Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: D.L. 146/2021 - Misure urgenti in materia fiscale e tutela del lavoro
Riferimenti: AC N.3395/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 490/2
Data: 06/12/2021
Organi della Camera: VI Finanze, XI Lavoro

Misure urgenti in materia fiscale
e tutela del lavoro

D.L. 146/2021 – A.C. 3395

 

Dicembre 2021

 

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Dossier n. 468/2

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 490/2

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE

 

Articolo 1 (Rimessione in termini per la Rottamazione-ter e Saldo e Stralcio) 7

Articolo 1-bis (IRAP - proroga versamento IMPI) 9

Articolo 2 (Estensione termine cartelle di pagamento) 12

Articolo 3 (Estensione della rateazione per i piani di dilazione) 14

Articolo 3-bis (Non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti alla impugnabilità del ruolo) 17

Articolo 3-ter (Rimessione in termini del versamento degli importi richiesti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni - avvisi bonari) 20

Articolo 3-quater (Differimento dei termini per il versamento di contributi previdenziali e premi assicurativi nel settore dello sport) 22

Articolo 4 (Integrazione contributo a favore di Agenzia delle entrate - Riscossione) 23

Articolo 5, commi da 1 a 4 (Lotteria dei corrispettivi) 26

Articolo 5, commi 2-bis e 2-ter (Esenzione TARI per immobili indicati nel Trattato del Laterano) 29

Articolo 5, comma 3-bis (Proroga della durata di concessioni di aree e strutture nel settore dei trasporti) 31

Articolo 5, comma 5 (Credito d’imposta teatro e spettacoli) 33

Articolo 5, comma 6 (Disposizioni in materia di riscossione locale) 35

Articolo 5, comma 6-bis (Patrimonio destinato) 37

Articolo 5, commi 7-12 e comma 15 (Riversamento spontaneo crediti di imposta) 42

Articolo 5, comma 12-bis (Sistemi evoluti di incasso) 46

Articolo 5, comma 12-ter (Trasmissione telematica Sistema tessera sanitaria) 47

Articolo 5, comma 12-quater (Esenzione fattura elettronica Sistema tessera sanitaria) 49

Articolo 5, comma 13 (Aiuti di importo limitato e aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti) 50

Articolo 5, comma 14-bis (Disposizioni speciali sul pagamento in modo virtuale per determinati soggetti) 53

Articolo 5, comma 14-ter (Abolizione esterometro) 56

Articolo 5, comma 14-quater (Contabilità di magazzino) 57

Articolo 5, comma 14-quinquies (Canone unico) 59

Articolo 5, commi 15-bis e 15-ter (Esenzioni temporanee IVA (direttiva (UE) 1159/2021)) 62

Articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies (Modifiche alla disciplina dell'Imposta sul valore aggiunto) 64

Articolo 5, comma 15-septies (Modifiche al regime delle accise sull’alcol e sulle bevande alcoliche) 69

Articolo 5-bis (Rideterminazione della base imponibile del trattamento economico dei dipendenti pubblici in servizio all'estero) 76

Articolo 5-ter (Controllo formale delle dichiarazioni precompilate) 78

Articolo 5-quater (Modifiche al comma 3-bis dell'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007) 79

Articolo 5-quinquies (Interpretazione autentica del comma 1-ter dell'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) 80

Articolo 5-sexies (Misure a sostegno delle attività ricettive) 82

Articolo 5-septies (Regime di non imponibilità IVA per servizi di trasporto di beni in importazione o esportazione) 86

Articolo 5-octies (Spese di giudizio da parte dell'Agente della riscossione) 88

Articolo 5-novies (Integrazione tra strumenti di pagamento elettronico e strumenti per la memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi fiscali) 89

Articolo 5-decies (IMU prima casa nucleo familiare) 91

Articolo 6 (Semplificazione della disciplina del patent box) 94

Articolo 7, commi 1 e 2 (Rifinanziamento del Fondo per l’incentivazione della mobilità a basse emissioni) 100

Articolo 7, comma 2-bis (Contributi per veicoli poco inquinanti) 102

Articolo 7-bis (Trasporti eccezionali) 104

Articolo 8 (Trattamenti di malattia per i lavoratori in quarantena e per i lavoratori fragili) 107

Articolo 9 (Congedo straordinario per genitori e stanziamento per la sostituzione del personale scolastico) 113

Articolo 9-bis (Fondo per genitori lavoratori separati o divorziati al fine di garantire la continuità di erogazione dell'assegno di mantenimento) 119

Articolo 10 (Integrazione salariale per i lavoratori di Alitalia in amministrazione straordinaria) 121

Articolo 11, commi 1-12 (Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19) 124

Articolo 11, commi 13 e 14 (Rifinanziamento Reddito di cittadinanza) 134

Articolo 11, comma 15 (Norma in materia di somministrazione di lavoro) 141

Articolo 11, commi 16 e 17 (Proroga indennità lavoratori aree crisi industriale complessa della Sicilia) 143

Articolo 11-bis (Differimento di termini procedurali relativi ai trattamenti e assegni di integrazione salariale con causale COVID-19) 145

Articolo 11-ter (Fondo nuove competenze) 146

Articolo 12, comma 1 (Norma in materia di mobilità del personale nelle pubbliche amministrazioni) 150

Articolo 12, comma 1-bis (Disciplina dei collocamenti fuori ruolo e dei comandi presso amministrazioni pubbliche titolari di interventi previsti nel PNRR o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari) 152

Articolo 12-bis (Assunzioni di professionisti sanitari specializzandi da parte di strutture sanitarie private accreditate) 153

Articolo 12-ter (Assegni assistenziali di invalidità civile) 156

Articolo 12-quater (Incremento della dotazione organica dell’Accademia nazionale dei Lincei) 157

Articolo 12-quinquies (Disposizioni in favore dei lavoratori con disturbo dello spettro autistico e dei relativi datori di lavoro e Norme in favore delle start-up a vocazione sociale) 159

Articoli 13 e 13-bis (Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) 162

Articolo 14, commi 1-4 (Disposizioni urgenti per l’adempimento di obblighi internazionali e per la liquidazione degli enti dipendenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) 180

Articolo 14, comma 5 (Cappellani militari) 185

Articolo 14, comma 6 (Certificati di vaccinazione rilasciati dalle autorità sanitarie della Repubblica di San Marino) 189

Articolo 15 (Proroga dell'incremento di personale per l'operazione “Strade sicure” e misure urgenti per il presidio del territorio in occasione del vertice G-20) 191

Articolo 15-bis (Interventi assistenziali degli enti di previdenza obbligatoria di diritto privato) 196

Articolo 16, commi 1-3 (Disposizioni finanziarie) 197

Articolo 16, comma 3-bis (Utilizzo di graduatorie di altre pubbliche amministrazioni) 198

Articolo 16, commi 4-8 (Attribuzione di risorse alle regioni a statuto speciale e province autonome in attuazione di accordi) 199

Articolo 16, commi 8-bis-8-sexies (Contributi ai comuni della regione Siciliana e ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana per la riduzione del disavanzo) 203

Articolo 16, commi 8-septies e 8-octies (Risorse finanziarie nel settore sanitario in favore delle regioni e delle province autonome) 207

Articolo 16, comma 8-novies (Relazione al Ministero della salute sulle attività assistenziali di Regioni e Province autonome con specifico riferimento al recupero delle liste d’attesa) 210

Articolo 16, comma 9 (Programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale) 214

Articolo 16, commi 10 e 11 (Contributo enti locali in attuazione di sentenze Consiglio di Stato) 216

Articolo 16, comma 10-bis (Somme dovute ai Comuni di frontiera) 220

Articolo 16, comma 11-bis (Quantificazione e copertura oneri) 222

Articolo 16-bis (Misure di semplificazione ed accelerazione degli interventi di rifunzionalizzazione degli immobili per il soddisfacimento delle esigenze logistiche delle amministrazioni statali) 226

Articolo 16-ter (Destinazione proventi del "fondo massa" della Guardia di finanza) 236

Articolo 16-quater (Attività internazionale del Corpo della Guardia di finanza) 237

Articolo 16-quinquies (Anagrafe nazionale dei serbatoi di GPL) 238

Articolo 16-sexies, comma 1 (Disciplina contratti locazione passiva stipulati dalle Amministrazioni statali entro il 31.12.2023) 239

Articolo 16-sexies, comma 2 (Contenimento della spesa per società pubbliche) 241

Articolo 16-septies (Misure relative all'Agenas e al Servizio sanitario della Regione Calabria) 245

Articolo 16-octies (Semplificazione e accelerazione delle attività finalizzate alla realizzazione del programma di interventi per le città di Bergamo e Brescia designate "Capitale italiana della cultura" per il 2023) 247

Articolo 17, comma 1 (Assegno unico e universale) 249


 

Articolo 17, comma 2 (Eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020) 252

Articolo 17, commi 3 e 4 (Disposizioni finanziarie) 253

Articolo 18 (Entrata in vigore) 258

 

 


Articolo 1
(Rimessione in termini per la Rottamazione-ter e Saldo e Stralcio)

 

 

L’articolo 1, modificato al Senato, rimette in termini i contribuenti che hanno usufruito di alcuni istituti di definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione (cd. Rottamazione-ter e saldo e stralcio); per effetto delle norme in esame, i pagamenti delle relative rate sono considerati tempestivi se effettuati nel termine riunificato del 9 dicembre 2021. Entro tale data possono dunque essere versate le rate in scadenza nel 2020 e nel 2021 senza incorrere nell’inefficacia della definizione.   

 

L’articolo in esame sostituisce il comma 3 dell’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 (Cura Italia), a sua volta già modificato dall’articolo 154, comma 1, lettera c) del decreto-legge Rilancio, n. 34 del 2020), dall’articolo 13-septies del decreto-legge Ristori (decreto-legge n. 137 del 2021), dall’articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto-legge Sostegni (decreto-legge n. 41 del 2021) e dall’articolo 1–sexies del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge n. 73 del 2021).

 

Il richiamato comma 3 è relativo al pagamento delle rate in scadenza nel 2020 e nel 2021 delle somme dovute per alcuni istituti di definizione agevolata, ovvero per la cosiddetta rottamazione-ter (di cui agli articoli 3 e 5 del decreto legge n. 119 del 2018 e 16-bis del decreto legge n. 34 del 2019), della rottamazione risorse proprie UE (di cui all'articolo 5 del decreto legge n. 119 del 2018) e del saldo e stralcio delle cartelle (di cui all'articolo 1, comma 190, della legge n. 145 del 2018 - legge di bilancio 2019).

Per ulteriori informazioni si rinvia al tema sul decreto-legge n. 119 del 218 e al tema web sulle Misure fiscali e finanziarie adottate per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

 

Le disposizioni antecedenti all’entrata in vigore del decreto-legge in esame disponevano che si considerasse tempestivo, e dunque tale da non pregiudicare l’efficacia delle relative definizioni agevolate, il versamento delle rate dovute nel 2020 e delle rate dovute entro il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021, se effettuato integralmente:

§  entro il 31 luglio 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio e il 31 marzo 2020;

§  entro il 31 agosto 2021, per la rata in scadenza il 31 maggio 2020;

§  entro il 30 settembre 2021, per la rata in scadenza il 31 luglio 2020;

§  entro il 31 ottobre 2021, per la rata in scadenza il 30 novembre 2020;

§  entro il 30 novembre 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021.

 

Per effetto delle norme in commento – come modificate al Senato - il pagamento delle rate dovute nel 2020 e nel 2021 è considerato tempestivo e non determina l'inefficacia delle stesse definizioni se effettuato integralmente, con applicazione delle disposizioni dell'articolo 3, comma 14-bis, del citato decreto-legge n. 119 del 2018, entro il 9 dicembre 2021 (termine così prorogato al Senato; il testo originario del decreto-legge fissava il termine per il pagamento tempestivo al 30 novembre 2021).

Di conseguenza, con le modifiche proposte si differisce al 9 dicembre 2021 il termine per effettuare il versamento delle rate della rottamazione-ter e del saldo e stralcio da corrispondere negli anni 2020 e 2021 senza incorrere nell'inefficacia della definizione.

 

Resta ferma, come nella disposizione precedentemente vigente, l’applicazione delle disposizioni dettate dall’articolo 3, comma 14-bis, del decreto legge n. 119 del 2018, per effetto delle quali l'inefficacia delle definizioni per mancato tempestivo pagamento anche di una sola rata non si produce, nei casi di tardività non superiore a cinque giorni.

 


 

Articolo 1-bis
(IRAP - proroga versamento IMPI)

 

 

L’articolo 1-bis, introdotto al Senato, al comma 1 proroga dal 30 novembre 2021 al 31 gennaio 2022 il termine per il versamento, senza sanzioni e interessi, dell’IRAP non versata e sospesa ai sensi dell'articolo 24 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio), in caso di errata applicazione delle disposizioni relative alla determinazione dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea sul “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19”.

Il comma 2 prevede che anche nel 2021 il versamento dell’imposta municipale propria sulle piattaforme marine (IMPi) avvenga in un’unica soluzione, entro il 16 dicembre del medesimo anno, e che sia effettuato direttamente allo Stato, il quale provvede successivamente a ripartirlo ai comuni aventi diritto.

 

Il comma 1 interviene in particolare sull’articolo 42-bis, comma 5, del decreto-legge n. 104 del 2020.

La richiamata norma dispone, in caso di errata applicazione delle disposizioni dell'articolo 24, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio) in materia di sospensione del pagamento dell’IRAP dovuta per il 2019 e per il 2020 (prima rata dell’acconto), in relazione alla determinazione dei limiti e delle condizioni previsti dal cd. Temporary Framework sugli aiuti di Stato nel corso dell’emergenza pandemica (Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final ''Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19'' e successive modifiche, per cui si veda il sito della documentazione parlamentare), che l'importo dell'imposta erroneamente non versata sia dovuto entro il 30 novembre 2021,  senza applicazioni di sanzioni né interessi.

Tale termine, originariamente fissato al 30 novembre 2020, è stato successivamente prorogato dall’articolo 13-quinquies, comma 6 del decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. Ristori), dall’articolo 01 del decreto-legge n. 41 del 2021 (cd. Sostegni) e dall’articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 132 del 2021.

 

Per effetto delle disposizioni in esame, il termine per il versamento dell’imposta sospesa ed erroneamente non pagata viene spostato, senza sanzioni e interessi, al 31 gennaio 2022.

 

Si rammenta che l'articolo 24 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha disposto che le imprese, con un volume di ricavi non superiore a 250 milioni, e i lavoratori autonomi, con un corrispondente volume di compensi, non siano tenuti al versamento del saldo dell’IRAP dovuta per il 2019 né della prima rata dell’acconto dell’IRAP dovuta per il 2020. Rimane fermo l’obbligo di versamento degli acconti per il periodo di imposta 2019. La disposizione non si applica alle imprese di assicurazione, alle Amministrazioni pubbliche, agli intermediari finanziari e alle società partecipate. Tali disposizioni si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal menzionato Temporary Framework, come successivamente modificato nel tempo. Si veda per informazioni il sito della documentazione parlamentare.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame modifica i termini di versamento e le modalità di attribuzione, tra diversi livello di governo, del gettito dell’IMPi - imposta municipale propria sulle piattaforme marine (IMPi), istituita e disciplinata a partire dall’anno di imposta 2020 dall’articolo 38 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Il richiamato articolo 38 del decreto-legge n. 124 del 209 ha istituito, a decorrere dall’anno 2020, l’imposta municipale propria sulle piattaforme marine(IMPi).  A tal fine, si introduce la definizione di piattaforma marina: si tratta di una piattaforma con struttura emersa destinata alla coltivazione di idrocarburi e sita entro i limiti del mare territoriale come individuato dall’articolo 2 del Codice della Navigazione.

Ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta per i manufatti in questione, si applica il richiamato articolo 5, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1992, il quale, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, prevede il ricorso ai valori contabili. A tale norma rinvia anche la disciplina dell’IMU (articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011).

L’IMPi si calcola applicando l’aliquota pari al 10,6 per mille: la quota di imposta risultante dall’applicazione dell’aliquota del 7,6 per mille è riservata allo Stato mentre il restante 3 per mille è destinato ai comuni interessati. Conseguentemente, è esclusa la manovrabilità dell’imposta da parte dei comuni per la quota loro spettante. I comuni cui spetta il gettito dell’imposta nonché i criteri, le modalità di attribuzione e di versamento e la quota del gettito spettante sono individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, da cui dipende l’Istituto idrografico della Marina, e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi previa intesa in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Tale decreto non risulta essere stato emanato.

Qualora l'intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

La potestà di accertamento e di riscossione del tributo ai comuni anche per la parte erariale, in analogia con quanto avviene per gli immobili appartenenti al gruppo catastale D, ai quali i manufatti in questione sono assimilabili.

Si rinvia, per quanto non espressamente previsto, alle norme in tema di deducibilità stabilite in materia di IMU, e alle altre disposizioni sulla medesima imposta in quanto compatibili.

 

Si ricorda che il comma 5 dell’articolo 38 reca un’eccezione alla modalità di versamento dell’imposta, limitatamente all’anno 2020, prevedendo che essa venga versata in un’unica soluzione, entro il 16 dicembre, direttamente allo Stato, il quale poi provvede alla redistribuzione del gettito di spettanza comunale sulla base delle risultanze del predetto decreto. A tal fine il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze, comunica al Ministero dell’interno l’importo del gettito acquisito nell’esercizio finanziario 2020 di spettanza dei comuni.

Le modifiche in commento (comma 2) introducono il comma 5-bis nell’articolo 38 riproponendo la medesima disciplina anche per l’anno 2021; il versamento dell'imposta è effettuato entro il 16 dicembre 2021 allo Stato, il quale successivamente provvede all'attribuzione del gettito di spettanza comunale.

 

Al riguardo si segnala che, con comunicato stampa dell’8 giugno 2021, il Ministero dell’economia e finanze:

§  rammentava l’approssimarsi, il 16 giugno 2021, del termine per il versamento dell’IMPi;

§  in vista dell’approssimarsi di tale scadenza, e in considerazione del fatto che “per ragioni tecniche” non erano ancora stati individuati i Comuni destinatari del gettito, si disponeva il versamento del tributo direttamente allo Stato.

 


 

Articolo 2
(Estensione termine cartelle di pagamento)

 

 

L’articolo 2 estende il termine per l'adempimento dell’obbligo risultante dal ruolo portandolo, per le cartelle notificate dal 1° settembre al 31 dicembre 2021, secondo una modifica introdotta al Senato, da 60 a 180 giorni (il termine previsto nel testo del decreto-legge presentato è di 150 giorni).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, stabilisce che la cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.

 

I successivi articoli 30 e 50 chiariscono inoltre che decorso inutilmente tale termine sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi (articolo 30) e il concessionario procede ad espropriazione forzata, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento.

 

A tale proposito si segnala che le Commissioni finanze di Camera e Senato nel testo delle risoluzioni sulla Relazione sui criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi presentata del MEF (approvate il 12 ottobre 2021) avevano chiesto al Governo di valutare l'opportunità di procedere ad una estensione a 150 giorni del termine per il pagamento delle cartelle notificate nei mesi successivi la ripresa delle attività di notifica e riscossione.

 

Sul punto si ricorda che il 31 agosto 2021 è terminato il periodo di sospensione dell’attività di riscossione previsto dal cd Decreto Sostegni-bis (decreto legge n. 73 del 2021). A partire dal 1° settembre 2021, l’Agente della riscossione ha ripreso l’attività di notifica di cartelle, avvisi di addebito e avvisi di accertamento e le ordinarie procedure di riscossione, incluse quelle derivanti dalle verifiche effettuate dalle PA ai sensi dell’art. 48-bis del D.P.R. 602/73.

 

Recependo le indicazioni espresse nelle richiamate risoluzioni, al comma 1, si prevede che, con riferimento alle cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione dal 1° settembre al 31 dicembre 2021, il termine per l’adempimento dell’obbligo risultante dal ruolo sia fissato in centottanta giorni.

 

Si segnala che l’Inps aveva ritenuto di interessare il Ministero dell’Economia e delle finanze e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali al fine di acquisire un parere sulla portata applicativa dell’articolo. Nella richiesta era stata evidenziata l’assenza nella formulazione della norma di qualsiasi riferimento all’attività di riscossione delle somme, a qualunque titolo dovute all'Istituto, mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo, ai sensi dell'articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e, conseguentemente, era stato rappresentato che, a parere dell'Istituto, tali avvisi di addebito si collocavano al di fuori della portata dell’articolo 2. Entrambi i Ministeri avevano confermato la lettura della norma proposta dall’Istituto osservando che “la riscossione delle somme di cui all'articolo 30 del dl 78/2010 ricade, quale attività gestionale avente ad oggetto contributi previdenziali, nella esclusiva competenza del predetto Istituto”. Pertanto la disposizione in questione avrebbe dovuto essere riferita alla sola attività di notifica delle cartelle di pagamento svolta dall'agente della riscossione. Ne consegue che per gli avvisi di addebito di cui all’articolo 30 del decreto-legge n. 78/2010 resta fermo il termine di 60 giorni dalla notifica, previsto dall'articolo 25, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per il pagamento di quanto richiesto nel medesimo avviso (Messaggio n. 4131 del 24-11-2021).

A tale proposito si segnala altresì che in sede referente era stato approvato al Senato l’emendamento 2.14 che rendeva applicabile la disciplina in esame anche agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate nonché agli avvisi di addebito notificati dall’INPS, ovvero alle entrate tributarie e non tributarie e agli avvisi previsti dagli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78. In seguito al parere della Commissione bilancio del Senato tale norma è stata soppressa.

 


 

Articolo 3
(Estensione della rateazione per i piani di dilazione)

 

 

L’articolo 3 contiene norme applicabili alle rateizzazioni di somme iscritte a ruolo in corso all’inizio delle sospensioni della riscossione dovute all’emergenza Covid-19, ovvero ai piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020.

Per tali piani:

§  è prevista una decadenza “lunghissima” dal beneficio della dilazione: essa si verifica in caso di mancato pagamento di diciotto, anziché dieci, rate anche non consecutive;

§  consente ai debitori, incorsi al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) nella decadenza dai piani di dilazione esistenti all’inizio del periodo di sospensione della riscossione, di essere automaticamente riammessi ai medesimi piani;

§  si prevede che il versamento delle somme contenute in ruoli sospesi ai sensi dei provvedimenti emergenziali avvenga entro il 31 ottobre 2021, in luogo del 30 settembre 2021.

 

Più precisamente, il comma 1 della norma in esame novella il comma 2-ter dell’articolo 68 del decreto-legge Cura Italia, n. 18 del 2020 (norma introdotta dall’articolo 154 del cd decreto Rilancio, decreto-legge n. 34 del 2020, e successivamente novellata nel tempo).

 

Si ricorda che l’articolo 68 (commi da 1 a 2-bis) ha sospeso, in ragione dell’emergenza Covid-19, l’attività di riscossione. Da ultimo, l’articolo 9, comma 2 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) ha fissato al 31 agosto 2021 il termine di sospensione del versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge, nonché degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi. I versamenti delle somme oggetto di sospensione devono essere effettuati, in unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione (30 settembre 2021). Si veda anche il sito dell’Agenzia delle entrate – Riscossione per una ricostruzione sistematica delle proroghe dei termini di riscossione.  Tale sospensione è decorsa dal 21 febbraio 2020 per i comuni della cd. zona rossa, individuati dal DPCM 1° marzo 2020.

 

Il comma 2-ter - nella sua formulazione precedente - disponeva che, per i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti connessi dalla legge alla decadenza dal beneficio della dilazione si determinassero in caso di mancato pagamento di dieci rate, anche non consecutive (cd. decadenza lunga).

Il comma 2-ter, introdotto dall’articolo 154 del decreto Rilancio, era stato successivamente modificato dall’articolo 99 del decreto-legge Agosto (n. 104 del 2020) e dall’articolo 1-bis, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 125 del 2020 (proroga termini).

Con le modifiche in esame si dispone che, limitatamente ai piani di rateazione in essere alla data dell’8 marzo 2020, la decadenza del beneficio della rateazione e gli altri effetti di legge legati alla decadenza si verificano in caso di mancato pagamento di diciotto, anziché dieci rate, anche non consecutive (decadenza “lunghissima”).

 

Il comma 2 prevede che i debitori i quali, al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), siano incorsi nella decadenza da piani di dilazione (la cui disciplina generale è contenuta all’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602) che erano in essere alla data dell’8 marzo 2020 vengano automaticamente riammessi ai medesimi piani.

Relativamente a tali piani di dilazione, il termine di pagamento delle rate sospese (ai sensi dell’articolo 68, commi 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 sopra menzionato; sospensione che è cessata il 31 agosto 2021) viene fissato al 31 ottobre 2021, in luogo del 30 settembre 2021, come previsto per le altre somme oggetto di sospensione.

Resta fermo che, anche nel caso di riammissione ai piani, opera la “decadenza lunghissima” del debitore, di cui al comma 1: il beneficio della dilazione si perde qualora non vengano corrisposte diciotto rate, anche non consecutive.

 

Il comma 3 precisa che, con riferimento ai carichi ricompresi nei piani di dilazione di cui al comma 2

a)   restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e gli adempimenti svolti dall’agente della riscossione nel periodo dal 1° ottobre 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi;

b)  restano acquisiti, relativamente ai versamenti delle rate sospese dei predetti piani eventualmente eseguiti nello stesso periodo, gli interessi di mora (corrisposti ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973), nonché le sanzioni e le somme aggiuntive corrisposte sui contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali (ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

 

La definizione del tasso degli interessi di mora di cui all'articolo 30 del DPR n. 602 del 1973 è demandata a un provvedimento annuale del Direttore dell'Agenzia delle entrate che deve tener conto della media dei tassi bancari attivi. Da ultimo, il provvedimento del 23 maggio 2019 ha fissato il tasso di interesse nella misura del 2,68 per cento annuo

L'articolo 30 stabilisce che, decorso inutilmente il termine previsto dalla cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora.

 


 

Articolo 3-bis
(Non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti
alla impugnabilità del ruolo)

 

 

L’articolo 3-bis, introdotto al Senato, è volto a stabilire l’inammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo nonché a circoscrivere i casi di diretta impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di formazione e contenuto dei ruoli, introducendo un nuovo comma 4-bis che dispone, al primo periodo, che l’estratto di ruolo (ovvero il documento informatico contenente gli elementi del ruolo reso esecutivo dall’ente creditore, trasfusi nella cartella di pagamento), che non costituisce un atto di riscossione e che non contiene alcuna pretesa esattiva, né impositiva, non è impugnabile.

La norma appare volta a contrastare la proliferazione avvenuta negli ultimi anni di controversie di impugnazione degli estratti di ruolo, in particolare, dopo l’emanazione della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 19704/2015, con la quale è stata ritenuta “ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario”. Conseguentemente la consegna dell’estratto di ruolo a seguito dell’istanza del contribuente gli consente di impugnare l’atto non notificato (cartella e/o ruolo) che contiene la pretesa impositiva. In altre parole l’impugnazione dell’estratto del ruolo non è stata ritenuta ammissibile in sé, ma è stata ammessa l’opposizione al ruolo oppure alla cartella, della cui esistenza si è avuta legittima conoscenza a seguito del rilascio dell’estratto stesso ad istanza del contribuente, proprio per far valere l’invalidità della notifica (o omessa notifica).

Tale interpretazione è stata confermata anche dalla recente ordinanza della Corte di cassazione n. 27860 del 12 ottobre 2021, nella quale si sottolinea che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte, benché l'estratto di ruolo non sia atto autonomamente impugnabile, in quanto documento interno all'amministrazione, il contribuente debitore può far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella di pagamento, della cui esistenza sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione, a prescindere dalla notificazione della cartella congiuntamente all'estratto di ruolo, se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza, in precedenza, di questa per un vizio di notifica.

A tale proposito nella Relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria (30 giugno 2021) si rappresenta che è bene osservare che circa il 40 % delle cause contro l’Agente della riscossione consegue all’impugnazione di estratti di ruolo – relativi a crediti affidati all’Agente della riscossione fin dall’anno 2000, riportati in oltre 137 milioni di cartelle di pagamento – e determina ingenti costi gestionali ed amministrativi per il presidio dei relativi contenziosi. Infatti, nel solo anno 2020 – anno contraddistinto dalla pressoché totale inerzia dell’Agente della riscossione a causa della sospensione delle attività, derivante dalla situazione sanitaria emergenziale – il 40,6 % dei ricorsi in ingresso (ossia circa 55.000 ricorsi su circa 135.000 complessivamente introdotti), trae origine dall’impugnazione di estratti di ruolo. Nel testo della citata si evidenzia che si è assistito ad un aumento esponenziale delle cause radicate innanzi alle Commissioni Tributarie, ai Giudici di Pace e, più in generale, alla Magistratura ordinaria per far valere, spesso pretestuosamente, ogni sorta d’eccezione avverso cartelle notificate anche molti anni prima, senza che l’Agente della riscossione si fosse attivato in alcun modo per il recupero delle pretese ad esse sottese, e perfino nei casi in cui vi avesse rinunciato, anche nell’esercizio dell’autotutela.

 

Il secondo periodo del nuovo comma 4-bis chiarisce che il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio:

§  per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

Si ricorda che il sopracitato comma 4 prevede, tra l’altro, che un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all'importo di cinquemila euro. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione.

 

§  per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici (individuati all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40), previa verifica di questi ultimi dell’adempimento all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo superiore a cinquemila euro (articolo 48-bis del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602);

 

§  per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.


 

Articolo 3-ter
(Rimessione in termini del versamento degli importi richiesti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni - avvisi bonari)

 

 

L’articolo 3-ter, introdotto al Senato, rimette nei termini i contribuenti per i versamenti, originariamente in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020, delle somme richieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale (c.d. avvisi bonari), non eseguiti entro il 16 settembre 2020 (ovvero entro il 16 dicembre 2020 in caso di rateazione) come consentito dal cd. decreto Rilancio.

Tali versamenti possono essere effettuati entro il 16 dicembre 2021, senza sanzioni e interessi.

 

Preliminarmente si rappresenta che le comunicazioni di irregolarità sono emesse a seguito dell'attività di controllo sulle dichiarazioni fiscali, sulla base dei dati dichiarati dal contribuente o, comunque, in possesso dell'Agenzia delle Entrate (c.d. controllo automatico). Le stesse comunicazioni possono derivare da controlli diretti a verificare la correttezza dei dati indicati nelle dichiarazioni e dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti attraverso un riscontro con la documentazione richiesta al contribuente oppure incrociando i dati presenti nelle dichiarazioni presentate anche da altri soggetti o trasmessi per legge all'Agenzia (c.d. controllo formale). Le comunicazioni, sia degli esiti del controllo automatico sia del controllo formale, non sono veri e propri atti impositivi, anzi, la loro funzione è rendere noti i risultati dei controlli e consentire al contribuente di regolarizzare la propria posizione, usufruendo della riduzione delle sanzioni ed evitando l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella.

Per una panoramica dettagliata della disciplina si rinvia alla consultazione della guida dell’Agenzia delle entrate Comunicazioni sui controlli delle dichiarazioni.

 

Al riguardo occorre rammentare che le norme emergenziali adottate a seguito dell’insorgere della pandemia da Covid-19 hanno sospeso i versamenti delle somme dovute a seguito di controlli automatici e formali (cd. avvisi bonari).

In una prima fase, i pagamenti chiesti con le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, (articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972) e del controllo formale (articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973), anche nell’ipotesi di pagamento rateale in essere, inviate ai contribuenti prima dell’inizio della fase emergenziale, sono stati sospesi dal 21 febbraio al 31 marzo 2020 dall'articolo 1 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 febbraio 2020 per i soggetti aventi  il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni individuati nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 (c.d. zona rossa).

Sul punto è poi intervenuto l’articolo 144 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. Rilancio) che ha rimesso nei termini i contribuenti per i pagamenti, in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 e anche per le rateazioni in essere, delle somme chieste mediante comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, del controllo formale e mediante le comunicazioni degli esiti della liquidazione, per redditi soggetti a tassazione separata (articoli 2, 3 e 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).

Pertanto, i versamenti dei pagamenti degli avvisi bonari e delle relative rate in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 sono stati considerati tempestivi, se ove effettuati entro il 16 settembre 2020. La medesima norma consentito di effettuare i versamenti sospesi anche in 4 rate mensili di pari importo a decorrere da settembre 2020 con scadenza il 16 di ciascun mese (ultima rata il 16 dicembre 2020), senza rimborso di quanto già versato.

 

Le norme in esame (comma 1) rimettono nei contribuenti per i versamenti, originariamente in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020, delle somme richieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale (articoli 2, 3 e 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462). Tali versamenti possono essere effettuati entro il 16 dicembre 2021 senza sanzioni e interessi.

Il comma 2  prevede la copertura finanziaria disponendo che alle minori entrate, (valutate in 9,95 milioni di euro per l’anno 2021 e in 6,6 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2030), si provvede, per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, e, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2030, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali,

 


 

Articolo 3-quater
(Differimento dei termini per il versamento di contributi previdenziali e premi assicurativi nel settore dello sport)

 

 

L'articolo 3-quater - inserito dal Senato - prevede, in favore delle federazioni sportive nazionali, degli enti di promozione sportiva e delle associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche, residenti nel territorio dello Stato[1], un differimento dei termini relativi al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali in scadenza nel corso del mese di dicembre 2021.

I versamenti oggetto di differimento devono essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in nove rate mensili, a decorrere dal 31 marzo 2022. In ogni caso, non si dà luogo a rimborso dei versamenti in esame che siano stati già effettuati.

Ai fini della copertura finanziaria dell'onere derivante dal differimento in esame, onere valutato pari a 16 milioni di euro, per il 2021, in termini di competenza contabile e di fabbisogno di cassa, si fa fronte mediante riduzione, per un identico importo, del fondo di cui all'articolo 1-quater del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176; il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Si ricorda che il suddetto articolo 1-quater ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione iniziale di 5.300 milioni di euro per l'anno 2021, ai fini dell'eventuale adozione - con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (emanati secondo la procedura prevista dal medesimo articolo 1-quater) - di misure di esonero, totale o parziale, dalla ripresa dei versamenti fiscali e contributivi, in favore dei soggetti che, in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19, siano stati destinatari di sospensioni fiscali e contributive e che registrino una significativa perdita di fatturato.

 


 

Articolo 4
(Integrazione contributo a favore di Agenzia delle entrate - Riscossione)

 

 

L’articolo 4 rimodula, incrementandolo, il contributo erogato dall’Agenzia delle entrate all'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, per il triennio 2020-2022, ai fini dello svolgimento delle funzioni del servizio nazionale di riscossione.

 

In particolare la disposizione in esame, al comma 1, modifica i commi 326 e 327, incrementando a 550 milioni di euro (rispetto ai previgenti 450 milioni) la quota massima da erogare nel triennio 2020-2022 a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, di cui 212 milioni (rispetto ai previgenti 112 milioni) per l'anno 2021.

 

Si ricorda che i commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) autorizzavano, nella loro formulazione originaria l’Agenzia delle entrate ad erogare una quota non superiore a 70 milioni di euro per l’anno 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per l’anno 2021 a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione. L’articolo 155 del decreto legge n.34 del 2020 ha sostituito integralmente i commi richiamati (326, 327 e 328) incrementando a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima erogata a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione tenuto conto dell’esigenza di garantire, nel triennio 2020-2022, l’equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione. Il comma 1091 della legge di bilancio 2021 ha successivamente sostituito nuovamente i sopra citati commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 incrementando il contributo erogato dall’Agenzia delle entrate nel triennio 2020-2022 al fine di garantire l'esigenza dell'equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione.

 

Nella relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di bilancio  per il 2021 si evidenziava che tale intervento è giustificato dalla previsione che il contributo previsto dal menzionato articolo 155 non appare più idoneo a garantire per l’intero triennio il pareggio di bilancio dell’Ente in quanto le previsioni di incasso risultano condizionate dagli ulteriori differimenti del termine di sospensione dei pagamenti intervenuti, della mancata attivazione delle procedure di riscossione. In considerazione dell’attuale sistema di remunerazione dell’ente basato prevalentemente sull’aggio da riscossione le attuali stime d’incasso per gli anni 2021 e 2022 comportano per tali anni una contrazione prospettica dei ricavi dell’Ente tale da non assicurare il pareggio di bilancio, quantificata in 150 milioni di euro aggiuntivi rispetto all’importo già previsto.

 

In particolare, il comma 326 della legge di bilancio 2019, come risultante dalle modifiche introdotte dal comma 1091 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021, stabilisce che l'Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione della riscossione, svolta dall'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, eroga allo stesso ente, a titolo di contributo e in base all'andamento dei proventi risultanti dal relativo bilancio annuale, una quota non superiore complessivamente a 450 milioni di euro (ora portati a 550) di cui 300 milioni per l'anno 2020, 112 milioni per l’anno 2021 (ora portati a 212) e 38 milioni per l’anno 2022, a valere sui fondi accantonati in bilancio 2019 a favore del predetto ente, incrementati di 200 milioni derivanti dall’avanzo di gestione dell'esercizio 2019 (in deroga all'articolo 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) e sulle risorse assegnate per gli esercizi 2020 e 2021 alla medesima Agenzia delle entrate.

 

Si ricorda che il sopra citato comma 358 della legge 24 dicembre 2007, n. 244-legge finanziaria 2008 stabilisce che le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, ad esclusione dell'Agenzia del demanio, tranne quelli destinati alla incentivazione del personale, sono utilizzate per il potenziamento delle strutture dell'amministrazione finanziaria, con particolare riguardo a progetti volti al miglioramento della qualità della legislazione e alla semplificazione del sistema e degli adempimenti per i contribuenti. A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto in via generale dalla disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione (articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) e stabilisce che tale erogazione è effettuata in acconto, per la quota maturata al 30 giugno di ciascun esercizio, entro il secondo mese successivo alla delibera del bilancio semestrale dell'Agenzia delle entrate – Riscossione e a saldo entro il secondo mese successivo all'approvazione del bilancio annuale.

Il comma 327 chiarisce che qualora la quota da erogare per l'anno 2020 all'ente Agenzia delle entrate - Riscossione a titolo di contributo risulti inferiore all'importo di 300 milioni di euro, si determina, per un ammontare pari alla differenza, l’incremento della quota di 112 milioni (ora portata a 212 milioni), erogabile allo stesso ente per l'anno 2021.

 

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria degli effetti della norma. Nello specifico si stabilisce che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dall’applicazione dell’articolo in esame, pari a 100 milioni di euro per il 2021, si provvede ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda di lettura si rimanda.

 


 

Articolo 5, commi da 1 a 4
(Lotteria dei corrispettivi)

 

 

L'articolo 5, ai commi da 1 a 4, reca disciplina concernente le risorse destinate alla copertura delle spese di gestione amministrativa e attribuzione dei premi della lotteria dei corrispettivi.

 

Per quanto concerne la destinazione delle risorse - pari a 56 milioni di euro a decorrere dal 2021 - del Fondo per le spese connesse alla gestione della lotteria dei corrispettivi, disciplinato dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 (come convertito dalla legge n. 136 del 2018), l'articolo 5, comma 1, stabilisce che:

a)   un ammontare complessivo annuo non superiore a 44.326.170 euro per l’anno 2021, a 44.790.000 euro per l’anno 2022 ed a 44.970.000 euro a decorrere dall’anno 2023 sia destinato all’attribuzione dei premi della lotteria (di cui all'art. 1, comma 542, della legge n. 232 del 2016);

b)  un ammontare pari a 11.673.830 euro per l’anno 2021, 11.210.000 euro per l’anno 2022 e a 11.030.000 euro a decorrere dall’anno 2023 sia attribuito alle amministrazioni che sostengono i costi per le spese amministrative e di comunicazione.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Per quanto concerne la gestione delle risorse del medesimo Fondo, il comma 3 novella l'articolo 141, comma 1-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto rilancio, come convertito dalla legge n. 77 del 2020).

L'articolo 141, nel testo finora vigente, stabilisce che le somme disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'istituzione dei premi speciali (di cui all'articolo 1, comma 542, della legge di bilancio 2017) siano interamente destinate alle spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria (comma 1-bis dell'art. 141 medesimo). Il comma 1-ter di tale articolo 141 prevede che tali somme siano gestite, d'intesa con il dipartimento delle finanze, dal dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, "a decorrere dall'anno 2020". La medesima disposizione autorizza, per tali finalità, ad assumere, con decorrenza non antecedente al 1° ottobre 2020, fino a sei unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di quindici mesi e comunque "non oltre il 30 giugno 2022", per un importo massimo di 40.000 euro per ciascun incarico, nel limite massimo complessivo di 240.000 euro.

Con la novella in esame si stabilisce che:

§  le spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria degli scontrini siano a valere sulle risorse del Fondo di cui all'art. 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 (v. sopra);

§  le suddette spese sono gestite, d'intesa con il Dipartimento delle finanze, dal Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'esercizio 2020 (non più, quindi, a decorrere dal 2020); 

§  viene abrogata la disposizione inerente alla possibilità di conferire sei incarichi di collaborazione.

 

La novella recata dal comma 3, pertanto, prevede che l’affidamento della gestione delle spese amministrative e di comunicazione della lotteria degli scontrini al Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi, d'intesa con il Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, sia limitato all’esercizio 2020. Con effetto a decorrere dall'anno 2021 si applica quindi quanto previsto dai commi 1 e 2.

 

Il comma 4, novellando il citato art. 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 (v. sopra), stabilisce che le risorse ivi previste siano destinate all'attribuzione dei premi e alle spese di comunicazione, oltre che alla copertura delle spese amministrative, come già previsto dal testo finora vigente.

 

La lotteria dei corrispettivi

 

I commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione della lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale.

Si rammenta che i commi 1095 e 1096 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) novellano la disciplina della lotteria dei corrispettivi limitando la partecipazione alla lotteria ai soggetti che fanno acquisti di beni o servizi esclusivamente attraverso strumenti che consentano il pagamento elettronico.

Ai fini dello svolgimento della lotteria, il Provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 31 ottobre 2019 dispone in ordine alla memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi validi ai fini della lotteria. Le modalità tecniche per l'attuazione della lotteria degli scontrini sono definite con Det. 5 marzo 2020, n. 80217/RU, emanata dall'Agenzia delle dogane e dei Monopoli congiuntamente con l'Agenzia delle entrate.

 

L'avvio della lotteria è stato fissato (dopo alcune proroghe) al 1° febbraio 2021 dall'art. 3, commi da 9 a 11, del decreto-legge n. 183 del 2020 ("proroga termini", convertito dalla legge n. 21 del 2021).

La data di avvio della lotteria era stata fissata al 1° gennaio 2021 dal citato D.L. n. 119/2018. La proroga al 1° febbraio 2021 disposta dal D.L. n. 183 si è resa necessaria, secondo la relazione illustrativa annessa al provvedimento, per tenere conto delle difficoltà causate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, consentendo agli esercenti che ancora non abbiano provveduto di eseguire gli interventi di adeguamento tecnico dei Registratori Telematici istallati, necessari ai fini della lotteria.

In particolare, il comma 9 dell'art. 3, D.L. n. 183/2020, sopra richiamato, novellando il comma 544 della legge di bilancio 2017, aveva previsto che il provvedimento, ivi previsto, del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, d'intesa con l'Agenzia delle entrate, dovesse essere emanato entro e non oltre il 1° febbraio 2021. A tale provvedimento è demandata la disciplina delle modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria. Si precisa inoltre che la locuzione "ogni altra disposizione necessaria" fa riferimento anche all'avvio, oltre che all'attuazione, della lotteria.

Inoltre, il comma 10 dell'art. 3 ha modificato il citato comma 540 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 introducendo il termine del 1° marzo 2021 a decorrere dal quale, nel caso in cui l'esercente al momento dell'acquisto rifiuti di acquisire il codice lotteria, il consumatore può segnalare tale circostanza nella sezione dedicata del portale Lotteria del sito internet dell'Agenzia delle entrate.

Con il provvedimento del Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli d’intesa con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 32051 del 29 gennaio 2021 sono state dettate le disposizioni attuative per l'avvio della lotteria.

Per l'avvio della lotteria il 1° febbraio 2021 e le principali indicazioni sulle modalità di partecipazione e sui premi, cfr. il Comunicato stampa del 30 gennaio 2021.

 


 

Articolo 5, commi 2-bis e 2-ter
(Esenzione TARI per immobili indicati nel Trattato del Laterano)

 

 

I commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 5, introdotti dal Senato, stabiliscono che la tassa sui rifiuti (TARI) non sia dovuta per taluni immobili indicati nel Trattato fra la Santa Sede e l’Italia, sottoscritto l'11 febbraio 1929. L'esenzione si applica per i periodi di imposta per i quali non è decorso il termine di accertamento del tributo nonché ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato.

 

L'esenzione si riferisce, in particolare, agli immobili indicati dagli articoli da 13 a 16 del Trattato, reso esecutivo dalla legge n. 810 del 1929.

Si tratta dei seguenti edifici:

§  Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo, con gli edifici annessi; edificio di S. Callisto presso S. Maria in Trastevere (art. 13);

§  palazzo pontificio di Castel Gandolfo e la Villa Barberini di Castel Gandolfo, con le relative dotazioni, attinenze e dipendenze; immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenenti alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri Istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani; edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze (art. 14);

§  palazzi della Datarìa, della Cancelleria, di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, il palazzo del Sant’Offizio ed adiacenze, quello dei Convertendi (o (anche Palazzo della Congregazione per le Chiese orientali), il palazzo del Vicariato e gli altri edifici sede di Dicasteri;

§  Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo (art. 16).

 

Si segnala che l'art. 6 della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta nella Città del Vaticano il 1° aprile 2015, con relativo Scambio di Note verbali del 20 luglio 2007 (ratificata con la legge n. 137 del 2016) stabilisce che i medesimi immobili sono "esenti da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, senza necessità di ulteriori e specifiche disposizioni di esenzione". Tale disposizione, specifica il medesimo articolo 6, si applica anche ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato.

Si segnala, inoltre, che l'ordinanza 18 maggio 2021, n. 13375, della Sesta sezione civile - T della Corte di cassazione, ha da ultimo affermato che quando «l'edificio "non è un edificio destinato al culto (edifici che l'art. 10 del Regolamento comunale di Roma n. 24 del 2003 sulla applicazione sperimentale della Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani esclude dal calcolo delle superfici, ma sempre perché ritenuti "incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti") (...) in assenza di una specifica norma di legge o regolamentare, non è sufficiente ai fini dell'esenzione dalla "tassa dei rifiuti" la condizione soggettiva considerata nella (...) norma del Trattato lateranense». Inoltre, la Corte afferma che la norma del Trattato che dichiara esenti gli immobili in questione da tributi sia ordinari che straordinari, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, è «una norma programmatica che impegna lo Stato a darvi attuazione». Richiamando le norme statali che hanno dato attuazione alle disposizioni del Trattato, non rinvenendo una norma specifica concernente la tassa sui rifiuti, la Corte ritiene avvalorata «l'ipotesi che l'esenzione di cui trattasi concerna, ed è ragionevole che concerna, esclusivamente le imposte che gravano sui redditi degli immobili in questione».

 

Le disposizioni in esame richiamano la tassa sui rifiuti di cui all'art. 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014). Tale comma disciplinava l'imposta unica comunale (IUC).

Successivamente, nel quadro di una riforma della disciplina dei tributi in oggetto, l'art. 1, comma 780, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i commi 639 e seguenti dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, concernenti l'istituzione e la disciplina dell'imposta comunale unica (IUC), limitatamente alle disposizioni riguardanti la disciplina dell'IMU e della TASI. Sono state altresì abrogate le disposizioni incompatibili con la disciplina dell'IMU recata, a decorrere dall'anno 2020, dall'art. 1, commi da 738 a 783, della medesima legge di bilancio 2020. Restano ferme le disposizioni che disciplinano la tassa sui rifiuti - TARI.

 

Per approfondimenti, si veda il temaweb "Le entrate delle regioni e degli enti locali" sul sito della Camera dei deputati.


 

Articolo 5, comma 3-bis
(Proroga della durata di concessioni di aree e strutture
nel settore dei trasporti)

 

 

Il comma 3-bis dell’articolo 5, introdotto al Senato, prevede una proroga di ulteriori 12 mesi della durata delle concessioni di aree demaniali e per aree e banchine rilasciate nei porti nonché per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri. La proroga viene peraltro esclusa per le procedure ad evidenza pubblica già definite con l’aggiudicazione e viene limitata temporalmente per quelle già avviate.

 

In dettaglio, si modifica l'articolo 199 comma 3, lettera b) del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, disponendo la proroga per 24 mesi, anziché per i 12 mesi già prevista, della durata delle concessioni rilasciate nei porti ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione e dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonché delle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri

La proroga, in base al DL 34/2020, era stata disposta per le suddette concessioni in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e la data di entrata in vigore del decreto legge n. 34/2020 (19 maggio 2020).

Con la modifica introdotta al Senato (in particolare a seguito del recepimento del parere della V Commissione) si prevede altresì che la proroga non si applichi in presenza di procedure di evidenza pubblica relative al rilascio delle concessioni già definite con l'aggiudicazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Qualora le procedure di evidenza pubblica risultino già avviate a tale data, la proroga è limitata al tempo strettamente necessario all'aggiudicazione delle stesse.

 

Si ricorda che l'articolo 36 del Codice della navigazione reca la concessione di beni demaniali. L'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo. Le concessioni di durata superiore a nove anni sono di competenza del ministro per le comunicazioni. Le concessioni di durata superiore a due ma non a nove anni, e quelle di durata non superiore al biennio che importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del direttore marittimo. Le concessioni di durata non superiore al biennio, quando non importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del capo di compartimento marittimo.

Il richiamato articolo 18 della legge n. 84/1994 dispone che l'Autorità di sistema portuale e, dove non istituita, ovvero prima del suo insediamento, l'organizzazione portuale o l'autorità marittima diano in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese di cui all'articolo 16, comma 3, per l'espletamento delle operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività marittime e portuali. E' altresì sottoposta a concessione da parte dell'Autorità di sistema portuale, e laddove non istituita dall'autorità marittima, la realizzazione e la gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell'ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee anch'essi da considerarsi a tal fine ambito portuale, purché interessati dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali anche per la realizzazione di impianti destinati ad operazioni di imbarco e sbarco rispondenti alle funzioni proprie dello scalo marittimo. Le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, con proprio decreto. Con il medesimo decreto sono altresì indicati:

a)   la durata della concessione, i poteri di vigilanza e controllo delle Autorità concedenti, le modalità di rinnovo della concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario;

b)  i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare.

 

 


 

Articolo 5, comma 5
(Credito d’imposta teatro e spettacoli)

 

 

Il comma 5, dell’articolo 5, prevede che il credito d’imposta riconosciuto a talune imprese che effettuano attività teatrali e spettacoli dal vivo è utilizzabile esclusivamente in compensazione.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 36-bis del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, che ha introdotto un credito di imposta a favore delle imprese che svolgono attività teatrali e spettacoli dal vivo, anche attraverso l’utilizzo di sistemi digitali.

 

Il comma 1 dell’articolo 36-bis stabilisce che al fine di sostenere le attività teatrali e gli spettacoli dal vivo, alle imprese che svolgono tali attività e che abbiano subito nell'anno 2020 una riduzione del fatturato di almeno il 20 per cento rispetto al 2019 è riconosciuto un credito di imposta del 90 per cento, quale contributo straordinario. Il comma 2 chiarisce che tale credito di imposta spetta per le spese sostenute, nell'anno 2020 per la realizzazione delle attività sopra richiamate anche se alle stesse si è proceduto attraverso l’utilizzo di sistemi digitali per la trasmissione di opere dal vivo, quali rappresentazioni teatrali, concerti, balletti. Il comma 3 dispone inoltre che il credito è concesso anche qualora tali imprese abbiano beneficiato in via ordinaria di altri finanziamenti previsti a carico del Fondo unico per lo spettacolo. Si ricorda sinteticamente che il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), istituito dalla legge. 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale - ma non l'unico - strumento di sostegno al settore dello spettacolo. In particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante – incluse, a seguito di quanto previsto dalla legge di bilancio 2018 (L. 205/2017: art. 1, co. 329), le manifestazioni carnevalesche –, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Il comma 4 prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, al fine del rispetto del limite di spesa previsto dal comma 6. Il comma 5 stabilisce che il credito d'imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Inoltre, la norma dispone che non si applicano il limite generale di compensabilità previsto per i crediti di imposta e contributi pari a 700.000 euro (articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n.388, portato a 1 milione di euro per l'anno 2020 dall’articolo 147 del decreto legge n.34 del 2020 e a 2 milione di euro per il 2021 dall’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021), né il limite di 250.000 euro applicabile ai crediti di imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (articolo 1, comma 53; della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Il credito d'imposta non concorre inoltre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). Il comma 6 stabilisce la copertura finanziaria della agevolazione fiscale e autorizza il credito in esame nel limite complessivo di 10 milioni di euro nell'anno 2021. A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto-legge 28 ottobre, n.137 che incrementa di 610 milioni di euro per l'anno 2021 il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione. Il comma 7 stabilisce che le disposizioni in esame si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione delle Commissione europea C (2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19, e successive modificazioni.

La Comunicazione delle spese relative alle attività teatrali e agli spettacoli dal vivo può essere inviata dal 14 ottobre 2021 al 15 novembre 2021 secondo le modalità indicate nel Provvedimento 11 ottobre 2021 dell’Agenzia delle entrate. Dopo aver ricevuto le comunicazioni delle spese ammissibili con l’indicazione del credito teorico, l’Agenzia determina, in rapporto alle risorse disponibili, la quota percentuale del credito effettivamente fruibile, che sarà resa nota entro il 25 novembre 2021 con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia.

 

Nel testo del sopra citato Provvedimento si chiarisce che al fine di consentire all’Agenzia delle entrate la verifica del rispetto del limite di spesa di 10 milioni di euro, il credito d’imposta è utilizzabile dai beneficiari esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Il comma 5, conseguentemente, sopprime nell’articolo 36-bis, comma 5, il riferimento alla possibilità che la somma assegnata sia utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa, lasciando vigente la sola possibilità di utilizzo in compensazione.

 


 

Articolo 5, comma 6
(Disposizioni in materia di riscossione locale)

 

 

L’articolo 5, comma 6, semplifica la procedura per l’affidamento all’Agenzia delle entrate-Riscossione delle attività di riscossione delle entrate delle società partecipate dalle amministrazioni locali, eliminando la necessità della delibera di affidamento da parte degli enti partecipanti prevista dalla norma pre-vigente.

 

In particolare, il comma 6 modifica l’articolo 2 (Disposizioni in materia di riscossione locale), comma 2, del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, sopprimendo le parole da «e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 46 del 1999, delle società da esse partecipate.».

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, la disposizione in esame intende risolvere le criticità derivanti dall’applicazione della disposizione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 193 del 2016 – riscontrate nell’arco di oltre quattro anni dall’entrata in vigore della stessa –, ai fini dell’attività istruttoria condotta dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) per l’adozione del decreto del Ministro ex articolo 17, comma 3-bis del decreto legislativo n. 46 del 1999.

