma 4 individua i destinatari delle agevolazioni. Si tratta di:

§  imprese alberghiere;

§  strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali;

§  strutture ricettive all’aria aperta;

§  imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale, ivi compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici, i parchi tematici.

 

In base alle stime contenute nella relazione tecnica, l’importo medio delle agevolazioni potrebbe giungere a circa 100.000 euro, di cui mediamente 30.000 euro da erogare a fondo perduto, per un intervento medio di spesa ammissibile che si stima possa essere di 125.000 euro, a cui corrisponderebbe un tasso di soddisfacimento di circa 1.000 imprese ogni 100 milioni stanziati (quindi 5.000 entro il 2024).

 

Il credito di imposta del 65% (per la cui ricostruzione si rinvia al box inserito dopo la descrizione del comma 13) ha consentito – elaborando gli andamenti delle richieste, che sono tuttora in corso - agevolazioni di importo minore: l’importo medio delle agevolazioni è calcolabile intorno ai 65.000 euro, per un intervento medio di spesa ammissibile di 96.000 euro. Negli anni 2019-2021 la misura ha attivato interventi pari a 180 milioni nel primo anno e 200 milioni nel successivo biennio e mediamente il credito d’imposta ha soddisfatto circa 1.700 imprese turistiche ogni 100 milioni stanziati.

 

Il comma 5 individua gli interventi agevolabili tramite il contributo a fondo perduto e il credito d’imposta, precisando che le spese si considerano effettivamente sostenute secondo i criteri individuati dall’articolo 109 del Tuir - Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 

Tale disposizione individua i criteri per determinare i componenti positivi e negativi del reddito d’impresa. In linea generale i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni.

Le agevolazioni sono riconosciute in relazione alle spese sostenute, ivi incluso il servizio di progettazione, per eseguire, nel rispetto dei principi della “progettazione universale” di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, stipulata a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18[1], i seguenti interventi:

a)   interventi di incremento dell’efficienza energetica delle strutture (cui ai sensi del comma 10 è destinato il 50% delle risorse) e di riqualificazione antisismica;

b)   interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, in conformità alla legge 9 gennaio 1989, n. 13 (recante le disposizioni sul superamento e l’eliminazione di dette barriere negli edifici privati), e al decreto del presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 in tema di l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici;

c)   interventi edilizi elencati all’articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) ed e.5) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e cioè, rispettivamente, interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e installazione dei cd.  manufatti leggeri, purché funzionali all’incremento dell’efficienza energetica delle strutture e alla riqualificazione antisismica, ovvero all’eliminazione di barriere architettoniche (di cui alle lettere a) e b));

d)   realizzazione di piscine termali e acquisizione di attrezzature e apparecchiature per lo svolgimento delle attività termali, relativi agli stabilimenti termali, di cui all’articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323;

e)   spese per la digitalizzazione previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83. Si tratta di spese:

-         per impianti wi-fi, solo a condizione che l'esercizio ricettivo metta a disposizione dei propri clienti un servizio gratuito di velocità di connessione pari ad almeno 1 Megabit/s in download;

 

Si valuti l’opportunità di assumere iniziative per aggiornare tale valore minimo allo stato attuale della tecnologia.

 

-         siti web ottimizzati per il sistema mobile;

-         programmi e sistemi informatici per la vendita diretta di servizi e pernottamenti, purché in grado di garantire gli standard di interoperabilità necessari all'integrazione con siti e portali di promozione pubblici e privati e di favorire l'integrazione fra servizi ricettivi ed extra-ricettivi;

-         spazi e pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da tour operator e agenzie di viaggio;

-         servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale;

-         strumenti per la promozione digitale di proposte e offerte innovative in tema di inclusione e di ospitalità per persone con disabilità;

-         servizi relativi alla formazione del titolare o del personale dipendente ai fini del riconoscimento dell’agevolazione.

Al riguardo si ricorda che fino al 2016 (ai sensi del predetto articolo 9 del decreto-legge n. 83 del 2014) è stato riconosciuto agli esercizi ricettivi un credito d’imposta per la digitalizzazione.

 

Il comma 6 chiarisce che gli interventi agevolabili (di cui al comma 5) devono risultare conformi alla Comunicazione della Commissione UE (2021/C 58/01), che individua gli orientamenti tecnici sull’applicazione del principio “non arrecare un danno significativa” a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza e non devono arrecare un danno significativo agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del regolamento UE n. 2020/852, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili.

 

In sintesi, il menzionato articolo 17 chiarisce che si considera, tenuto conto del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi forniti da un’attività economica, compresi gli elementi di prova provenienti dalle valutazioni esistenti del ciclo di vita, che un’attività economica arreca un danno significativo:

 

a)

alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;

 

b)

all’adattamento ai cambiamenti climatici, se l’attività conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e del clima futuro previsto su sé stessa o sulle persone, sulla natura o sugli attivi;

 

c)

all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce:

i)

al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; o

 

ii)

al buono stato ecologico delle acque marine;

 

d) all’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se:

i)

l’attività conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali quali le fonti energetiche non rinnovabili, le materie prime, le risorse idriche e il suolo, in una o più fasi del ciclo di vita dei prodotti, anche in termini di durabilità, riparabilità, possibilità di miglioramento, riutilizzabilità o riciclabilità dei prodotti;

 

ii)

l’attività comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; o

 

iii)

lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all’ambiente;

 

e)

 alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento, se l’attività comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo rispetto alla situazione esistente prima del suo avvio; o

 

f)

 alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se l’attività:

i)

nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi; o

 

ii)

nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelli di interesse per l’Unione.

 

Nel valutare un’attività economica in base ai predetti criteri, si tiene conto dell’impatto ambientale dell’attività stessa e dell’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi da essa forniti durante il loro intero ciclo di vita, in particolare prendendo in considerazione produzione, uso e fine vita di tali prodotti e servizi.

 

Il comma 7 consente, per le spese ammissibili inerenti al medesimo progetto ma non coperte dagli incentivi di cui ai commi 1 e 2, di fruire del finanziamento a tasso agevolato previsto dal decreto interministeriale del 20 dicembre 2017 (“Modalità di funzionamento del Fondo nazionale per l’efficienza energetica”), a condizione che almeno il 50 per cento di tali costi sia dedicato agli interventi di riqualificazione energetica, nel rispetto delle disponibilità a legislazione vigente e senza ulteriori oneri a carico delle finanze pubbliche. In sostanza, in presenza di costi ammissibili dell’investimento non coperta da credito di imposta e contributo a fondo perduto, è possibile accedere ad un finanziamento agevolato garantito dal Fondo che copre la metà della parte dei costi non incentivati riferibile al miglioramento energetico, nei limiti delle disponibilità del Fondo.

L'articolo 15 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, ha istituito il «Fondo nazionale per l'efficienza energetica», che con il decreto interministeriale del 22 dicembre 2017 è stato affidato ad Invitalia. Lo stesso decreto definisce le priorità, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del Fondo. Il Fondo sostiene gli interventi di efficienza energetica realizzati dalle imprese, ivi comprese le ESCO, e dalla pubblica amministrazione, su immobili, impianti e processi produttivi. Il Fondo ha una natura rotativa e si articola in due sezioni (garanzie su singole operazioni di finanziamento e finanziamenti a tasso agevolato). Per una puntuale descrizione del funzionamento del Fondo, si rinvia al relativo paragrafo all’interno del tema sull’attività parlamentare dedicato al Risparmio ed all’efficienza energetica.

 

Il comma 8 individua le specifiche regole di fruizione del credito d’imposta che è utilizzabile esclusivamente in compensazione in F24 (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) a decorrere dall'anno successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati.

Non si applicano i limiti di utilizzo dei crediti di imposta di cui all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Si ricorda che l’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) ha modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.

A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento. L'ammontare del credito d'imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere l'importo concesso dal Ministero del turismo, pena lo scarto dell'operazione di versamento. Ai fini di controllo, il Ministero del turismo, preventivamente alla comunicazione alle imprese beneficiarie, trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d'intesa, l'elenco delle imprese ammesse a fruire dell'agevolazione e l'importo del credito concesso, unitamente a quello del contributo a fondo perduto, nonché le eventuali variazioni e revoche. Allo scopo di consentire la regolazione contabile delle compensazioni effettuate attraverso il modello F24 telematico, le risorse stanziate a copertura del credito d’imposta concesso sono trasferite sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio» aperta presso la Tesoreria dello Stato.

 

Il credito di imposta è cedibile, in tutto o in parte, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, comprese le banche e gli altri intermediari finanziari ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente.

Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive; esso non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono o non concorrono a formare il reddito, di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

Nei casi di utilizzo illegittimo del credito d’imposta, ferma l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dalle vigenti disposizioni tributarie, si provvede al recupero dei relativi importi secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.

In sintesi, il richiamato comma 6 prevede che, per contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, l'Agenzia delle entrate trasmette a tali amministrazioni ed enti, tenuti al detto recupero, secondo modalità telematiche, i dati relativi ai predetti crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute e compensati in F24.

Il Ministero del turismo provvede alle attività di cui al comma in esame nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Per le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità del credito d’imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi degli intermediari abilitati (soggetti previsti dall’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322), il comma 8 rinvia al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 agosto 2020 (adottato ai sensi degli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cd. Rilancio; si tratta delle norme che hanno disciplinato, rispettivamente, il cd. superbonus e la possibilità di cedere o scontare in fattura alcune agevolazioni fiscali in materia edilizia).

 

Il comma 9 dispone che, entro il 7 dicembre 2021 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), il Ministero del turismo pubblichi un avviso contenente le modalità applicative per l’erogazione degli incentivi in parola, ivi inclusa l'individuazione delle spese considerate eleggibili.

Si ricorda che nel PNRR l’obiettivo sotteso alla misura del contributo a fondo perduto è quello del raggiungimento di una platea di 3500 imprese.

 

Ferma restando la disciplina di cui al citato decreto interministeriale del 20 dicembre 2017 per quanto previsto ai sensi del comma 7, gli interessati presentano, in via telematica, apposita domanda in cui dichiarano (in autocertificazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e dell’articolo 18, comma 3-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241) il possesso dei requisiti necessari per la fruizione degli incentivi. Il Ministero del turismo trasmette all’Agenzia delle entrate i dati relativi agli importi concessi a titolo di credito di imposta e svolge l’eventuale attività di recupero dei crediti d’imposta illegittimamente utilizzati.

 

Ai sensi del comma 10 gli incentivi sono concessi, secondo l’ordine cronologico delle domande, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2022, 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 40 milioni di euro per l’anno 2025, con una riserva del 50 per cento dedicata agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica. L’esaurimento delle risorse è comunicato con avviso pubblico pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del turismo.

Gli importi indicati rappresentano l’ammontare complessivo (500 milioni) indicato per la missione M1, componente C3, destinati al sub-investimento “Miglioramento delle infrastrutture di ricettività attraverso lo strumento del Tax Credit” del PNRR.

 

Il comma 11 prevede che il credito d’imposta (comma 1) si applichi agli interventi avviati successivamente al 1° febbraio 2020 e a condizione che le relative spese siano sostenute a decorrere dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

 

Il comma 12 reca una disciplina transitoria che riguarda gli interventi conclusi prima del 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto in commento), a cui continua ad applicarsi, ai fini del credito d’imposta, il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture turistico alberghiere nella misura del 65%, secondo la disciplina dettata dall’articolo 79 del decreto-legge n. 104/2020 (cd. Agosto).

 

Ai sensi del comma 13, per il credito di imposta in commento viene ulteriormente autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2022. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 79, comma 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104.

Conseguentemente, viene limitata nel tempo l’efficacia dell'articolo 79, comma 1, primo periodo, del decreto-legge “Agosto” (due – anziché tre – periodi di imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019, quindi per il 2020 e il 2021).

 

In sintesi, il previgente credito di imposta (pari al 65%) continua ad essere applicato fino agli interventi conclusi entro 7 novembre 2021; alla fine del 2021 viene meno tale disciplina, in corrispondenza con l’entrata in vigore di quella prevista dal presente articolo.

Conseguentemente, l’autorizzazione di spesa pari a 100 milioni di euro per il 2022, di cui all’art. 79, comma 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, è ridotta e un corrispondente importo è destinato ad incrementare la dotazione relativa al credito di imposta di cui al comma 1.

 

L’articolo 10 del decreto-legge n. 83/2014 (l. n. 106/2014) ha previsto il riconoscimento, ai fini delle imposte sui redditi, di un credito d’imposta alle imprese alberghiere esistenti alla data del 1° gennaio 2012, in relazione ai costi sostenuti per gli interventi e le tipologie di spese di cui, rispettivamente ai commi 2-2-ter e al comma 7 del medesimo articolo 10. Il credito è stato riconosciuto nella misura del 30% delle spese sostenute fino ad un massimo di 200.000 euro. Le spese riconosciute come detraibili sono interventi di ristrutturazione edilizia, o interventi di eliminazione delle barriere architettoniche (comma 2), nonché ulteriori interventi, compresi quelli per l'acquisto di mobili e componenti d'arredo, a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all'esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima dell'ottavo periodo d'imposta successivo (comma 7). Inoltre, il credito d’imposta è stato riconosciuto anche per interventi di ristrutturazione che comportano un aumento della cubatura complessiva, entro i criteri predeterminati (tali criteri sono stati introdotti dall’art. 1, co. 320 della L. n. 208/2015, quali nuovi commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 10 del decreto-legge n. 83/2014).

Il comma 4 dell’articolo ha demandato ad un decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza Unificata, la definizione delle disposizioni applicative della misura (D.M. 7 maggio 2015).

Ai sensi del comma 3, il credito è stato in tre quote annuali e riconosciuto nel rispetto dei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato “de minimis(Reg. UE 1407/2013 che esonera dall’obbligo di previa notifica alla Commissione, i regimi di aiuti sino ad un importo di 200 mila euro per impresa per tre esercizi finanziari).

Si rammenta che il credito d’imposta in questione, per gli anni 2017-2018 è stato potenziato, ai sensi di quanto previsto dalla L. n. 232/2016, art. 1, co. 4-7 (a sua volta poi modificati dalla successiva L. di bilancio 2017) e riconosciuto nella misura del 65% a condizione che gli interventi avessero anche le finalità di cui al comma 2 dell’articolo 10 del decreto-legge n. 83 del 2014. Sono state comprese tra i beneficiari le strutture agrituristiche, nonché le strutture termali, queste ultime anche per la realizzazione di piscine termali e per l'acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali. Il credito è stato ripartito in due quote annuali di pari importo e utilizzato a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati. (cfr. decreto attuativo D.M. 20 dicembre 2017).

L’articolo 79 del decreto-legge n. 104/2020, al comma 1, ha riconosciuto per gli anni 2020 e 2021 il credito d’imposta nella misura del 65% e ha disposto che lo stesso credito sia utilizzabile esclusivamente in compensazione, che non si applica la ripartizione in tre quote annuali di cui al comma 3 dell’art. 10 del decreto-legge n. 83/2014. Per quanto non diversamente disposto l’articolo 79 ha disposto che trovano applicazione le disposizioni di cui al citato articolo 10. Il comma 2 dell’articolo 79 ha incluso tra i beneficiari le strutture agrituristiche e le strutture alberghiere termali, queste ultime anche per la realizzazione di piscine termali e per l'acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali, nonché le strutture ricettive all'aria aperta. Per l'attuazione della misura, il comma 3 dell’articolo 79 ha autorizzato la spesa di 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. L’autorizzazione di spesa per l’anno 2021 è stata incrementata di ulteriori 20 milioni dall’art. 1, co. 604 della L. di bilancio 2021 (L. n. 178/2020). Con il decreto-legge n. 73 del 2021 (articolo 7, comma 5), l’autorizzazione di spesa è stata rifinanziata di 100 milioni di euro per il 2022.

 

Il comma 14 chiarisce gli incentivi in commento non sono cumulabili con altri contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubblici concessi per gli stessi interventi. Gli incentivi di cui ai commi 1 e 2 sono riconosciuti nel rispetto delle condizioni e dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 della Commissione europea, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis e nei limiti del cd. Temporary Framework, come definito dalla comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

Si affida al Ministero del turismo il compito di provvedere agli adempimenti degli obblighi inerenti al registro nazionale aiuti di Stato (di cui all’articolo 52 della legge 24 dicembre 2012, n. 234) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 15 prevede che il Ministero del turismo, con decreto da emanare entro il 31 marzo 2025, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provveda ad aggiornare gli standard minimi, uniformi in tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel e gli alberghi diffusi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alle capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali e dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale.

Allo stato, la materia è regolata da leggi regionali: il DPCM 13 settembre 2002 (“Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico”) infatti dichiara che i princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico vengono definiti d'intesa fra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, al fine di assicurare l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese e delle professioni turistiche, nonché degli operatori e dei lavoratori del settore.

 

Il comma 16 abroga conseguentemente i commi 2-ter e 5 dell’articolo 10 del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 83, che concernono l’aggiornamento con decreto ministeriale degli standard minimi, uniformi in tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel e gli alberghi diffusi.

 

Il comma 17 reca le norme di copertura finanziaria dell’agevolazione in esame.

Agli oneri relativi alle disposizioni di cui al comma 10 (500 milioni complessivi, di cui 100 milioni per il 2022, 180 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 40 milioni per il 2025), si provvede a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione del Next Generation EU-Italia di cui all'articolo 1, comma 1037, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), secondo le modalità previste ai commi da 1038 a 1050 del medesimo articolo.  

Il comma precisa che l'attuazione dell'intervento garantisce il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 2, comma 6-bis, del D.L. n. 77 del 2021 (legge n. 108/2021), volto ad assicurare che, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del PNRR, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno, salve le specifiche allocazioni territoriali già previste nel PNRR.

 

Il richiamato comma 6-bis dispone altresì che il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso i dati rilevati dal sistema di monitoraggio attivato dal Servizio centrale per il PNRR di cui all'articolo 6, verifica il rispetto del predetto obiettivo e, ove necessario, sottopone gli eventuali casi di scostamento alla Cabina di regia, che adotta le occorrenti misure correttive e propone eventuali misure compensative.

 

Si ricorda che alle risorse autorizzate ai sensi del comma 10 per il credito di imposta (co. 1) e per il contributo a fondo perduto (co. 2) - pari a 500 milioni complessivi, di cui 100 milioni per il 2022, 180 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 40 milioni per il 2025 - cui il comma 17 in esame fornisce copertura finanziaria, si aggiungono ulteriori 100 milioni per il 2022 finanziate dal comma 13 per il solo credito di imposta, alla cui copertura si provvede attraverso la soppressione per l’esercizio 2022 del credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive prevista dall’art. 79, comma 3, del D.L. n. 104 del 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 4 del provvedimento in esame attribuisce, fino al 31 dicembre 2024, ad agenzie di viaggi e tour operator un credito di imposta nella misura del 50 per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo digitale, fino all’importo massimo complessivo cumulato di 25.000 euro. Si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 4 per ulteriori dettagli.

 


 

Articolo 2
(Garanzie per i finanziamenti nel settore turistico)

 

 

L’articolo 2 – utilizzando i fondi previsti nel PNRR - istituisce nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese una “Sezione Speciale Turismo” per la concessione di garanzie alle imprese alberghiere, alle strutture agrituristiche, alle strutture ricettive all’aria aperta, alle imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale (compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici e i parchi tematici) – ossia i potenziali beneficiari del credito di imposta di cui all’articolo 1 – nonché ai giovani fino a 35 anni di età che intendono avviare un’attività nel settore turistico. La sezione dispone di una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, 58 milioni di euro per l’anno 2022, 100 milioni di euro per l’anno 2023 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025.

 

L’articolo 2 istituisce nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese una “Sezione Speciale Turismo” per la concessione di garanzie alle imprese alberghiere, alle strutture agrituristiche, alle strutture ricettive all’aria aperta, alle imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale (compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici, i parchi tematici) – ossia i potenziali beneficiari del credito di imposta di cui all’articolo 1 – nonché ai giovani fino a 35 anni di età che intendono avviare un’attività nel settore turistico.

 

La misura è volta ad attuare la linea progettuale “Sostegno alla nascita e al consolidamento delle PMI del turismo (Sezione speciale “turismo” del Fondo di Garanzia per le PMI”), Misura M1C3, investimento 4.2.4, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per la cui illustrazione si fa rinvio al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

I 358 milioni previsti nel PNRR sono suddivisi nelle diverse annualità dal comma in esame come sintetizzato nella tabella che segue:

 

4.2.4 Sostegno alla nascita e al consolidamento delle PMI turismo (Sezione speciale “turismo” del Fondo di Garanzia per le PMI)

2021

100

2022

58

2023

100

2024

50

2025

50

totale

358

 

Il 50 per cento di tale importo viene riservato agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica, secondo quanto richiesto dalla UE. La relazione illustrativa riporta che la CE ha imposto che il 50% delle risorse del PNRR siano riservate ad interventi con caratteristiche di riqualificazione energetica o sostenibilità ambientale e che si prevedano liste di esclusione oltre i criteri di eleggibilità ai sensi del DNSH. “Con queste caratteristiche il target iniziale di 11.800 imprese, originariamente previsto senza vincolo di riserva del 50% per le misure di riqualificazione, sarà oggetto di valutazione di fattibilità di medio termine al 2023”. Peraltro allo stato la relazione tecnica ritiene l’obiettivo sia ugualmente raggiungibile, pur prevedendosi una nuova valutazione nel 2023. In senso favorevole al mantenimento dell’obiettivo militano le caratteristiche del settore, non coinvolto in emissioni significative di gas serra.

 

La relazione illustrativa dà inoltre conto del fatto che il Fondo di garanzia per le piccole imprese rientra per la maggior parte sotto il regime de minimis e sotto il regime generale di esenzione per categoria, sulla base della citata decisione C(2010) 4505 del 6 luglio 2010.

 

Per una descrizione del Fondo di garanzia per le PMI, si rinvia al tema

dell’attività parlamentare sul sostegno alle imprese.

 

La Sezione speciale “turismo” del Fondo di garanzia per le PMI ha la missione di concedere garanzie ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 (ossia – come ricordato - imprese alberghiere, strutture agrituristiche, strutture ricettive all’aria aperta, imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale, ivi compresi stabilimenti balneari, complessi termali, porti turistici e parchi tematici) e ai giovani fino a 35 anni di età che intendono avviare un’attività nel settore turistico.

La relazione tecnica – sottolineato che l’obiettivo dell’intervento è favorire l’accesso al credito attraverso la concessione di garanzie pubbliche che si affiancano, o si sostituiscono, alle garanzie collaterali offerte dai mutuatari – rileva che la possibilità di accedere al credito bancario è spesso ostacolata dalla configurazione del mercato (dovuta alla frammentazione in imprese di piccole o piccolissime dimensioni), dall’instabilità della domanda,  nonché dalla sovente mancanza di garanzie da parte dei soggetti proponenti l’investimento. Le finalità dell’intervento sono di “promuovere la riqualificazione energetica e sostenibile delle imprese del turismo”, “incentivare la digitalizzazione e l’innovazione delle PMI del turismo” e “promuovere la qualità e le soluzioni innovative per la gestione del turismo attraverso il rafforzamento della cooperazione nell’ecosistema turistico (anche nei partenariati pubblico-privato)”.

 

Il secondo periodo del comma 1 precisa che la concessione di garanzie deve rispettare le disposizioni nazionali e unionali che regolano il meccanismo di funzionamento del fondo, in particolare richiamando la decisione C(2010)4505 del 6 luglio 2010 della Commissione europea (sul metodo nazionale per calcolare l’elemento di aiuto nelle garanzie a favore delle PMI), e il regolamento (UE) n. 651/2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. In particolare tale Regolamento esenta i settori del turismo e della banda larga dall'obbligo di notifica dell’agevolazione, in ragione del loro effetto particolarmente positivo sullo sviluppo regionale.

 

L’ultimo periodo riprende la clausola presente nel PNRR, secondo la quale gli aiuti possono essere concessi nel rispetto del principio “non inquinare significativamente” (DNSH), con riferimento ai criteri di cui all’articolo 17 del regolamento UE n. 2020/852, che favorisce gli investimenti sostenibili.

 

Il comma 2 ribadisce che le garanzie sono concesse (sia su singoli finanziamenti che su portafogli di finanziamenti):

§  per interventi di riqualificazione energetica e di innovazione digitale, nel rispetto del principio “non inquinare significativamente” (DSH), come previsto dalla Comunicazione della Commissione europea 2021/C58/01;

§  per assicurare la continuità aziendale delle imprese del settore turistico e garantire il fabbisogno di liquidità e gli investimenti del settore.

 

Appare opportuno chiarire quali siano i criteri per circoscrivere le ipotesi di concessione di garanzie a fronte di un “fabbisogno di liquidità” o  “per garantire gli investimenti nel settore”, circostanze altrimenti ricorrenti in tutti gli investimenti produttivi.

 

Il comma 3 elenca una serie di condizioni per la concessione delle garanzie, “in deroga alla disciplina di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 marzo 2017 (sulla base dell’autorizzazione concessa con la decisione C(2020)2370 del 13 aprile 2020).

Il decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 marzo 2017 prevede forme di valutazione delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo basate sulla probabilità di inadempimento del prenditore. La decisione C(2020)2370 del 13 aprile 2020 (che non risulta pubblicata) ha approvato l’intervento straordinario in garanzia del Fondo di garanzia PMI , in quanto compatibile con la disciplina europea contenuta nel Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 (Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int.) cd. Temporary Framework.

Pertanto:

a) la garanzia è concessa a titolo gratuito;

b) l’importo massimo garantito per singola impresa è elevato a 5 milioni di euro (da 2,5 milioni);

c) sono ammesse alla garanzia le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499;

d) la percentuale di copertura della garanzia diretta è determinata ai sensi della disciplina emergenziale straordinaria prevista dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (convertito con l. 5 giugno 2020, n. 40). Attualmente è previsto che il regime straordinario abbia durata fino al 31 dicembre 2021, ma l’articolo 13 del disegno di legge finanziaria prevede una proroga di validità di tal regime fino al 30 giugno 2022, con riduzione delle prestazioni straordinarie.

Successivamente alla scadenza della predetta disciplina, la percentuale di copertura della garanzia diretta è stabilita nella misura massima del 70 per cento dell’ammontare di ciascuna operazione finanziaria, ma la copertura può essere incrementata, mediante l’utilizzo dei contributi al Fondo, previsti dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 gennaio 2012, fino all’80 per cento dell’importo dell’operazione finanziaria. Il citato decreto del 2012 prevede forme di contribuzione al Fondo per le PMI da parte di regioni e province autonome, banche, Cassa depositi e prestiti S.p.a., SACE ed altri enti ed organismi pubblici;

e) anche la percentuale di copertura della riassicurazione è determinata ai sensi della disciplina straordinaria emergenziale prevista dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2020. Successivamente alla scadenza della predetta disciplina, la percentuale di copertura della riassicurazione è stabilita nella misura massima dell’80 per cento dell’importo garantito dai confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell’80 per cento; tale copertura può essere incrementata, mediante l’utilizzo dei contributi al Fondo, previsti dal decreto interministeriale del 26 gennaio 2012, fino al 90 per cento dell’importo garantito dal confidi o altro fondo di garanzia per la riassicurazione;

f) sono ammissibili alla garanzia del Fondo i finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario, purché il nuovo finanziamento preveda l’erogazione al medesimo soggetto beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 25 per cento dell’importo del debito originario e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione;

g) fermo restando quanto previsto all’articolo 6, comma 2, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 marzo 2017, che richiama la necessità di godere dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’accesso al Fondo PMI, la garanzia è concessa senza applicazione del modello di valutazione di cui alla parte IX, lettera A, delle condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale per l’amministrazione del Fondo di garanzia allegate al decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 febbraio 2019. La valutazione disciplinata dalla citata parte IX del decreto del 2019 attiene al calcolo della probabilità di inadempimento dei soggetti beneficiari finali, sulla base del profilo di rischio patrimoniale, economico e finanziario;

h) la garanzia è concessa anche in favore dei beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta della garanzia, esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute o sconfinanti deteriorate ai sensi del paragrafo 2 della parte B) delle avvertenze generali della circolare della Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008, purché la predetta classificazione non sia stata effettuata prima del 31 gennaio 2020;

i) non è dovuta la commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie di cui all’articolo 10, comma 2, del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 marzo 2017. Si tratta di una commissione pari a 300 euro prevista nei casi in cui, a seguito della concessione della garanzia, l’operazione finanziaria garantita non venga successivamente perfezionata;

l) per operazioni di investimento immobiliare la garanzia del Fondo può essere cumulata con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti;

m) la garanzia del Fondo può essere richiesta anche su operazioni finanziarie già perfezionate con l’erogazione da parte del soggetto finanziatore da non oltre tre mesi. In tali casi, il soggetto finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione attestante la riduzione del tasso di interesse applicata, sul finanziamento garantito, al soggetto beneficiario per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia.

 

Si prevede che in fase attuativa la Sezione speciale sarà indirizzata su specifiche priorità di intervento quali: a) almeno per il 40% verso imprese nelle Regioni del Sud b) un ulteriore 30% verso nuove imprese costituite da giovani under (35) o imprese femminili (senza limiti di età).

Secondo le stime contenute nella relazione tecnica, grazie alle caratteristiche del Fondo, che crea un effetto leva e ha natura rotativa, con i 358 milioni di dotazione del Fondo si potranno garantire in 5 anni (fino al 2026) 23.515 operazioni, per un importo garantito di oltre 2,7 miliardi.

Sia pure utilizzando criteri prudenziali, in cui alcune imprese rientrano in una o più categorie, tra le imprese potenzialmente beneficiare del Fondo rientrano (sempre nel quinquennio 2021-2026):

 

 

Imprese del Mezzogiorno

Nuove imprese

Imprese femminili

N. operazioni

5.140

8.782

3.915

Importo accantonato

5.708.933,16

116.981.079,86

65.883.313,78

Importo garantito

579.806.261,36

831.730.582,89

396.970.013,00

Importo finanziamento

755.788.887,97

1.085.962.274,37

30.185.394,52

 

Il comma 4 - per quanto non disposto dall’articolo in commento – richiama il decreto del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato 31 maggio 1999, n. 248 (“Regolamento recante criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese”), e dalle disposizioni operative del Fondo.

 

Il comma 5 interviene sui casi in cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (per il tramite delle rispettive finanziarie regionali e provinciali), nonché l’Istituto per il credito sportivo rendano disponibili risorse addizionali rispetto a quelle di cui all’articolo in commento e  concorrano all’incremento della misura della garanzia e della riassicurazione rispettivamente nei limiti di cui al comma 3, lettera d), ed e): In tali casi regioni, province e Istituto per il credito sportivo, previo accordo con il Ministero del turismo e Mediocredito Centrale S.p.A., possono provvedere all’istruttoria delle istanze di ammissione agli incentivi di cui all’articolo in commento.

 

Il comma 6 provvede alla copertura finanziaria, che grava sul Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU-Italia di cui all’articolo 1, comma 1037, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.


 

Articolo 3
(Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo nel turismo)

 

 

L’articolo 3, comma 1, prevede contributi diretti alla spesa per gli interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale e innovazione digitale di importo non inferiore a 500.000 euro e non superiore a 10 milioni di euro realizzati entro il 31 dicembre 2025, nella misura massima del 35 per cento delle spese e dei costi ammissibili. La misura è volta all’attuazione della linea progettuale “Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo”, Misura M1C3, intervento 4.2.5, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che destina a tale finalità 180 milioni di euro.

Il comma 4 consente di attivare finanziamenti agevolati per le stesse finalità, in relazione alle spese non coperte da contributo diretto e da mezzi propri dell’operatore economico.

Gli incentivi di cui all’articolo 3 sono alternativi a quelli previsti dall’articolo 1.

 

L’articolo 3, comma 1, concede – tramite il Fondo per gli investimenti nel settore turistico - contributi diretti alla spesa per gli interventi di riqualificazione energetica, sostenibilità ambientale e innovazione digitale di importo non inferiore a 500.000 euro e non superiore a 10 milioni di euro realizzati entro il 31 dicembre 2025, in combinazione con i finanziamenti di cui al successivo comma 4.

La misura è volta all’attuazione della linea progettuale “Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo”, Misura M1C3, intervento 4.2.5, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che destina a tale finalità 180 milioni di euro. L’intervento è volto a finanziare ed agevolare investimenti di taglia medio-alta (in media 3 milioni di euro), nel settore turistico, fieristico e congressuale.

In base alla relazione tecnica, si stima che la dotazione di 180 milioni di euro consenta di “ottenere un effetto leva pari a cinque volte, sostenendo circa 900 milioni di euro di nuovi investimenti” che riguarderebbero circa 300 imprese medio-grandi del settore turistico (incluse le fiere e i centri congressi) entro la fine del 2025.

Sotto il profilo ambientale, la relazione tecnica precisa che “la misura incentiva la realizzazione di lavori di ristrutturazione di infrastrutture già esistenti ed è finalizzata a ridurre il consumo energetico, aumentare l'efficienza energetica, portare ad un sostanziale miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici interessati, e ridurre significativamente le emissioni di gas serra”.

 

Il comma 2 indica come possibili beneficiari del Fondo le imprese di cui all’articolo 1, comma 4, incluse quelle titolari del diritto di proprietà delle strutture immobiliari in cui viene esercitata l’attività imprenditoriale.

Si tratta delle imprese alberghiere, delle strutture agrituristiche, delle strutture ricettive all’aria aperta, delle imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale (compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici e i parchi tematici).

 

Il comma 3 limita il contributo nella misura massima del 35 per cento delle spese e dei costi ammissibili.

 

La ripartizione negli anni del limite di spesa complessivo di 180 milioni è sintetizzata nella tabella che segue:

 

Fondo rotativo imprese (FRI) per il sostegno alle imprese e gli investimenti di sviluppo nel turismo

2022

40

2023

40

2024

50

2025

50

totale

180

 

L’ultimo periodo riprende la clausola presente nel PNRR, secondo la quale gli aiuti possono essere concessi nel rispetto del principio “non inquinare significativamente” (DNSH), con riferimento ai criteri di cui all’articolo 17 del regolamento UE n. 2020/852, che favorisce gli investimenti sostenibili. Come per l’articolo 2, una riserva del 50 per cento deve essere dedicata agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica. La relazione tecnica fa presente che l’intervento non dovrebbe comportare emissioni significative di gas serra in quanto l’investimento prevede la realizzazione di edifici ad alta efficienza energetica, per loro natura estranei all'estrazione, stoccaggio, trasporto o produzione di combustibili fossili.

 

Il comma 4 aggiunge un ulteriore intervento di sostegno. Per la quota di investimenti non assistita dal contributo diretto alla spesa di cui al comma 1 e dall’eventuale quota di mezzi propri o risorse messe a disposizione dagli operatori economici, è prevista la possibilità della  concessione di finanziamenti agevolati con durata fino a quindici anni, comprensivi di un periodo di preammortamento massimo di trentasei mesi, a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in aggiunta a finanziamenti bancari, di pari importo e durata, concessi a condizioni di mercato.

 

L'art. 1, comma 354, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. Il FRI prevede la concessione di prestiti a tasso agevolato, con provvista CDP, cui si aggiungono finanziamenti di pari importo erogati dal sistema bancario a condizioni di mercato, a seguito di valutazione del merito di credito dei potenziali beneficiari e delle iniziative proposte.

La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale in gestione separata presso CDP, è stata stabilita in 6 miliardi di euro.

Le successive variazioni alla dotazione sono disposte da CDP Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse a finanziamento agevolato, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 361 della medesima legge finanziaria.

Tale comma dispone che il tasso di interesse sulle somme erogate in anticipazione da CDP S.P.A. sia determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e che la differenza tra il tasso così stabilito e il tasso del finanziamento agevolato, nonché gli oneri di servizio a favore di CDP S.p.A. (riconosciuti dal comma 360) sono posti a carico del bilancio dello Stato, a valere sull'autorizzazione di spesa prevista dal medesimo comma 361[2]. La convenzione che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, assicura, ai sensi dell’articolo 1, comma 356, legge n. 311 del 2014 che l'importo complessivo dei finanziamenti erogati non possa superare l'importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 361 citato.

 

Una quota delle risorse del FRI è specificamente destinata agli interventi in ricerca e sviluppo delle imprese. In particolare, ai sensi del comma 3 dell’articolo 30, le risorse non utilizzate del FRI al 31 dicembre di ciascun anno, sono destinate alle finalità perseguite dal Fondo crescita sostenibile nel limite massimo del 70 per cento[3].

Il comma 6-bis dell’articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2019, alla lettera a), è intervenuto sull’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 30 del decreto-legge n. 83 del 2012, precisando che, a partire dal 2019, la ricognizione può essere effettuata con cadenza almeno biennale e con riferimento al 31 dicembre dell'anno precedente, secondo dettagliati criteri. La ricognizione delle risorse non utilizzate deve essere comunicata dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'economia e delle finanze. 

La quota a tasso agevolato concessa da CDP copre di norma il 50% del finanziamento complessivo, raggiungendo il 90% nei programmi di ricerca, sviluppo e innovazione. Il finanziamento agevolato assume la forma dell’anticipazione rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale, non superiore a 15 anni, e ad un tasso di interesse minimo dello 0,50% annuo.

 

Il comma 5 chiarisce che gli incentivi di cui all’articolo in commento sono alternativi a quelli previsti dall’articolo 1 e, comunque, non sono cumulabili con altri contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubblici concessi per gli stessi interventi e sono riconosciuti nel rispetto della vigente normativa sugli aiuti di Stato e delle deroghe previste per il periodo di applicazione del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID­19, di cui alla comunicazione della Commissione europea 2020/C 91 I/01, come integrata dalle successive comunicazioni della Commissione.

Sul quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 6 demanda ad un decreto del Ministero del turismo, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, il compito di definire i requisiti, i criteri, le condizioni e le procedure per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni finanziarie del presente articolo, in conformità alla predetta Misura M1C3, intervento 4.2.5, e gli adempimenti relativi alla gestione degli interventi agevolativi a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 1 e all’erogazione del contributo diretto alla spesa.

Tale decreto assolve anche a quanto previsto ai sensi dell’articolo 1, comma 357, della citata legge n. 311 del 2004, ossia deve definire requisiti e condizioni di accesso ai finanziamenti, con particolare riguardo alle condizioni economiche, alle modalità di concessione dei finanziamenti agevolati, ai criteri di valutazione, ai documenti istruttori, alla procedura, alle ulteriori condizioni per l'accesso, per l'erogazione e per la revoca delle agevolazioni, alle modalità di controllo e rendicontazione, alla quota minima di mezzi propri e di finanziamento bancario a copertura delle spese d'investimento, alla decorrenza e alle modalità di rimborso del finanziamento agevolato.

 

Come già visto nell’articolo 2, il comma 7 consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche per il tramite delle rispettive finanziarie regionali e provinciali, nonché all’Istituto per il credito sportivo, la possibilità di rendere disponibili risorse addizionali rispetto a quelle del Fondo di cui al comma 1, previo accordo con il Ministero del turismo, prevedendo idonee forme di collaborazione per l’istruttoria relativa alle istanze di ammissione agli incentivi di cui al presente articolo presentate a valere sulle predette risorse addizionali.

 

Il comma 8 prevede che per i finanziamenti attivati per il sostegno degli investimenti di cui all’articolo, ivi inclusi quelli concessi a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, possono accedere alle garanzie rilasciate da SACE S.p.A., nei limiti delle disponibilità di risorse a legislazione vigente. Il richiamo normativo all’articolo 6, comma 14-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, si riferisce alla disposizione che autorizza SACE a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione Europea per una percentuale massima di copertura, salvo specifiche deroghe previste dalla legge, del 70 per cento, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, nonché di imprese di assicurazione, nazionali e internazionali, autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

La relazione tecnica precisa che il fondo a copertura delle garanzie coperte da SACE Spa “ha una dotazione ai sensi di legge pari a 29,3 miliardi di euro e che l’impatto della misura prevista dalla norma è estremamente contenuto”.

Il comma 9 reca la copertura finanziaria dell’onere, posta a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU-Italia (articolo 1, comma 1037, della legge 30 dicembre 2020, n. 178)

All’attuazione del comma 4 si provvede invece nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente sull’autorizzazione di spesa di cui al citato articolo 1, comma 361, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 4
(Credito d’imposta per la digitalizzazione
di agenzie di viaggio e tour operator)

 

 

L’articolo 4 attribuisce, fino al 31 dicembre 2024, ad agenzie di viaggi e tour operator un credito di imposta nella misura del 50 per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo digitale, fino all’importo massimo complessivo cumulato di 25.000 euro.

 

Più in dettaglio il comma 1, per l’attuazione della linea progettuale “Digitalizzazione Agenzie e Tour Operator”, Misura M1C3, investimento 4.2.2 (con un importo indicato per l’investimento pari a 98 milioni di euro), nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, attribuisce alle agenzie di viaggi e ai tour operator con codice ATECO 79.1 (“Attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator”), 79.11 (“Attività delle agenzie di viaggio”), 79.12 (“Attività dei tour operator”) un contributo, da fruire come credito d’imposta, a decorrere dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore della disposizione in esame) fino al 31 dicembre 2024.

Esso è pari al 50 per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo digitale, come previste dall’articolo 9, comma 2 e 2-bis del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83.

Si tratta di spese (articolo 9, comma 2):

§  per impianti wi-fi, solo a condizione che l'esercizio ricettivo metta a disposizione dei propri clienti un servizio gratuito di velocità di connessione pari ad almeno 1 Megabit/s in download;

 

Si valuti l’opportunità di aggiornare tale valore minimo allo stato attuale della tecnologia.

 

§  siti web ottimizzati per il sistema mobile;

§  programmi e sistemi informatici per la vendita diretta di servizi e pernottamenti, purché in grado di garantire gli standard di interoperabilità necessari all'integrazione con siti e portali di promozione pubblici e privati e di favorire l'integrazione fra servizi ricettivi ed extra-ricettivi;

§  spazi e pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da tour operator e agenzie di viaggio;

§  servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale;

§  strumenti per la promozione digitale di proposte e offerte innovative in tema di inclusione e di ospitalità per persone con disabilità;

§  servizi relativi alla formazione del titolare o del personale dipendente ai fini del riconoscimento dell’agevolazione.

 

Il comma 2-bis del richiamato articolo 9 chiarisce che sono escluse dalle predette spese i costi relativi alla intermediazione commerciale.

 

Per le attività appena elencate, l’articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (L. n. 106 del 2014) aveva riconosciuto un credito d'imposta a favore degli esercizi ricettivi, delle agenzie di viaggi e dei tour operator nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo, poi disciplinato con decreto interministeriale 12 febbraio 2015, che ha individuato le spese eleggibili, le soglie massime, i criteri di verifica delle spese sostenute, le procedure per l'ammissione delle spese al credito d'imposta, le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo e le modalità per garantire il rispetto del limite massimo di spesa.

 

L’agevolazione è concessa fino all’importo massimo complessivo cumulato di 25.000 euro e nel limite di spesa complessivo di 18 milioni per l'anno 2022, 10 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 60 milioni per l'anno 2025. l

In fase di attuazione, l'intervento rispetta il principio di “non arrecare danno significativo all'ambiente” (DNSH), con riferimento al sistema di tassonomia delle attività ecosostenibili indicato all'articolo 17 del regolamento UE n. 2020/85.

Per dettagli si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1.

La misura è analoga alla precedente prevista dell’art. 6, comma 3 del D. M. 12 febbraio 2015. La precedente misura, che includeva anche le strutture ricettive, ha soddisfatto più di 2.500 richieste per circa 45 milioni. Si prevede di servire almeno 3.500 imprese.

 

Ai sensi del comma 2, il beneficio è utilizzabile esclusivamente in compensazione in F24 (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) a decorrere dall'anno successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati.

Non si applicano i limiti di utilizzo dei crediti di imposta di cui all’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

 

Si ricorda che l’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) ha modificato per l'anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.

 

A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento. Il credito di imposta è cedibile, in tutto o in parte, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, comprese le banche e gli altri intermediari finanziari ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente.

 

Esso non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e della base imponibile Irap, né rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono o non concorrono a formare il reddito, di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

 

Ai sensi del comma 3, l’incentivo in esame è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 della Commissione europea, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis e delle deroghe del cd. Temporary Framework, come definito dalla comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, come successivamente modificata e integrata.

Si affida al Ministero del turismo il compito di provvedere agli adempimenti degli obblighi inerenti al registro nazionale aiuti di Stato (di cui all’articolo 52 della legge 24 dicembre 2012, n. 234) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 4 affida a un decreto del Ministero del turismo, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il compito di individuare le modalità applicative delle norme in esame, anche in considerazione del previsto limite di spesa.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria delle norme in esame, disponendo che agli oneri derivanti dal comma 1 (pari a 18 milioni per il 2022, 10 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 60 milioni per il 2025) si provveda a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione del Next Generation EU-Italia di cui all'articolo 1, comma 1037, della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), secondo le modalità di cui ai commi da 1038 a 1050 del medesimo articolo.

Gli importi indicati rappresentano l’ammontare complessivo (98 milioni) indicato per la missione M1, componente C3, destinati al sub-investimentoDigitalizzazione Agenzie e Tour Operator”, dal PNRR (D.M. 6 agosto 2021), cui l’articolo in esame intende dare attuazione.

 

Si ricorda che l’articolo 1 del provvedimento in esame attribuisce alle imprese del settore turistico, ricettivo e fieristico-congressuale un credito di imposta e un contributo a fondo perduto a fronte di specifiche spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.  Il credito d’imposta spetta fino all’80 per cento delle spese sostenute, mentre il contributo è attribuito fino al 50 per cento delle spese per detti interventi, un importo massimo di 40.000 euro (eventualmente innalzabile, in presenza di specifiche condizioni). Per le spese non coperte dagli incentivi è possibile fruire di un finanziamento a tasso agevolato. Le norme altresì contengono una disciplina transitoria per il passaggio dal credito di imposta per la riqualificazione delle strutture turistico alberghiere al nuovo incentivo. Si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 1 per ulteriori dettagli.

 


Capo II – Infrastrutture ferroviarie, edilizia giudiziaria

Articolo 5
(
Semplificazione delle procedure riguardanti
gli investimenti ferroviari
)

 

 

L’articolo 5 modifica le procedure di approvazione del Contratto di programma tra MIMS e RFI al fine di ridurre i tempi di realizzazione degli investimenti ferroviari. Si tratta di una delle riforme previste dal PNNR da realizzare entro la fine del 2021.

 

In dettaglio, si apportano variazioni alle procedure contemplate nel decreto legislativo n. 112 del 2015, di attuazione alla direttiva c.d. Recast n. 2012/34/UE, il quale regola i rapporti tra Ministero e il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale (RFI), disciplinati da un atto di concessione e da uno o più contratti di programma.

L’articolo 5 in commento delinea una nuova procedura di approvazione del Contratto di programma tra il MIMS e RFI, riducendo le fasi del nuovo iter autorizzativo da 12 a 3, in modo che i tempi complessivi possano ridursi a circa otto mesi rispetto ai tempi di circa tre anni che sono stati necessari per l’approvazione dei Contratti di programma negli ultimi anni.

Salvo il focus (infra in questo commento), vale la pena rammentare sin d’ora che il contratto di programma tra Rete Ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (oggi MIMS), e i relativi aggiornamenti, comportano – nel sistema sinora vigente - dalla loro fase di presentazione alla loro concreta esecutività, l’applicazione di una procedura articolata, i cui principali passaggi sono:

-     la presentazione al CIPE (oggi CIPESS, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) dello schema di contratto e l’approvazione della delibera;

-     la registrazione della delibera del CIPE da parte della Corte dei Conti;

-     la pubblicazione della delibera del CIPE in Gazzetta Ufficiale;

-     l’esame parlamentare dello schema di contratto di programma;

-     la sottoscrizione del contratto di programma da parte di MIT (oggi MIMS) e RFI;

-     l’approvazione del contratto tramite decreto ministeriale;

-     la registrazione del decreto di approvazione del contratto presso la Corte dei conti.

Parallelamente a questi passaggi si aggiunge la fase di consultazione sullo schema di contratto di programma da parte dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti e degli operatori del settore, rispettivamente a carico del MIT e di RFI. 

 

Il comma 1 dell’art. 5 qui in commento modifica gli artt.  1 e 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015 come di seguito indicato:

 

a)   l’articolo 1, comma 7 novellato e il nuovo comma 7-bis, prevedono che il MIMS trasmetta alle competenti Commissioni parlamentari e alla Conferenza Unificata entro il 31 marzo dell’anno di scadenza del contratto di programma un documento strategico, con validità di norma quinquennale, recante l’illustrazione delle esigenze in materia di mobilità di passeggeri e merci per ferrovia, delle attività per la gestione e il rafforzamento del livello di presidio manutentivo della rete, nonché l’individuazione dei criteri di valutazione della sostenibilità ambientale, economica e sociale degli interventi e i necessari standard di sicurezza e di resilienza dell’infrastruttura ferroviaria nazionale anche con riferimento agli effetti dei cambiamenti climatici. Le Commissioni parlamentari e la Conferenza unificata, si esprimono sul documento strategico nel termine di trenta giorni dalla sua ricezione, decorso il quale il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili procede all’approvazione di detto documento con proprio decreto. Il documento strategico è sottoposto ad aggiornamento dopo tre anni o comunque in caso di mutamento degli scenari di carattere eccezionale.

Il documento strategico deve altresì contenere:

-      la descrizione degli assi strategici in materia di mobilità ferroviaria, con particolare riferimento a: programmi di sicurezza e di resilienza delle infrastrutture, anche in ottemperanza di specifici obblighi di legge;

-      programmi di sviluppo tecnologico per aumentare la capacità e migliorare le prestazioni con riferimento alla rete Sistema nazionale integrato dei trasporti (SNIT) di primo e secondo livello;

-      interventi prioritari sulle direttrici, nonché interventi prioritari da sottoporre a revisione progettuale;

-      attività relative al fondo per la progettazione degli interventi e le relative indicazioni di priorità strategica;

-      individuazione delle priorità strategiche relative ai collegamenti di ultimo miglio dei porti e degli aeroporti; localizzazione degli interventi, con la specifica indicazione di quelli da realizzarsi nelle Regioni del Mezzogiorno;

-      le linee strategiche delle sperimentazioni relative alle innovazioni tecnologiche e ambientali;

-      la ricognizione dei fabbisogni per la manutenzione e i servizi per l’infrastruttura ferroviaria;

-      le metodologie di valutazione degli investimenti, con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale e sociale ed e alla accessibilità per le persone con disabilità;

-      i criteri di valutazione delle performances del gestore e delle relative penalità.

 

b)   L’articolo 15 viene così modificato:

-      al comma 1, si specifica che il Contratto di programma è stipulato per l’attuazione delle strategie di sviluppo sostenibile dell’infrastruttura ferroviaria nazionale come individuate nel documento strategico e per definire altresì la programmazione degli investimenti, anche previsti da specifiche disposizioni di legge, relativi alla manutenzione, al rinnovo e alla sicurezza dell’infrastruttura ferroviaria;

-      il novellato comma 2 riscrive l’iter di approvazione del contratto, prevedendo che entro il mese di giugno dell’anno precedente all’inizio di ciascun quinquennio programmatorio il MIMS sottoponga lo schema all’approvazione del CIPESS, che adotta la relativa delibera entro trenta giorni; il MIMS informa altresì l’ART che si esprime entro quindici giorni relativamente ai profili di competenza, e, mediante RFI, i richiedenti e, su loro richiesta, i richiedenti potenziali, sul contenuto dello schema di contratto di programma, al fine di consentire loro di esprimersi al riguardo prima che esso sia sottoposto all’approvazione del CIPESS; la delibera del CIPESS è sottoposta al controllo di legittimità da parte della Corte dei conti con la riduzione ad un terzo dei termini ordinari ed è ammessa la registrazione anche parziale della delibera del CIPESS, che diviene efficace limitatamente a quanto oggetto di registrazione ed in tal caso il CIPESS può adottare, su richiesta del MIMS, d’intesa con il MEF, una delibera integrativa o modificativa delle parti non registrate; lo schema di contratto è quindi sottoscritto tra il MIMS e RFI entro quindici giorni dalla registrazione della delibera CIPESS da parte della Corte dei conti ed il contratto definitivo è quindi trasmesso con apposita informativa dal MIMS al MEF e al CIPESS. Gli investimenti ferroviari autorizzati e finanziati da specifiche disposizioni di legge sono inseriti di diritto nel contratto di programma in corso alla data di entrata in vigore di dette disposizioni e ne costituiscono parte integrante e gli aggiornamenti del contratto devono dare evidenza di tali investimenti e dei relativi finanziamenti che vi rimangono vincolati.

-      il nuovo comma 2-bis, relativo agli aggiornamenti annuali del contratto di programma, stabilisce che questi siano sottoscritti da RFI e dal MIMS entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio in coerenza con quanto previsto dal documento strategico, e che gli aggiornamenti di importo minore o uguale a 5 miliardi di euro complessivi, siano approvati, con decreto del MIMS, di concerto con il MEF, previa informativa al CIPESS; per gli aggiornamenti di importo superiore, al netto delle risorse finalizzate per legge a specifici interventi, si applica la procedura ordinaria di approvazione del contratto, definita nel comma 2.

-      il nuovo comma 2-ter prevede che il MIMS riferisca annualmente alle Camere sullo stato di attuazione dei contratti di programma.

 

Il decreto-legge elimina il passaggio parlamentare consultivo al termine del procedimento di approvazione del contratto di programma.

 

A questo proposito, si evidenzia che la IX Commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera, nella seduta del 25 marzo 2021 aveva espresso un parere favorevole sul PNRR – nella versione presentata dal Governo il 15 gennaio 2021 -  apponendovi tuttavia l’osservazione (n. 45) in cui si affermava: “In merito alla riforma relativa all'accelerazione dell'iter di approvazione dei contratti di programma con RFI, sia mantenuto l'attuale parere parlamentare a valle del processo di convalida del Contratto di programma tra il MIT (ora MIMS) e RFI, intervenendo a monte del lungo iter tra passaggi ministeriali, CIPESS e Corte dei conti”.

Il successivo 31 marzo 2021, l’Assemblea della Camera dei deputati – a seguito delle comunicazioni del Presidente del Consiglio – ha approvato una risoluzione (la n. 179) con cui approvava “la Relazione deliberata dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione), comprensiva dei pareri resi dalle Commissioni permanenti e impegnava il Governo a redigere il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella sua versione definitiva, tenendo conto degli orientamenti contenuti nella predetta Relazione, comprensiva dei pareri deliberati dalle Commissioni permanenti, e a rendere comunicazioni alle Camere prima della sua trasmissione, ai sensi dell'articolo 18 del regolamento RRF (UE) 2021/241, alla Commissione europea, assicurando il pieno coinvolgimento del Parlamento nelle fasi successive del PNRR.

Un ulteriore passaggio parlamentare del PNRR si è concluso il 27 aprile 2021, senza il formale coinvolgimento delle Commissioni permanenti. A seguito di nuove comunicazioni del Presidente del Consiglio, veniva approvata una risoluzione (la n. 189) che – ancora una volta – impegnava comunque il Governo “ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento, nonché la leale collaborazione con le Regioni e gli Enti Locali nelle fasi successive del PNRR e la trasmissione della necessaria documentazione relativa al conseguimento dei traguardi e degli obiettivi intermedi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da consentire al Parlamento di monitorare l'attuazione e l'impatto dei singoli interventi, il rispetto dei tempi e degli obblighi di risultato previsti dal regolamento (UE) 2021/241”.

Si ricorda inoltre che, ascoltato in sede formale il 24 giugno 2021, il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, assicurava alla Commissione Trasporti che il parere parlamentare sui singoli atti del contratto di programma sarebbe stato mantenuto (v. pag. 4 del relativo resoconto stenografico).

 

Il comma 2 dell’articolo 5 prevede, in sede di prima attuazione, che per il periodo programmatorio 2022–2026, il documento strategico sia trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari e alla Conferenza unificata entro il 31 dicembre 2021 e lo schema di contratto di programma sia trasmesso al CIPESS entro il 31 marzo 2022.  

 

Il comma 3 dell’articolo 5 apporta le necessarie modifiche di coordinamento alla legge n. 238 del 1993, che contiene una parte della procedura relativa ai contratti di programma.

 

I Contratti di programma tra Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora MIMS) sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sono sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare, da rendersi nel termine perentorio di 30 giorni dalla data di assegnazione.

La legge prevede che siano trasmessi alle Camere gli schemi di contratto di programma, corredati dal parere, ove previsto, del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Inoltre, il D.Lgs. n.112 del 2015, prevede anche che il Ministero informi, sul contenuto del contratto prima che sia sottoscritto, l'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e, mediante il Gestore dell'infrastruttura, i richiedenti, anche quelli potenziali, affinché possano esprimersi, in particolare in materia di interventi nei terminali e scali merci, nei nodi urbani, nelle stazioni e nei collegamenti con i porti.

Successivamente al parere parlamentare il contratto (o il relativo aggiornamento) viene sottoscritto dalle parti, approvato, e, successivamente alla registrazione dello stesso da parte della Corte dei conti, entra in vigore.

Tali pareri erano originariamente resi dalle Camere sia sul testo dei contratti di programma sia sui relativi aggiornamenti. Il decreto-legge n. 148 del 2017 (art. 15, comma 1-bis) ha però limitato il parere parlamentare ai contratti di programma e ai soli aggiornamenti che contengano “modifiche sostanziali”. Per “sostanziali” si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento.


 

Articolo 6
(Approvazione dei progetti ferroviari e di edilizia giudiziaria)

 

 

L’articolo 6, comma 1, introduce, nel testo del decreto-legge n. 77/2021, un nuovo articolo 48-bis finalizzato ad accelerare i tempi di realizzazione degli interventi relativi alle infrastrutture ferroviarie e all’edilizia giudiziaria (esclusi quelli relativi al “Parco della Giustizia di Bari”, in quanto già disciplinati dall’art. 9 del D.L. 121/2021), ivi compresi gli interventi finanziati con risorse diverse da quelle previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’UE.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame introduce, nel testo del decreto-legge n. 77/2021, un nuovo articolo finalizzato ad accelerare i tempi di realizzazione degli interventi relativi alle infrastrutture ferroviarie e all’edilizia giudiziaria, ivi compresi gli interventi finanziati con risorse diverse da quelle previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’UE.

 

La relazione illustrativa sottolinea che la norma in esame è finalizzata ad attuare la «Riforma 1.2 - Accelerazione dell'iter di approvazione dei progetti ferroviari» della Missione M3C1-2 (che secondo quanto approvato in sede UE rappresenta un traguardo da raggiungere entro la fine del 2021). La riforma (secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, che riprende pressoché testualmente quanto indicato nel PNRR) “consiste nell'adottare una legislazione che consenta di anticipare la localizzazione dell'opera al momento del progetto di fattibilità tecnica economica (PFTE), anziché attendere la fase definitiva di progettazione. Le ulteriori autorizzazioni, che non possono essere acquisite sul PFTE, potranno essere acquisite nelle ulteriori fasi di progettazione, senza indizione della conferenza dei servizi, in deroga alla legge n. 241/1990. Tali modifiche ridurranno il tempo dell'iter di autorizzazione dei progetti da 11 a 6 mesi.

L’art. 48 del D.L. 77/2021, al comma 1, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal Piano Nazionale Complementare (PNC) e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, prevede l’applicazione delle disposizioni per la semplificazione dei contratti pubblici recate dal Titolo IV del medesimo decreto legge nonché le disposizioni volte a garantire la liquidità delle imprese appaltatrici recate dall’art. 207 del D.L. 34/2020.

Il comma 2 stabilisce poi che, per ogni procedura sia nominato un responsabile unico del procedimento che, con propria determinazione adeguatamente motivata, valida e approva ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, anche in corso d'opera, fermo restando quanto previsto dall’art. 26, comma 6, del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

Il comma 3 prevede che le stazioni appaltanti possano ricorrere alla procedura di cui all’art. 63 del Codice per i settori ordinari e di cui all’art. 125 del medesimo Codice per i settori speciali. Tali articoli del Codice prevedono l'utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, nella misura strettamente necessaria, quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, l’applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione di cui al PNRR, al PNC e ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’UE.

Il comma 5, in deroga a quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici, consente, per gli investimenti pubblici in questione, l'affidamento di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica e dispone che sul progetto di fattibilità tecnica ed economica posto a base di gara è sempre convocata la conferenza di servizi di cui all’art. 14, comma 3, della legge 241/1990.

Il comma 7 prevede, per gli interventi in questione, in deroga al Codice, che il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici è reso esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. Il quarto periodo di tale comma prevede inoltre che, con provvedimento del Presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, sono individuate le modalità di presentazione delle richieste di parere ed è indicato il contenuto essenziale dei documenti e degli elaborati di cui all'articolo 23, commi 5 e 6, del Codice, occorrenti per l'espressione del parere, e sono altresì disciplinate, fermo quanto previsto dall'articolo 44 del presente decreto, procedure semplificate per la verifica della completezza della documentazione prodotta e, in caso positivo, per la conseguente definizione accelerata del procedimento.

 

Di seguito si illustrano le disposizioni recate dal nuovo articolo 48-bis del D.L. 77/2021 introdotto dal comma in esame.

Finalità e ambito di applicazione (art. 48-bis, comma 1)

La finalità delle disposizioni recate dal nuovo art. 48-bis, enunciata nel comma 1, è quella di ridurre, in attuazione delle previsioni del PNRR, i tempi di realizzazione degli interventi relativi:

§  alle infrastrutture ferroviarie;

§  all’edilizia giudiziaria e alle relative infrastrutture di supporto.

 

Il comma in esame precisa che nell’ambito di applicazione della disciplina acceleratoria in questione sono compresi anche gli interventi finanziati con risorse diverse da quelle previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’UE.

 

Affidamento sulla base del progetto di fattibilità (art. 48-bis, comma 1)

Per la finalità indicata, il comma 1 prevede che l’affidamento della progettazione ed esecuzione dei relativi lavori può avvenire anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all’art. 23, comma 5, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), a condizione che detto progetto sia redatto secondo le modalità e le indicazioni di cui all’art. 48, comma 7, quarto periodo (v. supra).

Si tratta di una disposizione che, qualora sia rispettata la condizione citata, estende a tutti gli interventi ferroviari e di edilizia giudiziaria quanto già previsto dall’art. 48, comma 5, per gli interventi finanziati da PNRR-PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’UE.

Relativamente al progetto di fattibilità tecnica ed economica, si ricorda che l’art. 23, comma 5, del Codice, dispone che tale livello progettuale “individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire”. Lo stesso comma dispone che per i lavori pubblici di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea (anche ai fini della programmazione, nonché per l'espletamento delle procedure di dibattito pubblico e per i concorsi di progettazione e di idee) il progetto di fattibilità è preceduto dal documento di fattibilità delle alternative progettuali e che, comunque, resta ferma la facoltà della stazione appaltante di richiedere la redazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali anche per lavori pubblici “sotto soglia”. Il comma richiamato dispone altresì che “nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progettista sviluppa, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari … nonché gli elaborati grafici per l'individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche, …, ivi compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve consentire, ove necessario, l'avvio della procedura espropriativa”.

