Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: D.L. 23/2020 - Misure per le imprese e in materia di settori strategici, salute, lavoro, termini amministrativi e processuali
Riferimenti: AC N.2461/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 288/4
Data: 25/05/2020
Organi della Camera: Assemblea, VI Finanze, X Attività produttive

Misure per le imprese e in materia di settori strategici, salute, lavoro, termini amministrativi
e processuali

D.L. 23/2020 – A.C. 2461-AR

 

25 maggio 2020

 

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 -*  studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

Dossier n. 239/4

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Finanze

Tel. 06 6760-9496 - * st_finanze@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_finanze

 

Dipartimento Attività produttive

Tel. 06 6760-9496 - * st_attprod@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_attprod

 

 

Progetti di legge n. 288/4

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 

 

 

D20023d.docx

 


I N D I C E

 

Capo I Misure di accesso al credito per le imprese

Articolo 1 del disegno di legge di conversione (Salvezza di atti, provvedimenti ed effetti derivanti da abrogazione di norme del decreto-legge n. 18 del 2020). 7

Articolo 1 (Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese) 8

Articolo 1-bis (Dichiarazione sostitutiva per le richieste di nuovi finanziamenti) 24

Articolo 1-ter (Semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca) 30

Articolo 2 (Misure per il sostegno all’esportazione, all’internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese). 32

Articolo 3 (SACE S.p.A.e Commissione di Vigilanza Cassa Depositi e Prestiti)  48

Capo II Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID-19

Articolo 4 (Sottoscrizione contratti e comunicazioni in modo semplificato). 57

Articolo 4-bis (Inserimento di nuove attività nella lista dei settori a maggior rischio di infiltrazione mafiosa negli appalti di lavori). 59

Articolo 4-ter (Obiettivi annuali di gestione di pneumatici fuori uso). 61

Articolo 5 (Differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). 63

Articolo 6 (Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale) 66

Articolo 6-bis (Rivalutazione dei beni settori alberghiero e termale). 69

Articolo 7 (Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio). 75

Articolo 8 (Disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società) 78

Articolo 9 (Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione) 79

Articolo 10 (Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza). 85

Articolo 11 (Sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito). 91

Articolo 12 (Fondo Garanzia mutui prima casa). 94

Articolo 12-bis (Rimborso alle imprese per mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali internazionali). 99

Articolo 12-ter (Disposizioni in materia di beni di impresa). 101

Articolo 12-quater (Detraibilità dell'Iva sugli acquisti dei beni oggetto di erogazione liberali) 106

Articolo 13 (Fondo di garanzia PMI). 107

Articolo 13-bis (Fondo di prevenzione del fenomeno dell’usura). 132

Articolo 13-ter (Microcredito). 134

Articolo 14 (Finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo per le esigenze di liquidità e concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti) 136

Articolo 14-bis (Proroga del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura) 140

Articolo 14-ter (Proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune in servizio pubblico). 142

Capo III Disposizioni urgenti in materia di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica

Articolo 15 (Modifiche alla disciplina dei poteri speciali (cd. golden power))  147

Articolo 16 (Procedimento d’ufficio in materia di poteri speciali (cd. golden power))  162

Articolo 17 (Modifiche alla disciplina degli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti). 175

Capo IV Misure fiscali e contabili

Articolo 18 (Sospensione di versamenti tributari e contributivi). 183

Articolo 18-bis (Sospensione del versamento dei canoni per l’uso di beni immobili appartenenti allo Stato) 189

Articolo 19 (Proroga sospensione ritenute sui redditi di lavoro autonomo e sulle provvigioni) 190

Articolo 20 (Metodo previsionale acconti giugno). 192

Articolo 21 (Rimessione in termini per i versamenti). 195

Articolo 22 (Disposizioni relative ai termini di consegna e di trasmissione telematica della Certificazione Unica 2020). 196


 

Articolo 23 (Proroga dei certificati in materia di appalti emessi nel mese di febbraio 2020)  198

Articolo 24 (Disposizioni in materia di imposta di registro). 200

Articolo 25 (Assistenza fiscale a distanza - SOPPRESSO). 202

Articolo 26 (Semplificazioni per il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche) 203

Articolo 27 (Cessione gratuita di farmaci ad uso compassionevole). 205

Articolo 27-bis -SOPPRESSO (Rendicontazione separata per le erogazioni liberali a favore delle pubbliche amministrazioni). 209

Articolo 27-bis (Disposizioni in materia di distribuzione dei farmaci agli assistiti)  210

Articolo 28 (Disciplina fiscale degli utili distribuiti alle società semplici). 211

Articolo 29 (Processo tributario telematico, notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo unificato e sospensione del contenzioso degli enti impositori). 215

Articolo 29-bis (Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19). 219

Articolo 30 (Modifiche al credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro - ABROGATO). 222

Articolo 30-bis (Ulteriori misure per il contenimento del rischio infettivo attraverso la sterilizzazione dei rifiuti sanitari). 223

Articolo 31 (Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli). 225

Articolo 32 (Misure urgenti per l’avvio di specifiche funzioni assistenziali per l’emergenza COVID-19 - ABROGRATO). 228

Articolo 33, comma 1 (Proroga dei termini degli organi amministrativi di enti e organismi pubblici). 229

Articolo 33, commi 2 e 3 (Rendiconti dei funzionari delegati). 232

Articolo 33-bis SOPPRESSO (Proroga dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento delle barriere architettoniche)  235

Articolo 34 (Divieto di cumulo tra pensioni e redditi - ABROGATO). 236

Articolo 35 (Rilascio PIN INPS). 237


 

Capo V Disposizioni in materia di termini processuali e procedimentali

Articolo 36 (Sospensione dei termini processuali). 241

Articolo 37 (Sospensione termini dei procedimenti amministrativi e disciplinari)  246

Articolo 37-bis (Sospensione temporanea delle segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi e ai sistemi di informazioni creditizie). 248

Capo VI Disposizioni in materia di salute e di lavoro

Articolo 38 (Disposizioni urgenti in materia contrattuale per la medicina convenzionata)  253

Articolo 39 (Procedure semplificate per le pratiche e attrezzature medico-radiologiche)  256

Articolo 40 (Sperimentazione e uso compassionevole dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19). 260

Articolo 41, commi 1-4 (Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale)  264

Articolo 41, commi 4-bis e 4-ter (Misure a favore dell’imprenditoria in agricoltura)  268

Articolo 42 (Disposizioni urgenti per disciplinare il Commissariamento dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) 272

Articolo 42-bis (Misure straordinarie per il progetto di realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa). 279

Articolo 42-ter (Clausola di salvaguardia) 282

Articolo 43 (Disposizioni finanziarie). 284

Articolo 44 (Entrata in vigore). 285

 

 


Capo I
Misure di accesso al credito
per le imprese


Articolo 1 del disegno di legge di conversione
(Salvezza di atti, provvedimenti ed effetti derivanti da abrogazione di norme del decreto-legge n. 18 del 2020)

 

 

L’articolo 1, comma 1, del disegno di legge di conversione reca la norma di conversione del decreto legge, mentre il comma 2 stabilisce l’entrata in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione. Dal momento che il decreto legge è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 dell’8 aprile 2020 (edizione straordinaria), esso è entrato in vigore il 9 aprile 2020.

 

Durante l’esame in sede referente è stato aggiunto un comma 1-bis, che mantiene validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli seguenti articoli del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18 abrogati dal decreto legge in esame:

§  articolo 17, concernente la sperimentazione clinica dei farmaci, con riferimento a pazienti affetti dal virus COVID-19, nonché l’uso compassionevole dei farmaci in fase di sperimentazione destinato ai medesimi pazienti;

§  articolo 49, sull’intervento del Fondo di garanzia PMI in favore delle imprese;

§  articolo 53, relativo alle misure per il credito all’esportazione;

§  articolo 62, comma 7, che stabiliva il non assoggettamento alle ritenute d’acconto per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000;

§  articolo 70, che prevedeva, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate alla remunerazione del lavoro straordinario del personale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Si valuti l'opportunità di approfondire se sia necessario disporre la salvezza degli effetti dell'articolo 17 dato che l'articolo 40 del decreto-legge già specifica - a differenza di quanto disposto per le altre abrogazioni - che l'abrogazione dell'articolo 17 vale a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 23.

 


 

Articolo 1
(Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese)

 

 

L’articolo 1, modificato nel corso dell’esame in sede referente, dispone che SACE S.p.A., al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall’epidemia Covid-19, conceda - fino al 31 dicembre 2020 - garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. Si dispone un impegno finanziario di 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati al supporto delle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti, secondo quanto introdotto in sede referente.

Possono beneficiare delle garanzie della SACE le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia per le PMI, nonché – secondo quanto introdotto in sede referente– alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca. Le garanzie sono concesse in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato (comma 1).

In sede referente, le garanzie SACE previste dall’articolo in esame si applicano, in quanto compatibili, alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuati dalle imprese di cui al comma 1 a favore di banche e intermediari finanziari (comma 1-bis).

Sempre secondo quanto introdotto in sede referente, è stata introdotta la previsione per cui dalle garanzie SACE di cui all’ articolo in esame sono in ogni caso escluse le società che controllano direttamente o indirettamente una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, ovvero che sono controllate direttamente o indirettamente, da una società residente in un Paese o un territorio non cooperativo a fini fiscali (comma 1-ter).

Sono previste condizioni per il rilascio delle garanzie da parte di SACE. In particolare, la garanzia è rilasciata entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di avvalersi di un preammortamento fino a 36 mesi, anziché 24 mesi come previsto dal testo originario, prima della modifica in sede referente. Sono dettati criteri per la definizione dell’importo del prestito e della percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 percento a seconda delle dimensioni delle imprese.

A tali imprese, nonché ad ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte del medesimo gruppo - incluse quelle soggette a direzione e coordinamento, come precisato in sede referente - è richiesto, tra l’altro, di assumere l’impegno a non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020. Qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta di finanziamento, l’impegno a non distribuire dividendi viene assunto dall’impresa per i 12 mesi successivi al momento della richiesta. Tale previsione è stata inserita in sede referente.

Si deve inoltre trattare di imprese che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà come definite dalla normativa UE, e che alla data del 29 febbraio 2020 non dovevano avere nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate, come rilevabili dal soggetto finanziatore, come precisato in sede referente. Ai fini della definizione di imprese in difficoltà, in sede referente è stata inserita la previsione per cui, nel rapporto debito/patrimonio netto rilevante ai fini della predetta di impresa in difficoltà, devono essere inclusi, nel calcolo del patrimonio, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture e appalti certificati nei confronti delle amministrazioni pubbliche.

Il finanziamento coperto dalla garanzia deve poi essere destinato a sostenere determinati costi: del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, e che – come specificato in sede referente - e le medesime imprese si impegnino a non delocalizzare, nonché costi dei canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda. Inoltre, sempre secondo quanto inserito in sede referente, il finanziamento deve essere altresì destinato, in misura non superiore al 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale per le quali il rimborso sia reso oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID-19 (comma 2).

Per le obbligazioni derivanti dalle predette garanzie SACE è assistita da una garanzia dello Stato (comma 5).

Il rilascio delle garanzie è deciso con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell’istruttoria SACE. Per le imprese di minori dimensioni è prevista una procedura semplificata (commi 6 e 7).

Si prevede inoltre che, nel rispetto del limite complessivo massimo di cui al comma 1, possa anche essere concessa la garanzia dello Stato su esposizioni assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 da parte di Cassa depositi e prestiti derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito alle imprese con sede in Italia che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell’emergenza epidemiologica (comma 13).

Per la copertura degli oneri derivanti dalle garanzie viene istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione iniziale pari a 1.000 milioni di euro. Per la gestione del Fondo è autorizzata l’apertura di un apposito conto di tesoreria centrale, che, secondo quanto introdotto in sede referente, è intestato a SACE SPA. Sul conto sono versate commissioni annuali di garanzia dovute dalle imprese a SACE incassate dalla stessa società, al netto dei costi di gestione sostenuti da questa, per le attività svolte ai sensi del presente articolo, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio (comma 14).

Nel corso dell’esame in sede referente, sono stati introdotti cinque nuovi commi, da 14-bis a 14- sexies. I commi, al fine di assicurare liquidità alle imprese indicate al comma 1 – autorizzano SACE a concedere, fino al 31 dicembre 2020, garanzie in conformità con la normativa dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato e nel rispetto dei criteri e delle condizioni previste nell’articolo in esame, in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle suddette imprese a cui sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente.

 

 

Si segnala preliminarmente che a seguito del rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio volta a riferire le condizioni per la concessione delle garanzie previste dall’articolo 1, comma 2, non solo alle garanzie di cui al comma 1, ma anche a quelle di cui comma 1-bis del medesimo articolo 1, relative alla cessione di crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente, introdotto nel corso dell’esame in sede referente.

 

Nel dettaglio, il comma 1 enuncia, in primo luogo, la finalità dell’articolo in esame che è quella di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall’epidemia COVID-19, diverse dalle banche e da altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito.

A tal fine, SACE S.p.A. concede fino al 31 dicembre 2020 garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, affinché tali soggetti concedano finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese.

Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi del comma in commento non superano l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

Di questi, almeno 30 miliardi sono destinati a supporto di:

§  piccole e medie imprese - come definite dalla normativa europea, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti secondo quanto inserito in sede referente;

§  che abbiano pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia per le PMI, nonché – secondo quanto introdotto in sede referente – alle garanzie fornite da ISMEA (concesse ai sensi dell’art. 17, comma 2 del D.Lgs. n. 102/2004, a favore alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca).

Si rinvia, sia per ciò attiene alle garanzie fornite dal Fondo di garanzia PMI che da quelle fornite da ISMEA nell’attuale emergenza, alla scheda di lettura relativa all’articolo 13 del decreto legge in esame. Si evidenzia in questa sede come - ai sensi del citato articolo 13 - il Fondo di garanzia intervenga, sino al 31 dicembre 2020, prestando garanzie a favore delle singole imprese beneficiarie sino ad un importo massimo di 5 milioni di euro. Il Fondo, ai sensi del D.L. n. 18/2020 (articolo 78, comma 2-quinquies) interviene ora anche a favore delle imprese del settore agricolo e della pesca, le quali hanno altresì accesso alle garanzie fornite da ISMEA.

 

Le garanzie sono concesse da SACE in conformità alla normativa europea in tema di aiuti di Stato.

 

L’articolo in esame si basa sugli attuali orientamenti assunti dall’Unione Europea, che, in considerazione degli effetti dell’emergenza in corso, consentono un più ampio intervento da parte degli Stati membri al fine di salvaguardare le imprese da una potenziale e grave crisi di liquidità.

In particolare, il 19 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione COM (2020) 1863 final Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak” (cd. Temporary Framework): un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all'economia nel contesto della pandemia di COVID-19, in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato.

Per approfondimenti ed aggiornamenti sul quadro temporaneo degli aiuti di Stato predisposto dalla Commissione europea per far fronte all’emergenza COVID-19, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il regime di aiuto previsto dall’articolo in commento è stato approvato dalla Commissione europea in data 14 aprile 2020 (SA56963).

 

Il comma 1-bis, introdotto in sede referente, prevede che le garanzie disciplinate dall’articolo in esame si applichino, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate, dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, dalle imprese di cui al comma 1 - anche ai sensi della legge sul factoring, o cessione in blocco dei crediti d’impresa, legge 21 febbraio 1991, n. 52 - a favore di banche e intermediari finanziari, iscritti all’albo di cui all’art. 106 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993).

I limiti di importo del prestito garantito da SACE, e le percentuali di copertura della garanzia SACE, sono riferiti all’importo del corrispettivo pagato al cedente per la cessione dei crediti.

Le modalità attuative ed operative della misura, nonché ulteriori elementi e requisiti integrativi, possono essere adottate con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e finanze. La procedura per il rilascio della garanzia deve essere ulteriormente specificata sul piano procedurale da SACE.

Si valuti l’opportunità di un esplicito richiamo al rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato (anche eventualmente per relationem con il comma 12 del presente articolo), ed in particolare, al Quadro temporaneo degli aiuti di Stato della Commissione europea sul regime di aiuti ammissibili per far fronte alla pandemia da COVID. In proposito, si rammenta che il citato documento della Commissione europea richiede la previa approvazione del regime di aiuto da parte della Commissione.

 

Il comma 1-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, dispone che dalle garanzie per i finanziamenti di cui all’ articolo in esame sono in ogni caso escluse le società che controllano direttamente o indirettamente, ai sensi dell’art. 2359 cc., una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, ovvero che sono controllate direttamente o indirettamente, ai sensi del predetto articolo del codice civile, da una società residente in un Paese o un territorio non cooperativo a fini fiscali.

Per Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali si intendono le giurisdizioni individuate nell’allegato I della lista UE delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea e rivista da ultimo il 18 febbraio 2020.

 

La condizione di cui al comma in esame non si applica se la società dimostra che il soggetto non residente svolge un'attività economica effettiva, mediante l'impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Il contribuente può interpellare l'Agenzia delle Entrate, nell’esercizio del diritto di interpello riconosciuto sensi dell’art. 11, co. 1, lett. b), dello Statuto dei diritti del Contribuente (L. n. 212/2000).

Ai sensi dell’art. 2359 cc. Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Nei casi 2) e 3) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

 

Il comma 2 – modificato in sede referente - introduce una serie di condizioni per il rilascio, da parte di SACE, delle garanzie di cui ai commi 1 e 1-bis. particolare:

a)   la garanzia è rilasciata entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento di durata fino a 36 mesi (anziché 24 come invece previsto dal testo originario, prima della modifica in sede referente) (lett. a));

b)   al 31 dicembre 2019 (precedentemente quindi al diffondersi dell’epidemia COVID-19) l’impresa beneficiaria non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà come definite dalla normativa europea, e alla data del 29 febbraio 2020 non deve avere nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate, come rilevabili dal soggetto finanziatore, anziché come definite ai sensi della normativa europea. Tale modifica è stata introdotta in sede referente (lett. b)).

 

In sede referente, è stata introdotta la nuova lett. b-bis): tale disposizione interviene in via interpretativa su taluni parametri che integrano la definizione di impresa in difficoltà.

In particolare, la norma prevede che, nella definizione del rapporto debito/patrimonio netto contabile registrato negli ultimi due anni dall'impresa – il quale, ai sensi della disciplina europea (Reg. UE n. 651/2014, art. 2, punto 18, lettera e), numero 1)), deve essere superiore a 7,5 ai fini della qualificazione di «impresa in difficoltà» - devono essere inclusi, nel calcolo del patrimonio, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili e certificati nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazione, forniture e appalti, nonché le certificazioni inerenti crediti delle imprese già accertati in sede di predisposizione dei piani di rientro sanitari da parte delle regioni, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica (si richiama la disciplina contenuta nell’art. 9, comma 3-bis e 9, comma 3-ter, lettera b) ultimo periodo del D.L. n. 185/2020).

 

L’articolo 2, punto 18 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE) reca la definizione di impressa in difficoltà. In essa non è data indicazione di come trattare i crediti certificati verso la PA ai fini della determinazione della condizione patrimoniale delle imprese.

Si ricorda che i regimi di aiuto previsti dalla Comunicazione Quadro della Commissione europea sugli aiuti di Stato nell’attuale situazione epidemiologica sono preclusi alle imprese definite in difficoltà ai sensi della citata norma al 31 dicembre 2019. È in difficoltà un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:

§  nel caso di società a responsabilità limitata (diverse da PMI costituite da meno di tre anni o con determinate caratteristiche) qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;

§  nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società diverse da PMI con determinate caratteristiche, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;

§  qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;

§  qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;

§  nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:

-        il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e

-        il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.

c)   l’importo del prestito assistito da garanzia non deve essere superiore al maggiore tra i seguenti elementi:

1)   25 per cento del fatturato annuo dell'impresa relativo al 2019, come risultante dal bilancio ovvero dalla dichiarazione fiscale;

2)   il doppio dei costi del personale dell’impresa relativi al 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l’impresa non ha approvato il bilancio; qualora l’impresa abbia iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2018, si fa riferimento ai costi del personale attesi per i primi due anni di attività, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa.

 

I criteri per l’individuazione del limite di importo garantito sono indicati dal comma 3. Si fa riferimento al valore del fatturato in Italia e dei costi del personale sostenuti in Italia da parte dell’impresa ovvero su base consolidata qualora l’impresa appartenga ad un gruppo. L’impresa richiedente è tenuta a comunicare alla banca finanziatrice tale valore.

Ai fini della verifica del suddetto limite, qualora la stessa impresa sia beneficiaria di più finanziamenti assistiti dalla garanzia di cui all’articolo in commento ovvero di altra garanzia pubblica, gli importi di detti finanziamenti si cumulano. Qualora la medesima impresa, ovvero il medesimo gruppo, quando la prima è parte di un gruppo, siano beneficiari di più finanziamenti assistiti dalla garanzia di cui al comma 1, gli importi di detti finanziamenti si cumulano.

 

d)   la garanzia, in concorso paritetico e proporzionale tra garante e garantito nelle perdite per mancato rimborso del finanziamento, copre l’importo del finanziamento concesso nei limiti delle seguenti quote percentuali:

1)   90 per cento per imprese con non più di 5000 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro; per queste imprese, di minore dimensione, è prevista la procedura semplificata di rilascio delle garanzie di cui al comma 6 (vedi infra);

2)   80 per cento per imprese con valore del fatturato superiore a 1,5 miliardi e fino a 5 miliardi di euro o con più di 5000 dipendenti in Italia;

3)   70 per cento per le imprese con valore del fatturato superiore a 5 miliardi di euro.

Ai fini dell’individuazione della percentuale di copertura dell’importo del finanziamento, il comma 4 fa riferimento al valore su base consolidata del fatturato e dei costi del personale del gruppo, qualora l’impresa beneficiaria sia parte di un gruppo. L’impresa richiedente è tenuta a comunicare alla banca finanziatrice tale valore. Le percentuali indicate si applicano sull’importo residuo dovuto, in caso di ammortamento progressivo del finanziamento.

Le percentuali di copertura possono essere elevate, a determinate condizioni, con decreto ministeriale di cui al comma 8.

 

e)   le commissioni annuali di garanzia dovute dalle imprese a SACE sono le seguenti:

1)   per i finanziamenti a PMI sono corrisposti, in rapporto all’importo garantito, 25 punti base durante il primo anno, 50 punti base durante il secondo e terzo anno, 100 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno;

2)   per i finanziamenti a imprese diverse dalle PMI sono corrisposti, in rapporto all’importo garantito, 50 punti base durante il primo anno, 100 punti base durante il secondo e terzo anno, 200 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno;

 

f)    la garanzia è a prima richiesta, esplicita, irrevocabile, e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio;

 

g)   la garanzia copre nuovi finanziamenti concessi all’impresa successivamente all’entrata in vigore del decreto in esame, per capitale, interessi ed oneri accessori fino all’importo massimo garantito;

 

h)   le commissioni devono essere limitate al recupero dei costi e il costo dei finanziamenti coperti dalla garanzia deve essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti. Tale minor costo deve essere almeno uguale alla differenza tra il costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti, ed il costo effettivamente applicato all'impresa;

 

i)    l’impresa che beneficia della garanzia deve assumere l’impegno che essa, nonché ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte del medesimo gruppo cui la prima appartiene - comprese quelle soggette alla sua direzione e coordinamento, secondo la modifica apportata in sede referente - non approvi la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020.

Qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta di finanziamento, l’impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi al momento della richiesta. Tale previsione è stata inserita in sede referente.

 

l)    l’impresa che beneficia della garanzia assume l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali;

 

m)           il soggetto finanziatore deve dimostrare che ad esito del rilascio del finanziamento coperto da garanzia l’ammontare complessivo delle esposizioni nei confronti del soggetto finanziato risulta superiore all’ammontare di esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto-legge, corretto per le riduzioni delle esposizioni intervenute tra le due date in conseguenza del regolamento contrattuale stabilito tra le parti prima dell’entrata in vigore del presente decreto;

n)    il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, nonché investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, e – come specificato in sede referente - le medesime imprese si devono impegnare a non delocalizzare le produzioni.

Sempre in sede referente, sono stati introdotti quali costi ammissibili al finanziamento garantito anche i costi dei canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda.

Inoltre, è stata introdotta una norma (nuova lettera n-bis)) secondo la quale il finanziamento deve essere altresì destinato, in misura non superiore al 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale - dal 1o marzo 2020 fino al 31 dicembre 2020 - per le quali il rimborso sia reso oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID-19 o delle misure per il suo contenimento, a condizione che l'impossibilità oggettiva del rimborso sia attestata, con autocertificazione (ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000), dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.

 

Il comma 5 prevede che per obbligazioni derivanti dalle garanzie disciplinate dal comma 1 e dal nuovo comma 1-bis, SACE S.p.A. è assistita da una garanzia dello Stato, a prima richiesta esplicita, incondizionata e irrevocabile a copertura tanto del rimborso del capitale quanto del pagamento degli interessi, per le cui finalità viene istituito l’apposito Fondo a copertura presso il Ministero dell’Economia e delle finanze di cui al comma 14.

Inoltre, SACE S.p.A. svolge anche per conto del Ministero dell’economia e delle finanze le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che può altresì delegare alle banche, alle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e agli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia. SACE S.p.A. opera con la dovuta diligenza professionale.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere impartiti a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi e dei criteri e condizioni previsti dal presente articolo.

 

Quanto alle procedure di rilascio delle garanzie, è prevista una procedura semplificata per le imprese di minori dimensioni (come indicate dal comma 2, lett. d), n. 1) (comma 6). Per le imprese di maggiori dimensioni (come definite dal comma 2, lett. d), nn. 2 e 3), il rilascio della copertura è decisa con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell’istruttoria SACE (comma 7).

In particolare, il comma 6 prevede che, per il rilascio delle garanzie che coprono finanziamenti in favore di imprese con non più di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro - sulla base dei dati risultanti da bilancio ovvero di dati certificati con riferimento alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame se l’impresa non ha approvato il bilancio - si applica una procedura semplificata, come ulteriormente specificata sul piano procedurale e documentale da SACE S.p.A., fermo quanto previsto dal comma 9.

Tale procedura, applicabile dunque alle imprese di minori dimensioni di cui al comma 2, lettera d), n. 1) – per le quali è prevista una copertura del 90 percento dell’importo del finanziamento, consta dei seguenti passaggi:

a)   l’impresa interessata all’erogazione di un finanziamento garantito da SACE S.p.A. presenta a un soggetto finanziatore, che può operare ed eventualmente erogare anche in modo coordinato con altri finanziatori, la domanda di finanziamento garantito dallo Stato;

b)   in caso di esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte dei suddetti soggetti, questi ultimi trasmettono la richiesta di emissione della garanzia a SACE S.p.A., la quale esamina la richiesta stessa, verificando l’esito positivo del processo deliberativo del soggetto finanziatore ed emettendo un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia;

c)   il soggetto finanziatore procede al rilascio del finanziamento assistito dalla garanzia concessa dalla SACE S.p.A.

 

Il comma 7 dispone che, qualora l’impresa beneficiaria abbia dipendenti o fatturato superiori alle soglie indicate dal comma 6 – si tratta dunque delle imprese di cui al comma 2, lettera d), nn. 2) e 3) – il rilascio della garanzia e del corrispondente codice unico è subordinato altresì alla decisione assunta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, adottato sulla base dell’istruttoria trasmessa da SACE S.p.A.

La garanzia viene rilasciata tenendo in considerazione il ruolo che l’impresa che beneficia della garanzia svolge rispetto alle seguenti aree e profili in Italia: a) contributo allo sviluppo tecnologico; b) appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti; c) incidenza su infrastrutture critiche e strategiche; d) impatto sui livelli occupazionali e mercato del lavoro; e) peso specifico nell’ambito di una filiera produttiva strategica.

 

Il comma 8 – come sopra anticipato – dispone che con il decreto ministeriale di cui al comma 7 possono essere elevate le percentuali di copertura del finanziamento previste dal comma 2, lettera d), fino al limite di percentuale immediatamente superiore a quello ivi previsto, subordinatamente al rispetto di specifici impegni e condizioni in capo all’impresa beneficiaria indicati nella decisione, in relazione alle aree e ai profili di cui al medesimo comma 7.

Si osserva che il decreto ministeriale di cui al comma 7 – con il quale si possono elevare le percentuali di copertura – è elemento costitutivo della sola procedura per il rilascio delle garanzie alle imprese di maggiori dimensioni, come definite dal comma 2, lettera d), nn. 2) e 3). Inoltre, per le imprese di minori dimensioni, come qualificate dal comma 2, lettera d), n. 1), è già prevista la percentuale massima di copertura – il 90 percento – non potendosi pertanto rinvenire “un limite di percentuale immediatamente superiore”.

Si valuti dunque l’opportunità di esplicitare, al comma 7, che la possibilità di elevare la percentuale di copertura del finanziamento non riguarda tutte le categorie di imprese definite dal comma 2, lettera d), bensì le sole imprese di maggiori dimensioni, di cui al comma 2, lettera d), nn. 2) e 3).

 

Il comma 9, in linea con la citata Comunicazione della Commissione del 19 marzo 2020, disciplina il processo di reporting, in base al quale SACE riferisce periodicamente al Ministero dell’economia e delle finanze sul rispetto da parte dei soggetti finanziati e degli stessi soggetti finanziatori degli impegni e delle condizioni previsti ai sensi dell’articolo in esame, sulla base dei rendiconti da questi forniti.

 

Il comma 10 prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere disciplinate ulteriori modalità attuative e operative, ed eventuali elementi e requisiti integrativi, per l’esecuzione delle operazioni di cui ai commi da 1 a 9.

 

Il comma 12 subordina l’efficacia dei commi da 1 a 9 all’approvazione della Commissione Europea, ai sensi della nuova disciplina sugli aiuti di Stato.

Il regime di aiuto previsto dall’articolo in esame, come attualmente vigente, – come si è detto - è stato approvato dalla Commissione UE il 14 aprile 2020 in data 14 aprile 2020 (SA56963).

 

Viene inoltre predisposto un meccanismo di adeguamento della disciplina qui introdotta, in seguito ad eventuali modifiche del citato State aid Temporary framework stabilito dalla Commissione UE.

 

Il comma 11, segnatamente, prevede che in caso di modifiche della citata Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, condizioni e requisiti indicati ai commi da 2 a 8 possono essere conseguentemente adeguati con decreto del Ministro dell’economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

 

Il comma 13 dispone che - nel rispetto del limite complessivo massimo autorizzato dal comma 1 -, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze può essere concessa, in conformità alla normativa dell’Unione europea, la garanzia dello Stato su esposizioni assunte o da assumere da Cassa depositi e prestiti S.p.A. entro il 31 dicembre 2020.

Si tratta delle esposizioni di CDP derivanti da garanzie, anche nella forma di garanzie di prima perdita, su portafogli di finanziamenti - concessi, in qualsiasi forma, da banche e da altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia alle imprese con sede in Italia che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa dell’emergenza epidemiologica da “COVID-19” – che prevedano modalità tali da assicurare la concessione da parte dei soggetti finanziatori di nuovi finanziamenti in funzione dell’ammontare del capitale regolamentare liberato per effetto delle garanzie stesse.

 

La garanzia è a prima richiesta, incondizionata, esplicita, irrevocabile, e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio.

 

Il comma 14, modificato in sede referente, contiene la previsione di copertura degli oneri derivante delle garanzie di cui ai commi 5 e 13 dell’articolo in esame (nonché di quelle previste dall’articolo 6, comma 14-bis del decreto-legge n. 269/2003, introdotto dall’articolo 2, comma 1, lett. c), del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si fa rinvio).

La norma istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione iniziale di 1.000 milioni di euro.

Al relativo onere, pari a 1.000 milioni di euro per l’anno 2020, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, per un corrispondente importo, delle risorse presenti sulla contabilità speciale di cui all’articolo 37, comma 6 del D.L. n. 66 del 2014 (conv. con L. n. 89 del 2014), che ha istituito un Fondo di riserva per le garanzie concesse dallo Stato.

Per la gestione del Fondo è autorizzata l’apertura di un apposito conto di tesoreria centrale, che, secondo quanto specificato in sede referente, è intestato a SACE SPA. Sul conto sono versate commissioni annuali di garanzia dovute dalle imprese a SACE incassate dalla stessa società, al netto dei costi di gestione sostenuti da questa, per le attività svolte ai sensi del presente articolo, come risultanti dalla contabilità sociale, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.

 

Con riferimento al Fondo in questione, si evidenzia che il recente D.L. n. 34/2020, all’articolo 31, comma 1, ne opera un rifinanziamento, di 30.000 milioni di euro per l’anno 2020, destinando quota parte di tale importo, pari a 1.700 milioni di euro, alla sezione speciale, istituita dall’articolo 35, comma 5 del medesimo D.L., per le garanzie rilasciate dalla stessa SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito.

 

 

Nel corso dell’esame in sede referente, sono stati introdotti cinque nuovi commi, da 14-bis a 14- sexies.

Il comma 14-bis, al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese indicate al comma 1, dispone che SACE S.p.A. conceda, fino al 31 dicembre 2020, garanzie - in conformità alla normativa dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato e nel rispetto dei criteri e delle condizioni previste nel presente articolo - in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle suddette imprese a cui sia attribuito un rating almeno pari a BB- o equivalente.

La predetta valutazione deve essere attribuita da parte di una primaria agenzia di rating.

Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi del comma 14-bis, unitamente a quelli assunti ai sensi del comma 1, non devono superare l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

Si valuti l’opportunità di operare un coordinamento con il comma 1, il quale dispone che gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi del medesimo comma non devono superare l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

 

Ai sensi del comma 14-ter, fermo restando quanto previsto dal comma 14-bis, qualora il rating attribuito sia inferiore a BBB, i sottoscrittori originari dei prestiti obbligazionari o dei titoli di debito si obbligano a mantenere una quota pari ad almeno il 30 per cento del valore dell'emissione per l'intera durata della stessa.

 

Ai sensi del comma 14-quater, alle garanzie SACE sulle sottoscrizioni di prestiti obbligazionari o titoli del debito di cui ai commi 14-bis e 14-ter si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative al rilascio della garanzia SACE sui finanziamenti dettate dai commi 2, 3, 4, 8, 9, 10, 11 e 12, relativi all’importo del prestito e alle modalità di calcolo della relativa garanzia, alla possibilità con decreto ministeriale di innalzare la percentuale di copertura e alla necessità di una previa autorizzazione della Commissione UE.

Viene richiamato, in particolare, il comma 2, lettera b), il quale esclude dalla garanzia SACE le imprese che al 31 dicembre 2019 rientravano nella categoria di imprese in difficoltà ai sensi della disciplina europea e le imprese che, alla data del 29 febbraio 2020, avevano esposizioni deteriorate presso il sistema bancario.

In proposito, il comma in esame dispone che - nel caso di emissioni obbligazionarie organizzate da soggetti diversi da banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali o altri soggetti abilitati all'esercizio del credito - l'impresa emittente fornisce a SACE S.p.A. una certificazione che attesta che, alla data del 29 febbraio 2020, la stessa non risultava presente tra le esposizioni deteriorate presso il sistema bancario.

Con riferimento agli obblighi di rendicontazione (previsti dal comma 9), il comma in esame prevede che i sottoscrittori dei prestiti obbligazionari o dei titoli di debito nominino un rappresentante comune che fornisce un rendiconto periodico a SACE S.p.A., con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest'ultima indicati, al fine di riscontrare il rispetto da parte dell'impresa emittente e dei sottoscrittori degli impegni e delle condizioni previsti.