L’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 193 del 2016 pre-vigente prevedeva che, a decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali,  come individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale (Agenzia delle entrate-Riscossione) le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall' articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 46 del febbraio 1999, delle società da esse partecipate. Ai sensi del citato articolo 17, comma 3-bis, il Ministro dell’economia e delle finanze può autorizzare la riscossione a mezzo ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazione pubblica, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti.

Il Governo chiarisce che con l’entrata in vigore dell’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 193 del 2016, a decorrere dal 1° luglio 2017, si è reso necessario acquisire, nel caso di società per azioni partecipate da una pluralità di amministrazioni locali (come nel caso tipico delle società che gestiscono il servizio idrico integrato), anche la delibera di affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale da parte di tutte le amministrazioni locali partecipanti.

Tale interpretazione del menzionato articolo 2, comma 2, è stata condivisa con le diverse articolazioni dell’Amministrazione economico-finanziaria, a seguito dei lavori condotti da apposito tavolo tecnico costituito presso il Ministero e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio, Sez. II, 2 luglio 2020, n. 7606).

Tuttavia, segnala sempre il Governo, tale interpretazione ha determinato forti incertezze e difficoltà negli operatori del settore (soprattutto nel caso di società la cui partecipazione pubblica risulti frazionata tra un numero elevato di amministrazioni locali), tanto che, a fronte di oltre 15 richieste di autorizzazione alla riscossione coattiva a mezzo ruolo, soltanto 2 società pubbliche sono riuscite a produrre le delibere di affidamento della riscossione da parte delle amministrazioni locali che partecipano le società.

La modifica normativa proposta intende semplificare la procedura per l’affidamento all’Agenzia delle entrate-Riscossione delle attività di riscossione delle entrate delle società partecipate eliminando la necessità della delibera degli enti partecipanti le società.

In ogni caso, per tali società rimarrebbe la possibilità (e la necessità) di essere autorizzate, con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3-bis del decreto legislativo n. 46 del 1999, alla riscossione coattiva tramite ruolo delle proprie entrate.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 193 del 2016 ha disposto lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dal 1° luglio 2017 dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, a cui sono attribuite le funzioni relative alla riscossione nazionale (articolo 1).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione). Si consente al nuovo ente di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate.

Per l'elenco aggiornato delle unità istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche pubblicato dall’ISTAT, si rinvia alla relativa pagina internet istituzionale.

 

 


 

Articolo 5, comma 6-bis
(Patrimonio destinato)

 

 

Il comma 6-bis dell’articolo 5, introdotto al Senato, interviene sulla disciplina del cd. Patrimonio Destinato, istituito dal decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) in seno a Cassa Depositi e Prestiti per effettuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

In particolare, le norme in esame:

§  estendono al 30 giugno 2022 gli interventi del Patrimonio Destinato effettuati nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. interventi in Temporary Framework: aumenti di capitale di imprese, sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, di prestiti obbligazionari subordinati convertibili e di prestiti obbligazionari subordinati);

§  ampliano gli interventi di Patrimonio Destinato a condizioni di mercato, sia con riferimento ai soggetti, sia con riferimento alle tipologie di operazioni.

 

 

L'articolo 27, comma l del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) prevede la costituzione, nell'ambito di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – CDP, di un patrimonio le cui risorse sono destinate all’attuazione di interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge n.34 del 2020, il Patrimonio Destinato non è costituito mediante segregazione di una parte del patrimonio di CDP, ma mediante l'apporto di beni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); a tal fine, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato o di liquidità, nel limite massimo di 44 miliardi di euro. Si tratta quindi di un fondo interamente pubblico la cui gestione è affidata a CDP.

All’apporto del MEF corrisponde l’emissione, da parte di CDP S.p.A., a valere sul Patrimonio Destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione. Le risorse del Patrimonio Destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano.

In via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Per il finanziamento delle attività del Patrimonio Destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul Patrimonio Destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito. Sulle obbligazioni del Patrimonio Destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato.

La garanzia dello Stato può essere altresì concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il Patrimonio Destinato, a specifiche condizioni. Il Patrimonio opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5 per cento.

Il Patrimonio Destinato cessa ex lege decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP, su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.

Al conto corrente di tesoreria centrale fruttifero, su cui confluiscono le disponibilità liquide del Patrimonio Destinato possono affluire anche le disponibilità liquide dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi a sostegno della crescita dell’economia reale. Gli schemi di decreto attuativo della disciplina primaria sono sottoposti al Parlamento. Al Parlamento è inoltre inviata una relazione annuale sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni in parola.

Il decreto MEF n. 26 del 3 febbraio 2021 (GU 10 marzo 2021) reca il Regolamento concernente i requisiti di accesso, condizioni, criteri e modalità degli investimenti del Patrimonio Destinato. Al riguardo le Commissioni VI Finanze e X Attività Produttive della Camera, nel mese di dicembre 2020 hanno espresso parere favorevole con osservazioni sul relativo schema (Atto del Governo n. 222).

In estrema sintesi, il decreto ministeriale dispone due differenti operatività del Patrimonio Destinato:

§  la prima, definita secondo i termini e alle condizioni di cui al Temporary Framework sugli aiuti di Stato in seno all'emergenza COVID-19, su cui - come riferisce il Governo - la Commissione europea si è positivamente espressa a seguito di formale notifica da parte delle autorità italiane (decisione C(2020) 6459 final del 17 settembre 2020); nell'ambito di tale operatività, il Patrimonio Destinato interviene mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati convertibili, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati;

§  una operatività a condizioni di mercato, mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, operazioni sul mercato secondario e ristrutturazioni di impresa; gli strumenti sono strutturati in coerenza con le operazioni di mercato della stessa specie e prevedono sempre la presenza di terzi co-investitori nella misura almeno del 30 per cento dell'ammontare: questi ultimi sottoscrivono gli strumenti a condizioni identiche a quelle del Patrimonio Destinato (c.d. pari passu).

L’articolo 27 del decreto Rilancio, al comma 2, dispone tra l'altro che gli apporti del Ministero dell'economia e delle finanze siano effettuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; al riguardo il Decreto 7 maggio 2021 stabilisce (articolo 3) che, ai fini della dotazione iniziale del Patrimonio Destinato, siano assegnati a titolo di apporto a Cassa depositi e prestiti S.p.a., in nome e per conto del Patrimonio Destinato medesimo, titoli di Stato per un controvalore di tre miliardi di euro. Qualora intervenga autorizzazione di legge l'apporto iniziale e gli apporti successivi potranno essere effettuati, in tutto o in parte, attraverso l'assegnazione di disponibilità liquide, oltre che di titoli di Stato, fermo restando il limite massimo complessivo di 44 miliardi.

 

Le disposizioni in esame modificano il comma 4-bis dell’articolo 27 del decreto Rilancio e introducono i due nuovi commi 4-ter e 4-quater.

 

Con le modifiche al comma 4-bis (lettera a) del comma in esame) si proroga dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2022 il termine entro cui possono essere effettuati gli interventi del Patrimonio Destinato nelle forme e alle condizioni previsti dal quadro normativo dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

Si ricorda che il regolamento attuativo del Patrimonio Destinato (articolo 6 del richiamato D.M. n. 26 del 2021), oltre a individuare le tipologie di interventi del Patrimonio Destinato effettuati in coerenza al Temporary Framework - e dalla decisione della Commissione europea C(2020) 6459 final, che ha ritenuto la misura del Patrimonio Destinato compatibile con la normativa sugli aiuti di Stato - ne definisce altresì le scadenze.

I suddetti interventi consistono in:

§  partecipazione ad aumenti di capitale (contratti da sottoscrivere entro il 30 settembre 2021);

§  sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione (contratti da sottoscrivere entro il 30 settembre 2021);

§  sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati convertibili (contratti da sottoscrivere entro il 30 settembre 2021);

§  sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati (contratti da sottoscrivere entro il 30 giugno 2021).

Le scadenze fissate in origine dal decreto ministeriale hanno tenuto conto della Comunicazione C(2020) 7127 final del 13 ottobre 2020, con cui la Commissione ha introdotto una  modifica al quadro europeo degli aiuti di Stato nella pandemia, prorogando l’operatività delle misure del Temporary Framework al 30 giugno 2021, ad eccezione di quelle relative alle misure di ricapitalizzazione, prorogate per ulteriori tre mesi fino al 30 settembre 2021.

Sul punto è successivamente intervenuta, il 28 gennaio 2021, la Comunicazione della Commissione UE C 2021/C 34/06, che ha prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2021 il Quadro delle misure di aiuto (sia quelle in scadenza al 30 giugno 2021, sia quelle per la ricapitalizzazione la cui scadenza era fissata al 30 settembre 2021).

Sono stati inoltre aumentati i massimali degli aiuti di importo limitato e dei costi fissi non coperti, ed è stata consentita la conversione degli strumenti rimborsabili concessi nell'ambito del Quadro (garanzie, prestiti agevolati, anticipi rimborsabili) in altre forme di aiuto, quali le sovvenzioni dirette, a condizione che siano rispettate le condizioni del Quadro stesso.

Il 18 novembre 2021 la Commissione europea ha deciso di prorogare fino al 30 giugno 2022 il quadro temporaneo per gli aiuti di Stato (la cui scadenza era prevista per il 31 dicembre 2021).

 

Per accelerare ulteriormente la ripresa, la Commissione ha inoltre deciso di introdurre due nuove misure per creare, per un ulteriore periodo limitato, incentivi diretti per investimenti privati e misure di sostegno alla solvibilità orientati al futuro:

§  misure di sostegno agli investimenti per aiutare gli Stati membri a superare la carenza di investimenti accumulata a causa della crisi. Gli Stati membri possono predisporre incentivi per gli investimenti realizzati dalle imprese e utilizzare questo strumento per accelerare la transizione verde e digitale. La misura include elementi di salvaguardia per evitare distorsioni indebite della concorrenza, ad esempio il fatto che le misure debbano interessare un ampio gruppo di beneficiari e che l'importo dell'aiuto debba essere limitato. Questo strumento è a disposizione degli Stati membri fino al 31 dicembre 2022; e

§  misure di sostegno alla solvibilità per mobilitare fondi privati e renderli disponibili per investimenti nelle piccole e medie imprese (PMI), comprese le start?up e le piccole imprese a media capitalizzazione. Gli Stati membri possono concedere garanzie a intermediari privati, introducendo incentivi a investire in questi tipi di società e offrendo loro un accesso più agevole al finanziamento del capitale, che spesso hanno difficoltà ad attirare individualmente. Ciò è particolarmente importante alla luce dei crescenti livelli di indebitamento raggiunti dalle imprese durante la crisi. Questo strumento è a disposizione degli Stati membri fino al 31 dicembre 2023.

 

Inoltre, tra le altre modifiche, la Commissione ha: i) prorogato dal 30 giugno 2022 al 30 giugno 2023 la possibilità per gli Stati membri di convertire gli strumenti rimborsabili (ad esempio garanzie, prestiti, anticipi rimborsabili) concessi in applicazione del quadro di temporaneo in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni dirette; ii) adeguato gli importi massimi di taluni tipi di aiuto in maniera proporzionale rispetto alla proroga della durata; iii) fornito chiarimenti sul ricorso alle norme eccezionali in materia di flessibilità degli orientamenti della Commissione sul salvataggio e la ristrutturazione; e iv) prorogato per altri tre mesi (dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022) l'elenco modificato dei paesi con rischi non assicurabili sul mercato, nel contesto dell'assicurazione dei crediti all'esportazione a breve termine (STEC).

Di conseguenza, le norme proposte intendono rendere coerenti le scadenze previste per gli interventi del Patrimonio Destinato nel regime di Temporary Framework a quanto deciso dalla Commissione, prorogandoli al 30 giugno 2022.

Per ulteriori informazioni sugli aiuti di Stato nel contesto pandemico, si rinvia al sito della documentazione parlamentare.

 

La lettera b) del comma 6-bis inserisce due nuovi commi, 4-ter e 4-quater, nell’articolo 27 del decreto Rilancio.

 

Il nuovo comma 4-ter dell’articolo 27 consente al Patrimonio destinato, solo con riferimento all'operatività a condizioni di mercato (di cui al comma 4 dell’articolo 27), di intervenire anche sulle società che esercitano, in via esclusiva o prevalente, l'attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari (di cui all'articolo 162-bis, comma 1, lettera c), numero 1), del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

 

Ai sensi del successivo comma 4-quater, sempre limitatamente all'operatività a condizioni di mercato, possono beneficiare degli interventi del Patrimonio Destinato, nella forma di operazioni sul mercato primario tramite partecipazione ad aumenti di capitale e sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, nelle forme disciplinate dal già menzionato decreto attuativo, anche le società che presentano un risultato operativo positivo in due dei tre anni precedenti alla data di richiesta di intervento, così come riportato dal bilancio consolidato o, se non disponibile, dal bilancio d'esercizio, approvato e assoggettato a revisione legale, non anteriore di diciotto mesi rispetto alla data di richiesta di intervento, senza che, in tal caso, rilevi l'utile riportato nel bilancio della società.

 


 

Articolo 5, commi 7-12 e comma 15
(Riversamento spontaneo crediti di imposta)

 

 

I commi da 7 a 12 dell’articolo 5 prevedono una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati. L’accesso alla procedura è escluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi, mentre nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione. Per avvalersi della procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta sarà necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2022. Il versamento dell’importo indicato nell'istanza può essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2022, ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2022 e le successive entro il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024. La procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. Il comma 15 rinvia all'articolo 17 per la copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione dei commi in esame.

 

Più in dettaglio, il comma 7 offre ai soggetti che hanno indebitamente utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, la possibilità di effettuare il riversamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi, alle condizioni e nei termini previsti dai commi 8 al 12.

 

L'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di bilancio 2017, dal decreto legge n. 87 del 2018 e dalla leggi di bilancio 2019 e 2020) ha attribuito a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento, elevata al 50 in specifici casi, delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 (commi 15 e 16 della legge n. 232 del 2016), l'utilizzo del credito d’imposta è stato consentito (oltre che alle imprese residenti) anche alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguissero le attività di ricerca e sviluppo mediante contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Tali disposizioni, contenute nel comma 1-bis dell'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, sono state oggetto di una norma interpretativa recata dall'articolo 1, comma 72 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) con la quale è stato chiarito esplicitamente che ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.

Il credito d'imposta è riconosciuto, fino ad un importo massimo annuale di euro 10 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30.000. Il comma 4 e il comma 6 dell'articolo 3 elencano, rispettivamente le attività e le tipologie di costi ammissibili. Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Ai fini dei successivi controlli, le imprese beneficiarie del credito d'imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d'imposta in relazione ai progetti o ai sotto-progetti in corso di realizzazione.

Il termine della misura era originariamente fissato al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 ma il comma 209 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ne ha anticipato il termine di fruibilità al 31 dicembre 2019, destinando le risorse derivanti dall'anticipata cessazione del termine di applicazione del credito d’imposta oggetto dei commi in esame al nuovo credito d'imposta per investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e altre attività innovative per la competitività delle imprese, istituito dai commi da 198 a 209 della medesima legge di bilancio 2020.

 

La procedura di riversamento spontaneo è destinata ai soggetti che (nei periodi d’imposta indicati al comma 7) abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:

§  abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;

§  in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano applicato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019 (vedi supra).

 

L’accesso alla procedura è invece in ogni caso escluso nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta (comma 8). L'accertamento di condotte fraudolente da parte degli uffici delle imposte comporta la decadenza dalla procedura e le somme già versate si considerano acquisite a titolo di acconto sugli importi dovuti.

La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Nel caso in cui l’indebito utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza possibilità di applicare la rateazione prevista dal comma 10 (vedi infra).

 

Per avvalersi della procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta sarà necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2022. Il comma 9 prevede che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura siano definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022, specificando che nell'istanza devono essere indicati il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili.

 

Il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate può essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2022, ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2022 e le successive (per le quali sono dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2022, gli interessi calcolati al tasso legale) entro il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024 (comma 10). Il versamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2022.

In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).

 

Il comma 15 stabilisce che alle minori entrate derivanti dai commi da 7 a 12, valutate in 35,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2029, si provvede ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda si fa rinvio.

 


 

Articolo 5, comma 12-bis
(S
istemi evoluti di incasso)

 

 

Il comma 12-bis, introdotto al Senato, differisce l’operatività della disposizione secondo cui i commercianti al minuto che incassano i corrispettivi attraverso sistemi evoluti in grado di garantire la memorizzazione, l’inalterabilità e la sicurezza dei dati (carte di debito, di credito e altre forme di pagamento elettronico), possono assolvere all’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati giornalieri tramite questi medesimi strumenti.

 

In particolare il comma 12-bis, modificando l'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legislativo 5 agosto 2015, n. 127, differisce l’operatività dell’utilizzo dei sistemi evoluti di incasso ai fini dell’obbligo di memorizzazione dal 1° luglio 2021 al 1° luglio 2022.

Pertanto, con la modifica in esame, a decorrere dal 1° luglio 2022, i soggetti che effettuano le operazioni di commercio al minuto, che adottano sistemi evoluti di incasso, attraverso carte di debito e di credito e altre forme di pagamento elettronico, dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, che consentono la memorizzazione, l'inalterabilità e la sicurezza dei dati, possono assolvere mediante tali sistemi all'obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri.

 

A tale proposito si ricorda che il sopra citato articolo 2 dispone che dal 1° gennaio 2020 i soggetti che effettuano le operazioni qualificate come commercio al minuto o attività assimilate (articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633-DPR IVA) memorizzino elettronicamente e trasmettano telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri (cd. scontrino elettronico). Il comma 6-ter del sopra citato articolo 2 dispone in linea generale che i dati relativi ai corrispettivi giornalieri dei commercianti al minuto e assimilati siano trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro dodici giorni dall’effettuazione della relativa operazione (determinata ai sensi delle regole generali in tema di IVA, ossia ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). Rimangono fermi la memorizzazione giornaliera dei dati relativi ai corrispettivi nonché i termini di effettuazione delle liquidazioni periodiche IVA (articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100).


 

Articolo 5, comma 12-ter
(Trasmissione telematica Sistema tessera sanitaria)

 

 

Il comma 12-ter, introdotto al Senato, rinvia al 1° gennaio 2023, l’obbligo per i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri.

 

In particolare il comma 12-ter, modificando l'articolo 2, comma 6-quater, del decreto-legislativo 5 agosto 2015, n. 127, rinvia al 1° gennaio 2023 (rispetto al precedente termine del 1° gennaio 2022) la decorrenza dell’obbligo di invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, esclusivamente mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica.

A tale proposito si ricorda che l'articolo 2, comma 6-quater, dispone che i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata possono adempiere a tale obbligo mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati, relativi a tutti i corrispettivi giornalieri, al Sistema tessera sanitaria. A decorrere dal 1° gennaio 2022 (termine che si vuole modificare con il comma in esame), tali soggetti adempiono all'obbligo esclusivamente mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria. Si ricorda altresì che tale data, a partire dalla quale la possibilità sopra citata di trasmissione telematica dei dati diviene un obbligo, è stata nel tempo più volte prorogata (da ultimo dall’articolo 3, comma 5, del decreto legge 31 dicembre 2020, n. 183).

 

Si segnala che in base all’articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, sono le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Successivamente i decreti ministeriali 1° settembre 2016, 22 marzo 2019, 22 novembre 2019 e 16 luglio 2021 hanno individuato ulteriori soggetti (iscritti agli albi professionali dei veterinari, esercizi commerciali che svolgono l'attività di distribuzione al pubblico di farmaci, strutture sanitarie militari, nonché iscritti a vari albi della professione sanitaria ed elenchi speciali) tenuti alla trasmissione al Sistema tessera sanitaria dei dati relativi alle spese sanitarie.

L’Agenzia delle entrate nella Circolare 14/E-Chiarimenti in tema di documentazione di operazioni rilevanti ai fini IVA, alla luce dei recenti interventi normativi in tema di fatturazione elettronica ha chiarito che i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS devono continuare a certificare le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche/consumatori finali mediante fatture in formato cartaceo – ovvero in formato elettronico senza utilizzare lo SdI (sistema di interscambio) come canale di invio – e a trasmettere i relativi dati al sistema TS secondo le tipologie evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalità di trasmissione dei dati al suddetto sistema. Anche i soggetti che erogano prestazioni sanitarie nei confronti delle persone fisiche che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema TS ai fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata devono continuare ad emettere le fatture per prestazioni sanitarie nei confronti dei consumatori finali in formato cartaceo ovvero in formato elettronico con trasmissione attraverso canali diversi dallo SdI.

 

 


 

Articolo 5, comma 12-quater
(Esenzione fattura elettronica Sistema tessera sanitaria)

 

 

Il comma 12-quater, introdotto al Senato, proroga al 2022 il divieto di fatturazione elettronica previsto per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

 

Il comma in esame estende anche al periodo d’imposta 2022 la vigenza della disciplina introdotta dall’articolo 10-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 che stabilisce che per i periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021 i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, non possono emettere fatture elettroniche.

I dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria possono essere utilizzati solo dalle pubbliche amministrazioni per l'applicazione delle disposizioni in materia tributaria e doganale, ovvero, in forma aggregata per il monitoraggio della spesa sanitaria pubblica e privata complessiva.

Considerato quindi l’esplicito divieto in tal senso, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria continuano ad emettere le fatture in formato cartaceo e a trasmettere i dati al Sistema TS secondo le ordinarie modalità.

 

Sulla materia si ricorda che il Garante della privacy già con i Provvedimenti del 15 novembre e del 20 dicembre 2018 aveva indicato delle criticità sull’applicazione della fatturazione elettronica anche ai soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria. In particolare il Garante aveva sottolineato che le fatture, di regola, contengono dati, anche molto di dettaglio, volti ad individuare – spesso a fini di garanzia, assicurativi o per prassi commerciali - i beni e i servizi ceduti, con la descrizione delle prestazioni. Le maggiori criticità rilevate in ordine all’obbligo di fatturazione elettronica, si riscontrano pertanto in relazione alle fatture relative a prestazioni sanitarie o emesse da esercenti la professione forense, poiché comportano il trattamento di dati sulla salute e relativi a condanne penali e reati, di regola non direttamente rilevante a fini fiscali, 

 


 

Articolo 5, comma 13
(Aiuti di importo limitato e aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti)

 

 

L’articolo 5, comma 13, lettera a), assoggetta alla disciplina contenuta nelle Sezioni 3.1 (“Aiuti di importo limitato”) e 3.12 (“Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti”) della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19), e successive modifiche, le seguenti misure di agevolazione:

- il contributo a fondo perduto per le start-up (articolo 1-ter del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[2];

- le varie misure fiscali di agevolazione e razionalizzazione connesse all'emergenza da COVID-19 (articolo 5 del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[3];

- l'esenzione dal versamento della prima rata dell'imposta municipale propria per gli operatori economici destinatari del contributo a fondo perduto (articolo 6-sexies del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[4];

- l'ulteriore contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che hanno la partita IVA attiva al 30 giugno 2021 (data di entrata in vigore del D.L. 73/2021) (articolo 1 del D.L. 73/2021 - L. 106/2021)[5];

- l'estensione e proroga del credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda (articolo 4 del D.L. 73/2021 - L. 106/2021)[6].

La lettera b) introduce il parere della "Conferenza Stato-Città" (secondo la correzione formale apportata dal Senato) nell'ambito della procedura di emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze chiamato a stabilire le modalità di attuazione della disciplina relativa alla concessione delle varie misure di aiuto sottoposte ai limiti e alle condizioni previsti dalle Sezioni 3.1 e 3.12 della suddetta comunicazione della Commissione europea.

 

A tal fine novella l'articolo 1 del D.L. n. 41/2021 (L. n. 69/2021) ai commi 13 e 16.

 

La relazione illustrativa afferma che la modifica normativa in esame si rende necessaria affinché sia assicurata la compatibilità con le regole europee sugli aiuti di Stato, nell’ambito di un complesso negoziato con la Commissione europea i cui esiti sono imminenti, anche per le predette disposizioni agevolative non richiamate nel quadro normativo individuato dal citato articolo 1, commi da 13 a 17, del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, in quanto introdotte nell’ordinamento successivamente all’entrata in vigore dello stesso.

 

La sintesi dei regimi di aiuti autorizzati per l'Italia è disponibile su questa pagina del sito istituzionale della Commissione europea.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1 del D.L. 41/2021, commi da 13 a 17, disciplina le condizioni per fruire di talune misure di aiuto autorizzate dalla Commissione europea, o per le quali è necessaria l’autorizzazione della Commissione europea, sulla base delle Sezioni 3.1 (“Aiuti di importo limitato”) e 3.12 (“Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti”) della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020  (2020) 1863 final (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19), e successive modifiche[7]. La disciplina europea relativa agli aiuti temporanei di importo limitato ne consente l'erogazione alle imprese che si trovano di fronte a un’improvvisa carenza o addirittura indisponibilità di liquidità. L'importo complessivo dell'aiuto non supera 1,8 milioni di EUR per impresa. L'aiuto - che deve essere concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2021 - non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà il 31 dicembre 2019, ad eccezione, alle condizioni previste, delle microimprese o alle piccole imprese. Particolari condizioni si applicano alle imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, mentre è prevista una disciplina speciale per le imprese dei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura. La disciplina europea degli aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti prevede che gli Stati membri possono prevedere di contribuire ai costi fissi, come da essa definiti, non coperti delle imprese per le quali la pandemia di COVID-19 ha comportato la sospensione o la riduzione dell'attività commerciale. L'aiuto è concesso entro il 31 dicembre 2021 e copre i costi fissi non coperti sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 31 dicembre 2021, a favore di imprese che subiscono, durante tale periodo, un calo del fatturato di almeno il 30 % rispetto allo stesso periodo del 2019. L'intensità di aiuto non supera il 70 % dei costi fissi non coperti, tranne per le microimprese e le piccole imprese, per le quali l'intensità di aiuto non supera il 90 % dei costi fissi non coperti. L'importo complessivo dell'aiuto non supera 10 milioni di EUR per impresa.

Il comma 13 - qui novellato - elenca le misure di agevolazione attualmente sottoposte alla disciplina di cui alle sezioni 3.1 e 3.12 del citato Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19[8].

Il comma 14 dell'articolo 1 consente il cumulo, da parte di ciascuna impresa, tra gli aiuti menzionati dal comma 13 e fruiti alle condizioni e nei limiti della Sezione 3.1 della suddetta Comunicazione della Commissione europea e altri aiuti autorizzati ai sensi della medesima Sezione.

Il comma 15 prevede che le condizioni e i limiti previsti dalla Sezione 3.12 della suddetta Comunicazione della Commissione europea rilevano per le imprese beneficiarie degli aiuti di cui al comma 13 che intendono avvalersi anche di tale Sezione.

A tal fine è fatto loro obbligo di presentare un’apposita autodichiarazione attestante l’esistenza delle condizioni previste al paragrafo 87 della Sezione 3.12.

Il comma 16 - qui novellato - demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione: delle modalità di attuazione della disciplina sopra descritta ai fini della verifica, successivamente all’erogazione del contributo, del rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalle Sezioni 3.1 e 3.12 della suddetta comunicazione della Commissione europea; delle modalità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle predette sezioni della citata Comunicazione della Commissione europea.

Ai fini della disciplina dettata dai commi da 13 a 16, il comma 17 rende applicabili le identiche definizioni di impresa unica stabilite dalle specifiche discipline europee relative agli aiuti de minimis. Esse sono rispettivamente dettate dai regolamenti (UE) n. 1407/2013, applicabile alle imprese di qualsiasi settore, salve le discipline speciali, 1408/2013, relativo al settore agricolo, e 717/2014, relativo al settore della pesca e dell'acquacoltura. In base ai richiamati regolamenti, s'intende per «impresa unica» l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle relazioni seguenti: a) un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa; b) un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa; c) un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima oppure in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima; d) un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima. Le imprese fra le quali intercorre una delle relazioni sopra descritte, per il tramite di una o più altre imprese sono anch’esse considerate un’impresa unica.


 

Articolo 5, comma 14-bis
(Disposizioni speciali sul pagamento
in modo virtuale per determinati soggetti)

 

 

L’articolo 5, comma 14-bis, inserito al Senato, modifica la disciplina che consente a Poste italiane, enti creditizi, finanziari e assicurativi di essere autorizzati a liquidare l'imposta di bollo in modo virtuale. La disposizione in esame propone di specificare e chiarire il perimetro dei soggetti inclusi nell'ambito di applicazione soggettivo della norma, aumenta la quota dell'imposta da versare annualmente dal settanta al cento per cento dell'imposta provvisoriamente liquidata in modo virtuale e posticipa i termini per la presentazione della dichiarazione su atti e documenti effettivamente emessi nell'anno precedente.

 

La disposizione, inserita nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, riscrive l'articolo 15-bis del D.P.R n. 642 del 1972, recante la disciplina dell'imposta di bollo.

 

Il testo vigente dell'articolo appena citato dispone che Poste italiane S.p.A., le banche e gli altri enti e società finanziari, nonché le imprese di assicurazioni, entro il 16 aprile di ogni anno, versano, a titolo di acconto, una somma pari al settanta per cento dell'imposta provvisoriamente liquidata in modo virtuale (ai sensi dell'articolo 15 del D.P.R. n. 642 del 1972 e dei relativi decreti attuativi D.M. 7 giugno 1973 e D.M. 10 febbraio 1988); per esigenze di liquidità l'acconto può essere scomputato dai versamenti da effettuare a partire dal successivo mese di febbraio. La liquidazione virtuale prevede che il soggetto interessato chieda una preventiva autorizzazione all'Ufficio competente, presentando apposita domanda contenente l'indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi e ricevuti durante l'anno. L'autorizzazione si intende concessa a tempo indeterminato ed è revocabile con atto da notificarsi all'interessato. La liquidazione è effettuata in via provvisoria in base ai dati esposti nella dichiarazione presentata con l'istanza di autorizzazione ed è ripartita in tante rate uguali quanti sono i bimestri compresi nel suddetto periodo, con scadenza alla fine di ciascun bimestre solare. A partire dall'anno solare che segue il primo periodo di operatività del pagamento in modo virtuale, il soggetto autorizzato, entro il 31 gennaio di ciascun anno, presenta all'Ufficio una dichiarazione contenente l'indicazione del numero degli atti e documenti effettivamente emessi nell'anno precedente, distinti per voce di tariffa, e degli altri elementi utili per la liquidazione dell'imposta, nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo. Sulla base dei dati indicati in tale dichiarazione, si procede alla liquidazione definitiva a consuntivo dell'imposta dovuta per l'anno precedente, imputando la differenza a debito o a credito alla rata bimestrale scadente a febbraio o, occorrendo, a quella successiva.

 

La disposizione in esame propone di specificare e chiarire il perimetro dei soggetti inclusi nell'ambito di applicazione soggettivo della norma, aumenta la quota dell'imposta da versare annualmente dal settanta al cento per cento dell'imposta provvisoriamente liquidata in modo virtuale e posticipa i termini per la presentazione della dichiarazione su atti e documenti effettivamente emessi nell'anno precedente e per il versamento della prima rata bimestrale.

 

In particolare, il comma 3 della disposizione in esame elenca i soggetti che possono chiedere l'autorizzazione a liquidare l'imposta di bollo in modo virtuale:

a)   Poste Italiane S.p.A.;

b)  le banche;

c)   le società di gestione del risparmio (S.G.R.);

d)  le società capogruppo dei gruppi bancari;

e)   le società di intermediazione mobiliare (S.I.M.);

f)   i soggetti operanti nel settore finanziario, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento di cui (rispettivamente) ai titoli V, V-bis e V-ter del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), nonché le società esercenti altre attività finanziarie indicate nell'articolo 59, comma 1, lettera b), dello stesso testo unico;

g)  le imprese di assicurazioni.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 15-bis dispone che tali soggetti, entro il 16 aprile di ogni anno sono chiamati a versare, a titolo di acconto, una somma pari al cento per cento dell'imposta provvisoriamente liquidata in modalità virtuale ai sensi dell'articolo 15 del D.P.R. n. 642 del 1972. Per esigenze di liquidità l'acconto può essere scomputato dal primo dei versamenti da effettuare nell'anno successivo a quello di pagamento dell'acconto. Entro il mese di febbraio (comma 2) i medesimi soggetti devono presentare la dichiarazione contenente l'indicazione del numero degli atti e documenti emessi nell'anno precedente distinti per voce di tariffa e degli altri elementi utili per la liquidazione dell'imposta, nonché degli assegni bancari estinti nel suddetto periodo. Per tali soggetti, il termine per il versamento della prima rata bimestrale è posticipato all'ultimo giorno del mese di aprile. La liquidazione definitiva dell'imposta dovuta per l'anno precedente viene eseguita imputando la differenza a debito o a credito della prima rata bimestrale, scadente ad aprile o, occorrendo, in quella successiva.

Articolo 5, comma 14-ter
(Abolizione esterometro)

 

 

Il comma 14-ter, introdotto al Senato, posticipa dal 1° gennaio 2022 al 1° luglio 2022, l’abolizione della specifica comunicazione telematica dei dati relativi alle cessioni di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere (cd. esterometro).

 

Il comma in esame stabilisce che per le operazioni con l’estero effettuate a partire dal 1° luglio 2022 la trasmissione dei dati avvenga non più con la comunicazione attraverso il sistema cosiddetto esterometro, bensì utilizzando il Sistema di Interscambio-SDI.

Pertanto, a partire da tale data, la trasmissione dei dati della fattura elettronica tramite lo SDI, già obbligatoria in Italia, diventerà necessaria anche per le fatture relative a operazioni transfrontaliere di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate (e ricevute) nei confronti di soggetti al di fuori del territorio dello Stato.

 

Si ricorda sinteticamente che la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) ha stabilito che la fatturazione nei confronti delle amministrazioni pubbliche debba avvenire esclusivamente in forma elettronica attraverso il Sistema di Interscambio e il decreto Ministeriale del 7 marzo 2008 ha individuato l'Agenzia delle Entrate quale gestore del Sistema di Interscambio e la Sogei quale apposita struttura dedicata ai servizi strumentali ed alla conduzione tecnica. Le regole per predisporre, trasmettere, ricevere e conservare le fatture elettroniche sono definite nel provvedimento n. 89757 del 30 aprile 2018 pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. La legge di bilancio 2018 ha previsto successivamente l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio a partire dal 1° gennaio 2019 sia nel caso in cui la cessione del bene o la prestazione di servizio è effettuata tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer). L’articolo 1, comma 3-bis del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, stabilisce tuttavia, uno specifico obbligo di comunicazione telematica (esterometro) per la trasmissione dei dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi delle operazioni transfrontaliere: i soggetti passivi sono tenuti a trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche (la trasmissione telematica è effettuata trimestralmente entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento).

Articolo 5, comma 14-quater
(Contabilità di magazzino)

 

 

Il comma 14-quater dellarticolo 5, introdotto al Senato, aggiorna e converte in euro i valori monetari (espressi in lire nella disciplina vigente) che determinano l’obbligo di tenuta delle scritture contabili ausiliarie di magazzino.

Per effetto delle modifiche in esame, dunque, l’obbligo di tenuta delle predette scritture decorre a partire dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l’ammontare dei ricavi e il valore complessivo delle rimanenze sono superiori, rispettivamente, a 5,164 milioni e a 1,1 milione di euro.

 

La disposizione modifica l’articolo 1 del regolamento recante norme per la semplificazione delle scritture contabili (D.P.R. n. 695 del 1996) che disciplina la tenuta delle scritture contabili ausiliarie di magazzino. 

 

Si tratta delle scritture contabili indicate all’articolo 14, primo comma, lettera d) del D.P.R. n. 600 del 1973, che devono essere tenute da società, enti e imprese commerciali. A norma del richiamato articolo 14, sono tenute in forma sistematica e secondo norme di ordinata contabilità, e hanno lo scopo di seguire le variazioni intervenute tra le consistenze di magazzino negli inventari annuali. Nelle scritture devono essere registrate le quantità entrate ed uscite delle merci, dei semilavorati, dei prodotti finiti nonché delle materie prime e degli altri beni destinati ad essere in essi fisicamente incorporati, degli imballaggi utilizzati per il confezionamento dei singoli prodotti, delle materie prime tipicamente consumate nella fase produttiva dei servizi, nonché delle materie prime e degli altri beni incorporati durante la lavorazione dei beni del committente.

Le rilevazioni dei beni, singoli o raggruppati per categorie di inventario, possono essere effettuate anche in forma riepilogativa con periodicità non superiore al mese. Nelle stesse scritture possono inoltre essere annotati, anche alla fine del periodo d'imposta, i cali e le altre variazioni di quantità che determinano scostamenti tra le giacenze fisiche effettive e quelle desumibili dalle scritture di carico e scarico. Dalle scritture ausiliarie di magazzino possono essere esclusi tutti i movimenti relativi a singoli beni o a categorie inventariali il cui costo complessivo nel periodo di imposta precedente non eccede il venti per cento di quello sostenuto nello stesso periodo per tutti i beni sopraindicati. I beni o le categorie inventariali che possono essere esclusi devono essere scelti tra quelli di trascurabile rilevanza percentuale.

 

L’articolo 1, comma 1 del D.P.R. n. 695 del 1996 nella sua formulazione vigente richiede che le scritture contabili ausiliarie di magazzino siano tenute a partire dal secondo periodo d'imposta successivo a quello in cui, per la seconda volta consecutivamente, l'ammontare dei ricavi e il valore complessivo delle rimanenze sono superiori rispettivamente a dieci miliardi e a due miliardi di lire. L'obbligo cessa a partire dal primo periodo di imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l'ammontare dei ricavi o il valore delle rimanenze è inferiore a tale limite. Per i soggetti il cui periodo di imposta è diverso dall'anno solare l'ammontare dei ricavi deve essere ragguagliato all'anno. Ai fini della determinazione dei limiti sopra indicati non si tiene conto delle risultanze di accertamenti se l'incremento non supera di oltre il quindici per cento i valori dichiarati.

 

Le norme in esame aggiornano e convertono in euro le somme che determinano l’obbligo di tenuta delle scritture contabili ausiliarie di magazzino.

 

Per effetto delle modifiche apportate, dunque, l’obbligo di tenuta delle predette scritture dunque decorre a partire dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l’ammontare dei ricavi e il valore complessivo delle rimanenze sono superiori, rispettivamente, a 5,164 milioni e a 1,1 milione di euro.

 


 

Articolo 5, comma 14-quinquies
(Canone unico)

 

 

Il comma 14-quinquies dell’articolo 5, inserito al Senato, contiene una norma di interpretazione autentica della disciplina del canone unico patrimoniale dovuto per le occupazioni permanenti con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità, volte a chiarire il soggetto passivo tenuto al pagamento del canone e la misura del quantum dovuto, in specifiche ipotesi.

 

Si rammenta preliminarmente che l’articolo 1, comma 2, dello statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) sancisce che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica. Esse hanno efficacia retroattiva.

 

 

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 816 a 847) ha istituito il cd. canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria che sostituisce, a partire dal 2021, entrate di diversa natura, vale a dire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità; e il diritto sulle pubbliche affissioni (ICPDPA), il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP) e il canone di cui all'art. 27, commi 7 e 8, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada). Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.

Il medesimo provvedimento ha altresì disciplinato, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2021, il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate, cui provvedono i comuni e le città metropolitane che lo istituiscono con proprio regolamento.

I provvedimenti emergenziali adottati in occasione della pandemia da COVID-19 hanno disposto l’esonero, per alcuni soggetti particolarmente colpiti dalle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria dal pagamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitari nonché del canone per l'occupazione delle aree destinate ai mercati (Cosap e Tosap).

 

La disposizione in commento, più in dettaglio, reca norme di interpretazione autentica (dunque con efficacia retroattiva) della disciplina sul canone unico patrimoniale per le occupazioni permanenti con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità, contenuta nel comma 831 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), come modificato dal comma 848 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020).

Si tratta di servizi quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, di servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete.

 

Soggetti obbligati al pagamento del canone sono, oltre al titolare della concessione, anche i soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l’utilizzo del materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione sulla base del numero delle rispettive utenze moltiplicate per la seguente tariffa forfetaria:

 

 

In ogni caso, l’ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800. Il canone, inoltre, è comprensivo degli allacciamenti alle reti effettuati dagli utenti e di tutte le occupazioni di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all’erogazione del servizio a rete.

Il numero complessivo delle utenze è quello risultante al 31 dicembre dell’anno precedente ed è comunicato al comune competente per territorio con autodichiarazione da inviare, mediante posta elettronica certificata, entro il 30 aprile di ciascun anno.

Gli importi sono rivalutati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente.

Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma PagoPa (si veda il tema relativo ai servizi digitali della PA curato dal Servizio studi della Camera per un approfondimento), di cui all’articolo 5 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. Per le occupazioni del territorio provinciale e delle città metropolitane, il canone è determinato nella misura del 20% dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di tariffa, pari a euro 1,50, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale.

 

 

Per effetto delle modifiche in commento:

§  per le occupazioni permanenti di suolo pubblico effettuate nei settori in cui è prevista una separazione, in ragione di assetti normativi, regolamentari o contrattuali tra i soggetti titolari delle infrastrutture ed i soggetti titolari del contratto di vendita del bene distribuito alla clientela finale, non configurandosi alcuna occupazione in via mediata ed alcun utilizzo materiale delle infrastrutture da parte della società di vendita, il canone è dovuto esclusivamente dal soggetto titolare dell'atto di concessione delle infrastrutture, in base alle utenze delle predette società di vendita;

§  per occupazioni permanenti di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale. Per tali occupazioni il canone annuo è dovuto nella misura minima di 800 euro.

 

 


 

Articolo 5, commi 15-bis e 15-ter
(Esenzioni temporanee IVA (direttiva (UE) 1159/2021))

 

 

L’articolo 5, commi 15-bis e 15-ter, recepisce la Direttiva (UE) 2021/1159 del Consiglio del 13 luglio 2021 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le esenzioni temporanee applicabili alle importazioni e a talune cessioni e prestazioni in risposta alla pandemia di COVID-19. Il termine di recepimento è fissato dalla Direttiva medesima al 31 dicembre 2021.

 

In particolare, il comma 15-bis, inserito dal Senato insieme al successivo comma 15-ter, stabilisce che, ai fini del recepimento della Direttiva (UE) 2021/1159 del Consiglio del 13 luglio 2021 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le esenzioni temporanee applicabili alle importazioni e a talune cessioni e prestazioni in risposta alla pandemia di COVID-19, all'articolo 72, comma 1 (riguardante le operazioni non imponibili IVA e a queste equiparate), del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'IVA), dopo la lettera c) si inserisce la seguente ulteriore fattispecie di operazioni non imponibili:

-       c-bis) le cessioni di beni effettuate nei confronti della Commissione europea o di un'agenzia o di un organismo istituito a norma del diritto dell'Unione europea, qualora la Commissione o tale agenzia od organismo acquisti tali beni o servizi nell'ambito dell'esecuzione dei compiti conferiti dal diritto dell'Unione europea al fine di rispondere alla pandemia di COVID-19, tranne nel caso in cui i beni e i servizi acquistati siano utilizzati, immediatamente o in seguito, ai fini di ulteriori cessioni o prestazioni effettuate a titolo oneroso dalla Commissione o da tale agenzia od organismo. Qualora vengano meno le condizioni previste dal periodo precedente, la Commissione, l'agenzia interessata o l'organismo interessato informa l'amministrazione finanziaria e la cessione di tali beni è soggetta all'IVA alle condizioni applicabili in quel momento.

 

Il comma 15-ter precisa che il regime di non imponibilità previsto dalla lettera c-bis) di cui al comma 15-bis, e il conseguente regime di cui all'articolo 68, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972, si applica alle operazioni compiute a partire dal 1° gennaio 2021. Per rendere non imponibili le operazioni assoggettate all'imposta sul valore aggiunto, effettuate prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, sono emesse note di variazione in diminuzione dell'imposta, ai sensi dell'articolo 26 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Si rammenta che l'articolo 68 del D.P.R. n. 633 del 1972 sopra richiamato riguarda le importazioni non soggette all'IVA. In particolare, la lettera c) dell'unico comma stabilisce che non è soggetta all'imposta ogni altra importazione definitiva di beni la cui cessione è esente dall'imposta o non vi è soggetta a norma dell'articolo 72. Per le operazioni concernenti l'oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), l'esenzione si applica allorché i requisiti ivi indicati risultino da conforme attestazione resa, in sede di dichiarazione doganale, dal soggetto che effettua l'operazione.


 

Articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies
(Modifiche alla disciplina dell'Imposta sul valore aggiunto)

 

 

L’articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies, interviene sulla disciplina dell'IVA con una serie di modifiche miranti a ricomprendere tra le operazioni effettuate nell'esercizio di impresa, o considerare in ogni caso avente natura commerciale, una serie di operazioni attualmente escluse; ovvero a rendere tali operazioni esenti ai fini dell'imposizione IVA (comma 15-quater). L'emendamento intende altresì, in attesa della piena operatività delle disposizioni del Codice del terzo settore, applicare il regime IVA speciale c.d. forfetario alle operazioni delle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 (comma 15-quinquies). Si precisa, infine, che tali disposizioni rilevano ai soli fini dell'IVA (comma 15-sexies).

 

I commi da 15-quater a 15-sexies sono stati inseriti dal Senato.

In particolare, il comma 15-quater apporta una serie di modificazioni al D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'IVA).

a)   si propone di modificare l'articolo 4 (Esercizio di imprese) come segue:

1)  si mira a ricomprendere tra le cessioni effettuate nell'esercizio di imprese le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nell'esercizio di attività commerciali o agricole ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto anche quelle prestazioni (escluse dal testo vigente dell'articolo 4, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972) effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

2)  si mira a considerare in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, agli effetti delle disposizioni sull'esercizio di imprese di cui all'articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati, nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali. Ai sensi del testo vigente dell'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, tali cessioni di pubblicazioni e beni e servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche non sono considerate attività commerciali;

3)  per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991 (si tratta di mense aziendali e spacci annessi ai circoli cooperativi ed enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno), le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, si mira a considerare commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti dei soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Inoltre, si intende far considerare fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto venire meno di associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria, anche in assenza dei due requisiti (riguardanti la disciplina del rapporto associativo e delle modalità di associazione, nonché le caratteristiche degli organi amministrativi e societari) richiesti dalla legislazione vigente (articolo 4, comma 7, lettere c) ed e), del D.P.R: n. 633 del 1972);

b)  si propone di inserire all'articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, dopo il terzo comma, due commi in base ai quali:

-     l'esenzione dall'IVA prevista dall'articolo 10 (Operazioni esenti dall'imposta) si applica inoltre alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA:

1)  le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

2)  le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

3)  le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al numero 1 del presente comma, organizzate a loro esclusivo profitto;

4)  la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991 (si tratta di mense aziendali e spacci annessi ai circoli cooperativi ed enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno), le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività. Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano a condizione che le associazioni interessate abbiano il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge, e si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal decreto legislativo n. 117 del 2017:

a.   obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

b.   disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

c.   obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

d.   eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

e.   intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

Le disposizioni di cui alle lettere b) e d) del quarto comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.

 

Il comma 15-quinquies precisa che, in attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del decreto legislativo n. 117 del 2017, recante il Codice del Terzo settore, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000, applicano, ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all'articolo 1, commi da 58 a 63, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

Si tratta del regime forfetario di cui all'articolo 1, comma 54 e seguenti, della legge di stabilità 2015. L’adozione del regime forfettario comporta una serie di semplificazioni tanto ai fini IVA quanto ai fini delle imposte dirette. Per quanto riguarda le semplificazioni ai fini IVA (commi da 58 a 63 della legge di stabilità 2015), coloro che applicano il regime forfetario non addebitano l’IVA in fattura ai propri clienti e non detraggono l’IVA sugli acquisti. Non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale IVA. Non devono comunicare all’Agenzia delle entrate le operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro) né quelle effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list. Chi applica il regime forfetario, inoltre, non ha l’obbligo di registrare i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute. Per quanto riguarda gli adempimenti ai fini IVA, i contribuenti che applicano il regime forfetario hanno l’obbligo di numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali, certificare i corrispettivi, integrare le fatture per le operazioni di cui risultano debitori di imposta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, senza diritto alla detrazione dell’imposta relativa.

 

Il comma 15-sexies precisa che le disposizioni di cui ai commi 15-quater e 15-quinquies rilevano ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto.


 

Articolo 5, comma 15-septies
(Modifiche al regime delle accise
sull’alcol e sulle bevande alcoliche)

 

 

Il comma 15-septies dell’articolo 5, introdotto al Senato, apporta numerose modifiche al Testo Unico Accise (di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995) in relazione alle imposte dovute sulle bevande alcoliche e sull’alcol etilico.

Tali modifiche operano dal 1° gennaio 2022.

Si tratta sostanzialmente di disposizioni volte a recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva 2020/1151/UE, che ha apportato numerose modifiche al regime delle accise sugli alcolici, con particolare riferimento alla definizione di alcol denaturato e al relativo regime di circolazione; alle definizioni di “piccoli produttori indipendenti” di prodotti alcolici soggetti ad accisa; alle modalità di determinazione dell’accisa sulla birra; alla definizione di “vino spumante”, di “altre bevande fermentate”.

 

In questa sede occorre anzitutto ricordare che l’articolo 14 del disegno di legge di delegazione europea 2021, all’esame della Camera al momento di redazione del presente lavoro (A.C. 3208-A,) contiene specifici principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/1151 del Consiglio del 29 luglio 2020 in materia di accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche.

La norma dispone, con riferimento alle nuove modalità di misurazione dei gradi Plato della birra introdotte dalle norme europee (necessaria a determinare l’accisa dovuta), che nell’attuare la direttiva il Governo si avvalga della deroga, esplicitamente prevista dalla medesima normativa UE, che consente agli Stati membri di avvalersi, fino al 31 dicembre 2030, della metodologia di misurazione precedentemente utilizzata.

La direttiva (UE) 2020/1151 del Consiglio del 29 luglio 2020 ha modificato la Direttiva 92/23/CEE, che contiene la disciplina armonizzata della struttura delle accise sull’alcol e sulle bevande alcoliche (cd. direttiva accise). 

Con riferimento all’imposizione sulla birra, si innalza la gradazione alcolica della birra a bassa gradazione, cui possono essere applicate aliquote ridotte, viene elevata da 2,8% a 3,5% volumi (articolo 1, n. 2, che modifica l’articolo 5 della direttiva accise), per incoraggiare la creazione di nuovi prodotti a bassa gradazione alcolica. Si dispone inoltre che, ai fini della misurazione dei gradi Plato (misura di gradazione alcolica da cui dipende l’applicazione dell’accisa), siano presi in considerazione tutti gli ingredienti della birra, compresi quelli aggiunti dopo il completamento della fermentazione. Si consente tuttavia agli Stati Membri che al 29 luglio 2020 non avevano preso in considerazione gli ingredienti della birra aggiunti dopo la fermentazione, di continuare a utilizzare la metodologia sinora applicata fino al 31 dicembre 2030 (articolo 1, n. 1).

La direttiva modifica la nomenclatura dei prodotti considerati come vino spumante (articolo 1, n. 3) e come altre bevande fermentate gasate (articolo 1, n. 5).

Con riferimento al vino, si consente agli Stati Membri di applicare aliquote di accise ridotte al vino prodotto da piccoli produttori di vino indipendenti, in analogia a quanto già previsto per la birra (dall’articolo 4 della direttiva accise) per le cd. birrerie indipendenti e per l’alcol etilico (articolo 22 della direttiva accise) in favore delle piccole distillerie) entro specifici limiti. Le aliquote ridotte non possono essere inferiori di oltre 50% all’aliquota normale nazionale dell’accisa. Le aliquote ridotte nazionali eventualmente stabilite sono applicabili uniformemente al vino fornito sul territorio nazionale da piccoli produttori indipendenti situati in altri Stati Membri (articolo 1, n. 4).

Gli Stati membri forniscono, su richiesta, un certificato annuale ai piccoli produttori indipendenti stabiliti nel loro territorio, che confermi la loro produzione annuale totale (n. 13). Analogamente, si consente agli Stati membri di applicare – a specifiche condizioni - aliquote di accisa ridotte, le quali possono avere importi diversi secondo la produzione annuale dei produttori interessati, alle altre bevande fermentate (articolo 1, n. 7) e ai prodotti intermedi prodotti da piccoli produttori indipendenti (n. 10).

Viene dunque fornita la definizione di “piccolo produttore indipendente” i cui requisiti sono: l’indipendenza legale ed economica da qualsiasi altro produttore, l’uso di impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro produttore e la circostanza che il “piccolo produttore” non operi sotto licenza.

Si consente poi agli Stati membri di esentare dall’accisa i prodotti fabbricati da un privato a fini non commerciali anche con riferimento all’alcol etilico ottenuto dalla frutta (come mele, pere, vinaccia e bacche (n. 11).

Le norme in esame inoltre disciplinano con maggiore precisione le procedure, le condizioni di riconoscimento reciproco e gli altri elementi necessari ad applicare l’esenzione da accisa per l’alcol completamente denaturato (articolo 1, n. 15, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva accise).

Gli Stati Membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2021, le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva.

 

 

 

Alcol completamente denaturato

La lettera a) modifica l’articolo 27 del Testo Unico Accise – TUA, al fine di recepire le indicazioni contenute nell’articolo 1, par. 15 della direttiva 2020/1151.

Con una prima modifica (n.1, che introduce il comma 2-bis all’articolo 27) si introduce la definizione di alcole completamente denaturato, esente da accisa. Deve essere inteso come tale l'alcole etilico al quale sono aggiunte, nelle misure stabilite, le sostanze previste dalla formula di denaturazione notificata dallo Stato e oggetto di riconoscimento reciproco, di cui all'allegato al Regolamento (CE) n. 3199/93 della Commissione, del 22 novembre 1993 e successive modificazioni.

Si tratta del regolamento relativo al riconoscimento reciproco dei processi di completa denaturazione dell'alcole ai fini dell'esenzione dell'accisa. L’allegato al regolamento predetto è stato da ultimo sostituito del Regolamento 30 novembre 2018, n. 2018/1880/UE, con decorrenza dal 23 dicembre 2018.

 

Il n. 2 della lettera a) apporta numerose modifiche al comma 3 dell’articolo 27, ovvero alle ipotesi in cui l’alcol e le bevande alcoliche sono esenti da accisa, in considerazione delle esenzioni introdotte o modificate dalla menzionata direttiva (UE) 2020/1151.

