Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: D.L. 146/2021 - Misure urgenti in materia fiscale e tutela del lavoro
Serie: Progetti di legge   Numero: 490
Data: 20/10/2021

Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili

 

D.L. 146/2021 – A.S. 2426

 

Ottobre 2021

 

 

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Dossier n. 468

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 490

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Rimessione in termini per la Rottamazione-ter e Saldo e Stralcio) 7

Articolo 2 (Estensione termine cartelle di pagamento) 9

Articolo 3 (Estensione della rateazione per i piani di dilazione) 10

Articolo 4 (Integrazione contributo a favore di Agenzia delle entrate - Riscossione) 12

Articolo 5, commi da 1 a 4 (Lotteria dei corrispettivi) 14

Articolo 5, comma 5 (Credito d’imposta teatro e spettacoli) 17

Articolo 5, comma 6 (Disposizioni in materia di riscossione locale) 19

Articolo 5, commi da 7 a 12 e comma 15 (Riversamento spontaneo crediti di imposta) 21

Articolo 5, comma 13 (Aiuti di importo limitato e aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti) 25

Articolo 5, comma 14 (Modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni) 28

Articolo 6 (Semplificazione della disciplina del patent box) 30

Articolo 7 (Rifinanziamento Fondo automotive) 36

Articolo 8 (Trattamenti di malattia per i lavoratori in quarantena e per i lavoratori fragili) 38

Articolo 9 (Congedo straordinario per genitori e stanziamento per la sostituzione del personale scolastico) 43

Articolo 10 (Integrazione salariale per i lavoratori di Alitalia in amministrazione straordinaria) 49

Articolo 11, commi 1-12 (Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19) 51

Articolo 11, commi 13-14 (Rifinanziamento del reddito di cittadinanza) 60

Articolo 11, comma 15 (Norma in materia di somministrazione di lavoro) 66

Articolo 11, commi 16 e 17 (Proroga indennità lavoratori aree crisi industriale complessa della Sicilia) 67

Articolo 12 (Norma in materia di mobilità del personale nelle pubbliche amministrazioni) 69

Articolo 13 (Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) 71

Articolo 14, commi 1-4 (Disposizioni urgenti per l’adempimento di obblighi internazionali e per la liquidazione degli enti dipendenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) 82

Articolo 14, comma 5 (Cappellani militari) 87

Articolo 14, comma 6 (Certificati di vaccinazione rilasciati dalle autorità sanitarie della Repubblica di San Marino) 91

Articolo 15 (Proroga “Strade sicure” e misure urgenti per il presidio del territorio in occasione del vertice G-20) 93

Articolo 16, commi 1-3 (Disposizioni finanziarie) 97

Articolo 16, commi 4-8 (Attribuzione di risorse alle regioni a statuto speciale e province autonome in attuazione di accordi) 98

Articolo 16, commi 10 e 11 (Programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale) 101

Articolo 16, commi 10 e 11 (Contributo enti locali in attuazione di sentenze Consiglio di Stato) 103

Articolo 17, comma 1 (Assegno unico e universale) 107

Articolo 17, comma 2  (Eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020) 110

Articolo 17, commi 3 e 4 (Disposizioni finanziarie) 111

Articolo 18 (Entrata in vigore) 116

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Rimessione in termini per la Rottamazione-ter e Saldo e Stralcio)

 

 

L’articolo 1 rimodula i termini di versamento delle rate in scadenza nell’anno 2020 per alcuni istituti di definizione agevolata di carichi affidati all’agente della riscossione, rimettendo in termini i contribuenti che hanno usufruito di tali benefici, con riferimento alle rate dovute nel 2020. Per effetto delle norme in esame, i pagamenti sono considerati tempestivi se effettuati nel termine riunificato del 30 novembre 2021.  Entro tale data potranno dunque essere versate, senza incorrere nell’inefficacia della definizione, le rate in scadenza nel 2020 e quelle in scadenza dal 28 febbraio al 31 luglio 2021.   

 

Più in dettaglio, il comma unico dell’articolo in esame sostituisce il comma 3 dell’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 (Cura Italia), a sua volta già modificato dall’articolo 154, comma 1, lettera c) del decreto-legge Rilancio, n. 34 del 2020), dall’articolo 13-septies del decreto-legge Ristori (decreto-legge n. 137 del 2021), dall’articolo 4, comma 1, lettera c) del decreto-legge Sostegni (decreto-legge n. 41 del 2021) e dall’articolo 1–sexies del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge n. 73 del 2021).

Il richiamato comma 3 è relativo al pagamento delle rate in scadenza nel 2020 e nel 2021 delle somme dovute per alcuni istituti di definizione agevolata, ovvero per la cosiddetta rottamazione-ter (di cui agli articoli 3 e 5 del decreto legge n. 119 del 2018 e 16-bis del decreto legge n. 34 del 2019), della rottamazione risorse proprie UE (di cui all'articolo 5 del decreto legge n. 119 del 2018) e del saldo e stralcio delle cartelle (di cui all'articolo 1, comma 190, della legge n. 145 del 2018 - legge di bilancio 2019).

Per ulteriori informazioni si rinvia al tema sul decreto-legge n. 119 del 218 e al tema web sulle Misure fiscali e finanziarie adottate per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

Le disposizioni precedentemente vigenti prevedevano che si considerasse tempestivo, tale da non pregiudicare l’efficacia delle relative definizioni agevolate, il versamento delle rate dovute nel 2020 e delle rate dovute entro rispettivamente il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021, se effettuato integralmente:

§  entro il 31 luglio 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio e il 31 marzo 2020;

§  entro il 31 agosto 2021, per la rata in scadenza il 31 maggio 2020;

§  entro il 30 settembre 2021, per la rata in scadenza il 31 luglio 2020;

§  entro il 31 ottobre 2021, per la rata in scadenza il 30 novembre 2020;

§  entro il 30 novembre 2021, per le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio 2021.

 

Per effetto delle modifiche in esame, il pagamento delle suddette rate è considerato tempestivo e non determina l'inefficacia delle stesse definizioni se effettuato integralmente, con applicazione delle disposizioni dell'articolo 3, comma 14-bis, del citato decreto-legge n. 119 del 2018, entro il 30 novembre 2021.

Di conseguenza, i termini per il pagamento tempestivo delle rate sono riunificati nell’unica scadenza del 30 novembre 2021 e viene prorogato alla predetta data il termine per pagare le rate in scadenza nel 2020.

 

Resta ferma, come nella disposizione precedentemente vigente, l’applicazione delle disposizioni dettate dall’articolo 3, comma 14-bis, del decreto legge n. 119 del 2018, per effetto delle quali l'inefficacia delle definizioni per mancato tempestivo pagamento anche di una sola rata non si produce, nei casi di tardività non superiore a cinque giorni.

 


Articolo 2
(Estensione termine cartelle di pagamento)

 

 

L’articolo 2 estende il termine per l'adempimento dell’obbligo risultante dal ruolo portandolo, per le cartelle notificate dal 1° settembre al 31 dicembre 2021, da 60 a 150 giorni.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, stabilisce che la cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.

 

I successivi articoli 30 e 50 chiariscono inoltre che decorso inutilmente tale termine sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi (articolo 30) e il concessionario procede ad espropriazione forzata, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento.

 

A tale proposito si segnala che le Commissioni finanze di Camera e Senato nel testo delle risoluzioni sulla Relazione sui criteri per la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi presentata del MEF (approvate il 12 ottobre 2021) avevano chiesto al Governo di valutare l'opportunità di procedere ad una estensione a 150 giorni del termine per il pagamento delle cartelle notificate nei mesi successivi la ripresa delle attività di notifica e riscossione.

 

Sul punto si ricorda che il 31 agosto 2021 è terminato il periodo di sospensione dell’attività di riscossione previsto dal cd Decreto Sostegni-bis (decreto legge n. 73 del 2021). A partire dal 1° settembre 2021, l’Agente della riscossione ha ripreso l’attività di notifica di cartelle, avvisi di addebito e avvisi di accertamento e le ordinarie procedure di riscossione, incluse quelle derivanti dalle verifiche effettuate dalle PA ai sensi dell’art. 48-bis del D.P.R. 602/73.

 

Recependo le indicazioni espresse nelle richiamate risoluzioni, con la disposizione in esame si stabilisce che con riferimento alle cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione dal 1° settembre al 31 dicembre 2021, il termine per l’adempimento dell’obbligo risultante dal ruolo è fissato in centocinquanta giorni.

 


Articolo 3
(Estensione della rateazione per i piani di dilazione)

 

 

L’articolo 3 contiene norme applicabili alle rateizzazioni di somme iscritte a ruolo in corso all’inizio delle sospensioni della riscossione dovute all’emergenza Covid-19, ovvero ai piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020.

Per tali piani:

-       è prevista una decadenza “lunghissima” dal beneficio della dilazione: essa si verifica in caso di mancato pagamento di diciotto, anziché dieci, rate anche non consecutive;

-       consente ai debitori, incorsi al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) nella decadenza dai piani di dilazione esistenti all’inizio del periodo di sospensione della riscossione, di essere automaticamente riammessi ai medesimi piani;

-       si prevede che il versamento delle somme contenute in ruoli sospesi ai sensi dei provvedimenti emergenziali avvenga entro il 31 ottobre 2021, in luogo del 30 settembre 2021.

 

Più precisamente, il comma 1 della norma in esame novella il comma 2-ter dell’articolo 68 del decreto-legge Cura Italia, n. 18 del 2020 (norma introdotta dall’articolo 154 del cd decreto Rilancio, decreto-legge n. 34 del 2020, e successivamente novellata nel tempo).

 

Si ricorda che l’articolo 68 (commi da 1 a 2-bis) ha sospeso, in ragione dell’emergenza Covid-19, l’attività di riscossione. Da ultimo, l’articolo 9, comma 2 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) ha fissato al 31 agosto 2021 il termine di sospensione del versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge, nonché degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi. I versamenti delle somme oggetto di sospensione devono essere effettuati, in unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione (30 settembre 2021). Si veda anche il sito dell’Agenzia delle entrate – Riscossione per una ricostruzione sistematica delle proroghe dei termini di riscossione.  Tale sospensione è decorsa dal 21 febbraio 2020 per i comuni della cd. zona rossa, individuati dal DPCM 1° marzo 2020.

 

Il comma 2-ter - nella sua formulazione precedente - disponeva che, per i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti connessi dalla legge alla decadenza dal beneficio della dilazione si determinassero in caso di mancato pagamento di dieci rate, anche non consecutive (cd. decadenza lunga).

Il comma 2-ter, introdotto dall’articolo 154 del decreto Rilancio, era stato successivamente modificato dall’articolo 99 del decreto-legge Agosto (n. 104 del 2020) e dall’articolo 1-bis, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 125 del 2020 (proroga termini).

Con le modifiche in esame si dispone che, limitatamente ai piani di rateazione in essere alla data dell’8 marzo 2020, la decadenza del beneficio della rateazione e gli altri effetti di legge legati alla decadenza si verificano in caso di mancato pagamento di diciotto, anziché dieci rate, anche non consecutive (decadenza “lunghissima”).

 

Il comma 2 prevede che i debitori i quali, al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), siano incorsi nella decadenza da piani di dilazione (la cui disciplina generale è contenuta all’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602) che erano in essere alla data dell’8 marzo 2020 vengano automaticamente riammessi ai medesimi piani.

Relativamente a tali piani di dilazione, il termine di pagamento delle rate sospese (ai sensi dell’articolo 68, commi 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 sopra menzionato; sospensione che è cessata il 31 agosto 2021) viene fissato al 31 ottobre 2021, in luogo del 30 settembre 2021, come previsto per le altre somme oggetto di sospensione.

Resta fermo che, anche nel caso di riammissione ai piani, opera la “decadenza lunghissima” del debitore, di cui al comma 1: il beneficio della dilazione si perde qualora non vengano corrisposte diciotto rate, anche non consecutive.

 

Il comma 3 precisa che, con riferimento ai carichi ricompresi nei piani di dilazione di cui al comma 2

a) restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e gli adempimenti svolti dall’agente della riscossione nel periodo dal 1° ottobre 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi;

b) restano acquisiti, relativamente ai versamenti delle rate sospese dei predetti piani eventualmente eseguiti nello stesso periodo, gli interessi di mora (corrisposti ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973), nonché le sanzioni e le somme aggiuntive corrisposte sui contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali (ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

 

La definizione del tasso degli interessi di mora di cui all'articolo 30 del DPR n. 602 del 1973 è demandata a un provvedimento annuale del Direttore dell'Agenzia delle entrate che deve tener conto della media dei tassi bancari attivi. Da ultimo, il provvedimento del 23 maggio 2019 ha fissato il tasso di interesse nella misura del 2,68 per cento annuo

L'articolo 30 stabilisce che, decorso inutilmente il termine previsto dalla cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora.

 


Articolo 4
(Integrazione contributo a favore di Agenzia delle entrate - Riscossione)

 

 

L’articolo 4 rimodula, incrementandolo, il contributo erogato dall’Agenzia delle entrate all'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, per il triennio 2020-2022, ai fini dello svolgimento delle funzioni del servizio nazionale di riscossione.

 

In particolare la disposizione in esame, al comma 1, modifica i commi 326 e 327, incrementando a 550 milioni di euro (rispetto ai previgenti 450 milioni) la quota massima da erogare nel triennio 2020-2022 a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, di cui 212 milioni (rispetto ai previgenti 112 milioni) per l'anno 2021.

 

Si ricorda che i commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) autorizzavano, nella loro formulazione originaria l’Agenzia delle entrate ad erogare una quota non superiore a 70 milioni di euro per l’anno 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per l’anno 2021 a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione. L’articolo 155 del decreto legge n.34 del 2020 ha sostituito integralmente i commi richiamati (326, 327 e 328) incrementando a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima erogata a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione tenuto conto dell’esigenza di garantire, nel triennio 2020-2022, l’equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione. Il comma 1091 della legge di bilancio 2021 ha successivamente sostituito nuovamente i sopra citati commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 incrementando il contributo erogato dall’Agenzia delle entrate nel triennio 2020-2022 al fine di garantire l'esigenza dell'equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione.

 

Nella relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di bilancio  per il 2021 si evidenziava che tale intervento è giustificato dalla previsione che il contributo previsto dal menzionato articolo 155 non appare più idoneo a garantire per l’intero triennio il pareggio di bilancio dell’Ente in quanto le previsioni di incasso risultano condizionate dagli ulteriori differimenti del termine di sospensione dei pagamenti intervenuti, della mancata attivazione delle procedure di riscossione. In considerazione dell’attuale sistema di remunerazione dell’ente basato prevalentemente sull’aggio da riscossione le attuali stime d’incasso per gli anni 2021 e 2022 comportano per tali anni una contrazione prospettica dei ricavi dell’Ente tale da non assicurare il pareggio di bilancio, quantificata in 150 milioni di euro aggiuntivi rispetto all’importo già previsto.

 

In particolare, il comma 326 della legge di bilancio 2019, come risultante dalle modifiche introdotte dal comma 1091 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021, stabilisce che l'Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione della riscossione, svolta dall'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, eroga allo stesso ente, a titolo di contributo e in base all'andamento dei proventi risultanti dal relativo bilancio annuale, una quota non superiore complessivamente a 450 milioni di euro (ora portati a 550) di cui 300 milioni per l'anno 2020, 112 milioni per l’anno 2021 (ora portati a 212) e 38 milioni per l’anno 2022, a valere sui fondi accantonati in bilancio 2019 a favore del predetto ente, incrementati di 200 milioni derivanti dall’avanzo di gestione dell'esercizio 2019 (in deroga all'articolo 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) e sulle risorse assegnate per gli esercizi 2020 e 2021 alla medesima Agenzia delle entrate.

 

Si ricorda che il sopra citato comma 358 della legge 24 dicembre 2007, n. 244-legge finanziaria 2008 stabilisce che le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, ad esclusione dell'Agenzia del demanio, tranne quelli destinati alla incentivazione del personale, sono utilizzate per il potenziamento delle strutture dell'amministrazione finanziaria, con particolare riguardo a progetti volti al miglioramento della qualità della legislazione e alla semplificazione del sistema e degli adempimenti per i contribuenti. A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto in via generale dalla disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione (articolo 17 del D. Lgs. n. 112 del 1999) e stabilisce che tale erogazione è effettuata in acconto, per la quota maturata al 30 giugno di ciascun esercizio, entro il secondo mese successivo alla delibera del bilancio semestrale dell'Agenzia delle entrate – Riscossione e a saldo entro il secondo mese successivo all'approvazione del bilancio annuale.

Il comma 327 chiarisce che qualora la quota da erogare per l'anno 2020 all'ente Agenzia delle entrate - Riscossione a titolo di contributo risulti inferiore all'importo di 300 milioni di euro, si determina, per un ammontare pari alla differenza, l’incremento della quota di 112 milioni (ora portata a 212 milioni), erogabile allo stesso ente per l'anno 2021.

 

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria degli effetti della norma. Nello specifico si stabilisce che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dall’applicazione dell’articolo in esame, pari a 100 milioni di euro per il 2021, si provvede ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda di lettura si rimanda.


Articolo 5, commi da 1 a 4
(Lotteria dei corrispettivi)

 

 

L'articolo 5, ai commi da 1 a 4, reca disciplina concernente la destinazione e la gestione delle risorse previste per la copertura delle spese per la gestione amministrativa e l'attribuzione dei premi della lotteria dei corrispettivi.

 

Per quanto concerne la destinazione delle risorse - pari a 56 milioni di euro a decorrere dal 2021 - del Fondo per le spese connesse alla gestione della lotteria dei corrispettivi, disciplinato dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 (come convertito dalla legge n. 136 del 2018), l'articolo 5, comma 1, stabilisce che:

a)     un ammontare complessivo annuo non superiore a 44.326.170 euro per l’anno 2021, a 44.790.000 euro per l’anno 2022 ed a 44.970.000 euro a decorrere dall’anno 2023 sia destinato all’attribuzione dei premi della lotteria;

b)    un ammontare pari a 11.673.830 euro per l’anno 2021, 11.210.000 euro per l’anno 2022 e a 11.030.000 euro a decorrere dall’anno 2023 sia attribuito alle amministrazioni che sostengono i costi per le spese amministrative e di comunicazione.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Per quanto concerne la gestione delle risorse del Fondo, il comma 3 novella l'articolo 141, comma 1-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto rilancio, come convertito dalla legge n. 77 del 2020).

L'articolo 141, nel testo finora vigente, stabilisce che le somme disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'istituzione dei premi speciali (di cui all'articolo 1, comma 542, della legge di bilancio 2017) siano interamente destinate alle spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria (comma 1-bis dell'art. 141 medesimo). Il comma 1-ter di tale articolo 141 prevede che tali somme siano gestite, d'intesa con il dipartimento delle finanze, dal dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, "a decorrere dall'anno 2020". La medesima disposizione autorizza, per tali finalità, ad assumere, con decorrenza non antecedente al 1° ottobre 2020, fino a sei unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di quindici mesi e comunque "non oltre il 30 giugno 2022", per un importo massimo di 40.000 euro per ciascun incarico, nel limite massimo complessivo di 240.000 euro.

Con la novella in esame si stabilisce che:

§  le spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria degli scontrini siano a valere sulle risorse del Fondo di cui all'art. 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018 (v. sopra);

§  le suddette spese sono gestite, d'intesa con il dipartimento delle finanze, dal dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'esercizio 2020 (non più, quindi, a decorrere dal 2020); 

§  viene abrogata la disposizione inerente alla possibilità di conferire sei incarichi di collaborazione.

 

La novella recata dal comma 3, pertanto, prevede che l’affidamento della gestione delle spese amministrative e di comunicazione della lotteria degli scontrini al dipartimento dell’Amministrazione generale, del personale e dei servizi, d'intesa con il dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, sia limitato all’esercizio 2020. A decorrere dall'anno 2021 si applica quindi quanto previsto dai commi 1 e 2.

 

Il comma 4, novellando il citato art. 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018, stabilisce che le risorse ivi previste siano destinate all'attribuzione dei premi e alle spese di comunicazione, oltre che alla copertura delle spese amministrative, come già previsto dal testo finora vigente.

 

 

 

La lotteria dei corrispettivi

 

I commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione della lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale.

Si rammenta che i commi 1095 e 1096 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) novellano la disciplina della lotteria dei corrispettivi limitando la partecipazione alla lotteria ai soggetti che fanno acquisti di beni o servizi esclusivamente attraverso strumenti che consentano il pagamento elettronico.

Ai fini dello svolgimento della lotteria, il Provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 31 ottobre 2019 dispone in ordine alla memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi validi ai fini della lotteria. Le modalità tecniche per l'attuazione della lotteria degli scontrini sono definite con Det. 5 marzo 2020, n. 80217/RU, emanata dall'Agenzia delle dogane e dei Monopoli congiuntamente con l'Agenzia delle entrate.

 

L'avvio della lotteria è stato fissato (dopo alcune proroghe) al 1° febbraio 2021 dall'art. 3, commi da 9 a 11, del decreto-legge n. 183 del 2020 ("proroga termini", convertito dalla legge n. 21 del 2021).

La data di avvio della lotteria era stata fissata al 1° gennaio 2021 dal citato D.L. n. 119/2018. La proroga al 1° febbraio 2021 disposta dal D.L. n. 183 si è resa necessaria, secondo la relazione illustrativa annessa al provvedimento, per tenere conto delle difficoltà causate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, consentendo agli esercenti che ancora non abbiano provveduto di eseguire gli interventi di adeguamento tecnico dei Registratori Telematici istallati, necessari ai fini della lotteria.

In particolare, il comma 9 dell'art. 3, D.L. n. 183/2020, sopra richiamato, novellando il comma 544 della legge di bilancio 2017, aveva previsto che il provvedimento, ivi previsto, del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, d'intesa con l'Agenzia delle entrate, dovesse essere emanato entro e non oltre il 1° febbraio 2021. A tale provvedimento è demandata la disciplina delle modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria. Si precisa inoltre che la locuzione "ogni altra disposizione necessaria" fa riferimento anche all'avvio, oltre che all'attuazione, della lotteria.

Inoltre, il comma 10 dell'art. 3 ha modificato il citato comma 540 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 introducendo il termine del 1° marzo 2021 a decorrere dal quale, nel caso in cui l'esercente al momento dell'acquisto rifiuti di acquisire il codice lotteria, il consumatore può segnalare tale circostanza nella sezione dedicata del portale Lotteria del sito internet dell'Agenzia delle entrate.

Con il provvedimento del Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli d’intesa con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 32051 del 29 gennaio 2021 sono state dettate le disposizioni attuative per l'avvio della lotteria.

Per l'avvio della lotteria il 1° febbraio 2021 e le principali indicazioni sulle modalità di partecipazione e sui premi, cfr. il Comunicato stampa del 30 gennaio 2021.

 

 

 


Articolo 5, comma 5
(Credito d’imposta teatro e spettacoli)

 

 

Il comma 5, dell’articolo 5 prevede che il credito d’imposta riconosciuto a talune imprese che effettuano attività teatrali e spettacoli dal vivo è utilizzabile esclusivamente in compensazione.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 36-bis del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, che ha introdotto un credito di imposta a favore delle imprese che svolgono attività teatrali e spettacoli dal vivo, anche attraverso l’utilizzo di sistemi digitali.

 

Credito d’imposta sostegno alla cultura

 

Il comma 1 dell’articolo 36-bis stabilisce che al fine di sostenere le attività teatrali e gli spettacoli dal vivo, alle imprese che svolgono tali attività e che abbiano subito nell'anno 2020 una riduzione del fatturato di almeno il 20 per cento rispetto al 2019 è riconosciuto un credito di imposta del 90 per cento, quale contributo straordinario. Il comma 2 chiarisce che tale credito di imposta spetta per le spese sostenute, nell'anno 2020 per la realizzazione delle attività sopra richiamate anche se alle stesse si è proceduto attraverso l’utilizzo di sistemi digitali per la trasmissione di opere dal vivo, quali rappresentazioni teatrali, concerti, balletti. Il comma 3 dispone inoltre che il credito è concesso anche qualora tali imprese abbiano beneficiato in via ordinaria di altri finanziamenti previsti a carico del Fondo unico per lo spettacolo. Si ricorda sinteticamente che il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), istituito dalla legge. 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale - ma non l'unico - strumento di sostegno al settore dello spettacolo. In particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante – incluse, a seguito di quanto previsto dalla legge di bilancio 2018 (L. 205/2017: art. 1, co. 329), le manifestazioni carnevalesche –, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Il comma 4 prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, al fine del rispetto del limite di spesa previsto dal comma 6. Il comma 5 stabilisce che il credito d'imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Inoltre, la norma dispone che non si applicano il limite generale di compensabilità previsto per i crediti di imposta e contributi pari a 700.000 euro (articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n.388, portato a 1 milione di euro per l'anno 2020 dall’articolo 147 del decreto legge n.34 del 2020 e a 2 milione di euro per il 2021 dall’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021), né il limite di 250.000 euro applicabile ai crediti di imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (articolo 1, comma 53; della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Il credito d'imposta non concorre inoltre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). Il comma 6 stabilisce la copertura finanziaria della agevolazione fiscale e autorizza il credito in esame nel limite complessivo di 10 milioni di euro nell'anno 2021. A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto-legge 28 ottobre, n.137 che incrementa di 610 milioni di euro per l'anno 2021 il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione. Il comma 7 stabilisce che le disposizioni in esame si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione delle Commissione europea C (2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19, e successive modificazioni.

La Comunicazione delle spese relative alle attività teatrali e agli spettacoli dal vivo può essere inviata dal 14 ottobre 2021 al 15 novembre 2021 secondo le modalità indicate nel Provvedimento 11 ottobre 2021 dell’Agenzia delle entrate. Dopo aver ricevuto le comunicazioni delle spese ammissibili con l’indicazione del credito teorico, l’Agenzia determina, in rapporto alle risorse disponibili, la quota percentuale del credito effettivamente fruibile, che sarà resa nota entro il 25 novembre 2021 con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia.