 

Il comma 14-quinquies dispone che alle obbligazioni di SACE S.p.A., derivanti dalle garanzie disciplinate dall’articolo in esame è accordata di diritto la garanzia dello Stato, a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività è registrata da SACE S.p.A., in gestione separata. La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie.

SACE S.p.A. inoltre svolge, anche per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, le attività relative all'escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che può delegare alle banche, alle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e agli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia.

SACE S.p.A. opera con la dovuta diligenza professionale.

Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell'attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell'escussione della garanzia dello Stato, del rispetto di quanto previsto dall’articolo.

 

Infine, il comma 14-sexies subordina alla decisione del Ministro dell'economia e delle finanze, assunta con decreto, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il rilascio delle garanzie di cui ai precedenti commi 14-bis e 14-ter da parte di SACE S.p.A., con emissione del corrispondente codice unico identificativo, nel caso di emissione di importo uguale o superiore a euro 100 milioni, ovvero nel caso in cui è richiesto l'incremento della percentuale di copertura.

L’istruttoria ai fini della decisione ministeriale è condotta da SACE.

La decisione è adottata tenendo anche in considerazione il ruolo che l'impresa emittente svolge rispetto alle seguenti aree e profili in Italia:

a)   contributo allo sviluppo tecnologico;

b)   appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti;

c)   incidenza su infrastrutture critiche e strategiche;

d)   impatto sui livelli occupazionali e sul mercato del lavoro;

e)    rilevanza specifica nell'ambito di una filiera produttiva strategica.

Per una ricostruzione dei compiti e delle funzioni di SACE S.p.A., nonché per l’ulteriore estensione degli stessi compiti, si rinvia al commento relativo all’articolo 2 del provvedimento in esame.


 

Articolo 1-bis
(Dichiarazione sostitutiva per le richieste di nuovi finanziamenti)

 

 

L’articolo 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, prevede che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all’articolo 1 del decreto legge in esame, siano integrate da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445/2000 (comma 1).

Il contenuto di tale dichiarazione viene dettagliato anche con riferimento a requisiti richiesti dalla legislazione antimafia e dalla normativa in materia di repressione dell’evasione fiscale (comma 2). Ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, si fa altresì rinvio alla stipula di un apposito protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’interno, il MEF e SACE S.p.A. (comma 4).

Fermi restando gli obblighi di segnalazione previsti dalla normativa antiriciclaggio, per la verifica degli elementi attestati dalla dichiarazione sostitutiva, il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato. Tale disposizione si applica anche alle dichiarazioni sostitutive allegate alle richieste di finanziamento garantite dal Fondo di garanzia per le PMI ai sensi dell’articolo 13 (comma 5).

Le disposizioni dell’articolo in esame si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti che svolgono, anche in forma associata, un’attività professionale autonoma (comma 6).

 

 

Si segnala preliminarmente che a seguito del rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio volta a precisare, al comma 4, che dall’attuazione del medesimo comma, che prevede la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra i Ministeri dell’interno e dell’economia e delle finanze e la SACE Spa, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, effettuati ai sensi dell’articolo 1 (si rinvia all’apposita scheda di lettura), devono essere integrate da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 445/2000.

 

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, a sua diretta conoscenza che non siano certificabili da parte di una pubblica amministrazione.

Ai sensi dell’art. 47 del testo unico in materia di documentazione amministrativa (DPR 445/2000) con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati:

§  stati, fatti e qualità personali a diretta conoscenza dell’interessato;

§  stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui si abbia diretta conoscenza, con dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante. Tale principio risponde ad esigenze di certezza del diritto e di rispetto della privacy;

§  fatti, qualità personali e stati a conoscenza del diretto interessato, non compresi nell’elenco dei dati autocertificabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione (disciplinata dall’art. 46 del Testo unico);

§  lo smarrimento di documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali dell’interessato, ai fini del rilascio dei duplicati di documenti, nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

L’atto deve essere sottoscritto con firma autenticata (articolo 47 del Testo unico).

 

L’art. 2 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 chiarisce che le dichiarazioni sostitutive riguardando "la produzione di atti e documenti agli organi della P.A. nonché ai gestori di pubblici servizi nei rapporti tra loro e in quelli con l'utenza, e ai privati che vi consentono". Pertanto possono essere utilizzate nei rapporti con la PA e con i concessionari e i gestori di pubblici servizi. Non possono invece essere utilizzate nei rapporti tra i privati, salvo che gli stessi non vi acconsentano. Pertanto, nella nuova fattispecie prevista dalla disposizione in commento la dichiarazione sostitutiva è introdotta per legge nei rapporti tra privati. 

 

Nei rapporti tra privati che vi consentano, l’art. 2 della L. 340/2000 prevede che l'amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta del soggetto privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta, anche attraverso l'uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi.

Sulla materia delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e di notorietà di cui agli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, si segnala peraltro che il D.L. 34 del 2020 ha introdotto alcune disposizioni generali, che ampliano fino al 31 dicembre 2020 la possibilità per cittadini ed imprese di utilizzare le dichiarazioni sostitutive per comprovare tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti a corredo delle istanze, anche in deroga alla legislazione vigente in materia. Tale decreto dispone inoltre, con modifiche del Testo unico, un incremento dei controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed un inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci (art. 264, co. 1, lett. a) e co. 2, lett. a)).

 

Il titolare o il legale rappresentante dell’impresa, segnatamente, dichiara, sotto la propria responsabilità:

a) che l’attività d’impresa è stata limitata o interrotta dall’emergenza epidemiologica COVID-19 o dagli effetti derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una situazione di continuità aziendale;

b) che i dati aziendali forniti su richiesta dell’intermediario finanziario sono veritieri e completi;

c) che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera n), il finanziamento coperto dalla garanzia è richiesto per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che sono localizzati in Italia;

 

L’articolo 1, comma 2, lett. n) del decreto legge in esame precisa come il finanziamento coperto dalla garanzia debba essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.

 

d) che è consapevole che i finanziamenti saranno accreditati esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati;

e) che il titolare o il legale rappresentante istante, nonché i soggetti indicati all’articolo 85, commi 1 e 2, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159/2011, non si trovano nelle condizioni ostative previste dall’articolo 67 del medesimo codice;

L'art. 85 individua i soggetti che, nell'ambito delle società, sono sottoposti alle verifiche antimafia. Per quanto riguarda le ditte individuali (comma 1), si tratta del titolare e del direttore tecnico, ove previsto, mentre per le associazioni, le società, i consorzi e i raggruppamenti temporanei di imprese, oltre al direttore tecnico, se previsto, la documentazione antimafia deve riferirsi ai soggetti che dispongono di poteri decisionali, gestionali o di rappresentanza analiticamente indicati al comma 2. L'applicazione, a carico di tali soggetti, di una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II del medesimo codice (ovvero sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) comporta, ai sensi del citato art. 67, taluni effetti ostativi nei rapporti con la p.a., riguardanti, tra gli altri, l’ottenimento di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali (comma 1, lett. g)).

 

f) che nei confronti del titolare o del legale rappresentante non è intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni (di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 74/2000).

 

L’articolo 12, comma 2, del D.Lgs. n. 74/2000 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) dispone che la condanna per delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articoli 2, 3 e 8 dello stesso D.Lgs.) importa altresì l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni. La medesima disposizione escludeva l’applicazione della pena accessoria qualora ricorressero le circostanze previste dagli articoli 2, comma 3 (ammontare inferiore ad una certa soglia degli elementi passivi fittizi), e 8, comma 3 (importo non rispondente al vero indicato nelle fatture inferiore ad una determinata soglia). Tuttavia tali disposizioni risultano abrogate, per cui l’applicazione della pena accessoria di cui all’articolo 12, comma 2, non sembra prevedere eccezioni.

 

Il comma 2 prevede che, non appena ricevuta l’autodichiarazione, il soggetto al quale è chiesto il finanziamento la trasmette tempestivamente a SACE S.p.A.

 

Il comma 3 dispone che l’operatività sul conto corrente dedicato di cui al comma 1, lettera d), sia condizionata dall’indicazione nella causale del pagamento della locuzione: «sostegno ai sensi del decreto-legge n. 23 del 2020 ».

 

In base al comma 4, per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’interno, il MEF e SACE S.p.A. sono disciplinati i controlli di cui al libro II del codice di cui al decreto legislativo n. 159/2011, anche attraverso procedure semplificate. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il Libro II del codice antimafia (d.lgs. 159/2011) prevede un sistema di documentazione antimafia volto a impedire l’accesso a finanziamenti pubblici e la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni da parte di imprese e soggetti privati su cui grava il sospetto di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Il sistema è incentrato intorno all'art. 67, il quale dispone che l'applicazione, con provvedimento definitivo, di una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo II, capo II del codice (ovvero sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) comporta la decadenza di diritto da licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni rilasciate da soggetti pubblici, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. La conoscenza di tali situazioni si esplica attraverso la documentazione antimafia di cui all'art. 84 del codice, la quale comprende: la comunicazione antimafia, che consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67; l'informazione antimafia, che, oltre ad attestare la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 come la comunicazione, è volta altresì ad attestare la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di società o imprese. L'informazione viene richiesta prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, il cui valore sia: pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture; superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; superiore a 150.000 euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici hanno l'obbligo, a norma dell'art. 83 del codice, di acquisire tale documentazione attraverso la consultazione della banca dati nazionale o, in taluni casi, tramite richiesta alla prefettura territorialmente competente prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67. Nei casi di urgenza ed esclusi i casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita autodichiarazione con la quale l'interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 (art. 89 del codice).

 

Il comma 5 prevede che, fermi restando gli obblighi di segnalazione previsti dalla normativa antiriciclaggio, per la verifica degli elementi attestati dalla dichiarazione sostitutiva prevista dal presente articolo il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato.

 

Preso atto che i soggetti che erogano il finanziamento operano solo un controllo formale sulle dichiarazioni sostitutive (da inviare tempestivamente a SACE s.p.a.) e che si rinvia ad un protocollo ad hoc per la definizione dei controlli antimafia, andrebbe valutata l’opportunità di precisare a quale organo spetta l’attività di controllo rispetto alle dichiarazioni rilasciate dal privato, tenuto conto di quanto previsto dal DPR 445/2000.

 

Si precisa che le disposizioni del comma 5 si applicano anche alle dichiarazioni sostitutive allegate alle richieste di finanziamento garantite dal Fondi di garanzia per le PMI ai sensi dell’articolo 13 (si rinvia alla relativa scheda di lettura).

 

Il comma 6 prevede che le disposizioni dell’articolo in esame si applicano, in quanto compatibili, ai soggetti che svolgono, anche in forma associata, un’attività professionale autonoma.

 


 

Articolo 1-ter
(Semplificazione delle procedure di liquidazione
degli aiuti alla pesca)

 

 

Nel corso dell’esame presso le Commissioni di merito è stato inserito l’articolo 1-ter recante norme per la semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca.

In particolare, il comma 1 stabilisce che devono essere concluse le istruttorie per l’erogazione degli aiuti relativi al fermo pesca per gli anni 2017, 2018, e 2019 entro i seguenti termini, decorrenti entrambi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame:

§  per gli anni 2017 e 2018, entro quindici giorni;

§  per l’anno 2019, entro novanta giorni.

 

La disposizione fa riferimento a quanto previsto nell’articolo 33, paragrafo 1, lettera c) del regolamento (UE) n.508/2014 in base al quale il Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca (FEAMP) può sostenere le misure per l'arresto temporaneo delle attività di pesca quando esso  sia previsto in un piano di gestione o in un piano pluriennale e laddove, in base ai pareri scientifici, è necessaria una riduzione dello sforzo di pesca  al fine di realizzare gli obiettivi di ripopolazione delle specie ittiche (lett. c).

Ai sensi del paragrafo 2, il sostegno può essere concesso per una durata massima di sei mesi per peschereccio, nel corso del periodo dal 2014 al 2020 e può essere concesso solo:

a)    ai proprietari di pescherecci dell'Unione registrati come in attività e che hanno praticato la pesca in mare per almeno 120 giorni nel corso dei due anni civili precedenti la data di presentazione della domanda di sostegno; o

b)   ai pescatori che hanno lavorato in mare a bordo di un peschereccio dell'Unione interessato dall'arresto temporaneo per almeno 120 giorni nel corso dei due anni civili precedenti la data di presentazione della domanda di sostegno.

Con Decreto n. 8146 dell’8 maggio 2020 è stata approvata la graduatoria parziale dei soggetti ammessi all’aiuto pubblico di cui alla Misura 1.33 Arresto temporaneo delle attività di pesca pubblico per il fermo biologico anno 2018. Con tale provvedimento si è disposto l’impegno complessivo di 4.652.074,00 euro di cui 2.326.037,00 in conto capitale ed 2.326.037,00 in conto capitale nazionale, quale aiuto pubblico di cui all’art. 1 del Decreto Direttoriale n. 6756 del 17 aprile 2019, a valere sui fondi di cui al Reg. (CE) 508/2014 – FEAMP – Misura 1.33 Arresto temporaneo delle attività di pesca, per il pagamento in favore dei soggetti beneficiari di cui alla graduatoria allegata al presente decreto.

 

In base a quanto stabilito dal comma 2, il beneficiario che risulta nella graduatoria del provvedimento adottato dal Dicastero delle politiche agricolo ha diritto a ricevere la liquidazione dell'aiuto ricorrendo al sistema bancario. L’inserimento nel provvedimento - come recita la norma- già presuppone che siano stati effettuati gli accertamenti necessari in ordine alla sussistenza del diritto. È a carico del beneficiario il pagamento delle spese e degli oneri relativi all'erogazione della somma.

 

Il comma 3 dispone, poi, che, devono essere concluse, entro sessanta giorni dalla presentazione delle domande, le procedure di erogazione delle indennità per le giornate di sospensione delle attività di pesca causate dall'emergenza COVID-19 per l'annualità 2020.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 78, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020, c.d. decreto-legge Cura Italia, ha istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dotandolo di risorse finanziarie pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020, destinato, tra l’altro, a sostenere  la sospensione dell’attività economica delle imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura Per l’individuazione delle modalità applicative della disposizione in esame si rinvia all’emanazione di uno o più decreti che dovranno essere emanati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 


 

Articolo 2
(
Misure per il sostegno all’esportazione, all’internazionalizzazione
e agli investimenti delle imprese
)

 

 

L’articolo 2 riforma il sistema della garanzia dello Stato sugli impegni assicurativi assunti da SACE, intervenendo sui compiti della stessa Società, che vengono estesi e potenziati. A tale ultimo riguardo, si prevede, in primo luogo, che SACE S.p.A. favorisca l’internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l’economia italiana, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l’Italia. In sede referente, è stata introdotta la precisazione che, ai fini dell'internazionalizzazione, sono da considerare strategici la filiera agricola nazionale, anche i settori del turismo e dell'agroalimentare italiano, il settore del tessile, della moda e degli accessori, le fiere, lo sviluppo di piattaforme per la vendita online dei prodotti del made in Italy, i congressi, le camere di commercio italiane all'estero, e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare (comma 1, lett. a)).

Si introduce - a decorrere dal 1° gennaio 2021 - un nuovo sistema di coassicurazione per i rischi non di mercato, in base al quale gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di SACE S.p.a. sono assunti dallo Stato e da SACE S.p.A. in una proporzione pari, rispettivamente, al 90 e al 10 per cento. Si demanda alla legge di bilancio la definizione dei limiti cumulati all’assunzione di impegni da parte di SACE S.p.A. e Stato, sulla base del piano annuale di attività deliberato dal Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione. Al Comitato, istituito presso il MEF, è attribuito, tra l’altro, il compito di deliberare il sistema dei limiti di rischio (Risk Appetite Framework). I rapporti tra il MEF e SACE S.p.A. sono regolati con convenzione (comma 1, lett. b) e comma 10). Nello stato di previsione del MEF, a decorrere dall’anno 2020 è istituito un Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato (comma 1, lett. b) e comma 3).

Viene poi introdotta una nuova forma di operatività di SACE a finalità di sostegno e rilancio dell’economia. In particolare, la Società è autorizzata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa UE, garanzie in qualsiasi forma in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti in qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro. Sugli impegni assunti da SACE opera la garanzia statale (comma 1, lett. c)).

In ragione della riforma del sistema di coassicurazione, l’articolo prevede che gli impegni e le operazioni deliberate da SACE S.p.A., nonché le garanzie rilasciate dallo Stato, prima del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del D.L.), restano regolati dalle norme allora vigenti (comma 2). Gli impegni assunti e le operazioni deliberate da SACE, nonché le garanzie statali rilasciate dallo Stato nel periodo tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020, restano regolate dalle norme e dalle convenzioni vigenti alla data del 7 aprile 2020, fatte salve talune disposizioni speciali (comma 3). Vengono in particolare ammesse ex lege alla garanzia di SACE talune operazioni nel settore crocieristico già autorizzate o ammissibili, e ulteriori operazioni già ammissibili alla garanzia dello Stato ai sensi dell’articolo 53 del D.L. n. 18/2020, che viene contestualmente e conseguentemente abrogato (commi 4 e 11).

Inoltre, il MEF viene autorizzato per l’anno 2020 a rilasciare la garanzia statale per altre operazioni di SACE nei settori crocieristico e difesa, per cui si prevede ex lege, a date condizioni, la concessione dei cd. limiti speciali, in termini di importo massimo (flusso) riassicurabile dallo Stato (comma 5).

Si prevede inoltre che, alla data del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame), sia riassicurato dallo Stato il novanta per cento degli impegni in essere a tale data assunti da SACE S.p.A., derivanti dall’attività assicurativa e di garanzia dei rischi non di mercato (comma 6 e 8). Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze può poi essere riassicurato il novanta per cento degli impegni assunti da SACE S.p.A. nel periodo intercorrente tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020, ad esclusione di quelli del settore crocieristico e della difesa, sopra indicati (comma 7 e 8).

Infine, SACE deve trasmettere al MEF entro il 19 aprile 2020, una relazione dettagliata sul capitale e la dotazione patrimoniale (comma 9).

 

In particolare, il comma 1, alla lettera a), interviene sulla mission della Società SACE. Con l’aggiunta di un ultimo periodo al comma 9 del D.L. n. 269/2003, dispone che SACE S.p.A. favorisce l’internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l’economia italiana in termini di livelli occupazionali e ricadute per il sistema economico del Paese, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l’Italia.

In sede referente, è stata introdotta la precisazione che, ai fini dell'internazionalizzazione, sono da considerare strategici la filiera agricola nazionale, anche i settori del turismo e dell'agroalimentare italiano, il settore del tessile, della moda e degli accessori, le fiere, lo sviluppo di piattaforme per la vendita online dei prodotti del made in Italy, i congressi, le camere di commercio italiane all'estero, e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare.

 

Come viene più diffusamente illustrato nel box ricostruttivo in calce alla presente scheda, l’articolo 6, comma 9 del D.L. n. 269/2003, disponeva che gli impegni assicurativi assunti da SACE a sostegno dell’internazionalizzazione - che la società è autorizzata a contrarre ai sensi degli articoli 2, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 143/1998, e ss. mod. e integrazioni -  sono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio (il limite è distinto per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi) e nel rispetto della disciplina europea sui rischi non di mercato[1]. Entro tali limiti, il MEF, di concerto con il MAECI e con il MISE, individua le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale.

Si ricorda inoltre che i commi da 9-bis a 9-octies del D.L. n. 269/2003, nella loro formulazione previgente all’intervento qui in esame, già attribuivano a SACE il compito di effettuare operazioni assicurative riguardanti settori strategici per l'economia italiana ovvero società di rilevante interesse nazionale in termini di livelli occupazionali, di entità di fatturato o di ricadute per il sistema economico produttivo del Paese, anche nell’ambito dell’attività di export banca e tali operazioni assicurative – per i rischi non di mercato - erano coperte con garanzia statale.

Con l’intervento in esame, le predette attività di SACE sembrerebbero ora - ai sensi della norma qui in esame - dover essere privilegiate da SACE nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali a sostegno dell’esportazione.

 

Il comma 1, alla lettera b), sostituisce i commi da 9-bis – a 9-octies dell’articolo 6 del D.L. n. 269/2003, al fine di prevedere che SACE S.p.A. assume gli impegni derivanti dall’attività assicurativa e di garanzia dei rischi definiti non di mercato dalla normativa europea, nella misura del 10 per cento del capitale e degli interessi di ciascun impegno, mentre il restante 90 per cento è in capo allo Stato, senza vincolo di solidarietà (nuovo comma 9-bis).

Il nuovo sistema di coassicurazione per i rischi non di mercato si applica a decorrere dal 1° gennaio 2021 (ai sensi di quanto disposto dal comma 3, terzo periodo dell’articolo in esame).

La relazione illustrativa afferma che tale intervento normativo si ispira ai modelli adottati nei principali Stati europei, sostituendo l’attuale quadro di regole vigenti, e prevedendo un sistema di coassicurazione per i rischi non di mercato, in base al quale gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di SACE S.p.a. sono assunti dallo Stato e da SACE S.p.A. in una proporzione pari rispettivamente al 90 e al 10 per cento. Infatti, afferma la relazione, negli ultimi anni sono aumentate in misura rilevante le richieste di assicurare operazioni di ammontare molto elevato o fortemente concentrate per soggetto beneficiario, per paese o per settore. Si tratta di operazioni, ritenute di interesse strategico per l’economia nazionale, ma che SACE S.p.A., pur affiancata dalla garanzia dello Stato, prevista dall’articolo 6 del decreto legge 269/2002, non è in grado di assicurare.

 

Nell’ambito di tale nuovo sistema di coassicurazione, la legge di bilancio definisce i limiti cumulati all’assunzione di impegni da parte di SACE S.p.A. e del MEF, per conto dello Stato, sulla base del piano di attività deliberato dal neo istituito Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione (cfr. nuovo comma 9-sexies) e approvato dal CIPE (nuovo comma 9-bis).

 

SACE S.p.A. rilascia le garanzie e le coperture assicurative da cui derivano gli impegni in nome proprio e per conto dello Stato.

Il rilascio di garanzie e coperture assicurative in grado di determinare elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione, rispetto al portafoglio complessivamente assicurato da SACE S.p.A. e dal MEF, è necessaria da parte di tale Amministrazione la previa autorizzazione, rilasciata con decreto del Ministro, sentito il neo istituito Comitato per il sostegno pubblico all’esportazione. Il decreto del Ministro è sottoposto al controllo preventivo di legittimità e alla registrazione della Corte dei conti (nuovi commi 9-ter e 9-octies).

 

La richiesta di indennizzo e qualsiasi comunicazione o istanza sono rivolte unicamente a SACE S.p.A. (ciò deve essere indicato nelle garanzie e coperture assicurative) (nuovo comma 9-ter).

 

Il Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione è istituito presso il Ministero dell’economia e finanze.

Esso è co-presieduto dal Direttore Generale del Tesoro o da un suo delegato e dal Direttore generale competente del MAECI. È composto da sei membri, oltre i copresidenti. I componenti, ed i rispettivi supplenti, sono nominati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base delle designazioni effettuate, rispettivamente, dal MEF, dal MAECI, dal Ministero dell’interno, dal Ministero dello sviluppo economico (MISE), dal Ministero della difesa e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAF). Ciascun componente partecipa alla riunione con diritto di voto.

Il Comitato può avvalersi dell’ausilio delle amministrazioni componenti e può richiedere pareri all’IVASS su specifiche questioni ed operazioni e il presidente può invitare alle riunioni, senza diritto di voto, rappresentanti di altri enti o istituzioni, pubblici e privati secondo le materie all’ordine del giorno.

Il funzionamento del Comitato è disciplinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le amministrazioni che compongono il Comitato.

Si osserva che non è indicata la data di adozione del Decreto ministeriale.

 

Le funzioni di segreteria del Comitato sono in capo al MEF. Ai componenti del Comitato non spettano compensi, indennità o emolumenti comunque denominati, né rimborsi (nuovo comma 9-sexies).

La formulazione originaria della disposizione – prima della sua modifica in sede referente – disponeva che la partecipazione al Comitato non dà diritto ad emolumenti e dalla sua istituzione non devono derivare nuovi o maggiori oneri.

 

Quanto alla composizione del Comitato, la relazione illustrativa evidenzia il ruolo del Ministero dell’economia e delle finanze nel nuovo modello State Account, sempre più centrale per il sostegno all’esportazione, accanto al MAECI cui sono state conferite le funzioni – già esercitate dal MISE - in materia di sostegno all’export e all’internazionalizzazione delle imprese, dal recente D.L. n. 104/2019 (L. n. 132/2019), e al MISE stesso, per mantenere un collegamento con il tessuto imprenditoriale del Paese, anche in applicazione dell’art. 12, comma 1 del D.lgs. n. 300/1999. Il Ministero della difesa partecipa in considerazione del ruolo dallo stesso ricoperto nell’ambito della stipulazione degli accordi Government to Government, anche ai sensi della L. n. 185/1990.

 

Il Comitato, su proposta di SACE S.p.A., delibera:

§  il piano annuale di attività, che definisce l’ammontare progettato di operazioni da assicurare, suddivise per aree geografiche e macro-settori, evidenziando l’importo delle operazioni da sottoporre all’autorizzazione preventiva del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché

§  il sistema dei limiti di rischio (Risk Appetite Framework - “RAF”), il quale definisce la propensione al rischio, le soglie di tolleranza, con particolare riferimento alle operazioni che possono determinare elevati rischi di concentrazione, le politiche di governo dei rischi nonché i processi di riferimento necessari per definirli e attuarli.

Il piano annuale di attività e il sistema dei limiti di rischio sono approvati, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con delibera del CIPE (nuovo comma 9-septies).

 

Il Comitato esamina ogni elemento rilevante ai fini del funzionamento del sistema di sostegno pubblico all’esportazione e all’internazionalizzazione, anche predisponendo relazioni e formulando proposte.

Il Comitato, una volta completata la procedura di nomina dei suoi componenti con decreto ministeriale del Ministro dell’economia e delle finanze, sostituisce il precedente Comitato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 13 febbraio 2015, n. 3245 e ss.mod. e int. (comma 3, secondo periodo).

 

Viene istituito - nello stato di previsione del MEF, a decorrere dall’anno 2020 - un Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato. Il Fondo è alimentato con i premi riscossi da SACE S.p.A. per conto del MEF, al netto delle commissioni trattenute dalla società (per la cui determinazione, cfr. successivo comma 9-quinquies). I premi sono quindi versati all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione alla spesa.

SACE S.p.A. gestisce il Fondo (con apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale) secondo adeguati standard prudenziali di gestione del rischio e sulla base degli indirizzi forniti dal MEF (nuovo comma 9-quater).

 

Al Fondo confluiscono anche le risorse già presenti sul Fondo a copertura delle garanzie dello Stato nei confronti delle operazioni di SACE, istituito nello stato di previsione del MEF, dal comma 9-bis dell’articolo 6, del D.L. n. 269/2003 nella sua formulazione vigente prima del D.L. in esame (comma 3, ultimo periodo).

Secondo la relazione tecnica al provvedimento, le risorse del Fondo in questione, giacenti sul conto di tesoreria centrale n. 25059 sono pari circa 1.592 milioni di euro alla data del 3 aprile 2020. Con la confluenza delle risorse dell’attuale nuovo Fondo verrà meno anche la relativa gestione a cura di Consap, che andrà ad esaurirsi con la chiusura dell’esercizio e l’approvazione dei relativi rendiconti; sul Fondo attuale grava in ogni caso l’onere dell’incarico di studio, consulenza valutazione e assistenza operativa di cui al successivo comma 10 (cfr. infra).

Sul Fondo per le garanzie statali esistente in base alla normativa previgente a quella qui introdotta, si rinvia, infra, al commento del comma 4 dell’articolo.

 

I rapporti tra il MEF e SACE S.p.A. sono regolati con convenzione, di durata decennale, approvata con delibera del CIPE su proposta del MEF, di concerto con il MAECI, e sottoposta alla registrazione della Corte dei conti (nuovo comma 9-quinquies).

La convenzione disciplina lo svolgimento da parte di SACE S.p.A. delle attività istruttorie relative agli impegni da assumere (lett. a)) e degli impegni assunti (lett. c)); le modalità di informazione preventiva al MEF e al MAECI delle deliberazioni dell’organo sociale di SACE relative agli impegni da assumere e assunti e delle altre decisioni rilevanti inerenti (lett. e)); ogni altra modalità operativa rilevante ai fini dell’assunzione e gestione degli impegni ((lett. g)). La convenzione inoltre definisce le procedure per il rilascio delle garanzie e delle coperture assicurative da parte di SACE S.p.A. quando non è prevista la previa autorizzazione del MEF ((lett. b)); le modalità di richiesta al MEF del pagamento dell’indennizzo per la quota di pertinenza e di escussione della garanzia dello Stato relativa agli impegni assunti da SACE S.p.A. e la remunerazione della garanzia stessa ((lett. d)); la trasmissione (periodica e a richiesta) di informazioni da parte della Società al neo istituito Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione (cfr. comma 9-sexies) e al CIPE, circa l’andamento delle operazioni a cui si riferiscono gli impegni assunti dallo Stato((lett. f)).

Come detto, la Convenzione disciplina anche le modalità di gestione da parte di SACE S.p.A. del Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato e degli attivi in cui sono investite le riserve tecniche, sulla base delle indicazioni del MEF (lett. h))  e le modalità di trasferimento al MEF dei premi riscossi da SACE S.p.A. per suo conto, al netto delle commissioni trattenute da SACE S.p.A., e la determinazione delle suddette commissioni (lett. i)). La convenzione disciplina anche l’eventuale definizione di un livello di patrimonializzazione minimo (lett. l)) (nuovo comma 9-quinquies).

 

Il comma 1, alla lettera c), introduce poi una nuova forma di operatività di SACE a finalità di sostegno e rilancio dell’economia.

A tal fine, integra l’articolo 6 del D.L. n. 269/2003 con un ulteriore comma 14-bis, che autorizza la Società a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell’Unione Europea, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

L'attività è svolta in regime di contabilità separata rispetto alle attività finalizzate all’internazionalizzazione del settore produttivo italiano.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.L. n. 269/2003, gli impegni assicurativi assunti da SACE a sostegno dell’internazionalizzazione, che la società è autorizzata a contrarre ai sensi degli articoli 2, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 143/1998, e ss. mod. e integrazioni (cfr. supra, box ricostruttivo), sono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio (il limite è distinto per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi) e nel rispetto della disciplina europea sui rischi non di mercato[2]. Entro tali limiti, il MEF, di concerto con il MAECI e con il MISE, individua le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale.

Per gli impegni assunti da SACE ai sensi del nuovo comma 14-bis, è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta a favore di SACE S.p.A.

Non è ammesso il ricorso diretto dei soggetti finanziatori alla garanzia dello Stato.

Si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico -  la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell’Unione europea. Con il decreto sono anche individuate le attività che SACE S.p.A. svolge per conto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Come evidenzia la relazione illustrativa al decreto legge, la disposizione in esame attribuisce a SACE S.p.A., fermo restando il ruolo, sopra descritto, di export credit agency italiana, la funzione di concedere garanzie, assistite dalla controgaranzia dello Stato, sui finanziamenti alle imprese italiane, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato relative al settore dell’esportazione.

La gestione della corrente grave crisi economica richiede infatti di ricorrere ampiamente al rilascio di garanzie statali a favore di imprese e intermediari, per contenere i danni al tessuto produttivo del Paese attraverso

(i) sostegno alla liquidità, e

(ii) copertura di rischi di mercato particolarmente significativi.

 

Ai sensi del comma 2, gli impegni assunti e le operazioni deliberate dal CDA di SACE S.p.A. nonché le garanzie rilasciate dallo Stato prima del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), anteriormente alla riforma introdotta dal comma 1, lettera b) dell’articolo in esame, adottati sulla base delle norme ad essa previgenti, restano da tali norme regolate, fatte salve le disposizioni speciali previste ai successivi commi da 4 a 6 (cfr. infra).

 

Ai sensi del comma 3, gli impegni assunti e le operazioni deliberate dal CDA di SACE, nonché le garanzie statali rilasciate dallo Stato nel periodo intercorrente tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020, restano regolate dalle norme e dalle convenzioni vigenti alla data del 7 aprile 2020, fatte salve le disposizioni speciali di cui ai successivi commi da 4 a 7 (cfr. infra).

Non appaiono chiare le ragioni del riferimento alla data del 7 aprile 2020 al fine di identificare la disciplina transitoria applicabile a fattispecie perfezionate nel periodo dal 9 aprile 2020 al 31 dicembre 2020.

 

Con il comma 4, vengono ammesse alla garanzia di SACE, si sensi e per gli effetti del citato articolo 6, comma 9-bis del D.L. n. 269/2003, come vigente alla data del 6 aprile 2020, 13 operazioni nel settore crocieristico, specificamente indicate nella Tabella allegata al decreto-legge in esame.

Non appaiono chiare le regioni del riferimento alla data del 6 aprile 2020 al fine di identificare la disciplina applicabile alle fattispecie indicate.

Si tratta, segnatamente, di:

§  operazioni già autorizzate, ai sensi dell’articolo 2 della delibera CIPE n. 75/2019 (lett. a));

§  operazioni ammissibili alla garanzia ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della citata Delibera CIPE n. 75/2019, le cui istanze sono state già presentate da SACE S.p.A. (lett. b));

§  ulteriori operazioni deliberate da SACE S.p.A., entro la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (9 aprile 2020), fino all'importo massimo di 2,6 miliardi di euro (lett. c)).

 

Si tratta dunque, come evidenzia la relazione tecnica, di operazioni le cui istanze di garanzia già state presentate da SACE e già oggetto di positiva valutazione del CIPE o già contenute nel Piano annuale 2019, già positivamente sottoposto al CIPE ai fini dell’adozione della delibera n. 75, ovvero già ricomprese nel novero delle operazioni ammissibili alla garanzia dello Stato ai sensi dell’articolo 53 del D.L. n. 18/2020, che viene contestualmente conseguentemente abrogato dal successivo comma 11.

 

Si ricorda, in proposito, che il comma 1 dell’articolo 53 del D.L. n. 18/2020 - al fine di sostenere per l'anno 2020 il credito all'esportazione in settori interessati dall'impatto dell'emergenza sanitaria - autorizzava il MEF a rilasciare la garanzia dello Stato in favore di SACE Spa, di cui all’articolo 6, comma 9-bis, del D.L. 269/2003, per operazioni nel settore crocieristico, deliberate dalla Società entro il 17 marzo (data di entrata in vigore del D.L. n. 18), fino all’importo massimo di 2,6 miliardi di euro.

 

Di seguito, in sintesi, le operazioni di cui alle precedenti lettere da a) a c) del comma 4 (riportate in allegato e in relazione tecnica).