In particolare, ai sensi delle norme proposte, l’esenzione opera se detti prodotto sono:

§  completamente denaturati e destinati alla vendita come alcole etilico (in luogo di essere esenti se denaturati con denaturante generale e destinati alla vendita, nuova lettera a) del comma 3);

§  impiegati in prodotti non destinati al consumo umano, realizzati con alcole etilico previamente denaturato con formule di denaturazione approvate dall'Amministrazione finanziaria, diverse da quelle di cui al succitato comma 2-bis (nuova lettera b) del comma 3). Nella formulazione previgente, si disponeva che l’esenzione operasse per prodotti denaturati con denaturanti speciali approvati dall'amministrazione finanziaria ed impiegati nella fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano alimentare ovvero impiegati come combustibile per riscaldamento o come carburante;

§  utilizzati, previa denaturazione, per la manutenzione e la pulizia delle attrezzature produttive impiegate per la realizzazione dei prodotti non destinati al consumo umano, di cui alla lettera b) (nuova lettera b-bis) del comma 3);

§  impiegati per la produzione di medicinali, secondo la definizione prevista dalla normativa europea (prodotti di cui alla direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193 e alla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219 nuova lettera d) del comma 3).

 

Resta ferma l’esenzione per i alcol e bevande alcoliche impiegati per produrre aceto, per quelli impiegati in un processo di fabbricazione, nella produzione di aromi alimentari e di bevande analcoliche, impiegati come componenti di prodotti alimentari, impiegati come campioni per analisi, per prove di produzione necessarie o a fini scientifici, utilizzati nella fabbricazione di un componente non soggetto ad accisa.

 

Il n. 3 della lettera a) estende l’esenzione da accisa anche al caso in cui (nuovo comma 3-bis dell’articolo 27) l'alcole etilico sia trasferito nel territorio nazionale con la scorta del documento di accompagnamento (di cui all’articolo 10 TUA) immesso in consumo in un altro Stato membro al quale, nel medesimo Stato, sono state aggiunte, nelle misure stabilite, le sostanze previste dalla relativa formula di denaturazione (di cui al Regolamento (CE) n. 3199/93) notificata dal medesimo Stato membro e oggetto di riconoscimento reciproco.

 

La lettera b) e la lettera c) apportano le conseguenti modifiche di coordinamento ai successivi articoli 29 e 30 del TUA, al fine di inserirvi il riferimento all’alcole completamente denaturato secondo la definizione introdotta supra.

 

La lettera d) introduce nel TUA l’articolo 30-bis, relativo alla circolazione dell'alcole e delle bevande alcoliche non completamente denaturati, in coerenza con quanto disposto dal Capo IV della direttiva sul regime generale delle accise (2008/118/CE). Si dispone che l'alcole e le bevande alcoliche non completamente denaturati, e cioè denaturati con modalità diverse da quelle di cui al nuovo comma 2-bis dell'articolo 27, circolino in regime di sospensione d’accisa (secondo le disposizioni dell'articolo 6 TUA).

 

In sintesi il regime sospensivo si applica ai prodotti provenienti da deposito fiscale e per i prodotti spediti da uno speditore registrato.

Esso ha luogo quando i beni lasciano il deposito fiscale di spedizione ovvero, nel caso di spedizione da parte di uno speditore registrato, all'atto della loro immissione in libera pratica. Il depositario autorizzato mittente e lo speditore sono tenuti a fornire garanzia per il pagamento dell'accisa. La circolazione, in regime sospensivo, dei prodotti sottoposti ad accisa deve avere luogo con un documento amministrativo elettronico (DAA telematico e-AD). La circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo termina, per il caso di circolazione nazionale o comunitaria: nel momento in cui gli stessi sono presi in consegna dal destinatario; se i prodotti sono esportati, nel momento in cui gli stessi hanno lasciato il territorio dell’Unione europea.

 

Piccole distillerie indipendenti

La lettera e) inserisce nel TUA un nuovo articolo 33-bis, che definisce piccole distillerie indipendenti: si tratta di ditte esercenti le distillerie (di cui all'articolo 28, comma 1, lettera a), punto 1) del TUA) per cui l'Amministrazione finanziaria, su richiesta del depositario e ricorrendone le condizioni, certifica, sulla base di una autocertificazione resa dal depositario che riguarda:

§  il quantitativo di alcole etilico realizzato nell'anno precedente, che non può risultare superiore a 10 ettolitri;

§  l’indipendenza economica e legale da altre distillerie;

§  l’utilizzo di impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altra azienda;

§  la circostanza che essa non opera sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui.

 

L’articolo 28 TUA stabilisce che la produzione dell'alcole etilico, dei prodotti alcolici intermedi e del vino nonché la fabbricazione della birra e delle bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra sono effettuate in regime di deposito fiscale. Le attività di fabbricazione dei prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo sono consentite, subordinatamente al rilascio della licenza di esercizio, in alcuni impianti indicati dalla legge, tra cui appunto le distillerie.

Accisa sulla birra

La lettera f) modifica l'articolo 35 del TUA, che reca le regole di calcolo dell’accisa sulla birra.

 

Al riguardo, l’articolo 1, n. 1 della direttiva 2020/1151/UE dispone inoltre che, ai fini della misurazione dei gradi Plato (misura di gradazione alcolica da cui dipende l’applicazione dell’accisa), siano presi in considerazione tutti gli ingredienti della birra, compresi quelli aggiunti dopo il completamento della fermentazione. Si consente tuttavia agli Stati Membri che al 29 luglio 2020 non avevano preso in considerazione gli ingredienti della birra aggiunti dopo la fermentazione, di continuare a utilizzare la metodologia sinora applicata fino al 31 dicembre 2030.

 

La lettera f) modifica il comma 1 dell’articolo 35, sostanzialmente recependo la deroga summenzionata.

Di conseguenza si definisce come “grado Plato”, fino al 31 dicembre 2030, la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 grammi del mosto da cui la bina è derivata, con esclusione degli zuccheri contenuti in bevande non alcoliche aggiunte alla birra prodotta.

Dal 1° gennaio 2031, per grado Plato si intende la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 grammi del mosto da cui la birra è derivata, alla quale è sommato anche il quantitativo di tutti gli ingredienti della birra eventualmente aggiunti dopo il completamento della fermentazione della birra prodotta. La ricchezza saccarometrica determinata ai sensi del presente comma viene arrotondata ad un decimo di grado, trascurando le frazioni di grado pari o inferiori a 5 centesimi, e computando per un decimo di grado quelle superiori.

 

Il n. 2 della lettera f) introduce il comma 3-ter.1 all’interno dell’articolo 35 TUA che consente alle piccole birrerie indipendenti di ottenere una certificazione di validità annuale che attesti i requisiti di legge necessari ad applicare le agevolazioni d’accisa previste per le imprese con i relativi requisiti dimensionali.

Si dispone in particolare che, per le fabbriche di birra che operano in regime di deposito fiscale, di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c) del TUA, l'Amministrazione finanziaria, su richiesta del depositario e ricorrendone le condizioni, certifica, sulla base di una autocertificazione resa dal depositario ai sensi, il quantitativo di birra realizzato nella fabbrica nell'anno precedente, che non può risultare superiore a 200.000 ettolitri; che la stessa fabbrica è legalmente ed economicamente indipendente da altre fabbriche; che utilizza impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altra azienda; che non opera sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui.

Vino spumante

La lettera g) modifica l’articolo 36, comma 2 TUA al fine di allineare la definizione di “vino spumante” all’articolo 1, n. 3 della direttiva 2020/1151/UE.

 

Piccolo produttore indipendente di vino

Recependo l’articolo 1, n. 4 della direttiva, la lettera h) introduce un nuovo articolo 37-bis nel TUA, recante la definizione di piccolo produttore indipendente di vino.

In particolare l'Amministrazione finanziaria, su richiesta del produttore di vino e sulla base degli elementi fomiti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, certifica, ricorrendone le condizioni e sulla base di una dichiarazione resa dal medesimo depositario, il quantitativo di vino realizzato nella fabbrica nell'anno precedente, che non può risultare superiore a 1.000 ettolitri e che lo stesso produttore è legalmente ed economicamente indipendente da altri produttori di vino, che utilizza impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altra azienda e che lo stesso produttore di vino non opera sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui.

 

Altre bevande fermentate

In attuazione dell’articolo 1, n. 5) della direttiva, la lettera i) modifica la definizione di altre bevande fermentate inserendo nell’articolo 38 TUA i codici specificamente indicati dalla disciplina europea.

 

Piccolo produttore indipendente di bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra e di prodotti alcolici intermedi

 

La lettera l), in attuazione dell’articolo 1, n. 7 della direttiva, inserisce nel TUA un nuovo articolo 38-bis che contiene la definizione di piccolo produttore indipendente di bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra.

Per le ditte esercenti gli stabilimenti di produzione e le cantine che producono bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra, ottenute esclusivamente dalla fermentazione di frutta , bacche, ortaggi o succo fresco o concentrato ricavato da tali prodotti ovvero dalla fermentazione di una soluzione di miele in acqua, senza l'aggiunta di alcole etilico o bevande alcoliche, l'Amministrazione finanziaria, su richiesta del depositario e ricorrendone le condizioni, certifica sulla base di una dichiarazione resa dal medesimo depositario e degli elementi forniti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il quantitativo di bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra prodotte nell'anno precedente, che non può essere superiore a 15.000 ettolitri. Analogamente alle altre definizioni di “piccoli produttivi” l'impianto produttivo deve essere legalmente ed economicamente indipendente da altri impianti, usare strutture fisicamente distinte da quelle di qualsiasi altra azienda e lo stesso impianto non deve operare sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui.

 

La lettera m), infine, recepisce nell’ordinamento la definizione di piccoli produttori di prodotti alcolici intermedi, con modalità di certificazione analoghe a quanto previsto per gli altri prodotti, con un requisito quantitativo di produzione non superiore a 250 ettolitri (nuovo comma 3-bis dell’articolo 39 TUA; si recepisce l’articolo 1, n. 10 della direttiva 2020/1151/UE).

 


 

Articolo 5-bis
(Rideterminazione della base imponibile del trattamento economico dei dipendenti pubblici in servizio all'estero)

 

 

L’articolo 5-bis modifica la disciplina relativa trasporto degli effetti e delle masserizie sostenute in occasione dei viaggi di trasferimento da e per sedi estere del personale del MAECI e, al fine di coprire i maggiori oneri, aumenta la base imponibile relativa all’indennità di servizio all’estero (ISE).

 

Il comma 1, intervenendo sull’articolo 51, comma 8, secondo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 917/1986 modifica i criteri di calcolo della base imponibile relativa all’indennità di servizio all’estero (ISE), aumentando il coefficiente applicato alle maggiorazioni da due volte a 2,175 volte (pari a ottantasette quarantesimi). L’aumento è destinato a coprire i maggiori oneri derivanti dalle disposizioni seguenti.

 

Il coefficiente applicato alle maggiorazioni resta invece determinato in due volte l’indennità base per quanto riguarda le indennità speciali previste per il personale delle Forze Armate e Forze di Polizia in lungo servizio all’estero dall’articolo 1808, comma 1, lettera b), del Codice dell’ordinamento militare, aventi natura di ristoro,: ciò, in quanto a tale personale non si applicano le disposizioni del comma 2, essendo per essi previsto il rimborso delle spese di trasloco (art. 1808, comma 1, lettera c) del citato Codice.

 

Il comma 2, lettere a), b) e c), apporta modifiche all'articolo 199 dell’Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, di cui al DPR 18/1967. Viene ora proposto, in luogo del vigente contributo fisso omnicomprensivo per il trasporto delle masserizie, una maggiorazione dell’indennità per il servizio all’estero (ISE) la cui misura è rapportata all'indennità personale spettante per sessantacinque giorni calcolata con l'applicazione del coefficiente dell'indennità di richiamo dal servizio all'estero (di cui all'articolo 176, comma 2 del D.P.R. 18/1967). La maggiorazione non può essere superiore a 1/9 dell'indennità personale annuale, calcolata, a parità di situazione di famiglia, per il posto di capo di missione diplomatica, con l'applicazione del coefficiente di cui all'articolo 176, comma 2, e rapportata alla distanza conformemente al comma 1. Si prevede ora che il contributo per il trasloco sia liquidato in un’unica soluzione al dipendente all’atto della partenza, anziché in due quote: secondo le disposizioni attualmente vigenti il contributo è corrisposto nella misura del 75 per cento all'atto dell'assunzione di servizio presso una sede all'estero o presso il Ministero; il residuo 25 per cento è corrisposto entro novanta giorni dalla data di presentazione al Ministero di idonea attestazione, dei ricevimento di mobilio e masserizie o nel caso di rientro dell'attestazione di spedizione. La disciplina ora proposta (sostituendo il comma 3 dell'art. 199 del citato DPR n. 18/1967) stabilisce che entro sei mesi dal trasferimento a sede estera, il dipendente presenti un'attestazione dell'effettivo ricevimento dei propri effetti, rilasciata dalla sede di destinazione; in caso di rientro al Ministero, il termine entro il quale il dipendente deve presentare l’attestazione di avvenuto trasloco, è ridotto da sei a tre mesi.

 

Il comma 3 dispone che le norme introdotte si applichino a decorrere dal 1° gennaio 2022 e con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dalla predetta data.

 

 


 

Articolo 5-ter
(Controllo formale delle dichiarazioni precompilate)

 

 

L’articolo 5-ter, introdotto al Senato, chiarisce che sui dati forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata, che non risultano modificati, non si effettua il controllo formale, mentre per quelli che risultano modificati l'Agenzia delle entrate procede a effettuarlo relativamente ai documenti che ne hanno determinato la modifica.

 

Preliminarmente si ricorda che l'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2014, 175, in materia di limiti ai poteri di controllo nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, stabilisce che nel caso di presentazione, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, della dichiarazione precompilata con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell'imposta, non operano le esclusioni dal controllo (previste dal comma 1, lettera a) del medesimo articolo).

 

Si ricorda che il richiamato comma 1 lettera a) prevede che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, senza modifiche non si effettua il controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi. Su tali dati resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.

 

Con l’articolo in esame, che modifica il sopra citato comma 2, si chiarisce che tale esclusione opera invece per la parte dei dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata, che non risultano modificati.

La disposizione stabilisce, inoltre, che con riferimento agli oneri forniti dai soggetti terzi che risultano invece modificati rispetto alla dichiarazione precompilata, l'Agenzia delle entrate effettua il controllo formale relativamente ai documenti che hanno determinato la modifica.

 


 

Articolo 5-quater
(Modifiche al comma 3-bis dell'art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007)

 

 

L’articolo 5-quater, inserito al Senato, modifica la disciplina delle limitazioni all'utilizzo del contante, escludendo la riduzione da 2.000 a 1.000 euro della soglia relativa all'utilizzo del contante per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, ripristinando quella dettata dal comma 3 dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007, paria a 3.000 euro.

 

La disposizione, inserita nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, modifica il comma 3-bis dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007, recante norme di attuazione della disciplina europea concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.  

 

Il testo vigente dell'articolo appena citato vieta il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 3.000 euro (comma 1). Il trasferimento superiore a tale limite può essere eseguito esclusivamente per il tramite di banche, Poste italiane, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento. Per il servizio di rimessa di denaro la soglia è di 1.000 euro. Per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta la soglia è di 3.000 euro (comma 3).

 

Il comma 3-bis del citato articolo 49, inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legge n. 124 del 2019, stabilisce che a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il divieto di trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, nonché la soglia per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta sono riferiti alla cifra di 2.000 euro e, a decorrere dal 1° gennaio 2022, sono riferiti alla cifra di 1.000 euro.

 

La disposizione in esame propone di escludere la riduzione da 2.000 a 1.000 euro della soglia relativa all'utilizzo del contante per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, ripristinando quella dettata dal comma 3 dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007, paria a 3.000 euro.

Articolo 5-quinquies
(Interpretazione autentica del comma 1-ter dell'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23)

 

 

L’articolo 5-quinquies - introdotto dal Senato - stabilisce che si applichi anche ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020 la norma (di cui all'art. 4, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 23 del 2011) che attribuisce al gestore della struttura ricettiva la qualifica di responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi. Si applica anche la disciplina sanzionatoria ivi prevista.

 

Il citato comma 1-ter dell'art. 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011 ("Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale") è stato introdotto dall'art. 180, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020 (convertito dalla legge n. 77 del 2020). La disposizione ivi contenuta è quindi entrata in vigore il 19 maggio 2020 .

Con la disposizione in esame si stabilisce, come accennato, che quanto previsto da tale comma 1-ter si deve intendere applicabile ai casi verificatisi prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 34 del 2020. Esso attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno - o del contributo di soggiorno previsto per Roma capitale - al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi.

Il comma fa quindi riferimento sia all'imposta di soggiorno, sia al contributo di soggiorno, laddove il testo della disposizione in esame fa riferimento alla sola "imposta di soggiorno".

Inoltre, il medesimo comma, pone in capo a tale soggetto la presentazione della dichiarazione. Tale dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.

La medesima norma reca poi la seguente disciplina sanzionatoria:

§  in caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto;

§  in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997. Quest'ultimo stabilisce (comma 1) che il soggetto che non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà. L'art. 13 in parola detta, quindi, ulteriori disposizioni inerenti all'applicazione di tale sanzione.

 


 

Articolo 5-sexies
(Misure a sostegno delle attività ricettive)

 

 

L’articolo 5-sexies, introdotto al Senato, modifica l'articolo 7-bis, comma 3, del decreto- legge 25 maggio 2021, n. 73 (l. n. 106/2021), destinando ai “Bed and Breakfast a gestione familiare” il fondo istituito da tale comma a favore delle strutture ricettive extralberghiere a carattere non imprenditoriale munite di codice identificativo regionale, o, in mancanza, identificate mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell'attività ricettiva di bed & breakfast.

 

Il comma 3 dell'articolo 7-bis, del decreto- legge 25 maggio 2021, n. 73 (l. n. 106/2021) ha istituito presso il Ministero del turismo un Fondo, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2021 da destinare al sostegno delle strutture ricettive extralberghiere a carattere non imprenditoriale munite di codice identificativo regionale, o, in mancanza, identificate mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell'attività ricettiva di bed & breakfast.

I criteri di riparto del fondo avrebbero dovuto essere stabiliti con un decreto del Ministro del turismo, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche al fine del rispetto del limite di spesa di 5 milioni.

Il decreto di riparto non è ancora stato adottato.

 

Nella seduta di mercoledì 27 ottobre 2021, rispondendo alla Camera all’interrogazione Faro 3/02571, il Ministro Garavaglia ha sottolineato la necessità di chiarire la disposizione legislativa per poter adottare il decreto di riparto, posto che tale disposizione (nel testo fin qui vigente) appare “di difficile interpretazione … in quanto … da un lato fa riferimento alle strutture ricettive extralberghiere a carattere non imprenditoriale, guest house, ostelli, case vacanze, bed and breakfast ma, dall’altro, cita esclusivamente i bed and breakfast”.

 

Ai sensi dell’articolo 117 Cost., le Regioni sono gli unici soggetti titolari di potestà normativa in materia di turismo.

Il Codice del Turismo (D,Lgs. n. 79/2011), nella parte in cui definiva le strutture ricettive extralberghiere (articolo 12), tra le quali anche l’attività di bed and breakfast, è stato dichiarato illegittimo costituzionalmente con sentenza 2-5 aprile 2012, n. 80.

L’articolo 12, comma 3 definiva, in particolare, i bed and breakfast come strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purché funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi.

Le Regioni hanno comunque ritenuto opportuno promuovere, tra le attività extra-alberghiere, anche il bed and breakfast. ed hanno stabilito, con leggi proprie, chi può avviare l'attività, i requisiti che devono possedere le abitazioni e il modo in cui l'attività debba essere svolta.

 

Si ricorda che il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, (legge n. 58/2019), all'articolo 13-quater, comma 4[9], stabilisce che "Ai fini della tutela dei consumatori, presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è istituita una banca di dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi … identificati mediante un codice da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza, fermo restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali”.

 

Si ricorda inoltre che il disegno di legge di bilancio - all’articolo 121 - reca una novella all’articolo 13-quater appena citato prevede inoltre che la banca dati sia istituita “ai fini della tutela dei consumatori” prevedendo che la banca dati – oltre alla finalità di tutela dei consumatori – abbia anche lo scopo di migliorare il contrasto all’evasione fiscale, rendendo le informazioni raccolte accessibili all’”amministrazione finanziaria”.

In ogni caso, il decreto ministeriale prot. 1782 del 29 settembre 2021, regolamenta le modalità di costituzione, gestione e accesso alla banca dati, nonché di acquisizione dei codici identificativi regionali, ove adottati.

Le informazioni contenute nella banca dati riguardano:

a) tipologia di alloggio;

b) ubicazione;

c) capacità ricettiva;

d) estremi dei titoli abilitativi;

e) soggetto che esercita l’attività ricettiva;

f) codice identificativo regionale, ove adottato, o codice alfanumerico.

 

Si richiama infine la principale normativa regionale in materia di bed and breakfast:

§  regione Basilicata in materia di strutture ricettive e disciplina dell'attività di bed and breakfast L.R. 4 giugno 2008, n. 6 e L.R. 4 giugno 2008, n. 8;

§  regione Liguria, con L.R. 12 novembre 2014 n. 32 ha adottato un Testo unico in materia di strutture turistico ricettive e norme in materia di imprese turistiche (per i bed and breakfast, in particolare, l’articolo 21);

§  la regione Lazio, con Regolamento 7 agosto 2015, ha adottato una nuova disciplina delle strutture ricettive ed extra alberghiere, disponibile al seguente indirizzo. Si evidenzia comunque che con sentenza n. 6755 del 13.06.2016 il TAR Lazio (Tribunale Amministrativo Regionale) ha annullato alcuni articoli del Regolamento della Regione Lazio n. 8 del 7 agosto 2015.

§  la regione Abruzzo, che con L.R. 28 aprile 2000, n. 78 ha dottato la “Disciplina dell'esercizio saltuario di alloggio e prima colazione - Bed & Breakfast”

§  la regione Calabria, con L.R. 7 agosto 2018, n. 34 “Norme sulla classificazione delle strutture ricettive extralberghiere.";

§  la regione Campania, con L.R. 10 maggio 2001 n. 5 ha introdotto la disciplina dell'attività di Bed and Breakfast;

§  la regione Emilia Romagna la cui L.R. 28 luglio 2004, n. 16 nell’ambito della disciplina delle strutture ricettive dirette all'ospitalità, reca la definizione ed i requisiti per l’attività qui in esame. Inoltre, la Delib. G.R. 2 novembre 2004, n. 2149 contiene l’approvazione standard strutturali e requisiti di esercizio per l'esercizio dell'attività saltuaria di alloggio e prima colazione;

§  la regione Lombardia, che nell’ambito della L.R. 1 ottobre 2015 n. 27, Politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo, disciplina (articoli 29 e 30) l’attività di bed and breakfast;

§  la regione Marche che con L.R. 11 luglio 2006, n. 9 ha adottato il “Testo unico delle norme regionali in materia di turismo”, disciplinando all’articolo 34 l’attività di bed and breakfast;

§  la regione Molise che con L.R. 12 luglio 2002, n. 13 ha introdotto specifiche norme in materia di attività ricettiva alla produzione di servizi per l'ospitalità - "bed and breakfast";

§  la regione Piemonte che ha adottato la L.R. 3 agosto 2017, n. 13 “Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere”;

§  la regione Puglia che ha adottato la L.R. 7 agosto 2013 n. 27 di disciplina dell'attività ricettiva di Bed and Breakfast (B&B);

§  la regione Sardegna la cui L.R. 28/07/2017, n. 16 contiene le Norme in materia di turismo;

§  la regione Sicilia, con la L.R. 23 dicembre 2000 n. 32, articolo 88, relativo ai Bed and Breakfast;

§  la regione Toscana, con L.R. 20 dicembre 2016, n. 86, ha dottato il “Testo unico del sistema turistico regionale” e nell’ambito di esso, l’articolo 56 disciplina l’attività di bed and breakfast;

§  la regione Veneto, con la L.R. 14 giugno 2013, n. 11, sullo sviluppo e sostenibilità del turismo regionale, in cui varie disposizioni riguardano i bed and breakfast;

§  la regione Valle d’Aosta che con L.R. 29 maggio 1996, n. 11 “Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere”, ha regolato le attività di bed and breakfast (artt. 16-bis – 16-quinquies);

§  la regione Umbria, con L.R. 10 luglio/2017, n. 8 “Legislazione turistica regionale”;

§  la provincia autonoma di Trento, per cui si rinvia al D.P.P. 25 settembre 2003, n. 28-149/Leg. - Regolamento di esecuzione della legge provinciale 15 maggio 2002, n. 7 sulla disciplina degli esercizi alberghieri ed extra-alberghieri e promozione della qualità della ricettività turistica"(cfr. articolo 25 per l’attività di bed and breakfast);

§  la provincia autonoma di Bolzano, per cui si rinvia al D.P.G.P. 27 agosto 1996, n. 32 Modalità di esercizio dell'attività di affitto di camere e appartamenti per ferie e requisiti dei relativi locali.

Si osserva che alcune Regioni si sono dotate di un proprio sistema di codificazione delle strutture ricettive.


 

Articolo 5-septies
(Regime di non imponibilità IVA per servizi di trasporto di beni in importazione o esportazione)

 

 

L'articolo 5-septies - introdotto dal Senato - specifica alcune condizioni per la non imponibilità IVA dei trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché dei trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono inclusi nella base imponibile.

 

Il comma 1 introduce un nuovo comma all'art. 9 del decreto legislativo n. 633 del 1972, concernente i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili ai fini IVA, elencati dal primo comma dell'articolo medesimo.

Con riferimento ai summenzionati servizi di trasporto (relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché a beni in importazione i cui corrispettivi sono inclusi nella base imponibile) la novella intende specificare che le prestazioni non imponibili non comprendono i servizi di trasporto resi a soggetti diversi:

§  dall'esportatore;

§  dal titolare del regime di transito;

§  dall'importatore;

§  dal destinatario dei beni;

§  dal prestatore di servizi di spedizione relativi a trasporti di persone eseguiti in parte nel territorio dello Stato e in parte in territorio estero in dipendenza di unico contratto, a trasporti di beni in esportazione, in transito o in temporanea importazione, nonché a trasporti di beni in importazione sempreché i corrispettivi dei servizi di spedizione siano inclusi nella base imponibile;

§  dal prestatore di servizi relativi alle operazioni doganali.

 

Ai sensi del comma 2, le disposizioni in oggetto hanno effetto dal 1° gennaio 2022, fatti salvi i comportamenti adottati precedentemente a tale data.

La disposizione è posta in ottemperanza alla sentenza della Corte di giustizia europea del 29 giugno 2017, causa C-288/16.

 

La sentenza C-288/16 richiama la disciplina di cui all'articolo 146 della direttiva 2006/112/CE (concernente il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto) recante l’esenzione dall’IVA delle operazioni all’esportazione fuori dell’Unione europea. Tale esenzione mira all’osservanza del principio dell’imposizione dei beni o dei servizi nel loro luogo di destinazione.

La decisione della Corte di giustizia precisa che l’articolo 146, paragrafo 1, lettera e), della direttiva, inerente ai servizi di trasporto direttamente connessi all’esportazione di beni fuori dell’Unione europea esenti dall’IVA, "deve essere interpretato nel senso che l’esenzione prevista da tale disposizione non si applica ad una prestazione di servizi (...) relativa a un’operazione di trasporto di beni verso un paese terzo, laddove tali servizi non siano forniti direttamente al mittente o al destinatario di detti beni".

Per approfondimenti sui contenuti della sentenza, cfr. la nota pubblicata su FiscoOggi.


 

Articolo 5-octies
(Spese di giudizio da parte dell'Agente della riscossione)

 

 

L’articolo 5-octies, introdotto al Senato, stabilisce che l'Agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute, a seguito di pronuncia di condanna, esclusivamente attraverso l'accredito sul conto corrente della controparte. La norma chiarisce altresì le modalità per la richiesta del pagamento nonché i termini per la notificazione del titolo esecutivo.

 

In particolare il comma 1 dell’articolo in esame prevede che l'Agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge, esclusivamente attraverso l'accredito delle medesime sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distrattario.

A tal fine, le somme dovute sono richieste in pagamento alla competente struttura territoriale dell'Agente della riscossione, indicata sul relativo sito internet istituzionale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata.

Il soggetto legittimato è tenuto a fornire, all'atto della richiesta, gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo ed alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle predette somme, se non decorsi centoventi giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta.

 

Il comma 2 chiarisce la decorrenza della norma stabilendo che le disposizioni in esame si applicano alle pronunce di condanna emesse a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 


 

Articolo 5-novies
(Integrazione tra strumenti di pagamento elettronico e strumenti per la memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi fiscali)

 

 

L'articolo 5-novies - introdotto dal Senato - stabilisce che gli operatori finanziari che mettono a disposizione degli esercenti strumenti di pagamento elettronico tracciabili, possano trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati identificativi di tali strumenti di pagamento e l'importo giornaliero delle transazioni, anche tramite il sistema PagoPA, ai fini della fruizione del credito di imposta riconosciuto agli esercenti, dalle norme vigenti, in relazione alle commissioni per i pagamenti elettronici.

 

A tal fine si novella l'articolo 22, comma 5, del decreto-legge n. 124 del 2019, come convertito dalla legge n. 157 del 2019.

 

L'articolo 22, ai commi 1 e 1-bis, introduce un credito d'imposta pari al 30 per cento delle commissioni addebitate, per transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate, ovvero mediate strumenti di pagamento elettronico tracciabili, a decorrere dal 1° luglio 2020.

Il comma 1-ter (inserito dall'art. 11-bis, comma 10, del decreto-legge n. 73 del 2021, come convertito dalla legge n. 106 del 2021) stabilisce che tale credito d'imposta sia innalzato al 100 per cento delle commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, nel caso in cui gli esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali, adottino strumenti di pagamento elettronico che consentano il collegamento con strumenti per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nel rispetto delle regole tecniche concernenti tali forme di collegamento, stabilite dal provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 6 agosto 2021.

 

Ai sensi dell'art. 22, comma 5, gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti gli strumenti elettronici di pagamento in oggetto, sono tenuti ad inviare telematicamente all'Agenzia delle entrate le comunicazioni necessarie alla verifica della spettanza del credito d'imposta (comma 5).

La novella prevede che i medesimi operatori trasmettano telematicamente all'Agenzia delle entrate, anche tramite PagoPA S.p.a., i dati richiesti per la fruizione del credito d'imposta relativo alle commissioni su pagamenti elettronici. Si tratta dei dati identificativi dei medesimi strumenti di pagamento elettronico e dell'importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate mediante gli stessi strumenti.

Si stabilisce che le pubbliche amministrazioni provvedano all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 5-decies
(IMU prima casa nucleo familiare)

 

 

L’articolo 5-decies, introdotto al Senato, interviene sulle agevolazioni IMU per l’abitazione principale nell’ipotesi in cui i componenti del medesimo nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi.

Con le modifiche proposte si chiarisce che, ove i membri del nucleo familiare abbiano stabilito la residenza in immobili diversi, l’agevolazione vale per un solo immobile per nucleo familiare, scelto dai componenti del nucleo familiare, e ciò sia nel caso di immobili siti nello stesso comune, sia ove gli immobili presenti in comuni diversi.

 

Viene modificato l’articolo 1, comma 741, della legge di bilancio 2020, che contiene la disciplina dell’IMU “prima casa” per i componenti del medesimo nucleo familiare.

La disciplina vigente prevede (lettera b) del comma 741) che per abitazione principaleesente da IMU, a specifiche condizioni - si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.

Ove i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applichino per un solo immobile.

Per effetto delle modifiche proposte, se i membri del nucleo familiare hanno stabilito la residenza in immobili diversi, l’agevolazione vale per un solo immobile per nucleo familiare scelto dai componenti del nucleo familiare, sia nel caso di immobili siti nello stesso comune, sia ove gli immobili siano ubicati in comuni diversi.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa che accompagna l’emendamento chiarisce che le norme intendono superare l'interpretazione del MEF resa con la circolare n. 3/DF del 2012 in cui viene affermato che "il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”, sia gli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione (ordinanze n. 4166 del 2020 e n. 4170 del 2020). La Corte ha affermato infatti che, nel caso in cui non è unico il riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale del nucleo familiare, l'esenzione non spetta in nessun caso se i comuni sono diversi, creando quindi una disparità di trattamento tra i coniugi che hanno stabilito una diversa residenza nello stesso comune (per i quali spetta per un solo immobile, ai sensi dell'attuale configurazione del comma 741) e quelli che invece l'hanno fissata in comuni diversi.

 

I commi da 738 a 783 delle legge di bilancio 2020 hanno riformato l'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L'aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell'ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

Tra le altre principali innovazioni:

§  è precisato che il diritto di abitazione assegnata al genitore affidatario è considerato un diritto reale ai soli fini dell'IMU;

§  è chiarito che le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d'anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo;

§  analogamente, per le aree fabbricabili si stabilisce che il valore è costituito da quello venale al 1° gennaio ovvero dall'adozione degli strumenti urbanistici in caso di variazione in corso d'anno;

§  si consente ai comuni di affidare, fino alla scadenza del contratto, la gestione dell'IMU ai soggetti ai quali, al 31 dicembre 2019, è affidato il servizio di gestione della vecchia IMU o della TASI.

I provvedimenti adottati in occasione dell'emergenza economico-sanitaria da COVID-19 hanno disposto l'esenzione dall'IMU 2020 e 2021 per numerose categorie di immobili produttivi, con particolare riferimento ai settori maggiormente colpiti dalla crisi. Per ulteriori informazioni si rinvia al relativo tema web.

L’IMU per l’abitazione principale non è dovuta. Sono assoggettate all’imposta esclusivamente le abitazioni classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (c.d. di lusso). Sono assimilate per legge all’abitazione principale le seguenti fattispecie [art. 1, comma 741, lett. c), n. da 1) a 5), della legge n. 160 del 2019]:
- le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
- le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
- i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale;
- la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso;
- un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, fatto salvo quanto previsto dall'art. 28, comma 1, del D. Lgs. 19 maggio 2000, n. 139, dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

A decorrere dall’anno 2020, non è più assimilata all’abitazione principale, invece, l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza. Ferme restando le sopra indicate ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, che sono stabilite dalla legge e non possono essere in alcun modo modificate dal comune, quest’ultimo ha la facoltà di prevedere, con proprio atto regolamentare l’assimilazione ad abitazione principale dell'unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata; in caso di più unità immobiliari, l’assimilazione può essere applicata ad una sola di esse.


 

Articolo 6
(Semplificazione della disciplina del
patent box)

 

 

L’articolo 6 sostituisce la disciplina del patent box, che prevede la parziale detassazione dei redditi derivanti da alcune tipologie di beni immateriali giuridicamente tutelabili, con un’agevolazione che maggiora del 90 per cento i costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a tali beni, consentendone così una più ampia deducibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.

Come per il previgente patent box, la nuova disciplina è rivolta ai titolari di reddito d’impresa e secondo condizioni sostanzialmente analoghe. Ai beni immateriali agevolabili si aggiungono anche i marchi d’impresa.

Per accedere all’agevolazione è prevista la sola procedura di autoliquidazione del beneficio (il contribuente deve conservare ed esibire all’Amministrazione finanziaria idonea documentazione che ne attesti la spettanza) e, rispetto all’originario patent box, non si contempla la procedura di ruling, che esita nella sottoscrizione di un accordo con l’Agenzia delle entrate.

Le norme in esame regolano, infine, il regime transitorio applicabile e le condizioni, per i potenziali beneficiari, alle quali è possibile transitare nel nuovo regime.

 

La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, commi 37-45) ha introdotto un regime opzionale con tassazione agevolata sui redditi derivanti dall'utilizzo di taluni beni immateriali. Le imprese possono optare per un regime fiscale di favore (cd. patent box), consistente nell'esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie di beni (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, nonché processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito. Possono esercitare l'opzione i soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata e dal titolo giuridico in virtù del quale avviene l'utilizzo dei beni.

La disciplina del patent box è stata più volte modificata nel tempo. In particolare, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha escluso i marchi dal novero dei beni agevolabili; sono stati invece inclusi nel novero dei redditi che beneficiano del regime speciale anche quelli derivanti dall'utilizzo congiunto di beni immateriali, legati da vincoli di complementarietà, a specifiche condizioni di legge.

Fino al 2019, per accedere all'agevolazione, in tutte le ipotesi di utilizzo diretto del bene, il contribuente era tenuto alla preventiva sottoscrizione di un accordo con l'Agenzia delle entrate, (c.d. ruling obbligatorio), mentre, in caso di concessione in uso del bene o di plusvalenze realizzate in ambito infragruppo, l'accordo con il fisco costituiva una mera facoltà del contribuente (c.d. ruling facoltativo).

Il decreto-legge n. 34 del 2019 (articolo 4) ha revisionato la disciplina vigente in materia di Patent box, prevedendo una generale facoltà di autoliquidazione del relativo beneficio, dunque la possibilità per il contribuente di determinare in maniera autonoma e indicare direttamente in dichiarazione l'agevolazione spettante. Obiettivo della modifica è stato di semplificare e rendere più celere la fruizione dell'agevolazione. In attuazione della novella, il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 30 luglio 2019 (Prot. n. 658445/2019) ha chiarito che l’esercizio dell’opzione per la determinazione diretta del reddito agevolabile è effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale si riferisce l’agevolazione.

Si veda la sezione del sito dell'Agenzia delle entrate dedicata al patent box per i provvedimenti attuativi della disciplina agevolativa, nonché per i documenti di prassi emanati dall'amministrazione finanziaria.

 

Il comma 1 individua i destinatari del regime agevolativo disciplinato dalle norme in esame nei soggetti titolari di reddito di impresa. Si tratta di un regime opzionale, che ha durata di cinque periodi di imposta durante i quali è irrevocabile. L’opzione è rinnovabile.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 37 della legge di stabilità 2015 sopra richiamata, si tratta dei medesimi soggetti legittimati a optare per il patent box e si prevede la medesima durata dell’opzione.

Il reddito d’impresa è definito dall’articolo 55 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) quale reddito derivante dall'esercizio di imprese commerciali. Possono dunque essere titolari di reddito d’impresa sia le persone fisiche che le persone giuridiche.

 

Le società e gli enti non residenti soggetti a Ires (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), TUIR) possono esercitare l'opzione a condizione di essere residenti in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo (comma 2).

 

La norma sostanzialmente riprende il comma 38 della legge di stabilità 2015.

 

L’agevolazione consiste (comma 3) nella maggiorazione del 90 per cento, ai fini delle imposte sui redditi, dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a:

§  software protetto da copyright;

§  brevetti industriali;

§  marchi d’impresa;

§  disegni e modelli;

§  processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

 

La disciplina del patent box non comprende invece, come si è anticipato supra, i marchi d’impresa (comma 39 della legge di stabilità 2015).

 

Condizione per usufruire dell’agevolazione è che tali beni siano utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività d’impresa. Si demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione.

Si osserva che le norme in esame non fissano un termine per l’emanazione dei provvedimenti secondari di attuazione.

 

Il comma 4 chiarisce che l’agevolazione si applica se i contribuenti svolgono le attività di ricerca e sviluppo - i cui costi sono agevolabili ai sensi dei commi precedenti - finalizzate alla creazione e allo sviluppo dei beni il cui costo è fiscalmente maggiorato anche mediante contratti di ricerca, stipulati con:

§  società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;

§  ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati.

 

La disposizione riprende sostanzialmente il comma 41 e il comma 42-bis della legge di stabilità 2015.

 

Ai sensi del comma 5, l’opzione rileva anche ai fini Irap (valore della produzione netta, come individuata dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

 

Analogamente, il previgente patent box rileva ai fini Irap (comma 43 della legge di stabilità 2015).

 

Secondo il comma 6, chi intende usufruire dell’agevolazione – che consente di dedurre con una maggiorazione i costi individuati ex lege - può indicare le informazioni necessarie alla determinazione della predetta maggiorazione in idonea documentazione, predisposta secondo quanto previsto da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Si prevede che, tuttavia, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria rettifichi la maggiorazione determinata dai beneficiari e ne derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, in presenza di specifiche circostanze  non si applichi la sanzione amministrativa ordinariamente prevista nel caso in cui nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante (dal novanta al centottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, secondo l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

 

In particolare, la sanzione non si applica qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all'Amministrazione finanziaria la documentazione - indicata nel medesimo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate - idonea a consentire il riscontro della corretta maggiorazione.

Il contribuente che detiene la documentazione deve darne comunicazione all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione relativa al periodo di imposta per il quale si beneficia dell’agevolazione.

 

In assenza della comunicazione attestante il possesso della documentazione idonea, in caso di rettifica della maggiorazione, si applica la predetta sanzione amministrativa dal novanta al centottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato di cui al già richiamato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

 

Le norme in commento riproducono le procedure già previste - facoltativamente – per il previgente patent box, in alternativa al ruling, per effetto dell’articolo 4 del decreto-legge n. 34 del 2019.

 

Il comma 7 demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle norme di attuazione della disciplina in esame.

 

Analogamente a quanto osservato in relazione al comma 4, non viene indicato un termine per l’emanazione di tali disposizioni.

 

Il comma 8 precisa che le norme in commento si applicano alle opzioni esercitate a decorrere dal 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore delle norme in esame).

 

Il comma 9 specifica che i beneficiari dell’istituto in esame non possono fruire, per l’intera durata della predetta opzione e in relazione ai medesimi costi, del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (di cui ai commi da 198 a 206 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160; si veda il sito della documentazione parlamentare per maggiori informazioni sull’istituto).

 

Il comma 10 abroga la vigente disciplina del patent box, contenuta nei commi da 37 a 45 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché nell’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34.

 

Le norme disciplinano inoltre il regime transitorio.

 

In particolare, i potenziali destinatari della nuova agevolazione (indicati al comma 1 e 2), ove abbiano esercitato l’opzione per il previgente patent box in data antecedente al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del decreto in commento) possono scegliere, in alternativa, di aderire al nuovo regime agevolativo in commento, con comunicazione da inviarsi secondo le modalità che devono essere stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Il Governo nella Relazione tecnica che accompagna il decreto chiarisce che la norma non impone ai contribuenti che già usufruiscono del vecchio regime di transitare immediatamente nel nuovo, potendo tale evenienza verificarsi, sino al periodo di imposta 2024, solo su base opzionale. A decorrere dal periodo di imposta 2025, invece, i contribuenti in argomento possono usufruire solo del nuovo regime.

 

Le disposizioni in esame non recano una specifica disciplina transitoria per i soggetti che, con riferimento all’anno 2020, intendevano utilizzare - ovvero rinnovare - per la prima volta l’abrogato patent box mediante autoliquidazione in dichiarazione e, tuttavia, non abbiano ancora presentato la dichiarazione dei redditi 2020, i cui termini sono ancora aperti

 

La scadenza per la presentazione della dichiarazione 2020 (nel caso di periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) è infatti fissata al 30 novembre 2021, ovvero l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta (ex articolo 2 D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322).

Dal momento che le nuove norme si applicano alle opzioni esercitate (comma 8) a decorrere dal 22 ottobre 2021, i contribuenti che intendono utilizzare il patent box per la prima volta con riferimento all’anno 2020, ma che al 22 ottobre 2021 non abbiano ancora presentato la relativa dichiarazione dei redditi, nel silenzio delle disposizioni in commento sembrano dunque automaticamente ricadere nella nuova disciplina.

 

Si valuti al riguardo l’opportunità di prevedere per tali soggetti una specifica norma transitoria, anche per non ingenerare disparità di trattamento - con riferimento al periodo di imposta 2020, già concluso - ancorate esclusivamente alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi (i cui termini sono ancora aperti e scadono il 30 novembre 2021) in rapporto alla nuova disciplina (che si applica alle opzioni esercitate dal 22 ottobre 2021).

Non possono avvalersi della possibilità di scelta i soggetti che abbiano presentato istanza di accesso al ruling per accedere al patent box (di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600), ovvero abbiano presentato istanza di rinnovo, e abbiano già sottoscritto un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate a conclusione di dette procedure, nonché i soggetti che abbiano aderito al regime facoltativo di autoliquidazione del patent box (di cui all’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34).

 

In estrema sintesi, il richiamato articolo 31-ter contiene la disciplina degli accordi preventivi tra l’amministrazione finanziaria e le imprese con attività internazionali (cd. ruling) che consentono la preventiva determinazione consensuale di alcuni elementi dell’obbligo tributario (tra cui la modalità di calcolo di utili e perdite, l’applicazione di norme a casi concreti, etc.).

 

Per quanto infine riguarda i soggetti che abbiano presentato istanza di accesso alla procedura di ruling, ovvero istanza di rinnovo dei termini dell’accordo già sottoscritto e che, non avendo ancora sottoscritto un accordo, vogliano aderire al regime agevolativo di cui alle norme in esame, comunicano, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, la volontà di rinunciare alla procedura di accordo preventivo o di rinnovo della stessa.

 


 

Articolo 7, commi 1 e 2
(Rifinanziamento del Fondo per l’incentivazione
della mobilità a basse emissioni)

 

 

L’articolo 7, modificato al Senato, rifinanzia con complessivi 100 milioni di euro per l’anno 2021, la dotazione del Fondo per l’incentivazione della mobilità a basse emissioni, per la concessione sia dei contributi c.d. ecobonus, per l’acquisto di autoveicoli elettrici e ibridi, che dei contributi per l’acquisto di autoveicoli con fasce di emissioni superiori, nonché per gli autoveicoli commerciali, speciali ed usati.

 

In dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 rifinanzia per 100 milioni di euro per il 2021 (il riferimento all’anno 2021 è stato introdotto al Senato), il Fondo istituito dal comma 1041 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), che viene ridenominato in rubrica, secondo una modifica approvata al Senato, come “Fondo per l’incentivazione della mobilità a basse emissioni “.

Viene stabilita la seguente destinazione di tali fondi:

a) 65 milioni di euro per rifinanziare il c.d. ecobonus per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli elettrici e ibridi nuovi (con emissioni tra 0 e 60 gr di CO2/Km), di cui all’articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio 2019, i cui fondi risultavano esauriti (per lo stato residuo dei fondi si veda il sito: ecobonus.mise.gov.it);

b) 20 milioni di euro per rifinanziare i contributi per l'acquisto di veicoli commerciali nuovi di categoria N1, anche in locazione finanziaria, o autoveicoli speciali nuovi di categoria M1, di cui all'articolo 1, comma 657, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), di cui euro 15 milioni riservati ai veicoli esclusivamente elettrici; anche questi fondi risultano attualmente esauriti; si tratta di un contributo differenziato per tipologia di alimentazione e per massa del veicolo, e

c) 10 milioni di euro ai contributi per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli con emissioni comprese nella fascia 61-135 gr di CO2/Km, di cui all'articolo 1, comma 654, della legge di bilancio 2021, i cui fondi non risultano peraltro ancora esauriti, ammontando, prima del rifinanziamento in commento, a più di 28 milioni di euro;

d) 5 milioni di euro per rifinanziare i contributi per l’acquisto di autoveicoli usati (categoria M1) di cui all’articolo 73-quinquies, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 73/2021 (i cui fondi residui non sono ancora esauriti ed ammontano a più di 35 milioni di euro).

 

Si ricorda in proposito, che il richiamato art. 73-quinquies del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. decreto sostegni-bis), aveva rifinanziato complessivamente di 350 milioni di € per il 2021 la dotazione del fondo per la copertura degli ecoincentivi per l'acquisto di nuovi veicoli. Di questi:

-     60 milioni erano stati destinati come detto alla copertura del c.d. extrabonus, per il 2021 per l'acquisto di autoveicoli nuovi (cat. M1) elettrici o ibridi, sia con che senza rottamazione di un altro veicolo, concesso a condizione che il venditore conceda uno sconto analogo al contributo statale;

-     200 milioni è stato destinato ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli nuovi le cui emissioni sono comprese nella fascia 61-135 g di CO2 per km, con rottamazione di un veicolo di classe inferiore ad euro 6; il contributo è pari a 1.500 euro a condizione che sia praticato dal venditore uno sconto pari ad almeno 2.000 euro;

-     50 milioni ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di veicoli commerciali di categoria N1 nuovi di fabbrica o autoveicoli speciali di categoria M1 nuovi di fabbrica, di cui euro 15 milioni riservati ai veicoli esclusivamente elettrici;

-     40 milioni ai contributi destinati alle persone fisiche che acquistano in Italia, entro il 31 dicembre 2021, un autoveicolo di categoria M1 usato con prezzo risultante dalle quotazioni medie di mercato non superiore a 25.000 euro, omologato in una classe non inferiore a Euro 6.

 

Si ricorda che sulla materia è intervenuto anche l’art. 8, comma 3 del decreto legge 121 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2021, n. 156, il quale ha spostato le residue risorse che erano disponibili per l’extrabonus, pari a circa 57 milioni di euro, all’erogazione dell’ecobonus per i veicoli elettrici ed ibridi, il cui stanziamento risultava avere esaurito le risorse. Con il rifinanziamento operato dall’articolo 7 in commento, si apportano pertanto nuove risorse, pari a 65 milioni di euro per la concessione dell’ecobonus per l’acquisto di autoveicoli elettrici e ibridi, oltre agli altri sopra descritti.

 

Il comma 2 dell’articolo 7 reca la copertura finanziaria della norma, a valere sull’articolo 17.

 


 

Articolo 7, comma 2-bis
(Contributi per veicoli poco inquinanti)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 7, introdotto al Senato, prevede che la concessione dei contributi per la riqualificazione elettrica dei veicoli avvenga da parte del MIMS secondo modalità stabilite con decreto del MIMS di concerto col MISE. A tal fine le relative risorse sono trasferite allo stato di previsione del MIMS.

 

In dettaglio, il comma 2-bis, dispone che il MIMS, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provveda alla concessione dei contributi di cui all’articolo 1, comma 1031, lett. b-bis) della legge di bilancio 2019 (contributi per la riqualificazione elettrica dei veicoli) secondo le modalità stabilite con il decreto ministeriale previsto dall’articolo 74-bis del D.L. n. 104/2020: tale articolo prevede al comma 2 (comma introdotto dall’art. 8, comma 1-ter del D.L. n. 121 del 2021) un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con cui sono adottate le disposizioni applicative per il riconoscimento dei contributi previsti dalle disposizioni della lettera b-bis).

Pertanto, il primo periodo del comma 2-bis ribadisce quanto già previsto dal comma 2 del richiamato articolo 74-bis, cioè l’emanazione di un decreto ministeriale per le disposizioni applicative del contributo in questione.

 

Il secondo periodo del comma 2-bis prevede che a tal fine le risorse iscritte nello stato di previsione del MISE, pari a 3 milioni di euro per il 2020 ed a 12 milioni di euro per il 2021, siano trasferite su un apposito capitolo del MIMS.

 

La lettera b-bis) in questione è stata introdotta al richiamato comma 1031 dallo stesso art. 74-bis del DL 104/2020 e prevede un contributo pari al 60 per cento del costo di riqualificazione fino ad un massimo di euro 3.500, oltre a un contributo pari al 60 per cento delle spese relative all'imposta di bollo per l'iscrizione al pubblico registro automobilistico (PRA), all'imposta di bollo e all'imposta provinciale di trascrizione, a chi omologa in Italia entro il 31 dicembre 2021 un veicolo attraverso l'installazione di sistemi di riqualificazione elettrica su veicoli delle categorie internazionali M1, M1G, M2, M2G, M3, M3G, N1 e N1G, immatricolati originariamente con motore termico, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 1 dicembre 2015, n. 219.

 


 

Articolo 7-bis
(Trasporti eccezionali)

 

 

L’articolo 7-bis, introdotto al Senato, torna a modificare l’art. 10 del codice della strada, che era stato modificato in sede di conversione del decreto-legge n. 121 del 2021 e ripristina in larga parte il testo anteriore a tale modifica, in materia di massa massima consentita nei trasporti su strada (c.d. trasporti eccezionali).

 

Occorre premettere che le dimensioni massime di un veicolo sono previste negli artt. 61 e 62 del codice della strada.

All'art. 61 si afferma che un veicolo può essere largo 2 metri e 55, alto 4 metri e lungo 12 (salvo alcuni casi specifici).

Art. 62 si stabilisce che - in via di massima e salvo che si tratti di autoarticolati – il massimo della massa (a fini pratici, colloquialmente, del peso) dei veicoli è di 5 tonnellate se è un veicolo a un solo asse; 8 se sono due assi e 10 se sono tre assi (per i veicoli a motore isolati con gomme i limiti sono elevati, dall'art. 10, a 18 tonnellate per 2 assi e 25 per tre assi). Per gli autotreni e gli autoarticolati e autosnodati le masse sono le seguenti: un autotreno a tre assi non può superare 24 t, un autoarticolato o di un autosnodato a tre assi non può superare 30 t, un autotreno, autoarticolato o un autosnodato non può superare 40 t se a quattro assi e 44 t se a cinque o più assi.

Nel citato art. 10 del codice della strada sono previste deroghe a tali limiti dimensionali per i c.d. trasporti eccezionali. Per tali trasporti occorre una specifica autorizzazione.

Il testo dell'art. 10 vigente in epoca anteriore alla legge di conversione del decreto legge n. 121 del 2021 prevedeva due insiemi:

§  il comma 2, lett. a) contemplava il trasporto di cose indivisibili che eccedessero solo i limiti di sagoma (art. 61) ma non quelli di massa (art. 62);

§  il comma 2, lett. b) a sua volta prevedeva 2 ipotesi:

-      il trasporto che eccede sia i limiti di sagoma dell'art. 61 sia quelli di massa dell'art. 62;

-      il trasporto che eccede solo i limiti di massa dell'art. 62 ma non quelli dell'art. 61.

 

A ogni modo, il trasporto eccezionale di cui al comma 2, lett. b) poteva riguardare solo il trasporto di blocchi di pietra naturale, elementi prefabbricati compositi ed apparecchiature industriali complesse per l'edilizia, di prodotti siderurgici coils e laminati grezzi. E in entrambi casi, la massa complessiva non poteva essere superiore a 38 tonnellate se autoveicoli isolati a tre assi, a 48 tonnellate se autoveicoli isolati a quattro assi, a 86 tonnellate se complessi di veicoli a sei assi, a 108 tonnellate se complessi di veicoli ad otto assi. I richiamati limiti di massa potevano essere superati nel solo caso in cui venga trasportato un unico pezzo indivisibile.

La differenza tra i casi 1 e 2 stava nelle cose che si possono aggiungere al trasporto di quelle merci eccezionali per arrivare al peso massimo trasportabile. Sul punto era intervenuta una circolare del MIT del 6 settembre 2005, n. 189.

Nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 121 alla Camera, è stato approvato un emendamento (peraltro riformulato su proposta del Governo, tra l’altro in conformità con una formulazione che il MIMS aveva già proposto al testo del codice della strada approvato in Commissione sull’a.C. 24 e abbinate nel 2019) secondo il quale per i complessi di veicoli a 5 assi la massa massima è di 72 tonnellate; mentre quella per i complessi di veicoli da 6 o più assi è di 86 tonnellate. Era stata quindi eliminata la possibilità di trasportare fino a un massimo di 108 tonnellate nei complessi di veicoli ad otto assi.