 

Nel testo del sopra citato Provvedimento si chiarisce che al fine di consentire all’Agenzia delle entrate la verifica del rispetto del limite di spesa di 10 milioni di euro, il credito d’imposta è utilizzabile dai beneficiari esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Il comma 5, conseguentemente, sopprime nell’articolo 36-bis, comma 5, il riferimento alla possibilità che la somma assegnata sia utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa, lasciando vigente la sola possibilità di utilizzo in compensazione.


Articolo 5, comma 6
(Disposizioni in materia di riscossione locale)

 

 

L’articolo 5, comma 6, semplifica la procedura per l’affidamento all’Agenzia delle entrate-Riscossione delle attività di riscossione delle entrate delle società partecipate dalle amministrazioni locali, eliminando la necessità della delibera di affidamento da parte degli enti partecipanti prevista dalla norma pre-vigente.

 

In particolare, il comma 6 modifica l’articolo 2 (Disposizioni in materia di riscossione locale), comma 2, del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, sopprimendo le parole da «e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 46 del 1999, delle società da esse partecipate.».

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, la disposizione in esame intende risolvere le criticità derivanti dall’applicazione della disposizione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 193 del 2016 – riscontrate nell’arco di oltre quattro anni dall’entrata in vigore della stessa –, ai fini dell’attività istruttoria condotta dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) per l’adozione del decreto del Ministro ex articolo 17, comma 3-bis del decreto legislativo n. 46 del 1999.

L’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 193 del 2016 pre-vigente prevedeva che, a decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali,  come individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale (Agenzia delle entrate-Riscossione) le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall' articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo n. 46 del febbraio 1999, delle società da esse partecipate. Ai sensi del citato articolo 17, comma 3-bis, il Ministro dell’economia e delle finanze può autorizzare la riscossione a mezzo ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazione pubblica, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti.

Il Governo chiarisce che con l’entrata in vigore dell’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 193 del 2016, a decorrere dal 1° luglio 2017, si è reso necessario acquisire, nel caso di società per azioni partecipate da una pluralità di amministrazioni locali (come nel caso tipico delle società che gestiscono il servizio idrico integrato), anche la delibera di affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale da parte di tutte le amministrazioni locali partecipanti.

Tale interpretazione del menzionato articolo 2, comma 2, è stata condivisa con le diverse articolazioni dell’Amministrazione economico-finanziaria, a seguito dei lavori condotti da apposito tavolo tecnico costituito presso il Ministero e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio, Sez. II, 2 luglio 2020, n. 7606).

Tuttavia, segnala sempre il Governo, tale interpretazione ha determinato forti incertezze e difficoltà negli operatori del settore (soprattutto nel caso di società la cui partecipazione pubblica risulti frazionata tra un numero elevato di amministrazioni locali), tanto che, a fronte di oltre 15 richieste di autorizzazione alla riscossione coattiva a mezzo ruolo, soltanto 2 società pubbliche sono riuscite a produrre le delibere di affidamento della riscossione da parte delle amministrazioni locali che partecipano le società.

La modifica normativa proposta intende semplificare la procedura per l’affidamento all’Agenzia delle entrate-Riscossione delle attività di riscossione delle entrate delle società partecipate eliminando la necessità della delibera degli enti partecipanti le società.

In ogni caso, per tali società rimarrebbe la possibilità (e la necessità) di essere autorizzate, con decreto da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3-bis del decreto legislativo n. 46 del 1999, alla riscossione coattiva tramite ruolo delle proprie entrate.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 193 del 2016 ha disposto lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dal 1° luglio 2017 dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, a cui sono attribuite le funzioni relative alla riscossione nazionale (articolo 1).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione). Si consente al nuovo ente di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate.

Per l'elenco aggiornato delle unità istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche pubblicato dall’ISTAT, si rinvia alla relativa pagina internet istituzionale.

 

 


Articolo 5, commi da 7 a 12 e comma 15
(Riversamento spontaneo crediti di imposta)

 

 

I commi da 7 a 12 dell’articolo 5 prevedono una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati. L’accesso alla procedura è escluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi, mentre nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione. Per avvalersi della procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta sarà necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2022. Il versamento dell’importo indicato nell'istanza può essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2022, ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2022 e le successive entro il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024. La procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. Il comma 15 rinvia all'articolo 17 per la copertura delle minori entrate derivanti dall'attuazione dei commi in esame.

 

Più in dettaglio, il comma 7 offre ai soggetti che hanno indebitamente utilizzato in compensazione il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, la possibilità di effettuare il riversamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato, senza applicazione di sanzioni e interessi, alle condizioni e nei termini previsti dai commi 8 al 12.

 

L'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di bilancio 2017, dal decreto legge n. 87 del 2018 e dalla leggi di bilancio 2019 e 2020) ha attribuito a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento, elevata al 50 in specifici casi, delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 (commi 15 e 16 della legge n. 232 del 2016), l'utilizzo del credito d’imposta è stato consentito (oltre che alle imprese residenti) anche alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguissero le attività di ricerca e sviluppo mediante contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni. Tali disposizioni, contenute nel comma 1-bis dell'articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, sono state oggetto di una norma interpretativa recata dall'articolo 1, comma 72 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) con la quale è stato chiarito esplicitamente che ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.

Il credito d'imposta è riconosciuto, fino ad un importo massimo annuale di euro 10 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30.000. Il comma 4 e il comma 6 dell'articolo 3 elencano, rispettivamente le attività e le tipologie di costi ammissibili. Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Ai fini dei successivi controlli, le imprese beneficiarie del credito d'imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d'imposta in relazione ai progetti o ai sotto-progetti in corso di realizzazione.

Il termine della misura era originariamente fissato al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 ma il comma 209 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ne ha anticipato il termine di fruibilità al 31 dicembre 2019, destinando le risorse derivanti dall'anticipata cessazione del termine di applicazione del credito d’imposta oggetto dei commi in esame al nuovo credito d'imposta per investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e altre attività innovative per la competitività delle imprese, istituito dai commi da 198 a 209 della medesima legge di bilancio 2020.

 

La procedura di riversamento spontaneo è destinata ai soggetti che (nei periodi d’imposta indicati al comma 7) abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:

-       abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;

-       in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano applicato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019 (vedi supra).

 

L’accesso alla procedura è invece in ogni caso escluso nei casi in cui il credito d’imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta (comma 8). L'accertamento di condotte fraudolente da parte degli uffici delle imposte comporta la decadenza dalla procedura e le somme già versate si considerano acquisite a titolo di acconto sugli importi dovuti.

La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Nel caso in cui l’indebito utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza possibilità di applicare la rateazione prevista dal comma 10 (vedi infra).

 

Per avvalersi della procedura di riversamento spontaneo del credito d’imposta sarà necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre 2022. Il comma 9 prevede che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura siano definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022, specificando che nell'istanza devono essere indicati il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili.

 

Il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate può essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2022, ovvero in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2022 e le successive (per le quali sono dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2022, gli interessi calcolati al tasso legale) entro il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024 (comma 10). Il versamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2022.

In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).

 

Il comma 15 stabilisce che alle minori entrate derivanti dai commi da 7 a 12, valutate in 35,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2029, si provvede ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda si fa rinvio.

 


Articolo 5, comma 13
(Aiuti di importo limitato e aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti)

 

 

L’articolo 5, comma 13, lettera a), assoggetta alla disciplina contenuta nelle Sezioni 3.1 (“Aiuti di importo limitato”) e 3.12 (“Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti”) della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19), e successive modifiche, le seguenti misure di agevolazione:

- il contributo a fondo perduto per le start-up (articolo 1-ter del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[1];

- le varie misure fiscali di agevolazione e razionalizzazione connesse all'emergenza da COVID-19 (articolo 5 del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[2];

- l'esenzione dal versamento della prima rata dell'imposta municipale propria per gli operatori economici destinatari del contributo a fondo perduto (articolo 6-sexies del D.L. 41/2021 - L. 69/2021)[3];

- l'ulteriore contributo a fondo perduto a favore dei soggetti che hanno la partita IVA attiva al 30 giugno 2021 (data di entrata in vigore del D.L. 73/2021) (articolo 1 del D.L. 73/2021 - L. 106/2021)[4];

- l'estensione e proroga del credito d'imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d'azienda (articolo 4 del D.L. 73/2021 - L. 106/2021)[5].

La lettera b) introduce il parere della Conferenza Stato-autonomie locali nell'ambito della procedura di emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze chiamato a stabilire le modalità di attuazione della disciplina relativa alla concessione delle varie misure di aiuto sottoposte ai limiti e alle condizioni previsti dalle Sezioni 3.1 e 3.12 della suddetta comunicazione della Commissione europea.

 

A tal fine novella l'articolo 1 del D.L. n. 41/2021 (L. n. 69/2021) ai commi 13 e 16.

 

La relazione illustrativa afferma che la modifica normativa in esame si rende necessaria affinché sia assicurata la compatibilità con le regole europee sugli aiuti di Stato, nell’ambito di un complesso negoziato con la Commissione europea i cui esiti sono imminenti, anche per le predette disposizioni agevolative non richiamate nel quadro normativo individuato dal citato articolo 1, commi da 13 a 17, del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, in quanto introdotte nell’ordinamento successivamente all’entrata in vigore dello stesso.

 

La sintesi dei regimi di aiuti autorizzati per l'Italia è disponibile su questa pagina del sito istituzionale della Commissione europea.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1 del D.L. 41/2021, commi da 13 a 17, disciplina le condizioni per fruire di talune misure di aiuto autorizzate dalla Commissione europea, o per le quali è necessaria l’autorizzazione della Commissione europea, sulla base delle Sezioni 3.1 (“Aiuti di importo limitato”) e 3.12 (“Aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti”) della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020  (2020) 1863 final (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19), e successive modifiche[6]. La disciplina europea relativa agli aiuti temporanei di importo limitato ne consente l'erogazione alle imprese che si trovano di fronte a un’improvvisa carenza o addirittura indisponibilità di liquidità. L'importo complessivo dell'aiuto non supera 1,8 milioni di EUR per impresa. L'aiuto - che deve essere concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2021 - non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà il 31 dicembre 2019, ad eccezione, alle condizioni previste, delle microimprese o alle piccole imprese. Particolari condizioni si applicano alle imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, mentre è prevista una disciplina speciale per le imprese dei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura. La disciplina europea degli aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti prevede che gli Stati membri possono prevedere di contribuire ai costi fissi, come da essa definiti, non coperti delle imprese per le quali la pandemia di COVID-19 ha comportato la sospensione o la riduzione dell'attività commerciale. L'aiuto è concesso entro il 31 dicembre 2021 e copre i costi fissi non coperti sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 31 dicembre 2021, a favore di imprese che subiscono, durante tale periodo, un calo del fatturato di almeno il 30 % rispetto allo stesso periodo del 2019. L'intensità di aiuto non supera il 70 % dei costi fissi non coperti, tranne per le microimprese e le piccole imprese, per le quali l'intensità di aiuto non supera il 90 % dei costi fissi non coperti. L'importo complessivo dell'aiuto non supera 10 milioni di EUR per impresa.

Il comma 13 - qui novellato - elenca le misure di agevolazione attualmente sottoposte alla disciplina di cui alle sezioni 3.1 e 3.12 del citato Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19[7].

Il comma 14 dell'articolo 1 consente il cumulo, da parte di ciascuna impresa, tra gli aiuti menzionati dal comma 13 e fruiti alle condizioni e nei limiti della Sezione 3.1 della suddetta Comunicazione della Commissione europea e altri aiuti autorizzati ai sensi della medesima Sezione.

Il comma 15 prevede che le condizioni e i limiti previsti dalla Sezione 3.12 della suddetta Comunicazione della Commissione europea rilevano per le imprese beneficiarie degli aiuti di cui al comma 13 che intendono avvalersi anche di tale Sezione.

A tal fine è fatto loro obbligo di presentare un’apposita autodichiarazione attestante l’esistenza delle condizioni previste al paragrafo 87 della Sezione 3.12.

Il comma 16 - qui novellato - demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione: delle modalità di attuazione della disciplina sopra descritta ai fini della verifica, successivamente all’erogazione del contributo, del rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalle Sezioni 3.1 e 3.12 della suddetta comunicazione della Commissione europea; delle modalità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle predette sezioni della citata Comunicazione della Commissione europea.

Ai fini della disciplina dettata dai commi da 13 a 16, il comma 17 rende applicabili le identiche definizioni di impresa unica stabilite dalle specifiche discipline europee relative agli aiuti de minimis. Esse sono rispettivamente dettate dai regolamenti (UE) n. 1407/2013, applicabile alle imprese di qualsiasi settore, salve le discipline speciali, 1408/2013, relativo al settore agricolo, e 717/2014, relativo al settore della pesca e dell'acquacoltura. In base ai richiamati regolamenti, s'intende per «impresa unica» l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle relazioni seguenti: a) un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa; b) un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa; c) un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima oppure in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima; d) un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima. Le imprese fra le quali intercorre una delle relazioni sopra descritte, per il tramite di una o più altre imprese sono anch’esse considerate un’impresa unica.

 


Articolo 5, comma 14
(Modalità di presentazione ed obblighi di conservazione delle dichiarazioni)

 

 

L’articolo 5, comma 14, fa rientrare i revisori legali nel novero dei soggetti abilitati alla trasmissione delle dichiarazioni annuali e, quindi, all’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni trasmesse.

 

In particolare, il comma 14 integra l’articolo 3, comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 322 del 1998 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto) inserendo, dopo le parole «e dei consulenti del lavoro» le seguenti: «, nonché gli iscritti nel registro dei revisori legali».

 

Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, per effetto di tale modifica gli iscritti nel Registro dei revisori legali, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze in applicazione del decreto legislativo n. 39 del 2010, vengono fatti rientrare nel novero dei soggetti abilitati alla trasmissione delle dichiarazioni annuali e, quindi, all’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni trasmesse ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni).

 

Si rammenta che l'articolo 3, comma 3, del D.P.R. nel 322 del 1998 pre-vigente individua i seguenti soggetti incaricati alla trasmissione all'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni annuali in via telematica mediante il servizio telematico Entratel:

a)     gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)     i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)     le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)     i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)     gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Si rammenta altresì che, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, il responsabile dell'assistenza fiscale dei centri di assistenza fiscale (CAF), su richiesta del contribuente (comma 1):

a)     rilascia un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro, alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile;

b)     assevera che gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all'amministrazione finanziaria e rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore corrispondono a quelli risultanti dalle scritture contabili e da altra documentazione idonea.

Inoltre (comma 2), il responsabile dell'assistenza fiscale dei CAF:

a)     rilascia, su richiesta del contribuente, un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni unificate alla relativa documentazione;

b)     rilascia un visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione.

Infine (comma 3), i soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell'articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l'asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a), del presente articolo relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte.

 


Articolo 6
(Semplificazione della disciplina del patent box)

 

 

L’articolo 6 sostituisce la disciplina del patent box, che prevede la parziale detassazione dei redditi derivanti da alcune tipologie di beni immateriali giuridicamente tutelabili, con un’agevolazione che maggiora del 90 per cento i costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a tali beni, consentendone così una più ampia deducibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.

Come per il previgente patent box, la nuova disciplina è rivolta ai titolari di reddito d’impresa e secondo condizioni sostanzialmente analoghe. Ai beni immateriali agevolabili si aggiungono anche i marchi d’impresa.

Per accedere all’agevolazione è prevista la sola procedura di autoliquidazione del beneficio (il contribuente deve conservare ed esibire all’Amministrazione finanziaria idonea documentazione che ne attesti la spettanza) e, rispetto all’originario patent box, non si contempla la procedura di ruling, che esita nella sottoscrizione di un accordo con l’Agenzia delle entrate.

Le norme in esame regolano, infine, il regime transitorio applicabile e le condizioni, per i potenziali beneficiari, alle quali è possibile transitare nel nuovo regime.

 

La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, commi 37-45) ha introdotto un regime opzionale con tassazione agevolata sui redditi derivanti dall'utilizzo di taluni beni immateriali. Le imprese possono optare per un regime fiscale di favore (cd. patent box), consistente nell'esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie di beni (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, nonché processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito. Possono esercitare l'opzione i soggetti titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata e dal titolo giuridico in virtù del quale avviene l'utilizzo dei beni.

La disciplina del patent box è stata più volte modificata nel tempo. In particolare, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha escluso i marchi dal novero dei beni agevolabili; sono stati invece inclusi nel novero dei redditi che beneficiano del regime speciale anche quelli derivanti dall'utilizzo congiunto di beni immateriali, legati da vincoli di complementarietà, a specifiche condizioni di legge.

Fino al 2019, per accedere all'agevolazione, in tutte le ipotesi di utilizzo diretto del bene, il contribuente era tenuto alla preventiva sottoscrizione di un accordo con l'Agenzia delle entrate, (c.d. ruling obbligatorio), mentre, in caso di concessione in uso del bene o di plusvalenze realizzate in ambito infragruppo, l'accordo con il fisco costituiva una mera facoltà del contribuente (c.d. ruling facoltativo).

Il decreto-legge n. 34 del 2019 (articolo 4) ha revisionato la disciplina vigente in materia di Patent box, prevedendo una generale facoltà di autoliquidazione del relativo beneficio, dunque la possibilità per il contribuente di determinare in maniera autonoma e indicare direttamente in dichiarazione l'agevolazione spettante. Obiettivo della modifica è stato di semplificare e rendere più celere la fruizione dell'agevolazione. In attuazione della novella, il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 30 luglio 2019 (Prot. n. 658445/2019) ha chiarito che l’esercizio dell’opzione per la determinazione diretta del reddito agevolabile è effettuata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale si riferisce l’agevolazione.

Si veda la sezione del sito dell'Agenzia delle entrate dedicata al patent box per i provvedimenti attuativi della disciplina agevolativa, nonché per i documenti di prassi emanati dall'amministrazione finanziaria.

 

Il comma 1 individua i destinatari del regime agevolativo disciplinato dalle norme in esame nei soggetti titolari di reddito di impresa. Si tratta di un regime opzionale, che ha durata di cinque periodi di imposta durante i quali è irrevocabile. L’opzione è rinnovabile.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 37 della legge di stabilità 2015 sopra richiamata, si tratta dei medesimi soggetti legittimati a optare per il patent box e si prevede la medesima durata dell’opzione.

Il reddito d’impresa è definito dall’articolo 55 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) quale reddito derivante dall'esercizio di imprese commerciali. Possono dunque essere titolari di reddito d’impresa sia le persone fisiche che le persone giuridiche.

 

Le società e gli enti non residenti soggetti a Ires (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), TUIR) possono esercitare l'opzione a condizione di essere residenti in Paesi con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni sia effettivo (comma 2).

 

La norma sostanzialmente riprende il comma 38 della legge di stabilità 2015.

 

L’agevolazione consiste (comma 3) nella maggiorazione del 90 per cento, ai fini delle imposte sui redditi, dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a:

-     software protetto da copyright;

-     brevetti industriali;

-     marchi d’impresa;

-     disegni e modelli;

-     processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

 

La disciplina del patent box non comprende invece, come si è anticipato supra, i marchi d’impresa (comma 39 della legge di stabilità 2015).

 

Condizione per usufruire dell’agevolazione è che tali beni siano utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività d’impresa. Si demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione.

Si osserva che le norme in esame non fissano un termine per l’emanazione dei provvedimenti secondari di attuazione.

 

Il comma 4 chiarisce che l’agevolazione si applica se i contribuenti svolgono le attività di ricerca e sviluppo - i cui costi sono agevolabili ai sensi dei commi precedenti - finalizzate alla creazione e allo sviluppo dei beni il cui costo è fiscalmente maggiorato anche mediante contratti di ricerca, stipulati con:

-      società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;

-     ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati.

 

La disposizione riprende sostanzialmente il comma 41 e il comma 42-bis della legge di stabilità 2015.

 

Ai sensi del comma 5, l’opzione rileva anche ai fini Irap (valore della produzione netta, come individuata dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

 

Analogamente, il previgente patent box rileva ai fini Irap (comma 43 della legge di stabilità 2015).

 

Secondo il comma 6, chi intende usufruire dell’agevolazione – che consente di dedurre con una maggiorazione i costi individuati ex lege - può indicare le informazioni necessarie alla determinazione della predetta maggiorazione in idonea documentazione, predisposta secondo quanto previsto da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Si prevede che, tuttavia, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria rettifichi la maggiorazione determinata dai beneficiari e ne derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, in presenza di specifiche circostanze  non si applichi la sanzione amministrativa ordinariamente prevista nel caso in cui nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante (dal novanta al centottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, secondo l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

 

In particolare, la sanzione non si applica qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all'Amministrazione finanziaria la documentazione - indicata nel medesimo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate - idonea a consentire il riscontro della corretta maggiorazione.

Il contribuente che detiene la documentazione deve darne comunicazione all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione relativa al periodo di imposta per il quale si beneficia dell’agevolazione.

 

In assenza della comunicazione attestante il possesso della documentazione idonea, in caso di rettifica della maggiorazione, si applica la predetta sanzione amministrativa dal novanta al centottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato di cui al già richiamato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

 

Le le norme in commento riproducono le procedure già previste - facoltativamente – per il previgente patent box, in alternativa al ruling, per effetto dell’articolo 4 del decreto-legge n. 34 del 2019.

 

Il comma 7 demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle norme di attuazione della disciplina in esame.

 

Analogamente a quanto osservato in relazione al comma 4, non viene indicato un termine per l’emanazione di tali disposizioni.

 

Il comma 8 precisa che le norme in commento si applicano alle opzioni esercitate a decorrere dal 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore delle norme in esame).

 

Il comma 9 specifica che i beneficiari dell’istituto in esame non possono fruire, per l’intera durata della predetta opzione e in relazione ai medesimi costi, del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (di cui ai commi da 198 a 206 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160; si veda il sito della documentazione parlamentare per maggiori informazioni sull’istituto).

 

Il comma 10 abroga la vigente disciplina del patent box, contenuta nei commi da 37 a 45 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché nell’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34.

 

Le norme disciplinano inoltre il regime transitorio.

 

In particolare, i potenziali destinatari della nuova agevolazione (indicati al comma 1), ove abbiano esercitato l’opzione per il previgente patent box in data antecedente al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del decreto in commento) possono scegliere, in alternativa, di aderire al nuovo regime agevolativo in commento, con comunicazione da inviarsi secondo le modalità che devono essere stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Il Governo nella Relazione tecnica che accompagna il decreto chiarisce che la norma non impone ai contribuenti che già usufruiscono del vecchio regime di transitare immediatamente nel nuovo, potendo tale evenienza verificarsi, sino al periodo di imposta 2024, solo su base opzionale. A decorrere dal periodo di imposta 2025, invece, i contribuenti in argomento possono usufruire solo del nuovo regime.

 

Le disposizioni in esame non recano una specifica disciplina transitoria per i soggetti che, con riferimento all’anno 2020, intendevano utilizzare - ovvero rinnovare - per la prima volta l’abrogato patent box mediante autoliquidazione in dichiarazione e, tuttavia, non abbiano ancora presentato la dichiarazione dei redditi 2020, i cui termini sono ancora aperti

 

La scadenza per la presentazione della dichiarazione 2020 (nel caso di periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) è infatti fissata al 30 novembre 2021, ovvero l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta (ex articolo 2 D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322).

Dal momento che le nuove norme si applicano alle opzioni esercitate (comma 8) a decorrere dal 22 ottobre 2021, i contribuenti che intendono utilizzare il patent box per la prima volta con riferimento all’anno 2020, ma che al 22 ottobre 2021 non abbiano ancora presentato la relativa dichiarazione dei redditi, nel silenzio delle disposizioni in commento sembrano dunque automaticamente ricadere nella nuova disciplina.

 

Si valuti al riguardo l’opportunità di prevedere per tali soggetti una specifica norma transitoria, anche per non ingenerare disparità di trattamento - con riferimento al periodo di imposta 2020, già concluso - ancorate esclusivamente alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi (i cui termini sono ancora aperti e scadono il 30 novembre 2021) in rapporto alla nuova disciplina (che si applica alle opzioni esercitate dal 22 ottobre 2021).

Non possono avvalersi della possibilità di scelta i soggetti che abbiano presentato istanza di accesso al ruling per accedere al patent box (di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600), ovvero abbiano presentato istanza di rinnovo, e abbiano già sottoscritto un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate a conclusione di dette procedure, nonché i soggetti che abbiano aderito al regime facoltativo di autoliquidazione del patent box (di cui all’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34).

 

In estrema sintesi, il richiamato articolo 31-ter contiene la disciplina degli accordi preventivi tra l’amministrazione finanziaria e le imprese con attività internazionali (cd. ruling) che consentono la preventiva determinazione consensuale di alcuni elementi dell’obbligo tributario (tra cui la modalità di calcolo di utili e perdite, l’applicazione di norme a casi concreti, etc.).

 

Per quanto infine riguarda i soggetti che abbiano presentato istanza di accesso alla procedura di ruling, ovvero istanza di rinnovo dei termini dell’accordo già sottoscritto e che, non avendo ancora sottoscritto un accordo, vogliano aderire al regime agevolativo di cui alle norme in esame, comunicano, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, la volontà di rinunciare alla procedura di accordo preventivo o di rinnovo della stessa.

 


Articolo 7
(Rifinanziamento Fondo automotive)

 

 

L’articolo 7 rifinanzia con complessivi 100 milioni di euro, la dotazione del Fondo per la concessione sia dei contributi c.d. ecobonus, per l’acquisto di autoveicoli elettrici e ibridi, che dei contributi per l’acquisto di autoveicoli con fasce di emissioni superiori, nonché per gli autoveicoli commerciali, speciali ed usati.