 

CONTROPARTE

Art. 4
D.L. n. 23/2020

OPERAZIONE

CARNIVAL

lett. a)

2019/0740/00 - Istanza 5/2019

MSC

lett. a)

2019/0686/00 - Istanza 1/2019

MSC

lett. a)

2019/0689/00 - Istanza 2/2019

MSC

lett. a)

2019/0690/00 - Istanza 3/2019

MSC

lett. a)

2019/0691/00 - Istanza 4/2019

MSC

lett. a)

2019/1039/00 - Istanza 6/2019

VIKING

lett.b)

2019/0699/00 - Istanza 7/2019

VIKING

lett. b)

2019/0700/00 - Istanza 8/2019

VIKING

lett. b)

2019/1644/00 - Istanza 9/2019

VIKING

lett. b)

2019/1645/00 - Istanza 10/2019

NCL

lett. c)

2018/0792/00 - Istanza 1/2020

NCL

lett. c)

2018/0793/00 - Istanza 2/2020

NCL

lett. c)

2018/0794/00 - Istanza 3/2020

 

Ai sensi del comma 5, il Ministro dell’economia e delle finanze, salvo quanto previsto dal comma 4, è autorizzato per l’anno 2020 a rilasciare la garanzia dello Stato in favore di SACE S.p.A. – ai sensi della disciplina vigente al 6 aprile 2020 (di cui all’art. 6, comma 9-bis, del D.L. n. 269/2003) -, con concessione del limite speciale di garanzia (indicato dall’articolo 7.8 della Convenzione approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 novembre 2014), entro i seguenti limiti:

a)   per il settore crocieristico, la garanzia dello Stato in favore di SACE S.p.A. su nuove operazioni deliberate nel corso dell’anno 2020, escluse (con esclusione di quelle già considerate alla sopra commentata lettera a) del comma 4) non può eccedere tre miliardi di euro in termini di flusso. Il totale dell’esposizione cumulata conservata da SACE S.p.A. e di quella ceduta allo Stato sul settore non può eccedere il 40 per cento dell’intero portafoglio rischi (complessivamente conservato da SACE S.p.A. e ceduto allo Stato);

b)   per il settore difesa, la garanzia dello Stato in favore di SACE S.p.A. su nuove operazioni deliberate nel corso del 2020, esclusivamente con controparte sovrana, non può eccedere cinque miliardi di euro in termini di flusso. Il totale dell’esposizione cumulata conservata da SACE S.p.A. e di quella ceduta allo Stato sul settore non può eccedere il 29 per cento dell’intero portafoglio rischi (complessivamente conservato da SACE S.p.A. e ceduto allo Stato).

La garanzia dello Stato è rilasciata, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su istanza di SACE S.p.A., previo parere dell’IVASS – espresso entro 15 giorni dalla richiesta - limitatamente alla congruità del premio riconosciuto allo Stato, nel principio della condivisione dei rischi e tenuto conto dei necessari accantonamenti prudenziali alla luce del nuovo scenario di rischiosità sistemica e di una maggiore concentrazione, a valere sulla dotazione del Fondo a copertura delle garanzie statali, di cui all’articolo 6, comma 9-bis, del D.L. n. 326/2003, vigente alla data del 6 aprile 2020.

La relazione tecnica rileva che il comma in esame, al fine di evitare il perdurare di una “gestione stralcio” sulla restante operatività 2020 della garanzia in favore di SACE Stato ex articolo 6, comma 9-bis del D.L. n. 269/2003, prevede una procedura semplificata, riducendo i tempi del passaggio in CIPE, definendo direttamente in norma le soglie per la concessione del cd. “limite speciale” ex articolo 7.8 della Convenzione MEF-SACE approvata con D.P.C.M. 20 novembre 2014, in coerenza con quelli già fissati dal CIPE negli anni precedenti in relazione a Settori o Paesi ritenuti strategici. La concessione delle singole garanzie resta subordinata al rispetto della Convenzione MEF-SACE e, soprattutto, ad una adeguata dotazione di risorse sul Fondo pubblico che fronteggia la garanzia, tento conto del nuovo scenario di rischiosità sistemica e della maggiore concentrazione.

 

Si ricorda che l’articolo 6, comma 9-bis del D.L. n. 269/2003 – nella sua formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del D.L. in esame – prevede la garanzia statale per rischi non di mercato a favore di operazioni di SACE riguardanti settori strategici per l'economia italiana ovvero riguardanti società di rilevante interesse nazionale[3].

La garanzia dello Stato così prevista opera a copertura di eventuali perdite eccedenti determinate soglie e fino ad un ammontare massimo di capacità, compatibile con i limiti globali degli impegni assumibili in garanzia.

A tali fini, il comma 9-bis, come anche sopra accennato, ha istituito - nello stato di previsione del MEF - un Fondo a copertura delle garanzie dello Stato. La gestione del Fondo è stata affidata alla Consap S.p.A.

L’articolo in esame, riformando integramente il sistema delle garanzie statali, prevede l’istituzione di un nuovo Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato gestito da SACE nel quale confluiscono anche le risorse già presenti sul primo Fondo sopra commentato.

Il comma 9-ter – nella sua formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del D.L. in esame – ha demandato ad una convenzione, stipulata tra MEF e SACE, approvata con D.P.C.M. la disciplina dell'attività assicurativa per rischi non di mercato esercitata da SACE per l’internazionalizzazione (ai sensi del comma 9 e del predetto 9-bis), e specificamente il funzionamento della garanzia, inclusi i parametri per la determinazione della concentrazione del rischio, i criteri di quantificazione del premio riconosciuto allo Stato, il livello minimo di patrimonializzazione che SACE.

Il D.P.C.M. del 19 novembre 2014 ha così individuato, ai sensi del comma 9-bis, i settori strategici per l'economia italiana e stabilito che i predetti settori possono essere modificati e/o integrati con delibere assunte CIPE; ha  definito la disciplina del Fondo; e ha istituito un Comitato di monitoraggio con compiti, tra l'altro, di analisi delle risultanze relative al portafoglio in essere di SACE S.p.A., di proposta e di controllo.

Il successivo D.P.C.M. 20 novembre 2014 ha approvato la convenzione tra MISE e MEF, prevista dal comma 9-ter.

L’articolo 7.6 della Convenzione ha previsto, da un lato, che il Comitato di monitoraggio approva le «soglie di attivazione» e determina la portata massima dell'insieme degli impegni a carico dello Stato - e, dall'altro, ha previsto la portata massima dell'esposizione a carico dello Stato. Essa non può in ogni caso superare per le variabili Settore e Paese la quota percentuale massima sul portafoglio del 70 per cento rispetto alla quota ritenuta da SACE S.p.A. e per la variabile Controparte la quota percentuale massima sul portafoglio del 100 per cento rispetto alla quota ritenuta da SACE S.p.A..

L'articolo 7.8 della Convenzione ha disposto che, qualora nel periodo annuale di validità delle «soglie di attivazione» sia esaurita la predetta portata massima rispetto a una o più delle variabili di cui all'art. 7.6, SACE S.p.A. avrà la facoltà di richiedere la convocazione straordinaria, entro trenta giorni, del Comitato di monitoraggio per sottoporre a quest'ultimo l'innalzamento della portata massima cumulata a carico dello Stato (c.d. «limite speciale») per una delle variabili indicate. L’articolo ha rimesso al Comitato di monitoraggio valuterà detta richiesta e le eventuali condizioni tecniche di rilascio.

 

Il comma 6 prevede che, alla data del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame), sia riassicurato dallo Stato il novanta per cento degli impegni in essere a tale data assunti da SACE S.p.A. derivanti dall’attività assicurativa e di garanzia dei rischi non di mercato dalla normativa dell’Unione Europea.

Contestualmente, il novanta per cento degli attivi in cui sono investite le riserve tecniche è trasferito da SACE S.p.A. al MEF. La gestione di tali attivi è affidata a SACE S.p.A. che si attiene agli indirizzi del Ministero dell’economia e delle finanze.

Entro il 9 ottobre 2020 (sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge), il MEF e SACE S.p.A. possono procedere ad una verifica della coerenza tra ammontare delle riserve tecniche trasferite e la riassicurazione dello Stato, tenuto conto dell’assenza di remunerazione di questa.

 

Sono esclusi dalla riassicurazione i rischi:

§  per i quali è già stata presentata la richiesta di indennizzo o per i quali è stata comunicata a SACE S.p.A. il verificarsi, o la minaccia che si verifichi, un evento generatore di sinistro o un rischio incombente di sinistro, nonché

§  quelli per i quali è stata rilasciata garanzia dello Stato prima del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), ovvero

§  ai sensi del comma 4 (rischi relativi al settore crocieristico)  e del comma 5 (rischi relativi al settore crocieristico e della difesa) per i quali è prevista nei citati commi una specifica disciplina.

 

Il comma 7 prevede che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possa essere riassicurato il novanta per cento degli impegni assunti da SACE S.p.A. nel periodo intercorrente tra il 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del decreto legge) e il 31 dicembre 2020, ad esclusione di quelli di cui ai citati commi 4 e 5. In tal caso è prevista una remunerazione della riassicurazione che è versata all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata al Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato.

Il decreto ministeriale approva la forma di remunerazione concordata con SACE S.p.A., sentito il neo istituito Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione.

 

Ai sensi del comma 8, ai fini del calcolo della percentuale per cui è prevista la riassicurazione ai sensi dei precedenti commi 6 e 7, si computa anche la quota degli impegni garantiti dallo Stato ai sensi dell’articolo 6, comma 9-bis, del D.L. n. 269/2003, come vigente alla data del 6 aprile 2020, in modo che per ogni impegno, esclusa la quota riassicurata da terzi, la riassicurazione sia pari al novanta per cento degli impegni assunti da SACE S.p.A.

 

Ai sensi del comma 9, entro il 19 aprile (dieci giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame), SACE S.p.A. trasmette al MEF una relazione dettagliata sul capitale e la dotazione patrimoniale, al fine della valutazione sull’impiego di tali risorse per il sostegno alle imprese.

 

Ai sensi del comma 10, ai fini della predisposizione dello schema di convenzione tra MEF e SACE, il MEF può affidare, con apposito disciplinare, a società a totale partecipazione pubblica un incarico di studio, consulenza, valutazione e assistenza.

Al relativo onere – indicato nel limite massimo di 100 mila euro per l’anno 2020 - si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2020-2022, nel programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

SACE, già Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero, è stata  trasformata in S.p.A. ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 269/2003, subentrando, a decorrere dal 1° gennaio 2004, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi in capo al predetto ente pubblico economico.

SACE è attualmente controllata da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. che ne detiene  - ai sensi del processo di riassetto delle partecipazioni pubbliche previsto dall’articolo 23-bis del D.L. n. 95/2012 - il 100% delle partecipazioni (inizialmente possedute dal MEF). Sulla governance di SACE interviene anche il Decreto legge qui in esame, all’articolo 3 (cfr. relativa scheda di lettura).

Come rilevato dalla Corte dei Conti, nell’ultima relazione sul controllo di gestione eseguito sulla Società (cfr. Delibera n. 5/2020 relativa all’anno 2018), i compiti legislativamente attribuiti a SACE sono plurimi.

In buona parte, si tratta di quelli già attribuiti al preesistente ente pubblico economico, strumentali al progresso e al consolidamento della internazionalizzazione dell’economia italiana e dei suoi operatori.

SACE, infatti, svolge le funzioni di cui agli articoli 2, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 143/1998, e ss. mod. e integrazioni[4], che consistono nell'assicurazioneriassicurazione, coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nella loro attività con l'estero o di internazionalizzazione dell'economia italiana. Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate da SACE anche a banche nazionali o estere per crediti da esse concessi ad operatori nazionali o alla controparte estera, destinati al finanziamento delle attività di internazionalizzazione, nonché per i crediti dalle stesse concessi a Stati e banche centrali destinati al rifinanziamento di debiti di tali Stati. Accordi di riassicurazione e di coassicurazione possono essere conclusi da SACE con enti o imprese italiani, autorizzati all’esercizio dell’attività assicurativa, nonché con enti od imprese esteri ed organismi internazionali.

Le funzioni suddette sono relative ad operazioni già definite dal CIPE ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3, del citato D.Lgs. n. 143/1998 e dalla disciplina dell’Unione europea in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato.

SACE inoltre rilascia garanzie e coperture assicurative per imprese estere, relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l’economia italiana sotto i profili dell’internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell’attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia, a condizioni di mercato e nel rispetto della normativa europea.

La Società può anche acquisire partecipazioni in società italiane ed estere direttamente strumentali all’esercizio dell’attività assicurativa e di garanzia o per consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati, concordando con la Società italiana per le imprese all’estero (Simest S.p.A.) l’esercizio coordinato di tale attività (cfr. art. 4, Statuto della Società). Simest è anch’essa una società del Gruppo CDP, controllata da SACE al 76%.

SACE, inoltre, svolge ulteriori eterogenee funzioni, quali assicurare i rischi derivanti da mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, promuovendo la fattorizzazione o le anticipazioni dei crediti pro-soluto (art. 9, D.L. n. 185/2008 (L. n. 2/2009)); assicurare il credito per le esportazioni a favore delle PMI nazionali (D.L. n. 78/2009 (L. n. 102/2009)). Essa inoltre può intervenire, anche attraverso l’esercizio diretto del credito, e comunque in raccordo con la capogruppo Cassa depositi e Prestiti CDP S.p.A., a supporto delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana (art. 3, D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015)).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.L. n. 269/2003, gli impegni assicurativi assunti da SACE a sostegno dell’internazionalizzazione sono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio (il limite è distinto per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi). Nel rispetto della disciplina europea sui rischi non di mercato[5] e dei limiti fissati in legge di bilancio, il MEF, di concerto con il MAECI e con il MISE, individua le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale.

Disposizioni normative successive al D.L. n. 269/2003 hanno esteso l’ambito di applicazione delle garanzie dello Stato a favore di SACE. In particolare:

§  il D.L. n. 91/2014 (L. n. 116/2014) ha introdotto all’articolo 6, D.L. n. 269 i commi 9-bis[6] e 9-ter, volti ad estendere la garanzia statale per rischi non di mercato a favore di operazioni della Società riguardanti settori strategici per l'economia italiana ovvero riguardanti società di rilevante interesse nazionale, rimettendo ad una convenzione tra MEF e SACE la disciplina dell' attività assicurativa per rischi non di mercato di cui sopra, e specificamente il funzionamento della garanzia (per un commento più diffuso di tali commi, si veda, infra, nel testo, ricostruzione normativa al comma);

§  la Legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017, art. 1, comma 267) che ha introdotto i commi da 9-quater a 9-octies, che estendono la garanzia statale agli impegni assunti da SACE - relativi alle operazioni riguardanti settori strategici per l'economia italiana, paesi strategici di destinazione ovvero società di rilevante interesse nazionale - effettuate anche nell'ambito delle operazioni di «export banca[7]» con CDP S.p.A., di cui all’art. 8 del D.L. n. 78/2010.

L’impianto di commi è stato integralmente sostituito con l’adozione di un nuovo meccanismo di coassicurazione tra SACE e Stato da parte dell’articolo qui in esame (si veda più diffusamente supra).

Si segnala che il recente D.L. n. 34/2020, articolo 35 e articolo 31, comma 1, ha ulteriormente esteso le competenze di SACE a sostegno della liquidità delle imprese nell’attuale emergenza, rispetto a quanto già disposto dall’articolo 1 del D.L. qui in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

 


 

Articolo 3
(SACE S.p.A.e Commissione di Vigilanza Cassa Depositi e Prestiti)

 

 

L'articolo 3, modificato nel corso dell’esame in sede referente, prevede innanzi tutto un accordo tra SACE S.p.A. e Cassa depositi e prestiti S.p.A. concernente le strategie industriali e commerciali al fine di massimizzare le sinergie di gruppo e aumentare l'efficacia del sistema di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio dell'economia.

Inoltre, al fine di rafforzare il ruolo strategico di SACE S.p.A. per l'attuazione delle misure di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti prevede, CDP S.p.A. concorda preventivamente con il MEF, sentito il MAECI, l'esercizio dei diritti di voto derivanti dalla partecipazione in SACE S.p.A.; per le deliberazioni di nomina degli organi sociali, il MEF agisce di concerto con il MAECI; CDP S.p.A. consulta preventivamente il MEF in merito ad operazioni di gestione della partecipazione in SACE S.p.A. diverse da quella indicata in precedenza; SACE S.p.A. non è soggetta all'attività di direzione e coordinamento di CDP S.p.A.; SACE S.p.A. consulta preventivamente il MEF in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di rilancio degli investimenti, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti; SACE S.p.A. consulta preventivamente il MEF e il MAECI in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti; SACE S.p.A., nella predisposizione del piano annuale di attività, tiene conto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese assunte dalla cabina di regia co-presieduta dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro dello sviluppo economico.

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto il comma 3-bis, ai sensi del quale la Commissione parlamentare di vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti può avvalersi, d'intesa con i Presidenti delle Camere, delle necessarie risorse strumentali a supporto delle funzioni ad essa attribuite.

 

Il comma 1 prevede un accordo tra SACE S.p.A. e Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP S.p.A.) concernente le strategie industriali e commerciali al fine di massimizzare le sinergie di gruppo e aumentare l'efficacia del sistema di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio dell'economia.

 

Si vedano i Temi dell'attività parlamentare con riguardo alle politiche e misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese.

SACE S.p.A. - Servizi assicurativi del commercio estero, ai sensi del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, è subentrata, a decorrere dal 1° gennaio 2004, in tutti i rapporti attivi e passivi intestati al preesistente ente pubblico economico, denominato “Istituto per i servizi assicurativi del commercio con l’estero”.

SACE è una società interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti che, a seguito del processo di dismissione e razionalizzazione delle partecipazioni societarie dello Stato, disposto dall’ art. 23 bis del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135, ha acquistato per intero la partecipazione azionaria già detenuta dallo Stato e per esso dal Ministero dell’economia e delle finanze.

SACE, inoltre, quale “emittente valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell’Unione europea”, rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 16 e seguenti del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39 (attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali), sicché, per i profili di interesse di tale provvedimento normativo, è qualificata come ente di interesse pubblico.

SACE esercita l’assicurazione, la riassicurazione, la coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nelle loro attività commerciali con l’estero o in quelle di internazionalizzazione dell’economia italiana.

SACE, inoltre, rilascia, a condizioni di mercato e nel rispetto della normativa comunitaria, garanzie e coperture assicurative per imprese estere, relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l’economia italiana sotto i profili dell’internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell’attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia; le medesime garanzie e assicurazioni possono costituire oggetto di rilascio anche a favore di banche nazionali ovvero a favore di altri operatori finanziari, per crediti destinati al finanziamento delle suddette attività.

La Società può, altresì, concludere accordi di riassicurazione e coassicurazione con imprese ed enti anche esteri, nonché contratti di copertura del rischio assicurativo con primari operatori del settore.

SACE, poi, assicura i rischi derivanti da mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, promuovendo la fattorizzazione o le anticipazioni dei crediti pro soluto (art. 8, decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2); assicura il credito per le esportazioni a favore delle piccole e medie imprese nazionali (decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 102); può intervenire, anche attraverso l’esercizio diretto del credito, e comunque in raccordo con la capogruppo CDP, a supporto delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana (art.3, decreto legge 24 gennaio 2015 n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015 n. 33).

Gli impegni assicurativi assunti da SACE sono garantiti dallo Stato nei limiti di approvazione della legge di bilancio e sulla scorta di una convenzione che il Ministero dell’economia e delle finanze stipula con la società (art. 6, D.L. n. 269 del 2003, L. n. 326 del 2003); successive disposizioni normative hanno esteso l’ambito di applicazione delle garanzie dello Stato (D.L. n. 91 del 2014, L. n. 116 del 2014 e legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 267).

Con riferimento alla attività di direzione e coordinamento svolta dalla controllante, ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile, va rilevato che i rapporti tra CDP e SACE sono disciplinati dal “Regolamento sull’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento delle società partecipate” che ha l’obiettivo di uniformare regole organizzative e comportamenti.

Nel corso del 2018 sono state diramate dalla controllante diverse “policy di gruppo” o linee guida ovvero piani, destinati alle società controllate e a quelle sub controllate, in materia di:

§  valutazione e politica retributiva del gruppo CDP, per la definizione delle finalità, dei principi generali e dei criteri attuativi relativi alla politica retributiva e alla valutazione delle prestazioni lavorative (data pubblicazione 6.3.2018);

§  staffing e budget dei costi del personale, per la individuazione degli strumenti necessari per la definizione dei nuovi fabbisogni di risorse, per la pianificazione dei costi del personale e per la gestione armonizzata del capitale umano (data pubblicazione 6.3.2018);

§  incentivazione MBO (management by objectives), per definire criteri e regole di funzionamento dei sistemi premianti per il personale (data pubblicazione 18.4.2018);

§  amministrazione, bilancio e segnalazioni di gruppo, con l’obiettivo di dettare regole comuni circa il governo dei processi di bilancio (data pubblicazione 28.5. 2018);

§  compliance antitrust, concernente l’insieme dei presidi da adottare per assicurare la corretta gestione del rischio in regime di libera concorrenza (data pubblicazione 7.6.2018);

§  flussi ICAAP (Internal Capital Adequacy Assessment Process), per la disciplina dei processi di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale nella quantificazione del capitale economico complessivo necessario a fronte dei rischi assunti, in termini attuali e prospettici (data pubblicazione 19.9.2018);

§  metodologia dei controlli ex L. 262/2005, con l’obiettivo di identificare le informazioni rilevanti di bilancio e con la finalità di individuare i relativi processi di gestione delle informazioni (flussi amministrativo-contabili), rischi e controlli (data pubblicazione 19.9.2018);

§  affidamento di incarichi a società di revisione e loro reti, in conformità alle norme in materia disposte dal Regolamento UE 537/2014 (data pubblicazione 4.10.2018);

§  gestione delle segnalazioni – whistleblowing, con l’obiettivo di regolamentare il processo di ricezione, analisi e trattamento delle segnalazioni ex lege 179/2017 (data pubblicazione 9.10.2018);

§  predisposizione e aggiornamento del modello di cui al d.lgs. 231/2001 (data pubblicazione 30.10.2018);

§  attività di internal audit, in ossequio agli “Standard Internazionali per la Pratica Professionale dell’internal audit” stabiliti da “The Institute of Internal Auditors” nonché ai principi contenuti nelle Istruzioni di Vigilanza emanate dalla Banca d’Italia e alle indicazioni contenute nel “Regolamento della Struttura Chief Audit Officer” di CDP (data pubblicazione 30.10.2018);

§  pianificazione e gestione degli acquisti, emanata allo scopo di favorire la definizione di processi sinergici ed efficienti, di sfruttare potenziali economie di scala, di standardizzare tipologia e qualità degli acquisti, nonché di incentivare l’utilizzo degli strumenti elenco fornitori e vendor performance (data pubblicazione 30.10.2018).

Nel corso del 2018, CDP è, inoltre, intervenuta attraverso preliminari avvisi dei propri comitati in relazione alle delibere di particolare rilievo adottate dal C.d.a. di SACE; ha, inoltre, impartito indicazioni circa la scelta dei componenti degli organi delle controllate, nonché in ordine alle modifiche statutarie da adottare.

Si veda al riguardo la Determinazione del 21 gennaio 2020, n. 5 della Corte dei conti, Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SACE S.p.A. - servizi assicurativi del commercio estero - 2018.

 

Il comma 2, in considerazione del ruolo strategico di SACE S.p.A. per l'attuazione delle misure di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti prevede, che:

a)   CDP S.p.A. concorda preventivamente con il MEF, sentito il MAECI, l'esercizio dei diritti di voto derivanti dalla partecipazione in SACE S.p.A.; per le deliberazioni di nomina degli organi sociali, il MEF agisce di concerto con il MAECI;

 

Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, l’articolo applica modelli di governance noti alle relazioni azionarie di controllo tra lo Stato (Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale), CDP S.p.A. e SACE S.p.A. Esso prevede quindi modalità di accordo, condivisione e informazione tra lo Stato e CDP S.p.A. sulle modalità di esercizio dei diritti dell’azionista da parte di quest’ultima e stabilisce rapporti diretti tra lo Stato e SACE S.p.A., funzionali al funzionamento delle misure introdotte dal decreto-legge. Tuttavia, al fine di garantire la massimizzazione delle sinergie all’interno del gruppo CDP, l’articolo prevede anche che CDP S.p.A. e SACE S.p.A. concordino, su base pattizia, le strategie industriali e commerciali, al fine di aumentare l’efficacia del sistema di sostegno all’esportazione e all’internazionalizzazione delle imprese e di rilancio dell’economia.

Si prevede inoltre che SACE S.p.A., nella predisposizione del piano annuale di attività, tiene conto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese assunte dalla cabina di regia co-presieduta dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro dello sviluppo economico.

 

b)   CDP S.p.A. consulta preventivamente il MEF in merito ad operazioni di gestione della partecipazione in SACE S.p.A. diverse da quella indicata alla lettera a);

c)   SACE S.p.A. non è soggetta all'attività di direzione e coordinamento di CDP S.p.A.;

d)   SACE S.p.A. consulta preventivamente il MEF in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di rilancio degli investimenti, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti;

e)   SACE S.p.A. consulta preventivamente il MEF e il MAECI in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti;

f)    SACE S.p.A., nella predisposizione del piano annuale di attività, tiene conto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese assunte dalla cabina di regia co-presieduta dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro dello sviluppo economico, istituita dall'articolo 14, comma 18-bis del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011).

 

L'articolo 14, comma 18-bis del D.L. n. 98/2011 ha attribuito l'esercizio dei poteri di indirizzo in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro dello sviluppo economico. Le linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese, anche per quanto riguarda la programmazione delle risorse, comprese quelle relative al Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese di cui al comma 19, sono assunte da una cabina di regia, costituita senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, copresieduta dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, per le materie di propria competenza, dal Ministro con delega al turismo e composta dal Ministro dell'economia e delle finanze, o da persona dallo stesso designata, dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, o da persona dallo stesso designata, dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dai presidenti, rispettivamente, dell'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, della Confederazione generale dell'industria italiana, di R.E.TE. Imprese Italia, di Alleanza delle Cooperative italiane e dell'Associazione bancaria italiana.

Come si evince dalla citata Determinazione n. 5/2020 della Corte dei conti, p. 25, in conformità alle linee strategiche del “Piano industriale Gruppo CDP 2016 – 2020”, che assegnano alla società il ruolo di supporto all’export e alla internazionalizzazione delle imprese italiane, in data 16 dicembre 2016 è stato approvato il piano industriale SACE 2016 – 2020, con obiettivi di medio - lungo periodo in termini di risorse mobilitate e di strumenti operativi messi a disposizione e di garanzia della sostenibilità economica e patrimoniale di SACE; in data 26 febbraio 2019 il Cda di SACE ha approvato il “piano industriale dell’export 2019 – 2021” sulla scorta dell’omologo piano approvato da CDP.

Nel 2018 SACE ha continuato a svolgere la propria attività istituzionale mobilitando risorse per euro 19.423 milioni relative principalmente a polizze credito acquirente (65,1%), garanzie finanziarie (16,7%) e credito fornitore (5,4%).

Le risorse mobilitate (misurate in termini di volumi perfezionati per quota capitale ed interessi) si riferiscono principalmente all’Unione europea (39,9%), al Medio Oriente e al nord Africa (26,9%) e ad altri paesi europei e Comunità Stati indipendenti (CSI); i settori industriali in cui si registrano i maggiori volumi perfezionati sono stati, soprattutto, il settore della Difesa (19,3%), il settore crocieristico (28,2%) e il settore infrastrutture e costruzioni (16,6%).

Gli impegni deliberati nell’esercizio hanno registrato una riduzione rispetto al precedente esercizio (16%); i premi lordi sono stati pari ad euro 727,75 milioni, con una riduzione dell’11 per cento rispetto al precedente esercizio (804,4 milioni nel 2016), di cui euro 699,60 milioni generati da lavoro diretto ed euro 28,15 milioni generati da lavoro indiretto (riassicurazione attiva). I prodotti che hanno concorso alla maggiore generazione di premi risultano essere la polizza credito acquirente (80,7%), le garanzie finanziarie (11,7%) e la polizza credito fornitore (3,4%).

I settori industriali maggiormente interessati, con riferimento ai premi, risultano essere, nell’ordine: a) crocieristico (21,4%); oil - gas (17,7%); infrastrutture e costruzioni (17,4%).

Nel 2018 è rimasta invariata la composizione dei premi lordi per operatività, confermandosi una maggiore incidenza (84,3%) dell’operatività “credito all’esportazione” rispetto alle altre.

Le aree geografiche nelle quali si sono concentrati maggiormente i premi sono l’Unione Europea (27,3%) l’Africa sub-Sahariana (19,9%), l’America (18,4%).

 

Il comma 3 prevede che restano fermi i poteri del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nei confronti di SIMEST S.p.A., ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 10, del D.L. n. 104/2019 (L. 132/2019).

 

L'articolo 2, comma 10, del D.L. n. 104/2019 ha trasferito al MAECI le funzioni – già spettanti al MISE – concernenti i rapporti con la Società SIMEST e l’esercizio delle relative funzioni di vigilanza ed indirizzo, di cui alla legge 24 aprile 1990, n. 100.

La SIMEST S.p.A. - Società italiana per le imprese all’estero - è una società finanziaria a partecipazione pubblica [con maggioranza azionaria pubblica del 76 per cento di SACE, a sua volta partecipata da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e minoritaria di importanti banche e del sistema imprenditoriale per il restante 24 per cento] creata con legge n. 100 del 24 aprile 1990, per lo sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero, con il compito di sostenere il processo di internazionalizzazione e di assistere gli imprenditori italiani nelle loro attività nei mercati stranieri.

Si veda la Determinazione del 5 dicembre 2019, n. 130 della Corte dei conti, Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SIMEST S.p.A. (esercizio finanziario 2018).

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto il comma 3-bis, ai sensi del quale la Commissione parlamentare di vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti può avvalersi, d'intesa con i Presidenti delle Camere, delle necessarie risorse strumentali a supporto delle funzioni ad essa attribuite.

Cassa Depositi e Prestiti è soggetta, per la gestione separata, alla Commissione di vigilanza prevista dall’articolo 3 del Regio Decreto n.  453 del 1913.

Si tratta di una Commissione mista, composta di quattro senatori e di quattro deputati, di tre consiglieri di Stato e di un consigliere della Corte dei conti. La Commissione è stata confermata dall’articolo 5, comma 9 del D. L. n. 269 del 2003 convertito in legge n. 326 del 24 novembre 2003 per la Gestione separata. Per il tramite di tale Commissione il Parlamento esercita il controllo sull’attività della Cassa depositi e prestiti (art. 1, legge 13 maggio 1983, n. 197).

Nell’esercizio della sulla attività, la Commissione approva i rendiconti consuntivi della Cassa e presenta al Parlamento una relazione annuale, ai sensi dell'articolo 4 del R.D. 2 gennaio 1913, n. 453, e dell'articolo 1 del R.D.L 26 gennaio 1933, n. 241, “sulla direzione morale e sulla situazione materiale” della amministrazione della Cassa e degli istituti di previdenza, in allegato alla quale sono presentati i rendiconti consuntivi. Tali relazioni sono pubblicate sui siti Internet delle Istituzioni parlamentari.

Il 12 maggio 2020 la Commissione Parlamentare ha eletto il proprio Ufficio di Presidenza per la XVIII Legislatura.

 


Capo II
Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID-19

 


Articolo 4
(Sottoscrizione contratti e comunicazioni in modo semplificato)

 

 

L'articolo 4 del decreto in esame stabilisce che, fino 31 luglio 2020 (vale a dire, fino al termine dello stato di emergenza), specifici contratti relativi alla prestazione di servizi bancari e finanziari si intendono validamente conclusi se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, laddove risultino rispettate alcune specifiche condizioni.

 

L'articolo 4 del decreto in esame stabilisce una disciplina applicabile, fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, alla conclusione dei contratti relativi a operazioni e servizi bancari e finanziari (disciplinati dall'articolo 117 del decreto legislativo n. 385 del 1993, Testo unico bancario - TUB), dei contratti di credito (125-bis del TUB), dei contratti relativi a servizi di pagamento (126-quinquies del TUB) e dei contratti relativi al servizio di trasferimento tra i conti di pagamento detenuti nella stessa valuta (126-quinquiesdecies del TUB), ferme restando le previsioni sulle tecniche di conclusione dei contratti mediante strumenti informativi o telematici, i contratti, conclusi con la clientela al dettaglio come definita dalle disposizioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.

 

Con riferimento ai tali contratti, i quali devono essere redatti, a pena di nullità, in forma scritta, l'articolo in esame stabilisce che, gli stessi si intendono validamente conclusi se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, laddove risultino rispettate alcune specifiche condizioni.

 

In particolare, viene disposto che, durante lo stato di emergenza, risultino soddisfatti i requisiti di validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici previsti dall’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale), a condizione che tali documenti mediante i quali viene espresso il consenso siano:

§  accompagnati da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente;

§  facciano riferimento ad un contratto identificabile in modo certo,

§  siano conservati insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità.

 

Viene inoltre previsto che il requisito della consegna di copia del contratto sia soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole e che l’intermediario consegni la copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza.

La direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori definisce (articolo 2) il "supporto durevole" come ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate.

 

Si prevede, infine, che il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto possa essere utilizzato dal cliente per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge.

 


 

Articolo 4-bis
(Inserimento di nuove attività nella lista dei settori a maggior rischio di infiltrazione mafiosa negli appalti di lavori).

 

 

L'articolo 4-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, è volto ad ampliare l’elenco dei settori di attività considerati a maggior rischio di infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti di lavori, individuate ai sensi dell'art. 1, comma 53, della legge n. 190 del 2012.

 

La legge n. 190 del 2012 detta una serie di disposizioni volte a prevenire le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti di lavori (art. 1, commi 52 e ss.), prevedendo l'istituzione presso le prefetture, dell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. White List). Tale lista ha lo scopo di rendere più efficaci i controlli antimafia nei confronti di operatori economici operanti in settori maggiormente esposti a rischi di infiltrazione da parte di organizzazioni criminali operanti nell'ambito degli appalti.

L’articolo in esame è volto a modificare l’elenco (di cui all’art. 1, comma 53) nel quale sono individuati i suddetti settori di attività maggiormente esposti a rischio di infiltrazioni mafiose.

In particolare:

§  sopprime le lettere a) e b) e fa confluire le attività di trasporto di materiali a discarica per conto di terzi (lettera a) e di trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi (lettera b) nella nuova categoria dei servizi ambientali (lettera i-quater);

§  introduce nuove attività a rischio, attraverso l'aggiunta di tre lettere al comma 53, che riguardano i servizi funerari e cimiteriali (lettera i-bis), la ristorazione, la gestione delle mense ed il catering (lettera i-ter) e l'ampia categoria dei servizi ambientali, la quale comprende le attività di raccolta, trasporto (sia nazionale che transfrontaliero, anche se svolto per conto di terzi), trattamento e smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento, bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti (lettera i-quater).

 

Le altre attività previste dal comma 53, che rimangono immodificate rispetto alla normativa vigente, sono le seguenti:

§  estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti (lettera c);

§  confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume (lettera d);

§  noli a freddo di macchinari (lettera e);

§  fornitura di ferro lavorato (lettera f);

§  noli a caldo (lettera g);

§  autotrasporti per conto di terzi (lettera h);

§  guardiania dei cantieri (lettera i).

Il sistema delle c.d. white list di cui all'art. 1, comma 52, della legge 190/2012 integra quanto previsto dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in tema di comunicazione e informazione antimafia; l'iscrizione nell'elenco della prefettura equivale infatti a comunicazione e informazione antimafia liberatoria.