 

Nei casi indicati, cioè ove si proceda all’affidamento secondo le modalità di cui sopra, il comma 1 dispone che:

§  la conferenza di servizi sul progetto di fattibilità (disciplinata dall’art. 27, comma 3, del Codice) è svolta in forma semplificata (secondo la disciplina recata dall’art. 14-bis della legge 241/1990);

§  e la determinazione conclusiva della conferenza:

-       approva il progetto;

-       determina la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera;

-       tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative;

-       perfeziona, altresì, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l’intesa tra Stato e regione o provincia autonoma, in ordine alla localizzazione dell’opera;

-       ha effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti e comprende i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione esplicita. La variante urbanistica, conseguente alla determinazione conclusiva della conferenza, comporta l’assoggettamento dell’area a vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 327/2001[4].

§  resta ferma l’applicazione della disciplina sui rimedi per le amministrazioni dissenzienti recata dall’art. 14-quinquies della legge 241/1990.

 

Il comma 1 dispone inoltre che le comunicazioni agli interessati di indizione della conferenza di servizi (previste dall’art. 14, comma 5, della legge 241/1990) tengono luogo della fase partecipativa prevista nell’ambito della sottoposizione del bene al vincolo preordinato all'esproprio (disciplinata dall’art. 11 del D.P.R. 327/2001).

 

L’ultimo periodo del comma 1 dispone che gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera.

Parere sugli interventi di edilizia giudiziaria (art. 48-bis, comma 2)

Il comma 2 reca una disposizione che riguarda solamente gli interventi di edilizia giudiziaria.

Per tali interventi, qualora sia necessario acquisire il parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici ovvero del comitato tecnico amministrativo presso il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche - cui il progetto di fattibilità tecnica ed economica è trasmesso a cura della stazione appaltante -, esso è acquisito nella medesima conferenza dei servizi sul progetto di fattibilità tecnica ed economica.

 

Valutazione di impatto ambientale (art. 48-bis, comma 3)

Il comma 3 reca disposizioni finalizzate all’accelerazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) per i progetti di cui al comma 1, ferma restando l’applicazione della disciplina generale della VIA recata dal D.Lgs. 152/2006 (Codice dell'ambiente), distinguendo tra:

§  interventi finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'UE;
Per tali interventi viene prevista l’applicazione della procedura di VIA speciale (introdotta dal D.L. 76/2020 e modificata dal D.L. 77/2021) prevista per i progetti di competenza statale compresi nel PNRR o finanziati dal PNC o attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), individuati nell'allegato I-bis al Codice dell'ambiente.

Lo svolgimento di tale procedura speciale di VIA è affidato alla competenza della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC istituita dal comma 2-bis dell’art. 8 del Codice dell'ambiente.

§  interventi ferroviari di cui all’Allegato IV del D.L. 77/2021, per la cui realizzazione è nominato un commissario straordinario ai sensi dell’art. 4 del D.L. 32/2019.
Per tali interventi, fermo quanto stabilito dall’articolo 44, comma 3, del D.L. 77/2021, è prevista altresì la riduzione dei termini previsti dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 4 del D.L. 32/2019, compatibilmente con i vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'UE, ivi inclusi quelli previsti dalla direttiva VIA (direttiva 2011/92/UE);

L'articolo 44 del D.L. 77/2021 ha introdotto una serie di semplificazioni procedurali (anche in relazione allo svolgimento della procedura di VIA) in materia di opere pubbliche la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica particolarmente stringente anche in considerazione del fatto che le opere stesse sono state indicate nel PNRR o incluse nel PNC. L’elenco delle opere in questione è contenuto nell’allegato IV al medesimo decreto e riguarda le seguenti opere:

1)   Realizzazione asse ferroviario Palermo-Catania-Messina;

2)   Potenziamento linea ferroviaria Verona - Brennero (opere di adduzione);

3)   Realizzazione della linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria;

4)   Realizzazione della linea ferroviaria Battipaglia-Potenza-Taranto;

5)   Realizzazione della linea ferroviaria Roma-Pescara;

6)   Potenziamento della linea ferroviaria Orte-Falconara;

7)   Realizzazione delle opere di derivazione della Diga di Campolattaro (Campania);

8)   Messa in sicurezza e ammodernamento del sistema idrico del Peschiera (Lazio);

9)   Potenziamento delle infrastrutture del Porto di Trieste (progetto Adriagateway);

10)         Realizzazione della Diga foranea di Genova.

L’art. 4, comma 2, secondo periodo, del D.L. 32/2019, dispone che “l’approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati”.

Si valuti l’opportunità di chiarire se, considerato l’utilizzo del termine “altresì”, agli interventi dell’allegato IV – ove relativi a opere ferroviarie o di edilizia giudiziaria per le quali sia stato nominato un commissario straordinario – debba ritenersi applicabile non solo la riduzione dei termini prevista dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 4 del D.L. 32/2019, ma anche la procedura speciale di VIA affidata alla Commissione tecnica VIA PNRR-PNIEC, e ciò anche ai fini di un coordinamento con le previsioni dell’art. 12, comma 1-bis, del D.L. 121/2021 (la cui legge di conversione è in attesa di pubblicazione nella G.U.).

§  interventi ferroviari diversi dai precedenti.
Per tali interventi viene previsto il dimezzamento dei termini relativi ai procedimenti di VIA e di verifica dell’assoggettabilità alla VIA.

Verifica preventiva dell'interesse archeologico (art. 48-bis, comma 4)

Il comma 4 prevede, per i progetti di interventi di cui al comma 1, la riduzione da 60 a 45 giorni del termine (previsto dal secondo periodo del comma 3 dell'articolo 25 del Codice dei contratti pubblici) per la richiesta di attivazione della procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico.

Lo stesso comma dispone inoltre che le risultanze della verifica preventiva sono acquisite nel corso della conferenza di servizi di cui al comma 1.

Si ricorda che l’art. 25, comma 3, del Codice dei contratti pubblici dispone che il soprintendente, qualora sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, ravvisi l'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente, entro il termine di trenta giorni dal ricevimento del progetto di fattibilità o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, la sottoposizione dell'intervento alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico disciplinata dai commi 8 e seguenti del medesimo articolo. Lo stesso comma 3 dispone altresì che per i progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete il termine della richiesta per la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico è stabilito in sessanta giorni. È su tale ultimo termine che interviene la riduzione prevista dal comma in esame.

Verifica del progetto da porre a base dell’affidamento (art. 48-bis, comma 5)

Il comma 5 dispone che, in deroga all'articolo 27 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la verifica del progetto da porre a base della procedura di affidamento:

§  accerta anche l'ottemperanza alle prescrizioni impartite in sede di conferenza di servizi e di VIA;

§  e all'esito della stessa la stazione appaltante procede direttamente all'approvazione del progetto posto a base della procedura di affidamento nonché dei successivi livelli progettuali.

 

Il comma in esame precisa inoltre che la verifica in esame è condotta ai sensi dell’art. 26, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, che individua i soggetti competenti ad effettuare la verifica medesima in relazione alle diverse soglie di importo dell’opera.

Si ricorda che l’art. 26 disciplina la verifica preventiva della progettazione, prevedendo, in particolare:

-        che la stazione appaltante, nei contratti relativi ai lavori, verifica la rispondenza degli elaborati progettuali ai contenuti prescritti dall’art. 23, nonché la loro conformità alla normativa vigente (comma 1);

-        che la verifica ha luogo prima dell'inizio delle procedure di affidamento; nei casi in cui è consentito l'affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, la verifica della progettazione redatta dall'aggiudicatario ha luogo prima dell'inizio dei lavori (comma 2);

-        l’individuazione dei soggetti competenti ad effettuare la verifica di cui trattasi (comma 6).

Limiti al campo di applicazione (art. 48-bis, comma 6)

Il comma 6 esclude l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 3 per gli interventi ferroviari di cui all’Allegato IV del D.L. 77/2021.

Il riferimento al comma 3 andrebbe soppresso, considerato che tale comma disciplina proprio le procedure relative agli interventi in questione.

L’esclusione dall’applicazione del comma 1 appare invece motivata dal fatto che tale comma, e quindi anche il comma 4 (in virtù del richiamo al comma 1), disciplinano procedure per l’approvazione del progetto e per la verifica preventiva dell'interesse archeologico che andrebbero a sovrapporsi con quanto già previsto dall’art. 44 del D.L. 77/2021.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che le norme recate dal presente articolo non si applicano agli interventi per la realizzazione del “Parco della Giustizia di Bari”, già disciplinati dall’art. 9 del D.L. 121/2021.

L’articolo 9 del D.L. 121/2021 disciplina una procedura speciale per l’approvazione del progetto per la realizzazione Parco della Giustizia di Bari. Nello specifico, motore di tutta la procedura è un Commissario straordinario, che svolge le funzioni di stazione appaltante e approva, in sede di conferenza di servizi, con la partecipazione obbligatoria di un rappresentante del Ministero della giustizia, il progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’opera, con il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. L'approvazione del progetto da parte del Commissario tiene luogo, in particolare, dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative (commi 1-3). All'esito della verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo, il Commissario straordinario procede direttamente all'approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo (comma 4). Si prevede altresì che il Commissario straordinario possa procedere, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, all'affidamento congiunto dei livelli di progettazione successivi e dell'esecuzione dell'opera (comma 5). In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento indette per la progettazione e l'esecuzione degli interventi di edilizia giudiziaria e delle infrastrutture a supporto dell’opera, si applicano le disposizioni previste per le infrastrutture strategiche (comma 6).

 

 


Capo III – Innovazione tecnologia e transizione digitale

Articolo 7
(Disposizioni per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale)

 

 

L’articolo 7 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga della società Difesa Servizi s.p.a. per l’espletamento delle procedure di gara per la realizzazione del Polo strategico nazionale, infrastruttura cloud della pubblica amministrazione finanziata dal PNRR (M1C1, investimento 1.1. “Infrastrutture digitali”). A tale fine la società Difesa servizi viene inserita ne novero delle centrali di committenza qualificate.

Al contempo è superata la previsione in base alla quale la Consip s.p.a., nell’ambito dell’attuazione del PNRR, mette a disposizione delle PA specifici contratti, accordi quadro e servizi di supporto tecnico per le acquisizioni di beni e servizi informatici e di connettività effettuati per la realizzazione del Polo strategico nazionale.

Parimenti, si sopprime la previsione che ha affidato a Sogei s.p.a. il compito di realizzare uno dei poli strategici per l'attuazione e la conduzione dei progetti e la gestione dei dati, delle applicazioni e delle infrastrutture delle amministrazioni centrali, verso il quale le amministrazioni medesime potessero migrare i propri CED. Nel contempo, Sogei s.p.a. è autorizzata ad erogare servizi cloud a favore di diversi soggetti (amministrazioni per le quali opera sulla base di affidamenti in house; Agenzia per la cybersicurezza nazionale; altre amministrazioni centrali che già fruiscono di tali servizi; Ministero dell'istruzione). Infine, si estende all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) la possibilità, già prevista per diverse amministrazioni pubbliche, di fruire dei servizi informatici strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi erogati da parte di Sogei.

 

Il comma 1 inserisce la società Difesa servizi s.p.a. tra le centrali di committenza iscritte di diritto nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate. A tal fine viene integrato quanto disposto dall’articolo 38 comma 1 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) che individua i soggetti iscritti di diritto nell’elenco citato.

 

Si ricorda che l’art. 37 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) dispone che le stazioni appaltanti possono procedere all'acquisizione di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e di lavori di importo superiore a 150.000 euro se sono in possesso della necessaria qualificazione ai sensi del successivo articolo 38. Tale articolo, in particolare dispone (al comma 1) l’istituzione presso l'ANAC di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza e in cui sono iscritti di diritto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, CONSIP S.p.a., INVITALIA - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a., nonché i soggetti aggregatori regionali.

 

Difesa Servizi S.p.a. è una società avente come socio unico il Ministero della difesa, costituita ai sensi dell’articolo 535, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), che svolge, come organo in house, la sua attività in favore del Ministero della difesa, sotto la vigilanza dello stesso Ministero La società opera secondo gli indirizzi strategici e i programmi stabiliti con decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Ai sensi della citata legge istitutiva, Difesa Servizi S.p.a. - strumento organizzativo del Ministero - provvede, in qualità di concessionario o mandatario, alla gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali dell’Amministrazione, non direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate, nonché all’acquisto di beni e servizi occorrenti per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione stessa, anche questi non direttamente correlati alle attività operative delle Forze armate, attraverso le risorse finanziarie derivanti da detta gestione economica.

L’originaria previsione normativa della legge istitutiva è stata poi integrata dall’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), entrato in vigore il 1° gennaio 2015, il quale, in riferimento a Difesa Servizi S.p.A, dispone: “Le citate attività negoziali sono svolte attraverso l’utilizzo integrale delle risorse acquisite dalla Società, attraverso la gestione economica dei beni dell’Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del dicastero”. Tale disposizione ha codificato la possibilità, in deroga alle ordinarie norme di contabilità, di utilizzare direttamente le entrate derivanti dall’attività della Società, al di fuori dello stato di previsione del bilancio statale.

Per approfondimenti si rinvia alla relativa Relazione al Parlamento della Corte dei conti (Doc. XV n. 464), riferita all’esercizio 2019.

 

Il comma 2, lett. a), sopprime la previsione in base alla quale la Consip spa, nell’ambito dell’attuazione del PNRR, mette a disposizione delle pubbliche amministrazioni specifici contratti, accordi quadro e servizi di supporto tecnico per le acquisizioni di beni e servizi informatici e di connettività effettuati per la realizzazione della infrastruttura per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni, il Polo strategico nazionale basato sul cloud.

 

A tal fine modifica l’art. 11 del D.L. 77/2021 (c.d. Governance PNRR e semplificazioni) che ha dettato disposizioni volte a rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti, prevedendo che la Consip. S.p.A., sulla base di un disciplinare stipulato con il Ministero dell’economia e delle finanze, metta a disposizione delle pubbliche amministrazioni specifici contratti, accordi-quadro e servizi di supporto tecnico, realizzando altresì un programma di informazione, formazione e tutoraggio nelle procedure di acquisto e progettualità.

Il comma 2 specifica che le disposizioni definite dal comma 1 trovano applicazione anche:

§  per l’acquisizione di servizi informatici e di connettività effettuati dalla Sogei S.p.A;

§  per la realizzazione e implementazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni affidatarie in ottemperanza a specifiche disposizioni normative o regolamentari;

§  per la realizzazione delle attività di consolidamento e razionalizzazione dei siti e delle infrastrutture digitali del Paese (di cui all’articolo 33-septies del D.L. 179/2012), le cui procedure di affidamento sono poste in essere da Consip S.p.A. (ai sensi dell’articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012).

 

Il Polo Strategico Nazionale (PSN) è un’infrastruttura informatica nazionale che permetterà, una volta realizzata, l’erogazione di servizi cloud delle PA, la cui gestione e controllo di indirizzo siano autonomi da fornitori extra UE (Strategia cloud per la pubblica amministrazione, 7 settembre 2021).

L’articolo 33-septies del D.L. 179/2012 (come modificato dal D.L. 76/2020, art. 35) prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuovi lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (CED), al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali.

Le amministrazioni centrali e locali sono tenute a migrare i loro CED e i relativi sistemi informatici, privi dei requisiti fissati dal regolamento da emanarsi da parte della Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), verso l'infrastruttura di cui sopra o verso la struttura realizzata dalla SOGEI (previsione quest’ultima soppressa dal provvedimento in esame, vedi comma 3, lett. c) o verso altra infrastruttura propria già esistente e in possesso dei requisiti fissati dallo stesso regolamento ACN. Le amministrazioni, in alternativa, possono migrare i propri servizi verso soluzioni cloud. Progressivamente si è imposta la stratega del cloud first. In materia rileva l’investimento Infrastrutture digitali (M1-C1-I.1.1) del PNRR con una dotazione di 900 milioni di euro. L’amministrazione titolare è la Presidenza del Consiglio – Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. L'obiettivo dell'investimento è garantire che i sistemi, le serie di dati e le applicazioni della pubblica amministrazione siano ospitati in centri dati affidabili, con elevati standard di qualità per la sicurezza, le prestazioni, la scalabilità, l'interoperabilità europea e l'efficienza energetica; secondo il principio del Cloud First. L’investimento è destinato a 200 amministrazioni centrali e a 80 autorità sanitarie locali. Le Amministrazioni possono scegliere di migrare verso una infrastruttura cloud nazionale pubblico-privata, il Polo Strategico Nazionale (PSN) o verso un cloud commerciale disponibile sul mercato (cloud public).

La tempistica prevede che entro il 31 dicembre 2022 debba essere completata la realizzazione del PSN e che al 30 giugno 2026 almeno 280 PA siano migrate al cloud.

Il Dipartimento per la trasformazione digitale informa che sta ricevendo proposte, presentate da operatori del mercato, motu proprio, ai sensi dell’art. 183, comma 15, del D.Lgs. 50/2016, per la realizzazione e gestione del cd. “Polo Strategico Nazionale” (PSN) mediante partenariato pubblico-privato.

La valutazione di dette proposte di partenariato sarà conclusa entro 90 giorni (entro il 28 dicembre 2021) dalla data di ricezione della prima proposta pervenuta.

Analogamente l’investimento Abilitazione e facilitazione migrazione al cloud (M1-C1-I.1.2) impegna 1 miliardo di euro per sostenere la migrazione dei dati e delle applicazioni delle PA locali verso un'infrastruttura cloud sicura, consentendo a ciascuna amministrazione di scegliere liberamente all'interno di una serie di ambienti cloud pubblici certificati. La migrazione interessa oltre 12.000 PA locali (comuni, scuole e strutture sanitarie). Il completamento del progetto è previsto per il secondo trimestre del 2026.

 

Il comma 2, lett. b), anche in questo caso con una modifica al citato art. 11 del D.L. 77/2021, prevede che la Presidenza del Consiglio si avvalga della società Difesa Servizi s.p.a., in qualità di centrale di committenza, per l’espletamento delle procedure di gara per la realizzazione al Polo strategico nazionale.

Le modalità di avvalimento sono demandate ad apposite convenzioni tra Presidenza del Consiglio, Ministero della difesa e Difesa servizi.

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, “una volta che la Presidenza del consiglio avrà valutato e approvato il progetto, sarà Difesa Servizi spa a curare la procedura di gara per l’affidamento del medesimo”.

 

La disposizione, inoltre, riduce - per gli organi della Difesa servizi, e per i soggetti, anche esterni alla società, che abbiano con essa un rapporto di lavoro subordinato o autonomo - da tre a due anni successivi alla cessazione del rapporto impiego nella società il divieto di avere rapporti di lavoro autonomo o subordinato con i soggetti privati che siano stati destinatari dell'attività della medesima società.

 

Si tratta di un divieto posto dall’articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che prevede che i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto sopra previsto sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.

 

La deroga si applica esclusivamente per gli anni dal 2022 al 2026 (ossia fino alla fine del periodo di attuazione del PNRR) ed è relativa solamente attività svolte come centrale di committenza per la realizzazione del PSN.

 

Per la realizzazione delle attività assegnate a Difesa servizi, ossia la realizzazione della gara per il PSN, viene autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

Relativamente ai tempi, si ricorda che entro il 2022 è stato previsto che debba essere bandita la gara e completata la infrastruttura cloud per consentire la progressiva migrazione delle PA nei successivi tre anni e mezzo.

Nella relazione illustrativa si evidenzia che: “Il progetto è inserito nella Missione 1 del PNRR e, nello specifico, prevede che entro il 31 dicembre 2021 venga messo a gara il progetto relativo. Nell’ambito di tale progetto è stata già emanata la strategia Cloud Italia ed è in itinere il regolamento emanato da AgID, nelle more dell’operatività piena dell’ACN, contenente le regole tecniche inerenti il servizio”.

 

Il comma 3, lett. c) sopprime la previsione che affida alla Sogei s.p.a. il compito di realizzare uno dei poli strategici per l'attuazione e la conduzione dei progetti e la gestione dei dati, delle applicazioni e delle infrastrutture delle amministrazioni centrali, verso il quale le amministrazioni medesime potessero migrare i propri CED (art. 33-septies, comma 4-ter, D.L. 179/2012, abrogato dal comma in esame; le lett. a) e b) recano disposizioni di coordinamento conseguenti a tale abrogazione.

 

La Sogei - Società generale d’informatica s.p.a, è stata costituita nel 1976 come società a prevalente partecipazione pubblica anche in considerazione della necessità di realizzare l’anagrafe tributaria, necessaria alla luce della riforma fiscale del 1974.

Attualmente, la Sogei è una società per azioni a totale partecipazione pubblica le cui azioni appartengono al Ministero dell’economia e finanze. Essa opera sulla base del modello organizzativo dell'in-house providing.

Ai sensi dell'art. 4 dello statuto del 24 gennaio 2017, la Sogei ha per oggetto sociale, prevalente, almeno per l’80% di fatturato, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al MEF Ministero e alle Agenzie fiscali, e segnatamente:

§  ogni attività, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalità per l'Amministrazione finanziaria;

§  ogni altra attività connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui sopra, compreso il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione finanziaria per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

§  le attività informatiche riservate allo Stato, ai sensi del D.Lgs. 414/1997, nonché le attività di sviluppo e gestione dei sistemi informatici ivi comprese le attività di supporto, assistenza e consulenza collegate con le attività di cui sopra;

§  ogni altra attività di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

La Sogei, può, inoltre, svolgere le ulteriori attività conferite in base a disposizioni legislative e regolamentari, per conto di regioni, enti locali, società a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attività di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere, comprese le attività verso l’Agenzia per l’Italia digitale.

 

La Sogei eroga servizi informatici, oltre che per il Ministero dell’economia e delle Agenzie fiscali, anche in favore di altre amministrazioni, in virtù di specifici provvedimenti. Tra queste si ricordano:

§  Ministero dell’interno: l’articolo 1, comma 306, della legge 228/2012 (Legge di stabilità 2013), prescrive che il Ministero dell’interno si avvale di Sogei per la progettazione, implementazione e gestione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Il Ministero dell’interno si avvale di Sogei anche per quanto riguarda anche l'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni, confluito nell’ANPR (si veda in tal proposito l’articolo 10, comma 2, del D.L. 78/2015);

§  Ministero della giustizia: l’articolo 3, comma 7 del D.L. 59/2016 (come modificato dall’articolo 16-bis del D.L. 119/2018) prevede che “Il Ministero della giustizia, in attuazione degli obiettivi di cui al presente decreto, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 513, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, può avvalersi, per i servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia e alla gestione dei sistemi informativi sviluppati dal Ministero della giustizia, della società di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la società provvede, tramite Consip s.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti”;

§  Dipartimento per le politiche della famiglia: il decreto del Ministro per la famiglia e le disabilità 27 giugno 2019 (art. 3, comma 6), prevede che il Dipartimento possa avvalersi della Sogei per le attività connesse al rilascio della Carta della famiglia;

§  Ministero per i beni e le attività culturali: il D.P.C.M. 15 settembre 2016, n. 187 (Regolamento recante i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta elettronica, prevista dall'articolo 1, comma 979, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e successive modificazioni) prevede che il Ministero per i beni e le attività culturali, si avvale dell'Agenzia dell'Italia digitale, della Sogei e della Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. per l’implementazione della Carta elettronica prevista dal “Bonus cultura” in favore dei diciottenni.

 

Il decreto-legge 124/2019 (art. 51) ha individuato un ulteriore gruppo di soggetti pubblici che possono avvalersi di Sogei, previa convenzione, al fine di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa ed al fine di favorire la sinergia tra processi istituzionali afferenti ad ambiti affini, favorendo la digitalizzazione dei servizi e dei processi attraverso interventi di consolidamento delle infrastrutture, razionalizzazione dei sistemi informativi e interoperabilità tra le banche dati, in coerenza con le strategie del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.

Si tratta dei seguenti soggetti (e delle loro controllate):

§  la Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di completare e accelerarne la trasformazione digitale, assicurando la sicurezza, la continuità e lo sviluppo del sistema informatico;

§  il Consiglio di Stato, al fine di assicurare la sicurezza, la continuità e lo sviluppo del sistema informatico della giustizia amministrativa;

§  l’Avvocatura dello Stato, con il medesimo fine indicato per il Consiglio di Stato, ed anche in relazione ai processi telematici nei quali è chiamata a patrocinare dinanzi alla giustizia contabile e alla giustizia tributaria;

§  il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, al fine di rendere effettive le norme relative all’istituzione di un “sistema comunitario di monitoraggio e di informazione sul traffico navale” ivi incluso il sistema denominato Port Management and Information System (PMIS) inerente alla digitalizzazione dei procedimenti amministrativi afferenti alle attività portuali, da realizzarsi a cura dell’amministrazione marittima, nonché di sviluppare i sistemi informativi a supporto delle attività della stessa amministrazione marittima;

§  Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr), al fine di assicurare e implementare le possibili sinergie con i sistemi informativi del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia del demanio;

§  la società per la gestione della piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati (pagoPA).

Tra le altre disposizioni di interesse si ricorda in particolare la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) che reca diverse disposizioni sulla Sogei, che prevede la possibilità per il Ministero della transizione ecologica di avvalersi della Sogei “per servizi informatici strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali e funzionali, nonché per la realizzazione di programmi e progetti da realizzare mediante piattaforme informatiche rivolte ai destinatari degli interventi” (art. 1, comma 97).

Da ultimo l’art. 7, comma 6 del D.L. 77/2021 affida a Sogei il compito di assicurare il supporto di competenze tecniche e funzionali all’amministrazione per l’attuazione del PNRR, con svincolo dall’applicazione delle disposizioni in materia di co.co.co. e assunzioni di personale anche in deroga all’art. 19 del D.Lgs. n. 175 del 2016.

Per un aggiornamento completo dell’attività di Sogei si veda Corte dei conti, Sez. controllo sugli enti, Relazione SOGEI per l’esercizio 2019, 20 luglio 2021, DOC. XV, n. 445.

 

Il comma 4 estende all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) la possibilità, già prevista per diverse amministrazioni pubbliche, di fruire dei servizi informatici strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi erogati da parte di Sogei S.p.A.

 

La sicurezza cibernetica è compresa tra i progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). In particolare la Cybersecurity è uno dei 7 investimenti della Digitalizzazione della pubblica amministrazione, primo asse di intervento della componente 1 "Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA" compresa nella Missione 1 "Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo".

All'investimento, volto alla creazione ed al rafforzamento delle infrastrutture legate alla protezione cibernetica del Paese a partire dalla attuazione della disciplina prevista dal perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, sono destinati ca. 620 milioni di euro di cui 241 per la creazione di una infrastruttura per la cybersicurezza; 231 per il rafforzamento delle principali strutture operative del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica PNSC; 15 per il rafforzamento delle capacità nazionali di difesa informatica presso il ministero dell'Interno, Difesa, Guardia di Finanza, Giustizia e Consiglio di Stato.

Il decreto-legge n. 82 del 2021, che ha provveduto in generale al riassetto dell'architettura nazionale di cybersicurezza, ha istituito l’infrastruttura per la cybersicurezza prevista dal PNRR denominata Agenzia per la cybersicurezza nazionale.

L’ACN è volta alla tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza, ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria.

All'Agenzia spetta in particolare il compito di predisporre la strategia nazionale di cibersicurezza; essa, inoltre, assume compiti finora attribuiti a diversi soggetti, quali il Ministero dello sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio, il Dipartimento delle informazioni e della sicurezza, l'Agenzia per l'Italia digitale; promuovere iniziative per lo sviluppo di competenze e capacità.

L'Agenzia inoltre assume le iniziative idonee a valorizzare la crittografia come strumento di cibersicurezza, provvede alla qualificazione dei servizi cloud per la pubblica amministrazione, promuove iniziative di partenariato pubblico-privato, onde rendere effettive le capacità di prevenzione e rilevamento e risposta ad incidenti ed attacchi informatici, sostiene negli ambiti di competenza lo sviluppo di competenze e capacità industriali, tecnologiche e scientifiche, assicura il necessario raccordo con le altre amministrazioni a cui la legge attribuisca competenze in materia di cibersicurezza e, in particolare, con il Ministero della difesa per gli aspetti inerenti alla ricerca militare.

 

Il comma 5 autorizza Sogei s.p.a. ad erogare servizi cloud a favore dei seguenti soggetti:

§  amministrazioni per le quali opera sulla base di affidamenti in house;

§  Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) (vedi anche il comma 4);

§  altre amministrazioni centrali che già fruiscono di tali servizi sulla base di specifiche disposizioni normative e delle convenzioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto;

§  Ministero dell'istruzione sulla base della convenzione già autorizzata ai sensi della normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Resta ferma la possibilità per la Sogei di erogare “altre tipologie di servizi” come previsto dall’articolo 51 del D.L. 124/2019.

Si ricorda, in proposito, che con il comma 3 lett. c) (v. supra) è stata superata la previsione che affida alla Sogei s.p.a. il compito di realizzare uno dei poli strategici per l'attuazione e la conduzione dei progetti e la gestione dei dati, delle applicazioni e delle infrastrutture delle amministrazioni centrali.

 

Ai sensi del comma 6 alla copertura degli oneri (pari a 15 milioni di euro per il triennio 2021-2023) si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo.


 

Capo IV – Procedure di spesa

Articolo 8
(Fondo ripresa resilienza Italia)

 

 

L’articolo 8 prevede la costituzione di un Fondo di fondi denominato “Fondo Ripresa Resilienza Italia” per l’attuazione -nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza - delle linee progettuali Piani urbani integrati - Fondo dei Fondi della BEI - M5C2, intervento 2.2 b) e Sviluppo e resilienza delle imprese del settore turistico (Fondo dei Fondi BEI) - M1C3 intervento 4.2.3. Lo Stato italiano sarà quotista unico del Fondo gestito dalla BEI.

La dotazione del fondo è pari a 772 milioni, di cui 272 per i piani urbani integrati e 500 per il settore del turismo.

 

L’articolo 8, comma 1, prevede la costituzione di un Fondo di fondi denominato “Fondo Ripresa Resilienza Italia” per l’attuazione - nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza - delle linee progettuali:

§  Piani urbani integrati - Fondo dei Fondi della BEI - M5C2, intervento 2.2 b). Questo intervento prevede una specifica dotazione finanziaria in favore di un Fondo Tematico dedicato al settore della rigenerazione urbana, da costituire nell’ambito del Fondo di fondi gestito dalla BEI.

§  Sviluppo e resilienza delle imprese del settore turistico (Fondo dei Fondi BEI) - M1C3 intervento 4.2.3. Tra gli interventi volti a sostenere le imprese attive nel turismo, è contemplata l'attivazione del Fondo tematico della BEI per il turismo a sostegno di investimenti innovativi nel settore.

 

Lo Stato italiano sarà quotista unico del Fondo, nel quale verrà versata quota parte delle risorse previste dal dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF) in favore dello Stato italiano.

Il Fondo di fondi è previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) con l’obiettivo di ottimizzare alcuni specifici progetti finanziabili con i fondi RRF (Dispositivo di ripresa e resilienza di cui al Regolamento (CE) n. 2021/241/UE), ipotizzando che lo strumento finanziario menzionato possa provocare un effetto leva degli investimenti nei due settori interessati, grazie alla commistione fra capitale pubblico e soggetti privati che gestiscono i singoli interventi.

La relazione illustrativa sottolinea in proposito che “grazie all’utilizzo dello strumento del Fondo di Fondi, al cofinanziamento del settore privato ed all’effetto leva ad essi collegati verrà assicurata una maggiore efficienza delle risorse, una migliore sostenibilità finanziaria ed un doppio grado di controllo (Amministrazioni competenti e BEI) sui risultati e sul monitoraggio dei targets e dei milestones collegati alle specifiche missioni nonché una assistenza tecnica della BEI oltremodo qualificata”.

 

Il Fondo potrà investire in quote di altri “fondi operativi” o “fondi tematici” o “fondi target”, favorendo l’ingresso nel capitale dei destinatari finali (equity) oppure forme di credito o garanzia a favore degli stessi destinatari finali.

 

Il Fondo di Fondi sarà gestito dalla BEI, che costituirà un comparto finanziario separato.

Le indicazioni operative saranno fornite da un organismo interministeriale nazionale (il Comitato per gli investimenti previsto dal comma 4).

Sarà tuttavia la BEI a selezionare tramite specifiche gare o procedure selettive le società di gestione specializzate, le banche o gli altri intermediari finanziari altamente specializzati che amministreranno i diversi fondi operativi (ovvero fondi tematici o fondi target).

Questi ultimi potranno assumere la natura di fondi di credito, di equity  o di garanzia in relazione agli ambiti di rilevanza del PNRR che riguardano le due linee di intervento ricordate e che possono spaziare dalla transizione verde alla digitalizzazione, dalla ricerca e innovazione all’istruzione, formazione e cultura e alla competitività del sistema produttivo, andando a investire con logica privatistica ai fini della realizzazione di specifici progetti.

 

Il fondo avrà una dotazione pari a 772 milioni di euro per l’anno 2021, ai cui oneri si provvede a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU-Italia (articolo 1, comma 1037, della legge 30 dicembre 2020, n. 178). Come si vedrà più avanti, 500 milioni sono destinati al settore del turismo e 272 milioni ai Piani urbani integrati.

 

Il comma 2, ai fini dell’immediata operatività del Fondo, autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a stipulare con la Banca europea per gli investimenti (BEI) uno o più accordi necessari dapprima a consentire la costituzione del Fondo stesso e poi a trasferire le risorse del Fondo su di un conto corrente infruttifero appositamente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato alla Banca europea per gli investimenti quale gestore del Fondo di fondi.

In base al comma 3, la gestione del Fondo viene infatti conferita alla BEI previo apposito accordo, nel quale vengono altresì definiti le modalità ed i criteri di gestione delle risorse da parte della Banca, nel rispetto dei principi e degli obblighi riferiti all’attuazione del PNRR, ivi compreso il principio di «non arrecare danno significativo all’ambiente (DNSH), le priorità e la strategia di investimento del Fondo, i criteri di ammissibilità per i beneficiari e di selezione mediante avviso pubblico, i compiti ed i poteri del Comitato per gli investimenti (vedi subito appresso), nonché i settori target in cui investire.

 

Il comma 4 prevede l’istituzione - entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame – dell’appena citato Comitato per gli investimenti, incaricato di delineare la strategia e la politica di investimento.

Il Comitato è presieduto da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze ed è composto da rappresentanti dei Ministeri competenti per materia e per settori target del Fondo.

Per la partecipazione al predetto organismo non sono previsti compensi, rimborsi spese, gettoni di presenza né alcun tipo di emolumento.

 

Il comma 5 prevede che una quota del Fondo, nel limite del 5 per cento dei prestiti e del 7 per cento degli investimenti in equity e quasi-equity erogati ai destinatari finali possa essere destinata agli oneri di gestione.

Le risorse rinvenienti dall’attuazione del Fondo sono reinvestite per gli stessi obiettivi e le stesse priorità strategiche, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

La relazione illustrativa avverte che le citate soglie sono frutto dell’applicazione analogica della normativa comunitaria delle Common Provision Regulation (“CPR”) relativa ai “fondi strutturali” UE di cui al Regolamento (UE) 2021/1060 per la parte che regola strumenti finanziari dalla struttura equivalente al Fondo di Fondi ed ai fondi strutturali attualmente gestiti da BEI

Il Regolamento (UE) 2021/1060 reca le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo per una transizione giusta, al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura, e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo, migrazione e integrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e la politica dei visti.

Per quanto riguarda la specifica esperienza nazionale, la relazione tecnica sottolinea che viene ripresa la struttura delle remunerazioni attualmente applicata in Italia ai seguenti strumenti:

§  Fondo StudioSì (Autorità di Gestione: Ministero dell’Università e della Ricerca; a valere su risorse FSE di cui al PON Ricerca e Innovazione 2014-2020);

§  Fondo Ricerca e Innovazione (Autorità di Gestione: Ministero dell’Università e della Ricerca; a valere su risorse FESR di cui al PON Ricerca e Innovazione 2014-2020);

§  Fondo Emergenza Imprese Sardegna (Autorità di Gestione: Regione Sardegna; a valere in parte su risorse FESR di cui al POR 2014-2020);

§  Fondo Emergenza Imprese Sicilia (Autorità di Gestione: Regione Sicilia; a valere in parte su risorse FESR di cui al POR 2014-2020).

 

Il comma 6 prevede la costituzione di una sezione denominata «Fondo per il Turismo Sostenibile», con una dotazione di 500 milioni di euro, con una riserva del 50 per cento dedicata agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica nel settore turistico.

In base a quanto sottolinea la relazione illustrativa, il Fondo tematico investirà in tre aree:

a) turismo di montagna sia per infrastrutture sia per servizi ricettivi;

b) settore business ed offerta turistica top quality;

c) turismo sostenibile ed upgrade dei beni mobili e immobili connessi all'attività turistica.

 

 

Per quanto riguarda la missione M5C2, il PNRR prevede una dotazione finanziaria di 272 milioni in favore di un Fondo tematico dedicato ai Piani Urbani Integrati. La relazione illustrativa fa presente che il Fondo tematico in discorso avrà lo scopo di:

a) attrarre finanziamenti privati nei progetti di risanamento urbano;

b) promuovere lo sviluppo e l'attuazione di investimenti urbani a lungo termine;

c) sviluppare canali di prestito nuovi e alternativi nonché modelli innovativi per i progetti di risanamento urbano, combinando le risorse del PNRR con risorse private;

d) accelerare gli investimenti nel risanamento urbano, contribuendo anche agli obiettivi della transizione verde e promuovendo una rigenerazione urbana sostenibile.


 

Articolo 9, comma 1
(Proroga attuazione Programmi complementari)

 

 

L’articolo 9, comma 1, proroga di un anno, al 31 dicembre 2026, la data entro la quale deve essere conclusa l’attuazione dei Programmi Operativi Complementari (POC), relativi al ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020.  La norma dispone, altresì, la possibilità di utilizzo delle risorse dei medesimi Programmi Operativi Complementari per il supporto tecnico e operativo all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

A tal fine viene novellato il comma 7 dell’articolo 242 del D.L. n. 34 del 2020, che aveva fissato al 31 dicembre 2025 la data di scadenza per l’attuazione dei Programmi Operativi Complementari ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020.

 

Al perseguimento delle finalità strategiche dei Fondi UE 2014-2020, come previsto dalla legge di stabilità 2014 e dall’Accordo di Partenariato, concorrono anche interventi attivati a livello nazionale e complementari alla programmazione comunitaria, finanziati con le risorse del Fondo di Rotazione di cui alla L. 183/1987.

Alla luce delle precedenti esperienze connesse ai ritardi nell'utilizzo delle risorse comunitarie e al rischio di non poterne beneficiare per effetto del c.d. disimpegno automatico, la legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013, art. 1, co. 242) ha infatti previsto che le risorse nazionali del Fondo di rotazione concorrono al finanziamento di interventi complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato 2014/2020. Si tratta di quei programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione resesi disponibili a seguito dell'adozione - in accordo con la Commissione UE - di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto inizialmente programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. I Programmi Operativi Complementari (POC) – detti anche Programmi di azione coesione – sono adottati con delibera del CIPESS[5], sentita la Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Dipartimento per le politiche di coesione, in partenariato con le Regioni interessate, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Con la delibera CIPE 28 gennaio 2015, n. 10 (recante la definizione dei criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020 e per la programmazione degli interventi complementari), dei 24 miliardi complessivamente stanziati per il cofinanziamento dalla legge di bilancio 2014, oltre 7,4 miliardi sono stati riservati agli interventi complementari.

In merito al monitoraggio degli interventi complementari - assicurato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, attraverso il proprio sistema informativo - la delibera CIPE n. 10 del 2015 prevede che le Amministrazioni titolari dei programmi assicurano la rilevazione periodica dei dati di avanzamento a livello di singola operazione, alimentando regolarmente il sistema unico di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato (RGS)-IGRUE. La delibera stabilisce altresì che i Programmi Complementari dovranno comunque concludere la propria attuazione “entro la data già prevista dai Regolamenti per la conclusione dei programmi comunitari del ciclo 2014-2020” che, si ricorda, adottano la regola dell’n+3 (vale a dire, entro il 2023).

Con il D.L. n. 34 del 2020 (art. 242, comma 7), il termine per il completamento dell’attuazione dei Programmi Complementari è stato prolungato fino al 31 dicembre 2025.

 

Il termine al 31 dicembre 2026 per il completamento dell’attuazione dei POC, indicato al comma in esame, sembra allinearsi a quello per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), anche alla luce di quanto disposto dal secondo periodo del comma in esame, il quale prevede che le risorse dei suddetti Programmi Operativi Complementari possono essere utilizzate anche “per il supporto tecnico e operativo” all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al fine – secondo quanto riportato nella relazione illustrativa - di accelerare ulteriormente l’attuazione degli interventi previsti dal Piano.

Appare opportuno chiarire i criteri per l’individuazione degli interventi di “supporto tecnico e operativo” all’attuazione del PNRR, al quale possono essere dirottate le risorse dei POC. Inoltre, nel caso in cui la disposizione si intenda riferita anche alle risorse già programmate nell’ambito dei POC vigenti,  si valuti l’opportunità di prevederne la riprogrammazione mediante una nuova delibera del CIPESS.

 

Riguardo alle risorse dei POC, si rammenta che secondo quanto previsto dal citato comma 242 della legge di bilancio per il 2014, i Programmi Complementari sono finanziati dalle risorse del Fondo di rotazione, di cui alla legge n. 183/1987, che si sono rese disponibili a seguito dell’adozione, ai sensi del Regolamento UE n. 1303/2013, di POR e PON rispettivamente con tassi di cofinanziamento nazionale inferiore al 50% e al 45%, rispetto a quanto previsto dal Regolamento UE.

Con la delibera 28 gennaio 2015, n. 10 del CIPE (ora CIPESS), che ha definito i criteri del cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020, delle risorse complessive di cofinanziamento nazionale, 7,4 miliardi sono state riservate agli interventi complementari.

Successivamente, l'art. 1, comma 804, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) ha previsto l'utilizzo dei 7,4 miliardi destinati alla programmazione complementare 2014-2020, anche per consentire il completamento dei progetti inseriti nella programmazione dei fondi strutturali europei 2007-2013 non conclusi alla data del 31 dicembre 2015.

Nel complesso, la programmazione dei 7,4 miliardi si è articolata in 16 Programmi Operativi Complementari, di cui 11 nazionali a titolarità delle Amministrazioni centrali e 5 regionali, e in assegnazioni ad Amministrazioni regionali e nazionali destinate a consentire il completamento di interventi relativi alla programmazione 2007-2013[6]. Nel corso del 2020-2021, il CIPE ha adottato due ulteriori POC con le risorse incrementali del Fondo di rotazione, provenienti da successive riprogrammazioni dei POR e dei PON, in accordo con la UE[7].

Va ricordato che nel corso del 2020 - a seguito delle modifiche ai Regolamenti europei che hanno consentito l’utilizzo delle risorse dei fondi SIE per interventi di contrasto degli effetti economico e sociali dell’emergenza epidemiologica – l’articolo 242 del D.L. 34/2020 ha stabilito che le risorse erogate dall'Unione europea a rimborso delle spese rendicontate per azioni relative a spese emergenziali, anticipate a carico dello Stato, vengano riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno effettuato la rendicontazione, per essere destinate alla realizzazione dei Programmi Complementari già vigenti o da adottarsi.

In attuazione del citato articolo 242 del D.L. n. 34/2020, con la delibera 9 giugno 2021, n. 41, il CIPESS ha approvato il quadro complessivo dei Programmi Operativi Complementari 2014-2020, prevedendo l’istituzione di nuovi Programmi Operativi, per le amministrazioni centrali e regionali che non avevano ancora un POC, ovvero integrando quelli già vigenti, per tener conto delle nuove risorse che in essi sono confluite a seguito dei rimborsi derivanti dalla rendicontazione di spese anticipate a carico dello Stato, secondo quanto previsto negli accordi tra il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e le amministrazioni centrali e regionali titolari dei Programmi finanziati con i Fondi strutturali 2014/2020 - previsti dall’art. 242, comma 6, del D.L. n. 34/2020.

La delibera considera una dotazione attuale complessiva dei Programmi Complementari, in attuazione dell’art. 242 del D.L. n. 34/2020, pari a 17,8 miliardi di euro, programmata su 28 POC, di cui 18 a titolarità delle Amministrazioni regionali e 10 delle Amministrazioni centrali.

Va tenuto conto, tuttavia, che sono tuttora in corso le operazioni di rendicontazione, a cura delle Autorità di gestione dei programmi dei fondi strutturali europei, delle spese anticipate a carico dello Stato, ai sensi della suddetta normativa e che soltanto con la chiusura del relativo periodo contabile (1° luglio 2020 - 30 giugno 2021) potrà essere definito con certezza l'ammontare delle risorse rimborsate dall'Unione europea che confluiscono nei programmi complementari già adottati o ancora da adottare. Una volta completate le operazioni di rendicontazione, il CIPESS procederà alla rimodulazione o approvazione dei Programmi Complementari definitivi, indicati nella tabella della citata delibera n. 41/2021, adeguandone le rispettive dotazioni finanziarie.

 

Per quel che concerne lo stato di utilizzo delle risorse programmate negli attuali POC, i dati forniti nel recente Bollettino IGRUE di ottobre 2021, sul “Monitoraggio delle politiche di coesione – programmazione 2014-2020 – Situazione al 30 giugno 2021”, evidenziano, nel complesso, un utilizzo ancora contenuto delle risorse assegnate ai Programmi complementari.

Al 30 giugno 2021, rispetto al totale delle risorse programmate (13,14 miliardi di euro riferite ai soli POC vigenti a quella data, esclusi cioè i nuovi POC istituiti con le risorse derivanti dall’art. 242 del D.L. n. 34/2020, di cui alla citata del. CIPESS n. 41/2021), risulta un avanzamento dell’11,72% in termini di impegno e del 6,7% in termini di pagamenti.

(Milioni di euro)

Stato di attuazione Programmi complementari di Azione e Coesione 2014-2020

Programma

Risorse programmate
(A)

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

% Avanzamento
(B/A)

% Avanzamento
(C/A)

Programma complementare "Energia e sviluppo dei territori" *

353,06

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare CTE

12,00

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare per la Governance dei sistemi di gestione e controllo 2014/2020

142,23

101,03

61,77

71,03%

43,43%

Programma complementare PON Città Metropolitane *

292,95

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare PON Cultura *

175,95

8,26

5,31

4,69%

3,02%

Programma complementare PON Governance e Capacità Istituzionale *

334,13

45,49

24,08

13,61%

7,21%

Programma complementare PON Imprese e competitività *

2.027,44

346,68

143,29

17,10%

7,07%

Programma complementare PON Infrastrutture e reti *

713,92

8,29

2,32

1,16%

0,32%

Programma complementare PON Legalità *

187,66

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare PON Per la Scuola *

450,39

83,15

17,01

18,46%

3,78%

Programma complementare PON Ricerca e Innovazione *

479,41

131,61

70,22

27,45%

14,65%

Programma complementare PON SPAO *

721,65

31,90

18,35

4,42%

2,54%

Programma complementare PON Basilicata *

343,64

73,14

17,83

21,28%

5,19%

Programma complementare PON Calabria *

771,15

30,47

20,53

3,95%

2,66%

Programma complementare PON Campania *

1.605,87

657,94

490,00

40,97%

30,51%

Programma complementare PON Puglia

2.670,36

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare PON Molise

91,37

0,00

0,00

0,00%

0,00%

Programma complementare PON Sicilia *

1.772,35

22,18

10,26

1,25%

0,58%

Totale complessivo

13.145,51

1.540,14

880,95

11,72%

6,70%

*    Il valore programmato comprende le risorse di cui al comma 2 dell'art. 242 D.L. 34/2020. Tali risorse, come previsto dalla Circolare MEF-RGS 18/2020, potranno essere attivate dalle Amministrazioni titolari una volta intervenuta la delibera del CIPE che approva i Programmi complementari di nuova istituzione ovvero le riprogrammazioni dei Programmi operativi complementari esistenti.


 

Articolo 9, comma 2
(Ritardo pagamento debiti commerciali)

 

 

L’articolo 9, comma 2, mira a favorire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle Pubbliche amministrazioni, inserito nel PNRR tra le riforme abilitanti (Riforma 1.11) da raggiungere nel quarto trimestre 2023, attraverso una maggiore incisività della disciplina vigente, di cui all’articolo 1, commi 858 e seguenti, della legge di bilancio 2019.

 

La riduzione dei tempi di pagamento risulta tra le riforme abilitanti (ovvero gli interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati) del PNRR (cfr. le pagine 75-76 del piano aggiornato). In particolare, il Piano evidenzia che, in materia di tempi di pagamento della Pubblica amministrazione, la normativa nazionale vigente già stabilisce i termini di 30 o 60 giorni previsti dalla Direttiva 2011/7/UE a cui le Pubbliche Amministrazioni si devono attenere. Negli ultimi anni, l’Italia ha posto in essere numerosi interventi, a carattere normativo, amministrativo e strutturale (concessioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi, misure di garanzia del rispetto dei tempi di pagamento, creazione di sistemi informativi di monitoraggio), volti a favorire la riduzione dei tempi di pagamento dei debiti commerciali. Per effetto di tali interventi, si è registrata una continua e sistematica riduzione dei tempi medi di ritardo, per i diversi comparti delle PA, seppure con dinamiche e livelli significativamente differenziati. Al fine di migliorare ulteriormente e di realizzare pienamente gli obiettivi di riduzione dei tempi di pagamento, si procederà ad implementare l’attività di monitoraggio già in corso, attraverso la definizione di appositi indicatori desunti dalla base dati del sistema informativo della Piattaforma per i crediti commerciali (PCC) gestito dal Ministero dell’economia e delle finanze. Tale attività di implementazione degli indicatori di monitoraggio sarà realizzata entro il quarto trimestre 2021.

 

Nella relazione illustrativa il Governo precisa che il comma 2 dell'articolo 9 in esame costituisce una prima attuazione dell’obiettivo intermedio “Entrata in vigore di nuove norme per ridurre i tempi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni agli operatori economici”, da conseguire entro il 31 marzo 2023.

 

Si rammenta preliminarmente e in estrema sintesi che i commi da 849 a 872 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ampliano le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. I commi disciplinano, inoltre, il limite di ammontare, le garanzie, i termini per la richiesta e per il rimborso delle anticipazioni, nonché una serie di incentivi e penalità rivolte agli enti pubblici al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali.

In particolare, il comma 859 detta le condizioni in base alle quali le amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato e dagli enti del SSN (P.A. di cui all'elenco ISTAT), a decorrere dal 2021:

?      devono effettuare l’accantonamento nel Fondo di garanzia debiti commerciali, (previsto dal successivo comma 862), se si tratta di amministrazioni che adottano la contabilità finanziaria;

?      subiscono le penalità, in termini di riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi (previste dal successivo comma 864), se si tratta di amministrazioni che adottano la contabilità economico-patrimoniale.

Ai sensi del comma 860, gli enti del Servizio sanitario nazionale applicano le misure di cui al comma 865, in base al quale, per gli enti che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennità di risultato.

Il comma 861 dispone che gli indicatori di ritardo nel pagamento dei debiti commerciali pregressi di cui ai commi 859 e 860 sono elaborati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013. I tempi di ritardo sono calcolati tenendo conto anche delle fatture scadute che le amministrazioni non hanno ancora provveduto a pagare. Limitatamente all'esercizio 2021, le amministrazioni pubbliche di cui ai citati commi 859 e 860, qualora riscontrino, dalle proprie registrazioni contabili, pagamenti di fatture commerciali non comunicati alla piattaforma elettronica di cui al primo periodo del presente comma, possono elaborare gli indicatori di cui ai predetti commi 859 e 860 sulla base dei propri dati contabili, con le modalità fissate dal presente comma, includendo anche i pagamenti non comunicati, previa relativa verifica da parte del competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

 

Il comma 2 dell'articolo 9 in esame, ai fini della tempestiva attuazione della Riforma 1.11 del PNRR, per favorire l’applicazione delle misure di garanzia per il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, apporta le seguenti modificazioni alla disciplina sopra ricordata:

a)   si modifica il comma 861 per consentire, limitatamente agli esercizi 2022 e 2023, alle amministrazioni pubbliche di cui ai citati commi 859 e 860 di elaborare l’indicatore relativo al debito commerciale residuo sulla base dei propri dati contabili previo invio della comunicazione di cui al comma 867 (comunicazione alla piattaforma dei crediti commerciali, PCC, relativa allo stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati) relativa ai due esercizi precedenti anche da parte delle amministrazioni pubbliche soggette alla rilevazione SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) di cui all’articolo 14, commi 6 e seguenti, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), e previa verifica da parte del competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile;

b)   si modifica il comma 862 prevedendo che gli enti in contabilità finanziaria che non rispettano gli indicatori di cui al comma 859 della legge n. 145 del 2018 accantonano in bilancio il Fondo di garanzia debiti commerciali anche nel corso della gestione provvisoria o dell’esercizio provvisorio;

 

Si ricorda che il comma 862 prevede che, entro il 28 febbraio dell'esercizio in cui sono state rilevate le condizioni di cui al comma 859 riferite all'esercizio precedente, le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato che adottano la contabilità finanziaria, con delibera di giunta o del consiglio di amministrazione, stanziano nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione;

 

c)   si modifica il comma 871 in modo da prevedere che il programma delle verifiche di cui all'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), dei servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato è definito anche in considerazione delle comunicazioni dello stock di debito effettuate alla piattaforma dei crediti commerciali (PCC) (di cui al comma 867) degli enti che si avvalgono della facoltà di calcolare l’indicatore relativo al debito commerciale residuo sulla base dei propri dati contabili (prevista dall’ultimo periodo del comma 861).


 

Articolo 9, commi 3-5
(Analisi impatto su occupazione e retribuzione del lavoro
del Piano nazionale di ripresa e resilienza)

 

 

L’articolo 9, commi da 3 a 5, stabilisce la possibilità di collaborazione tra enti pubblici nel rendere interoperative diverse banche dati amministrative per promuovere la produzione di valutazioni significative sull’impatto delle riforme e degli investimenti del PNRR. Le convenzioni per l’utilizzo dei dati e i programmi di ricerca devono soddisfare i requisiti del regolamento per la protezione dei dati personali. Anche a tal fine le convenzioni stipulate ovvero i programmi di ricerca sono pubblicati nel sito internet istituzionale delle amministrazioni coinvolte e specificano le informazioni rilevanti. Le amministrazioni devono provvedere nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

In particolare, il comma 3 stabilisce che le amministrazioni pubbliche, al fine di favorire la produzione di analisi sull’impatto su occupazione e retribuzione del lavoro dipendente e autonomo e su altri fenomeni di interesse settoriale del PNRR, tramite la stipula di convenzioni o l’avvio di programmi di ricerca, nell’ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente, possono promuovere l’utilizzo a fini di ricerca di dati provenienti da archivi amministrativi e la loro integrazione con informazioni provenienti anche da fonti esterne all’amministrazione originaria.

 

Il comma 4 dispone che le convenzioni stipulate ovvero i programmi di ricerca di cui al comma 3 sono pubblicati nel sito internet istituzionale delle amministrazioni coinvolte e specificano gli scopi perseguiti, i tipi di dati trattati, le fonti utilizzate, le misure di sicurezza, i titolari del trattamento nonché i tempi di conservazione e ogni altra garanzia adottata per tutelare la riservatezza degli interessati, coerentemente con l’articolo 5 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016. In ogni caso, i dati trattati sono privati di ogni riferimento che permetta l’identificazione diretta delle unità statistiche sottostanti.

 

Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando che le amministrazioni provvedono alle attività previste dai commi 3 e 4 con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo osserva che nel dibattito attorno al PNRR molta attenzione è rivolta alla capacità di realizzare nei tempi richiesti traguardi e obiettivi (milestone e target) che devono essere raggiunti per ricevere le risorse del Dispositivo europeo di ripresa e resilienza, mentre meno attenzione è rivolta alla disponibilità di strumenti per capire e misurare l’efficacia del PNRR rispetto agli obiettivi generali e specifici delle misure che vengono finanziate. Il raggiungimento di milestone e target non è infatti sufficiente per assicurare che siano stati fatti miglioramenti significativi sui fenomeni economico-sociali-ambientali su cui il PNRR dovrebbe incidere. In genere, le milestone individuano fasi chiave dell'attuazione delle misure (e.g., legislazione adottata, piena operatività dei sistemi informativi, completamento dei lavori, ecc.), mentre i target misurano le realizzazioni (e.g. km di ferrovie costruite, metri quadri di superfice oggetto di interventi di efficientemente energetico, numero di studenti che hanno completato la formazione, numero di imprese raggiunte, etc.). Raramente milestone e target rappresentano le finalità ultime degli interventi, come riduzione della produzione di CO2, aumento dell’occupazione, miglioramento delle competenze degli studenti, ecc..

Il Regolamento UE 241/2020 che disciplina il Dispositivo non prevede obblighi di valutazione d’impatto delle misure del Piano in itinere o ex-post sugli Stati membri (a differenza di quanto previsto in passato per altri fondi del bilancio comunitario)[8]. Il Governo ritiene pertanto fondamentale favorire a livello nazionale la produzione di analisi, studi e evidenze sulle politiche attuate con il PNRR, facilitando la possibilità per le amministrazioni pubbliche coinvolte di valorizzare le banche dati amministrative esistenti e di promuovere programmi di ricerca sul PNRR.

A tal fine, le disposizioni prefigurano la possibilità di collaborazione tra enti pubblici nel rendere interoperative diverse banche dati amministrative per promuovere la produzione di valutazioni significative sull’impatto delle riforme e degli investimenti del PNRR. Non pone requisiti di partecipazione ma cerca di fare tesoro di esperienze pre-esistenti (quali per esempio il laboratorio Visitinps creato in Inps), eventualmente incoraggiando altre amministrazioni a promuovere analoghe esperienze o a creare piattaforme collaborative tra enti. In tal modo si vuole anche creare un canale preferenziale di convenzionamento tra enti pubblici, al fine di fornire legittimazione ad attività di ricerca valutativa che non sempre rientrano tra le mission originarie degli enti coinvolti.

Le esigenze informative per valutare singole o insiemi di misure del PNRR sono naturalmente diversificate e temporanee. Per questo, a differenza dell’articolo 11-bis (Disposizioni in materia di produzione di basi di dati mediante informazioni provenienti da archivi  amministrativi ai fini dell’attuazione del PNRR) della legge n. 108 del 2021, la norma non è orientata alla fornitura regolare di dati al fine della produzione di file standard (competenza attribuita a ISTAT dal suddetto articolo), ma piuttosto all’adozione di una modalità più mirata, secondo la quale le informazioni necessarie vengono prodotte in riferimento al problema da analizzare. A titolo esemplificativo, se si intende monitorare il fenomeno dell’abbandono scolastico, si potranno incrociare dati relativi alle carriere scolastiche degli studenti con dati relativi alla condizione occupazionale dei rispettivi genitori, mentre se si vuole monitorare l’effetto delle politiche attive di inserimento lavorativo bisognerà incrociare le informazioni del giovane NEET con le informazioni delle imprese presenti nel suo ambito territoriale di riferimento.

Le convenzioni per l’utilizzo dei dati e i programmi di ricerca devono soddisfare i requisiti del Regolamento per la protezione dei dati personali (Regolamento 2016/679) e, in particolare, tutelare la riservatezza degli interessati, coerentemente con l’articolo 5. Anche a tal fine la norma esplicita il fatto che i dati trattati sono privati di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche sottostanti.


 

Articolo 9, commi 6-7 e 12-13
(Gestione contabile delle risorse destinate all’attuazione del PNRR)

 

 

I commi 6-7 e 12-13 dell’articolo 9 recano norme di natura contabile funzionali alla gestione delle risorse destinate all’attuazione del PNRR.

In particolare, i commi 6 e 7 sono finalizzati ad assicurare anticipazioni di cassa ai soggetti attuatori dei progetti PNRR finanziati a valere sulle risorse del bilancio dello Stato, al fine di assicurare ai soggetti attuatori, ivi compresi gli enti territoriali, la liquidità necessaria per il tempestivo avvio ed esecuzione dei progetti di cui sono titolari.

Il comma 12 autorizza il versamento delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato, e destinate a interventi PNRR, sui conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestati al MEF per l’attuazione del Next Generation EU, nel caso in cui ciò sia necessario per assicurare unitarietà e flessibilità alle procedure di gestione finanziaria dei fondi.

Il comma 13, infine, esclude l’esecuzione forzata, ovvero atti di sequestro o di pignoramento, sui fondi PNRR esistenti nei conti correnti della tesoreria centrale o nelle corrispondenti contabilità speciali intestate alle PA responsabili della realizzazione degli interventi del PNRR.

 

Il comma 6 consente al MEF di disporre anticipazioni, a valere sulle disponibilità del conto corrente di tesoreria centrale «Ministero dell'economia e delle finanze - Attuazione del Next Generation EU-Italia - Contributi a fondo perduto», istituito con l’articolo 1, comma 1038, della legge n. 178/2020, da destinare direttamente ai soggetti attuatori dei progetti PNRR finanziati a valere su autorizzazioni di spesa del bilancio dello Stato, ivi compresi gli enti territoriali, al fine di garantire il tempestivo avvio ed esecuzione dei progetti PNRR di cui sono titolari.

Le anticipazioni devono essere richieste, con espressa motivazione, dalle Amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR finanziati a valere su autorizzazioni di spesa del bilancio dello Stato, e costituiscono, per i soggetti attuatori, tra cui gli enti territoriali, trasferimenti di risorse per la realizzazione tempestiva degli interventi PNRR.

Le anticipazioni sono a valere sulle disponibilità del conto corrente di tesoreria centrale, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 1038, della legge n. 178/2020, sul quale sono versate le risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation UE, di cui al comma 1037, relative ai progetti finanziati mediante contributi a fondo perduto.

L’anticipazione, si precisa nella Relazione tecnica, non determina effetti sui saldi di finanza pubblica in quanto l’operazione viene effettuata nei limiti delle risorse già stanziate in favore del Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation UE-Italia, a legislazione vigente.

 

Il comma 7 prevede che le risorse erogate come anticipazioni sono poi tempestivamente reintegrate al conto corrente di tesoreria dalle medesime Amministrazioni titolari degli interventi che hanno attivato le anticipazioni, a valere sui pertinenti stanziamenti di bilancio.

 

Al riguardo si ravvisa l’esigenza di meglio esplicitare le procedure dell’anticipazione, soprattutto con riferimento al trasferimento agli enti territoriali, anche al fine di salvaguardare la possibilità di monitorare efficacemente la gestione delle risorse assegnate alle amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR. Ciò anche in considerazione del fatto che la disposizione (in deroga al principio dell’annualità di bilancio) non definisce come i movimenti di cassa incidano sulle assegnazioni annuali di bilancio, posto che le amministrazioni hanno l’obbligo di tempestivo reintegro al conto di tesoreria.

 

 

I commi da 1037 a 1050 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020) hanno dettato una serie di misure contabili per l’attuazione del Programma Next Generation EU.

In particolare, il comma 1037 provvede all’istituzione, nello stato di previsione del MEF (cap. 8003), del “Fondo di rotazione per l’attuazione del Programma Next Generation EU”, quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall’Unione Europea. La dotazione del Fondo è pari a 32.766,6 milioni di euro per il 2021, a 40.037,4 milioni per il 2022 e a 44.573 milioni per il 2023, per un totale di 117,65 miliardi nel triennio.