 

In dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 rifinanzia per 100 milioni di euro, il Fondo istituito dal comma 1041 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), stabilendo la seguente destinazione di tali fondi:

a) 65 milioni di euro per rifinanziare il c.d. ecobonus per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli elettrici e ibridi nuovi (con emissioni tra 0 e 60 gr di CO2/Km), di cui all’articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio 2019, i cui fondi risultano attualmente esauriti (per lo stato residuo dei fondi si veda il sito: ecobonus.mise.gov.it);

b) 20 milioni di euro per rifinanziare i contributi per l'acquisto di veicoli commerciali nuovi di categoria N1, anche in locazione finanziaria, o autoveicoli speciali nuovi di categoria M1, di cui all'articolo 1, comma 657, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), di cui euro 15 milioni riservati ai veicoli esclusivamente elettrici; anche questi fondi risultano attualmente esauriti; si tratta di un contributo differenziato per tipologia di alimentazione e per massa del veicolo, e

c) 10 milioni di euro ai contributi per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli con emissioni comprese nella fascia 61-135 gr di CO2/Km, di cui all'articolo 1, comma 654, della legge di bilancio 2021, i cui fondi non risultano peraltro ancora esauriti, ammontando, prima del rifinanziamento in commento, a più di 28 milioni di euro;

d) 5 milioni di euro per rifinanziare i contributi per l’acquisto di autoveicoli usati (categoria M1) di cui all’articolo 73-quinquies, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 73/2021 (i cui fondi residui non sono ancora esauriti ed ammontano a più di 35 milioni di euro).

 

Si ricorda in proposito, che il richiamato art. 73-quinquies del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. decreto sostegni-bis), aveva rifinanziato complessivamente di 350 milioni di € per il 2021 la dotazione del fondo per la copertura degli ecoincentivi per l'acquisto di nuovi veicoli. Di questi:

-       60 milioni erano stati destinati come detto alla copertura del c.d. extrabonus, per il 2021 per l'acquisto di autoveicoli nuovi (cat. M1) elettrici o ibridi, sia con che senza rottamazione di un altro veicolo, concesso a condizione che il venditore conceda uno sconto analogo al contributo statale;

-       200 milioni è stato destinato ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli nuovi le cui emissioni sono comprese nella fascia 61-135 g di CO2 per km, con rottamazione di un veicolo di classe inferiore ad euro 6; il contributo è pari a 1.500 euro a condizione che sia praticato dal venditore uno sconto pari ad almeno 2.000 euro;

-       50 milioni ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di veicoli commerciali di categoria N1 nuovi di fabbrica o autoveicoli speciali di categoria M1 nuovi di fabbrica, di cui euro 15 milioni riservati ai veicoli esclusivamente elettrici;

-       40 milioni ai contributi destinati alle persone fisiche che acquistano in Italia, entro il 31 dicembre 2021, un autoveicolo di categoria M1 usato con prezzo risultante dalle quotazioni medie di mercato non superiore a 25.000 euro, omologato in una classe non inferiore a Euro 6.

 

Si ricorda che sulla stessa materia interviene anche l’art. 8, comma 3 del decreto legge 121 del 2021, in corso di esame parlamentare, il quale ha spostato le residue risorse che erano disponibili per l’extrabonus, pari a circa 57 milioni di euro, all’erogazione dell’ecobonus per i veicoli elettrici ed ibridi, il cui stanziamento ha comunque al momento esaurito le risorse. Con il rifinanziamento operato dall’articolo 7 in commento, si apportano pertanto nuove risorse, pari a 65 milioni di euro per la concessione dell’ecobonus per l’acquisto di autoveicoli elettrici e ibridi, oltre agli altri sopra descritti.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 7 reca la copertura finanziaria della norma, a valere sull’articolo 17

 


Articolo 8
(Trattamenti di malattia per i lavoratori in quarantena e per i lavoratori fragili)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 8 modifica alcune norme transitorie[8], che riconoscono: l'applicazione dei trattamenti di malattia per i lavoratori dipendenti del settore privato, per il periodo trascorso in quarantena precauzionale (comunque denominata, in attuazione delle misure relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19); l'applicazione - a determinate condizioni[9] - per il periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, cosiddetti fragili dei trattamenti di malattia inerenti al ricovero ospedaliero. Le modifiche concernono: l'estensione al 2021 (novella di cui alla lettera a)) della tutela prevista per la fattispecie suddetta di quarantena precauzionale - tutela che, secondo l'interpretazione seguita[10], non poteva, a normativa vigente, trovare applicazione, per i lavoratori dipendenti privati, per il periodo successivo al 31 dicembre 2020 (mentre per i dipendenti pubblici ha continuato a trovare applicazione, in base ad un'altra norma[11], tuttora vigente, l'equiparazione al ricovero ospedaliero) -; l'elevamento da 396 milioni di euro a 976,7 milioni del limite di spesa, relativo al 2021, entro il quale sono riconosciuti i trattamenti relativi alle fattispecie summenzionate - quarantena precauzionale e periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili - che siano a carico dell'INPS (novella di cui alla lettera b) e norma abrogatoria di coordinamento posta dal successivo comma 2); la possibilità, consentita dalla riformulazione del suddetto limite di spesa, di impiego delle medesime risorse anche per gli eventi che si sono verificati nel 2020 e che erano rimasti privi delle tutele in oggetto a causa del raggiungimento del limite relativo al 2020[12] (quest'ultimo limite, pari a 663,1 milioni - come detto, già interamente utilizzati -, viene formalmente mantenuto nella suddetta novella); l'introduzione di uno stanziamento, pari a 188,3 milioni, per il 2021, che costituisce un limite di spesa per il riconoscimento, a determinate condizioni[13], di un rimborso forfettario, relativo sia al 2020 sia al 2021, in favore dei datori di lavoro privati, per gli oneri sostenuti per il riconoscimento dei trattamenti nelle suddette due fattispecie - con riferimento ai casi in cui il trattamento di malattia sia a carico del datore di lavoro e non dell'INPS[14], con esclusione dei datori di lavoro domestico e dei datori non assoggettati a contribuzioni previdenziali presso l'INPS - (novella di cui alla lettera c)); l'esclusione (rispetto alla corrispondente norma finora vigente) degli oneri a carico dei datori di lavoro privati dal limite sopra menzionato di 976,7 milioni, il quale, quindi, concerne i soli oneri a carico dell'INPS (novella di cui alla lettera b) citata).

Il comma 3 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria dell'onere derivante dal comma 1 (onere al netto dell'assorbimento nella novella di cui alla lettera b) del suddetto precedente stanziamento di 396 milioni per il 2021, il quale è formalmente abrogato dal comma 2).

 

Riguardo alle novelle di cui al comma 1, si rileva altresì che:

-       la normativa vigente (non modificata sul punto dalle novelle in esame) esclude i suddetti periodi di quarantena e periodi prescritti di assenza dal servizio per i lavoratori fragili dal computo della durata massima del periodo di comporto (periodo oltre il quale il lavoratore in malattia non ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro)[15];

-       riguardo al nuovo limite di spesa per il 2021 stabilito dalla novella di cui alla lettera b) del comma 1, la medesima pone altresì il criterio della priorità per gli eventi cronologicamente anteriori. Resta fermo che l’INPS provvede al monitoraggio finanziario; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, il medesimo Istituto non prende in considerazione ulteriori domande. Si ricorda che il messaggio dell'INPS n. 1667 del 23 aprile 2021 ha riferito la precisazione dei Ministeri vigilanti, secondo la quale la disposizione in oggetto costituisce un limite di spesa relativo non solo al contributo a carico del bilancio dello Stato, ma anche all'intero onere derivante dall'eventuale trattamento di malattia a carico dell'INPS, con conseguente esclusione del riconoscimento del trattamento INPS - relativo alla quarantena precauzionale o al periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili - in caso di esaurimento delle risorse[16]. Nel computo di tale limite, in base all'interpretazione già seguita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall'INPS[17], non rientrano invece gli oneri relativi ai trattamenti di malattia (a carico dell'INPS) per i casi di quarantena dovuta ad infezione da COVID-19. Si valuti l'opportunità di una definizione esplicita di quest'ultimo profilo, considerato che la formulazione letterale della norma oggetto della novella parziale di cui alla lettera a) fa riferimento anche a tali casi;

-       le risorse definite dal suddetto nuovo limite di spesa per il 2021 possono - in base alla riformulazione operata dalla novella di cui alla lettera b) (nonché dalla norma abrogatoria di coordinamento posta dal successivo comma 2) - trovare applicazione anche per gli eventi (quarantena precauzionale o periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori fragili) che si sono verificati nel 2020 e che erano rimasti privi delle tutele in oggetto per raggiungimento del limite relativo a tale anno[18]; quest'ultimo limite, pari a 663,1 milioni (come detto, già interamente utilizzati), viene formalmente mantenuto nella suddetta novella;

-       il rimborso forfettario sopra menzionato (previsto dalla novella di cui alla lettera c)) è riconosciuto al datore di lavoro per un importo pari a 600 euro per ciascun lavoratore e per ciascuno dei due anni (2020 e 2021), con riferimento ai soli casi in cui la prestazione lavorativa, durante l’evento, non possa essere svolta in modalità agile. Sono esclusi, dunque, i casi in cui tra datore di lavoro privato e dipendente non si sia concluso un accordo per lo svolgimento del lavoro in modalità agile. Il rimborso in esame è riconosciuto dall'INPS - nell'ambito del suddetto limite di spesa di 188,3 milioni (riferito per intero al 2021) - secondo un criterio di priorità per gli eventi cronologicamente anteriori. Il rimborso è erogato previa presentazione da parte del datore di lavoro di apposita domanda (in via telematica), corredata da dichiarazione attestante i periodi in oggetto; la domanda e la relativa documentazione sono presentate secondo le modalità ed entro i termini indicati dall’INPS. Quest'ultimo procede al monitoraggio del limite di spesa suddetto sulla base delle domande ricevute; in caso di raggiungimento del limite, non si effettuano ulteriori rimborsi. Il medesimo Istituto, nello svolgimento dei controlli a campione sulle dichiarazioni suddette[19], è autorizzato all’acquisizione e al trattamento dei dati sensibili contenuti nelle certificazioni mediche e nella documentazione sanitaria dei lavoratori interessati.

Riguardo alla disciplina vigente relativa ai periodi prescritti di assenza dal servizio per i lavoratori fragili, si rinvia al successivo paragrafo della presente scheda.

Il comma 3, come accennato, rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria dell'onere derivante dal comma 2, onere pari a 769 milioni per il 2021 (al netto dell'assorbimento nella novella di cui alla lettera b) del suddetto precedente stanziamento di 396 milioni per il 2021, il quale è formalmente abrogato dal comma 2).

 

Su alcune norme transitorie in materia di lavoratori cosiddetti fragili

 

La summenzionata ipotesi di applicazione - a determinate condizioni[20] -  per il periodo prescritto di assenza dal servizio per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, cosiddetti fragili dei trattamenti di malattia inerenti al ricovero ospedaliero costituisce una delle due fattispecie transitorie, relative a tali lavoratori, poste, fino al 31 dicembre 2021[21], dall'articolo 26, commi 2 e 2-bis, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, e dall’articolo 1, commi 481 e 483, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni. L'altra fattispecie è costituita dalla possibilità, "di norma", per i medesimi soggetti, di svolgimento del lavoro in modalità agile, anche attraverso la destinazione a diversa mansione, ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o attraverso lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale, anche da remoto.

Le summenzionate due fattispecie transitorie riguardano i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che rientrino in una delle seguenti fattispecie (fermo restando il rispetto di ulteriori condizioni ai fini dell'equiparazione suddetta al ricovero ospedaliero):

-       riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104;

-       possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita[22]. La suddetta certificazione deve essere rilasciata, qualora non sussista il verbale di riconoscimento della condizione di handicap[23], dagli organi medico-legali dell'azienda sanitaria locale competente per territorio[24] -.

La suddetta equiparazione alla degenza ospedaliera è limitata ai casi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, neanche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti. Il riferimento alla diversa mansione è insito nel richiamo alla fattispecie di lavoro agile di cui al citato comma 2-bis dell’articolo 26 del D.L. n. 18. Quest’ultimo comma fa peraltro riferimento anche alla possibilità di svolgimento - in luogo dell’ordinaria prestazione di lavoro in modalità agile - di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Si ricorda che dall'equiparazione del periodo di assenza dal servizio alla degenza ospedaliera deriva, per i lavoratori dipendenti privati aventi diritto alla tutela previdenziale di malattia dell'INPS, la decurtazione ai due quinti della normale indennità di malattia, in assenza di familiari a carico; inoltre, secondo l'interpretazione seguita dall'INPS[25], l’equiparazione al ricovero ospedaliero comporta, per i lavoratori privati rientranti nel regime di tutela di malattia dell'INPS, "il riconoscimento della prestazione economica e della correlata contribuzione figurativa entro i limiti del periodo massimo assistibile, previsto dalla normativa vigente per la specifica qualifica e il settore lavorativo di appartenenza". Al riguardo, si ricorda che, per i lavoratori rientranti nel regime di tutela di malattia dell'INPS, l'indennità è riconosciuta entro il limite di 180 giorni per anno solare[26]. Si ricorda altresì che per alcune categorie di dipendenti privati, in base a norme specifiche, il trattamento di malattia è a carico del datore di lavoro medesimo.

Il periodo di assenza dal servizio - nell'ambito della fattispecie in oggetto - viene prescritto - dalle competenti autorità sanitarie e dal medico di assistenza primaria[27] - sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei summenzionati organi medico-legali, i cui riferimenti devono essere indicati nel medesimo certificato di prescrizione; nessuna responsabilità, neanche di natura contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi (resta ferma la responsabilità del suddetto medico in caso di fatto doloso).

I periodi di assenza dal servizio per i quali sia stata o sia riconosciuta (in base alle norme temporanee in esame) l’equiparazione alla degenza ospedaliera[28]:

-       non rientrano nel computo della durata massima del periodo di comporto (periodo oltre il quale il lavoratore in malattia non ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro);

-       non determinano la sospensione dell’indennità di accompagnamento eventualmente spettante al soggetto[29].

Riguardo ai limiti finanziari entro i quali è riconosciuta l'equiparazione al ricovero ospedaliero, si rinvia alla prima parte della presente scheda (parte relativa alle novelle di cui al comma 1 del presente articolo 8).


Articolo 9
(Congedo straordinario per genitori e stanziamento per la sostituzione del personale scolastico)

 

 

L’articolo 9 reintroduce per il periodo dal 22 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021, nel limite di spesa di 29,3 mln di euro per il 2021, la possibilità – già prevista per il periodo dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 – per i genitori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e lavoratori autonomi iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS di fruire, alternativamente tra i due genitori, di specifici congedi e indennità con riferimento a determinate fattispecie relative ai figli conviventi minori di anni 14, o a prescindere dall'età qualora tali fattispecie riguardino figli in condizioni di disabilità accertata. Tale indennità è riconosciuta altresì ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS.

Al ricorrere delle medesime fattispecie, il suddetto congedo è riconosciuto, alternativamente e senza la corresponsione della relativa indennità, anche ai genitori di figli conviventi di età compresa fra i quattordici e i sedici anni.

Viene inoltre autorizzata la spesa di 7,6 mln di euro per il 2021 al fine di garantire la sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche che usufruisce dei suddetti benefici.

Si prevede, infine, la possibilità di convertire i congedi fruiti, ai sensi della normativa generale, dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021.

 

Congedo straordinario per lavoratori genitori di figli conviventi minori di 14 anni o di figli con disabilità grave

 

Fino al 31 dicembre 2021 al lavoratore dipendente (pubblico o privato), o al lavoratore autonomo iscritto in via esclusiva alla Gestione separata INPS[30], genitore di figlio convivente minore di anni quattordici, è riconosciuto, alternativamente all’altro genitore, un congedo straordinario – da fruire in forma giornaliera od oraria - per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della sospensione dell’attività didattica ed educativa in presenza, dell’infezione da Covid-19 o della quarantena del figlio disposta dalla ASL territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto (comma 1, primo e ultimo periodo).

Tale congedo è riconosciuto anche ai genitori di figli con disabilità grave, a prescindere dall’età del figlio, in caso di quarantena o infezione da Covid-19 e nei casi in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza[31] o la chiusura dei centri assistenziali diurni frequentati dal figlio, nonché per la durata dell’infezione da Covid-19 o della quarantena del figlio (comma 1, secondo periodo).

Si ricorda che fino al 30 giugno 2021 l’art. 2, co. 2, del D.L. 30/2021, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non potesse essere svolta in modalità agile, riconosceva analogo congedo in favore dei lavoratori dipendenti e dei genitori di figli con disabilità grave, in tale ultimo caso prescindendo dall’età del figlio nonché, come specificato dalla circolare INPS n. 63 del 14 aprile 2021, dal requisito della convivenza.

In merito alle modalità di fruizione del congedo in esame, nonché alle relative indennità, da parte dei dipendenti pubblici, la medesima circolare n. 63 del 2021 precisa che le stesse sono a cura dell’Amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro. Di conseguenza, tale categoria di lavoratori non deve presentare la domanda del congedo in oggetto all’INPS, ma direttamente alla propria Amministrazione pubblica datrice di lavoro, secondo le indicazioni dalla stessa fornite.

Si segnala, altresì, che limitatamente alle cosiddette zone rosse - caratterizzate da un elevato rischio epidemiologico, individuate con apposite ordinanze del Ministro della salute – analogo congedo straordinario è riconosciuto, per periodi dal 9 novembre 2020, dall’art. 22-bis del D.L. 137/2020 in favore dei lavoratori dipendenti genitori di alunni (non necessariamente conviventi) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado per le quali sia disposta la sospensione dell'attività didattica in presenza.

La richiamata circolare INPS n. 63 del 14 aprile 2021 specifica che tale misura è tuttora in vigore, nell’ambito dei limiti di spesa previsti dall'art. 22-bis, con riferimento ai genitori dei suddetti alunni, mentre è rimasta in vigore fino al 5 marzo 2021, su tutto il territorio nazionale, con riferimento ai genitori di figli con disabilità iscritti a scuole di ogni ordine e grado per le quali fosse stata disposta la medesima sospensione o ospitati in centri assistenziali diurni per i quali fosse stata disposta la chiusura.

Per l’individuazione delle zone rosse a cui può essere applicato tale congedo, il riferimento contenuto nel richiamato art. 22-bis è all'ordinanza del Ministro della salute del 4 novembre 2020, la quale aveva classificato nell’ambito di tali regioni Calabria, Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta. Tuttavia, la norma in esame trova applicazione anche con riferimento alle altre regioni successivamente inquadrate nell'ambito in esame, nei limiti del riparto del fondo di cui all’art. 13-duodecies, co. da 2 a 4, del medesimo D.L. 137/2020).

 

Per tale congedo viene riconosciuta un’indennità pari:

§  per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati), al 50 per cento della retribuzione, con il riconoscimento, ai fini previdenziali, della contribuzione figurativa relativa all'intera retribuzione. La base di calcolo dell'indennità è determinata secondo gli stessi criteri vigenti per la base di calcolo dell'indennità per i congedi parentali. Di conseguenza, si fa riferimento alla retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo; l'importo di tale base di calcolo non comprende il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati al lavoratore[32] (comma 2). Poiché per le modalità di pagamento dell'indennità trovano implicitamente applicazione i criteri vigenti per i trattamenti di maternità relativi alle lavoratrici dipendenti e per i congedi parentali, si valuti l'opportunità di chiarire i criteri di computo del periodo di congedo in esame ai fini dell'anzianità di servizio, considerato che, nell'ordinamento, tali criteri sono stabiliti in maniera non univoca per i trattamenti di maternità e per i congedi parentali;

§  per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata per la determinazione dell’indennità di maternità (comma 6, primo periodo).

La medesima indennità è riconosciuta anche ai genitori lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni pensionistiche speciali dell’INPS[33] ed è pari, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto (comma 6, secondo e terzo periodo).

Si prevede, infine, che per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo in questione, oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, o di quello privo di indennità previsto per figli tra i 14 e i 16 anni (di cui al comma 4 – vedi infra), salvo che sia genitore anche di altri figli minori di 14 anni avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle suddette misure (comma 5).

 

Possibilità di convertire i congedi fruiti, ai sensi della normativa generale, dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021

Gli eventuali periodi di congedo parentale fruiti ai sensi della normativa generale (di cui agli artt. 32 e 33 del D.Lgs. 151/2001[34]) a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 al 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) - durante i periodi di sospensione dell’attività didattica in presenza o di sospensione delle attività dei centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura, o dell’infezione da Covid-19, o della quarantena del figlio - possono essere convertiti a domanda nel congedo straordinario in esame, con diritto alla relativa indennità, e non sono computati né indennizzati a titolo di congedo parentale (comma 3).

Si ricorda che analoga misura era prevista in relazione ai congedi straordinari concessi a causa dell’emergenza epidemiologica per periodi dal 5 marzo 2020 al 31 agosto 2020 (dall’art. 23, co. 2, del D.L. 18/2020, anche se in tale caso la conversione operava di diritto) e dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 (dal richiamato art. 3, co. 4 del D.L. 30/2021).

 

Astensione dal lavoro per genitori con figli tra i 14 e i 16 anni

Fino al 31 dicembre 2021, in caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni e in presenza di una delle suddette fattispecie che danno luogo alla possibilità di ricorrere al congedo straordinario in commento, uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro (comma 4).

Si prevede, inoltre, che per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo in questione, oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, o di quello previsto per figli minori di 14 anni (di cui al comma 1), salvo che sia genitore anche di altri figli minori di 14 anni avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle suddette misure (comma 5).

 

 

Si ricorda che analoga misura era prevista in relazione ai congedi straordinari concessi a causa dell’emergenza epidemiologica per periodi dal 9 settembre 2020 al 31 dicembre 2020 (dall’art. 21-bis, co. 3, del D.L. 104/2020) e dal 13 marzo 2021 al 30 giugno 2021 (dal richiamato art. 2, co. 4 del D.L. 30/2021).

 

Cause di esclusione dal congedo straordinario

Come accennato, fino al 31 dicembre 2021, per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo con indennità per figli minori di 14 anni (di cui al comma 1) o di quello, privo di indennità, per figli di età compresa tra i 14 e i 16 anni (di cui al comma 4), oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire dei predetti congedi, salvo che sia genitore anche di altri figli minori di anni 14 avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle predette misure (comma 5).

 

 

Sostituzione del personale scolastico

Si prevede una specifica autorizzazione di spesa - pari a 7,6 milioni di euro per il 2021 - al fine di garantire la sostituzione del personale delle istituzioni scolastiche (docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario) che usufruisca dei benefici di cui all’articolo in commento (comma 8).

Si ricorda che per la medesima finalità l’art. 2 del D.L. 30/2021 ha già stanziato 10,2 mln di euro per il 2021.

La Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame segnala che, ai fini della stima degli effetti finanziari derivanti dalla sostituzione del personale di cui al comma 8 in esame si considerano circa 7.000 soggetti per un numero medio di giorni pari a 9 e una retribuzione lorda giornaliera comprensiva della contribuzione previdenziale pari a 120 euro.

 

Limiti di spesa e copertura finanziaria

I suddetti benefici sono riconosciuti nel limite di spesa di 29,3 milioni di euro per il 2021 (comma 7).

Le modalità operative per accedervi sono stabilite dall’INPS che, sulla base delle domande pervenute, provvede al monitoraggio anche del predetto limite di spesa, comunicandone i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Se da tale monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.

Per la sostituzione del personale delle istituzioni scolastiche, come detto, è prevista una distinta autorizzazione di spesa pari a 7,6 milioni di euro per il 2021 (comma 8).

Ai suddetti oneri - pari a 36,9 milioni di euro per il 2021 si provvede ai sensi dell’art. 17 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 10).

Ai fini della stima delle platee potenziali beneficiarie dei trattamenti in oggetto, la Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame riporta che sono state estrapolate dagli archi gestionali INPS le informazioni relative al numero di beneficiari di trattamenti identici o analoghi (come il bonus babysitting) per il periodo gennaio-giugno 2021.

rispetto a tali dati la RT sottolinea che occorre tener presente alcuni aspetti peculiari con riferimento al periodo attuale, come l’accelerazione nelle vaccinazioni dei ragazzi sopra i 12 anni di età che ridurranno sia il rischio contagio che il rischio malattia, il fatto che la scuola ha inizio a settembre 2021 e che pertanto il periodo di potenziale fruizione delle misure in esame è ridotto rispetto a quanto osservato nei primi sei mesi dell’anno, nonché che la norma in esame ha eliminato la possibilità per il lavoratore di svolgere l’attività lavorativa in modalità agile qualora si trovasse nelle condizioni richiamate dalla norma medesima. Inoltre, per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata, l’ipotesi di base adottata è che la platea fruitrice del bonus babysitting è la medesima che fruirà del nuovo congedo parentale ove ne ricorrano le condizioni previste dalla norma in commento.

Sulla base di tali informazioni, la platea potenzialmente beneficiaria è stata individuata come segue:

 

 

 

Potenziali richiedenti il congedo parentale

N° giorni di congedo parentale

Retribuzione media giornaliera 2021

Aliquota contributiva IVS

Lavoratori dipendenti

30.600

10

77,2 euro

33%

Lavoratori autonomi

14.300

10

48,98 euro

24%

Iscritti Gestione separata

10.700

10

51,2 euro

33%

 

Da tali dati, gli oneri sono stati quantificati nel modo seguente

Anno 2021 (importi in mln di euro)

Tipologia

Prestazione

Copertura figurativa

Totale

Lavoratori dipendenti

11,8

7,8

19,6

Lavoratori autonomi

3,5

1,7

5,2

Iscritti Gestione separata

2,7

1,8

4,5

Totale generale

18,0

11,3

29,3

 

 


Articolo 10
(Integrazione salariale per i lavoratori di Alitalia in amministrazione straordinaria)

 

 

L’articolo 10 prevede in favore dei lavoratori dipendenti di Alitalia Sai e Alitalia Cityliner in amministrazione straordinaria la possibilità di concedere un periodo complessivo di 12 mesi di trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dalla normativa vigente per i dipendenti delle aziende commissariate, anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2022, nel limite di spesa di 63,5 milioni per il 2022 per i mesi oggetto della proroga.

In relazione agli oneri delle prestazioni integrative del suddetto trattamento, a carico del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, viene altresì previsto un finanziamento di 212,2 mln di euro per il 2022 in favore di tale Fondo.