Per le attività di cui al comma 53 essa è obbligatoriamente acquisita attraverso la consultazione, anche in via telematica, dell'elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori, istituito presso ciascuna prefettura, da parte dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici, ivi compresi gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico e i concessionari di opere pubbliche, indipendentemente dalle soglie di valore indicate nel codice antimafia. Inoltre, l'iscrizione nel suddetto elenco tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, dell'approvazione o dell'autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta (comma 52-bis).

La richiesta di iscrizione deve essere presentata alla prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede. Alla prefettura è affidato il compito di verificare periodicamente la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, di disporre la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

Ai sensi del comma 54, l'indicazione delle attività di cui al comma 53 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema alle Camere. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, il decreto può essere comunque adottato.

 

Si ricorda che al momento della creazione degli elenchi prefettizi, con il d.P.C.M 18 aprile 2013, l'iscrizione avveniva su base volontaria; il d.P.C.M 24 novembre 2016 ha reso tale iscrizione obbligatoria per le imprese che intendono partecipare a gare pubbliche e stipulare contratti e subcontratti, relativi a lavori, servizi e forniture pubblici nei settori considerati a rischio, in accoglimento di una specifica segnalazione al riguardo dell'Autorità nazionale anticorruzione (atto di segnalazione n. 1 del 21 gennaio 2015).


 

Articolo 4-ter
(Obiettivi annuali di gestione di pneumatici fuori uso)

 

 

L’articolo 4-ter, introdotto in sede referente, interviene sugli obiettivi di gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso (PFU), prevedendo che gli stessi, in ragione dell’emergenza COVID-19, per l’anno in corso siano parametrati su base biennale anziché, come previsto dalla norma vigente, su base annuale.

 

La norma in esame sottolinea che la stessa si rende necessaria alla luce della situazione emergenziale derivante dalla pandemia COVID-19 e delle misure adottate per contenerla, in quanto incidenti su attività commerciali e spostamenti delle persone.

Per tali finalità viene quindi previsto che per l’anno in corso, gli obiettivi di gestione di quantitativi di PFU su base annuale, riferiti ai quantitativi di pneumatici immessi sul mercato e destinati alla vendita nell’anno precedente, sono parametrati al biennio 2020-2021.

Conseguentemente, la verifica delle quantità di PFU gestite dai soggetti obbligati è eseguita computando gli pneumatici immessi sul mercato e destinati alla vendita nel biennio 2019-2020.

 

La disciplina di rango primario vigente in materia di pneumatici fuori uso (PFU) è contenuta nell’art. 228 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

Il comma 1 di tale articolo dispone, tra l’altro, che, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale, è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di PFU pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.

Per le finalità enunciate, la stessa disposizione (come modificata dal comma 751 della legge 145/2018) stabilisce che un quantitativo di pneumatici pari in peso a 100 equivale ad un quantitativo di pneumatici fuori uso pari in peso a 95.

Il comma 2 ha, tra l’altro, demandato ad un apposito decreto del Ministro dell'ambiente la disciplina dei tempi e delle modalità attuative dell'obbligo testé menzionato.

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. Ambiente 19 novembre 2019, n. 182 (pubblicato nella G.U. dell’8 aprile 2020), che ha sostituito e abrogato la precedente disciplina attuativa, contenuta nel D.M. 82/2011.

Si fa notare che nella nota relativa all’andamento mensile della raccolta di PFU curata da Ecopneus (che rappresenta uno dei principali soggetti collettivi che si occupa della gestione di PFU) e aggiornata al 30 aprile 2020, viene sottolineato che “durante il periodo di emergenza dovuto al Covid-19, le vendite di pneumatici hanno subito una flessione, conseguente alla riduzione dei cambi di pneumatici soprattutto su automobili e veicoli a due ruote” e che ciò ha conseguentemente determinato un “calo dei quantitativi di PFU generati dagli operatori sul territorio”.

 

 


 

Articolo 5
(
Differimento dell’entrata in vigore del Codice
della crisi d’impresa e dell’insolvenza
)

 

 

L'articolo 5 differisce al 1 settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

 

Più nel dettaglio la disposizione, intervenendo sul comma 1 dell'articolo 389 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, differisce l'entrata in vigore del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza al 1 settembre 2021. La disposizione fa salvo quanto previsto al comma 2 dell'articolo 389.

 

L'articolo 389 del decreto legislativo n. 14 del 2019 disciplina l'entrata in vigore del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza.

Ai sensi del comma 2 di tale articolo sono già in vigore dal 16 marzo 2019 (dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto legislativo n. 14 del 2019, avvenuta il 14 febbraio 2019):

§  le modifiche concernenti la competenza per materia e per territorio dei procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e le controversie che ne derivano relativi alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione, competenza che viene assegnata al tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese, individuato avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali (articolo 27, comma 1);

§  le modifiche alla disciplina dell'amministrazione straordinaria per quanto riguarda la competenza del tribunale per la dichiarazione di insolvenza e per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, richiamata ai sensi del citato articolo 27, comma 1 (articolo 350);

§  l’istituzione, presso il ministero della Giustizia, dell’albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel Codice (articolo 356);

§  la realizzazione, da parte del ministero dello Sviluppo economico, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, di un’area web riservata per le notificazioni relative alla domanda di accesso alle procedure (articolo 359);

§  le norme sulla certificazione dei debiti contributivi e per premi assicurativi da parte di INPS e INAIL (art. 363) e la certificazione dei debiti tributari da parte dell’Amministrazione finanziaria (art. 364);

§  la modifica in materia di spese di giustizia, sul recupero delle spese in caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (art. 366);

§  le nuove previsioni sugli assetti organizzativi dell'impresa, ovvero la modifica che investe l’articolo 2086 del codice civile sulla gestione dell’impresa (art. 375);

§  la disposizione sugli assetti organizzativi societari, modificativa degli articoli 2257, 2380-bis, 2409-novies, primo comma e 2475 del codice civile (art. 377);

§  le novità sulla responsabilità degli amministratori, modificative degli articoli 2476 e 2486 del codice civile (art. 378);

§  le previsioni sulla nomina degli organi di controllo, che modifica l’articolo 2477 del codice civile (art. 379);

§  le nuove garanzie in favore degli acquirenti di immobili da costruire (articoli 385-388).

 

Per le restanti disposizioni, il comma 1 dell'articolo 389 del Codice, nella sua formulazione previgente, prevedeva l'entrata in vigore trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione del decreto legislativo n. 14 del 2019 (avvenuta come ricordato il 14 febbraio 2019), ovvero il 15 agosto 2020.

 

E' opportuno ricordare, inoltre, che l'articolo 11 del decreto-legge n. 9 del 2020 ha previsto il differimento al 15 febbraio 2021 dell'entrata in vigore dei soli articoli 14 e 15 del Codice della crisi d'impresa, relativi all’obbligo di segnalazione che grava sugli organi di controllo interno e sui revisori contabili, oltre che sui creditori pubblici qualificati (il comma 1-bis introdotto dal Senato all'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020 c.d. decreto cura Italia, ha previsto l'abrogazione del decreto-legge n. 9, facendone salvi gli effetti prodotti).

 

Con riguardo alla decisione di disporre il rinvio integrale della entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza nella relazione si sottolinea come essa sia resa necessaria per una serie di ragioni.

La prima considerazione si riferisce al sistema delle c.d. misure di allerta, volte a provocare l’emersione anticipata della crisi delle imprese. "Il sistema dell’allerta, infatti, è stato concepito nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità. In una situazione in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli".

La seconda considerazione è legata più in generale alla ratio del Codice, il quale delinea un sistema finalizzato ad operare nell’ottica di un quanto più ampio possibile salvataggio delle imprese e della loro continuità, adottando lo strumento liquidatorio (quello che ancora oggi è definito fallimento) come extrema ratio, cui ricorrere in assenza di concrete alternative. "Risulta tuttavia evidente che in un ambito economico in cui potrebbe maturare una crisi degli investimenti e, in generale, delle risorse necessarie per procedere a ristrutturazioni delle imprese, il Codice finirebbe per mancare incolpevolmente il proprio traguardo".

La terza considerazione si collega alla "scarsa compatibilità tra uno strumento giuridico nuovo ed una situazione di sofferenza economica nella quale gli operatori più che mai hanno necessità di percepire una stabilità a livello normativo, e di non soffrire le incertezze collegate ad una disciplina in molti punti inedita e necessitante di un approccio innovativo".

La quarta considerazione è legata alle difficoltà che l’originaria data di entrata in vigore del Codice, collocata a metà del mese di agosto, poteva presentare sul piano applicativo "considerato che la stessa sarebbe caduta in un periodo in cui gli uffici giudiziari hanno una ridotta operatività anche nelle sezioni specializzate".

La quinta considerazione si collega alla attuazione della Direttiva UE 1023/2019 in materia di ristrutturazione preventiva delle imprese: differendo l'entrata in vigore del Codice si consente l'adeguamento delle previsioni dello stesso con l'emananda normativa di attuazione.

Per tutte le suddette ragioni - sottolinea sempre la relazione - "La data di entrata in vigore è stata ... spostata di un anno, allorquando non solo la fase peggiore della crisi si sarà auspicabilmente esaurita, ma anche saranno state attuate – a livello nazionale ed internazionale – tutte quelle misure... che appaiono necessarie perché il Codice possa operare con concrete possibilità di successo. Nel contempo tutti gli operatori avranno avuto a disposizione un anno di tempo in più per procedere all’approfondimento degli aspetti più innovativi del Codice, come eventualmente modificato dal decreto correttivo attualmente in fase finale di predisposizione".


 

Articolo 6
(Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale)

 

 

L’articolo 6 sospende dal 9 aprile (data di entrata in vigore del decreto legge in esame) al 31 dicembre 2020, gli obblighi previsti dal codice civile per le società di capitali in tema di perdita del capitale sociale, in relazione alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data del 31 dicembre. E’ inoltre specificato che per il medesimo arco temporale non operino le cause di scioglimento delle società di capitali per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale e delle cooperative per perdita del capitale.

 

 

Si segnala preliminarmente che a seguito del rinvio in Commissione è stato soppresso il nuovo comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, per recepire una condizione della Commissione Bilancio su eventuali oneri privi di idonea quantificazione e copertura.

Tale comma stabiliva che, in via eccezionale, per la chiusura dei bilanci di esercizio 2020, i costi fissi di gestione sostenuti dalle imprese, possono essere capitalizzati e ammortizzati sulla base del principio contabile OIC 24 per la valutazione delle immobilizzazioni immateriali, nello stesso periodo temporale del finanziamento ottenuto con le garanzie dello Stato di cui all’articolo 1 del provvedimento in esame.

 

Il comma 1 è articolato in funzione delle diverse regole esistenti rispettivamente per le società per azioni (artt. 2446 e 2447 c.c.) e per le società a responsabilità limitata (artt.2482-bis e ter c.c.).

 

In particolare il comma 1, primo periodo, prevede che, dal 9 aprile al 31 dicembre 2020, in relazione alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la data del 31 dicembre, non si applichino alle società per azioni:

§  le disposizioni del codice civile relative alla riduzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, che prevedono l’obbligo di riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate;

Più specificamente la disposizione in commento dispone che non si applichino i commi secondo e terzo dell’art. 2446 c.c. i quali prevedono che se entro l'esercizio successivo la perdita (di oltre un terzo del capitale) non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori. Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione.

§  le disposizioni del codice civile relative all’obbligo- in caso la perdita riducesse il capitale sociale al di sotto del minimo legale (50.000 per le Spa) - per l’assemblea di deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo.

L’articolo art. 2447 c.c. detta la disciplina in merito alla riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, prevedendo che se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo 2327 (cinquantamila euro per le Spa), gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società

 

Analogamente, in relazione al medesimo periodo, per le perdite verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la data del 31 dicembre 2020, non si applicheranno alle società a responsabilità limitata le disposizioni del codice civile:

§  relative alla riduzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite, che prevedono l’obbligo di riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate;

Più specificamente la disposizione in commento dispone che non si applichino i commi quarto, quinto e sesto dell’art. 2482-bis c.c., i quali prevedono – in caso di diminuzione del capitale di oltre un terzo in conseguenza di perdite - che se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l'assemblea per l'approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti, devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale, anche su istanza di qualsiasi interessato, provvede con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori Si applica, in quanto compatibile, l'ultimo comma dell'articolo 2446 (vedi sopra).

§  relative all’obbligo per le stesse di deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale (10.000 euro per S.r.l.);

L’art. 2482-ter c.c. contiene la disciplina della riduzione del capitale al disotto del minimo legale prevedendo che se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto della soglia minima stabilita dal numero 4) dell'articolo 2463 (diecimila euro), gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. È comunque fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società.

 

Il comma 1, secondo periodo, specifica che per il medesimo arco temporale che va dal 9 aprile al 31 dicembre 2020, non operano le cause di scioglimento:

§  delle società di capitali per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (di cui all’ art. 2484, primo comma, numero 4 c.c.)

L’articolo 2484 c.c. prevede la disciplina in materia di cause di scioglimento di tutte le società di capitali, disponendo in particolare, al comma primo. n. 4) la causa di scioglimento della la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter (vedi sopra).

§  delle cooperative per perdita di capitale sociale (art. 2545-duodecies c.c.).

L’art. 2545-duodecies c.c. prevede tra le cause di scioglimento della società cooperativa anche la perdita del capitale sociale.

 

Secondo quanto specificato nella relazione illustrativa, le disposizioni di cui all’articolo 6, mirano a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da COVID-19 e verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga gli amministratori di imprese nell’alternativa tra l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva di continuità per imprese anche performanti, ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell’articolo 2486 del codice civile. Inoltre, sempre secondo la relazione, la sospensione degli obblighi previsti dal codice civile in tema di predita del capitale sociale risponde all’esigenza di fronteggiare l’emergenza COVID-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale.

 


 

Articolo 6-bis
(
Rivalutazione dei beni settori alberghiero e termale)

 

 

L’articolo 6-bis, introdotto in sede referente alla Camera, prevede a favore di imprese ed enti operanti nei settori alberghiero e termale, che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

La norma stabilisce che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non è dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta e che il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

 

In particolare il comma 1 della disposizione stabilisce che al fine di sostenere i settori alberghiero e termale, i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) operanti in tali settori che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, possono, anche in deroga  ai criteri di valutazione degli elementi del patrimonio (articolo 2426 del codice civile) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni (Sezione II del Capo I della legge 21 novembre 2000, n. 342) ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

 

La norma si applica ai soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR: società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

La norma consente a quei soggetti che non sono soggetti ai vincoli tecnici recati dai princìpi contabili internazionali, di rivalutare i beni e le partecipazioni aziendali rilevanti anche in deroga ai vincoli giuridici disposti dall'articolo 2426 del codice civile e da altre disposizioni normative. Tali vincoli sono posti al fine di evitare che gli amministratori perseguano comportamenti opportunistici, volti ad accrescere o ridurre il patrimonio aziendale rispetto al valore che risulterebbe dall'applicazione di princìpi di valutazione convenzionalmente accettati, utilizzati per conferire omogeneità alle determinazioni quantitative d'azienda. In generale, i beni destinate a partecipare per più esercizi all'attività produttiva (immobilizzazioni) devono essere iscritti in base al costo di acquisto o di produzione, e sistematicamente ammortizzati, per cui una quota del loro valore deve essere sottratta in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione. Con riferimento alle partecipazioni in società nei confronti delle quali viene esercitata un'influenza dominate o notevole (rispettivamente controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile), in alternativa al criterio del costo, il codice consente di iscrivere le attività per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai princìpi di redazione del bilancio consolidato e dagli articoli 2423 e 2423-bis del codice civile. L'avviamento (se acquisito a titolo oneroso), i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo. Le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte all'equo valore di mercato (fair value). Le altre attività che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte in base al costo di acquisto o, in alternativa, al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 1070 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha introdotto nel decreto legislativo n. 38 del 2005 un nuovo articolo 2-bis, in base al quale i soggetti che in precedenza erano obbligatoriamente tenuti ad applicare, nella redazione dei propri bilanci, i principi contabili internazionali possono applicare tali principi in via facoltativa se non hanno titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato. Ai sensi del successivo comma 1071, questa facoltà decorre dall'esercizio precedente all'entrata in vigore della nuova norma (vale a dire, l’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2018). Per i soggetti che avessero adottato tale opzione facoltativa, tra i quali anche banche e altri intermediari vigilati, la possibilità di rivalutare i propri attivi sarebbe effettuata in deroga, oltre che all'articolo 2426 del codice civile, anche alla legislazione speciale in materia di redazione del bilancio.

 

Il comma 2 chiarisce che la rivalutazione deve essere eseguita in uno od entrambi i bilanci o rendiconti relativi ai due esercizi successivi a quello di cui al comma 1, deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

 

La norma (comma 3) stabilisce che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non è dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta. Il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, a decorrere dall'esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita.

Inoltre, il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla presente previsione normativa, con esclusione di ogni diversa utilizzazione (comma 4).

 

Il comma 5 prevede che il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalità indicate all'articolo 1, comma 701 della legge 27 dicembre 2019, n.?160.

 

Si ricorda che le imposte sostitutive disciplinate ai sensi del richiamato comma 701 possono essere versate in più rate, entro un massimo che dipende dall'importo complessivo del versamento. In particolare:

§  per importi complessivi fino a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 3 rate di pari importo. Il termine per il versamento delle rate è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute, rispettivamente, per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita e per i periodi d'imposta successivi;

§  per importi complessivi superiori a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 6 rate di pari importo. Il termine per il versamento della prima rata è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. Entro il medesimo termine, riferito ai periodi di imposta successivi, dovranno essere versate la terza e la quinta rata. La seconda rata, la quarta e la sesta rata dovranno invece essere versate entro il termine previsto per il pagamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi rispetto a quello in cui la rivalutazione è eseguita.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997 (articoli dal 17 al 23).

 

Il comma 6 disciplina il caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. La norma specifica che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione al socio di destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

 

Il comma 7 stabilisce l'applicabilità, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento a esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e dei relativi decreti attuativi (decreti del Ministro delle finanze n. 162 del 2001, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86 del 2001), nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

 

In particolare, il richiamo all'articolo 15 della legge n. 342 prevede l'applicabilità delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attività commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno consentito alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni iscritti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002 attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio era diretta l’attività dell’impresa. Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitavano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15). La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione. L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997. Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata. Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalità della norma consiste nell'escludere la possibilità che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente assoggettate all'imposizione fiscale: il medesimo articolo 13 dispone infatti che, nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non è possibile dar luogo a distribuzione di utili prima di aver reintegrato la riserva medesima. L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento). In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta. L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15. A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione. Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

 

Il comma 8 prevede che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall'articolo 14 della legge n. 342 del 2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

L’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento è vincolata una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali che può essere affrancata versando l'imposta sostitutiva sul saldo attivo cumulativo della rivalutazione.

 

Il comma 9, infine, stabilisce che nel caso in cui i soggetti individuati al comma 1 abbiano già esercitato la facoltà di cui all'articolo 1, commi 696 e seguenti della legge 27 dicembre 2019, n.?160, gli effetti della rivalutazione e dell'eventuale affrancamento del saldo attivo ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive si producono a decorrere dall'ultimo bilancio o rendiconto dell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020.

 

Si ricorda che l'articolo 1, commi 696 e seguenti della legge 27 dicembre 2019, n.?160, prevede a favore di imprese ed enti che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, in deroga alle disposizioni di legge vigenti in materia, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili. Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del 10 per cento.

 

A seguito del rinvio in Commissione, è stato introdotto il nuovo comma 9-bis, il quale reca la copertura dell’articolo in commento prevedendo che alle minori entrate valutate in 0,85 milioni di euro per il 2021, 2,59 milioni di euro per il 2022, 1,78 milioni di euro per il 2023, 1,87 milioni di euro per il 2024 e 1,81 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili.

Il fondo, istituito dall'art. 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (l. n. 190 del 2014), è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella legge di bilancio il fondo presenta una dotazione pari a circa 20,2 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022.

 


 

Articolo 7
(
Disposizioni temporanee sui principi di
redazione del bilancio
)

 

 

L’articolo 7 dispone che le società possano redigere il bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020 secondo il principio della continuità aziendale qualora sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso, anche se non ancora formalmente approvato, in data anteriore al 23 febbraio 2020; inoltre il comma 2-bis, aggiunto in sede referente, stabilisce che le società cooperative nei cui statuti è previsto lo svolgimento di assemblee separate possano convocare l’assemblea generale dei soci entro il 30 settembre 2020.

 

L’articolo in esame è volto a stabilire i criteri che le società devono seguire nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, consentendo in particolare, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuità aziendale, ai sensi dell’art. 2423-bis, primo comma, numero 1), del codice civile.

L’art. 2423-bis c.c. reca i principi per la redazione dei bilanci societari. In particolare, al primo comma, n. 1), è indicato che la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza (e quindi non contabilizzando i profitti non ancora realizzati ma iscrivendo a bilancio tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate) e nella prospettiva della continuità aziendale (e cioè sulla base del presupposto che l’azienda prosegua in condizioni normali la propria attività, in un arco temporale prossimo, senza che vi sia l’intenzione, la necessità o l’obbligo di avviarla a liquidazione).Tale norma impone dunque agli amministratori la adozione di un criterio di prudenza nella valutazione delle voci di bilancio privilegiando la prospettiva positiva che potrebbe scaturire dalla continuazione dell’attività. Il principio di continuità nella predisposizione anno dopo anno dei bilanci di esercizio, consiste nel tenere conto del funzionamento dell’azienda, ovvero applicare alle poste di bilancio valutazioni effettuate sulla previsione delle azioni future in vista del mantenimento in vita dell’azienda.

 

Nello specifico è stabilito che la valutazione delle voci di bilancio nel senso della continuità aziendale possa essere operata qualora sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, anche se lo stesso non fosse stato ancora formalmente approvato, secondo quanto previsto dal comma 2.

Secondo quanto specificato nella relazione, il decreto individua come riferimento la data del 23 febbraio 2020, in quanto le prime misure di contenimento dell’epidemia sono state adottate con il decreto-legge n. 6, emanato proprio in quella data, e pertanto si è ritenuto che i primi segnali della crisi economica avrebbero potuto iniziare a manifestarsi a partire da essa.

La norma quindi conferisce legittimità e tutela alla condotta degli amministratori che trovandosi un bilancio di esercizio 2020 con dati e valori che, in condizioni normali di mercato e dell’economia, avrebbero dovuto porre in discussione l’opportunità di prosecuzione dell’attività ed indurre di conseguenza una coerente valutazione delle poste di bilancio, a poter applicare gli stessi criteri applicati (verosimilmente di continuità) nella redazione del bilancio dell’esercizio precedente.

 

Le società possono comunque avvalersi della facoltà riconosciuta ai sensi dell’art. 106, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 27/2020, che fissa il termine entro il quale l’assemblea deve essere convocata per l’approvazione del bilancio in centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio, in luogo dei centoventi giorni previsti dagli artt. 2364, secondo comma, per le società per azioni, e 2478-bis c.c., per le società a responsabilità limitata.

 

Per consentire, anche ai fini della revisione del bilancio, una migliore comprensione del bilancio medesimo, è inoltre richiesto che la nota informativa che lo accompagna illustri, in maniera dettagliata, il criterio di valutazione adottato, anche richiamando le risultanze del bilancio precedente.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo art. 2423 del codice civile (Redazione del bilancio), gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa. I contenuti della nota integrativa sono recati dall’articolo 2427 cc.

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di fare riferimento alla citata nota integrativa (di cui all’articolo 2427 del cc) piuttosto che alla nota “informativa”.

 

La norma in esame, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, si è resa necessaria in quanto la situazione anomala che si è creata comporterebbe (ove si applicassero regole elaborate con riferimento ad un panorama fisiologico e non patologico) l’obbligo per una notevolissima quantità di imprese di redigere i bilanci dell’esercizio in corso nel 2020 secondo criteri deformati, ed in particolare senza la possibilità di adottare l’ottica della continuità aziendale, con grave ricaduta sulla valutazione di tutte le voci del bilancio medesimo.

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, apporta una modifica al citato art. 106 del decreto-legge 18/2020 in materia di svolgimento delle assemblee di società ed enti. Tale modifica è volta a consentire alle società cooperative, nel cui atto costitutivo è previsto che si tengano assemblee separate dei soci ai sensi dell'art. 2540 c.c., di convocare l'assemblea generale dei soci delegati entro il 30 settembre 2020.

La norma ha lo scopo di concedere un tempo sufficientemente ampio per la convocazione dell'assemblea generale dei soci delegati, attesa la necessità di convocare previamente le assemblee separate, in cui si eleggono i soci delegati che prenderanno parte all'assemblea generale.

 

Ai sensi dell'art. 2540 del codice civile, le società cooperative possono stabilire, nel loro atto costitutivo, che si svolgano assemblee separate dei soci su specifiche materie o assemblee che prevedano la partecipazione di determinate categorie di soci. Lo svolgimento di assemblee separate deve essere obbligatoriamente previsto qualora la società abbia più di tremila soci e l'attività si svolge in un ambito territoriale che comprende più province ovvero quando la società abbia più di cinquecento soci e si realizzino più gestioni mutualistiche. Nelle assemblee separate i soci deliberano sulle materie che saranno oggetto dell'assemblea generale ed eleggono i soci delegati che parteciperanno all'assemblea generale, nella quale verranno assunte le deliberazioni definitive sulla materia. L'atto costitutivo deve in ogni caso assicurare che le minoranze espresse dalle assemblee separate siano proporzionalmente rappresentate nell'assemblea generale.

 

 


 

Articolo 8
(Disposizioni temporanee in materia di
finanziamenti alle società)

 

 

L’articolo 8 introduce un periodo di sospensione - dal 9 aprile 2020, data di entrata in vigore del decreto legge in esame, al 31 dicembre 2020 - degli effetti delle disposizioni del codice civile relative ai finanziamenti effettuati dai soci nel suddetto arco temporale, consentendo che gli stessi possano essere sottratti al regime ordinario di postergazione.

 

In particolare la disposizione in commento, stabilisce che i finanziamenti erogati dai soci alle società dal 9 aprile 2020, data di entrata in vigore del decreto legge in esame, al 31 dicembre 2020 non sono assoggettati alla disciplina di cui agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile.

Grazie alla sospensione dell’applicazione dell’art. 2467 c.c., il rimborso del finanziamento che i soci abbiano erogato a favore della società non sarà postergato rispetto alla soddisfazione dei creditori della società; e resta fermo anche se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società. E’ altresì sospesa l’applicazione dell’art. 2497-quinquies c.c. che dispone analogamente per quanto riguarda i finanziamenti erogati a favore della società da parte di chi esercita attività di direzione o coordinamento o da altri soggetti sottoposti a tale attività, operando un rinvio al medesimo art. 2467 c.c.

 

L’articolo 2467 c.c. prevede che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

L’articolo 2497-quinquies c.c. estende la disposizione di cui all’art. 2467 anche ai finanziamenti effettuati nell’ambito dei gruppi di società e, in particolare, dei finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti.

Come specificato nella relazione illustrativa, nell’attuale situazione congiunturale, l’applicazione dei meccanismi di cui alle norme citate risulterebbe eccessivamente disincentivante a fronte di un quadro economico che necessita invece di un maggior coinvolgimento dei soci nell’accrescimento dei flussi di finanziamento.


 

Articolo 9
(Disposizioni in materia di concordato preventivo e
di accordi di ristrutturazione)

 

 

L'articolo 9 proroga di 6 mesi i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione che abbiano già conseguito l’omologa da parte del tribunale al momento dell’emergenza epidemiologica. Le Commissioni in sede referente hanno previsto analoga proroga per gli adempimenti relativi agli accordi di composizione della crisi ed ai piani del consumatore (comma 1). Con riguardo ai procedimenti di omologa dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazioni ancora pendenti alla data del 23 febbraio 2020, invece, è riconosciuta al debitore la possibilità di ottenere dal Tribunale un nuovo termine per elaborare ex novo una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione (comma 2), ovvero di optare per la modifica unilaterale dei termini di adempimento originariamente prospettati nella proposta e nell’accordo (comma 3). Nei concordati in bianco e negli accordi di ristrutturazione dei debiti sono inoltre concesse ulteriori proroghe dei termini di deposito delle proposte, motivate espressamente con riferimento all’emergenza (commi 4 e 5); termini che, in relazione al concordato in bianco, le Commissioni in sede referente hanno ulteriormente allungato (comma 5-ter). Le stesse Commissione hanno inoltre previsto la possibilità per il debitore di rinunciare a tali procedure già avviate, sostituendole con la predisposizione di piani attestati di risanamento (comma 5-bis).

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 9 proroga di sei mesi i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione già omologati e aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021. 

Le Commissioni in sede referente hanno apportato due modifiche a questa disposizione:

§  hanno aggiunto alla proroga degli adempimenti relativi ai concordati preventivi ed agli accordi di ristrutturazione, la proroga anche degli adempimenti inerenti gli accordi di composizione della crisi ed i piani del consumatore;

 

Si tratta di due procedure disciplinate dalla legge n. 3 del 2012, relativa alla composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Gli accordi di composizione della crisi sono rivolti, principalmente, a tutti quei soggetti che hanno contratto debiti in ragione dell’attività imprenditoriale e/o professionale, ma che non hanno accesso agli istituti disciplinati dalla legge fallimentare. Con una procedura simile a quella di concordato preventivo, il debito viene rinegoziato con l’insieme dei creditori e il piano economico finanziario, che preveda modalità e scadenze per il pagamento dei debiti ed eventualmente cessione di crediti futuri, dovrà ricevere il consenso del 60% dei creditori.

I piani del consumatore sono rivolti al solo “debitore persona fisica che ha contratto debiti esclusivamente per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale”. Anche in questo caso, con l’ausilio di un professionista, il consumatore redige un piano economico finanziario per l’adempimento delle obbligazioni, che viene omologato dal giudice e che non necessità del consenso dei creditori.

 

§  hanno eliminato il riferimento agli adempimenti aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020. Conseguentemente, il comma 1 dell’art. 9 proroga di 6 mesi tutti gli adempimenti aventi scadenza successiva al 23 febbraio 2020 relativi a concordati, accordi di ristrutturazione, accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento e piani del consumatore. La disposizione è destinata dunque a introdurre a regime una proroga di 6 mesi, che varrà anche per gli adempimenti eventualmente aventi scadenza oltre la fase emergenziale. 

Andrebbe valutata l’opportunità di delimitare l’ambito temporale di applicazione con riferimento agli adempimenti oggetto di proroga.

 

Con riguardo ai procedimenti per l'omologazione dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione ancora pendenti alla data del 23 febbraio 2020, il comma 2 riconosce al debitore la possibilità di presentare, sino alla udienza per l'omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a 90 giorni, per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato (ex. art. 161 L.F.) o di un nuovo accordo di ristrutturazione (ex art. 182-bis L.F.), nei quali - come evidenzia la relazione illustrativa – “il debitore possa tenere conto dei fattori economici sopravvenuti per effetto della crisi epidemica”. Il termine decorre dalla data del provvedimento del tribunale e non è ulteriormente prorogabile, stante il carattere eccezionale del meccanismo. Nel caso del concordato preventivo tale possibilità è negata al debitore la cui originaria proposta sia già stata sottoposta al voto dei creditori senza riscuotere le necessarie maggioranze (ex art. 177 L.F.).

Nel corso dell’esame in sede referente, le Commissioni sono intervenute sul comma 2 sopprimendo, per quanto riguarda i procedimenti di concordato preventivo, il riferimento all’omologazione; tale soppressione potrebbe essere interpretata nel senso che il termine di 90 giorni per la presentazione di una nuova proposta di concordato debba essere accordato anche in relazione a concordati già omologati e non solo a quelli in corso di omologazione. Tale possibile interpretazione è però ostacolata dal restante dato testuale del comma 2 che tuttora consente al debitore di presentare istanza per la concessione del termine per la presentazione di una nuova proposta di concordato “sino all’udienza fissata per l’omologa”.

Si valuti l’opportunità di specificare, in relazione alle modifiche apportate al comma 2, se il termine di 90 giorni per la presentazione di una nuova proposta di concordato debba essere accordato anche in relazione a concordati già omologati e in tal caso si valuti l’opportunità di effettuare un coordinamento con le ulteriori disposizioni del comma 2.

 

La disposizione consente, poi al debitore già ammesso al concordato preventivo, con una proposta che ha pure già ottenuto l’approvazione in sede di adunanza dei creditori, e dunque in attesa unicamente dell’omologazione, di modificare unilateralmente i termini di pagamento previsti nel piano prorogandoli di sei mesi.

A tal fine il debitore deve depositare una memoria che deve contenere l’indicazione dei nuovi termini – non superiori di sei mesi rispetto a quelli originariamente indicati – e deve essere accompagnata dalla documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini. In presenza di tale modifica unilaterale il Tribunale può sempre procedere all’omologa subordinatamente alla verifica della persistente sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182-bis L.F., dando nel decreto di omologa espressamente atto delle nuove scadenze. Nel procedimento per omologa del concordato preventivo il tribunale deve acquisire il parere del Commissario giudiziale (comma 3).

 

Il comma 4 interviene sul c.d. concordato in bianco (o con riserva), prevedendo che l’imprenditore ammesso alla procedura, che abbia già ottenuto un termine per la presentazione di proposta, piano e documentazione (ai sensi dell’art. 161, sesto comma, LF), e che abbia già ottenuto una proroga, possa presentare istanza per ottenere un'ulteriore proroga (sino a novanta giorni) del termine già concesso ed eventualmente già prorogato, indicando gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica.

 

Si ricorda che il concordato c.d. "in bianco" o "con riserva" o "con prenotazione", consente all’imprenditore di godere immediatamente degli effetti derivanti dall’apertura della procedura concordataria, sulla base di una domanda incompleta, posticipando a una fase ulteriore, i cui termini sono dettati dal giudice e sono prorogabili in presenza di giustificati motivi, la presentazione sia del piano che della proposta di concordato. Il riferimento normativo è l’art. 161, sesto comma, della Legge fallimentare.

 

Il Tribunale acquisito il parere favorevole del commissario giudiziale, se nominato, concede la proroga quando ritiene che l'istanza si basa su concreti e giustificati motivi. La proroga può essere concessa anche in caso di pendenza di istanza di fallimento. Tale possibilità è legata - come precisa la relazione illustrativa- alla "preponderante esigenza di conferire quante più chances possibili al salvataggio dell’impresa". "Trattandosi di una mera dilatazione degli originari termini", la disposizione prevede l'applicazione dei commi settimo e ottavo dell'articolo 161 L.F.

 

In base all’art. 161, settimo e ottavo comma, LF, dunque, il debitore potrà compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili. Durante il periodo di proroga, inoltre, il debitore dovrà rispettare gli obblighi informativi periodici che gli sono stati imposti dal tribunale, sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato. Se risulta che l'attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d'ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato per la presentazione della proposta.

 

Il comma 5 reca una analoga previsione con riguardo agli accordi di ristrutturazione dei debiti, stabilendo che l'istanza di proroga può essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all'articolo 182-bis, comma settimo, L.F.

 

Si tratta del debitore che abbia ottenuto dal tribunale il termine, non superiore a 60 giorni, per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista. Per concedere tale termine e la contestuale emissione di un decreto motivato per impedire l’avvio o la prosecuzione di azioni cautelari o esecutive nei confronti del debitore stesso, il tribunale dovrà aver accertato che la documentazione già depositata è completa e che sussistono i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti e all’integrale pagamento dei creditori non aderenti.