La stessa legge di bilancio 2021 ha poi indicato, con apposite disposizioni, specifici utilizzi del predetto Fondo, finalizzandone in parte le disponibilità a determinate spese. Si ricorda, peraltro, che alcune di queste finalizzazioni sono state oggetto di modifica con il D.L. n. 59 del 2021. Inoltre, ulteriori finalizzazioni a carico del Fondo di rotazione sono state disposte di successivi decreti-legge approvati in corso d’anno (in particolare, i decreti-legge n. 77, n. 80, n. 121 del 2021 e il decreto-legge n.125/2021 in esame). Complessivamente, tale impieghi ammontano a 27,9 miliardi.

Per una più approfondita analisi degli utilizzi disposti in via legislativa delle risorse disponibili per il PNRR, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 30 del Servizio bilancio dello Stato “PNRR: dati finanziari e quadro delle risorse e degli impieghi”, di novembre 2011).

Le risorse stanziate nel Fondo di rotazione sono versate su due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato: nel primo conto corrente, denominato Ministero dell’economia e delle finanze attuazione del Programma Next Generation EU - Contributi a fondo perduto – sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante contributi a fondo perduto, sul secondo conto corrente denominato Ministero dell’economia e delle finanze attuazione del Programma Next Generation EU - Contributi a titolo di prestito – sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante prestiti. Tali conti hanno amministrazione autonoma e costituiscono gestioni fuori bilancio (comma 1038).

Le risorse giacenti sui conti correnti infruttiferi vengono attribuite a ciascuna amministrazione o organismo titolare e/o attuatore dei progetti, in relazione al fabbisogno finanziario, sulla base delle procedure definite con il decreto di cui al comma 1042, nel rispetto del sistema di gestione e controllo delle componenti del Next Generation EU (comma 1039[9]). In particolare, il comma 1042 prevede che con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le procedure amministrativo-contabili per la gestione delle risorse dal Fondo di rotazione, stanziate dalla legge di bilancio 2021, nonché le modalità di rendicontazione della gestione delle stesse.

Si segnala che non risultano fin qui adottati i decreti del MEF previsti dall’articolo 1, comma 1042, della legge n. 178/2021 (il quale prevedeva, tra l’altro, che il primo DM attuativo fosse adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge).

 

In attuazione del comma 1038, secondo i dati del conto riassuntivo del Tesoro alla data del 30 settembre 2021, risultano versati sui due conti correnti di tesoreria centrale MEF-NGEU circa 24,9 miliardi di euro provenienti dal Fondo di rotazione, di 8.954 milioni di euro sul conto corrente di tesoreria MEF-NGEU - Contributi a fondo perduto – e 15.938 milioni di euro sul conto corrente MEF-NGEU - Contributi a titolo di prestito.

Alla data del 30 settembre 2021, tali somme risultano interamente attribuite alle Amministrazioni o agli organismi titolari e/o attuatori dei progetti PNR.

Si rammenta, infine, per completezza, che qualora, invece, le risorse iscritte sul Fondo di rotazione per l’attuazione del Programma Next Generation EU, di cui al comma 1037, siano utilizzate per progetti finanziati dal dispositivo di ripresa e resilienza dell’Unione europea che comportino minori entrate per il bilancio dello Stato, la norma prevede che un importo corrispondente alle predette minori entrate venga versato sulla contabilità speciale n.1778, intestata: “Agenzia delle Entrate - Fondi di bilancio” per la conseguente regolazione contabile mediante versamento sui pertinenti capitoli dello stato di previsione dell’entrata (comma 1040). Il versamento nella contabilità speciale è effettuato mediante utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione oppure, ove gli effetti delle misure si realizzino in un periodo temporale più esteso rispetto a quello della dotazione del Fondo, utilizzando direttamente le disponibilità dei conti di tesoreria di cui al comma 1038 previamente incrementate dal Fondo.

Le risorse erogate all’Italia dal bilancio dell’Unione europea per l’attuazione del Dispositivo di Ripresa e la Resilienza dell’Unione europea affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato su due distinti capitoli, rispettivamente relativi ai contributi a fondo perduto e ai prestiti. Ai medesimi capitoli affluiscono le risorse del Programma Next Generation EU oggetto di anticipazione nazionale da parte del Fondo di rotazione (comma 1041).

 

Il comma 12 prevede che le risorse iscritte nel bilancio dello Stato ed espressamente finalizzate alla realizzazione degli interventi del PNRR possano essere versate sui conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestati al Ministero dell’economia e delle finanze per l’attuazione del Programma Next Generation EU, nel caso in cui ciò sia necessario per assicurare unitarietà e flessibilità alle procedure di gestione finanziaria dei fondi destinati a realizzare gli interventi del PNRR.

 

Si evidenzia che la disposizione sembra autorizzare la gestione fuori bilancio delle risorse stanziate dal bilancio dello Stato ed espressamente destinate alla realizzazione di interventi PNRR (stabilendone il versamento nei due conti correnti di Tesoreria centrale intestati al MEF-NGEU), senza tuttavia fare espresso riferimento alla legge n.1041/1971, di disciplina delle gestioni fuori bilancio. In particolare, la disposizione non individua il soggetto abilitato al versamento delle risorse, l’ammontare delle risorse di bilancio che possono essere oggetto del versamento e i soggetti abilitati a formulare la richiesta a fronte di specifiche esigenze gestionali del PNRR.

Relativamente all’individuazione delle “risorse iscritte nel bilancio dello Stato espressamente finalizzate alla realizzazione degli interventi del PNRR”, di cui alla norma in esame, andrebbe chiarito se si tratta di quelle afferenti i c.d. “progetti in essere”, come indicati nel D.M. Economia del 6 agosto 2021[10] o, anche, delle finalizzazioni del Fondo di rotazione disposte dalla legge di bilancio, dal Fondo complementare (di cui al DL 59/2021) o da successive disposizioni di rango legislativo[11].

 

Il comma 13, infine, esclude che i fondi esistenti sui conti correnti della Tesoreria centrale dello Stato destinati a realizzare gli interventi del PNRR nonché sulle corrispondenti contabilità speciali intestate alle Amministrazioni dello Stato per la gestione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, possano essere soggetti ad esecuzione forzata.

Sui medesimi fondi non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati non determinano dunque obbligo di accantonamento da parte delle sezioni medesime.

Tale divieto è giustificato – si legge nelle Relazione illustrativa – “tenuto conto del vincolo di destinazione di tali risorse e dell’importanza che le stesse restino nella disponibilità delle Amministrazioni responsabili della realizzazione degli interventi del PNRR e del conseguimento dei relativi milestone e target”.

 

Al comma 13 si evidenzia che il richiamo all’articolo 1, comma 1037, della legge n.178/2020 deve intendersi più propriamente riferito al comma 1038.


 

Articolo 9, commi 8 e 9
(Comitato scientifico per revisione della spesa pubblica)

 

 

L’articolo 9, commi 8 e 9, istituisce presso la Ragioneria generale dello Stato il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa, al fine di rafforzare gli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica e dei processi di revisione e valutazione della spesa.

 

Il comma 8 prevede che, ai fini del rafforzamento delle attività, degli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica, nonché dei processi di revisione e valutazione della spesa, presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è istituito il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa, con funzioni di supporto alle attività di analisi e valutazione della spesa e di proposta all’applicazione dell’art. 22-bis della legge n.196/2009.

Il Comitato opera in relazione alle linee guida stabilite dal Presidente del Consiglio dei Ministri e riferisce al Ministro dell’economia e delle finanze. Il Comitato indica i criteri e le metodologie per la definizione dei processi e delle attività di revisione della spesa nonché gli obiettivi da perseguire. Al Comitato partecipa il Ragioniere Generale dello Stato, che lo presiede, i dirigenti generali da questi delegati e quelli di volta in volta competenti in relazione alla materia trattata, un componente della segreteria tecnica del Ministro dell’economia e delle finanze, un rappresentante della Banca d’Italia, un rappresentante dell’Istat, un rappresentante della Corte dei conti. Alle riunioni del Comitato possono essere invitati rappresentanti delle pubbliche amministrazioni ed esperti esterni con professionalità inerenti alle materie trattate. La partecipazione alle riunioni del Comitato non dà diritto alla corresponsione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Alle spese di funzionamento del Comitato si provvede nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Il comma 9 prevede che per le attività istruttorie e di segreteria del Comitato scientifico e di supporto agli Ispettorati generali, connesse ai processi valutativi e di monitoraggio della spesa, è istituita, presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una apposita Unità di Missione, che svolge anche attività di Segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente di livello generale e due dirigenti di livello non generale, con corrispondente incremento della dotazione organica dirigenziale nel limite di spesa di 571 mila euro annui. A tal fine il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a conferire gli incarichi di livello dirigenziale non generale in deroga ai limiti percentuali previsti dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[12].

 

Le disposizioni in esame sono volte (secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa del provvedimento) a garantire il conseguimento di uno specifico traguardo previsto dal PNRR, con scadenza a dicembre 2021.

Nell’allegato alla Decisione del Consiglio UE del 13 luglio 2021, con cui è stato approvato il PNRR dell’Italia[13], il traguardo viene definito nei seguenti termini: “Entrata in vigore delle disposizioni legislative per migliorare l’efficacia della revisione della spesa, attraverso il rafforzamento del ruolo del Ministero delle Finanze”[14].

 

Per quanto riguarda la spending review dei ministeri, l’articolo 22-bis, comma 1, della legge n. 196/2009[15], prevede che, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza, entro il 31 maggio di ciascun anno, con D.P.C.M., e su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (previa deliberazione del Consiglio dei Ministri), sono definiti gli obiettivi di spesa di ciascun Dicastero riferiti al successivo triennio. In relazione a tali obiettivi, definiti in termini di limiti di spesa e di risparmi da conseguire, i Ministri definiscono la propria programmazione finanziaria, indicando gli interventi da adottare con il successivo disegno di legge di bilancio.

Dopo l'approvazione della legge di bilancio, entro il 1° marzo di ciascun anno, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono in appositi accordi (definiti con decreti interministeriali) le modalità e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa. Negli accordi sono quindi indicati gli interventi che si intende porre in essere per la loro realizzazione e il relativo cronoprogramma. I medesimi accordi possono essere aggiornati, anche in considerazione di successivi interventi legislativi che possano avere effetti sugli obiettivi oggetto dei medesimi accordi.

Il Ministro dell'economia informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi, sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro entro il 15 luglio. Entro il 1° marzo dell'anno successivo, ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia una relazione – che verrà allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente.

La nuova procedura ha trovato attuazione per la prima (e, al momento, unica) volta nell'anno 2017, con riferimento al triennio di programmazione 2018-2020.

 

Da ultimo, l’articolo 1, comma 849, della legge n.178 del 2021 (legge di bilancio per il 2021) ha modificato la disciplina di revisione della spesa delle amministrazioni centrali prevedendo, in particolare, che le amministrazioni statali siano tenute, a decorrere dal 2023, a porre in essere processi di riorganizzazione amministrativa volti a conseguire risparmi di spesa nella misura corrispondente alle riduzioni delle dotazioni (di competenza e di cassa), relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei ministeri, nella misura indicata in apposito allegato al disegno di legge (allegato L). Su proposta dei ministri competenti, con decreto del MEF, le riduzioni di spesa possono essere rimodulate nell’ambito dei pertinenti stati di previsione, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa in termini di indebitamento netto della P.A.

 

Per ulteriori informazioni sulla normativa vigente in materie di revisione della spesa a livello delle amministrazioni centrali si rinvia al tema web Il controllo della spesa pubblica e la spending review.

 


 

Articolo 9, commi 10 e 11
(Assunzioni presso la RGS e impiego di esperti)

 

 

All’articolo 9, il comma 10 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze per il biennio 2021-2022 a reclutare, mediante nuovi concorsi o scorrimento delle vigenti graduatorie, 40 unità di personale da inquadrare nella terza area, posizione economica F1, per rafforzare le strutture della Ragioneria generale dello Stato, inclusi l’Unità di missione del Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa e i nuclei di valutazione della spesa, nonché per le attività di implementazione dei processi di redazione del bilancio di genere e del bilancio ambientale.

Il comma 11 autorizza la Ragioneria generale dello Stato ad avvalersi del supporto di società a prevalente partecipazione pubblica, nonché di un contingente massimo di 10 esperti e di stipulare convenzioni con Università, Enti e Istituti di ricerca, entro il limite di spesa complessivo di 600.000 euro.

 

In particolare, il comma 10, al fine di rafforzare le strutture del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, inclusi l’Unità di missione del Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa (istituita dal precedente comma 9) e i nuclei di valutazione della spesa previsti dalla legge di contabilità (art. 39 della legge 196/2009), nonché per le attività di implementazione dei processi di redazione del bilancio di genere e del bilancio ambientale, autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze, per il biennio 2021-2022, a reclutare, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali ma nei limiti della vigente dotazione organica, un contingente di 40 unità di personale, da inquadrare nell'area III, posizione economica F1.

A tal fine è autorizzata la spesa di 1.864.375 euro annui a decorrere dall'anno 2022.

Il reclutamento del personale è effettuato senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità e anche mediante scorrimento delle vigenti graduatorie di concorsi pubblici.

 

Si ricorda che la legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009) ha previsto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali, attraverso la costituzione dei Nuclei di analisi e valutazione della spesa – (NAVS). In particolare, l’articolo 39 prevede una collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - con le amministrazioni centrali dello Stato, attraverso i nuclei di analisi e valutazione della spesa, finalizzata a garantire il supporto per la verifica dei risultati programmatici rispetto agli obiettivi di finanza pubblica relativi all’indebitamento netto, al saldo di cassa e al debito delle amministrazioni pubbliche, nonché a garantire il supporto per il monitoraggio dell'efficacia delle misure rivolte al loro conseguimento e di quelle disposte per incrementare il livello di efficienza delle amministrazioni. L’art. 25 del D.Lgs. n. 123 del 2011 disciplina le modalità di funzionamento dei NAVS.

Le attività svolte dai nuclei sono altresì funzionali alla formulazione delle proposte di rimodulazione delle risorse finanziarie tra i diversi programmi di spesa nonché alla predisposizione del rapporto allegato al rendiconto generale del bilancio dello Stato sui risultati e la realizzazione degli obiettivi indicati nel bilancio di previsione.

I risultati conseguiti dai nuclei di analisi e valutazione della spesa sono stati utilizzati per l'elaborazione del Rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato, documento di sintesi dell’attività triennale di spending review volto ad illustrare la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni - previsto dall’art. 41 dalla legge di contabilità e presentato alle Camere, per la prima volta, nell’agosto 2012 (Doc. CCXLVIII, n. 1). Tale articolo è stato soppresso dall’art. 4 del D.Lgs. n. 90 del 2016 il quale, introducendo il nuovo art. 22-bis (Programmazione finanziaria e accordi tra Ministeri) nella legge di contabilità, ha previsto l'integrazione del processo di revisione della spesa nel ciclo di bilancio, nell'ottica di un rafforzamento della programmazione finanziaria e del raggiungimento di un maggior grado di strutturazione e sistematicità del processo stesso di revisione della spesa.

 

Il comma 11, per lo svolgimento dei compiti previsti dall’intero articolo 9, autorizza la Ragioneria generale dello Stato ad avvalersi del supporto di società a prevalente partecipazione pubblica, nonché di un contingente massimo di 10 esperti di comprovata qualificazione professionale (art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001), fino a un importo massimo di euro 50.000 lordi annui per singolo incarico, entro il limite di spesa complessivo di euro 500.000. Per le medesime finalità il Dipartimento è autorizzato a stipulare convenzioni con Università, Enti e Istituti di ricerca, per i quali si prevede un costo complessivo annuo di euro 100.000 (costo previsto dalla relazione tecnica).

A tal fine è autorizzata la spesa di 600.000 euro annui a decorrere dal 2022.

 

L'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, consente alle PA, nei casi in cui non possano far fronte a specifiche esigenze con il personale in servizio, di assegnare incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;

d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.

 

Si segnalano di seguito i più recenti provvedimenti che hanno autorizzato il Ministero dell’economia e delle finanze a procedere, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, ad assumere nuovi contingenti di personale, in particolare per le esigenze del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Il decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. decreto rilancio) contiene alcune norme che autorizzano il MEF a potenziare le proprie strutture:

-        l’articolo 2, comma 13-bis, autorizza il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ad avvalersi, nel limite complessivo di spesa di 100.000 euro per il 2020 e 200.000 euro a decorrere dal 2021, di esperti individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico tra persone di comprovata esperienza ed elevata professionalità, in vista del monitoraggio delle clausole di flessibilità nell’ambito delle regole del Patto di stabilità e crescita europeo, anche con riferimento alle opere necessarie a perseguire il riordino della rete ospedaliera in relazione all’emergenza Covid-19 realizzate mediante il ricorso al partenariato pubblico-privato;

-        gli articoli 247-249 prevedono misure per la accelerazione dei concorsi mediante il decentramento e la digitalizzazione delle procedure;

-        l’articolo 262 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad avviare le procedure di reclutamento di 56 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nel profilo della terza area (F3), in relazione alle specifiche esigenze connesse alla Presidenza italiana del G20 e allo sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi e delle nuove funzionalità strumentali all'attuazione della riforma del bilancio dello Stato. Le procedure di reclutamento (già autorizzate dall’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 22 del 2019) si svolgono mediante concorsi per titoli ed esame orale per l’accesso ai quali è richiesto il possesso, oltre che del titolo di studio previsto per il profilo professionale di inquadramento e la conoscenza della lingua inglese, anche del dottorato di ricerca ovvero del master di secondo livello.

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020), ai commi 884 e 885, autorizza il MEF a bandire concorsi di personale non dirigenziale per assumere 550 unità con contratto a tempo indeterminato, da destinare alle Ragionerie Territoriali dello Stato (350 unità di Area III-F1 e 100 unità di Area II-F2) e alle Commissioni Tributarie (100 di Area III-F1).

Il comma 886 (come modificato dal D.L. n. 183 del 2020) autorizza per MEF a bandire per l’anno 2021 concorsi per assumere 30 unità di personale non dirigenziale di alta professionalità con contratto a tempo indeterminato da inquadrare nell’Area III-F3, al fine di avviare tempestivamente le procedure di monitoraggio degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le procedure concorsuali, in deroga alla normativa vigente, si svolgono mediante concorsi per titoli ed esame orale. Per l'accesso alle prove concorsuali è richiesto il possesso, oltre che del titolo di studio previsto per il profilo professionale di inquadramento e la conoscenza della lingua inglese, anche del dottorato di ricerca ovvero del master di secondo livello.

 

Il decreto-legge n. 73 del 2021 (articolo 11-bis, comma 13) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze, nel quadro delle esigenze connesse anche alle misure del decreto (c.d. Sostegni-bis), a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche, secondo le modalità semplificate di cui all’articolo 10 del D.L. n. 44 del 2021, e, conseguentemente, ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per le esigenze delle strutture del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS) del medesimo Ministero, nei limiti della vigente dotazione organica, un contingente di personale pari a 50 unità da inquadrare nel livello iniziale dell’area III del comparto funzioni centrali.

Inoltre, nel quadro delle esigenze connesse anche alle misure dello stesso decreto, la dotazione complessiva del contingente degli uffici di diretta collaborazione del MEF è incrementata di dieci unità di personale per ciascuno degli anni dal 2021 al 2027. Una quota parte, non inferiore a otto unità di personale, è riservata all'Ufficio del coordinamento legislativo. Per gli anni dal 2021 al 2027 presso l'Ufficio di Gabinetto sono istituiti due ulteriori posti di funzione di livello dirigenziale generale, assegnati alle dirette dipendenze del Capo di gabinetto (articolo 11-bis, comma 15).

 

Il decreto-legge n. 80 del 2021, articolo 7, comma 1, ha previsto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento a tempo determinato di 500 unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale terza, fascia economica F1, da inquadrare nell'area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico, ingegneristico gestionale, di cui 80 unità da assegnare al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e le restanti da ripartire alle amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (G.U. n. 64 del 13 agosto 2021); i 500 professionisti reclutati dal bando sono, infatti, destinati alle strutture di monitoraggio e rendicontazione dei fondi presso le amministrazioni titolari dei relativi progetti e interventi, per la realizzazione del sistema di coordinamento istituzionale, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo del Piano di ripresa e resilienza. Il relativo bando di concorso pubblico è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4^ Serie Speciale - Concorsi ed Esami del 13 agosto 2021.

L’articolo 7, comma 4, del DL n.80/2021, ha inoltre autorizzato la Ragioneria generale dello Stato ad avvalersi di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale per le attività di monitoraggio e rendicontazione del PNRR, effettuate dal Servizio centrale per il PNRR, istituito dall’articolo 6 del D.L. n. 77/2021. Si prevede l’importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico, entro il limite di spesa complessivo di 167.000 euro per l’anno 2021 e di 500.000 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026.

 

Si segnala, infine, che il disegno di Legge europea 2019-2020 (A.C. 2670-B), in corso di esame alla Camera in seconda lettura, autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad assumere, a tempo indeterminato, fino a 50 unità di personale per rafforzare le strutture della Ragioneria generale dello Stato ai fini delle attività di gestione, monitoraggio e controllo degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027 (articolo 44).

 


 

Articolo 9, commi 14-18
(Realizzazione della riforma 1.15 del PNRR “Sistema unico di contabilità economico-patrimoniale per le PA”)

 

 

L’articolo 9, commi da 14 a 17, interviene in ordine alla realizzazione della riforma 1.15 del PNRR denominata “Dotare le pubbliche amministrazioni italiane di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale”, prevedendo che le attività connesse sono svolte dalla Struttura di governance istituita presso il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (comma 14) e stabilendo il compenso dei componenti dello Standard Setter Board (comma 15). Stabilisce altresì che le proposte relative ai principi e gli standard contabili sono trasmesse, per il parere, alla Commissione Arconet (comma 16). Rinvia a successive determine del Ragioniere generale dello Stato per la modifica della determina di istituzione della Struttura di governance (comma 17). Il comma 18, infine, reca le disposizioni finanziarie.

 

Riforma “Dotare le Pubbliche amministrazioni di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale accrual

La riforma, inserita nella missione 1, componente 1, del PNRR, ha l’obiettivo di implementare un sistema di contabilità basato sul principio accrual unico per il settore pubblico, in linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio. Secondo il PNRR, infatti, un assetto contabile accrual costituisce un supporto essenziale per gli interventi di valorizzazione del patrimonio pubblico, grazie ad un sistema di imputazione, omogeneo e completo, del valore contabile dei beni delle pubbliche amministrazioni.

Il PNRR riporta che il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha realizzato, in accordo con la Commissione Europea, tre diversi progetti finalizzati ad analizzare l’accounting maturity del nostro Paese e ad individuare le iniziative più idonee per l’adozione di un sistema unico di contabilità accrual nelle amministrazioni pubbliche italiane. Si tratta di:

       Design of the accrual IPSAS/EPSAS based accounting reform in the Italian public administration”.

       Support for the implementation of the accrual IPSAS/EPSAS based accounting in the Italian public administration”.

       Design a chart of accounts for the EPSAS/IPSAS based accrual accounting”.

 

Secondo il Piano, tali progetti risultano essenziali per avviare un percorso di implementazione di un framework contabile incardinato sul principio accrual: dopo aver valutato il divario esistente fra l’attuale assetto contabile delle pubbliche amministrazioni italiane e un sistema contabile basato sugli standard europei e dopo aver evidenziato le diverse criticità da affrontare, sono stati identificate le azioni da intraprendere per colmare il divario rispetto agli obiettivi in termini di accounting maturity.

L’action plan propone alcune iniziative fondamentali, tra le quali:

       il coordinamento delle attività di riforma contabile con l’istituzione di un nuovo modello di governance.

       La riduzione delle discordanze tra i diversi sistemi contabili mediante un’azione di convergenza verso un unico insieme di standard contabili.

       L’elaborazione di un quadro concettuale unico per l’intera pubblica amministrazione italiana.

       La definizione di un nuovo piano dei conti unico per le pubbliche amministrazioni, in linea con le migliori pratiche internazionali.

       La consapevolezza dei requisiti fondamentali in materia di informatica, risorse umane e sistemi di gestione finanziaria necessari per implementare con successo la riforma contabile.

 

A supporto di tale disegno, si prevede inoltre la realizzazione di un nuovo sistema informativo a supporto dei processi di contabilità pubblica, basato su un’architettura del tipo ERP (Enterprise Resource Planning) e strutturato in moduli, tra loro collegati e integrati, in grado di cogliere, con una unica rilevazione, il profilo finanziario, economico-patrimoniale e analitico di uno stesso fatto gestionale.

Il nuovo sistema, chiamato InIt, sarà messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni dalla RGS, come un unico sistema informatico integrato a supporto dei processi contabili e sostituirà le numerose applicazioni attualmente in uso presso le amministrazioni centrali. Tale sistema sarà inoltre in grado di gestire tutti i processi di una organizzazione – siano essi di tipo amministrativo, produttivo e finanziario - consentendo di integrare tutta l’organizzazione e le sue funzioni e rendendo le informazioni simultaneamente disponibili a tutti i processi e gli attori coinvolti.

Inoltre, la costruzione delle funzionalità e dell’architettura del nuovo sistema InIt sosterrà e si accompagnerà con innovazioni di processo, come, ad esempio, l’aggiornamento del piano dei conti integrato o l’estensione dell’ambito della sperimentazione della contabilità economico-patrimoniale.

Il PNRR delinea infine le modalità e tempi di attuazione di tale riforma: il percorso di costruzione del framework contabile basato sul principio accrual, unico per il settore pubblico, è già stato avviato, attraverso la realizzazione dei tre progetti sopra menzionati, e terminerà entro il secondo trimestre 2026, in linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio.

Il sistema InIt necessario per tale riforma sarà inizialmente in uso presso i Ministeri, per poi essere esteso alle Amministrazioni Autonome che attualmente utilizzano i sistemi informatici messi a disposizione dalla RGS. Successivamente sarà messo a disposizione delle altre amministrazioni pubbliche. Il sistema verrà reso disponibile, con progressivi rilasci, a partire dal primo semestre del 2021.

 

Il comma 14 dell'articolo 9 in esame prevede che le attività connesse alla realizzazione della Riforma 1.15 del PNRR (si veda il box sopra) sono svolte dalla Struttura di governance istituita presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS) con determina del Ragioniere generale dello Stato n. 35518 del 5 marzo 2020.

 

In base al regolamento allegato alla determina sopra citata, la Struttura di governance è istituita con l'obiettivo di definire un sistema contabile basato sul principio accrual unico per le pubbliche amministrazioni. Per lo svolgimento dei propri compiti si avvale di un organo tecnico indipendente, detto Standard Setter Board, composto di esperti dei sistemi contabili di tipo economico-patrimoniale applicati alle pubbliche amministrazioni, che elabora proposte relative ai principi e agli standard di contabilità basati sul principio accrual. La Struttura è composta inoltre di un Comitato direttivo con funzioni di iniziativa e indirizzo, di un Gruppo di consultazione e di una Segreteria tecnica. Per ulteriori dettagli si rinvia al testo della determina citata.

 

Il comma 15 stabilisce che, ai fini delle attività di cui al comma 14, ai componenti dello Standard Setter Board, di cui all’articolo 3 della predetta determina del Ragioniere generale dello Stato, è riconosciuto, per gli anni dal 2022 al 2026, un compenso onnicomprensivo, per un importo annuo non superiore a 8.000 euro per singolo componente. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 120.000 per ciascuno degli anni 2022 al 2026. Per il finanziamento delle spese di funzionamento della Struttura di governance, si provvede nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 16, al fine di favorire la partecipazione degli enti territoriali alla definizione della riforma 1.15 del PNRR, prevede che le proposte relative ai princìpi e gli standard contabili elaborate dallo Standard Setter Board di cui al comma 15 sono trasmesse, per il parere, alla Commissione Arconet di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 118 del 2011.

 

 

L’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 118 del 2011, corretto e integrato dal decreto legislativo n. 126 del 2014, ha istituito, presso il MEF, la Commissione per l’armonizzazione degli enti territoriali (Commissione Arconet) con il compito di promuovere l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e dei loro organismi e enti strumentali, esclusi gli enti coinvolti nella gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al Servizio sanitario nazionale, e di aggiornare gli allegati al titolo primo del decreto legislativo n. 118 del 2011 in relazione al processo evolutivo delle fonti normative che concorrono a costituirne il presupposto e alle esigenze del monitoraggio e del consolidamento dei conti pubblici, nonché del miglioramento della raccordabilità dei conti delle amministrazioni pubbliche con il Sistema europeo dei conti nazionali.

 

Il comma 17 rinvia a una o più determine del Ragioniere generale dello Stato il compito di apportare le necessarie modifiche alla citata Determina n.  5518 del 5 marzo 2020, al fine di dare attuazione a quanto stabilito dai commi 15 e 16.

 

Il comma 18 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 3.155.946 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 e a 3.035.946 euro annui a decorrere dall’anno 2027, e individua la fonte di copertura finanziaria nella corrispondente riduzione, per 3.155.946 euro annui a decorrere dall’anno 2022, delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.


 

Articolo 10
(Supporto tecnico operativo per le misure di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali)

 

 

L’articolo 10, comma 1, istituisce nello stato di previsione della spesa del MIPAAF il Fondo per l’attuazione degli interventi del PNRR di competenza del medesimo Ministero - Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca e dell’ippica. Il comma 2 dispone in relazione agli oneri relativi, pari a euro 1,5 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIPAAF.

 

Il Fondo è istituito per l’attuazione delle misure di competenza del MIPAAF, previste dall’articolo 9 del D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021).

 

La relazione illustrativa ricorda che l’articolo 10 del D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021) definisce le modalità di avvalimento dei soggetti previsti dal medesimo articolo 9 da parte delle Amministrazioni titolari di misure individuate nel PNRR.  Per consentire anche al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di usufruire del predetto avvalimento è pertanto istituito un fondo per finanziare l’attività di supporto fornita al competente Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca e dell’ippica, al fine di consentire la più efficace e tempestiva realizzazione degli interventi previsti dal PNRR.

 

L'articolo 9 del D.L. citato attribuisce alle singole Amministrazioni centrali o degli enti territoriali competenti per materia, la realizzazione (in via diretta o mediante alcuni altri soggetti) degli interventi previsti dal PNRR.

Pone loro alcuni obblighi, di tracciabilità e documentazione.

L'articolo 9 prevede che la "realizzazione operativa" degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza spetti alle Amministrazioni centrali dello Stato, alle Regioni e agli enti locali, sulla base delle loro specifiche competenze istituzionali o della titolarità degli interventi, quale definita nel Piano.

L'Amministrazione titolare può operare attraverso le proprie strutture o avvalendosi di soggetti attuatori esterni (individuati nel Piano) o secondo le modalità previste dalla normativa nazionale e comunitaria vigente.

Per il riguardo tecnico-operativo, le Amministrazioni possono avvalersi - a fini di efficacia e tempestività della realizzazione degli interventi del Piano - di società a prevalente partecipazione pubblica (rispettivamente, statale, regionale e locale) e di enti vigilati.

Le Amministrazioni sono tenute ad assicurare la completa tracciabilità delle operazioni e la tenuta di una apposita codificazione contabile per l'utilizzo delle risorse del Piano.

Debbono conservare tutti gli atti e la relativa documentazione giustificativa su supporti informatici adeguati, e li rendono disponibili per le attività di controllo e di audit.

Gli atti, i contratti ed i provvedimenti di spesa adottati dalle Amministrazioni per l'attuazione degli interventi del Piano sono sottoposti ai controlli ordinari di legalità ed ai controlli amministrativo-contabili, previsti dalla legislazione nazionale applicabile.

L’articolo 10 del D.L. 77/2021 ha introdotto misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici, prevedendo che le amministrazioni possano avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate, sulla base di apposite convenzioni. I commi 1 e 2 prevedono che per sostenere la definizione e l'avvio delle procedure di affidamento ed accelerare l'attuazione degli investimenti pubblici, in particolare di quelli previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e comunitaria 2014-2020 e 2021-2027, le amministrazioni pubbliche, mediante apposite convenzioni, possono avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell'art. 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici). L'attività di supporto copre anche le fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione degli interventi e comprende azioni di rafforzamento della capacità amministrativa, anche attraverso la messa a disposizione di esperti particolarmente qualificati. Il comma 3 specifica che, ai fini dell'articolo 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici), le stazioni appaltanti devono valutare la congruità economica dell'offerta delle società in house, con riguardo all'oggetto e al valore della prestazione. La motivazione del provvedimento di affidamento a società in house da parte delle stazioni appaltanti deve dare conto dei vantaggi, rispetto al ricorso al mercato, derivanti dal risparmio di tempo e di risorse economiche, mediante comparazione degli standard di riferimento della Consip S.p.A e delle centrali di committenza regionali. In sostanza con l’intervento in esame, la stazione appaltante è obbligata a riscontrare i vantaggi che legittimano l’affidamento in house mediante la comparazione degli standard di riferimento di Consip S.p.A e delle centrali di committenza regionali. I commi 4 e 5 specificano che del supporto tecnico-operativo delle società in house qualificate, di cui ai commi 1 e 2, possono avvalersi, per il tramite delle amministrazioni centrali dello Stato, anche le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali. Spetta al Ministero dell'economia e delle finanze la definizione, per le società in house statali, dei contenuti minimi delle convenzioni. Ai relativi oneri le Amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Laddove ammissibili, tali oneri possono essere posti a carico delle risorse previste per l'attuazione degli interventi PNRR, ovvero delle risorse per l'assistenza tecnica previste nei programmi UE 2021/2027 per gli interventi di supporto agli stessi riferiti. Il comma 6 dispone che ai fini dell'espletamento delle attività di supporto, le società in house possono provvedere con le risorse interne, con personale esterno, nonché con il ricorso a competenze, di persone fisiche o giuridiche, disponibili sul mercato, nel rispetto di quanto stabilito dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Il comma 6-bis interviene sulla disciplina della crisi d’impresa delle società partecipate da pubbliche amministrazioni, prevedendo che il risultato economico del 2020 non venga preso in considerazione ai fini dell’applicazione di due disposizioni del decreto legislativo n.175 del 2016.

 

Nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), le risorse destinate direttamente all’agricoltura (e alla pesca) fanno riferimento principalmente alla Missione 2, e specificamente, nell’ambito della Componente 1 – Economia circolare e agricoltura sostenibile (per la quale sono previsti complessivamente 5,27 miliardi di euro più - secondo quanto riportato nella tabella a pag. 22 - 1,2 miliardi di euro a titolo di Fondo complementare), sono relative all’ambito di intervento 2 “Sviluppare una filiera agroalimentare sostenibile”, alla quale sono destinati 2,8 miliardi di euro. All’interno della medesima Componente 1 della Missione 2, di interesse per il settore agricolo sono anche le risorse destinate alle cosiddette Green Communities, pari a 135 milioni di euro, presenti nell’ambito di intervento 3 – Sviluppare progetti integrati. Sempre nell’ambito della Missione 2, sono inoltre previste risorse nell’ambito della Componente 2 - Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, nell’ambito di intervento 1 “Incrementare la quota di energia prodotta da fonti di energia rinnovabile”, in relazione allo sviluppo dell’agro-voltaico, per circa 1,1 miliardi di euro e allo sviluppo del biometano, per 1,923 miliardi di euro. Infine, nella medesima Missione 2, risultano d’interesse per il mondo rurale anche le risorse presenti all’interno della Componente 4 – Tutela del territorio e della risorsa idrica, nell’ambito di intervento 4 “Garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo e il miglioramento della qualità ambientale delle acque interne e marittime”, destinate all’Investimento 4.2 (Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti), con 900 milioni di euro e all’Investimento 4.3 (Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche), con 880 milioni di euro. Ulteriori risorse che incidono sul settore agricolo sono presenti nella Missione 1, in relazione alla Componente 3 – Turismo e cultura 4.0, nell’ambito dell’intervento 2 “Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio religioso e rurale”, in relazione alla valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale, per la quale sono previsti 600 milioni di euro. Sono presenti altresì stanziamenti nella Missione 5, con riferimento alla Componente 2 – Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore, nell’ambito di intervento 2 “Rigenerazione urbana e housing sociale”, relativamente all’Investimento 2.2a (Piani Urbani Integrati – Superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura), con risorse per 200 milioni di euro.

 

Per ulteriori approfondimenti, si veda il dossier n. 28/1, aggiornato al 15 luglio 2021, pp. 269-288.


 

Capo V – Zone economiche speciali

Articolo 11
(
Modifiche alla conferenza di servizi per insediamenti
ZES e sportello unico ZES
)

 

 

L’articolo 11 introduce lo sportello unico digitale per la presentazione dei progetti di nuove attività nelle ZES e prevede semplificazioni procedurali e per la risoluzione delle controversie nei casi di opposizione delle amministrazioni interessate nell’ambito della conferenza dei servizi.

 

In dettaglio, vengono modificati gli artt. 5 (relativo alle semplificazioni per le ZES) e 5-bis (che prevede l’autorizzazione unica) del decreto-legge n. 91 del 2017.

Si ricorda che il decreto-legge n. 91 del 2017 ha definito le procedure e le condizioni per istituire Zone economiche speciali (ZES) in alcune aree del Paese, in particolare nelle regioni definite dalla normativa europea come "meno sviluppate" o "in transizione", definendone le procedure e le condizioni.  In Italia sono regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media europea) le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. Sono regioni in transizione (con PIL pro capite tra il 75 e il 90 per cento della media europea) le regioni Sardegna, Abruzzo e Molise.

Il decreto legge n. 91/2017 è stato più volte novellato nel corso della legislatura, da ultimo dal decreto legge n. 77 del 2021 (c.d. decreto Semplificazioni - art. 57) che è intervenuto su numerose procedure riguardanti il funzionamento e la governance delle ZES, relative a: la composizione del Comitato di indirizzo, la nomina dei Commissari straordinari per le ZES, cui viene conferita anche la funzione di stazione appaltante; il supporto amministrativo alla loro attività anche attraverso l'Agenzia per la Coesione e l'introduzione dell'autorizzazione unica in ottica di semplificazione; l'incremento del limite al credito d'imposta per gli investimenti nelle ZES, esteso all'acquisto di immobili strumentali agli investimenti.

 

Le modifiche dell’articolo 11 in commento sono di seguito illustrate:

a)      con la nuova lett. a-ter) dell’art. 5, si prevede che presso ogni Commissario straordinario operi uno sportello unico digitale presso il quale i soggetti interessati ad avviare una nuova attività soggetta all’autorizzazione unica, presentano il proprio progetto. Lo sportello unico è reso disponibile anche in lingua inglese e opera secondo i migliori standard tecnologici, con carattere di interoperabilità rispetto ai sistemi e alle piattaforme digitali in uso presso gli enti coinvolti nell’istruttoria del procedimento. Si prevede che ciascun Commissario renda noto, con avviso pubblicato sul proprio sito istituzionale, la data a partire dalla quale lo sportello è reso disponibile. Nelle more, le domande di autorizzazione unica sono presentate allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) territorialmente competente e, a tal fine, gli enti titolari dei SUAP si raccordano con il Commissario;

La formulazione attuale della lett. a-ter) prevede che il Comitato di indirizzo della ZES, su impulso del Commissario straordinario del Governo, assicuri il raccordo tra gli sportelli unici istituiti e i procedimenti di autorizzazione unica.

 

b)     si dispone il differimento dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2023 del termine, previsto alla lett. a-sexies), per proporre, da parte del Comitato di indirizzo, la perimetrazione delle zone franche doganali intercluse che possono essere istituite nelle ZES e nelle ZES interregionali in base alla stessa lett. a-sexies), la quale prevede poi che questa proposta sia approvata con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro sessanta giorni;

c)      con un periodo aggiunto al comma 6 dell’art. 5, si prevede che l’Agenzia per la coesione affidi i servizi tecnologici per la realizzazione dello sportello unico digitale e per la sua messa in funzione, mediante procedura di evidenza pubblica, ovvero si avvalga, mediante convenzione, di piattaforme già in uso ad altri enti o amministrazioni. Gli oneri, fissati nella misura massima di 2,5 milioni di euro, sono posti a carico del PON Governance 2014/2020 e in particolare sulla quota React UE assegnata al programma nello specifico Asse di Assistenza Tecnica e Capacità amministrativa di cui alla Decisione della Commissione Europea C(2021)7145 del 29 settembre 2021;

Il Programma Operativo Nazionale (PON) “Governance e capacità istituzionale” è stato adottato dalla Commissione europea con decisione C(2015) 1343 del 23 febbraio 2015, modificata da ultimo con la decisione C(2021) 7145 final il 29 settembre 2021 con la quale la Commissione ha accolto la richiesta del Governo italiano di assegnare una parte delle risorse REACT-EU messe a disposizione dall’Italia a titolo di entrata con destinazione specifica esterna per contribuire al superamento degli effetti negativi della pandemia conservando le sue finalità strategiche incentrate sul rafforzamento della capacità amministrativa e istituzionale.

Il PON Governance e capacità istituzionale è gestito dall’Agenzia per la Coesione Territoriale, con deleghe al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero della giustizia, e si rivolge alle pubbliche amministrazioni sostenendo interventi di rafforzamento amministrativo e innovazione della PA.

Il PON ha una dotazione finanziaria di oltre 805 milioni di euro (provenienti dai fondi SIE FESR e FSE) che è stata integrata con ulteriori 1.243 milioni di euro con l’adesione del programma all’iniziativa REACT EU.

 

d)     all’art. 5-bis, relativo all'autorizzazione unica rilasciata dal Commissario straordinario della ZES in esito ad apposita conferenza di servizi, si introduce il riferimento all’applicazione, oltre che dell'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, alle modificazioni successive di tale norma.

 

Si ricorda che nell’autorizzazione unica confluiscono tutti gli atti di autorizzazione, assenso e nulla osta comunque denominati, previsti dalla vigente legislazione in relazione all'opera da eseguire, al progetto da approvare o all'attività da intraprendere.

 

Viene poi aggiunto un periodo al comma 4 (che prevede attualmente che alla conferenza di servizi partecipino tutte le amministrazioni competenti, anche per la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, demaniale, antincendio, della salute dei cittadini e preposte alla disciplina doganale) in base al quale, ove le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e delle pubblica incolumità, ovvero le amministrazioni delle Regioni, si oppongano alla determinazione motivata di conclusione della conferenza (ai sensi dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241/1990), la riunione è indetta dall’Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale, sulla base di una motivata relazione del Commissario della ZES interessata.

Si prevede, inoltre, che le attività propedeutiche e istruttorie necessarie all’individuazione di una soluzione condivisa siano svolte dal Dipartimento per la coesione e che qualora la soluzione condivisa non sia raggiunta, l’Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale rimetta la questione al Consiglio dei ministri con propria proposta motivata (secondo quanto previsto dall’articolo 14-quinquies, comma 6, secondo periodo della legge n. 241 del 1990, che prevede che la questione sia posta, di norma, all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine per raggiungere l'intesa).

Infine, qualora il progetto di insediamento della nuova attività produttiva sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, e trovi applicazione il provvedimento unico autorizzatorio regionale (articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006), alla conferenza di servizi indetta dall’Autorità competente partecipi sempre il Commissario della ZES interessata. Ove siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti che abbiamo condotto ad un diniego di autorizzazione, il Commissario può chiedere all’Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale il deferimento della questione al Consiglio dei ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti.

 

Si evidenzia che la norma in esame, attraverso l’istituzione dello sportello unico digitale presso le ZES, completa l’attuazione della Riforma 1 (Missione 5, Componente 3) del PNRR, relativa alla “Semplificazione delle procedure e rafforzamento dei poteri del Commissario nelle Zone Economiche Speciali”, il cui Traguardo è previsto entro il 31 dicembre 2021.

Si ricorda che all’attuazione della citata Riforma contribuisce inoltre quanto previsto dall’articolo 57 del decreto-legge n. 77 del 2021, il quale ha rafforzato, in particolare, il ruolo dei Commissari straordinari per le ZES.


 

Capo VI – Università e ricerca

Articolo 12
(Borse di studio per gli studenti universitari
e delle istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 12 semplifica, per il periodo di riferimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e in attuazione degli obiettivi previsti dallo stesso, la disciplina relativa alla determinazione dei requisiti di eleggibilità per l’accesso, da parte degli studenti universitari e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), alle borse di studio, e per la determinazione dei relativi importi.

Dispone, inoltre, in ordine alle risorse destinate dallo stesso PNRR alle medesime borse di studio.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il PNRR prevede, nell’ambito della Missione n. 4 (“Istruzione e ricerca”), Componente 1 (“Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università”), l’investimento “Borse di studio per l'accesso all'università” (M4C1-I.1.7), al quale sono destinati, quali sovvenzioni, € 500 mln.

L’obiettivo della misura è garantire la parità di accesso all'istruzione, agevolando l'accesso all'istruzione terziaria per gli studenti in difficoltà socioeconomiche. In particolare, si prevede di aumentare di € 700 in media l’importo delle borse di studio, fino a un massimo di € 4.000 per studente, e di estendere le stesse a una quota più ampia di studenti.

Con riguardo alla tempistica, si prevede l’entrata in vigore di decreti ministeriali di riforma della relativa disciplina entro il quarto trimestre 2021, di assegnare borse di studio ad almeno 300.000 studenti entro il quarto trimestre 2023, e ad almeno 336.000 studenti entro il quarto trimestre 2024.

 

Nella rubrica dell’articolo, si valuti l’opportunità di fare riferimento anche alle istituzioni AFAM.

 

Si ricorda, infatti, che la disciplina relativa al diritto allo studio recata attualmente dal d.lgs. 68/2012 riguarda sia gli studenti iscritti alle università, sia quelli iscritti alle istituzioni AFAM.

In particolare, l'art. 3 ha previsto un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell'ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti. Nello specifico:

§  lo Stato ha competenza esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP);

§  le regioni a statuto ordinario esercitano la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio, disciplinando e attivando gli interventi per il concreto esercizio di tale diritto;

§  le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le competenze ad esse spettanti in base ai rispettivi statuti, tenendo conto dei LEP;

§  le università e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie risorse, organizzano i propri servizi – compresi quelli di orientamento e tutorato – al fine di realizzare il successo formativo degli studi e promuovono attività culturali, sportive e ricreative, nonché interscambi tra studenti di università italiane e straniere.

 

Con specifico riferimento alle borse di studio, l’art. 7 del medesimo d.lgs. 68/2012 ha disposto che la concessione delle stesse è assicurata a tutti gli studenti universitari e delle istituzioni AFAM aventi i requisiti di eleggibilità, nei limiti delle risorse disponibili (co. 1).

L’importo delle borse di studio e i requisiti di eleggibilità per l’accesso alle stesse sono definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il Consiglio nazionale degli studenti universitari. Il decreto interministeriale doveva essere adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del d.lgs. e deve essere aggiornato con cadenza triennale (co. 7).

Sulla base dell’art. 8, i requisiti di eleggibilità attengono a merito e condizione economica. In particolare, requisiti di merito sono stabiliti anche tenendo conto della durata normale dei corsi di studio, anche con riferimento ai valori mediani della relativa classe di laurea. Per le istituzioni AFAM, i requisiti di merito vanno accertati con riferimento alla durata normale dei corsi di studio, anche con riferimento ai valori mediani dei corsi afferenti alle scuole di cui al DPR 212/2005 (co. 2).

Le condizioni economiche sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche tenendo conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università o l'istituzione AFAM. Sono previste modalità integrative di selezione, quali l'Indicatore della situazione economica all'estero (ISEE estero) e l'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente (ISPE) (co. 3).

Nelle more dell'emanazione del decreto interministeriale di cui all’art. 7, co. 7, continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai requisiti di merito e di condizione economica recate dal DPCM 9 aprile 2001, a suo tempo emanato previo parere della Conferenza Stato regioni (co. 5)[16].

Sempre in base all’art. 7 del d.lgs. 68/2012, l’importo standard della borsa di studio è determinato, in modo distinto per condizione abitativa dello studente (in sede, fuori sede, pendolare), in base alla rilevazione dei costi di mantenimento agli studi, calcolati con riferimento alle voci di costo materiale didattico[17], trasporto[18], ristorazione[19], alloggio[20], accesso alla cultura[21] (co. 2).

La spesa deve essere stimata in valore standard, con riferimento a studenti il cui nucleo familiare abbia un valore dell'Indicatore della situazione economica equivalente universitaria (ISEEU) fino al 20% superiore al limite massimo previsto dai requisiti di eleggibilità di cui all'art. 8, computata su 11 mesi (co. 3).

La borsa di studio è attribuita per concorso agli studenti che si iscrivono, entro il termine previsto dai bandi, ai corsi e che risultino idonei al loro conseguimento in relazione al possesso dei requisiti di eleggibilità di cui allo stesso art. 8 (co. 4).

 

Da ultimo, il DM 12 febbraio 2021, n. 157 – esplicitamente intervenuto nelle more dell’adozione del decreto interministeriale di cui all’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012 – ha stabilito gli importi minimi delle borse di studio per l’a.a. 2021/2022, fissandoli in misura pari a € 5.257,74 per gli studenti fuori sede, a € 2.898,51 per gli studenti pendolari, e a € 1.981,75 per gli studenti in sede.

 

In particolare, l’articolo 12 prevede, anzitutto, che, in attuazione degli obiettivi previsti dal PNRR, per il periodo 2021-2026, gli importi delle borse di studio e i requisiti di eleggibilità per l’accesso alle stesse sono definiti, in deroga a quanto previsto dall’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca (anziché, come visto, con decreto dello stesso Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentito il Consiglio nazionale degli studenti universitari).

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica fanno presente che la procedura aggravata di determinazione dei contenuti sopra indicati non è necessaria in considerazione del “contenuto vincolato, in quanto predeterminato dal PNRR”, che può, dunque, essere recepito con mero decreto del Ministro dell’università e della ricerca.

 

Al riguardo, in virtù della sopra richiamata competenza legislativa delle regioni in materia “diritto allo studio” (ribadita, da ultimo, dalla Corte costituzionale con sentenza n. 87/2018, che, a tal fine, ha richiamato le sentenze 2/2013, 61/2011, 299/2010, 134/2010, 50/2008, 300/2005 e 33/2005), si valuti l’opportunità di prevedere comunque il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni.

 

Inoltre, lo stesso articolo 12 dispone che le risorse destinate alle borse di studio dal PNRR confluiscono nel Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio e sono ripartite con le modalità ordinariamente previste per il Fondo medesimo.

 

Al riguardo, si ricorda, anzitutto, che l’art. 18 del d.lgs. 68/2012 – come modificato dall’art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto che, nelle more della completa definizione dei LEP e dell'attuazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale (d.lgs. 68/2011), al fabbisogno finanziario necessario per garantire la concessione delle borse di studio agli studenti universitari e delle istituzioni AFAM si provvede attraverso:

§  un nuovo Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio (FIS) – sul quale sono confluite, fra l’altro, le risorse del (precedente) Fondo integrativo per la concessione di borse di studio e prestiti d’onore (art. 16, L. 390/1991) – da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni[22];

§  il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce (a seconda della condizione economica dello studente)[23];

§  risorse proprie delle regioni (oltre al gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio), pari almeno al 40% dell'assegnazione del FIS[24].

 

Per quanto concerne i criteri e le modalità di assegnazione delle risorse del FIS, da ultimo è intervenuto, per il triennio 2020-2022 - e nelle more dell’intervento del D.I. previsto dall’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012 -, in attuazione dell’art. 1, co. 271, della L. 232/2016, il D.I. 853 del 12 novembre 2020, adottato (a seguito della citata sentenza 87/2018 della Corte costituzionale) previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.

In particolare, l’art. 4, co. 4, dello stesso D.I. ha disposto che le risorse del FIS sono attribuite direttamente al bilancio dell’ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio. Nel caso in cui le regioni si avvalgano di più enti strumentali per la prestazione dei servizi del diritto allo studio, tra i quali, in base a specifiche norme regionali ed accordi, le stesse Istituzioni della formazione superiore ubicate sul suo territorio, le risorse sono trasferite direttamente ai bilanci dei suddetti enti nelle proporzioni indicate dalle regioni.

 

Più ampiamente, si veda, sull’argomento, l’apposito FOCUS curato dal Servizio Studi della Camera.

 


 

Articolo 13
(Supporto tecnico al Ministero dell’università e della ricerca)

 

 

L'articolo 13 autorizza il Ministero dell’università e della ricerca, entro il limite di spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2021, ad acquisire, attraverso l’attivazione delle convenzioni previste dal Programma di gare strategiche ICT di Consip, servizi professionali di assistenza tecnica per la trasformazione digitale, il data management, la definizione di strategie e soluzioni per il cloud e per la cybersicurezza.

 

A tal fine, l'articolo novella l’articolo 64 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, recante governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108), inserendo uno specifico comma aggiuntivo dopo il comma 6-ter.

 

Si ricorda che i commi 6-bis e 6-ter del richiamato art. 64 recano disposizioni volte a incrementare le risorse umane del Ministero dell'università e della ricerca (MUR). La prima delle due norme citate reca l'autorizzazione ad assumere 69 unità di personale a tempo indeterminato, da inquadrare nell'Area III, posizione F1, del comparto funzioni centrali, mentre la seconda accresce la dotazione complessiva del personale di diretta collaborazione (per approfondimenti si rinvia alla scheda su art. 64, commi da 6-bis a 6-sexies, del Dossier dei Servizi studi di Senato e Camera n. 394/3 Vol. II).

 

L'articolo specifica che l'intervento normativo è finalizzato a garantire l’attuazione degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e ad assolvere ai connessi adempimenti in tema di monitoraggio, rendicontazione e controllo degli investimenti.

Nella relazione illustrativa si segnala che l'intervento in esame è motivato dalla circostanza che per il MUR - a differenza delle altre amministrazioni coinvolte nel PNRR - non è stato previsto, nell'ambito dei fondi per il medesimo PNRR, il servizio di assistenza tecnica per le funzioni svolte dal medesimo dicastero.

 

Quanto ai conseguenti oneri, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 10 milioni di euro, l’accantonamento relativo al Ministero dell’università e della ricerca.

 

Si rammenta che Consip è una società per azioni, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, che opera nel settore dell'acquisizione di beni e servizi in favore della pubblica amministrazione, con l'obiettivo di rendere più efficiente e trasparente l'utilizzo delle risorse pubbliche.

Consip è attiva anche sul versante della digitalizzazione della pubblica amministrazione, nell'ambito del quale si inseriscono, per quanto interessa in questa sede, le gare strategiche del Piano triennale dell’informatica della Pubblica Amministrazione, fra cui quelle richiamate dalla disposizione in esame. Per approfondimenti si rinvia alla pagina web della società che tratta tale tematica ("Consip al servizio della trasformazione digitale del Paese").


 

Articolo 14
(Disposizioni per l’interdisciplinarietà delle classi di laurea
e la formazione di profili professionali innovativi)

 

 

L’articolo 14 stabilisce, in attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che, nell’ambito dei criteri generali per la definizione, da parte degli atenei, degli ordinamenti dei “corsi di studio universitari”, una parte dei crediti formativi universitari (CFU) può essere riservata ad attività affini o integrative, comunque relative a settori scientifico-disciplinari (SSD) o ad ambiti disciplinari non previsti per le attività di base o per le attività caratterizzanti del corso di studi. L’obiettivo è quello di promuovere l’interdisciplinarietà dei “corsi di studio” e la formazione di profili professionali innovativi.

Inoltre, in coerenza con i medesimi obiettivi, prevede la razionalizzazione e l’aggiornamento dei medesimi SSD.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il PNRR prevede, nell’ambito della Missione n. 4 (“Istruzione e ricerca”), Componente 1 (“Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università “), la Riforma delle classi di laurea (M4C1-R.1.5).

In particolare, il PNRR evidenzia che la complessità crescente che caratterizza le nuove sfide poste dalla modernità - tra cui, pandemia, trasformazione digitale, transizione ecologica - richiedono, oltre alla specializzazione, conoscenze sempre più ampie. Per questa ragione, occorre mantenere una apertura nei primi tre anni di università per abbracciare il sapere in modo più ampio e consentire una specializzazione durante i percorsi di laurea magistrale o di dottorato. A questo proposito, sottolinea che la presenza di programmi di studi vincolati da un sistema di crediti formativi basato su settori disciplinari stretti non permette l’ampiezza nel corso delle lauree triennali. Occorre, quindi, allargare i settori disciplinari e congiuntamente consentire la flessibilità nella programmazione dei singoli corsi di laurea triennali.

La riforma prevede, pertanto, l'aggiornamento della disciplina per la costruzione degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea, riducendo i rigidi confini esistenti che limitano fortemente la possibilità di creare percorsi interdisciplinari.

La riforma, inoltre, amplierà le classi di laurea professionalizzanti, facilitando l’accesso all’istruzione universitaria per gli studenti provenienti dai percorsi degli Istituti tecnici superiori (ITS).

Con riguardo alla tempistica, si prevede l’adozione della riforma entro il quarto trimestre 2021, e l’entrata in vigore delle disposizioni per l’efficace attuazione e applicazione di tutte le misure relative alla riforma, ove necessario, entro il quarto trimestre 2023.

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica esplicitano che l’articolo costituisce proprio la disposizione attuativa di quanto previsto dalla Riforma M4C1-R.1.5 del PNRR.

 

In particolare, il comma 1 interviene sulla disciplina per la definizione degli ordinamenti degli studi dei corsi universitari, di cui all’art. 17, co. 95, della L. 127/1997, stabilendo che, nell’ambito dei criteri generali cui devono conformarsi gli atenei, una parte dei CFU complessivi può essere riservata ad attività affini o integrative –comunque relative a SSD o ad ambiti disciplinari non previsti per le attività di base o per le attività caratterizzanti del “corso di studio” –, che possono essere organizzate sotto forma di corsi di insegnamento, laboratori, esercitazioni, seminari o altre attività, purché finalizzate all’acquisizione di conoscenze e abilità funzionalmente correlate al profilo culturale e professionale identificato dal medesimo “corso di studio”.

A tal fine, novella il citato art. 17, co. 95, della L. 127/1997, inserendovi due nuovi periodi.

 

L’art. 17, co. 95, della L. 127/1997 ha disposto che l’ordinamento dei corsi di studio universitari, con esclusione del dottorato di ricerca, è disciplinato dagli atenei, con le modalità di cui all'art. 11, co. 1 e 2, della L. 341/1990[25], in conformità a criteri generali definiti con decreti del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con altri Ministri interessati, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e le Commissioni parlamentari competenti.

 

Si valuti l’opportunità di esplicitare anche nel testo che i periodi aggiunti riguardano gli ordinamenti dei “corsi di laurea”.

 

La relazione illustrativa sottolinea che, “senza aumentare il numero complessivo dei CFU e senza snaturare le finalità del corso di studio, si consente al suo interno l’affiancamento alle attività di base o caratterizzanti di insegnamenti, seminari e attività di laboratorio su settori diversi, rimessi all’autonomia universitaria, ma necessariamente tali da garantire una maggiore (e prima impossibile a questo livello) interdisciplinarietà”.

 

In attuazione di quanto disposto dall’art. 17, co. 95, della L. 127/1997, è intervenuto, da ultimo, il DM 22 ottobre 2004, n. 270, che, per quanto qui maggiormente interessa, ha stabilito che:

-       i corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili (di cui all'art. 10, co. 1), sono raggruppati in classi di appartenenza, individuate da uno o più decreti ministeriali. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale (art. 4);

-       a ogni CFU corrispondono 25 ore di impegno complessivo per studente. La quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 CFU. I regolamenti didattici di ateneo determinano, altresì, per ciascun corso di studio la frazione dell'impegno orario complessivo che deve essere riservata allo studio personale o ad altre attività formative di tipo individuale. Il riconoscimento totale o parziale dei crediti acquisiti da uno studente ai fini della prosecuzione degli studi in altro corso della stessa università ovvero nello stesso o altro corso di altra università, compete alla struttura didattica che accoglie lo studente, con procedure e criteri predeterminati stabiliti nel regolamento didattico di ateneo. Le università possono riconoscere come CFU, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso (art. 5);

-       per conseguire la laurea lo studente deve aver acquisito 180 crediti. Per conseguire la laurea magistrale lo studente deve aver acquisito (ulteriori) 120 crediti (art. 7);

-       i decreti ministeriali individuano, per ogni classe di corsi di laurea, gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli, raggruppandole in: attività formative in uno o più ambiti disciplinari[26] relativi alla formazione di base; attività formative in uno o più ambiti disciplinari caratterizzanti la classe.
I decreti ministeriali determinano anche, per ciascuna classe di corsi di laurea e per ogni classe di corsi di laurea magistrale, il numero minimo di crediti che gli ordinamenti didattici riservano ad ogni attività formativa e ad ogni àmbito disciplinare, rispettando il vincolo percentuale fissato sul totale dei crediti necessari per conseguire il titolo di studio. Oltre alle attività formative qualificanti, i corsi di studio prevedono, tra l’altro: attività formative autonomamente scelte dallo studente purché coerenti con il progetto formativo; attività formative in uno o più ambiti disciplinari affini o integrativi a quelli di base e caratterizzanti, anche con riguardo alle culture di contesto e alla formazione interdisciplinare; attività formative volte ad acquisire ulteriori conoscenze linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazionali, o comunque utili per l'inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative volte ad agevolare le scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del settore lavorativo cui il titolo di studio può dare accesso, tra cui, in particolare, i tirocini formativi e di orientamento; attività formative relative agli stages e ai tirocini formativi presso imprese, amministrazioni pubbliche, enti pubblici o privati ivi compresi quelli del terzo settore, ordini e collegi professionali, sulla base di apposite convenzioni (art. 10);

-       ogni ordinamento didattico determina: le denominazioni e gli obiettivi formativi dei corsi di studio, indicando le relative classi di appartenenza; il quadro generale delle attività formative da inserire nei curricula; i crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun àmbito, riferendoli – per quanto riguarda le attività formative in uno o più ambiti disciplinari relativi alla formazione di base e le attività formative in uno o più ambiti disciplinari caratterizzanti la classe – ad uno o più settori scientifico-disciplinari nel loro complesso; le caratteristiche della prova finale per il conseguimento del titolo di studio (art. 11).

 

Per completezza, si ricorda che, dopo quanto previsto dall’art. 17, co. 95, della L. 127/1997 e dal DM 270/2004, l’art. 14 della L. 240/2010 ha disposto – in parte novellando l’art. 2, co. 147, della L. 262/2006 – che le università disciplinano nel proprio regolamento didattico le conoscenze e le abilità professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi, al contempo prevedendo che il numero di tali crediti non può essere superiore a 12. Ha, altresì, previsto che le università possono riconoscere quali crediti formativi, entro il medesimo limite, il conseguimento da parte dello studente di medaglia olimpica o paralimpica, ovvero del titolo di campione mondiale assoluto, campione europeo assoluto o campione italiano assoluto nelle discipline riconosciute dal CONI o dal CIP.

La definizione delle modalità attuative e delle eventuali deroghe  debitamente motivate a tali previsioni, anche con riferimento al limite massimo di crediti riconoscibili in relazione alle attività formative svolte nei cicli di studio presso gli istituti di formazione della pubblica amministrazione, nonché alle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario, alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso, è stata rimessa ad un regolamento emanato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca (art. 17, co. 3, L. 400/1988), sentiti i ministri competenti.

Con lo stesso regolamento devono essere definiti i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati dagli ITS, nell'ambito dei progetti attuati con le università attraverso le federazioni di cui all'art. 3 della stessa L. 240/2010.

Il regolamento non risulta, tuttavia, intervenuto.