 

Al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti dall’attuazione del programma della procedura di amministrazione straordinaria (di cui all’art. 79, co. 4-bis, del D.L. 18/2020 – vedi infra), si prevede la possibilità che ai suddetti lavoratori sia concesso, per una durata complessiva di 12 mesi, il trattamento di integrazione salariale previsto per i dipendenti delle aziende commissariate dall’art. 7, co. 10-ter, del D.L. 148/1993. L’articolo in commento dispone che il trattamento in oggetto può proseguire anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2022, in deroga a quanto disposto dal richiamato comma 10-ter, secondo cui la durata dell'intervento della cassa integrazione straordinaria non può eccedere il termine previsto per l'attività del commissario (comma 1).

Per i mesi oggetto della proroga derivante dalla suddetta deroga viene posto un limite di spesa pari a 63,5 milioni per il 2022 (vedi infra).

 

Per garantire le prestazioni integrative del suddetto trattamento di integrazione salariale, viene altresì previsto un finanziamento - operato in considerazione dell'intero periodo temporale di 12 mesi summenzionato - di 212,2 mln di euro per il 2022 in favore del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (comma 2).

Si ricorda che la suddetta integrazione economica, erogata dal Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (ex art. 5 del D.M. n. 95269 del 7 aprile 2016)[35], è volta, in generale, ad integrare la misura della NASpI e del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in modo da garantire che il trattamento complessivo sia pari all'80% della retribuzione lorda di riferimento. Tali prestazioni integrative del Fondo, in quanto accessorie, sono subordinate alla sussistenza delle prestazioni principali di riferimento che integrano.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in commento – pari complessivamente a 275,7 milioni di euro per il 2022 - si provvede ai sensi dell’articolo 17 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 3).

Come riportato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, per la quantificazione dei suddetti oneri, si è ipotizzato che l’attività del commissario abbia termine a giugno 2022, con la conseguenza che la disposizione in commento comporterebbe una ulteriore prestazione di integrazione salariale di tre mesi (posto che il trattamento di integrazione salariale di dodici mesi riguarderebbe il periodo ottobre 2021-settembre 2022) per un numero di dipendenti stimato in circa 8.300 lavoratori con retribuzione media mensile ponderata pari a 4.060 euro.

 

(in milioni di euro)

Anni

Oneri CIGS

Prestazione integrativa FdS Trasporto Aereo
periodo 10/2021-09/2022
(80% retr.)

Prestazioni + ANF

Coperture figurative

Totale

2022

29,8

33,7

63,5

212,2

 

 

 

Il richiamato art. 79 del D.L. 18/2020 disciplina in dettaglio la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, Italia Trasporto Aereo Spa (ITA S.p.a), controllata direttamente dallo Stato o da società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta. La nuova società è costituita per "l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone", subordinato alle valutazioni della Commissione europea.

Il comma 4-bis del citato articolo 79 autorizza la costituzione di tale nuova società di trasporto aereo anche al fine dell’elaborazione di un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell'offerta, che include strategie strutturali di prodotto. Il piano industriale può prevedere la costituzione di una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché l'acquisto o l'affitto, anche a trattativa diretta, di rami d'azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

Tale Piano per gli anni 2021-2025 è stato presentato al Parlamento, per i prescritti pareri, il 21 dicembre 2020.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema in materia.

 


Articolo 11, commi 1-12
(Interventi di integrazione salariale con causale COVID-19)

 

 

I commi da 1 a 12 dell’articolo 11 prevedono, in favore di alcune categorie di datori di lavoro, la possibilità di fruizione di un ulteriore intervento di integrazione salariale con causale COVID-19, nel periodo 1° ottobre 2021-31 dicembre 2021, e dispongono alcuni adeguamenti finanziari per il 2021 e per il 2022, di segno positivo o negativo, per alcuni istituti lavoristici, in relazione al quadro effettivo delle esigenze.

Le categorie interessate dai nuovi interventi di integrazione salariale con causale COVID-19 sono: nella misura di tredici settimane e nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 1 e di cui al comma 6[36], i datori di lavoro esclusi dall'ambito di applicazione del trattamento ordinario di integrazione salariale[37] e che rientrino, quindi, nell'ambito di applicazione di assegni ordinari di integrazione a carico di fondi di solidarietà bilaterali, ovvero nell'ambito di trattamenti di integrazione salariale in deroga[38]; nella misura di nove settimane e nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 2, i datori di lavoro nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, con riferimento al trattamento ordinario di integrazione salariale con la causale suddetta.

Riguardo ai suddetti fondi di solidarietà bilaterali, l'intervento concerne sia quelli istituiti presso l’INPS sia i due fondi cosiddetti alternativi[39]; relativamente a questi ultimi, il concorso finanziario statale è definito dal comma 6, mediante una revisione complessiva, in senso restrittivo, del limite di spesa previsto per il concorso statale, per il 2021, agli oneri relativi all'assegno ordinario dei due fondi con causale COVID-19; tale revisione in senso restrittivo tiene conto dell'andamento effettivo delle domande - ferma restando la suddetta possibilità, nell'ambito del nuovo limite, delle ulteriori settimane di trattamento in esame -.

I termini e le modalità per la presentazione delle domande e per il riconoscimento delle prestazioni sono definiti dai commi 4 e 5. I commi 7 e 8, per i datori di lavoro che presentino la domanda per le nuove prestazioni di cui ai commi 1, 2 e 6, prevedono, fino al termine del periodo di relativa fruizione, l'esclusione, fatte salve alcune fattispecie, sia dell'avvio di nuove procedure di licenziamento collettivo sia della possibilità di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. I commi 9 e 10 stabiliscono, rispettivamente, un incremento e una riduzione di precedenti limiti di spesa, in relazione all'andamento effettivo delle domande; l'incremento concerne un precedente intervento di integrazione salariale con causale COVID-19, relativo ai medesimi settori di cui al comma 2, mentre la riduzione concerne un intervento di integrazione salariale straordinaria per situazioni di particolare difficoltà presentate al Ministero dello sviluppo economico. Il comma 11 riduce il limite di minori entrate contributive, per il 2021 e il 2022, posto per i benefici contributivi inerenti all'istituto del contratto di rioccupazione; la riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo del ricorso a tale istituto. Il comma 12, in primo luogo, specifica i mezzi di copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 9; tali oneri trovano copertura nell'ambito delle riduzioni summenzionate dei limiti di spesa e dei limiti di minori entrate contributive. In secondo luogo, il comma 12 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la copertura finanziaria degli effetti fiscali negativi indotti per il 2023, derivanti dalla riduzione del limite di minori entrate contributive di cui al comma 11.

 

Più in particolare, le ulteriori settimane di intervento di integrazione salariale, di cui ai commi 1 e 2, sono concesse in favore dei datori di lavoro summenzionati che sospendano o riducano l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19, con riferimento ai lavoratori dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto (22 ottobre 2021). Per le prestazioni di integrazione salariale concesse ai sensi dei commi 1 e 2 (così come per gli omologhi trattamenti con causale COVID-19 già previsti nel 2021) non si applica alcun contributo addizionale.

Si ricorda che, per i datori di lavoro di cui ai commi 1 e 6, la disciplina vigente[40] prima dell'entrata in vigore del presente decreto ha già riconosciuto la possibilità di ventotto settimane di prestazione omologa (con causale COVID-19), relativamente al periodo 1° aprile 2021[41]-31 dicembre 2021. In base all’interpretazione seguita dal messaggio dell’INPS n. 1297 del 26 marzo 2021, a tale numero di settimane si sono potute aggiungere, nella parte ancora non eventualmente fruita, le dodici settimane previste (sempre con causale COVID-19) per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021 dalla normativa ancora precedente[42] (fermo restando il termine di fruizione di queste ultime entro il 30 giugno 2021). Per i datori di lavoro di cui al comma 2, la disciplina vigente[43] prima dell'entrata in vigore del presente decreto ha già riconosciuto la possibilità di un periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale con la causale suddetta per un massimo di diciassette settimane - ricadenti in ogni caso nell'ambito del periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021 -.

Il riconoscimento delle ulteriori settimane di trattamento previste dai commi 1, 2 e 6 è in ogni caso subordinato, ai sensi del comma 3, alla condizione che i datori di lavoro abbiano fruito nella misura massima delle settimane precedenti di trattamento con causale COVID-19 - misura pari, come detto, a ventotto o diciassette settimane -.

I limiti di spesa (relativi al 2021) per le nuove prestazioni in oggetto sono pari (commi 1, 2 e 6): a 304,3 milioni di euro per gli assegni ordinari dei fondi di solidarietà bilaterali istituiti presso l’INPS; a 353,6 milioni per i trattamenti di integrazione salariale in deroga; a 140,5 milioni per i trattamenti ordinari di integrazione salariale nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili; a 844 milioni di euro per il concorso statale per gli assegni ordinari dei due fondi di solidarietà bilaterali cosiddetti alternativi[44]. Quest'ultimo limite comprende anche il concorso statale ai due fondi per le suddette ventotto settimane precedenti ed è inferiore rispetto all'importo già previsto per il concorso relativo a queste ultime (che era pari a 1.100 milioni); come accennato, tale revisione in senso restrittivo tiene conto dell'andamento effettivo delle domande - ferma restando la suddetta possibilità, nell'ambito del nuovo limite, delle ulteriori settimane di trattamento in esame -. Si dispone, inoltre, una riduzione - da 900 milioni a 700 milioni - dell'importo relativo al concorso statale ai due fondi per le suddette dodici settimane previste (per il periodo 1° gennaio 2021-30 giugno 2021) dalla normativa ancora precedente. Anche tale revisione tiene conto dell'andamento effettivo delle domande.

L'INPS provvede al monitoraggio dei limiti di spesa di cui ai commi 1 e 2; qualora dal predetto monitoraggio emerga che sia stato raggiunto il limite di spesa, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Si valuti l'opportunità di chiarire se, riguardo a tale effetto preclusivo, il limite di cui al comma 1 sia considerato unitariamente (nella misura cumulativa di 657,9 milioni ivi citata), con conseguente possibilità di rimodulazione da parte dell'INPS tra i due limiti summenzionati - relativi, rispettivamente, agli assegni ordinari dei fondi di solidarietà bilaterali ed ai trattamenti di integrazione salariale in deroga -.

Il comma 4 prevede che le domande di accesso ai trattamenti in esame siano inoltrate all'INPS (ovvero, ai sensi del rinvio di cui al comma 6, ai due fondi alternativi summenzionati), a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. Si specifica che, in fase di prima applicazione, il termine di decadenza scade alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore (avvenuta il 22 ottobre 2021) del presente decreto.

Ai sensi del comma 5, in caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[45], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione; tuttavia, qualora il termine così determinato sia anteriore al 21 novembre 2021, il termine medesimo è costituito da quest’ultima data; si valuti, sotto il profilo formale, l'opportunità di sopprimere quest'ultima previsione, considerato che, per definizione, il termine determinato in base ai criteri sopra menzionati non può essere anteriore alla suddetta data. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico (in via definitiva) del datore di lavoro inadempiente.

Per il caso di pagamento diretto, viene confermata (comma 5) la possibilità di richiesta (nell'ambito della domanda da parte del datore di lavoro di accesso al trattamento) di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda (la quale, in tal caso, deve contenere i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione dell'anticipazione medesima)[46] -.

 

Si ricorda inoltre che, riguardo alla disciplina degli interventi di integrazione salariale in esame (con causale COVID-19), i commi 1 e 2 richiamano quella posta (per tali interventi con causale COVID-19) dagli articoli 19, 20, 21, 22 e 22-quater del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni.

In merito, si segnala, in primo luogo, che - mentre, in generale, i trattamenti di integrazione salariale non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148) - i trattamenti in deroga in esame sono ritenuti applicabili[47] a tutti i lavoratori apprendisti ed ai lavoratori a domicilio; restano esclusi i dirigenti.

Per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in deroga sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro (comma 1 dell'articolo 22 citato del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni)[48]. Si ricorda altresì che: per i trattamenti in deroga - così come per gli altri trattamenti in oggetto con causale COVID-19 - l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto può essere adempiuto, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi alla comunicazione preventiva circa la richiesta di intervento medesimo[49]; anche per i trattamenti in deroga (così come per gli altri interventi di integrazione salariale in oggetto) sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato dell’articolo 22 del D.L. n. 18).

Si ricorda altresì che:

-       i trattamenti ordinari e gli assegni ordinari di integrazione salariale, concessi con la causale COVID-19, non sono computati ai fini del calcolo dei limiti di durata previsti dalle norme generali (relative alle medesime tipologie di trattamento) e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste[50];

-       la concessione di uno degli ammortizzatori sociali con causale COVID-19 determina una sospensione (per la durata del trattamento) degli obblighi di assunzione derivanti dal cosiddetto collocamento obbligatorio[51];

-       per il periodo di fruizione dei trattamenti e assegni di integrazione salariale con causale COVID-19 è riconosciuto, alle medesime condizioni dei lavoratori ad orario normale, l'assegno per il nucleo familiare[52].

 

Riguardo alle esclusioni - poste dai commi 7 e 8 del presente articolo 11 - delle possibilità di licenziamento, in relazione alla domanda dei trattamenti di cui ai commi 1, 2 e 6 ed al periodo di relativa fruizione, si rileva, in dettaglio, che il comma 7:

-       preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi (disciplinati ai sensi degli articoli 4, 5 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni[53]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo); non si prevede, invece, la sospensione di procedure già pendenti;

-       preclude, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, di cui all’articolo 3 della L. 15 luglio 1966, n. 604[54], e dispone che restino altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge, e successive modificazioni[55].

Ai sensi del comma 8 del presente articolo 11, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 7 non si applicano:

-       nelle ipotesi di licenziamenti motivati dal venir meno del soggetto imprenditoriale nelle seguenti fattispecie: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

-       nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (NASpI), ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 22[56].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 

Il comma 9 del presente articolo 11 incrementa da 185,4 milioni a 265,4 milioni (per il 2021) il limite di spesa per la suddetta precedente disciplina - di cui all'articolo 50-bis, commi da 2 a 6, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106 - che ha previsto la concessione fino ad un massimo di diciassette settimane di trattamento ordinario di integrazione salariale con causale COVID-19 nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (settimane ricadenti in ogni caso, come detto, nell'ambito del periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021). L'incremento è disposto in considerazione dell'esigenza - di fronte al raggiungimento del suddetto limite di 185,4 milioni - di dar seguito alle altre domande[57]. Sotto il profilo redazionale, si valuti l'opportunità di richiamare anche il comma 6 del citato articolo 50-bis, considerato che il limite di spesa è posto in tale comma e non nel comma 2.

Il comma 10 riduce da 351 milioni a 106 milioni (per il 2021) il limite di spesa per la normativa transitoria[58] che ha previsto la concessione di un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale - per un massimo di tredici settimane, fruibili fino al 31 dicembre 2021 - in favore di alcuni datori di lavoro che, per esaurimento dei limiti di durata, non potrebbero più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria). La riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo delle domande[59].

Si ricorda che il beneficio in oggetto è previsto, nell'ambito suddetto, per le situazioni di particolare difficoltà, presentate al Ministero dello sviluppo economico, e che, per il periodo così ammesso, è riconosciuto altresì l'esonero dalla contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro (contribuzione prevista dalla disciplina generale in caso di concessione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale).

Il comma 11 riduce da 585,6 milioni a 216 milioni per il 2021 e da 292,8 milioni a 108 milioni il limite di minori entrate contributive, rispettivamente per il 2021 e il 2022, posto per i benefici contributivi inerenti all'istituto del contratto di rioccupazione. La riduzione del limite è operata in relazione all'andamento effettivo del ricorso a tale istituto[60].

Si ricorda che la figura del contratto di rioccupazione è stata introdotta - dall'articolo 41 del citato D.L. n. 73 del 2021 - per il periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021. L'istituto consiste in un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato tra un datore di lavoro ed un soggetto disoccupato, con un progetto individuale di inserimento, con la possibilità, per le parti, di recedere dal contratto al termine del medesimo periodo di inserimento e con il riconoscimento di un esonero contributivo in favore del datore. Quest'ultimo beneficio - riconosciuto nel suddetto limite di minori entrate contributive - concerne, per un periodo massimo di sei mesi, l'intera misura dei contributi previdenziali a carico del datore - con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL -, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua (riparametrato e applicato su base mensile); sono esclusi dallo sgravio i settori agricolo e del lavoro domestico.

Per un esame più approfondito dell'istituto del contratto di rioccupazione, si rinvia alla scheda di lettura del citato articolo 41 del D.L. n. 73, nel dossier dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati relativo al testo definitivo (come convertito) del medesimo D.L[61].

Il comma 12 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 9 (pari, complessivamente, a 878,4 milioni per il 2021), nonché delle minori entrate per il 2023 derivanti dal comma 11 e valutate pari a 11,4 milioni dal comma 13 in oggetto; queste ultime sono costituite dagli effetti fiscali negativi relativi agli acconti delle imposte dirette da corrispondere nel 2023, effetti determinati dalla riduzione dei limiti di minori entrate contributive di cui al comma 11 (riduzione che determina, oltre che un incremento della contribuzione previdenziale, anche un incremento della deduzione fiscale dei medesimi contributi, con conseguente riduzione, oltre che delle imposte dirette, anche dei relativi acconti da corrispondere nell'anno successivo).

La copertura finanziaria in oggetto è costituita da: le economie derivanti dal comma 6, pari a 456 milioni per il 2021; la riduzione del limite di spesa di cui al comma 10 (riduzione pari a 245 milioni per il 2021); una quota - pari a 177,4 milioni - delle maggiori entrate contributive derivanti dal comma 11[62]; il rinvio alle disposizioni di cui al successivo articolo 17 per la suddetta quota di minori entrate per il 2023.

 

 


Articolo 11, commi 13-14
(Rifinanziamento del reddito di cittadinanza)

 

 

L’articolo 11, commi 13 e 14 prevede il rifinanziamento del reddito di cittadinanza per l’anno 2021, per un importo di 200 milioni di euro

 

Le disposizioni dei commi 13 e 14 quantificano e coprono il predetto incremento di 200 milioni di euro della autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, a valere sull’art. 17 del provvedimento in esame.

 

In base alla disposizione dell’art. 12, comma 1, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, degli incentivi di cui all'articolo 8 (esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali in caso di assunzione di soggetti beneficiari di RdC), nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione e delle misure aventi finalità analoghe a quelle del Reddito di cittadinanza, sono autorizzati limiti di spesa nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Fondo per il reddito di cittadinanza».

 

Si ricorda, infine, che, nel complesso, per l’anno 2021, l'autorizzazione di spesa per l'erogazione del Reddito di cittadinanza è stata incrementata complessivamente di 1.210 mln di euro per il 2021 (di cui 1.010 mln dall’art. 11 del D.L. 41/2021 e 200 mln dalla disposizione in commento).

 

La Relazione tecnica al provvedimento si limita ad affermare che l’incremento di 200 milioni di euro per l’anno 2021dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, si giustifica in base alle esigenze che derivano dall’attività di monitoraggio ai fini di consentire l’erogazione per il 2021 ai soggetti beneficiari.

 

 

Il Reddito di cittadinanza, introdotto dal D.L. 4/2019 a decorrere dal mese di aprile 2019 in luogo della precedente misura del Reddito di inclusione, è definito come misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.

Tale beneficio assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita).

Per avere diritto al Rdc è necessario il possesso congiunto di determinati requisiti di residenza, reddituali e patrimoniali (tra gli altri, essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa ed un ISEE inferiore a 9.360 euro annui), riferiti al nucleo familiare. Il richiedenete il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o aver riportato condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

In relazione alla definizione di nucleo familiare, si specifica che il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare ricorrendo determinate condizioni (minore di 26 anni, a loro carico, non è coniugato e non ha figli) e che i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione. Se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, l'eventuale cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale

E' stata inoltre introdotta la previsione secondo cui i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (fatte salve determinate eccezioni) debbano produrre una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare che deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana.

Per il 2021, il decreto Sostegni (art. 11 del D.L. 41/2021) prevede la possibilità di stipulare uno o più contratti a termine senza che il reddito di cittadinanza venga perso o ridotto se il valore del
reddito familiare risulta comunque pari o inferiore a 10.000 euro annui (in luogo dei 6.000 previsti dalla normativa generale, moltiplicati per la scala di equivalenza); in tali casi si dispone non la decadenza dal beneficio, ma la sua sospensione per una durata corrispondente a quella dei contratti a tempo determinato stipulati dal percettore, fino ad un massimo di sei mesi.

Importo

Il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito da un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro, moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, per il corrispondente parametro di una determinata scala di equivalenza il quale è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, o di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti gravemente disabili o non autosufficienti. 

A tale soglia si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui.

Nel caso della Pensione di cittadinanza la suddetta soglia base è pari, anziché a 6.000 euro, a 7.560 euro, mentre la misura massima dell'integrazione per il contratto di locazione è pari a 1.800 euro.

Qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per il cui acquisto o per la cui costruzione sia stato contratto un mutuo da parte di membri del medesimo nucleo, l'integrazione suddetta (del Reddito o della Pensione di cittadinanza) è concessa nella misura della rata mensile del mutuo e fino ad un massimo di 1.800 euro annui

Il beneficio economico del Rdc, esente dal pagamento dell'IRPEF, non può essere superiore ad una soglia di 9.360 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e ridotta per il valore del reddito familiare. In ogni caso il valore minimo del beneficio non può essere inferiore a 480 euro annui.

Le modalità di erogazione del Rdc, suddiviso per ogni singolo componente maggiorenne del nucleo familiare, sono definite con DM 30 aprile 2021 il quale stabilisce, tra l'altro, che il beneficio è attribuito ai singoli componenti maggiorenni, riconoscendo a ciascuno la quota pro-capite, e che il sostegno al pagamento del canone di locazione o mutuo è attribuito al beneficiario intestatario del contratto di affitto o del mutuo indicato nella richiesta.

Durata ed esclusioni

Il RdC può essere goduto per un periodo di diciotto mesi, rinnovabile a condizione che lo stesso venga sospeso per un mese. La sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza.

E' escluso dal diritto al reddito di cittadinanza il soggetto (e non l'intero nucleo familiare) disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa, riducendo altresì nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza.

S dispone, altresì, l'esclusione dal beneficio del Rdc per i soggetti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati in via definitiva, nei 10 anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

Si prevede, inoltre, la sospensione dell'erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale.

Carta Rdc

  Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc che permette di soddisfare le esigenze previste per la carta acquisti, nonché di effettuare prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per un individuo singolo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza determinato in base alla composizione del nucleo familiare, di cui all'art. 2, c. 5), nonché di effettuare un bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione ovvero dell'intermediario che ha concesso il mutuo nel caso delle integrazioni previste dal presente provvedimento per i nuclei familiari residenti in abitazione in locazione o in proprietà.

Sul punto, il Decreto interministeriale del 19 aprile 2019 , pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2019, definisce gli utilizzi della suddetta Carta.

Obblighi

L'erogazione del Reddito di cittadinanza è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale (nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali).

Taluni soggetti sono esclusi dai suddetti obblighi, come, tra gli altri, i componenti con disabilità che possono manifestare la loro disponibilità al lavoro ed essere destinatari di offerte di lavoro secondo le modalità stabilite in materia di collocamento obbligatorio. Sul punto, si fa salva la possibilità per il componente con disabilità di richiedere la volontaria adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale, che deve tenere conto delle condizioni specifiche dell'interessato.

Tra gli obblighi in capo al beneficiario vi è quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate). Ai fini della valutazione della congruità della distanza, rileva anche la circostanza che nel nucleo familiare siano presenti componenti con disabilità oppure figli minori. E' stato inoltre specificato che la congruità dipende anche dall'importo della retribuzione, che deve essere superiore al 10 per cento della misura massima del beneficio fruibile dal beneficiario del Rdc:

Vengono inoltre autorizzate delle spese in favore di ANPAL Servizi SpA anche al fine di selezionare figure professionali con il compito di seguire personalmente il beneficiario del Rdc nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale.

Sanzioni

Vengono previste una serie di sanzioni, graduate in base alla natura della violazione degli obblighi inerenti al riconoscimento e al godimento del RdC, prevedendo, nei casi più gravi, la pena della reclusione fino a sei anni.

Sono altresì contemplati casi che comportano la decadenza o la revoca del beneficio.

Incentivi occupazione

Sono previsti incentivi (consistenti nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore fino ad un massimo di 780 euro mensili) a favore dei datori di lavoro privati e degli enti di formazione accreditati per le assunzioni, a tempo pieno e indeterminato, di soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza, nonché in favore dei beneficiari del Rdc che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 36 mesi di fruizione del RdC.

Sono esclusi dai suddetti incentivi i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione relativi alle categorie protette.

In proposito, l'art. 8, comma 4, del D.L. 4/2019, nell'ambito di tali incentivi, ha riconosciuto ai beneficiari del Rdc un beneficio addizionale (in un'unica soluzione) corrispondente a sei mensilità di RdC (nel limite massimo di 780 euro mensili) nel caso di avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del RdC. In attuazione della citata disposizione, il DM 12 febbraio 2021 ha disciplinato le modalità di richiesta e di erogazione ai beneficiari del reddito di cittadinanza di tale beneficio addizionale.

Compatibilità

Ricorrendo determinate condizioni, il RdC è compatibile con altri aiuti già percepiti dal nucleo familiare, come la NASpI e della DIS-COLL. In linea generale, infatti, comportano un taglio dell'importo del RdC tutti i benefici già percepiti che richiedono la prova dei mezzi (il calcolo dell'ISEE o la valutazione del reddito) e che quindi aumentano il reddito disponibile del nucleo familiare. Per espressa previsione normativa, il cd bonus bebè rimane escluso dalle prestazioni che comportano la suddetta riduzione.

Rafforzamento politiche attive del lavoro e reinserimento occupazionale

Al fine di favorire il reinserimento occupazionale del beneficiario di Rdc, si prevede l'adozione di un Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, triennale e aggiornabile annualmente, di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro che individua specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del RdC.

Tale Piano è stato adottato con DM 28 giugno 2019, a seguito dell'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni

Parte delle risorse del Piano sono utilizzate da ANPAL Servizi S.p.A per consentire la stipulazione, previa procedura selettiva pubblica, di contratti con le professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del RdC, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, per la selezione, la formazione e l'equipaggiamento, nonché per la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome.