 

Il tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall'articolo 182-bis comma settimo, primo periodo, L.F. (e dunque senza verificare la completezza della documentazione depositata e senza disporre la comunicazione ai creditori della documentazione stessa) e concede la proroga quando ritiene che l'istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all'articolo 182, primo comma, L.F.

 

Nel caso degli accordi di ristrutturazione, esigenze di celerità - rileva sempre la relazione illustrativa - "hanno suggerito di non applicare la peraltro macchinosa procedura prevista dall’articolo 182-bis, comma settimo, primo periodo, l. fall. ".

 

È opportuno rilevare che la giurisprudenza di merito (si vedano Tribunale di Forlì, decreto 10 marzo 2020 e Tribunale di Milano, decreto 19 marzo 2020 ) ha ritenuto applicabili le sospensioni dei termini e processuali previste rispettivamente dai decreti legge n. 11 e n. 18 anche alle procedure concorsuali. Con il primo provvedimento in particolare il giudice romagnolo, in applicazione del decreto legge n. 11 del 2020, ha prorogato di diritto di 14 giorni (pari all’arco temporale compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020) il termine già concesso per il deposito della proposta concordataria.

Sulla base del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. decreto legge cura Italia) il Tribunale di Milano ha ritenuto prorogato il termine per il deposito della proposta concordataria e sospesi (dal 9 marzo al 15 aprile) gli obblighi informativi periodici ex articolo 161, comma ottavo L.F. (la cui inosservanza determina l’inammissibilità della proposta e la dichiarazione di fallimento su istanza dei creditori o su richiesta del pubblico ministero).

 

Si valuti l’opportunità di chiarire - confermando quanto già previsto in via giurisprudenziale - se ai termini di presentazione del piano, a quelli intermedi riguardanti le relazioni periodiche e agli altri adempimenti che caratterizzano, in particolare, la fase di pre-concordato si applichi la sospensione processuale prevista - da ultimo - dall'articolo 36 del decreto-legge qui in conversione e se i nuovi termini di novanta giorni, per depositare la proposta o per modificare quella già presentata, previsti dalla disposizione in commento siano sospesi come quelli processuali o debbano invece decorrere anche durante la sospensione dei termini processuali.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, le Commissioni riunite hanno aggiunto all’art. 9 due ulteriori commi.

 

Il comma 5-bis consente all’imprenditore che abbia ottenuto – entro il 31 dicembre 2021 – accesso al c.d. concordato in bianco o all’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182, settimo comma, LF (v. sopra), di depositare, nei termini già fissati dal giudice, un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di aver predisposto un piano attestato di risanamento.

 

La disciplina del piano attestato di risanamento è contenuta nell’art. 67 co. 3 lett. d) della legge fallimentare, il quale prevede l’esclusione dall’azione revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore quando siano stati posti in essere in esecuzione di un piano:

§  che consenta il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa ed assicuri il riequilibrio della situazione finanziaria della stessa;

§  che sia stato validato da un professionista indipendente che abbia attestato la veridicità dei dati esposti e la relativa fattibilità.

 

Il piano dovrà essere pubblicato nel registro delle imprese e la documentazione relativa alla pubblicazione dovrà essere depositata in tribunale. Quest’ultimo dovrà verificare la completezza e la regolarità della procedura per dichiarare l’improcedibilità della procedura di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti.

 

Il comma 5-ter esclude, per le richieste di concordato in bianco presentate fino al 31 dicembre 2020, l’applicabilità del decimo comma dell’art. 161 LF. Si tratta della disposizione che, in pendenza di una istanza di fallimento, limita a 60 giorni (prorogabili di altri 60) il termine concesso dal giudice al debitore per completare la documentazione richiesta dal concordato, con il deposito della proposta.

Non applicandosi tale previsione, anche in pendenza di istanza di fallimento all’imprenditore che fa domanda di concordato in bianco il giudice potrà assegnare per il deposito della proposta un termine tra 60 e 120 giorni (prorogabile di altri 60).

 


 

Articolo 10
(Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza)

 

 

L’articolo 10 introduce una norma di carattere transitorio volta a sospendere la procedibilità delle istanze finalizzate all’apertura del fallimento e delle procedure fondate sullo stato di insolvenza, presentate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020.

 

Il comma 1 prevede l’improcedibilità dei ricorsi depositati nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, relativi a:

§  istanze per la dichiarazione di fallimento;

L’art. 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 detta la disciplina del procedimento per la dichiarazione di fallimento. L'istanza per la dichiarazione di fallimento è l'atto attraverso il quale si chiede che venga aperta la procedura fallimentare nei confronti di un imprenditore. Per presentare istanza di fallimento è necessario che sussistano determinati presupposti previsti dalla legge: presupposti soggettivi ed oggettivi. In particolare dal punto di vista soggettivo è possibile richiedere il fallimento di un imprenditore commerciale con le esclusioni previste dall'articolo 1 della legge fallimentare. dal punto di vista oggettivo è necessario che sussista il cosiddetto 'stato d'insolvenza'. L'istanza deve rivestire la forma di un ricorso e va presentata in Tribunale e, precisamente, alla sezione Fallimentare territorialmente competente con riferimento al luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale. I soggetti che possono avanzare istanza di fallimento sono (art. 6 L.F) il debitore; i creditori; il pubblico ministero. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

§  istanze per la dichiarazione dello stato di insolvenza dell'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento;

L’art. 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 disciplina il procedimento per l’accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa. In particolare si prevede che se un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell'autorità che ha la vigilanza sull'impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza. Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d'insolvenza provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo. Il tribunale provvede su istanza del commissario giudiziale alla dichiarazione d'insolvenza a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo di un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza.

§  istanze relative all’accertamento dello stato di insolvenza per le imprese soggette all'amministrazione straordinaria.

L’articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 disciplina il procedimento per l’accertamento dello stato di insolvenza per le imprese soggette all’amministrazione straordinaria, ossia (ai sensi dell’art. 2 della citata legge) imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento che hanno congiuntamente i seguenti requisiti: a) un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno; b) debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio. Qualora tali imprese si trovino in stato di insolvenza su ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero d'ufficio, il tribunale competente, dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio.

La norma non si applica, come specifica la Relazione illustrativa, alle grandi imprese definite ai sensi del decreto legge n.347 del 2003

 

La disposizione in commento si applica ai ricorsi, depositati dal 9 marzo al 30 giugno, in corso di trattazione e sempre che una pronuncia non sia stata già depositata fino all’8 aprile 2020 incluso. Nulla è tuttavia specificato circa la sorte degli eventuali fallimenti dichiarati su ricorsi depositati nei tribunali dal 9 marzo 2020 e con sentenze pubblicate fino all’entrata in vigore della norma in commento (8 aprile 2020). Andrebbe valutata l’opportunità di specificare, se la dichiarazione di improcedibilità applicandosi retroattivamente, provochi l’insorgenza di una causa di revoca dei fallimenti dichiarati.

Si ricorda peraltro che una sospensione dell’istruttoria prefallimentare a partire dal 9 marzo 2020 avrebbe potuto considerarsi già ricompresa all’interno della sospensione processuale e procedimentale disposta dall’art. 83, commi 1 e 2 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (in corso di conversione) che ha disposto dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 il rinvio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari a data successiva al 15 aprile 2020, nonché la sospensione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

Si segnala peraltro, anche in questa sede che la giurisprudenza di merito (si vedano Tribunale di Forlì, decreto 10 marzo 2020 e Tribunale di Milano, decreto 19 marzo 2020 ) ha ritenuto applicabili le sospensioni dei termini e processuali previste rispettivamente dai decreti legge n. 11 e n. 18 anche alle procedure concorsuali (si rinvia sul punto alla scheda relativa all’articolo 9).

 

Nel corso dell’esame in sede referente il comma 2 è stato modificato, nel senso di ampliare le eccezioni alla regola dell’improcedibilità dei ricorsi.

Saranno infatti procedibili:

§  i ricorsi presentati dall'imprenditore in proprio, quando l'insolvenza non è conseguenza dell'epidemia COVID-19;

§  le istanze di fallimento da chiunque formulate (cioè sia dal creditore che dal pubblico ministero) nei casi di: inammissibilità della proposta di concordato preventivo; revoca dell'ammissione al concordato nel corso della procedura; concordato respinto dal tribunale nel giudizio di omologazione.

Sono infatti richiamate dalla norma in esame, le seguenti disposizioni del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), relative al Titolo III, dedicato al Concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione: l’articolo 162, secondo comma, l’articolo 173, secondo e terzo comma, l’articolo 180, settimo comma.

L’art. 162, secondo comma, prevede che il Tribunale, se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore.

L’articolo 173, secondo e terzo comma, prevede che all'esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all'articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell'articolo 18. Tali disposizioni si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato.

L’art. 180, settimo comma, prevede che il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto.

 

Restano procedibili, così come nel testo originario del decreto legge, i ricorsi presentati dal pubblico ministero, contenenti la richiesta di emissione di provvedimenti cautelari e conservativi (di cui all’articolo 15, comma ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267). Nel corso dell’esame in sede referente è stato tuttavia specificato che sono sottratte alla regola dell’improcedibilità anche  le istanze di fallimento presentate dal pubblico ministero quando l'insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore.

Si ricorda che l’istanza per la dichiarazione di fallimento è presentata dal pubblico ministero (art. 7 L.F.): quando l'insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei loca  li dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte dell'imprenditore; quando l'insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

Il PM, quale parte del procedimento prefallimentare, può richiedere al tribunale civile l'emissione di provvedimenti cautelari o conservativi finalizzati a prevenire alterazioni del patrimonio del debitore. Infatti l’articolo 15, comma ottavo della legge fallimentare ha attribuito al tribunale adito (per la dichiarazione di fallimento) il potere di pronunciare misure cautelari, più precisamente conservative, a tutela dell’integrità dell’azienda e dei beni che costituiscono la garanzia patrimoniale dei creditori, atteso che il deposito dell’istanza di fallimento non riduce il rischio di comportamenti distrattivi da parte dell’imprenditore. L’articolo 15 prevede che il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell'impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l'istanza.

 

Il comma 3 specifica che - una volta concluso il periodo di improcedibilità - quando ai ricorsi presentati in tale periodo faccia seguito dichiarazione di fallimento, lo stesso periodo temporale non dovrà essere computato: ai fini del calcolo dell’anno decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese per la dichiarazione di fallimento; ai fini del calcolo dei termini per la proposizione delle azioni revocatorie.

L’art. 10 L.F. dispone che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine del primo comma.

L’art. 69-bis L.F. prevede che le azioni revocatorie non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell'atto.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, il comma 3 è stato oggetto di modifiche, con le quali:

§  si è specificato che la sterilizzazione del periodo di improcedibilità delle istanze di fallimento ai fini del computo dei termini si applica quando la dichiarazione di fallimento successiva alla dichiarazione di improcedibilità avvenga entro il 30 settembre 2020;

§  sono stati introdotti ulteriori termini in relazione ai quali il periodo di improcedibilità non deve essere computato. In particolare si tratta dei termini relativi: agli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (art. 64 L.F.); ai pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (art. 65 L.F.); agli atti revocabili, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore nell’ambito dell’azione revocatoria ordinaria(art. 67, commi primo e secondo); alla possibilità di dichiarare il fallimento dei soci in relazione al fallimento della società con soci a responsabilità illimitata (art. 147 L.F.).

 

Nello specifico l’art. 64 L.F., dispone che sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d'uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.

L’art. 65 L.F. Art. 65 prevede che sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Nell’ambito della disciplina dell’azione revocatoria ordinaria l’art. 67 prevede che siano revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore: gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento ;i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti; i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

L’art. 147 L.F. nell’ambito della disciplina del fallimento della società con soci a responsabilità illimitata, dispone che il fallimento dei soci non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.

 

 


 

Articolo 11
(Sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito)

 

 

L'articolo 11, modificato in sede referente, dispone la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data. La disposizione chiarisce inoltre il campo di applicazione della sospensione, con specifico riferimento agli assegni bancari e postali. Si stabilisce infine che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino al 31 agosto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle camere di commercio; ove già pubblicati le camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione. Sono inoltre sospese le informative al prefetto e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari, che, ove già effettuate, sono cancellate.

 

Il comma 1, fermo restando quanto previsto ai commi 2 e 3, dispone la sospensione dei termini di scadenza ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data, per lo stesso periodo. Per effetto delle modifiche approvate in sede referente il termine del 30 aprile 2020 originariamente previsto dal decreto legge n. 23 del 2020 è stato posticipato al 31 agosto 2020. La sospensione opera a favore dei debitori e obbligati anche in via di regresso o di garanzia, salva la facoltà degli stessi di rinunciarvi espressamente.

 

Una disposizione di analogo tenore era stata introdotta, quale articolo 10, comma 5, nel decreto-legge n. 9 del 2020, limitatamente ai comuni elencati nell'Allegato 1 del D.P.C.M. del 1° marzo 2020, cioè i comuni di Lombardia e Veneto oggetto delle prime restrizioni.

 

Il comma 2 precisa che l’assegno presentato al pagamento durante il periodo di sospensione è pagabile nel giorno di presentazione. La sospensione di cui al comma 1 opera su:

a)   i termini per la presentazione al pagamento;

b)   i termini per la levata del protesto o delle constatazioni equivalenti;

c)   i termini previsti all’articolo 9, comma 2, lettere a) e b) (iscrizione del nominativo del traente da parte del trattario, in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per mancanza di autorizzazione o di provvista, nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari) della legge n. 386 del 1990, nonché all’articolo 9-bis, comma 2 (preavviso di revoca), della medesima legge n. 386 del 1990;

d)   il termine per il pagamento tardivo dell’assegno previsto dall’articolo 8, comma 1 (termine per il pagamento tardivo), della stessa legge n. 386 del 1990.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo afferma che le nuove disposizioni chiariscono il campo di applicazione della sospensione, con specifico riferimento agli assegni bancari e postali, a beneficio di tutti gli attori coinvolti nell’utilizzo e nella gestione di tali titoli di credito (banche, Poste, pubblici ufficiali incaricati di elevare il protesto, traenti e beneficiari degli assegni).

Con riguardo agli assegni bancari e postali, si sospende il termine di presentazione al pagamento del titolo a favore del beneficiario. Ciò non impedisce ai beneficiari, che desiderino e siano in grado di farlo, di presentare il titolo al pagamento in pendenza della sospensione. Il titolo continua pertanto a essere pagabile dal trattario nel giorno di presentazione, qualora vi siano i fondi disponibili sul conto del traente; tuttavia, nell’ipotesi di difetto di provvista, varrà anche per il traente la sospensione della presentazione con conseguente temporanea inapplicabilità del protesto e della disciplina sanzionatoria dell’assegno. In tale contesto non verrà quindi inviato il preavviso di revoca per gli assegni privi di provvista nel periodo di sospensione; se l’avviso di revoca è già stato inviato, il termine di 60 giorni per l’esecuzione del pagamento tardivo è sospeso. Tutti gli elementi necessari per determinare la possibilità o meno di procedere al pagamento del titolo (quali, ad esempio, la disponibilità dei fondi, la mancanza di autorizzazione) nonché quelli da considerare per ulteriori azioni (ad esempio protestabilità o meno), verranno quindi valutati al termine del periodo di sospensione.

 

Il comma 3 stabilisce che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle camere di commercio; ove già pubblicati le camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione. Con riferimento allo stesso periodo sono sospese le informative al Prefetto di cui all’articolo 8-bis, commi 1 e 2, della legge n. 386 del 1990 (procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative) e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari (articolo 10-bis della medesima legge n.386 del 1990), che, ove già effettuate, sono cancellate.

Nella relazione tecnica, il Governo precisa che dalla disposizione non derivano oneri nuovi o aggiuntivi per le finanze dello Stato. Essa comporta infatti un rinvio di 16 euro di bollo per ogni levata del protesto, ma queste levate sono solo sospese e per un periodo infrannuale, cosicché si può pensare che siano effettuate, se necessario, comunque prima di fine anno.

 

 


 

Articolo 12
(Fondo Garanzia mutui prima casa)

 

 

L’articolo 12, modificato in sede referente, anzitutto chiarisce che le ditte individuali e gli artigiani rientrano tra i beneficiari della disciplina transitoria del Fondo solidarietà mutui "prima casa" (cd. fondo Gasparrini) secondo le modalità agevolate previste dall’articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 2020, alle condizioni ivi previste (calo del fatturato superiore al 33 per cento rispetto all’ultimo trimestre 2019, a seguito della chiusura o della restrizione della propria attività in attuazione delle misure adottate per l’emergenza coronavirus). La norma dispone inoltre che, per un periodo di nove mesi decorrenti dal 9 aprile 2020 e dunque fino al 9 gennaio 2021, i benefici del predetto Fondo sono applicabili anche ai mutui in ammortamento da meno di un anno, in deroga alla disciplina vigente.

Nel corso dell’esame in sede referente:

§  i benefici del Fondo sono stati estesi anche agli imprenditori individuali e ai piccoli imprenditori, come definiti dall'articolo 2083 del codice civile: coltivatori diretti, artigiani, piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia;

§  sono state precisate le modalità di verifica dei requisiti per l’accesso al Fondo e gli adempimenti in capo all’istituto di credito, che alle condizioni di legge è tenuto già ad avviare la sospensione dalla prima rata in scadenza successiva alla data di presentazione della domanda, ove abbia accertato la completezza e la regolarità formale di quest’ultima;  

§  i benefìci del Fondo sono estesi alle quote di mutuo relative alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e alle relative pertinenze dei soci assegnatari, ove aventi le condizioni di legge.

 

 

Più in dettaglio, il comma 1 chiarisce che sono lavoratori autonomi, beneficiari della disciplina transitoria del richiamato Fondo, i soggetti individuati ai sensi dell’articolo 28, comma 1 del decreto-legge n. 18 del 2020; si tratta dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali), qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Si segnala che al momento della redazione del presente lavoro, il predetto decreto-legge n. 18 si trova all’esame della Camera per la conversione in legge.

Si rammenta al riguardo che – come verrà più precisamente illustrato infra – sulla disciplina del Fondo il legislatore dell’emergenza è intervenuto diverse volte nel giro di poche settimane (coi decreti-legge nn. 9 e 18 del 2020). Le disposizioni in esame, più precisamente, integrano quanto disposto dall’articolo 54 del richiamato decreto-legge 18 del 2020; al momento di redazione del presente lavoro, entrambe le norme sono all’attenzione del medesimo ramo del Parlamento.

Alla luce di quanto esposto si valuti l’opportunità di effettuare un coordinamento normativo, ai fini di una maggiore chiarezza e sistematicità delle disposizioni riguardanti l’istituto.

 

Si ricorda in questa sede che gli articoli da 27 a 31 e l’articolo 38 del decreto-legge n. 18 del 2020 riconoscono in favore di alcune categorie di lavoratori un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Ai sensi dell’articolo 28 il beneficio riguarda i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali), qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

Nella Circolare del 30 marzo 2020 l’INPS ha chiarito che l’articolo 28, comma 1, del citato decreto-legge n. 18/2020 prevede una indennità a favore dei lavoratori iscritti alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni. Nell’ambito di applicazione sono ricomprese le figure degli imprenditori agricoli professionali iscritti alla gestione autonoma agricola, nonché i coadiuvanti e coadiutori artigiani, commercianti e lavoratori agricoli iscritti nelle rispettive gestioni autonome. La prestazione è riconosciuta alle categorie di lavoratori di cui sopra, a condizione che non siano titolari di trattamento pensionistico diretto e che non siano iscritti, al momento della presentazione della domanda, ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995. Tra i beneficiari sono compresi anche i soggetti obbligatoriamente iscritti alla gestione autonomi commercianti oltre che alla previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco.

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato inserito il comma 1-bis, che integra l’articolo 54, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 54 per estendere i benefici del Fondo in esame anche agli imprenditori individuali e ai piccoli imprenditori, come definiti dall'articolo 2083 del codice civile: coltivatori diretti, artigiani, piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

 

Il comma 2 –dispone che, per un periodo di nove mesi decorrenti dal 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) e, dunque, fino al 9 gennaio 2021, i benefici del predetto Fondo sono applicabili anche ai mutui in ammortamento da meno di un anno, in deroga alla disciplina generale del Fondo medesimo.

 

L’articolo 2 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007, commi 475 e seguenti) ha istituito il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In sintesi la disciplina del Fondo, modificata in seguito dalla legge n. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro) consente ai titolari di un mutuo per l'acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare.

Il Fondo, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà di sospensione per i mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, provvede al pagamento degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione.

La sospensione può essere chiesta per non più di due volte e per un periodo massimo di diciotto mesi nel corso dell'esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e delle garanzie relative viene prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo. La sospensione non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

La sospensione non può essere chiesta: nel caso di ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato; nel caso di fruizione di agevolazioni pubbliche; per i mutui relativamente ai quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi che danno diritto al beneficio della sospensione, a specifiche condizioni.

Il beneficio è previsto nelle ipotesi individuate dall’articolo 2, comma 479 della richiamata legge n. 244 e, più precisamente, in caso di: cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa; cessazione dei rapporti di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia (art. 409 n. 3 del c.p.c.), sempre salva la risoluzione consensuale, il recesso datoriale per giusta causa, il recesso del lavoratore non per giusta causa; morte o riconoscimento di grave handicap ovvero di invalidità civile (ai sensi della legge n. 104 del 1992) non inferiore all'80%.

A seguito dell’emergenza legata al diffondersi del COVID-19 il Governo è intervenuto in più occasioni sulla disciplina del Fondo.

Anzitutto l’articolo 26 del decreto-legge n. 9 del 2020 ha consentito di richiedere il beneficio della sospensione del pagamento delle rate del mutuo nell’ulteriore caso di sospensione dal lavoro o riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione di provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito. Le disposizioni dell’articolo 26 sono confluite nel decreto-legge n. 18 del 2020 in sede di conversione in legge di quest’ultimo provvedimento.

Successivamente, il richiamato articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto che, per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del decreto legge stesso (vale a dire dal 17 marzo 2020) e in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo, ai relativi benefici siano ammessi anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che autocertifichino di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data, un calo del proprio fatturato che sia superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus.

In deroga alle norme generali sull’accesso al Fondo, l’articolo 54 chiarisce inoltre che nel caso specifico non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE); dispone che il Fondo provveda al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Viene dunque abbassata la percentuale di interessi corrisposta dal fondo, ma è inclusa nel calcolo di tale onere la cd. componente di spread.

Nel corso dell’esame al Senato sono stati ampliati alcuni requisiti di accesso al Fondo: è aumentato a 400.000 euro l’importo massimo del mutuo e sono inclusi i mutui già ammessi ai benefici per i quali sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate nonché i mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa.

Si affida a una disposizione secondaria (decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze) il compito di adottare le necessarie disposizioni di attuazione sia dell’articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 2020, sia del citato articolo 26 del decreto- legge n. 9 del 2020. Il Fondo è stato a tal fine rifinanziato per un importo pari a 500 milioni di euro per il 2020.

 

 

Nel corso dell’esame in Commissione è stato introdotto inoltre il nuovo comma 2-bis, che precisa alcune modalità di verifica dei requisiti per l’accesso al Fondo e gli adempimenti in capo all’istituto di credito, tenuto ad avviare la sospensione dalla prima rata in scadenza successiva alla data di presentazione della domanda, ove ne abbia accertato la completezza e la regolarità formale.

 

Le modifiche in esame prevedono che, fino al 31 dicembre 2020, a fronte delle domande di sospensione dei mutui pervenute alla banca a partire dal 28 marzo 2020 a valere sul Fondo e delle quali la banca ha verificato la completezza e la regolarità formale, l’istituto di credito è tenuto ad avviare la sospensione dalla prima rata in scadenza successiva alla data di presentazione della domanda.

Il gestore del Fondo, ricevuta dalla banca la domanda di sospensione, accerta la sussistenza dei presupposti e comunica alla banca, entro venti giorni, l'esito dell'istruttoria. Decorso inutilmente tale termine, la domanda si ritiene comunque accolta. In caso di esito negativo dell'istruttoria comunicato dal gestore, la banca può riavviare l'ammortamento del mutuo a partire dalla prima rata in scadenza successiva alla data di presentazione della domanda

In sede referente è stato introdotto anche il nuovo comma 2-ter, che inserisce la lettera a-bis) nel comma 1 del più volte richiamato articolo 54.

Con le modifiche in esame, i benefìci del Fondo sono estesi alle quote di mutuo relative alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e alle relative pertinenze dei soci assegnatari, ove si trovino nelle condizioni richieste dalla legge per l’accesso al fondo (in particolare, nelle condizioni di cui all'articolo 2, comma 479, della legge 24 dicembre 2007, n.?244, come modificato: vedi supra)

Il nuovo comma 2-quater, anch’esso introdotto in sede referente, affida a un regolamento, adottato mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento, il compito di individuare le modalità di attuazione delle disposizioni che hanno esteso i benefici del Fondo alle cooperative edilizie (di cui al comma 2-bis) e, in particolare, quelle relative all'individuazione della quota di mutuo da sospendere

 


 

Articolo 12-bis
(
Rimborso alle imprese per mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali internazionali)

 

 

L’articolo 12-bis - introdotto in sede referente - attribuisce alle imprese, per l'anno 2020, un credito di imposta pari al 30 per cento delle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali all'estero, ove siano state disdette in ragione dell'emergenza legata alla situazione epidemiologica legata al COVID-19.

 

A seguito del rinvio in Commissione, è stata recepita la condizione della Commissione Bilancio volta a precisare che il credito di imposta di cui all’articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, viene esteso anche alle spese in commento, in modo da assicurare la sostenibilità della citata estensione nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente. Pertanto i commi 1 e 2 sono stati sostituti dal nuovo comma 1.

 

Tale comma stabilisce che il credito di imposta già previsto dall’articolo 49 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, spetta, per l’anno 2020, anche per le spese sostenute dalle imprese per la partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali all’estero che siano state disdette in ragione dell’emergenza legata alla situazione epidemiologica in atto.

 

Il richiamato articolo 49, per migliorare il livello e la qualità di internazionalizzazione delle PMI italiane, concede a tale tipologia di imprese esistenti alla data del 1° gennaio 2019, concesso per i periodi di imposta 2019 e 2020, un credito d'imposta pari al 30 per cento delle spese sostenute per la partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali di settore (specificate al comma 2), fino ad un massimo di 60.000 euro.

Il credito d'imposta è riconosciuto fino all'esaurimento dell'importo massimo, che quanto all’anno 2019, è di 10 milioni; per il 2020 esso è fissato in misura pari a 5 milioni di euro.

Le spese agevolabili sono individuate dal comma 2 del richiamato articolo 49 nelle seguenti:

spese per l'affitto degli spazi espositivi e per il loro allestimento;

spese per le attività pubblicitarie, di promozione e di comunicazione connesse alla partecipazione.

 

Il comma 3 dell’articolo 49 chiarisce che il credito d’imposta è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti della normativa UE in tema di aiuti de minimis, con specifico riferimento anche al settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi della relativa disciplina generale (articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997). Ai sensi del comma 4, si affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di stabilire le disposizioni applicative delle norme in commento.

Il decreto deve disciplinare, in particolare:

§  le tipologie di spese ammesse al beneficio, nell'ambito di quelle individuate al comma 2;

§  le procedure per l'ammissione al beneficio, che avviene secondo l'ordine cronologico di presentazione delle relative domande, nel rispetto del limite massimo di risorse (5 milioni, di cui al comma 1);

§  l'elenco delle manifestazioni fieristiche internazionali di settore, che per effetto delle modifiche introdotta dalla Camera si svolgono sia in Italia che all’estero, per cui è ammesso il credito di imposta;

§  le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta, secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40.

Detto provvedimento, che si sarebbe dovuto adottare entro il 30 giugno 2019 (60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), non risulta ancora emanato.

Il comma 5 dell’articolo 49 prevede che, ove l'Agenzia delle entrate accerti, nell'ambito dell'ordinaria attività di controllo, l'eventuale indebita fruizione - totale o parziale - del credito d'imposta, essa debba darne comunicazione al Ministero dello sviluppo economico che, ai sensi delle richiamate disposizioni volte a contrastare l’uso illecito dei crediti di imposta (articolo 1, comma 6, del citato decreto-legge n. 40 del 2010), provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni.

 


 

Articolo 12-ter
(
Disposizioni in materia di beni di impresa)

 

 

L’articolo 12-ter, introdotto in sede referente, proroga il termine per la effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili. In particolare, le norme in esame:

§  consentono di effettuare tale rivalutazione nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 o al 31 dicembre 2021;

§  precisano, per i beni immobili, il termine da cui decorre – a fini fiscali e contabili - il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio.

 

Si segnala che nel corso del rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio volta a prevedere, al comma 1, che le norme in commento si applicano non già alle “operazioni” di cui all’articolo 1, comma 696 e seguenti, della legge di bilancio 2020, ma più specificatamente alla “rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni” di cui ai predetti commi, giacché in mancanza di tale precisazione, in linea teorica, la norma potrebbe applicarsi a tutte le operazioni presenti nei commi successivi fino alla fine dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio.

La predetta disposizione consente quindi di effettuare la rivalutazione relativamente ai valori dei beni aziendali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018 e di pagare l’imposta sostitutiva anche successivamente a quanto originariamente previsto.

 

In particolare, il comma 1 proroga il termine per la effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili.

Le norme in esame, più in dettaglio, consentono di effettuare tale rivalutazione nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 o al 31 dicembre 2021, in luogo del termine fissato dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 697 della legge n. 160 del 2019), ai sensi della quale la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello incorso al 31 dicembre 2018, per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2020 (data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2020).

 

Le modifiche in esame precisano inoltre che, limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio (ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sottoposti a imposta sostitutiva) si considerano riconosciuti, rispettivamente, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1o dicembre 2022, del 1o dicembre 2023 o del 1o dicembre 2024.

Si ricorda che i richiamati commi dal 696 al 703 della legge di bilancio 2020 prevedono, a favore di imprese ed enti che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, in deroga alle disposizioni di legge vigenti in materia, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili. Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del 10 per cento.

L’agevolazione spetta a società di capitali, cooperative, i trust e gli altri enti pubblici e privati i quali esercitano attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio e consiste la possibilità di rivalutare, in deroga alle disposizioni di legge vigenti in materia, i beni di impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018. Dagli attivi soggetti alla rivalutazione sono esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa.

Come anticipato supra (comma 697) la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello incorso al 31 dicembre 2018, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2020. Viene inoltre disposto che la rivalutazione debba riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e debba essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

I commi 698 e 699 stabiliscono imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali, applicabili, rispettivamente:

§  al saldo attivo della rivalutazione, che può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un'imposta sostitutiva del 10 per cento;

§  al maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione, che si considera riconosciuto a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili.. Limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio si considerano riconosciuti con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° dicembre 2021 (comma 703).

Tali imposte sostitutive, ai sensi del comma 701, possono essere versate in più rate, entro un massimo che dipende dall'importo complessivo del versamento. In particolare:

§  per importi complessivi fino a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 3 rate di pari importo. Il termine per il versamento delle rate è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute, rispettivamente, per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita e per i periodi d'imposta successivi;

§  per importi complessivi superiori a 3 milioni di euro: le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 6 rate di pari importo. Il termine per il versamento della prima rata è quello previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. Entro il medesimo termine, riferito ai periodi di imposta successivi, dovranno essere versate la terza e la quinta rata. La seconda rata, la quarta e la sesta rata dovranno invece essere versate entro il termine previsto per il pagamento della seconda o unica rata di acconto delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi rispetto a quello in cui la rivalutazione è eseguita.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997 (articoli dal 17 al 23).

Il comma 700 disciplina il caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. In particolare, viene stabilito che laddove gli attivi vengano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, compreso il consumo personale o familiare dell’imprenditore, prima dell'inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Il comma 702 stabilisce l'applicabilità, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento a esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e dei relativi decreti attuativi (decreti del Ministro delle finanze n. 162 del 2001, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86 del 2001), nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).  In particolare, il richiamo all'articolo 15 della legge n. 342 determina un ampliamento dell'ambito soggettivo relativo alle disposizioni in esame, in quanto prevede l'applicabilità delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attività commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

 

Il comma 2 incrementa il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 6,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Il fondo, istituito dall'art. 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (l. n. 190 del 2014), è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella legge di bilancio il Fondo presenta una dotazione pari a circa 20,2 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022.

 

Il comma 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’articolo in esame, quantificati pari a 11,8 milioni per l'anno 2020, in 2 milioni per l'anno 2021 e in 6,9 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, cui si provvede:

a)   quanto a 10,9 milioni di euro per l'anno 2020, mediante utilizzo di una corrispondente quota parte del margine disponibile, risultante a seguito dell'attuazione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Rilancio), rispetto al ricorso all'indebitamento autorizzato l'11 marzo 2020 con le risoluzioni di approvazione della Relazione al Parlamento, presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, e della relativa integrazione.

Si rammenta che con la citata Relazione al Parlamento dell'11 marzo 2020, adottata ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 - che ha integrato quella precedentemente trasmessa dal Governo il 5 marzo 2020 alla luce dell'evoluzione dell'emergenza epidemiologica dei giorni successivi - è stato autorizzato uno scostamento complessivo di bilancio di 25 miliardi per il 2020[8], in relazione agli interventi che il Governo ha assunto e intende assumere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, utilizzati a copertura delle misure introdotte con il decreto-legge n. 18/2020, cd. "Cura Italia". Lo scostamento di bilancio è stato autorizzato l’11 marzo 2020 con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta di entrambe le Camere, della Relazione al Parlamento del 5 marzo, e della relativa Integrazione dell’11 marzo. Per un approfondimento si rinvia all’apposito dossier.

Si rammenta, altresì, per completezza, che una ulteriore Relazione è stata trasmessa a fine aprile, allegata al DEF, dopo la decisione del 20 marzo della Commissione Europea, che ha attenuato i vincoli del Patto di stabilità e crescita (PSC), garantendo la piena applicazione della flessibilità prevista dal Patto e consentendo una temporanea deviazione dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine. Con questa ulteriore Relazione, il Governo ha chiesto al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento di ulteriori 55 miliardi di euro per l'anno 2020, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032.

b)   quanto a 0,9 milioni di euro per l'anno 2020 e a 2 milioni di euro per l'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del citato Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014;

c)   quanto a 6,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal presente articolo.

 

Si ricorda inoltre che il decreto-legge “rilancio” (decreto-legge n. 34 del 2020) all'articolo 137 proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva, consentendo tale rivalutazione anche per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° luglio 2020. Le imposte sostitutive, pari all'11 per cento del valore rideterminato, possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 settembre 2020. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 30 settembre 2020.

 


 

Articolo 12-quater
(Detraibilità dell'Iva sugli acquisti dei beni
oggetto di erogazione liberali
)

 

 

L’articolo 12-quater, introdotto in sede referente, rende detraibili a fini IVA gli acquisti di beni ceduti a titolo di erogazione liberale in natura per finanziare gli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la cui disciplina è contenuta nel decreto-legge n. 18 del 2020.

 

In particolare, per effetto delle norme in esame, tali acquisti di beni si considerano effettuati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione e dunque detraibili dall’IVA secondo la disciplina generale (articolo 19 del D.P.R n. 633 del 1972).