Dalla relazione illustrativa all’articolo aggiuntivo ora approvato dal Senato, si trae che la riduzione di questi limiti di massa era motivata dalle risultanze della commissione ispettiva ministeriale sulle cause del crollo del cavalcavia di Annone sulla S.S. 36, avvenuta il 28 ottobre 2016, in cui morì una persona e sette rimasero ferite (sui fatti è intervenuta – in data 6 settembre 2021 -  una sentenza di primo grado, presso il tribunale di Lecco).

Nondimeno, la nuova formulazione appariva connotata da qualche imprecisione e – per come espone la relazione illustrativa all’articolo aggiuntivo approvato dalle Commissioni riunite – aveva sollevato le obiezioni delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

 

In definitiva, l’art. 10, comma 2, lett. b) del codice della strada viene ripristinato dall’articolo 7-bis, nel testo previgente alla legge n. 156 del 2021 (di conversione del decreto-legge n. 121). Vengono però aggiunte ulteriori precisazioni legislative, che introducono cautele procedimentali per lo svolgimento dell’attività di trasporto in condizioni di eccezionalità.

Anzitutto, proprio per l’ultimo livello di carico (massa complessiva fino a 108 t su complessi di veicoli fino a 8 assi) viene stabilito che le specifiche tecniche e le modalità indispensabili per l’autorizzazione devono essere fissate con decreto ministeriale (vedi infra).

In secondo luogo, al medesimo art. 10, comma 10, viene aggiunto un comma in virtù del quale è esclusa l’applicazione dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, vale a dire l’istituto del silenzio-assenso. D’ora innanzi – pertanto – l’autorizzazione ai trasporti eccezionali dovrà avvenire con provvedimento espresso.

Viene poi inserito nel citato art. 10 del codice della strada il comma 10-bis.

Vi si stabilisce che il MIMS, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentite l’Ansfisa e la Conferenza unificata, con proprio decreto adottaentro il 30 aprile 2022 - apposite linee guida per assicurare l'omogeneità della classificazione e gestione del rischio, nonché della valutazione della compatibilità dei trasporti in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali, con la stabilità dei manufatti e con la sicurezza della circolazione.

In particolare, tali linee guida definiscono:

a) le modalità di verifica della compatibilità del trasporto in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali, con la stabilità dei manufatti e con la sicurezza della circolazione, in coerenza con quanto previsto dalle linee guida di cui all’articolo 14 del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130;

b) le modalità di rilascio dell’autorizzazione per il trasporto in condizioni di eccezionalità per massa complessiva fino a 108 tonnellate effettuato mediante complessi di veicoli ad otto assi di cui al comma 2, lettera b), nonché per i trasporti in condizioni di eccezionalità di un unico pezzo indivisibile eccedenti i limiti di massa previsti dalla predetta lettera b), ivi comprese:

1)  le specifiche attività di verifica preventiva delle condizioni delle sovrastrutture stradali e della stabilità dei manufatti, interessati dal trasporto in condizioni di eccezionalità, che l’ente e le regioni cui al comma 6 sono tenuti ad effettuare, anche in considerazione del numero e della frequenza dei trasporti in condizioni di eccezionalità, prima del rilascio dell’autorizzazione;

2)  le specifiche modalità di verifica della compatibilità del trasporto in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali e con la stabilità dei manufatti;

3)  le specifiche modalità di monitoraggio e controllo delle sovrastrutture stradali e dei manufatti, interessati dal trasporto in condizioni di eccezionalità, differenziate in considerazione del numero e della frequenza dei trasporti in condizioni di eccezionalità;

4)  le specifiche modalità di transito del trasporto eccezionale.”.

 

La nuova disposizione reca anche norme transitorie, per disciplinare i profili intertemporali che emergono dalla successione tanto ravvicinato delle disposizioni citate.

 


 

Articolo 8
(Trattamenti di malattia per i lavoratori in quarantena
e per i lavoratori fragili)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 8 modifica alcune norme transitorie[10], che riconoscono: l'applicazione dei trattamenti di malattia per i lavoratori dipendenti del settore privato, per il periodo trascorso in quarantena precauzionale (comunque denominata, in attuazione delle misure relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19); l'applicazione - a determinate condizioni[11] - per il periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, cosiddetti fragili dei trattamenti di malattia inerenti al ricovero ospedaliero. Le modifiche concernono: l'estensione al 2021 (novella di cui alla lettera a)) della tutela prevista per la fattispecie suddetta di quarantena precauzionale - tutela che, secondo l'interpretazione seguita[12], non poteva, a normativa vigente, trovare applicazione, per i lavoratori dipendenti privati, per il periodo successivo al 31 dicembre 2020 (mentre per i dipendenti pubblici ha continuato a trovare applicazione, in base ad un'altra norma[13], tuttora vigente, l'equiparazione al ricovero ospedaliero) -; l'elevamento da 396 milioni di euro a 976,7 milioni del limite di spesa, relativo al 2021, entro il quale sono riconosciuti i trattamenti relativi alle fattispecie summenzionate - quarantena precauzionale e periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili - che siano a carico dell'INPS (novella di cui alla lettera b) e norma abrogatoria di coordinamento posta dal successivo comma 2); la possibilità, consentita - secondo l'interpretazione seguita dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[14] - dalla riformulazione del suddetto limite di spesa, di impiego delle medesime risorse anche per gli eventi che si sono verificati nel 2020 e che erano rimasti privi delle tutele in oggetto a causa del raggiungimento del limite relativo al 2020[15] (quest'ultimo limite, pari a 663,1 milioni - come detto, già interamente utilizzati -, viene formalmente mantenuto nella suddetta novella); l'introduzione di uno stanziamento, pari a 188,3 milioni, per il 2021, che costituisce un limite di spesa per il riconoscimento, a determinate condizioni[16], di un rimborso forfettario, relativo sia al 2020 sia al 2021, in favore dei datori di lavoro privati, per gli oneri sostenuti per il riconoscimento dei trattamenti nelle suddette due fattispecie - con riferimento ai casi in cui il trattamento di malattia sia a carico del datore di lavoro e non dell'INPS[17], con esclusione dei datori di lavoro domestico e dei datori non assoggettati a contribuzioni previdenziali presso l'INPS - (novella di cui alla lettera c)); l'esclusione (rispetto alla corrispondente norma finora vigente) degli oneri a carico dei datori di lavoro privati dal limite sopra menzionato di 976,7 milioni, il quale, quindi, concerne i soli oneri a carico dell'INPS (novella di cui alla lettera b) citata).

Il comma 3 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria dell'onere derivante dal comma 1 (onere al netto dell'assorbimento nella novella di cui alla lettera b) del suddetto precedente stanziamento di 396 milioni per il 2021, il quale è formalmente abrogato dal comma 2).

 

Riguardo alle novelle di cui al comma 1, si rileva altresì che:

§  la normativa vigente (non modificata sul punto dalle novelle in esame) esclude i suddetti periodi di quarantena e periodi prescritti di assenza dal servizio per i lavoratori fragili dal computo della durata massima del periodo di comporto (periodo oltre il quale il lavoratore in malattia non ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro)[18];

§  riguardo al nuovo limite di spesa per il 2021 stabilito dalla novella di cui alla lettera b) del comma 1, la medesima pone altresì il criterio della priorità per gli eventi cronologicamente anteriori. Resta fermo che l’INPS provvede al monitoraggio finanziario; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, il medesimo Istituto non prende in considerazione ulteriori domande. Si ricorda che il messaggio dell'INPS n. 1667 del 23 aprile 2021 ha riferito la precisazione dei Ministeri vigilanti, secondo la quale la disposizione in oggetto costituisce un limite di spesa relativo non solo al contributo a carico del bilancio dello Stato, ma anche all'intero onere derivante dall'eventuale trattamento di malattia a carico dell'INPS, con conseguente esclusione del riconoscimento del trattamento INPS - relativo alla quarantena precauzionale o al periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili - in caso di esaurimento delle risorse[19]. Nel computo di tale limite, in base all'interpretazione già seguita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall'INPS[20], non rientrano invece gli oneri relativi ai trattamenti di malattia (a carico dell'INPS) per i casi di quarantena dovuta ad infezione da COVID-19. Si valuti l'opportunità di una definizione esplicita di quest'ultimo profilo, considerato che la formulazione letterale della norma oggetto della novella parziale di cui alla lettera a) fa riferimento anche a tali casi;

§  le risorse definite dal suddetto nuovo limite di spesa per il 2021 possono - in base alla riformulazione operata dalla novella di cui alla lettera b) (nonché dalla norma abrogatoria di coordinamento posta dal successivo comma 2) e secondo l'interpretazione seguita dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[21] - trovare applicazione (sempre secondo il criterio di priorità per gli eventi cronologicamente anteriori) anche per gli eventi (quarantena precauzionale o periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili) che si sono verificati nel 2020 e che erano rimasti privi delle tutele in oggetto per raggiungimento del limite relativo a tale anno (quest'ultimo limite, pari a 663,1 milioni - come detto, già interamente utilizzati -, viene formalmente mantenuto nella suddetta novella). Si segnala, tuttavia, che il messaggio dell'INPS n. 4027 del 18 novembre 2021 fa riferimento alle sole domande relative a periodi ricadenti nel corso del 2021;

§  il rimborso forfettario sopra menzionato (previsto dalla novella di cui alla lettera c)) è riconosciuto al datore di lavoro per un importo pari a 600 euro per ciascun lavoratore e per ciascuno dei due anni (2020 e 2021), con riferimento ai soli casi in cui la prestazione lavorativa, durante l’evento, non possa essere svolta in modalità agile. Il rimborso in esame è riconosciuto dall'INPS - nell'ambito del suddetto limite di spesa di 188,3 milioni (riferito per intero al 2021) - secondo un criterio di priorità per gli eventi cronologicamente anteriori. Il rimborso è erogato previa presentazione da parte del datore di lavoro di apposita domanda (in via telematica), corredata da dichiarazione attestante i periodi in oggetto; la domanda e la relativa documentazione sono presentate secondo le modalità ed entro i termini indicati dall’INPS. Quest'ultimo procede al monitoraggio del limite di spesa suddetto sulla base delle domande ricevute; in caso di raggiungimento del limite, non si effettuano ulteriori rimborsi. Il medesimo Istituto, nello svolgimento dei controlli a campione sulle dichiarazioni suddette[22], è autorizzato all’acquisizione e al trattamento dei dati sensibili contenuti nelle certificazioni mediche e nella documentazione sanitaria dei lavoratori interessati.

Riguardo alla disciplina vigente relativa ai periodi prescritti di assenza dal servizio per i lavoratori fragili, si rinvia al successivo paragrafo della presente scheda.

Il comma 3, come accennato, rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria dell'onere derivante dal comma 2, onere pari a 769 milioni per il 2021 (al netto dell'assorbimento nella novella di cui alla lettera b) del suddetto precedente stanziamento di 396 milioni per il 2021, il quale è formalmente abrogato dal comma 2).

Si ricorda inoltre che il Senato ha approvato alcune correzioni formali nel presente articolo 8.

 

Su alcune norme transitorie in materia di lavoratori cosiddetti fragili

 

La summenzionata ipotesi di applicazione - a determinate condizioni[23] -  per il periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, cosiddetti fragili dei trattamenti di malattia inerenti al ricovero ospedaliero costituisce una delle due fattispecie transitorie, relative a tali lavoratori, poste, fino al 31 dicembre 2021[24], dall'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, e dall’articolo 1, commi 481 e 483, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni. L'altra fattispecie è costituita dallo svolgimento, "di norma", da parte dei medesimi soggetti, del lavoro in modalità agile, anche attraverso la destinazione a diversa mansione, ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o attraverso lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale, anche da remoto.

Le summenzionate due fattispecie transitorie riguardano i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che rientrino in una delle seguenti fattispecie (fermo restando il rispetto di ulteriori condizioni ai fini dell'equiparazione suddetta al ricovero ospedaliero):

§  riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104;

§  possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita[25]. La suddetta certificazione deve essere rilasciata, qualora non sussista il verbale di riconoscimento della condizione di handicap[26], dagli organi medico-legali dell'azienda sanitaria locale competente per territorio[27] -.

La suddetta equiparazione alla degenza ospedaliera è limitata ai casi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, neanche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti. Il riferimento alla diversa mansione è insito nel richiamo alla fattispecie di lavoro agile di cui al citato comma 2-bis dell’articolo 26 del D.L. n. 18. Quest’ultimo comma fa peraltro riferimento anche alla possibilità di svolgimento - in luogo dell’ordinaria prestazione di lavoro in modalità agile - di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Si ricorda che dall'equiparazione del periodo di assenza dal servizio alla degenza ospedaliera deriva, per i lavoratori dipendenti privati aventi diritto alla tutela previdenziale di malattia dell'INPS, la decurtazione ai due quinti della normale indennità di malattia, in assenza di familiari a carico; inoltre, secondo l'interpretazione seguita dall'INPS[28], l’equiparazione al ricovero ospedaliero comporta, per i lavoratori privati rientranti nel regime di tutela di malattia dell'INPS, "il riconoscimento della prestazione economica e della correlata contribuzione figurativa entro i limiti del periodo massimo assistibile, previsto dalla normativa vigente per la specifica qualifica e il settore lavorativo di appartenenza". Al riguardo, si ricorda che, per i lavoratori rientranti nel regime di tutela di malattia dell'INPS, l'indennità è riconosciuta entro il limite di 180 giorni per anno solare[29]. Si ricorda altresì che per alcune categorie di dipendenti privati, in base a norme specifiche, il trattamento di malattia è a carico del datore di lavoro medesimo.

Il periodo di assenza dal servizio - nell'ambito della fattispecie in oggetto - viene prescritto - dalle competenti autorità sanitarie e dal medico di assistenza primaria[30] - sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei summenzionati organi medico-legali, i cui riferimenti devono essere indicati nel medesimo certificato di prescrizione; nessuna responsabilità, neanche di natura contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi (resta ferma la responsabilità del suddetto medico in caso di fatto doloso).

I periodi di assenza dal servizio per i quali sia stata o sia riconosciuta (in base alle norme temporanee in esame) l’equiparazione alla degenza ospedaliera[31]:

§  non rientrano nel computo della durata massima del periodo di comporto (periodo oltre il quale il lavoratore in malattia non ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro);

§  non determinano la sospensione dell’indennità di accompagnamento eventualmente spettante al soggetto[32].

Riguardo ai limiti finanziari entro i quali è riconosciuta l'equiparazione al ricovero ospedaliero, si rinvia alla prima parte della presente scheda (parte relativa alle novelle di cui al comma 1 del presente articolo 8).


 

Articolo 9
(Congedo straordinario per genitori e stanziamento per la sostituzione del personale scolastico)

 

 

L’articolo 9 reintroduce per il periodo dal 22 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021, nel limite di spesa di 29,3 mln di euro per il 2021, la possibilità – già prevista per il periodo dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 – per i genitori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e lavoratori autonomi iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS di fruire, alternativamente tra i due genitori, di specifici congedi e indennità con riferimento a determinate fattispecie relative ai figli conviventi minori di anni 14, o a prescindere dall'età qualora tali fattispecie riguardino figli in condizioni di disabilità accertata. Tale indennità è riconosciuta altresì ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS.

Al ricorrere delle medesime fattispecie, il suddetto congedo è riconosciuto, alternativamente e senza la corresponsione della relativa indennità, anche ai genitori di figli conviventi di età compresa fra i quattordici e i sedici anni.

Viene inoltre autorizzata la spesa di 7,6 mln di euro per il 2021 al fine di garantire la sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche che usufruisce dei suddetti benefici.

Si prevede, infine, la possibilità di convertire i congedi fruiti, ai sensi della normativa generale, dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021.

 

Congedo straordinario per lavoratori genitori di figli conviventi minori di 14 anni o di figli con disabilità grave

 

Fino al 31 dicembre 2021 al lavoratore dipendente (pubblico o privato), o al lavoratore autonomo iscritto in via esclusiva alla Gestione separata INPS[33], genitore di figlio convivente minore di anni quattordici, è riconosciuto, alternativamente all’altro genitore, un congedo straordinario – da fruire in forma giornaliera od oraria - per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della sospensione dell’attività didattica ed educativa in presenza, dell’infezione da Covid-19 o della quarantena del figlio disposta dalla ASL territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto (comma 1, primo e ultimo periodo).

Tale congedo è riconosciuto anche ai genitori di figli con disabilità grave, a prescindere dall’età del figlio, in caso di quarantena o infezione da Covid-19 e nei casi in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza[34] o la chiusura dei centri assistenziali diurni frequentati dal figlio, nonché per la durata dell’infezione da Covid-19 o della quarantena del figlio (comma 1, secondo periodo).

Si ricorda che fino al 30 giugno 2021 l’art. 2, co. 2, del D.L. 30/2021, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non potesse essere svolta in modalità agile, riconosceva analogo congedo in favore dei lavoratori dipendenti e dei genitori di figli con disabilità grave, in tale ultimo caso prescindendo dall’età del figlio nonché, come specificato dalla circolare INPS n. 63 del 14 aprile 2021, dal requisito della convivenza.

In merito alle modalità di fruizione del congedo in esame, nonché alle relative indennità, da parte dei dipendenti pubblici, la medesima circolare n. 63 del 2021 precisa che le stesse sono a cura dell’Amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro. Di conseguenza, tale categoria di lavoratori non deve presentare la domanda del congedo in oggetto all’INPS, ma direttamente alla propria Amministrazione pubblica datrice di lavoro, secondo le indicazioni dalla stessa fornite.

Si segnala, altresì, che limitatamente alle cosiddette zone rosse - caratterizzate da un elevato rischio epidemiologico, individuate con apposite ordinanze del Ministro della salute – analogo congedo straordinario è riconosciuto, per periodi dal 9 novembre 2020, dall’art. 22-bis del D.L. 137/2020 in favore dei lavoratori dipendenti genitori di alunni (non necessariamente conviventi) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado per le quali sia disposta la sospensione dell'attività didattica in presenza.

La richiamata circolare INPS n. 63 del 14 aprile 2021 specifica che tale misura è tuttora in vigore, nell’ambito dei limiti di spesa previsti dall'art. 22-bis, con riferimento ai genitori dei suddetti alunni, mentre è rimasta in vigore fino al 5 marzo 2021, su tutto il territorio nazionale, con riferimento ai genitori di figli con disabilità iscritti a scuole di ogni ordine e grado per le quali fosse stata disposta la medesima sospensione o ospitati in centri assistenziali diurni per i quali fosse stata disposta la chiusura.

Per l’individuazione delle zone rosse a cui può essere applicato tale congedo, il riferimento contenuto nel richiamato art. 22-bis è all'ordinanza del Ministro della salute del 4 novembre 2020, la quale aveva classificato nell’ambito di tali regioni Calabria, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta. Tuttavia, la norma in esame trova applicazione anche con riferimento alle altre regioni successivamente inquadrate nell'ambito in esame, nei limiti del riparto del fondo di cui all’art. 13-duodecies, co. da 2 a 4, del medesimo D.L. 137/2020).

Per tale congedo viene riconosciuta un’indennità pari:

§  per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati), al 50 per cento della retribuzione, con il riconoscimento, ai fini previdenziali, della contribuzione figurativa relativa all'intera retribuzione. La base di calcolo dell'indennità è determinata secondo gli stessi criteri vigenti per la base di calcolo dell'indennità per i congedi parentali. Di conseguenza, si fa riferimento alla retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo; l'importo di tale base di calcolo non comprende il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati al lavoratore[35] (comma 2). Poiché per le modalità di pagamento dell'indennità trovano implicitamente applicazione i criteri vigenti per i trattamenti di maternità relativi alle lavoratrici dipendenti e per i congedi parentali, si valuti l'opportunità di chiarire i criteri di computo del periodo di congedo in esame ai fini dell'anzianità di servizio, considerato che, nell'ordinamento, tali criteri sono stabiliti in maniera non univoca per i trattamenti di maternità e per i congedi parentali;

§  per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata per la determinazione dell’indennità di maternità (comma 6, primo periodo).

La medesima indennità è riconosciuta anche ai genitori lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni pensionistiche speciali dell’INPS[36] ed è pari, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto (comma 6, secondo e terzo periodo).

Si prevede, infine, che per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo in questione, oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, o di quello privo di indennità previsto per figli tra i 14 e i 16 anni (di cui al comma 4 – vedi infra), salvo che sia genitore anche di altri figli minori di 14 anni avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle suddette misure (comma 5).

Possibilità di convertire i congedi fruiti, ai sensi della normativa generale, dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021

Gli eventuali periodi di congedo parentale fruiti ai sensi della normativa generale (di cui agli artt. 32 e 33 del D.Lgs. 151/2001[37]) a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) - durante i periodi di sospensione dell’attività didattica in presenza o di sospensione delle attività dei centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura, o dell’infezione da Covid-19, o della quarantena del figlio - possono essere convertiti a domanda nel congedo straordinario in esame, con diritto alla relativa indennità, e non sono computati né indennizzati a titolo di congedo parentale (comma 3).

Si ricorda che analoga misura era prevista in relazione ai congedi straordinari concessi a causa dell’emergenza epidemiologica per periodi dal 5 marzo 2020 al 31 agosto 2020 (dall’art. 23, co. 2, del D.L. 18/2020, anche se in tale caso la conversione operava di diritto) e dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 (dal richiamato art. 3, co. 4 del D.L. 30/2021).

 

Astensione dal lavoro per genitori con figli tra i 14 e i 16 anni

Fino al 31 dicembre 2021, in caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni e in presenza di una delle suddette fattispecie che danno luogo alla possibilità di ricorrere al congedo straordinario in commento, uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro (comma 4).

Si prevede, inoltre, che per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo in questione, oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, o di quello previsto per figli minori di 14 anni (di cui al comma 1), salvo che sia genitore anche di altri figli minori di 14 anni avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle suddette misure (comma 5).

Si ricorda che analoga misura era prevista in relazione ai congedi straordinari concessi a causa dell’emergenza epidemiologica per periodi dal 9 settembre 2020 al 31 dicembre 2020 (dall’art. 21-bis, co. 3, del D.L. 104/2020) e dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 (dal richiamato art. 2, co. 4 del D.L. 30/2021).

Cause di esclusione dal congedo straordinario

Come accennato, fino al 31 dicembre 2021, per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo con indennità per figli minori di 14 anni (di cui al comma 1) o di quello, privo di indennità, per figli di età compresa tra i 14 e i 16 anni (di cui al comma 4), oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire dei predetti congedi, salvo che sia genitore anche di altri figli minori di anni 14 avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle predette misure (comma 5).

Sostituzione del personale scolastico

Si prevede una specifica autorizzazione di spesa - pari a 7,6 milioni di euro per il 2021 - al fine di garantire la sostituzione del personale delle istituzioni scolastiche (docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario) che usufruisca dei benefici di cui all’articolo in commento (comma 8).

Si ricorda che per la medesima finalità l’art. 2 del D.L. 30/2021 ha già stanziato 10,2 mln di euro per il 2021.

La Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame segnala che, ai fini della stima degli effetti finanziari derivanti dalla sostituzione del personale di cui al comma 8 in esame si considerano circa 7.000 soggetti per un numero medio di giorni pari a 9 e una retribuzione lorda giornaliera comprensiva della contribuzione previdenziale pari a 120 euro.

Limiti di spesa e copertura finanziaria

I suddetti benefici sono riconosciuti nel limite di spesa di 29,3 milioni di euro per il 2021 (comma 7).

Le modalità operative per accedervi sono stabilite dall’INPS che, sulla base delle domande pervenute, provvede al monitoraggio anche del predetto limite di spesa, comunicandone i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Se da tale monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.

Per la sostituzione del personale delle istituzioni scolastiche, come detto, è prevista una distinta autorizzazione di spesa pari a 7,6 milioni di euro per il 2021 (comma 8).

Ai suddetti oneri - pari a 36,9 milioni di euro per il 2021 si provvede ai sensi dell’art. 17 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 10).

Ai fini della stima delle platee potenziali beneficiarie dei trattamenti in oggetto, la Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame riporta che sono state estrapolate dagli archi gestionali INPS le informazioni relative al numero di beneficiari di trattamenti identici o analoghi (come il bonus babysitting) per il periodo gennaio-giugno 2021.

Rispetto a tali dati la RT sottolinea che occorre tener presente alcuni aspetti peculiari con riferimento al periodo attuale, come l’accelerazione nelle vaccinazioni dei ragazzi sopra i 12 anni di età che ridurranno sia il rischio contagio che il rischio malattia, il fatto che la scuola ha inizio a settembre 2021 e che pertanto il periodo di potenziale fruizione delle misure in esame è ridotto rispetto a quanto osservato nei primi sei mesi dell’anno, nonché che la norma in esame ha eliminato la possibilità per il lavoratore di svolgere l’attività lavorativa in modalità agile qualora si trovasse nelle condizioni richiamate dalla norma medesima. Inoltre, per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata, l’ipotesi di base adottata è che la platea fruitrice del bonus babysitting è la medesima che fruirà del nuovo congedo parentale ove ne ricorrano le condizioni previste dalla norma in commento.

Sulla base di tali informazioni, la platea potenzialmente beneficiaria è stata individuata come segue:

 

 

Potenziali richiedenti il congedo parentale

N° giorni di congedo parentale

Retribuzione media giornaliera 2021

Aliquota contributiva IVS

Lavoratori dipendenti

30.600

10

77,2 euro

33%

Lavoratori autonomi

14.300

10

48,98 euro

24%

Iscritti Gestione separata

10.700

10

51,2 euro

33%

 

Da tali dati, gli oneri sono stati quantificati nel modo seguente

Anno 2021 (importi in mln di euro)

Tipologia

Prestazione

Copertura figurativa

Totale

Lavoratori dipendenti

11,8

7,8

19,6

Lavoratori autonomi

3,5

1,7

5,2

Iscritti Gestione separata

2,7

1,8

4,5

Totale generale

18,0

11,3

29,3

 


 

Articolo 9-bis
(Fondo per genitori lavoratori separati o divorziati al fine di garantire la continuità di erogazione dell'assegno di mantenimento)

 

 

L’articolo 9-bis - inserito dal Senato - riscrive l'articolo 12-bis del c.d. decreto sostegni (d.l. n. 41 del 2021), che ha istituito un Fondo per i genitori lavoratori separati o divorziati non in grado, a causa della crisi economica legata alla pandemia, di poter adempiere al regolare versamento dell'assegno di mantenimento.

 

La disposizione, inserita nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, riscrive l'articolo 12-bis del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41 (conv. legge n. 69 del 2021), il c.d. decreto sostegni.

 

L'articolo 12-bis ha previsto, al fine di garantire ai genitori lavoratori separati o divorziati, che in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 avevano cessato, ridotto o sospeso la loro attività lavorativa, il regolare versamento dell'assegno di mantenimento, l'istituzione presso il Mef per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un Fondo - con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021 - volto ad erogare contributi per consentire ai suddetti genitori lavoratori separati o divorziati di erogare con continuità l'assegno di mantenimento dovuto. Attraverso le risorse dell'istituendo Fondo si doveva provvedere all'erogazione di una parte o dell'intero assegno di mantenimento, fino a un importo massimo di 800,00 euro mensili. La definizione dei criteri e delle modalità per l'erogazione dei contributi del Fondo era rimessa ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 41.

 

L'articolo 12-bis, come riscritto dalla disposizione in esame, conferma l'istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri di un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2022.

Le risorse di tale Fondo sono volte a garantire al genitore in stato di bisogno di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi, che non abbia ricevuto l'assegno di mantenimento per inadempienza dovuta all'incapacità a provvedervi del genitore o del coniuge o del convivente che vi era tenuto e che in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha cessato, ridotto o sospeso la propria attività lavorativa a decorrere dall' 8 marzo 2020 per una durata minima di 90 giorni o per una riduzione del reddito di almeno il 30% rispetto a quello percepito nel 2019 (comma 1).

Rispetto alla formulazione vigente sono previsti parametri più precisi e requisiti più stringenti per l'accesso al beneficio.

 

Ai sensi del comma 2, con le risorse del Fondo si provvede all'erogazione di una parte o dell'intero assegno di mantenimento, fino a un importo massimo di 800 euro mensili, a favore del genitore in stato di bisogno fino ad un massimo di mensilità stabilite con un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Con tale decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, sono definiti altresì i criteri e le modalità per la verifica dei presupposti per l'accesso al Fondo e l'erogazione dei contributi (comma 3).

 

 Il comma 4 reca la copertura degli oneri derivanti da tale articolo. A tali oneri - pari a 10 milioni di euro per l'anno 2022- si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

 


 

Articolo 10
(Integrazione salariale per i lavoratori
di Alitalia in amministrazione straordinaria)

 

 

L’articolo 10 prevede in favore dei lavoratori dipendenti di Alitalia Sai e Alitalia Cityliner S.p.A. in amministrazione straordinaria la possibilità di concedere un periodo complessivo di 12 mesi di trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dalla normativa vigente per i dipendenti delle aziende commissariate, anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2022, nel limite di spesa di 63,5 milioni per il 2022 per i mesi oggetto della proroga.

In relazione agli oneri delle prestazioni integrative del suddetto trattamento, a carico del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, viene altresì previsto un finanziamento di 212,2 mln di euro per il 2022 in favore di tale Fondo.

 

Al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti dall’attuazione del programma della procedura di amministrazione straordinaria (di cui all’art. 79, co. 4-bis, del D.L. 18/2020 – vedi infra), si prevede la possibilità che ai suddetti lavoratori sia concesso, per una durata complessiva di 12 mesi, il trattamento di integrazione salariale previsto per i dipendenti delle aziende commissariate dall’art. 7, co. 10-ter, del D.L. 148/1993. L’articolo in commento dispone che il trattamento in oggetto può proseguire anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2022, in deroga a quanto disposto dal richiamato comma 10-ter, secondo cui la durata dell'intervento della cassa integrazione straordinaria non può eccedere il termine previsto per l'attività del commissario (comma 1).

Per i mesi oggetto della proroga derivante dalla suddetta deroga viene posto un limite di spesa pari a 63,5 milioni per il 2022 (vedi infra).

Si rammenta che l’articolo 32 del disegno di legge di bilancio proroga di ulteriori 12 mesi il trattamento straordinario di integrazione salariale attualmente concesso fino, al massimo, al 31 dicembre 2022, ai lavoratori dipendenti di Alitalia Sai e Alitalia Cityliner in amministrazione straordinaria, prevedendo che tale trattamento possa proseguire anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2023

In relazione agli oneri delle prestazioni integrative del suddetto trattamento, a carico del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, viene altresì previsto un finanziamento di 32,7 milioni di euro per il 2022 e di 99,9 milioni di euro per il 2023 in favore di tale Fondo, a carico del quale vengono posti altresì gli oneri dei programmi formativi per il mantenimento e l’aggiornamento delle qualifiche professionali e delle licenze necessarie per lo svolgimento della prestazione lavorativa.

 

Per garantire le prestazioni integrative del suddetto trattamento di integrazione salariale, viene altresì previsto un finanziamento - operato in considerazione dell'intero periodo temporale di 12 mesi summenzionato - di 212,2 mln di euro per il 2022 in favore del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (comma 2).

Si ricorda che la suddetta integrazione economica, erogata dal Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (ex art. 5 del D.M. n. 95269 del 7 aprile 2016)[38], è volta, in generale, ad integrare la misura della NASpI e del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in modo da garantire che il trattamento complessivo sia pari all'80% della retribuzione lorda di riferimento. Tali prestazioni integrative del Fondo, in quanto accessorie, sono subordinate alla sussistenza delle prestazioni principali di riferimento che integrano.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in commento – pari complessivamente a 275,7 milioni di euro per il 2022 - si provvede ai sensi dell’articolo 17 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 3).

Come riportato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, per la quantificazione dei suddetti oneri, si è ipotizzato che l’attività del commissario abbia termine a giugno 2022, con la conseguenza che la disposizione in commento comporterebbe una ulteriore prestazione di integrazione salariale di tre mesi (posto che il trattamento di integrazione salariale di dodici mesi riguarderebbe il periodo ottobre 2021-settembre 2022) per un numero di dipendenti stimato in circa 8.300 lavoratori con retribuzione media mensile ponderata pari a 4.060 euro.


 

(in milioni di euro)

Anni

Oneri CIGS

Prestazione integrativa FdS Trasporto Aereo
periodo 10/2021-09/2022
(80% retr.)

Prestazioni + ANF

Coperture figurative

Totale

2022

29,8

33,7

63,5

212,2

 

 

 

Il richiamato art. 79 del D.L. 18/2020 disciplina in dettaglio la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, Italia Trasporto Aereo Spa (ITA S.p.a), controllata direttamente dallo Stato o da società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta. La nuova società è costituita per "l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone", subordinato alle valutazioni della Commissione europea.

Il comma 4-bis del citato articolo 79 autorizza la costituzione di tale nuova società di trasporto aereo anche al fine dell’elaborazione di un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell'offerta, che include strategie strutturali di prodotto. Il piano industriale può prevedere la costituzione di una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché l'acquisto o l'affitto, anche a trattativa diretta, di rami d'azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

Tale Piano per gli anni 2021-2025 è stato presentato al Parlamento, per i prescritti pareri, il 21 dicembre 2020.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema in materia.

 


 

Articolo 11, commi 1-12
(Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19)

 

 

I commi da 1 a 12 dell’articolo 11 prevedono, in favore di alcune categorie di datori di lavoro, la possibilità di fruizione di un ulteriore intervento di integrazione salariale con causale COVID-19, nel periodo 1° ottobre 2021-31 dicembre 2021, e dispongono alcuni adeguamenti finanziari per il 2021 e per il 2022, di segno positivo o negativo, per alcuni istituti lavoristici, in relazione al quadro effettivo delle esigenze.

Le categorie interessate dai nuovi interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 sono: nella misura di tredici settimane e nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 1 e di cui al comma 6[39], i datori di lavoro esclusi dall'ambito di applicazione del trattamento ordinario di integrazione salariale[40] e che rientrino, quindi, nell'ambito di applicazione di assegni ordinari di integrazione a carico di fondi di solidarietà bilaterali (o del Fondo di integrazione salariale dell'INPS), ovvero nell'ambito di trattamenti di integrazione salariale in deroga[41]; nella misura di nove settimane e nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 2, i datori di lavoro nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, con riferimento al trattamento ordinario di integrazione salariale con la causale suddetta.

Riguardo ai suddetti fondi di solidarietà bilaterali (a parte il Fondo di integrazione salariale dell'INPS), l'intervento concerne sia quelli istituiti presso l’INPS sia i due fondi istituiti presso le province autonome di Trento e di Bolzano sia i due fondi cosiddetti alternativi[42]; relativamente a questi ultimi, il concorso finanziario statale è definito dal comma 6, mediante una revisione complessiva, in senso restrittivo, del limite di spesa previsto per il concorso statale, per il 2021, agli oneri relativi all'assegno ordinario dei due fondi con causale COVID-19; tale revisione in senso restrittivo tiene conto dell'andamento effettivo delle domande - ferma restando la suddetta possibilità, nell'ambito del nuovo limite, delle ulteriori settimane di trattamento in esame -.

I termini e le modalità per la presentazione delle domande e per il riconoscimento delle prestazioni sono definiti dai commi 4 e 5. I commi 7 e 8, per i datori di lavoro che presentino la domanda per le nuove prestazioni di cui ai commi 1, 2 e 6, prevedono, fino al termine del periodo di relativa fruizione, l'esclusione, fatte salve alcune fattispecie, sia dell'avvio di nuove procedure di licenziamento collettivo sia della possibilità di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. I commi 9, 9-bis (inserito dal Senato) e 10 stabiliscono un incremento e una riduzione di precedenti limiti di spesa, in relazione all'andamento effettivo delle domande; l'incremento - di cui ai commi 9 e 9-bis - concerne un precedente intervento di integrazione salariale con causale COVID-19, relativo ai medesimi settori di cui al comma 2; la riduzione di cui al comma 10 concerne un intervento di integrazione salariale straordinaria per situazioni di particolare difficoltà presentate al Ministero dello sviluppo economico. Il comma 11 riduce il limite di minori entrate contributive, per il 2021 e il 2022, posto per i benefici contributivi inerenti all'istituto del contratto di rioccupazione; la riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo del ricorso a tale istituto. Il comma 12, in primo luogo, specifica i mezzi di copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 9; tali oneri trovano copertura nell'ambito delle riduzioni summenzionate dei limiti di spesa e dei limiti di minori entrate contributive. In secondo luogo, il comma 12 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria degli effetti fiscali negativi indotti per il 2023, derivanti dalla riduzione del limite di minori entrate contributive di cui al comma 11.

 

Più in particolare, le ulteriori settimane di intervento di integrazione salariale, di cui ai commi 1 e 2, sono concesse in favore dei datori di lavoro summenzionati che sospendano o riducano l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19, con riferimento ai lavoratori dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto (22 ottobre 2021)[43]. Per le prestazioni di integrazione salariale concesse ai sensi dei commi 1 e 2 (così come per gli omologhi trattamenti con causale COVID-19 già previsti nel 2021) non si applica alcun contributo addizionale.

Si ricorda che, per i datori di lavoro di cui ai commi 1 e 6, la disciplina vigente[44] prima dell'entrata in vigore del presente decreto ha già riconosciuto la possibilità di ventotto settimane di prestazione omologa (con causale COVID-19), relativamente al periodo 1° aprile 2021[45]-31 dicembre 2021. In base all’interpretazione seguita dal messaggio dell’INPS n. 1297 del 26 marzo 2021, a tale numero di settimane si sono potute aggiungere, nella parte ancora non eventualmente fruita, le dodici settimane previste (sempre con causale COVID-19) per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 dalla normativa ancora precedente[46] (fermo restando il termine di fruizione di queste ultime entro il 30 giugno 2021). Per i datori di lavoro di cui al comma 2, la disciplina vigente[47] prima dell'entrata in vigore del presente decreto ha già riconosciuto la possibilità di un periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale con la causale suddetta per un massimo di diciassette settimane - ricadenti in ogni caso nell'ambito del periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021 -.

Il riconoscimento delle ulteriori settimane di trattamento previste dai commi 1, 2 e 6 è in ogni caso subordinato, ai sensi del comma 3, alla condizione che i datori di lavoro abbiano fruito nella misura massima delle settimane precedenti di trattamento con causale COVID-19 - misura pari, come detto, a ventotto o diciassette settimane -.

I limiti di spesa (relativi al 2021) per le nuove prestazioni in oggetto sono pari (commi 1, 2 e 6): a 304,3 milioni di euro per gli assegni ordinari dei fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS, dei due fondi istituiti presso le province autonome di Trento e di Bolzano e del Fondo di integrazione salariale dell'INPS; a 353,6 milioni per i trattamenti di integrazione salariale in deroga; a 140,5 milioni per i trattamenti ordinari di integrazione salariale nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili; a 844 milioni di euro per il concorso statale per gli assegni ordinari dei due fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi[48]. Quest'ultimo limite comprende anche il concorso statale ai due fondi per le suddette ventotto settimane precedenti ed è inferiore rispetto all'importo già previsto per il concorso relativo a queste ultime (che era pari a 1.100 milioni); come accennato, tale revisione in senso restrittivo tiene conto dell'andamento effettivo delle domande - ferma restando la suddetta possibilità, nell'ambito del nuovo limite, delle ulteriori settimane di trattamento in esame -. Si dispone, inoltre, una riduzione - da 900 milioni a 700 milioni - dell'importo relativo al concorso statale ai due fondi per le suddette dodici settimane previste (per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021) dalla normativa ancora precedente. Anche tale revisione tiene conto dell'andamento effettivo delle domande.

L'INPS provvede al monitoraggio dei limiti di spesa di cui ai commi 1 e 2; qualora dal predetto monitoraggio emerga che sia stato raggiunto il limite di spesa, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Si valuti l'opportunità di chiarire se, riguardo a tale effetto preclusivo, il limite di cui al comma 1 sia considerato unitariamente (nella misura cumulativa di 657,9 milioni ivi citata), con conseguente possibilità di rimodulazione da parte dell'INPS tra i due limiti summenzionati - relativi, rispettivamente, ai trattamenti di integrazione salariale in deroga ed agli assegni ordinari dei fondi di solidarietà bilaterali (istituiti presso l'INPS), dei due fondi istituiti presso le province autonome di Trento e di Bolzano e del Fondo di integrazione salariale dell'INPS -.

Il comma 4 prevede che le domande di accesso ai trattamenti in esame siano inoltrate all'INPS (ovvero, ai sensi del rinvio di cui al comma 6, ai due fondi alternativi summenzionati)[49], a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. Si specifica che, in fase di prima applicazione, il termine di decadenza scade alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore (avvenuta il 22 ottobre 2021) del presente decreto.

Ai sensi del comma 5, in caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[50], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione; tuttavia, qualora il termine così determinato sia anteriore al 21 novembre 2021, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data; si valuti, sotto il profilo formale, l'opportunità di sopprimere quest'ultima previsione, considerato che, per definizione, il termine determinato in base ai criteri sopra menzionati non può essere anteriore alla suddetta data. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico (in via definitiva) del datore di lavoro inadempiente.

Per il caso di pagamento diretto, viene confermata (comma 5) la possibilità di richiesta (nell'ambito della domanda da parte del datore di lavoro di accesso al trattamento) di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda (la quale, in tal caso, deve contenere i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione dell'anticipazione medesima)[51] -.

 

Si ricorda inoltre che, riguardo alla disciplina degli interventi di integrazione salariale in esame (con causale COVID-19), i commi 1 e 2 richiamano quella posta (per tali interventi con causale COVID-19) dagli articoli 19, 20, 21, 22 e 22-quater del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni.

In merito, si segnala, in primo luogo, che - mentre, in generale, i trattamenti di integrazione salariale non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, e l'articolo 2 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148) - i trattamenti in deroga in esame sono ritenuti applicabili[52] a tutti i lavoratori apprendisti ed ai lavoratori a domicilio; restano esclusi i dirigenti.

Per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in deroga sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro (comma 1 dell'articolo 22 citato del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni)[53]. Si ricorda altresì che: per i trattamenti in deroga - così come per gli altri trattamenti in oggetto con causale COVID-19 - l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto può essere adempiuto, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi alla comunicazione preventiva circa la richiesta di intervento medesimo[54]; anche per i trattamenti in deroga (così come per gli altri interventi di integrazione salariale in oggetto) sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato dell’articolo 22 del D.L. n. 18).

Si ricorda altresì che:

§  i trattamenti ordinari e gli assegni ordinari di integrazione salariale, concessi con la causale COVID-19, non sono computati ai fini del calcolo dei limiti di durata previsti dalle norme generali (relative alle medesime tipologie di trattamento) e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste[55];

§  la concessione di uno degli ammortizzatori sociali con causale COVID-19 determina una sospensione (per la durata del trattamento) degli obblighi di assunzione derivanti dal cosiddetto collocamento obbligatorio[56];

§  per il periodo di fruizione dei trattamenti e assegni di integrazione salariale con causale COVID-19 è riconosciuto, alle medesime condizioni dei lavoratori ad orario normale, l'assegno per il nucleo familiare[57].

 

Riguardo alle esclusioni - poste dai commi 7 e 8 del presente articolo 11 - delle possibilità di licenziamento, in relazione alla domanda dei trattamenti di cui ai commi 1, 2 e 6 ed al periodo di relativa fruizione, si rileva, in dettaglio, che il comma 7:

§  preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi (disciplinati ai sensi degli articoli 4, 5 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni[58]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo); non si prevede, invece, la sospensione di procedure già pendenti;

§  preclude, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, di cui all’articolo 3 della L. 15 luglio 1966, n. 604[59], e dispone che restino altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge, e successive modificazioni[60].

Ai sensi del comma 8 del presente articolo 11, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 7 non si applicano:

§  nelle ipotesi di licenziamenti motivati dal venir meno del soggetto imprenditoriale nelle seguenti fattispecie: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

§  nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (NASpI), ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 22[61].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 

Il comma 9 e il comma 9-bis (inserito dal Senato) del presente articolo 11 prevedono un incremento del limite di spesa per la suddetta precedente disciplina - di cui all'articolo 50-bis, commi da 2 a 6, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106 - che ha previsto la concessione fino ad un massimo di diciassette settimane di trattamento ordinario di integrazione salariale con causale COVID-19 nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (settimane ricadenti in ogni caso, come detto, nell'ambito del periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021). In particolare, il comma 9 del presente articolo 11 stabilisce un primo incremento da 185,4 milioni a 265,4 milioni (per il 2021) del suddetto limite di spesa; l'incremento è disposto in considerazione dell'esigenza - di fronte al raggiungimento del suddetto limite di 185,4 milioni - di dar seguito alle altre domande[62]. Il successivo comma 9-bis - inserito dal Senato - prevede un ulteriore incremento del medesimo limite di spesa (per il 2021), con conseguente elevamento del limite a 365,4 milioni; ai fini della copertura finanziaria di quest'ultimo incremento, si provvede mediante riduzione, nella misura di 100 milioni di euro per il 2021, del Fondo sociale per occupazione e formazione[63].

Il comma 10 riduce da 351 milioni a 106 milioni (per il 2021) il limite di spesa per la normativa transitoria[64] che ha previsto la concessione di un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale - per un massimo di tredici settimane, fruibili fino al 31 dicembre 2021 - in favore di alcuni datori di lavoro che, per esaurimento dei limiti di durata, non potrebbero più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria). La riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo delle domande[65].

Si ricorda che il beneficio in oggetto è previsto, nell'ambito suddetto, per le situazioni di particolare difficoltà, presentate al Ministero dello sviluppo economico, e che, per il periodo così ammesso, è riconosciuto altresì l'esonero dalla contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro (contribuzione prevista dalla disciplina generale in caso di concessione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale).

Il comma 11 riduce da 585,6 milioni a 216 milioni per il 2021 e da 292,8 milioni a 108 milioni il limite di minori entrate contributive, rispettivamente per il 2021 e il 2022, posto per i benefici contributivi inerenti all'istituto del contratto di rioccupazione. La riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo del ricorso a tale istituto[66].

Si ricorda che la figura del contratto di rioccupazione è stata introdotta - dall'articolo 41 del citato D.L. n. 73 del 2021 - per il periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021. L'istituto consiste in un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato tra un datore di lavoro ed un soggetto disoccupato, con un progetto individuale di inserimento, con la possibilità, per le parti, di recedere dal contratto al termine del medesimo periodo di inserimento e con il riconoscimento di un esonero contributivo in favore del datore. Quest'ultimo beneficio - riconosciuto nel suddetto limite di minori entrate contributive - concerne, per un periodo massimo di sei mesi, l'intera misura dei contributi previdenziali a carico del datore - con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL -, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua (riparametrato e applicato su base mensile); sono esclusi dallo sgravio i settori agricolo e del lavoro domestico.

Per un esame più approfondito dell'istituto del contratto di rioccupazione, si rinvia alla scheda di lettura del citato articolo 41 del D.L. n. 73, nel dossier dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati relativo al testo definitivo (come convertito) del medesimo D.L[67].

Il comma 12 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 9 (pari, complessivamente, a 878,4 milioni per il 2021), nonché delle minori entrate per il 2023 derivanti dal comma 11 e valutate pari a 11,4 milioni dal comma 13 in oggetto; queste ultime sono costituite dagli effetti fiscali negativi relativi agli acconti delle imposte dirette da corrispondere nel 2023, effetti determinati dalla riduzione dei limiti di minori entrate contributive di cui al comma 11 (riduzione che determina, oltre che un incremento della contribuzione previdenziale, anche un incremento della deduzione fiscale dei medesimi contributi, con conseguente riduzione, oltre che delle imposte dirette, anche dei relativi acconti da corrispondere nell'anno successivo).

La copertura finanziaria in oggetto è costituita da: le economie derivanti dal comma 6, pari a 456 milioni per il 2021; la riduzione del limite di spesa di cui al comma 10 (riduzione pari a 245 milioni per il 2021); una quota - pari a 177,4 milioni - delle maggiori entrate contributive derivanti dal comma 11[68]; il rinvio alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la suddetta quota di minori entrate per il 2023.

 

Si ricorda inoltre che il Senato ha operato alcune correzioni formali nei commi in esame del presente articolo 11.


 

Articolo 11, commi 13 e 14
(Rifinanziamento Reddito di cittadinanza)

 

 

L’articolo 11, commi 13 e 14 prevede il rifinanziamento del reddito di cittadinanza per l’anno 2021, per un importo di 200 milioni di euro

 

Le disposizioni dei commi 13 e 14 quantificano e coprono il predetto incremento di 200 milioni di euro della autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, a valere sull’art. 17 del provvedimento in esame.

 

In base alla disposizione dell’art. 12, comma 1, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, degli incentivi di cui all'articolo 8 (esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali in caso di assunzione di soggetti beneficiari di RdC), nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione e delle misure aventi finalità analoghe a quelle del Reddito di cittadinanza, sono autorizzati limiti di spesa nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Fondo per il reddito di cittadinanza».

 

Si ricorda, infine, che, nel complesso, per l’anno 2021, l'autorizzazione di spesa per l'erogazione del Reddito di cittadinanza è stata incrementata complessivamente di 1.210 mln di euro per il 2021 (di cui 1.010 mln dall’art. 11 del D.L. 41/2021 e 200 mln dalla disposizione in commento).

 

La Relazione tecnica al provvedimento si limita ad affermare che l’incremento di 200 milioni di euro per l’anno 2021dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, si giustifica in base alle esigenze che derivano dall’attività di monitoraggio ai fini di consentire l’erogazione per il 2021 ai soggetti beneficiari.

 

Il Reddito di cittadinanza, introdotto dal D.L. 4/2019 a decorrere dal mese di aprile 2019 in luogo della precedente misura del Reddito di inclusione, è definito come misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.

Tale beneficio assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita).

Per avere diritto al Rdc è necessario il possesso congiunto di determinati requisiti di residenza, reddituali e patrimoniali (tra gli altri, essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa ed un ISEE inferiore a 9.360 euro annui), riferiti al nucleo familiare. Il richiedenete il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o aver riportato condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

In relazione alla definizione di nucleo familiare, si specifica che il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare ricorrendo determinate condizioni (minore di 26 anni, a loro carico, non è coniugato e non ha figli) e che i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, l'eventuale cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale

E' stata inoltre introdotta la previsione secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (fatte salve determinate eccezioni) debbano produrre una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare che deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana.

Per il 2021, il decreto Sostegni (art. 11 del D.L. 41/2021) prevede la possibilità di stipulare uno o più contratti a termine senza che il reddito di cittadinanza venga perso o ridotto se il valore del
reddito familiare risulta comunque pari o inferiore a 10.000 euro annui (in luogo dei 6.000 previsti dalla normativa generale, moltiplicati per la scala di equivalenza); in tali casi si dispone non la decadenza dal beneficio, ma la sua sospensione per una durata corrispondente a quella dei contratti a tempo determinato stipulati dal percettore, fino ad un massimo di sei mesi.

Importo

Il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito da un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro, moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, per il corrispondente parametro di una determinata scala di equivalenza il quale è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, o di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti gravemente disabili o non autosufficienti. 

A tale soglia si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui.

Nel caso della Pensione di cittadinanza la suddetta soglia base è pari, anziché a 6.000 euro, a 7.560 euro, mentre la misura massima dell'integrazione per il contratto di locazione è pari a 1.800 euro.

Qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato contratto un mutuo da parte di membri del medesimo nucleo, l'integrazione suddetta (del Reddito o della Pensione di cittadinanza) è concessa nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui

Il beneficio economico del Rdc, esente dal pagamento dell'IRPEF, non può essere superiore ad una soglia di 9.360 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e ridotta per il valore del reddito familiare. In ogni caso il valore minimo del beneficio non può essere inferiore a 480 euro annui.

Le modalità di erogazione del Rdc, suddiviso per ogni singolo componente maggiorenne del nucleo familiare, sono definite con DM 30 aprile 2021 il quale stabilisce, tra l'altro, che il beneficio è attribuito ai singoli componenti maggiorenni, riconoscendo a ciascuno la quota pro-capite, e che il sostegno al pagamento del canone di locazione o mutuo è attribuito al beneficiario intestatario del contratto di affitto o del mutuo indicato nella richiesta.

Durata ed esclusioni

Il RdC può essere goduto per un periodo di diciotto mesi, rinnovabile a condizione che lo stesso venga sospeso per un mese. La sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza.

E' escluso dal diritto al reddito di cittadinanza il soggetto (e non l'intero nucleo familiare) disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa, riducendo altresì nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza.

S dispone, altresì, l'esclusione dal beneficio del Rdc per i soggetti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati in via definitiva, nei 10 anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

Si prevede, inoltre, la sospensione dell'erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale.

Carta Rdc

  Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc che permette di soddisfare le esigenze previste per la carta acquisti, nonché di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per un individuo singolo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza determinato in base alla composizione del nucleo familiare, di cui all'art. 2, c. 5), nonché di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell'intermediario che ha concesso il mutuo nel caso delle integrazioni previste dal presente provvedimento per i nuclei familiari residenti in abitazione in locazione o in proprietà.

Sul punto, il Decreto interministeriale del 19 aprile 2019 , pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2019, definisce gli utilizzi della suddetta Carta.

Obblighi

L'erogazione del Reddito di cittadinanza è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale (nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali).

Taluni soggetti sono esclusi dai suddetti obblighi, come, tra gli altri, i componenti con disabilità che possono manifestare la loro disponibilità al lavoro ed essere destinatari di offerte di lavoro secondo le modalità stabilite in materia di collocamento obbligatorio. Sul punto, si fa salva la possibilità per il componente con disabilità di richiedere la volontaria adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che deve tenere conto delle condizioni specifiche dell'interessato.

Tra gli obblighi in capo al beneficiario vi è quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate). Ai fini della valutazione della congruità della distanza, rileva anche la circostanza che nel nucleo familiare siano presenti componenti con disabilità oppure figli minori. E' stato inoltre specificato che la congruità dipende anche dall'importo della retribuzione, che deve essere superiore al 10 per cento della misura massima del beneficio fruibile dal beneficiario del Rdc:

Vengono inoltre autorizzate delle spese in favore di ANPAL Servizi SpA anche al fine di selezionare figure professionali con il compito di seguire personalmente il beneficiario del Rdc nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale.

Sanzioni

Vengono previste una serie di sanzioni, graduate in base alla natura della violazione degli obblighi inerenti al riconoscimento e al godimento del RdC, prevedendo, nei casi più gravi, la pena della reclusione fino a sei anni.

Sono altresì contemplati casi che comportano la decadenza o la revoca del beneficio.

Incentivi occupazione

Sono previsti incentivi (consistenti nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore fino ad un massimo di 780 euro mensili) a favore dei datori di lavoro privati e degli enti di formazione accreditati per le assunzioni, a tempo pieno e indeterminato, di soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza, nonché in favore dei beneficiari del Rdc che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 36 mesi di fruizione del RdC.

Sono esclusi dai suddetti incentivi i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione relativi alle categorie protette.