Sempre per completezza, si ricorda che, da ultimo, l’art. 1, co. 51, della L. 107/2015 – ora abrogato dall’art. 4, co. 1, D.L. 130/2021, in corso di conversione – aveva stabilito che, con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca (art. 17, co. 3, della L. 400/1988), sentiti i ministri competenti, dovevano essere definiti i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati dagli ITS, secondo tabelle di confluenza tra gli esiti di apprendimento in relazione alle competenze acquisite al termine dei suddetti percorsi e le competenze in esito ai corsi di laurea ad essi assimilabili.

 

A sua volta, il comma 2 dispone che, anche al fine di assicurarne la rispondenza agli elementi di flessibilità e di interdisciplinarietà di cui al comma 1, si provvede alla razionalizzazione e all’aggiornamento dei SSD, con la procedura di cui al co. 99 dello stesso art. 17 della L. 127/1997.

 

L’art. 17, co. 99, della L. 127/1997 ha previsto che, con decreti del Ministro dell'università e della ricerca, su proposta del CUN, si procede, secondo criteri di affinità scientifica e didattica, all'accorpamento e al successivo aggiornamento dei SSD, nell'ambito dei quali sono raggruppati gli insegnamenti, anche al fine di stabilire la pertinenza della titolarità ai medesimi settori, nonché i raggruppamenti concorsuali.

Per l'individuazione dei SSD è intervenuto, da ultimo il DM 18 marzo 2005, che ha modificato il DM 4 ottobre 2000.


 

Articolo 15
(Alloggi per studenti)

 

 

L'articolo 15 interviene sulla disciplina in materia di realizzazione di alloggi e residenze per gli studenti universitari di cui all'art.1 della legge n.338 del 2000[27] con la duplice finalità di semplificazione delle procedure, di cui si dispone l'effettuazione con modalità informatiche, nonché di favorire il rispetto di elevati standard ambientali.

 

La legge n.338 del 2000, oggetto di novella, prevede una forma di cofinanziamento da parte dello Stato per interventi volti alla realizzazione di alloggi e residenze per studenti universitari. Circa l'entità della contribuzione statale, la norma prevede solo un limite massimo che - a seguito della recente modifica introdotta con il DL n. 77 del 2021 (art. 64, comma 8) - è stato fissato al 75 per cento (rispetto al 50 per cento previsto in precedenza).

 

In attuazione di tale disposizione, sono stati nel tempo emanati una serie di bandi ministeriali, l'ultimo dei quali (il quarto) risalente al 28 novembre 2016 (D.M. n. 937 del 28 novembre 2016).

Il cofinanziamento statale si colloca nell'ambito di un'attività sinergica fra i soggetti chiamati ad erogare servizi di diritto allo studio, che è attualmente disciplinata dal d.lgs. 68/2012. Quest'ultimo interviene, agli articoli 13 e seguenti, prevedendo la collaborazione fra Stato, Regioni, Province autonome, Università e Istituzioni per il potenziamento dell'offerta abitativa nazionale, "al fine di garantire il soddisfacimento della domanda degli studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi", e per la programmazione integrata della disponibilità di alloggi pubblici e privati, anche mediante specifici accordi con le parti sociali e i collegi universitari (art.13, comma 2).

 

La prima delle novelle introdotte all'art.1 della legge n. 338 del 2000 consiste nell'integrazione, con taluni periodi aggiuntivi, del comma 3 (comma 1, lettera a)). Quest'ultimo, si ricorda, demanda ad un decreto ministeriale, sentite la Conferenza dei rettori delle università italiane e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle procedure e delle modalità per la presentazione dei progetti e per l'erogazione dei relativi finanziamenti[28].

Nello specifico, le nuove disposizioni stabiliscono che le procedure sono effettuate esclusivamente con modalità digitali e attraverso l'informatizzazione del processo edilizio e del progetto con l’esclusivo utilizzo di strumenti per la rappresentazione digitale del processo costruttivo. E' altresì disposto che i progetti prevedano, a pena di inammissibilità, il numero dei posti letto attesi. Viene inoltre affidata ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca l'individuazione dei progetti ammessi a finanziamento e l'assegnazione delle relative risorse, con conseguente individuazione ed assegnazione dei posti letto riferiti ai singoli progetti. L'intervento normativo mira a semplificare e rendere tempestive ed efficaci la selezione e il monitoraggio degli interventi.  

 

La seconda delle due novelle all'articolo 1 della legge n.338 del 2000 recate nell'articolo in esame (comma 1, lettera b)) consiste nell'inserimento di un comma aggiuntivo dopo il comma 4. Tale ultima disposizione demanda ad un decreto ministeriale la definizione degli standard minimi qualitativi degli interventi per gli alloggi e le residenze universitarie, nonché le linee guida relative ai parametri tecnici ed economici per la loro realizzazione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di edilizia residenziale.

 

Il comma 4-bis, inserito dall'articolo in esame, attribuisce priorità, nell'effettuazione dei richiamati interventi, alla ristrutturazione, alla trasformazione, anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, e all’acquisto di strutture ed immobili esistenti con la finalità di perseguire elevati standard ambientali nella costruzione e nella gestione degli interventi. La disposizione mira a perseguire gli obiettivi individuati nella comunicazione della Commissione europea dell’11 dicembre 2019 sul Green Deal europeo, recepiti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (v. infra).

 

Con riferimento alla finalità dell'articolo in esame, la relazione illustrativa sottolinea che le misure introdotte sono legate agli adempimenti assunti con la Commissione europea nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nello specifico, in tale Piano, è presente la misura 4, componente C1, riforma 1.7 riguardante gli alloggi per gli studenti e il riordino della relativa legislazione. L'obiettivo è quello di triplicare i posti per gli studenti fuorisede, portandoli da 40.000 a oltre 100.000 entro il secondo trimestre del 2026. Per tali finalità sono allocati 960 milioni di euro complessivi, così ripartiti: nel 2022: 40 milioni; nel 2023: 160 milioni; nel 2024: 320 milioni; nel 2025: 280 milioni; nel 2026: 160 milioni.

Il PNRR prevede di perseguire tale finalità attraverso una modifica normativa sia della legge n.338 del 2000 sia del d.lgs. n.68 del 2012, che dispone in materia di in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti. Il Piano mira: all'apertura della partecipazione al finanziamento anche a investitori privati, o partenariati pubblico-privati; a favorire la sostenibilità degli investimenti privati, con garanzia di un regime di tassazione simile a quello applicato per l'edilizia sociale, che consenta al contempo l'utilizzo flessibile dei nuovi alloggi quando non necessari per l'ospitalità studentesca; all'adeguamento degli standard per gli alloggi, mitigando i requisiti di legge relativi allo spazio comune per studente disponibile negli edifici in cambio di camere (singole) meglio attrezzate; ad introdurre agevolazioni per la ristrutturazione e il rinnovo delle strutture in luogo di nuovi edifici green-field (prevedendo una maggiore percentuale di cofinanziamento), con il più alto standard ambientale che deve essere garantito dai progetti presentati; alla digitalizzazione della procedura per la presentazione e la selezione dei progetti.

Entrando nel dettaglio della descrizione dei traguardi e obiettivi della Riforma 1.7 (si vedano le pagine 394 e seguenti dell'allegato riveduto della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia), per quanto interessa in questa sede, si prevede, fra l'altro, quanto segue: 1) agevolare la ristrutturazione e il rinnovo delle strutture in luogo di nuovi edifici green-field (prevedendo una maggiore percentuale di cofinanziamento), con il più alto standard ambientale che deve essere garantito dai progetti presentati; 2) semplificare, anche grazie alla digitalizzazione, la presentazione e la selezione dei progetti e, quindi, i tempi di realizzazione; 3) procedere alla creazione e all'assegnazione di "almeno 7.500 posti letto aggiuntivi grazie alla [legge] 338/2000, quale riveduta entro il 31 dicembre 2021".

Con specifico riferimento al Green deal europeo (di cui alla comunicazione della Commissione europea dell’11 dicembre 2019), richiamato nella disposizione in commento, esso mira a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050, al fine di contrastare i cambiamenti climatici. In tale contesto, fra le misure da sostenere, per quanto qui rileva, vi sono quelle relative alla realizzazione di nuovi edifici e alla ristrutturazione di quelli esistenti da svolgere in modo efficiente sotto il profilo energetico e delle risorse.


 

TITOLO II – ULTERIORI MISURE URGENTI FINALIZZATE ALL’ACCELERAZIONE DELLE INIZIATIVE PNRR

Capo I – Ambiente

Articolo 16
(Risorse idriche)

 

 

L’articolo 16 reca norme in materia di risorse idriche, novellando a tal fine diversi provvedimenti.

 

Si novella l'articolo 154 del codice dell'ambiente in materia di tariffa del servizio idrico integrato, prevedendo che nella determinazione dei canoni si tenga conto - oltre ai costi già previsti - anche dei costi dell’inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga”; si introduce poi il nuovo comma 3-bis, al fine di prevedere che, con decreto, siano definiti i criteri per incentivare l’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura, e per sostenere l’uso del sistema comune di gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento (comma 1).

Il comma 2 novella l'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2014 prevendo che il Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico sia adottato - anche per stralci - con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, previa intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate agli interventi ammessi a finanziamento nei rispettivi territori, a valere sulle risorse del Ministero della transizione ecologica; sostituisce poi il riferimento allo strumento dell'accordo di programma con quello al previsto Piano.

Il comma 3 novella l'articolo 36-ter, comma 3, del D.L. n. 77 del 2021  in tema di misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico, prevedendo che i commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico promuovano e adottino prioritariamente le misure previste, anche in coerenza con la valutazione del rischio a livello nazionale di cui all’articolo 6 della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sul meccanismo unionale di protezione civile  nonché del principio di non arrecare un danno significativo.

Il comma 4 novella l'articolo 1, comma 1074, del bilancio di previsione 2018 al fine di prevedere che gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico nelle regioni del centro-nord siano individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate. Il comma 5 inasprisce le sanzioni previste per la violazione del divieto di derivare o utilizzare acqua pubblica in difetto di provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente. Al fine di garantire lo sviluppo sostenibile dei sistemi idrici sotto il profilo ambientale, il comma 6 incide sui criteri di valutazione per le domande di utilizzazione d’acqua a fini irrigui.

 

Nel dettaglio, l'articolo 16 reca norme in materia di risorse idriche e novella diversi provvedimenti.

 

Il principio “chi inquina paga” in materia di risorse idriche (co.1)

In particolare, il comma 1 novella l'articolo 154 del codice dell'ambiente (D.Lgs. n. 152 del 2006 ) in materia di tariffa del servizio idrico integrato.

Nel dettaglio, la lettera a) interviene sul comma 3 del citato articolo 154. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, il previgente comma 3 prevedeva che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale. La novella recata dalla lettera in esame è finalizzata a prevedere che nella determinazione dei canoni in premessa, si tenga conto - oltre ai costi già previsti - anche dei costi dell’inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga”.

Si indica poi - in linea con l'attuale articolazione dei dicasteri - che il concerto del decreto in parola sia con il Ministro della transizione ecologica anziché con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché aggiungendovi il concerto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

La successiva lettera b) introduce il nuovo comma 3-bis all'articolo 154 del D.Lgs. n. 152 del 2006, al fine di prevedere che, con il decreto di cui al richiamato comma 3, siano definiti i criteri per incentivare l’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura, e per sostenere l’uso del sistema comune di gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento.

La Relazione illustrativa al DL in esame sottolinea che l’articolo in parola si prefigge di dare attuazione alla misura M2C4-2 Riforma 4.2 di cui al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede l’introduzione di un regime incentivante l’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura, in particolare per sostenere il ricorso al sistema comune di gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento, nonché di stabilire un sistema di prezzi regolamentati che tenga adeguatamente conto dell’uso delle risorse ambientali e dell’inquinamento, conformemente al principio del “chi inquina paga”.

Aggiunge che negli atti collegati all’attuazione del PNRR si fa espresso riferimento al Sistema Informativo Nazionale per la Gestione delle Risorse Idriche in Agricoltura, ossia il database georeferenziato, realizzato e gestito dal CREA-PB, finalizzato alla raccolta ed elaborazione delle informazioni relative all’uso irriguo dell’acqua.

 

Il SIGRIAN (Sistema Informativo Nazionale per la Gestione delle Risorse Idriche in Agricoltura) è la banca dati realizzata e gestita dal CREA-PB (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di Politiche e Bioeconomia, ex INEA) e costituisce il riferimento per il monitoraggio dei volumi irrigui a disposizione di tutte le amministrazioni ed enti competenti in materia di acqua per l’agricoltura, in forza del DM MIPAAF 31/07/2015. Per approfondimenti, si rinvia al rispettivo sito.

La Relazione illustrativa ricorda che il SIGRIAN costituisce lo strumento unico di riferimento per il settore irriguo a servizio di tutte le amministrazioni e degli enti competenti, come previsto dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 31 luglio 2015, per cui con la norma in esame si propone un coinvolgimento del MIPAAF nell’iter di adozione del decreto di fissazione dei criteri per la determinazione regionale dei canoni di concessione.

 

Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e  contrasto del dissesto idrogeologico (co. 2-4)

Il comma 2, lettere a) e b) novellano - rispettivamente - il primo e il quarto periodo del comma 2 dell'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2014 in materia di gestione di risorse idriche, modifiche urgenti al D.Lgs. n. 152/2006 per il superamento di una serie di procedure di infrazione (2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio 2012 e C-85-13 del 10 aprile 2014), norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani, nonché finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione.

Il D.L. n. 133 del 2014 (L. n. 164 del 2014), recante Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, all'articolo 7 ha recato norme in materia di gestione di risorse idriche; modifiche urgenti al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio 2012 e C-85-13 del 10 aprile 2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione, ed è in vigore dal 7 novembre 2021.

 

Le novelle in questione prevedono, alla lettera a), la riscrittura del primo periodo del citato comma 2 dell'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2014, su cui era recentemente intervenuto già il D.L. 77/2021 (in materia di governance del PNRR).

Si prevede, con la nuova disposizione, che il Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico a valere sulle risorse di bilancio del Ministero della transizione ecologica sia adottato, anche per stralci, con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica previa intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano interessate agli interventi ammessi a finanziamento nei rispettivi territori.

Si sostituisce poi il riferimento, al quarto periodo della norma novellata, allo strumento dell'accordo di programma con il riferimento al Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico (lettera b).

Il comma 2 dell'articolo 7, qui oggetto di novella, era già stato modificato dalla 11 novembre 2014, n. 164, dall'art. 36-ter, comma 7, lett. a), b) e c) del D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (come convertito in legge). Con tali recenti modifiche, si è previsto che gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e i rispettivi cronoprogrammi fossero individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica (in luogo del d.P.C.m. prima previsto su proposta del Ministro dell'ambiente), previa intesa con il Presidente di ciascuna regione interessata. Con tale disposizione del D.L. 77/2021 veniva quindi altresì implicitamente soppressa la disposizione, di cui al primo periodo del comma 2 - ora novellato - secondo la quale le risorse destinate al finanziamento degli interventi fossero utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero, che definiva altresì la quota di cofinanziamento regionale. Per approfondimenti sulle successive novelle, si veda anche il rispettivo dossier relativo all'art. 36-ter del D.L. n. 77 del 2021.

L'intervento di cui ai commi 2, 3 e 4 - precisa la Relazione illustrativa al decreto-legge in esame - è volto al conseguimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza in materia di dissesto idrogeologico, relativi alla Missione M2C4-1 Riforma 2.1. Secondo la medesima Relazione, la possibilità di procedere, con uno o più decreti, all’adozione - anche per stralci - del Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico è finalizzata ad evitare la penalizzazione delle regioni più tempestive nell’attribuzione delle risorse, in considerazione dei diversi tempi di conclusione delle procedure di individuazione degli interventi e dei cronoprogrammi per la mitigazione del rischio idrogeologico, nonché di rilascio delle intese.

 

La disposizione prevede che gli interventi siano corredati dai relativi cronoprogrammi, come risultanti dal sistema di monitoraggio, e che quelli ammessi al finanziamento siano identificati dai relativi CUP (codici unici di progetto), ai sensi dell'art. 11, co. 2-bis e 2-ter della L. n. 3 del 2003.

Si riconnette in capo alle amministrazioni titolari dei CUP l'onere del monitoraggio del Piano, stabilendo - da un lato - che esso venga effettuato con il sistema di monitoraggio di cui al D.Lgs. n. 229 del 2011 e con i sistemi ad esso collegati  e - dall'altro - che gli interventi siano classificati sotto la specifica voce "MITE - Mitigazione del rischio idrogeologico".

Si ricorda che il D.Lgs. n. 229 del 2011 ha recato l'attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.

Si prevede, infine, che con i medesimi decreti di adozione del Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, vengano disciplinati gli elementi essenziali del Piano medesimo, quali le modalità di trasferimento delle risorse, le riprogrammazioni e le rimodulazioni.

 

Nel disciplinare il Codice unico di progetto degli investimenti pubblici, il sopra richiamato articolo 11 della L. n. 3 del 2003 recante disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione. dispone, al comma 2-bis, che gli atti amministrativi anche di natura regolamentare adottati dalle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165 del 2001, n. 165 (ovvero tutte le amministrazioni dello Stato, compresi istituti e scuole di ogni ordine e grado, istituzioni educative, aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, loro consorzi e associazioni, istituzioni universitarie, Istituti autonomi case popolari, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, amministrazioni, aziende ed enti del SSN, ARAN, ecc.) che dispongono il finanziamento pubblico o autorizzano l'esecuzione di progetti di investimento pubblico, sono nulli in assenza dei corrispondenti codici unici di progetto, che costituiscono elemento essenziale dell'atto stesso. Al fine di garantire la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, il comma 1 della Legge del 2003 stabilisce, infatti, che a decorrere dal 1° gennaio 2003 ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione a quella data, sia dotato di un «Codice unico di progetto» che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE.  Il richiamato comma 2-ter precisa che le Amministrazioni che emanano atti amministrativi che dispongono il finanziamento pubblico o autorizzano l'esecuzione di progetti di investimento pubblico associano negli atti stessi il Codice unico di progetto dei progetti autorizzati al programma di spesa con l'indicazione dei finanziamenti concessi a valere su dette misure, della data di efficacia di detti finanziamenti e del valore complessivo dei singoli investimenti. A tal fine il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e il Dipartimento per le Politiche di Coesione concordano modalità per fornire il necessario supporto tecnico per lo svolgimento dell'attività predetta, al fine di garantire la corretta programmazione e il monitoraggio della spesa di ciascun programma e dei relativi progetti finanziati.

Il comma 3 novella l'articolo 36-ter, comma 3, del D.L. n. 77 del 2021 (L. n. 108 del 2021) in tema di misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico. Il predetto comma 3 prevede - nel testo previgente - che i commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico promuovano e adottino prioritariamente le misure necessarie per la più rapida attuazione degli interventi di preminente interesse nazionale di prevenzione, mitigazione e contrasto del rischio idrogeologico, indirizzando le rispettive strutture regionali per la sollecita conclusione dell'iter approvativo e autorizzativo di ogni intervento di prevenzione e contrasto del dissesto.

Si rammenta che il citato D.L. 77 ha recato la Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure. Per approfondimenti si veda il relativo dossier.

La novella ora in esame è finalizzata a prevedere che ciò anche non solo in coerenza con i criteri di priorità, ove definiti, dei piani di gestione del rischio di alluvioni, dei piani di assetto idrogeologico, ma anche:

§  della valutazione del rischio a livello nazionale di cui all’articolo 6 della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile

§   nonché del principio di non arrecare un danno significativo.

 

Il principio "do no significant harm"

 

L'Articolo 2 del regolamento (UE) 2021/241, in materia di dispositivo di ripresa e resilienza), all'articolo 2 reca le definizioni, prevedendo che, ai fini del medesimo regolamento, si definisca - numero 6) delle citate definizioni - «non arrecare un danno significativo» come il non sostenere o svolgere attività economiche che arrecano un danno significativo all'obiettivo ambientale, ai sensi, ove pertinente, dell'articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento in materia di dispositivo di ripresa e resilienza, in materia di principi orizzontali, il dispositivo di ripresa e resilienza finanzia unicamente le misure che rispettano il principio «non arrecare un danno significativo» (par. 2 dell'art. 5).

 

Va ricordato che il citato Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088, all'articolo 17 disciplina il danno significativo agli obiettivi ambientali. Il paragrafo stabilisce che (ai fini dell’articolo 3, lettera b) del medesimo Regolamento), si considera che, tenuto conto del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi forniti da un’attività economica, compresi gli elementi di prova provenienti dalle valutazioni esistenti del ciclo di vita, tale attività economica arreca un danno significativo:

a) alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;

b) all’adattamento ai cambiamenti climatici, se l’attività conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e del clima futuro previsto su sé stessa o sulle persone, sulla natura o sugli attivi;

c) all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce: i) al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; o ii) al buono stato ecologico delle acque marine;

d) all’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se: i) l’attività conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali quali le fonti energetiche non rinnovabili, le materie prime, le risorse idriche e il suolo, in una o più fasi del ciclo di vita dei prodotti, anche in termini di durabilità, riparabilità, possibilità di miglioramento, riutilizzabilità o riciclabilità dei prodotti; ii) l’attività comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; o iii) lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all’ambiente;

e) alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento, se l’attività comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo rispetto alla situazione esistente prima del suo avvio;

o f) alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se l’attività: i) nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi; o ii) nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelli di interesse per l’Unione.

Il par. 2 prevede che, nel valutare un’attività economica in base ai criteri indicati al paragrafo 1, si tiene conto dell’impatto ambientale dell’attività stessa e dell’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi da essa forniti durante il loro intero ciclo di vita, in particolare prendendo in considerazione produzione, uso e fine vita di tali prodotti e servizi.

Per approfondimenti  specifici sul principio del «non arrecare un danno significativo» nell'ambito del Recovery e dei PNRR, si veda l'approfondimento del Servizio Studi del Senato sulla transizione ecologica nel Piano nazionale di ripresa e resilienza in Italia nonché il tema web a cura della Camera.

 

Il richiamato articolo 6 della citata decisione n. 1313/2013/UE concerne la Gestione dei rischi. Esso stabilisce che, per favorire un approccio coerente ed efficace in materia di prevenzione e preparazione alle catastrofi mediante la condivisione di informazioni non sensibili, vale a dire informazioni la cui divulgazione non sarebbe contraria agli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri, e di buone prassi nell'ambito del meccanismo unionale, gli Stati membri:

a)      effettuano valutazioni del rischio a livello nazionale o al livello subnazionale appropriato e mettono a disposizione della Commissione una sintesi degli elementi di rilievo in esse contenuti entro 22 dicembre 2015 e successivamente ogni tre anni;

b)      elaborano e perfezionano le rispettive pianificazioni della gestione dei rischi di catastrofe a livello nazionale o al livello subnazionale appropriato;

c)      mettono a disposizione della Commissione la valutazione delle rispettive capacità di gestione dei rischi a livello nazionale o al livello subnazionale appropriato ogni tre anni dopo la messa a punto delle pertinenti linee guida di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera f), e ogni volta che vi siano modifiche di rilievo; e

d)      partecipano, su base volontaria, a un esame inter pares della valutazione della capacità di gestione dei rischi.

 

Il comma 4 novella l'articolo 1, comma 1074, del Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (L. n. 205 del 2017), sostituendone il primo periodo. Ciò al fine di prevedere che gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico nelle regioni del centro-nord (di cui al comma 1073, lettera b) del medesimo Bilancio di previsione), siano individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate, ai sensi del richiamato articolo 7, comma 2, primo periodo, del D.L. n. 133 del 2014 (come novellato dalla disposizione in esame), anziché - come attualmente previsto - nell'ambito di un programma nazionale approvato dal CIPE su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base di un accordo di programma sottoscritto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal presidente della regione o della provincia autonoma interessata al programma nazionale di investimento.

La Relazione illustrativa al DL in esame precisa, sul punto, che il richiamato comma 1074 inizialmente prevedeva che gli interventi di cui alla lettera b), del comma 1073, venissero individuati nell’ambito di un programma nazionale di interventi, approvato dal CIPESS, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, sulla base di un accordo di programma sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Presidente della Regione o della Provincia Autonoma interessata al programma nazionale di investimento. A seguito della soppressione della Struttura di Missione, la norma è stata modificata, prevedendo che la proposta al CIPESS venga formulata dal Ministro dell’Ambiente, sulla base di un Accordo di programma sottoscritto da quest’ultimo con il Presidente della Regione o della Provincia Autonoma interessata al programma nazionale di investimento. La Relazione rileva che il testo richiamato presentava profili critici sul piano dell'applicabilità, anche in relazione alla farraginosità della procedura delineata dal comma 1074 nonché per difficoltà operative concretamente rilevate. La Relazione prospetta come, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n. 77/2021, risultasse coerente modificare il testo del comma 1074, risultando superato il riferimento a un programma nazionale sulla base di un Accordo di programma.

 

Sanzioni (co. 5)

Il comma 5, lettere a) e b) inaspriscono - rispettivamente - le sanzioni previste dal comma 3, primo e secondo periodo, dell'articolo 17 del Regio decreto n. 1775 del 1933 (TU delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) per la violazione del divieto - recato dal comma 1 del medesimo articolo 17 - di derivare o utilizzare acqua pubblica in difetto di provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente. Per tale violazione, il vigente comma 3 prevede che l'Amministrazione competente disponga la cessazione dell'utenza abusiva e il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro (importi innalzati rispettivamente a 4.000 e 40.000). Nei casi di particolare tenuità si dispone l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro (valori innalzati rispettivamente a 400 e 2.000).

La citata Relazione illustrativa, in relazione al comma 5, che si prefigge di dare attuazione alla misura M2-C4-4 – Riforma 4.2 del PNRR - che prevede, tra l’altro, di intervenire sul sistema sanzionatorio per l’estrazione illecita di acqua - afferma che si dispone l’incremento dell’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie già previste dall’ordinamento per l’estrazione illecita di acqua pubblica.

 

Sviluppo sostenibile dei sistemi idrici (co. 6)

Al fine di garantire lo sviluppo sostenibile dei sistemi idrici sotto il profilo ambientale, il comma 6 dispone che, per le domande di utilizzazione d’acqua a fini irrigui, nel corso del procedimento di rilascio del relativo titolo, si provveda, su idonea documentazione fornita dal richiedente, alla valutazione d’impatto, anche cumulativo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, su tutti i corpi idrici potenzialmente interessati.

La disposizione in esame vieta di espandere il sistema irriguo esistente, anche se finalizzato a conseguire obiettivi di efficienza, se i corpi idrici interessati sono in uno stato inferiore al buono o si prevede, all’esito di una documentata analisi, che lo saranno in base ai cambiamenti climatici, anche con riferimento alla concentrazione di sostanze inquinanti nella specifica evoluzione temporale.

 

 


 

Articolo 16, comma 1, lettere a) e b)

(Risorse idriche)

 

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152

Norme in materia ambientale

Articolo 154

(Tariffa del servizio idrico integrato)

1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.

1. Identico.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio «chi inquina paga», definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.

2. Identico.

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell’inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga” e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

 

3-bis. Con il decreto di cui al comma 3 sono definiti i criteri per incentivare l’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura, e per sostenere l’uso del sistema comune di gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento.

4. Il soggetto competente, al fine della redazione del piano economico-finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera d), predispone la tariffa di base, nell'osservanza del metodo tariffario di cui all'articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e la trasmette per l'approvazione all'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

4. Identico.

5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

5. Identico.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

6. Identico.

7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.

7. Identico.


 

Articolo 16, comma 2, lettere a) e b)

(Risorse idriche)

 

Decreto-Legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164

Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive

Articolo 7

(Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio 2012 e C-85-13 del 10 aprile 2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)

(omissis)

(omissis)

2. Gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e i rispettivi cronoprogrammi sono individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica previa intesa con il Presidente di ciascuna regione territorialmente competente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le risorse sono prioritariamente destinate agli interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità, ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua, bensì tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata. A questo tipo di interventi integrati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d'acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, in ciascun accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse. Nei suddetti interventi assume priorità la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità. L'attuazione degli interventi è assicurata dal commissario di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico con i compiti, le modalità, la contabilità speciale e i poteri di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. In caso di mancato rispetto dei termini indicati nei cronoprogrammi con riferimento all'attuazione di uno o più interventi, laddove il ritardo sia grave e non imputabile a cause indipendenti dalla responsabilità del commissario, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, può essere revocato il commissario in carica e nominato un altro soggetto avente specifiche competenze in materia di dissesto idrogeologico, che subentra nelle medesime funzioni ed assume i medesimi poteri del commissario revocato. Al commissario nominato ai sensi del precedente periodo si applicano tutte le disposizioni dettate per i commissari con funzioni di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.

2. Il Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico a valere sulle risorse di bilancio del Ministero della transizione ecologica è adottato, anche per stralci, con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica previa intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano interessate agli interventi ammessi a finanziamento nei rispettivi territori, corredati dai relativi cronoprogrammi, così come risultanti dal sistema di monitoraggio. Gli interventi ammessi al finanziamento sono identificati dai relativi codici unici di progetto (CUP), ai sensi dell'articolo 11, commi 2-bis e 2-ter della legge 16 gennaio 2003, n. 3. Il monitoraggio del Piano e degli interventi è effettuato dalle amministrazioni titolari dei CUP con il sistema di monitoraggio di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, e con i sistemi ad esso collegati e gli interventi sono classificati sotto la voce "MITE - Mitigazione del rischio idrogeologico". Con i medesimi decreti di cui al primo periodo sono disciplinate le modalità di trasferimento delle risorse, le riprogrammazioni e le rimodulazioni.

Le risorse sono prioritariamente destinate agli interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità, ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua, bensì tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata. A questo tipo di interventi integrati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d'acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, in ciascun provvedimento di individuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse. Nei suddetti interventi assume priorità la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità. L'attuazione degli interventi è assicurata dal commissario di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico con i compiti, le modalità, la contabilità speciale e i poteri di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. In caso di mancato rispetto dei termini indicati nei cronoprogrammi con riferimento all'attuazione di uno o più interventi, laddove il ritardo sia grave e non imputabile a cause indipendenti dalla responsabilità del commissario, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, può essere revocato il commissario in carica e nominato un altro soggetto avente specifiche competenze in materia di dissesto idrogeologico, che subentra nelle medesime funzioni ed assume i medesimi poteri del commissario revocato. Al commissario nominato ai sensi del precedente periodo si applicano tutte le disposizioni dettate per i commissari con funzioni di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.

(omissis)

(omissis)

 

Articolo 16, comma 3

(Risorse idriche)

 

Decreto-Legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108

Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure

Articolo 36-ter

(Misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico)

(omissis)

(omissis)

3. I commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico promuovono e adottano prioritariamente le misure necessarie per la più rapida attuazione degli interventi di preminente interesse nazionale di cui al comma 2, indirizzando le rispettive strutture regionali per la sollecita conclusione dell'iter approvativo e autorizzativo di ogni intervento di prevenzione e contrasto del dissesto idrogeologico, anche in coerenza con i criteri di priorità, ove definiti, dei piani di gestione del rischio di alluvioni e dei piani di assetto idrologico. Le strutture regionali preposte al rilascio di pareri e nulla osta, anche ambientali, per gli interventi di prevenzione e mitigazione del dissesto idrogeologico assumono le attività indicate dai commissari di Governo come prioritarie, se opportuno anche aggiornando il sistema di misurazione della performance con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

3. I commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico promuovono e adottano prioritariamente le misure necessarie per la più rapida attuazione degli interventi di preminente interesse nazionale di cui al comma 2, indirizzando le rispettive strutture regionali per la sollecita conclusione dell'iter approvativo e autorizzativo di ogni intervento di prevenzione e contrasto del dissesto idrogeologico, anche in coerenza con i criteri di priorità, ove definiti, dei piani di gestione del rischio di alluvioni dei piani di assetto idrogeologico e della valutazione del rischio a livello nazionale di cui all’articolo 6 della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile, nonché del principio di non arrecare un danno significativo. Le strutture regionali preposte al rilascio di pareri e nulla osta, anche ambientali, per gli interventi di prevenzione e mitigazione del dissesto idrogeologico assumono le attività indicate dai commissari di Governo come prioritarie, se opportuno anche aggiornando il sistema di misurazione della performance con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

(omissis)

(omissis)

 


 

Articolo 16, comma 4

(Risorse idriche)

 

Legge 27 dicembre 2017, n. 205

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020

Articolo 1, comma 1074

1074. Gli interventi di cui al comma 1073, lettera b), sono individuati nell'ambito di un programma nazionale approvato dal CIPE su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base di un accordo di programma sottoscritto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal presidente della regione o della provincia autonoma interessata al programma nazionale di investimento. I presidenti delle regioni o delle province autonome interessate possono essere autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a stipulare appositi mutui di durata massima quindicennale sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con la società Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e nel limite delle risorse allo scopo destinate in sede di riparto del Fondo rifinanziato ai sensi del comma 1072. Le rate di ammortamento dei mutui attivati sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

1074. Gli interventi di cui al comma 1073[29], lettera b), sono individuati con decreto del Ministro della transizione ecologica, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. I medesimi interventi sono individuati attraverso il CUP ai sensi dell'articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3. I presidenti delle regioni o delle province autonome interessate possono essere autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a stipulare appositi mutui di durata massima quindicennale sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con la società Cassa depositi e prestiti Spa e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e nel limite delle risorse allo scopo destinate in sede di riparto del Fondo rifinanziato ai sensi del comma 1072. Le rate di ammortamento dei mutui attivati sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

 


 

 

 

Articolo 16, comma 5, lettere a) e b)

(Risorse idriche)

 

 

Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775

Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici

Articolo 17

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.

1. Identico.

2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

2. Identico.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, l'Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. È in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, l'Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 400 euro a 2.000 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. È in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.

 

 

 

 


Articolo 17
(Piano d’azione per la riqualificazione dei siti orfani)

 

 

L’articolo 17 prevede l’adozione, da parte del Ministro della transizione ecologica (entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e d’intesa con la Conferenza unificata), di un Piano d’azione per la riqualificazione dei siti inquinati orfani, attuativo delle previsioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Il comma 1 dell'articolo in esame prevede l’adozione, da parte del Ministro della transizione ecologica di un apposito Piano d’azione per la riqualificazione dei siti orfani al fine di ridurre l’occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano, conformemente alle previsioni indicate nella Misura M2C4 - investimento 3.4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Tale voce di investimento 3.4 prevede un importo di 500 milioni di euro per nuovi progetti (come evidenziato anche nell’allegato A al D.M. 6 agosto 2021) e le seguenti scadenze, indicate nell’allegato alla decisione UE di approvazione del PNRR italiano:

§  entro il 2022 la definizione del quadro giuridico per la bonifica dei siti orfani; in proposito viene precisato che il piano d'azione per la riqualificazione dei siti orfani deve ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano e deve includere come minimo l'individuazione di siti orfani in tutte le 20 regioni e/o le province autonome e gli interventi specifici da effettuare in ogni sito orfano per ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano;

§  entro il marzo 2026 la riqualificazione di almeno il 70% della superficie del suolo dei siti orfani al fine di ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano.

Come ricordato nel PNRR, l’investimento in questione è in continuità con il “Programma nazionale di finanziamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti orfani” previsto dal comma 800 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) e approvato con il D.M. 29 dicembre 2020, a cui sono destinati 105,6 milioni di euro.

 

In relazione alle modalità di adozione del piano, lo stesso comma precisa che dovrà avvenire:

§  entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge;

§  d’intesa con la Conferenza unificata.

 

Il comma 2 precisa che, ai fini del Piano d’azione in questione, si applicano le definizioni, l’ambito di applicazione e i criteri di assegnazione delle risorse previsti dalle disposizioni di attuazione dell’art. 1, comma 800, della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018), recate dal succitato D.M. 29 dicembre 2020.

Quanto alle definizioni si ricorda che l’art. 2 del richiamato decreto dispone che per «sito orfano» si intende “il sito potenzialmente contaminato in cui non è stato avviato o si è concluso il procedimento di cui all'art. 244 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero di cui all'art. 8 del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, per il quale il responsabile dell'inquinamento non è individuabile o non provvede agli adempimenti previsti dal titolo V, parte quarta, del medesimo decreto legislativo, ovvero agli adempimenti previsti dal decreto ministeriale 1° marzo 2019, n. 46, e non provvede il proprietario del sito né altro soggetto interessato”.

L’art. 3 del medesimo decreto disciplina le esclusioni dal campo di applicazione, mentre l’art. 4 i criteri di assegnazione delle risorse disponendo, in particolare, che la ripartizione delle risorse tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano è operata attribuendo il 50% dello stanziamento complessivo alle regioni del centro-nord ed il 50% alle regioni del Mezzogiorno e che a ciascun ente sono assegnate le quote individuate per il centro-nord e per il Mezzogiorno applicando i criteri di cui al coefficiente di riparto utilizzati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per la ripartizione del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020.

 

In base al comma 3, le informazioni necessarie alla predisposizione del Piano d’azione sono fornite dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano (che, secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa, saranno i soggetti attuatori del Piano), secondo le modalità indicate dal Ministero della transizione ecologica.


 

Articolo 18
(Proposta di riduzione dei tempi del procedimento di valutazione ambientale strategica)

 

 

L’articolo 18 prevede una serie di modifiche alla disciplina della valutazione ambientale strategica (VAS) finalizzate alla riduzione dei tempi procedimentali.

 

La relazione illustrativa evidenzia che l’articolo in esame si inscrive nell’ambito della Missione M1C1-60 Riforma 1.9 «Riforma della pubblica amministrazione» e che “la proposta è determinata dalla considerazione che, nella maggior parte dei casi, i piani e i programmi di livello nazionale e regionale definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti strategici per la transizione energetica del Paese, inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), aventi carattere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti. La riduzione dei tempi è quindi funzionale a promuovere un ‘contesto abilitante’ per l’attuazione del PNRR, operando una accelerazione ed uno snellimento della procedura, fermo restando il rispetto della direttiva 2011/42/CE in materia di VAS”.

Si fa notare che tale intervento fa seguito a quello operato, sempre in materia di VAS, dall’art. 28 del D.L. 77/2021; articolo che “chiude” una serie di norme di accelerazione e semplificazione in materia di VIA previste in attuazione del PNRR (artt. 17-28). Si ricorda infatti che nel testo del PNRR (pag. 71) viene prevista la semplificazione e razionalizzazione delle normative in materia ambientale e, in particolare, delle disposizioni concernenti la valutazione di impatto ambientale.

 

Relativamente alla procedura di VAS – disciplinata dagli articoli 11-18 del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), in attuazione della direttiva 2001/42/CE – si ricorda, in estrema sintesi, che si possono individuare tre momenti in cui la normativa individua una tempistica:

§  la consultazione sul rapporto preliminare, comunemente definita consultazione di scoping, che ha una durata di 90 giorni (art. 13, co. 2);

§  la consultazione sulla proposta di piano e del rapporto ambientale, che ha una durata di 60 giorni (art. 14, co. 2);

§  l’espressione del parere motivato, che deve intervenire entro 90 giorni dalla fine della consultazione (art. 15, co. 2).

 

La lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame reca alcune modifiche all’articolo 13 del Codice, che disciplina la fase di scoping che si svolge sulla base di un rapporto preliminare - sui possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma - e che deve condurre alla redazione del rapporto ambientale.

Le modifiche sono finalizzate a:

§  precisare che il rapporto preliminare, sulla base del quale si procede alla redazione del rapporto ambientale, deve indagare anche i possibili impatti ambientali significativi transfrontalieri dell'attuazione del piano/programma (numero 1));

La norma previgente si limita a disporre genericamente che il rapporto in questione deve riguardare i “possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma”.

La relazione illustrativa sottolinea che la modifica in esame consente di “allineare temporalmente la consultazione transfrontaliera alla consultazione sul rapporto ambientale e contenere quindi i tempi per la conclusione della procedura in quelli stabiliti”.

§  precisare che l’autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, non si limita a individuare i soggetti competenti in materia ambientale da consultare (come prevede il testo previgente) ma deve anche selezionare gli stessi (numero 1));

La relazione illustrativa evidenzia che “con l’aggiunta delle parole ‘e seleziona’ si vuole prevedere l’espletamento di una mirata selezione dei soggetti competenti in materia ambientale, in ragione delle conoscenze e degli elementi valutativi che possono apportare al piano o al programma. Ciò anche al fine di limitare l’attività a un numero congruo di SCA che sia in grado di rendere i contributi entro i tempi prescritti”.

§  prevedere una riduzione (da 90 a 45 giorni) del termine per la conclusione della fase di consultazione in questione (numero 1));

§  precisare che l’eventuale deroga al termine citato non è concordata (come prevede il testo previgente) ma comunicata dall’autorità competente (numero 2));

§  eliminare, dalla documentazione che deve essere trasmessa in formato elettronico dall’autorità procedente all'autorità competente (e che include principalmente la proposta di piano/programma e il rapporto ambientale) la copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo “istruttorio” disciplinato dall’art. 33 del Codice (numero 3)).

L’articolo 33 del Codice disciplina le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, di VIA e di VAS.

La relazione illustrativa motiva l’eliminazione in questione sulla base del fatto che “l’attestazione del pagamento degli oneri istruttori, costituisce elemento sostanziale dell’avvio del procedimento, da trasmettersi con l’istanza in fase di scoping sul rapporto preliminare”.

 

 

La lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame prevede la riduzione da 60 a 45 giorni del termine (previsto dall’art. 14, comma 2, del Codice) per la conclusione della fase di consultazione.

 

La successiva lettera c) modifica la rubrica dell’art. 15 del Codice e, soprattutto, prevede il dimezzamento (da 90 a 45 giorni) del termine per l’espressione, da parte dell’autorità competente, del parere motivato.


 

Articolo 19
(Gestione del fine vita degli impianti fotovoltaici)

 

 

L’articolo 19, comma 1, reca modifiche all'articolo 24-bis del decreto legislativo n. 49 del 2014 in materia di obblighi dei produttori relativamente alla gestione del fine vita degli impianti fotovoltaici.

Le prime due modifiche (recate dalla lettera a) sono volte a specificare le modalità di prestazione della garanzia finanziaria da parte dei soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici per la gestione dei Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) derivanti da apparecchiature incentivate ed installate precedentemente all'entrata in vigore della disposizione novellata.

La terza modifica (recata dalla lettera b) definisce il termine entro il quale il Gestore dei servizi energetici (GSE) è tenuto a definire le modalità operative del finanziamento della gestione del fine vita degli impianti fotovoltaici.

La quarta modifica - recata dalla lettera c - regolamenta il finanziamento della gestione del fine vita degli impianti fotovoltaici nelle ipotesi di ammodernamento tecnologico e di ripotenziamento dei medesimi. 

 

L'articolo in esame introduce modifiche al comma 1 dell'art. 24-bis, del decreto legislativo n. 49 del 2014.

Il citato art. 24-bis - introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 118 del 2020 - prevede, al comma 1, che il finanziamento della gestione dei RAEE derivanti da Apparecchiature elettriche ed elettroniche (d'ora in poi AEE) sia a carico dei produttori indipendentemente dalla data di immissione sul mercato di dette apparecchiature e dall'origine domestica o professionale, fatti salvi gli strumenti di garanzia finanziaria attivati dai produttori per la gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici incentivati posti in essere prima della entrata in vigore del decreto legislativo n. 49 del 2014. Al secondo periodo è previsto che per la gestione dei RAEE derivanti da AEE di fotovoltaico incentivate ed installate precedentemente alla entrata in vigore del decreto medesimo relativi al Conto Energia, per i quali è previsto il trattenimento delle quote a garanzia, i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici possono prestare la garanzia finanziaria, prevista dal GSE nel disciplinare tecnico, nel trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti. Il terzo e conclusivo periodo dispone che il GSE definisca le modalità operative e sia autorizzato a richiedere agli stessi responsabili degli impianti fotovoltaici idonea documentazione, potendo altresì provvedere alle eventuali variazioni che si rendessero necessarie dall'adeguamento delle presenti disposizioni per le AEE di fotovoltaico incentivate.

La lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame reca due modifiche al secondo periodo dell'art. 24-bis, comma 1, D.Lgs. n. 49 del 2014.

Con la prima modifica si prevede che la prestazione della garanzia finanziaria da parte dei soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici - sulla base delle previsioni del disciplinare tecnico stabilito dal GSE - debba riferirsi alla gestione dei RAEE derivanti da AEE di fotovoltaico incentivate precedentemente alla entrata in vigore della presente disposizione relativamente al I, II, III, IV e V Conto Energia (anziché precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo relativi al Conto Energia, come invece stabilito nel testo novellato).

In questo modo, si precisa che le disposizioni contenute nel secondo periodo si riferiscono alla Gestione dei RAEE derivanti da Apparecchiature di fotovoltaico incentivate ed installate prima della data del 27 settembre 2020 (anziché dalla data del 12 aprile 2014, data di entrata in vigore del decreto n. 49 del 2014). Ci riferisce altresì specificatamente a tutte e 5 le disposizioni di incentivazione della produzione di energia da impianti fotovoltaici connessi a rete, (c.d. "Conto Energia") che si sono succedute in questi anni (dal 2005 al 2013).

Il Conto Energia è stato introdotto in Italia con la Direttiva comunitaria 2001/77/CE e poi recepita con l’approvazione del decreto legislativo n. 387 del 2003. Questo meccanismo è diventato operativo con l’entrata in vigore dei Decreti interministeriali del 28/07/2005 e del 06/02/2006 (I° Conto Energia) che hanno introdotto il sistema di finanziamento in conto esercizio della produzione elettrica.

Con il D.M. 19/02/2007 (II° Conto Energia) sono state introdotte alcune novità come l’applicazione della tariffa incentivante su tutta l'energia prodotta dall’impianto, la semplificazione delle regole di accesso alle tariffe incentivanti e la differenziazione delle tariffe anche in funzione del tipo di integrazione architettonica e della taglia dell’impianto.

È stato inoltre previsto un premio per impianti fotovoltaici abbinati all’uso efficiente dell’energia. 

Nel 2010, con il D.M. 06/08/2010 è entrato in vigore il III° Conto Energia, applicabile agli impianti entrati in esercizio a partire dal 1 gennaio 2011 e fino al 31 maggio 2011, che ha introdotto specifiche tariffe per impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e impianti fotovoltaici a concentrazione.

Con la Legge n. 129/2010 sono poi state confermate le tariffe dell’anno 2010 del II° Conto Energia a tutti gli impianti in grado di certificare la conclusione dei lavori entro il 31 dicembre 2010 e di entrare in esercizio entro il 30 giugno 2011.

Dopo l’emanazione del D.lgs. 28/2011 è stato pubblicato il D.M. 05/05/2011 (IV° Conto Energia) che ha definito il meccanismo di incentivazione riguardante gli impianti entrati in esercizio dopo il 31 maggio 2011 con l’obiettivo di allineare il livello delle tariffe all’evoluzione dei costi della tecnologia fotovoltaica e di introdurre un limite di costo cumulato annuo degli incentivi, fissato in 6 miliardi di euro.

Sul punto vedi il Dossier del Servizio Studi della Camera.

Con l’avvicinarsi del limite di costo individuato dal IV° Conto Energia è stato pubblicato il D.M. 05/07/2012 (quinto Conto Energia) che ha confermato in parte le disposizioni previste dal D.M. 05/05/2011 e ha fissato il costo cumulato degli incentivi pari a 6,7 miliardi di euro. Le disposizioni di incentivazione del Conto Energia non sono state più applicate dal 6 luglio 2013 dopo il raggiungimento del tetto di 6,7 miliardi di euro.

 

La seconda modifica recata dalla lettera a) è volta a specificare che, per la gestione dei RAEE per i quali è previsto il trattenimento delle quote a garanzia secondo le previsioni di cui all'articolo 40, comma 3, del D.Lgs. n. 49 del 2014, i soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici possono prestare - all'interno del trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti - la garanzia finanziaria prevista nel disciplinare tecnico predisposto dal GSE dei medesimi importi delle quote trattenute dal GSE stesso. Attraverso questa specificazione la garanzia finanziaria prestata dai soggetti responsabili degli impianti fotovoltaici è commisurata alla quota trattenuta dal GSE anche a titolo di copertura dei costi di gestione dei rifiuti, sulla base del meccanismo di cui all'art. 40, comma 3, del D.Lgs. n. 49 del 2014.

Ai sensi di quest'ultima disposizione è infatti previsto che per la gestione dei rifiuti prodotti dai pannelli fotovoltaici che beneficiano di meccanismi incentivanti, al fine di garantire il finanziamento delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento adeguato, recupero e smaltimento ambientalmente compatibile dei rifiuti prodotti da tali pannelli fotovoltaici, il GSE trattiene dai meccanismi incentivanti negli ultimi dieci anni di diritto all'incentivo una quota finalizzata a garantire la copertura dei costi di gestione dei predetti rifiuti. La somma trattenuta viene restituita al detentore, laddove sia accertato l'avvenuto adempimento agli obblighi previsti dal presente decreto, oppure qualora, a seguito di fornitura di un nuovo pannello, la responsabilità ricada sul produttore. In caso contrario il GSE provvede direttamente, utilizzando gli importi trattenuti.

 

La lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame, novellando il terzo periodo della disposizione già citata, introduce un termine di scadenza entro il quale le modalità operative per il finanziamento della gestione di fine vita degli impianti fotovoltaici debbano essere definite dal GSE. Si prevede al riguardo che il GSE definisca le predette modalità operative entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Dal tenore della novella, si segnala che non appare chiaro peraltro se si voglia delimitare l'obbligo di definizione delle modalità operative in capo al GSE entro la data del 27 novembre 2020 (come risulterebbe dall'inserimento testuale di tale sintagma nell'art. 24-bis del D.Lgs. n. 49 del 2014) ovvero - come sembrerebbe dalla ratio della disposizione in esame - dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.

Si valuti di chiarire, in relazione alla novella di cui alla lettera b), la formulazione in relazione alla decorrenza del termine di 60 giorni previsto.

 

La lettera c) del comma 1 - nell'aggiungere due nuovi periodi all'art. 24, comma 1, del D.Lgs. n. 49 del 2014 - prevede che nei casi di ammodernamento tecnologico ("revamping") o di ripotenziamento ("repowering") degli impianti fotovoltaici incentivati esistenti, si debba provvedere ad opera del GSE al trattenimento della garanzia finanziaria dei moduli fotovoltaici sostituiti o dismessi, ad eccezione delle ipotesi in cui i soggetti responsabili degli impianti abbiano già prestato la predetta garanzia nel trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti. Si prevede altresì che gli importi trattenuti siano restituiti ai soggetti responsabili solo dopo una puntuale verifica della documentazione che attesti la avvenuta e corretta gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici sostituiti o dismessi.

La Relazione illustrativa al provvedimento afferma come il raggiungimento dei nuovi obiettivi in materia di energie rinnovabili individuati dal PNRR ed in particolare i target di produzione da fotovoltaico presumibilmente incrementeranno le normali azioni di revamping e repowering degli impianti incentivati esistenti, rendendosi necessario precisare e chiarire specifici aspetti della gestione finanziaria del fine vita degli impianti attualmente installati (almeno 80 milioni di moduli fotovoltaici).

 

 

 

 


Capo II – Efficientamento energetico, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, messa in sicurezza degli edifici e del territorio e coesione territoriale

Articolo 20
(Interventi comunali in materia di efficientamento energetico, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile e messa in sicurezza degli edifici e valorizzazione del territorio)

 

 

L’articolo 20 introduce alcune norme relative all’attribuzione di contributi statali ai comuni, in materia di efficientamento energetico, mobilità sostenibile, rigenerazione urbana e messa in sicurezza e valorizzazione del territorio, in considerazione delle necessità di utilizzare al meglio le risorse del PNRR in tali ambiti.

 

In particolare, il comma 1, intervenendo con la tecnica della novella, modifica l’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nella parte in cui l'articolo in questione si occupa dei contributi, previsti dalla citata legge di bilancio 2020, per gli anni 2020-2024, per la realizzazione di opere pubbliche finalizzate:

a)    all’efficientamento energetico;

b)    alla mobilità sostenibile e alla messa in sicurezza di scuole, edifici comunali e patrimonio comunale nonché per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

 

A tale riguardo è utile ricordare come per l’anno 2020, i citati contributi sono stati assegnati, per un importo complessivo pari a 497.220 milioni di euro, nel gennaio del 2020. Successivamente, la medesima misura del contributo è stata assegnata anche per le annualità dal 2021 al 2024.

Tutte le risorse assegnate, per le annualità 2020-2024, rientrano nel PNRR ed in particolare nella Missione 2: Rivoluzione verde e transizione ecologica; Componente C4: Tutela del territorio e della risorsa idrica; Investimento 2.2: Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei comuni.

 

Passando al dettaglio delle disposizioni in questione, si segnala che al comma 1, la lettera a) introduce una disposizione di coordinamento con le norme successive.

La lettera b) aggiunge i commi 31-bis e 31-ter all’articolo 1 della citata legge n. 160 del 2019.

In particolare il comma 31-bis chiarisce che le risorse di cui ai commi 29 e 29-bis sono confluite nel PNRR.

Le disposizioni in questione, inoltre, al fine di assicurare il rispetto dei target e delle milestone assegnati dalla UE, obbligano gli enti ad utilizzare almeno il 50% delle risorse assegnate, nel periodo dal 2020 al 2024, per investimenti destinati alle opere pubbliche di cui alla lettera a) del sopracitato comma 29.

 

Il nuovo comma 31-ter stabilisce, invece, che i Comuni debbano rispettare ogni disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione, il monitoraggio, il controllo e la valutazione della misura, ivi inclusi gli obblighi in materia di comunicazione e informazione previsti dalla normativa europea, nonché l’obbligo di alimentazione del sistema delle banche dati di monitoraggio degli interventi.

 

Inoltre, la lettera c) aggiunge un periodo all’articolo 1, comma 32, della legge n. 160 del 2019, in base al quale si obbligano i Comuni, per i contributi relativi al triennio 2022-2024, a concludere i lavori entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento di ciascun anno del contributo.

 

La lettera d), invece, reca delle modifiche al comma 33, primo ed ultimo periodo, della richiamata legge di bilancio, prevedendo che l’erogazione di una parte residuale del contributo avvenga solo previa verifica della completa alimentazione del sistema di monitoraggio di cui al comma 35 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019.

 

Infine, la lettera e) interviene con tecnica novellistica sull’articolo 1 della legge di bilancio 2020 che, ai commi 42 e seguenti, prevede l’assegnazione ai Comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l’anno 2021, di 250 milioni di euro per l’anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.

 

A tale proposito è utile ricordare che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 21 gennaio 2021, sono stati definiti, a legislazione nazionale vigente, in sede di prima applicazione e in via sperimentale per il triennio 2021-2023, i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana.

La suddetta linea di finanziamento è confluita nel PNRR con l’utilizzo di una parte delle risorse attualmente stanziate a legislazione nazionale vigente per il periodo 2021-2026, pari a 2,8 miliardi di euro (le risorse complessive ammontano a 2,9 miliardi di euro), nonché con risorse aggiuntive per 500 milioni di euro, per un totale di 3.300,00 milioni di euro.

Dette risorse, nell’ambito del PNRR, sono confluite nella Missione 5: Inclusione e coesione; Componente C2: Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore; Investimento 2.1: Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale (3,30 miliardi).

 

In particolare, la lettera e) introduce i commi 42-bis, 42-ter e 42-quater all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

 

Il comma 42-bis prevede che le risorse di cui al comma 42, relative agli anni dal 2021 al 2026, confluite nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), siano integrate con 100 milioni di euro per l’anno 2022 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024;

 

Il comma 42-ter disciplina la copertura finanziaria delle risorse aggiuntive previste dal comma 42-bis.

 

Il comma 42-quater obbliga i soggetti beneficiari delle risorse di cui al comma 42-bis a rispettare ogni disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione, controllo e valutazione della misura, ivi inclusi gli obblighi di alimentazione del sistema di monitoraggio.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame si occupa dei contributi ai Comuni per investimenti destinati alla messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per gli anni dal 2021-2030, previsti dall’articolo 1, comma 139 e seguenti della legge di bilancio 30 dicembre 2018, n. 145.

 

In particolare si ricorda che per l’anno 2021 è stata stabilita l’assegnazione di risorse ai citati enti, nel limite complessivo di 350 milioni di euro, a cui si sono aggiunti 900 milioni di euro per la stessa annualità e 1.750 milioni di euro per l’anno 2022. Inoltre la legge di bilancio per il 2021 ha previsto un ulteriore finanziamento di tali risorse di 600 milioni di euro per l’anno 2021.

Il totale delle risorse disponibili a valere sulla graduatoria 2021, pari a 3.600 milioni di euro, sono confluite nel PNRR per 3.000 milioni di euro ed in particolare sono parte della Missione 2: Rivoluzione verde e transizione ecologica; Componente C4: Tutela del territorio e della risorsa idrica; Investimento 2.2: Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei comuni (6 miliardi).

 

La lettera a) del comma in esame introduce il comma 139-ter all’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ai sensi del quale i Comuni beneficiari delle risorse in questione per l’anno 2021 devono concludere i lavori entro il 31 marzo 2026 e rispettare ogni disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione, controllo e valutazione della misura

 

La lettera b) introduce al comma 145 dell’articolo 1 della citata legge n. 145 del 2018 un periodo che estende il recupero del contributo e la successiva riassegnazione agli enti in graduatoria anche nel caso di mancato rispetto dei termini di conclusione lavori di cui al comma 139-ter.

 

Il comma 3 dell'articolo in esame, infine, stabilisce che i Comuni beneficiari delle risorse di cui al presente articolo debbano assicurare l’alimentazione tempestiva del sistema di monitoraggio per la rilevazione puntuale dei dati di avanzamento dei lavori relativi agli interventi finanziati con ogni elemento necessario richiesto dalla regolamentazione attuativa del PNRR.

I Comuni in questione devono altresì conservare tutti gli atti e la relativa documentazione giustificativa su supporti informatici adeguati e renderli disponibili per le attività di controllo e di audit.

 

 


 

Articolo 21
(Piani integrati)

 

 

L’articolo 21, in attuazione della linea progettuale “Piani Integrati – M5C2 – Investimento 2.2” nell’ambito del PNRR, al fine di favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana e sostenere progetti legati alle smart cities, dispone l’assegnazione di risorse alle città metropolitane per un ammontare complessivo pari a 2.493,79 milioni di euro per il periodo 2022-2026 (comma 1); prevede che le risorse di cui al comma 1 sono integrate, per gli anni dal 2021 al 2024, con le risorse del Piano nazionale complementare di cui al D.L. n. 59/2021 (comma 2); definisce il criterio di ripartizione delle risorse tra le città metropolitane in base all’indice di vulnerabilità sociale e territoriale (comma 3); prevede la costituzione nell’ambito del “Fondo Ripresa Resilienza Italia” di cui all’art. 8 del decreto in esame di una sezione con dotazione di 272 milioni di euro per l’attuazione della linea progettuale “Piani Integrati, BEI, Fondo dei fondi – M5C2 - Intervento 2.2b) del PNRR e autorizza il cofinanziamento dei progetti, con oneri a carico del bilancio dei soggetti attuatori, mediante stipula di mutui con BEI, CEB, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e sistema bancario (comma 4); prevede che le città metropolitane provvedono ad individuare i progetti finanziabili all’interno della propria area urbana entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (comma 5); definisce i criteri di ammissibilità dei progetti (commi 6 e 7); riconosce la possibilità di partecipazione dei privati ai progetti nel limite massimo del 25 per cento, la presenza di start up di servizi pubblici e la co-progettazione con il Terzo settore (comma 8); reca disposizioni in materia di identificazione dei progetti integrati mediante il CUP (codice unico di progetto) e di presentazione dei progetti al Ministero dell’interno (comma 9); disciplina la procedura di assegnazione delle risorse (comma 10); detta disposizioni per il monitoraggio dell’attuazione dei progetti (comma 11).

 

Il comma 1, primo periodo, in attuazione della linea progettuale “Piani Integrati – M5C2 – Investimento 2.2” nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), dispone l’assegnazione di risorse alle città metropolitane per un ammontare complessivo pari a 2.493,79 milioni di euro per il periodo 2022-2026, al fine di:

§  favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale;

§  promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche;

§  sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti ed al consumo energetico.

L'obiettivo di tale misura del PNRR è quello di rigenerare, rivitalizzare e migliorare le grandi aree urbane degradate, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi per la persona e la riqualificazione dell'accessibilità e delle infrastrutture intermodali allo scopo di trasformare territori metropolitani vulnerabili in città intelligenti e sostenibili. Entro il quarto trimestre del 2022 è previsto il raggiungimento del traguardo dell’entrata in vigore del piano di investimenti per progetti di rigenerazione urbana nelle aree metropolitane, mentre l’obiettivo fissato al secondo trimestre del 2026 è il completamento delle azioni di pianificazione integrata nelle città metropolitane. Per approfondimenti si rinvia al dossier sul PNRR.

 

L’assegnazione delle risorse è ripartita nel periodo 2022-2026 secondo i seguenti limiti massimi annuali:

-       125,75 milioni di euro per l’anno 2022;

-       125,75 milioni di euro per l’anno 2023;

-       632,65 milioni di euro per l’anno 2024;

-       855,12 milioni di euro per l’anno 2025;

-       754,52 milioni di euro per l’anno 2026.

 

Il comma 1, secondo periodo, dispone la copertura dei relativi oneri finanziari a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione del Next Generation EU-Italia di cui all'art. 1, comma 1037, della L. 178/2020, secondo le modalità di cui ai commi da 1038 a 1050 del medesimo art. 1.

Si ricorda che i commi 1037-1050 della L. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021) dettano una serie di misure per l’attuazione del programma Next Generation EU. In particolare, il comma 1037 prevede l’istituzione di un apposito Fondo di rotazione nello stato di previsione del MEF, quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall'Unione europea, con una dotazione di 32,766 miliardi di euro per il 2021, 40,037 miliardi di euro per il 2022 e 44,573 miliardi di euro per il 2023. I commi da 1038 a 1050 dispongono l’istituzione di una apposita Unità di missione presso la Ragioneria generale dello Stato; la definizione, con decreto del MEF, delle procedure amministrativo-contabili per la gestione delle risorse e delle modalità di rendicontazione; la definizione, con DPCM, delle modalità di rilevazione dei dati relativi alla attuazione finanziaria, fisica e procedurale di ciascun progetto; la predisposizione da parte del MEF di un apposito sistema informatico, al fine di supportare le attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei progetti; la definizione delle modalità di concessione delle anticipazioni e dei successivi trasferimenti, destinati ai singoli progetti, sulla base di cronoprogrammi e rendicontazioni bimestrali; la trasmissione di una relazione governativa annuale alle Camere per dare conto dello stato di attuazione dei progetti.

 

Il comma 2 prevede che le risorse di cui al comma 1 sono integrate, per gli anni dal 2021 al 2024, con le risorse di cui all’art. 1, comma 2, lettera l), del D.L. n. 59/2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101).

Si ricorda che l’art. 1, comma 2, lettera l), del D.L. 59/2021 prevede che, nell’ambito del riparto delle risorse nazionali degli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari, siano destinati complessivi 210 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2024 da iscrivere, nei pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, al programma “Piani urbani integrati” per 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 30 milioni di euro nel 2023 e 20 milioni di euro nell'anno 2024.

 

Il comma 3 definisce il criterio di ripartizione delle risorse di cui ai commi 1 e 2 tra le città metropolitane, stabilendo che le risorse sono ripartite in base al peso della radice quadrata della popolazione residente in ciascuna area metropolitana moltiplicata per il quadrato della mediana dell’Indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), come da tabella allegata al decreto in esame (Allegato 1), di seguito riportata.