 

A tal fine viene inserito un comma 3-bis all’articolo 66 del decreto-legge n. 18 del 2020, che concede incentivi fiscali per le erogazioni liberali, in denaro e in natura, effettuate per finanziare gli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

In particolare:

§  le persone fisiche e gli enti non commerciali possono detrarre dalle imposte sui redditi il 30 per cento delle erogazioni liberali, fino a un massimo di 30.000 euro;

§  i titolari di reddito d’impresa possono dedurre le erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti; i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e dunque non sono considerati ricavi assoggettati a imposta; tali operazioni non sono soggette all'imposta sulle donazioni. A fini IRAP, le predette erogazioni liberali sono deducibili nell'esercizio in cui sono effettuate.

Tali agevolazioni sono estese anche alle erogazioni in favore di enti religiosi civilmente riconosciuti.

 

 


 

Articolo 13
(Fondo di garanzia PMI)

 

 

L’articolo 13modificato nel corso dell’esame in sede referente - introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L’articolo rafforza ulteriormente - anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) - la disciplina già introdotta dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, riproducendone l’impianto e parte dei contenuti, che viene, per coordinamento, abrogato (comma 12). In particolare, sono confermate le seguenti misure (comma 1):

§  l’intervento in garanzia del Fondo a titolo gratuito (lett. a));

§  l’elevazione a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per singola impresa. Sono ora ammesse a garanzia non solo le PMI ma anche le imprese Mid-cap (fino a 499 dipendenti). La previsione – secondo quanto inserito in sede referente - si applica, alle medesime condizioni, anche qualora almeno il 25 percento del capitale o dei diritti di voto siano detenuti direttamente o indirettamente da un ente pubblico, oppure congiuntamente da più enti pubblici (lett. b));

§  l’ammissione all’intervento in garanzia di finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 per cento del debito residuo.

Secondo quanto introdotto in sede referente, per i finanziamenti con rinegoziazione deliberati in data successiva all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, il credito aggiuntivo deve essere in misura almeno pari al 25 per cento del debito residuo. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al soggetto finanziatore è fatto obbligo di trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso d’interesse applicata sul finanziamento garantito al soggetto beneficiario, per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia (lett. e));

§  il prolungamento automatico della garanzia nell'ipotesi di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19 (lett. f));

§  l’eliminazione della commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni di finanziamento garantite (lett. h));

§  la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia, acquisite dal soggetto finanziatore per operazioni di importo superiore a 500 mila euro e durata minima di 10 anni nel settore turistico alberghiero – ivi incluso il settore termale, secondo quanto precisato in sede referente -  e delle attività immobiliari (lett. i));

§  l’elevazione al 50 per cento della quota della tranche junior garantita dal Fondo a fronte di portafogli di finanziamenti destinati ad imprese appartenenti a settori/filiere colpiti dall'epidemia (lett. l))

§  l’accesso gratuito e automatico al Fondo per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni - nonché, secondo quanto introdotto in sede referente - associazioni professionali e società tra professionisti, di agenti e subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione del Registro unico degli intermediari finanziari e assicurativi - la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19. Per tali soggetti, l’intervento del Fondo è potenziato: la copertura è del 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione. L’importo di tali finanziamenti è fino a 30 mila euro, e non più 25 mila, come previsto dal testo originario, prima dell’esame in sede referente (lett. m))

Nel corso dell’esame in sede referente è stata estesa da 6 a 10 anni la durata dei finanziamenti garantiti e anche rideterminato il tasso di interesse da applicare ai finanziamenti garantiti. Si consente in proposito un adeguamento, su richiesta, dei finanziamenti già concessi, alle nuove condizioni introdotte in sede di conversione del decreto legge, (lett. m-bis).

Secondo quanto inserito in sede referente, una quota parte delle risorse del Fondo, fino ad un importo di 100 milioni di euro è destinato alle predette operazioni di garanzia sui finanziamenti a favore degli enti del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa e commerciale, anche se non in via prioritaria (comma 12-bis)

§  la proroga di tre mesi di tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo (lett. o)).

Si prevedono poi le seguenti ulteriori misure tese ad un maggior rafforzamento degli interventi di garanzia del Fondo:

§  l’incremento della percentuale di copertura della garanzia diretta dall’80 al 90 per cento dell’ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi, previa autorizzazione della Commissione UE e in conformità con il quadro temporaneo degli aiuti di Stato (lett. c));

§  l’elevazione della copertura del Fondo in riassicurazione dal 90 al 100 per cento dell’importo garantito dai Confidi o da altro fondo di garanzia, o – secondo quanto introdotto in sede referente - dalle società cooperative abilitate all’esercizio del credito esclusivamente nei confronti dei propri soci ai sensi del TUB. Le percentuali di copertura del Fondo sono comunque elevate fino ai limiti massimi previsti dalla disciplina ordinaria (80 percento per garanzia diretta e 90 percento per riassicurazione), nelle more dell’autorizzazione UE e comunque per tutte le altre operazioni che superano i limiti di durata e importo sopra indicati, anche per durate superiori a dieci anni, come inserito in sede referente. (lett. d));

§  l’accesso alla garanzia del Fondo senza l’applicazione del modello di valutazione del merito creditizio. La probabilità di inadempimento delle imprese è calcolata - ai fini della definizione delle misure di accantonamento - a titolo di coefficiente di rischio. Sono in ogni caso escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria (lett. da g) a g-quater));

§   il cumulo tra la garanzia del Fondo con un’ulteriore garanzia sino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso per i beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3,2 milioni di euro. In sede referente, il limite massimo dei prestiti così garantiti è stato rideterminato. Inoltre, è stata inserita la previsione per cui la garanzia è estesa esclusivamente alla quota di credito incrementale rispetto alle esposizioni pregresse (lett. n));

§  la possibilità di concedere la garanzia anche su operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate dal soggetto finanziatore da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta e, comunque, in data successiva al 31 gennaio 2020 (lett. p));

§  per i finanziamenti garantiti di importo superiore ai 25.000 euro è ora prevista la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento fino a 24 mesi (lett. p-bis, introdotta nel corso dell’esame in sede referente).

Inoltre, si consente ai Confidi - previa autorizzazione della Commissione europea - di imputare al fondo consortile, al capitale sociale, o ad apposita riserva, i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla L. n. 108/1996, esistenti alla data del 31 dicembre 2019 (comma 1, lett. n-bis).

Inoltre, il comma 2 riconosce fino al 31 dicembre 2020, una operatività rafforzata del Fondo per le garanzie su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza COVID-19, costituiti per almeno il 20 per cento da imprese aventi, alla data di inclusione dell’operazione nel portafoglio, un rating, non superiore alla classe BB (Standard’s and Poor’s). Vengono introdotte percentuali di copertura più elevate, che passano da una garanzia all’80% ad una garanzia al 90% della tranche junior e da un innalzamento del cap alle prime perdite a carico del Fondo, fino al 18% dell’ammontare dei portafogli.

I successivi commi da 3-4 e 5-9 contengono interventi di carattere strutturale e non straordinario sul Fondo di garanzia PMI, vari dei quali (commi da 6 a 9 e 11) riproducono quanto già previsto dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Il comma 3 anticipa dal 31 dicembre 2020 al 10 aprile 2020 la data in cui cessa, in taluni territori regionali, la limitazione dell’intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia.

Ai sensi del comma 4, previa autorizzazione della Commissione UE, la garanzia dei confidi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa sui finanziamenti erogati alle PMI per la quota non coperta dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica.

Il comma 5 prevede che, per le imprese che accedono al Fondo di garanzia - qualora il rilascio della documentazione antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della relativa banca dati nazionale unica - l’aiuto è concesso all’impresa sotto condizione risolutiva.

Il comma 6 ammette che la dotazione del Fondo stesso possa essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE e della Cassa depositi e prestiti – anche da soggetti privati.

Il comma 7 prevede che le garanzie su portafogli di finanziamenti e quelle su portafogli di minibond, siano concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurandosi comunque un ammontare di risorse libere, destinate alle garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 per cento della dotazione disponibile del Fondo.

Il comma 8 prevede la garanzia gratuita all’80 per cento del Fondo anche per gli operatori di micro credito (che siano MPMI), affinché gli stessi possano acquisire dal sistema bancario la provvista necessaria ad operare attraverso operazioni di micro credito (a loro volta garantibili dal Fondo all'80 per cento e senza valutazione).

Il comma 9 eleva da 25 mila euro a 40 mila euro l’importo massimo delle operazioni di micro credito.

I commi 4-bis e 4-ter, inseriti nel corso dell’esame in sede referente, autorizzano le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura a concedere alle piccole e medie contributi in conto commissioni di garanzia su operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione del Fondo di garanzia PMI, al fine di contenere i costi delle garanzie. Le Camere di commercio operano con le risorse umane, finanziarie e strumentali esistenti a legislazione vigente.

Il comma 10 rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità previste dall’articolo in esame.

Il comma 11 prevede che le disposizioni transitorie di cui al comma 1 trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca, nonché, secondo quanto specificato in sede referente, delle imprese forestali, e dell'acquacoltura e dell'ippicoltura, nonché dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali. Per tali finalità sono assegnati a ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 13 provvede alla copertura finanziaria degli oneri di cui all’articolo in esame.

 

Nel dettaglio, il comma 1 introduce una nuova disciplina transitoria e straordinaria del Fondo di garanzia PMI, disponendo che essa operi sino al 31 dicembre 2020 – anziché fino al 17 dicembre 2020, come era inizialmente previsto dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, abrogato dal comma 12.

Il comma 1 comunque conferma una serie di misure straordinarie già introdotte dall’articolo 49 del decreto legge n. 18/2020. Se ne dà di seguito indicazione:

§  alla lettera a), l’intervento in garanzia del Fondo a titolo gratuito;

La disciplina ordinaria (Disposizioni Operative del Fondo (D.O), approvate con D.M. 13 febbraio 2019), prevede invece il versamento al Fondo, a pena di decadenza dell’intervento dello stesso, di una commissione una tantum[9]. Sono ammesse delle eccezioni, specificamente indicate, in cui la commissione non è dovuta[10].

§  alla lettera b), l’elevazione a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per singola impresa, nel rispetto della disciplina Ue sugli aiuti di Stato. Si specifica ora che sono ammesse a garanzia non solo le PMI ma anche le imprese Mid-cap (con numero di dipendenti non superiore a 499). Rimane fermo – secondo quanto inserito in sede referente – che quanto qui previsto si applica, alle medesime condizioni, anche qualora almeno il 25 percento del capitale o dei diritti di voto siano detenuti direttamente o indirettamente da un ente pubblico, oppure congiuntamente da più enti.

Si ricorda che l’importo massimo garantito dal Fondo per beneficiario finale (PMI, Consorzi e Professionisti aventi sede legale ovvero operativa sul territorio italiano), è, in via ordinaria, di 2,5 milioni di euro per la garanzia diretta, per la controgaranzia e per la riassicurazione. L’importo massimo garantito per le garanzie concesse nell’ambito di portafogli di finanziamenti erogati alle imprese con dipendenti non superiori a 499 è di 3,5 milioni (comma 4 dell’art. 39, D.L. n. 201/2011, modificato dal D.L. n. 34/2019). L'importo massimo garantibile per singolo beneficiario finale sulle operazioni di sottoscrizione dei cd. "mini bond" è di 5 milioni (comma 6-bis dell'art. 12, D.L. n. 145/2013, modificato dal D.L. n. 34/2019).

Quanto alla nuova transitoria disciplina UE sugli aiuti di Stato, si rinvia alla Comunicazione della Commissione "Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01", integrata con la Comunicazione C(2020) 2215 final.

Per una disamina degli aiuti ammissibili sotto forma di garanzie statali sui prestiti per garantire l'accesso alla liquidità delle imprese, si rinvia al paragrafo “Il quadro temporaneo UE sugli aiuti di Stato” del tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID”.

§  alla lettera e), l’ammissione all’intervento in garanzia del Fondo di finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito, purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione allo stesso beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 percento del debito residuo in essere del finanziamento rinegoziato. Si specifica che il Fondo copre, per la garanzia diretta, nella misura dell’80 per cento e, per la riassicurazione, nella misura del 90 per cento dell’importo garantito dal Confidi o da altro fondo di garanzia se le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale di copertura dell’80 per cento.

In sede referente, è stata introdotta la previsione secondo la quale, per i finanziamenti con rinegoziazione deliberati dal soggetto finanziatore in data successiva all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, il credito aggiuntivo deve essere in misura almeno pari al 25 per cento del debito residuo in essere. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al soggetto finanziatore è fatto obbligo di trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione attestante la riduzione del tasso d’interesse applicata, sul finanziamento garantito, al soggetto beneficiario per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia;

§  alla lettera f), l’estensione automatica della durata della garanzia del Fondo sui finanziamenti per i quali le banche o gli intermediari finanziari hanno accordato, anche di propria iniziativa, la sospensione del pagamento delle rate di ammortamento, o della sola quota capitale, in connessione degli effetti indotti dalla diffusione del COVID-19.

Secondo la disciplina ordinaria (D.O.), la richiesta di prolungamento della durata della garanzia può essere presentata solo a date condizioni, come in caso di allungamento della durata del finanziamento per beneficiari finali in stato di temporanea difficoltà (ad. es., rate scadute e non pagate, sconfinamenti).

Si valuti l’opportunità di specificare se, a seguito della deroga disposta dalla lettera f), il prolungamento automatico della garanzia abbia un effetto preclusivo all’apertura di nuovi interventi in garanzia del Fondo fino all’estinzione del debito sospeso, come previsto dalla disciplina ordinaria[11];

§  alla lettera h), l’eliminazione della commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni di finanziamento garantite, invece prevista (nella misura di 300 euro) dalla disciplina ordinaria del Fondo (articolo 10, comma 2, del DM 6 marzo 2017 e D.O)[12];

§  alla lettera i), la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti per operazioni di investimento immobiliare nei settori turistico alberghiero – ivi incluso il settore termale, secondo quanto precisato in sede referente - e delle attività immobiliari, con durata minima di 10 anni e di importo superiore a 500 mila euro;

Secondo la disciplina ordinaria, l’intervento del Fondo è cumulabile, sulla stessa operazione, con altre garanzie pubbliche, che in sostanza prevedono l’utilizzo degli apporti al Fondo pervenuti – ai sensi del D.M. 26 gennaio 2012 - da altri soggetti pubblici (quali le Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a.) nei limiti delle misure previste alla Parte II, paragrafo D delle D.O. L’intervento in esame consentirebbe dunque di cumulare garanzie, anche ipotecarie, in deroga ai limiti indicati dalla normativa ordinaria.

§  alla lettera l), l’innalzamento della garanzia su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza Covid-19, o appartenenti, per almeno il 60 per cento, a specifici settori/filiere colpiti dall’epidemia. In tali casi, la quota della tranche junior coperta dal Fondo può essere elevata del 50 per cento, ulteriormente incrementabile del 20 per cento in caso di intervento di ulteriori garanti.

Si segnala che il comma 2 dell’articolo interviene anch’esso in via transitoria sulla garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti dedicati alle imprese danneggiate dall’epidemia.

Si valuti l’opportunità di operare un coordinamento tra i due interventi (cfr. infra).

Secondo la disciplina vigente del Fondo (D.M. 14 novembre 2017 come modificato dal D.M. 21 giugno 2019 e relative Disposizioni Operative), è “Portafoglio di finanziamenti” un insieme di finanziamenti, riferiti ai soggetti beneficiari, aventi caratteristiche comuni quali la forma tecnica utilizzata, la finalità a fronte della quale il finanziamento è concesso, la durata dell’operazione, le garanzie accessorie richieste, ecc. Le “Tranche junior”: nella Tranched cover[13], è la quota del portafoglio di finanziamenti che sopporta le prime perdite registrate dal medesimo portafoglio. Quanto alle percentuali di copertura, ai sensi dell’articolo 7 del D.M. 14 novembre 2017, la quota della tranche junior coperta dal Fondo non può superare: a) il 7 percento dell'ammontare del portafoglio di finanziamenti, ovvero b) l'8 percento, nel caso in cui il portafoglio abbia ad oggetto finanziamenti concessi a fronte della realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e/o di programmi di investimenti. Ai sensi dell’articolo 8 del D.M., nel caso di partecipazione di altri soggetti garanti, le predette coperture, sono innalzate, rispettivamente, all'8 percento e al 9 percento, mentre la sezione speciale del Fondo istituita dall’apporto degli altri soggetti copre un'ulteriore quota della tranche junior non inferiore all'1 percento del medesimo portafoglio;

§  alla lettera m), l’accesso gratuito e automatico al Fondo – dunque, senza valutazione - per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi da banche, intermediari finanziari e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito - in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni – nonché, secondo quanto introdotto in sede referente - associazioni professionali e società tra professionisti, nonché di agenti e subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione del Registro unico degli intermediari finanziari e assicurativi - la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19 (secondo quanto attestato dall’interessato mediante autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000).

Per tali soggetti, l’intervento del Fondo è potenziato. In particolare, previa autorizzazione del regime di aiuto da parte della Commissione europea, la copertura è del 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione (anziché l’80 percento per la garanzia diretta e il 90 percento per la riassicurazione, come invece previsto nell’abrogato articolo 49 del D.L. n. 18/2020), purché:

§  la durata dei finanziamenti non sia superiore a 10 anni - e non più sei anni come invece previsto prima dell’esame in sede referente - e l’inizio del rimborso del capitale non sia prima di due anni dall'erogazione;

§  l’importo del finanziamento non sia superiore alternativamente, anche tenuto conto di eventi calamitosi, al doppio della spesa salariale annua del beneficiario (per il 2019 o per l'ultimo anno disponibile), ovvero, al 25 per cento del fatturato totale del beneficiario come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale o da altra idonea documentazione prodotta, anche mediante autocertificazione.

Il testo originario della previsione, prima della modifica apportata in sede referente, prevedeva che l’importo del finanziamento non fosse superiore al 25 per cento dei ricavi del suo beneficiario, come risultante dall'ultimo bilancio depositato o dall'ultima dichiarazione fiscale ovvero, per i soggetti beneficiari costituiti dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione.

L’importo del finanziamento garantito al cento percento non può, comunque, essere superiore a 30 mila euro, e non più 25 mila euro, secondo la modifica apportata in sede referente.

Nel caso di garanzia diretta del Fondo, è applicato al finanziamento un tasso di interesse, e, nel caso di riassicurazione, un premio complessivo di garanzia che tiene conto della copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione e, comunque, il tasso o il premio non deve essere superiore al tasso di rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato) con durata analoga al finanziamento, maggiorato dello 0,20 percento, secondo la modifica apportata in sede referente (lett. m)).

Sempre in sede di esame presso le Commissioni riunite, è stata introdotta la previsione (nuova lettera m-bis) che consente un adeguamento, su richiesta, alle nuove condizioni, dei finanziamenti già concessi fino alla data di conversione in legge del decreto legge in esame.

In sede referente è stato inoltre inserito un ulteriore periodo alla lettera m). La nuova disposizione permette la concessione della garanzia a favore di beneficiari finali con esposizioni classificate, anche prima del 31 gennaio 2020, come inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate[14], a condizione che le esposizioni - alla data della richiesta del finanziamento - non siano più classificabili come deteriorate ai sensi del Reg. UE n.575/2013 (art. 47-bis, par. 4). Nel caso in cui le esposizioni siano state oggetto di misure di concessione, la garanzia è concessa a condizione che le stesse esposizioni non siano classificabili come esposizioni deteriorate ai sensi del citato Regolamento europeo (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c)).

Nel corso dell’esame in Commissione, inoltre, il nuovo comma 12-bis prevede che, fino la 31 dicembre 2020, una quota parte delle risorse del Fondo, fino ad un importo di 100 milioni di euro è destinato alle predette operazioni di garanzia al cento percento per importi fino a 30.000 euro in favore degli enti del “Terzo settore”, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa e commerciale, anche se non in via esclusiva o prevalente o finalizzata all’autofinanziamento. Ai fini della previsione, per ricavi si intende il totale di ricavi, rendite o proventi o entrate risultanti dal bilancio rendiconto approvato dall’organo statutariamente competente al 31 dicembre 2019, o, in mancanza, al 31 dicembre 2018;

§   alla lettera o), la proroga di tre mesi di tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo.

 

Il comma 1 implementa poi talune misure transitorie e straordinarie già introdotte dall’abrogato articolo 49 del D.L. n. 18/2020, estendendone l’applicazione – come sopra detto - fino al 31 dicembre 2020. In particolare:

§  alla lettera c), incrementa al 90 per cento la percentuale di copertura della garanzia diretta su ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi. L’importo totale dei finanziamenti non può superare, alternativamente:

­       il doppio della spesa salariale annua del beneficiario nel 2019 o per l'ultimo anno disponibile. Nel caso di imprese costituite dal 1º gennaio 2019, l'importo massimo del prestito non può superare i costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività (lett. c), n.1);

­       il 25 per cento del fatturato totale del beneficiario nel 2019 (lett. c), n.2);

­       il fabbisogno (costi del capitale di esercizio e di investimento) nei successivi 18 mesi, nel caso di PMI, e nei successivi 12 mesi, nel caso di imprese mid-cap. Il fabbisogno è attestato mediante apposita autocertificazione (ai sensi del D.P.R n. 445/2000) (lett. c), n.3);

­       per le società di capitale -  caratterizzate da cicli produttivi ultrannuali - del settore immobiliare e del settore dell’edilizia, di cui alla parte IX, lettera A, sezioni A.1.d) e A.1.e) delle Disposizioni operative del Fondo (approvate con D.M. 12 febbraio), i ricavi delle vendite e delle prestazioni, sommati alle variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti per l'anno 2019. Tale previsione è stata inserita in sede referente (lett. c), n.3-bis).

I limiti indicati alle lett. c) da 1) a 3), sono quelli definiti al punto 25, lettera d), paragrafi i) e ii), della nuova disciplina sugli aiuti di Stato per fronteggiare l’epidemia da COVID-19 (State Aid Temporary Framework) di cui alla Comunicazione della Commissione C (2020) 1863 final e ss. mod e int. e la Commissione europea ha autorizzato il regime di aiuti, nel testo vigente in 14 aprile 2020 (v. comunicato stampa della Commissione ).

Quanto alla lettera c) n. 3-bis, inserito in sede referente, questo richiama le Disposizioni Operative del Fondo (disciplina ordinaria), Parte IX, concernente il modello di valutazione del merito di credito delle imprese beneficiarie finali della garanzia del Fondo, e, in particolare, richiama le sezioni A.1.d) e A.1.e), relative rispettivamente ai criteri di valutazione del modulo economico finanziario delle società di capitali del settore immobiliare e del settore Edilizia (i quali però non contemplano la valutazione delle rimanenze).

Con riferimento alla lettera c) n. 3-bis si osserva che essa non è prevista dalla Disciplina europea sul Quado temporaneo degli aiuti di Stato. Si ricorda inoltre che la disciplina in questione prevede la previa autorizzazione della Commissione sui regimi di aiuti;

§  ai sensi della lettera d), per i finanziamenti la cui entità non supera le soglie di durata e di importo sopra indicate, la copertura del Fondo in riassicurazione è elevata, anche mediante il concorso delle sezioni speciali del Fondo stesso, al 100 per cento dell’importo garantito dai Confidi o da altro fondo di garanzia, o dalle società cooperative abilitate all’esercizio del credito esclusivamente nei confronti dei propri soci ai sensi del TUB (art. 112, comma 7, terzo periodo D.lgs. n. 385/1993), secondo quanto introdotto in sede referente. La riassicurazione del Fondo opera a condizione che le garanzie rilasciate non superino il 90 per cento, e che non prevedano il pagamento di un premio che tiene conto della remunerazione per il rischio di credito.

È sempre prevista la previa autorizzazione della Commissione UE ai sensi dell’articolo 108 TFUE e del nuovo quadro sugli aiuti di Stato.

Le percentuali di copertura del Fondo per gli interventi in garanzia e riassicurazione sono comunque elevati fino ai limiti massini previsti in via ordinaria (rispettivamente 80 percento e 90 percento), nelle more dell’autorizzazione UE e comunque per tutte le altre operazioni che superano i limiti di durata e importo sopra indicati, anche per durate superiori a dieci anni, come previsto nel corso dell’esame in sede referente. La garanzia del Fondo può essere cumulata anche con un’altra garanzia concessa dai Confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio delle garanzie, a valere sulle risorse proprie, sino alla copertura del cento per cento del finanziamento concesso.

Si ricorda che il Fondo opera sotto forma di garanzia diretta [15]concessa dai soggetti finanziatori (banche, intermediari finanziari, etc.) alle PMI (soggetti beneficiari), nonché sotto forma di controgaranzia e riassicurazione[16], su richiesta dei soggetti garanti. Secondo la disciplina ordinaria del Fondo, contenuta nelle Disposizioni operative, la garanzia diretta e la riassicurazione è concessa secondo misure di copertura, variabili in funzione della fascia di valutazione o della tipologia o della durata dell’operazione finanziaria garantita o della tipologia di beneficiario finale sul territorio italiano, riportate nelle tabelle contenute nelle stesse D.O. (comunque, il limite massimo di tali percentuali di copertura è quello sopra indicato: l’80 percento per la garanzia diretta, il 90 percento per la riassicurazione).

La Commissione europea ha autorizzato il regime di aiuti come previsto dal testo vigente della lettera, il 14 aprile (si veda il relativo comunicato stampa );

§  ai sensi delle lettere da g) a g-quater) l’accesso alla garanzia del Fondo viene consentito senza l’applicazione del modello di valutazione del merito creditizio[17].

La probabilità di inadempimento delle imprese è essere calcolata - ai (soli) fini della definizione delle misure di accantonamento a titolo di coefficiente di rischio - in sede di ammissione della singola operazione finanziaria, esclusivamente sulla base dei dati contenuti nel modulo economico-finanziario del modello di valutazione. Con frequenza bimestrale, si provvede a correggere la consistenza degli accantonamenti prudenziali operati a valere sul Fondo in funzione dei dati della Centrale dei Rischi di Banca d’Italia[18].

Sono inoltre fatti salvi i casi di ammissibilità alla garanzia del Fondo senza valutazione del merito di credito, già previsti dall'articolo 6, comma 2, del D.M. 6 marzo 2017: ai sensi di tale norma, segnatamente, le start-up innovative e gli incubatori certificati, le operazioni di micro credito, quelle a rischio tripartito e quelle di importo estremamente ridotto - non superiore a 25 mila euro per singolo beneficiario, ovvero 35 mila euro se presentate da un garante autorizzato - sono ammissibili alla garanzia senza valutazione del merito di credito.

È anche fatta salva l’ammissione al Fondo senza valutazione per le operazioni di garanzia su finanziamenti di piccolo importo, fino a 30.000 euro, a favore di PMI e soggetti esercenti arti e professioni disposta dalla lettera m) dell’articolo in esame (lettera g), come sostituita in sede referente, che riproduce il testo dei primi tre periodi della lettera g) originaria).

La garanzia viene dunque concessa anche a favore di beneficiari finali (PMI) che presentano, alla data della richiesta di accesso, esposizioni nei confronti del finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate”[19], purché la classificazione non sia precedente alla data del 31 gennaio 2020 (lettera g-bis), inserita in sede referente, che riproduce il testo del quarto periodo della lettera g) originaria).

Secondo quanto introdotto nel corso dell’esame in sede referente (con la nuova lettera g-ter)), la garanzia è altresì concessacon esclusione della garanzia su finanziamenti con rinegoziazione del debito pregresso di cui alla precedente lettera e) - in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni classificate, prima del 31 gennaio 2020, come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate [20] e che sono state oggetto di misure di concessione.

In tale caso, il beneficio della garanzia è ammesso anche prima che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate ai sensi dell’art. 47-bis, par. 6, lett. b), del Reg. UE n. 575/2013[21], se, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le esposizioni non sono più classificabili come esposizioni deteriorate, non presentano importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione e il finanziatore, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza ai sensi del citato Reg. UE n. 575/2013 (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c)).

Trattandosi di disposizione introdotta nel corso dell’esame della legge di conversione del decreto-legge, appare opportuno valutare se le condizioni previste dalla disposizione in ordine allo stato delle esposizioni debitorie debbano sussistere al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, anziché – come previsto dalla norma - alla data di entrata in vigore di quest’ultimo.

Infine, si prevede che la garanzia sia concessa anche alle imprese che, successivamente al 31 dicembre 2019: sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale (di cui all'articolo 186-bis del R.D. n. 267/1942[22]), hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti (ai sensi dell'articolo 182-bis del R.D. [23]) o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (di cui all’articolo 67 del R.D.), purché, al 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del D.L.), le loro esposizioni non siano classificabili come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza, ai sensi di quanto previsto dal già citato Regolamento UE sui requisiti prudenziali per gli enti creditizi, Reg. UE n. 575/2013 (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c)).

Ai fini dell’ammissione alla garanzia non è necessario che sia trascorso un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate.

Sono, in ogni caso, escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria (lettera g-quater) inserita in sede referente, che riproduce il testo del quarto periodo della lettera g), già vigente);

§  ai sensi della lettera n), per i beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3,2 milioni di euro la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19 (come da dichiarazione autocertificata), si ammette il cumulo tra la garanzia del Fondo con un’ulteriore garanzia - concessa da confidi o altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, a valere sulle risorse proprie di tali garanti - sino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso (il carattere di novità del finanziamento è definito dalla norma).

Vale il principio – fissato nella già citata nuova disciplina europea sugli aiuti di Stato - per cui la garanzia è rilasciata per prestiti di importo non superiore, alternativamente, al doppio della spesa salariale annua del beneficiario (per il 2019 o per l'ultimo anno disponibile), ovvero al 25 per cento del fatturato totale del beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale o da altra idonea documentazione.

Il testo originario, prima della modifica in sede referente, disponeva che il prestito garantito fosse di importo non superiore al 25 percento dei ricavi.

In sede referente, è stata introdotta la previsione secondo la quale, nei casi di cessione o affitto di azienda con prosecuzione della medesima attività si considera altresì l’ammontare dei ricavi risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi o dall’ultimo bilancio depositato dal cedente o dal locatore.

Le Regioni, i Comuni, gli enti locali, le Camere di Commercio, anche per il tramite di Unioncamere, le Amministrazioni di settore, anche unitamente alle associazioni e gli enti di riferimento, possono conferire risorse al Fondo ai fini della costituzione di sezioni speciali finalizzate a sostenere l’accesso al credito, anche a favore di determinati settori economici o filiere d’impresa nonché, come precisato in sede referente, reti d’impresa. In Commissione, è stata anche introdotta la previsione secondo la quale nei finanziamenti di cui al periodo precedente, la garanzia è estesa esclusivamente alla quota di credito incrementale rispetto alle esposizioni pregresse (lett. n));

Il Fondo di garanzia per le PMI è alimentato prevalentemente, anche se non in via esclusiva, attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo è comunque già incrementata anche attraverso le risorse non statali. Secondo l’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, essa può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.A. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A., secondo modalità stabilite con decreto interministeriale, D.M. 26 gennaio 2012, come da ultimo modificato dal D.M. 1 giugno 2019[24]. A tale fine, operano le Sezioni speciali del Fondo, la cui istituzione è prevista dal citato D.M.[25] Attraverso l’utilizzo dei contributi da parte dei soggetti diversi dallo Stato, le misure di copertura del Fondo possono essere incrementate fino alla misura massima (all'80% dell'importo dell'operazione finanziaria, per la garanzia diretta; al 90% dell'importo garantito dal garante, per la riassicurazione e la controgaranzia)[26]. Il comma 6 dell’articolo in esame modifica l’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, ammettendo in via strutturale che le risorse del fondo possano essere integrate anche da privati (cfr. infra);

§  la lettera p) introduce la possibilità di concedere la garanzia anche su operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate dal soggetto finanziatore da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta e, comunque, in data successiva al 31 gennaio 2020. In tali casi, il finanziatore deve trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione attestante la riduzione del tasso di interesse applicata, sul finanziamento garantito, al soggetto beneficiario per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia;

§  la lettera p-bis) introdotta nel corso dell’esame in sede referente, prevede che per i finanziamenti di importo superiore ai 25.000 euro la garanzia è rilasciata con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento fino a 24 mesi.

 

Quanto all’attuazione dell’articolo qui in esame, il Fondo di garanzia PMI ha pubblicato sul proprio sito le disposizioni operative delle diverse misure previste dall’articolo in esame. Si rinvia, alla pagina web dedicata del Fondo (la pagina è in costante aggiornamento).

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stata poi introdotta, al comma 1, lettera n-bis), una ulteriore misura straordinaria e temporalmente limitata, fino al 31 dicembre 2020, sul rafforzamento patrimoniale dei Confidi.

Si ricorda al riguardo che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 54 della legge n. 147 del 2013) ha affidato al MISE, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, il compito di adottare misure volte a favorire i processi di crescita dimensionale e di rafforzamento della solidità patrimoniale dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi). Il decreto 3 gennaio 2017 ha finanziato la costituzione, presso i confidi, di un apposito e distinto fondo rischi, da utilizzare per concedere nuove garanzie pubbliche alle PMI associate, operanti in tutti i settori di attività economica su tutto il territorio nazionale. Si rinvia alla scheda informativa del MISE per ulteriori informazioni.

In particolare, la norma - previa autorizzazione della Commissione europea - consente ai Confidi (cioè i soggetti di cui all’art. 3 del D.M. 3 gennaio 2017) di imputare al fondo consortile, al capitale sociale, o ad apposita riserva, i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla L. n. 108/1996, esistenti alla data del 31 dicembre 2019.

Tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio netto, anche ai fini di vigilanza, dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione.

Le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea. La relativa delibera, da assumere entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio, è di competenza dell’assemblea ordinaria.

Si valuti l’opportunità di trasporre il contenuto della lettera n-bis), che introduce misure di rafforzamento patrimoniale dei Confidi, in un autonomo comma dell’articolo 13, posto che il comma 1 di tale articolo contiene una disciplina specificamente riferita al Fondo di garanzia PMI.

 

Il comma 2 introduce un’ulteriore norma straordinaria e transitoriamente efficace, fino al 31 dicembre 2020.

Si riconosce un’operatività rafforzata del Fondo per le garanzie su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza COVID-19, costituiti per almeno il 20 per cento da imprese aventi, alla data di inclusione dell’operazione nel portafoglio, un rating, determinato dal finanziatore/richiedente la garanzia, sulla base dei suoi modelli interni, non superiore alla classe “BB” della scala di valutazione Standard’s and Poor’s.

Vengono sostanzialmente introdotte percentuali di copertura più elevate, che passano da una garanzia all’80% ad una garanzia al 90% della tranche junior e da un innalzamento del cap alle prime perdite a carico del Fondo, fino al 18% dell’ammontare del portafogli, nel caso in cui esso abbia ad oggetto finanziamenti concessi per la realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e/o di programmi di investimenti.

Secondo la disciplina vigente -  D.M. 14 novembre 2017, come modificato dal D.M. 21 giugno 2019 -  è “Portafoglio di finanziamenti” un insieme di finanziamenti, riferiti ai soggetti beneficiari, aventi caratteristiche comuni quali la forma tecnica utilizzata, la finalità a fronte della quale il finanziamento è concesso, la durata dell’operazione, le garanzie accessorie richieste, ecc. Le “Tranche junior”: nella Tranched cover[27], è la quota del portafoglio di finanziamenti che sopporta le prime perdite registrate dal medesimo portafoglio.