In proposito, l'art. 8, comma 4, del D.L. 4/2019, nell'ambito di tali incentivi, ha riconosciuto ai beneficiari del Rdc un beneficio addizionale (in un'unica soluzione) corrispondente a sei mensilità di RdC (nel limite massimo di 780 euro mensili) nel caso di avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del RdC. In attuazione della citata disposizione, il DM 12 febbraio 2021 ha disciplinato le modalità di richiesta e di erogazione ai beneficiari del reddito di cittadinanza di tale beneficio addizionale.

Compatibilità

Ricorrendo determinate condizioni, il RdC è compatibile con altri aiuti già percepiti dal nucleo familiare, come la NASpI e della DIS-COLL. In linea generale, infatti, comportano un taglio dell'importo del RdC tutti i benefici già percepiti che richiedono la prova dei mezzi (il calcolo dell'ISEE o la valutazione del reddito) e che quindi aumentano il reddito disponibile del nucleo familiare. Per espressa previsione normativa, il cd bonus bebè rimane escluso dalle prestazioni che comportano la suddetta riduzione.

Rafforzamento politiche attive del lavoro e reinserimento occupazionale

Al fine di favorire il reinserimento occupazionale del beneficiario di Rdc, si prevede l'adozione di un Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, triennale e aggiornabile annualmente, di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro che individua specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del RdC.

Tale Piano è stato adottato con DM 28 giugno 2019, a seguito dell'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni

Parte delle risorse del Piano sono utilizzate da ANPAL Servizi S.p.A per consentire la stipulazione, previa procedura selettiva pubblica, di contratti con le professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del RdC, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, per la selezione, la formazione e l'equipaggiamento, nonché per la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome.

Prima delle modifiche apportate dal D.L. 101/2019, era stato sanziato un milione di euro annui dal 2019 in favore della stessa ANPAL Servizi S.p.A. per la stabilizzazione del personale a tempo determinato. Il richiamato D.L. 101/2019 conferma la misura dello stanziamento, ma destinandolo solo ad ulteriori spese di personale della società in oggetto.  

Col medesimo obiettivo di rafforzare le politiche attive del lavoro, le regioni, le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, le province e le città metropolitane (se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale), sono autorizzate ad assumere personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica, fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021, fermo restando quanto previsto legge di bilancio 2019 (che ha autorizzato le regioni ad assumere fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego).

Il suddetto Piano, tra l'altro:

§  definisce il ruolo delle figure che dovranno affiancare i beneficiari del Rdc nel reinserimento lavorativo (cd navigator), che dovranno supportare gli operatori dei Cpi svolgendo, una funzione di assistenza tecnica. In tal senso è previsto un accordo con la singola Regione che intende avvalersene in sede di convenzione bilaterale con la definizione delle azioni che si intendono realizzare e degli specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. La procedura selettiva pubblica per l'assunzione dei suddetti navigator è stata avviata con il bando pubblicato ad aprile 2019  per l'assunzione di un numero massimo di 3.000 posizioni con un contratto di collaborazione sino al 30 aprile 2021, termine prorogato al 31 dicembre 2021 dal decreto Sostegni (art. 18 D.L. 41/2021), che ha altresì disposto che il servizio prestato dai suddetti soggetti costituisce titolo di preferenza nei concorsi pubblici, compresi quelli per i centri per l'impiego, banditi dalle regioni e dagli enti ed Agenzie dipendenti dalle stesse;

§  sblocca le assunzioni, gestite dalle Regioni, per potenziare gli organici dei Cpi: 4.000 previste dalla legge di Bilancio 2019, fino a 3.000 dal 2020 e ulteriori 4.600 unità di personale dal 2021 (quest'ultima quota include la stabilizzazione delle 1.600 unità di personale reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato). A tale contingente di personale, par a 11.600 unità, vanno aggiunte le 1.600 oggetto dell'intesa del 2017 in Conferenza Unificata. Il DM 22 maggio 2020, che apporta modifiche al suddetto Piano di potenziamento, specifica che le assunzioni sono fino a 5.600 unità dal 2019, fino a 8.600 unità dal 2020 e fino a 4.600 unità dal 2021; tali limiti non vanno sommati, ma ciascuno assorbe il precedente, così che le unità di personale da assumere corrispondono alle 11.600 previste dalle richiamate norme di rango legislativo;

§  opera un rinvio ad apposite linee guida, da concordare tra Governo e autonomie territoriali, per quanto riguarda la convocazione dei percettori del Rdc presso i Cpi.

Gli oneri per il suddetto incremento delle dotazioni organiche dei centri per l'impiego per complessive 11.600 unità di personale sono stati quantificati in complessivi 464 milioni di euro a decorrere dal 2021 (cfr. articolo 1, comma 258, della L. n. 145/2018 e l'articolo 12, comma 3-bis, del D.L. n. 4/2019), a cui si aggiungono i quasi 5 mld previsti dal PNRR per le politiche attive ed il potenziamento dei CPI.

Per garantire la continuità di funzionamento dei centri per l'impiego e permettere le assunzioni previste dal suddetto Piano straordinario, finalizzate alla presa in carico dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, il decreto Sostegni-bis (art. 46, co. 1, del D.L. 73/2021) autorizza una spesa di 70 mln di euro per il 2021.

Risorse

Al fine di consentire l'attuazione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 479-481) dispone lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 suddivisi nel modo seguente:

§  35 milioni di euro per consentire la presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di cittadinanza, anche attraverso i centri di assistenza fiscale (CAF) in convenzione con l'INPS, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione delle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU) ai fini della determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), affidate ai medesimi CAF;

§  incremento di 5 milioni di euro del Fondo per gli istituiti di patronato.

Si ricorda, infine, che l'autorizzazione di spesa per l'erogazione del Reddito di cittadinanza è stata incrementata di 1.210 mln di euro per il 2021 (di cui 1.010 mln dall’art. 11 del D.L. 41/2021 e 200 mln dal presente art. 11, c. 13, del D.L. 146/2021).

 

 


 

Articolo 11, comma 15
(Norma in materia di somministrazione di lavoro)

 

 

Il comma 15 dell’articolo 11, nel testo riformulato dal Senato, proroga dal 31 dicembre 2021 al 30 settembre 2022 una norma transitoria in materia di somministrazione di lavoro, relativamente alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore. Il testo originario del decreto, invece, prevedeva l'estensione a regime della norma transitoria (con la soppressione di ogni limite temporale).

 

In base alla disposizione oggetto della rimodulazione temporale in esame[69], qualora il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore; l'esclusione di tali limiti di durata è subordinata alla condizione che l'agenzia abbia comunicato all'utilizzatore la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato tra la medesima agenzia e il lavoratore.

Si ricorda che, nella disciplina previgente rispetto a tale norma di esclusione, l'esclusione medesima già trovava applicazione, secondo l'interpretazione seguita dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17 del 31 ottobre 2018 (sempre con riferimento al caso di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato). La previsione del termine del 31 dicembre 2021 - ora oggetto di novella - avrebbe invece determinato, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l'applicazione anche per la fattispecie in oggetto del limite di durata di ventiquattro mesi (ovvero del diverso limite previsto dai contratti collettivi[70]), secondo i medesimi criteri previsti per la disciplina del contratto di lavoro a termine[71]. In base alla riformulazione della novella operata dal Senato, tale effetto ha luogo, anziché dal 1° gennaio 2022, dal 1° ottobre 2022.

 

La norma di esclusione in esame non modifica il principio[72] - che resta quindi fermo - in base al quale, per il computo del suddetto limite nei contratti di lavoro a termine, si tiene conto anche di periodi di missione a tempo determinato svolti (in regime di somministrazione) dal lavoratore presso il medesimo datore di lavoro/utilizzatore.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 11, la quale non comprende la materia di cui al comma 15 in oggetto.

 


 

Articolo 11, commi 16 e 17
(Proroga indennità lavoratori aree crisi industriale
complessa della Sicilia)

 

 

I commi 16 e 17 dell’articolo 11 prevedono che ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della Sicilia, già beneficiari nel 2020 dell’indennità pari al trattamento di mobilità in deroga prevista dalla normativa vigente, continui ad essere concessa la medesima indennità in continuità fino al 31 dicembre 2021, qualora abbiano presentato la relativa richiesta nel corso del 2020.

 

Le disposizioni in commento, con l’introduzione del comma 251-ter all’art. 1 della L. 145/2018, riconoscono la suddetta indennità - comprensiva della contribuzione figurativa e nel limite di 1,39 mln di euro per il 2021 - in continuità fino al 31 dicembre 2021 ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della Sicilia che hanno cessato di percepire la NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) nel 2020 e che hanno presentato la relativa richiesta nel corso del medesimo 2020 (commi 16, lett. a), e 17, primo periodo).

Come riportato nella Relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, la suddetta indennità è comprensiva anche degli assegni familiari, come specificato dalla Circolare INPS n. 51 del 2021 con riferimento alla medesima indennità erogata per il 2020.

Si ricorda che tale indennità era già stata riconosciuta in favore dei medesimi soggetti dal comma 251-bis della richiamata L. 145/2018 – introdotto dall’art. 1-bis del D.L. 104/2020 - limitatamente al periodo compreso tra il 14 ottobre 2020 (data di entrata in vigore della L. 126/2020 di conversione del citato D.L. 104/2020) e il 31 dicembre 2020, come specificato anche dalla citata Circolare INPS n. 51 del 2021, per una spesa massima complessiva di 7,4 mln di euro.

 

Conseguentemente, viene modificato il comma 253 della L. 145/2018, che disciplina il riparto degli oneri in conseguenza della erogazione della indennità in oggetto, a cui si fa fronte nel limite massimo delle risorse già assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’erogazione di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga (comma 16, lett. b)).

 

Agli oneri derivanti dal beneficio in esame – pari a 1,39 mln di euro per il 2021 – si fa fronte mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento del Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare denominato "Previdenza Italia" (di cui all’art. 58-bis, co. 5, del D.L. 124/2019) (comma 17, secondo periodo).

In merito alla quantificazione degli oneri – pari a 1,39 mln di euro per il 2021 - la Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame ricorda che, sulla base degli archivi INPS, i lavoratori appartenenti alle aree di crisi industriale complessa ubicate nel territorio della Sicilia che hanno presentato la domanda di cui al comma 251-bis nel 2020 sono risultati 60 unità: per essi è stato considerato un importo mensile della prestazione di 1.038 euro (comprensivo degli assegni al nucleo familiare) e una retribuzione di circa 2.700 euro.

 

Oneri ( in migliaia di euro)

Numero beneficiari

Prestazioni (compresi ANF)

Contributi figurativi

Totale

60

747,4

641,5

1.388,9

 

 


 

Articolo 11-bis
(Differimento di termini procedurali relativi ai trattamenti e assegni di integrazione salariale con causale COVID-19)

 

 

L'articolo 11-bis - inserito dal Senato - prevede un differimento di termini temporali già scaduti, relativi agli invii di dati per le prestazioni con causale COVID-19, nonché, ai fini della copertura dell'onere finanziario derivante dal differimento, la riduzione dell'autorizzazione di spesa dei trattamenti di integrazione salariale - con la medesima causale COVID-19 - per i lavoratori dipendenti agricoli a tempo indeterminato (CISOA).

Il differimento concerne i termini di decadenza scaduti tra il 31 gennaio 2021 ed il 30 settembre 2021 e relativi all'invio dei dati necessari per il conguaglio, il pagamento o il saldo dei trattamenti o assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19; il nuovo termine è posto al 31 dicembre 2021. Le domande già inviate alla data di entrata in vigore della presente disposizione e non accolte in ragione del mancato rispetto del termine già vigente sono considerate validamente presentate. Il differimento è disposto nel rispetto di un limite di spesa pari a 10 milioni di euro per il 2021; l'INPS provvede al monitoraggio finanziario ai fini del rispetto del limite di spesa.

La riduzione dell'autorizzazione di spesa dei suddetti trattamenti CISOA con causale COVID-19 è anch'essa pari a 10 milioni di euro per il 2021. La riduzione è operata (sulla base dell'andamento delle domande presentate per il trattamento CISOA) ai fini della copertura dell'onere suddetto.

Riguardo ai trattamenti ed assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19, si rinvia alla scheda relativa all'articolo 11, commi da 1 a 12.

 


 

Articolo 11-ter
(Fondo nuove competenze)

 

 

L’articolo 11-ter, introdotto dal Senato, consente di destinare le risorse previste dal Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive al Fondo nuove competenze (costituito presso l’Anpal (Agenzia per le politiche attive del lavoro), per le finalità di sostegno alla ripresa economica delle imprese nell’ambito dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale. In relazione a quanto previsto dal PNRR, vengono soppresse le disposizioni istitutive del Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL).

 

In dettaglio, la disposizione, al fine di potenziare gli interventi previsti dal PNRR, prevede che le risorse del « Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive rientranti tra quelle ammissibili dalla Commissione europea nell'ambito del programma React EU », di cui all’articolo 1, comma 324, primo periodo, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, possano essere altresì destinate a favore dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (ANPAL) per essere utilizzate per le finalità di cui all’articolo 88, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (comma 1).

La Relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, atteso che si tratta di risorse versate al bilancio dello Stato al solo fine di anticipazione e la cui copertura finanziaria è a valere sulla dotazione nazionale del programma React EU, cioè su risorse provenienti dal Bilancio comunitario la cui spesa è ammissibile fino al 31.12.2023.

 

Il Fondo di cui all’art. 1, comma 324 della l. 178/2020, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 500 milioni di euro nell'anno 2021, parte delle quali, al netto delle risorse previste per il finanziamento dell’assegno di ricollocazione di cui ai successivo commi 325 e ss.[73], pari a 233 milioni di euro, utilizzate per il programma denominato « Garanzia di occupabilità dei lavoratori»(GOL), quale programma nazionale di presa in carico finalizzata all'inserimento occupazionale, mediante l'erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro.

L’art. 88, comma 1, del dl. 34/2020, al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, riconosce, per il 2020, ai contratti collettivi - sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda – la possibilità di realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi i cui oneri (comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali) sono a carico del predetto Fondo, nel limite di 230 milioni di euro a valere sul Programma operativo nazionale “Sistemi di politiche attive per l’occupazione” (SPAO[74]).

Pertanto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’ANPAL, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, sono ridefiniti: i limiti degli oneri finanziabili a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 88, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (comunque prevedendo almeno: gli oneri relativi ai contributi previdenziali e assistenziali delle ore destinate alla formazione); le caratteristiche dei datori di lavoro che possono presentare istanza (avendo particolare attenzione a coloro che operano nei settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica e digitale); le caratteristiche dei progetti formativi. Sono soppressi il secondo e terzo periodo del comma 324 (relativi alla istituzione del Programma GOL), nonché i commi da 325 a 328 (riguardanti l’assegno di ricollocazione: cfr. sopra, la nota 1) dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178. Gli interventi previsti da queste disposizioni, inclusa l’attivazione dei servizi di cui all’articolo 3 bis del decreto legge 20 luglio 2021 n. 103 (riguardante l’attivazione di servizi per la ricollocazione professionale dei lavoratori dipendenti di aziende che siano state poste in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria o dei lavoratori che siano stati collocati in cassa integrazione guadagni per cessazione dell'attività) sono attuati nell’ambito del Programma Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), di cui all’intervento M5C1 “1.1 Politiche attive del lavoro e formazione” del Piano per la ripresa e resilienza dell’Italia, approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021 (cfr., al riguardo, il box a fine scheda) (comma 2).

Con riferimento al comma 2, la Relazione tecnica ricorda che il Programma GOL già prevede che le regioni e le province autonome attuino gli interventi di cui ai commi da 324 a 328, di cui si dispone la soppressione, nonché degli interventi di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103, a valere sulla dotazione finanziaria assegnata al Programma dal PNRR, pari a 4,4 miliardi di euro nel periodo 2021-2025.

 

Il Programma GOL si inserisce nell'ambito della Missione 5, Componente 1, del PNRR, nella sezione del Piano dedicata alle politiche del lavoro.

La finalità dell’intervento è quella di introdurre un’ampia riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati, nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili.

La riforma si struttura, appunto, in due linee di intervento:

adozione del Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), quale programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata;

adozione del Piano Nazionale Nuove Competenze, con l’obiettivo di riorganizzare la formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati, mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale.

L'individuazione delle prestazioni connesse al Programma tra quelle ammissibili al finanziamento del Programma React EU, nonché la declinazione dei medesimi a seconda della tipologia di beneficiari, sono demandate ad apposito decreto ministeriale.

Per la realizzazione del suddetto Programma, il PNRR ha messo a disposizione 4,4 miliardi di euro, a cui si aggiungono ulteriori 500 mln di euro a valere sulle risorse del Programma REACT-EU.

Sul punto, si ricorda che l'Allegato alla decisione UE dell’8 luglio 2021 precisa che l'obiettivo da raggiungere entro il quarto trimestre del 2025 è quello di coinvolgere almeno 3 milioni di beneficiari del programma GOL, di cui almeno 800 mila dovranno aver partecipato alla formazione professionale Il conseguimento soddisfacente dell'obiettivo dipende, come indicato dalla Commissione, anche dal conseguimento soddisfacente di un obiettivo secondario: almeno il 75 % dei beneficiari deve essere costituito da donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità o persone di età inferiore ai 30 o superiore ai 55 anni.

Per quanto riguarda l'attuazione della Riforma delle politiche attive prevista dal PNRR, con l'assenso, il 21 ottobre 2021, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sul riparto dei primi 880 mln di euro del Programma GOL, si è concluso l'iter avviato lo scorso 8 settembre, con la presentazione del Programma alle parti sociali,

Sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali le slide  di presentazione del Programma GOL.


 

Articolo 12, comma 1
(Norma in materia di mobilità del personale
nelle pubbliche amministrazioni)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 12 reca una modifica della disciplina[75] sulla cosiddetta mobilità volontaria dei pubblici dipendenti[76] - mobilità costituita dal passaggio diretto, su base volontaria, da un'amministrazione ad un'altra -; la modifica concerne sia la mobilità in uscita per il personale di alcuni enti locali sia la mobilità in ingresso per questi ultimi enti. La novella, in primo luogo, nel confermare che la mobilità volontaria del personale degli enti locali aventi un numero di dipendenti a tempo indeterminato non superiore a 100 è subordinata all'assenso dell'amministrazione di appartenenza, fa salva, nel rispetto della suddetta condizione, la possibilità di applicazione dell'istituto; in secondo luogo, si fa salva la possibilità della mobilità in ingresso da parte degli enti locali; entrambe le suddette possibilità, nella formulazione letterale di una recente precedente novella[77], risultavano escluse per il personale suddetto, nonché per la mobilità in ingresso da parte degli enti locali rientranti nella soglia summenzionata.

 

Si ricorda inoltre che l'articolo 3, comma 7-ter, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, ha confermato l'esclusione dell’applicazione dell'istituto della mobilità volontaria per i cinque anni successivi alla prima assegnazione del dipendente dell'ente locale[78].

Per un esame dell'istituto della mobilità volontaria, con riferimento all'applicazione agli altri enti locali e alle altre pubbliche amministrazioni, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 3, commi da 7 a 7-ter, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, nel dossier dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati relativo al testo definitivo (come convertito) del medesimo D.L[79].

 


 

Articolo 12, comma 1-bis
(Disciplina dei collocamenti fuori ruolo e dei comandi presso amministrazioni pubbliche titolari di interventi previsti nel PNRR
o nel Piano nazionale per gli investimenti complementari)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 12 - comma inserito dal Senato - concerne la disciplina dei collocamenti fuori ruolo e dei comandi di personale che, in tali posizioni, presti servizio, per qualsiasi funzione, presso le amministrazioni pubbliche titolari di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza[80] ovvero nel Piano nazionale per gli investimenti complementari[81].

 

Il comma in esame prevede - mediante il richiamo dell'articolo 9, comma 5-bis, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 - che, fino al 31 dicembre 2026: i suddetti collocamenti fuori ruolo siano obbligatori e vengano disposti, secondo le procedure degli ordinamenti di appartenenza, anche in deroga ai limiti temporali, numerici e di ogni altra natura eventualmente previsti dai medesimi ordinamenti; il servizio prestato in posizione di comando, fuori ruolo o altra analoga posizione, prevista dagli ordinamenti di appartenenza, sia equiparato a tutti gli effetti, anche giuridici e di carriera, al servizio prestato presso le amministrazioni di appartenenza (le predette posizioni, in ogni caso, non possono determinare alcun pregiudizio, anche per l'avanzamento e il relativo posizionamento nei ruoli di appartenenza); in deroga a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, il conferimento al personale in esame di qualifiche, gradi superiori o posizioni comunque diverse, da parte delle amministrazioni di appartenenza, anche quando comportino l'attribuzione di specifici incarichi direttivi, dirigenziali o valutazioni di idoneità, non richieda l'effettivo esercizio delle relative funzioni, ovvero la cessazione dal comando, fuori ruolo o altra analoga posizione, che proseguono senza soluzione di continuità; il predetto personale, durante il periodo di servizio prestato presso l'amministrazione di destinazione, sia collocato in posizione soprannumeraria nella qualifica, grado o posizione ad esso conferiti, senza pregiudizio per l'ordine di ruolo.

 


 

Articolo 12-bis
(Assunzioni di professionisti sanitari specializzandi
da parte di strutture sanitarie private accreditate)

 

 

L’articolo 12-bis - inserito dal Senato - estende alle strutture sanitarie private accreditate, appartenenti alla rete formativa della scuola di specializzazione, la possibilità temporanea, già prevista per gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di assumere a tempo determinato e con orario a tempo parziale i professionisti sanitari in corso di specializzazione e utilmente collocati in specifiche graduatorie concorsuali separate. Si ricorda che tale possibilità è ammessa in via transitoria, fino al 31 dicembre 2022. L'estensione di cui al presente articolo è disposta con limitato riferimento agli specializzandi che svolgano l'attività formativa presso le medesime strutture private accreditate che procedano all'assunzione.

 

Più in particolare, la disciplina oggetto delle novelle di cui al presente articolo 12-bis prevede[82], in primo luogo, che i medici, i veterinari, gli odontoiatri, i biologi, i chimici, i farmacisti, i fisici e gli psicologi, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica a cui siano regolarmente iscritti, possano partecipare alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza pubblica del ruolo sanitario concernenti la specifica disciplina oggetto del corso[83]; tali soggetti, se risultati idonei, sono collocati in graduatoria separata. L'eventuale assunzione a tempo indeterminato dei medesimi è in ogni caso subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione ed all'esaurimento della graduatoria dei soggetti già specialisti alla data di scadenza del bando.

In secondo luogo, la disciplina oggetto delle novelle consente, a determinate condizioni e in via transitoria, fino al 31 dicembre 2022, l'assunzione, con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato e con orario a tempo parziale, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, dei professionisti in formazione specialistica utilmente collocati nelle suddette graduatorie separate, con successivo inquadramento, a decorrere dalla data del conseguimento del titolo di formazione specialistica, a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale[84]. Come detto, la novella di cui al presente articolo 12-bis prevede l'estensione dell'ambito di applicazione della possibilità di assunzione a termine e a tempo parziale alle strutture sanitarie private accreditate, facenti parte della rete formativa della specializzazione in oggetto e limitatamente agli specializzandi che svolgano l'attività formativa presso le medesime strutture.

Più in particolare, i contratti di lavoro a tempo determinato in esame possono essere stipulati nei limiti delle disponibilità di bilancio dell'ente o azienda e nei limiti di spesa per il personale vigenti, sempre che sussistano le condizioni - inerenti anche alla mancanza di altre risorse umane - poste dall’articolo 1, comma 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145[85], e fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, relativamente al possesso del titolo di formazione specialistica.

La definizione - per i soggetti interessati dai summenzionati rapporti di lavoro a tempo determinato - delle modalità di svolgimento della formazione specialistica - la quale prosegue a tempo parziale - e delle attività formative (teoriche e pratiche) previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria è demandata a specifici accordi tra le regioni o le province autonome e le università interessate, conclusi sulla base di un accordo quadro, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le assunzioni devono essere effettuate in ogni caso nell’ambito delle strutture accreditate della rete formativa e l'attività dei soggetti così assunti deve essere coerente con il progetto formativo deliberato dal consiglio della scuola di specializzazione.

Si ricorda che, secondo i princìpi posti dalla disciplina legislativa in oggetto, la formazione teorica è svolta presso le università e quella pratica presso l’ente o azienda d’inquadramento (purché accreditato ai fini della formazione specialistica).

Il contratto non può avere durata superiore a quella residua del corso di formazione specialistica, fatti salvi i periodi di sospensione previsti dalla disciplina per determinate fattispecie di impedimento (servizio militare, gravidanza o malattia), e può essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi (mentre l’interruzione definitiva del percorso di formazione comporta la risoluzione automatica del contratto di lavoro). Gli specializzandi assunti a termine sono inquadrati con qualifica dirigenziale e al loro trattamento economico, proporzionato alla prestazione lavorativa resa e commisurato alle attività assistenziali svolte, si applicano le disposizioni del contratto collettivo nazionale della dirigenza in oggetto del Servizio sanitario nazionale (il trattamento, qualora sia inferiore a quello già previsto dal contratto di formazione specialistica, è rideterminato in misura pari a quest’ultimo); la novella di cui al presente articolo 12-bis specifica che, nel caso di assunzione a termine presso le strutture sanitarie private oggetto della novella medesima, il trattamento è determinato in base al rispettivo contratto collettivo nazionale di lavoro (relativo ai dirigenti). Gli specializzandi assunti a termine svolgono attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e di autonomia raggiunto e correlato all’ordinamento didattico di corso, alle attività professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all’anno di corso di studi superato. I soggetti in esame sono poi inquadrati, a decorrere dalla data del conseguimento del relativo titolo di formazione specialistica, a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ferma restando la condizione dell'esaurimento della graduatoria dei soggetti già specialisti alla data di scadenza del bando (bando in relazione al quale lo specializzando era stato inserito nella graduatoria separata). Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del conseguimento del titolo di formazione specialistica per i soggetti assunti a termine presso le strutture private oggetto della presente novella.

 

 


 

Articolo 12-ter
(Assegni assistenziali di invalidità civile)

 

 

L'articolo 12-ter - inserito dal Senato - reca una norma di interpretazione autentica (avente, quindi, effetto retroattivo) in materia di assegni assistenziali di invalidità civile.

 

L'intervento chiarisce che il requisito dell'inattività lavorativa, stabilito dalla normativa relativa al suddetto trattamento, si intende in ogni caso soddisfatto qualora il reddito derivante dall'eventuale attività lavorativa del soggetto non determini il superamento del limite di reddito individuale previsto per il riconoscimento del trattamento medesimo (limite pari nel 2021 a 4.931,29 euro)[86].

L'intervento è inteso a superare l'indirizzo interpretativo seguito da una pluralità di sentenze della Corte di cassazione e recepito poi dall'INPS, indirizzo secondo il quale l'inattività lavorativa deve essere totale ai fini del riconoscimento del trattamento in esame.

 

Si ricorda che l'assegno assistenziale in esame è riconosciuto (per i soggetti maggiorenni che non abbiano il requisito anagrafico per l'assegno sociale) in presenza di una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 74 per cento e il 99 per cento[87]. Nel 2021 la misura dell'assegno mensile è pari a 287,09 (per tredici mensilità).

 


 

Articolo 12-quater
(Incremento della dotazione organica
dell’Accademia nazionale dei Lincei)

 

 

L’articolo 12-quater, introdotto dal Senato, autorizza l’Accademia nazionale dei Lincei a bandire procedure concorsuali pubbliche per l’assunzione di 5 unità di personale non dirigenziale, con corrispondente incremento della dotazione organica.

 

Preliminarmente, si ricorda che, in base allo statuto, l’Accademia nazionale dei Lincei – che è sottoposta alla vigilanza del Ministero (ora) della cultura – è un’istituzione di alta cultura che ha lo scopo di promuovere, coordinare, integrare e diffondere le conoscenze scientifiche nelle loro più elevate espressioni.

L’Accademia si compone di due Classi:

§  Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali;

§  Scienze Morali, Storiche e Filologiche.

 

In particolare, l’articolo 12-quater, al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza volte a garantire la continuità e lo sviluppo delle attività istituzionali in relazione agli effettivi fabbisogni, autorizza l’Accademia nazionale dei Lincei a bandire procedure concorsuali pubbliche per il biennio 2022-2023 per l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente[88] e con corrispondente incremento della dotazione organica, di un contingente di personale non dirigenziale pari a 5 unità, di cui 3 di area C, posizione economica C1, e 2 di area B, posizione economica B1.

 

In base al Regolamento interno dell’Accademia nazionale dei Lincei, approvato con delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 93 del 15 giugno 2011, in applicazione dell’art. 3 del DPR 232/2010, la vigente pianta organica prevede 2 dirigenti e 50 unità di personale delle Aree (in particolare, 35 unità per l’Area C – di cui 11 per la qualifica C1 - e 15 unità per l’Area B – di cui 7 per la qualifica B1).

 

Per l’espletamento delle procedure concorsuali, è autorizzata una spesa pari ad € 58.000, a cui si provvede nei limiti delle risorse disponibili presenti nel bilancio dell’Accademia nazionale dei Lincei.

Agli oneri assunzionali, invece, quantificati in € 124.274 per il 2022 e € 248.548 annui a decorrere dal 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, di cui all’art. 1, co. 200, della L. 190/2014.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 405, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) aveva autorizzato l’Accademia nazionale dei Lincei, nel triennio 2019-2021, per le medesime finalità indicate dalla disposizione in commento, ad effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato da inquadrare nella qualifica B1 e nella qualifica C1 - in quel caso, fino a copertura dei posti disponibili nella pianta organica - autorizzando a tal fine una spesa di € 203.855 per il 2019, € 340.598 per il 2020 ed € 426.377 annui dal 2021.


 

Articolo 12-quinquies
(Disposizioni in favore dei lavoratori con disturbo dello spettro autistico e dei relativi datori di lavoro e Norme in favore
delle
start-up a vocazione sociale)

 

 

L’articolo 12-quinquies - inserito dal Senato - prevede: alcuni benefici fiscali per le imprese che impieghino lavoratori con disturbi dello spettro autistico e che rientrino in determinate condizioni (comma 1); l'esclusione dalla base imponibile fiscale e contributiva della retribuzione dei lavoratori con disturbi dello spettro autistico alle dipendenze delle suddette imprese, senza il riconoscimento dell'accredito figurativo per la quota di contribuzione non dovuta (comma 2)[89]; ulteriori benefici fiscali, relativi alle start-up a vocazione sociale (comma 3); uno sgravio contributivo temporaneo in favore di qualsiasi datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze, a tempo indeterminato, lavoratori con disturbi dello spettro autistico (comma 5); una riduzione - ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni in esame - della dotazione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (comma 6). L'efficacia di alcuni dei suddetti benefici è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea (comma 4).

 

In particolare, il comma 1 prevede che le imprese, residenti in Italia[90] e costituite da non più di 60 mesi, che impieghino per un periodo non inferiore ad un anno, come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in una proporzione uguale o superiore ai due terzi della forza lavoro complessiva, lavoratori con disturbi dello spettro autistico ed esercitino attività di impresa al fine dell'inserimento lavorativo di persone aventi i suddetti disturbi siano qualificate start-up a vocazione sociale ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221. Quest'ultimo definisce come start-up a vocazione sociale le start-up innovative[91] operanti come impresa sociale[92].

Riguardo ai soggetti con disturbi dello spettro autistico, il presente comma 1 richiama la L. 18 agosto 2015, n. 134, la quale, a sua volta, fa riferimento alle determinazioni della Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali sulle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico[93].

In merito alla disciplina delle start-up, si ricorda che l'articolo 29, commi 1, 4, 7 e 7-bis, del suddetto D.L. n. 179, e successive modificazioni, prevede: il beneficio di una detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche pari al 30 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più start-up (innovative o a vocazione sociale), direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente nelle suddette start-up; la deduzione dal reddito dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start-up innovative, del 30 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più delle start-up, direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investano prevalentemente nelle start-up.

Sempre sotto il profilo fiscale, il comma 3 del presente articolo 12-quinquies prevede, con riferimento alle start-up a vocazione sociale, che gli utili di esercizio derivanti dall'attività di impresa non siano imponibili ai fini delle imposte sul reddito e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per i cinque esercizi successivi alla data di inizio di attività. La formulazione letterale del presente comma 3 concerne in generale le start-up a vocazione sociale, mentre la relazione tecnica allegata all'emendamento 1.9000[94] fa riferimento, al riguardo, esclusivamente alle start-up a vocazione sociale di cui al precedente comma 1. Si valuti l'opportunità di un chiarimento. L'applicazione del beneficio di cui al comma 3 è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea (comma 4).

Il comma 2 del medesimo articolo definisce una serie di benefici, relativamente ai lavoratori con disturbi dello spettro autistico, assunti dalle specifiche start-up a vocazione sociale di cui al precedente comma 1.

Si prevede che:

§  la retribuzione così percepita non concorra alla formazione del reddito imponibile complessivo (del lavoratore medesimo), sia ai fini fiscali sia ai fini contributivi (l'applicazione di tale beneficio, ai sensi del successivo comma 4, è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea). Con riferimento allo sgravio contributivo suddetto, non viene riconosciuto l'accredito figurativo ai fini pensionistici[95];

§  sia sospesa per il periodo del rapporto di lavoro l'erogazione dell'eventuale assegno o pensione di invalidità civile (trattamenti di natura assistenziale).

Si pongono inoltre alcune disposizioni per l'attuazione di tali princìpi e si demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità attuative del presente comma.

Quest'ultimo specifica inoltre che la retribuzione di ogni lavoratore assunto da una qualsiasi start-up a vocazione sociale non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile e che la medesima retribuzione può essere integrata da una parte variabile, consistente in trattamenti collegati a obiettivi o parametri di rendimento concordati tra le parti.

Il comma 5 prevede, in favore di qualsiasi datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze, a tempo indeterminato, un lavoratore con disturbi dello spettro autistico, uno sgravio - su domanda e mediante conguaglio nelle denunce contributive - per un periodo di trentasei mesi e nella misura del 70 per cento della relativa retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali. Si demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità attuative del presente comma.

Il comma 6 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo e alla relativa copertura finanziaria; gli oneri sono valutati pari a 5,22 milioni di euro per il 2022, 6,69 milioni per il 2023, 8,37 milioni per il 2024, 8,42 milioni per il 2025, 10,85 milioni per il 2026, 11,95 milioni per il 2027, 14,06 milioni per il 2028, 14,16 milioni per il 2029, 14,25 milioni per il 2030 e 14,33 milioni annui a decorrere dal 2031. Ai fini della copertura, si dispone una riduzione, negli importi corrispondenti, del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all'articolo 13 della L. 12 marzo 1999, n. 68, e successive modificazioni.


 

Articoli 13 e 13-bis
(Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro)

 

 

L’articolo 13, modificato dal Senato, interviene su alcune disposizioni del decreto legislativo 81/2008, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e il coordinamento dei soggetti che devono presidiare il rispetto delle norme di prevenzione. Sono, infatti, previste disposizioni che ampliano le competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), i cui organici vengono rinforzati (1024 unità aggiuntive) e la cui attività è coordinata con le ASL, a livello provinciale, e rafforzano il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Inoltre, al fine di rafforzare l’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale e sicurezza sui luoghi di lavoro, si dispone un incremento di 90 unità, in soprannumero rispetto all’organico attuale, a decorrere dal 1° gennaio 2022, del contingente di personale dell’Arma dei carabinieri. L’articolo 13-bis, introdotto dal Senato, reca, inoltre, specifiche disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro nell’ambito delle Istituzioni scolastiche.

 

La disposizione, al comma 1, modifica gli artt. 7, 8, 13, 14, 51 e 99 (lettere da a) ad f)) e sostituisce l’Allegato 1 (lett. g) del D.Lgs. 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

In particolare:

all’articolo 7, che istituisce il comitato regionale di coordinamento presso ogni regione e provincia autonoma, precisa che il suddetto comitato “si riunisce almeno due volte l’anno e può essere convocato anche su richiesta dell’ufficio territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro” (lett. a), che introduce il comma 1-bis).

 

Si ricorda che il Comitato regionale si coordina con la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, istituito presso il Ministero della salute.

 

all’articolo 8, che istituisce il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro, al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza, si prevede:

§  che il SINP fornisca dati non più al fine di indirizzare le attività di vigilanza, ma al fine di programmare e valutare - anche ai fini del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale – le suddette attività. Inoltre, si prevede che gli organi di vigilanza alimentano un’apposita sezione del Sistema informativo dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito della vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (lett. b), n. 1 che modifica il comma 1);

§  che il SINP sia costituito, oltre che dai soggetti attualmente previsti - ossia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'interno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’INAIL, con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) - anche dal Ministero della salute, dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, dall’INPS e dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Vengono contestualmente eliminati i riferimenti ad IPSEMA e ISPELS, le cui funzioni sono ora attribuite all’INAIL. Si prevede, altresì, che ulteriori amministrazioni potranno essere individuate come partecipanti al SINP con successivi decreti (lett. b),n.2, che modifica il comma 2);

§  che l’INAIL garantisca le funzioni occorrenti alla gestione tecnica ed informatica del SINP e al suo sviluppo[96], e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati secondo quanto previsto dal  codice in materia di dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (laddove si prevedeva che “l'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati). L’INAIL rende disponibili ai Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali, per l’ambito territoriale di competenza, e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate, agli infortuni denunciati, ivi compresi quelli sotto la soglia di indennizzabilità, e alle malattie professionali denunciate (lett. b),n. 3, che modifica il comma 3);

§  il concerto del Ministro della salute e del Ministro per l’innovazione tecnologica nel decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione[97], nell’ambito del quale vengono definite le regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonché le regole per il trattamento dei dati, mentre si abroga il riferimento al termine di 180 giorni per l’emanazione del predetto decreto al quale si rinvia genericamente per la definizione dei criteri(lett. b), n. 4, che modifica il comma 4);

§  che, per l’attività di coordinamento e sviluppo del SINP, è ridefinita la composizione del Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del SINP[98], da stabilire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame (lett. b), n. 5, che inserisce il comma 4-bis);

§  che la partecipazione periodica delle parti sociali al Sistema informativo, già attualmente contemplata dalla disposizione, avviene attraverso la periodica consultazione in ordine a tutti i flussi informativi di cui al comma 6 e non ad una parte di essi soltanto, come originariamente previsto[99] (lett. b), n. 6, che sostituisce il comma 5);

 

La lettera c), interviene sull’articolo 13, in materia di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, affidata, in linea generale, alle ASL competenti per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In dettaglio:

§  la competenza generale delle ASL è affiancata dalla competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro (lett. c), n. 1, che modifica il comma 1);

§  il comma 2 è abrogato: esso prevedeva specifiche competenze, in materia di vigilanza, del personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali[100](lett. c), n. 2);;

§  ferma restando l’originaria previsione secondo la quale la vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7 del d.lgs 81/2008, si prevede che a livello provinciale, le aziende sanitarie locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuovono e coordinano sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo. Sono adottate le conseguenti modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 2007, recante “Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro”[101] (lett. c), n. 3, che sostituisce interamente il comma 4);

 

L’articolo 5 del citato D.Lgs 81/2008 prevede che il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza; l’articolo 7 rinvia all’art. 64 del dpr n.303 del 1956, in base al quale gli ispettori del lavoro hanno facoltà di visitare, in qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro e le relative dipendenze, di sottoporre a visita medica il personale occupato, di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi, e altresì di chiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in esse comprese quelle sui processi di lavorazione. Inoltre, essi hanno facoltà di prendere visione, presso gli ospedali ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali e devono mantenere il segreto sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.

 

§  si dispone l’adeguamento alla nuova competenza in materia di vigilanza stabilita dalle modifiche introdotte al comma 1 dell’art. 13 in capo all’Ispettorato del Lavoro (v. sopra) della disposizione che regola l’afflusso - a valere sull'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. - delle somme che l'ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa per la violazione di norme contravvenzionali in materia di sicurezza sul lavoro (lett. c), n. 4, che modifica il comma 6);

    La Relazione tecnica al provvedimento certifica, con riferimento a tale disposizione, che gli importi mediamente introitati a seguito delle prescrizioni obbligatorie emanate dal personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro ammontano mediamente a circa 10.400.000 euro annui (nel 2019 euro 13.445.594, nel 2020 euro 7.423.543).

 

§  si prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro presenti, entro il 30 giugno di ogni anno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la trasmissione al Parlamento, una relazione analitica sull’attività svolta in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e che dia conto dei risultati conseguiti nei diversi settori produttivi e delle prospettive di sviluppo, programmazione ed efficacia dell’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro (lett. c), n. 5, che introduce il comma 7-bis).

 

 

Le lettere d) e g) sostituiscono, rispettivamente, l’articolo 14 e l’Allegato I al D.Lgs. 81/2008: esse sono oggetto di numerose proposte di modifica, presentate in sede referente, di cui si darà conto partitamente nel corso del commento.

 

L’art. 14, in particolare, nella formulazione attuale, reca “disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” e prevedeva che, al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali potessero adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni, qualora avessero riscontrato l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

L'adozione del provvedimento di sospensione era comunicata all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche.

 

Il nuovo testo dell’art. 14, di cui alla lett. d) del comma 1, si riferisce ai “provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”, per cui l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero (secondo la modifica apportata dal Senato) inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di  tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I del D.Lgs. 81/2008, come modificato dall’articolo in commento (sul quale cfr, infra).

Restano ferme, in tal caso, le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare.

L’art. 20, infatti, allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, prevede che l'organo di vigilanza impartisca al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Ai sensi dell’art. 21, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

 

Il Senato inserisce, altresì, un ulteriore periodo, successivo al primo, nel quale, con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro, competente per territorio, da parte del committente, mediante sms o posta elettronica[102]. In caso di violazione degli obblighi si applica la sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, prevista in caso di inosservanza delle norme di legge o di contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative in sede di ispezione presso i luoghi di lavoro.

 

Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’Allegato I (rispettivamente, fattispecie di “Mancata formazione ed addestramento” e di “Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall'alto”) e può essere accompagnato da specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.

L’Ispettorato nazionale del lavoro adotta tali provvedimenti per il tramite del proprio personale ispettivo nell’immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale.

Inoltre, detti provvedimenti, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa[103].

I poteri relativi alla emanazione di provvedimenti di sospensione spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell’ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.

Avverso i provvedimenti adottati per l’impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia (come recita la modifica del Senato).

In caso di non ottemperanza al provvedimento di sospensione, il datore di lavoro è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e  della  sicurezza  sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da  2.500  a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

L’emissione del decreto di archiviazione[104] comporta la decadenza dei provvedimenti di cui sopra, fermo restando, ai fini della verifica dell’ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d) (commi 1,3, 4, 8 ,14, 15 e 16 del nuovo art. 14).

Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti così come definite dal Codice dei contratti pubblici (secondo quanto previsto dal Senato) e, a tal fine, il provvedimento di sospensione è comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nonché al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, perché quest’ultimo possa adottare il suddetto provvedimento interdittivo. Il datore di lavoro, in base ad una ulteriore modifica del Senato, è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione (comma 2 del nuovo art. 14).

I provvedimenti sin qui richiamati soggiacciono all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (comma 5 del nuovo art. 14).

In forza del quale “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato…” e che “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria”.

 

In materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, sul riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni. In particolare, alla luce della competenza esclusiva dei Vigili del Fuoco in materia di prevenzione incendi[105], trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (commi 6 e 7 del nuovo art. 14).

 

L’art. 16. prevede, in particolare, procedure di prevenzione incendi, che sono avviate dai comandi competenti per territorio su iniziativa dei titolari delle attività pericolose ai fini della prevenzione incendi (individuate con D.P.R.). I comandi provvedono all'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti; all'acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attività; all'effettuazione di controlli attraverso visite tecniche; all'istruttoria dei progetti in deroga all'integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi; all'acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio. L’art. 19 si occupa della vigilanza ispettiva, che spetta al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria e riguarda l'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati nonché nei luoghi di lavoro. La vigilanza ispettiva si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. L’art. 20 disciplina, infine, la materia delle sanzioni penali e della sospensione dell'attività.

 

Condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione da parte dell’amministrazione che lo ha adottato sono:

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;

b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’Allegato I;

d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari;

e) nelle ipotesi di cui all’Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie.

Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione. Le stesse somme, inoltre, integrano, in funzione dell’amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro o l’apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.[106]

Su istanza di parte, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato.

È comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti (commi 9-13 del nuovo art. 14).

 

Dopo la lett. d) del comma 1, il Senato ha introdotto le lettere da d-bis) a d-quinquies, con le quali si modificano gli artt. 18, 19, 26, 37, del D.Lgs. 81/2008. Tali disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica

In dettaglio:

§  si prevede, tra gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, l’obbligo ulteriore di individuare il preposto o preposti per l'effettuazione delle attività di vigilanza, con possibilità, per i contratti e gli accordi collettivi di lavoro di stabilire l'emolumento ad essi spettante. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività (lett. d-bis, che inserisce la lett. b-bis) all’art. 18, comma 1);

§  si prevede, tra le competenze dei preposti, di sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti; in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate (lett. d-ter, che sostituisce la lett. a) e introduce la lett. f-bis), all’art. 19, comma 1);

§  con riferimento agli obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione, i datori di lavoro appaltatori e subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto (lett. d-quater, che introduce il comma 8-bis all’art. 26);

§  circa la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, si dispone che: in materia di salute e sicurezza del lavoro[107], entro il 30 giugno 2022 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adotti un Accordo nel quale provveda all'accorpamento, rivisitazione e modifica degli Accordi attuativi del presente decreto legislativo in materia di formazione in modo da garantire:

a) l'individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;

b) l'individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di quelle delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa (lett. d-quinquies, che modifica il comma 2 dell’art. 37);

l'addestramento consista nella prova pratica, nel caso dell'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale e nella esercitazione applicata nel caso delle procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati dovranno essere tracciati in apposito registro anche informatizzato (lett. d-quinquies, che modifica il comma 5 dell’art. 37);

il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti lett. d-quinquies, che modifica il comma 7 dell’art. 37);

per assicurare l'adeguatezza e la specificità della formazione nonché l'aggiornamento periodico dei preposti, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute, con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi. (lett. d-quinquies, che introduce il comma 7-ter, all’art. 37);

 

Con riferimento alla sostituzione dell’Allegato I al D.Lgs. 81/2008, di cui alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 13, che contempla le fattispecie di violazione ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 14, comma 1, si è già detto delle disposizioni del nuovo testo dell’articolo 14 nelle quali l’Allegato I è richiamato (cfr. sopra).

In generale, l’Allegato I presenta, rispetto all’Allegato I sostituito, una ulteriore colonna che riporta l’importo delle somme aggiuntive a carico del datore di lavoro sanzionato, condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'amministrazione che lo ha adottato. Il Senato ha modificato l'Allegato I, dopo il punto 12, inserendo il punto 12-bis, che contempla una ulteriore fattispecie di violazione: la mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all'amianto, con una ammenda pari a 3 mila euro. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica;

 

La lettera e), modifica l’art. 51 del D.Lgs. 81/2008, che disciplina gli organismi paritetici a livello territoriale, costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate, tra l’altro, per la programmazione di attività formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici. Si prevede, in particolare, che il Ministero del lavoro istituisca il repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi, sentite le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza (in base al testo approvato dal Senato), entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame (lett. e), n. 1, che introduce il comma 1-bis all’art. 51); viene, inoltre, sostituito il comma 8-bis con i nuovi commi 8-bis e 8-ter[108] ((lett. e), n. 2), prevedendo che gli organismi paritetici comunicano, nel rispetto delle disposizioni di cui al GDPR UE/2016/679[109] (in base alla modifica approvata dal Senato) annualmente all’Ispettorato nazionale del lavoro e all’INAIL i dati relativi

    a) alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e a quelle che hanno svolto l’attività di formazione organizzata dagli stessi organismi;

    b) ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali;

    c) al rilascio delle asseverazioni di cui al comma 3-bis[110] ( nuovo comma 8-bis).

La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica.

Il comma 8-ter, introdotto dalla disposizione, prevede, infine, che i dati di cui al comma 8-bis siano utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro e di criteri di premialità nell’ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell’INAIL. Sempre secondo quanto approvato dal Senato, per la definizione dei criteri su richiamati si terrà conto del fatto che le imprese facenti parte degli Organismi Paritetici aderiscono ad un sistema paritetico volontario che ha come obiettivo primario la prevenzione sul luogo di lavoro. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica.

 

Dopo la lettera e), il Senato ha introdotto le lettere da e-bis a e-sexies, che modificano gli artt. 52, 55, 56, 79 e 99 del D.Lgs. 81/2008. In particolare:

 

§  la lett. e-bis), modifica l'articolo 52, comma 3. In base alla novella, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 30 giugno 2022 (e non entro il 31 dicembre 2009, come attualmente previsto), sono definiti le modalità di funzionamento e di articolazione settoriale e territoriale del Fondo di sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità, i criteri di riparto delle risorse tra le finalità nonché il relativo procedimento amministrativo e contabile di alimentazione e la composizione e le funzioni del comitato amministratore del fondo. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica.

§  la lett. e-ter), con riferimento alle sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente, modifica l’art. 55: disponendo la punizione con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro per la violazione, tra le altre disposizioni, dell’art. 18, comma 7-ter introdotto dalla precedente lett. d-quinquies; sostituendo la lett. d) e prevedendo l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere a), b-bis), d) e z) prima parte, e 26, commi 2, 3, primo periodo ed 8-bis);

§  la lett. e-quater), circa le sanzioni per il preposto, modifica l’art. 56, aggiungendo il riferimento alla lett. f-bis dell’art. 19, cui si applicano, in caso di violazioni, le disposizioni che prevedono l'arresto fino a due mesi o l'ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro;

§  la lett. e-quinquies), prevede, all'articolo 79, comma 2-bis, con riferimento all’uso dei dispositivi di protezione individuali, che le norme di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 2 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1° giugno 2001, operative fino alla adozione del decreto che dovrà individuare i criteri per l’individuazione e l’uso dei sitemi di protezione individuale debba intendersi aggiornato con le edizioni delle norme UNI[111] più recenti». La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica.

§  la lett. e-sexies precisa il contenuto della lett. f), che inserisce il comma 1-bis, all’articolo 99: in base alle due disposizioni, i soggetti destinatari della notifica preliminare, trasmessa dal committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei lavori, e cioè l'azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro nonché, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto territorialmente competenti, la trasmettono alla cassa edile territorialmente competente. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, secondo la Relazione tecnica. Le comunicazioni di cui al comma 1 dell’art. 99[112] alimentano una apposita banca dati istituita presso l’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma l’interoperabilità con le banche dati esistenti. Con decreto del direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro sono individuate le modalità tecniche, la data di effettivo avvio dell’alimentazione della banca dati e le modalità di condivisione delle informazioni con le Pubbliche Amministrazioni interessate.

 

Quanto alla istituzione della banca dati prevista al comma 1 lett. f), che modifica l’art. 99 del D.Lgs 81/2008, la Relazione tecnica certifica che i relativi costi sono stati calcolati prendendo a riferimento analoghe banche dati già avviate e gestite dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Il costo, pari ad euro 1.500.000, è relativo al solo anno 2022, mentre la relativa manutenzione sarà a carico del bilancio dell’Ispettorato.

 

Il Senato ha introdotto il comma 1-bis, con il quale, modificando l’art. 14, comma 1, lett. d) del dl 145/2013, si dispone che le somme di cui all’art. 14, comma 9, lett. d) ed e) del D.Lgs. 81/2008, (introdotto dal comma 1, lett. d) dell’articolo in esame: v. sopra), sono destinate a rafforzare l'attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, nella misura del trenta per cento dell'importo delle sanzioni amministrative in materia di lavoro irregolare.

Il comma 2 dell’art. 13, autorizza l’Ispettorato nazionale del lavoro, in funzione dell’ampliamento delle competenze di cui al comma 1, lettera c), numero 1), per il biennio 2021-2022, a bandire procedure concorsuali pubbliche e, conseguentemente, ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e con corrispondente incremento della vigente dotazione organica, un contingente di personale ispettivo pari a 1.024 unità da inquadrare nell'Area terza, posizione economica F1, del CCNL comparto Funzioni Centrali. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 22.164.286 per il 2022 e di euro 44.328.571 a decorrere dal 2023 in relazione alle assunzioni suddette, nonché di euro 9.106.800 per il 2022 e di euro 6.456.800 a decorrere dal 2023 per le spese di funzionamento connesse alle medesime assunzioni, nonché di euro 1.500.000 per il 2022 in relazione alle spese relative allo svolgimento e alla gestione dei concorsi pubblici. Secondo quanto previsto dal Senato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall'effetto del provvedimento di sospensione (secondo la Relazione tecnica si tratta di disposizione meramente ricognitiva di principi già applicabili a legislazione vigente, che quindi non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica).

 

La quantificazione degli oneri assunzionali è stata effettuata dalla Relazione tecnica allegata al provvedimento sulla base della seguente retribuzione pro capite (a lordo degli oneri riflessi a carico dell’Ispettorato):

 

Quanto alle maggiori spese di funzionamento collegate all’assunzione del nuovo contingente di personale, si fa presente che l’Ispettorato dovrà sostenere per le proprie strutture e uffici:

oneri di diretta imputazione: per interventi formativi e di addestramento obbligatori, per missioni e trasferte a fronte delle ispezioni riguardanti la vigilanza lavoristica di prevenzione e contrasto agli illeciti, per l’equipaggiamento necessario allo svolgimento di specifiche attività (ad esempio: mute, elmetti, maschere antigas, zaini, palette per segnalazioni, ecc.), per assicurare un servizio di noleggio di autovetture e furgoni senza conducente, per giorni non continuativi, in tutte le provincie del territorio nazionale italiano, finalizzato alle attività di polizia giudiziaria, per l’acquisto di personal computer, terminali (comprensivi delle periferiche di base, tastiera, mouse e del software di base necessario per il loro funzionamento), per la telefonia mobile;

oneri comuni: energia elettrica, acqua, gas, spese di condominio, spese di locazione passiva di beni immobili, mobili e arredi, licenze d'uso per software, noleggi di impianti e macchinari, manutenzione ordinaria e riparazioni di mobili e arredi, manutenzione ordinaria e riparazioni di impianti e macchinari, manutenzione ordinaria e riparazioni di macchine per ufficio, manutenzione ordinaria e riparazioni di beni immobili.

Alle suddette spese di funzionamento degli uffici dell’I.N.L. vanno aggiunte le spese per l’acquisto di beni e servizi legate all’equipaggiamento delle nuove unità di personale necessari per lo svolgimento dell’attività di vigilanza da parte del medesimo personale.

 

Il comma 3, al fine di rafforzare l’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale e sicurezza sui luoghi di lavoro, dispone un incremento di 90 unità in soprannumero rispetto all’organico attuale, a decorrere dal 1° gennaio 2022, del contingente di personale dell’Arma dei carabinieri, di cui all’articolo 826, comma 1, del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Ai sensi di tale articolo, per i servizi di vigilanza per l'applicazione delle leggi sul lavoro, sulla previdenza e sull'assistenza sociale, sono assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali militari dell'Arma dei carabinieri, per un contingente complessivo di 570 unità in soprannumero ai ruoli organici dei rispettivi gradi o ruoli.

