Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | D.L. 29/2020 - Emergenza Covid ed esecuzione della pena presso il domicilio per gli esponenti della criminalità organizzata e altre disposizioni in materia penitenziaria |
Serie: | Progetti di legge Numero: 291 |
Data: | 12/05/2020 |
D.L. n. 29/2020 – A.S. n. 1799
Emergenza Covid-19 ed esecuzione della pena presso il domicilio per gli esponenti della criminalità organizzata e altre disposizioni in materia penitenziaria
Servizio Studi
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Dossier n. 252
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Progetti di legge n. 291
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Articolo 1 (Modifiche urgenti all'ordinamento penitenziario)
Articolo 4 (Misure urgenti per gli istituti penitenziari e gli istituti penali minorili)
Articolo 5 (Disposizioni transitorie)
Articoli 6 e 7 (Disposizioni finanziarie ed entrata in vigore)
L’articolo 1 prevede la possibilità di revoca del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare c.d. in deroga disposta ai sensi del comma 1-ter dell’art. 47-ter dell’ordinamento penitenziario.
Più nel dettaglio la disposizione interviene sul comma 7 dell'articolo 47-ter O.P. prevedendo la possibilità di revoca del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare c.d. in deroga (nel caso in cui vengano meno i presupposti per la sua concessione previsti dal comma 1-ter dell'articolo 47-ter O.P. ovvero la motivazione relativa al rinvio dell’esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale si veda amplius la scheda di lettura relativa all'art. 2).
Il comma 7 dell'articolo 47-ter O.P. nella formulazione vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legge in conversione prevedeva l'obbligo di revoca della detenzione domiciliare nei casi in cui vengano a cessare le condizioni di cui ai commi 1 e 1-bis.
In particolare il comma 1 prevede che possa essere accedere a questa misura chiunque debba scontare una condanna all'arresto o una pena anche residua inferiore a quattro anni e sia:
Ai sensi del comma 1-bis può altresì espiare presso il proprio domicilio la pena chiunque debba scontare una pena anche residua inferiore ai due anni anche senza i requisiti richiesti dal comma 1 ma purché non sia stato condannato per uno dei reati previsti dall'art. 4-bis O.P. quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati.
Con riguardo alla disposizione in esame del decreto-legge la relazione illustrativa osserva come a seguito dell’inserimento del comma 1-ter nell’articolo 47-ter ad opera della legge 21 aprile 2011, n. 62, ovvero della possibilità di ammettere alla detenzione domiciliare coloro che, a causa delle condizioni di salute in cui si trovano, avrebbero titolo ad ottenere il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena, non risulta essere stata considerata la possibilità che, qualora tali condizioni cessino, possa essere disposta la revoca del beneficio concesso. L’intervento mira ad adeguare, quindi, il comma 7 dell’articolo 47-ter che, per tutte le altre ipotesi che legittimano l’adozione della misura della detenzione domiciliare, diverse da quelle legate all’età avanzata del condannato di cui al comma 1, prevede la revoca del beneficio laddove vengano meno i presupposti per la sua concessione.
L’articolo 2 stabilisce, per i giudici di sorveglianza che abbiano adottato (vedi infra articolo 5) o adottino provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare ovvero di differimento dell’esecuzione della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, nei confronti di persone condannate o internate per una serie specifica di gravi delitti, l’obbligo di valutare l’effettiva permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria che hanno determinato la collocazione extra-muraria del detenuto a causa delle sue condizioni di salute.
Più nel dettaglio, con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione della norma, si tratta di persone condannate o internate:
· per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o per delitti commessi con finalità di terrorismo;
I delitti di cui agli articoli 270 e 270-bis c.p. sono quelli relativi alla promozione, costituzione, organizzazione o partecipazione ad associazioni sovversive (art. 270) e ad associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico (art. 270 bis). Ai sensi dell'articolo 270-sexies c.p. sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia
· per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione mafiosa;
L’art.416-bis del codice penale punisce la partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da dieci a quindici anni; la promozione, direzione e organizzazione dell'associazione con la reclusione da dodici a diciotto anni La disposizione specifica che l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
· per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti;
L’articolo 74, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 punisce chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope con la reclusione non inferiore a venti anni. Chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
· sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
Con riguardo al regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis, comma 2, OP, come è noto, tale disposizione prevede che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente. In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell’ articolo 4-bis.