L’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) è un indicatore composito elaborato dall’ISTAT attraverso la sintesi di sette indicatori riferiti alle dimensioni della vulnerabilità sociale e materiale ritenute più rilevanti per la formazione di una graduatoria nazionale dei comuni. Per approfondimenti si rinvia alla pubblicazione dell’ISTAT del dicembre 2020 “Le misure della vulnerabilità: un’applicazione a diversi ambiti territoriali”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 


Il comma 4, primo periodo, al fine di rafforzare gli interventi previsti dal comma 1, prevede la costituzione nell’ambito del “Fondo Ripresa Resilienza Italia” di cui all’art. 8 del decreto in esame – per il cui commento si rinvia alla relativa scheda del presente dossier – di una sezione con dotazione di 272 milioni di euro per l’attuazione della linea progettuale “Piani Integrati, BEI, Fondo dei fondi – M5C2 - Intervento 2.2 b) del PNRR.

La linea di investimento del PNRR relativa al Fondo dei fondi è destinata a sostenere l'intervento privato nelle iniziative di rigenerazione urbana e per sostenere le transizioni verde e digitale delle aree urbane. Come segnalato nel PNRR. il Fondo tematico sarà dedicato a supportare, con prestiti a basso interesse, progetti di rigenerazione urbana a lungo termine come mezzo per favorire l'inclusione sociale e combattere varie forme di vulnerabilità, aggravate dall'emergenza della pandemia da Covid-19, in particolare attraverso l’attrazione di finanziamenti privati nei progetti di risanamento urbano, promuovendo l’uso di metodologie di design e pianificazione partecipative basate su un continuo dialogo pubblico-privato.

Entro il terzo trimestre del 2022 (traguardo) dovrà essere approvata la strategia di investimento del Fondo da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF). Entro il secondo trimestre del 2026 (obiettivo) dovranno essere approvati da parte del comitato per gli investimenti del Fondo (di cui fa parte il MEF) progetti per un importo pari ad almeno 545 milioni di euro e/o approvati da parte del comitato almeno 10 progetti urbani.

 

Il secondo periodo del medesimo comma 4 autorizza, inoltre, il cofinanziamento dei progetti ricompresi nei predetti Piani, con oneri a carico del bilancio dei soggetti attuatori di cui al comma 8, mediante stipula di mutui con BEI, CEB, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e sistema bancario.

Ai sensi del terzo periodo del comma 4 restano, comunque, ferme per ciascun ente attuatore le disposizioni specifiche che pongono limiti qualitativi o quantitativi all’accensione di mutui o al ricorso ad altre forme di indebitamento per ciascun ente, nonché l’obbligo del rispetto degli equilibri di cui al D.Lgs. n. 118/2011 (recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e al D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

 

Il comma 5 prevede che le città metropolitane provvedono ad individuare, sulla base dei criteri di cui ai commi 6, 7 e 8 (su cui si veda infra) e nei limiti delle risorse assegnate di cui al comma 3, i progetti finanziabili all’interno della propria area urbana entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, tenendo conto delle progettualità espresse anche dai comuni appartenenti alla propria area urbana. Viene inoltre previsto che nel caso di progettualità espressa dalla città metropolitana la medesima possa avvalersi delle strutture amministrative del comune capoluogo e che in tal caso il comune capoluogo diviene soggetto attuatore.

 

I commi 6 e 7 disciplinano i criteri di ammissibilità dei progetti.

Nel dettaglio, ai sensi del comma 6 i progetti oggetto di finanziamento devono avere un costo totale non inferiore a 50 milioni di euro e riguardare:

§  la manutenzione per il riuso e la rifunzionalizzazione ecosostenibile di aree pubbliche e di strutture edilizie pubbliche esistenti per finalità di interesse pubblico;

§  il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, con particolare riferimento allo sviluppo e potenziamento dei servizi sociali e culturali e alla promozione delle attività culturali e sportive;

§  nonché interventi finalizzati a sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti ed al consumo energetico.

Sotto il profilo della formulazione del testo, andrebbe chiarito che il costo totale non inferiore a 50 milioni di euro è riferito a ciascun progetto presentato.

 

Il comma 7 stabilisce, inoltre, che i progetti oggetto di finanziamento devono, a pena di inammissibilità:

a)   intervenire su aree urbane il cui IVSM è superiore a 99 o superiore alla mediana dell’area territoriale;

b)   avere un livello progettuale che assicuri il rispetto dei termini di cui al comma 10 e, in ogni caso, non inferiore alla progettazione preliminare;

c)   assicurare, nel caso di edifici oggetto di riuso, rifunzionalizzazione o ristrutturazione, l’incremento di almeno due classi energetiche;

d)   assicurare l’equilibrio tra zone edificate e zone verdi nonché potenziare l’autonomia delle persone con disabilità e l’inclusione sociale attraverso la promozione di servizi sociali e sanitari a livello locale eliminando, laddove possibile, gli ostacoli all’accesso agli alloggi e alle opportunità di lavoro tenendo conto anche delle nuove possibilità offerte dalle tecnologie;

e)   prevedere la valutazione di conformità alle condizioni collegate al principio del DNSH (Do Not Significant Harm), previsto dall’art. 17 del regolamento UE 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020;

Il principio dell’assenza di un danno significativo agli obiettivi ambientali (“do not significant harm”) è sancito nel regolamento n. 2020/852/UE (art. 17), relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili. Tale articolo tenta una prima ricognizione degli elementi da considerare per valutare se una attività economica possa o meno provocare un danno significativo agli obiettivi ambientali, quali:

a)  la mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;

b)  l’adattamento ai cambiamenti climatici;

c)  l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;

d) l’economia circolare;

e)  la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;

f)  la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

Si tratta del principio alla base dell’intero NGEU, sancito nell’art. 5 del regolamento n. 2021/241/UE che istituisce il Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il citato art. 5 stabilisce infatti che il Dispositivo finanzia unicamente le misure che rispettano il principio «non arrecare un danno significativo». I progetti del PNRR sono stati predisposti sulla base di tale principio e corredati da relative tabelle di analisi.

f)    prevedere la quantificazione del target obiettivo: metri quadri area interessata all’intervento, intesa come bacino territoriale che beneficia dell’intervento.

Si valuti l’opportunità di chiarire se ai fini dell’ammissibilità al finanziamento sia sufficiente che ciascun progetto soddisfi almeno uno dei criteri di cui al comma 7 ovvero se occorra che siano soddisfatti più criteri concorrenti.

 

Il comma 8 stabilisce, poi, che i progetti oggetto di finanziamento possono prevedere:

a)   la possibilità di partecipazione dei privati, attraverso il “Fondo Ripresa Resilienza Italia” di cui all’art. 8 del decreto in esame, nel limite massimo del 25 per cento del costo totale dell’intervento;

b)   la presenza facoltativa di start-up di servizi pubblici nella proposta progettuale;

c)   la co-progettazione con il Terzo settore.

L’art. 55 del D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo settore) prevede, al comma 1, che in attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all'art. 5 (Attività di interesse generale), assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della L. 241/1990, nonché delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona. In particolare, il comma 3 dispone che la co-progettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2. Ai sensi del comma 4, ai fini di cui al comma 3, l'individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell'intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l'individuazione degli enti partner.

 

Il comma 9 reca disposizioni in materia di identificazione dei progetti integrati e di presentazione dei medesimi al Ministero dell’interno.

Nel dettaglio, il primo periodo dispone che i singoli interventi rientranti nei progetti integrati, di cui al comma 6, sono identificati da CUP, di cui all’art. 11 della L. 3/2003, associati attraverso modalità guidate (template) messe a disposizione dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, all’interno del Sistema CUP, secondo le specifiche fornite dal Ministero dell’interno – Direzione centrale per la finanza locale.

Il Codice Unico di Progetto (CUP) è il codice che identifica un progetto d’investimento pubblico ed è lo strumento cardine per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici (MIP).

L’art. 11 della L. 3/2003 prevede l’obbligatorietà del CUP per “ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione”.

Il secondo periodo prevede che entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame le città metropolitane comunicano al Ministero dell’interno – Direzione centrale per la finanza locale i progetti integrati finanziabili. I progetti recano l’indicazione:

§  dei soggetti attuatori;

§  dei CUP identificativi dei singoli interventi;

§  del cronoprogramma di attuazione degli interventi.

Il terzo periodo precisa, a tal fine, che con decreto del Ministero dell’interno – Direzione centrale per la finanza locale, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame è approvato il modello di presentazione delle proposte progettuali integrate, contenente le indicazioni per una corretta classificazione dei progetti integrati e dei singoli interventi che ne fanno parte, all’interno dell’anagrafica CUP.

Il comma 10 disciplina la procedura di assegnazione delle risorse.

In particolare, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame:

§  sono assegnate le risorse ai soggetti attuatori per ciascun progetto integrato oggetto di finanziamento, di cui al comma 6, e per i singoli interventi che ne fanno parte (identificati da CUP);

§  ed è siglato uno specifico “atto di adesione ed obbligo” contenente i criteri, indirizzi ed i relativi obblighi che regolano il rapporto con i soggetti attuatori.

Tenuto conto che la norma in esame utilizza il termine “siglato”, si valuti l’opportunità di chiarire se tutti gli atti di adesione ed obbligo debbano essere già perfezionati ed allegati, costituendone parti integranti, al decreto ministeriale di assegnazione delle risorse.

 

L’atto di adesione ed obbligo ed il decreto ministeriale disciplinano altresì:

§  i termini di avvio e conclusione dei lavori (marzo 2026);

§  le modalità di erogazione e revoca delle risorse;

§  i contenuti essenziali della documentazione di gara per il rispetto del principio DNSH (Do Not Significant Harm), previsto dall’art. 17 del regolamento UE 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020;

§  ed ogni altro elemento utile per il rispetto delle disposizioni riportate nel PNRR per la gestione, controllo e valutazione della misura, ivi inclusi obblighi in materia di comunicazione e informazione previsti dall’art. 34 del regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, in base alle indicazioni riportate nell’atto di adesione ed obbligo di cui al primo periodo, e l’obbligo di alimentazione del sistema di monitoraggio.

L’ultimo periodo del comma 10 stabilisce, inoltre, che, a seguito dell’assegnazione delle risorse, il Ministero dell’interno trasmette al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri la lista dei CUP finanziati all’interno di ciascun piano integrato, per l’aggiornamento dell’anagrafe dei progetti nel sistema CUP.

 

Il comma 11 detta infine disposizioni per il monitoraggio dell’attuazione dei progetti. Il primo periodo prevede che, ai fini del rispetto del regolamento (UE) 2021/241, i soggetti attuatori assicurano l’alimentazione tempestiva del sistema di monitoraggio per la rilevazione puntuale dei dati di avanzamento attuativo degli interventi finanziati con particolare riferimento agli elementi anagrafici e identificativi:

§  dell’operazione;

§  della localizzazione;

§  dei soggetti correlati all’operazione;

§  delle informazioni inerenti alle procedure di affidamento dei lavori;

§  dei costi previsionali e delle relative voci di spesa;

§  degli avanzamenti fisici, procedurali e finanziari;

§  nonché dei milestone e target collegati e di ogni altro elemento necessario richiesto dalla regolamentazione attuativa del PNRR.

Il secondo periodo del comma 11 prescrive ai soggetti attuatori di conservare, altresì, tutti gli atti e la relativa documentazione giustificativa su supporti informatici adeguati e di renderli disponibili per le attività di controllo e di audit, ivi inclusi quelli relativi all’individuazione delle progettualità di cui al comma 5.

 


 

Articolo 22
(Misure per agevolare la realizzazione degli interventi finanziati con le risorse del PNRR volti a fronteggiare il rischio di alluvione
e il rischio idrogeologico)

 

 

L’articolo 22 disciplina l’assegnazione delle risorse, pari a 800 milioni di euro, previste dal PNRR per l'attuazione di nuovi interventi pubblici volti a fronteggiare il rischio di alluvione e il rischio idrogeologico.

 

L’articolo in esame prevede l’emanazione di un apposito D.P.C.M. con cui si provvede all'assegnazione e al trasferimento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse, pari a 800 milioni di euro, previste dalla missione 2, componente 4, del PNRR, finalizzate all'attuazione di nuovi interventi pubblici volti a fronteggiare il rischio di alluvione e il rischio idrogeologico.

Le risorse in questione sono quelle della linea di investimento2.1.b - Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico” prevista all’interno della componente 4 della missione 2. Nell’allegato alla decisione UE viene previsto, come traguardo da raggiungere entro la fine del 2021, l’entrata in vigore “del quadro giuridico rivisto per interventi contro i rischi di alluvione e idrogeologici” e che “i decreti di approvazione del primo piano di intervento e investimento … devono mirare a ripristinare le condizioni originarie e a garantire la resilienza dei territori alle calamità naturali”.

L’obiettivo finale di tale linea 2.1.b, da raggiungere entro la fine del 2025, è il completamento di tutti gli interventi volti al ripristino di strutture pubbliche danneggiate.

Nel testo degli allegati al PNRR presentati all’UE veniva chiarito che tale linea 2.1.b riguardava misure in favore delle aree colpite da calamità per il ripristino delle infrastrutture danneggiate e per la riduzione del rischio residuo sulla base di piani di investimento elaborati a livello locale e approvati dal Dipartimento della Protezione Civile entro la fine del 2021. Ciò viene confermato dalla relazione illustrativa ove si legge che l’obiettivo dell’investimento di cui trattasi è il “ripristino delle condizioni iniziali (nelle aree colpite) e di garantire la resilienza dei territori alle calamità naturali” e proprio in tal senso la norma in esame rinvia all’art. 25, comma 2, lettere d) ed e) del D.Lgs. 1/2018 (v. infra).

Come ricordato anche dalla relazione illustrativa, alla linea di investimento 2.1.b citata sono destinate, nel PNRR, risorse per un valore complessivo di 1,2 miliardi di euro. Con il D.M. 6 agosto 2021 tale disponibilità è stata ripartita in due quote pari, rispettivamente, a 800 milioni di euro destinati a nuovi progetti (tale importo è oggetto dell'articolo in esame) e a 400 milioni destinati a progetti in essere. Gli interventi di tale linea di investimento sono attribuiti alla titolarità del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Si ricorda inoltre che con il D.L. 77/2021 sono state apportate numerose modifiche alla disciplina relativa al contrasto del dissesto idrogeologico, in particolare con l’art. 36-ter.

 

Relativamente alle modalità di adozione del D.P.C.M. in questione la norma in esame dispone che tale decreto deve essere adottato:

§  di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

§  previa intesa in Conferenza Stato-Regioni.

Viene inoltre previsto che con il medesimo decreto sono disciplinate anche le modalità di impiego delle risorse finanziarie citate e le relative modalità di gestione contabile.

La relazione illustrativa in proposito sottolinea che la norma in esame prevede altresì “l’autorizzazione all’apertura di apposite contabilità speciali intestate ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, posto che, trattandosi di nuovi progetti, è necessaria una specifica regolazione”.

 

Relativamente agli interventi succitati, l’articolo in esame precisa che gli stessi:

§  devono rientrare nelle tipologie di cui all’art. 25, comma 2, lettere d) ed e), del D.Lgs. 1/2018;

L’art. 25, comma 1, del D.Lgs. 1/2018 (Codice della protezione civile) dispone che per il coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile. Il successivo comma 2 stabilisce inoltre che, con le ordinanze di protezione civile si dispone, nel limite delle risorse disponibili, in ordine ad una serie di questioni, tra cui:

-        realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti (lettera d));

-        ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza (lettera e)).

§  sono coordinati dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

La norma in esame prevede altresì che l’attuazione di quanto previsto avvenga:

§  sulla base dei piani definiti d'intesa tra il citato Dipartimento, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 dicembre 2021;

§  nel rispetto dei criteri stabiliti dal D.P.C.M. 5 dicembre 2016.

Con il D.P.C.M. 5 dicembre 2016 è stato approvato l’indicatore di riparto su base regionale delle risorse finalizzate agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.

La relazione illustrativa sottolinea che il riparto dovrà inoltre avvenire “nel rispetto di quanto previsto dal comma 6-bis dell’articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n.108 (quota minima del 40% delle risorse nei territori del Mezzogiorno)”.

Si ricorda infatti che il richiamato comma 6-bis dispone, tra l’altro, che le amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR “assicurano che, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del PNRR, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, anche attraverso bandi, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno, salve le specifiche allocazioni territoriali già previste nel PNRR”.

 


 

Articolo 23
(Utilizzo risorse del Fondo Sviluppo e Coesione)

 

 

L’articolo 23 consente l’utilizzo delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) del ciclo di programmazione 2021-2027 anche per il completamento degli interventi in corso previsti dalla precedente programmazione 2014-2020.

 

L’articolo 23 modifica la legge di bilancio 2021 (integrando l’articolo 1, comma 178, lettera d), della legge n.178/2020), prevedendo che, nelle more della definizione dei Piani di sviluppo e coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale possa sottoporre all’approvazione del CIPESS[30] l’assegnazione di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), non solo per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori (come in precedenza previsto), ma anche per il completamento di interventi in corso, qualora dai sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato risulti in corso d’opera la necessità di garantire nuovi fabbisogni finanziari ai quali occorre assicurare la relativa copertura finanziaria, fermi restando i requisiti di addizionalità e di ammissibilità della spesa a decorrere dal 1° gennaio 2021[31].

 

L'articolo 44, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2019 (c.d. "decreto crescita") ha introdotto il "Piano di sviluppo e coesione", ovvero un unico Piano operativo per ciascuna amministrazione (in sostituzione della pluralità dei precedenti documenti programmatori variamente denominati), sottoposto al CIPESS da parte dell'Agenzia per la coesione territoriale. Ciò al fine di migliorare il coordinamento unitario e la qualità degli investimenti finanziati con le risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2007/2013 e 2014/2020, nonché di accelerarne la spesa, per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione.

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione.

Nel Fondo sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.

Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

Le risorse sono destinate ai territori secondo la chiave di riparto dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord.

 

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020), all’articolo 1, comma 177, ha 2021 ha disposto una prima assegnazione di risorse aggiuntive in favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, nell’importo di 50 miliardi (secondo la seguente articolazione temporale: 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per l’anno 2030), destinate esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo, volti a ridurre i divari socio-economici e territoriali tra le diverse aree del Paese.

Peraltro una quota parte dei 50 miliardi autorizzati dall’articolo 1, comma 177, è già stata impiegata dalla stessa legge di bilancio per il 2021, per un importo di circa 6.025 milioni per specifici interventi considerati nel testo della legge, con corrispondete riduzione delle risorse del Fondo 2021-2027 a circa 44 miliardi.

 

E’ successivamente intervenuto l’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 59 del 2021 che ha incrementato la dotazione del FSC 2021-2027 di un importo complessivo di 15,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2031, così articolate: 850 milioni per il 2022, 1.000 milioni per il 2023, 1.250 milioni per il 2024, 2.850 milioni per il 2025, 3.600 milioni per il 2026, 2.280 milioni per il 2027, 2.200 milioni per il 2028, 600 milioni per il 2029, 500 milioni per il 2030 e 370 milioni per il 2031. Tale rifinanziamento è destinato ad accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

 

Con la delibera n. 2 del 29 aprile 2021 il CIPESS ha approvato le “Disposizioni quadro per il piano sviluppo e coesione” del Fondo sviluppo e coesione, unitamente a 30 delibere in pari data (da n. 3 a n. 32) relative alle 19 regioni, alle due Province autonome e a 9 amministrazioni centrali. Con delibere del 27 luglio 2021 sono stati approvati i piani di sviluppo e coesione delle città metropolitane di Milano (n. 50/2021) e Napoli (n. 51/2021).

La ricognizione effettuata con tali delibere ha riguardato risorse FSC per 78,6 miliardi di euro, di cui 77,1 miliardi sono state confermate (di cui 17,6 miliardi del ciclo 2000-2007, 15,6 miliardi del ciclo 2007-2013 e 43,9 miliardi del ciclo 2014-2020).

Sommando ad esse le risorse FSC integrative ex Covid deliberate dal CIPE nel 2020 (2,7 miliardi), le risorse considerate nei “Piani sviluppo e coesione” ammontano complessivamente a circa 80 miliardi.

 


 

Capo III – Scuole innovative, progetti di rilevante interesse nazionale e mobilità dei docenti universitari

Articolo 24
(Progettazione di scuole innovative)

 

 

L'articolo 24 demanda al Ministero dell'istruzione il compito di indire un concorso di progettazione per la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico e strutturale, altamente sostenibili e con il massimo dell’efficienza energetica, inclusive e in grado di garantire una didattica basata su metodologie innovative e una piena fruibilità degli ambienti didattici.

 

Nello specifico il comma 1 dispone in ordine all'indizione del richiamato concorso di progettazione al fine di dare attuazione a quanto previsto nel PNRR (M2C3I1.1).

Al riguardo, si segnala che nell'ambito della Missione 2, Componente 3, l'Investimento 1.1 prevede un "Piano di sostituzione di edifici scolastici e di riqualificazione energetica", con una spesa totale di 800 milioni di euro.

 

Il piano punta alla realizzazione di nuovi edifici scolastici, in particolare per gli edifici situati in zone ad alto rischio sismico, al fine di garantire la disponibilità di ambienti di insegnamento e apprendimento sicuri e innovativi, nei casi in cui - come indicato dai dati forniti dall'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica -  gli interventi di adeguamento sismico o di miglioramento associati ad una consistente ristrutturazione finalizzata alla riduzione dei consumi energetici non siano tecnicamente ed economicamente convenienti.

Il Piano mira dunque alla progressiva sostituzione di parte del patrimonio edilizio scolastico obsoleto con l’obiettivo di creare strutture moderne e sostenibili per favorire: i) la riduzione di consumi e di emissioni inquinanti; ii) l’aumento della sicurezza sismica degli edifici e lo sviluppo delle aree verdi; iii) la progettazione degli ambienti scolastici tramite il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti con l'obiettivo di influenzare positivamente l'insegnamento e l'apprendimento di docenti e studenti; iv) lo sviluppo sostenibile del territorio e di servizi volti a valorizzare la comunità.

Il Piano punta a intervenire su circa 195 edifici scolastici, per un totale di oltre 410.000 metri quadrati a beneficio di una platea di circa 58.000 studenti e a una riduzione del consumo di energia finale di almeno il 50 per cento, che permetterà di raggiungere una riduzione delle emissioni annue di gas a effetto serra pari a circa 8.400 tCO2.

 

Al comma 1, ultimo periodo, si precisa che in fase di attuazione di quanto disposto nel PNRR, l'intervento deve rispettare il principio di «non arrecare danno significativo all'ambiente». Al riguardo, la disposizione richiama la definizione di danno significativo agli obiettivi ambientali contenuta all'articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.

Ai sensi dell'art.17 del citato regolamento, un'attività economica arreca un danno significativo: a) alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra; b) all’adattamento ai cambiamenti climatici, se l’attività conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e del clima futuro previsto su se stessa o sulle persone, sulla natura o sugli attivi; c) all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce: i) al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; o ii) al buono stato ecologico delle acque marine; d) all’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se: i) l’attività conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali quali le fonti energetiche non rinnovabili, le materie prime, le risorse idriche e il suolo, in una o più fasi del ciclo di vita dei prodotti, anche in termini di durabilità, riparabilità, possibilità di miglioramento, riutilizzabilità o riciclabilità dei prodotti; ii) l’attività comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; o iii) lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all’ambiente; e) alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento, se l’attività comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo rispetto alla situazione esistente prima del suo avvio; f) alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se l’attività: i) nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi; o ii) nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelli di interesse per l’Unione. L'articolo stabilisce inoltre che nel valutare un’attività economica in base ai criteri appena richiamati, si tiene conto dell’impatto ambientale dell’attività stessa e dell’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi da essa forniti durante il loro intero ciclo di vita, in particolare prendendo in considerazione produzione, uso e fine vita di tali prodotti e servizi.

 

Il comma 1 prevede inoltre che, preliminarmente al concorso di progettazione, si svolga una procedura selettiva tesa ad individuare le aree geografiche e gli enti locali interessati all'attuazione del richiamato investimento contenuto nel PNRR (che, come detto, riguarderà 195 edifici scolastici).

Individuate le aree di intervento, il Ministero dell’istruzione indice il concorso di progettazione che, ai sensi del comma 2, è articolato in due gradi, secondo una modalità peraltro già prevista dal Codice degli appalti.

Il concorso di progettazione è un istituto disciplinato dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 18/04/2016, n. 50) agli articoli 152 e seguenti. Nello specifico, l'art.154, comma 4, riserva alla stazione appaltante la facoltà, in caso di intervento di particolare rilevanza e complessità, di articolare il concorso in due fasi.

 

Quanto al primo grado, esso ha ad oggetto la presentazione da parte di operatori economici di proposte di idee progettuali legate all'obiettivo di costruzione delle scuole innovative. Riguardo al secondo grado, al quale partecipano le migliori proposte di idee progettuali, esso ha ad oggetto la predisposizione di progetti di fattibilità tecnica ed economica per ciascuno degli interventi individuati a seguito della procedura selettiva.

Il comma 2, al terzo periodo, dispone che l’intera procedura del concorso di progettazione deve concludersi entro centosessanta giorni dalla pubblicazione del bando di concorso. Scaduto tale termine, gli enti locali possono procedere autonomamente allo sviluppo della progettazione.

Al riguardo si rammenta che agli enti locali spetta la competenza amministrativa sugli interventi edilizi nella scuola.

Nello specifico, ai sensi della legge n. 23 del 1996 (art. 3):

§  i comuni provvedono alla realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici da destinare a sede di scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado;

§  le province e le città metropolitane provvedono con riferimento agli edifici da destinare a sede di scuole di istruzione secondaria di secondo grado.

 

Al termine del concorso di progettazione:

i) i richiamati progetti di fattibilità tecnica ed economica divengono di proprietà degli enti locali interessati che attuano gli interventi;

ii) ai vincitori del concorso di progettazione è corrisposto un premio;

ii) gli enti locali affidano a questi ultimi la realizzazione dei successivi livelli di progettazione, nonché la direzione dei lavori.

Tale disposizione presenta talune analogie con la disciplina del Codice dei contratti, in cui si dispone che al vincitore del concorso, se in possesso dei requisiti previsti, può essere affidato l'incarico della progettazione definitiva ed esecutiva a condizione che detta possibilità e il relativo corrispettivo siano previsti nel bando. Per la realizzazione delle scuole innovative ai sensi dell'articolo in esame, tale facoltà diviene un obbligo legislativo posto in capo agli enti locali. Inoltre, rispetto alla disciplina codicistica, ai vincitori viene attribuito non solo il compito di definire gli ulteriori livelli di progettazione, bensì anche il compito di direzione dei lavori.

 

Nell'ambito del concorso di progettazione sono nominate Commissioni giudicatrici per aree geografiche. La finalità perseguita con tale previsione è quella di favorire il rispetto delle tempistiche del PNRR. Per il funzionamento di dette Commissioni è previsto un compenso definito con decreto del Ministero dell’istruzione, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel limite massimo complessivo di euro 2.340.000,00.

 

Quanto agli oneri derivanti dai commi 1 e 2, il comma 3 li quantifica in 6.573.240 euro per l'anno 2022 e 9.861.360 euro per l'anno 2023. Ai fini della relativa copertura: i) quanto a euro 4.233.240 per l'anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione; ii) quanto a euro 2.340.000 per l'anno 2022 e 9.861.360 per l'anno 2023, si provvede attraverso corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi (di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 18 dicembre 1997, n. 440).

 

Ai sensi del comma 4, le risorse di cui al Programma operativo complementare “Per la scuola. Competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020 del Ministero dell’istruzione sono trasferite, per l’importo di euro 62.824.159,15, al Programma operativo complementare “Governance e Capacità istituzionale” 2014-2020 dell’Agenzia per la coesione territoriale.

Al riguardo, si segnala che il Programma operativo complementare «Per la scuola. Competenze e ambienti per l'apprendimento» 2014-2020 si pone in funzione complementare rispetto al Programma Operativo Nazionale «Per la Scuola. Competenze e ambienti per l'apprendimento» FSE-FESR al fine di integrare e rafforzare gli interventi in esso previsti per assicurare un maggiore impatto ed una più efficiente esecuzione finanziaria degli stessi. Esso è stato inizialmente adottato con la delibera CIPE n.21/2018, con un finanziamento complessivo pari a circa 60 milioni di euro, e successivamente integrato con la delibera CIPE n.30 del 2019, che ne ha significativamente incrementato la dotazione con ulteriori 111 milioni di euro[32].

Quanto al “Programma Azione Coesione Complementare al PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”, la sua titolarità spetta all'Agenzia per la coesione territoriale. Tale programma mira a rafforzare la dimensione finanziaria del PON Governance e Capacità Istituzionale al fine di favorire maggiore efficienza del processo di decisione della governance multilivello nei programmi di investimento pubblico con riferimento alle policy attuate con il FESR garantendo la copertura di iniziative altrimenti non ammissibili all’interno del medesimo PON.

Il richiamato trasferimento di risorse, che avviene sulla base di intesa tra il Ministro dell’istruzione e il Ministro per il sud e la coesione territoriale, è destinato all’attuazione di misure di supporto alle istituzioni scolastiche e agli interventi di edilizia scolastica nell’ambito del PNRR, individuati dal Ministero dell’istruzione in accordo con l’Agenzia per la coesione territoriale.

 

Il comma 5 stabilisce che possono essere posti alle dipendenze dell’apposita unità di missione di livello dirigenziale generale istituita dal Ministero dell’istruzione ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 77 del 2021[33] anche gli uffici dirigenziali di livello non generale dell’amministrazione centrale del Ministero già esistenti e il cui ambito funzionale sia coerente con gli obiettivi e le finalità del Piano. Detti uffici sono individuati con decreto del Ministro dell'istruzione.

Ai sensi del richiamato art.8, comma 1, ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR al fine di provvedere al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo, individua, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, tra quelle esistenti, la struttura di livello dirigenziale generale di riferimento ovvero istituisce una apposita unità di missione di livello dirigenziale generale fino al completamento del PNRR, e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, articolata fino ad un massimo di tre uffici dirigenziali di livello non generale.  Con decreto del Ministro di riferimento, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n.77 (31 luglio 2021) è definito il relativo provvedimento di organizzazione interna.

 

La previsione di cui al comma 5 è finalizzata a garantire una più efficace attuazione degli interventi previsti nel PNRR, fino al completamento dello stesso e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, e opera in deroga ai regolamenti di organizzazione vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e nelle more del regolamento di organizzazione di cui all’articolo 64, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 77 del 2021.

Il richiamato comma 6-sexies - al fine di garantire la funzionalità degli uffici del Ministro dell'istruzione - ha disposto  l'adeguamento della struttura organizzativa del Ministero dell'istruzione, da effettuare con regolamento (ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge n.400 del 1988) con cui apportare modifiche ai regolamenti di organizzazione vigenti e prevedere l’istituzione di tre posizioni dirigenziali di livello generale (con conseguente incremento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia).

L'ultimo periodo del comma 5 reca una clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni recate dal comma in esame.

 

Il comma 6 reca novelle all'articolo 55 e all'articolo 64 del decreto-legge n.77 del 2021. Si tratta nello specifico delle seguenti modifiche:

a) all’articolo 55, comma 1:

-     alla lettera a), è inserito un numero aggiuntivo dopo il numero 1), strettamente correlato alla disposizione che lo precede. Ai sensi del numero 1), al Ministero dell’istruzione - al fine di garantire una rapida attuazione e l’organicità degli interventi di nuova costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico ed educativo da realizzare nell'ambito del PNRR - è demandata la predisposizione di apposite linee guida tecniche suddivise in base alle principali tipologie di interventi autorizzati, esplicative delle regole di monitoraggio e delle tempistiche definite dai regolamenti europei in materia, nell'ambito delle quali sono individuati anche i termini improrogabili, rispettivamente, per la progettazione, per l’affidamento, per l’esecuzione e per il collaudo dei lavori, in coerenza con i target e gli obiettivi definiti nell’ambito del PNRR. Con la modifica recata dal comma 6, lettera a), in commento, si dispone che il Ministero dell’istruzione comunichi al Prefetto competente per territorio gli interventi che ha autorizzato. Ciò affinché tale autorità possa monitorarne l’attuazione da parte degli enti locali degli interventi di competenza mediante l’attivazione di tavoli di coordinamento finalizzati all’efficace realizzazione delle attività;

 

-     novella la lettera b), numero 1), inserendo il riferimento al regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 dicembre 2020, che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse aggiuntive e le modalità di attuazione per fornire assistenza allo scopo di promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di COVID-19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell'economia (REACT-EU).

Il numero 1, si ricorda, prevede che, al fine di accelerare l'esecuzione degli interventi in materia di istruzione ricompresi nel PNRR e garantirne l'organicità, per le misure relative alla transizione digitale delle scuole, al contrasto alla dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico da realizzare nell'ambito del PNRR, qualora non si le istituzioni scolastiche possano far ricorso agli strumenti di cui all'articolo 1, commi 449 e 450[34], della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), possono procedere anche in deroga alla citata normativa nel rispetto delle disposizioni della parte II, titolo IV, del medesimo decreto-legge n. 77. Ciò al fine di rispettare le tempistiche e le condizioni poste dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, nonché - a seguito della novella in esame - dal regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio[35].

 

b) all’articolo 64, comma 6-sexies, dopo il secondo periodo, è inserita una disposizione di carattere transitorio in relazione all'organizzazione del Ministero dell'istruzione. Il comma 6-sexies, al primo periodo, stabilisce - al fine di garantire la funzionalità degli uffici del Ministro dell'istruzione -  l'adeguamento della struttura organizzativa del medesimo Ministero tramite regolamento di modifica dei regolamenti di organizzazione vigenti, con l’istituzione di tre posizioni dirigenziali di livello generale (con conseguente incremento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia) (cfr. supra). Con la norma introdotta con la lettera b) in esame si dispone che, nelle more dell’adozione del decreto del Presidente della Repubblica di cui al primo periodo, le richiamate tre posizioni dirigenziali di livello generale sono temporaneamente assegnate nel numero di una all’Ufficio di gabinetto e due ai rispettivi dipartimenti del Ministero dell’istruzione, per lo svolgimento di un incarico di studio, consulenza e ricerca per le esigenze connesse all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.


 

Articolo 25
(Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN)

 

 

L’articolo 25 prevede la possibilità di destinare le risorse relative al finanziamento nel 2021 del nuovo programma per lo sviluppo di progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) allo scorrimento delle graduatorie del bando PRIN 2020.

 

La previsione è giustificata in attuazione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il PNRR prevede, nell’ambito della Missione n. 4 (“Istruzione e ricerca”), Componente 2 (“Dalla ricerca all’impresa”), l’investimento “Fondo per il Programma Nazionale della Ricerca (PNR) e Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN)” (M4C2-I.1.1), al quale sono destinati, quali prestiti, € 1.800 mln.

L’obiettivo della misura è rafforzare le misure di sostegno alla ricerca scientifica indicate nel PNR 2021–2027[36] e finanziare PRIN di durata triennale che, per la loro complessità e natura, richiedono la collaborazione di unità di ricerca appartenenti a più università ed enti di ricerca. I progetti finanziati – che intendono promuovere attività di ricerca curiosity driven – devono essere selezionati sulla base della qualità del profilo scientifico dei responsabili, nonché dell'originalità, dell'adeguatezza metodologica, dell'impatto e della fattibilità.

Con riguardo alla tempistica, si prevede l‘aggiudicazione di almeno 3.150 PRIN entro il quarto trimestre 2023 e di almeno 5.350 PRIN entro il secondo trimestre 2025. Entro il secondo trimestre 2025 si prevede anche l’assunzione di almeno 900 nuovi ricercatori a tempo determinato.

 

A tal fine, si novella l’art. 238, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), inserendo due nuovi periodi.

 

L’art. 238, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha previsto, al fine di promuovere il sistema nazionale della ricerca, rafforzare le interazioni tra università ed enti di ricerca e favorire la partecipazione italiana alle iniziative relative ai programmi quadro dell'Unione europea, la definizione di un nuovo programma per lo sviluppo di Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) i quali, per complessità e natura, richiedano la collaborazione di più atenei o enti di ricerca[37]. Allo scopo, ha incrementato il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) – nel quale, ai sensi dell’art. 1, co. 870, della L. 296/2006, sono confluite le risorse per i PRIN[38] – di € 250 mln per il 2021 ed € 300 mln per il 2022.

In attuazione, è intervenuto il DM 443/2020, che ha disciplinato le modalità procedurali per gli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, con particolare riferimento agli interventi a valere sul FIRST.

In particolare, l’art. 8 ha disposto che le risorse previste dall'art. 238, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) sono rese disponibili per gli anni 2020, 2021 e 2022 anche con un'unica procedura di finanziamento, da definirsi con uno o più bandi, recante il riparto delle stesse in più anni finanziari, e con eventuale indicazione di finestre di apertura annuale per la presentazione di proposte progettuali da parte dei soggetti ammissibili (che, in base all’art. 5, sono le università statali e non statali, comprese le scuole superiori ad ordinamento speciale, e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR).

In attuazione del DM 443/2020, è intervenuto il D.D. 1628/2020, recante Bando PRIN 2020.

In particolare, esso ha previsto che il programma PRIN finanzia progetti triennali che per complessità e natura possono richiedere la collaborazione di più professori/ricercatori e/o le cui esigenze di finanziamento eccedono la normale disponibilità delle singole istituzioni. A seconda della natura del progetto, il gruppo di ricerca può essere costituito da una sola unità operativa o da un'organica collaborazione fra più unità operative distribuite su più atenei o enti.

I progetti possono affrontare tematiche relative a qualsiasi campo di ricerca nell'ambito dei tre macrosettori determinati dallo European Researce Council (ERC) – ossia, scienze della vita (LS), scienze fisiche, chimiche e ingegneristiche (PE), scienze sociali e umanistiche (SH) – e dei relativi settori, riportati nell'allegato 1.

Quanto al finanziamento, il D.D. ha disposto che il nuovo programma per lo sviluppo di PRIN è finanziato per l'anno 2020 dalle risorse disponibili sul FIRST relative agli anni 2018, 2019 e 2020 (per una dotazione complessiva disponibile per l'anno 2020 pari ad € 178.943.692,36, al netto della quota di € 5.534.340,99 destinata alle attività di valutazione e monitoraggio). Per gli anni 2021 e 2022 – per i quali il MUR potrà emanare avvisi integrativi – le risorse annualmente destinate ai PRIN vengono incrementate nei termini previsti dall’art. 238, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

Ciascun progetto, di durata triennale, deve prevedere un costo massimo di € 1.200.000 e un numero di unità di ricerca da 1 a 5.

Le spese totali ammissibili dei progetti devono riguardare i costi effettivamente sostenuti dal soggetto beneficiario per la realizzazione dell'iniziativa proposta, nel rispetto dei criteri di eleggibilità indicati dal DM 443/2020 e dall’allegato 2 del D.D.

Tutti i costi del progetto sono coperti dal finanziamento MUR, tranne quelli relativi al personale dipendente a tempo indeterminato, che restano a carico dell'ateneo/ente sede dell'unità di ricerca.

Le domande potevano essere presentate entro le ore 15 del 26 gennaio 2021. I progetti dovevano essere valutati secondo le procedure e i criteri indicati nell’allegato 3. In particolare, quest’ultimo ha disposto che ogni progetto è soggetto ad una soglia di punteggio massimo pari a 100 e ad una soglia di punteggio minimo pari a 75, individuata per singolo macrosettore. Ha, altresì, previsto che tutti i progetti che totalizzino un punteggio inferiore alla soglia minima non sono finanziabili.

Infine, il D.D. ha disposto che il MUR pubblica una graduatoria dei progetti per ciascun settore ERC e ne decreta la relativa ammissione a finanziamento, nei limiti del budget disponibile.

Qui la pagina nella quale sono pubblicati i D.D. di approvazione delle graduatorie relative a ciascun settore, intervenuti a decorrere dal 29 settembre 2021.

 

In particolare, l’articolo 25 prevede, come già detto, che le risorse incrementali destinate ai PRIN per il 2021 possono essere utilizzate per consentire lo scorrimento delle graduatorie del bando PRIN 2020.

 

In base alla relazione illustrativa e alla relazione tecnica, le graduatorie recano oltre 2.500 progetti finanziabili. Entrambe le relazioni sottolineano, inoltre, che la disposizione “offre uno strumento di flessibilità in grado di valutare, anche in relazione alla qualità dei progetti ammissibili, l’opportunità dello scorrimento delle graduatorie, ovvero l’indizione di nuovi bandi” (rectius: l’emanazione di avvisi integrativi).

 

Lo stesso articolo 25 dispone, inoltre, che con decreto del Ministero dell’università e della ricerca possono essere stabiliti l’importo massimo finanziabile e la valutazione minima per ciascun settore ai fini dell’ammissione al finanziamento, anche con risorse diverse da quelle stanziate dallo stesso art. 238, co. 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), ora novellato.


 

Articolo 26
(Disposizioni in materia di chiamata diretta nelle università e di mobilità dei professori universitari e dei ricercatori)

 

 

L’articolo 26 reca disposizioni in materia di chiamata diretta nelle università e di mobilità dei professori universitari e dei ricercatori. In particolare:

§  amplia le possibilità di chiamata diretta per la copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore nelle università a studiosi stabilmente impegnati presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano;

§  introduce alcune puntualizzazioni per la chiamata diretta di studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione;

§  reca specifiche in ordine al parere che la commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale deve rendere al Ministro dell’università e della ricerca ai fini della chiamata diretta;

§  introduce la possibilità di bandire procedure selettive per la chiamata di professori universitari ordinari e associati o studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o di insegnamento finalizzate a far fronte a specifiche esigenze didattiche, di ricerca o di terza missione delle università. Tali procedure sono aperte, a determinate condizioni, anche a dirigenti di ricerca e primi ricercatori degli enti pubblici di ricerca (EPR) e a soggetti operanti presso gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCSS).

 

Disposizioni in materia di chiamata diretta nelle università (comma 1)

 

Il comma 1 modifica la disciplina in materia di chiamata diretta per la copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore nelle università.

 

A tal fine, novella l’art. 1, co. 9, primo e terzo periodo, della L. 230/2005.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – prima delle modifiche intervenute con la disposizione in esame e, dunque, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 788, della L. 145/2018 – dispone che le università, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

§  studiosi stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere;

§  studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal (ora) Ministero dell’università e della ricerca (MUR[39]), nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli”[40], un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata;

§  studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del Ministro (ora) dell’università e della ricerca, sentiti l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e il Consiglio universitario nazionale (CUN), finanziati dall’Unione europea o dallo stesso Ministero[41] (primo periodo).

Inoltre, le università possono procedere, sempre nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama (secondo periodo).

A tali fini, le università formulano specifiche proposte al (ora) Ministro dell’università e della ricerca, che concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere della commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale (terzo periodo).

Non è richiesto il parere della commissione nel caso di chiamate di studiosi che siano risultati vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione, effettuate entro tre anni dalla vincita del programma (quarto periodo).

Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito (quinto periodo).

 

Rispetto al quadro descritto, con le modifiche apportate:

 

§  si dispone che la chiamata diretta di cui al primo periodo dell’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 può riguardare anche studiosi stabilmente impegnati in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano.
La relazione illustrativa fa riferimento, al riguardo, a titolo di esempio, all’Istituto universitario europeo[42] e al Max Planck Institute[43];

§  si precisa che le chiamate dirette avvengono a valere sulle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente;

§  si sancisce a livello legislativo quanto già previsto con norma secondaria, ossia che l’equipollenza della posizione accademica per gli studiosi impegnati in istituzioni universitarie o di ricerca estere è determinata sulla base di tabelle di corrispondenza definite dal Ministro dell’università e della ricerca, sentito il CUN, e aggiornate ogni 3 anni.

Al riguardo, si ricorda, infatti, che il DM 1 settembre 2016, n. 662 – intervenuto al fine di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 18, co. 1, lett. b), della L. 240/2010 relativamente all’ammissione al procedimento di chiamata dei professori universitari, fra gli altri, di studiosi stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza, aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN – ha disposto che quanto da esso previsto è finalizzato anche a garantire l’applicazione dell’art. 1, co. 9, della L. 230/2005[44].
Si valuti, comunque, l’opportunità di specificare che, a tal fine, il Ministro adotta un decreto;

§  si specifica che la possibilità di chiamata di studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione riguarda i vincitori di programmi per i quali sono previste procedure competitive finalizzate al finanziamento di progetti condotti da singoli ricercatori. Inoltre, con riguardo al finanziamento degli stessi programmi, si fa riferimento (oltre che a quelli finanziati dall’UE e dal MUR) anche a quelli finanziati da organizzazioni internazionali e da altre Amministrazioni centrali dello Stato;

§  si specifica che il parere che deve essere reso dalla commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale riguarda la coerenza del curriculum dello studioso con il settore concorsuale in cui è ricompreso il settore scientifico disciplinare per il quale è effettuata la chiamata, nonché il possesso dei requisiti per il riconoscimento della chiara fama.
Al riguardo, si ricorda che, in base agli artt. 15 e 16 della L. 240/2010, l'abilitazione scientifica nazionale attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori. Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione sono svolte per settori concorsuali, che sono raggruppati in macrosettori concorsuali e possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari.
Per ciascun settore concorsuale, è istituita un’unica commissione nazionale, di durata biennale, mediante sorteggio di 5 commissari da una lista in cui sono inseriti i professori ordinari del medesimo settore concorsuale che hanno fatto domanda di esservi inclusi[45].

Le modalità di accertamento della qualificazione dei commissari sono state definite, da ultimo, con DM 7 giugno 2016, n. 120.

§  si sostituisce il riferimento al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presente nel terzo periodo del co. 9 dell’art. 1 della L. 230/2005 con il riferimento al Ministro dell’università e della ricerca.

 

Disposizioni in materia di mobilità di docenti universitari e ricercatori (commi 2 e 3)

 

Il comma 2 introduce ipotesi di mobilità di professori universitari e ricercatori ulteriori rispetto a quelle da ultimo introdotte dal D.L. 76/2020 (L. 120/2020).

 

La relazione illustrativa sottolinea, in particolare, che le disposizioni rappresentano la cornice normativa, ad oggi non presente nell’ordinamento, per realizzare la mobilità fra università ed EPR e tra università ed IRCSS, a cui seguiranno misure di incentivazione economica, nell’ambito dei riparti del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e del Fondo ordinario per gli enti di ricerca (vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca) (FOE).

In particolare, essa richiama la riforma 1.1. prevista nell’ambito della Componente 2 della Missione 4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Nell’ambito della Missione n. 4 (“Istruzione e ricerca”), Componente 2 (“Dalla ricerca all’impresa”) è prevista la riforma “Attuazione di misure di sostegno alla R&S per promuovere la semplificazione e la mobilità” (M4C2-R.1.1).

In particolare, la riforma sarà attuata attraverso la creazione di una cabina di regia interministeriale (MUR-MiSE) e l’emanazione di 2 decreti: uno nell’ambito della mobilità, per aumentare e sostenere la mobilità reciproca (attraverso incentivi) di figure di alto profilo (es. ricercatori e manager) tra università, infrastrutture di ricerca e aziende, l’altro nell’ambito della semplificazione della gestione dei fondi per la ricerca e della riforma del percorso professionale dei ricercatori.

Con riguardo alla tempistica, si prevede l’adozione dei decreti interministeriali entro il secondo trimestre 2022.

 

La medesima relazione illustrativa evidenzia, dunque, che con l’intervento si introducono disposizioni atte a fluidificare i meccanismi di mobilità sia tra atenei che, soprattutto, fra atenei, enti di ricerca ed IRCSS, assicurando, dunque, processi di circolazione delle competenze che dovranno portare ad una mobilità da e verso l’impresa.

 

Ai fini indicati, il comma 2 inserisce nell’art. 7 della L. 240/2010 i commi da 5-bis a 5-quater.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 7 della L. 240/2010 – prima delle modifiche intervenute con la disposizione in esame e, dunque, come modificato, da ultimo, dall’art. 19, co. 1, lett. c), del D.L. 76/2020 (L. 120/2020) – prevede, per quanto qui più interessa, che ai professori e ai ricercatori che prendono servizio presso atenei aventi sede in altra regione rispetto a quella della sede di provenienza, o nella stessa regione se previsto da un accordo di programma approvato dal Ministero, ovvero, a seguito di procedure di federazione o fusione di atenei, in una sede diversa da quella di appartenenza, possono essere attribuiti incentivi finanziari, a carico del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO). La mobilità interuniversitaria è altresì favorita prevedendo la possibilità di effettuare trasferimenti di professori e ricercatori consenzienti attraverso lo scambio contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica fra due sedi universitarie, con l’assenso delle università interessate. I trasferimenti possono avvenire anche tra docenti con qualifica diversa, nei limiti delle facoltà assunzionali delle università interessate, che sono conseguentemente adeguate. I trasferimenti fra sedi universitarie sono computati nella quota di un quinto dei posti di professore di ruolo disponibili destinata alla chiamata di soggetti in servizio presso altre università, di cui all’art. 18, co. 4 (co. 3).

In caso di cambiamento di sede, i professori e i ricercatori responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti, ove scientificamente possibile e con l’accordo del committente di ricerca (co. 4).

Ulteriori previsioni attengono alla mobilità interregionale dei professori che hanno prestato servizio presso sedi soppresse a seguito di procedure di razionalizzazione dell’offerta formativa (co. 5). I relativi criteri e modalità sono stati definiti con DM 26 aprile 2011, n. 166.

 

In aggiunta a quanto ricapitolato, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 della L. 240/2010 dispone che, per far fronte a specifiche esigenze didattiche, di ricerca e di terza missione[46], le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, e a valere sulle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente, possono procedere alla chiamata di:

§  professori ordinari e associati già in servizio da almeno 5 anni presso altre università nella stessa fascia per la quale viene disposta la chiamata;

§  studiosi stabilmente impiegati all’estero in attività di ricerca o di insegnamento che ricoprono una posizione accademica equipollente presso università straniere sulla base di tabelle di corrispondenza definite dal Ministro dell’università e della ricerca, sentito il CUN, e aggiornate ogni 3 anni:

In tal caso, a differenza di quanto previsto come novità dal comma 1 dell’art. 26 in commento, non si fa riferimento anche all’impegno presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati sul territorio italiano.
Si valuti l’opportunità di un approfondimento. Inoltre, anche in tal caso, si valuti l’opportunità di specificare che, a tal fine, il Ministro adotta un decreto.

La proposta di chiamata:

§  è deliberata dal Consiglio di Dipartimento con il voto favorevole. nel caso di chiamata di un professore ordinario, della maggioranza assoluta dei professori ordinari, ovvero, nel caso di chiamata di un professore associato, della maggioranza assoluta dei professori ordinari e associati;

§  è sottoposta al parere del Senato accademico. Quest’ultimo, peraltro, può formularla direttamente;

§  è approvata dal Consiglio di amministrazione, che si pronuncia entro 30 giorni.

Ai fini della chiamata, le università pubblicano sul proprio sito un avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse, che non danno diritto, in ogni caso, all’ammissione alle procedure di accesso alle qualifiche del personale docente delle stesse università. Al riguardo, si specifica fin da ora che, per la chiamata di professori ordinari, ai candidati è richiesto il possesso dei requisiti previsti per i commissari delle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale.

La chiamata avviene mediante lo svolgimento di procedure selettive che valutano la rispondenza delle proposte progettuali presentate dai candidati alle esigenze espresse dall’università.

 

In base al nuovo comma 5-ter dell’art. 7 della L. 240/2010, alle procedure selettive possono partecipare - purché in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale per la qualifica corrispondente nel settore (scientifico-disciplinare) specifico - anche dirigenti di ricerca e primi ricercatori in servizio presso gli enti pubblici di ricerca, nonché i soggetti inquadrati nei ruoli degli IRCCS a tempo indeterminato, ovvero a tempo determinato ai sensi dell'art. 1, co. 422 e seguenti, della L. 205/2017 (v. box), che svolgano attività di ricerca traslazionale[47], preclinica e clinica.

Le modalità attuative devono essere definite con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentito (evidentemente, per i profili di competenza) il Ministro della salute.

 

Il nuovo comma 5-quater dell’art. 7 della L. 240/2010 dispone che dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter non devono derivare nuovi oneri a carico della finanza pubblica.

 

Infine, il comma 3 estende alle chiamate disciplinate dal nuovo co. 5-bis dell’art. 7 della L. 240/2010 la normativa in materia di risorse da vincolare per la chiamata di soggetti in servizio presso altre università.

A tal fine, novella l’art. 18, co. 4, della L. 240/2010.

 

Si valuti l’opportunità di fare riferimento alle chiamate “di cui all’articolo 7, commi 5-bis e 5-ter”.

 

L’art. 18, co. 4, della L. 240/2010 – prima delle modifiche intervenute con la disposizione in esame e, dunque, come da ultimo modificato dall’art. 19, co. 1, lett. d), del D.L. 76/2020 (L. 120/2020) – prevede che ogni università statale, nell’ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio quale professore ordinario di ruolo, professore associato di ruolo, ricercatore a tempo indeterminato, ricercatore a tempo determinato, o non sono stati titolari di assegni di ricerca, ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.

 

I commi 422-434, art. 1, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017) hanno previsto specifiche norme per regolare i rapporti di lavoro per attività di ricerca presso gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS pubblici) e gli IZS (Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), prevedendo l’istituzione di un ruolo non dirigenziale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria, sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca, con possibilità di eventuale, successiva, trasformazione a tempo indeterminato del rapporto. Pertanto, hanno previsto per i medesimi Istituti, norme transitorie in materia di contratti di lavoro a tempo determinato e di lavoro flessibile.

Più in dettaglio, il rapporto di lavoro del personale rientrante nel nuovo ruolo suddetto è disciplinato, ai sensi del comma 423, da un'apposita sezione del contratto collettivo nazionale del comparto della Sanità, con definizione dei trattamenti economici dei relativi profili, prendendo a riferimento quelli della categoria apicale degli altri ruoli del comparto e valorizzando, con riferimento al personale della ricerca sanitaria, la specificità delle funzioni e delle attività svolte, con l'individuazione, con riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato di cui al comma 424, di specifici criteri, connessi anche ai titoli professionali nonché alla qualità e ai risultati della ricerca, ai fini dell'attribuzione della fascia economica. Si prevede altresì che gli atti aziendali di organizzazione degli Istituti costituiscano un'autonoma sezione per le funzioni di ricerca, facente capo, negli IRCCS, al direttore scientifico e, negli IZS, al direttore generale.

Ai fini dello svolgimento delle attività di ricerca (come previsto al comma 424), gli Istituti in esame possono assumere personale con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato, entro il limite delle risorse finanziarie ivi stabilite e secondo i requisiti, i titoli e le procedure concorsuali definiti dal DPCM 21 aprile 2021 (qui il testo), emanato a seguito dell’Accordo in materia raggiunto in Conferenza Stato-regioni. Il limite delle risorse finanziarie è pari alla somma del 20 per cento, per l'anno 2018, ed al 30 per cento, a decorrere dall'anno 2019, delle complessive risorse finanziarie disponibili (per ciascun Istituto) per le attività di ricerca e della quota di ulteriori risorse attribuite a ciascun Istituto dal Ministero della salute. Queste ultime risorse sono quantificate complessivamente in 19 milioni di euro per il 2018, 50 milioni per il 2019, 70 milioni per il 2020 e a 90 milioni annui a decorrere dal 2021.

Ai sensi dei commi 426 e 427, i rapporti di lavoro a tempo determinato in esame sono stipulati per la durata di 5 anni e possono - nel rispetto dei suddetti limiti di risorse - essere rinnovati una sola volta, per la durata massima di ulteriori cinque anni, previa apposita valutazione di idoneità per il rinnovo - valutazione che è preceduta da valutazioni annuali del dipendente -. Sia queste ultime sia quelle di idoneità sono effettuate secondo modalità, condizioni e criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'esito negativo della valutazione annuale, per tre anni consecutivi, determina la risoluzione del contratto. Previo accordo tra gli Istituti e con il consenso dell'interessato, è ammessa la cessione del contratto a tempo determinato, fermo restando il rispetto dei suddetti limiti di risorse.

È consentita (comma 428) la successiva trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti a termine in esame, con possibile inquadramento nella dirigenza, previa verifica dei requisiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, dopo il completamento del secondo periodo contrattuale con valutazione positiva, secondo la disciplina definita dal suddetto decreto ministeriale. Resta fermo il rispetto delle disposizioni legislative in materia di contenimento delle spese per il personale e del limite dei posti della complessiva dotazione organica del personale destinato alle attività di assistenza o di ricerca. Viene specificato (comma 429) che i contratti a tempo determinato in esame possono essere sottoscritti, per la durata del relativo progetto di ricerca, con gli sperimentatori principali, vincitori di bandi pubblici, nazionali, europei o internazionali, demandando al summenzionato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione della relativa disciplina di dettaglio. Il costo del relativo contratto è a carico dei fondi del progetto (finanziato con il bando pubblico); il medesimo contratto può essere prorogato per il completamento del primo quinquennio, fermo restando il rispetto dei summenzionati limiti di risorse finanziarie.

Inoltre, ai sensi del comma 430, gli Istituti possono impiegare una quota, non superiore al 5 per cento, delle disponibilità finanziarie corrispondenti ai suddetti limiti, per stipulare i contratti a tempo determinato in esame con ricercatori residenti all'estero, la cui produzione scientifica soddisfi i parametri stabiliti con il summenzionato decreto del Ministro della salute.

Il personale medico avente, in base ai contratti di cui ai precedenti commi in esame o in base ai contratti di cui al successivo comma 432, un rapporto di lavoro di ricerca a termine può accedere in soprannumero ad un corso di specializzazione medica, previo superamento delle prove di ammissione, nel limite di un dieci per cento complessivo di soprannumerari del corso e della capacità recettiva delle singole scuole (comma 431).

In sede di prima applicazione, ai sensi del comma 432, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della sezione (di cui al comma 423) del contratto collettivo del comparto della Sanità, il personale in servizio presso gli Istituti in esame alla data del 31 dicembre 2017, con rapporti di lavoro flessibile instaurati a seguito di procedura selettiva pubblica, che abbia maturato un'anzianità di servizio di almeno tre anni negli ultimi cinque, può essere assunto con contratto di lavoro a tempo determinato, nei limiti delle risorse summenzionate e secondo le modalità e i criteri stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui al comma 427.

Nelle more delle assunzioni a termine di cui al comma 432, gli Istituti in esame, al fine di garantire la prosecuzione delle attività di ricerca, possono continuare, ai sensi del comma 433, ad avvalersi, con le forme contrattuali di lavoro in essere, del personale in servizio alla data del 31 dicembre 2017, nei limiti delle risorse finanziarie summenzionate e in deroga alle norme (di cui all'art. 7, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001) limitative della possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di stipulare contratti di collaborazione.

Il comma 434 specifica che i contratti a termine di cui ai commi da 422 a 432 possono essere stipulati in deroga alle norme (ivi richiamate) limitative della possibilità, per gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato o di contratti di lavoro in generale.

 


 

Capo IV – Servizi digitali

Articolo 27
(Semplificazione e il rafforzamento dei servizi digitali)

 

 

L’articolo 27 reca alcune misure in materia di digitalizzazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni.

In primo luogo, sono introdotte due ulteriori modalità di accesso al domicilio digitale: oltre a poter eleggere il proprio domicilio digitale avvalendosi dei servizi resi disponibili dall’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche (INAD) i cittadini possono utilizzare i servizi online resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) ovvero recarsi fisicamente presso l’ufficio anagrafe del comune di residenza. Conseguentemente, si prevede che il Ministero dell’interno provveda all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell’ANPR nell’elenco INAD. Inoltre, viene elimina la previsione che il trasferimento dei dati avvenga solo al completamento dell’ANPR.

In secondo luogo, vengono semplificate le modalità attuative inerenti l’obbligo da parte della PA e dei gestori di servizi pubblici di accettare i pagamenti attraverso sistemi di pagamento elettronico.

In terzo luogo, viene soppresso il Comitato di indirizzo dell’AgID, composto da rappresentanti delle diverse amministrazioni coinvolte nella transizione digitale.

In quarto luogo, si interviene in materia di Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) consentendo ai comuni di utilizzare i dati anagrafici detenuti localmente, anche ampliando l’offerta dei servizi erogati on-line a cittadini e imprese direttamente o tramite soggetti affidatari dei servizi e introducendo una nuova possibilità di accesso dei comuni alle informazioni anagrafiche contenute in ANPR per l’espletamento delle verifiche necessarie all’erogazione dei propri servizi e allo svolgimento delle proprie funzioni.

Infine, si prevede che le pubbliche amministrazioni e i soggetti affidatari di servizi pubblici garantiscano un costante allineamento dei propri archivi informatizzati con le anagrafiche contenute in ANPR.

 

Come si legge nella relazione illustrativa, gli interventi normativi proposti con l’articolo 27 si pongono l’obiettivo di contribuire alla realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ed in particolare nell’ambito della M1 C1 – Digitalizzazione della PA e dell’investimento 1.4 Servizi digitali e cittadinanza digitale.

L'investimento, che conta su risorse pari a 2.013 milioni di euro, ha l'obiettivo di sviluppare un'offerta integrata e armonizzata di servizi digitali orientati ai cittadini, garantirne la diffusione generalizzata nell'amministrazione centrale e locale e migliorare l'esperienza degli utilizzatori.

 

La misura mira tra l’altro a:

§  migliorare l'offerta dei servizi pubblici digitali, definendo modelli di erogazione dei servizi riutilizzabili che garantiscano requisiti di accessibilità completi;

§  migliorare l'accessibilità dei servizi pubblici digitali;

§  promuovere l'adozione dell'applicazione digitale per i pagamenti tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni (PagoPA) e l'adozione dell'applicazione "IO";

§  promuovere l'adozione di piattaforme nazionali di identità digitale (Sistema Pubblico di Identità Digitale, SPID e Carta d'Identità Elettronica, CIE) e dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR);

§  sviluppare una piattaforma unica per le notifiche.

 

Domicilio digitale

Il comma 1, alle lettere a) e c), introduce disposizioni in materia di domicilio digitale.

In particolare, la lett. a) prevede due ulteriori modalità di accesso al domicilio digitale: oltre a poter eleggere il proprio domicilio digitale avvalendosi dei servizi resi disponibili dall’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD), i cittadini potranno utilizzare i servizi online resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) ovvero recarsi fisicamente presso l’ufficio anagrafe del comune di residenza (art. 3-bis, comma 1-ter, CAD come modificato dalla disposizione in esame).

Conseguentemente, la lett. c) prevede che il Ministero dell’interno provveda all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali delle persone fisiche contenuti nell’ANPR nell’elenco INAD così come l’AgID trasferisce nell’ANPR i domicili contenuti nell’elenco INAD (art. 6-quater, comma 3, CAD). In tal modo, chiarisce la relazione illustrativa “i dati dei domicili digitali dei cittadini saranno mantenuti sia da INAD che da ANPR, che garantiranno una continua e costante sincronizzazione”.

 

Inoltre, la lett. c), incidendo sul medesimo art. 6-quater, comma 3, CAD, supera la previsione in base alla quale il trasferimento dei dati avviene solo al completamento dell’ANPR e pertanto consente di provvedere subito al trasferimento (alla data dell’8 novembre 2021 mancano 70 comuni su 7.871 all’adesione all’ANPR).