 

Di conseguenza, il comma 4 provvede ad aggiornare il numero del contingente in sovrannumero previsto dall’articolo 826, comma 1, portandolo da 570 a 660 unità.

Ai sensi del comma 5, l’Arma dei carabinieri è autorizzata ad assumere, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, un corrispondente numero di unità di personale, ripartite in 45 unità del ruolo ispettori e in 45 unità del ruolo appuntati e carabinieri, a decorrere dal 1° settembre 2022. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 658.288 per l’anno 2022, euro 3.756.018 per l’anno 2023, euro 4.328.623 per l’anno 2024, euro 4.544.998 per l’anno 2025, euro 4.595.330 per l’anno 2026, euro 4.668.246 per l’anno 2027, euro 4.713.412 per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, euro 4.766.424 per l’anno 2032 e euro 4.846.170 annui a decorrere dall’anno 2033.

A questo proposito, la Relazione tecnica al provvedimento rappresenta che i suddetti oneri tengono conto degli effetti legati alla tornata contrattuale 2019- 2021(pari ad un incremento medio del 4,26%).

 

Infine, il comma 6 quantifica gli oneri complessivi dell’articolo 13 in 45.329.374 euro per l’anno 2022, 64.941.389 euro per l’anno 2023,  65.513.994 euro per l’anno 2024, 65.730.369 euro per l’anno 2025, 65.780.701 euro per l’anno 2026, 65.853.617 euro per l’anno 2027, 65.898.783 euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 65.951.795 euro per l’anno 2032 e 66.031.541 euro annui a decorrere dall’anno  2033, con copertura a valere sull’articolo 17.

 

Il Senato ha introdotto, infine, l’articolo 13-bis, che modifica l’art. 18 del D.Lgs. 81/2008 (recante disposizioni in materia di obblighi del datore di lavoro e del dirigente), disponendo specifiche misure per le Istituzioni scolastiche.

In particolare, è prevista la esenzione dei I Dirigenti delle Istituzioni Scolastiche da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione di cui al comma 3, dell’art. 18 medesimo, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

Si precisa, in ogni caso, che gli interventi relativi all'installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle Istituzioni Scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle Istituzioni Scolastiche restano a carico dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Qualora i Dirigenti, sulla base della valutazione svolta, con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l'utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l'evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza e in tali casi non si applicano i seguenti articoli del codice penale: 331 (Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità), 340 (Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità) e 658 (Procurato allarme presso l'autorità (comma 1).

Per le sedi delle Istituzioni Scolastiche, la valutazione dei rischi strutturali degli edifici e l'individuazione delle misure necessarie a prevenirli sono di esclusiva competenza dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il documento di valutazione di cui al comma 2 dell’art. 18, è redatto dal datore di lavoro congiuntamente all'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con proprio decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, stabilisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici (comma 2).

 

Secondo la Relazione tecnica, la disposizione ha carattere ordinamentale e, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 14, commi 1-4
(Disposizioni urgenti per l’adempimento di obblighi internazionali e per la liquidazione degli enti dipendenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

 

 

L’articolo 14, comma 1, prevede l’erogazione, dal 2021 in poi, di un contributo finanziario addizionale a favore della Repubblica di San Marino per garantire la continuità delle trasmissioni della San Marino RTV S.p.A.

Il comma 2, stanzia la spesa legata agli adempimenti della presidenza italiana del Consiglio d’Europa nel 2021-2022.

Il comma 3, stabilisce le coperture finanziarie per gli oneri derivanti dai commi 1 e 2.

Il comma 4, trasferisce al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale i debiti derivanti da rapporti di lavoro, anche atipici o occasionali, con l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, in liquidazione coatta amministrativa.

 

Il comma 1, al fine di assicurare la prosecuzione senza soluzione di continuità delle trasmissioni della San Marino RTV S.p.A., autorizza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ad erogare, ad integrazione del contributo già previsto dall'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino (stanziato ai sensi dell’art. 3 della legge n. 164/2015 di ratifica dell’Accordo), un contributo addizionale a favore della Repubblica di San Marino pari a 2.019.431 euro per l’anno 2021, a 1.613.431 euro per l’anno 2022, a 1.651.431 euro per l’anno 2023, a 1.702.431 euro per l’anno 2024, a 1.769.431 euro per l’anno 2025 e a 1.839.431 euro a decorrere dall’anno 2026.

Tale contributo addizionale serve a compensare i maggiori costi derivanti dallo spegnimento, nell’interesse dello Stato italiano, del CH 51, ed al non uso di altre frequenze (CH 7, 26, 30, 12B e 12C) nelle more della legge di ratifica di un nuovo Accordo di collaborazione in materia radio-televisiva che sarà stipulato fra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino nell’ambito della realizzazione del Piano di azione per il 5 G. L’esigenza di rinegoziare l’Accordo in essere, stipulato nel 2008, deriva dall’intervenuta necessità di ridefinire l’assetto delle frequenze radio-televisive per consentire la realizzazione del 5G in Italia: in tale contesto il canale 51, il cui uso su parte del territorio italiano è stato riconosciuto alla Repubblica di San Marino nell’ambito dell’Accordo attuale, dovrà essere improrogabilmente spento da quest’ultima entro l’ultimo trimestre 2021, per consentire allo Stato italiano di dedicare le relative frequenze al nuovo sistema 5G nel rispetto delle scadenze previste.

 

La legge 29 settembre 2015, n. 164, ha ratificato e reso esecutivo l'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, fatto a Roma il 5 marzo 2008.

Con detto Accordo si è innovato il primo Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva stipulato tra i due paesi, il 23 ottobre 1987. In attuazione di quest’ultimo, l’8 agosto 1991 è stata costituita la San Marino RTV S.p.A., con la partecipazione paritaria al capitale sociale da parte della Società italiana concessionaria del servizio pubblico radio-televisivo (RAI - Radiotelevisione Italiana) e della Società sammarinese di servizio pubblico (ERAS - Ente per la radiodiffusione sammarinese). Alla San Marino RTV S.p.A. è stata attribuita la concessione in esclusiva del servizio pubblico di radiodiffusione sonora e televisiva della Repubblica di San Marino.

 

L’erogazione del contributo addizionale è condizionata all’effettiva messa a disposizione, entro il 31 dicembre 2021, a favore dell’Italia di detti canali, assegnati alla Repubblica di San Marino ai sensi dell’Accordo di Ginevra 2006 dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni.

 

L’Unione internazionale delle telecomunicazioni (in inglese, ITU) è un’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite che tratta le questioni relative alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Fondata sul principio della cooperazione internazionale tra amministrazioni pubbliche degli Stati membri e settore privato, L’UIT è il principale foro internazionale in cui le parti lavorano per raggiungere il consenso su un’ampia gamma di questioni che interessano le attività del settore. Si occupa dell’assegnazione dello spettro radio e delle orbite satellitari globali, dello sviluppo delle norme tecniche e contribuisce a migliorare l'accesso alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione delle collettività di tutto il mondo.

 

Il comma 2, per gli adempimenti connessi alla presidenza italiana del Consiglio d’Europa (dal 17 novembre 2021 al maggio 2022) ed in attuazione dello Statuto della predetta organizzazione, firmato a Londra il 5 maggio 1949, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 23 luglio 1949, n. 433, autorizza la spesa di euro 0,2 milioni per l’anno 2021 e di euro 1,5 milioni per l’anno 2022.

La disposizione permette di sostenere le spese di ospitalità delle delegazioni, di comunicazione e di organizzazione di eventi legate al semestre di presidenza. La disposizione è direttamente attuativa degli obblighi internazionali contratti con l’adesione italiana allo Statuto del Consiglio d’Europa.

 

Il Consiglio d’Europa ha lo scopo di promuovere la collaborazione tra i Paesi europei, difendere in Europa i principi della democrazia e i diritti umani. Include 47 Stati membri[113], tra cui i 27 della Unione Europea. Il Trattato istitutivo del Consiglio d'Europa è stato firmato il 5 maggio 1949 a Londra da dieci Stati fondatori, tra cui l'Italia[114].

I principali organi del Consiglio d'Europa, secondo il suo Statuto, sono la Corte europea dei diritti dell’Uomo, il Comitato dei Ministri e l'Assemblea parlamentare, questi ultimi assistiti da un Segretario Generale che opera a Strasburgo.

La Corte Europea dei diritti dell'Uomo, con sede a Strasburgo, è l'organo giudiziario permanente che garantisce a ogni cittadino europeo i diritti sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Gli Stati membri del CdE sono segnatari della Convenzione.

Alla Corte possono adire i cittadini, come singoli o gruppi, e gli Stati (nel caso di un ricorso interstatale). Tutte le sentenze definitive della Corte sono vincolanti per gli Stati che devono adempiere con obbligo di risultato.

Il Comitato dei Ministri è l'organo decisionale del Consiglio d'Europa ed è formato da tutti i Ministri degli Esteri dei Paesi membri (operativamente partecipano i titolari delle Rappresentanze permanenti). La presidenza del Comitato dei Ministri è tenuta a rotazione per sei mesi da ciascun paese membro. Lo svolgimento delle funzioni di presidenza del Comitato dei Ministri è un obbligo discendente dall’articolo 18 del predetto Statuto e dal connesso regolamento interno del Comitato dei Ministri, che dispone le modalità di rotazione.

L'Assemblea parlamentare, organo consultivo del Comitato dei ministri, favorisce il dialogo parlamentare sui temi della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto. È composta da 324 componenti titolari (cui si aggiungono altrettanti membri supplenti), designati dai Parlamenti nazionali degli Stati membri e si articola in 6 Commissioni di merito[115]:

Il Consiglio d'Europa elabora Convenzioni e Accordi a livello continentale, che costituiscono la base per l'armonizzazione delle legislazioni nei diversi stati membri.

 

Secondo quanto dichiarato dal Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale nelle sue Comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero, il 31 marzo 2021, presso le Commissioni Congiunte 3ª (Affari esteri, emigrazione) del Senato della Repubblica e III (Affari esteri e comunitari) della Camera dei deputati: durante la Presidenza “Ci concentreremo su temi tradizionalmente cari al nostro Paese, quali la salvaguardia del patrimonio culturale e la protezione delle donne dalla violenza, tema questo particolarmente attuale in seguito all’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Ma affronteremo anche tematiche innovative come i rischi connessi ad un uso non disciplinato dell’intelligenza artificiale. Anche i bambini e i giovani saranno al centro della nostra azione in Consiglio d’Europa. La pandemia li sta penalizzando duramente; ci impegneremo perché i loro diritti siano tutelati e promossi”.

 

Il comma 3 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 2, pari a 2.219.431 euro per l’anno 2021, 3.113.431 euro per l’anno 2022, e 1.839.431 euro a decorrere dall’anno 2023, si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

Il comma 4 dispone che i debiti derivanti da rapporti di lavoro, anche atipici o occasionali, con l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), sono posti in capo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e che le corrispondenti poste sono cancellate dallo stato passivo della liquidazione del predetto Istituto. Si avvia così a definitiva conclusione il procedimento di liquidazione coatta dell’IsIAO, che ha avuto inizio nel novembre 2011 a seguito dell’adozione del decreto interministeriale che ha preso atto dello stato d’insolvenza dell’ente, con uno stato passivo accertato superiore a 5 milioni, a fronte di un attivo modesto, attualmente pari a 287.904 euro.

Per effetto del DPCM 25 maggio 2021, il personale a tempo indeterminato dell’Istituto è transitato nei ruoli di altre amministrazioni pubbliche con decorrenza 1° gennaio 2012: 18 dipendenti sono transitati nei ruoli del MAECI, 1 in quelli del Ministero della difesa e 1 in quelli dell’INPS. Nessuno di essi, compresi tre dipendenti cessati per raggiunti limiti di età e un’altra dimessasi spontaneamente, ha percepito finora alcun trattamento di fine rapporto.

 

La norma proposta permette di soddisfare i creditori privilegiati (in particolare quelli che vantano crediti di lavoro) e di chiudere definitivamente la lunga procedura di liquidazione nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.

 

A tale fine autorizza la spesa di euro 2 milioni per l’anno 2021, a tali oneri provvedendosi mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

L’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), posto in liquidazione con decreto interministeriale del Ministero degli esteri e del Ministero dell'economia l'11 novembre 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 2012), è stato un ente pubblico non economico (a base associativa) vigilato dal Ministero degli Affari Esteri. Nato nel 1995 dalla fusione dell’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente - IsMEO (fondato nel 1933), con l’Istituto italo-africano - IIA, erede dell’Istituto coloniale italiano - ICI (costituito nel 1906), ha operato attivamente nel campo della promozione culturale fra l'Italia e i Paesi dell'Africa e dell'Asia. Fino alla sua chiusura, l’Istituto ha conservato, valorizzato e garantito la fruizione di un patrimonio documentario estremamente rilevante per gli studi africanistici e orientalistici (disponibile agli studiosi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma). L’ IsIAO ha costituito centri di studio e di ricerca, organizzato mostre e conferenze, patrocinato convegni e seminari specialistici, edito riviste e pubblicazioni di riconosciuto valore accademico, istituito corsi di lingue e culture africane e orientali, restaurato siti prestigiosi (quali. per es., Persepoli in Iran) ed avviato programmi di cooperazione nel campo della conservazione e del restauro, sottoscritto convenzioni e gemellaggi con analoghi enti accademici ed università sia italiani che stranieri, realizzando tutto ciò con il concorso dei suoi soci e di un gran numero di esperti e docenti di formazione orientalistica ed africanistica. Inoltre, al fine di promuovere e coordinare attività scientifiche internazionali, si è avvalso di una rete di oltre 120 accordi e convenzioni in Italia e all'estero con Università, Ministeri, Accademie ed Enti di ricerca.

 

 


 

Articolo 14, comma 5
(Cappellani militari)

 

 

L’articolo 14, comma 5, inserisce nel Codice dell'ordinamento militare un'integrazione alla nuova disciplina sull'assistenza spirituale alle FFAA in materia di avanzamento e di indennità dei cappellani militari.

 

La disciplina in materia di cappellani militari recata dal Codice dell'ordinamento militare è stata recentemente oggetto di novella da parte della legge n. 70/2021 di ratifica dell'Intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze Armate del 2018. In particolare è stato novellato l'articolo 1546 sui gradi gerarchici, che ha stabilito l'eliminazione del grado più alto di terzo cappellano militare capo, assimilato al grado di colonnello (fino ad allora era previsto un organico di n. 9 unità) e ha fissato il numero dei secondi cappellani militari capo in 10 unità (mentre la legislazione previgente non poneva un limite specifico). Inoltre, è stato modificato l'articolo 1611 sulle forme di avanzamento che, in luogo del precedente meccanismo della promozione ad anzianità per i gradi di cappellano capo e primo cappellano capo e secondo cappellano capo e della scelta per i gradi di primo cappellano capo e terzo cappellano capo (ora soppresso), ha previsto: l'avanzamento ad anzianità congiunta al merito per il grado di cappellano militare addetto; per merito comparativo, per i gradi di cappellano militare capo e primo cappellano militare capo.

Un ordine del giorno adottato dalla Camera dei Deputati il 14 aprile 2021 in sede di approvazione definitiva della suddetta legge di ratifica impegna il Governo, nella fase iniziale di applicazione dell’Intesa, a considerare transitoriamente l’organico complessivo dei cappellani militari come un tetto finanziario complessivo, consentendo così, ove richiesto e possibile, il mantenimento in servizio fino al naturale congedo, con il grado attuale, dei cappellani militari in esubero e compensandone l’onere attraverso i mancati reclutamenti ovvero le mancate promozioni per le posizioni non coperte in altri gradi.

 

La modifica al Codice dell'Ordinamento militare ora proposta dalla lettera a) del comma in esame interviene a precisare - mediante il comma aggiuntivo 2-bis -che le promozioni da attribuire ai primi cappellani militari capo avvengono - "a regime" - nei casi in cui vi sia una vacanza nell’organico dei secondi cappellani militari capo, fissato in 10 unità dall’articolo 1546, comma 1, lett. a) del Codice.

 

La modifica ora proposta dalla lettera b) del comma in esame interviene a novellare l'articolo 2259 inserendo, dopo il comma 3, 4 commi aggiuntivi. I commi da 3-bis a 3-ter stabiliscono che fino al collocamento in congedo dei terzi cappellani militari capo in servizio al 22 maggio 2021 (data di entrata in vigore della legge di ratifica dell'Intesa) e al raggiungimento del numero complessivo di 10 unità dei secondi cappellani militari capo (fissato dall’articolo 1546, comma 1, lett. a)): le immissioni dei cappellani militari sono determinate nel limite dell’onere finanziario complessivo teorico a regime; non ha luogo l’avanzamento dei primi cappellani militari capo.  Il comma 3-quater precisa che a decorrere dal 22 maggio 2021 cessano le promozioni a terzo cappellano militare capo.

Il nuovo comma 3-quinquies stabilisce che, a decorrere dal 22 maggio 2021, ai cappellani militari non sono attribuite le maggiorazioni delle indennità di impiego operativo, di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 78, a esclusione dell'indennità di imbarco di cui all’articolo 4, e delle indennità per servizio d’istituto (di cui alla legge 23 dicembre 1970, n. 1054, e successive modificazioni). Ai cappellani militari in servizio alla data del 21 maggio 2021, che percepiscono l’indennità di impiego operativo ovvero l’indennità per servizio di istituto superiore, di importo superiore all’indennità di cui all’articolo 2 della legge 23 marzo 1983, n. 78, la differenza è attribuita sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i futuri incrementi dell’indennità di impiego operativo di base.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 14, la quale non comprende la materia di cui al comma 5 in oggetto.

 

Con l'entrata in vigore della Costituzione e del suo articolo 7, i rapporti tra Stato e Santa Sede vengono regolati attraverso accordi che prevedono procedimenti di revisione bilaterale senza necessità di revisioni costituzionali.

È questo il caso dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Santa sede del 18 febbraio 1984 che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (legge 25 marzo 1985, n. 121).

L'assistenza spirituale ai militari cattolici, di cui al comma 2 dell'articolo 11 del citato Accordo, è assicurata da cappellani militari nominati dal Ministro della Difesa su designazione dell'Ordinario militare, in base alle disposizioni stabilite dal Codice dell'ordinamento militare, in particolare dal libro V, titolo III.

Ai sensi dell'articolo 1533 del Codice dell'ordinamento militare l'alta direzione del servizio di assistenza spirituale spettano all'Ordinario militare per l'Italia, il quale è coadiuvato dal Vicario generale militare L'ordinario militare può avvalersi di 5 cappellani militari coordinatori presso gli Stati maggiori di Forza armata e i Comandi generali.

L'Ordinario militare e il Vicario generale militare sono assimilati di rango, rispettivamente, al grado di generale di tenente generale e di maggiore generale.

Il Vicario generale militare sostituisce l'Ordinario militare nei casi di sede vacante, di assenza o di impedimento e lo rappresenta quando non può personalmente intervenire.

Il Ministro della Difesa (sentito l'Ordinario militare e di concerto con il Ministro dell'Economia e Finanze se si tratta del Corpo GdF) determina le sedi ove è prestata l'assistenza spirituale con apposito decreto. Per ciascun cappellano militare la sede è individuata dall'Ordinario militare, previa comunicazione all'autorità militare competente.

Ai sensi dell'articolo 1539 l'Ordinario militare e il Vicario generale militare possono conservare l'ufficio fino al compimento del 65° anno di età.

Il servizio specifico di cappellano militare presenta le seguenti caratteristiche:

1. stato di sacerdote cattolico ed età compresa tra 18 e 40 anni (art. 1549);

2. assimilazione di rango ai diversi gradi militari, secondo le disposizioni del Codice dell'ordinamento militare, in virtù della quale: a) al cappellano militare è riconosciuta la dignità delle sue funzioni e la piena agibilità nelle strutture militari, b) il cappellano non può esercitare poteri di comando o di direzione, né avere compiti di direzione nell'ambito delle Forze Armate (art. 1546);

3. incompatibilità di qualsiasi occupazione o attività che esuli dai compiti di cappellano militare in servizio permanente (Il Ministro della difesa, sentito l'Ordinario militare, può concedere l'autorizzazione ad accettare un incarico non retribuito, ritenuto conciliabile con i doveri di uffici) (art. 1561);

4. assoggettabilità alla giurisdizione penale militare soltanto in caso di mobilitazione totale o parziale e in caso di imbarco o di servizio presso unità delle Forze armate dislocate fuori del territorio nazionale; assoggettabilità a specifiche disposizioni disciplinari contenute in u Regolamento definito con decreto del Ministro della Difesa, di concerto con l'Ordinario militare, fatto salvo quanto previsto alla sez. IX del Codice dell'ordinamento militare (art. 1555).

La nomina di cappellano militar di complemento e è effettuata con decreto del Ministro della Difesa, previa designazione dell'Ordinario Militare (art. 1548).

I cappellani militari hanno competenza parrocchiale nei riguardi del personale e del territorio sottoposto alla propria giurisdizione ecclesiastica (art. 1533-bis).

Il cappellano militare, all'atto di assumere servizio, presta giuramento con la formula e secondo le modalità previste per gli ufficiali delle Forze armate dello Stato (art. 1550).

I cappellani militari si distinguono in:

a) cappellani militari in servizio permanente;

b) cappellani militari in congedo;

c) cappellani militari in congedo assoluto.

I cappellani militari in congedo non sono vincolati da rapporto d'impiego e hanno gli obblighi di servizio previsti dal presente codice. I cappellani militari in congedo sono ripartiti in due categorie: cappellani militari di complemento e cappellani militari della riserva. I cappellani militari in congedo assoluto non hanno più obblighi di servizio, ma conservano il grado e l'onore dell'uniforme e sono soggetti alle disposizioni del presente codice riflettenti il grado e la disciplina.

I cappellani militari del servizio permanente, di complemento e della riserva, sono iscritti rispettivamente in tre ruoli unici per tutte le Forze armate dello Stato, costituiti presso il Ministero della difesa. L'iscrizione nei ruoli è effettuata in ordine decrescente di grado e di anzianità (art. 1552).

L'ordinamento gerarchico dei cappellani militari è costituito dai seguenti gradi (art. 1546):

§  secondo cappellano militare capo, grado di tenente colonnello massimo 10 unità

§  primo cappellano militare capo, maggiore

§  cappellano militare capo, capitano

§  cappellano militare addetto, tenente

§  cappellano militare di complemento, sottotenente

Ai sensi dell'articolo 1547 del Codice l'organico dei cappellani militari, integrato dall'Ordinario e dal Vicario generale, è complessivamente determinato in 162 unità.

 

Trattamento economico

Ai sensi dell'articolo 1621 del Codice all'Ordinario militare compete all'Ordinario militare il trattamento economico previsto per il grado di tenente generale; al Vicario generale militare spetta integralmente il trattamento economico di base degli ufficiali dell'Esercito, secondo il grado di assimilazione.

Ai cappellani militari spetta il trattamento economico di base degli ufficiali della Forza armata presso la quale prestano servizio, secondo il grado di assimilazione. Ai cappellani militari sono altresì corrisposte, secondo il grado di assimilazione, con esclusione di ogni altra, le seguenti indennità:

a) l'indennità integrativa speciale prevista dalla legge per il personale militare di grado corrispondente a quello di assimilazione;

b) l'indennità mensile di impiego operativo di base;

c) l'indennità di missione disposta dalle autorità competenti;

d) l'indennità di imbarco disposta dalle autorità competenti.

 

Ai sensi dell'articolo 587 del Codice l'onere per il trattamento economico di attività e di quiescenza dell'Ordinario militare, del Vicario generale militare e degli ispettori, è a carico dell'Amministrazione della difesa; per i cappellani militari, l'onere per il trattamento economico di attività è a carico dell'Amministrazione presso cui gli stessi cappellani sono impiegati, quello di quiescenza è a carico dell'Amministrazione della difesa.

Per le pensioni normali, privilegiate, ordinarie e di guerra all'Ordinario, al Vicario generale e ai cappellani militari in servizio permanente, il trattamento economico previdenziale segue il trattamento economico principale, fermo restando che con la cessazione dal servizio al 65° anno di età si interrompe ogni progressione di carriera e di avanzamento economico (art. 1625).


 

Articolo 14, comma 6
(Certificati di vaccinazione rilasciati dalle autorità sanitarie
della Repubblica di San Marino)

 

 

Il comma 6 dell'articolo 14 dispone un ampliamento dell’esenzione transitoria da alcune fattispecie che richiedono, per determinati fini, il possesso di un certificato verde COVID-19; l'esenzione è relativa ai soggetti in possesso di un certificato di vaccinazione contro il COVID-19 rilasciato dalle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino. Più in particolare, la novella[116] consiste sia nell'estensione temporale dell'esenzione sia nell'ampliamento degli ambiti oggetto dell'esenzione medesima.

 

L'esenzione è posta nelle more dell'adozione della circolare del Ministero della salute che definisca, per i soggetti in esame, le modalità di vaccinazione contro il COVID-19, in coerenza con le indicazioni dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), e non è riconosciuta, in ogni caso, per il periodo successivo al termine ora oggetto di differimento al 31 dicembre 2021 - rispetto al termine (vigente prima del presente decreto) del 15 ottobre 2021 -.

Si ricorda che, successivamente all'emanazione del presente decreto, è stata adottata la circolare del Ministero della salute del 4 novembre 2021, prot. n. 50269, la quale prevede che i soggetti vaccinati all’estero con un vaccino non autorizzato da EMA possano "ricevere una dose di richiamo con vaccino a m-RNA nei dosaggi autorizzati per il “booster” (30 mcg in 0,3 mL per Comirnaty di Pfizer/BioNTech; 50 mcg in 0,25 mL per Spikevax di Moderna) a partire da 28 giorni e fino a un massimo di 6 mesi dal completamento" del ciclo relativo al suddetto vaccino non autorizzato; i prodotti complessivamente così somministrati costituiscono, ai sensi di tale circolare, una fattispecie di vaccinazione equivalente suddetta.

Si valuti l'opportunità di chiarire se la proroga di cui al presente articolo 14, comma 6, sia operante anche dopo l'adozione della suddetta circolare.

L'esenzione di cui al presente comma 6 è stabilita, come accennato, con riferimento ad alcune delle norme che individuano i fini e gli ambiti per i quali sia richiesto il certificato in oggetto[117]; in particolare, le norme richiamate sono quelle stabilite dagli articoli 9-bis, 9-ter e 9-quater del D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, e successive modificazioni, nonché, in base all'estensione operata dalla novella di cui al presente articolo 14, comma 6, le norme di cui agli articoli 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies del medesimo D.L. n. 52. Si ricorda che questi ultimi articoli sono inseriti nel D.L. n. 52 da parte delle novelle di cui agli articoli da 1 a 3 del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 novembre 2021, n. 165; tali novelle recano una disciplina transitoria - valida per il periodo 15 ottobre 2021-31 dicembre 2021 - che richiede, per i lavoratori, pubblici e privati, il possesso di un certificato verde COVID-19 in corso di validità ai fini dell'accesso al luogo di lavoro (fatta salva l'esenzione per i soggetti per i quali un'idonea certificazione medica attesti una controindicazione relativa alla vaccinazione contro il COVID-19).

La norma di esenzione in esame appare rivolta in particolare ai casi di somministrazione, da parte delle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino, del vaccino Sputnik V, il quale, al contrario degli altri vaccini contro il COVID-19 somministrati in tale Stato, non è stato autorizzato in Italia né è oggetto della circolare del Ministero della salute del 23 settembre 2021, prot. n. 42957; si ricorda che quest'ultima concerne l'individuazione dei vaccini, somministrati dalle autorità sanitarie nazionali competenti estere, riconosciuti come equivalenti a quelli effettuati nell'ambito del Piano strategico nazionale (Piano relativo alla vaccinazione in oggetto); tale riconoscimento è operato ai fini della possibilità di generazione di certificati verdi COVID-19 o ai fini dell'equivalenza a questi ultimi di certificati emessi da autorità estere.

Si ricorda che i suddetti certificati verdi COVID-19, in base al principio posto dall'articolo 9, comma 10-bis, del D.L. n. 52 del 2021, e successive modificazioni, rilevano per specifici fini, stabiliti esclusivamente da norme statali di rango legislativo. Tali fattispecie - aventi in genere come limite temporale, implicito od esplicito, la fine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19[118] - sono elencate nel medesimo comma 10-bis, nonché nell'integrazione al medesimo elenco operata (non in forma di novella) dall'articolo 5, comma 1, del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 14, la quale non comprende la materia di cui al comma 6 in oggetto.

 


 

Articolo 15
(Proroga dell'incremento di personale per l'operazione “Strade sicure” e misure urgenti per il presidio del territorio in occasione del vertice G-20)

 

 

L’articolo 15 (co. 1-2) proroga dal 31 ottobre 2021 al 31 dicembre l’impiego delle 753 unità aggiuntive di personale delle Forze armate dell’operazione “Strade Sicure” in relazione all’emergenza Covid, con una spesa stimata di euro 5.080.080, comprensivi di euro 1.250.010 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario; per la sicurezza del Vertice G-20 di Roma incrementa altresì il contingente di 400 unità e autorizza l'impiego di assetti aero-navali (co. 3-5).

 

L'articolo 15, comma 1, al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19, proroga al 31 dicembre 2021, l’integrazione di 753 unità di personale militare a disposizione dell’operazione “Strade sicure”, da ultimo prorogata, fino al 31 ottobre 2021 dal D.L. 111/2021 (c.d. green pass, istruzione, trasporti), convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 133/2021.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 9 del 2020 ha disposto una prima integrazione di 253 unità del contingente di personale militare facente parte del dispositivo “Strade sicure”.

Successivamente, l’articolo 74-ter del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”), nel confermare la richiamata integrazione ha, altresì, precisato che l'intero dispositivo di "Strade sicure" - pari a 7.050 unità, secondo la previsione dell'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019 - può essere impegnato nelle attività di contenimento dell'emergenza Covid-19.

A sua volta, l’articolo 22 del D.L. n. 34/2020 (c.d. “decreto Rilancio”) ha ulteriormente integrato, di ulteriori 500 unità – da affiancare, quindi, alle 7.303 unità già autorizzate (7.050 + 253) - il contingente delle Forze armate facente parte del dispositivo "Strade sicure", fino alla data del 31 luglio 2020.

Gli articoli 35 dei decreti legge nn. 104 e 125 del 2020 hanno, infine, prorogato, rispettivamente al 15 ottobre 2020 e al 31 dicembre 2020 la complessiva integrazione delle richiamate 753 unità. Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 30 aprile 2021 dall'articolo 35, comma 8 del D.L. 41/2021 (cd. decreto Sostegni) poi al 31 luglio 2021 dal D.L. 73/2021 (cd. decreto Sostegni-bis) e, da ultimo, al 31 ottobre dall'art. 8 del D.L. 111/2021 (c.d. green pass, istruzione, trasporti).

 

A tal fine il comma 2 autorizza, per l’anno 2021, la spesa complessiva di euro 5.080.080, di cui euro 1.250.010 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario ed euro 3.830.070 per gli altri oneri connessi all’impiego del personale

 

Il comma 3 provvede ad incrementare il contingente di personale delle Forze armate di cui all’articolo l, comma 1023, della legge di bilancio per il 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178) di ulteriori 400 unità per il potenziamento della cornice di sicurezza del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi appartenenti al G-20.

La relazione tecnica precisa che il contingente sarà dispiegato dal 25 ottobre al 3 novembre 2021.

Le ulteriori 400 unità si aggiungono dunque al contingente di personale di Forze armate nell'ambito del dispositivo strade sicure già autorizzato dal comma 1023 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2021, pari a:

§  7.050 unità fino al 30 giugno 2021;

§  6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

§  5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

 

Il G20, di cui nel 2021 l'Italia detiene la presidenza, è nato nel 1999 come foro di consultazione dei ministri finanziari e governatori delle banche centrali dei maggiori Paesi del mondo soprattutto in seguito alla crisi finanziaria asiatica dei due anni precedenti. Il Summit dei Capi di Stato e di governo sotto presidenza italiana si terrà a Roma il 30-31 ottobre 2021.

 

A tal fine il comma 4 autorizza la spesa di euro 309.159 per l'anno 2021 per il personale delle Forze Armate di cui al comma 74 dell’articolo 24 del decreto-legge n. 78/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 5 autorizza l’impiego di assetti aeronavali della Difesa per assicurare la necessaria cornice di sicurezza marittima e aerea per lo svolgimento del Vertice G-20 di Roma, nonché la relativa spesa pari a euro 1.659.477 per l'anno 2021.

 

Il comma 6 quantifica gli oneri derivanti dal presente articolo come pari a euro 7.048.716 per il 2021 e ne reca la copertura finanziaria ai sensi dell'art. 17 del provvedimento in esame, su cui v. infra.

 

 

 

L'operazione "Strade sicure" rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate, sul territorio nazionale, a fianco delle Forze dell'ordine, in funzione di contrasto alla criminalità e al terrorismo in numerose città italiane. L'operazione è svolta in massima parte dall'Esercito, con il contributo della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, in particolare, con funzioni di comando e controllo nelle sale operative.

Per l'Esercito rappresenta a tutt'oggi l'impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare  (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni" e lo svolgimento di  "compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza".

La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994, Cfr. operazione "Forza Paris" in Sardegna 15 luglio 1992).

La legge di bilancio per l'anno 2020 (legge n. 160 del 2019) al comma 132 dell'articolo 1 della ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del Piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze Armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Scopo dell'intervento è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell'articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

Ulteriori 253 unità sono state autorizzate dal D.L. n. 18/2020, in considerazione dei maggiori compiti assegnati al personale militare nel fronteggiare la diffusione del virus Covid 19.Tale integrazione era operativa dal 17 marzo 2020 fino al 31 luglio 2020 (termine così prorogato dal D.L 34/2020). Successivamente, il citato DL n. 34/2020 (c.d. Rilancio) con l'articolo 22 ha ulteriormente aumentato il contingente militare per Strade sicure di 500 unità. L'articolo 35 del D.L. n. 104/020 ha poi previsto l'ulteriore proroga, fino al 15 ottobre 2020 (ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 3, lettera b) del D.L. n. 125/2020, del contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del dispositivo "Strade sicure", ed autorizzato, per l'anno 2020, l'ulteriore spesa. Durante l'esame parlamentare del decreto legge n. 34 del 2020  è stata introdotta un'ulteriore disposizione (articolo 44-ter) che, sempre nell'ambito dell'operazione "Strade Sicure" autorizza, per l'anno 2020, la spesa di 6,3 milioni di euro sempre per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del contingente di 7.050 unità delle Forze armate impiegato. Il  comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 125 del 2020 ha poi autorizzato per l'anno 2020 l'ulteriore spesa di euro 6.197.854 per il pagamento degli straordinari del contingente di 753 unità, prorogato fino a fine anno dal medesimo decreto.

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020 al comma 1023 dell'art. 1 ha prorogato nel dispositivo "Strade sicure" un contingente di personale delle Forze armate pari a:

§  7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

§  6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

§  5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

La medesima legge di bilancio per il 2021, all'art. 1 co. 1025 - al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19 - ha altresì ulteriormente prorogato fino al 31 gennaio 2021 il contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del citato dispositivo "Strade sicure". Tale termine è poi stato prorogato al 30 aprile 2021 dall'articolo 35, comma 8 del D.L. 41/2021, poi al 31 luglio 2021 dal D.L. 73/2021 e, da ultimo, al 31 ottobre 2021 dal D.L. 111/2021 (articolo 8).

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività:

1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2. il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3. nel corso delle operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il Piano è stato successivamente prorogato.

 

Per un approfondimento dell'operazione "Strade sicure" al seguente link il  documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione "Strade Sicure", approvato dalla Commissione Difesa della Camera nella seduta del 30 luglio 2020.

Si veda, altresì, il seguente tema: Impiego delle Forze armate nella tutela del territorio.


 

Articolo 15-bis
(Interventi assistenziali degli enti di
previdenza obbligatoria di diritto privato)

 

 

L'articolo 15-bis - inserito dal Senato - definisce un'eventuale procedura di adozione, da parte degli enti di diritto privato che gestiscono forme di previdenza obbligatoria, di interventi assistenziali.

Il presente articolo concerne gli enti suddetti di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e di cui al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103. Gli eventuali interventi assistenziali in oggetto consistono in iniziative specifiche di assistenza ai propri iscritti che si trovino in condizioni di quarantena o di isolamento su indicazione delle autorità sanitarie ovvero che abbiano subito una comprovata riduzione della propria attività per effetto di emergenze sanitarie o eventi calamitosi, dichiarati dai Ministri competenti; tali interventi devono essere compensati mediante la riduzione di altre voci di spesa, relative anch'esse ad interventi assistenziali.

In base alla procedura definita dal presente articolo, l'ente adotta un'apposita delibera, corredata da una nota che dimostri, in virtù della suddetta compensazione, la sussistenza dell'equilibrio tecnico-finanziario dell'ente; la delibera deve ricevere il previo parere positivo da parte dei Ministeri vigilanti; il parere è espresso entro trenta giorni dalla trasmissione dell'atto. Considerata la natura vincolante del contenuto del parere, si intende che il termine non è perentorio.

Riguardo ai Ministeri vigilanti, si ricorda che, in base all'articolo 3, comma 2, del citato D.Lgs. n. 509 del 1994[119], lo statuto e il regolamento dell'ente, nonché le delibere del medesimo ente in materia di contributi e prestazioni, devono essere previamente approvati da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministeri competenti per lo specifico ente.

 

 

 


 

Articolo 16, commi 1-3
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 16, commi 1-3 contiene alcune disposizioni di carattere finanziario.

 

In particolare, il comma 1 incrementa di 1.300 milioni di euro nell'anno 2021 l'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 86, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Si tratta, in pratica, del finanziamento previsto dalla suddetta legge a favore del Gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale, compresi quelli per la manutenzione straordinaria.

 

A tale proposito si ricorda che, secondo quanto previsto dalla normativa in questione, il Gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale deve, all'interno del sistema di contabilità regolatoria, mettere in evidenza la quota figurativa relativa agli ammortamenti delle immobilizzazioni finanziate con detta modalità.

 

Il comma 2, invece, incrementa di un importo pari a 200 milioni di euro, per l'anno 2021, le risorse destinate al contratto di programma di Ferrovie dello Stato italiane Spa, ai sensi dell’articolo 1, commi 95 e 98, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

Per quanto attiene, più nel dettaglio, ai contenuti del contratto di programma in questione, si rinvia allo specifico dossier sul trasporto ferroviario curato dai Servizi Studi della Camera e del Senato.

 

Il comma 3, infine, incrementa di un importo pari a 20 milioni di euro, per l'anno 2021, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1039, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 al fine di potenziare la componente aeronavale del Corpo delle capitanerie di porto.

 


 

Articolo 16, comma 3-bis
(Utilizzo di graduatorie di altre pubbliche amministrazioni)

 

 

Il comma 3-bis - inserito dal Senato - prevede che, in considerazione dell'urgenza di rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni titolari di interventi previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza[120], ivi inclusi le regioni e gli enti locali, possano utilizzare le graduatorie ancora vigenti di concorsi per dirigenti di seconda fascia e funzionari, banditi anche da altre pubbliche amministrazioni, mediante scorrimento delle stesse graduatorie; restano fermi i limiti alle assunzioni posti dalle norme vigenti.

 


 

Articolo 16, commi 4-8
(Attribuzione di risorse alle regioni a statuto speciale
e province autonome in attuazione di accordi)

 

 

I commi 4, 5 e 6 dell’articolo 16 attribuiscono alle regioni a statuto speciale Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, per il 2021, la somma complessiva di 200 milioni di euro, somma già stanziata dalla legge di bilancio 2021 con la finalità di procedere alla revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e suddette regioni.

Il comma 7 attribuisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano, una somma da erogare nel 2021, a titolo di quanto spettante, in via definitiva, in relazione alle entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi con vincita in denaro di natura non tributaria per gli anni antecedenti all’anno 2022; tale somma è stata fissata in 90 milioni di euro per la Provincia autonoma di Trento e di 100 milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano.

Il comma 8 subordina l’attribuzione delle suddette risorse alla effettiva sottoscrizione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia.

 

I commi da 4 a 7 dell’articolo 16 attribuiscono risorse per l’anno 2021 alle Regioni a statuto speciale Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia già sottoscritti o in via di definizione. Il comma 8 infatti specifica che le risorse saranno erogate a seguito dell’effettiva sottoscrizione di ciascun accordo.

 

L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Le norme statutarie stabiliscono ambiti e limiti della potestà impositiva, tributaria, finanziaria e contabile di ciascuna regione, riconoscono la titolarità del demanio e del patrimonio regionali, elencano i tributi erariali il cui gettito è devoluto, interamente o in parte, alla regione, attribuiscono ad essa la potestà legislativa e amministrativa sull'ordinamento finanziario degli enti locali del rispettivo territorio. Gli statuti disciplinano, inoltre, la procedura per la modifica delle norme statutarie concernenti la finanza di ciascuna regione; ad eccezione di quello per la Regione siciliana, essi contengono disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche possono essere apportate con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata. È proprio l’accordo bilaterale tra lo Stato e ciascuna autonomia, lo strumento principale con il quale sono definite le misure e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi di finanza pubblica, l’attribuzione di nuove funzioni, la variazione delle aliquote di compartecipazioni ai tributi erariali, nonché le eventuali misure a sostegno di specifiche criticità.

 

In riferimento a ciascuna regione o provincia autonoma interessata la norma fa riferimento ad un accordo bilaterale del quale tuttavia non viene indicata la data di sottoscrizione (né se ne ha notizia da altre fonti). Si deve perciò presupporre che tali accordi siano in via di definizione e che si sia voluto anticiparne il contenuto con legge, al fine di attribuire le risorse agli enti interessati nell’esercizio 2021.

I commi 4, 5 e 6 riguardano le regioni Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia alle quali sono attribuite risorse, per un totale di 200 milioni di euro, già accantonate con la legge di bilancio 2021:

§  il comma 4 attribuisce alla regione Sardegna la somma di 66,6 milioni di euro da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità;

§  il comma 5 attribuisce alla regione Friuli-Venezia Giulia la somma di 66,6 milioni di euro, somma che può essere compensata con il contributo alla finanza pubblica richiesto alla regione;

§  il comma 6 attribuisce alla Regione siciliana la somma di 66,8 milioni di euro.

 

La legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020), al comma 806 stabilisce l’accantonamento di 300 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2021, per l’attuazione dei punti 9 e 10 dell’Accordo quadro del 20 luglio 2020, vale a dire per la revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e le autonomie, in particolare con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna (soprattutto in riferimento alla costituzione del tavolo tecnico politico per la condizione di insularità) e la Regione siciliana (per la revisione delle norme di attuazione in materia finanziaria) e per gli eventuali accordi come quelli già sottoscritti in materia di ristoro della perdita di gettito.

Per l’anno 2021, lo stesso comma 806 specifica che la cifra è comprensiva dei 100 milioni destinati alla riduzione del contributo alla finanza pubblica per l'anno 2021.

 

Nel corso del 2020, al fine di definire le modalità e la consistenza dei rimborsi delle perdite di entrate tributarie dovute all'emergenza sanitaria da Covid-19, sono stati sottoscritti due accordi quadro tra il Governo e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, il 20 luglio 2020 e il 5 novembre 2020.

Con l’accordo quadro del 20 luglio 2020 (Repertorio atti n. 115/CSR del 20 luglio 2020) sono state stabilite le modalità di attuazione della compensazione delle minori entrate conseguenti all’emergenza sanitaria da COVID-19 per l’anno 2020. Nello specifico viene concordato che il ristoro della perdita di gettito avviene come riduzione del concorso alla finanza pubblica dovuto da ciascuna autonomia e che, qualora l’importo previsto per il singolo ente superi la corrispondente quota di concorso alla finanza pubblica, all’ente stesso dovrà essere attribuito l’importo eccedente. L’accordo stabilisce inoltre che si dovrà procedere alla determinazione, nel secondo esercizio successivo a quello del ristoro, delle effettive minori entrate e al conseguente conguaglio delle somme ristorate.

Infine, i punti richiamati dal comma 806 della legge di bilancio 2021, riguardano la revisione degli accordi bilaterali con le regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia (punto 9) e l’adozione di un nuovo accordo quadro al fine di ristorare la perdita di gettito connessa all’emergenza sanitaria per il 2021(punto 10, già attuato con i commi 805-807 della legge di bilancio 2021).

Al punto 9 viene affermata la necessità di rivedere gli accordi bilaterali in materia di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna, con particolare riferimento alla costituzione del tavolo tecnico politico per la condizione di insularità e la Regione siciliana per la revisione delle norme di attuazione in materia finanziaria. Nell’accordo del 5 novembre 2020 il termine per tale revisione, fissato al 30 settembre 2020 dall’accordo del 20 luglio è posticipato al 31 marzo 2021.

Per compensare la perdita di entrate tributarie a causa dell’emergenza sanitaria per l’anno 2021 è intervenuto un secondo accordo quadro, sottoscritto tra il Governo e le autonomie speciali il 5 novembre 2020 (Repertorio atti n. 188/CSR del 5 novembre 2020), in attuazione del quale la legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020, comma 805) ha ridotto di 100 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica dovuto dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano per l’anno 2021, a titolo di compensazione della perdita di gettito, e stabilisce gli importi per ciascun ente con la tabella inserita nel testo di legge.

 

Il comma 7 riguarda le Province autonome di Trento e di Bolzano. La norma stabilisce la somma spettante a ciascuna provincia autonoma in relazione alle entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi con vincita in denaro di natura non tributaria per gli anni antecedenti all’anno 2022. La quantificazione - specifica la disposizione - è a titolo definitivo e la somma dovrà essere erogata nel 2021.

La suddetta somma fissata inizialmente in 50 milioni di euro per ciascuna provincia autonoma, con le modifiche apportate in fase di conversione in legge del decreto legge, è stata stabilita in 90 milioni di euro per la Provincia autonoma di Trento e di 100 milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano.

 

Sulla spettanza delle entrate erariali derivanti dai giochi di natura non tributaria è intervenuto l’accordo in materia di finanza pubblica tra il Governo, la regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sottoscritto il 18 novembre 2021. Con l’accordo lo Stato riconosce in via definitiva la spettanza dei gettiti arretrati derivanti dalla raccolta dei giochi con vincita in denaro di natura non tributaria afferenti gli anni fino al 2021 e quantifica tali spettanze in 90 milioni di euro per la Provincia autonoma di Trento e di 100 milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano. Viene concordato che, per il 2021, con l’art. 16, comma 7, del decreto legge n. 146 del 2021, in esame, le risorse sono attribuite per 50 milioni di euro a ciascuna Provincia e che, per i restanti complessivi 90 milioni, lo Stato troverà idonea copertura in sede di conversione in legge del citato decreto.

Come previsto dall’accordo, inoltre, in sede di manovra di bilancio dovranno essere apportate modifiche alla normativa statutaria che disciplina le entrate delle due province, affinché sulla spettanza delle suddette entrate erariali derivanti dai giochi non possano sorgere contenziosi. L’articolo 169 del disegno di legge di bilancio 2022, recepisce in tal senso l’accordo. In particolare il comma 7, lettera a) modifica l’articolo 75 dello statuto (DPR n. 670 del 1972), al fine di includere esplicitamente il gettito delle suddette entrate nella formula residuale che attribuisce alle province i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali; in sostanza viene estesa la compartecipazione spettante alle due province alle entrate derivanti dal gioco con vincita in denaro di natura extra tributaria, purché costituiscano utile erariale. Il comma 8 del medesimo art. 169, inoltre, disciplina le modalità di calcolo delle suddette entrate in relazione alle diverse tipologie di giochi. La contabilizzazione delle entrate è effettuata per il gioco in rete fisica, in riferimento alle giocate raccolte nel territorio di ciascuna provincia, mentre per il gioco a distanza in riferimento alle giocate effettuate mediante conti di gioco intestati a residenti nel territorio di ciascuna provincia. Quanto alle tipologie di giochi, fermo restando la spettanza alla regione dei 9 decimi del provento del lotto al netto delle vincite (come stabilito all’articolo 69, comma 2, lettera c), dello statuto), i giochi con vincita in denaro considerati sono quelli derivanti da apparecchi da intrattenimento, giochi, lotterie, scommesse, concorsi pronostici, in qualsiasi modo denominati e organizzati. La norma specifica infine che la quantificazione gettito spettante alle province, quando per alcune tipologie di giochi non sia possibile, è determinata in base al rapporto percentuale tra le giocate sul territorio provinciale e le corrispondenti giocate a livello nazionale.


 

Articolo 16, commi 8-bis-8-sexies
(Contributi ai comuni della regione Siciliana e ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana per la riduzione del disavanzo)

 

 

I commi da 8-bis a 8-quater dell’articolo 16, introdotti nel corso dell’esame al Senato, dispongono l’attribuzione ai comuni della Regione Siciliana di un contributo di natura corrente, nel limite complessivo massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2021, da destinare alla riduzione del disavanzo, al fine di accompagnare il processo di efficientamento della riscossione delle entrate proprie.

Il successivo comma 8-quinquies dispone un contributo di 150 milioni di euro nell’anno 2021 in favore di comuni sede di capoluogo di città metropolitana, che presentano un disavanzo procapite superiore a 700 euro, da ripartire in proporzione all’entità del predetto disavanzo.

Il comma 8-sexies, infine, reca le regole contabili per l’iscrizione in bilancio dei suddetti contributi.

 

In particolare, il comma 8-bis dell’articolo 16 prevede l’attribuzione ai comuni della Regione Siciliana di un contributo di natura corrente, nel limite complessivo massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di accompagnare il processo di efficientamento della riscossione delle entrate proprie.

Ai fini della ripartizione del contributo tra i singoli enti beneficiari, il comma 8-ter prevede il raggruppamento dei comuni in fasce sulla base del rapporto tra le previsioni definitive del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità di parte corrente[121] e le Entrate correnti dell’esercizio finanziario 2019.

A ciascuna fascia è assegnata la seguente misura percentuale del contributo:

a)  10% alla fascia comprendente i comuni per i quali il rapporto sia compreso tra il 3,2 e il 6,4 per cento;

b)  20% alla fascia comprendente i comuni per i quali il rapporto sia compreso tra il 6,5 e il 9,6 per cento;

c)  65% alla fascia comprendente i comuni per i quali il rapporto sia oltre il 9,6 per cento;

d)  5% alla fascia comprendente i comuni che si trovano in condizione di dissesto finanziario, o che hanno fatto ricorso alla procedura di risanamento finanziario, prevista dall’art. 243-bis del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) e non rientrano nelle ipotesi di cui alle lettere da a) a c);

All’interno di ogni singola fascia, è individuato il contributo spettante a ciascun comune in proporzione al disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019, al netto dei contributi già assegnati ai sensi dell’art. 52 del D.L. n. 73/2021 (decreto Sostegni-bis) e dell’art. 38 del D.L. n. 34/2019 (decreto crescita).

Si valuti l’opportunità di specificare i commi che all’interno delle citate due disposizioni – art. 52 del D.L. n. 73/2021 e art. 38 del D.L. n. 34/2019 (quest’ultimo, in particolare, autorizza vari contributi agli enti locali) - recano i contributi da considerare ai fini del computo del disavanzo e dell’importo effettivo del contributo da assegnare ai singoli enti beneficiari ai sensi del comma in esame, come peraltro esplicitato nel successivo comma 8-quinquies.

In mancanza di una esplicita indicazione, i contributi da nettizzare potrebbero essere indicati nei seguenti:

§  contributi in favore degli enti locali che hanno peggiorato il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità, concessi dall’art. 52, comma 1, D.L. n. 73/2011, a valere su un fondo, appositamente istituito, con una dotazione di 660 milioni di euro per l'anno 2021;

§  contributi ai comuni capoluogo delle città metropolitane in riequilibrio finanziario pluriennale in dissesto finanziario, a valere sulle risorse dell’apposito “fondo per il concorso al pagamento del debito dei comuni capoluogo delle città metropolitane”, autorizzati dall’art. 38, comma 1-septies, del D.L. n. 34/2019, nonché i contributi in favore dei comuni capoluogo delle città metropolitane in dissesto finanziario ai fini del concorso nel pagamento delle rate in scadenza dei mutui contratti per spese di investimento, autorizzati dall’art. 38, comma 1-octies, del D.L. n. 34/2019.

Il comma 8-quater stabilisce che il contributo è destinato alla riduzione del disavanzo ed è ripartito entro 5 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato città ed autonomie locali, sulla base dei rendiconti 2019 inviati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), anche su dati di pre-consuntivo.

Tale contributo, precisa la norma, non può, in ogni caso, essere superiore al disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019.

A seguito dell’utilizzo del contributo, l’eventuale maggiore ripiano del disavanzo di amministrazione applicato al primo esercizio del bilancio di previsione rispetto a quanto previsto dai piani di rientro, può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi.

Il comma 8-quinquies assegna un contributo complessivo di 150 milioni di euro nell’anno 2021 ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana che presentano un disavanzo procapite superiore a 700 euro, da ripartire in proporzione all’entità del predetto disavanzo.

Ai fini del calcolo del disavanzo pro capite, si fa riferimento al disavanzo di amministrazione risultante dai rendiconti 2020 o dall'ultimo rendiconto disponibile, inviati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), anche sulla base di dati di pre-consuntivo, calcolato al netto dei contributi già assegnati agli enti nel 2021, ai sensi dell’articolo 53 del D.L. n. 104/2020, del comma 775 dell’articolo 1 della legge n. 178/2020, dell’articolo 52 del D.L. n. 73/2021 e dell’articolo 38, comma 1-septies del D.L. n. 34/2019.

I commi citati prevedono, rispettivamente, contributi ai comuni che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario (art. 53, D.L. n. 104/2020), contributi in favore degli enti in difficoltà finanziarie imputabili alle condizioni socio economiche dei territori (art. 1, comma 775, legge n. 178/2020), contributi per gli enti locali che hanno registrato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL) (art. 52, comma 1, D.L. n. 73/2011) nonché contributi per il concorso al pagamento del debito dei comuni capoluogo delle città metropolitane tra i comuni capoluogo delle città metropolitane che hanno deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o la dichiarazione di dissesto finanziario (art. 38, commi 1-septies, D.L. n. 34/2019).

 

Il contributo è destinato alla riduzione del disavanzo ed è ripartito entro 5 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato città ed autonomie locali.

A seguito dell’utilizzo del contributo, l’eventuale maggiore ripiano del disavanzo di amministrazione applicato al primo esercizio del bilancio di previsione rispetto a quanto previsto dai piani di rientro, può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi.

 

Il comma 8-sexies, reca le disposizioni contabili per l’iscrizione in bilancio dei suddetti contributi, prevedendo:

§  che il contributo è iscritto in bilancio anche nel corso dell’esercizio o della gestione provvisoria,

§  che le relative variazioni di bilancio possono essere deliberate sino al 31 dicembre 2021, in deroga a quanto previsto dall'articolo 175, comma 3, del TUEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

In base all’articolo 175 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), che disciplina le variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione, le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno (comma 3, art. 175, TUEL).