L’articolo in esame detta un particolare procedimento qualora - in relazione alle predette tipologie di condannati o internati - il giudice di sorveglianza adotti un provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19.
Si ricorda che l'art. 146 c.p., comma 3, obbliga il giudice al differimento dell'esecuzione della pena in presenza di una "malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative". Il differimento è invece previsto come facoltativo dall'art. 147 c.p., comma 1, n. 2, nell'ipotesi in cui il condannato risulti affetto da "una grave infermità fisica".
Con riguardo alla c.d. detenzione domiciliare in deroga, l’articolo 47 comma 1-ter o.p. prevede che quando potrebbe essere disposto il suddetto rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite per l’applicazione della detenzione domiciliare, può disporre la applicazione della stessa, stabilendone un termine di durata, che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.
Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l'istanza di detenzione domiciliare in deroga, è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l'applicazione provvisoria della misura.
Con specifico riferimento al rapporto tra differimento dell’esecuzione della pena e detenzione domiciliare per motivi di salute la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il giudice chiamato a decidere sul differimento dell'esecuzione della pena o, in subordine, sull'applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest'ultimo con riguardo sia all'astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al predetto valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico( Cass. pen. Sez. I Sent., 09/04/2018, n. 37062).
Si segnalano, al riguardo, alcuni recentissimi provvedimenti della magistratura di sorveglianza che, anche in ragione dell’emergenza sanitaria in corso, hanno concesso la detenzione domiciliare “in deroga” (ex art. 47-ter, comma 1-ter) a detenuti per reati di mafia che si trovavano in carcere in regime di 41 bis (vi vedano, al riguardo, le decisioni assunte dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, con ordinanze nn. 2206/2020 e 2114/2020. Sulla stessa linea, anche il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, con ordinanza n. 1387/2020. In tutti i casi, si tratta di detenuti condannati anche per reati “ostativi” di cui all’art. 4-bis o.p; in tali casi, anche alla luce di una valutazione sul caso concreto, di una lunga carcerazione e dell’assenza di contro-indicazioni dalle informative di polizia, si è ritenuto, comunque prevalente il diritto alla salute).
In particolare, tra le altre, si ricorda l’ordinanza, 23 aprile 2020, con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha disposto il differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, nel regime di detenzione domiciliare, nei confronti di Pasquale Zagaria, sottoposto a regime differenziato del 41 bis o.p. per una condanna di concorso in reati di associazione di tipo mafioso.
Si segnala inoltre l’ordinanza del 20 aprile 2020, con il quale il Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Milano ha concesso il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare a Francesco Bonura, di anni 78, detenuto per una condanna di concorso in reati di associazione di tipo mafioso ed estorsione continuata. Il condannato, sottoposto al regime penitenziario previsto dall’art. 41-bis o.p. aveva un periodo di pena residua inferiore ad 1 anno di reclusione.
La nuova procedura, limitata all’emergenza epidemiologica in atto, prevede che il giudice di sorveglianza che ha disposto la scarcerazione, debba valutare la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria. La rivalutazione va effettuata:
· previa acquisizione del parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati già sottoposti al regime di cui all’ articolo 41-bis ord. pen.
Si ricorda che il recentissimo DL 28 del 2020, in corso di conversione parlamentare, prevede all’art. 2 una modifica alla disciplina procedimentale della detenzione domiciliare c.d. ‘in deroga’, cioè sostitutiva del differimento dell’esecuzione della pena (ex art. 47 ter comma 1 ter o.p.), contemplando come obbligatoria la richiesta di un parere sull’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e sulla pericolosità del soggetto che i giudici di sorveglianza devono richiedere al Procuratore antimafia in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto: solo al Procuratore distrettuale, se la decisione riguarda l’autore di uno dei reati elencati nell’art. 51 comma 3 bis e comma 3 quater c.p.p., anche al Procuratore nazionale, se riguarda un detenuto sottoposto al regime detentivo speciale del 41 bis o.p.
· sentita l'autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale
· acquisite dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena possa riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute
La valutazione deve essere effettuata entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile.