Prima delle modifiche apportate dal D.L. 101/2019, era stato sanziato un milione di euro annui dal 2019 in favore della stessa ANPAL Servizi S.p.A. per la stabilizzazione del personale a tempo determinato. Il richiamato D.L. 101/2019 conferma la misura dello stanziamento, ma destinandolo solo ad ulteriori spese di personale della società in oggetto.  

Col medesimo obiettivo di rafforzare le politiche attive del lavoro, le regioni, le province autonome, le agenzie e gli enti regionali, le province e le città metropolitane (se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale), sono autorizzate ad assumere personale da destinare ai centri per l'impiego, con relativo aumento della dotazione organica, fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021, fermo restando quanto previsto legge di bilancio 2019 (che ha autorizzato le regioni ad assumere fino a complessive 4.000 unità di personale da destinare ai centri per l'impiego).

Il suddetto Piano, tra l'altro:

·       definisce il ruolo delle figure che dovranno affiancare i beneficiari del Rdc nel reinserimento lavorativo (cd navigator), che dovranno supportare gli operatori dei Cpi svolgendo, una funzione di assistenza tecnica. In tal senso è previsto un accordo con la singola Regione che intende avvalersene in sede di convenzione bilaterale con la definizione delle azioni che si intendono realizzare e degli specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. La procedura selettiva pubblica per l'assunzione dei suddetti navigator è stata avviata con il bando pubblicato ad aprile 2019  per l'assunzione di un numero massimo di 3.000 posizioni con un contratto di collaborazione sino al 30 aprile 2021, termine prorogato al 31 dicembre 2021 dal decreto Sostegni (art. 18 D.L. 41/2021), che ha altresì disposto che il servizio prestato dai suddetti soggetti costituisce titolo di preferenza nei concorsi pubblici, compresi quelli per i centri per l'impiego, banditi dalle regioni e dagli enti ed Agenzie dipendenti dalle stesse;

·       sblocca le assunzioni, gestite dalle Regioni, per potenziare gli organici dei Cpi: 4.000 previste dalla legge di Bilancio 2019, fino a 3.000 dal 2020 e ulteriori 4.600 unità di personale dal 2021 (quest'ultima quota include la stabilizzazione delle 1.600 unità di personale reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato). A tale contingente di personale, par a 11.600 unità, vanno aggiunte le 1.600 oggetto dell'intesa del 2017 in Conferenza Unificata. Il DM 22 maggio 2020, che apporta modifiche al suddetto Piano di potenziamento, specifica che le assunzioni sono fino a 5.600 unità dal 2019, fino a 8.600 unità dal 2020 e fino a 4.600 unità dal 2021; tali limiti non vanno sommati, ma ciascuno assorbe il precedente, così che le unità di personale da assumere corrispondono alle 11.600 previste dalle richiamate norme di rango legislativo;

·       opera un rinvio ad apposite linee guida, da concordare tra Governo e autonomie territoriali, per quanto riguarda la convocazione dei percettori del Rdc presso i Cpi.

Gli oneri per il suddetto incremento delle dotazioni organiche dei centri per l'impiego per complessive 11.600 unità di personale sono stati quantificati in complessivi 464 milioni di euro a decorrere dal 2021 (cfr. articolo 1, comma 258, della L. n. 145/2018 e l'articolo 12, comma 3-bis, del D.L. n. 4/2019),  a cui si aggiungono i qusi 5 mld previsti dal PNRR per le politiche attive ed ilpotenziamento dei CPI.

Per garantire la continuità di funzionamento dei centri per l'impiego e permettere le assunzioni previste dal suddetto Piano straordinario, finalizzate alla presa in carico dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, il decreto Sostegni-bis (art. 46, co. 1, del D.L. 73/2021) autorizza una spesa di 70 mln di euro per il 2021.

Risorse

Al fine di consentire l'attuazione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 479-481) dispone lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 suddivisi nel modo seguente:

·       35 milioni di euro per consentire la presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di cittadinanza, anche attraverso i centri di assistenza fiscale (CAF) in convenzione con l'INPS, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione delle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU) ai fini della determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), affidate ai medesimi CAF;

·       incremento di 5 milioni di euro del Fondo per gli istituiti di patronato.

Si ricorda, infine, che l'autorizzazione di spesa per l'erogazione del Reddito di cittadinanza è stata incrementata di 1.210 mln di euro per il 2021 (di cui 1.010 mln dall’art. 11 del D.L. 41/2021 e 200 mln dal presente art. 11, c. 13, del D.L. 146/2021).

 

 

 


Articolo 11, comma 15
(Norma in materia di somministrazione di lavoro)

 

 

Il comma 15 dell’articolo 11 estende a regime - sopprimendo il limite temporale di applicazione fino al 31 dicembre 2021 - una norma in materia di somministrazione di lavoro, relativamente alla durata complessiva delle missioni a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore.

 

In base alla disposizione che ora viene resa permanente[63], qualora il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore sia a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore; l'esclusione di tali limiti di durata è subordinata alla condizione che l'agenzia abbia comunicato all'utilizzatore la sussistenza del rapporto a tempo indeterminato tra la medesima agenzia e il lavoratore.

Si ricorda che, nella disciplina previgente rispetto a tale norma di esclusione, l'esclusione medesima già trovava applicazione, secondo l'interpretazione seguita dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17 del 31 ottobre 2018 (sempre con riferimento al caso di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato). La previsione del termine del 31 dicembre 2021 - ora soppressa - avrebbe invece determinato, a decorrere dal 2022, l'applicazione anche per la fattispecie in oggetto del limite di durata di ventiquattro mesi (ovvero del diverso limite previsto dai contratti collettivi[64]), secondo i medesimi criteri previsti per la disciplina del contratto di lavoro a termine[65].

 

La norma di esclusione in esame non modifica il principio[66] - che resta quindi fermo - in base al quale, per il computo del suddetto limite nei contratti di lavoro a termine, si tiene conto anche di periodi di missione a tempo determinato svolti (in regime di somministrazione) dal lavoratore presso il medesimo datore di lavoro/utilizzatore.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 11, la quale non comprende la materia di cui al comma 15 in oggetto.

 


Articolo 11, commi 16 e 17
(Proroga indennità lavoratori aree crisi industriale complessa della Sicilia)

 

 

I commi 16 e 17 dell’articolo 11 prevedono che ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della Sicilia, già beneficiari nel 2020 dell’indennità pari al trattamento di mobilità in deroga prevista dalla normativa vigente, continui ad essere concessa la medesima indennità in continuità fino al 31 dicembre 2021, qualora abbiano presentato la relativa richiesta nel corso del 2020.

 

Le disposizioni in commento, con l’introduzione del comma 251-ter all’art. 1 della L. 145/2018, riconoscono la suddetta indennità - comprensiva della contribuzione figurativa e nel limite di 1,39 mln di euro per il 2021 - in continuità fino al 31 dicembre 2021 ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa della Sicilia che hanno cessato di percepire la NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) nel 2020 e che hanno presentato la relativa richiesta nel corso del medesimo 2020 (commi 16, lett. a), e 17, primo periodo).

Come riportato nella Relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, la suddetta indennità è comprensiva anche degli assegni familiari, come specificato dalla Circolare INPS n. 51 del 2021 con riferimento alla medesima indennità erogata per il 2020.

Si ricorda che tale indennità era già stata riconosciuta in favore dei medesimi soggetti dal comma 251-bis della richiamata L. 145/2018 – introdotto dall’art. 1-bis del D.L. 104/2020 - limitatamente al periodo compreso tra il 14 ottobre 2020 (data di entrata in vigore della L. 126/2020 di conversione del citato D.L. 104/2020) e il 31 dicembre 2020, come specificato anche dalla citata Circolare INPS n. 51 del 2021, per una spesa massima complessiva di 7,4 mln di euro.

 

Conseguentemente, viene modificato il comma 253 della L. 145/2018, che disciplina il riparto degli oneri in conseguenza della erogazione della indennità in oggetto, a cui si fa fronte nel limite massimo delle risorse già assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’erogazione di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga (comma 16, lett. b)).

 

Agli oneri derivanti dal beneficio in esame – pari a 1,39 mln di euro per il 2021 – si fa fronte mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento del Comitato per la promozione e lo sviluppo della previdenza complementare denominato "Previdenza Italia" (di cui all’art. 58-bis, co. 5, del D.L. 124/2019) (comma 17, secondo periodo).

In merito alla quantificazione degli oneri – pari a 1,39 mln di euro per il 2021 - la Relazione tecnica allegata al provvedimento in esame ricorda che, sulla base degli archivi INPS, i lavoratori appartenenti alle aree di crisi industriale complessa ubicate nel territorio della Sicilia che hanno presentato la domanda di cui al comma 251-bis nel 2020 sono risultati 60 unità: per essi è stato considerato un importo mensile della prestazione di 1.038 euro (comprensivo degli assegni al nucleo familiare) e una retribuzione di circa 2.700 euro.

 

Oneri ( in migliaia di euro)

Numero beneficiari

Prestazioni (compresi ANF)

Contributi figurativi

Totale

60

747,4

641,5

1.388,9

 

 

 


Articolo 12
(Norma in materia di mobilità del personale nelle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 12 reca una modifica della disciplina[67] sulla cosiddetta mobilità volontaria dei pubblici dipendenti[68] - mobilità costituita dal passaggio diretto, su base volontaria, da un'amministrazione ad un'altra -; la modifica concerne sia la mobilità in uscita per il personale di alcuni enti locali sia la mobilità in ingresso per questi ultimi enti. La novella, in primo luogo, nel confermare che la mobilità volontaria del personale degli enti locali aventi un numero di dipendenti a tempo indeterminato non superiore a 100 è subordinata all'assenso dell'amministrazione di appartenenza, fa salva, nel rispetto della suddetta condizione, la possibilità di applicazione dell'istituto; in secondo luogo, si fa salva la possibilità della mobilità in ingresso da parte degli enti locali; entrambe le suddette possibilità, nella formulazione letterale di una recente precedente novella[69], risultavano escluse per il personale suddetto, nonché per la mobilità in ingresso da parte degli enti locali rientranti nella soglia summenzionata.

 

Si ricorda inoltre che l'articolo 3, comma 7-ter, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, ha confermato l'esclusione dell’applicazione dell'istituto della mobilità volontaria per i cinque anni successivi alla prima assegnazione del dipendente dell'ente locale[70].

Per un esame dell'istituto della mobilità volontaria, con riferimento all'applicazione agli altri enti locali e alle altre pubbliche amministrazioni, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 3, commi da 7 a 7-ter, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, nel dossier dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati relativo al testo definitivo (come convertito) del medesimo D.L[71].

 

 

 


Articolo 13
(Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro)

 

 

L’articolo 13 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo 81/2008, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e il coordinamento dei soggetti che devono presidiare il rispetto delle norme di prevenzione. Sono, infatti, previste disposizioni che ampliano le competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), i cui organici vengono rinforzati (1024 unità aggiuntive) e la cui attività è coordinata con le ASL, a livello provinciale, e rafforzano il Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Inoltre, al fine di rafforzare l’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale e sicurezza sui luoghi di lavoro, si dispone un incremento di 90 unità, in soprannumero rispetto all’organico attuale, a decorrere dal 1° gennaio 2022, del contingente di personale dell’Arma dei carabinieri.

 

 

La disposizione, al comma 1, (lettere da a) ad f)) modifica gli artt. 7, 8, 13, 14, 51 e 99 e sostituisce l’Allegato 1 del d.lgs 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

In particolare:

la lettera a), all’articolo 7, che istituisce il comitato regionale di coordinamento presso ogni regione e provincia autonoma, precisa che il suddetto comitato “si riunisce almeno due volte l’anno e può essere convocato anche su richiesta dell’ufficio territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro” (comma 1-bis).

 

Si ricorda che il Comitato regionale si coordina con la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, istituito presso il Ministero della salute.

 

la lettera b), modifica l’articolo 8, che istituisce il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro, al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza (lett. b) della disposizione in esame). In dettaglio:

·       al comma 1 si dispone che il SINP fornisca dati non più al fine di indirizzare le attività di vigilanza, ma al fine di programmare e valutare - anche ai fini del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale – le suddette attività. Inoltre, si prevede che gli organi di vigilanza alimentano un’apposita sezione del Sistema informativo dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito della vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

·       al comma 2 si dispone che il SINP sia costituito, oltre che dai soggetti attualmente previsti - ossia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'interno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’INAIL, con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) - anche dal Ministero della salute, dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, dall’INPS e dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Vengono contestualmente eliminati i riferimenti ad IPSEMA e ISPELS, le cui funzioni sono ora attribuite all’INAIL. Si prevede, altresì, che ulteriori amministrazioni potranno essere individuate come partecipanti al SINP con successivi decreti;

·       il comma 3, secondo cui “l'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati, è integralmente sostituito prevedendo che l’INAIL garantisce le funzioni occorrenti alla gestione tecnica ed informatica del SINP e al suo sviluppo[72], e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. L’INAIL rende disponibili ai Dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie locali, per l’ambito territoriale di competenza, e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate, agli infortuni denunciati, ivi compresi quelli sotto la soglia di indennizzabilità, e alle malattie professionali denunciate.;

·       al comma 4, che prevede il decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione[73], con il quale vengono definite le regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonché le regole per il trattamento dei dati, si allarga il concerto al Ministro della salute e al Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, mentre si abroga il riferimento al termine di 180 giorni per l’emanazione del predetto decreto al quale si rinvia genericamente per la definizione dei criteri;

·       è inserito, inoltre, il comma 4-bis, in forza del quale, per l’attività di coordinamento e sviluppo del SINP, è ridefinita la composizione del Tavolo tecnico per lo sviluppo e il coordinamento del SINP[74], da stabilire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame;

·       il comma 5, interamente sostituito, prevede che la partecipazione periodica delle parti sociali al Sistema informativo, già attualmente contemplata dalla disposizione, avviene attraverso la periodica consultazione in ordine a tutti i flussi informativi di cui al comma 6 e non ad una parte di essi soltanto, come originariamente previsto[75];

 

La lettera c), interviene sull’articolo 13, in materia di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, affidata, in linea generale, alle ASL competenti per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco (lett. c) della disposizione in esame). In dettaglio:

·       al comma 1, la competenza generale delle ASL è affiancata dalla competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro;

·       il comma 2 è abrogato: esso prevedeva specifiche competenze, in materia di vigilanza, del personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali[76];

·       il comma 4 è integralmente sostituito: ferma restando l’originaria previsione secondo la quale la vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7 del d.lgs 81/2008, si prevede che a livello provinciale, le aziende sanitarie locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuovono e coordinano sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo. Sono adottate le conseguenti modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 2007, recante “Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro”[77].

 

L’articolo 5 del citato d.lgs 81/2008 prevede che il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza; l’articolo 7 rinvia all’art. 64 del dpr n.303 del 1956, in base al quale gli ispettori del lavoro hanno facoltà di visitare, in qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro e le relative dipendenze, di sottoporre a visita medica il personale occupato, di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi, e altresì di chiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in esse comprese quelle sui processi di lavorazione. Inoltre, essi hanno facoltà di prendere visione, presso gli ospedali ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali e devono mantenere il segreto sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.

 

·       al comma 6, si dispone l’adeguamento alla nuova competenza in  materia di vigilanza stabilita dalle modifiche introdotte al comma 1 dell’art. 13 in capo all’Ispettorato del Lavoro (v. sopra)   della disposizione che regola l’afflusso - a valere sull'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL. - delle somme che l'ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa per la violazione di norme contravvenzionali in materia di sicurezza sul lavoro.

 

Le lettere d) e g) sostituiscono, rispettivamente, l’articolo 14 e l’Allegato I al d. lgs 81/2008.

 

L’art. 14, in particolare, recava “disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori” e prevedeva che, al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali potessero adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni, qualora avessero riscontrato l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

L'adozione del provvedimento di sospensione era comunicata all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche.

 

Il nuovo testo dell’art. 14 si riferisce ai “provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”, per cui l’Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di  tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I del d. lgs 81/2008, come modificato dall’articolo in commento (sul quale cfr, infra).

 

Restano ferme, in tal caso, le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare.

L’art. 20, infatti, allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, prevede che l'organo di vigilanza impartisca al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Ai sensi dell’art. 21, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

 

Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’Allegato I (rispettivamente, fattispecie di “Mancata formazione ed addestramento” e di “Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall'alto”) e può essere accompagnato da specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.

L’Ispettorato nazionale del lavoro adotta tali provvedimenti per il tramite del proprio personale ispettivo nell’immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale.

Inoltre, detti provvedimenti, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa[78].

I poteri relativi alla emanazione di provvedimenti di sospensione spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell’ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.

Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l’impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il ricorso si intende accolto.

In caso di non ottemperanza al provvedimento di sospensione, il datore di lavoro è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e  della  sicurezza  sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da  2.500  a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

L’emissione del decreto di archiviazione[79] comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1, fermo restando, ai fini della verifica dell’ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d) (commi 1,3, 4, 8 ,14, 15 e 16).

Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e, a tal fine, il provvedimento di sospensione è comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nonché al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, perché quest’ultimo possa adottare il suddetto provvedimento interdittivo (comma 2).

I provvedimenti sin qui richiamati soggiacciono all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (comma 5).

In forza del quale “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato…” e che “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria”.

 

In materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, sul riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni. In particolare, alla luce della competenza esclusiva dei Vigili del Fuoco in materia di prevenzione incendi[80], trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (commi 6 e 7).

 

L’art. 16. prevede, in particolare, procedure di prevenzione incendi, che sono avviate dai comandi competenti per territorio su iniziativa dei titolari delle attività pericolose ai fini della prevenzione incendi (individuate con D.P.R.). I comandi provvedono all'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti; all'acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attività; all'effettuazione di controlli attraverso visite tecniche; all'istruttoria dei progetti in deroga all'integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi; all'acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio. L’art. 19 si occupa della vigilanza ispettiva, che spetta al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria e riguarda l'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati nonché nei luoghi di lavoro. La vigilanza ispettiva si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. L’art. 20 disciplina, infine, la materia delle sanzioni penali e della sospensione dell'attività.

 

Condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione da parte dell’amministrazione che lo ha adottato sono:

a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;

b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’Allegato I;

d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari;

e) nelle ipotesi di cui all’Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie.

Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione. Le stesse somme, inoltre, integrano, in funzione dell’amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell’Ispettorato nazionale del lavoro o l’apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.[81]

Su istanza di parte, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato.

È comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti (commi 9-13).

Con riferimento alla sostituzione dell’Allegato I al d.lgs 81/2008, di cui alla lettera g) dell’articolo 13, che contempla le fattispecie di violazione ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 14, comma 1, si è già detto delle disposizioni del nuovo testo dell’articolo 14 nelle quali l’Allegato I è richiamato (cfr. sopra).

In generale, l’Allegato I presenta, rispetto all’Allegato I sostituito, una ulteriore colonna che riporta l’importo delle somme aggiuntive a carico del datore di lavoro sanzionato, condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'amministrazione che lo ha adottato.

La lettera e), modifica l’art. 51 del d.lgs 81/2008, che disciplina gli organismi paritetici a livello territoriale, costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate, tra l’altro, per la programmazione di attività formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici. Si prevede, in particolare, che il Ministero del lavoro istituisca il repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (comma 1-bis); viene, inoltre, sostituito il comma 8-bis[82], prevedendo che gli organismi paritetici comunicano annualmente all’Ispettorato nazionale del lavoro e all’INAIL i dati relativi

           a) alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e a quelle che hanno svolto l’attività di formazione organizzata dagli stessi organismi;

           b) ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali;

           c) al rilascio delle asseverazioni di cui al comma 3-bis[83].

Il nuovo comma 8-ter, prevede, infine, che i dati di cui al comma 8-bis siano utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro e di criteri di premialità nell’ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell’INAIL.

La lettera f), all’articolo 99, inserisce il comma 1-bis, in base al quale le comunicazioni di cui al comma 1 alimentano una apposita banca dati istituita presso l’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma l’interoperabilità con le banche dati esistenti. Con decreto del direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro sono individuate le modalità tecniche, la data di effettivo avvio dell’alimentazione della banca dati e le modalità di condivisione delle informazioni con le Pubbliche Amministrazioni interessate.

La Relazione tecnica al provvedimento certifica, con riferimento al comma 1, che, quanto alle previsioni contenute nel comma 1 lett. c) n. 4, relativo all’articolo 13, comma 6 del d.lgs 81/2008 (cfr. sopra) gli importi mediamente introitati a seguito delle prescrizioni obbligatorie emanate dal personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro ammontano mediamente a circa 10.400.000 euro annui (nel 2019 euro 13.445.594, nel 2020 euro 7.423.543).

Quanto alla istituzione della banca dati prevista al comma 1 lett. f), che modifica l’art. 99 del d.lgs 81/2008, i relativi costi sono stati calcolati prendendo a riferimento analoghe banche dati già avviate e gestite dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Il costo, pari ad euro 1.500.000, è relativo al solo anno 2022, mentre la relativa manutenzione sarà a carico del bilancio dell’Ispettorato.

Le ulteriori disposizioni previste dal comma 1 non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 2 autorizza l’Ispettorato nazionale del lavoro, in funzione dell’ampliamento delle competenze di cui al comma 1, lettera c), numero 1), per il biennio 2021-2022, a bandire procedure concorsuali pubbliche e, conseguentemente, ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e con corrispondente incremento della vigente dotazione organica, un contingente di personale ispettivo pari a 1.024 unità da inquadrare nell'Area terza, posizione economica F1, del CCNL comparto Funzioni Centrali. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 22.164.286 per il 2022 e di euro 44.328.571 a decorrere dal 2023 in relazione alle assunzioni suddette, nonché di euro 9.106.800 per il 2022 e di euro 6.456.800 a decorrere dal 2023 per le spese di funzionamento connesse alle medesime assunzioni, nonché di euro 1.500.000 per il 2022 in relazione alle spese relative allo svolgimento e alla gestione dei concorsi pubblici.

 

La quantificazione degli oneri assunzionali è stata effettuata dalla Relazione tecnica allegata al provvedimento sulla base della seguente retribuzione pro capite (a lordo degli oneri riflessi a carico dell’Ispettorato):

 

Quanto alle maggiori spese di funzionamento collegate all’assunzione del nuovo contingente di personale, si fa presente che l’Ispettorato dovrà sostenere per le proprie strutture e uffici:

1)    oneri di diretta imputazione: per interventi formativi e di addestramento obbligatori, per missioni e trasferte a fronte delle ispezioni riguardanti la vigilanza lavoristica di prevenzione e contrasto agli illeciti, per l’equipaggiamento necessario allo svolgimento di specifiche attività (ad esempio: mute, elmetti, maschere antigas, zaini, palette per segnalazioni, ecc.), per assicurare un servizio di noleggio di autovetture e furgoni senza conducente, per giorni non continuativi, in tutte le provincie del territorio nazionale italiano, finalizzato alle attività di polizia giudiziaria, per l’acquisto di personal computer, terminali (comprensivi delle periferiche di base, tastiera, mouse e del software di base necessario per il loro funzionamento), per la telefonia mobile;

2)    oneri comuni: energia elettrica, acqua, gas, spese di condominio, spese di locazione passiva di beni immobili, mobili e arredi, licenze d'uso per software, noleggi di impianti e macchinari, manutenzione ordinaria e riparazioni di mobili e arredi, manutenzione ordinaria e riparazioni di impianti e macchinari, manutenzione ordinaria e riparazioni di macchine per ufficio, manutenzione ordinaria e riparazioni di beni immobili.

Alle suddette spese di funzionamento degli uffici dell’I.N.L. vanno aggiunte le spese per l’acquisto di beni e servizi legate all’equipaggiamento delle nuove unità di personale necessari per lo svolgimento dell’attività di vigilanza da parte del medesimo personale.

 

Il comma 3, al fine di rafforzare l’attività di vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale e sicurezza sui luoghi di lavoro, dispone un incremento di 90 unità in soprannumero rispetto all’organico attuale, a decorrere dal 1° gennaio 2022, del contingente di personale dell’Arma dei carabinieri, di cui all’articolo 826, comma 1, del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Ai sensi di tale articolo, per i servizi di vigilanza per l'applicazione delle leggi sul lavoro, sulla previdenza e sull'assistenza sociale, sono assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali militari dell'Arma dei carabinieri, per un contingente complessivo di 570 unità in soprannumero ai ruoli organici dei rispettivi gradi o ruoli.

 

Di conseguenza, il comma 4 provvede ad aggiornare il numero del contingente in sovrannumero previsto dall’articolo 826, comma 1, portandolo da 570 a 660 unità.

Ai sensi del comma 5, l’Arma dei carabinieri è autorizzata ad assumere, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, un corrispondente numero di unità di personale, ripartite in 45 unità del ruolo ispettori e in 45 unità del ruolo appuntati e carabinieri, a decorrere dal 1° settembre 2022. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 658.288 per l’anno 2022, euro 3.756.018 per l’anno 2023, euro 4.328.623 per l’anno 2024, euro 4.544.998 per l’anno 2025, euro 4.595.330 per l’anno 2026, euro 4.668.246 per l’anno 2027, euro 4.713.412 per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, euro 4.766.424 per l’anno 2032 e euro 4.846.170 annui a decorrere dall’anno 2033.

A questo proposito, la Relazione tecnica al provvedimento rappresenta che i suddetti oneri tengono conto degli effetti legati alla tornata contrattuale 2019- 2021(pari ad un incremento medio del 4,26%).

 

Infine, il comma 6 quantifica gli oneri complessivi dell’articolo 13 in 45.329.374 euro per l’anno 2022, 64.941.389 euro per l’anno 2023,  65.513.994 euro per l’anno 2024, 65.730.369 euro per l’anno 2025, 65.780.701 euro per l’anno 2026, 65.853.617 euro per l’anno 2027, 65.898.783 euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 65.951.795 euro per l’anno 2032 e 66.031.541 euro annui a decorrere dall’anno  2033, con copertura a valere sull’articolo 17.