Infine, si chiarisce che le operazioni di aggiornamento e trasferimento avvengono con le risorse disponibili a legislazione vigente senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

 

Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC), o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale (articolo 1, comma 1, lett. n-ter del CAD).

I soggetti pubblici, i professionisti iscritti ad albi o elenchi e i soggetti iscritti al registro delle imprese hanno l’obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto in uno dei due appostiti elenchi: l’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC) e l’Indice digitale delle PA e dei gestori di pubblici servizi (IPA) (art. 3-bis, comma 1, CAD).

Fermo restando tale obbligo, chiunque ha la facoltà di eleggere il proprio domicilio digitale. In questo caso il domicilio è iscritto in un terzo elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD).

Vi è poi la possibilità eleggere anche un domicilio digitale speciale per determinati atti, procedimenti o affari (art. 3-bis, comma 4-quinques, CAD).

Apposite Linee guida stabiliscono le modalità di elezione del domicilio digitale obbligatorio, del domicilio digitale facoltativo e di quello speciale (art. 3-bis, comma 1-bis, CAD).

Per quanto riguarda il domicilio digitale facoltativo le Linee guida sono state adottate dall’AgID il 15 settembre 2021. In base alle linee guida i cittadini utilizzano le funzionalità rese disponibili dall’INAD per eleggere, modificare e revocare, il domicilio digitale, mediante indicazione di un indirizzo di PEC o di recapito certificato qualificato del quale siano titolari.

L’accesso alle funzionalità rese disponibili dall’INAD è assicurato anche tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 64-bis, comma 1, del CAD.

Per effetto della disposizione in esame, ai fini dell’elezione del domicilio digitale i cittadini potranno utilizzare anche i servizi online resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) o recarsi fisicamente presso l’ufficio anagrafe del comune di residenza.

 

L’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), è la banca dati nazionale nella quale stanno confluendo progressivamente le anagrafi comunali. L’art. 2 del D.L. 179/2012 ha disposto l'unificazione del sistema anagrafico nazionale, già strutturato in quattro partizioni (Indice nazionale delle anagrafi-INA, anagrafe comunale, AIRE centrale e AIRE comunale) in un’unica anagrafe - l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell'interno. La finalità dell’intervento è quella di accelerare il processo di automazione amministrativa rendendo più efficiente la gestione dei dati anagrafi della popolazione e riducendone i costi. L’ANPR è istituita presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 62 CAD. Il decreto ministeriale 194/2014 stabilisce i requisiti di sicurezza, le funzionalità per la gestione degli adempimenti di natura anagrafica, le modalità di integrazione con i diversi sistemi gestionali nonché i servizi da fornire alle Pubbliche Amministrazioni ed Enti che erogano pubblici servizi che, a tal fine, dovranno sottoscrivere accordi di servizio con lo stesso Ministero. ANPR non è solo una banca dati ma un sistema integrato che consente ai comuni di svolgere i servizi anagrafici di consultare o estrarre dati, monitorare le attività, effettuare statistiche.

Si ricorda che il PNRR prevede un finanziamento di 285 milioni per lo sviluppo e la diffusione dell’identità digitale (SPID e CIE) e dell’ANPR nell’ambito dell’investimento Servizi digitali e esperienze dei cittadini (Missione 1, Componente 1: “Digitalizzazione della PA”).

 

Pagamenti on-line

Il comma 1, lettera b), interviene sull’art. 5 del CAD che prevede l’obbligo da parte della PA e dei gestori di servizi pubblici di accettare, tramite apposita piattaforma informatica, pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i micro-pagamenti, quelli basati sull'uso del credito telefonico.

In particolare, la lettera b) interviene sulle norme che dispongono in ordine alle modalità attuative di tale obbligo che sono, nel testo previgente, sostanzialmente due:

§  il comma 2-bis del citato art. 5 che demanda alla adozione di apposite linee guida dell’AgID, sentita la Banca d’Italia, la determinazione e modalità generali di attuazione dell’effettuazione di pagamenti con modalità informatiche da parte delle PA, inclusi gli obblighi di pubblicazione di dati e le informazioni strumentali all'utilizzo degli strumenti di pagamento (si tratta di una disposizione introdotta nel CAD dal decreto legislativo correttivo n. 179/2016 (art. 5, comma 1, lett. c);

§  il comma 4 dell’art. 5 che prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale, sentita la Banca d'Italia, definisce linee guida per la specifica dei codici identificativi del pagamento e le modalità attraverso le quali il prestatore dei servizi di pagamento mette a disposizione dell'ente le informazioni relative al pagamento medesimo (in base a tale disposizione lAgID ha adottato le «Linee guida per l'effettuazione dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi». (Determina n. 209/2018).

 

La lettera in esame in esame unifica quindi le due disposizioni abrogando il comma 2-bis e integrando il comma 4, così da prevedere che le linee guida ivi previste disciplinino anche le modalità generali di attuazione.

Governance dell’AgID

Il comma 1, lettera d) e il comma 2 dispongono la soppressione del Comitato di indirizzo dell’AgID.

 

L’Agenzia per l’Italia digitale (AGID) è l’organismo tecnico del Governo che ha il compito di garantire, sulla base degli indirizzi del Presidente del Consiglio, la realizzazione gli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana. Più in generale l’AGID promuove sia l’innovazione digitale del sistema Paese, sia la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni anche nel rapporto con cittadini e imprese. L’Agenzia per l’Italia digitale è stata istituita dal D.L. 83/2012 (artt. 19-22) successivamente più volte modificato.

 

Ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del D.L. 83/2012, sono organi dell'Agenzia:

§  il Direttore generale, nominato dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato tramite procedura di selezione ad evidenza pubblica, tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione;

§  il Comitato di indirizzo;

§  il Collegio dei revisori dei conti.

 

La legge dispone che il Comitato di indirizzo sia composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza unificata e dai rappresentanti delle amministrazioni centrali la cui spesa corrente di previsione per ciascun ministero in materia di informatica e digitalizzazione, assegnata dalle tabelle allegate alla legge annuale di stabilità, non sia inferiore al trenta per cento della previsione annuale complessiva per le Amministrazioni centrali, affinché siano rappresentate sino alla concorrenza di almeno l'ottanta per cento della spesa corrente di previsione suindicata. Ai componenti del Comitato di indirizzo non spettano compensi, gettoni, emolumenti o indennità comunque definiti né rimborsi di spese (art. 21, comma 4, D.L. 83/2012).

 

Ai sensi dello Statuto dell’AgID, il Comitato, presieduto dal rappresentante della Presidenza del Consiglio, è l'organo di indirizzo strategico dell'Agenzia. In particolare, il Comitato delibera sul modello strategico di evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione, individuandone le priorità di intervento anche sulla base delle disponibilità finanziarie, e ne monitora l'attuazione. Inoltre, delibera, sulle questioni che il Presidente pone all'ordine del giorno, anche su proposta del Direttore generale (art. 7 dello statuto adottato con DPCM 8 gennaio 2014).

 

Il Comitato di indirizzo, inoltre, rende parere al direttore generale dell’AgID in merito alle sanzioni da irrogare ai prestatori di servizi fiduciari qualificati, ai gestori di posta elettronica certificata, ai gestori dell'identità digitale e per i conservatori che abbiano violato gli obblighi relative alla prestazione di tali servizi (art. 32-bis, comma 1, CAD, modificato dal comma 1, lett. d) dell’articolo in esame al fine di espungere la previsione del parere del comitato di indirizzo).

 

La soppressione del Comitato è in connessione – come riferito dalla relazione illustrativa – con l’istituzione, prevista dall’art. 8 del decreto legge 1 marzo 2021, n. 22, del Comitato interministeriale per la transizione digitale.

Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o, in sua vece, dal Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, ove nominato, ed è composto da:

§  il Ministro per la pubblica amministrazione, ove nominato;

§  il Ministro dell'economia e delle finanze;

§  il Ministro della giustizia;

§  il Ministro dello sviluppo economico;

§  il Ministro della salute.

Al Comitato partecipano altresì gli altri Ministri (o loro delegati) aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche poste all'ordine del giorno.

Il Comitato ha il compito di coordinare l'azione del Governo principalmente nelle seguenti iniziative:

§  strategia nazionale italiana per la banda ultralarga, reti di comunicazione elettronica satellitari, terrestri mobili e fisse;

§  fascicolo sanitario elettronico e piattaforma dati sanitari;

§  iniziative per lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie emergenti dell'intelligenza artificiale, dell'internet delle cose (IoT) e della blockchain.

Ferme restando le ordinarie competenze delle pubbliche amministrazioni sulle attività di attuazione dei singoli progetti il Comitato esamina le linee strategiche, attività e progetti di innovazione tecnologica e transizione digitale di ciascuna amministrazione, "anche per valorizzarli e metterli in connessione tra loro in modo da realizzare efficaci azioni sinergiche" e le modalità esecutive più idonee a fini realizzativi. Inoltre, monitora le azioni e i progetti in corso, onde verificare lo stato di attuazione delle attività, individuare eventuali disfunzioni o criticità, elaborare possibili soluzioni e iniziative.

Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR)

Il comma 1, lettera e), modifica l’articolo 62 CAD, in materia di rapporti tra ANPR e comuni.

In particolare, la lettera e), numero 1) (che interviene sull’art. 62, comma 3) consente ai comuni di utilizzare i dati anagrafici detenuti localmente, anche ampliando l’offerta dei servizi erogati on-line a cittadini e imprese direttamente o tramite “soggetti affidatari dei servizi”.

 

Resta ferma la possibilità di utilizzare i dati nell’ambito delle funzioni comunali e al fine esclusivo di erogare servizi non forniti dall’ANPR

 

Inoltre, si introduce una nuova possibilità di accesso dei comuni alle informazioni anagrafiche contenute in ANPR per l’espletamento, anche con modalità automatiche, delle verifiche necessarie all’erogazione dei propri servizi e allo svolgimento delle proprie funzioni. Il tutto nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali e delle misure di sicurezza definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Secondo la relazione illustrativa, la disposizione mira a consentire ai Comuni di poter usufruire delle informazioni anagrafiche presenti in ANPR concernenti tutti gli iscritti, quindi non solo quelle relative ai propri residenti, al fine di migliorare l’efficienza dei processi interni.

 

La lettera e), numero 2, prevede che le pubbliche amministrazioni e i soggetti affidatari di servizi pubblici garantiscano un costante allineamento dei propri archivi informatizzati con le anagrafiche contenute in ANPR.


 

Articolo 28
(Servizio di collegamento delle imprese alla
Piattaforma Digitale Nazionale Dati)

 

 

L’articolo 28 prevede che le camere di commercio pongano a servizio delle imprese un servizio di collegamento telematico con la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), per consentire alle imprese stesse di effettuare controlli automatizzati e di acquisire certificati relativi ai propri fatti, stati e qualità.

 

Il comma 1 prevede che le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (di seguito, camere di commercio), per il tramite della società Infocamere, mettano a disposizione delle imprese il servizio dedicato di collegamento telematico con la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) che consente alle imprese di effettuare controlli automatizzati e di acquisire certificati relativi ai propri fatti, stati e qualità.

 

La previsione appena descritta rientra nell’intervento «Servizi digitali e cittadinanza digitale» del Piano nazionale per gli investimenti complementari, il cui finanziamento è previsto dell’articolo 1, comma 2, lettera a), n. 1, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59. Tale norma dedica a tale finalità risorse per 350 milioni di euro, così ripartite negli anni:

                                           (milioni di euro)

Anno

Servizi digitali e cittadinanza digitale

2021

50

2022

100

2023

100

2024

50

2025

40

2026

10

Totale

350

 

La Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) è stata istituita dall’articolo 50-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (“Codice dell'amministrazione digitale”). Tale articolo è stato da ultimo riscritto dall’articolo 34, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (legge n. 120 del 2020), che definisce la piattaforma come una infrastruttura tecnologica volta a rendere possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici. Siffatta interoperabilità è resa possibile mediante l'accreditamento, l'identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla Piattaforma.

Quest'ultima inoltre assicura la raccolta e conservazione delle informazioni circa gli accessi e le transazioni realizzati per suo tramite.

La condivisione di dati e informazioni avviene attraverso la messa a disposizione e l'utilizzo da parte dei soggetti accreditati, di "interfacce di programmazione delle applicazioni" (API, nell'acronimo di Application Programming Interface, ossia uno strumento di programmazione che 'interfaccia', rendendoli comunicanti, programmi o piattaforme altrimenti incompatibili).

 

Il comma 2 prevede che sia stipulata una convenzione - entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame - tra la struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, il Ministero dello sviluppo economico, Unioncamere (e Infocamere, in qualità di gestore del servizio), sentita l’AgID e PagoPA (ossia la società di cui all’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135), per disciplinare il cronoprogramma di attuazione, le regole tecniche, le modalità di funzionamento nonché la misura e le modalità di accesso al finanziamento del progetto.

 

La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale è tenuta a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze le risorse utilizzate, lo stato di attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti.

A tal fine la struttura indicata può avvalersi dei sistemi di monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 7, del citato decreto-legge n. 59 del 2021.

Tale disposizione, ai fini del monitoraggio degli investimenti previsti dal Piano complementare, demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di individuare per ciascun intervento o programma gli obiettivi iniziali, intermedi (milestone) e finali (target), in relazione al cronoprogramma finanziario, in coerenza con gli impegni assunti nel PNRR con la Commissione europea, sull’incremento della capacità di spesa collegata all’attuazione degli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari. Le informazioni necessarie sono rilevate attraverso il sistema di Monitoraggio delle Opere Pubbliche (MOP), ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011, previsto nell’ambito della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP).

Negli altri casi, e comunque per i programmi e gli interventi cofinanziati dal PNRR, è utilizzato il citato sistema Informativo “ReGiS” sviluppato dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

Per gli oneri derivanti dalla realizzazione della piattaforma è previsto un tetto di spesa di 1 milione di euro per l’anno 2021, di 6 milioni di euro per l’anno 2022 e di 3 milioni di euro per l’anno 2023, cui si provvede a valere sulle risorse appostate a favore dei Servizi digitali e cittadinanza digitale, ricordate con riferimento al comma 1.

 

Il comma 3 stabilisce che, a decorrere dal 2024, i costi a regime per l’erogazione del servizio, lo sviluppo e la manutenzione dell’infrastruttura siano a carico delle imprese che ne usufruiscono.

A tal fine un decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, definisce gli oneri a carico delle imprese in modo da assicurare la remunerazione dei costi a regime per l’erogazione del servizio e lo sviluppo e la manutenzione dell’infrastruttura abilitante da parte del gestore informatico del servizio.

 


 

Articolo 29
(Fondo per la Repubblica Digitale)

 

 

L’articolo 29 istituisce il "Fondo per la Repubblica Digitale" alimentato dai versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie e destinato a sostenere progetti volti ad accrescere le competenze digitali. L'individuazione delle modalità di organizzazione, di governo e di intervento del fondo sono demandate a un protocollo d'intesa stipulato tra le fondazioni bancarie, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro dell’economia e delle finanze. Alle fondazioni bancarie che alimentano il Fondo è riconosciuto un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 65 per cento dei versamenti effettuati al Fondo per i primi due anni (2022 e 2023) e al 75 per cento per i successivi tre (2024, 2025 e 2026).

 

L'articolo 29, comma 1, istituisce il "Fondo per la Repubblica Digitale" alimentato dai versamenti effettuati su un apposito conto corrente postale dalle fondazioni bancarie nell’ambito della propria attività istituzionale. Il Fondo è istituito in via sperimentale per il quinquennio 2022-2026 ed è destinato esclusivamente a sostenere progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale, con la finalità di accrescere le competenze digitali, anche migliorando i corrispondenti indicatori del Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione europea (comma 2).

Le Fondazioni bancarie, disciplinate dal decreto legislativo n. 153 del 1999, sono persone giuridiche private senza fini di lucro che perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti. Le 88 fondazioni di origine bancaria esistenti sono sottoposte alla vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) che esercita i poteri di controllo, ordinari e straordinari e che, in generale, verifica il rispetto della legge e degli statuti, la sana e prudente gestione delle fondazioni, la redditività dei patrimoni e l’effettiva tutela degli interessi contemplati dagli statuti.

 

Il comma 3 dell'articolo in esame prevede che per mezzo di un protocollo d'intesa stipulato tra le fondazioni bancarie, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro dell’economia e delle finanze siano definite:

§  le modalità di organizzazione, di governo e di intervento del Fondo;

§  le modalità di gestione del conto sul quale sono effettuati i versamenti;

§  le caratteristiche, le modalità di valutazione, selezione e monitoraggio dei progetti da finanziare, al fine di assicurare la trasparenza, il migliore utilizzo delle risorse e l’efficacia degli interventi;

§  le modalità di costituzione, il numero dei componenti e le regole di funzionamento del Comitato strategico di indirizzo, al quale è affidato il compito di definire le linee strategiche e le priorità d’azione per l’utilizzo del Fondo per la Repubblica Digitale, nonché la verifica dei processi di selezione e di valutazione (ex ante) dei progetti in considerazione della capacità degli stessi di accrescere il livello delle competenze digitali dei cittadini e della coerenza con le linee strategiche;

§  le modalità di costituzione del Comitato Scientifico indipendente a cui è affidato il compito di monitorare e valutare l’efficacia ex post degli interventi finanziati.

 

Il comma 5 riconosce alle fondazioni bancarie che alimentano il Fondo un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 65 per cento dei versamenti effettuati al Fondo per i primi due anni (2022 e 2023) e al 75 per cento per i successivi tre (2024, 2025 e 2026).

Il contributo è assegnato, secondo l’ordine temporale in cui le fondazioni comunicano l’impegno a finanziare i progetti selezionati, fino a esaurimento delle risorse disponibili, che dovranno essere individuate con uno o più decreti del Presidente del consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica o la transizione digitale a valere sulle risorse del bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri anche in relazione alle risorse del Fondo costituito per il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR "Servizi digitali e cittadinanza digitale" (articolo 1, comma 2, lettera a), punto 2, del decreto legge n. 59 del 2021). Per vedersi riconosciuto il credito, con apposita comunicazione dell'Agenzia delle entrate, le fondazioni devono trasmettere alla stessa la delibera di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme stanziate. L’eventuale mancato versamento al Fondo delle somme indicate nella delibera di impegno comporta una responsabilità solidale parte di tutte le fondazioni aderenti allo stesso.

Il credito d'imposta:

§  è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è stato riconosciuto;

§  può essere utilizzato esclusivamente in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), senza applicazione dei limiti annuali previsti dalla legislazione (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 e articolo 34 della legge n. 388 del 2000);

§  può essere ceduto dalle fondazioni, con esenzione dall’imposta di registro, nel rispetto della disciplina sulla cessione del credito (articoli 1260 e seguenti del Codice Civile) e previa adeguata dimostrazione dell’effettività del diritto al credito medesimo, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi.

 

Il comma 6 prevede che le procedure per la concessione del credito d'imposta nel rispetto del limite di spesa stabilito siano definite dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 7, infine, stabilisce che la struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale comunichi con cadenza semestrale al MEF, anche sulla base dei dati e delle informazioni ricavabili dai sistemi di monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legge n. 59 del 2021, le risorse utilizzate, lo stato di attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti.

 

 


 

Articolo 30
(Digitalizzazione dell’intermodalità e della logistica integrata)

 

 

L’articolo 30 semplifica il quadro delle convenzioni previste dalla legislazione precedentemente in vigore, relative all’attuazione dei progetti di digitalizzazione della logistica. A tal fine, torna ad accentrare i compiti nel MIMS.

 

La disposizione si compone di 6 commi e ha carattere prevalentemente organizzativo. Lo scopo, dichiarato dal Governo nella relazione illustrativa e nel testo del comma 1, è di accelerare il conseguimento degli obiettivi del PNRR in punto di digitalizzazione della logistica.

 

Al proposito, come ricorda anche la relazione illustrativa del Governo, la Missione 3 – componente 2 – del PNRR è intitolata all’intermodalità e alla logistica integrata. Sono previste sovvenzioni a fondo perduto per un totale di 360 milioni di euro, di cui:

§  250 per la digitalizzazione della catena logistica;

§  110 per la digitalizzazione della gestione del traffico aereo.

 

Si stabilisce – al comma 1 - che sono trasferite al MIMS le funzioni di soggetto attuatore delle iniziative per lo sviluppo e il potenziamento della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale. Sicché le funzioni di soggetto attuatore della UIRNet spa (prevista dall’art. 61-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 e la quale aveva cambiato denominazione sociale in digITAlog spa proprio nel 2021) s’interrompono.

 

Giova ricordare che la società UIRNet era stata costituita per lo sviluppo della piattaforma logistica nazionale e ne erano soci di maggioranza gli interporti di cui alla legge n. 140 del 1990.

La materia degli interporti è oggetto, nella legislatura in corso, di una proposta di legge in corso d’esame presso la IX Commissione Trasporti della Camera (a. C. 1259, v. dossier).

Per rilievi sull’importanza dell’intermodalità v. anche quanto riferito dall’Assologistica e da esponenti della Rete ferroviaria italiana (RFI) nell’audizione presso le Commissioni riunite VIII-Ambiente e IX-Trasporti del 4 ottobre 2021 (minuto 55.10 e seguenti).

 

Per conseguenza, al comma 2, vengono dichiarati cessati – a far data dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge – gli effetti delle convenzioni (ove non già scadute) previste in un cospicuo corpus di normativa previgente e, in particolare, negli:

§  art. 1, comma 456 della legge finanziaria per il 2005 (n. 311 del 2004), che prevedeva contributi per 10 milioni per la realizzazione di infrastrutture a elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali. I singoli interventi erano individuati con decreto ministeriale sottoposto a parere parlamentare;

§  medesimo art. 61-bis, comma 5, del citato decreto-legge n. 1 del 2012, che attribuiva all’UIRNet le funzioni di soggetto attuatore;

§  art. 1, comma 211, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) che prevedeva convenzioni per l’integrazione tra la Piattaforma logistica nazionale e le piattaforme ITS locali;

§  art. 4-bis del decreto legge n. 243 del 2016, che prevedeva – nel contesto di misure per la coesione sociale – convenzioni tra MIT (oggi MIMS) e UIRNet per la riduzione del divario digitale del Mezzogiorno;

§  art. 16-ter del decreto-legge n. 91 del 2017, che prevedeva un sistema automatico per la detezione dei flussi di merce in entrata nei centri storici delle città metropolitane, volto alla prevenzione di fenomeni di congestionamento da traffico (vehicle ramming-attack)[48];

§  art. 1, comma 583, della legge di bilancio per il 2018 (n. 205 del 2017) che incrementava i fondi la realizzazione piano strategico nazionale della portualità e della logistica, già stanziati nella legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008);

§  art. 11-bis del decreto legge n. 124 del 2019, che prevedeva il finanziamento di interventi per la digitalizzazione della logistica portuale.

 

Nei commi 3 e 4 sono disciplinate le modalità di chiusura dei rapporti convenzionali tra MIMS e digITAlog, nel senso che:

 

§  con riguardo alle convenzioni di cui agli artt. 1, comma 456 della legge finanziaria per il 2005 (n. 311 del 2004), 61-bis, comma 5, del citato decreto-legge n. 1 del 2012 e 1, comma 211, della legge n. 228 del 2012, il MIMS accerta ed eroga alla digITAlog i contributi ancora dovuti in relazione alle attività ivi specificamente previste (in sostanza, tali convenzioni restano in esecuzione per i progetti aperti e vanno a esaurirsi);

§  con riguardo invece alle convenzioni di cui agli artt. 4-bis del decreto legge n. 243 del 2016, 16-ter del decreto-legge n. 91 del 2017 e 11-bis del decreto legge n. 124 del 2019, ogni attività s’interrompe e spetta alla digITAlog solo il rimborso dei costi da questa sostenuti e documentati.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire come vengano a definizione le convenzioni di cui all’art. 1, comma 583 della legge n. 205 del 2017.

 

§  La digITAlog rimette a disposizione del MIMS i risultati dell’attività svolta e, comunque, tutto ciò che si rende necessario per il funzionamento della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale.

 

Ai sensi del comma 5, poi, il MIMS – nello svolgimento delle funzioni di soggetto attuatore - può stipulare una nuova convenzione con la Rete Autostrade Mediterranee per la logistica, le infrastrutture e i trasporti spa (RAM), società in house del MIMS, partecipata al 100 per cento del MEF. L’onere finanziario è a valere sulle risorse già previste nel citato art. 11-bis del decreto legge n. 124 del 2019.  

 

Il comma 6 prevede – conseguentemente – la possibilità per la RAM di assumere (in deroga all’art. 19, comma 5, del c.d. decreto Madia – decreto legislativo n. 175 del 2016) 19 persone a tempo indeterminato con comprovata competenza di logistica e di logistica digitale. Il personale è di livello non dirigenziale (le posizioni per i quadri sono determinate in numero di 2). 

 


 

Capo V – Personale e organizzazione delle pubbliche amministrazioni e servizio civile

Articolo 31
(Professionisti assunti a tempo determinato o con incarichi di collaborazione per l’attuazione di progetti previsti dal PNRR e modalità di svolgimento dei concorsi pubblici per i soggetti
con disturbi specifici di apprendimento)

 

 

L’articolo 31 dispone che i professionisti assunti a tempo determinato per l’attuazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza non sono tenuti alla cancellazione dall’albo, collegio o ordine professionale di appartenenza e, se presente, possono mantenere l’iscrizione agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.

Viene altresì disposto che il numero minimo degli incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – e non anche gli enti locali come finora previsto - possono attivare per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del PNRR, per i quali sono stanziate determinate risorse, è pari a mille unità (numero che sinora costituiva invece il limite massimo).

Si prevede, infine, che anche le province e le città metropolitane, nei concorsi indetti dalle stesse, sono tenute ad assicurare che le relative prove scritte siano sostituite con prove maggiormente accessibili ai soggetti con disturbi specifici di apprendimento.

 

Professionisti assunti dalle pubbliche amministrazioni per l’attuazione del PNRR

Per i professionisti assunti a tempo determinato dalle pubbliche amministrazioni per l’attuazione di progetti previsti dal PNRR, con procedure concorsuali semplificate o attraverso l’iscrizione in un apposito elenco (ex art. 1, co. 4 e 5, lett. b), del D.L. 80/2021 – vedi infra), non è richiesta la cancellazione dall’albo, collegio o ordine professionale di appartenenza e l’eventuale assunzione non determina in nessun caso la cancellazione d’ufficio (comma 1, lett. a), cpv. 7-ter).

I richiamati commi 4 e 5, lett. b), del D.L. 80/2021 recano modalità speciali volte ad accelerare le procedure selettive che possono essere utilizzate per il reclutamento da parte delle PA di personale a tempo determinato per l’attuazione dei progetti previsti dal PNRR.

Il comma 4 riconosce alle amministrazioni la possibilità di svolgere le procedure concorsuali per il reclutamento di personale con contratto a tempo determinato per l’attuazione dei progetti del PNNR con le modalità semplificate, digitali e decentrate di cui all’art. 10 del D.L. 44/2021, prevedendo, oltre alla valutazione dei titoli legalmente riconosciuti e strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche delle posizioni bandite, lo svolgimento della sola prova scritta.

Per quanto riguarda il personale in possesso di un'alta specializzazione, il richiamato comma 5, lett. b), dispone che questo si iscriva nell'istituendo elenco presso il Dipartimento della funzione pubblica, previo svolgimento di procedure idoneative svolte secondo le modalità semplificate introdotte dall’art. 10 del D.L. 44/2021 (vedi ante), con previsione della sola prova scritta, alle quali consegue esclusivamente il diritto all’inserimento nei predetti elenchi in ordine di graduatoria, da cui le amministrazioni attingono per l’assunzione di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato

 

Ai medesimi soggetti si consente di ottenere il ricongiungimento dei periodi di contribuzione presso l’INPS (dovuti per la durata dei contratti relativi al PNRR) con quelli presso la cassa previdenziale di appartenenza a titolo gratuito, ovvero di chiedere che la contribuzione previdenziale dovuta per tali contratti sia versata, a scelta del professionista, direttamente alla cassa previdenziale di appartenenza. (comma 1, lett. a), cpv. 7-quater).

 

Incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti per supportare gli enti territoriali nell'attuazione del PNRR

La disposizione in commento prevede che il numero minimo degli incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – e non anche gli enti locali come sinora previsto - possono attivare per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del PNRR, per i quali sono stanziate determinate risorse, è pari a mille unità, numero che sinora costituiva invece il limite massimo, come previsto dall’art. 9, co. 1, D.L. 80/2021 modificato dalla norma in esame, le quali supportano, oltre ai predetti enti, anche gli altri enti locali (comma 1, lett. c)).

Il richiamato art. 9 del D.L. 80/2021 demanda ad un DPCM il riparto delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione del Next generation Eu-Italia, nel limite di 320 milioni di euro complessivi per gli anni 2021-2024, da destinare agli incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti che gli enti territoriali (regioni, province autonome ed enti locali) attiveranno per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del PNRR.

Dette risorse - pari a 38,8 mln di euro per il 2021, a 106,8 mln per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e a 67,9 mln per il 2024 - sono destinate al conferimento dei predetti incarichi per la gestione delle "procedure complesse", che, nella versione sinora vigente dell’articolo in commento, non potevano superare il numero massimo complessivo di mille unità.

Tali incarichi di collaborazione devono essere conferiti ai soggetti iscritti nell'istituendo elenco dei professionisti ed esperti, presso il Dipartimento della funzione pubblica e sono attribuiti sulla base di contratti individuali di lavoro autonomo ai sensi dell'art.7, co. 6, del D.lgs. 165/2001 che fa riferimento ad esperti di particolare e comprovata specializzazione cui possono essere conferiti incarichi di collaborazione per specifiche esigenze cui non si può far fronte con personale in servizio, nel rispetto di specifici presupposti di legittimità.

 

Modalità di svolgimento dei concorsi pubblici per i soggetti con disturbi specifici di apprendimento

La norma in esame prevede, altresì, che anche le province e le città metropolitane – e non solo lo Stato, le regioni, i comuni e i loro enti strumentali, come previsto sinora dall’art. 3, co. 4-bis, del D.L. 80/2021 modificato dalla disposizione in commento -, nei concorsi indetti dalle stesse, sono tenute ad assicurare che le relative prove scritte siano sostituite con un colloquio orale per i soggetti con DSA (disturbi specifici di apprendimento) o di utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, nonché di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per le prove(comma 1, lett. b).

.

Il richiamato art, 3, co. 4-bis, del D.L. 80/2021, demanda ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – da emanare entro l’8 novembre 2021 - la definizione delle modalità con le quali i bandi dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale indetti dallo Stato, dalle regioni, dai comuni e dai loro enti strumentali devono assicurare la suddetta possibilità. La mancata adozione delle misure in oggetto da parte del bando comporta la nullità del medesimo concorso.

 

Per la relazione tecnica allegata al provvedimento, la misura non comporta nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica in quanto non interviene sul limite finanziario stabilito a legislazione vigente.


 

Articolo 32
(Formez PA)

 

 

L’articolo 32 reca disposizioni finalizzate all’ampliamento del novero dei soggetti istituzionali che possono fare parte dell’associazione Formez PA.

 

Nel dettaglio, la disposizione proposta sostituisce il comma 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, prevedendo che oltre alle amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni di comuni e le comunità montane, come attualmente contemplato dal vigente comma 3,  possano entrare a far parte della Associazione Formez PA anche “le altre amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli enti pubblici economici”.

Formez PA - Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle P.A. è un’associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, in house alla Presidenza del Consiglio –Dipartimento della Funzione pubblica – e delle Amministrazioni associate. L'Istituto è sottoposto al controllo, alla vigilanza ed ai poteri ispettivi della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, che detiene la quota maggioritaria dell'associazione.

Costituito nel 1963, l’attività di Formez PA è oggi focalizzata sull’attuazione delle politiche di riforma e modernizzazione della PA e più in generale della strategia di promozione dell’innovazione e di rafforzamento della capacità amministrativa, prevista dalle politiche di sviluppo dell’UE e promossa dal DFP, attraverso attività di accompagnamento e assistenza tecnica.

 

La Relazione illustrativa del provvedimento in esame, rileva che in base all’articolo 1, comma 3, attualmente vigente “vi sono casi in cui molte Pubbliche amministrazioni non rientrano, o sussistono dubbi circa la loro collocazione, all’interno delle tipologie indicate nel citato articolo, considerato, ad esempio, che non vi è una puntuale definizione del perimetro delle amministrazioni dello Stato”.

Al riguardo, nella Relazione si rappresenta che il Consiglio di Stato, con il parere n. 883 del 21 marzo 2019, ha stabilito che, stante la disciplina prevista dall’articolo 5 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 e considerata la disciplina normativa e statutaria del Formez, quest’ultimo è qualificabile quale organismo in house nei confronti dei propri associati, che, conseguentemente, possono avvalersi direttamente dell’associa-zione per l’espletamento delle attività rientranti nella sua finalità e coerenti con la previsione dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 6 del 2010. Inoltre, l’acquisizione dello status di associato consente l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti delle proprie società in house, previsto dall’articolo 192 del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

 

Secondo la relazione tecnica allegata al provvedimento, la disposizione non comporta nuovi e maggiori oneri a carico del Bilancio dello Stato.


 

Articolo 33
(Istituzione del Nucleo PNRR Stato-Regioni)

 

 

L’articolo 33 istituisce presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Nucleo per il coordinamento delle iniziative di ripresa e resilienza tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, denominato “Nucleo PNRR Stato-Regioni”, al fine di assicurare il coordinamento delle relazioni tra Amministrazioni statali titolari di interventi del PNRR e gli enti territoriali.

 

In particolare, il Nucleo PNRR Stato-Regioni, operativo fino al 31 dicembre 2026, assicura al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri il supporto tecnico per la realizzazione delle attività di competenza volte ad attuare le riforme e gli investimenti previsti dal PNRR, in raccordo con le altre amministrazioni dello Stato titolari di interventi PNRR. In particolare, il supporto tecnico del Nucleo riguarda le attività volte a:

a) curare l’istruttoria di tavoli tecnici di confronto settoriali con le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali;

b) prestare supporto alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano nella elaborazione, coerentemente con le linee del PNRR, di un progetto avente particolare rilevanza strategica per ciascuna Regione e Provincia Autonoma, denominato “Progetto bandiera”;

c) prestare attività di assistenza agli enti territoriali, con particolare riferimento ai piccoli comuni di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158, e ai comuni insulari e delle zone montane, anche in raccordo con le altre iniziative di supporto tecnico attivate dalle amministrazioni competenti;

d) condividere, con le competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, le informazioni raccolte e comunicare, d'intesa con le medesime strutture, le attività svolte, anche mediante la progettazione e gestione di uno spazio web informativo, dedicato ai tavoli di coordinamento e alle attività di assistenza agli enti territoriali.

 

Al Nucleo PNRR Stato-regioni sono assegnate le risorse di cui alla tabella A del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 luglio 2021, con cui è stato ripartito il fondo previsto dall’articolo 7, comma 4, secondo periodo, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80.

 

L’articolo 7, comma 4, del DL n.80 del 2021, al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del PNRR, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con una dotazione di euro 2.668.000 per l'anno 2021 e di euro 8.000.000 per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026, tra le amministrazioni centrali (escluso il MEF) assegnatarie di risorse PNRR, le quali possono avvalersi di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale nelle materie oggetto degli interventi per un importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico.

 

Per lo svolgimento delle proprie attività il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri si avvale di un contingente di 23 unità di personale, di cui una con qualifica dirigenziale di livello generale e due con qualifica dirigenziale di livello non generale, individuate anche tra il personale delle altre amministrazioni pubbliche (con esclusione del personale scolastico e del MEF), che è collocato in posizione di comando o fuori ruolo.

Il predetto contingente è comprensivo delle unità di personale non dirigenziale di cui alla tabella A del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 luglio 2021, con cui sono state ripartite le unità di personale non dirigenziale previste dall’articolo 7, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80.

 

L’articolo 7, comma 1, primo periodo, del DL n.80 del 2021, dispone in ordine al reclutamento di 500 unità di personale (eventualmente integrabili a ulteriori 300 unità) non dirigenziale, da assumere a tempo determinato per un periodo anche superiore a 36 mesi, ma non eccedente la durata di completamento del PNRR e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, al fine di realizzare le attività di coordinamento istituzionale, gestione, attuazione, monitoraggio e controllo del PNRR. Detto personale è inquadrato nell'Area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, giuridico, informatico, statistico-matematico, ingegneristico e ingegneristico gestionale.

Al riguardo la relazione tecnica chiarisce che delle 23 unità di personale assegnate al Nucleo PNRR Stato-regioni, 10 unità, da inquadrare nell’area A, posizione economica F1 del Comparto PCM, fanno parte del contingente di cui alla tabella A del D.P.C.M. 28 luglio 2021, recante ripartizione delle unità di personale non dirigenziale previste dall’articolo 7, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80. I relativi oneri sono già coperti dal predetto articolo 7 del D.L. 80/2021.

Si osserva, comunque, che il DPCM 28 luglio 2021 non risulta pubblicato in Gazzetta ufficiale.

 

Il predetto contingente di personale sostituisce le unità organizzative di cui all’articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 luglio 2021, che è conseguentemente modificato al fine di definire compiti e assetto organizzativo della nuova struttura.

L’art. 2, comma 8, del D.P.C.M. 30 luglio 2021 assegna le funzioni di coordinamento, monitoraggio, rendicontazione e controllo degli interventi del PNRR di competenza del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie a due unità organizzative coordinate rispettivamente da un dirigente di prima fascia e ad un dirigente di seconda fascia

 

Alle posizioni dirigenziali del predetto contingente di 23 unità di personale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 15, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80.

 

L’articolo 1, comma 15, del DL n.80/2021, autorizza le amministrazioni pubbliche che siano impegnate nell’attuazione del PNRR a derogare, fino a raddoppiarli, i limiti percentuali attualmente previsti dalla legge per l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai sensi dell’art. 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001[49]. Tale deroga è consentita solo in quanto funzionale alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all’attuazione degli interventi del PNRR. Tali incarichi sono conferiti a valere sulle risorse finanziarie disponibili e nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente per ciascuna amministrazione interessata.

 

Per lo svolgimento dei nuovi compiti il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (dal 2022 al 2026) può altresì avvalersi:

§  del supporto di società a prevalente partecipazione pubblica;

§  di un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale, fino a un importo massimo di euro 50.000 lordi annui per singolo incarico ed entro il limite di spesa complessivo di euro 300.000.

 

Agli oneri derivanti dalle disposizioni del presente articolo, pari a euro 110.437 per l’anno 2021 e ad euro 1.625.247 per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014.

Si tratta del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (cap. 3076). Nel bilancio di previsione per il 2021-2023 (legge n. 178 del 2020 e relativo D.M. 30 dicembre 2020 di ripartizione in capitoli), il Fondo presentava una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023. La dotazione del Fondo è stata ridotta, nel corso dell’anno, ad opera di numerosi decreti-legge che hanno utilizzato le risorse del Fondo per finalità di copertura finanziaria.

Si rammenta, peraltro, che a valere sulle risorse del Fondo in questione è altresì posta la copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo 36, comma 2, del D.L. in esame (recante il potenziamento della dotazione organica dell’Unità per la semplificazione, già incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per oneri pari a 22.732 euro nel 2021 e a 136.388 euro nel 2022).


 

Articolo 34
(Reclutamento di personale per il Ministero della transizione ecologica per l'attuazione degli obiettivi di
transizione ecologica del PNRR)

 

 

L’articolo 34 assegna al Ministero della transizione ecologica, con decorrenza non anteriore al l° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, un contingente di personale fino a centocinquantadue unità, per una spesa complessiva di 9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023,  di cui 7,6 milioni per le spese del personale assegnato e 1,4 milioni per le esigenze di funzionamento connesse all'attività del medesimo contingente, al fine di attuare gli interventi, gli obiettivi e i traguardi della transizione ecologica previsti nell'ambito del PNRR, anche al fine di fornire adeguato supporto alle amministrazioni centrali e locali per il conseguimento degli obiettivi di transizione ecologica di cui al medesimo Piano, nonché per fornire supporto alla struttura di missione prevista dall’art. 17-sexies del D.L. 80/2021 per l'attuazione del PNRR presso il Ministero della transizione ecologica.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame assegna al Ministero della transizione ecologica (MITE), con decorrenza non anteriore al l° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, un apposito contingente di personale massimo di centocinquantadue unità, nel limite di spesa complessivo di euro 7,6 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2023.

Si prevede che il contingente, previsto per l’attuazione degli interventi, degli obiettivi e dei traguardi della transizione ecologica previsti nell'ambito del PNRR, fornisca altresì un adeguato supporto alle amministrazioni centrali e locali e alla struttura di missione prevista dall’art. 17-sexies del D.L. 80/2021 per l'attuazione del PNRR presso il Ministero della transizione ecologica.

L’art. 17-sexies del D.L. 80/2021 stabilisce che la struttura di missione, istituita presso il MITE per il coordinamento della fase attuativa del PNRR, fino al completamento del Piano e comunque fino al 31 dicembre 2026, sia articolata in una struttura di coordinamento e in due uffici di livello dirigenziale generale, questi ultimi fino a un massimo di sei uffici di livello dirigenziale non generale complessivi (comma 1). Si prevede inoltre che sono conseguentemente resi indisponibili, nell’ambito della dotazione organica del MITE, tre posti di funzione dirigenziale di livello non generale (comma 2).

 

Il contingente di personale assegnato al MITE risulta composto:

§  da esperti in possesso di specifica ed elevata competenza, almeno triennale, nello sviluppo e gestione di processi complessi nell'ambito della transizione ecologica ed energetica o della tutela del territorio o della biodiversità o dello sviluppo dell'economia circolare, nonché di significativa esperienza almeno triennale in tali materie;

§  ovvero anche da personale di livello non dirigenziale, collocato fuori ruolo o in posizione di comando o altra analoga posizione, prevista dagli ordinamenti di appartenenza, proveniente da pubbliche amministrazioni, con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, nonché del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono definiti la composizione del contingente ed i compensi degli esperti.

Il comma 2 specifica che gli esperti sono individuati previa valutazione dei titoli, delle competenze e dell'esperienza professionale richiesta e almeno un colloquio che può essere effettuato anche in modalità telematica.

Le predette valutazioni selettive ovvero loro singole fasi possono essere effettuate con modalità telematiche anche automatizzate.

Il comma 3 autorizza una spesa complessiva massima di 1,4 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per le esigenze di funzionamento connesse all'attività del previsto contingente.

Il comma 4 provvede alla copertura degli oneri di cui al presente articolo - pari a 9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 - mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando:

§  per 4,7 milioni di euro per l'anno 2022 e 1,6 milioni di euro per l'anno 2023, l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora Ministero della transizione ecologica);

§  per euro 4,3 milioni di euro per l'anno 2022 e 7,4 milioni di euro per l'anno 2023, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.


 

Articolo 35
(Rafforzamento organizzativo in materia di Giustizia)

 

 

L’articolo 35 reca disposizioni concernenti l’organizzazione del Ministero della Giustizia, con particolare riguardo: all’istituzione di una struttura dipartimentale per l’innovazione tecnologica e il monitoraggio dei servizi connessi all’amministrazione della giustizia (comma 2); alla creazione di nuovi posti dirigenziali (commi 3 e 4); alle procedure per l’adozione del regolamento di organizzazione del Ministero (comma 5); allo scorrimento di graduatorie o nuove procedure concorsuali finalizzate al reclutamento di personale a tempo determinato da destinare all’ufficio del processo amministrativo (comma 7).

Viene inoltre modificata una norma sul reclutamento di personale da assegnare agli uffici del processo del distretto della corte di appello di Trento, che prevede una riserva di posti sulla base dell’appartenenza ad un determinato gruppo linguistico, al fine di circoscriverla alla sola Provincia autonoma di Bolzano (comma 1).

 

In particolare, il comma 1 è volto a modificare il comma 12-bis dell’art. 14 del decreto-legge n. 80 del 2021, che prevede una disciplina specifica per il reclutamento del personale dell’ufficio del processo, con riguardo agli uffici giudiziari siti nella Regione Trentino Alto Adige.

Il comma 12-bis dell’articolo 4 del decreto-legge n. 80 del 2021 prevede che, con riguardo agli addetti all’ufficio del processo, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 7 febbraio 2017, n. 16 (il quale prevede la delega alla Regione Trentino Alto Adige, di una serie di funzioni riguardanti l'attività amministrativa e organizzativa di supporto agli uffici giudiziari), nell'ambito dei concorsi straordinari previsti dal medesimo D.L. 80/2021, si procede al reclutamento e alla successiva gestione giuridica ed economica del personale amministrativo anche degli addetti all'ufficio per il processo da assegnare agli uffici giudiziari del distretto della corte di appello di Trento. La disposizione, nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del decreto legge in esame, specifica che il bando indica i posti riservati al gruppo di lingua tedesca, al gruppo di lingua italiana e al gruppo di lingua ladina e prevede come requisito per la partecipazione, in relazione alle assunzioni negli uffici giudiziari siti nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen, il possesso dell'attestato di conoscenza, o di altro titolo equipollente, delle lingue italiano e tedesco (artt. 3 e 4, co. 3, n. 4, del d. P.R. n. 752 del 1976).

 

La modifica è volta a specificare che la riserva di posti su base linguistica riguardante il reclutamento di personale da assegnare all’ufficio del processo (previsto all’artt. 11 del medesimo d.l. 80/21) è circoscritta alla sola Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, in conformità a con quanto previsto dallo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Secondo quanto specificato nella Relazione illustrativa, la formulazione del comma 12-bis dell’articolo 4 del D.L. 80/2021 anteriore all’entrata in vigore del decreto legge in esame, estenderebbe anche alla Provincia autonoma di Trento la ripartizione dei posti messi a concorso in base all’appartenenza al gruppo di lingua tedesca, italiana o ladina. La modifica apportata dall’articolo in esame costituisce pertanto, secondo la Relazione “ da un lato come correttivo necessario allo scopo di evitare discrepanze nella normativa che regola la rappresentanza dei gruppi linguistici nelle pubbliche amministrazioni, dall’altro come intervento urgente ai fini del rispetto della tempistica concordata con l’Unione europea per le attività ricomprese nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, considerata l’imminente adozione del bando di concorso per la copertura dei posti necessari a coprire le esigenze degli uffici per il processo”.

 

Tra le varie norme poste a tutela delle minoranze linguistiche, in diretta applicazione del dettato dell’art. 6 della Costituzione, assume uno speciale rilievo quella che si esplica nella ripartizione dei posti presso le pubbliche amministrazioni statali situate nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen in base al principio della rappresentanza dei tre gruppi linguistici che la abitano (tedesco, italiano, ladino). Tale principio trova il suo fondamento nell’articolo 89 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (approvato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), il quale prevede che: “1. Per la provincia di Bolzano sono istituiti ruoli del personale civile, distinti per carriere, relativi alle amministrazioni statali aventi uffici nella provincia. Tali ruoli sono determinati sulla base degli organici degli uffici stessi, quali stabiliti, ove occorra, con apposite norme. 2. Il comma precedente non si applica per le carriere direttive dell'amministrazione civile dell'interno, per il personale della pubblica sicurezza e per quello amministrativo del Ministero della difesa. 3. I posti dei ruoli di cui al primo comma, considerati per amministrazione e per carriera, sono riservati a cittadini appartenenti a ciascuno dei tre gruppi linguistici, in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento ufficiale della popolazione”.

La riserva opera quindi soltanto limitatamente alla suddetta Provincia autonoma per il personale statale, come peraltro ribadito in numerosi articoli (2, 8, comma 3, e 16) del D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (che reca specificamente norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego). Per quanto riguarda più specificamente il comparto giustizia, è l’articolo 33 a prevedere che: “i posti di pianta organica degli uffici giudiziari della provincia di Bolzano sono riservati ai cittadini appartenenti ai gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino in rapporto alla loro consistenza quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nell'ultimo censimento della popolazione”.

 

Il comma 2 reca alcune modifiche agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernenti l’organizzazione del ministero della giustizia, con riguardo all’attribuzione di nuove funzioni e alla creazione di uno specifico dipartimento al quale affidare le stesse.

La medesima disposizione del decreto legge specifica che l’intervento è finalizzato ad incrementare l’efficacia e l’efficienza dei singoli uffici del Ministero della giustizia, implementando il processo di riforma e di innovazione tecnologica, nonché il monitoraggio effettivo dei servizi connessi all’amministrazione della giustizia.

In particolare, la lettera a) n. 3), aggiunge alle attribuzioni del Ministero della giustizia - previste dalle lettere da a) a d) del comma 3 del citato articolo 16 - quelle relative ai servizi per la transizione digitale della giustizia, l’analisi statistica e le politiche di coesione. I compiti e le funzioni che pertengono a questa nuova area funzionale sono specificati all’interno della nuova lettera d-bis) e riguardano:

§  la gestione dei processi e delle risorse connessi alle tecnologie dell'informazione, della comunicazione e della innovazione;

§  la gestione della raccolta, organizzazione e analisi dei dati relativi a tutti i servizi connessi all'amministrazione della giustizia;

§  l’implementazione delle procedure di raccolta dei dati e della relativa elaborazione statistica secondo criteri di completezza, affidabilità, trasparenza e pubblicità;

§  il monitoraggio dell'efficienza del servizio giustizia con particolare riferimento alle nuove iscrizioni, alle pendenze e ai tempi di definizione dei procedimenti negli uffici giudiziari; coordinamento della programmazione delle attività della politica regionale, nazionale e comunitaria e di coesione.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del D.lgs. n. 300 del 1999, il ministero della Giustizia esercita le funzioni e i compiti concernenti le seguenti aree funzionali:

a) servizi relativi alla attività giudiziaria: gestione amministrativa dell’attività giudiziaria in ambito civile e penale; attività preliminare all'esercizio da parte del ministro delle sue competenze in materia processuale; casellario giudiziale; cooperazione internazionale in materia civile e penale; studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;

b) organizzazione e servizi della giustizia: organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia; gestione amministrativa del personale amministrativo e dei mezzi e strumenti anche informatici necessari; attività relative alle competenze del ministro in ordine ai magistrati; studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;

c) servizi dell'amministrazione penitenziaria: gestione amministrativa del personale e dei beni della amministrazione penitenziaria; svolgimento dei compiti relativi alla esecuzione delle misure cautelari, delle pene e delle misure di sicurezza detentive; svolgimento dei compiti previsti dalle leggi per il trattamento dei detenuti e degli internati;

d) servizi relativi alla giustizia minorile: svolgimento dei compiti assegnati dalla legge al ministero della giustizia in materia di minori e gestione amministrativa del personale e dei beni ad essi relativi.»

 

Le modifiche all’articolo 16 apportate dai numeri 1) e 2) della lettera a), sono di mero coordinamento.

La lettera b) inserisce invece, nell’articolo 16, il nuovo comma 3-bis, in cui si stabilisce che il Ministero della giustizia, per poter esercitare i compiti e le funzioni che gli sono attribuiti, accede direttamente ai dati riguardanti tutti i servizi connessi all’amministrazione della giustizia, compresi quelli raccolti dagli uffici giudiziari, fermo quanto disposto dall’articolo 4, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2009, ai sensi del quale la tipologia e le modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell'Amministrazione della giustizia sono stabilite da apposito regolamento, emanato dal Ministro della giustizia.

L’articolo 4, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2009 autorizza il Ministro della giustizia ad adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento al fine di disciplinare la tipologia e le modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell'Amministrazione della giustizia all'archivio informatico centralizzato esistente, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato

Come sottolineato nella relazione tecnica relativa al decreto legge in esame, alle attività di raccolta, organizzazione e analisi dei dati relativi ai servizi della giustizia, elaborazione statistica e monitoraggio ai fini dell'efficienza del servizio giustizia “si potrà provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, considerato che l’architettura informatica che gestisce l’inserimento, la raccolta e l’elaborazione dei dati statistici, già consente, attraverso opportune integrazioni sistemistiche nell’ambito degli attuali contratti di sviluppo evolutivo del settore informatico, l’accesso diretto da parte del Ministero della giustizia ai dati raccolti dagli uffici giudiziari”.

 

La lettera c) del comma 2, modifica l’articolo 17 del D.lgs. 300/1999, porta da quattro a cinque il numero dei dipartimenti in cui si articola il Ministero della giustizia, istituendo dunque un nuovo dipartimento, al quale sono affidati i compiti e le funzioni relativi alla transizione digitale della giustizia.

 

Per il funzionamento della nuova struttura dipartimentale, al comma 3 si provvede ad istituire, con decorrenza non anteriore al 1° marzo 2022, tre posti di livello dirigenziale ad essa destinati, ovvero:

§  un posto di Capo dipartimento;

§  un posto di vice Capo dipartimento;

§  un posto di funzione per l’Ufficio del Capo dipartimento.

A completamento della dotazione organica del personale dirigenziale del suddetto dipartimento, si prevede inoltre la stabilizzazione della struttura di livello generale per il coordinamento delle politiche di coesione[50], inclusi i due uffici dirigenziali di livello non generale. Complessivamente, quindi, la dotazione organica del personale dirigenziale dell’amministrazione giudiziaria risulta incrementata di tre posizioni di livello generale e di tre posizioni di livello non generale.

Secondo le stime riportate nella relazione tecnica tale incremento comporta un onere che ammonta a regime a circa 1.303.869 € annui.

Il nuovo Dipartimento, in base a quanto specificato dalla relazione tecnica, sarà composto dai seguenti uffici di livello dirigenziale generale:

§  Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati, che transiterà dal Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria al nuovo Dipartimento, compresi gli uffici dirigenziali di livello non generale, senza determinare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato;

§  Direzione generale di statistica e analisi organizzativa, che transiterà dal Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria al nuovo Dipartimento, compresi gli uffici dirigenziali di livello non generale, senza determinare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato;

§  Direzione generale per il coordinamento delle politiche di coesione, già prevista dall’attuale regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia di cui all’articolo 16, comma 12, del d.P.C.M. 84/2015, compresi gli uffici dirigenziali di livello non generale.

Per quanto riguarda invece il personale amministrativo assegnato alla nuova struttura, che transiterà dagli uffici ove attualmente presta servizio, senza modifiche delle sedi di lavoro e avvalendosi dei beni strumentali già utilizzati, non sono previsti ulteriori oneri.

 

Il comma 4 istituisce, nell’ambito dell’amministrazione penitenziaria, una struttura per la gestione dei beni, dei servizi e degli interventi in materia di edilizia penitenziaria. Trattandosi di una struttura di livello dirigenziale generale, è altresì previsto l’aumento di una unità della dotazione organica del personale dirigenziale penitenziario, con decorrenza non anteriore al 1° marzo 2022.

L’istituzione di una Direzione generale che si occupa di beni, servizi ed edilizia penitenziaria consente di scorporare una serie di attribuzioni dall’attuale Direzione generale del personale e delle risorse, che, secondo quanto si evince dalla relazione tecnica, è eccessivamente estesa, essendo costituita da 11 uffici, e si occupa della gestione di materie complesse ed eterogenee; in tal modo si intende perseguire una maggiore efficienza dell’amministrazione penitenziaria ed un potenziamento dei servizi ad essa connessi. La nuova Direzione generale si avvarrà di personale già in forza alla Direzione del personale; in particolare, le 11 posizioni dirigenziali non generali di cui si compone attualmente la Direzione generale del personale e delle risorse saranno ripartite, sulla base delle relative competenze, nell’ambito delle due Direzioni generali oggetto dell’intervento. Gli oneri derivanti dall’istituzione della nuova Direzione generale sono pertanto limitati all’incremento di una unità di personale dirigenziale disposta dal comma 4, quantificati in 198.818 € per l’anno 2022 (si ricorda la decorrenza dal 1° marzo 2022) fino ad arrivare a 257.609 € dall’anno 2032 e a regime.

 

Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4, al comma 5 si prevede l’aggiornamento del regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia nonché del regolamento sugli uffici di diretta collaborazione. La disposizione specifica che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 30 giugno 2022” i suddetti regolamenti sono adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, e che il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì la facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato sui decreti prima della loro adozione. Si tratta dunque di una deroga temporanea (fino al 30 giugno 2022) a quanto previsto, in via generale, dall’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. 300/1999, il quale dispone che l'organizzazione, la dotazione organica e le funzioni degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, siano disciplinati mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988.

Con riguardo alla formulazione del testo si valuti l’esigenza di sostituire l’espressione “dalla data di entrata in vigore della presente legge”, con la seguente: “dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

 

Con riguardo all'organizzazione interna dei ministeri si ricorda che essa è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, che nel caso di specie è rappresentata innanzitutto dal D.Lgs. n. 300/1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto.

Nell'ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero, nonché l'organizzazione, la dotazione organica e le funzioni degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l'art. 4, co. 1, del D.Lgs. 300/1999).

L'articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 e art. 4, co. 4, D.Lgs. 300/1999).

Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, l'assetto ordinario delle fonti ministeriali (art. 7 del d.lgs. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988.

Negli ultimi anni, tuttavia, il legislatore ha fatto ricorso a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale mediante l'adozione di DPCM, in deroga alle procedure ordinarie ed in ogni caso in via transitoria, in particolare, al fine di semplificare ed accelerare il riordino organizzativo dei ministeri conseguente all'attuazione di misure di contenimento della spesa e di riduzione della dotazione organica ovvero in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali o di singoli dicasteri.

L'autorizzazione ad aggiornare l'organizzazione dei Ministeri con d.P.C.m. ha avuto sempre carattere temporaneo, Per i dPCM di norma è previsto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti e viene riconosciuta la facoltà al Presidente del Consiglio di richiedere il parere da parte del Consiglio di Stato. A differenza dei regolamenti adottati con D.P.R., non è, invece, previsto il parere delle commissioni parlamentari.

In particolare, si ricordano tra precedenti interventi di carattere generale:

§  l'art. 2, comma 10-ter, del D.L. 95/2012 (c.d. spending review) aveva previsto la possibilità di adottare i regolamenti di organizzazione conseguenti alla riduzione delle dotazioni organiche del personale, con finalità di contenimento della spesa pubblica, con D.P.C.M., anziché con D.P.R. La deroga aveva carattere provvisorio e, a seguito di una serie di proroghe, è stata ammessa fino al 28 febbraio 2014;

§  successivamente, l'art. 16, co. 4, D.L. 66/2014 ha autorizzato nuovamente i Ministeri, al solo fine di realizzare interventi di riordino diretti ad assicurare ulteriori riduzioni della spesa, ad adottare i rispettivi regolamenti di organizzazione nella forma di DPCM, anziché di regolamenti di delegificazione, fino al 15 luglio 2014, termine poi prorogato al 15 ottobre 2014 (art 2, co. 4-bis, D.L. 90/2014). In questo caso era prevista la possibilità di includere anche la disciplina degli uffici di diretta collaborazione;

§  di nuovo, l'articolo 4-bis, del D.L 86/2018 (L. 97/2018), il quale ha previsto che la procedura sopra descritta fosse applicabile da tutti i ministeri dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo D.L. 86/2018 e fino al 30 giugno 2019.

Successivamente sono seguiti: D.L. 104/2019 (L. 132/2019); art. 16-ter, co. 7, D.L. 124/2019 (L. 157/2019); art. 1, co. 167, L. 160/2019; art. 3, comma 6, D.L. 1/2020 (L. 12/2020); art. 116, D.L. 18/2020 (L. 27/2020); art. 10, D.L. 22/2021 (L. 55/2021).

 

Il comma 6 reca gli stanziamenti a copertura degli interventi previsti dai commi precedenti. Gli oneri sono coperti mediante riduzione:

§  delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia;

§  del Fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico, di cui all'articolo 1, comma 96, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Si tratta peraltro, come ricordato nella relazione tecnica, di risorse ordinariamente iscritte nel bilancio del Ministero della Giustizia, U.d.V. 1.2 - Giustizia civile e penale – CDR “Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi” – Azione “Sviluppo degli strumenti

l’erogazione dei servizi di giustizia” – capitoli 1501 e 7203; dall’attuazione delle disposizioni dell’articolo 35 non derivano pertanto nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 7 riguarda il reclutamento di personale a tempo determinato da destinare all’ufficio del processo amministrativo, ed è volto a individuare soluzioni alternative per garantire il reclutamento delle 356 unità previste dal decreto-legge n. 80 del 2021 nell’ipotesi in cui i concorsi espletati in base a tale provvedimento d’urgenza non consentano di coprire tutti i posti messi a concorso.

 

L’art. 11 del decreto-legge n. 80 del 2021 ha previsto infatti che, al fine di assicurare la celere definizione dei processi pendenti alla data del 31 dicembre 2019, il Segretariato generale della giustizia amministrativa è autorizzato all’assunzione di un contingente massimo di 326 unità di addetti all’ufficio per il processo; nell’ambito del suddetto contingente 250 unità complessive sono destinate ai ruoli di funzionario amministrativo, funzionario informatico e funzionario statistico; le restanti 76 unità sono destinate al ruolo di assistente informatico. Si prevede inoltre l’articolazione delle assunzioni in due scaglioni, con contratto di lavoro a tempo determinato, non rinnovabile, della durata massima di due anni e sei mesi.

L’art. 12, comma 1, del medesimo decreto-legge ha previsto che le suddette unità di personale debbano essere distribuite esclusivamente presso le seguenti sedi: Consiglio di Stato, in ogni sezione giurisdizionale; TAR per il Lazio, sede di Roma; TAR per la Lombardia, sede di Milano; TAR per il Veneto; TAR per la Campania, sede di Napoli; TAR per la Campania, sezione staccata di Salerno; TAR per la Sicilia, sede di Palermo; TAR per la Sicilia, sezione staccata di Catania. Fanno eccezione 7 funzionari informatici e 3 funzionari statistici che sono assegnati, rispettivamente, al Servizio per l'informatica e al Segretariato generale della Giustizia amministrativa al fine di coadiuvare l'ufficio per il processo con riferimento agli aspetti informatici del progetto ricompreso nel PNRR e allo scopo di monitorare l'andamento della riduzione dell'arretrato.

 

Si ricorda che il PNRR [p. 499 e ss.] ha previsto l’impiego di 42,1 milioni di euro (Investimento M1-C1-I.3.2) per l'assunzione con contratti a tempo determinato della durata di 30 mesi di 250 funzionari e di 90 assistenti informatici. Le unità di personale saranno distribuite presso gli uffici giudiziari amministrativi che presentano il maggiore arretrato (Consiglio di Stato, TAR Lazio, TAR Lombardia, TAR Veneto, TAR Campania e TAR Sicilia).