Si segnala, con riguardo al rispetto dei termini per la valutazione da parte del giudice di sorveglianza, che non sono stabiliti termini endoprocedimentali né in relazione all’espressione del parere delle procure antimafia, né in relazione alle informazioni fornite dal DAP e dalla Regione.
I termini di quindici giorni e di un mese sono anticipati nel caso in cui il DAP comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena.
L’autorità giudiziaria provvede valutando:
· se permangono i motivi che hanno giustificato l’adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena,
· la disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell’internato.
Con riguardo al provvedimento di valutazione della magistratura di sorveglianza che revochi la detenzione domiciliare o il differimento della pena, si stabilisce l’immediata esecutività dello stesso.
Le disposizioni introdotte dall’articolo in esame trovano applicazione anche per i provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare speciale o di differimento della pena, emessi in relazione all’emergenza epidemiologica Covid-19, a partire dal 23 febbraio 2020 (si veda infra, articolo 5).
L’articolo 3 - in analogia a quanto disposto dall’articolo 2 - prevede l’obbligo di una revisione periodica relativa alla effettiva permanenza dei motivi, legati all’emergenza epidemiologica in corso, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari nei confronti di imputati per i medesimi gravi delitti di cui all’articolo 2 (vedi sopra).
Si segnalano, al riguardo, alcuni provvedimenti in materia di detenzione domiciliare e sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, emessi recentemente da tribunali penali alla luce della attuale epidemia di Covid-19:
· Il Tribunale Penale di Roma in composizione monocratica, VII Sezione, ha disposto la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, con ordinanza del 18/03/2020. Per il detenuto malato che necessita di indagini strumentali già programmate, si tiene conto delle «attuali restrizioni degli spostamenti dei detenuti dal carcere verso strutture sanitarie esterne, a motivo della diffusione del COVID 19».
· Il G.I.P. del Tribunale di Milano, ordinanza di sostituzione della misura cautelare del 23/03/2020. La misura della custodia cautelare in carcere è sostituita con gli arresti domiciliari anche «in considerazione della attuale situazione di emergenza sanitaria evidenziata nella nota prot. N. 347/2020» del Procuratore Aggiunto e del Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano.
· Il G.U.P. del Tribunale di Trani, con provvedimento del 26/03/2020, rigetta l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il G.U.P. afferma che «lo stato di restrizione, in ambiente difficilmente permeabile dall’esterno (…) meglio garantisce la salute del detenuto».
· Il Tribunale penale di Palmi, con ordinanza del 10/04/2020 ha deciso la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari ritenendo che «il quadro patologico cui è affetto l’imputato pone in serio pericolo la salute dello stesso in ragione dell’epidemia di COVID 19 che sta investendo il nostro paese» e che, «stante l’emergenza del momento appare del tutti inopportuno il ricovero dell’imputato in una struttura ospedaliera impegnata in questo momento a fronteggiare l’epidemia di COVID 19».
Si segnala inoltre che il 01/04/2020 la Procura Generale della Corte di Cassazione ha diffuso una nota avente ad oggetto indicazioni per i Pubblici Ministeri per la riduzione della presenza carceraria durante l'emergenza di coronavirus, dove si invita ad incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione delle presenze non necessarie in carcere, arginando la richiesta e l’applicazione delle misure a rischio e procrastinando l’esecuzione delle misure già emesse dal GIP.
Il comma 1, in particolare, affida la verifica della permanenza dei motivi legati alla emergenza epidemiologica, che hanno determinato la sostituzione della custodia cautelare con la misura degli arresti domiciliari, al pubblico ministero che deve procedere entro il termine di quindici giorni dalla data di adozione di tale misura e, successivamente, con cadenza mensile.
Anche in questo caso i termini sono anticipati qualora il DAP comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute dell’imputato.
Il pubblico ministero, sempre che sussistano le originarie esigenze cautelari, chiede al giudice il ripristino della custodia cautelare in carcere:
· se le condizioni che hanno giustificato la sostituzione della misura cautelare sono mutate;
· oppure se sopraggiunga la disponibilità di strutture penitenziare o reparti di medicina protetta adeguate alle condizioni di salute dell’imputato.