 

 


Articolo 14, commi 1-4
(Disposizioni urgenti per l’adempimento di obblighi internazionali e per la liquidazione degli enti dipendenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

 

 

L’articolo 10, comma 1, prevede l’erogazione, dal 2021 in poi, di un contributo finanziario addizionale a favore della Repubblica di San Marino per garantire la continuità delle trasmissioni della San Marino RTV S.p.A.

L’articolo 10, comma 2, stanzia la spesa legata agli adempimenti della presidenza italiana del Consiglio d’Europa nel 2021-2022.

L’articolo 10, comma 3, stabilisce le coperture finanziarie per gli oneri derivanti dai commi 1 e 2.

L’articolo 10, comma 4, trasferisce al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale i debiti derivanti da rapporti di lavoro, anche atipici o occasionali, con l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, in liquidazione coatta amministrativa.

 

Il comma 1, al fine di assicurare la prosecuzione senza soluzione di continuità delle trasmissioni della San Marino RTV S.p.A., autorizza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ad erogare, ad integrazione del contributo già previsto dall'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino (stanziato ai sensi dell’art. 3 della legge n. 164/2015 di ratifica dell’Accordo), un contributo addizionale a favore della Repubblica di San Marino pari a 2.019.431 euro per l’anno 2021, a 1.613.431 euro per l’anno 2022, a 1.651.431 euro per l’anno 2023, a 1.702.431 euro per l’anno 2024, a 1.769.431 euro per l’anno 2025 e a 1.839.431 euro a decorrere dall’anno 2026.

Tale contributo addizionale serve a compensare i maggiori costi derivanti dallo spegnimento, nell’interesse dello Stato italiano, del CH 51, ed al non uso di altre frequenze (CH 7, 26, 30, 12B e 12C) nelle more della legge di ratifica di un nuovo Accordo di collaborazione in materia radio-televisiva che sarà stipulato fra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino nell’ambito della realizzazione del Piano di azione per il 5 G. L’esigenza di rinegoziare l’Accordo in essere, stipulato nel 2008, deriva dall’intervenuta necessità di ridefinire l’assetto delle frequenze radio-televisive per consentire la realizzazione del 5G in Italia: in tale contesto il canale 51, il cui uso su parte del territorio italiano è stato riconosciuto alla Repubblica di San Marino nell’ambito dell’Accordo attuale, dovrà essere improrogabilmente spento da quest’ultima entro l’ultimo trimestre 2021, per consentire allo Stato italiano di dedicare le relative frequenze al nuovo sistema 5G nel rispetto delle scadenze previste.

 

La legge 29 settembre 2015, n. 164, ha ratificato e reso esecutivo l'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, fatto a Roma il 5 marzo 2008.

Con detto Accordo si è innovato il primo Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva stipulato tra i due paesi, il 23 ottobre 1987. In attuazione di quest’ultimo, l’8 agosto 1991 è stata costituita la San Marino RTV S.p.A., con la partecipazione paritaria al capitale sociale da parte della Società italiana concessionaria del servizio pubblico radio-televisivo (RAI - Radiotelevisione Italiana) e della Società sammarinese di servizio pubblico (ERAS - Ente per la radiodiffusione sammarinese). Alla San Marino RTV S.p.A. è stata attribuita la concessione in esclusiva del servizio pubblico di radiodiffusione sonora e televisiva della Repubblica di San Marino.

 

L’erogazione del contributo addizionale è condizionata all’effettiva messa a disposizione, entro il 31 dicembre 2021, a favore dell’Italia di detti canali, assegnati alla Repubblica di San Marino ai sensi dell’Accordo di Ginevra 2006 dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni.

 

L’Unione internazionale delle telecomunicazioni (in inglese, ITU) è un’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite che tratta le questioni relative alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Fondata sul principio della cooperazione internazionale tra amministrazioni pubbliche degli Stati membri e settore privato, L’UIT è il principale foro internazionale in cui le parti lavorano per raggiungere il consenso su un’ampia gamma di questioni che interessano le attività del settore. Si occupa dell’assegnazione dello spettro radio e delle orbite satellitari globali, dello sviluppo delle norme tecniche e contribuisce a migliorare l'accesso alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione delle collettività di tutto il mondo.

 

Il comma 2, per gli adempimenti connessi alla presidenza italiana del Consiglio d’Europa (dal 17 novembre 2021 al maggio 2022) ed in attuazione dello Statuto della predetta organizzazione, firmato a Londra il 5 maggio 1949, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 23 luglio 1949, n. 433, autorizza la spesa di euro 0,2 milioni per l’anno 2021 e di euro 1,5 milioni per l’anno 2022.

La disposizione permette di sostenere le spese di ospitalità delle delegazioni, di comunicazione e di organizzazione di eventi legate al semestre di presidenza. La disposizione è direttamente attuativa degli obblighi internazionali contratti con l’adesione italiana allo Statuto del Consiglio d’Europa.

 

Il Consiglio d’Europa ha lo scopo di promuovere la collaborazione tra i Paesi europei, difendere in Europa i principi della democrazia e i diritti umani. Include 47 Stati membri[84], tra cui i 27 della Unione Europea. Il Trattato istitutivo del Consiglio d'Europa è stato firmato il 5 maggio 1949 a Londra da dieci Stati fondatori, tra cui l'Italia[85].

I principali organi del Consiglio d'Europa, secondo il suo Statuto, sono la Corte europea dei diritti dell’Uomo, il Comitato dei Ministri e l'Assemblea parlamentare, questi ultimi assistiti da un Segretario Generale che opera a Strasburgo.

La Corte Europea dei diritti dell'Uomo, con sede a Strasburgo, è l'organo giudiziario permanente che garantisce a ogni cittadino europeo i diritti sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Gli Stati membri del CdE sono segnatari della Convenzione.

Alla Corte possono adire i cittadini, come singoli o gruppi, e gli Stati (nel caso di un ricorso interstatale). Tutte le sentenze definitive della Corte sono vincolanti per gli Stati che devono adempiere con obbligo di risultato.

Il Comitato dei Ministri è l'organo decisionale del Consiglio d'Europa ed è formato da tutti i Ministri degli Esteri dei Paesi membri (operativamente partecipano i titolari delle Rappresentanze permanenti). La presidenza del Comitato dei Ministri è tenuta a rotazione per sei mesi da ciascun paese membro. Lo svolgimento delle funzioni di presidenza del Comitato dei Ministri è un obbligo discendente dall’articolo 18 del predetto Statuto e dal connesso regolamento interno del Comitato dei Ministri, che dispone le modalità di rotazione.

L'Assemblea parlamentare, organo consultivo del Comitato dei ministri, favorisce il dialogo parlamentare sui temi della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto. È composta da 324 componenti titolari (cui si aggiungono altrettanti membri supplenti), designati dai Parlamenti nazionali degli Stati membri e si articola in 6 Commissioni di merito[86]:

Il Consiglio d'Europa elabora Convenzioni e Accordi a livello continentale, che costituiscono la base per l'armonizzazione delle legislazioni nei diversi stati membri.

 

Secondo quanto dichiarato dal Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale nelle sue Comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero, il 31 marzo 2021, presso le Commissioni Congiunte 3ª (Affari esteri, emigrazione) del Senato della Repubblica e III (Affari esteri e comunitari) della Camera dei deputati: durante la Presidenza “Ci concentreremo su temi tradizionalmente cari al nostro Paese, quali la salvaguardia del patrimonio culturale e la protezione delle donne dalla violenza, tema questo particolarmente attuale in seguito all’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Ma affronteremo anche tematiche innovative come i rischi connessi ad un uso non disciplinato dell’intelligenza artificiale. Anche i bambini e i giovani saranno al centro della nostra azione in Consiglio d’Europa. La pandemia li sta penalizzando duramente; ci impegneremo perché i loro diritti siano tutelati e promossi”.

 

Il comma 3 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 2, pari a 2.219.431 euro per l’anno 2021, 3.113.431 euro per l’anno 2022, e 1.839.431 euro a decorrere dall’anno 2023, si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

Il comma 4 dispone che i debiti derivanti da rapporti di lavoro, anche atipici o occasionali, con l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), sono posti in capo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e che le corrispondenti poste sono cancellate dallo stato passivo della liquidazione del predetto Istituto. Si avvia così a definitiva conclusione il procedimento di liquidazione coatta dell’IsIAO, che ha avuto inizio nel novembre 2011 a seguito dell’adozione del decreto interministeriale che ha preso atto dello stato d’insolvenza dell’ente, con uno stato passivo accertato superiore a 5 milioni, a fronte di un attivo modesto, attualmente pari a 287.904 euro.

Per effetto del DPCM 25 maggio 2021, il personale a tempo indeterminato dell’Istituto è transitato nei ruoli di altre amministrazioni pubbliche con decorrenza 1° gennaio 2012: 18 dipendenti sono transitati nei ruoli del MAECI, 1 in quelli del Ministero della difesa e 1 in quelli dell’INPS. Nessuno di essi, compresi tre dipendenti cessati per raggiunti limiti di età e un’altra dimessasi spontaneamente, ha percepito finora alcun trattamento di fine rapporto.

 

La norma proposta permette di soddisfare i creditori privilegiati (in particolare quelli che vantano crediti di lavoro) e di chiudere definitivamente la lunga procedura di liquidazione nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.

 

A tale fine autorizza la spesa di euro 2 milioni per l’anno 2021, a tali oneri provvedendosi mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

L’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), posto in liquidazione con decreto interministeriale del Ministero degli esteri e del Ministero dell'economia l'11 novembre 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 2012), è stato un ente pubblico non economico (a base associativa) vigilato dal Ministero degli Affari Esteri. Nato nel 1995 dalla fusione dell’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente - IsMEO (fondato nel 1933), con l’Istituto italo-africano - IIA, erede dell’Istituto coloniale italiano - ICI (costituito nel 1906), ha operato attivamente nel campo della promozione culturale fra l'Italia e i Paesi dell'Africa e dell'Asia. Fino alla sua chiusura, l’Istituto ha conservato, valorizzato e garantito la fruizione di un patrimonio documentario estremamente rilevante per gli studi africanistici e orientalistici (disponibile agli studiosi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma). L’ IsIAO ha costituito centri di studio e di ricerca, organizzato mostre e conferenze, patrocinato convegni e seminari specialistici, edito riviste e pubblicazioni di riconosciuto valore accademico, istituito corsi di lingue e culture africane e orientali, restaurato siti prestigiosi (quali. per es., Persepoli in Iran) ed avviato programmi di cooperazione nel campo della conservazione e del restauro, sottoscritto convenzioni e gemellaggi con analoghi enti accademici ed università sia italiani che stranieri, realizzando tutto ciò con il concorso dei suoi soci e di un gran numero di esperti e docenti di formazione orientalistica ed africanistica. Inoltre, al fine di promuovere e coordinare attività scientifiche internazionali, si è avvalso di una rete di oltre 120 accordi e convenzioni in Italia e all'estero con Università, Ministeri, Accademie ed Enti di ricerca.

 


Articolo 14, comma 5
(Cappellani militari)

 

 

L’articolo 14, comma 5, inserisce nel Codice dell'ordinamento militare un'integrazione alla nuova disciplina sull'assistenza spirituale alle FFAA in materia di avanzamento e di indennità dei cappellani militari.

 

La disciplina in materia di cappellani militari recata dal Codice dell'ordinamento militare è stata recentemente oggetto di novella da parte della legge n. 70/2021 di ratifica dell'Intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze Armate del 2018. In particolare è stato novellato l'articolo 1546 sui gradi gerarchici, che ha stabilito l'eliminazione del grado più alto di terzo cappellano militare capo, assimilato al grado di colonnello (fino ad allora era previsto un organico di n. 9 unità) e ha fissato il numero dei secondi cappellani militari capo in 10 unità (mentre la legislazione previgente non poneva un limite specifico). Inoltre, è stato modificato l'articolo 1611 sulle forme di avanzamento che, in luogo del precedente meccanismo della promozione ad anzianità per i gradi di cappellano capo e primo cappellano capo e secondo cappellano capo e della scelta per i gradi di primo cappellano capo e terzo cappellano capo (ora soppresso), ha previsto: l'avanzamento ad anzianità congiunta al merito per il grado di cappellano militare addetto; per merito comparativo, per i gradi di cappellano militare capo e primo cappellano militare capo.

Un ordine del giorno adottato dalla Camera dei Deputati il 14 aprile 2021 in sede di approvazione definitiva della suddetta legge di ratifica impegna il Governo, nella fase iniziale di applicazione dell’Intesa, a considerare transitoriamente l’organico complessivo dei cappellani militari come un tetto finanziario complessivo, consentendo così, ove richiesto e possibile, il mantenimento in servizio fino al naturale congedo, con il grado attuale, dei cappellani militari in esubero e compensandone l’onere attraverso i mancati reclutamenti ovvero le mancate promozioni per le posizioni non coperte in altri gradi.

 

 

La modifica al Codice dell'Ordinamento militare ora proposta dalla lettera a) del comma in esame interviene a precisare - mediante il comma aggiuntivo 2-bis -che le promozioni da attribuire ai primi cappellani militari capo avvengono - "a regime" - nei casi in cui vi sia una vacanza nell’organico dei secondi cappellani militari capo, fissato in 10 unità dall’articolo 1546, comma 1, lett. a) del Codice.

 

La modifica ora proposta dalla lettera b) del comma in esame interviene a novellare l'articolo 2259 inserendo, dopo il comma 3, 4 commi aggiuntivi. I commi da 3-bis a 3-ter stabiliscono che fino al collocamento in congedo dei terzi cappellani militari capo in servizio al 22 maggio 2021 (data di entrata in vigore della legge di ratifica dell'Intesa) e al raggiungimento del numero complessivo di 10 unità dei secondi cappellani militari capo (fissato dall’articolo 1546, comma 1, lett. a)): le immissioni dei cappellani militari sono determinate nel limite dell’onere finanziario complessivo teorico a regime; non ha luogo l’avanzamento dei primi cappellani militari capo.  Il comma 3-quater precisa che a decorrere dal 22 maggio 2021 cessano le promozioni a terzo cappellano militare capo.

Il nuovo comma 3-quinquies stabilisce che, a decorrere dal 22 maggio 2021, ai cappellani militari non sono attribuite le maggiorazioni delle indennità di impiego operativo, di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 78, a esclusione dell'indennità di imbarco di cui all’articolo 4, e delle indennità per servizio d’istituto (di cui alla legge 23 dicembre 1970, n. 1054, e successive modificazioni). Ai cappellani militari in servizio alla data del 21 maggio 2021, che percepiscono l’indennità di impiego operativo ovvero l’indennità per servizio di istituto superiore, di importo superiore all’indennità di cui all’articolo 2 della legge 23 marzo 1983, n. 78, la differenza è attribuita sotto forma di assegno ad personam riassorbibile con i futuri incrementi dell’indennità di impiego operativo di base.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 14, la quale non comprende la materia di cui al comma 5 in oggetto.

 

 

L'ordinariato militare e la figura del cappellano militare

 

Con l'entrata in vigore della Costituzione e del suo articolo 7, i rapporti tra Stato e Santa Sede vengono regolati attraverso accordi che prevedono procedimenti di revisione bilaterale senza necessità di revisioni costituzionali.

È questo il caso dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Santa sede del 18 febbraio 1984 che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (legge 25 marzo 1985, n. 121).

L'assistenza spirituale ai militari cattolici, di cui al comma 2 dell'articolo 11 del citato Accordo, è assicurata da cappellani militari nominati dal Ministro della Difesa su designazione dell'Ordinario militare, in base alle disposizioni stabilite dal Codice dell'ordinamento militare, in particolare dal libro V, titolo III.

Ai sensi dell'articolo 1533 del Codice dell'ordinamento militare l'alta direzione del servizio di assistenza spirituale spettano all'Ordinario militare per l'Italia, il quale è coadiuvato dal Vicario generale militare L'ordinario militare può avvalersi di 5 cappellani militari coordinatori presso gli Stati maggiori di Forza armata e i Comandi generali.

L'Ordinario militare e il Vicario generale militare sono assimilati di rango, rispettivamente, al grado di generale di tenente generale e di maggiore generale.

Il Vicario generale militare sostituisce l'Ordinario militare nei casi di sede vacante, di assenza o di impedimento e lo rappresenta quando non può personalmente intervenire.

Il Ministro della Difesa (sentito l'Ordinario militare e di concerto con il Ministro dell'Economia e Finanze se si tratta del Corpo GdF) determina le sedi ove è prestata l'assistenza spirituale con apposito decreto. Per ciascun cappellano militare la sede è individuata dall'Ordinario militare, previa comunicazione all'autorità militare competente.

Ai sensi dell'articolo 1539 l'Ordinario militare e il Vicario generale militare possono conservare l'ufficio fino al compimento del 65° anno di età.

Il servizio specifico di cappellano militare presenta le seguenti caratteristiche:

1. stato di sacerdote cattolico ed età compresa tra 18 e 40 anni (art. 1549);

2. assimilazione di rango ai diversi gradi militari, secondo le disposizioni del Codice dell'ordinamento militare, in virtù della quale: a) al cappellano militare è riconosciuta la dignità delle sue funzioni e la piena agibilità nelle strutture militari, b) il cappellano non può esercitare poteri di comando o di direzione, né avere compiti di direzione nell'ambito delle Forze Armate (art. 1546);

3. incompatibilità di qualsiasi occupazione o attività che esuli dai compiti di cappellano militare in servizio permanente (Il Ministro della difesa, sentito l'Ordinario militare, può concedere l'autorizzazione ad accettare un incarico non retribuito, ritenuto conciliabile con i doveri di uffici) (art. 1561);

4. assoggettabilità alla giurisdizione penale militare soltanto in caso di mobilitazione totale o parziale e in caso di imbarco o di servizio presso unità delle Forze armate dislocate fuori del territorio nazionale; assoggettabilità a specifiche disposizioni disciplinari contenute in u Regolamento definito con decreto del Ministro della Difesa, di concerto con l'Ordinario militare, fatto salvo quanto previsto alla sez. IX del Codice dell'ordinamento militare (art. 1555).

La nomina di cappellano militar di complemento e è effettuata con decreto del Ministro della Difesa, previa designazione dell'Ordinario Militare (art. 1548).

I cappellani militari hanno competenza parrocchiale nei riguardi del personale e del territorio sottoposto alla propria giurisdizione ecclesiastica (art. 1533-bis).

Il cappellano militare, all'atto di assumere servizio, presta giuramento con la formula e secondo le modalità previste per gli ufficiali delle Forze armate dello Stato (art. 1550).

I cappellani militari si distinguono in:

a) cappellani militari in servizio permanente;

b) cappellani militari in congedo;

 c) cappellani militari in congedo assoluto.

I cappellani militari in congedo non sono vincolati da rapporto d'impiego e hanno gli obblighi di servizio previsti dal presente codice. I cappellani militari in congedo sono ripartiti in due categorie: cappellani militari di complemento e cappellani militari della riserva. I cappellani militari in congedo assoluto non hanno più obblighi di servizio, ma conservano il grado e l'onore dell'uniforme e sono soggetti alle disposizioni del presente codice riflettenti il grado e la disciplina.

I cappellani militari del servizio permanente, di complemento e della riserva, sono iscritti rispettivamente in tre ruoli unici per tutte le Forze armate dello Stato, costituiti presso il Ministero della difesa. L'iscrizione nei ruoli è effettuata in ordine decrescente di grado e di anzianità (art. 1552).

L'ordinamento gerarchico dei cappellani militari è costituito dai seguenti gradi (art. 1546):

·       secondo cappellano militare capo, grado di tenente colonnello massimo 10 unità

·       primo cappellano militare capo, maggiore

·       cappellano militare capo, capitano

·       cappellano militare addetto, tenente

·       cappellano militare di complemento, sottotenente

Ai sensi dell'articolo 1547 del Codice l'organico dei cappellani militari, integrato dall'Ordinario e dal Vicario generale, è complessivamente determinato in 162 unità

.

Trattamento economico

Ai sensi dell'articolo 1621 del Codice all'Ordinario militare compete all'Ordinario militare il trattamento economico previsto per il grado di tenente generale; al Vicario generale militare spetta integralmente il trattamento economico di base degli ufficiali dell'Esercito, secondo il grado di assimilazione.

Ai cappellani militari spetta il trattamento economico di base degli ufficiali della Forza armata presso la quale prestano servizio, secondo il grado di assimilazione. Ai cappellani militari sono altresì corrisposte, secondo il grado di assimilazione, con esclusione di ogni altra, le seguenti indennità:

a) l'indennità integrativa speciale prevista dalla legge per il personale militare di grado corrispondente a quello di assimilazione;

b) l'indennità mensile di impiego operativo di base;

c) l'indennità di missione disposta dalle autorità competenti;

d) l'indennità di imbarco disposta dalle autorità competenti.

 

Ai sensi dell'articolo 587 del Codice l'onere per il trattamento economico di attività e di quiescenza dell'Ordinario militare, del Vicario generale militare e degli ispettori, è a carico dell'Amministrazione della difesa; per i cappellani militari, l'onere per il trattamento economico di attività è a carico dell'Amministrazione presso cui gli stessi cappellani sono impiegati, quello di quiescenza è a carico dell'Amministrazione della difesa.

Per le pensioni normali, privilegiate, ordinarie e di guerra all'Ordinario, al Vicario generale e ai cappellani militari in servizio permanente, il trattamento economico previdenziale segue il trattamento economico principale, fermo restando che con la cessazione dal servizio al 65° anno di età si interrompe ogni progressione di carriera e di avanzamento economico (art. 1625).


Articolo 14, comma 6
(Certificati di vaccinazione rilasciati dalle autorità sanitarie della Repubblica di San Marino)

 

 

Il comma 6 dell'articolo 14 dispone un ampliamento dell’esenzione transitoria da alcune fattispecie che richiedono, per determinati fini, il possesso di un certificato verde COVID-19; l'esenzione è relativa ai soggetti in possesso di un certificato di vaccinazione contro il COVID-19 rilasciato dalle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino. Più in particolare, la novella[87] consiste sia nell'estensione temporale dell'esenzione fino al 31 dicembre 2021, rispetto al termine (vigente prima del presente decreto) del 15 ottobre 2021, sia nell'ampliamento degli ambiti oggetto dell'esenzione medesima.

 

L'esenzione è posta nelle more dell'adozione della circolare del Ministero della salute che definisca, per i soggetti in esame, le modalità di vaccinazione contro il COVID-19, in coerenza con le indicazioni dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), e non è riconosciuta, in ogni caso, per il periodo successivo al termine ora oggetto del suddetto differimento al 31 dicembre 2021.

L'esenzione in esame è stabilita, come accennato, con riferimento ad alcune delle norme che individuano i fini e gli ambiti per i quali sia richiesto il certificato in oggetto[88]; in particolare, le norme richiamate sono quelle stabilite dagli articoli 9-bis, 9-ter e 9-quater del D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, e successive modificazioni, nonché, in base all'estensione operata dalla novella di cui al presente articolo 14, comma 6, le norme di cui agli articoli 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies del medesimo D.L. n. 52. Si ricorda che questi ultimi articoli sono inseriti nel D.L. n. 52 da parte delle novelle di cui agli articoli da 1 a 3 del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, in fase di conversione alle Camere; tali novelle recano una disciplina transitoria - valida per il periodo 15 ottobre 2021-31 dicembre 2021 - che richiede, per i lavoratori, pubblici e privati, il possesso di un certificato verde COVID-19 in corso di validità ai fini dell'accesso al luogo di lavoro (fatta salva l'esenzione per i soggetti per i quali un'idonea certificazione medica attesti una controindicazione relativa alla vaccinazione contro il COVID-19).

La norma di esenzione in esame appare rivolta in particolare ai casi di somministrazione, da parte delle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino, del vaccino Sputnik V, il quale, al contrario degli altri vaccini contro il COVID-19 somministrati in tale Stato, non è stato autorizzato in Italia né è oggetto della circolare del Ministero della salute del 23 settembre 2021, prot. n. 42957; si ricorda che quest'ultima concerne l'individuazione dei vaccini, somministrati dalle autorità sanitarie nazionali competenti estere, riconosciuti come equivalenti a quelli effettuati nell'ambito del Piano strategico nazionale (Piano relativo alla vaccinazione in oggetto); tale riconoscimento è operato ai fini della possibilità di generazione di certificati verdi COVID-19 o ai fini dell'equivalenza a questi ultimi di certificati emessi da autorità estere.

La novella di cui al presente articolo 14, comma 6, opera, dunque, un'estensione temporale dell'esenzione fino all'emanazione di una nuova circolare ovvero, in caso di mancata emanazione, fino al termine suddetto del 31 dicembre 2021.

Per un quadro dell'istituto dei certificati verdi COVID-19, si rinvia al dossier[89] dei Servizi Studi del Senato e della Camera dei deputati relativo al D.L. 21 settembre 2021, n. 127 (cfr. ivi la scheda di lettura concernente l'articolo 5).

Si ricorda che tali certificati, in base al principio posto dall'articolo 9, comma 10-bis, del D.L. n. 52 del 2021, e successive modificazioni, rilevano per specifici fini, stabiliti esclusivamente da norme statali di rango legislativo. Tali fattispecie - aventi in genere come limite temporale, implicito od esplicito, la fine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19[90] - sono elencate nel medesimo comma 10-bis, nonché nell'integrazione al medesimo elenco operata (non in forma di novella) dall'articolo 5, comma 1, del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.

 

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica del presente articolo 14, la quale non comprende la materia di cui al comma 6 in oggetto.

 

 

 

 

 


Articolo 15
(Proroga “Strade sicure” e misure urgenti per il presidio del territorio in occasione del vertice G-20)

 

 

L’articolo 15 (co. 1-2) proroga dal 31 ottobre 2021 al 31 dicembre l’impiego delle 753 unità aggiuntive di personale delle Forze armate dell’operazione “Strade Sicure” in relazione all’emergenza Covid, con una spesa stimata di euro 5.080.080, comprensivi di euro 1.250.010 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario; per la sicurezza del Vertice G-20 di Roma incrementa altresì il contingente di 400 unità e autorizza l'impiego di assetti aero-navali (co. 3-5).