Più nel dettaglio, si prevede che, fino al 31 dicembre 2020:

a)   l’ammontare massimo dei portafogli di finanziamenti è innalzato da 300 a 500 milioni;

b)   i finanziamenti devono avere le caratteristiche di durata e importo indicate dal nuovo quadro europeo sugli aiuti di Stato (previste dal comma 1, lett. c) dell’articolo, cfr. supra), e possono essere deliberati, perfezionati ed erogati dal soggetto finanziatore prima della richiesta di garanzia sul portafoglio di finanziamenti ma comunque successivamente al 31 gennaio 2020;

c)   i beneficiari sono ammessi senza la valutazione del merito di credito da parte del Gestore del Fondo;

d)   il punto di stacco e lo spessore della tranche junior del portafoglio di finanziamenti[28] sono determinati utilizzando la probabilità di default calcolata dal finanziatore/richiedente sulla base dei propri modelli interni;

e)   la garanzia è concessa a copertura di una quota non superiore al 90 per cento (anziché l’80 percento) della tranche junior del portafoglio di finanziamenti;

f)    la quota della tranche junior coperta dal Fondo non può superare il 15 percento (anziché il 7 percento) dell’ammontare del portafoglio di finanziamenti, ovvero il 18 percento (anziché l’8 percento) nel caso in cui il portafoglio abbia ad oggetto finanziamenti concessi a fronte della realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e/o di programmi di investimenti. È fatto salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 2, del D.M. 14 novembre 2017, che prevede già un incremento della copertura ordinaria del Fondo sulla tranche junior nel caso di apporto aggiuntivo di altri soggetti garanti;

g)   in relazione ai singoli finanziamenti inclusi nel portafoglio garantito, il Fondo copre il 90 percento (anziché l’80 percento) della perdita registrata sul singolo finanziamento;

h)   i finanziamenti possono essere concessi anche in favore delle imprese ubicate nelle regioni sul cui territorio è stata disposta la limitazione dell’intervento del Fondo di garanzia, alla sola controgaranzia dei fondi di garanzia regionali e dei consorzi di garanzia collettiva (in quanto esistenti sui territori in questione già fondi di garanzia regionali, cfr. infra).

 

Il comma 3 anticipa dal 31 dicembre 2020 al 10 aprile 2020 la data in cui cessa, in taluni territori regionali, la limitazione dell’intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia.

Si ricorda che l’articolo 18, comma 1, del D.L. 34/2019 ha abrogato la previsione, contenuta nell’articolo 18, lettera r) del D.Lgs. n. 112/1998, che consentiva di limitare, con delibera della Conferenza unificata Stato, regioni, città e autonomie locali, l’intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia nel territorio di regioni in cui fossero coesistenti Fondi regionali di garanzia. Il medesimo articolo 18, al comma 2, ha comunque previsto che per un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2020, continuasse ad applicarsi la predetta limitazione nelle regioni interessate. Il termine di tale periodo transitorio è stato qui anticipato al 10 aprile.

 

Ai sensi del comma 4, previa autorizzazione della Commissione europea circa il regime di aiuti, la garanzia dei confidi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa sui finanziamenti erogati alle PMI per la quota dei finanziamenti stessi non coperta dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica.

 

I commi 4-bis e 4-ter, inseriti nel corso dell’esame in sede referente, autorizzano le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura a concedere alle piccole e medie imprese contributi in conto commissioni di garanzia su operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione del Fondo di garanzia PMI, al fine di contenere i costi delle garanzie (comma 4-bis).

Le Camere di commercio possono operare anche tramite propri organismi consortili, con le risorse umane, finanziarie e strumentali esistenti a legislazione vigente, anche attraverso la costituzione di fondi appositi. Dall'attuazione delle disposizioni non devono comunque derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Con riferimento a quanto previsto dai commi 4-bis e 4-ter, si ricorda che il recente D.L. n. 34/2020, all’articolo 55, definisce la cornice normativa entro la quale – previa notifica e autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto, coerenti con  lo “State Aid Temporary Framework europeo, a valere su risorse proprie, sotto forma di garanzie sui prestiti alle imprese, per fronteggiare gli effetti derivanti dalla attuale emergenza.

Il successivo articolo 62 del D.L. n. 34/2020 dispone, quanto alle Camere di Commercio, che esse non possono concedere aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali e - per gli aiuti sotto forma di prestiti e garanzie - si applica quanto già disposto dall’articolo 125, comma 4, D.L. n. 18/2020.

 

Con riferimento ai commi 4-bis e 4-ter, si valuti l’opportunità di un coordinamento normativo con quanto già disposto dagli articoli 125, comma 4 del D.L. n. 18/2020, dagli articoli 55 e 62 del D.L. n. 34/2020, quanto agli aiuti concedibili dalle Camere di commercio alle imprese, sotto forma di prestiti e garanzie.

 

Il comma 5 riguarda l’acquisizione della documentazione antimafia da parte delle imprese che accedono al Fondo di garanzia.

La disposizione prevede che, se il rilascio della documentazione non è immediatamente conseguente alla consultazione della relativa banca dati nazionale unica, l’aiuto sia comunque concesso all’impresa sotto condizione risolutiva. Ciò comporta che se viene successivamente emessa una interdittiva antimafia, l’agevolazione sarà revocata (ai sensi dell’art. 92, commi 3 e 4, del Codice antimafia e dell’art. 9 del d.lgs. n. 123 del 1998) pur mantenendo l’efficacia della garanzia, a tutela del soggetto erogatore del finanziamento.

 

Si ricorda che in base all’art. 87 del c.d. Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011), il rilascio della documentazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della Banca dati nazionale unica quando non emerge a carico dei soggetti ivi censiti la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto ovvero anche il tentativo di infiltrazione mafiosa. In tali casi, la documentazione antimafia è rilasciata dalla Prefettura che può accertare la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati nazionale unica alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto agli accertamenti. Qualora tali verifiche diano esito positivo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia interdittiva ovvero, nel caso in cui le verifiche medesime diano esito negativo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia liberatoria attestando che la stessa è emessa utilizzando il collegamento alla banca dati nazionale unica.

Lo stesso Codice, all’articolo 92, commi 2-4, dispone che i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni sono corrisposti sotto condizione risolutiva e le PP.AA. e gli enti pubblici revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, nel caso di accertamento delle cause interdittive.

L’articolo 9 del D.Lgs. n. 123/1998 dispone che, in caso di assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, l’amministrazione competente provvede alla revoca degli interventi. In caso di revoca, degli interventi, si applica anche una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito.

 

Il comma 6 ripropone quanto già disposto dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020. Il comma– attraverso una novella all’articolo 11, comma 5, del D.L. n. 185/2008 – ammette che la dotazione del Fondo stesso possa essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.A. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A. – anche da soggetti privati.

 

Il comma 7 conferma quanto già disposto dal comma 3 dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Si prevede, segnatamente, che le garanzie su portafogli di finanziamenti nonché le garanzie su portafogli di minibond, siano concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurandosi comunque la sussistenza di un ammontare di risorse libere, destinate al rilascio di garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 per cento della dotazione disponibile del Fondo.

Con tale previsione viene dunque implicitamente modificato quanto previsto dall’articolo 39, comma 4, ultimo periodo del D.L. n. 201/2011, che invece rimette ad un decreto ministeriale attuativo l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia sui portafogli di finanziamenti[29].

Il comma 8 conferma quanto già disposto dal comma 4 dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Si dispone che gli operatori del micro credito iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del TUB di cui al D.Lgs. n. 141/2010[30], in possesso del requisito di micro piccola o media impresa, beneficiano della garanzia del Fondo di garanzia PMI, a titolo gratuito e nella misura massima dell’80 per cento dell’ammontare del finanziamento e - relativamente alle nuove imprese costituite o che hanno iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta della garanzia del Fondo e non utilmente valutabili sulla base degli ultimi due bilanci approvati - senza valutazione del merito di credito. La garanzia opera sui finanziamenti concessi da banche e intermediari finanziari finalizzati alla concessione, da parte dei medesimi operatori del micro credito, di operazioni di micro credito in favore di beneficiari come definiti dal medesimo articolo 111 e dal D.M. 17 ottobre 2014, n. 176 (Disciplina attuativa del microcredito).

 

Il comma 9 conferma quanto già disposto dal comma 5 dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020. Il comma - operando una novella all’articolo 111, comma 1, lettera a) del TUB (D.Lgs. n. 385/1993), eleva da 25 mila euro a 40 mila euro l’importo massimo delle operazioni di micro credito.

Viene demandato al Ministero dell’economia e delle finanze l’adeguamento alle nuove disposizioni del D.M. 17 ottobre 2014, n. 176, attuativo dell’articolo 111 del TUB.

 

Il comma 10 rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità previste dall’articolo in esame.

Il recente D.L. n. 34/2020, all’articolo 31, comma 2, rifinanzia di ulteriori 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, per le già previste finalità di potenziamento ed estensione del relativo ambito di operatività.

 

Il comma 11 prevede che le disposizioni transitorie e straordinarie previste dal comma 1 trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca, nonché, secondo quanto specificato in sede referente, delle imprese forestali, e dell'acquacoltura e dell'ippicoltura, nonché dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali.

Per tali finalità, il comma assegna all’ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

L’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102 del 2004 prevede che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

Si ricorda che il recente D.L. n. 34/2020, all’articolo 31, comma 3 assegna all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020 in relazione all'operatività delle garanzie che essa può prestare, in base alla legislazione vigente, a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

 

Il comma 12 abroga – come detto - l’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

Ai sensi del comma 13, modificato in sede referente, alla copertura degli oneri previsti dall’articolo in esame – quantificati in 1.829 milioni di euro per il 2020 – si provvede:

§  quanto a 1.580 milioni di euro per l’anno 2020, mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall’abrogazione dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, disposta dal successivo comma 12, e,

§  quanto a 249 milioni di euro per l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione delle - somme autorizzate per l’anno 2020 dall’articolo 56, comma 6, del D.L. n. 18/2020 - a titolo di rifinanziamento del medesimo Fondo di garanzia PMI.

L'articolo 56 del D.L. n. 18/2020 dispone misure di sostegno finanziario in favore delle micro imprese e delle piccole e medie imprese, in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il comma 6 prevede che le operazioni finanziarie siano ammesse, senza valutazione, alla garanzia del fondo di garanzia PMI mediante apposita sezione speciale del Fondo stesso. A tale sezione speciale è attribuita una dotazione di 1,73 miliardi di euro per il 2020. Tale importo viene ridotto dal provvedimento in esame, per ulteriori 35 milioni di euro, a parziale copertura degli interventi (finanziamenti all’istituto per il credito sportivo, articolo 14, comma 3) e di 16 milioni a copertura di misure in materia di lavoro (articolo 41, comma 4).

 

Si ricorda che l’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, abrogato dal comma 12 in esame, aveva stanziato per il Fondo di garanzia PMI 1.500 milioni per il 2020 e 80 milioni di euro per le garanzie ISMEA. Dunque, l’articolo 13 qui in esame, in aggiunta agli importi già stanziati dal D.L. 18/2020, prevede uno stanziamento aggiuntivo per il Fondo di garanzia PMI di 229 milioni e, per le garanzie ISMEA, di 20 milioni di euro.

 

 

 


 

Articolo 13-bis
(Fondo di prevenzione del fenomeno dell’usura)

 

 

L’articolo 13-bis, introdotto dalle Commissioni nel corso dell’esame in sede referente, destina al Fondo di prevenzione dell’usura il 20% cento dell’attivo del Fondo di sostegno alle vittime dell’usura. La disposizione opera per l’esercizio 2020 e in relazione all’attivo di esercizio del Fondo di sostegno delle vittime risultante alla data del 30 settembre 2020.

 

La disposizione prevede dunque un trasferimento di risorse dal fondo di sostegno delle vittime al fondo di prevenzione dell’usura.

 

A seguito del rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio, volta a prevedere - in luogo della prevista "destinazione" - la "riassegnazione" al Fondo di prevenzione del fenomeno dell’usura del 20% dell'attivo di esercizio del Fondo di solidarietà alle vittime, previo versamento delle somme all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Si ricorda che la legge n. 108 del 1996 (Disposizioni in materia di usura) ha disciplinato due distinti fondi:

§  all’art. 14, il Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura, istituito presso l'ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket, attraverso il quale sono erogati mutui agevolati a favore di imprenditori vittime di usura che si siano costituiti parti offese nel relativo procedimento penale. Il Fondo è alimentato da uno stanziamento a carico del bilancio dello Stato, dalle confische collegate ai delitti di usura e da donazioni e lasciti da chiunque effettuati. La legge n. 10 del 2011 ha unificato nel Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura i preesistenti Fondi di solidarietà per le vittime dell’usura e della mafia. Inoltre, con l’art. 14 della legge n. 122 del 2016 il Fondo è destinato anche all’indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti. Le risorse del Fondo sono appostate nello stato di previsione del Ministero dell’Interno (tab. 8), nel cap. 2341. Nel bilancio 2020 tale capitolo registra uno stanziamento pari a 38 milioni di euro, che corrispondono al contributo versato dallo Stato. In realtà, però, le dinamiche di alimentazione del Fondo, al quale contribuiscono massicciamente le risorse versate sul capitolo 2341 dalla CONSAP e relative al contributo pari allo 0,1 % dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), fanno sì che la concreta disponibilità di risorse annuali sia molto più cospicua: ad esempio, nel bilancio 2018 sul capitolo era iscritto uno stanziamento per 14,5 mln, che sono divenuti 139,6 milioni nel rendiconto 2018;

§  all’art. 15, il Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura, istituito presso il Ministero dell’Economia, e finalizzato a far accedere al credito più agevolmente le imprese e le famiglie in difficoltà economica. Il Fondo è gestito dal Dipartimento del Tesoro tramite i Confidi, le fondazioni e le associazioni che, grazie ai contributi del Fondo (il 30% delle risorse del fondo va a queste organizzazioni), riescono ad arrivare capillarmente sul territorio. Le garanzie prestate dagli enti gestori del fondo per la prevenzione dell’usura favoriscono l’accensione di prestiti del circuito bancario sviluppando il circuito legale del credito e prevenendo così l’esclusione finanziaria di soggetti deboli che altrimenti potrebbero rivolgersi agli usurai (il 70% delle risorse del fondo è destinato a questa finalità). L’ammontare del Fondo varia di anno in anno e si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative antiriciclaggio e valutarie. Il Rapporto sul Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura illustra in dettaglio il funzionamento del Fondo i criteri di assegnazione delle risorse ai soggetti gestori, le attività di comunicazione e di divulgazione, la distribuzione territoriale degli enti e le loro performance a livello di macro aree e a livello nazionale.

 

Calcolato alla data del 30 settembre 2020 l’attivo di esercizio del Fondo di solidarietà, gestito dal Ministero dell’Interno, il 20 per cento di tale attivo dovrà essere trasferito al Fondo di prevenzione gestito dal Ministero dell’Economia.


 

Articolo 13-ter
(Microcredito)

 

 

L’articolo 13-ter, introdotto in sede referente, autorizza i Confidi (di cui all’articolo 112 del TUB, (D. Lgs. n. 385/1993) a detenere partecipazioni negli operatori di microcredito.

 

L’articolo 111 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993), relativo al micro credito, al comma 1, dispone che i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche:

a) siano di ammontare non superiore a euro 40 mila euro (come previsto dall’articolo 13, comma 9 del decreto legge in esame, cfr. relativa scheda di lettura) e non siano assistiti da garanzie reali;

b) siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro;

c) siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.

Il comma 2 detta le condizioni cui è subordinata l'iscrizione dei predetti soggetti nell'elenco (forma di società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperativa; capitale versato, requisiti di onorabilità dei soci di controllo o rilevanti, stabiliti con regolamento ministeriale attuativo, D.M. n. 176/2014, oggetto sociale limitato alle sole attività di micro credito, nonché alle attività accessorie e strumentali, presentazione di un programma di attività).

 

I confidi - consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi – sono i soggetti che, ai sensi della cosiddetta legge sui confidi (art. 13 del decreto-legge n. 269 del 2003), svolgono l'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi e i servizi connessi o strumentali a favore delle piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge. La garanzia dei confidi è rappresentata da un fondo al quale contribuiscono tutti i soci del consorzio.

I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, come definite dalla disciplina comunitaria, nonché da liberi professionisti (articolo 13, comma 8, del decreto-legge n. 269 del 2003).

Il D.Lgs. n. 141 del 2010, attuativo della direttiva n. 48/2008 in tema di credito al consumo, ha riformato la disciplina relativa ai confidi, confermando la previsione di due distinte tipologie di confidi sottoposti a regimi di controllo differenziati: i confidi maggiori vigilati dalla Banca d'Italia e i confidi minori che devono essere iscritti in un elenco gestito da un apposito Organismo.

I confidi maggiori, con volumi di attività pari o superiori ai 150 milioni di euro, sono autorizzati all'iscrizione nell'albo unico degli intermediari finanziari (art. 106 del TUB), previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina.

I confidi minori esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi, e devono essere iscritti in un nuovo elenco dei confidi, anche di secondo grado, tenuto da un organismo disciplinato dal D.M. 23 dicembre 2015, n. 228.

La legge n. 150 del 2016, contenente la delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi, intendeva favorire l'accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e per i liberi professionisti tramite la valorizzazione del ruolo dei confidi, la semplificazione degli adempimenti e il contenimento dei costi a loro carico. Tuttavia il Governo, rispondendo il 2 agosto 2017 alla interrogazione n. 5/12021 alla Camera ha evidenziato una serie di criticità nella predisposizione dei decreti attuativi. E' quindi decorso il temine per l'esercizio della delega per la riforma dei confidi, senza che essa sia stata esercitata.

Si ricorda inoltre che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 54 della legge n. 147 del 2013) ha affidato al MISE, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, il compito di adottare misure volte a favorire i processi di crescita dimensionale e di rafforzamento della solidità patrimoniale dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi). Il decreto 3 gennaio 2017 ha finanziato la costituzione, presso i confidi, di un apposito e distinto fondo rischi, da utilizzare per concedere nuove garanzie pubbliche alle PMI associate, operanti in tutti i settori di attività economica su tutto il territorio nazionale. Si rinvia alla scheda informativa del MISE per ulteriori informazioni.

Nel corso dell’esame in sede referente del decreto in esame è stata introdotta all’articolo 13, comma 1, lett. n-bis) una ulteriore misura straordinaria e temporalmente limitata, fino al 31 dicembre 2020, sul rafforzamento patrimoniale dei Confidi.

In particolare, si autorizzano i Confidi (soggetti di cui all’art. 3 del D.M. 3 gennaio 2017) a imputare i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici al fondo consortile, esistenti alla data del 31 dicembre 2019, al capitale sociale o ad apposita riserva, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali ai Confidi ai sensi della legge n. 108/1996.

Tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio netto, anche ai fini di vigilanza, dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione.

Le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie delle banche o dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo, né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea. La relativa delibera, da assumere entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio, è di competenza dell’assemblea ordinaria.


 

Articolo 14
(Finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo per le esigenze di liquidità e concessione di contributi in
conto interessi sui finanziamenti)

 

 

L'articolo 14 prevede l'estensione delle facoltà operative del Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva e del Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi, entrambi gestiti e amministrati dall'Istituto per il credito sportivo, alle operazioni di liquidità. A tal fine, si assegna, per l'anno 2020, una dotazione di 30 milioni di euro al primo Fondo e di 5 milioni di euro al secondo.

 

In particolare, il comma 1 dispone che il Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva di cui all’articolo 90, comma 12, della legge finanziaria 2002 (legge n. 289 del 2002) può prestare garanzia, fino al 31 dicembre 2020, sui finanziamenti erogati dall’Istituto per il credito sportivo o da altro istituto bancario per le esigenze di liquidità delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche iscritte al registro di cui all’articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 242 del 1999.

A tali fini, è costituito un apposito comparto del predetto Fondo con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2020, per la cui gestione è autorizzata l’apertura di un conto corrente di tesoreria centrale intestato all’Istituto per il Credito Sportivo su cui sono versate le predette risorse per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.

 

Come precisato dalla relazione illustrativa, si tratta di un ampliamento dell'operatività del Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva poiché i finanziamenti per operazioni di liquidità (pagamenti di fatture, salari, canoni di locazione, imposte e così via) sono attualmente esclusi dall'ambito di azione del Fondo. Secondo il Governo, la misura si giustifica in considerazione del fatto che le misure di contenimento del contagio hanno pesantemente inciso sui ricavi dei soggetti operanti nel mondo dello sport.

Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce alcuni dati sulla platea di riferimento. Secondo i dati contenuti nel rapporto CONI sui Numeri dello sport riferito all’anno 2018, le società iscritte al Registro CONI sono 110.409, mentre i rapporti di affiliazione che caratterizzano lo sport dilettantistico sono 139.917.

Il Governo precisa infine che l’agevolazione in esame non si sovrappone a quanto già previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020, a vantaggio del Fondo centrale di garanzia PMI. Il Fondo di garanzia per l’impiantistica sportiva opera, infatti, prevalentemente con soggetti di natura dilettantistica (associazioni e società sportive dilettantistiche), enti morali e federazioni sportive (titolari di circa il 94,6% dei mutui ammessi), i quali non possono accedere alla garanzia del Fondo centrale di garanzia per le PMI riservato alle imprese iscritte all’apposito registro presso le Camere di Commercio.

 

Nella relazione tecnica, il Governo stima che, in funzione della rischiosità valutata, la dotazione proposta di 30 milioni di euro sia idonea a supportare finanziamenti sino a 90 milioni di euro, con una leva pari a tre.

 

L'Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal D.P.R. 20/10/2000, n. 453, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. Si tratta quindi di una banca pubblica che opera ai sensi e per gli effetti dell’articolo 151 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario). Finalità dell'Istituto è quella di erogare, a favore di soggetti pubblici e privati, finanziamenti a medio e lungo termine, volti alla progettazione, costruzione, ampliamento e miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle aree e degli immobili relativi a dette attività. Alle menzionate finalità l'Istituto provvede con le risorse derivanti del proprio patrimonio e con l'emissione di obbligazioni.

Il patrimonio dell'Istituto, la cui consistenza è accertata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, tenendo conto dei diritti eventualmente acquisiti dai soggetti partecipanti al fondo di dotazione, è costituito:

a)    dal fondo di dotazione, conferito dai partecipanti, nonché dal fondo di garanzia, conferito dal CONI;

b)   dal fondo patrimoniale di cui al quarto comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive modificazioni;

c)    dalle riserve.

Dai dati più recenti, riportati dal bilancio dell'esercizio finanziario 2018, risulta un patrimonio netto di circa 860 milioni di euro e un utile di esercizio pari a circa 13 milioni di euro.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo esercita sull'Istituto la vigilanza a norma dell'articolo 157, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1998, dell'articolo 2, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 368 del 1998, e dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 300 del 1999. Il Ministero dell'economia e delle finanze esercita i poteri di vigilanza per quanto di propria competenza.

 

     In forza dell'articolo 7 (Fondi Speciali) del vigente Statuto, l’Istituto gestisce e

amministra a titolo gratuito due Fondi Speciali, di titolarità dello Stato:

a)    Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti all’impiantistica sportiva;

b)   Fondo di Garanzia ex lege n. 289/02 per l’impiantistica sportiva.

Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti all’impiantistica sportiva

L’Istituto può concedere contributi in conto interessi sui finanziamenti per finalità sportive, anche se accordati da altre banche e dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., utilizzando, nel rispetto delle procedure fissate dal Comitato di Gestione dei Fondi Speciali, le disponibilità di un Fondo speciale costituito presso l’Istituto

medesimo, previsto dall’articolo 5 della legge n. 1295 del 1957 e alimentato con il versamento da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dell’aliquota a esso spettante, a norma dell’articolo 5 del Regolamento di cui al decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 19 giugno 2003, n. 179, nonché con l'importo dei premi riservati al CONI a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 496 del 1948, colpiti da decadenza.

I contributi sono concessi previo parere tecnico del CONI sul progetto. Alla fine dell'esercizio finanziario 2018, il Fondo speciale per i contributi presentava una disponibilità di 194,2 milioni di euro.

Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 653) ha incrementato, per il 2019, le risorse del Fondo per la concessione di contributi in conto interessi sui mutui per finalità sportive nella misura di 12,8 milioni di euro a valere sulle disponibilità iscritte nel bilancio dell'Istituto per il credito sportivo.

 

Fondo di Garanzia ex lege n. 289/02 per l’impiantistica sportiva

Ai sensi dell’articolo 90, comma 12, della legge n. 289 del 2002, presso l’Istituto è istituito il Fondo di Garanzia per la fornitura di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l’acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive, nonché di ogni altro soggetto pubblico e privato che persegua anche indirettamente finalità sportive.

Il Fondo è gestito in base a criteri approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, o dall’Autorità di Governo con la delega allo sport, ove nominata, su proposta dell’Istituto, sentito il CONI.

Al Fondo possono essere destinati nuovi apporti conferiti direttamente o indirettamente dallo Stato e da Enti Pubblici.

Le disponibilità dei Fondi Speciali di cui al precedente articolo 7, previa deliberazione del Comitato di Gestione dei Fondi Speciali, possono essere depositate su conti correnti accesi presso l’Istituto o altre banche e possono essere investite in titoli, emessi o garantiti dallo Stato o da altre entità sovranazionali, o in quote di fondi comuni di investimento. I Fondi Speciali devono, peraltro, assicurare in ogni momento le disponibilità liquide sufficienti per l'erogazione dei contributi concessi e per l’assolvimento delle obbligazioni a fronte delle garanzie prestate.

I proventi netti dei suddetti investimenti, così come periodicamente accertati dal Comitato di Gestione dei Fondi Speciali, sono portati a incremento dei Fondi medesimi.

Al termine dell'esercizio finanziario 2018, il Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva presentava una consistenza di 59,3 milioni di euro.

 

Il comma 2 prevede inoltre che il Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti all’impiantistica sportiva di cui all’articolo 5, comma 1, della legge n. 1295 del 1957 (si veda il box precedente), può concedere contributi in conto interessi, fino al 31 dicembre 2020, sui finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo o da altro istituto bancario per le esigenze di liquidità delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate, degli Enti di Promozione Sportiva, delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche iscritte nel registro di cui all’articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 242 del 1999, secondo le modalità stabilite dal Comitato di Gestione dei Fondi Speciali dell’Istituto per il Credito Sportivo. Per tale funzione è costituito un apposito comparto del Fondo dotato di 5 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Nella relazione tecnica il Governo precisa che lo stanziamento di 5 milioni di euro del comparto speciale del Fondo contributi per gli interessi è congruo per il totale abbattimento della quota interessi di 90 milioni di euro di finanziamenti di durata quinquennale al tasso fisso del 2%.

 

Il comma 3 individua la copertura degli oneri derivanti dal presente articolo, pari, in termini di saldo netto e di indebitamento netto, secondo quanto specificato in recepimento di una condizione della Commissione Bilancio della Camera - a 35 milioni di euro per l’anno 2020, nella corrispondente riduzione delle somme di cui all’articolo 56, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020, (dotazione di 1,73 miliardi di euro dell'apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI colpite dalla crisi COVID-19) e a 5 milioni di euro per l’anno 2020, in termini di fabbisogno, mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 13, comma 12, del decreto-legge in esame che abroga l’articolo 49, comma 8, del decreto-legge n. 18 del 2020, che prevedeva un trasferimento ad ISMEA.

 

Per una rassegna degli interventi più recenti in materia di impianti sportivi e promozione dello sport, si rinvia al dossier curato nell'ambito dei temi della Camera.

 


 

Articolo 14-bis
(Proroga del Programma nazionale triennale
della pesca e dell’acquacoltura)

 

 

L’articolo 14-bis – introdotto in sede referente – proroga al 31 dicembre 2021 il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019.

 

Nel dettaglio, l’articolo aggiuntivo in commento dispone la proroga al 31 dicembre 2021 del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019, di cui all'articolo 2, comma 5-decies del decreto-legge n.?225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.?10 del 2011, già prorogato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 517, della legge n.?160 del 2019 (legge di bilancio 2020).

 

A mente del citato art. 2, comma 5-decies del dl 225/2010, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, adotta il Programma nazionale triennale della pesca, contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria.

Si ricorda che il citato art. 1, comma 517 della legge di bilancio 2020 ha già prorogato al 31 dicembre 2020 il suddetto Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019, adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 28 dicembre 2016.

Il Programma triennale 2017-2019 ha le proprie risorse distribuite in più capitoli di spesa del MIPAAF (capp. 1173, 1414, 1415, 1418, 1477, 1488 e 7043).

Le risorse complessive assegnate, in conto competenza, al suddetto Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura sono state di circa 3 milioni di euro per il 2017 e di altrettanti per il 2018 e di circa 15 milioni di euro per il 2019 (dopo che la legge di bilancio 2018, n. 205 del 2017, all'art. 1, comma 123, ha previsto l'integrazione, per l'anno 2019, di 12 milioni di euro della dotazione finanziaria del predetto Programma).

Il decreto di ripartizione in capitoli del bilancio 2020-2022 ha previsto risorse, per i suddetti capitoli, nella seguente misura:

§  cap. 1173 (Spese per missioni connesse all’attuazione del Piano triennale per la pesca), circa 85 mila euro per ciascun anno del triennio;

§  cap. 1414 (Spese di gestione e di funzionamento del sistema di statistiche per la pesca), circa 11 mila euro per il 2020;

§  cap. 1415 (Spese per l’attuazione del sistema di rilevazione sugli andamenti congiunturali di mercato e sui consumi in materia di pesca e di acquacoltura), circa 22 mila euro per il 2020;

§  cap. 1418 (Spese connesse all’attuazione del programma in relazione agli strumenti assicurativi finanziari, stato delle ricerche e metodi di divulgazione delle stesse), non presenta risorse;

§  cap. 1477 (Spese a favore delle associazioni di categoria e organismi specializzati per la realizzazione di programmi di sviluppo del settore della pesca ed in particolare nel campo della formazione, informazione e qualificazione professionale), circa 4.6 milioni di euro per il 2020 e circa 1,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022;

§  cap. 1488 (Spese connesse alla promozione dell’associazionismo sindacale e al finanziamento di opportunità occupazionali), circa 270 mila euro per ciascun anno del triennio;

§  cap. 7043 (Contributi per la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla pesca marittima), circa 1 milione di euro per ciascun anno del triennio.


 

Articolo 14-ter
(Proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune in servizio pubblico)

 

 

L’articolo 14-ter, introdotto in Commissione, dispone la proroga di dodici mesi per gli adempimenti tecnici ed amministrativi relativi agli impianti a fune per garantire la continuità del servizio di trasporto pubblico e dispone che per il 2020 non sia obbligatoria la partecipazione dell’Autorità di sorveglianza alle verifiche ed alle prove periodiche.

 

L’articolo 14-ter sostituisce la disciplina di proroga recentemente disposta dall’art. 62-bis del D.L. n. 18/2020, che viene conseguentemente abrogato dal comma 5.

In dettaglio il comma 1 dispone che le scadenze relative alle revisioni generali e speciali quinquennali, nonché quelle relative agli scorrimenti e alle sostituzioni delle funi e al rifacimento dei loro attacchi di estremità, siano prorogate di dodici mesi.

La proroga è subordinata alla trasmissione all'Autorità di sorveglianza, prima delle suddette scadenze, da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio, di una dettagliata e completa relazione in merito ai controlli effettuati, ai provvedimenti adottati e all'esito delle verifiche e delle prove eseguite, contenente l'attestazione della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico.

 

In base al comma 2, ai fini del comma 1, per l'anno 2020 non è obbligatoria la partecipazione dell'Autorità di sorveglianza alle verifiche e alle prove periodiche da effettuare da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio o dell'assistente tecnico.

 

Il comma 3 dispone inoltre che le scadenze relative ai termini di inizio e di conclusione delle opere di realizzazione di impianti a fune per le quali è già stata rilasciata l'approvazione dei progetti sono prorogate di dodici mesi.

 

Il comma 4 rinvia la definizione delle procedure di attuazione dei commi 1, 2 e 3 ad un regolamento adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Il comma 5 abroga conseguentemente l'articolo 62-bis del decreto-legge, n. 18/2020, che aveva disposto una diversa disciplina, prorogando di dodici mesi i termini relativi allo svolgimento nell'anno 2020 delle attività previste relativamente agli impianti a fune qualora non fosse possibile procedere alle verifiche ed al rilascio delle autorizzazioni di competenza dell'Autorità di sorveglianza entro i termini previsti dai decreti indicati, ferma restando la certificazione da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico.

 

Si ricorda che in materia di impianti a fune le disposizioni che prevedono gli adempimenti tecnici ed i controlli sono contenute principalmente nei seguenti decreti e norme:

§  il decreto MIT n. 203 del 1 dicembre 2015, che contiene le norme regolamentari per le revisioni periodiche, gli adeguamenti tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari, sciovie e slittinovie destinate al trasporto di persone; tale decreto stabilisce la vita tecnica di ogni impianto a fune, distinguendo tra quelli costruiti prima e dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 210/2003, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2000/9/CE, poi sostituita dal regolamento UE n. 424 del 9 marzo 2016, applicabile dal 21 marzo 2018, che prevede che i requisiti essenziali e le procedure di valutazione della conformità debbano essere identici in tutti gli Stati membri e stabilisce pertanto le norme sulla messa a disposizione sul mercato e la libera circolazione dei sottosistemi e dei componenti di sicurezza destinati agli impianti a fune, nonché le norme per la progettazione, la costruzione e la messa in servizio degli impianti a fune nuovi;

§  il decreto dirigenziale MIT n.144 del 2016, relativo agli impianti aerei e terresti ed alle prescrizioni relative alle funi, poi integrato dal decreto dirigenziale MIT 29 maggio 2019, n. 189 in materia di impianti aerei e terrestri, contenente le disposizioni tecniche per l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone ed i regolamenti di esercizio per le diverse tipologie di impianto.

 

Si ricorda che in materia è intervenuto anche l'art. 43, comma 5-bis, D.L. n. 50/2017, per l’esercizio degli skilift siti nel territorio delle regioni Abruzzo e Marche, con proroga di un anno, poi estesa al 2019 dall’articolo 1, comma 1135, lett. c), della legge di bilancio n. 145/2018;  successivamente l'art. 9-bis del D.L. 123 del 2019 ha prorogato al 31 dicembre 2020 la vita tecnica di tali impianti, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali.

 


Capo III
Disposizioni urgenti in materia di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica

 


Articolo 15
(Modifiche alla disciplina dei poteri speciali
(cd.
golden power))

 

 

L'articolo 15 apporta modifiche alla disciplina dei poteri speciali del Governo (cd. golden power).

In primo luogo, intervenendo sull'articolo 4-bis, comma 3, del decreto legge n. 105 del 2019, si estende l'ambito di applicazione degli obblighi di notifica (previsti dall'articolo 2, comma 5, del decreto legge n. 21 del 2012) relativi all'acquisto, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, di partecipazioni di rilevanza tale da determinare il controllo di imprese che detengono beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ulteriori rispetto a quelli nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, includendovi tutti i fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452.

Nel corso dell’esame in sede referente, l’ambito di applicazione è stato ulteriormente esteso al settore sanitario, per quanto riguarda la produzione, l’importazione e distribuzione all’ingrosso di dispositivi medicali, medico chirurgici e di protezione individuale.