Il comma 2 disciplina l’istruttoria che il giudice deve effettuare in vista del provvedimento di revoca oppure della conferma della misura sostitutiva. In particolare il giudice dovrà, analogamente a quanto prescritto per il magistrato di sorveglianza:
· sentire l’autorità sanitaria regionale, nella persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale
· acquisire dal DAP informazioni in ordine all’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui l’imputato può essere nuovamente sottoposto alla custodia cautelare in carcere senza pregiudizio per le sue condizioni di salute.
A differenza di quanto previsto per i giudici di sorveglianza dall’articolo 2, si prevede la possibilità per il giudice, qualora non sia in grado di decidere allo stato degli atti, di disporre, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti in ordine alle condizioni di salute dell’imputato o procedere a perizie, i cui esiti vanno acquisiti nei successivi quindici giorni.
Si ricorda che l’articolo 299 c.p.p. in ordine alla revoca e sostituzione delle misure cautelari, prevede già, al comma 4-ter, che in ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre cinque giorni dal deposito della richiesta, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine dei 5 giorni.
E’ fatto salvo quanto previsto dall’articolo 299, comma 1, c.p.p., in merito all’immediata revoca della misura cautelare quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste della stessa ovvero vengano meno le esigenze cautelari.
Come è noto le misure cautelari sono disposte dal giudice, sia nella fase delle indagini preliminari sia nella fase processuale e la loro applicazione è condizionata all’esistenza di due requisiti: la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ( ex art. 273 c. 1 c.p.p.) e le esigenze cautelari ( ex art. 274 c.p.p.). Per esigenze cautelari si intende: il rischio di inquinamento delle prove, purché si tratti di pericolo concreto e attuale ( ex art. 274 c. 1 c.p.p.), il rischio di fuga dell’imputato, la fuga dell’imputato o concreto pericolo di fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione (ex art. 274 c. 2 c.p.p.); il rischio di reiterazione del reato.
Con riguardo alla custodia cautelare in carcere e le condizioni sanitarie dell’imputato, l’art. 275, comma 4, prevede l’impossibilità di disporre la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni. Inoltre il comma 4-bis prevede che non possa essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. In tali ipotesi se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza (comma 4 quater). La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative (comma 4 quinquies).
Le disposizioni introdotte dall’articolo in esame trovano applicazione anche per i provvedimenti di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari emessi, in relazione all’emergenza epidemiologica Covid-19, a partire dal 23 febbraio 2020 (si veda infra, articolo 5).
L’articolo 4 interviene sulla disciplina relativa ai colloqui in carcere limitatamente al periodo compreso tra il 19 maggio e il 30 giugno 2020. Oltre ad essere prevista la possibilità di svolgere tali colloqui a distanza mediante apparecchiature e collegamenti, è reintrodotta la possibilità per i detenuti di poter vedere i propri congiunti almeno una volta al mese.
In particolare comma 1, dispone che, dal 19 maggio al 30 giugno 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei condannati, internati e imputati con i congiunti o con altre persone a norma dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), dell'articolo 37 del relativo Regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 230 del 2000), nonché? con riguardo ai condannati minorenni, dell’articolo 19 del d.lgs. n. 121 del 2018, possono essere svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica, che può? essere autorizzata oltre i limiti attualmente previsti (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000 e art. 19, comma 1, del predetto d.lgs. n. 121/2018).
Tale disposizione, dettata dalla necessità di fronteggiare il rischio di contagio causato dal perdurare dell’emergenza sanitaria, ripristina sino al 30 giugno 2020 la modalità di colloquio a distanza, già prevista dall’art 83 comma 16 del D.L. 2020 n.18 (conv. L. n. 27 del 2020) con durata limitata al 22 marzo 2020. All'approssimarsi della data del 22 marzo il DAP, con la nota n. 92320 del 18 marzo 2020, aveva inoltrato un apposito quesito al Comitato operativo del Dipartimento della protezione civile circa la possibilità per i familiari dei detenuti di recarsi dal 23 marzo 2020, presso gli istituti penitenziari per effettuare i colloqui. Il Comitato operativo interpellato aveva ritenuto rientranti nel divieto generalizzato di spostamenti anche quelli dei familiari di persone detenute finalizzati ai colloqui. A tali conclusioni si era quindi adeguata anche l'amministrazione penitenziaria che con la circolare 21 marzo 2020 precisava "può conseguentemente ritenersi che non sia consentito lo spostamento di persone sul territorio motivato dallo svolgimento dei colloqui con i detenuti, salvo il verificarsi di esigenze sanitarie del detenuto, all'uopo certificate dal personale medico competente, che potranno consentire alla Direzione dell'istituto interessato di autorizzare il colloquio". Nella medesima circolare il DAP evidenziava l'impegno dell'Amministrazione penitenziaria "per l'attuazione concreta di misure finalizzate ad alleviare il disagio". Tra tali misure il DAP segnalava l'acquisizione di oltre 1600 telefoni mobili e il prossimo acquisto di ulteriori 1.600 cellulari finalizzati ad incrementare in modo considerevole " i colloqui a distanza", rendendo possibili oltre che con l'utilizzo di Skype anche con le videochiamate da effettuarsi tramite le utenze mobili.