La norma individua tuttavia le seguenti eccezioni, in cui le variazioni possono essere deliberate sino al 31 dicembre di ciascun anno:

a)   l'istituzione di tipologie di entrata a destinazione vincolata e il correlato programma di spesa;

b)  l'istituzione di tipologie di entrata senza vincolo di destinazione, con stanziamento pari a zero, a seguito di accertamento e riscossione di entrate non previste in bilancio, secondo le modalità disciplinate dal principio applicato della contabilità finanziaria;

c)   l'utilizzo delle quote del risultato di amministrazione vincolato ed accantonato per le finalità per le quali sono stati previsti;

d)  quelle necessarie alla reimputazione agli esercizi in cui sono esigibili, di obbligazioni riguardanti entrate vincolate già assunte e, se necessario, delle spese correlate;

e)   le variazioni delle dotazioni di cassa volte a garantire che il fondo di cassa alla fine dell'esercizio sia non negativo, di cui al comma 5-bis, lettera d);

f)   le variazioni di bilancio fra gli stanziamenti riguardanti il fondo pluriennale vincolato e gli stanziamenti correlati;

g)  le variazioni degli stanziamenti riguardanti i versamenti ai conti di tesoreria statale intestati all'ente e i versamenti a depositi bancari intestati all'ente.

In base al comma 2 dell’art. 175, le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare (fatta eccezione per quelle previste dal comma 5-bis dell’art. 175 medesimo, effettuate dall’organo esecutivo ma che si configurano come meramente applicative delle decisioni del Consiglio, e quelle previste dal comma 5-quater, effettuate direttamente dai responsabili della spesa).

Articolo 16, commi 8-septies e 8-octies
(Risorse finanziarie nel settore sanitario in favore
delle regioni e delle province autonome)

 

 

Il comma 8-septies - inserito dal Senato - istituisce un fondo con una dotazione di 600 milioni di euro, per l'anno 2021, ai fini del riconoscimento di un contributo statale, a titolo definitivo, per le ulteriori spese sanitarie, collegate all’emergenza epidemiologica da COVID-19, rappresentate dalle regioni e province autonome nell’anno 2021. Il comma 8-octies - inserito dal Senato - modifica una disciplina transitoria sul riconoscimento - da parte delle regioni e delle province autonome - di un incentivo in favore delle strutture pubbliche e di quelle private, accreditate e convenzionate, eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, ovvero svolgenti analisi di campioni secondo la tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (NGS).

 

Più in particolare, il comma 8-septies prevede che al summenzionato fondo di 600 milioni per il 2021 accedano tutte le regioni e province autonome - in deroga al criterio secondo cui le autonomie speciali (ad esclusione della regione Sicilia) provvedono autonomamente al finanziamento della spesa sanitaria corrente - e che il riparto del fondo sia definito sulla base di apposita intesa, sancita entro il 31 dicembre 2021 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'erogazione alle regioni e alle province autonome delle relative somme. Queste ultime concorrono alla valutazione dell'equilibrio finanziario per l'anno 2021 dei Servizi sanitari dei rispettivi enti territoriali.

 

Il comma 8-octies modifica la disciplina transitoria, di cui all'articolo 29 del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106,  concernente il riconoscimento - da parte delle regioni e delle province autonome - di un incentivo in favore delle strutture pubbliche e di quelle private, accreditate e convenzionate, eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, ovvero svolgenti analisi di campioni secondo la tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (NGS)[122].

Si ricorda che l’incentivo è riconosciuto nell’ambito di uno stanziamento pari complessivamente a 46 milioni di euro per il 2021 ed a 23 milioni per il 2022 e che è inteso all’adeguamento degli standard organizzativi e di personale ai processi di incremento dell’efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate; il suddetto stanziamento statale è disposto a valere sulle risorse finanziarie già destinate al finanziamento di progetti di carattere prioritario nel settore sanitario[123].

Il comma 8-octies, in primo luogo, chiarisce che le risorse in esame concernono anche tutte le regioni a statuto speciale e le province autonome, in deroga al criterio secondo cui tali enti (ad esclusione della regione Sicilia) provvedono autonomamente al finanziamento della spesa sanitaria corrente.

Si prevede inoltre che:

§  il finanziamento sia erogato per stati di avanzamento delle attività secondo il cronoprogramma approvato e verificato dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza[124];

§  in caso di mancato completamento (come accertato dal suddetto Comitato) delle attività in oggetto nel termine perentorio del 31 dicembre 2022, la regione o la provincia autonoma interessata decada dal diritto al finanziamento per la quota non maturata, la quale, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è riassegnata alle regioni e province autonome che abbiano completato le attività medesime. La riassegnazione è eseguita a titolo di quota d’accesso al fabbisogno sanitario standard dell’anno di riferimento.

 

Si ricorda che il comma 1 del suddetto articolo 29 fa riferimento ai piani di riorganizzazione della rete delle strutture summenzionate già previsti dalla normativa vigente per la suddetta finalità di adeguamento (sempre con riferimento ai processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate)[125] e specifica che l’incentivo in esame è subordinato al rispetto di un preciso cronoprogramma integrativo dei predetti piani, il quale deve avere come limite temporale massimo il 31 dicembre 2022 e garantire la soglia minima di efficienza di 200.000 esami di laboratorio o prestazioni specialistiche ovvero di 5.000 analisi di campioni secondo la suddetta tecnologia NGS.

Lo stesso comma 1 dell'articolo 29 rinvia per la determinazione del contributo in esame, previsto per gli anni 2021 e 2022 e in relazione agli adeguamenti progressivi in oggetto, ad un provvedimento della regione (o della provincia autonoma).

Il riparto tra le regioni e le province autonome dello stanziamento complessivo - pari, come detto, a 46 milioni di euro per il 2021 e a 23 milioni per il 2022 - è demandato ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome (comma 2 dell'articolo 29).

L'erogazione alla regione (o alla provincia autonoma) delle quote di risorse oggetto del riparto è subordinata all'approvazione del cronoprogramma da parte del Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, nonché alla positiva attuazione del cronoprogramma da parte delle summenzionate strutture (comma 3 dell'articolo 29). L'adozione del cronoprogramma e l'invio dello stesso al suddetto Comitato rientrano tra gli adempimenti della regione ai quali è subordinato il riconoscimento di una quota del finanziamento ordinario della spesa sanitaria (si ricorda che tale quota è pari, a seconda dei casi, a due o tre punti percentuali del totale del finanziamento medesimo[126]).

 

 

 


 

Articolo 16, comma 8-novies
(Relazione al Ministero della salute sulle attività assistenziali di Regioni e Province autonome con specifico riferimento al recupero
delle liste d’attesa)

 

 

Il comma 8-novies dell’articolo 16, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede che Regioni e Province autonome trasmettano una relazione al Ministero della salute entro il 23 dicembre 2021 sulle prestazioni assistenziali per far fronte al Covid-19.

Entro il 31 dicembre successivo, il Ministero della salute deve verificare le relazioni inviate con particolare riferimento allo smaltimento delle liste d’attesa, consentendo in tal modo a Regioni e Province autonome di rendere disponibili le risorse correnti a valere sul Fondo sanitario nazionale 2021, prescindendo dalle singole linee di finanziamento. Nel caso detta relazione sia inviata oltre il termine previsto o non risulti inviata, la verifica si intende effettuata con esito negativo.

In ogni caso, l'erogazione delle prestazioni assistenziali negli anni 2021 e 2022 deve essere espletata dai suddetti enti territoriali nell'ambito delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 8-novies, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede la trasmissione al Ministero della Salute, da parte di Regioni e Province autonome, entro il 23 dicembre 2021, di una relazione dettagliata che attesti le prestazioni assistenziali destinate a fronteggiare l'emergenza epidemiologica che risultano erogate nell'anno 2021 in base alla normativa vigente.

 

La norma in particolare elenca i seguenti riferimenti normativi:

§  decreto legge n. 34/2020 (legge n. 77/2020);

In proposito, l’articolo 4 del DL. 34/2020 (cd. Rilancio) ha previsto, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza, il riconoscimento alle strutture sanitarie inserite nei piani per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva, di una remunerazione per una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti ed alla gestione dell’emergenza. Allo scopo, è stato emanato il decreto del Ministero della salute 12 agosto 2021[127] che ha, tra l’altro, definito le specifiche funzioni assistenziali con riferimento alle attività effettivamente svolte e ai costi effettivamente sostenuti dalle strutture inserite nei piani adottati in attuazione  dell'art. 3, comma 1, lettera b), del D. L. n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia, L. 27/2020) per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio e in conformità alle indicazioni fornite dal Ministro della salute, anche in base alla circolare della Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute  n. 2627 del 1° marzo 2020, nonchè sostenuti dagli enti del Servizio sanitario nazionale relativi:

a)  all'allestimento e ai costi di attesa di posti letto di ricovero ospedaliero per acuti per pazienti affetti da COVID-19 nelle discipline medico-internistiche e di terapia intensiva istituiti su indicazione della regione ai sensi dei predetti piani;

b)  all'allestimento e costi di attesa di reparti di pronto soccorso dedicati alla gestione dei casi accertati di COVID-19 e  dei casi sospetti di COVID-19, istituiti su  indicazione  della  regione[128].

 

§  legge di bilancio n. 178/2020;

Più in dettaglio, grazie a quanto disposto ai commi 423-428, art. 1 della richiamata legge di bilancio per il 2021, verificata l'impossibilità di utilizzare personale già in servizio, nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, e ferma restando la compatibilità con il fabbisogno sanitario standard dell’anno 2021, nei limiti di spesa per singola regione e provincia autonoma per un totale complessivo di 1.100 milioni di euro per il 2021 (come da tabella 1 allegata alla citata legge), permette agli enti del SSN è stato possibile avvalersi, entro il 31 dicembre 2021, anche mediante proroga, di una serie di misure, quali :

-     conferimento, da parte degli enti ed aziende del SSN, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici e gli operatori socio-sanitari; alcune specifiche disposizioni sono stabilite per i medici in formazione specialistica;

-     deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto;

-     ricorso alla stipulazione nell'ambito del SSN, di contratti di lavoro autonomo con personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza (possibilità ammessa anche qualora il soggetto non fosse iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale);

-     conferimento di incarichi individuali a tempo determinato a personale medico e sanitario, mediante avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio orale. Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del SSN.

 

§  decreto-legge n. 41/2021 (L. n. 69/2021);

Al riguardo, l'articolo 20 del menzionato decreto-legge ha dettato varie disposizioni in materia di vaccinazioni - con particolare riferimento a quella contro il COVID-19 - e in materia di farmaci, disponendo l’incremento, rispettivamente nella misura di 2.100 milioni di euro e di 700 milioni, le risorse stanziate per il 2021 per l'acquisto dei vaccini contro il COVID-19 e per l'acquisto dei farmaci per la cura dei pazienti affetti dalla medesima infezione.

 

§  decreto legge n. 73/2021 (L. n. 106/2021).

In merito, si ricorda che l’articolo 26, commi 1-3, del richiamato decreto-legge ha disposto il nuovo termine di applicazione (fino al 31 dicembre 2021) della deroga, introdotta dal D.L. Agosto, art. 29 (DL. 104/2020), al regime tariffario per prestazioni aggiuntive introdotto per corrispondere alle finalità del Piano Operativo Regionale per il recupero delle liste di attesa, con riferimento a prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti in regime di elezione (vale a dire a carattere programmabile e non urgente) e di specialistica ambulatoriale e di screening non erogate nel 2020 a causa dell’emergenza da COVID-19.

In particolare sono stati ridefiniti i termini della procedura per il monitoraggio delle attività assistenziali per fronteggiare l’emergenza COVID-19 da parte del Ministero della salute, prevedendo inoltre uno slittamento dei termini, già oggetto di proroga per l’anno 2021, in materia di rendicontazione per la certificazione da parte di Regioni e Province autonome dell’equilibrio dei bilanci riferiti alla gestione del Servizio sanitario regionale per il 2020, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Ai fini di una migliore formulazione del testo, si valuti l’opportunità di specificare meglio i riferimenti normativi elencati con l’indicazione degli articoli di interesse all’interno dei provvedimenti normativi richiamati.

 

Inoltre, entro il 31 dicembre 2021, il Ministero della Salute è chiamato a verificare la coerenza delle informazioni ivi contenute con le attività assistenziali previste dalla citata normativa, con particolare riferimento al previsto recupero delle liste di attesa, che si suppone favorito dal progressivo attenuamento dell'impatto sui servizi sanitari regionali dell’emergenza epidemiologica Covid-19 e del previsto rafforzamento strutturale dei servizi sanitari regionali.

 

Sulla base delle risultanze della verifica operata dal Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome possono rendere disponibili (e pertanto risulta consentito loro) per i rispettivi servizi sanitari le risorse correnti a valere sul Fondo sanitario nazionale 2021 prevista dalla normativa sopra riportata per tutte le attività assistenziali rese dai rispettivi servizi sanitari regionali nel 2021, prescindendo dalle singole disposizioni in relazione a ciascuna linea di finanziamento.

La norma appare quindi consentire alle Regioni e Province autonome la possibilità di spendere le risorse stanziate indipendentemente dai vincoli definiti per finalità preordinate di spesa, con l’obiettivo di prevenire eventuali residui di stanziamento. Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento.

 

Nel caso in cui la relazione sia incompleta o non sia trasmessa nel termine previsto del 23 dicembre prossimo, la verifica si intende effettuata con esito negativo.

 

L’ultimo periodo della disposizione contiene la clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo che le Regioni e le Province autonome devono assicurare in ogni caso l'erogazione delle prestazioni assistenziali negli anni 2021 e 2022 nell'ambito delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

 

In proposito si segnala che il Programma nazionale di Riforma e Resilienza (PNRR) alla Missione 6, Componente 2, ha previsto il termine di attuazione del 31 dicembre 2021 per l’approvazione dei piani di riorganizzazione regionali per l’incremento del numero di posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva disponibili nell’ambito delle strutture del SSN.

 

 


 

Articolo 16, comma 9
(Programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale)

 

 

L’articolo 16, comma 9 autorizza la spesa di 340 milioni di euro per il 2021 per incrementare le risorse disponibili nell’anno in corso per i programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale.

 

Lo stanziamento è finalizzato ad accelerare il completamento dei programmi di ammodernamento e rinnovamento relativi all'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, di cui agli articoli 536 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

 

Il Ministero della difesa provvede alla corrispondente rimodulazione delle consegne e dei relativi cronoprogrammi.

 

L'attività del Parlamento in relazione all'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, si svolge essenzialmente attraverso l'esame dei relativi programmi che il Governo presenta alle Camere ai fini dell'espressione del prescritto parere da parte delle Commissioni difesa della Camera e del Senato.

La disciplina, originariamente contemplata dalla legge 4 ottobre 1988, n. 436 (cosiddetta legge Giacchè), è successivamente confluita negli articoli 536 e seguenti del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) a loro volta oggetto di novella da parte della legge n. 244 del 2012 recante la Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia.

Nello specifico l'originaria formulazione dell'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare, relativo ai programmi di ammodernamento e rinnovamento della Difesa, è stata profondamente rivisitata al fine di assicurare un più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari.

La nuova formulazione della norma prevede pertanto che vengano trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni competenti, gli schemi di decreto concernenti i programmi finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio e non riferiti al mero mantenimento delle dotazioni o al ripianamento delle scorte.

 I pareri dovranno essere espressi entro quaranta giorni dalla data di assegnazione ed è previsto che il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate dalle Commissioni competenti, ovvero quando le stesse Commissioni esprimano parere contrario, trasmetta nuovamente alle Camere lo schema di decreto corredato delle necessarie controdeduzioni per i pareri definitivi delle Camere da esprimere entro trenta giorni dalla loro assegnazione. In tal caso, qualora entro il termine indicato le Commissioni competenti esprimano sullo schema di decreto parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti, motivato con riferimento alla mancata coerenza con quanto previsto nel Documento programmatico pluriennale della difesa (DPP) di cui al comma 1 dell'articolo 536 del Codice, il programma non potrà essere adottato. In ogni altro caso, il governo potrà invece procedere all'adozione del decreto.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell'articolo 536-bis, sulla verifica dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, il Capo di stato maggiore della difesa, sulla base degli obiettivi e degli indirizzi definiti dal Ministro della difesa ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferma restando la necessità di salvaguardare le esigenze operative prioritarie e quelle derivanti dal processo di definizione della politica europea di difesa e sicurezza, procede alla verifica della rispondenza dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma e propone al Ministro della difesa la rimodulazione dei programmi relativi a linee di sviluppo capacitive che risultino non più adeguate, anche in ragione delle disponibilità finanziarie autorizzate a legislazione vigente. La predetta verifica tiene altresì conto dei risultati conseguiti nell'attuazione del processo di riconfigurazione dello strumento militare riportati nel DPP.

In base al comma 2 gli schemi dei decreti che approvano la rimodulazione di programmi sui quali è stato espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), devono essere sottoposti a tale parere. Dalle citate rimodulazioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche in termini di indebitamento netto.

 

Per approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare Il controllo parlamentare sui programmi di acquisizione di sistemi d'arma e al dossier Il controllo parlamentare sui programmi d'arma.

 


 

Articolo 16, commi 10 e 11
(Contributo enti locali in attuazione di sentenze Consiglio di Stato)

 

 

L’articolo 16, comma 10, dispone l’assegnazione di un contributo pari a circa 62,9 milioni di euro in favore dei comuni interessati dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, che dispongono l’obbligo di restituzione a tali enti di somme corrispondenti a riduzioni illegittimamente operate a valere sulle risorse assegnate a titolo di Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2015.

Il comma 11, secondo le modifiche approvate al Senato, dispone in ordine alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1, 2, 3, 7, limitatamente a 100 milioni di euro per il 2021, 9 e 10 dell’articolo 16.

 

In particolare, il comma 10 è finalizzato a dare attuazione alle sentenze n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, con le quali il Consiglio di Stato, in seguito all’annullamento decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri P.C.M. 10 settembre 2015 recante la ripartizione tra i comuni del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2015, ha definitivamente condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze alla restituzione delle somme.

A tal fine, il comma dispone l’assegnazione di un contributo, di importo complessivo pari a 62.924.215 euro, in favore dei comuni ricorrenti, in attuazione di quanto previsto dalle suddette sentenze del Consiglio di Stato, che - in seguito all’annullamento del D.P.C.M. 10 settembre 2015 recante la ripartizione tra i comuni del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2015, ad opera della Sentenza n. 2552 del 17 febbraio 2017 del TAR del Lazio - confermano l’obbligo di restituzione delle riduzioni non dovute a valere sulle risorse assegnate a titolo di FSC nei confronti delle amministrazioni comunali.

 

Si rammenta che con la Sentenza n. 2552 del 17 febbraio 2017, il TAR per il Lazio ha parzialmente accolto il ricorso, proposto dal Comune di Padova, volto ad ottenere l’annullamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, recante "Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015" e di tutti gli atti ad esso presupposti, conseguenti e consequenziali, tra cui il Decreto del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2015. Tale ultimo decreto, si rammenta, aveva disposto, in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 3, del D.L. n. 78 del 2015, un aumento, per l'anno 2015 e per gli anni successivi, della riduzione di risorse relativa ai comuni e alle province, disposte ai sensi dell'art. 16, commi 6 e 7, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review), da effettuarsi mediante l'applicazione della maggiore riduzione (rispettivamente di 100 milioni di euro per i comuni e di 50 milioni di euro per le province) in proporzione alle riduzioni già effettuate per l'anno 2014.

La Sentenza si basa sulla considerazione che l’intervenuta adozione del D.P.C.M. di riparto delle risorse del FSC 2015 ad esercizio finanziario avanzato e successivamente al termine ultimo fissato per legge per la predisposizione del bilancio, determini una sicura lesione dell’autonomia finanziaria dei comuni, come disegnata dall’art. 119 della Costituzione, alla quale è connaturato il principio di certezza delle risorse disponibili. In ciò riprendendo quanto affermato nella sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2016, n. 129, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 16 del D.L. n. 95/2012 (nella parte in cui non prevedeva un termine ultimo per l’approvazione del DPCM che definisse il procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo da applicare a ciascun comune), nella considerazione che “un intervento di riduzione dei trasferimenti che avvenisse a uno stadio avanzato dell’esercizio finanziario comprometterebbe un aspetto essenziale dell’autonomia finanziaria degli enti locali, vale a dire la possibilità di elaborare correttamente il bilancio di previsione, attività che richiede la previa e tempestiva conoscenza delle entrate effettivamente a disposizione”[129].

Con Sentenza n. 2200/2018, il Consiglio di Stato ha ribadito tali conclusioni, respingendo l'appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Ministero dell'Interno avverso la Sentenza n. 2552/2017.

Con le successive Sentenze n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, che qui interessano, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’obbligo delle Autorità pubbliche, ciascuna per quanto di propria competenza, di prestare ottemperanza alla sentenza n. 2200 del 12 aprile 2018 (con cui è stato rigettato l’appello proposto avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 2554/2017), provvedendo alla restituzione delle riduzioni non dovute nei confronti delle parti ricorrenti, nel termine di centoventi giorni dalla comunicazione.

 

Le somme da restituire corrispondono, pertanto, alle riduzioni illegittimamente operate nei confronti delle amministrazioni comunali ricorrenti, con riferimento all’annualità 2015, aumentate degli interessi al saggio legale.

Secondo quanto illustrato nella Relazione tecnica, le somme da restituire sono state quantificate nell’importo complessivo di 61.991.121,11 euro, incrementate dagli interessi al saggio legale dalla data della domanda, ossia del ricorso in primo grado, e sino al soddisfo, per un onere complessivo pari a 62.924.215 euro. In particolare per la quantificazione degli interessi si è ipotizzato di far decorrere gli interessi dal 1° dicembre 2015 ipotizzando il pagamento al 1° gennaio 2022.

 

Il contributo complessivo è assegnato ai singoli enti interessati secondo gli importi indicati nella Tabella 1, allegata al provvedimento, di seguito riportata:

(importi in euro)

Comune

Contributo

Altivole

303.813,36

Asolo

1.513.766,72

Carbonera

50.859,80

Casale sul Sile

55.949,90

Castelfranco Veneto

2.988.108,11

Castello di Godego

478.401,58

Codognè

361.888,88

Colle Umberto

161.418,32

Conegliano

3.884.301,40

Fonte

220.255,99

Gaiarine

209.885,20

Giavera del Montello

406.168,75

Godega di Sant'Urbano

131.535,95

Istrana

381.463,66

Loria

213.699,07

Mareno di Piave

473.967,57

Maserada sul Piave

300.647,77

Monastier di Treviso

126.258,81

Montebelluna

2.619.659,44

Nervesa della Battaglia

138.476,25

Oderzo

1.492.876,31

Padova

37.983.408,44

Paese

16.736,66

Pieve di Soligo

551.842,00

Ponzano Veneto

238.007,03

Povegliano

193.846,01

Quinto di Treviso

273.965,84

Refrontolo

93.460,68

Resana

496.549,72

Riese Pio X

448.529,56

Roncade

55.035,06

San Biagio di Callalta

379.138,34

San Fior

424.790,34

San Vendemiano

729.446,07

San Zenone degli Ezzelini

322.222,03

Santa Lucia di Piave

200.893,31

Sernaglia della Battaglia

106.633,56

Silea

490.184,34

Spresiano

491.281,41

Susegana

568.860,30

Trevignano

180.303,94

Valdobbiadene

90.998,55

Vazzola

424.475,59

Vedelago

501.844,05

Villorba

1.156.001,93

TOTALE

62.931.857,60

 

Il comma 11 reca la copertura finanziaria degli oneri dell’articolo 16. In particolare, secondo le modifiche approvate in Senato, stabilisce che agli oneri derivanti dai commi 1, 2, 3, 7, limitatamente a 100 milioni di euro per il 2021, 9 e 10 dell’articolo 16 si provveda ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda si rinvia.

 


 

Articolo 16, comma 10-bis
(Somme dovute ai Comuni di frontiera)

 

 

Il comma 10-bis dell’articolo 16, inserito nel corso dell’esame al Senato, consente ai comuni frontalieri con la Svizzera (destinatari delle compensazioni previste ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 386 del 1975) di utilizzare le risorse assegnate in parte corrente nel limite massimo del 50 per cento dell’importo annualmente attribuito per il 2020 e il 2021, in ragione della crisi economica causata dalla pandemia e dal perdurare dello stato di emergenza.

 

L'Accordo tra l'Italia e la Svizzera relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine del 3 ottobre 1974, ratificato con la legge 26 luglio 1975, n. 386, prevede che i salari, gli stipendi e gli altri elementi che fanno parte della remunerazione, che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente, sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta (articolo 1). Gli articoli da 2 a 4 dell'Accordo disciplinano la compensazione finanziaria delle spese sostenute dai comuni italiani a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio ed esercitano un'attività dipendente sul territorio di uno dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese.

In attuazione di tale accordo, ai sensi dell’articolo 5, il Ministero dell'economia e delle finanze, sentite le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano ed i comuni di confine interessati, determina, con apposito decreto, i criteri di ripartizione e utilizzazione delle compensazioni finanziarie a favore dei comuni italiani di confine. Tale decreto stabilisce annualmente il criterio di ripartizione delle somme affluite per compensazione finanziaria a favore dei comuni, formalmente individuati come di confine, il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 Km dalla linea di confine con l'Italia dei tre Cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese.

L’ultimo decreto approvato è il D.M. 28 novembre 2019. L’articolo 6 del D.M. prevede che le somme attribuite ai comuni saranno utilizzate dagli enti assegnatari per la realizzazione, completamento e potenziamento di opere pubbliche di interesse generale volte ad agevolare i lavoratori frontalieri, con preferenza per i settori dell'edilizia abitativa e dei trasporti pubblici. Dette somme, inoltre, potranno essere destinate, nel limite del 30%, al finanziamento di servizi resi ed effettivamente fruiti relativi ad opere pubbliche realizzate con fondi di precedenti erogazioni.

Il 23 dicembre 2020 Italia e Svizzera hanno firmato a Roma un nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri e un Protocollo che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni. Il nuovo accordo sostituirà quello attualmente in vigore, risalente al 1974. I nuovi frontalieri saranno assoggettati ad imposizione in via ordinaria anche nello Stato di residenza, che eliminerà la doppia imposizione. Gli attuali frontalieri continueranno a essere assoggettati ad imposizione esclusivamente in Svizzera, la quale verserà fino alla fine del 2033 una compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine pari al 40 per cento dell’imposta alla fonte prelevata dalla Svizzera. Dopo questa data, la Svizzera conserverà la totalità del gettito fiscale.

 


 

Articolo 16, comma 11-bis
(Quantificazione e copertura oneri)

 

 

L’articolo 16, comma 11-bis, reca la quantificazione degli oneri e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria relativamente ai commi 7, 8-bis, 8-quinquies e 8-septies.

 

In particolare, il comma 11-bis, inserito dal Senato, reca innanzitutto la quantificazione degli oneri derivanti dai commi 7, limitatamente a 90 milioni di euro per l’anno 2021, 8-bis, 8-quinquies e 8-septies, pari complessivamente a 990 milioni di euro per l'anno 2021.

Il comma indica quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria:

a)   quanto a 310 milioni di euro per l'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 26, comma 10 del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020;

si tratta del fondo istituito, per l'anno 2021, nello stato di previsione del MEF per la fruizione dei crediti di imposta di cui beneficiano i soggetti che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell'aumento del capitale sociale, previsti dal medesimo articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020. Per la fruizione di tali crediti di imposta è stata originariamente autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021. Tale fondo è stato successivamente ridotto di 1.600 milioni dall'articolo 17, comma 3, lettera b), del presente decreto-legge;

 

b)  quanto a 380 milioni di euro per l’anno 2021 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 290, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019);

si tratta del fondo per l'attribuzione di rimborsi in denaro a favore di soggetti che fanno uso di strumenti di pagamento elettronici (programma c.d. cashback). Su tale fondo, l'articolo della legge di bilancio 2020 sopra citato aveva stanziato, nello stato di previsione del MEF, l'importo annuo di tre miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022.

Il programma cashback è stato sospeso per il secondo semestre 2021 dall'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 (come convertito della legge n. 106 del 2021).

Si rammenta che l'articolo 199 del disegno di legge di bilancio 2022, attualmente all'esame del Senato della Repubblica (Atto del Senato 2448), dispone la conclusione del programma al 31 dicembre 2021;

 

 

L'articolo 1, comma 288 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevede che le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato che effettuano abitualmente - al di fuori di attività di impresa o esercizio di professione - acquisti con strumenti di pagamento elettronici hanno diritto ad un rimborso in denaro, nei casi, alle condizioni e sulla base dei criteri individuati dalle disposizioni attuative previste dal successivo comma 289. I rimborsi attribuiti non concorrono a formare il reddito del percipiente per l'intero ammontare corrisposto nel periodo d'imposta e non sono assoggettati ad alcun prelievo erariale.

Il comma 289 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, emani uno o più decreti al fine di stabilire le condizioni e le modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 288, 289-bis e 289-ter, inclusi le forme di adesione volontaria e i criteri per l'attribuzione del rimborso, anche in relazione ai volumi ed alla frequenza degli acquisti, gli strumenti di pagamento elettronici e le attività rilevanti ai fini dell'attribuzione del rimborso, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 290.

Con il più volte citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 156 del 2020, sono state stabilite le modalità di attuazione della disciplina in oggetto.

Si ricorda che l'adesione al cashback è comunque su base volontaria.

Si segnala infine che le iniziative relative al cashback (come altre misure quali la alla lotteria dei corrispettivi) erano ricondotte al c.d piano Italia Cashless, relativo alle misure per ridurre dell'uso del contante e favorire il tracciamento dei pagamenti.

 

c)   quanto a 94 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 9-quater, comma 4 del decreto-legge n. 137 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020;

si rammenta che l'articolo 9-quater del decreto-legge n. 137 del 2020 attribuisce un contributo a fondo perduto, per l'anno 2021, al locatore di immobile (solo abitazione principale del locatario situata in un comune ad alta tensione abitativa), che riduce il canone di locazione in essere alla data del 29 ottobre 2020. Il contributo è pari al 50% della riduzione del canone entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore. A tal fine, il comma 4 dell'articolo istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo denominato «Fondo per la sostenibilità del pagamento degli affitti di unità immobiliari residenziali» con una dotazione pari a 50 milioni di euro.

La dotazione del Fondo è stata successivamente incrementata di 50 milioni di euro per l'anno 2021 dall'articolo 42, comma 7, del decreto-legge n. 41 del 2021;

 

d)  quanto a 116 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 32, comma 1 del decreto-legge n. 73 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021;

si rammenta che l'articolo 32, comma 1, sopra menzionato dispone che ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nonché alle strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale a condizione che siano in possesso dell’apposito codice identificativo (articolo 13-quater, comma 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34), spetta un credito d'imposta in misura pari al 30 per cento delle spese sostenute nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2021 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati. Tale credito è riconosciuto altresì per le spese sostenute per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19. La finalità dell’intervento, come indicato nella norma medesima, è quella di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del Covid-19. Il richiamato credito d'imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2021;

 

e)   quanto a 45 milioni di euro per l’anno 2021 mediante corrispondente utilizzo delle risorse del Fondo istituito nello stato di previsione della spesa del MEF ai sensi dell’articolo 34-ter, comma 5, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009);

si rammenta che, ai sensi del comma 5 dell’articolo 34-ter della legge di contabilità e finanza pubblica, in esito al riaccertamento di cui al comma 4 della norma medesima, in apposito allegato al Rendiconto generale dello Stato è quantificato per ciascun Ministero l'ammontare dei residui passivi perenti eliminati. Annualmente, successivamente al giudizio di parifica della Corte dei conti, con la legge di bilancio, le somme corrispondenti agli importi di cui al periodo precedente possono essere reiscritte, del tutto o in parte, in bilancio su base pluriennale, in coerenza con gli obiettivi programmati di finanza pubblica, su appositi Fondi da istituire con la medesima legge, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate;

 

f)   quanto a 25 milioni di euro per l’anno 2021 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 199 (fondo per esigenze indifferibili), della legge di stabilità del 2015 (legge n. 190 del 2014);

 

g)  quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 


 

Articolo 16-bis
(Misure di semplificazione ed accelerazione degli interventi di rifunzionalizzazione degli immobili per il soddisfacimento delle esigenze logistiche delle amministrazioni statali)

 

 

L’articolo 16-bis, inserito durante l'esame al Senato, reca disposizioni finalizzate alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure per la realizzazione degli interventi di rifunzionalizzazione degli immobili di proprietà statale, da destinare al soddisfacimento delle esigenze allocative delle medesime amministrazioni statali. A tal fine viene disposto (dai commi 1-3) che l’Agenzia del demanio convoca una conferenza di servizi sul progetto di fattibilità tecnica ed economica, per la cui approvazione viene previsto un iter semplificato e accelerato (in particolare con la riduzione dei termini previsti in materia ambientale e paesaggistico-culturale). É inoltre disciplinata la verifica e l’approvazione del progetto definitivo/esecutivo (commi 4-5) e viene consentito all’Agenzia del demanio di procedere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei relativi lavori (c.d. appalto integrato) anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica (comma 6). Ulteriori norme riguardano gli strumenti di acquisto e di negoziazione realizzati da Consip S.p.A. e dai soggetti aggregatori e aventi ad oggetto servizi applicativi e sistemistici, servizi cloud e contact center, sicurezza, reti locali, server, PC e licenze software (comma 7) e l’Agenzia del demanio, che viene inserita tra i soggetti iscritti di diritto nell'elenco delle stazioni appaltanti qualificate e che opera utilizzando le risorse della Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici prevista dalla legge di bilancio 2019 (commi 8-9).

Finalità e ambito di applicazione (comma 1)

In base a quanto precisato dal comma 1, la finalità dell'articolo in esame è quella di agevolare il rilascio di beni di proprietà di terzi utilizzati in locazione passiva con contratti scaduti o in scadenza entro il 31 dicembre 2023 e razionalizzare gli spazi in uso alle Amministrazioni dello Stato di cui all’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, attraverso la rapida realizzazione degli interventi di rifunzionalizzazione degli immobili di proprietà statale, da destinare al soddisfacimento delle esigenze allocative delle medesime Amministrazioni statali, in coerenza con le finalità di digitalizzazione e sostenibilità ecologica previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

L’art. 2, comma 222, della L. 191/2009 ha imposto (dal 1º gennaio 2010) alle amministrazioni dello Stato di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, di comunicare annualmente all'Agenzia del demanio la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse occupate non più necessarie. Lo stesso comma ha altresì imposto alle predette amministrazioni di comunicare annualmente all'Agenzia del demanio le istruttorie da avviare nell'anno seguente per reperire immobili in locazione.

Lo stesso comma, nonché i successivi commi da 222-bis a 222-quinquies hanno disciplinato l’attuazione di piani di razionalizzazione e, a tal fine, hanno previsto l’istituzione (presso il Ministero dell'economia e delle finanze) di un apposito fondo denominato "Fondo per la razionalizzazione degli spazi" avente la finalità di finanziare le opere di riadattamento e ristrutturazione necessarie alla riallocazione delle amministrazioni statali in altre sedi di proprietà dello Stato.

In base al disposto dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per amministrazioni pubbliche si intendono “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

 

Nella relazione tecnica presentata al Senato si sottolinea che la norma in esame “assicurando una riduzione dei tempi di intervento per la rifunzionalizzazione degli edifici interessati dai piani di razionalizzazione, stimata mediamente in circa un anno e mezzo per ogni procedimento, comporta importanti e significativi risparmi economici, sia in riferimento ai canoni di locazione passiva corrisposti dalle Amministrazioni che verranno riallocate nei predetti immobili, che ai costi di consumo, gestione ed uso riferiti ai singoli immobili”. Tale risparmio viene stimato dalla relazione tecnica in complessivi 150 milioni di euro.

Procedura per l’approvazione del progetto di fattibilità dell’intervento di rifunzionalizzazione (commi 1, 2 e 3)

Il comma 1 prevede che, per le finalità precedentemente illustrate, l'Agenzia del demanio convoca la conferenza di servizi semplificata ai sensi dell'art. 14-bis della legge 241/1990 per l'approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all'art. 23, commi 5 e 6, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. 50/2016, la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. In particolare, il comma 5 di tale articolo dispone che “il progetto di fattibilità tecnica ed economica individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire” e, insieme al successivo comma 6, ne disciplina i contenuti e le modalità di redazione.

 

Lo stesso comma, in merito alla citata conferenza di servizi, dispone che:

§  la conferenza in questione è da intendersi indetta anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 del D.P.R. 383/1994;

Il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 (“Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale”) disciplina i procedimenti di localizzazione delle opere pubbliche da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e delle opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti (art. 1). Per tali opere pubbliche, l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo Stato di intesa con la regione interessata, entro sessanta giorni dalla richiesta da parte dell'amministrazione statale competente (art. 2). L’art. 3 di tale regolamento, qualora l'accertamento di conformità di cui all’art. 2 dia esito negativo oppure l'intesa tra lo Stato e la regione interessata non si perfezioni entro il termine stabilito, prevede la convocazione di una conferenza di servizi a cui partecipano la regione e il comune o i comuni interessati, nonché le altre amministrazioni dello Stato e gli enti comunque tenuti ad adottare atti di intesa, o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti dalle leggi statali e regionali.

§  nell’ambito della medesima conferenza è acquisito il parere, da rendersi ai sensi dell'art. 215 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 nel termine di 20 giorni, sul progetto di fattibilità tecnica ed economica da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici o del Comitato tecnico amministrativo presso il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche competente cui il progetto di fattibilità tecnica ed economica è trasmesso a cura dell'Agenzia del demanio.

L’art. 215, comma 3, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) prevede che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprime parere obbligatorio sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo superiore ai 50 milioni di euro prima dell'avvio di una serie di procedure indicate dalla norma stessa[130], nonché parere sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori a tale importo, ove esse ne facciano richiesta. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro, il comma 3 dell’art. 215 dispone che le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai Comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Qualora il lavoro pubblico di importo inferiore a 50 milioni di euro, presenti elementi di particolare rilevanza e complessità il provveditore sottopone il progetto, con motivata relazione illustrativa, al parere del Consiglio superiore.

 

 

Il comma 2 dispone che il progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui trattasi:

§  è predisposto in conformità alla disciplina prevista dall’art. 48, comma 7, quarto periodo, del D.L. 77/2021;

L’art. 48 del D.L. 77/2021 ha introdotto semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC. In particolare il comma 7, quarto periodo, ha demandato al Consiglio Superiore dei lavori pubblici l’individuazione delle modalità di presentazione delle richieste di parere e del contenuto essenziale dei documenti e degli elaborati di cui all'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, occorrenti per l'espressione del parere, nonché la disciplina delle procedure semplificate per la verifica della completezza della documentazione prodotta e, in caso positivo, per la conseguente definizione accelerata del procedimento.

§  è trasmesso, altresì, a cura dell'Agenzia del demanio:

-     all'autorità competente ai fini dell'espressione del provvedimento di valutazione ambientale di cui alla parte seconda del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), unitamente alla documentazione di cui agli articoli 13, comma 3, e 22, comma 1, del medesimo Codice;

La documentazione richiamata è costituita dal rapporto ambientale (che costituisce la “base” della valutazione ambientale strategica, disciplinata dagli articoli 11-18 del Codice) e dallo studio di impatto ambientale (che costituisce la “base” della valutazione di impatto ambientale disciplinata dagli articoli 19-29 del Codice).

-     e all'autorità preposta alla verifica preventiva dell'interesse archeologico di cui all’art. 25 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

Tale articolo, nel disciplinare la verifica preventiva dell'interesse archeologico, dispone che le stazioni appaltanti trasmettono al soprintendente territorialmente competente, prima dell'approvazione, copia del progetto di fattibilità dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici.

Il comma 2 dispone inoltre che:

§  si applicano i termini ridotti previsti dall’art. 4, comma 2, secondo periodo, del D.L. 32/2019, per i procedimenti in materia ambientale e paesaggistico-culturale.

Il periodo richiamato prevede:

-     il dimezzamento dei termini relativi ai procedimenti di tutela ambientale;

-     e, in materia di beni culturali e paesaggistici, che il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta.

§  gli esiti delle valutazioni ambientale e archeologica sono trasmessi e comunicati dalle autorità competenti alle altre amministrazioni che partecipano alla conferenza di servizi di cui trattasi;

§  qualora si sia svolto il dibattito pubblico, è escluso il ricorso all'inchiesta pubblica di cui all'art. 24-bis del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).

L’art. 24-bis prevede che la consultazione del pubblico nell’ambito del procedimento di VIA si possa svolgere nelle forme dell'inchiesta pubblica e ne disciplina lo svolgimento. In particolare il comma 2 dispone che per i progetti di cui all'allegato II (cioè i progetti sottoposti a VIA statale) e nell'ipotesi in cui non sia stata svolta la procedura di dibattito pubblico, l'autorità competente si esprime con decisione motivata.

In relazione alla procedura di dibattito pubblico si ricorda che la relativa disciplina è stata recentemente modificata dall’art. 46 del D.L. 77/2021 al fine di pervenire all’individuazione di soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle finora previste (vale a dire le soglie indicate dall'Allegato 1 del D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76).

 

Il comma 3 dispone che la determinazione conclusiva della conferenza:

§  approva il progetto di fattibilità tecnica ed economica e tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative;

§  perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l'intesa tra Stato e regione o provincia autonoma, in ordine alla localizzazione dell'opera;

§  ha effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti;

§  comprende il parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici ovvero dal Comitato tecnico amministrativo di cui all'art. 215 del D.Lgs. 50/2016 (illustrato in precedenza), il provvedimento di valutazione ambientale e i titoli abilitativi necessari per la realizzazione del progetto, recandone l'indicazione esplicita.

 

Il comma 3 dispone inoltre che la variante urbanistica, conseguente alla determinazione conclusiva della conferenza, comporta l'assoggettamento dell'area a vincolo preordinato all'esproprio ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 327/2001, e le comunicazioni agli interessati di indizione della conferenza (disciplinate dall’art. 14, comma 5, della legge 241/1990) tengono luogo della fase partecipativa di cui all’art. 11 del medesimo decreto.

L’art. 10 del D.P.R. 327/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) dispone, tra l’altro, che il vincolo preordinato all'esproprio può essere disposto su iniziativa dell'amministrazione competente all'approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico. Il successivo articolo 11 disciplina invece la partecipazione degli interessati al procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all'esproprio.

 

Il comma 3 dispone altresì che gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell'opera.

Approvazione del progetto definitivo/esecutivo (commi 4 e 5)

Il comma 4 dispone che, in deroga all’art. 27 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 50/2016 (che disciplina le procedure di approvazione dei progetti relativi ai lavori), la verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo accerta, altresì, l'ottemperanza alle prescrizioni impartite in sede di approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, di quelle impartite in sede di valutazione ambientale e archeologica nonché di quelle eventualmente impartite all'esito della procedura prevista, in caso di amministrazioni dissenzienti, dall’art. 14-quinquies della legge 241/1990.

Lo stesso comma dispone che la verifica in questione è condotta ai sensi dell’art. 26, comma 6, del predetto Codice, cioè è svolta dai soggetti individuati dal comma 6 citato.

Si ricorda che il comma 6 dell’art. 26 del D.Lgs. 50/2016 individua il soggetto competente allo svolgimento dell’attività di verifica dei progetti a seconda dell’importo dei lavori.

 

Il comma 5 dispone che, fermo quanto previsto al comma 3, all'esito della verifica di cui al comma precedente, l'Agenzia del demanio procede direttamente all'approvazione del progetto definitivo o esecutivo.

Affidamento della progettazione e dell'esecuzione dei lavori (comma 6)

In base al comma 6, l’Agenzia del demanio può procedere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei relativi lavori (c.d. appalto integrato) anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. L'affidamento avviene mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta ovvero, in alternativa, mediante offerte aventi ad oggetto i successivi livelli di progettazione, la realizzazione delle opere e il prezzo. In entrambi i casi, l'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per i livelli di progettazione affidati e per l'esecuzione dei lavori.

Qualora si rendano necessarie modifiche sostanziali, l'Agenzia del demanio può indire una nuova conferenza di servizi ai fini dell'approvazione del progetto definitivo e alla stessa è chiamato a partecipare anche l'affidatario dell'appalto che provvede, ove necessario, ad adeguare il progetto alle eventuali prescrizioni susseguenti ai pareri resi in sede di conferenza di servizi.

Si ricorda che, in base all’art. 59 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), gli appalti relativi ai lavori sono affidati, ponendo a base di gara il progetto esecutivo ed è vietato il ricorso all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione di lavori ad esclusione dei casi di affidamento a contraente generale, finanza di progetto, affidamento in concessione, partenariato pubblico privato, contratto di disponibilità, locazione finanziaria, nonché delle opere di urbanizzazione a scomputo. Tale divieto è stato però sospeso dall’art. 1, comma 1, lett. b), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. decreto sblocca cantieri). Tale sospensione, per effetto delle proroghe successivamente intervenute (da ultimo l’art. 52 del D.L. 77/2021), si applica fino al 30 giugno 2023.

Si ricorda altresì che il comma 1-bis del citato art. 59 dispone che le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento della progettazione esecutiva e dell'esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell'amministrazione aggiudicatrice nei casi in cui l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell'appalto sia nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori.

Strumenti di acquisto e di negoziazione (comma 7)

Il comma 7 –  al fine di favorire la più ampia digitalizzazione dei servizi e delle attività della pubblica amministrazione, anche per far fronte alle esigenze derivanti dal prolungamento dell'emergenza sanitaria –  prevede che gli importi e i quantitativi massimi complessivi degli strumenti di acquisto e di negoziazione i cui termini di durata contrattuale non siano ancora spirati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche se eventualmente sia stato già raggiunto l'importo o il quantitativo massimo, realizzati da Consip S.p.A. e dai soggetti aggregatori aventi ad oggetto servizi applicativi e sistemistici, servizi cloud e contact center, sicurezza, reti locali, server, PC e licenze software sono incrementati del 50% del valore iniziale, fatta salva la facoltà di recesso dell'aggiudicatario con riferimento a tale incremento, da esercitarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Si ricorda che i principali strumenti di acquisto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella PA di Consip S.p.A., a disposizione delle pubbliche amministrazioni, sono: convenzioni, accordi quadro, Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa), Sistema dinamico di acquisto della Pubblica Amministrazione (Sdapa) e gare su delega e gare in ASP (Application Service Provider). Gli strumenti di acquisto sono oggetto di obbligo/facoltà di utilizzo da parte delle PA, con diversi profili dipendenti dalla tipologia di amministrazione (centrale, regionale, territoriale, ente del servizio sanitario nazionale, scuola/università, organismo di diritto pubblico), di acquisto (sopra soglia europea o sotto soglia europea) e dalla categoria merceologica. Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 457, legge n. 296/2006) ha previsto l’operatività di un sistema a rete, costituito da Consip S.p.A., che opera come centrale di committenza nazionale, e dalle centrali di committenza regionali, per razionalizzare la spesa della PA e per realizzare sinergie nell’utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi.

Nella relazione tecnica presentata al Senato viene evidenziato che “l’offerta di Consip in ambito ICT è ampia e diversificata: solo nel 2020 sono transitati attraverso gli strumenti Consip 4,3 Mld € di spesa ICT della Pubblica Amministrazione con una previsione, per il 2021, che si attesta su valori analoghi (4,4 Mld €). Alla data sono disponibili per le Amministrazioni, attraverso le Convenzioni e gli Accordi Quadro del Programma di Razionalizzazione e i Contratti quadro Consip per il Sistema Pubblico di Connettività, circa 3,4 Miliardi di € di contratti ICT pronti all’uso e relativi alle principali categorie merceologiche di spesa della PA.: infrastrutture ICT, licenze software, dispositivi ICT, servizi professionali e di supporto, servizi di comunicazione, ecc. A questi si aggiungeranno, entro i prossimi 12 mesi, ulteriori contratti, relativi a procedure di gara già in corso, per un valore complessivo di circa 6 Miliardi di €, con un ampliamento ad ambiti di presidio di particolare interesse per i progetti del PNRR: Sanità digitale, Sicurezza informatica, Public Cloud SaaS, ecc.”.

Norme relative all’Agenzia del demanio (commi 8 e 9)

Il comma 8 inserisce l’Agenzia del demanio tra i soggetti – individuati dall’art. 38, comma 1, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) – iscritti di diritto nell'elenco delle stazioni appaltanti qualificate.

Si ricorda che l’art. 37 del D.Lgs. 50/2016 dispone che le stazioni appaltanti possono procedere all'acquisizione di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e di lavori di importo superiore a 150.000 euro se sono in possesso della necessaria qualificazione ai sensi del successivo articolo 38. Tale articolo, in particolare, dispone (al comma 1) l’istituzione presso l'ANAC di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza e in cui sono iscritti di diritto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ora Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, CONSIP S.p.a., INVITALIA - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a., Difesa servizi S.p.A., nonché i soggetti aggregatori regionali.

 

In base al successivo comma 9 – al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di transizione ecologica ed innovazione digitale perseguiti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nonché di accelerare la realizzazione degli interventi di valorizzazione, manutenzione, rifunzionalizzazione, efficientamento energetico ed adeguamento sismico degli immobili di proprietà statale, inclusi gli immobili confiscati gestiti dall'Agenzia del demanio – la predetta Agenzia opera utilizzando le risorse della Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici, di cui all’art. 1, commi dal 162 a 170 e 106 della legge 145/2018. A tal fine la struttura di cui al presente comma opera con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

I commi da 162 a 170 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) hanno previsto l’istituzione di una Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici, di cui possono avvalersi le amministrazioni centrali e gli enti territoriali. Alla copertura degli oneri per l’istituzione, il funzionamento e l’assunzione del personale della Struttura si provvede con le risorse stanziate dal comma 106 della medesima legge, pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.

 

Nella relazione tecnica presentata al Senato viene evidenziato che “all’attualità, l’Agenzia si trova nella condizione di dover gestire complessivamente una considerevole mole di investimenti aggiuntivi e nelle more di implementare in maniera strutturale le dotazioni organiche dell’Agenzia, è di tutta evidenza la necessità, da un lato, di sopperire alle carenze di risorse umane di profilo tecnico-amministrativo necessarie all’attuazione delle attività pianificate, e dall’altro, di realizzare le opportune sinergie con le funzioni della Struttura per la Progettazione, operante presso l’Agenzia stessa, per ottemperare appieno ai propri compiti e attribuzioni, accelerare la realizzazione degli investimenti programmati e raggiungere la massima operatività per sostenere adeguatamente i livelli di servizio richiesti”. Nella relazione tecnica si sottolinea inoltre che la norma in esame è finalizzata “a dare pronta attuazione agli investimenti previsti nelle politiche di rilancio dell’economia nazionale e dal PNRR, consentendo all’Agenzia del Demanio di raggiungere gli sfidanti obiettivi ad essa demandati, incrementando l’efficacia della propria capacità progettuale e realizzando le opportune sinergie nell’espletamento delle funzioni tecniche complessive di progettazione e realizzazione degli interventi. Al riguardo, deve segnalarsi che negli ultimi anni il Legislatore ha affidato all’Agenzia del Demanio, nuovi e sfidanti compiti ed attribuzioni. Ci si riferisce in primo luogo a quanto previsto dalla legge di bilancio 2017 che ha assegnato all’Agenzia, fino al 2033, risorse finanziarie per complessivi 1.507 mln € di euro, destinate alla esecuzione di interventi edilizi sul patrimonio immobiliare statale in gestione (cfr. art. 1, comma 140, legge di bilancio 2017), aggiuntive rispetto a quelle gestite ordinariamente dall’Agenzia sui capitoli 7754 e 7755. Per la realizzazione di una così ingente mole di investimenti, l’Agenzia ha dovuto conseguentemente avviare il potenziamento delle proprie strutture operative, con l’assunzione di ulteriori circa 100 unità di profilo tecnico amministrativo, dedicate specificatamente alla realizzazione delle attività per gli investimenti in parola, sulla scorta delle quali ha, con l’ultimo Piano d’investimento 2021-2023, pianificato e avviato la realizzazione di interventi per oltre il 73% delle risorse assegnate. Con successivi provvedimenti normativi, l’Agenzia è risultata assegnataria di ulteriori 1.156 mln € (cfr. art. 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018; art. 1, comma 95, legge di bilancio 2019 e art. 1, comma 14, legge di bilancio 2020) per la realizzazione di investimenti sul patrimonio immobiliare statale e, più nello specifico, per l’adeguamento sismico, la riqualificazione energetica degli immobili e la digitalizzazione, ai quali si sono aggiunti con la legge di bilancio 2021 ulteriori 1.205 mln €, ad integrazione delle assegnazioni già previste sul capitolo 7759 e riconducibili agli stanziamenti ex comma 140. Inoltre, l’Agenzia ha necessità, in tempi ristrettissimi, di portare a compimento le attività di rifunzionalizzazione di circa 40 immobili pubblici per sopperire a locazioni passive scadute o di prossima scadenza, con interventi la cui entità di lavori ammonta complessivamente ad oltre 500 mln €. Si devono tenere nella giusta considerazione, inoltre, le richieste avanzate da altre Amministrazioni centrali dello Stato per l’impiego di fondi alle stesse assegnate per investimenti su immobili statali (es. Commissario straordinario per la ricostruzione post-sismica, Casa Italia, Ministero Giustizia) e per un supporto alla realizzazione, in qualità di soggetto attuatore, degli interventi previsti nel PNRR (es. Ministero del turismo)”.


 

Articolo 16-ter
(Destinazione proventi del "fondo massa" della Guardia di finanza)

 

 

L'articolo 16-ter - introdotto dal Senato - stabilisce che i proventi delle ritenute a favore del "fondo massa" del Corpo della Guardia di finanza, per la parte eccedente i bisogni normali per il pagamento delle indennità, siano impiegati in acquisti di titoli del debito pubblico od in altri investimenti.

 

Il "fondo massa" della Guardia di finanza è disciplinato dal regio decreto-legge 24 luglio 1931, n. 1223.

L'articolo 14-bis di tale decreto stabilisce che a valere sul fondo sia corrisposta una specifica indennità agli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza. A tal fine, ai sensi del secondo comma di tale art. 14-bis, gli ufficiali sono soggetti ad una ritenuta a favore del fondo massa dell'uno per cento sullo stipendio lordo.

L'art. 14-quater, primo comma, stabilisce, nel testo vigente, che i proventi delle ritenute di cui all'art. 14-bis sono, per la parte eccedente i bisogni normali per il pagamento delle indennità, impiegati con le stesse norme stabilite per l'amministrazione del fondo massa.

Con la novella in esame, si prevede che le somme riferite alla parte eccedente in oggetto siano impiegate in acquisti e investimenti secondo le modalità di cui all'articolo 26, primo comma, del regio decreto-legge 5 luglio 1934, n. 1187, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n. 568.