 

In particolare, in base al comma 7, se non tutti i posti sono stati coperti, l’Amministrazione può reclutare le unità mancanti scegliendo una delle seguenti modalità:

 

§  mediante scorrimento delle graduatorie dei candidati risultati idonei, non vincitori, anche di altro profilo, tenuto conto dell'effettivo fabbisogno delle professionalità dei candidati idonei presenti nelle graduatorie;

 

Il 21 giugno 2021 il Segretario generale della Giustizia amministrativa ha approvato un bando per il reclutamento con contratto di lavoro a tempo pieno e determinato della durata di 30 mesi, non rinnovabile, mediante concorso pubblico, per titoli e prova scritta, di un primo scaglione di 168 unità di personale non dirigenziale. All’esito di questa procedura concorsuale il 26 ottobre scorso lo stesso Segretariato generale ha pubblicato l’elenco di vincitori e idonei. La seguente tabelle evidenzia, rispetto ai posti messi a concorso, tanto il quadro delle attuali scoperture quanto quello dei idonei in relazione ad altro profilo professionale:


 

 

Posti a concorso

Vincitori

Scoperture

Idonei

Funzionario amministrativo (Area III-F1)

 

 

 

34 posti c/o Consiglio di Stato-sez. giurisdizionali

34

0

47

40 posti c/o TAR Lazio-Roma

40

0

7

6 posti c/o TAR Lombardia-Milano

6

0

11

4 posti c/o TAR Veneto

4

0

3

9 posti c/o TAR Campania-Napoli

9

0

47

5 posti c/o TAR Campania-Salerno

5

0

3

10 posti c/o TAR Sicilia-Palermo

10

0

17

12 posti c/o TAR Sicilia-Catania

12

0

6

totale: 120 posti

120

0

141

Assistente informatico (Area II-F2)

 

 

 

8 posti c/o Consiglio di Stato-sez. giurisdizionali

6

2

0

9 posti c/o TAR Lazio-Roma

4

5

0

2 posti c/o TAR Lombardia-Milano

2

0

0

2 posti c/o TAR Veneto

0

2

0

5 posti c/o TAR Campania-Napoli

4

1

0

2 posti c/o TAR Campania-Salerno

2

0

0

5 posti c/o TAR Sicilia-Palermo

5

0

2

5 posti c/o TAR Sicilia-Catania

4

1

0

Totale: 38 posti

27

11

2

Funzionario informatico (Area III-F1)

 

 

 

7 posti c/o Consiglio di Stato-serv. Informatica

3

4

0

Funzionario statistico (Area III-F1)

 

 

 

3 posti c/o Consiglio di Stato-Segretariato

1

2

0

 

§  mediante una nuova procedura concorsuale, basata sulla sola prova scritta, alla quale potranno partecipare «i candidati che abbiano presentato domanda per la procedura indetta dal Segretario generale della Giustizia amministrativa in data 21 giugno 2021, ma che non siano stati ammessi a partecipare alla prova scritta del corrispondente profilo perché non rientranti nella percentuale prevista dall'articolo 8 del bando».

 

L’art. 8 del bando del 21 giugno definiva la procedura concorsuale prevedendo che «La valutazione dei titoli è espressa in trentesimi. I candidati che riportano un punteggio minimo pari a 21/30, sono ammessi alla prova scritta in ordine di punteggio, fino al raggiungimento del numero pari a cinque volte i posti messi a concorso per ciascun profilo. Laddove il numero di candidati con punteggio minimo di 21/30 sia inferiore a cinque volte il numero dei posti messi a concorso per ciascun profilo, sarà ammesso alla prova scritta, nel rispetto dell’ordine della valutazione conseguita, un numero di candidati fino al raggiungimento del numero pari a cinque volte i posti messi a concorso per ciascun profilo. Sono comunque ammessi i candidati che hanno conseguito un punteggio uguale a quello dell’ultimo degli ammessi».

 

La disposizione, dunque, consente al Segretariato della giustizia amministrativa di valutare se sia possibile attingere dalla lista degli idonei (quasi integralmente relativi alla professionalità di funzionario amministrativo) ovvero se non occorra una nuova procedura concorsuale aperta ai soli esclusi dalla prova scritta dei concorsi banditi a giugno. A tale nuova procedura potranno essere ammessi un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso. In entrambi i casi il Segretariato dovrà provvedere “a parità di spesa” e dunque con le risorse già stanziate dal decreto-legge n. 80 del 2021.

 


 

Articolo 36
(Potenziamento dell’Unità per la semplificazione)

 

 

L’articolo 36 detta alcune disposizioni per il potenziamento dell’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione, già incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che viene contestualmente ridenominata Unità per la semplificazione.

 

In via preliminare è utile ricordare che l’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione è stata istituita ai sensi dell’art. 1, comma 22-bis del D.L. n. 181/2006 presso la Presidenza del Consiglio, per fornire in primo luogo supporto generale al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e al Comitato interministeriale di indirizzo delle politiche di semplificazione.

L’Unità è presieduta dal Ministro ed attualmente disciplinata, oltre che dalla citata disposizione di legge, dal d.P.C.m. del 12 giugno 2013. Più specificamente, tra i compiti affidati alla struttura, vi sono quelli relativi alla promozione e al coordinamento delle attività di semplificazione dell’ordinamento giuridico, alla abrogazione di norme desuete o disapplicate, al riassetto della normativa vigente mediante la redazione di codici e testi unici. Inoltre, l’Unità collabora con le amministrazioni statali per il raggiungimento degli obiettivi di semplificazione e qualità della regolazione, partecipa alle iniziative e ai programmi di semplificazione avviati dall'Unione Europea, dall'Ocse e da altri organismi internazionali.

La relazione illustrativa al provvedimento in esame precisa che le disposizioni in oggetto si rendono necessarie per assicurare la continuità dell'Unità in relazione alla complessità e gravosità dei compiti che gravano sulla stessa, connesso all'assolvimento delle funzioni istituzionali proprie, incrementate dal pluriennale impegno richiesto dall'attuazione degli obiettivi connessi al PNRR.

 

In proposito, si ricorda che nella prima parte dell'attuale legislatura, il Governo Conte I ha presentato un disegno di legge recante deleghe al Governo in materia di semplificazione e di codificazione (A.C. 1812) il cui esame è stato avviato in sede referente presso la Commissione Affari costituzionali. In tale provvedimento era contenuta (articolo 2) una delega per il riordino dell’Unità per la semplificazione, con particolare riguardo ai compiti attribuiti all’Unità.

 

In dettaglio, la lettera a), sostituendo il secondo periodo del citato comma 22-bis, ridenomina l’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione come sola Unità per la semplificazione. Conseguentemente, la lettera b) sopprime nel testo della disposizione, ovunque ricorrano, le parole “e la qualità della regolazione”.

La nuova denominazione sembrerebbe porsi in relazione alla recente istituzione, nell’ambito delle strutture di governance del PNRR, dell’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione, incardinata presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio (art. 5, D.L. n. 77 del 2021).

 

Tra le funzioni affidate all’Unità per la regolazione rientrano infatti:

§  l’individuazione degli ostacoli all’attuazione del PNRR derivanti da disposizioni normative e dalle relative misure attuative proponendo possibili rimedi, sulla base delle segnalazioni dalla Cabina di regia;

§  l’elaborazione di proposte per superare le disfunzioni derivanti dalla normativa vigente e dalle relative misure attuative, utilizzando anche le verifiche d’impatto della regolamentazione;

§  l’elaborazione di un programma di azioni prioritarie ai fini della razionalizzazione e revisione normativa;

§  la promozione e il potenziamento delle iniziative di sperimentazione normativa, anche tramite relazioni istituzionali con analoghe strutture istituite in Paesi stranieri, europei ed extraeuropei, tenendo in adeguata considerazione le migliori pratiche di razionalizzazione e sperimentazione normativa a livello internazionale;

§  la ricezione e la valutazione delle ipotesi e proposte di razionalizzazione e sperimentazione normativa formulate da soggetti pubblici e privati.

 

Contestualmente il D.L. 77 del 2021 (art. 5, co. 5) reca disposizioni relative al funzionamento dell’Ufficio per la semplificazione del Dipartimento della funzione pubblica, chiamato ad operare in raccordo con la neoistituita Unità per la regolazione, per promuovere e coordinare: attività di rafforzamento della capacità amministrativa nella gestione di procedure complesse rilevanti ai fini del PNRR; interventi di semplificazione e “reingegnerizzazione” delle procedure e della predisposizione del catalogo dei procedimenti semplificati e standardizzati previsti nel PNRR; nonché promuovere interventi normativi e tecnologici di semplificazione anche attraverso un’agenda per la semplificazione condivisa con le regioni e gli enti locali, pianificare e verificare su base annuale gli interventi di semplificazione.

 

Al contempo, la lettera a) espunge dal secondo periodo il riferimento alla segreteria tecnica dell’Unità, istituita anch’essa dall’art. 1, comma 22-bis e che costituiva struttura di missione ai sensi dell'art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 303/1999. Si tratta di un intervento di ‘manutenzione normativa’, che adegua il testo della legge alla già avvenuta soppressione della segreteria tecnica ad opera della lettera a) del comma 3 dell’art. 7, del D.L. n. 95 del 2012, nell’ambito delle misure di riduzione della spesa pubblica delle amministrazioni statali (c.d. spending review).

La citata disposizione del DL 95/2012, oltre a disporre la soppressione della struttura di missione, prevedeva la riorganizzazione dell’Unità con un contingente di personale con funzione di supporto tecnico e amministrativo, effettuata poi con dPCm 9 agosto 2012, successivamente modificato con dPCm 21 dicembre 2012 ed infine sostituito con il citato dPCm 12 giugno 2013.

La Segreteria Tecnica, oggetto del citato intervento soppressivo, era stata istituita con D.P.C.M. del 26 luglio 2011, per fornire supporto tecnico amministrativo alla suddetta Unità e al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Avrebbe dovuto operare sino alla scadenza del mandato del Governo in carica pro tempore (cfr. art. 1, comma 3, D.P.C.M. 15 dicembre 2011). In particolare, alla struttura era assegnato il compito di provvedere agli adempimenti giuridici e amministrativi e gestionali, nonché allo studio e all'istruttoria degli atti concernenti l'esercizio delle funzioni delegate al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

Ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 15 dicembre 2011, alla Segreteria Tecnica era assegnato, ex art. 9, commi 5-ter e 5-quater del D.Lgs. n. 303/1999, un contingente di 20 unità di personale individuate tra il personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri o di altre pubbliche amministrazioni, posto in posizione di comando, fuori ruolo o altro istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, oltre alla possibilità di avvalersi di non più di 8 esperti di provata competenza, cui conferire incarico ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 303/1999.

 

La lettera c), modificando il settimo periodo del citato comma 22-bis, riferisce agli esperti e componenti dell’Unità (invece che ai componenti della soppressa Segreteria tecnica) la disposizione in base alla quale, se appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni, possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti.

 

Si ricorda in proposito che il D.L. n. 181 del 2006 stabilisce che dell’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione faccia parte il Capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e che i componenti siano scelti tra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all'albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. L’articolo 2, comma 2, del citato dPCm 12 giugno 2013 precisa che i componenti sono in numero non superiore a quindici, individuati con separato decreto del Ministro.

L’Unità è coordinata dal Capo di Gabinetto del Ministro per la pubblica amministrazione, in raccordo con il Capo dell’Ufficio legislativo e il Capo del Dipartimento della funzione pubblica.

La lettera d) aggiunge, dopo il settimo periodo del comma 22-bis, alcune disposizioni relative alla dotazione organica dell’Unità che attualmente viene definita dal d.P.C.m. 12 giugno 2013 (art. 2, co. 4).

La disposizione in esame, che di fatto ‘legifica’ l’organico dell’Unità con alcune modificazioni rispetto al d.P.C.m. 12 giugno 2013, prevede la seguente articolazione della struttura:

§  un dirigente di prima fascia, con funzioni di coordinatore, individuato tra figure, anche estranee alla pubblica amministrazione, di comprovata esperienza nel settore della legislazione della semplificazione normativa. Tale incarico non è previsto nell’attuale organico dell’Unità, mentre sono quattro i dirigenti di seconda fascia (v. immediatamente infra);

§  tre dirigenti di seconda fascia, scelti anche tra estranei alla pubblica amministrazione. In base alla regolamentazione del d.P.C.m, i dirigenti non generali sono invece quattro, di cui almeno uno appartenente ai ruoli delle pubbliche amministrazioni;

§  sette unità di personale non dirigenziale, da scegliere tra appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni e, in numero non superiore a tre, tra estranei alla PA. La parte innovativa riguarda in tal caso la possibilità di scegliere tra soggetti esterni, perché il d.P.C.m. prevede attualmente che cinque unità siano scelte tra personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri o del comparto Ministeri e le restanti due unità di tra appartenenti ai ruoli di altre pubbliche amministrazioni.

 

Dell’Unità fanno parte inoltre, come già previsto nell’attuale assetto:

§  non più di cinque esperti di provata esperienza;

§  i quindici componenti dell’Unità scelti tra esperti nei settori di interesse per l’attuazione delle funzioni delegate del Ministro per la pubblica amministrazione.

 

Come anticipato, attualmente, l’articolo 2, comma 4, del dPCm 12 giugno 2013 stabilisce che in funzione di supporto tecnico e amministrativo, l’Unità è integrata da un contingente di personale composto da:

§  tre dirigenti con incarico di livello dirigenziale non generale assegnati alla struttura ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165;

§  un dirigente con incarico di livello dirigenziale non generale assegnato alla struttura ai sensi dell’art. 19, comma 5-bis, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165;

§  sette unità di personale non dirigenziale; nell’ambito delle suddette sette unità, non più di cinque unità di personale possono essere scelte tra personale non dirigenziale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri o del comparto Ministeri, le restanti due unità di personale non dirigenziale possono essere scelte tra appartenenti ai ruoli di altre pubbliche amministrazioni.

L’Unità è inoltre coadiuvata da non più di ulteriori cinque esperti di provata competenza.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni sulla dotazione organica, stimati in euro 22.732 per l’anno 2021 e euro 136.388 annui a decorrere dal 2022.

 

Nella relazione tecnica si specifica che i maggiori oneri derivanti dall’intervento, tenuto conto dell’attuale assetto di cui al richiamato DPCM sono relativi alla differenza di trattamento economico derivante dall’incremento di un dirigente di prima fascia con funzioni di coordinatore - pari a euro 312.651 lordi annui e dal decremento di un dirigente di seconda fascia - il cui trattamento economico risulta pari a euro 176.263 lordi annui.

 

A tali maggiori oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia ai sensi dell’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 


 

Articolo 37
(Integrazione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard)

 

 

L’articolo 37 integra la composizione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (da 11 a 12 membri), al fine di comprendervi un delegato del Ministero per il Sud e la coesione territoriale, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

 

La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) è stata istituita con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (come previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, n. 42 del 2009). La CTFS approva, inoltre, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione delle capacità fiscali, definite dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 57-quinquies del D.L. n. 124 del 2019).

La Commissione è formata da undici componenti, di cui uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre designati dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dal Ministro dell'interno, uno designato dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, uno designato dall'Istituto nazionale di statistica, tre designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di cui uno in rappresentanza delle aree vaste, e uno designato dalle regioni.

La CTFS è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e si avvale delle strutture e dell'organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti della Commissione non è corrisposto alcun compenso, né indennità, né rimborso di spese (art. 1, comma 30, della legge n. 208 del 2015).

La Commissione tecnica per i fabbisogni standard in carica è stata nominata con D.P.C.M. 4 aprile 2019. Le metodologie predisposte ai fini dell'individuazione dei fabbisogni possono essere sottoposte alla CTFS anche separatamente dalle elaborazioni relative ai fabbisogni standard. Conseguentemente la nota metodologica ed il fabbisogno standard per ciascun ente possono essere adottati con D.P.C.M., anche distintamente tra loro. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, e non più per la sola adozione dei fabbisogni standard.

La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, modificando altresì gli organi che intervengono nella procedura medesima, con l'istituzione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF).

 

Merita ricordare che la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), nell’incrementare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali e il numero di posti disponibili negli asili nido, con particolare attenzione ai comuni nei quali i predetti servizi denotano maggiori carenze, ha integrato i criteri e le modalità di riparto delle quote incrementali del FSC per servizi sociali e asili nido. Per garantire che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi la legge ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio (art. 1, commi 791-794, legge n. 178/2020). Per la prima volta dall’introduzione dei fabbisogni standard è stato superato il vincolo della spesa storica complessiva della funzione Sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio, e compiendo, in questo modo, un passo in avanti nel percorso di avvicinamento ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP).

I contributi aggiuntivi per gli asili nido (100 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023, 200 milioni di euro per l’anno 2024, 250 milioni di euro per l’anno 2025 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026) sono finalizzati ad incrementare l’ammontare dei posti disponili negli asili nido, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno, in proporzione alla popolazione con età compresa tra 0 e 2 anni nei comuni nei quali il predetto rapporto è inferiore ai LEP.

Fino alla definizione dei LEP, o in assenza degli stessi, il livello di riferimento del rapporto è dato dalla media relativa alla fascia demografica del comune, individuata dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (art. 1, comma 792, legge n. 178/2020)).


 

Articolo 38
(Proroga della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso operanti presso
l’Agenzia italiana del farmaco)

 

 

L’articolo 38 dispone la proroga, entro il termine massimo del 28 febbraio 2022, in attesa della riorganizzazione dell’AIFA diretta all’attuazione degli investimenti previsti dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, dei componenti del CTS (Commissione consultiva tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci) e del Comitato prezzi e rimborso (CPR), già scaduti il 4 novembre 2021.

 

L’articolo dispone che, nelle more della riorganizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) finalizzata anche a promuovere gli investimenti in ricerca e sviluppo di carattere pubblico sui farmaci in attuazione della missione n. 6 del PNRR[51], e comunque fino al 28 febbraio 2022, restano in carica i componenti della Commissione consultiva tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci (CTS) e del Comitato prezzi e rimborso (CPR), di cui all’articolo 19 del decreto del Ministro della salute 20 settembre 2004, n. 245, recante il Regolamento organizzativo e sul funzionamento dell’AIFA di seguito esaminato per le parti qui d’interesse. Gli attuali componenti sono stati nominati con decreto del Ministero della salute del 20 settembre 2018 (qui il testo con le composizioni nominative dei componenti di detti organi consultivi).

 

In base alla relazione illustrativa del disegno di legge, l’intervento normativo è pertanto volto a garantire, senza soluzione di continuità, il funzionamento della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso, vista “l’urgenza e l’indifferibilità dell’intervento normativo” date dalla rilevanza che tali organi attualmente rivestono ai fini dell’operato dell’AIFA nella fase di istruttoria per l’autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali, ivi compresi tutti i vaccini, anche quelli per contrastare l’epidemia in corso.

Pertanto, nelle more della riforma delle Commissioni, si ritiene necessario garantire la funzioni di alta consulenza tecnico scientifica che le stesse assicurano ai fini dell’espletamento delle funzioni istituzionali dell’AIFA.

 

Il riferimento all’attuazione della Missione 6 del PNRR appare legato alla Componente 1, Investimento 3 relativo al “Rafforzamento dell'infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione” in relazione al Fascicolo sanitario elettronico e al sistema di sorveglianza e vigilanza sanitaria, oltre alla Componente 2, Investimento 1 relativo alla “Valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del SSN”, che ha l’obiettivo di potenziare il sistema della ricerca biomedica in Italia, rafforzando la capacità di risposta dei centri di eccellenza presenti in Italia nel settore delle patologie rare e favorendo il trasferimento tecnologico tra ricerca e imprese.

 

In base all’articolo 19 del DM Salute 20 settembre 2004[52], la Commissione consultiva tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci (CTS) e il Comitato prezzi e rimborso (CPR) sono due organi consultivi che operano nell’ambito dell’Agenzia del farmaco AIFA. Ai sensi del comma 5, art. 19, i loro componenti sono nominati con decreto del Ministero della salute (v. ante DM 20 settembre 2018).

§  la Commissione svolge le funzioni già attribuite alla Commissione unica del farmaco e, in particolare, i compiti definiti dal DL. 269/2003 (L. n. 326/2003, art. 48), al comma 5, lett. d)[53], e)[54] ed l)[55] e le attività di consulenza tecnico-scientifica su richiesta del Direttore generale o del Consiglio di amministrazione. Essa adotta le proprie determinazioni con autonomia sul piano tecnico scientifico e sanitario, anche sulla base dell'attività istruttoria svolta dal Comitato prezzi e rimborso ed è nominata con decreto del Ministro della salute (qui il testo del decreto di nomina del 2018);

§  il Comitato prezzi e rimborso svolge funzioni di supporto tecnico-consultivo all'Agenzia ai fini della negoziazione con concordato preventivo prevista dall'articolo 48, comma 33, della citata legge di riferimento del 2003 (qui il testo). Anche tali componenti devono essere scelti tra persone di comprovata professionalità ed esperienza nei settori della metodologia di determinazione del prezzo dei farmaci, della economia sanitaria e di farmacoeconomia.

 

Per entrambi gli organi, da ultimo il DM Salute del 2018 di nomina prevede che i relativi componenti durano in carica 3 anni e sono rinnovabili consecutivamente una sola volta (art. 3). Ciascun organo è composto da 10 membri, di cui fanno parte, per ciascuno, il Direttore dell’AIFA ed il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).


 

Articolo 39
(Inviato speciale per il cambiamento climatico)

 

 

L’articolo 39, novella parzialmente l’articolo 17-novies del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, limitando la possibilità di conferire l’incarico di Inviato speciale per il cambiamento climatico esclusivamente ai dipendenti di amministrazioni pubbliche di livello dirigenziale.

 

La figura dell’Inviato speciale per il cambiamento climatico, istituita dall’articolo 17-novies del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, è stata introdotta, nell’ambito delle azioni per la transizione ecologica, con l’obiettivo di garantire una più efficace partecipazione italiana agli eventi e ai negoziati internazionali sui temi ambientali.

L’Inviato è nominato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministro della transizione ecologica; è prevista la sua decadenza dall’incarico, ove non confermato, entro trenta giorni dal giuramento dei nuovi Ministri, secondo quanto previsto per il personale di diretta collaborazione ai sensi dell’articolo 14, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Il supporto tecnico e organizzativo all’inviato speciale è assicurato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministero della transizione ecologica nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Ai sensi del comma 1, lett. a) dell’articolo in esame, che novella il comma 3 del richiamato art. 17-novies, l’Inviato speciale è individuato nell’ambito del personale di livello dirigenziale dipendente di amministrazioni pubbliche. È esclusa la corresponsione di emolumenti o compensi, comunque denominati, aggiuntivi oltre a quelli già in godimento, ferma restando la corresponsione del trattamento economico di missione.

La formulazione originaria del comma 3 prevedeva la possibilità di individuare la figura dell’Inviato anche fra estranei alla Pubblica Amministrazione, stabilendo un compenso, articolato in una parte fissa, non superiore a 50 mila euro, annui ed in una parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, anch’essa non superiore a 50 mila euro annui, secondo quanto previsto dall’articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il medesimo comma disponeva altresì per i dipendenti dei ruoli della Pubblica Amministrazione la collocazione presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale fuori ruolo o in posizione di comando, aspettativa o altra analoga posizione, secondo l’ordinamento di appartenenza, prevedendo il mantenimento, se più favorevole, del trattamento economico in godimento, che resta a carico dell’amministrazione di appartenenza.

Il comma 4, primo comma, come riformulato dalla modifica in esame, autorizza una spesa di euro 111.620 per l'anno 2021, euro 211.620 per l'anno 2022 ed euro 111.620 per l'anno 2023

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, la novellata disposizione comporta minori oneri per la finanza pubblica pari a euro 138.380 per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

 

 


 

Articolo 40
(Disposizioni relative al sistema del servizio civile universale)

 

 

L’articolo 40 semplifica il procedimento di programmazione del sistema del servizio civile universale, eliminando - tra piano triennale ed attuativi programmi d'intervento - il momento 'intermedio' dei piani annuali, la cui previsione è ora soppressa.

Prevede inoltre che i singoli programmi d'intervento siano approvati in forma 'semplificata' ossia con decreto dipartimentale sulla base delle risorse disponibili indicate nel documento di programmazione finanziaria.

 

L'articolo 40 reca un duplice ordine di previsioni, incidenti l'uno sulla programmazione del sistema civile universale, l'altro sull'approvazione dei programmi d'intervento correlata alle disponibilità finanziarie.

 

Per il primo riguardo: si dispone che la programmazione del sistema civile universale si realizzi esclusivamente attraverso il piano triennale, senza che sia più necessario la modulazione di questo in piani annuali.

La previsione dei piani annuali è infatti soppressa.

Si prevede peraltro che il piano triennale possa ricevere un aggiornamento annuale, onde mantenere la possibilità di adeguamenti - senza tuttavia l'obbligatorietà della cadenza annuale.

Siffatte previsioni sono introdotte mediante la novellazione di un novero di disposizioni poste dal decreto legislativo n. 40 del 2017, recante istituzione e disciplina del servizio civile universale.

 

Per il secondo riguardo: si prevede che i programmi d'intervento attuativi del piano triennale - i quali permangono presentati da soggetti iscritti all'albo degli enti di servizio civile universale, previa pubblicazione di un avviso pubblico, e sono valutati ed approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, con il coinvolgimento delle regioni interessate, come prevede l'articolo 5, comma 5 del decreto legislativo n. 40 - siano individuati ogni anno con decreto dipartimentale sulla base delle risorse disponibili indicate nel documento di programmazione finanziaria (di cui all'articolo 24 del medesimo decreto legislativo n. 40).

La disposizione previgente rispetto alla novella invece menzionava esclusivamente l'approvazione nei limiti della programmazione finanziaria (annuale), senza fare riferimento all'atto specifico di approvazione dei programmi d'intervento.

Si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione che la scansione triennale della programmazione - non più, all'interno di essa, annuale (fatti salvi gli eventuali aggiornamenti che si rendano necessari) - potrebbe suggerire la previsione - rimessa a modifica della normativa secondaria o in via amministrativa - di un avviso per la presentazione di programmi di intervento, pubblicato con cadenza anch'essa triennale.

"Conseguentemente, in luogo dell'attuale avviso annuale di cui all'articolo 5, comma 5 del decreto legislativo n. 40 del 2017 - per il quale sono previsti dal d.P.C.m. del 16 luglio 2010, n. 142, termini di conclusione del procedimento pari a 180 giorni per ogni anno - si potrebbe prevedere ogni triennio la pubblicazione di un solo avviso", donde "una razionalizzazione della onerosa attività amministrativa di selezione dei programmi/progetti che impegna il Dipartimento [per le politiche giovanili e il servizio civile universale] per circa 6 mesi all’anno".

"Inoltre, la previsione di un avviso triennale sarebbe coerente con gli obiettivi e i termini assunti nella programmazione, anch'essa triennale, del servizio civile universale (articolo 4 del decreto legislativo n. 40 del 2017): in tal modo l’orizzonte temporale triennale diventerebbe il parametro sia della programmazione che della realizzazione degli interventi".

Peraltro tale profilo suggerito dalla relazione illustrativa rinvia a successivi passaggi normativi sub-primari. Per renderli tuttavia possibili, una novella recata dal presente articolo del decreto-legge, modificativa del comma 5 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 40 del 2017, in parte 'affranca' l'approvazione dei programmi di intervento dai "limiti della programmazione finanziaria" annuale prevista dall'articolo 24 del medesimo decreto legislativo, sostituendovi la previsione che i programmi di intervento siano individuati (ogni anno con decreto dipartimentale) "sulla base delle risorse disponibili indicate nel documento di programmazione finanziaria" (di cui al citato articolo 24).

 

La legge-delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e del servizio civile (legge n. 106 del 2016) ha previsto l'istituzione del servizio civile "universale", finalizzato alla "difesa non armata e nonviolenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica".

Ha fatto seguito il decreto-legislativo n. 40 del 2017, a sua volta rivisitato dal decreto legislativo n. 43 del 2018.

Conseguentemente i settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero.

È la Presidenza del Consiglio l'amministrazione competente a svolgere le funzioni attribuite allo Stato, che riguardano la programmazione, l'organizzazione e l'attuazione del servizio civile universale, a valere sulle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato (nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie), a tal fine elaborando ogni anno (previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni) un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti.

La medesima Presidenza del Consiglio presieda all'accreditamento degli enti e alle attività di controllo. È infatti istituito un Albo degli enti di servizio civile universale, con disciplina dei livelli minimi di capacità organizzativa per la relativa iscrizione. Sono altresì disciplinati il ruolo ed i compiti assegnati agli operatori volontari del servizio civile nazionale, che sono i giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale a seguito di bandi pubblici di selezione e che svolgono le attività previste nell'ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto. Vi è al contempo una Rappresentanza nazionale degli operatori volontari.

Regioni, enti locali, altri enti pubblici territoriali, enti di Terzo settore possono attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati all'Albo, previa approvazione della Presidenza del Consiglio.

Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta ogni anno al Parlamento, entro il 30 giugno, una relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile universale.

Le risorse stanziate per il Servizio civile nazionale sono allocate sul capitolo 2185 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) prevede somme pari a 299,3 milioni per il 2021, 306,6 milioni per il 2022, 106,6 milioni per il 2023. Tali stanziamenti sono stati confermati in sede di assestamento del bilancio (legge n. 143 del 2021).

 

 


 

TITOLO III – GESTIONI COMMISSARIALI, IMPRESE AGRICOLE E SPORT

Capo I – Gestioni commissariali e Alitalia

Articolo 41
(Comprensorio Bagnoli- Coroglio)

 

 

L’articolo 41 modifica in più punti l’art. 33 del D.L. 133/2014 che disciplina la nomina e le funzioni del Commissario straordinario per la bonifica ambientale e rigenerazione urbana dell’area di rilevante interesse nazionale Bagnoli-Coroglio. Il nuovo Commissario straordinario di Governo, individuato nel Sindaco di Napoli, dispone di un incarico fino al 31 dicembre 2025, con l’attribuzione di una struttura di supporto, di una contabilità speciale e di poteri sostitutivi. Si prevede, tra l'altro, la possibilità per il Commissario di avvalersi, in relazione a specifici interventi, anche di altri soggetti attuatori (rispetto ad Invitalia). Il soggetto attuatore è tenuto, in particolare, a redigere e trasmettere al Commissario, entro il 31 dicembre di ciascun anno, un cronoprogramma relativo alle attività svolte.

 

 

L'art. 33 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto Sblocca Italia) ha introdotto disposizioni generali tese a disciplinare la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana di aree di rilevante interesse nazionale e di quelle comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio. Tale disposizione – come sottolineato nella sentenza 126/2018 della Corte costituzionale – ha richiamato “esplicitamente la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché quella relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Pertanto, sono state attribuite in capo allo Stato, al fine di assicurarne l'esercizio unitario, le funzioni amministrative relative al procedimento previsto dal medesimo art. 33, in attuazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, disciplinando vari meccanismi di partecipazione degli enti territoriali interessati”.

In particolare, le disposizioni previste dall’art. 33 sono finalizzate: alla disciplina del procedimento di bonifica, al trasferimento delle aree, nonché al procedimento di formazione, approvazione e attuazione del programma di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana, finalizzato al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana.

Per tali scopi, si è prevista la nomina di un Commissario straordinario del Governo e di un Soggetto attuatore (commi 4, 5 e 6), entrambi da designarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Con il D.P.C.M. 15 ottobre 2015, che ha disciplinato le procedure per gli interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana dell'area di Bagnoli – Coroglio, definendo tra l’altro la composizione della Cabina di regia (vedi infra), avente il compito di definire gli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e di assicurare il coordinamento con ulteriori iniziative di valorizzazione del previsto comprensorio Bagnoli-Coroglio, è stata  nominata l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti S.p.A. (INVITALIA) quale Soggetto Attuatore del programma di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana e con il D.P.C.M. 3 ottobre 2018 è stato nominato Commissario straordinario l’ing. Francesco Floro Flores[56].

A tali soggetti è stato attribuito il compito di procedere alla formazione, approvazione e attuazione di un programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana, anche in deroga agli artt. 252 e 252-bis del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente). Tali atti sono finalizzati, in particolare, alla realizzazione della messa in sicurezza, bonifica e riqualificazione urbana dell'area, prevedendo altresì misure tese alla localizzazione di opere infrastrutturali connesse a tale obiettivo.

Ai sensi dei commi 8, 9 e 10, la proposta di programma, elaborata dal Soggetto attuatore e trasmessa al Commissario straordinario, è sottoposta ad un'apposita Conferenza dei servizi, al fine di ottenere tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti. Se la Conferenza dei servizi non raggiunge un accordo entro trenta giorni dall'indizione, provvede il Consiglio dei ministri, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge. Alla relativa seduta partecipa in ogni caso il Presidente della Regione interessata. Il programma è poi adottato dal Commissario straordinario e approvato con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri. L'approvazione sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, costituendo altresì variante urbanistica automatica, e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori.

Le relative aree sono state esplicitamente dichiarate per legge di rilevante interesse nazionale (comma 11). Inoltre, ai fini della redazione del programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana, si è prevista l'acquisizione in fase consultiva delle proposte del Comune di Napoli da parte del Soggetto attuatore. Proposte che il Comune di Napoli può chiedere di rivalutare, ove non accolte, in sede di conferenza dei servizi (comma 13-ter). Per la definizione degli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma, è stata anche prevista l'istituzione di una "cabina di regia", composta da rappresentati dello Stato, del Comune di Napoli e della Regione Campania (comma 13). Ai sensi del comma 12, al Soggetto attuatore sono stati trasferiti gli immobili e le aree già di proprietà di Bagnoli futura S.p.A., in stato di fallimento, a cui è riconosciuto un indennizzo.

Per una disamina dei principali interventi normativi adottati nella scorsa legislatura per il comprensorio Bagnoli – Coroglio si rinvia al seguente link.

Il totale del fabbisogno stimato per valorizzare il territorio e sviluppare la competitività internazionale dell’area di Bagnoli risulta pari a 1.810 milioni.

Le risorse pubbliche stanziate ammontano a 494 milioni di euro (per un quadro dettagliato, vedi il paragrafo 8 del Programma di risanamento ambientale, pag. 254 e ss.).

In tale ambito, rileva altresì la deliberazione della Corte dei Conti n. 13/2020 sui finanziamenti del periodo 2015-2018 per Bagnoli-Coroglio.

 

Poteri sostitutivi del Commissario

La lettera b) del comma 1 modifica l’articolo 33 del D.L. 133/2014, inserendovi il comma 10-bis, al fine di disciplinare l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Commissario straordinario per la bonifica  ambientale e la rigenerazione urbana del sito Bagnoli-Coroglio.

Nello specifico, la norma in esame consente al Commissario straordinario, di proporre al Presidente del Consiglio dei ministri le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi, qualora nelle fasi di istruttoria riferite all’elaborazione della proposta di programma, ovvero di attuazione dello stesso, emergano dissensi, dinieghi, opposizioni o altro atto equivalente provenienti da un organo di un ente territoriale interessato che, secondo la legislazione vigente, sia idoneo a precludere, in tutto o in parte, il procedimento e non sia previsto un meccanismo di superamento del dissenso.

In merito, è prevista l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni contenute nell’articolo 12 del D.L. 77/2021, con cui è stato disciplinato l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato, in caso di inadempienza di un soggetto attuatore di progetti o interventi del PNRR, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR.

In sintesi, il comma 1 dell’art. 12 del D.L. 77/2021 disciplina la procedura di attivazione del potere sostitutivo nei confronti di regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, città metropolitane, province e comuni qualora, operando come soggetti attuatori, risultino inadempienti. Il comma 2 prevede la possibilità che, fermo restando l’esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro per gli affari regionali promuova iniziative di impulso e coordinamento degli enti territoriali nelle sedi istituzionali del confronto tra Governo, regioni ed enti locali. Il comma 3 disciplina l’esercizio del potere sostitutivo nel caso in cui il soggetto inadempiente non sia un ente territoriale. Il comma 4 prevede che il Consiglio dei ministri eserciti i poteri sostitutivi in tutti i casi in cui si verifichino situazioni o eventi che ostacolino la realizzazione dei progetti del PNRR e che non risultino rapidamente superabili. Il comma 5 disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del soggetto cui sono stati conferiti, con particolare riguardo all’adozione degli atti mediante ordinanza motivata comunicata all’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione di cui all’art. 5. Il comma 6, infine, stabilisce l’estraneità della Presidenza del Consiglio e delle amministrazioni centrali titolari di interventi del PNRR ad ogni rapporto contrattuale e obbligatorio discendente dall'adozione di atti, provvedimenti e comportamenti da parte dei soggetti nominati per l'esercizio dei poteri sostitutivi. Si prevede che di tutte le obbligazioni nei confronti dei terzi rispondano, con le risorse del piano o con risorse proprie, esclusivamente i soggetti attuatori sostituiti. Gli eventuali oneri derivanti dalla nomina di Commissari sono inoltre posti a carico de soggetti attuatori inadempienti sostituiti. Per ulteriori approfondimenti, si rinvia alla scheda sull’art. 12 presente nel relativo dossier.

 

La lettera b) conferma, altresì, l’applicazione delle previsioni del comma 9 dell’art. 33 del D.L. 133/2014 relative alle modalità di approvazione del programma.

Ai sensi del comma 9 del citato art. 33, il Commissario straordinario di Governo, ricevuta la proposta di risanamento ambientale e rigenerazione urbana, convoca una conferenza di servizi che esamina il progetto di bonifica, il cronoprogramma di svolgimento dei lavori di bonifica del sito, la valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale. In caso di mancato accordo in sede di conferenza il Consiglio dei Ministri è autorizzato a deliberare l’adozione del suddetto programma, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge.

 

Con la lettera a) si interviene sul comma 6, al fine di sostituire il riferimento al “decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163” (ex Codice dei contratti pubblici) con quello al “decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” (nuovo Codice dei contratti pubblici).

 

Nomina del Commissario straordinario per il comprensorio Bagnoli – Coroglio e disciplina della struttura di supporto commissariale

La lettera c) inserisce il nuovo comma 11-bis nell’art. 33, al fine di individuare nel Sindaco pro tempore di Napoli, a titolo gratuito, il Commissario straordinario del comprensorio Bagnoli – Coroglio, fino al 31 dicembre 2025.

La nomina disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro venti giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, definirà altresì la struttura di supporto commissariale ed il relativo contingente di personale.

Nello specifico, la struttura commissariale è composta da un contingente massimo di personale di dieci unità di livello non dirigenziale e due unità di livello dirigenziale non generale, appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche, in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità richiesti dal Commissario straordinario per l'espletamento delle proprie funzioni, con esclusione del personale docente, educativo e amministrativo e tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche.

In relazione alle modalità di reperimento e alla retribuzione del personale non dirigenziale, è prevista l’applicazione dell’art. 11-ter del D.L. 44/2021.

L’articolo 11-ter del D.L. 44/2021 reca disposizioni finalizzate al risanamento e alla riqualificazione urbana e ambientale delle aree ove insistono le baraccopoli della città di Messina, nonché ad assicurare gli investimenti necessari per il ricollocamento abitativo delle persone ivi residenti. Per tali finalità è prevista la nomina a Commissario straordinario del Prefetto di Messina, di cui vengono disciplinati la durata, le funzioni, le prerogative e i poteri derogatori, nonché la struttura di supporto. In particolare, in base al comma 3 dell’art. 11-ter del D.L. 44/2021 si stabilisce che il personale della struttura di supporto è posto, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima. Al personale della struttura è riconosciuto il trattamento economico accessorio, ivi compresa l'indennità di amministrazione, del personale non dirigenziale del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

La lettera c) stabilisce l’indisponibilità, per tutta la durata del collocamento fuori ruolo, di un numero equivalente di posti nella dotazione organica dell’amministrazione di provenienza.

Al personale di livello dirigenziale è riconosciuta la retribuzione di posizione in misura equivalente ai valori economici massimi attribuiti ai titolari di incarichi dirigenziali di livello non generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché un'indennità sostitutiva della retribuzione di risultato, determinata con provvedimento del Commissario straordinario, di importo non superiore al 50 per cento della retribuzione di posizione. Inoltre, tale personale dirigenziale è posto in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, e conserva lo stato giuridico e il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima, mentre il trattamento accessorio è a carico esclusivo della struttura commissariale.

È previsto che la struttura di supporto commissariale cessi alla scadenza dell’incarico del Commissario.

 

Contabilità speciale del Commissario straordinario

La lettera c) prevede altresì che il Commissario e il soggetto attuatore, oltre a quanto previsto dal comma 4 dell’art. 33 (vedi infra), operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

In base al comma 4 dell’art. 33 del D.L. 133/2014, alla formazione, approvazione e attuazione del programma di risanamento ambientale e del documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana, sono preposti un Commissario straordinario del Governo e un Soggetto Attuatore, anche ai fini dell'adozione di misure straordinarie di salvaguardia e tutela ambientale. Si stabilisce che il Commissario e il Soggetto attuatore procedono anche in deroga alle richiamate norme del Codice dell'ambiente, per i soli profili procedimentali e non anche con riguardo ai criteri, alle modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti di inquinamento e comunque per la riduzione delle sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitarie e, comunque, nel rispetto delle procedure di scelta del contraente, sia per la progettazione sia per l'esecuzione, previste dal codice degli appalti.

È prevista, inoltre, l’apertura di un’apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, per la struttura di supporto e per la realizzazione degli interventi nella quale confluiscono le risorse pubbliche destinate.

Agli oneri relativi alle spese di personale e di funzionamento della struttura si provvede, in via di provvisoria attuazione, nel limite di 57.816 euro per l'anno 2021 e di 346.896 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'art. 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Tale Fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 3076), per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione. La norma ne prevede la ripartizione annuale con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Nel bilancio per il 2021-2023, il Fondo presenta una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023. Da ultimo il D.L. 41 del 2021 ha incrementato il citato Fondo di 550 milioni per il 2021.

Convenzioni

La lettera c) consente al Commissario di avvalersi:

§  per le attività strumentali all’esercizio delle proprie funzioni, delle strutture e degli uffici tecnici e amministrativi del comune di Napoli, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, nonché, mediante convenzione, di altri soggetti a controllo pubblico;

§  per specifici interventi che richiedano particolari competenze, e nei limiti in cui ciò sia strettamente necessario per il più celere conseguimento degli obiettivi del programma, di altri Soggetti attuatori, quali concessionari di servizi pubblici e società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico, o altri organismi di diritto pubblico, mediante la stipula di convenzioni.

È previsto, inoltre, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Commissario, si provveda alla conseguente riduzione dei compensi riconosciuti al soggetto attuatore, in relazione agli interventi trasferiti.

 

Modifiche alla Cabina di regia

La lettera d) modifica il comma 13 dell’art. 33 del D.L. 133/2014, che ha previsto, per la definizione degli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio, l'istituzione di una "cabina di regia"(istituita poi dal D.P.C.M. 15 ottobre 2015), composta da rappresentanti dello Stato, del Comune di Napoli e della Regione Campania, a cui possono essere invitati, il Soggetto Attuatore, nonché altri organismi pubblici o privati operanti nei settori connessi al predetto programma.

Con la modifica in esame, la composizione della cabina di regia viene estesa anche al Ministero della cultura e si aggiunge, inoltre, la possibilità di sentire le associazioni, i comitati e gli altri soggetti rappresentativi di interessi diffusi, a livello nazionale o locale, il cui scopo associativo sia connesso con le tematiche trattate.

 

Sostituzione della VAS con la VIA per il programma di rigenerazione urbana

La lettera e) modifica il comma 13-bis dell’art. 33 del D.L. 133/2014, il quale stabilisce che il programma di rigenerazione urbana deve garantire la piena compatibilità e il rispetto dei piani di evacuazione per l’emergenza Vesuvio, al fine di introdurre la possibilità di esaminare il programma di rigenerazione urbana attraverso la procedura di VIA, in luogo della procedura di VAS; in tal caso, la valutazione ambientale viene effettuata dall’autorità competente (Stato o regione) che avrebbe effettuato la VAS, e si conclude con l’emanazione di un unico provvedimento.

La norma in esame giustifica tale intervento in considerazione della complessità della pianificazione e della necessità che, ai fini della VAS, siano previamente definiti i profili localizzativi e le azioni che, in ragione della loro pluralità e contestualità, sono suscettibili di generare effetti cumulativi e sinergici.

Il Codice dell’ambiente (D. Lgs. 152/2006, modificato per la Via con il D. Lgs.104/2017), nella parte seconda, disciplina sia la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che si applica a piani e programmi che riguardano diversi settori di attività come l’energia, i trasporti, la pianificazione del territorio e la gestione dei rifiuti, sia la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che si applica ai singoli progetti, quali, ad esempio, strade, elettrodotti, aeroporti e impianti industriali. Nello specifico, la VAS mira ad integrare considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di strumenti di pianificazione e programmazione al fine di garantire la sostenibilità delle scelte da intraprendere. La VIA è finalizzata a conseguire elevati livelli di protezione e qualità dell'ambiente valutando preventivamente le possibili conseguenze derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio di progetti/interventi.

Il Provvedimento Unico in materia ambientale (PUA), regolamentato dall’art. 27 del D. Lgs.152/2006, ha la finalità di riunire in un unico provvedimento il provvedimento di VIA e il rilascio di altre autorizzazioni (intese, pareri, nulla osta, o atti di assenso) richieste dalla normativa vigente, per la realizzazione e l’esercizio di un progetto. In merito alle indicazioni operative, per il rilascio del Provvedimento Unico in materia Ambientale, si rinvia al seguente link del Ministero della transizione ecologica.

 

Monitoraggio delle attività del Soggetto attuatore

La lettera f) inserisce nell’art. 33 i commi 13-bis.1 e 13-bis.2, che disciplinano le procedure di controllo e di verifica delle attività del Soggetto attuatore, per la realizzazione degli interventi relativi alle infrastrutture e alla rigenerazione urbana. 

Il nuovo comma 13.bis.1 attribuisce al Soggetto attuatore il compito di redigere e trasmettere al Commissario, entro il 31 dicembre di ciascun anno, un cronoprogramma delle attività di realizzazione di infrastrutture e di rigenerazione urbana dell’area interessata dagli interventi, nonché delle altre attività previste, approvato con provvedimento dal Commissario entro i successivi quindici giorni.

Gli interventi da realizzare sono identificati dal Codice Unico di Progetto (CUP) ed il monitoraggio della realizzazione dei predetti interventi è effettuato ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229 (Monitoraggio Opere pubbliche).

Il Commissario, in caso di mancata trasmissione del cronoprogramma nonché di mancato rispetto dello stesso, dispone, con proprio provvedimento, la riduzione dei compensi spettanti, nell’ambito delle Convenzioni vigenti, al Soggetto attuatore sino al massimo del 50 per cento.

 

Il nuovo comma 13-bis.2 disciplina la procedura che il Commissario straordinario avvia, in caso di mancato rispetto da parte del soggetto attuatore degli impegni finalizzati all'elaborazione e all’attuazione del programma, o di suoi stralci, consistenti anche nella mancata adozione di atti e provvedimenti necessari all'avvio degli interventi, ovvero nel ritardo, inerzia o difformità nell'esecuzione dei progetti del suddetto programma, nonché qualora sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali previsti dallo stesso.

Il Commissario straordinario, informata la cabina di regia:

assegna al soggetto attuatore un termine per adempiere agli impegni non superiore a trenta giorni;

in caso di perdurante inerzia, interviene per sostituire il soggetto attuatore, con altri soggetti (enti della P.A. o altro soggetto attuatore), al fine di adottare gli atti o provvedimenti necessari, ovvero di provvedere all'esecuzione dei progetti e degli interventi, anche avvalendosi di società in controllo pubblico o di altre amministrazioni pubbliche.

Per le inadempienze del Soggetto attuatore non si riconoscono compensi e, inoltre, in caso di gravi e reiterati casi di inadempimenti, il Commissario straordinario, sentita la cabina di regia, ha la possibilità di proporre la revoca dell’incarico di Soggetto attuatore.

La revoca dell’incarico e la contestuale individuazione del nuovo soggetto attuatore sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Procedure speciali per il comprensorio Bagnoli-Coroglio

La lettera g) aggiunge nell’art. 33 il comma 13-quinquies, che prevede l’applicazione agli interventi relativi alle aree del comprensorio Bagnoli-Coroglio, in ragione della loro particolare complessità e della rilevanza strategica per lo sviluppo dell’area, delle procedure speciali stabilite dagli articoli 18 e 44 del D.L. 77/2021, nonché delle ulteriori misure di semplificazione e accelerazione previste dalla parte II, titolo primo, terzo e quarto del medesimo D.L. 77/2021.

Si ricorda che il D.L. 77/2021 reca, in primo luogo, disposizioni in ordine all'organizzazione della gestione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), definendo i ruoli ricoperti dalle diverse amministrazioni coinvolte nonché le modalità di monitoraggio del Piano e del dialogo con le autorità europee. La governance è incentrata su una Cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, alla quale partecipano di volta in volta i Ministri e i Sottosegretari competenti in ragione delle tematiche affrontate in ciascuna seduta.

Nella seconda parte del decreto-legge 77/2021 sono previste misure di semplificazione che incidono in alcuni dei settori oggetto del PNRR (tra cui la transizione ecologica, le opere pubbliche, la digitalizzazione) al fine di favorirne la completa realizzazione. In particolare, oltre a quanto previsto nel titolo terzo (vedi infra  il commento all’art. 44) nel titolo primo, sono presenti disposizioni (recate dagli articoli 17-29) che si propongono principalmente due grandi obiettivi: integrare la disciplina prevista per la valutazione ambientale dei progetti del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC) al fine di ricomprendervi anche la valutazione dei progetti per l'attuazione del PNRR; operare un intervento di semplificazione sulla disciplina di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e VAS (Valutazione Ambientale Strategica) prevista dalla parte seconda del Codice dell'ambiente; il titolo quarto del D.L. 77/2021 reca diverse norme che intervengono in materia di contratti pubblici, volte a prevedere, tra l’altro, l’utilizzazione, secondo determinate condizioni, della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara e modifiche alla disciplina del subappalto e alla fase esecutiva dei contratti pubblici.

L'art. 18 del D.L. 77/2021 prevede che gli interventi necessari alla realizzazione dei progetti strategici per la transizione energetica del Paese inclusi nel PNRR e al raggiungimento degli obiettivi fissati nel PNIEC, come individuati nell'allegato I-bis del D.lgs. 152/2006, e le opere connesse a tali interventi costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

 L’art. 44 del D.L. 77/2021 dispone semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto (presenti nell'Allegato IV al medesimo decreto), la cui realizzazione dovrà rispettare una tempistica particolarmente stringente. A tale fine l'art. 44 individua una procedura speciale, all'interno della quale il Consiglio superiore dei lavori pubblici assume un ruolo di particolare centralità (anche per effetto dell’art. 45 che dispone norme sulla sua funzionalità), al fine di garantire tempi certi per la conclusione dei procedimenti autorizzativi previsti, disponendo in particolare una sensibile riduzione dei tempi per l'espressione dei pareri da parte dei soggetti coinvolti in tali ambiti.

Per ulteriori approfondimenti, si rinvia al relativo tema della Camera dei deputati sul D.L. 77/2021.

Consegna al nuovo Commissario del quadro degli interventi

Il comma 2 prevede, infine, la consegna al nuovo Commissario del quadro degli interventi già realizzati e in corso di realizzazione da parte del soggetto attuatore, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il quadro degli interventi da consegnare al nuovo Commissario straordinario deve indicare il Codice Unico di Progetto, i relativi costi e fonti di finanziamento sulla base delle risultanze del sistema di monitoraggio di cui al D. Lgs. 229/2011, nonché le criticità emerse nella realizzazione degli interventi previsti.


 

Articolo 42
(Commissario straordinario per la città di Taranto)

 

 

L’articolo 42 modifica l’articolo 1, comma 1, del D.L. 129/2012, al fine di rafforzare i poteri del Commissario straordinario per l'attuazione degli interventi di risanamento ambientale e riqualificazione del territorio della città di Taranto. Il mandato del Commissario straordinario è esteso fino a 3 anni, prorogabili fino al 31 dicembre 2023, e allo stesso Commissario si assegna una struttura di supporto, definendone le modalità di reperimento e di retribuzione del relativo personale. Si prevede, inoltre, in caso di dissensi, dinieghi, opposizioni, l’esercizio di poteri sostitutivi, su proposta del medesimo Commissario.

 

L’articolo 42 interviene con diverse modifiche all’articolo 1 del D.L. 129/2012 che reca disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto, di cui si dà conto nella seguente scheda riassuntiva.

 

La nomina di un Commissario Straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto è stata disposta in ottemperanza all’art. 1 del D.L. 129/2012, il quale ha previsto, tra l'altro, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora Ministro della transizione ecologica), è nominato, senza diritto ad alcun compenso e senza ulteriori oneri, un commissario straordinario, per assicurare l'attuazione degli interventi previsti nel Protocollo d'Intesa sottoscritto in data 26 luglio 2012 tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ora Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), il Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero per la Coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia di Taranto, il Comune di Taranto ed il Commissario Straordinario del Porto di Taranto, per un quadro di interventi per un importo complessivo pari a circa 396 milioni di euro.

Successivamente, le azioni volte alla bonifica e riqualificazione della città e dell’area di crisi ambientale di Taranto hanno intrapreso un nuovo percorso, integrato ed organico con quello finalizzato alla crescita ed allo sviluppo del territorio, a seguito dell’emanazione del D.L. 1/2015, che ha disposto misure urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della Città e dell'area di Taranto, stabilendo all’art. 5 che l’attuazione degli interventi riguardanti tale area sia disciplinata dallo specifico Contratto Istituzionale di Sviluppo, denominato «CIS Taranto», firmato il 30 dicembre 2015, che, inizialmente stipulato per 33 interventi, ne comprende oggi 40 per un valore di 1.008 milioni di euro.

Nel 2020 sono stati inseriti nel CIS ulteriori 18 interventi per la riqualificazione del centro storico di Taranto, finanziati dal Piano Operativo “Cultura e Turismo” FSC 2014-2020 del Ministero della Cultura, per un valore complessivo di 90 milioni di euro. Gli interventi puntano a favorire lo sviluppo sociale ed economico del centro storico.  L’obiettivo è rilanciare la Città Vecchia, riqualificare immobili e spazi pubblici e creare un ambiente urbano più accogliente per residenti e turisti.

L’attuale Commissario straordinario, il dottor Demetrio Martino, è stato nominato con il D.P.C.M. 2 ottobre 2020.

Per un quadro approfondito in materia di interventi disposti per la città di Taranto, si rinvia alla relazione sintetica del mese di dicembre 2018 del precedente Commissario straordinario, dottoressa Corbelli.

 

La lettera a) del comma 1 modifica il comma 1 dell’art. 1 del D.L. 129/2012, al fine di estendere da un anno a tre anni la durata del mandato del Commissario straordinario, prorogabili fino al 31 dicembre 2023.

La norma previgente stabilisce che il Commissario resta in carica per la durata di un anno, prorogabile con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

La lettera b) del comma 1 provvede, altresì, a modificare il comma 1 dell’art. 1 del D.L. 129/2012, aggiungendovi ulteriori periodi, al fine di dotare il Commissario straordinario di una struttura di supporto.

Nello specifico, è prevista l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, per la definizione di una struttura di supporto per l'esercizio delle funzioni commissariali, posta alle dirette dipendenze del Commissario.

Tale struttura risulta composta da un contingente massimo di personale pari a cinque unità di livello non dirigenziale, e una unità di livello dirigenziale non generale, appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche.

In relazione alle modalità di reperimento e alla retribuzione del personale, si prevede l’applicazione di quanto stabilito dall’art. 11-ter del D.L. 44/2021.

L’articolo 11-ter del D.L. 44/2021 reca disposizioni finalizzate al risanamento e alla riqualificazione urbana e ambientale delle aree ove insistono le baraccopoli della città di Messina, nonché ad assicurare gli investimenti necessari per il ricollocamento abitativo delle persone ivi residenti. Per tali finalità è prevista la nomina a Commissario straordinario del Prefetto di Messina, di cui vengono disciplinati la durata, le funzioni, le prerogative e i poteri derogatori, nonché la struttura di supporto. In particolare, in base al comma 3 dell’art. 11-ter del D.L. 44/2021 si stabilisce che il personale della struttura di supporto è posto, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima. Al personale della struttura è riconosciuto il trattamento economico accessorio, ivi compresa l'indennità di amministrazione, del personale non dirigenziale del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

La lettera b) prevede altresì che all’atto del collocamento fuori ruolo del predetto personale, è reso indisponibile per tutta la durata del collocamento fuori ruolo un numero di posti nella dotazione organica dell’amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario.

Al personale di livello dirigenziale è riconosciuta la retribuzione di posizione in misura equivalente ai valori economici massimi attribuiti ai titolari di incarichi dirigenziali di livello non generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché un'indennità sostitutiva della retribuzione di risultato, determinata con provvedimento del Commissario straordinario, di importo non superiore al 50 per cento della retribuzione di posizione. Detto personale dirigenziale è posto, in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, e conserva lo stato giuridico e il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima, mentre il trattamento accessorio è a carico esclusivo della struttura commissariale.

La struttura cessa alla scadenza dell’incarico del Commissario.

 

La lettera b) stabilisce che il Commissario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

Il Commissario straordinario propone al Presidente del Consiglio dei ministri le opportune iniziative, in caso di dissensi, dinieghi, opposizioni o altro atto equivalente provenienti da un organo di un ente territoriale interessato che, secondo la legislazione vigente, sia idoneo a precludere, in tutto o in parte il procedimento, e non sia previsto un meccanismo di superamento del dissenso, Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 12 del D.L. 77/2021, con cui è stato disciplinato l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato, in caso di inadempienza di un soggetto attuatore di progetti o interventi del PNRR, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR.

In sintesi, il comma 1 dell’art. 12 del D.L. 77/2021 disciplina la procedura di attivazione del potere sostitutivo nei confronti di regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, città metropolitane, province e comuni qualora, operando come soggetti attuatori, risultino inadempienti. Il comma 2 prevede la possibilità che, fermo restando l’esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro per gli affari regionali promuova iniziative di impulso e coordinamento degli enti territoriali nelle sedi istituzionali del confronto tra Governo, regioni ed enti locali. Il comma 3 disciplina l’esercizio del potere sostitutivo nel caso in cui il soggetto inadempiente non sia un ente territoriale. Il comma 4 prevede che il Consiglio dei ministri eserciti i poteri sostitutivi in tutti i casi in cui si verifichino situazioni o eventi che ostacolino la realizzazione dei progetti del PNRR e che non risultino rapidamente superabili. Il comma 5 disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del soggetto cui sono stati conferiti, con particolare riguardo all’adozione degli atti mediante ordinanza motivata comunicata all’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione di cui all’art. 5. Il comma 6, infine, stabilisce l’estraneità della Presidenza del Consiglio e delle amministrazioni centrali titolari di interventi del PNRR ad ogni rapporto contrattuale e obbligatorio discendente dall'adozione di atti, provvedimenti e comportamenti da parte dei soggetti nominati per l'esercizio dei poteri sostitutivi. Si prevede che di tutte le obbligazioni nei confronti dei terzi rispondano, con le risorse del piano o con risorse proprie, esclusivamente i soggetti attuatori sostituiti. Gli eventuali oneri derivanti dalla nomina di Commissari sono inoltre posti a carico de soggetti attuatori inadempienti sostituiti. Per ulteriori approfondimenti, si rinvia alla scheda sull’art. 12 presente nel relativo dossier.

 

La lettera b) stabilisce che agli oneri relativi alle spese di personale e di funzionamento della struttura commissariale si provvede, in via di provvisoria attuazione, nel limite di 28.908 euro per l'anno 2021 e di 173.448 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Il Fondo in esame è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 3076), per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione. La norma ne prevede la ripartizione annuale con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Nel bilancio per il 2021-2023, il Fondo presenta una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023. Da ultimo il D.L. 41/2021 ha incrementato il citato Fondo di 550 milioni per il 2021.

 


 

Articolo 43
(Potenziamento della struttura del Commissario unico
per la bonifica delle discariche abusive)

 

 

L’articolo 43 modifica in più punti l’art. 5 del D.L. 111/2019 al fine di potenziare la struttura del Commissario unico per la bonifica delle discariche abusive, prevedendo, in particolare, l’estensione delle funzioni e delle attività del Commissario unico, su richiesta delle singole regioni, agli interventi di bonifica o messa in sicurezza delle discariche e dei siti contaminati di competenza regionale, nonché su richiesta del Ministero della transizione ecologica, agli interventi di bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale. Si prevede inoltre la predisposizione, sulla base di intese stipulate in Conferenza Stato-regioni, di un elenco di siti con priorità di intervento e la possibilità di nominare tre subcommissari, con un’indennità onnicomprensiva pari a 30.000 euro annui.

 

La lettera a) del comma 1 dell’art. 43 modifica il comma 1 dell’articolo 5 del D.L. 111/2019, al fine di escludere i subcommissari, eventualmente individuati dal Commissario unico ai sensi del comma 3-bis (vedi infra), dalla corresponsione di compensi per prestazioni di lavoro straordinario.

 

I commi da 1 a 5 del citato art. 5 del D.L. 111/2019 dispongono in merito all’attività del Commissario unico in materia di discariche abusive – nominato ai sensi dell’articolo 41, comma 2-bis, della legge n. 234/2012 – prevedendo che lo stesso possa stipulare specifiche convenzioni con determinati enti e disciplinando il compenso economico del Commissario unico e del personale della struttura di supporto, la procedura di nomina del Commissario unico e la composizione della struttura di supporto. Il comma 3 del medesimo art. 5 assegna al Commissario unico una struttura di supporto, composta al massimo di 12 membri appartenenti alle amministrazioni pubbliche che cessa al termine del mandato del Commissario unico. Il comma 5 stabilisce che le risorse finanziarie necessarie per le esigenze operative e per il funzionamento della struttura, compresi gli oneri dovuti per la stipula delle convenzioni previste, siano poste a valere su una quota, non superiore al 2% annuo, delle risorse assegnate per la realizzazione degli interventi.

In tema di discariche abusive, elementi di informazione sulle discariche oggetto di infrazione (in relazione alle quali la Corte di giustizia dell'UE ha emanato la sentenza 21 marzo 2019, causa C-498/17), sugli interventi previsti e sulle risorse disponibili sono stati forniti dal Commissario, nel corso dell'audizione del 1° ottobre 2019 presso l'VIII Commissione Ambiente della Camera, nonché, più recentemente, con la "Relazione sulla bonifica dei siti di discarica abusivi oggetto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 (aggiornata al dicembre 2020)", trasmessa al Parlamento nell'ottobre del 2020 (Doc. CCXXXV, n. 6) e nella risposta all'interpellanza 2-00959, resa nella seduta del 16 ottobre 2020. Per ulteriori approfondimenti, si veda il dossier sul D.L. n. 111/2019.

 

La lettera b) aggiunge il comma 1-bis, che estende le funzioni e le attività del Commissario unico, su richiesta delle singole regioni, agli interventi di bonifica o messa in sicurezza delle discariche e dei siti contaminati di competenza regionale, nonché, su richiesta del Ministero della transizione ecologica, agli interventi di bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale.

La norma in esame prevede la stipula di intese in Conferenza Stato- regioni, per la predisposizione di un elenco dei siti prioritari oggetto di risanamento da parte del Commissario unico.

 

La disciplina nazionale sulle attività di bonifica dei siti contaminati è contenuta nel Titolo V della Parte IV del D. Lgs. 152/2006 (cd. Codice dell'ambiente), agli artt. da 239 a 253 e nei relativi allegati al Titolo V della Parte quarta. 

In generale, gli interventi in materia di bonifiche prevedono l'applicazione di una procedura di carattere ordinario (articoli 242 e 252 del d.lgs. 152/2006), che assegna alle autorità competenti a livello nazionale e regionale l'approvazione del progetto di bonifica, contenente gli interventi previsti a carico del responsabile dell'inquinamento.

Si ricordano altresì l'articolo 242-bis che disciplina la procedura semplificata e l'art. 252-bis che disciplina la bonifica, la riconversione industriale e lo sviluppo economico dei siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico. 

L'art. 252 del Codice dell'ambiente disciplina le procedure specifiche per i siti d'interesse nazionale (SIN), individuati con norme di varia natura e di regola perimetrati mediante decreto del Ministero dell'ambiente - oggi Ministero della transizione ecologica (MiTE) - d'intesa con le regioni interessate. La procedura di bonifica dei SIN è attribuita alla competenza del MiTE che per l'istruttoria tecnica si avvale, in particolare, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA).