L'art. 18 O.P. reca la disciplina relativa ai colloqui, alla corrispondenza e alla informazione dei detenuti. In particolare si prevede che i detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici. I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena. Hanno altresì diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti. Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità? e le cautele previste dal regolamento.
Il comma 2 dell’articolo 39 del regolamento di esecuzione O.P. prevede che i condannati e gli internati possono essere autorizzati dal direttore dell'istituto alla corrispondenza telefonica con i congiunti e conviventi, ovvero, quando ricorrano ragionevoli e verificati motivi, con persone diverse dai congiunti e conviventi, una volta alla settima. Essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica, con i familiari o con le persone conviventi, in occasione del loro rientro nell'istituto dal permesso o dalla licenza. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell'articolo 4-bis della legge, e per i quali si applichi il divieto dei benefici ivi previsto, il numero dei colloqui telefonici non può essere superiore a due al mese.
Con riguardo ai detenuti minorenni il comma 1 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 121 del 2018 riconosce al detenuto il diritto ad otto colloqui mensili, di cui almeno uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo, con i congiunti e con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo. Ogni colloquio ha una durata non inferiore a sessanta minuti e non superiore a novanta. La durata massima di ciascuna conversazione telefonica mediante dispositivi, anche mobili, in dotazione dell'istituto, è di venti minuti. La disposizione riconosce inoltre al detenuto la facoltà di usufruire di un numero di conversazioni telefoniche non inferiore a due e non superiore a tre a settimana. L'autorità giudiziaria può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate per mezzo di idonee apparecchiature. È sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis O.P.
La disposizione, al comma 2, prevede il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona, demandando nel contempo al direttore dell’istituto penitenziario e dell’istituto penale per minorenni, l'indicazione - sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonché l’autorità sanitaria regionale in persona del Presidente della Giunta della Regione – del numero massimo - nel rispetto dei limiti di legge (vedi supra) - di colloqui da svolgere con modalità in presenza.
In proposito la relazione illustrativa rileva come tale previsione miri a rispondere alla necessità, conseguente al mutamento delle misure generali di restrizione alla circolazione che ora consentono le visite ai congiunti (pur se con determinate cautele), di garantire che l’accesso dei visitatori all’interno degli istituti penitenziari.
’articolo 5 prevede che le disposizioni dettate dagli articoli 2 e 3 trovino applicazione anche ai provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare speciale, di differimento della pena o di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari emessi a partire dal 23 febbraio 2020.
Si ricorda che in data 23 febbraio 2020 è entrato in vigore il decreto-legge n. 6 del 2020 con il quale sono state dettate le prime misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Per tutti i provvedimenti emessi dunque dal 23 febbraio al 10 maggio 2020 - e motivati in relazione all’emergenza sanitaria da COVID-19, come previsto dagli articoli 2 e 3 – il magistrato o il tribunale di sorveglianza (per i casi di cui all’art. 2) e il pubblico ministero (per i casi di cui all’art. 3) hanno 15 giorni di tempo dall’entrata in vigore del decreto-legge (e quindi entro il 26 maggio) per procedere alla prima verifica della permanenza dei motivi di emanazione del provvedimento di scarcerazione.
L’articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l’articolo 7 dispone in ordine alla entrata in vigore del decreto-legge.
In dettaglio, l’articolo 6 stabilisce che dall’attuazione del presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle misure contenute nel provvedimento nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. L'articolo 7 dispone, infine, che il provvedimento entra in vigore il giorno successivo (11 maggio 2020) a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.