 

L'articolo 15, comma 1, al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19, proroga al 31 dicembre 2021, l’integrazione di 753 unità di personale militare a disposizione dell’operazione “Strade sicure”, da ultimo prorogata, fino al 31 ottobre 2021 dal D.L. 111/2021 (c.d. green pass, istruzione, trasporti), convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 133/2021.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 9 del 2020 ha disposto una prima integrazione di 253 unità del contingente di personale militare facente parte del dispositivo “Strade sicure”.

Successivamente, l’articolo 74-ter del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”), nel confermare la richiamata integrazione ha, altresì, precisato che l'intero dispositivo di "Strade sicure" - pari a 7.050 unità, secondo la previsione dell'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019 - può essere impegnato nelle attività di contenimento dell'emergenza Covid-19.

A sua volta, l’articolo 22 del D.L. n. 34/2020 (c.d. “decreto Rilancio”) ha ulteriormente integrato, di ulteriori 500 unità – da affiancare, quindi, alle 7.303 unità già autorizzate (7.050 + 253) - il contingente delle Forze armate facente parte del dispositivo "Strade sicure", fino alla data del 31 luglio 2020.

Gli articoli 35 dei decreti legge nn. 104 e 125 del 2020 hanno, infine, prorogato, rispettivamente al 15 ottobre 2020 e al 31 dicembre 2020 la complessiva integrazione delle richiamate 753 unità. Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 30 aprile 2021 dall'articolo 35, comma 8 del D.L. 41/2021 (cd. decreto Sostegni) poi al 31 luglio 2021 dal D.L. 73/2021 (cd. decreto Sostegni-bis) e, da ultimo, al 31 ottobre dall'art. 8 del D.L. 111/2021 (c.d. green pass, istruzione, trasporti).

 

A tal fine il comma 2 autorizza, per l’anno 2021, la spesa complessiva di euro 5.080.080, di cui euro 1.250.010 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario ed euro 3.830.070 per gli altri oneri connessi all’impiego del personale

 

 

Il comma 3 provvede ad incrementare il contingente di personale delle Forze armate di cui all’articolo l, comma 1023, della legge di bilancio per il 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178) di ulteriori 400 unità per il potenziamento della cornice di sicurezza del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi appartenenti al G-20.

La relazione tecnica precisa che il contingente sarà dispiegato dal 25 ottobre al 3 novembre 2021.

Le ulteriori 400 unità si aggiungono dunque al contingente di personale di Forze armate nell'ambito del dispositivo strade sicure già autorizzato dal comma 1023 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2021, pari a:

7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

 

Il G20, di cui nel 2021 l'Italia detiene la presidenza, è nato nel 1999 come foro di consultazione dei ministri finanziari e governatori delle banche centrali dei maggiori Paesi del mondo soprattutto in seguito alla crisi finanziaria asiatica dei due anni precedenti. Il Summit dei Capi di Stato e di governo sotto presidenza italiana si terrà a Roma il 30-31 ottobre 2021.

 

A tal fine il comma 4 autorizza la spesa di euro 309.159 per l'anno 2021 per il personale delle Forze Armate di cui al comma 74 dell’articolo 24 del decreto-legge n. 78/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 5 autorizza l’impiego di assetti aeronavali della Difesa per assicurare la necessaria cornice di sicurezza marittima e aerea per lo svolgimento del Vertice G-20 di Roma, nonché la relativa spesa pari a euro 1.659.477.

 

Il comma 6 quantifica gli oneri derivanti dal presente articolo come pari a euro 7.048.716 per il 2021 e ne reca la copertura finanziaria ai sensi dell'art. 17 del provvedimento in esame, su cui v. infra.

 

L'operazione "Strade sicure" rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate, sul territorio nazionale, a fianco delle Forze dell'ordine, in funzione di contrasto alla criminalità e al terrorismo in numerose città italiane. L'operazione è svolta in massima parte dall'Esercito, con il contributo della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, in particolare, con funzioni di comando e controllo nelle sale operative.

Per l'Esercito rappresenta a tutt'oggi l'impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare  (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni" e lo svolgimento di  "compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza".

La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994, Cfr. operazione "Forza Paris" in Sardegna 15 luglio 1992).

 La legge di bilancio per l'anno 2020 (legge n. 160 del 2019) al comma 132 dell'articolo 1 della ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del Piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze Armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Scopo dell'intervento è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell'articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

Ulteriori 253 unità sono state autorizzate dal D.L. n. 18/2020, in considerazione dei maggiori compiti assegnati al personale militare nel fronteggiare la diffusione del virus Covid 19.Tale integrazione era operativa dal 17 marzo 2020 fino al 31 luglio 2020 (termine così prorogato dal D.L 34/2020). Successivamente, il citato DL n. 34/2020 (c.d. Rilancio) con l'articolo 22 ha ulteriormente aumentato il contingente militare per Strade sicure di 500 unità. L'articolo 35 del D.L. n. 104/020 ha poi previsto l'ulteriore proroga, fino al 15 ottobre 2020 (ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 3, lettera b) del D.L. n. 125/2020, del contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del dispositivo "Strade sicure", ed autorizzato, per l'anno 2020, l'ulteriore spesa. Durante l'esame parlamentare del decreto legge n. 34 del 2020  è stata introdotta un'ulteriore disposizione (articolo 44-ter) che, sempre nell'ambito dell'operazione "Strade Sicure" autorizza, per l'anno 2020, la spesa di 6,3 milioni di euro sempre per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del contingente di 7.050 unità delle Forze armate impiegato. Il  comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 125 del 2020 ha poi autorizzato per l'anno 2020 l'ulteriore spesa di euro 6.197.854 per il pagamento degli straordinari del contingente di 753 unità, prorogato fino a fine anno dal medesimo decreto.

La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020 al comma 1023 dell'art. 1 ha prorogato nel dispositivo "Strade sicure" un contingente di personale delle Forze armate pari a:

7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

La medesima legge di bilancio per il 2021, all'art. 1 co. 1025 - al fine di garantire e sostenere la prosecuzione, da parte delle Forze armate, dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19 - ha altresì ulteriormente prorogato fino al 31 gennaio 2021 il contingente di 753 di unità di personale militare facente parte del citato dispositivo "Strade sicure". Tale termine è poi stato prorogato al 30 aprile 2021 dall'articolo 35, comma 8 del D.L. 41/2021, poi al 31 luglio 2021 dal D.L. 73/2021 e, da ultimo, al 31 ottobre 2021 dal D.L. 111/2021 (articolo 8).

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività:

1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2. il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3. nel corso delle operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il Piano è stato successivamente prorogato.

 

Per un approfondimento dell'operazione "Strade sicure" al seguente link il  documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione "Strade Sicure", approvato dalla Commissione Difesa della Camera nella seduta del 30 luglio 2020.

Si veda, altresì, il seguente tema: Impiego delle Forze armate nella tutela del territorio

 

 


Articolo 16, commi 1-3
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 16, commi 1-3 contiene alcune disposizioni di carattere finanziario.

 

In particolare, il comma 1 incrementa di 1.300 milioni di euro nell'anno 2021 l'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 86, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Si tratta, in pratica, del finanziamento previsto dalla suddetta legge a favore del Gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale, compresi quelli per la manutenzione straordinaria.

 

A tale proposito si ricorda che, secondo quanto previsto dalla normativa in questione, il Gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale deve, all'interno del sistema di contabilità regolatoria, mettere in evidenza la quota figurativa relativa agli ammortamenti delle immobilizzazioni finanziate con detta modalità.

 

Il comma 2, invece, incrementa di un importo pari a 200 milioni di euro, per l'anno 2021, le risorse destinate al contratto di programma di Ferrovie dello Stato italiane Spa, ai sensi dell’articolo 1, commi 95 e 98, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

Per quanto attiene, più nel dettaglio, ai contenuti del contratto di programma in questione, si rinvia allo specifico dossier sul trasporto ferroviario curato dai Servizi Studi della Camera e del Senato.

 

Il comma 3, infine, incrementa di un importo pari a 20 milioni di euro, per l'anno 2021, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1039, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 al fine di potenziare la componente aeronavale del Corpo delle capitanerie di porto.

 


Articolo 16, commi 4-8
(Attribuzione di risorse alle regioni a statuto speciale e province autonome in attuazione di accordi)

 

 

I commi 4, 5 e 6 attribuiscono alle regioni a statuto speciale Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, per il 2021, la somma complessiva di 200 milioni di euro, somma già stanziata dalla legge di bilancio 2021 con la finalità di procedere alla revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e suddette regioni.

Il comma 7 attribuisce a ciascuna Provincia autonoma di Trento e di Bolzano la somma di 50 milioni di euro, da erogare nel 2021, a titolo di somma spettante, in via definitiva, in relazione alle entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi con vincita in denaro di natura non tributaria per gli anni antecedenti all’anno 2022.

Il comma 8 subordina l’attribuzione delle suddette risorse alla effettiva sottoscrizione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia.

 

I commi da 4 a 7 dell’articolo 16 attribuiscono risorse per l’anno 2021 alle Regioni a statuto speciale Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione di accordi bilaterali tra il Governo e ciascuna autonomia già sottoscritti o in via di definizione. Il comma 8 infatti specifica che le risorse saranno erogate a seguito dell’effettiva sottoscrizione di ciascun accordo.

 

L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Le norme statutarie stabiliscono ambiti e limiti della potestà impositiva, tributaria, finanziaria e contabile di ciascuna regione, riconoscono la titolarità del demanio e del patrimonio regionali, elencano i tributi erariali il cui gettito è devoluto, interamente o in parte, alla regione, attribuiscono ad essa la potestà legislativa e amministrativa sull'ordinamento finanziario degli enti locali del rispettivo territorio. Gli statuti disciplinano, inoltre, la procedura per la modifica delle norme statutarie concernenti la finanza di ciascuna regione; ad eccezione di quello per la Regione siciliana, essi contengono disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche possono essere apportate con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata. È proprio l’accordo bilaterale tra lo Stato e ciascuna autonomia, lo strumento principale con il quale sono definite le misure e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi di finanza pubblica, l’attribuzione di nuove funzioni, la variazione delle aliquote di compartecipazioni ai tributi erariali, nonché le eventuali misure a sostegno di specifiche criticità.

 

In riferimento a ciascuna regione o provincia autonoma interessata la norma fa riferimento ad un accordo bilaterale del quale tuttavia non viene indicata la data di sottoscrizione (né se ne ha notizia da altre fonti). Si deve perciò presupporre che tali accordi siano in via di definizione e che si sia voluto anticiparne il contenuto con legge, al fine di attribuire le risorse agli enti interessati nell’esercizio 2021.

I commi 4, 5 e 6 riguardano le regioni Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia alle quali sono attribuite risorse, per un totale di 200 milioni di euro, già accantonate con la legge di bilancio 2021:

?    il comma 4 attribuisce alla regione Sardegna la somma di 66,6 milioni di euro da destinare alla compensazione degli svantaggi strutturali legati alla condizione di insularità;

?    il comma 5 attribuisce alla regione Friuli-Venezia Giulia la somma di 66,6 milioni di euro, somma che può essere compensata con il contributo alla finanza pubblica richiesto alla regione;

?    il comma 6 attribuisce alla regione Sicilia la somma di 66,8 milioni di euro.

 

La legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020), al comma 806 stabilisce l’accantonamento di 300 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2021, per l’attuazione dei punti 9 e 10 dell’Accordo quadro del 20 luglio 2020, vale a dire per la revisione degli accordi bilaterali tra lo Stato e le autonomie, in particolare con la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna (soprattutto in riferimento alla costituzione del tavolo tecnico politico per la condizione di insularità) e la Regione Sicilia (per la revisione delle norme di attuazione in materia finanziaria) e per gli eventuali accordi come quelli già sottoscritti in materia di ristoro della perdita di gettito.

Per l’anno 2021, lo stesso comma 806 specifica che la cifra è comprensiva dei 100 milioni destinati alla riduzione del contributo alla finanza pubblica per l'anno 2021.

 

Nel corso del 2020, al fine di definire le modalità e la consistenza dei rimborsi delle perdite di entrate tributarie dovute all'emergenza sanitaria da Covid-19, sono stati sottoscritti due accordi quadro tra il Governo e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, il 20 luglio 2020 e il 5 novembre 2020.

Con l’accordo quadro del 20 luglio 2020 (Repertorio atti n. 115/CSR del 20 luglio 2020) sono state stabilite le modalità di attuazione della compensazione delle minori entrate conseguenti all’emergenza sanitaria da COVID-19 per l’anno 2020. Nello specifico viene concordato che il ristoro della perdita di gettito avviene come riduzione del concorso alla finanza pubblica dovuto da ciascuna autonomia e che, qualora l’importo previsto per il singolo ente superi la corrispondente quota di concorso alla finanza pubblica, all’ente stesso dovrà essere attribuito l’importo eccedente. L’accordo stabilisce inoltre che si dovrà procedere alla determinazione, nel secondo esercizio successivo a quello del ristoro, delle effettive minori entrate e al conseguente conguaglio delle somme ristorate.

Infine, i punti richiamati dal comma 806 della legge di bilancio 2021, riguardano la revisione degli accordi bilaterali con le regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia (punto 9) e l’adozione di un nuovo accordo quadro al fine di ristorare la perdita di gettito connessa all’emergenza sanitaria per il 2021(punto 10, già attuato con i commi 805-807 della legge di bilancio 2021).

Al punto 9 viene affermata la necessità di rivedere gli accordi bilaterali in materia di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Sardegna, con particolare riferimento alla costituzione del tavolo tecnico politico per la condizione di insularità e la Regione Sicilia per la revisione delle norme di attuazione in materia finanziaria. Nell’accordo del 5 novembre 2020 il termine per tale revisione, fissato al 30 settembre 2020 dall’accordo del 20 luglio è posticipato al 31 marzo 2021.

Per compensare la perdita di entrate tributarie a causa dell’emergenza sanitaria per l’anno 2021 è intervenuto un secondo accordo quadro, sottoscritto tra il Governo e le autonomie speciali il 5 novembre 2020 (Repertorio atti n. 188/CSR del 5 novembre 2021), in attuazione del quale la legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020, comma 805) ha ridotto di 100 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica dovuto dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano per l’anno 2021, a titolo di compensazione della perdita di gettito, e stabilisce gli importi per ciascun ente con la tabella inserita nel testo di legge.

 

 

Il comma 7 riguarda le Province autonome di Trento e di Bolzano. La norma stabilisce in 50 milioni di euro la somma spettante a ciascuna provincia autonoma in relazione alle entrate erariali derivanti dalla raccolta dei giochi con vincita in denaro di natura non tributaria per gli anni antecedenti all’anno 2022. La quantificazione - specifica la disposizione - è a titolo definitivo e la somma dovrà essere erogata nel 2021.

 

Sulla spettanza delle entrate erariali derivanti dai giochi di natura non tributaria si è aperta una controversia tra il Governo e la Provincia autonoma di Bolzano. Quest’ultima, infatti, con la legge provinciale 17 marzo 2021, n. 3[91], ha apportato variazioni al bilancio di previsione 2021-2023, tra cui un incremento delle entrate tributarie dovuto, tra l’altro, “ai giochi spettanti alla Provincia autonoma per il 2021 e per gli anni pregressi”; entrate che, nei termini rivendicati dalla Provincia autonoma, il Governo ha ritenuto aggiuntive rispetto a quelle derivanti dallo Statuto vigente. Successivamente, nella seduta del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2021, il Governo ha deliberato di rinunciare in modo parziale all’impugnativa della suddetta legge in quanto la Provincia, con una successiva legge, ha apportato modifiche ad alcune disposizioni oggetto di impugnativa che consentivano di ritenere superate le censure di illegittimità.

Il Governo contestava alla Provincia una interpretazione troppo estensiva della norma statutaria che disciplina le entrate tributarie delle due Province autonome. Secondo il Governo, infatti, “l’interpretazione della Provincia autonoma riguardo al gettito dei giochi e delle scommesse amplia la base di calcolo dei giochi di spettanza statutaria, estendendo la compartecipazione provinciale ai giochi di natura extratributaria (quali Lotterie, Bingo, Superenalotto, Enalotto, Superstar, Win for Life, Playsix e Eurojackpot), in contrasto con la previsione normativa dello Statuto”

Si rammenta a riguardo che, secondo l’articolo 75 dello statuto di autonomia (D.P.R. n. 670 del 1972, modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 a seguito dell’accordo con il Governo dell’ottobre 2014), alle Province autonome di Trento e di Bolzano, spettano gli 8 decimi dell’IVA generale e i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali (compresa l’IVA all’importazione e l’imposta locale sui redditi), ad eccezione delle imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige.

 


Articolo 16, commi 10 e 11
(Programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale)

 

 

L’articolo 16, comma 9, autorizza la spesa di 340 milioni di euro per il 2021 per incrementare le risorse disponibili nell’anno in corso per i programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale.

 

Lo stanziamento è finalizzato ad accelerare il completamento dei programmi di ammodernamento e rinnovamento relativi all'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, di cui agli articoli 536 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

 

Il Ministero della difesa provvede alla corrispondente rimodulazione delle consegne e dei relativi cronoprogramma.

 

L'attività del Parlamento in relazione all'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, si svolge essenzialmente attraverso l'esame dei relativi programmi che il Governo presenta alle Camere ai fini dell'espressione del prescritto parere da parte delle Commissioni difesa della Camera e del Senato.

La disciplina, originariamente contemplata dalla legge 4 ottobre 1988, n. 436 (cosiddetta legge Giacchè), è successivamente confluita negli articoli 536 e seguenti del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) a loro volta oggetto di novella da parte della legge n. 244 del 2012 recante la Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia.

Nello specifico l'originaria formulazione dell'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare, relativo ai programmi di ammodernamento e rinnovamento della Difesa, è stata profondamente rivisitata al fine di assicurare un più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari.

La nuova formulazione della norma prevede pertanto che vengano trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni competenti, gli schemi di decreto concernenti i programmi finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio e non riferiti al mero mantenimento delle dotazioni o al ripianamento delle scorte.

 I pareri dovranno essere espressi entro quaranta giorni dalla data di assegnazione ed è previsto che il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate dalle Commissioni competenti, ovvero quando le stesse Commissioni esprimano parere contrario, trasmetta nuovamente alle Camere lo schema di decreto corredato delle necessarie controdeduzioni per i pareri definitivi delle Camere da esprimere entro trenta giorni dalla loro assegnazione. In tal caso, qualora entro il termine indicato le Commissioni competenti esprimano sullo schema di decreto parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti, motivato con riferimento alla mancata coerenza con quanto previsto nel Documento programmatico pluriennale della difesa (DPP) di cui al comma 1 dell'articolo 536 del Codice, il programma non potrà essere adottato. In ogni altro caso, il governo potrà invece procedere all'adozione del decreto.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell'articolo 536-bis, sulla verifica dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, il Capo di stato maggiore della difesa, sulla base degli obiettivi e degli indirizzi definiti dal Ministro della difesa ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferma restando la necessità di salvaguardare le esigenze operative prioritarie e quelle derivanti dal processo di definizione della politica europea di difesa e sicurezza, procede alla verifica della rispondenza dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma e propone al Ministro della difesa la rimodulazione dei programmi relativi a linee di sviluppo capacitive che risultino non più adeguate, anche in ragione delle disponibilità finanziarie autorizzate a legislazione vigente. La predetta verifica tiene altresì conto dei risultati conseguiti nell'attuazione del processo di riconfigurazione dello strumento militare riportati nel DPP.

In base al comma 2 gli schemi dei decreti che approvano la rimodulazione di programmi sui quali è stato espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi dell'articolo 536, comma 3, lettera b), devono essere sottoposti a tale parere. Dalle citate rimodulazioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche in termini di indebitamento netto.

 

Per approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare Il controllo parlamentare sui programmi di acquisizione di sistemi d'arma e al dossier Il controllo parlamentare sui programmi d'arma.

 

 


Articolo 16, commi 10 e 11
(Contributo enti locali in attuazione di sentenze Consiglio di Stato)

 

 

L’articolo 16, comma 10, dispone l’assegnazione di un contributo pari a circa 62,9 milioni di euro in favore dei comuni interessati dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, che dispongono l’obbligo di restituzione a tali enti di somme corrispondenti a riduzioni illegittimamente operate a valere sulle risorse assegnate a titolo di Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2015.

Il comma 11 dispone in ordine alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione delle norme del presente articolo 16.

 

In particolare, il comma 10 è finalizzato a dare attuazione alle sentenze n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, con le quali il Consiglio di Stato, in seguito all’annullamento decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri P.C.M. 10 settembre 2015 recante la ripartizione tra i comuni del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2015, ha definitivamente condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze alla restituzione delle somme.

A tal fine, il comma dispone l’assegnazione di un contributo, di importo complessivo pari a 62.924.215 euro, in favore dei comuni ricorrenti, in attuazione di quanto previsto dalle suddette sentenze del Consiglio di Stato, che - in seguito all’annullamento del D.P.C.M. 10 settembre 2015 recante la ripartizione tra i comuni del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2015, ad opera della Sentenza n. 2552 del 17 febbraio 2017 del TAR del Lazio - confermano l’obbligo di restituzione delle riduzioni non dovute a valere sulle risorse assegnate a titolo di FSC nei confronti delle amministrazioni comunali.

 

Si rammenta che con la Sentenza n. 2552 del 17 febbraio 2017, il TAR per il Lazio ha parzialmente accolto il ricorso, proposto dal Comune di Padova, volto ad ottenere l’annullamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, recante "Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015" e di tutti gli atti ad esso presupposti, conseguenti e consequenziali, tra cui il Decreto del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2015. Tale ultimo decreto, si rammenta, aveva disposto, in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 3, del D.L. n. 78 del 2015, un aumento, per l'anno 2015 e per gli anni successivi, della riduzione di risorse relativa ai comuni e alle province, disposte ai sensi dell'art. 16, commi 6 e 7, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review), da effettuarsi mediante l'applicazione della maggiore riduzione (rispettivamente di 100 milioni di euro per i comuni e di 50 milioni di euro per le province) in proporzione alle riduzioni già effettuate per l'anno 2014.

La Sentenza si basa sulla considerazione che l’intervenuta adozione del D.P.C.M. di riparto delle risorse del FSC 2015 ad esercizio finanziario avanzato e successivamente al termine ultimo fissato per legge per la predisposizione del bilancio, determini una sicura lesione dell’autonomia finanziaria dei comuni, come disegnata dall’art. 119 della Costituzione, alla quale è connaturato il principio di certezza delle risorse disponibili. In ciò riprendendo quanto affermato nella sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2016, n. 129, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 16 del D.L. n. 95/2012 (nella parte in cui non prevedeva un termine ultimo per l’approvazione del DPCM che definisse il procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo da applicare a ciascun comune), nella considerazione che “un intervento di riduzione dei trasferimenti che avvenisse a uno stadio avanzato dell’esercizio finanziario comprometterebbe un aspetto essenziale dell’autonomia finanziaria degli enti locali, vale a dire la possibilità di elaborare correttamente il bilancio di previsione, attività che richiede la previa e tempestiva conoscenza delle entrate effettivamente a disposizione”[92].

Con Sentenza n. 2200/2018, il Consiglio di Stato ha ribadito tali conclusioni, respingendo l'appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Ministero dell'Interno avverso la Sentenza n. 2552/2017.

Con le successive Sentenze n. 05854/2021 e n. 05855/2021 del 12 agosto 2021, che qui interessano, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’obbligo delle Autorità pubbliche, ciascuna per quanto di propria competenza, di prestare ottemperanza alla sentenza n. 2200 del 12 aprile 2018 (con cui è stato rigettato l’appello proposto avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 2554/2017), provvedendo alla restituzione delle riduzioni non dovute nei confronti delle parti ricorrenti, nel termine di centoventi giorni dalla comunicazione.

 

Le somme da restituire corrispondono, pertanto, alle riduzioni illegittimamente operate nei confronti delle amministrazioni comunali ricorrenti, con riferimento all’annualità 2015, aumentate degli interessi al saggio legale.

Secondo quanto illustrato nella Relazione tecnica, le somme da restituire sono state quantificate nell’importo complessivo di 61.991.121,11 euro, incrementate dagli interessi al saggio legale dalla data della domanda, ossia del ricorso in primo grado, e sino al soddisfo, per un onere complessivo pari a 62.924.215 euro. In particolare per la quantificazione degli interessi si è ipotizzato di far decorrere gli interessi dal 1° dicembre 2015 ipotizzando il pagamento al 1° gennaio 2022.

 

Il contributo complessivo è assegnato ai singoli enti interessati secondo gli importi indicati nella Tabella 1, allegata al provvedimento, di seguito riportata:

(importi in euro)

Comune

Contributo

Altivole

303.813,36

Asolo

1.513.766,72

Carbonera

50.859,80

Casale sul Sile

55.949,90

Castelfranco veneto

2.988.108,11

Castello di Godego

478.401,58

Codogné

361.888,88

Colle Umberto

161.418,32

Conegliano

3.884.301,40

Fonte

220.255,99

Gaiarine

209.885,20

Giavera del Montello

406.168,75

Godega Sant'Urbano

131.535,95

Istrana

381.463,66

Loria

213.699,07

Mareno di Piave

473.967,57

Maserada sul Pive

300.647,77

Monastier di Treviso

126.258,81

Montebelluna

2.619.659,44

Nervesa della Battaglia

138.476,25

Oderzo

1.492.876,31

Padova

37.983.408,44

Paese

16.736,66

Pieve di Soligo

551.842,00

Ponzano Veneto

238.007,03

Povegliano

193.846,01

Quinto di Treviso

273.965,84

Refrontolo

93.460,68

Resana

496.549,72

Riese PIO X

448.529,56

Roncade

55.035,06

San Biagio di Callalta

379.138,34

San Fior

424.790,34

San Vendemiano

729.446,07

San Zenone degli Ezzelini

322.222,03

Santa Lucia di Piave

200.893,31

Sernaglia della Battaglia

106.633,56

Silea

490.184,34

Spresiano

491.281,41

Susegana

568.860,30

Trevignano

180.303,94

Valdobbiadene

90.998,55

Vazzola

424.475,59

Vedelago

501.844,05

Villorba

1.156.001,93

TOTALE

62.931.857,60

 

Il comma 11 stabilisce che agli oneri derivanti dal presente articolo 16 si provveda ai sensi dell'articolo 17, alla cui scheda si rinvia.