Informazioni in materia di bonifiche sono state fornite nel corso delle audizioni di rappresentanti dell'ISPRA presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nella seduta del 7 maggio 2019. Informazioni relative ai siti inquinati regionali sono invece contenute nel rapporto predisposto dall'ISPRA nel marzo 2021 e intitolato "Lo stato delle bonifiche dei siti contaminati in Italia: i dati regionali". Sul tema delle bonifiche ambientali sono stati inoltre svolti diversi atti di sindacato ispettivo; in particolare si segnalano, tra gli atti più recenti, le interrogazioni 5/04621 e 4/06223. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema web della Camera dei deputati.

 

 

La lettera c) modifica il comma 3 dell’art. 5 al fine di allargare da 12 a 15 membri la composizione della struttura di supporto del Commissario.

La lettera d) inserisce il comma 3-bis, che disciplina il numero e il compenso dei subcommissari. Al riguardo, si prevede che il Commissario unico possa avvalersi fino a un massimo di tre subcommissari, individuati tra i componenti della prevista struttura di supporto, che operano sulla base di specifiche deleghe definite dal Commissario unico.

A ciascun subcommissario è riconosciuta un’indennità onnicomprensiva pari a 30.000 euro annui.

 

Il comma 2  prevede la copertura degli oneri di cui al comma 1, pari a un importo massimo di 324.000 euro annui a decorrere dall’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della transizione ecologica


 

Articolo 44
(Disposizioni in materia di Alitalia)

 

 

L’articolo 44 autorizza l’utilizzo del fondo già istituito per indennizzare i titolari di biglietti e voucher non utilizzati, emessi da Alitalia in conseguenza delle misure di contenimento previste per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, anche per il rimborso dei biglietti o voucher emessi non connessi con l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

 

In dettaglio si consente di utilizzare, per le suddette finalità, il fondo istituito presso il MISE in base all’art. 11-quater, comma 9, del decreto-legge n. 73 del 2021 (c.d. decreto Sostegni-bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 106 del 2021, che ha una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021.

L’articolo 44 consente di utilizzare tale fondo, nei limiti dello stanziamento ivi previsto, anche per il rimborso degli indennizzi dei titolari di titoli di viaggio non utilizzati nonché voucher o analoghi titoli emessi dall’amministrazione straordinaria di Alitalia, anche non connessi con l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

In proposito la Relazione illustrativa fa riferimento a “specifici impegni che la Commissione europea ha chiesto allo Stato italiano di adottare, al fine di garantire la necessaria discontinuità nelle operazioni di cessione dei compendi aziendali, che include l'accollo da parte dello Stato di tutti gli oneri connessi al prepagato Alitalia, che evidentemente non può essere onorato a causa della cessazione delle attività di volo”.

 

Analogamente a quanto già previsto dal richiamato art. 11-quater, l’articolo 44 prevede che l’indennizzo sia erogato nelle sole ipotesi in cui non sia garantito al contraente un analogo servizio di trasporto e che sia quantificato in misura non superiore all’importo del titolo di viaggio.

A tal fine si prevede che il MISE provveda al trasferimento all’Alitalia – Società Aerea Italiana S.p.A. e all’Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria risorse sulla base di specifica richiesta dei Commissari straordinari, che quantifica l’ammontare complessivo dei titoli, voucher o analoghi titoli oggetto di rimborso nel corso dell’anno 2021.

 

Si ricorda che il richiamato art. 11-quater, al comma 2, ha autorizzato le società del gruppo Alitalia SAI alla prosecuzione dell'attività di impresa, ivi compresa la vendita di biglietti fino al 15 ottobre 2021. Il fondo istituito dal comma 9 dello stesso articolo è diretto a garantire un indennizzo pari al valore del biglietto per i titolari di titoli di viaggio e di voucher emessi dall'amministrazione straordinaria in conseguenza delle misure di contenimento previste per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e non utilizzati alla data del trasferimento dei compendi aziendali. E’ stata prevista l’erogazione dell'indennizzo esclusivamente nell'ipotesi in cui non fosse garantito al contraente un analogo servizio di trasporto; l’indennizzo è quantificato in misura pari all'importo del titolo di viaggio. La disposizione rinviava poi ad un provvedimento del Ministero dello sviluppo economico la definizione delle modalità attuative dell’intervento e il trasferimento all’amministrazione straordinaria delle relative risorse a fronte di specifica richiesta che dia conto dell’esistenza dei presupposti appena descritti.

 


 

Capo II – Imprese agricole

Articolo 45
(Compensazione per le imprese agricole)

 

 

L’articolo 45 dispone alcune modificazioni alla vigente disciplina che autorizza gli organismi pagatori a compensare gli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dall'impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione.

In particolare:

- si introduce l'espresso riferimento al rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato:

- si espunge la clausola che limitava ai soli contributi dovuti per le prestazioni lavorative effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006 l'applicazione delle disposizioni che subordinano l'accesso ai benefici ed alle sovvenzioni comunitarie, anche per la realizzazione di investimenti, alla presentazione del documento unico di regolarità contributiva da parte delle imprese di tutti i settori;

- tra le disposizioni applicabili alle imprese agricole, si introduce l'espresso richiamo all’articolo 31 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013), concernente la disciplina del documento unico di regolarità contributiva (DURC)[57];

- la previsione relativa alla compensazione con i contributi previdenziali dovuti viene ora estesa anche agli aiuti nazionali.

 

A tal fine, si novella l’articolo 01, comma 16, del D.L. n. 2/2006 (L. n. 81/2006).

 

La disposizione qui novellata, e già più volte modificata, prevedeva, nel testo previgente, che per le imprese agricole le seguenti disposizioni si applicassero limitatamente ai contributi dovuti per le prestazioni lavorative effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006.

Si tratta in primo luogo dell'articolo 10, comma 7, del D.L. n. 203/2005 (L. n. 248/2005), il quale subordina l'accesso ai benefici ed alle sovvenzioni comunitari da parte delle imprese di tutti i settori alla presentazione del documento unico di regolarità contributiva introdotto dall'articolo 2, comma 2, del D.L. n. 210/2002 (L. n. 266/2002).

In secondo luogo si tratta dell'articolo 1, comma 553, della L. n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), il quale prevede che, per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva introdotto dall'articolo 2, comma 2, del D.L. n. 210/2002 (L. n. 266/2002).

Tali disposizioni continuano ad applicarsi alle imprese agricole, senza alcun riferimento temporale alla decorrenza dei contributi.

Sempre nel testo anteriore alla novella qui in commento, gli organismi pagatori erano autorizzati, in sede di pagamento dei soli aiuti comunitari, a compensare tali aiuti, ad eccezione di quelli derivanti da diritti posti precedentemente in pegno ai sensi dell'articolo 18 del d.lgs. n. 102/2004, con i contributi previdenziali dovuti dall'impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione. A tale fine l'Istituto previdenziale era (e rimane tuttora) chiamato a comunicare in via informatica i dati relativi ai contributi previdenziali scaduti contestualmente all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a tutti gli organismi pagatori e ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA). In caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva continua a competere all'Istituto previdenziale.

 

Decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2

Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa.

Articolo 01

(Disposizioni in materia di previdenza agricola)

Testo previgente

Testo modificato

16. Per le imprese agricole, le disposizioni contenute nell'articolo 10, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e nell' articolo 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano limitatamente ai contributi dovuti per le prestazioni lavorative effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006. A tale fine, in sede di pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti, ad eccezione di quelli derivanti da diritti posti precedentemente in pegno ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni, con i contributi previdenziali dovuti dall'impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione. A tale fine l'Istituto previdenziale comunica in via informatica i dati relativi ai contributi previdenziali scaduti contestualmente all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a tutti gli organismi pagatori e ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) istituiti ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni.  In caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva compete all'Istituto previdenziale

16. Fermo restando il rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, per le imprese agricole, ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 10, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, nell'articolo 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e nell'articolo 31 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, in sede di pagamento degli aiuti comunitari e nazionali, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti, ad eccezione di quelli derivanti da diritti posti precedentemente in pegno ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, con i contributi previdenziali dovuti dall'impresa agricola beneficiaria, già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titolo di sanzione. A tale fine, l'istituto previdenziale comunica in via informatica i dati relativi ai contributi previdenziali scaduti contestualmente all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, a tutti gli organismi pagatori e ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) istituiti ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165. In caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva compete all'istituto previdenziale.

 

 


 

Capo III – Sport

Articolo 46
(Fondi per il rilancio del sistema sportivo)

 

 

L'articolo 46 riconosce a Sport e Salute Spa, per l'anno 2021, un contributo di euro 27.200.000, destinato al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite.

 

Il suddetto contributo è finalizzato a potenziare il supporto ai richiamati organismi sportivi (indicati con il riferimento all'art. 1, comma 630, terzo periodo, della legge di bilancio per il 2019) e a consentire la ripartenza delle relative attività.

 

Il citato articolo 1, comma 630, terzo periodo, riguarda modalità di finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite.

Nello specifico stabilisce che al finanziamento di tali organismi si provveda a valere sulla quota destinata a Sport e salute Spa - ai sensi del primo periodo del medesimo comma 630 - delle risorse derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF in determinati settori di attività sportiva (gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive).

Le risorse complessivamente spettanti al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e a Sport e salute Spa sono definite nella misura annua del 32 per cento delle predette entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui.

A seguito di modifica intervenuta con il decreto-legge n. 5 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2021, le risorse destinate al CONI sono state incrementate, passando a 45 milioni di euro annui (rispetto ai precedenti 40 milioni), e, corrispondentemente, sono state ridotte le risorse destinate a Sport e salute Spa, definite in una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui (rispetto ai precedenti 368 milioni).

 

L'articolo reca, infine, la copertura finanziaria della disposizione in esame, prevedendo che ai relativi oneri si provveda mediante corrispondente riduzione del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con la finalità di garantire la sostenibilità della riforma del lavoro sportivo, dall'articolo 1, comma 34, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021).


 

TITOLO IV – INVESTIMENTI E RAFFORZAMENTO
DEL SISTEMA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA

Capo I – Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia

Articolo 47
(Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario delle aziende)

 

 

L’articolo 47 modifica l’art. 34-bis del Codice antimafia, in tema di controllo giudiziario delle aziende che abbiano occasionalmente agevolato indiziati di appartenere ad associazioni criminali, coordinandone il contenuto con la previsione di misure amministrative di prevenzione collaborativa rivolte alle medesime aziende e disciplinate dal successivo articolo 49 del decreto-legge.

 

 

Il decreto-legge interviene sull’art. 34-bis del c.d. Codice antimafia, che disciplina il controllo giudiziario sulle aziende.

 

Si tratta di un istituto, introdotto dalla legge n. 161 del 2017, destinato a trovare applicazione in luogo dell’amministrazione giudiziaria (disciplinata dall’art. 34 del Codice) per quelle imprese che, pur presentando forme di infiltrazione e di condizionamento mafioso, non siano pregiudicate nella loro integrità in quanto l’agevolazione della criminalità avrebbe avuto natura occasionale (comma 1). La finalità della misura è infatti quella di contrastare la contaminazione mafiosa di imprese sane, restituendole al libero mercato una volta depurate dagli elementi inquinanti[58].

Più in particolare, il controllo giudiziario delle aziende non determina lo "spossessamento gestorio" bensì configura, per un periodo minimo di un anno e un massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento consistente in una vigilanza prescrittiva, condotta da un commissario giudiziario nominato dal Tribunale (comma 2), al quale viene affidato il compito di monitorare dall'interno dell'azienda l'adempimento di una serie di obblighi imposti dall'autorità giudiziaria (comma 3).

Possono essere le stesse imprese, già destinatarie di una informazione antimafia interdittiva oggetto di impugnazione amministrativa, a chiedere al tribunale, nelle more della decisione del giudice amministrativo, l'applicazione del controllo giudiziario (comma 6).

A riprova della finalità dell’istituto, l’art. 34-bis, comma 7, del Codice prevede infatti che tanto il provvedimento che dispone il controllo giudiziario quando quello che dispone l’amministrazione giudiziaria (di cui all’art. 34 del Codice) sospendano gli effetti dell’informazione antimafia interdittiva del Prefetto (di cui all’art. 94 del Codice), consentendo così all'impresa di continuare ad operare nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

 

Rispetto alla disciplina previgente, il decreto-legge n. 152/2021:

§  prevede che il controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis del Codice possa essere disposto dal Tribunale anche in sostituzione delle misure di prevenzione collaborativa previste dall’art. 94-bis del Codice (inserimento di un periodo al comma 1);

 

Le misure amministrative di prevenzione collaborativa, della durata compresa tra 6 mesi e un anno, sono applicabili dal prefetto in luogo dell’interdittiva antimafia quando egli accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale. In tal senso dispone l’art, 94-bis del Codice antimafia, inserito dall’art. 49 del decreto-legge in commento, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

§  integra l’elenco dei soggetti che devono essere sentiti dal Tribunale al fine di decidere se concedere all’impresa il controllo giudiziario, in attesa che sia decisa l’impugnativa dell’interdittiva antimafia. In particolare, oltre al procuratore distrettuale competente e agli altri soggetti interessati, il decreto-legge specifica che deve essere sentito anche il prefetto che ha pronunciato l’informazione antimafia interdittiva (modifica del comma 6);

 

La Corte di Cassazione ha affermato che il tribunale nel decidere se concedere il controllo giudiziario nelle more del giudizio amministrativo sull’impugnativa dell’interdittiva antimafia «è tenuto a valutare, in termini prognostici - sulla base del dato patologico acquisito dall'accertamento amministrativo con l'informazione antimafia interdittiva - se il richiesto intervento giudiziale di "bonifica aziendale" risulti possibile, in quanto l'agevolazione dei soggetti di cui all'art. 34, comma 1, d.lgs. cit., sia da ritenere occasionale, escludendo tale evenienza, pertanto, nel caso di cronicità dell'infiltrazione mafiosa» (cfr. Cass. pen. Sez. II Sent., 28/01/2021, n. 9122 (rv. 280906-01)). In precedenza, Cass. pen. Sez. Unite, 26/09/2019, n. 46898, aveva affermato che «con riferimento ai presupposti per disporre la misura del controllo giudiziario ex art. 34 bis, 6° comma, D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il tribunale competente per le misure di prevenzione, oltre a verificare l'occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi, deve svolgere una prognosi circa le concrete possibilità che la singola realtà aziendale abbia di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni che il giudice delegato può compiere nel guidare l'impresa infiltrata».

 

§  specifica che quanto il tribunale applica gli istituti dell’amministrazione giudiziaria (art. 34 Codice) o del controllo giudiziario (art. 34-bis del Codice) non si sospendono solo gli effetti dell’interdittiva antimafia, ma anche i termini concessi al prefetto per disporre le necessarie verifiche e rilasciare l'informazione antimafia (modifica del primo periodo del comma 7);

§  demanda alla cancelleria del tribunale il compito di comunicare al prefetto l’applicazione degli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, affinché egli possa conseguentemente aggiornare la banca dati nazionale della documentazione antimafia;

§  stabilisce che l’applicazione degli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario deve essere valutata al fine di disporre, nei 5 anni successivi, l’applicazione delle misure amministrative di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94-bis del Codice (v. infra, art. 49 del decreto-legge).

 

 

Normativa previgente

D.L. n. 152 del 2021

Decreto legislativo n. 159 del 2011

Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione

Art. 34-bis

Controllo giudiziario delle aziende

1. Quando l'agevolazione prevista dal comma 1 dell'articolo 34 risulta occasionale, il tribunale dispone, anche d'ufficio, il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende di cui al medesimo comma 1, se sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l'attività.

1. Quando l'agevolazione prevista dal comma 1 dell'articolo 34 risulta occasionale, il tribunale dispone, anche d'ufficio, il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende di cui al medesimo comma 1, se sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l'attività. Nel caso in cui risultino applicate le misure previste dall'art. 94-bis, il Tribunale valuta se adottare in loro sostituzione il provvedimento di cui al comma 2 lett. b).

2. Il controllo giudiziario è adottato dal tribunale per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a tre anni. Con il provvedimento che lo dispone, il tribunale può:

a) imporre nei confronti di chi ha la proprietà, l'uso o l'amministrazione dei beni e delle aziende di cui al comma 1 l'obbligo di comunicare al questore e al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, ovvero del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all'estero, ovvero della sede legale se si tratta di un'impresa, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore non inferiore a euro 7.000 o del valore superiore stabilito dal tribunale in relazione al reddito della persona o al patrimonio e al volume d'affari dell'impresa. Tale obbligo deve essere assolto entro dieci giorni dal compimento dell'atto e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno per gli atti posti in essere nell'anno precedente;

b) nominare un giudice delegato e un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bimestralmente, gli esiti dell'attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero.

2. Identico.

3. Con il provvedimento di cui alla lettera b) del comma 2, il tribunale stabilisce i compiti dell'amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l'obbligo:

a) di non cambiare la sede, la denominazione e la ragione sociale, l'oggetto sociale e la composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza e di non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza l'autorizzazione da parte del giudice delegato;

b) di adempiere ai doveri informativi di cui alla lettera a) del comma 2 nei confronti dell'amministratore giudiziario;

c) di informare preventivamente l'amministratore giudiziario circa eventuali forme di finanziamento della società da parte dei soci o di terzi;

d) di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni;

e) di assumere qualsiasi altra iniziativa finalizzata a prevenire specificamente il rischio di tentativi di infiltrazione o condizionamento mafiosi.

3. Identico.

4. Per verificare il corretto adempimento degli obblighi di cui al comma 3, il tribunale può autorizzare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria ad accedere presso gli uffici dell'impresa nonché presso uffici pubblici, studi professionali, società, banche e intermediari mobiliari al fine di acquisire informazioni e copia della documentazione ritenute utili. Nel caso in cui venga accertata la violazione di una o più prescrizioni ovvero ricorrano i presupposti di cui al comma 1 dell'articolo 34, il tribunale può disporre l'amministrazione giudiziaria dell'impresa.

4. Identico.

5. Il titolare dell'attività economica sottoposta al controllo giudiziario può proporre istanza di revoca. In tal caso il tribunale fissa l'udienza entro dieci giorni dal deposito dell'istanza e provvede nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. All'udienza partecipano il giudice delegato, il pubblico ministero e, ove nominato, l'amministratore giudiziario.

5. Identico.

6. Le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l'impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l'applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo. Il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente e gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti; successivamente, anche sulla base della relazione dell'amministratore giudiziario, può revocare il controllo giudiziario e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali.

6. Le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l'impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l'applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo. Il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente, il prefetto che ha adottato l'informazione antimafia interdittiva nonché gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti; successivamente, anche sulla base della relazione dell'amministratore giudiziario, può revocare il controllo giudiziario e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali.

7. Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del comma 6 del presente articolo sospende gli effetti di cui all'articolo 94.

7. Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all'articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all'articolo 94. Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto dove ha sede legale l'impresa, ai fini dell'aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all'articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis nei successivi cinque anni.

 

 


 

Articolo 48
(Contraddittorio nel procedimento di rilascio
dell’interdittiva antimafia)

 

 

L’articolo 48 introduce il contraddittorio endoprocedimentale in materia di informazione antimafia.  

 

Nel dettaglio l’articolo 48, comma 1, lett. a), modifica il comma 2-bis dell’articolo 92 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (c.d. Codice antimafia), in materia di informativa antimafia.

 

La documentazione antimafia è disciplinata dal decreto legislativo n. 159 per il contrasto del fenomeno della infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale. All’interno della documentazione antimafia si possono distinguere due differenti species di certificazioni che coincidono per il contenuto dichiarativo ma differiscono in ordine all’ambito applicativo: le comunicazioni antimafia e le informazioni antimafia (art. 84). L'informazione antimafia è un provvedimento amministrativo emesso dal Prefetto, a scopo preventivo, al fine di tutelare l’economia dalle infiltrazioni mafiose. A differenza della comunicazione antimafia (che presenta una natura ricognitiva sull’esistenza di cause di revoca, decadenza o divieto tipizzate), l’informazione interdittiva si basa quindi su una valutazione discrezionale, da parte dell’autorità prefettizia, in merito alla sussistenza (o meno) di tentativi di infiltrazione della criminalità. La suddetta valutazione è fondata su «fatti ed episodi i quali, seppure non assurgano al rango di prove o indizi di valenza processuale, nel loro insieme configurino un quadro indiziario univoco e concordante avente valore sintomatico del pericolo di infiltrazioni mafiose nella gestione dell'impresa esaminata» (TAR. Toscana Sentenza 25 giugno 2018, n. 910).

 

Ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 92 del decreto legislativo n. 159 nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in conversione, l’informazione antimafia interdittiva va comunicata all’impresa dal prefetto con le identiche modalità (raccomandata a/r, PEC, ecc,) entro 5 giorni dalla sua adozione. Il prefetto, adottata l'informazione antimafia interdittiva, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione (art. 32 comma 10 del d.l n. 90 del 2014 conv. legge n. 114 del 2014) e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.

 

Il decreto-legge oltre a riscrivere il comma 2-bis dell'articolo 92 del Codice antimafia introduce nell'articolo due ulteriori nuovi commi (da 2-ter a 2-quater), che, come precisa anche la relazione illustrativa, introducono “il principio del contraddittorio, mediante la notifica all’impresa sotto indagine di un "preavviso di interdittiva o della misura amministrativa di prevenzione collaborativa” (ispirato al preavviso di rigetto di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241/1990), con il riconoscimento di un termine breve (non superiore a 20 giorni) per la richiesta di audizione e la produzione di memorie esplicative da parte dell’impresa destinataria".

 

Con riguardo alla disciplina vigente prima della entrata in vigore del decreto-legge in conversione e all'assenza di contraddittorio nel procedimento di rilascio della informazione antimafia è opportuno segnalare che il Consiglio di Stato aveva sostenuto, in diverse pronunce, (si vedano tra le altre Sentenza 31 gennaio 2020, n. 820 e sentenza 26 maggio 2020, n. 2854) che «L’informazione antimafia non richiede la necessaria osservanza del contraddittorio procedimentale, meramente eventuale in questa materia ai sensi dell’art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011 né è configurabile l’applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990 non essendo l’informazione antimafia provvedimento vincolato, ma per sua stessa natura discrezionale». A ciò si aggiunga che sempre secondo il giudice amministrativo il procedimento finalizzato all’emissione dell’informazione antimafia non avrebbe scontato una totale assenza di contraddittorio, conoscendo una interlocuzione (anche se solo eventuale), prevista dall’art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011, secondo cui il Prefetto competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, invita in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione utile.

Sempre con riguardo al tema del contraddittorio, è opportuno segnalare come della questione relativa alla carenza di contraddittorio procedimentale nell’ambito del procedimento per l’emissione dell’informazione antimafia il giudice amministrativo nazionale (TAR Puglia) abbia investito anche la Corte di Giustizia EU, che tuttavia non si è pronunciata nel merito, ritenendo la questione manifestamente irricevibile (Ordinanza del 28 maggio 2020 in C-17/20).

Da ultimo si segnala che la Commissione bicamerale antimafia, nella recente Relazione sull'analisi delle procedure di gestione dei beni sequestrati e confiscati (Doc. XXIII, n. 15), fra le altre indicazioni sottolinea l'esigenza di una "valutazione da parte del legislatore sul contraddittorio procedimentale atteso che, per le interdittive, è l’unico caso in cui non è previsto un preavviso alla parte interessata. Il principio di garanzia procedimentale può e deve cedere in caso di urgente adozione della misura interdittiva ma de iure condendo, ad avviso dell’audìto, si potrebbe invertire la regola: una fase preliminare nella quale il prefetto deve convocare le parti, espletare un contraddittorio, salvo che non ritenga chela situazione richieda un comportamento diverso, come nei casi di urgenza o secretazione" (p. 209).

 

Più nel dettaglio il nuovo comma 2-bis prevede che il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell'interdittiva antimafia ovvero per procedere all’applicazione delle misure di prevenzione collaborativa (si veda art. 49 del d.l.) e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

 

Uno degli aspetti più controversi della materia risulta la nozione di “tentativi di infiltrazione mafiosa”, termine utilizzato per stabilire se, sulla base degli elementi raccolti dal Prefetto, si riesca a stabilire se l’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose, o esserne quantomeno condizionata. Sulla base della tipizzazione operata dal d.lgs. n. 159/2011, si ritiene che un’impresa possa considerarsi veicolo diretto o indiretto di una associazione mafiosa: nel primo caso, allorquando venga gestita da soggetti stabilmente collegati con sodalizi criminali o controllata e posseduta di fatto da uno di essi; nella seconda ipotesi, invece, quando i soggetti che sono in grado di determinarne l’andamento intrattengono rapporti d’affari, sociali, parentali, relazionali con soggetti, a loro volta, collusi con una consorteria mafiosa. La giurisprudenza ha, nel corso degli anni, chiarito come tale valutazione debba essere incentrata non tanto sulle prove quanto sugli indizi da cui è possibile desumere l’esistenza dei tentativi di ingerenza mafiosa (si veda fra le altre Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 1 aprile 2019, n. 2141).

 

Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a 20 giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione. La disposizione precisa che in ogni caso, non possono formare oggetto della comunicazione elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

 

La disposizione richiama con riguardo alla audizione le modalità previste dall'articolo 93, commi da 7 a 9 del Codice antimafia. Questi commi (il comma 7 è anche esso oggetto di modifica da parte dell'art. 48 del d.l.) prevedono che il prefetto competente all'adozione dell'informazione, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell'accesso, può invitare in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali, qualora non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, sono suscettibili di pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazione mafiose (comma 7) All'audizione si provvede mediante comunicazione formale da inviarsi al responsabile legale dell'impresa, contenente l'indicazione della data e dell'ora e dell'Ufficio della prefettura ove dovrà essere sentito l'interessato ovvero persona da lui delegata (comma 8). Dell'audizione viene redatto apposito verbale in duplice originale, di cui uno consegnato nelle mani dell'interessato (comma 9).

 

La comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine entro il quale il prefetto deve rilasciare l'informazione antimafia (ex articolo 92, comma 2 del Codice antimafia). La procedura del contraddittorio deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione (comma 2-bis).

 

Ai sensi del comma 2 dell'articolo 92 del Codice antimafia quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, il prefetto dispone le necessarie verifiche e rilascia l'informazione antimafia interdittiva entro 30 giorni dalla data della consultazione. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione interessata, e fornisce le informazioni acquisite nei successivi 45 giorni. Il prefetto procede con le stesse modalità quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito.

 

Ai sensi del nuovo comma 2-ter dell'articolo 92 del Codice antimafia al termine della procedura in contraddittorio, il prefetto può:

§  rilasciare un’informazione antimafia liberatoria;

§   disporre l’applicazione delle misure amministrative di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94-bis del Codice Antimafia (v. infra art. 49 del d.l.), in caso di agevolazione occasionale, introdotta dalla nuova disposizione;

§  adottare l’informazione antimafia interdittiva, valutando la sussistenza dei presupposti per le misure – nomina di un commissario o rinnovazione degli organi sociali - di cui all’art. 32, comma 10, d.l. n. 90 del 2014 (conv. legge n. 114 del 2014), informando tempestivamente il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.

 

Il comma 2-quater precisa che possono essere oggetto di valutazione ai fini dell’adozione dell’informazione interdittiva antimafia, nel periodo tra la ricezione della comunicazione e la conclusione della procedura in contraddittorio, i seguenti elementi:

§  il cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell’oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza,

§  la sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie,

§  il compimento di fusioni o altre trasformazioni o comunque qualsiasi variazione dell’assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione mafiosa.

 

Il decreto-legge in conversione, interviene conseguentemente, anche sulla rubrica dell'articolo 92, inserendovi l'esplicito riferimento al "contraddittorio" nel procedimento di rilascio dell'interdittiva antimafia (comma 1, lett. a).

 

L’articolo 48, comma 1, lett. c), modifica il comma 7 dell’art. 93 del Codice antimafia intervenendo, in particolare, sulla facoltà del prefetto di audire i soggetti interessati prima del rilascio della informazione antimafia.

 

Il comma 7, nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, prevedeva che il prefetto competente al rilascio dell'informazione, ove lo ritenesse utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite potesse invitare, in sede di audizione personale, i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione ritenuta utile.

 

Il nuovo comma 7 dell'art. 93 del Codice antimafia prevede che il prefetto competente all'adozione dell'informazione, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell'accesso, può invitare in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali, qualora non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, sono suscettibili di pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l'esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

 


 

Articolo 49
(Prevenzione collaborativa)

 

 

L’articolo 49 introduce nel Codice antimafia la previsione di misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili, in alternativa all’interdittiva antimafia, allorquando i tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale.

 

 

In particolare, l’articolo 49 inserisce nel decreto legislativo n. 159 del 2011 (il c.d. Codice antimafia) l'articolo 94-bis. recante "Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale”.

 

Nei casi in cui il prefetto accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, prescrive all’impresa l’osservanza, per un periodo non inferiore a 6 e non superiore a 12 mesi, di una serie di stringenti misure di controllo “attivo” che consentono alla medesima impresa di continuare a operare sotto la stretta vigilanza dell’Autorità statale.

 

Le misure di controllo applicabili sono:

§  l'adozione e l'attuazione di misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente), 7 (Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli organizzativi dell'ente) e 24-ter (Delitti di criminalità organizzata) del d. lgs. n. 231 del 2000, in materia di responsabilità amministrativa degli enti, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale;

§  la comunicazione al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro 15 giorni dal loro compimento, degli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, degli atti di pagamento ricevuti, degli incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a 7.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto, sentito il predetto gruppo interforze, in relazione al reddito della persona o del patrimonio e del volume di affari dell'impresa;

§  la comunicazione, nel caso di società di capitali o di persone, al gruppo interforze di eventuali forme di finanziamento da parte dei soci o di terzi;

§  la comunicazione al gruppo interforze di contratti di associazione in partecipazione stipulati;

§  l'utilizzazione di un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione, nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), osservando, per i pagamenti previsti dall'articolo 3, comma 2, della legge 13 agosto 2010, n. 136 le modalità per la tracciabilità dei flussi indicate nella stessa norma.

 

Si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia), reca disposizioni per la tracciabilità dei flussi finanziari. Il comma 2, in particolare, prevede che i pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonché quelli destinati alla provvista di immobilizzazioni tecniche sono eseguiti tramite conto corrente dedicato anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale purché idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni per l'intero importo dovuto, anche se questo non è riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici nonché alla gestione dei finanziamenti pubblici.

 

Il prefetto, inoltre, può nominare esperti (di numero non superiore a 3) individuati nell’albo nazionale degli amministratori giudiziari, ponendo i relativi oneri a carico dell’impresa. Questi esperti, che devono essere scelti tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, hanno il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all'attuazione delle misure di prevenzione collaborativa. Agli esperti spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al 50% di quello liquidabile sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui all'art. 8 del d. lgs. n. 14 del 2010, relativo ai compensi spettanti agli amministratori giudiziari. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa, società o associazione.

 

Le predette misure sono annotate in un’apposita sezione della Banca Dati Nazionale Antimafia, a cui è precluso l’accesso ai soggetti privati sottoscrittori di protocolli di legalità (ex art 83-bis del Codice Antimafia), e cessano di produrre effetti se il tribunale dispone il controllo giudiziario nominando un giudice delegato e un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bimestralmente, gli esiti dell'attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero (ex art. 34-bis, comma 2 lett. b) del Codice Antimafia).

 

La Banca dati nazionale unica per la documentazione antimafia (BDNA), istituita dall’art 96 del Codice antimafia presso il Ministero dell'interno si propone di rendere maggiormente efficiente l'azione dello Stato contro la criminalità organizzata accelerando il rilascio delle comunicazioni e informazioni antimafia liberatorie in modalità automatica ai soggetti titolati alla richiesta. Il funzionamento della BDNA, è disciplinato dal D.P.C.M. 30/10/2014, n.193, contenente le modalità di funzionamento, accesso, consultazione e collegamento della BDNA con altre Banche dati, tra le quali il Centro elaborazione dati di cui all’art. 8 della legge 1° aprile 1981, n.121, il sistema informatico presso la DIA ed i sistemi informativi presso le Camere di Commercio.

Del periodo di esecuzione delle misure può tenersi comunque conto ai fini della determinazione della durata del controllo giudiziario.

 

Alla scadenza del termine di durata delle misure, il prefetto ove accerti, sulla base delle analisi formulate dal gruppo interforze, il venir meno dell'agevolazione occasionale e l'assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un'informazione antimafia liberatoria ed effettua le conseguenti iscrizioni nella banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

 

Il comma 2 dell'articolo 49 reca una disposizione transitoria, ai sensi della quale le disposizioni in esame si applicano anche ai procedimenti amministrativi per i quali, alla data di entrata in vigore delle disposizioni recate dall’articolo, è stato effettuato l’accesso alla Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia e non è stata ancora rilasciata l’informazione antimafia.

 

 


 

TITOLO V – ABROGAZIONI E DISPOSIZIONI FINALI

Capo I – Abrogazioni e disposizioni finali

Articolo 50, comma 1
(Beni non espropriabili dall’Agente della riscossione)

 

 

L’articolo 50, al comma 1, dispone che non possano essere espropriati dall’agente della riscossione i beni assolutamente impignorabili ai sensi del codice di procedura civile, in luogo del paniere di beni “essenziali” individuati dal MEF d’intesa con l’Istat.

 

Più in dettaglio il comma 1 modifica l’articolo 76, comma 1, lettera a-bis) del D.P.R. n. 602 del 1973 (che reca la disciplina della riscossione delle imposte) in materia di poteri dell’agente della riscossione nel caso di procedura di espropriazione.

La previgente lettera a-bis) prevedeva che l’agente della riscossione non desse corso all'espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti “beni essenziali”, individuato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con l'Agenzia delle entrate e con l'Istituto nazionale di statistica. Tale decreto non è stato tuttavia mai adottato.

 

Da quanto riportato nella relazione illustrativa si desume che la mancanza del citato decreto ha sostanzialmente portato ad utilizzare in via interpretativa la disposizione dell’articolo 514 del codice di procedura civile al fine di individuare i beni non pignorabili.

 

Con le modifiche in esame si dispone quindi, sopprimendo il riferimento al decreto ministeriale sopra descritto, che l’agente della riscossione non possa espropriare al debitore i beni assolutamente impignorabili indicati dall’articolo 514 del codice di procedura civile.

Si tratta in particolare delle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge e, inoltre:

§  le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto;

§  l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato;

§  i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente;

§  le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento di un pubblico servizio;

§  le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in genere gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione;

§  gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali;

§  gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli.


 

Articolo 50, comma 2
(Tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica)

 

 

L’articolo 50, comma 2, sopprime il riferimento alla necessità dell’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini dell’istituzione del tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica, e ne modifica la composizione.

 

Preliminarmente si ricorda che il decreto legislativo 27 dicembre 2018, n. 148 recepisce nell'ordinamento italiano la direttiva 2014/55/UE relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici.

 

La direttiva prevede che le amministrazioni aggiudicatrici, a decorrere dal 18 aprile 2019, ricevano ed elaborino fatture elettroniche conformemente allo standard europeo sulla fatturazione elettronica (ad eccezione dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza qualora l'aggiudicazione e l'esecuzione del contratto siano dichiarate segrete o debbano essere accompagnate da speciali misure di sicurezza). Tuttavia, il termine indicato per l'applicazione delle modalità di ricezione ed elaborazione delle fatture elettroniche è differito al 18 aprile 2020 per le amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali. Lo schema recepisce, pertanto, le regole tecniche dello standard europeo (previste dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1870 della Commissione) e le integra con la disciplina tecnica nazionale.

 

L’articolo 5 del decreto legislativo stabilisce che per l'attuazione degli obblighi di ricezione ed elaborazione delle fatture elettroniche, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del direttore dell'Agenzia per l'Italia Digitale, d'intesa con la Conferenza unificata da adottarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della disposizione (in vigore dal 1° febbraio 2019) avrebbe dovuto essere istituito presso l'Agenzia per l'Italia Digitale un tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica con le seguenti finalità:

a)   aggiornamento delle regole tecniche e delle modalità applicative;

b)   monitoraggio della corretta applicazione delle stesse;

c)   valutazioni degli impatti per la pubblica amministrazione e di quelli riflessi per gli operatori economici;

d)   raccordo e coinvolgimento, fin dalla fase di definizione, di tutte le iniziative legislative ed applicative in materia di fatturazione e appalti elettronici.

 

Non essendo stata ancora adottata la richiamata disposizione, la norma in esame sopprime il riferimento alla necessità dell’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini dell’istituzione presso l'Agenzia per l'Italia Digitale del tavolo tecnico permanente per la fatturazione elettronica (lettera a)).

 

A tale proposito nella Relazione illustrativa che accompagna il testo del decreto in esame viene precisato che modificando la previsione di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2018, n. 148, si supera la necessità di adottare un DPCM per dare attuazione a quanto previsto dalla norma relativamente alla costituzione del tavolo permanente per la fatturazione elettronica. In particolare, si interviene sul comma 1 dell’articolo 5 al fine di completare ex lege la composizione del tavolo permanente.

 

La lettera b) modifica la composizione del tavolo tecnico prevedendo anche la presenza di due componenti indicati dalla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale (oltre al componente indicato dall'Agenzia per l'Italia Digitale, ai due componenti indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai due componenti indicati dall’Agenzia delle entrate, ai tre componenti indicati dalla Conferenza delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, al rappresentante indicato dall'Unione province italiane (UPI) e ai due rappresentanti indicati dall'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI)).


 

Articolo 50, comma 3
(Abrogazione della disciplina per il recupero dei contributi dovuti per il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti)

 

 

L’articolo 50, comma 3, prevede l’abrogazione della disciplina relativa alle procedure semplificate per il recupero dei contributi dovuti per il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) recata dall’art. 194-bis del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).

 

La relazione illustrativa motiva l’abrogazione in questione sulla base del fatto che il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 ha “introdotto un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, finalizzato a ottenere un flusso di dati relativo ai suddetti per l’intero territorio nazionale attraverso un Registro elettronico nazionale sulla tracciabilità (RENTRI)”.

 

Si fa peraltro notare che il testo ora soppresso dell’art. 194-bis era stato interamente riscritto proprio dal D.Lgs. 116/2020 (art. 1, comma 22).

 

In relazione alla normativa sulla tracciabilità, si ricorda che il SISTRI è stato soppresso dall'art. 6 del D.L. 135/2018 a decorrere dal 1° gennaio 2019. Lo stesso art. 6 ha previsto, in sostituzione di tale sistema, l’istituzione del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI) e ha disposto - fino alla definizione ed alla piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente - l'applicazione dei meccanismi di tracciabilità tradizionali (registri di carico e scarico, formulari di trasporto e MUD). Tali meccanismi sono tuttora utilizzati, poiché gli atti attuativi necessari alla definizione e all'operatività del nuovo sistema di tracciabilità non sono stati ancora emanati. Occorre altresì considerare che l'art. 1, comma 16, del d.lgs. 116/2020 (con cui sono state recepite le nuove direttive rifiuti e imballaggi) ha riportato all'interno del Codice dell'ambiente (mediante la riscrittura dell'art. 188-bis del d.lgs. 152/2006) la nuova disciplina del RENTRI introdotta dal richiamato art. 6 del D.L. 135/2018.

In merito all'attuale stato del sistema della tracciabilità, in risposta all’interrogazione 3/02353, svolta nella seduta del 23 giugno 2021, il Ministro della transizione ecologica ha evidenziato che "ad oggi, il Ministero sta procedendo all'attuazione della normativa prevista dal nuovo articolo 188-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dal decreto di recepimento, in modo da disciplinare l'organizzazione e il funzionamento del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità, nonché i modelli dei formati relativi al registro di carico e scarico dei rifiuti. Inoltre, è stato dato avvio alla fase di sperimentazione del prototipo di Registro elettronico per la tracciabilità, avvalendosi, in questa fase iniziale, delle proposte emerse dal confronto con diversi stakeholder. La realizzazione del prototipo di REN, di Registro elettronico è basata sull'individuazione di un campione di imprese rappresentativo di tutte le categorie e tipologie di operatori che sono potenzialmente interessati dall'applicazione del sistema. Questo per avviare una fase di sperimentazione riferita ad uno schema di regolamento relativo al funzionamento del Registro elettronico, che è attualmente in fase di redazione".

Si ricorda inoltre che la lettera d) del comma 1 dell'art. 35 del D.L. 77/2021 ha modificato il comma 4 del succitato art. 188-bis, che disciplina il contenuto dei decreti attuativi del RENTRI, al fine di precisare che tali decreti devono disciplinare le modalità per la verifica e l'invio della comunicazione dell'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e non, come prevedeva il testo previgente, dell'avvenuto recupero o smaltimento dei rifiuti.

 


 

Articolo 50, comma 4
(Abrogazione della disciplina per l’utilizzo del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi)

 

 

L’articolo 50, comma 4, prevede l’abrogazione della disciplina recata dall’art. 41-quater del D.L. 69/2013 relativa all’utilizzo del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi.

 

L’art. 41-quater del D.L. 69/2013 prevedeva l’adozione (da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ora Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali) di un decreto “contenente disposizioni che consentano la produzione, la commercializzazione e l'uso del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi ad uso agricolo e zootecnico, sottraendolo in modo definitivo alla disciplina dei rifiuti”. Lo stesso articolo prevedeva altresì l’emanazione di un decreto “per stabilire i criteri qualitativi e quantitativi per l'utilizzo delle sostanze prodotte nel corso della lavorazione degli agrumi, nel medesimo o in altri cicli di produzione”.

Tali decreti non sono mai stati emanati.

La relazione illustrativa giustifica l’abrogazione in esame alla luce del fatto che “invero, tale disciplina può essere introdotta mediante modifica ed integrazione del già vigente decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 ottobre 2016, n. 264 (“Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”)”.

 


 

Articolo 50, comma 5
(Abrogazione di misure di coordinamento e monitoraggi
in materia di cambiamenti climatici e qualità dell’aria)

 

 

L’articolo 50, comma 5, prevede l’abrogazione dei commi 1 e 2-bis dell’art. 1 del D.L. 111/2019 che hanno previsto l’approvazione di un “Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria” e istituito presso il Ministero della transizione ecologica, ai fini del monitoraggio dell’attuazione del Programma stesso, il tavolo permanente interministeriale sull'emergenza climatica.

 

La relazione illustrativa evidenzia che “l’abrogazione appare necessaria in quanto il Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria contemplerebbe misure già adottate ovvero da adottarsi sulla base di piani e programmi esistenti (tra cui anche il PNRR che prevede, alla Missione M2C 4.3 – Riforma 3.1, l’adozione di programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico), senza, tuttavia, rispondere efficacemente a una finalità di coordinamento delle misure stesse. Parimenti, l’istituzione del Tavolo permanente interministeriale sull’emergenza climatica apparirebbe superflua alla luce della sopravvenuta istituzione del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) cui è affidato, tra l’altro, il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, nonché di approvare il Piano per la transizione ecologica”.

Si ricorda che l’istituzione del CITE è stata operata dall’art. 4 del D.L. 22/2021.

 


 

Articolo 51
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 51 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame.

 


 

Articolo 52
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 52 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 7 novembre 2021.

 

 

 

 

 

 



[1]   La Convenzione ha lo scopo dichiarato di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità. Uno dei principi della Convenzione riguarda l'accessibilità. In questo ambito, per "progettazione universale" si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutti, nella misura più estesa possibile, senza bisogno di adattamenti o progettazioni specializzate. La "progettazione universale" non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità, ove necessari. La Convenzione è stata già richiamata nell’articolo 10 del decreto-legge n. 83 del 2014, che contiene norme urgenti per riqualificare e migliorare le strutture ricettive turistico-alberghiere e favorire l'imprenditorialità nel settore turistico.

[2]     Il citato comma, per le finalità previste dai commi da 354 a 360 ha autorizzato la spesa di 80 milioni di euro per l'anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006. Tale autorizzazione di spesa ha subito variazioni nel corso degli anni e, a legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020), presenta uno stanziamento pari a circa 85 milioni per il 2021 e a 115 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023 (cap.1900/MEF relativo ai “contributi in conto interessi da corrispondere alla Cassa depositi e prestiti sui finanziamenti a carico del fondo rotativo per il sostegno alle imprese, nonché rimborso delle relative spese di gestione.

[3]     Tale norma incide dunque implicitamente su quanto già previsto dal comma 1 del citato articolo 6 del D.L. n. 35/2005 secondo il quale una quota pari ad almeno il 30 per cento delle risorse finanziarie del FRI è destinata a sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica. L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo di tale quota parte di risorse è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE, secondo specifiche priorità indicate nel comma 4 dell’articolo 6 del D.L. n. 35/2005.

[4]     L’art. 10 del D.P.R. 327/2001 dispone, tra l’altro, che “se la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, il vincolo preordinato all'esproprio può essere disposto, … mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico”.

[5]     Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile

[6]     Cfr. delibere CIPE 6 novembre 2015, n. 94, 23 dicembre 2015, n. 114, 1° maggio 2016, n. 10, n. 11 e n. 12, 10 agosto 2016, n. 27, n. 44, n. 45, n. 46 e n. 47, 1° dicembre 2016, n. 58, 3 marzo 2017, n. 6 e n. 7, 10 luglio 2017, n. 52, n. 53, n. 54, n. 55 e n. 56, 28 febbraio 2018, n. 20, n. 21 e n. 22, 28 novembre 2018, n. 71, 4 aprile 2019, n. 11 e n. 16, 20 maggio 2019, n. 30 e n. 31, 24 luglio 2019, n. 44, 21 novembre 2019, n. 73, 17 marzo 2020, n. 5 e 28 luglio 2020, n. 47 di approvazione dei Programmi Complementari 2014/2020 e di assegnazione di risorse della programmazione complementare 2014/2020 per il completamento della programmazione 2007/2013.

[7]     Cfr. delibere CIPE 28 luglio 2020, n. 47 e 9 giugno 2021, n. 40.

[8]     Per una illustrazione sintetica del regolamento sul Dispositivo di ripresa e resilienza si veda ala Nota su atti UE n. 67/1 del Servizio studi del Senato.

[9]     Come già modificato dall’articolo 15, comma 1, del D.L. n. 77 del 2021 e dall’articolo 10, comma 1, del D.L. n. 121 del 2021.

[10]   Si ricorda che nel Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 agosto 2021 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 2021) - che reca l’assegnazione delle risorse finanziarie (191,5 miliardi di euro) previste per l’attuazione degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) alle singole Amministrazioni titolari – gli interventi di competenza sono elencati, per ciascun Ministero, con l’indicazione dei relativi importi totali, suddivisi per progetti in essere, nuovi progetti e quota anticipata dal Fondo di sviluppo e coesione. Ai progetti in essere è destinata una quota pari a 51,4 miliardi.

[11]   Per una analisi degli utilizzi disposti in via legislativa delle risorse disponibili per il PNRR, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 30 del Servizio Bilancio dello Stato “PNRR: dati finanziari e quadro delle risorse e degli impieghi”, di novembre 2011).

[12]   Tale disposizione prevede che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

[13]   Per un'analisi del PNRR dell'Italia e della Decisione di esecuzione del Consiglio, si rinvia al dossier dei Servizi studi di Camera e Senato e all'apposita sezione del Portale delle documentazione della Camera dei deputati.

[14]   Nella descrizione del traguardo si prevede che “Il quadro rivisto per la spending review nelle amministrazioni centrali dello Stato (ministeri) deve migliorarne l’efficacia, rafforzando il ruolo del Ministero dell’Economia e delle Finanze. In particolare, esso deve prevedere un ruolo potenziato del Ministero dell’Economia e delle Finanze nella valutazione ex ante, nei processi di monitoraggio e nella valutazione ex post, in modo da consentire l’esecuzione completa delle revisioni e il conseguimento degli obiettivi previsti”. La riforma (con numerazione 1.13), è collocata nella Missione 1, Componente 1, n.100, del PNRR (sigla M1C1-100)

[15]   Introdotto dall’articolo 4 del decreto legislativo n.90 del 2016.

[16]   L’art. 6 del DPCM 9 aprile 2001 ha individuato i requisiti di merito utilizzando come parametro i crediti formativi universitari (CFU).

Le condizioni economiche dello studente sono individuate, ai sensi dell’art. 5, sulla base dell'ISEE. Sono previste come modalità integrative di selezione l'ISEE estero e l'ISPE. I limiti massimi di ciascun indicatore – entro cui regioni, province autonome e università (per gli interventi di rispettiva competenza) possono fissare la soglia massima – sono aggiornati annualmente con decreto ministeriale.

In materia, il regolamento adottato con DPCM 5 dicembre 2013, n. 159, relativo alla revisione delle modalità di determinazione e dei campi di applicazione dell’ISEE, emanato acquisita l'intesa della Conferenza unificata, ha definito, all’art. 8, modalità specifiche di calcolo dello stesso per le prestazioni per il diritto allo studio universitario. Successivamente, peraltro, a seguito delle Sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, l’art. 2-sexies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) ha modificato le modalità di calcolo dell’ISEE del nucleo familiare che ha tra i suoi componenti persone con disabilità o non autosufficienti, nelle more dell’adozione delle modifiche al DPCM 159/2013. Ulteriori modifiche al DPCM 159/2013 sono state apportate dall’art. 1, co. 338, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), con riferimento al requisito della residenza dello studente.

Per l’a.a. 2021/2022, il DM 18 marzo 2021, n. 256 ha confermato l’importo massimo dell’ISEE ad € 23.626,32 e l’importo massimo dell’ISPE ad € 51.361,58. Si tratta dei valori previsti per l’a.a. 2020/2021 dal DM 9 maggio 2020, n. 65.

[17]   La voce materiale didattico comprende la spesa per libri di testo e strumenti didattici indispensabili per lo studio. Non è compresa la spesa per l'acquisto di personal computer ed altri strumenti od attrezzature tecniche o informatiche.

[18]   La voce trasporto comprende la spesa effettuata per spostamenti in area urbana ed extra-urbana, dalla sede abitativa alla sede di studio, con riferimento alle tariffe più economiche degli abbonamenti del trasporto pubblico. Per gli studenti fuori sede è computato anche il costo per il raggiungimento della sede di origine due volte l'anno con riferimento alle tariffe più economiche del trasporto pubblico.

[19]   La voce ristorazione comprende, per gli studenti fuori sede, la spesa relativa al servizio offerto per due pasti giornalieri, dalle mense universitarie o da strutture convenzionate, ovvero la spesa per mangiare in casa; per gli studenti in sede e pendolari, la spesa per un pasto giornaliero.

[20]   La voce alloggio è riferita allo studente fuori sede e comprende la spesa per l'affitto in stanza doppia o residenza universitaria e per le relative spese accessorie (condominio, riscaldamento, luce, acqua, gas, tassa sui rifiuti), tenuto conto dei canoni di locazione mediamente praticati sul mercato nei diversi comuni sede dei corsi.

[21]   La voce accesso alla cultura include la spesa essenziale effettuata dagli studenti per frequentare eventi culturali presso la città sede dell'ateneo per il completamento del percorso formativo.

[22]   Il Fondo integrativo statale è allocato sul cap. 1710 dello stato di previsione del MUR.

[23]   La misura minima della tassa regionale è fissata, rispettivamente per le diverse fasce, in € 120, € 140 e € 160. Le regioni e le province autonome possono stabilire l'importo della tassa fino ad un massimo di € 200 (da aggiornare annualmente, in base al tasso di inflazione programmato). Qualora non vi provvedano, la stessa è fissata in € 140.

[24]   L'impegno delle regioni in termini maggiori è valutato attraverso l'assegnazione di specifici incentivi nel riparto del FIS e del Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO) che hanno sede nel relativo territorio.

[25]   L’art. 11, della L. 341/1990, in materia di autonomia didattica degli atenei, ha stabilito, ai co. 1 e 2, che l’ordinamento degli studi dei corsi universitari è disciplinato, per ciascun ateneo, da un regolamento didattico di ateneo.

I consigli delle strutture didattiche determinano, con apposito regolamento, in conformità al regolamento didattico di ateneo e nel rispetto della libertà di insegnamento, tra l’altro, per quanto qui più interessa: l'articolazione dei corsi, i piani di studio con relativi insegnamenti fondamentali obbligatori, i moduli didattici, le prove di valutazione della preparazione degli studenti, le attività di laboratorio, pratiche e di tirocinio.

[26]   In base all’art. 1 del DM 270/2004, per ambito disciplinare si intende un insieme di settori scientifico-disciplinari culturalmente e professionalmente affini, definito dai decreti ministeriali.

[27]   "Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari".

[28]   Le richiamate procedure e modalità per la presentazione dei progetti e per l'erogazione dei finanziamenti sono state disciplinate con D.M. 9 maggio 2001, n. 116, con D.M. 22 maggio 2007, n. 42, con D.M. 7 febbraio 2011, n. 26, e con D.M. 29 novembre 2016, n. 937.

[29] Il citato comma 1073 così recita: 'A valere sugli stanziamenti previsti dal comma 1072 e nell'ambito dei settori di spesa ivi indicati, una quota annua pari a 70 milioni di euro può essere destinata al finanziamento:

a) degli interventi individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2015 di approvazione del «Piano stralcio aree metropolitane ed aree urbane con alto livello di popolazione esposta al rischio di alluvione» e non ancora finanziati;

b) degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico nelle regioni del centro-nord, individuati ai sensi del comma 1074'.

[30]   Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile

[31]   Il richiamo ai requisiti di addizionalità e di ammissibilità della spesa a decorrere dal 1° gennaio 2021 sembrerebbe far riferimento a quanto previsto dall’articolo 1, comma 178, lettera a), della legge di bilancio 2021: “a) la dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione è impiegata per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, sulla base delle missioni previste nel «Piano Sud 2030» e dando priorità alle azioni e agli interventi previsti nel Piano, compresi quelli relativi al rafforzamento delle amministrazioni pubbliche. La dotazione finanziaria è altresì impiegata in coerenza con gli obiettivi e le strategie definiti per il periodo di programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e di investimento europei, nonché in coerenza con le politiche settoriali e con le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo princìpi di complementarità e addizionalità delle risorse.”

[32]   Tale incremento è stato reso possibile essendosi nel frattempo liberate risorse della medesima entità in conseguenza della riduzione del cofinanziamento nazionale del PON richiesto a seguito della riprogrammazione del PON «Per la Scuola. Competenze e ambienti per l'apprendimento» FSE-FESR (oggetto di decisione C(2018) 7764 Final del 20 novembre 2018 con riferimento alle regioni meno sviluppate e a quelle in transizione).

[33]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108.

[34]   Il comma 449 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 citato riguarda l’obbligo di approvvigionamento tramite l’utilizzo delle convenzioni-quadro per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie; il comma 450 del medesimo articolo riguarda l’obbligo di ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Tale disposizione, menzionando l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione, ne esclude l’applicazione per le "scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie", per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, senza alcuna precisazione in merito alla tipologia di acquisti effettuati. In particolare, la disposizione stabilisce che per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del MIUR (ora Ministero dell'istruzione - MI), linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni.

[35] Per approfondimenti sul contenuto del regolamento e, più in generale, le risposte delle istituzioni dell'Unione europea (UE) all'epidemia di coronavirus, si rinvia alla Nota UE n. 44/19, pubblicata dal Servizio studi del Senato della Repubblica.

[36]   Il Programma nazionale per la ricerca 2021-2027 è stato approvato con delibera CIPE n. 74 del 15 dicembre 2020.

[37]   Prima di allora, l'ultimo bando PRIN, di durata triennale, era stato emanato con D.D. n. 3728 del 27 dicembre 2017. In base all'art. 1 del bando, il programma era destinato al finanziamento di progetti di ricerca pubblica, "allo scopo di favorire il rafforzamento delle basi scientifiche nazionali e rendere più efficace la partecipazione alle iniziative relative ai programmi quadro dell’Unione europea". Il programma finanziava progetti triennali che per complessità e natura potevano richiedere la collaborazione di più professori/ricercatori e/o le cui esigenze di finanziamento eccedevano la normale disponibilità delle singole istituzioni.

Qui maggiori informazioni.

[38]   L'art. 1, co. 870, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007) ha istituito nello stato di previsione del (ora) Ministero dell’università e della ricerca il FIRST nel quale sono confluite le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), di cui all'art. 5 del d.lgs. 297/1999, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), di cui all'art. 104 della L. 388/2000, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della L. 289/2002.

Il FIRST è allocato sul cap. 7245 e – con riferimento alla quota per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale – sul cap. 7345.

[39]   L’art. 1, co. 1, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha istituito il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca, con conseguente soppressione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

[40]   Il programma c.d. “Rientro dei cervelli” è stato avviato dal DM 26 gennaio 2001, n. 13. In particolare, l’art. 1 del D.M. aveva stabilito, a partire dal 2001 e a valere sul FFO: uno stanziamento di 20 miliardi di lire annui per la stipula di contratti di diritto privato (di durata fino a tre anni accademici) con studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e scientifica; un ulteriore stanziamento di 20 miliardi di lire annui per sostenere specifici programmi di ricerca da affidare ai titolari dei contratti suddetti. L’art. 2 aveva, altresì, destinato – sempre a valere sul FFO e a partire dal 2001 – la somma di 10 miliardi di lire per sostenere ed incentivare le chiamate nel ruolo della docenza di prima fascia di professori stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattiche o di ricerca nell’ultimo triennio.

Successivamente, prima con il DM 20 marzo 2003, n. 501 e poi con il DM 1° febbraio 2005, n. 18 è stato previsto che ogni anno un’apposita quota del FFO fosse destinata alla stipula di contratti da parte delle università statali con studiosi ed esperti stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e di ricerca. Il programma si rivolgeva a studiosi di ogni disciplina e nazionalità, purché in possesso almeno del titolo di dottore di ricerca o equivalente al momento della presentazione della domanda.

Nel prosieguo, l’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 ha sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero.

[41]   L’identificazione dei programmi di ricerca di alta qualificazione, allora finanziati dall’Unione europea o dal MIUR, di cui all’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 è stata operata, da ultimo, con il DM 28 dicembre 2015, n. 963.

[42]   L’Istituto universitario europeo opera nel campo delle scienze sociali e umanistiche.

[43]   La Max Planck Society conduce ricerche di base nelle scienze naturali, nelle scienze della vita e nelle scienze umane.

[44]   Il DM 662/2016 è stato poi integrato con DM 1 giugno 2017, n. 372.

[45]   Il sorteggio garantisce, laddove possibile, la partecipazione di almeno un commissario per ciascun settore scientifico-disciplinare compreso nel settore concorsuale al quale afferiscono almeno 10 professori ordinari.

[46]   La terza missione attiene, sostanzialmente, al trasferimento tecnologico e alla valorizzazione dei risultati della ricerca.

Al riguardo, si ricorda che, con l’introduzione del sistema di autovalutazione, valutazione periodica e accreditamento degli atenei (AVA), la terza missione è stata riconosciuta come una missione istituzionale delle università, accanto all’insegnamento e alla ricerca. Sono stati identificati specifici indicatori e parametri di valutazione della terza missione (allegato E del DM 47/2013) e la qualità della terza missione è stata considerata tra i requisiti di qualità delle sedi e dei corsi di studio (allegato C del DM 987/2016 e, successivamente, allegato C del DM 6/2019 e del DM 1154/2021). Più ampiamente, v. qui.

[47]   In base alla definizione che ne ha dato il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la ricerca traslazionale ha come obiettivo la “trasformazione dei risultati ottenuti dalla ricerca di base in applicazioni cliniche, al fine di migliorare ed implementare i metodi di prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie umane”.

[48]    Diverse città (per esempio, Brescia, con la Ecologis, Padova con l’Interporto, Vicenza con la Logistic city e altre) hanno adottato sistemi per la consegna merci nelle ZTL per cui l’accesso ai furgoni privati su gomma è molto limitato e tali veicoli sono tenuti a scaricare presso centri in periferia prestabiliti. La merce viene quindi portata a bordo di mezzi elettrici di una partecipata comunale e consegnata ai dettaglianti.

[49]   Tale disposizione prevede che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

[50]   Tale struttura era stata istituita in via temporanea dall'articolo 16, comma 12, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche), con responsabilità di coordinamento, gestione e controllo dei programmi e degli interventi volti, nell'ambito della politica di coesione, al perseguimento degli obiettivi del Ministero inerenti all'organizzazione del sistema giustizia.

[51]   La Missione 6 del PNRR (qui il riferimento al sito del Governo) è interamente intestata alla materia della Salute e risulta divisa nelle due componenti di 1. “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale e 2 “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale” (qui un approfondimento).

[52]   Regolamento recante norme sull'organizzazione ed il funzionamento dell'Agenzia Italiana del Farmaco, a norma dell'articolo 48, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

[53]   Prevedere, nel caso di immissione di nuovi farmaci comportanti, a parere della struttura tecnico scientifica individuata dai decreti di cui al comma 13, vantaggio terapeutico aggiuntivo,  in sede di revisione ordinaria del prontuario, una specifica valutazione di costo-efficacia, assumendo come termini di confronto il prezzo di riferimento per la relativa categoria terapeutica omogenea e il costo giornaliero comparativo nell'ambito di farmaci con le stesse indicazioni terapeutiche, prevedendo un premio di prezzo  sulla  base dei criteri previsti per la normativa vigente, nonche' per i farmaci orfani;

[54]   Provvedere alla immissione di nuovi farmaci non comportanti, a parere della predetta struttura tecnico scientifica individuata, in particolare, dal Regolamento di organizzazione dell’AIFA (qui il testo), vantaggio  terapeutico, in sede di revisione ordinaria del prontuario, solo se il  prezzo  del  medesimo medicinale è inferiore o uguale al prezzo più basso dei  medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea;

[55]   Provvedere, su proposta della struttura tecnico scientifica sopra individuata, entro il 30  giugno  2004, alla definitiva individuazione delle confezioni ottimali per l'inizio e il mantenimento delle terapie contro le patologie croniche con farmaci a carico del SSN, provvedendo altresì alla  definizione dei relativi criteri del prezzo. A decorrere dal settimo mese successivo alla data di assunzione del provvedimento da parte dell'Agenzia, il prezzo dei medicinali presenti nel Prontuario Farmaceutico Nazionale, per cui non si sia proceduto all'adeguamento delle confezioni ottimali deliberate dall'Agenzia, è ridotto del 30%.

[56]   Con il precedente Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 2015 era stato nominato Commissario Straordinario, il dott. Salvatore Nastasi per un periodo di tre anni, a titolo gratuito e rinnovabile.

[57]   Al riguardo si rinvia al dossier n. 44/II del luglio 2013, predisposto in occasione dell'esame dell'AS 974/XVII nonché al dossier n. 36/3 del 7 agosto 2013, predisposto in occasione dell'esame dell'AC 1248-B.

[58]   La verifica dell'occasionalità dell'infiltrazione mafiosa, che il tribunale è tenuto a compiere per disporre il controllo giudiziario ai sensi dell'art. 34-bis del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l'emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dall'art. 34-bis, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011. In questo senso ha disposto la Cassazione penale (Sez. VI Sent., 14/10/2020, n. 1590 (rv. 280341-01)) che ha precisato, in motivazione, che il controllo giudiziario comporta una minore ingerenza rispetto all'amministrazione giudiziaria e mira ad esercitare la vigilanza in ordine al recupero di una gestione dell'azienda improntata alla libera concorrenza, al di fuori del condizionamento delle infiltrazioni mafiose.