Tale primo comma dell'art. 26, concernente il fondo di previdenza sottufficiali e appuntati, fa riferimento, come sopra accennato, ad acquisti di titoli del debito pubblico o altri investimenti, autorizzati secondo le disposizioni applicabili.

La disposizione in esame, quindi, estende ai proventi eccedenti del "fondo massa" per le indennità degli ufficiali quanto previsto per il citato fondo di previdenza sottufficiali e appuntati.

 

 


 

Articolo 16-quater
(Attività internazionale del Corpo della Guardia di finanza)

 

 

L'articolo 16-quater - introdotto dal Senato - reca novelle alla disciplina dell'attività svolta dalle unità di personale del Corpo della Guardia di finanza, in qualità di esperti, presso rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari.

 

La disposizione in esame modifica, in particolare, l'articolo 4 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, il quale reca disciplina inerente al contingente di venticinque esperti del Corpo della Guardia di finanza, trasferiti presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari, per l’attività di supporto e consulenza per il contrasto delle violazioni in materia economica e finanziaria, a tutela del bilancio dello Stato e dell’Unione europea.

Il comma 1 dell'articolo in esame (modificando il comma 2 e aggiungendo un nuovo comma 5-bis al citato art. 4 del decreto legislativo n. 68 del 2001) stabilisce che tali esperti possano assumere più incarichi, per una durata complessiva non superiore a dodici anni.

La disposizione deroga ai limiti temporali previsti per gli incarichi di esperti all'estero recati dall'articolo 168, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 (recante "Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri"). Tale norma prevede, infatti, che alla stessa persona possono essere conferiti più incarichi purché, nel complesso, non superino gli otto anni.

Gli esperti di cui al presente articolo sono reimpiegati nel territorio nazionale al termine di un periodo massimo di otto anni continuativi di servizio prestato all'estero. Si prevede, inoltre, la possibilità di ulteriore destinazione all'estero presso rappresentanze diplomatiche e uffici consolari, diversi da quelli presso i quali hanno svolto il precedente periodo di otto anni.

Il servizio prestato dagli ufficiali della Guardia di finanza negli incarichi in oggetto è riconosciuto come servizio utile, a tutti gli effetti, ai fini dell'avanzamento al grado superiore.

 

Ai sensi del comma 2, le disposizioni in esame si applicano fino al 31 dicembre 2030.

 

 


 

Articolo 16-quinquies
(Anagrafe nazionale dei serbatoi di GPL)

 

 

L’articolo 16-quinquies - introdotto dal Senato - al comma 1 istituisce presso l'INAIL l'Anagrafe Nazionale dei Serbatoi di GPL (ANSO) installati sul tenitorio nazionale, con le risorse disponibili sul proprio bilancio, nel limite di 1 milione di euro per il 2022. Tale comma demanda quindi a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, l'individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione della predetta anagrafe.

 

Il comma 2 dispone in ordine ai relativi oneri, pari a 1 milione di euro per l'anno 2022 in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008 (L. n. 189/2008).

 

La disposizione sopra richiamata ha istituito nello stato di previsione del MEF, con una dotazione, in termini di sola cassa, di 435 milioni di euro per l'anno 2010 e di 175 milioni di euro per l'anno 2011, un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. All'utilizzo del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.


 

Articolo 16-sexies, comma 1
(Disciplina contratti locazione passiva stipulati dalle Amministrazioni statali entro il 31.12.2023)

 

 

L’articolo 16-sexies, comma 1, prevede la disapplicazione della riduzione del 15% dei canoni di locazione per i contratti di locazione passiva delle amministrazioni pubbliche stipulati dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni e fino al 31 dicembre 2023.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame, inserito dal Senato, prevede che, in considerazione delle modalità organizzative del lavoro delle pubbliche amministrazioni e avuto riguardo agli obiettivi di digitalizzazione e di transizione ecologica perseguiti dal Piano nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR)[131], le amministrazioni centrali come individuate dall'ISTAT (si veda la relativa pagina internet per l'elenco completo) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), nonché le Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e gli enti nazionali di previdenza e assistenza, per i contratti di locazione passiva stipulati dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni e fino al 31 dicembre 2023, non applicano le riduzioni del canone di mercato previste dall'articolo 3, commi 4, 6 e 10, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, in presenza di una delle seguenti condizioni:

     i)          classe di efficienza energetica dell'immobile oggetto di locazione non inferiore a B ovvero non inferiore a D per gli immobili sottoposti ai vincoli di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);

    ii)         rispetto da parte delle amministrazioni statali di cui all'articolo 2, comma 222, primo periodo, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009) (si tratta delle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali) di un parametro non superiore a 15 mq/addetto ovvero non superiore a 20 mq/addetto per gli immobili non di nuova costruzione con limitata flessibilità nell'articolazione degli spazi interni;

  iii)          il nuovo canone di locazione deve essere inferiore rispetto all'ultimo importo corrisposto, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, commi 222 e seguenti, della legge n. 191 del 2009 (previsione di specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di riunificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato) per le amministrazioni statali.

 

Si rammenta che il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2014, la riduzione del 15% del canone di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni e delle autorità indipendenti per gli immobili in uso istituzionale. Qualora si tratti di contratti scaduti o rinnovati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la riduzione si applica immediatamente. Per il triennio 2012-2014 è disposto, inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti dagli stessi soggetti. Le regioni e gli enti locali da un lato, e lo Stato dall'altro, possono concedersi reciprocamente l'uso gratuito dei loro beni immobili per fini istituzionali. Gli enti previdenziali devono comunicare all'Agenzia del demanio gli immobili di loro proprietà, al fine di verificare l'idoneità degli stessi ad essere utilizzati in locazione passiva, a canoni ed oneri agevolati, dalle amministrazioni statali per finalità istituzionali. Sono infine previste specifiche e stringenti condizioni per il rinnovo dei rapporti di locazione: disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per il periodo di durata del contratto di locazione; permanenza delle esigenze allocative all’esito dei piani di razionalizzazione nonché di quelli di riorganizzazione e accorpamento delle strutture.


 

Articolo 16-sexies, comma 2
(Contenimento della spesa per società pubbliche)

 

 

L’articolo 16-sexies, comma 2, prevede che per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 non si applicano alla società AMCO S.p.A. le norme di contenimento della spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente. La società rispetta l'obbligo di informazione preventiva al competente Ministero, in relazione alle operazioni finanziarie che comportano la variazione dell'esposizione debitoria della società. Viene inoltre sospesa, anche per le società a partecipazione pubblica quotate nonché alle società da queste controllate, la disposizione secondo cui non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi. Inoltre, i risultati conseguiti negli esercizi 2020, 2021 e 2022 non vengono comunque considerati nel computo delle annualità in perdita.

 

In particolare, il comma 2 dell'articolo in esame, inserito dal Senato, prevede che, al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento delle attività funzionali al raggiungimento dell'oggetto sociale, e ferma restando l'autonomia finanziaria e operativa della società, per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 non si applicano alla società AMCO S.p.A. le norme di contenimento della spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'ISTAT (si veda la relativa pagina internet per l'elenco completo) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), ivi comprese le disposizioni di cui all'art. 1, comma 533 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), all'art. 1, commi 859, 861, 862, 863, 864, 867, 868, 869, 870, 871 e 872 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), e al decreto legislativo n. 91 del 2011 (Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili).

 

AMCO S.p.A. è una società per azioni il cui capitale sociale - attualmente pari ad euro 655.153.674 - è diviso in 600.000.000 di azioni ordinarie prive dell’indicazione del valore nominale, interamente detenute dal MEF, e da 55.153.674 azioni B prive del valore nominale e senza diritto di voto, detenute dal MEF, da altri azionisti ed inclusive delle azioni proprie. In base all'articolo 3 dello statuto, ha per oggetto principale l'acquisto e la gestione con finalità di realizzo, secondo criteri di economicità, di crediti e rapporti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario. La Società, inoltre, può acquistare partecipazioni e altre attività finanziarie, inclusi titoli di cartolarizzazione che hanno come sottostante crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario nonché quote di fondi di investimento di tipo chiuso, riservati ad investitori professionali, istituiti per la sottoscrizione di azioni emesse da banche o per la sottoscrizione e/o acquisto di titoli emessi da società costituite per finanziare l’acquisto di crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario, o per l’acquisto diretto di tali crediti.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 533, della legge di bilancio 2017, al fine di favorire il monitoraggio del ciclo completo delle entrate e delle spese, le amministrazioni pubbliche ordinano gli incassi e i pagamenti al proprio tesoriere o cassiere esclusivamente attraverso ordinativi informatici emessi secondo lo standard Ordinativo Informatico emanato dall'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), per il tramite dell'infrastruttura della banca dati SIOPE gestita dalla Banca d'Italia nell'ambito del servizio di tesoreria statale. Le modalità con cui enti e tesorieri scambiano gli ordinativi informatici con l'infrastruttura SIOPE sono definite da apposite regole di colloquio definite congiuntamente con l'AGID e disponibili nelle sezioni dedicate al SIOPE del sito internet istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS). I tesorieri e i cassieri non possono accettare disposizioni di pagamento con modalità differenti da quelle descritte nel periodo precedente.

 

Si rammenta, inoltre, e in estrema sintesi che i commi da 849 a 872 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ampliano le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. I commi disciplinano, inoltre, il limite di ammontare, le garanzie, i termini per la richiesta e per il rimborso delle anticipazioni, nonché una serie di incentivi e penalità rivolte agli enti pubblici al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali.

In particolare, il comma 859 detta le condizioni in base alle quali le amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato e dagli enti del SSN (P.A. di cui all'elenco ISTAT), a decorrere dal 2021:

?    devono effettuare l’accantonamento nel Fondo di garanzia debiti commerciali, (previsto dal successivo comma 862), se si tratta di amministrazioni che adottano la contabilità finanziaria;

?    subiscono le penalità, in termini di riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi (previste dal successivo comma 864), se si tratta di amministrazioni che adottano la contabilità economico-patrimoniale.

Ai sensi del comma 860, gli enti del Servizio sanitario nazionale applicano le misure di cui al comma 865, in base al quale, per gli enti che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennità di risultato.

Il comma 861 dispone che gli indicatori di ritardo nel pagamento dei debiti commerciali pregressi di cui ai commi 859 e 860 sono elaborati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013. I tempi di ritardo sono calcolati tenendo conto anche delle fatture scadute che le amministrazioni non hanno ancora provveduto a pagare. Limitatamente all'esercizio 2021, le amministrazioni pubbliche di cui ai citati commi 859 e 860, qualora riscontrino, dalle proprie registrazioni contabili, pagamenti di fatture commerciali non comunicati alla piattaforma elettronica di cui al primo periodo del presente comma, possono elaborare gli indicatori di cui ai predetti commi 859 e 860 sulla base dei propri dati contabili, con le modalità fissate dal presente comma, includendo anche i pagamenti non comunicati, previa relativa verifica da parte del competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

Il comma 866 dispone che le regioni trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all'articolo 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trenta e di Bolzano, una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del comma 865. Il comma 867 stabilisce che, a decorrere dal 2020, entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 comunicano, mediante la Piattaforma elettronica di cui comma 861, l'ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente. Il comma 868 dispone che a decorrere dal 2020, le misure di cui al comma 862, lettera a), al comma 864, lettera a) e al comma 865, lettera a) si applicano anche alle amministrazioni pubbliche di cui ai commi 859 e 860 che non hanno pubblicato l'ammontare complessivo dei debiti, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 33 del 2013, e che non hanno trasmesso alla Piattaforma elettronica le comunicazioni di cui al 867 e le informazioni relative all'avvenuto pagamento delle fatture. Il comma 869 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2019, per le singole amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, sul sito web istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono pubblicati, ed aggiornati con specifiche scadenze. Il comma 870 dispone che a decorrere dall'anno 2019, per le singole amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, è pubblicato, sul sito web istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'ammontare dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente. Il comma 871 stabilisce che le informazioni di cui al comma 869, lettera b), costituiscono indicatori rilevanti ai fini della definizione del programma delle verifiche di cui all'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009 dei servizi ispettivi di finanza pubblica del MEF-RGS. Il comma 872, infine, attribuisce al competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile il compito di verificare la corretta attuazione delle predette misure.

 

Il comma in esame prosegue precisando che la società rispetta l'obbligo di informazione preventiva al competente Ministero, in relazione alle operazioni finanziarie che comportano la variazione dell'esposizione debitoria della società. Avuto riguardo agli effetti sull'economia e sui risultati economici delle società derivanti dall'epidemia da COVID-19, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 734, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) è sospesa per gli anni 2021 e 2022.

 

Ai sensi dell'articolo 1, comma 734, della legge finanziaria 2007, non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi.

 

I risultati conseguiti negli esercizi 2020, 2021 e 2022 non vengono comunque considerati nel computo delle annualità in perdita.

Le disposizioni di cui al menzionato articolo 1, comma 734, della legge finanziaria 2007 non si applicano alle società a partecipazione pubblica quotate così come definite all'articolo 2, comma l, lettera p) del decreto legislativo n. 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), nonché alle società da queste controllate.


 

Articolo 16-septies
(Misure relative all'Agenas e al Servizio sanitario
della Regione Calabria)

 

 

L'articolo 16-septies - inserito dal Senato - reca misure relative all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e al Servizio sanitario della Regione Calabria.

Il comma 1 del presente articolo autorizza l'Agenas ad assumere, a decorrere dal 1° gennaio 2022, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, un contingente di 40 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nella categoria D, con corrispondente incremento della vigente dotazione organica; tale previsione è intesa a consentire all'Agenzia di supportare le attività dei Commissari ad acta per l’attuazione dei Piani di rientro dai disavanzi sanitari regionali. Ai fini delle assunzioni in oggetto, l’Agenas è autorizzata per il 2022 a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche, secondo le modalità semplificate di cui all’articolo 10 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, e successive modificazioni, in deroga alle ordinarie procedure di mobilità.

All'onere derivante dalla presente disposizione, quantificato pari a 1.790.000 euro annui a decorrere dal 2022, si provvede a valere sullo stanziamento già previsto in favore dell'Agenas, nonché in favore dell'Osservatorio nazionale e degli Osservatori regionali della formazione medica specialistica, ai sensi dell'articolo 1, comma 472, della L. 27 dicembre 2019, n. 160.

Il comma 2, lettera a), prevede che il personale assunto in base alla novella di cui al precedente comma 1 sia assegnato dall'Agenas, fino al 31 dicembre 2024, a supporto del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria; il personale suddetto può operare anche presso le altre strutture inerenti al Servizio sanitario della Regione Calabria richiamate dalla lettera a).

La successiva lettera b) consente il reclutamento, secondo le procedure e i limiti finanziari ivi stabiliti, con contratto di lavoro subordinato a termine (di durata non superiore a trentasei mesi), di un contingente fino a cinque unità di personale non dirigenziale, da inquadrare nella categoria D, da parte di ciascuno degli enti o aziende del Servizio sanitario della Regione Calabria, al fine di supportare le funzioni delle unità operative semplici e complesse, comunque denominate, deputate al processo di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, sia per la gestione corrente che per il pregresso (previa circolarizzazione obbligatoria dei fornitori sul debito iscritto fino al 31 dicembre 2020). Gli oneri finanziari relativi ai suddetti contingenti sono posti, per gli anni 2022 e 2023, a carico di uno stanziamento già disposto in favore del suddetto Servizio sanitario regionale e, per il 2024, a valere sulle risorse di cui alla successiva lettera f). Qualora i fornitori non diano risposta entro il 31 dicembre 2022 alla prevista circolarizzazione obbligatoria, il corrispondente debito si intende non dovuto.

La lettera c) prevede la collaborazione, fino al 31 dicembre 2024, da parte della Guardia di finanza, con le unità operative semplici e complesse deputate al monitoraggio e alla gestione del contenzioso suddetto. La collaborazione è svolta secondo le procedure e le modalità ivi previste, tra cui anche un'anticipazione delle facoltà assunzionali del 2025 della Guardia di finanza.

La lettera d) prevede alcune possibilità di reclutamento e di conferimento di incarichi a termine da parte della Regione Calabria, al fine di garantire la piena operatività della Gestione sanitaria accentrata del relativo Servizio sanitario regionale[132].

La lettera e) esclude, nella definizione del riparto del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2022, il computo delle somme dovute dalla Regione Calabria in base al saldo della mobilità sanitaria interregionale, disponendo che tali somme siano recuperate dalle regioni e province autonome in un arco quinquennale a partire dal 2026.

La lettera f) autorizza, nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, un contributo di solidarietà in favore della Regione Calabria pari a 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Si ricorda che uno stanziamento speciale pari a 60 milioni annui è stato già disposto per il triennio 2021-2023[133].

La lettera g) esclude fino al 31 dicembre 2025 la possibilità di azioni esecutive nei confronti degli enti ed aziende del Servizio sanitario della Regione Calabria.

Il comma 3 specifica le norme di cui al comma 2 trovano applicazione nei confronti della Regione Calabria anche qualora, in considerazione dei risultati raggiunti, cessi la gestione commissariale del Piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria; in tale ipotesi, ogni riferimento al Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro si intende riferito alla Regione Calabria.

 


 

Articolo 16-octies
(
Semplificazione e accelerazione delle attività finalizzate alla realizzazione del programma di interventi per le città di Bergamo e Brescia designate "Capitale italiana della cultura" per il 2023)

 

 

L’articolo 16-octies, introdotto dal Senato, reca norme finalizzate ad assicurare l'avvio e la celere realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria degli immobili di proprietà dello Stato insistenti nei territori delle città di Bergamo e Brescia, in considerazione dell’attribuzione alle due città del titolo di "Capitale italiana della cultura" per l’anno 2023.

 

Al riguardo, si ricorda che l'art. 183, co. 8-bis, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha previsto che il titolo di "Capitale italiana della cultura" è conferito, per il 2023, in via straordinaria e in deroga rispetto alla procedura ordinaria, alle città di Bergamo e Brescia, al fine di promuovere il rilancio socio-economico e culturale dell’area più colpita dall’emergenza sanitaria da COVID-19. A tal fine, le città di Bergamo e di Brescia presentano al Ministero della cultura, entro il 31 gennaio 2022, un progetto unitario di iniziative finalizzato a incrementare la fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale.

Per approfondimenti sulla procedura ordinaria di conferimento del titolo di Capitale italiana della cultura, si veda l’apposito tema curato dal Servizio Studi della Camera.

 

L’articolo in esame - in considerazione della designazione delle città di Bergamo e Brescia quali capitali italiane della cultura per l’anno 2023 – reca norme finalizzate ad assicurare l'avvio e la celere realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria degli immobili di proprietà dello Stato insistenti nei predetti territori, ricompresi nel sistema accentrato delle manutenzioni di cui all’art. 12 del D.L. 98/2011.

A tal fine viene previsto che, previo accordo con le strutture del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS), l’esecuzione dei predetti interventi manutentivi può essere gestita direttamente dall’Agenzia del demanio, qualora gli stessi interventi siano relativi ad immobili rientranti nei piani per la prevenzione del rischio sismico, per l’efficientamento energetico o in altri piani di investimento della medesima Agenzia, ovvero laddove possano essere comunque garantite economie di scala e forme di razionalizzazione degli investimenti.

Per la realizzazione degli interventi manutentivi in questione, l’Agenzia del demanio utilizza anche le risorse di cui all’art. 12, comma 6, del D.L. 98/2011, nel limite complessivo di 6 milioni di euro.

L’articolo 12, comma 3, del decreto-legge n. 98 qui richiamato, ha attribuito all'Agenzia del demanio il ruolo di decisore della spesa per gli interventi manutentivi ordinari e straordinari effettuati sugli immobili, sia di proprietà dello Stato che di terzi, in uso alle Amministrazioni Pubbliche (esclusi i Ministeri della difesa e della cultura). Al riguardo, si veda la pagina del sito dell'Agenzia "Manutentore unico".

Il comma 6, richiamato dalla disposizione in esame, stabilisce che le risorse per gli interventi manutentivi a disposizione delle Amministrazioni di cui al comma 2, lettere a) e b) del medesimo art. 12, confluiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2013, in due appositi fondi, rispettivamente per le spese di parte corrente e di conto capitale per le manutenzioni ordinaria e straordinaria, istituiti nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, impiegati dall'Agenzia del demanio.

Il comma 2, lettere a), prevede che siano attribuite all'Agenzia del demanio le decisioni di spesa, sentito il MIMS, relative agli interventi manutentivi, a carattere ordinario e straordinario, effettuati sugli immobili di proprietà dello Stato, in uso per finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato con alcune eccezioni nonché (lettera b)) le decisioni di spesa, sentito il medesimo Ministero, per gli interventi manutentivi posti a carico del conduttore sui beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo dalle Amministrazioni di cui alla lettera a).

 

 


 

Articolo 17, comma 1
(Assegno unico e universale)

 

 

L’articolo 17, al comma 1, a decorrere dal 2022, incrementa di 6.000 milioni di euro annui il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia. Conseguentemente, a decorrere dal 2022, è ridotto di 6.000 milioni di euro annui il Fondo per l’attuazione della delega fiscale. Le risorse sono indirizzate alla messa a regime, dal 1° gennaio 2022, dell’assegno unico e universale.

 

Il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia è stato istituito ad opera dell'art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge n.160 del 2019) con una dotazione inizialmente pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità, c.d. bonus bebè (410 milioni per il 2021) e del Bonus asilo nido (200 milioni per il 2021). Per il 2021 anche il rifinanziamento del congedo di paternità (106,1 milioni di euro) è a valere sul Fondo.

La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 7, della legge n. 178 del 2020) ha incrementato il Fondo di 3.012,1 milioni di euro per il 2021, in vista della supposta entrata in vigore, a regime, nel luglio 2021, dell’assegno unico ed universale. Nelle more dell'approvazione dei decreti legislativi delegati, considerata la necessità di introdurre in via temporanea misure immediate volte a sostenere la genitorialità e a favorire la natalità, il decreto legge n. 79 del 2021[134] ha invece autorizzato, per il semestre luglio-dicembre 2021, l'erogazione su base mensile, da parte dell'INPS, di un assegno temporaneo per figli minori per ogni figlio al di sotto dei 18 anni, inclusi i figli minori adottati e in affido preadottivo. L'assegno temporaneo spetta ai nuclei familiari che non hanno diritto all'Assegno per il Nucleo Familiare - ANF (lavoratori autonomi; disoccupati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri; titolari di pensione da lavoro autonomo; nuclei che non hanno uno o più requisiti per godere dell'ANF), ed è erogato in funzione del numero dei figli e in misura decrescente all'aumentare del livello di ISEE (fino ad azzerarsi a 50.000 euro di ISEE). L'assegno è compatibile con le attuali misure assistenziali a sostegno della famiglia e col Reddito di Cittadinanza. La domanda può essere presentata a partire dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021.

Si ricorda inoltre che, al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale, la manovra di bilancio 2021 (art. 1, co. 2, della legge n. 178 del 2020) ha istituito il Fondo per l’attuazione della delega fiscale  con una dotazione di 8.000 milioni di euro per il 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia (art. 1, comma 2 della legge n. 178 del 2020).

 

Le risorse sono indirizzate alla messa a regime, dal 1° gennaio 2022, dell’assegno unico e universale, di cui alla legge delega n. 46 del 2021[135].

Per la puntuale regolamentazione dell’assegno è prevista l’emanazione, entro dodici mesi dalla data di  entrata  in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi,  su proposta del Ministro con delega  per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e  del Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  sentita  la   Conferenza unificata, e sulla base di principi e criteri direttivi puntualmente definiti (artt. 1 e 2 della legge n. 46/2021).

 

A regime, l'assegno unico e universale per i figli al di sotto dei 21 anni andrà a sostituire le seguenti misure attualmente in vigore: detrazioni fiscali per i figli a carico under 21Assegno per il nucleo familiare - ANFbonus bebépremio alla nascitaassegno per il nucleo familiare dei Comuni. La legge delega impegna il Governo ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore, uno o più decreti legislativi volti a definire nel dettaglio l'applicazione della misura, attenendosi ai principi e criteri direttivi previsti dalla medesima legge delega n. 46. Più precisamente, l'assegno è riconosciuto mensilmente:

- per ciascun figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo, all'importo dell'assegno viene applicata una maggiorazione;
- per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento del ventunesimo anno di età, con possibilità di corresponsione dell'importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l'autonomia (assegno mensile, di importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni). L'assegno ai maggiorenni è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un'agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile universale
E' previsto inoltre il riconoscimento dell'assegno mensile:
- di importo maggiorato a favore delle madri di età inferiore a 21 anni;
- di importo maggiorato in misura non inferiore al 30% e non superiore al 50% per ciascun figlio con disabilità, con maggiorazione graduata secondo le classificazioni della condizione di disabilità;
- senza maggiorazione, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico.
L'assegno è concesso nella forma di credito d'imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro.
L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito con criteri di progressività a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia (per il 2021 sono stati previsti 3 miliardi di euro, in quanto si stima che la misura sarà a regime dal luglio 2021) e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti stimate in 14 miliardi di euro circa) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle misure ora vigenti per il sostegno dei figli a carico (vedi ante).


 

Articolo 17, comma 2
(Eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 17 incrementa di 187 milioni di euro per l’anno 2021 il fondo previsto dalla legge di bilancio 2021, istituito per fronteggiare i danni causati dagli eventi alluvionali verificatisi negli anni 2019 e 2020, per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza.

 

Il comma 2 dell’articolo 17 incrementa di 187 milioni di euro per l’anno 2021 il fondo di cui all’art. 1, comma 700, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020), al fine di far fonte alle esigenze derivanti dagli interventi urgenti previsti dall'articolo 25, comma 2, lettera d), del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1).

L'art. 25, comma 2, lettera d), del Codice della protezione civile prevede l’emanazione di ordinanze di protezione civile, nel limite delle risorse disponibili, al fine, tra l’altro, della realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti.

Il comma 700 dell’art. 1 della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) ha autorizzato, nei territori colpiti dagli eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020 per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di provvedere agli interventi urgenti, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo e alla ricognizione dei fabbisogni per la ricostruzione pubblica e privata. Per tale finalità, è stato istituito, per l’anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile, da ripartire con ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

 

 


 

Articolo 17, commi 3 e 4
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 17, commi 3 e 4, reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 3 reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 2, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 e dal comma 2 del presente articolo in:

§  3.369.272.932 euro per l’anno 2021,

§  356.629.374 euro per l’anno 2022,

§  111.941.389 euro per l’anno 2023,

§  101.113.994 euro per l’anno 2024,

§  101.330.369 euro per l’anno 2025,

§  101.380.701 euro per l’anno 2026,

§  101.453.617 euro per l’anno 2027,

§  101.498.783 euro per ciascuno degli anni 2028 e 2029,

§  65.898.783 euro per ciascuno degli anni 2030 e 2031,

§  65.951.795 euro per l’anno 2032 e

§  66.031.541 euro annui a decorrere dall’anno 2033, che aumentano, in termini di saldo netto da finanziare di cassa, a 3.457.272.932 euro per l’anno 2021.

Il comma prosegue indicando quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria:

a)   quanto a 187 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 44 del codice della protezione civile di cui al decreto legislativo n. 1 del 2018 come incrementato dall’articolo 40, comma 3, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021;

si tratta del Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della protezione civile. Il Fondo è allocato sul capitolo 7441 del bilancio del Ministero dell'economia e finanza. Nel bilancio 2021-2023, quel capitolo reca stanziamenti (di competenza e cassa) pari a 940 milioni per il 2021, a 340 milioni per ciascuna degli anni 2022 e 2023. L'articolo 40, comma 3, del decreto-legge n. 41 del 2021 ha incrementato il Fondo di 700 milioni di euro per l'anno 2021;

b)  quanto a 1.600 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 26, comma 10, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020;

si tratta del fondo istituito, per l'anno 2021, nello stato di previsione del MEF per la fruizione dei crediti di imposta di cui beneficiano i soggetti che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell'aumento del capitale sociale, previsti dal medesimo articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020. Per la fruizione di tali crediti di imposta è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021;

 

c)   quanto a 400 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), che, alla data del 15 ottobre 2021, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite per detto importo all’erario;

si tratta delle somme afferenti le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, alla data del 15 ottobre 2021, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che pertanto vengono definitivamente acquisite all'erario;

 

d)  quanto a 200 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo del fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi perenti della spesa di parte corrente, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009);

si rammenta che, ai sensi dell'articolo 27 (Fondi speciali per la reiscrizione in bilancio di residui passivi perenti delle spese correnti e in conto capitale) della legge di contabilità e finanza pubblica, nello stato di previsione della spesa del MEF sono istituiti, nella parte corrente e nella parte in conto capitale, rispettivamente, un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa di parte corrente eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa» e un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa», le cui dotazioni sono determinate, con apposito articolo, dalla legge del bilancio;

e)   quanto a 550 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo del fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi perenti della spesa in conto capitale, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) (si veda l'approfondimento sopra);

f)   quanto a 26 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 203, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);

si tratta dell'autorizzazione di spesa riguardante i trattamenti pensionistici liquidabili secondo la disciplina relativa ai cosiddetti soggetti precoci. Si ricorda che quest'ultima categoria è costituita dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle fattispecie individuate dall'articolo 1, comma 199, della suddetta legge n. 232, e successive modificazioni;

 

g)  quanto a 44 milioni di euro per l’anno 2021, mediante utilizzo degli importi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo n. 67 del 2011;

si tratta degli importi previsti per l’attuazione delle misure per l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti;

 

h)  quanto a 55,9 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 8, primo periodo, del decreto-legge n. 30 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 2021;

si tratta dell'autorizzazione di spesa relativa alla concessione - in base ad alcune norme transitorie connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed inerenti a specifiche fattispecie relative ai figli - di congedi con indennità o di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting o di servizi integrativi per l’infanzia. Tale autorizzazione di spesa è stata da ultimo ridotta di 126,6 milioni di euro per l'anno 2021 dall'articolo 42, comma 10, lettera c), del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021;

 

i)    quanto a 115 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 4, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021 relativa ai benefici di cui al comma 2 del medesimo articolo;

 

l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 41 del 2021 riconosce - nel limite di spesa di 856,8 milioni di euro per il 2021 - le tre quote di reddito di emergenza (REM) previste dal comma 1 del medesimo articolo anche in favore dei soggetti con ISEE in corso di validità non superiore a 30.000 euro, che hanno terminato le prestazioni relative alle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021. Tali risorse sono state iscritte, insieme a quelle relative al comma 1, su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato "Fondo per il Reddito di emergenza" (articolo 82, comma 10, del decreto legge n. 34 del 2020);

 

l)    quanto a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1039, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), come rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017);

l'autorizzazione di spesa si riferisce al Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

Con riferimento all’utilizzo del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale, come rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) si veda l’apposito paragrafo del tema “I Fondi per gli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato” pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati;

 

m)       quanto a 90 milioni di euro per l’anno 2021 e a 165 milioni per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione delle risorse iscritte nell’ambito del programma «Oneri finanziari relativi alla gestione della tesoreria» azione «Interessi sui conti di tesoreria» della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021;

n)  quanto a euro 1.500.000 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

o)  quanto a euro 25.804.000 per l’anno 2022 e a euro 34.304.000 annui a decorrere dall’anno 2023, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

p)  quanto a 4,2 milioni di euro per l’anno 2022, 1,4 milioni di euro per l’anno 2023, 51.526.369 euro per l’anno 2025, 51.576.701 euro per l’anno 2026, 51.649.617 euro per l’anno 2027, 51.694.783 euro per ciascuno degli anni 2028 e 2029, 16.094.783 euro per ciascuno degli anni 2030 e 2031, 16.147.795 euro per l’anno 2032 e 16.227.541 euro annui a decorrere dall’anno 2033, mediante corrispondente riduzione del FISPE (Fondo per interventi strutturali di politica economica) di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004;

q)  quanto a 15,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014);

r)   quanto a 192,2 milioni di euro per l’anno 2021, 173,7 milioni di euro per l’anno 2022, 70 milioni di euro per l’anno 2023 e 96,7 milioni di euro per l’anno 2024 e, in termini di indebitamento netto e fabbisogno, a 254,235 milioni di euro per l’anno 2021, 298,369 milioni di euro per l’anno 2022, 93,321 milioni di euro per l’anno 2023 e 120,299 milioni di euro per l’anno 2024, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e minori spese derivanti dagli articoli 9, comma 8, 11, comma 11, 13, commi 3 e 4.

 

Il comma 4, ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il Ministero dell’economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.


 

Articolo 18
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 18 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 22 ottobre 2021.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, la medesima legge di conversione (la quale apporta modifiche al decreto-legge) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.



[1]    Riguardo alla nozione di residenza (nel territorio dello Stato) dei soggetti diversi dalle persone fisiche, cfr. la definizione, posta ai fini delle imposte sui redditi, di cui all'articolo 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[2]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, del 40 maggio 2021, p. 40.

[3]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 68-88.

[4]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 106-109.

[5]    Si veda il dossier n. 393/2 Vol. I del 19 luglio 2021, pp. 18-40.

[6]    Si veda il dossier n. 393/2 Vol. I, pp. 68-70.

[7]    Per la descrizione completa della disciplina dettata dalle Sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 si rinvia al dossier n. 413/2 - Parte I del 10 maggio 2021, pp. 26-32.

[8]    Per l'esame di tali misure si rinvia al dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 22-26.

[9]    Testo modificato dall'articolo 1, comma 597, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

[10]   Di cui all'articolo 26 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 1, commi 481 e 483, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni.

[11]   Cfr., in merito, l'ultimo paragrafo della presente scheda.

[12]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 2842 del 6 agosto 2021.

[13]   Di cui all'articolo 87, comma 1, del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[14]   La relazione tecnica è reperibile nell'A.S. n. 2426. Cfr., tuttavia, anche infra, riguardo all'aspetto dell'applicabilità per i periodi ricadenti nel 2020.

[15]   Cfr. anche infra.

[16]   Cfr. infra.

[17]   Si ricorda infatti che per alcune categorie di dipendenti privati, in base a norme specifiche, il trattamento di malattia è a carico del datore di lavoro medesimo.

[18]   Cfr. i commi 1 e 2 del citato articolo 26 del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

      L'esclusione dal periodo di comporto concerne anche i casi di quarantena dovuta ad infezione da COVID-19 - in base alla formulazione del citato comma 1 dell'articolo 26 - nonché tutte le omologhe ipotesi di quarantena (ivi compresa quella precauzionale) relative ai lavoratori dipendenti pubblici (ai sensi del citato comma 1 dell'articolo 87 del D.L. n. 18).

[19]   Tale interpretazione è stata ribadita dal successivo messaggio dell'INPS n. 3465 del 13 ottobre 2021.

[20]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 1667 del 23 aprile 2021 e il messaggio dell'INPS n. 2842 del 6 agosto 2021, che riportano l'interpretazione in oggetto indicata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[21]   La relazione tecnica è reperibile, come detto, nell'A.S. n. 2426.

[22]   Al riguardo, la novella richiama l’articolo 71 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

[23]   Riguardo a tali condizioni, cfr. infra.

[24]   L'indennità riconosciuta in base all'equiparazione al ricovero ospedaliero può trovare comunque delle limitazioni temporali, secondo l'interpretazione seguita dall'INPS. Al riguardo, cfr. infra.

[25]   In merito, la norma in esame opera anche un richiamo di natura generale all’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104. Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".

[26]   Riguardo alla condizione generale di handicap, cfr. supra, in nota.

[27]   Cfr., al riguardo, il messaggio dell’INPS n. 2584 del 24 giugno 2020.

[28]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 171 del 15 gennaio 2021 e il messaggio dell'INPS n. 3465 del 13 ottobre 2021.

[29]   Si ricorda che i contratti collettivi di lavoro prevedono spesso un'integrazione (a carico del datore di lavoro) del trattamento di malattia riconosciuto dall'INPS.

[30]   In base al messaggio dell’INPS n. 2584 del 24 giugno 2020, per tutte le fattispecie di periodo prescritto di assenza dal servizio, di cui al citato articolo 26, comma 2, del D.L. n. 18, "il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera".

[31]   Si ricorda altresì che, per la medesima fattispecie di assenza dal servizio, il citato comma 2 dell'articolo 26 del D.L. n. 18 esclude il diritto alla liquidazione in forma monetaria delle ferie non fruite a causa delle assenze.

[32]   Riguardo all’esclusione dell’indennità di accompagnamento per alcuni casi di ricovero, cfr. il messaggio dell’INPS n. 18291 del 26 settembre 2011 e i riferimenti normativi ivi citati.

[33]   Si ricorda che in tale gestione sono iscritti i lavoratori autonomi e i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non sono iscritti ad altri regimi pensionistici obbligatori (gestiti dall’INPS o da altri enti pubblici o privati).

[34]   Sul punto, si ricorda che il DPCM del 2 marzo 2021 dispone (art. 21, co. 1) che nelle cosiddette zone gialle è sempre garantita la possibilità di svolgere attività in presenza se necessaria a realizzare l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

[35]   Il comma 2 dell’articolo richiama infatti l'art. 23 del Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 151/2001, con esclusione del comma 2 dello stesso articolo 23; conseguentemente, nel calcolo dell’indennità non vengono computati i citati ratei giornalieri in quanto la norma in commento esclude dal richiamo normativo il comma 2 del suddetto articolo 23.

[36]   Si tratta dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali).

[37]   Ai sensi del richiamato art. 32 del Testo unico a sostegno della maternità e della paternità, per ogni figlio fino a 12 anni, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo che, complessivamente, non può eccedere il limite di 10 mesi. In generale, il diritto di astenersi dal lavoro compete: alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso lo stesso eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi; qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. In base al successivo art. 33, per ogni minore con handicap fino a 12 anni, il predetto congedo parentale può essere prolungato, ricorrendo determinate condizioni, per un periodo non superiore a tre anni. Per i periodi di congedo parentale è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.

[38]   Il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale è stato istituito con il richiamato decreto interministeriale 7 aprile 2016, n. 95269, che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ha adeguato alle previsioni di cui al D.Lgs. 148/2015 la disciplina del previgente Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo. La relativa disciplina si applica, dunque, alle prestazioni integrative a carico del Fondo che decorrono dal 1° gennaio 2016, riconosciute in favore dei lavoratori delle imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché delle imprese del sistema aeroportuale.

[39]   Riguardo a tali limiti, cfr. infra.

[40]   Riguardo all'ambito di applicazione del trattamento ordinario di integrazione salariale, cfr. l'articolo 10 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148

[41]   Questi ultimi concernono i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, tutele rappresentate dai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale e dagli assegni ordinari summenzionati dei fondi di solidarietà.

[42]   I fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[43]   Al riguardo, il messaggio dell'INPS n. 4034 del 18 novembre 2021 conferma l'interpretazione già seguita, secondo la quale, nei casi di trasferimento di azienda ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile e nei casi di impresa subentrante in un appalto, si computa, ai fini in oggetto, anche il periodo relativo al rapporto di lavoro alle dipendenze dell'impresa originaria (cfr. la circolare dell'INPS n. 72 del 29 aprile 2021).

[44]   Disciplina di cui all'articolo 8 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, e successive modificazioni.

[45]   La circolare dell'INPS n. 72 del 29 aprile 2021 - emanata su conforme parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ha specificato che tali prestazioni potevano essere chieste anche con riferimento all'inizio della settimana in cui ricadeva il termine del 1° aprile, quindi dal 29 marzo 2021.

[46]   Si ricorda che quest'ultima era posta dai commi da 299 a 305 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni.   

[47]   Disciplina di cui all'articolo 50-bis, commi da 2 a 6, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106.

[48]   Come detto, questi ultimi fondi sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[49]   Riguardo alle domande in esame, cfr. anche il messaggio dell'INPS n. 4034 del 18 novembre 2021.

[50]   Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[51]   Riguardo a tale anticipazione, cfr. l'articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[52]   Cfr. la circolare dell'INPS n. 86 del 15 luglio 2020, emanata d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[53]   L'INPS (cfr., per esempio, la citata circolare n. 72 del 2021) ha specificato (su conforme avviso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) che, in caso di domande di nuovi periodi di trattamento in deroga (con causale COVID-19), non è necessaria la definizione di un nuovo accordo.

[54]   Cfr. il comma 2 dell'articolo 19 e il comma 6 dell'articolo 22 del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[55]   Cfr. il comma 3 del citato articolo 19 del D.L. n. 18 del 2020 nonché il paragrafo 3 della circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020.

      Si ricorda altresì che, ai sensi degli articoli 20 e 21 del medesimo D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni, il trattamento ordinario e l'assegno ordinario di integrazione salariale (con causale COVID-19) possono essere riconosciuti anche per i casi in cui sia in corso di corresponsione, rispettivamente, un trattamento straordinario di integrazione salariale o un assegno di solidarietà.

[56]   Riguardo a tale sospensione, cfr. la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 19 del 21 dicembre 2020.

[57]   Cfr., per gli assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19, il comma 1 dell'articolo 19 del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[58]    Ai sensi dell’articolo 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli articoli 4 e 5.

[59]   Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[60]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’articolo 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione da parte della sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro; l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[61]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[62]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[63]   Fondo di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[64]   Di cui all'articolo 40-bis del citato D.L. n. 73 del 2021.

[65]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[66]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[67]   Dossier n. 393/2 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 446/2-serie Progetti di legge nella numerazione del Servizio Studi della Camera, relativo all'A.S. n. 2320 (cfr. il volume II del suddetto dossier).

[68]   Riguardo all'impiego delle altre risorse derivanti dal suddetto comma 11, cfr. l'articolo 17, comma 3, lettera r), del presente decreto.

[69]   Disposizione di cui al richiamato articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[70]   Il riferimento concerne - ai sensi dell'articolo 51 del citato D.Lgs. n. 81 - i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[71]   Cfr., a quest'ultimo riguardo, gli articoli 19 e 21 del citato D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. Per una norma transitoria in materia, cfr. l'articolo 93, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni.

[72]   Di cui al comma 2 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. La norma fa riferimento alle missioni e ai contratti di lavoro a termine aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale.

[73]   In base al comma 325, nelle more dell'istituzione del programma nazionale GOL di cui al comma 324, per l'anno 2021, l'assegno di ricollocazione di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, è riconosciuto, nel limite di 267 milioni di euro per il medesimo anno, dal centro per l'impiego anche a coloro che si trovino in determinate condizioni previste dalla disposizione. Il comma 326, disciplina le modalità (deliberazione del consiglio di amministrazione dell'ANPAL, adottata previa approvazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano) ed i tempi di erogazione nonchè l'ammontare dell'assegno di ricollocazione di cui al comma 325 e le procedure per assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al medesimo comma 325, con la presa in carico del beneficiario da parte dei centri per l'impiego e con il servizio di accompagnamento all'inserimento lavorativo che può essere erogato dai centri per l'impiego o dai soggetti privati accreditati. Il comma 327 dispone che per l'anno 2021, l'assegno di ricollocazione è riconosciuto ai soggetti di cui al comma 325 a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 324 e il relativo riconoscimento, ai sensi del comma 328, è subordinato all'operatività del rispettivo finanziamento nell'ambito del programma React EU.

[74]   Il PON SPAO, finanziato a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo 2014-2020 e gestito da Anpal, ha il compito di supportare le riforme strutturali in tema di occupazione, mercato del lavoro, capitale umano e produttività, nonché di sostenere gli obiettivi di crescita dell'Italia.

[75]   Di cui all'articolo 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[76]   L'istituto concerne le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, fatte salve le norme speciali di settore. Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[77]   Novella operata (nel citato articolo 30 del D.Lgs. n. 165) dall'articolo 3, comma 7-bis, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113.

[78]   In precedenza, l’articolo 3, comma 5-septies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, ha previsto che i vincitori dei concorsi banditi dalle regioni e dagli enti locali, anche qualora tali enti siano sprovvisti di articolazione territoriale, siano tenuti a permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni e ha specificato che tale disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi (il suddetto comma 5-septies è stato inserito nel citato articolo 3 dall'articolo 14-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26).

[79]   Dossier n. 398/1 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 450/1-serie Progetti di legge nella numerazione del Servizio Studi della Camera, relativo all'A.C. n. 3243.

[80]   Riguardo al suddetto Piano, cfr. il relativo portale istituzionale.

[81]   Di cui all'articolo 1 del D.L. 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° luglio 2021, n. 101.

[82]   Cfr. l’articolo 1, commi da 547 a 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni.

[83]   Cfr. i commi 547 e 548 del citato articolo 1 della L. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

[84]   Cfr. i commi 548-bis e 548-ter del citato articolo 1 della L. n. 148 del 2015, e successive modificazioni.

[85]   Ai sensi del citato comma 548-ter, l'assunzione a tempo determinato in esame è subordinata al previo accertamento delle seguenti condizioni:

     a)  preventiva definizione della programmazione dei fabbisogni di personale;

     b) indisponibilità di risorse umane all'interno dei medesimi aziende ed enti, verificata anche in relazione al ricorso a tutti gli istituti previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente;

      c) assenza di valide graduatorie regionali di concorso pubblico o avviso pubblico, alle quali attingere per eventuali assunzioni a tempo indeterminato o a tempo determinato;

      d) in presenza delle graduatorie di cui alla lettera c), rifiuto dell'assunzione da parte dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie stesse;

      e) indizione, nell'ipotesi di assenza di graduatorie, successivamente al 1° gennaio 2019, di procedure per l'assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, risultate infruttuose, relative alle medesime funzioni.

[86]   Si ricorda che, ai fini in oggetto, nella determinazione del reddito rientrano i redditi di qualsiasi natura calcolati ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali. Non rientrano nel computo del reddito - oltre all'importo stesso della prestazione di invalidità - le rendite INAIL, le pensioni di guerra, l'indennità di accompagnamento, i redditi soggetti ad imposta sostitutiva dell'IRPEF ed il reddito della casa di abitazione.

[87]   In caso di inabilità lavorativa totale (pari al 100 per cento), il trattamento di natura assistenziale è costituito dalla pensione di invalidità civile.

[88]   Dal 2019, vige il limite del 100% della spesa relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente.

[89]   Si ricorda infatti che il parere sull'emendamento 1.9000, reso all'Assemblea del Senato dalla 5a Commissione del Senato il 2 dicembre 2021, ha posto la condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, della soppressione del beneficio dell'accredito figurativo ai fini previdenziali per la quota di contribuzione oggetto dello sgravio (cioè, la quota a carico del dipendente).

[90]   Riguardo alla nozione di residenza (nel territorio dello Stato) delle persone fisiche e dei soggetti diversi dalle persone fisiche, cfr. le definizioni poste, rispettivamente, dall'articolo 2, commi 2 e 2-bis, e dall'articolo 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[91]   Riguardo alla nozione di start-up innovativa, cfr. il citato articolo 25 del D.L. n. 179, e successive modificazioni.

[92]   La disciplina dell'impresa sociale è posta dal D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112. Cfr., in particolare, l'articolo 2 di quest'ultimo D.Lgs., e successive modificazioni.

[93]   Si ricorda che l'ultimo atto in esame della suddetta Conferenza è costituito dall'intesa sancita il 10 maggio 2018.

[94]   Emendamento approvato dall'Assemblea del Senato nel testo corretto.

[95]   Cfr. supra, in nota.

[96]   Nel rispetto di quanto disciplinato dal regolamento (UE) 2016/679 e dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101

[97]   Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[98]   Istituito ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute 25 maggio 2016, n. 183.

[99]   I contenuti dei flussi informativi, ai sensi del comma 6, devono almeno riguardare: a) il quadro produttivo ed occupazionale; b) il quadro dei rischi anche in un'ottica di genere; c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici; d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte; e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte; e-bis) i dati degli infortuni sotto la soglia indennizzabile dall'INAIL.

[100]  Nelle attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile, dei lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei e ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[101]  Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31.

[102]  Si applicano, al riguardo, le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del d. lgs 81/2015, in base alle quali, prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

[103]  Circa gli effetti della sospensione, essi possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.

[104]  Per l’estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.

[105]  Ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs 81/2008, “ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile….”.

[106]  Resta ferma la destinazione della percentuale prevista dall’articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, che, al fine di rafforzare l'attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro destina il trenta per cento dell'importo delle sanzioni amministrative in materia di lavoro irregolare (di cui all'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, ) nonché delle somme aggiuntive di cui all'articolo 14, comma 4, lettera c), e comma 5, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, (che fissano la condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1nel pagamento di una somma aggiuntiva) ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite massimo di 13 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, destinato a misure, da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, finalizzate ad una più efficiente utilizzazione del personale ispettivo sull'intero territorio nazionale, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché alla realizzazione di iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare.

[107] Secondo quanto previsto dall'Accordo di cui all'articolo 37, comma 2, secondo capoverso.

[108]  In base al quale “Gli organismi paritetici comunicano all'INAIL i nominativi delle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e il nominativo o i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali.».

[109]  Regolamento UE dettato in materia di privacy

[110]  Gli organismi paritetici, ai sensi del comma 3-bis, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l'asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza.

[111]  Le norme UNI sono un corpus di norme giuridicamente riconosciute, che regolamentano i livelli di sicurezza e qualità di molteplici settori dell’attività produttiva, industriale e del terzo settore.

[112]  In base a tale disposizione, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei lavori, trasmette all'azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro nonché, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto territorialmente competenti la notifica preliminare, nonché gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi: a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3; b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera; c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.

 

[113]  Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Moldova, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Federazione Russa, San Marino, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Regno Unito. La Bielorussia ha conseguito lo status di "invitato speciale" nel 1993, sospeso nel 1997. Canada, Santa Sede, Israele, Messico, Stati Uniti hanno lo status di "Osservatori".

[114]  I paesi fondatori, oltre all'Italia: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia.

[115]  1. Commissione per le questioni politiche e la democrazia; 2. Commissione per le questioni giuridiche e i diritti umani; 3. Commissione per le questioni sociali, la salute e lo sviluppo sostenibile; 4. Commissione per le migrazioni e i rifugiati; 5. Commissione per la cultura, la scienza, l'educazione e i media; 6. Commissione per l'uguaglianza e la non discriminazione. A queste Commissioni si aggiungono la Commissione permanente, la Commissione per il monitoraggio, la Commissione del Regolamento, le immunità e gli affari istituzionali e la Commissione per l'elezione dei giudici della Corte Europea per i Diritti Umani.

[116]  La novella concerne l'articolo 6 del D.L. 6 agosto 2021, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 settembre 2021, n. 133.

[117]  Riguardo al complesso di tali norme, cfr. infra.

[118] Termine posto al 31 dicembre 2021 dall'articolo 1 del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.

[119] Tale comma si applica anche agli enti di cui al citato D.Lgs. n. 103 del 1996, in base al richiamo generale di cui all'articolo 6, comma 7, dello stesso D.Lgs. n. 103.

[120] Riguardo al suddetto Piano, cfr. il relativo portale istituzionale.

[121] L’articolo 167 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) impone, per tutti gli enti locali, in contabilità finanziaria, di stanziare, nel bilancio di previsione, tra le spese, l'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), il cui ammontare è determinato in considerazione dell'importo degli stanziamenti di entrata di dubbia e difficile esazione, secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all'allegato n. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011. Anche una quota del risultato di amministrazione viene obbligatoriamente accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e non può essere destinata ad altro utilizzo. L’obbligo di un accantonamento minimo obbligatorio, nel bilancio di previsione, impedisce che, nei singoli esercizi nei quali sono state imputate, le entrate di dubbia e difficile esazione possano essere usate per finanziarie spese esigibili negli stessi esercizi, fino al momento della loro effettiva riscossione. La disciplina armonizzata prevede, inoltre, in sede di rendiconto, l’obbligo di accantonamento dell’intero importo del FCDE nel risultato di amministrazione, che impedisce di utilizzare la quota costituita dai residui attivi di dubbia e difficile esazione fino al momento della riscossione del credito. La verifica della congruità dell’accantonamento al FCDE, consentita nel corso dell’esercizio, almeno in assestamento, garantisce la possibilità di spendere tempestivamente le risorse acquisite.

[122]  Il medesimo articolo 29 del D.L. n. 73 prevede che le regioni e le province autonome inseriscano tra le strutture accreditate e convenzionate (con il relativo Servizio sanitario) gli istituti di ricerca con comprovata esperienza in materia di sequenziamento di nuova generazione (NGS).

[123] Cfr., riguardo a questi ultimi, i commi 34 e 34-bis dell'articolo 1 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni.

[124]  Comitato di cui all'articolo 9 dell'intesa sancita il 23 marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome ("Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della L. 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della L. 30 dicembre 2004, n. 311").

[125] L’articolo 1, comma 796, lettera o), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto l’adozione di tali piani, da parte delle regioni, entro il 28 febbraio 2007.

[126] Cfr., al riguardo, l'articolo 2, comma 68, lettera c), della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e l'articolo 15, comma 24, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135.

[127]  Remunerazione di una funzione assistenziale e di un incremento tariffario per le attività rese a pazienti affetti da COVID-19.

[128]  l'incremento tariffario in questi casi è determinato con riferimento ai maggiori oneri correlati ai ricoveri ospedalieri di pazienti affetti da patologie da SARSCoV-2, sostenuti dalle strutture e dagli enti sanitari, valutati sulla base delle informazioni desunte dal sistema informativo sanitario del Ministero della salute e dalle informazioni rese disponibili dalle regioni, anche in relazione alla loro congruità.

[129] In detta decisione, la Corte Costituzionale ha espressamente affermato al considerando 2.3 (del quale si riporta integralmente il testo) che: “L’impugnato art. 16, comma 6, del d.l. n. 95 del 2012, indicando gli obiettivi di contenimento delle spese degli enti locali, si pone come principio di coordinamento della finanza pubblica, che vincola senz’altro anche i Comuni. Nessun dubbio che, come già ripetutamente affermato da questa Corte (sentenze n. 65 e n. 1 del 2016, n. 88 e n. 36 del 2014, n. 376 del 2003), le politiche statali di riduzione delle spese pubbliche possano incidere anche sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali; tuttavia, tale incidenza deve, in linea di massima, essere mitigata attraverso la garanzia del loro coinvolgimento nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni quantitative, e non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e n. 241 del 2012)”.

[130]  La norma fa riferimento: alle procedure di valutazione di impatto ambientale (disciplinate dal titolo III della parte seconda del Codice dell'ambiente di cui al D.Lgs. 152/2006); alle conferenze di servizi disciplinate dagli artt. 14, 14-bis e 14-ter della legge 241/1990; alle procedure di cui all'art. 3 del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 (illustrato in precedenza) e, laddove prevista, alla comunicazione dell'avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (art. 11 del D.P.R. 327/2001).

[131] Per un'illustrazione del PNRR, si veda la Documentazione di finanza pubblica n. 28/1. Per gli aspetti finanziari del PNRR, la Documentazione di finanza pubblica n. 30. Per un monitoraggio dello stato di attuazione, si veda la pagina dedicata nel portale di documentazione della Camera dei deputati.

[132]  Riguardo a tale tipologia di gestione, cfr. l'articolo 22 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118.

[133]  Articolo 6, comma 1, del D.L. 10 novembre 2020, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2020, n. 181.

[134] Misure urgenti in materia di assegno temporaneo per i figli minori, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112/2021

[135] Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.