 

 


Articolo 17, comma 1
(Assegno unico e universale)

 

 

L’articolo 17, al comma 1, a decorrere dal 2022, incrementa di 6.000 milioni di euro annui il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia. Conseguentemente, a decorrere dal 2022, è ridotto di 6.000 milioni di euro annui il Fondo per l’attuazione della delega fiscale. Le risorse sono indirizzate alla messa a regime, dal 1° gennaio 2022, dell’assegno unico e universale.

 

Il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia è stato istituito ad opera dell'art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge n.160 del 2019) con una dotazione inizialmente pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità, c.d. bonus bebè (410 milioni per il 2021) e del Bonus asilo nido (200 milioni per il 2021). Per il 2021 anche il rifinanziamento del congedo di paternità (106,1 milioni di euro) è a valere sul Fondo.

La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 7, della legge n. 178 del 2020) ha incrementato il Fondo di 3.012,1 milioni di euro per il 2021, in vista della supposta entrata in vigore, a regime, nel luglio 2021, dell’assegno unico ed universale. Nelle more dell'approvazione dei decreti legislativi delegati, considerata la necessità di introdurre in via temporanea misure immediate volte a sostenere la genitorialità e a favorire la natalità, il decreto legge n. 79 del 2021[93] ha invece autorizzato, per il semestre luglio-dicembre 2021, l'erogazione su base mensile, da parte dell'INPS, di un assegno temporaneo per figli minori per ogni figlio al di sotto dei 18 anni, inclusi i figli minori adottati e in affido preadottivo. L'assegno temporaneo spetta ai nuclei familiari che non hanno diritto all'Assegno per il Nucleo Familiare - ANF (lavoratori autonomi; disoccupati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri; titolari di pensione da lavoro autonomo; nuclei che non hanno uno o più requisiti per godere dell'ANF), ed è erogato in funzione del numero dei figli e in misura decrescente all'aumentare del livello di ISEE (fino ad azzerarsi a 50.000 euro di ISEE). L'assegno è compatibile con le attuali misure assistenziali a sostegno della famiglia e col Reddito di Cittadinanza. La domanda può essere presentata a partire dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021.

Si ricorda inoltre che, al fine di dare attuazione a interventi in materia di riforma del sistema fiscale, la manovra di bilancio 2021 (art. 1, co. 2, della legge n. 178 del 2020) ha istituito il Fondo per l’attuazione della delega fiscale con una dotazione di 8.000 milioni di euro per il 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia (art. 1, comma 2 della legge n. 178 del 2020).

 

Le risorse sono indirizzate alla messa a regime, dal 1° gennaio 2022, dell’assegno unico e universale, di cui alla legge delega n. 46 del 2021[94].

Per la puntuale regolamentazione dell’assegno è prevista l’emanazione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi, su proposta del Ministro con delega per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, e sulla base di principi e criteri direttivi puntualmente definiti (artt. 1 e 2 della legge n. 46/2021).

 

A regime, l'assegno unico e universale per i figli al di sotto dei 21 anni andrà a sostituire le seguenti misure attualmente in vigore: detrazioni fiscali per i figli a carico under 21Assegno per il nucleo familiare - ANFbonus bebépremio alla nascitaassegno per il nucleo familiare dei Comuni. La legge delega impegna il Governo ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore, uno o più decreti legislativi volti a definire nel dettaglio l'applicazione della misura, attenendosi ai principi e criteri direttivi previsti dalla medesima legge delega n. 46. Più precisamente, l'assegno è riconosciuto mensilmente:

-         per ciascun figlio minorenne a carico, a decorrere dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo, all'importo dell'assegno viene applicata una maggiorazione;

-         per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento del ventunesimo anno di età, con possibilità di corresponsione dell'importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l'autonomia (assegno mensile, di importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni). L'assegno ai maggiorenni è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l'impiego o un'agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile universale.

E' previsto inoltre il riconoscimento dell'assegno mensile:

-          di importo maggiorato a favore delle madri di età inferiore a 21 anni;

-          di importo maggiorato in misura non inferiore al 30% e non superiore al 50% per ciascun figlio con disabilità, con maggiorazione graduata secondo le classificazioni della condizione di disabilità;

-          senza maggiorazione, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico.

L'assegno è concesso nella forma di credito d'imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro.

L'assegno, proprio perché basato sul principio universalistico, costituisce un beneficio economico attribuito con criteri di progressività a tutti i nuclei familiari con figli a carico, nell'ambito delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia (per il 2021 sono stati previsti 3 miliardi di euro, in quanto si stima che la misura sarà a regime dal luglio 2021) e dei risparmi di spesa (risorse rinvenienti stimate in 14 miliardi di euro circa) derivanti da graduale superamento o dalla soppressione delle misure ora vigenti per il sostegno dei figli a carico (vedi ante).


Articolo 17, comma 2
(Eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 17 incrementa di 187 milioni di euro per l’anno 2021 il fondo previsto dalla legge di bilancio 2021, istituito per fronteggiare i danni causati dagli eventi alluvionali verificatisi negli anni 2019 e 2020, per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza.

 

Il comma 2 dell’articolo 17 incrementa di 187 milioni di euro per l’anno 2021 il fondo di cui all’art. 1, comma 700, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020), al fine di far fonte alle esigenze derivanti dagli interventi urgenti previsti dall'articolo 25, comma 2, lettera d), del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1).

L'art. 25, comma 2, lettera d), del Codice della protezione civile prevede l’emanazione di ordinanze di protezione civile, nel limite delle risorse disponibili, al fine, tra l’altro, della realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti.

Il comma 700 dell’art. 1 della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) ha autorizzato, nei territori colpiti dagli eventi alluvionali avvenuti nel 2019 e nel 2020 per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di provvedere agli interventi urgenti, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo e alla ricognizione dei fabbisogni per la ricostruzione pubblica e privata. Per tale finalità, è stato istituito, per l’anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito fondo da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile, da ripartire con ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

 


Articolo 17, commi 3 e 4
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 17, commi 3 e 4, reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 3 reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 2, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 e dal comma 2 del presente articolo in:

-       3.369.272.932 euro per l’anno 2021,

-       356.629.374 euro per l’anno 2022,

-       111.941.389 euro per l’anno 2023,

-       101.113.994 euro per l’anno 2024,

-       101.330.369 euro per l’anno 2025,

-       101.380.701 euro per l’anno 2026,

-       101.453.617 euro per l’anno 2027,

-       101.498.783 euro per ciascuno degli anni 2028 e 2029,

-       65.898.783 euro per ciascuno degli anni 2030 e 2031,

-       65.951.795 euro per l’anno 2032 e

-       66.031.541 euro annui a decorrere dall’anno 2033,

che aumentano, in termini di saldo netto da finanziare di cassa in 3.457.272.932 euro per l’anno 2021.

Il comma prosegue indicando quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria:

a)    quanto a 187 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 44, del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della protezione civile) come incrementato dall’articolo 40, comma 3, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021;

 

si tratta del Fondo per le emergenze nazionali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della protezione civile. Il Fondo è allocato sul capitolo 7441 del bilancio del Ministero dell'economia e finanza. Nel bilancio 2021-2023, quel capitolo reca stanziamenti (di competenza e cassa) pari a 940 milioni per il 2021, a 340 milioni per ciascuna degli anni 2022 e 2023. L'articolo 40, comma 3, del decreto-legge n. 41 del 2021 ha incrementato il Fondo di 700 milioni di euro per l'anno 2021;

 

b)    quanto a 1.600 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 26, comma 10 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020;

 

si tratta del fondo istituito, per l'anno 2021, nello stato di previsione del MEF per la fruizione dei crediti di imposta di cui beneficiano i soggetti che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell'aumento del capitale sociale, previsti dal medesimo articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020. Per la fruizione di tali crediti di imposta è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021;

 

c)    quanto a 400 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), che, alla data del 15 ottobre 2021, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite per detto importo all’erario;

 

si tratta delle somme afferenti le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, alla data del 15 ottobre 2021, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che pertanto vengono definitivamente acquisite all'erario;

 

d)    quanto a 200 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo del fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi perenti della spesa di parte corrente, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009);

 

si rammenta che, ai sensi dell'articolo 27 (Fondi speciali per la reiscrizione in bilancio di residui passivi perenti delle spese correnti e in conto capitale) della legge di contabilità e finanza pubblica, nello stato di previsione della spesa del MEF sono istituiti, nella parte corrente e nella parte in conto capitale, rispettivamente, un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa di parte corrente eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa» e un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa», le cui dotazioni sono determinate, con apposito articolo, dalla legge del bilancio;

 

e)    quanto a 550 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente utilizzo del fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi perenti della spesa in conto capitale, di cui all’articolo 27, comma 1, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) (si veda l'approfondimento sopra);

f)     quanto a 26 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 203, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);

 

si tratta dell'autorizzazione di spesa riguardante i trattamenti pensionistici liquidabili secondo la disciplina relativa ai cosiddetti soggetti precoci. Si ricorda che quest'ultima categoria è costituita dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle fattispecie individuate dall'articolo 1, comma 199, della suddetta legge n. 232, e successive modificazioni;

 

g)    quanto a 44 milioni di euro per l’anno 2021, mediante utilizzo degli importi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo n. 67 del 2011;

 

si tratta degli importi previsti per l’attuazione delle misure per l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti;

 

h)    quanto a 55,9 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 8, primo periodo, del decreto-legge n. 30 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 2021;

 

si tratta dell'autorizzazione di spesa relativa alla concessione - in base ad alcune norme transitorie connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed inerenti a specifiche fattispecie relative ai figli - di congedi con indennità o di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting o di servizi integrativi per l’infanzia. Tale autorizzazione di spesa è stata da ultimo ridotta di 126,6 milioni di euro per l'anno 2021 dall'articolo 42, comma 10, lettera c), del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021;

 

i)     quanto a 115 milioni di euro per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 4, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021 relativi ai benefici di cui al comma 2 del medesimo articolo;

 

l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 41 del 2021 riconosce - nel limite di spesa di 856,8 milioni di euro per il 2021 - le tre quote di reddito di emergenza (REM) previste dal comma 1 del medesimo articolo anche in favore dei soggetti con ISEE in corso di validità non superiore a 30.000 euro, che hanno terminato le prestazioni relative alle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021. Tali risorse sono state iscritte, insieme a quelle relative al comma 1, su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato "Fondo per il Reddito di emergenza" (articolo 82, comma 10, del decreto legge n. 34 del 2020);

 

l)     quanto a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1039, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), come rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017);

 

l'autorizzazione di spesa si riferisce al Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

Con riferimento all’utilizzo del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale, come rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) si veda l’apposito paragrafo del tema “I Fondi per gli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato” pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati;

 

m)  quanto a 90 milioni di euro per l’anno 2021, 165 milioni per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione delle risorse iscritte nell’ambito del programma «Oneri finanziari relativi alla gestione della tesoreria, azione 1-Interessi sui conti di tesoreria» della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021;

n)    quanto a euro 1.500.000 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

o)    quanto a euro 25.804.000 per l’anno 2022, euro 34.304.000 annui a decorrere dall’anno 2023, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

p)    quanto a 4,2 milioni di euro per l’anno 2022, 1,4 milioni di euro per l’anno 2023, 51.526.369 euro per l’anno 2025, 51.576.701 euro per l’anno 2026, 51.649.617 euro per l’anno 2027, 51.694.783 euro per ciascuno degli anni 2028 e 2029, 16.094.783 euro per ciascuno degli anni 2030 e 2031, 16.147.795 euro per l’anno 2032 e 16.227.541 euro annui a decorrere dall’anno 2033, mediante corrispondente riduzione del FISPE (Fondo per interventi strutturali di politica economica) di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004;

q)    quanto a 15,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014);

r)     quanto a 192,2 milioni di euro per l’anno 2021 e 173,7 milioni di euro per l’anno 2022, 70 milioni di euro per l’anno 2023 e 96,7 milioni di euro per l’anno 2024 e, in termini di indebitamento netto e fabbisogno, a 254,235 milioni di euro per l’anno 2021 e 298,369 milioni di euro per l’anno 2022, 93,321 milioni di euro per l’anno 2023 e 120,299 milioni di euro per l’anno 2024, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e minori spese derivanti dagli articoli 9, comma 8, 11, comma 11, 13, commi 3 e 4.

 

Il comma 4, ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il Ministero dell’economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.


Articolo 18
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 18 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 22 ottobre 2021.

 

 

 

 

 



[1]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, del 40 maggio 2021, p. 40.

[2]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 68-88.

[3]    Si veda il dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 106-109.

[4]    Si veda il dossier n. 393/2 Vol. I del 19 luglio 2021, pp. 18-40.

[5]    Si veda il dossier n. 393/2 Vol. I, pp. 68-70.

[6]    Per la descrizione completa della disciplina dettata dalle Sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 si rinvia al dossier n. 413/2 - Parte I del 10 maggio 2021, pp. 26-32.

[7]    Per l'esame di tali misure si rinvia al dossier n. 413/2 - Parte I, pp. 22-26.

[8]    Di cui all'articolo 26 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 1, commi 481 e 483, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni.

[9]    Cfr., in merito, l'ultimo paragrafo della presente scheda.

[10]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 2842 del 6 agosto 2021.

[11]   Di cui all'articolo 87, comma 1, del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[12]   Cfr. anche infra.

[13]   Cfr. infra.

[14]   Si ricorda infatti che per alcune categorie di dipendenti privati, in base a norme specifiche, il trattamento di malattia è a carico del datore di lavoro medesimo.

[15]   Cfr. i commi 1 e 2 del citato articolo 26 del D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

      L'esclusione dal periodo di comporto concerne anche i casi di quarantena dovuta ad infezione da COVID-19 - in base alla formulazione del citato comma 1 dell'articolo 26 - nonché tutte le omologhe ipotesi di quarantena (ivi compresa quella precauzionale) relative ai lavoratori dipendenti pubblici (ai sensi del citato comma 1 dell'articolo 87 del D.L. n. 18).

[16]   Tale interpretazione è stata ribadita dal successivo messaggio dell'INPS n. 3465 del 13 ottobre 2021.

[17]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 1667 del 23 aprile 2021 e il messaggio dell'INPS n. 2842 del 6 agosto 2021, che riportano l'interpretazione in oggetto indicata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[18]   La possibilità di impiego delle nuove risorse in oggetto - riferite al 2021 - anche per gli eventi verificatisi nel 2020 è esplicitata nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[19]   Al riguardo, la novella richiama l’articolo 71 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

[20]   Riguardo a tali condizioni, cfr. infra.

[21]   L'indennità riconosciuta in base all'equiparazione al ricovero ospedaliero può trovare comunque delle limitazioni temporali, secondo l'interpretazione seguita dall'INPS. Al riguardo, cfr. infra.

[22]   In merito, la norma in esame opera anche un richiamo di natura generale all’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104. Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".

[23]   Riguardo alla condizione generale di handicap, cfr. supra, in nota.

[24]   Cfr., al riguardo, il messaggio dell’INPS n. 2584 del 24 giugno 2020.

[25]   Cfr. il messaggio dell'INPS n. 171 del 15 gennaio 2021 e il messaggio dell'INPS n. 3465 del 13 ottobre 2021.

[26]   Si ricorda che i contratti collettivi di lavoro prevedono spesso un'integrazione (a carico del datore di lavoro) del trattamento di malattia riconosciuto dall'INPS.

[27]   In base al messaggio dell’INPS n. 2584 del 24 giugno 2020, per tutte le fattispecie di periodo prescritto di assenza dal servizio, di cui al citato articolo 26, comma 2, del D.L. n. 18, "il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera".

[28]   Si ricorda altresì che, per la medesima fattispecie di assenza dal servizio, il citato comma 2 dell'articolo 26 del D.L. n. 18 esclude il diritto alla liquidazione in forma monetaria delle ferie non fruite a causa delle assenze.

[29]   Riguardo all’esclusione dell’indennità di accompagnamento per alcuni casi di ricovero, cfr. il messaggio dell’INPS n. 18291 del 26 settembre 2011 e i riferimenti normativi ivi citati.

[30]   Si ricorda che in tale gestione sono iscritti i lavoratori autonomi e i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non sono iscritti ad altri regimi pensionistici obbligatori (gestiti dall’INPS o da altri enti pubblici o privati).

[31]   Sul punto, si ricorda che il DPCM del 2 marzo 2021 dispone (art. 21, co. 1) che nelle cosiddette zone gialle è sempre garantita la possibilità di svolgere attività in presenza se necessaria a realizzare l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

[32]   Il comma 2 dell’articolo richiama infatti l'art. 23 del Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.lgs. 151/2001, con esclusione del comma 2 dello stesso articolo 23; conseguentemente, nel calcolo dell’indennità non vengono computati i citati ratei giornalieri in quanto la norma in commento esclude dal richiamo normativo il comma 2 del suddetto articolo 23.

[33]   Si tratta dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali).

[34]   Ai sensi del richiamato art. 32 del Testo unico a sostegno della maternità e della paternità, per ogni figlio fino a 12 anni, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo che, complessivamente, non può eccedere il limite di 10 mesi. In generale, il diritto di astenersi dal lavoro compete: alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso lo stesso eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi; qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. In base al successivo art. 33, per ogni minore con handicap fino a 12 anni, il predetto congedo parentale può essere prolungato, ricorrendo determinate condizioni, per un periodo non superiore a tre anni. Per i periodi di congedo parentale è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.

[35]   Il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale è stato istituito con il richiamato decreto interministeriale 7 aprile 2016, n. 95269, che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ha adeguato alle previsioni di cui al D.Lgs. 148/2015 la disciplina del previgente Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo. La relativa disciplina si applica, dunque, alle prestazioni integrative a carico del Fondo che decorrono dal 1° gennaio 2016, riconosciute in favore dei lavoratori delle imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché delle imprese del sistema aeroportuale.

[36]   Riguardo a tali limiti, cfr. infra.

[37]   Riguardo all'ambito di applicazione del trattamento ordinario di integrazione salariale, cfr. l'articolo 10 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.       

[38]   Questi ultimi concernono i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, tutele rappresentate dai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale e dagli assegni ordinari summenzionati dei fondi di solidarietà bilaterali.

[39]   I fondi di solidarietà bilaterali non istituiti presso l’INPS sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[40]   Disciplina di cui all'articolo 8 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, e successive modificazioni.

[41]   La circolare dell'INPS n. 72 del 29 aprile 2021 - emanata su conforme parere del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ha specificato che tali prestazioni potevano essere chieste anche con riferimento all'inizio della settimana in cui ricadeva il termine del 1° aprile, quindi dal 29 marzo 2021.

[42]   Si ricorda che quest'ultima era posta dai commi da 299 a 305 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e successive modificazioni.        

[43]   Disciplina di cui all'articolo 50-bis, commi da 2 a 6, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106.

[44]   Come detto, questi ultimi fondi sono: il Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l'artigianato; il Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione.

[45]   Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[46]   Riguardo a tale anticipazione, cfr. l'articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[47]   Cfr. la circolare dell'INPS n. 86 del 15 luglio 2020, emanata d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[48]   L'INPS (cfr., per esempio, la citata circolare n. 72 del 2021) ha specificato (su conforme avviso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) che, in caso di domande di nuovi periodi di trattamento in deroga (con causale COVID-19), non è necessaria la definizione di un nuovo accordo.

[49]   Cfr. il comma 2 dell'articolo 19 e il comma 6 dell'articolo 22 del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[50]   Cfr. il comma 3 del citato articolo 19 del D.L. n. 18 del 2020 nonché il paragrafo 3 della circolare dell'INPS n. 115 del 30 settembre 2020.

      Si ricorda altresì che, ai sensi degli articoli 20 e 21 del medesimo D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni, il trattamento ordinario e l'assegno ordinario di integrazione salariale (con causale COVID-19) possono essere riconosciuti anche per i casi in cui sia in corso di corresponsione, rispettivamente, un trattamento straordinario di integrazione salariale o un assegno di solidarietà.

[51]   Riguardo a tale sospensione, cfr. la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 19 del 21 dicembre 2020.

[52]   Cfr., per gli assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19, il comma 1 dell'articolo 19 del citato D.L. n. 18 del 2020, e successive modificazioni.

[53]    Ai sensi dell’articolo 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli articoli 4 e 5.

[54]   Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[55]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’articolo 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione da parte della sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro; l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[56]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[57]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[58]   Di cui all'articolo 40-bis del citato D.L. n. 73 del 2021.

[59]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[60]   Cfr. la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (relazione reperibile nell'A.S. n. 2426).

[61]   Dossier n. 393/2 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 446/2-serie Progetti di legge nella numerazione del Servizio Studi della Camera, relativo all'A.S. n. 2320 (cfr. il volume II del suddetto dossier).

[62]   Riguardo all'impiego delle altre risorse derivanti dal suddetto comma 11, cfr. l'articolo 17, comma 3, lettera r), del presente decreto.

[63]   Disposizione di cui al richiamato articolo 31, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[64]   Il riferimento concerne - ai sensi dell'articolo 51 del citato D.Lgs. n. 81 - i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[65]  Cfr., a quest'ultimo riguardo, gli articoli 19 e 21 del citato D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. Per una norma transitoria in materia, cfr. l'articolo 93, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni.

[66]   Di cui al comma 2 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. La norma fa riferimento alle missioni e ai contratti di lavoro a termine aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale.

[67]   Di cui all'articolo 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[68]   L'istituto concerne le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, fatte salve le norme speciali di settore. Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[69]   Novella operata (nel citato articolo 30 del D.Lgs. n. 165) dall'articolo 3, comma 7-bis, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113.

[70]   In precedenza, l’articolo 3, comma 5-septies, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, ha previsto che i vincitori dei concorsi banditi dalle regioni e dagli enti locali, anche qualora tali enti siano sprovvisti di articolazione territoriale, siano tenuti a permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni e ha specificato che tale disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi (il suddetto comma 5-septies è stato inserito nel citato articolo 3 dall'articolo 14-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26).

[71]   Dossier n. 398/1 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 450/1-serie Progetti di legge nella numerazione del Servizio Studi della Camera, relativo all'A.C. n. 3243.

[72]   Nel rispetto di quanto disciplinato dal regolamento (UE) 2016/679 e dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101

[73]   Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[74]   Istituito ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute 25 maggio 2016, n. 183.

[75]   I contenuti dei flussi informativi, ai sensi del comma 6, devono almeno riguardare: a) il quadro produttivo ed occupazionale; b) il quadro dei rischi anche in un'ottica di genere; c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici; d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte; e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte; e-bis) i dati degli infortuni sotto la soglia indennizzabile dall'INAIL.

[76]   Nelle attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile, dei lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei e ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[77]   Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31.

[78]   Circa gli effetti della sospensione, essi possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.

[79]   Per l’estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.

[80]   Ai sensi dell’art. 46 del d.lgs 81/2008, “ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile….”.

[81]   Resta ferma la destinazione della percentuale prevista dall’articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, che, al fine di rafforzare l'attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro destina il trenta per cento dell'importo delle sanzioni amministrative in materia di lavoro irregolare (di cui all'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, ) nonché delle somme aggiuntive di cui all'articolo 14, comma 4, lettera c), e comma 5, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, (che fissano la condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1nel pagamento di una somma aggiuntiva) ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite massimo di 13 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014, destinato a misure, da definire con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, finalizzate ad una più efficiente utilizzazione del personale ispettivo sull'intero territorio nazionale, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché alla realizzazione di iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare.

[82]   In base al quale “Gli organismi paritetici comunicano all'INAIL i nominativi delle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e il nominativo o i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali.».

[83]   Gli organismi paritetici, ai sensi del comma 3-bis, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l'asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza.

[84]   Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Moldova, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Federazione Russa, San Marino, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Regno Unito. La Bielorussia ha conseguito lo status di "invitato speciale" nel 1993, sospeso nel 1997. Canada, Santa Sede, Israele, Messico, Stati Uniti hanno lo status di "Osservatori".

[85]   I paesi fondatori, oltre all'Italia: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia.

[86]   1. Commissione per le questioni politiche e la democrazia; 2. Commissione per le questioni giuridiche e i diritti umani; 3. Commissione per le questioni sociali, la salute e lo sviluppo sostenibile; 4. Commissione per le migrazioni e i rifugiati; 5. Commissione per la cultura, la scienza, l'educazione e i media; 6. Commissione per l'uguaglianza e la non discriminazione. A queste Commissioni si aggiungono la Commissione permanente, la Commissione per il monitoraggio, la Commissione del Regolamento, le immunità e gli affari istituzionali e la Commissione per l'elezione dei giudici della Corte Europea per i Diritti Umani.

[87]   La novella concerne l'articolo 6 del D.L. 6 agosto 2021, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 settembre 2021, n. 133.

[88]   Riguardo al complesso di tali norme, cfr. infra.

[89]   Dossier n. 456 nella numerazione del Servizio Studi del Senato e n. 479 (serie "Progetti di legge") nella numerazione del Servizio Studi della Camera dei deputati.

[90]   Termine posto al 31 dicembre 2021 dall'articolo 1 del D.L. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126.

[91]   Legge della Provincia autonoma di Bolzano 17 marzo 2021, n. 3 ha apportato vari Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano 2021-2023 e altre disposizioni.

[92]   In detta decisione, la Corte Costituzionale ha espressamente affermato al considerando 2.3 (del quale si riporta integralmente il testo) che: “L’impugnato art. 16, comma 6, del d.l. n. 95 del 2012, indicando gli obiettivi di contenimento delle spese degli enti locali, si pone come principio di coordinamento della finanza pubblica, che vincola senz’altro anche i Comuni. Nessun dubbio che, come già ripetutamente affermato da questa Corte (sentenze n. 65 e n. 1 del 2016, n. 88 e n. 36 del 2014, n. 376 del 2003), le politiche statali di riduzione delle spese pubbliche possano incidere anche sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali; tuttavia, tale incidenza deve, in linea di massima, essere mitigata attraverso la garanzia del loro coinvolgimento nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni quantitative, e non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e n. 241 del 2012)”.

[93]   Misure urgenti in materia di assegno temporaneo per i figli minori, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112/2021.

[94]   Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.