Per contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, le norme estendono  temporaneamente - fino al 31 dicembre 2020 - l'ambito di applicazione degli obblighi di notifica e dei poteri speciali previsti dall'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni, nonché agli ulteriori attivi strategici connessi ai fattori critici elencati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452.

In particolare si estende, fino al 31 dicembre 2020, l'ambito di applicazione dell'obbligo di notifica di specifiche delibere, atti od operazioni e del relativo potere di veto esercitabile dal Governo, sia con riferimento agli attivi strategici, includendo tutti quelli connessi ai fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, compresi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, sia  con riferimento all'oggetto di delibere, atti od operazioni, includendo tutte quelle che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi o il cambiamento della loro destinazione, a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea.

Con una ulteriore modifica si estende, fino al 31 dicembre 2020, l'ambito di applicazione dell'obbligo di notifica dell'acquisto di partecipazioni e dei relativi poteri esercitabili dal Governo (imposizione di impegni e condizioni e opposizione all'acquisto) sia con riferimento agli attivi strategici, includendo tutti quelli connessi ai già menzionati fattori critici, compresi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, sia con riferimento alle operazioni di acquisto di partecipazioni, includendo quelle che abbiano per effetto l'assunzione del controllo da parte di qualunque soggetto estero, anche appartenente all'Unione europea, nonché quelle che attribuiscano una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10, 15, 20, 25 e 50 per cento da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, a prescindere dall'assunzione del controllo societario.

Si include, fino al 31 dicembre 2020, fra i criteri per determinare se un investimento estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, la circostanza che l'acquirente della partecipazione sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, compresi organismi statali o forze armate, di un Paese appartenente all'Unione europea, anche attraverso l'assetto proprietario o finanziamenti consistenti.

Le norme in esame stabiliscono, infine, che le disposizioni aventi vigenza temporanea (fino al 31 dicembre 2020) si applichino nei confronti di delibere, atti o operazioni, nonché di acquisti di partecipazioni per i quali l'obbligo di notifica sia sorto nel predetto arco temporale, ancorché la notifica sia intervenuta successivamente o sia stata omessa. I relativi atti e i provvedimenti connessi all'esercizio dei poteri speciali restano validi anche successivamente al termine di cui al 31 dicembre 2020 e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi successivamente al decorso del predetto termine.

 

 

L'articolo 15 del decreto in esame modifica l'articolo 4-bis, comma 3, del decreto legge n. 105 del 2019 che ha innovato la disciplina dei poteri speciali esercitabili dal Governo disposta dal decreto legge n. 21 del 2012.

 

Per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto legge n. 21 del 2012, come successivamente modificato nel tempo, la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo anche per aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea con riferimento al previgente assetto legislativo nazionale. Il decreto ha riformato tale assetto determinando l'archiviazione della procedura di infrazione da parte della Commissione europea il 15 febbraio 2017, in quanto la nuova disciplina italiana è stata ritenuta compatibile con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il decreto n. 21 del 2012 definisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei poteri speciali.

Tali poteri si sostanziano principalmente nella facoltà di porre il veto rispetto all'adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese che gestiscono attività strategiche in specifici settori, di dettare impegni e condizioni in caso di acquisito di partecipazioni in tali imprese, ovvero di opporsi all'acquisto delle medesime partecipazioni. Tali poteri riguardano i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori da individuare con norme regolamentari fra quelli indicati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452. Specifici poteri sono stati introdotti anche con riferimento alle operazioni che incidono sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G).

L'esercizio dei poteri speciali è disciplinato dalla legge ed è assistito da obblighi di notifica e informazione applicabili alle imprese che gestiscono attivi strategici, con riferimento a specifiche delibere, atti e operazioni, nonché ai soggetti che acquistano partecipazioni rilevanti nelle medesime imprese. L'inosservanza degli obblighi di notifica o l'inadempimento di impegni e condizioni derivanti dall'esercizio dei poteri sono, di norma, puniti con specifiche sanzioni amministrative pecuniarie.    

Per ulteriori approfondimenti sull'evoluzione e sui contenuti della relativa disciplina, si rinvia alla ricostruzione contenuta nel focus pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

In sintesi, si rappresenta che il decreto legge n. 148 del 2017 ha modificato ed esteso la disciplina dell'esercizio dei poteri speciali del Governo con riferimento alla governance di società considerate strategiche, ampliando anche i settori ai quali i poteri speciali risultano applicabili (energia, trasporti, comunicazioni, nonché al settore della cd. alta intensità tecnologica).

Successivamente, il decreto legge n. 22 del 2019 ha introdotto disposizioni specifiche in tema di poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G). Tale norma qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.

Il decreto legge n. 64 del 2019 ha ulteriormente modificato le norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 settembre 2019, ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali ai sensi di tale provvedimento, con riferimento ad alcune operazioni riguardanti le comunicazioni elettroniche basate sulla tecnologia 5G e l’acquisizione di componenti ad alta intensità tecnologica. Tuttavia, alla luce della mancata conversione in legge, l'atto è decaduto il 9 settembre 2019. Si segnala inoltre che, nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 75 del 2019 è stato approvato un emendamento al medesimo disegno di legge con il quale si prevede la sanatoria degli effetti del decreto legge n. 64 del 2019. Per approfondimenti sulle disposizioni di tale ultimo decreto si rinvia al dossier predisposto dai servizi di Camera e Senato.

In seguito, nel corso dell'esame parlamentare del decreto legge n. 105 del 2019, i contenuti del decreto legge n. 64 del 2019 sono stati parzialmente ripresi mediante l'introduzione dell'articolo 4-bis. L'articolo 4-bis ha riproposto le seguenti modifiche al decreto legge n. 21 del 2012:

§  è stato esteso il termine per l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, con contestuale incremento degli elementi informativi resi dalle imprese detentrici degli asset strategici;

§  è stato ampliato l'oggetto di alcuni poteri speciali;

§  sono stati modificati e integrati gli obblighi di notifica finalizzati all'esercizio dei poteri speciali;

§  è stata modificata la disciplina dei poteri speciali in tema di tecnologie 5G, per rendere il procedimento sostanzialmente simmetrico rispetto a quello per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;

§  è stato ridefinito il concetto di "soggetto esterno all'Unione europea" e sono stati precisati i criteri per determinare se un investimento estero è suscettibile di incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

Inoltre, l'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 ha previsto l'introduzione di ulteriori circostanze che il Governo può tenere in considerazione, per l'esercizio dei poteri speciali, nel caso in cui l'acquirente di partecipazioni rilevanti sia un soggetto esterno all'Unione europea. È stata sottoposta all'obbligo di notifica l'acquisizione a qualsiasi titolo (in luogo del solo acquisto) di beni o servizi relativi alle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea. È stato consentito l'aggiornamento dei regolamenti che individuano gli attivi di rilevanza strategica tramite decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in luogo di decreti del Presidente della Repubblica, anche in deroga alle procedure previste dalla legge n. 400 del 1988, semplificando contestualmente la procedura per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti. È stata, infine, disciplinata la notifica riguardante delibere, atti e operazioni relativi a specifici asset di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni, in presenza di condizioni particolari relative alla provenienza dell'acquirente ovvero agli effetti delle operazioni compiute.

 

Sulla disciplina dei poteri speciali incidono inoltre gli articoli 16 e 17 del disegno di legge in esame, alle cui schede di lettura si fa rinvio.

 

Il comma 1 dell'articolo 15 sostituisce integralmente il comma 3 dell'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019, disponendo che, fino alla data di entrata in vigore del primo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1-ter, del decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, sono soggetti alla notifica di cui al comma 5 dell'articolo 2 dello stesso, l'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e), del regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo.

Nel corso dell’esame in sede referente, l’ambito di applicazione è stato ulteriormente esteso al settore sanitario, per quanto riguarda la produzione, l’importazione e distribuzione all’ingrosso di dispositivi medicali, medico chirurgici e di protezione individuale.

 

Pertanto, in considerazione della mancata adozione dei regolamenti previsti dall’articolo 2, comma 1-ter, i quali, come indicato nella relazione illustrativa, sono in corso di finalizzazione e dovranno essere sottoposti ai pareri delle Commissioni parlamentari, viene esteso l'ambito di applicazione degli obblighi di notifica previsti dall'articolo 2, comma 5, del decreto legge n. 21 del 2012, con riferimento ai beni e ai rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ulteriori rispetto a quelli nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, includendo gli attivi strategici relativi a tutti i fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452.

Il comma 3 dell'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 aveva stabilito che, fino all'entrata in vigore delle norme secondarie (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) da adottare ai sensi dell'articolo 2, comma 1-ter, del decreto legge n. 21 del 2012, dovesse essere oggetto di notifica (al Governo) di cui al comma 5 del medesimo articolo 2, l'acquisto a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti nei settori delle infrastrutture e delle tecnologie critiche, come definiti dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento (UE) n. 452 del 2019, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente, in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF).

Il comma 3 ha previsto altresì che, a seguito della notifica, trovino applicazione i commi 5, 5-bis e 6, dell'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012, che disciplinano gli obblighi di notifica in caso di acquisto a qualsiasi titolo da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono gli attivi individuati come strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e degli ulteriori settori di cui al comma 1-ter, e il relativo potere di imporre condizioni e impegni o l'opposizione all'acquisto.

 

Il comma 1-ter dell’articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012 prevede che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri possano essere individuati, ai fini della verifica in ordine alla sussistenza di un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico, compreso il possibile pregiudizio alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ulteriori rispetto a quelli (individuati sempre con decreto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1) nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

L'individuazione di beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale ulteriori rispetto a quelli appena citati, è riferita ai fattori critici di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452 sul controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione, che ha disciplinato, tra l'altro, il dialogo tra autorità nazionali e Commissione europea.

Il Regolamento ha come scopo la creazione di un sistema comune di monitoraggio sugli investimenti esteri per tutelare le attività strategiche e controllare le operazioni con potenziale impatto su sicurezza e ordine pubblico in Europa. Viene fatta salva la competenza esclusiva degli Stati per la sicurezza nazionale e il loro diritto di tutelare gli interessi essenziali della propria sicurezza (articolo 1).

Viene creato un meccanismo di cooperazione attraverso il quale gli Stati membri e la Commissione dialogano per scambiarsi informazioni e affrontare questioni relative ad alcuni settori (articoli 6 e 7).

In particolare, gli Stati Membri devono notificare alla Commissione e agli altri Stati Membri tutti gli investimenti esteri diretti nel loro territorio che sono oggetto di un controllo in corso, con specifici obblighi informativi. Uno Stato membro che ritenga debitamente che un investimento estero diretto nel suo territorio possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico può infatti chiedere alla Commissione di emettere un parere o agli altri Stati membri di formulare osservazioni.

È possibile che gli Stati, a specifiche condizioni, formulino reciproche osservazioni. La Commissione può formulare pareri su investimenti diretti esteri ritenuti pregiudizievoli per progetti o programmi di interesse per l'Unione per motivi di sicurezza o ordine pubblico. Inoltre, la Commissione europea può emettere un parere destinato allo Stato che effettua il controllo se ritiene che un investimento diretto estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico di più di uno Stato membro, anche su richiesta di uno Stato membro.

 

In base alla norma europea (articolo 4), nel determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, gli Stati membri e la Commissione possono prendere in considerazione i suoi effetti potenziali, tra l'altro, a livello di:

a)   infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali, tra cui l'energia, i trasporti, l'acqua, la salute, le comunicazioni, i media, il trattamento o l'archiviazione di dati, le infrastrutture aerospaziali, di difesa, elettorali o finanziarie, e le strutture sensibili, nonché gli investimenti in terreni e immobili fondamentali per l'utilizzo di tali infrastrutture;

b)   tecnologie critiche e prodotti a duplice uso, tra cui l'intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, la cibersicurezza, le tecnologie aerospaziali, di difesa, di stoccaggio dell'energia, quantistica e nucleare, nonché le nanotecnologie e le biotecnologie;

c)   sicurezza dell'approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l'energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare;

d)   accesso a informazioni sensibili, compresi i dati personali, o la capacità di controllare tali informazioni; o

e)   libertà e pluralismo dei media.

 

I "prodotti a duplice uso" vengono definiti dall'articolo 2, punto 1, del regolamento (CE) n. 428 del 2009 come i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare. Essi comprendono tutti i beni che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualche impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari.

 

Il comma 5 dell'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, come modificato dall'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019, disciplina gli obblighi di notifica in caso di acquisto a qualsiasi titolo da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono gli attivi individuati come strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e degli ulteriori attivi strategici di cui al comma 1-ter, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e del TUF. Il successivo comma 6 disciplina il relativo potere di imporre condizioni e impegni o l'opposizione all'acquisto. Il richiamato articolo 4-bis ha prolungato da quindici a quarantacinque giorni dalla notifica il termine entro il quale il Presidente del Consiglio dei ministri comunica la volontà di esercitare i propri poteri, e ha previsto che il relativo decreto venga trasmesso alle Commissioni competenti non già "contestualmente" ma "tempestivamente e per estratto". Il Governo ha la facoltà di formulare richieste istruttorie alla società e a soggetti terzi, ma differenziando le conseguenze delle due richieste.

Ove l’informazione sia richiesta all’acquirente, il termine di 45 giorni è sospeso una sola volta e le informazioni richieste sono rese entro dieci giorni. Per i soggetti terzi, le informazioni sono rese entro venti giorni. In entrambi i casi, le richieste successive alla prima non hanno effetto sospensivo. Viene inoltre chiarito che la notifica è soggetta ad una valutazione di completezza. Pertanto, nel caso in cui la stessa risulti incompleta, il termine di quarantacinque giorni per l'esercizio del potere di veto decorre dal ricevimento delle informazioni o degli elementi che la integrano. Tutti i riferimenti alle azioni oggetto di acquisto sono stati integrati dal riferimento anche alle quote, in modo da rendere la disciplina neutrale rispetto alla forma di società propria dei soggetti che detengono gli attivi rilevanti.

 

L'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 ha inoltre inserito il comma 5-bis all’articolo 2, per effetto del quale è stata sostituita la definizione di soggetto esterno all'Unione europea, in modo tale da fornirne una disciplina univoca per l’esercizio dei poteri speciali nei vari settori strategici.

In particolare, per soggetto esterno all'Unione europea si intende:

§  qualsiasi persona fisica o persona giuridica che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che non sia comunque ivi stabilito;

§  qualsiasi persona giuridica che abbia stabilito la sede legale o dell'amministrazione o il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, e che risulti controllato direttamente o indirettamente da una persona fisica o da una persona giuridica di cui al n. 1);

§  qualsiasi persona fisica o persona giuridica che abbia stabilito la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, qualora vi siano elementi che indichino un comportamento elusivo rispetto all'applicazione della disciplina relativa all'esercizio dei poteri speciali contenuta nel decreto-legge n. 21 del 2012. 

 

Si segnala che il comma 1, lettera d) dell'articolo 16 del decreto legge in esame ha integrato la disciplina dei poteri speciali del Governo inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, prevedendo la facoltà da parte del Governo di avviare d'ufficio, laddove le circostanze rilevanti non siano state notificate, il procedimento per l'esercizio dei poteri mediante i quali imporre il veto rispetto ad atti, delibere od operazioni, nonché imporre specifiche condizioni ovvero opporsi nel caso di acquisto di partecipazioni.

 

L'articolo 15 in esame integra inoltre l'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 con tre nuovi commi.

 

Il comma 3-bis, al fine di contenerne gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, estende temporaneamente - fino al 31 dicembre 2020 - l'ambito di applicazione degli obblighi di notifica e dei poteri speciali previsti dall'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni, nonché agli ulteriori attivi strategici connessi ai fattori critici elencati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452.

 

L'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, come modificato dall'articolo 4-bis, comma 1, lettera c) del decreto legge n. 105 del 2019, disciplina i poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e agli ulteriori attivi individuati ai sensi del comma 1-ter, sulla base dei fattori critici elencati dalla più volte richiamata disciplina europea. Con riferimento a tali attività strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, la normativa consente al Governo di esercitare:

§  il potere di veto alle delibere, atti e operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo, della disponibilità o della destinazione di attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, dando luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti (articolo 2, comma 3). L'esercizio del potere è assistito dall'obbligo per la società di fornire al Governo una informativa completa sulla delibera, atto o operazione (articolo 2, comma 4);

§  l'imposizione di condizioni e impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato, in caso di acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni di rilevanza tale da determinare l'assunzione del controllo di società che detengono attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori strategici (articolo 2, comma 6, primo periodo). L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto (articolo 2, comma 5);

§  l'opposizione all'acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea delle partecipazioni di controllo in società che detengono i suddetti attivi strategici in casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione degli impegni (articolo 2, comma 6, secondo periodo).  L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto (articolo 2, comma 5).

Tali poteri speciali sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori (articolo 2, comma 7), tenendo conto, in particolare, di elementi quali:

§  l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e Paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati;

§  l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti, nonché il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti;

§  per le operazioni di cui al comma 5 è valutata, oltre alla minaccia di grave pregiudizio agli interessi di cui al comma 3, anche il pericolo per la sicurezza o per l'ordine pubblico.

 

La lettera a) del comma 3-bis stabilisce che (fino al 31 dicembre 2020) sono soggetti all'obbligo di notifica anche specifiche delibere, atti o operazioni, adottati da un'impresa che detiene beni e rapporti connessi ai fattori critici elencati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, inclusi i settori finanziario, creditizio e assicurativo, ovvero individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 2, comma 1-ter del decreto legge n. 21 del 2012, che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi o il cambiamento della loro destinazione.

 

Tali delibere, atti od operazioni, ai sensi del citato comma 2 dell'articolo 2, sono notificati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dalla stessa impresa entro dieci giorni e comunque prima che vi sia data attuazione. Sono notificate nei medesimi termini le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione concernenti il trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi. Ai sensi del successivo comma 2-bis, è già prevista la notifica di qualsiasi delibera, atto od operazione, adottato da un'impresa che detenga uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma 1-ter che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi a favore di un soggetto esterno all'Unione europea.

 

Viene pertanto esteso l'ambito di applicazione dell'obbligo di notifica di specifiche delibere, atti od operazioni e del relativo potere di veto esercitabile dal Governo, sia con riferimento agli attivi strategici, includendo tutti gli attivi connessi ai fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, compresi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, che con riferimento all'oggetto di delibere, atti od operazioni, includendo tutte quelle che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi o il cambiamento della loro destinazione, a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea.

 

La lettera b) del comma 3-bis stabilisce che (fino al 31 dicembre 2020) sono soggetti all'obbligo di notifica di cui al comma 5 dell'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, in relazione ai beni e ai rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, e agli ulteriori beni e rapporti connessi ai fattori critici di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, inclusi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, ovvero nei settori individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 2, comma 1-ter del decreto legge n. 21 del 2012:

§  gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all'Unione europea, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e del TUF,

§  gli acquisti di partecipazioni, da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, per un valore complessivo dell'investimento pari o superiore a un milione di euro. Sono altresì notificate le acquisizioni che determinano il superamento delle soglie del 15, 20, 25 e 50 per cento.

 

Il citato articolo 2, comma 5, del decreto legge n. 21 del 2012 prevede che l'acquisto a qualsiasi titolo da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono gli attivi individuati come strategici ai sensi dei commi 1 e 1-ter del medesimo decreto, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e del TUF, è notificato dall'acquirente entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente a ogni informazione utile alla descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività. L'inosservanza degli obblighi di notifica è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'1 per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

 

Viene pertanto esteso l'ambito di applicazione dell'obbligo di notifica dell'acquisto di partecipazioni e dei relativi poteri esercitabili dal Governo (imposizione di impegni e condizioni e opposizione all'acquisto)  sia con riferimento agli attivi strategici, includendo quelli connessi a tutti i fattori critici richiamati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, compresi quelli relativi ai settori finanziario, creditizio e assicurativo, che con riferimento alle operazioni di acquisto di partecipazioni, includendo quelle che abbiano per effetto l'assunzione del controllo da parte di qualunque soggetto estero, anche appartenente all'Unione europea, nonché quelle che attribuiscano una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10, 15, 20, 25 e 50 per cento da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, a prescindere dall'assunzione del controllo societario.

 

Si segnala che con il D.P.R. 25 marzo 2014, n. 85 è stato adottato il Regolamento per l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

 

La lettera c) del comma 3-bis stabilisce che (fino al 31 dicembre 2020) la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, lettera a), del decreto-legge n. 21 del 2012, si applica anche quando il controllo ivi previsto sia esercitato da un'amministrazione pubblica di uno Stato membro dell'Unione europea.

Il comma 6 appena citato dispone che qualora l'acquisto di partecipazioni notificato ai sensi del comma 5 comporti una minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato ovvero un pericolo per la sicurezza o per l'ordine pubblico, entro quarantacinque giorni dalla notifica, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, da trasmettere tempestivamente e per estratto alle Commissioni parlamentari competenti, l'efficacia dell'acquisto può essere condizionata all'assunzione da parte dell'acquirente di impegni diretti a garantire la tutela dei predetti interessi. Per determinare se un investimento estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico è possibile prendere in considerazione le seguenti circostanze:

a)   che l'acquirente sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, compresi organismi statali o forze armate, di un Paese non appartenente all'Unione europea, anche attraverso l'assetto proprietario o finanziamenti consistenti;

b)   che l'acquirente sia già stato coinvolto in attività che incidono sulla sicurezza o sull'ordine pubblico in uno Stato membro dell'Unione europea;

c)   che vi sia un grave rischio che l'acquirente intraprenda attività illegali o criminali.

 

Viene pertanto inclusa, fra i criteri per determinare se un investimento estero possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico, la circostanza che l'acquirente della partecipazione sia direttamente o indirettamente controllato dall'amministrazione pubblica, compresi organismi statali o forze armate, di un Paese appartenente all'Unione europea, anche attraverso l'assetto proprietario o finanziamenti consistenti.

 

Il nuovo comma 3-ter dell'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019, stabilisce che le disposizioni dell'articolo 2, commi 6 e 7, del decreto legge n. 21 del 2012, si applicano coerentemente alle modifiche derivanti dall'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019, ribadendo pertanto che, fino al 31 dicembre 2020, fra le circostanze per la valutazione degli investimenti esteri ai fini dell’esercizio dei poteri speciali, ove si fa riferimento al controllo, diretto o indiretto, del soggetto acquirente da parte di un Paese estero, viene inclusa la circostanza che il controllante sia uno Stato membro dell’Unione europea.

 

Il nuovo comma 3-quater dell'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 stabilisce, infine, che le disposizioni aventi vigenza fino al 31 dicembre 2020 sinora esaminate si applicano nei confronti di delibere, atti o operazioni, nonché di acquisti di partecipazioni per i quali l'obbligo di notifica sia sorto nel predetto arco temporale, ancorché la notifica sia intervenuta successivamente o sia stata omessa. I relativi atti e i provvedimenti connessi all'esercizio dei poteri speciali restano validi anche successivamente al termine di cui al 31 dicembre 2020 e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi successivamente al decorso del predetto termine.

L'ultimo periodo del comma 3-quater precisa che, fermo restando l'obbligo di notifica, i poteri speciali di cui all'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012 e relativi a società che detengono beni e rapporti connessi ai fattori critici di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452, si applicano nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali dello Stato, ovvero la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico non sia adeguatamente garantita dalla sussistenza di una specifica regolamentazione di settore.

 

Al riguardo, si fa presente che il più volte citato regolamento (UE) 2019/452 istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione da parte degli Stati membri per motivi di sicurezza o di ordine pubblico (articolo 1), e che tali investimenti esteri diretti sono qualificati (articolo 2) come investimenti di qualsiasi tipo da parte di un una persona fisica di un Paese terzo o un'impresa di un paese terzo intesi a stabilire o mantenere legami durevoli al fine di esercitare un'attività economica in uno Stato membro. Il regolamento stabilisce inoltre che (articolo 3) gli Stati membri possono mantenere, modificare o adottare meccanismi per controllare gli investimenti nel loro territorio per motivi di sicurezza o di ordine pubblico, ancora esclusivamente con riferimento agli investimenti di da parte di una persona fisica di un Paese terzo o un'impresa di un Paese terzo. Le norme e le procedure connesse ai meccanismi di controllo, compresi i termini temporali pertinenti, devono essere trasparenti e non operare discriminazioni tra Paesi terzi (articolo 4). Gli Stati membri sono tenuti a stabilire le circostanze che danno luogo al controllo, i motivi del controllo e le regole procedurali dettagliate applicabili. L'articolo 4 più volte richiamato costituisce il riferimento legislativo in base al quale determinare se un investimento estero diretto possa incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

 

Pertanto, si valuti l’opportunità di verificare se un criterio di valutazione adottato in attuazione dell'articolo 4 del regolamento (UE) 2019/452, il quale assimili uno Stato membro a un Paese terzo, possa risultare una norma nazionale non conforme al quadro legislativo europeo ed essere considerata una procedura di ostacolo alla libertà di stabilimento sancita dall'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

 

Parimenti si valuti l’opportunità di verificare  la conformità al quadro legislativo europeo  dell'estensione dei poteri speciali e dei relativi obblighi di notifica in esame, con riferimento alle imprese che detengono attivi connessi ai fattori critici elencati dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452, che consentirebbe al Governo di porre il veto su delibere, atti e operazioni modificativi della titolarità, del controllo o della disponibilità dei relativi attivi strategici o il cambiamento della loro destinazione a favore di un soggetto interno all'Unione europea, nonché di porre il veto o imporre impegni e condizioni in caso di acquisto di partecipazioni sociali che abbiano per effetto l'assunzione del controllo da parte di un soggetto appartenente all'Unione europea.

A norma dell'articolo 3, paragrafo 7, tali modifiche al meccanismo di controllo degli investimenti diretti esteri dovranno essere notificate alla Commissione entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore.

 

Si fa presente, altresì, che la Corte di giustizia europea ha precisato in una serie di pronunce che il ricorso ai poteri speciali può "scoraggiare l'esercizio delle libertà fondamentali del Trattato" (Commissione c. Repubblica italiana, causa C-58/99,) e risultare in contrasto con la libertà di stabilimento. Le restrizioni alla libera circolazione dei capitali, infatti, sono state ritenute "indissociabili dagli ostacoli alla libertà di stabilimento, di cui sono una conseguenza" (Commissione c. Repubblica portoghese, C-367/98). Allo stesso tempo, secondo indicazioni poi sostanzialmente recepite dal regolamento del 2019 anche con riferimento agli investitori esteri (rispetto all'Unione), la Corte ha elaborato alcune condizioni che, ove rispettate, possono giustificare l'utilizzo di poteri speciali che, in particolare, non deve essere discriminatorio, bensì fondato su o su criteri precisi, conosciuti in anticipo, suscettibili di controllo giurisdizionale (cause C-58/99, C-367/98, C-483/99 e C-503/99); deve essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale, dovendosi in ogni caso escludere qualsiasi giustificazione di ordine economico (C-367/98), e fermo restando che una simile deroga alle norme del diritto europeo va sempre interpretata in senso restrittivo (Commissione c. Regno di Spagna, C-463/00) ed è pertanto ammessa soltanto in presenza di una "minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività" (Commissione c. Repubblica francese, C-483/99); deve essere idoneo e necessario a garantire il conseguimento dell’obiettivo fissato; deve rispettare il principio di proporzionalità e, quindi, non andare oltre quanto strettamente necessario per il raggiungimento dell’obiettivo (C-58/99).

Si rappresenta, infine, che l'ultima Relazione al Parlamento sull’esercizio dei poteri speciali aggiornata a fine 2018, afferma che è in corso di predisposizione il regolamento attuativo delle novità introdotte con il decreto-legge n. 148 del 2017, per individuare i settori ad alta intensità tecnologica, nonché la tipologia di atti o operazioni oggetto dell’esercizio dei poteri speciali.

 

 


 

Articolo 16
(Procedimento d’ufficio in materia di poteri speciali
(cd.
golden power))

 

 

L'articolo 16 integra la disciplina dei poteri speciali sugli assetti societari recata dal decreto legge n. 21 del 2012 specificando che, nei casi di violazione degli obblighi di notifica stabiliti per specifici atti, delibere, operazioni o acquisti di partecipazioni relativi a imprese che svolgono attività di rilevanza strategica, la Presidenza del Consiglio può avviare anche d'ufficio il procedimento ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri speciali mediante i quali imporre il veto rispetto ad atti, delibere od operazioni, nonché imporre specifiche condizioni ovvero opporsi nel caso di acquisto di partecipazioni. In tali casi, i termini previsti per l'esercizio dei poteri decorrono dalla conclusione del procedimento di accertamento della violazione dell’obbligo di notifica.

Inoltre si prevede che il gruppo di coordinamento amministrativo in materia di poteri speciali possa richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici o privati, imprese o altri soggetti terzi che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti, nonché stipulare convenzioni o protocolli di intesa con istituti o enti di ricerca.

 

L'articolo 16 del decreto in esame modifica la disciplina dei poteri speciali esercitabili dal Governo ai sensi del decreto legge n. 21 del 2012.

 

Per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto legge n. 21 del 2012, come successivamente modificato nel tempo, la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo anche per aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea con riferimento al previgente assetto legislativo nazionale. Il decreto ha riformato tale assetto determinando l'archiviazione della procedura di infrazione da parte della Commissione europea il 15 febbraio 2017, in quanto la nuova disciplina italiana è stata ritenuta compatibile con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il decreto n. 21 del 2012 definisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei poteri speciali.

Tali poteri si sostanziano principalmente nella facoltà di porre il veto rispetto all'adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese che gestiscono attività strategiche in specifici settori, di dettare impegni e condizioni in caso di acquisito di partecipazioni in tali imprese, ovvero di opporsi all'acquisto delle medesime partecipazioni. Tali poteri riguardano i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori da individuare con norme regolamentari fra quelli indicati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452. Specifici poteri sono stati introdotti anche con riferimento alle operazioni che incidono sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G).

L'esercizio dei poteri speciali è disciplinato dalla legge ed è assistito da obblighi di notifica e informazione applicabili alle imprese che gestiscono attivi strategici, con riferimento a specifiche delibere, atti e operazioni, nonché ai soggetti che acquistano partecipazioni rilevanti nelle medesime imprese. L'inosservanza degli obblighi di notifica o l'inadempimento di impegni e condizioni derivanti dall'esercizio dei poteri sono, di norma, puniti con specifiche sanzioni amministrative pecuniarie.    

Per ulteriori approfondimenti sull'evoluzione e sui contenuti della relativa disciplina, si rinvia alla ricostruzione contenuta nel focus pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

In sintesi, si rappresenta che il decreto legge n. 148 del 2017 ha modificato ed esteso la disciplina dell'esercizio dei poteri speciali del Governo con riferimento alla governance di società considerate strategiche, ampliando anche i settori ai quali i poteri speciali risultano applicabili (energia, trasporti, comunicazioni, nonché al settore della cd. alta intensità tecnologica).

Successivamente, il decreto legge n. 22 del 2019 ha introdotto disposizioni specifiche in tema di poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G). Tale norma qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.

Il decreto legge n. 64 del 2019 ha ulteriormente modificato le norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 settembre 2019, ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali ai sensi di tale provvedimento, con riferimento ad alcune operazioni riguardanti le comunicazioni elettroniche basate sulla tecnologia 5G e l’acquisizione di componenti ad alta intensità tecnologica. Tuttavia, alla luce della mancata conversione in legge, l'atto è decaduto il 9 settembre 2019. Si segnala inoltre che, nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 75 del 2019 è stato approvato un emendamento al medesimo disegno di legge con il quale si prevede la sanatoria degli effetti del decreto legge n. 64 del 2019. Per approfondimenti sulle disposizioni di tale ultimo decreto si rinvia al dossier predisposto dai servizi di Camera e Senato.

In seguito, nel corso dell'esame parlamentare del decreto legge n. 105 del 2019, i contenuti del decreto legge n. 64 del 2019 sono stati parzialmente ripresi mediante l'introduzione dell'articolo 4-bis. L'articolo 4-bis ha riproposto le seguenti modifiche al decreto legge n. 21 del 2012:

§  è stato esteso il termine per l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, con contestuale incremento degli elementi informativi resi dalle imprese detentrici degli asset strategici;

§  è stato ampliato l'oggetto di alcuni poteri speciali;

§  sono stati modificati e integrati gli obblighi di notifica finalizzati all'esercizio dei poteri speciali;

§  è stata modificata la disciplina dei poteri speciali in tema di tecnologie 5G, per rendere il procedimento sostanzialmente simmetrico rispetto a quello per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;

§  è stato ridefinito il concetto di "soggetto esterno all'Unione europea" e sono stati precisati i criteri per determinare se un investimento estero è suscettibile di incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

 Inoltre, l'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 ha previsto l'introduzione di ulteriori circostanze che il Governo può tenere in considerazione, per l'esercizio dei poteri speciali, nel caso in cui l'acquirente di partecipazioni rilevanti sia un soggetto esterno all'Unione europea. È stata inoltre sottoposta all'obbligo di notifica l'acquisizione a qualsiasi titolo (in luogo del solo acquisto) di beni o servizi relativi alle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea. È stato consentito l'aggiornamento dei regolamenti che individuano gli attivi di rilevanza strategica tramite decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in luogo di decreti del Presidente della Repubblica, anche in deroga alle procedure previste dalla legge n. 400 del 1988, semplificando contestualmente la procedura per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti. È stata, infine, disciplinata la notifica riguardante delibere, atti e operazioni relativi a specifici asset di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni, in presenza di condizioni particolari relative alla provenienza dell'acquirente ovvero agli effetti delle operazioni compiute.

 

Sulla disciplina dei poteri speciali incidono inoltre gli articoli 15 e 17 del disegno di legge in esame, alle cui schede di lettura si fa rinvio.

 

Il comma 1, lettera a) dell'articolo 16 integra l'articolo 1 del decreto legge n. 21 del 2012, che disciplina i poteri speciali del Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale. Ai sensi del comma 8-bis, salvo che il fatto costituisca reato e ferme le invalidità previste dalla legge, chiunque non osservi gli obblighi di notifica stabiliti dall'articolo 1 per specifici atti, delibere, operazioni o acquisti di partecipazioni relativi a imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

Il comma in esame integra il comma 8-bis specificando che, nei casi di violazione dei summenzionati obblighi di notifica, la Presidenza del Consiglio può avviare il procedimento ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri speciali mediante i quali imporre il veto rispetto ad atti, delibere od operazioni; imporre specifiche condizioni ovvero opporsi nel caso di acquisto di partecipazioni. A tale scopo, trovano applicazione i termini e le norme procedurali previste dall'articolo 1, nonché dal regolamento attuativo di cui al comma 8. Il termine di quarantacinque giorni previsto per l'esercizio dei poteri decorre dalla conclusione del procedimento di accertamento della violazione dell’obbligo di notifica.

 

L'articolo 1 del decreto legge n. 21 del 2012, come modificato dal comma 1, lettera a), dell'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019, prevede che l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale sia condizionato all'esistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, ed è demandato al Governo, mediante l'adozione, secondo le norme vigenti, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su conforme deliberazione del Consiglio dei ministri, da trasmettere alle Commissioni parlamentari competenti.

I poteri speciali, con riferimento a imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, consentono al Governo di:

§  esercitare il veto all'adozione di specifiche delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione (articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legge n. 21 del 2012). L'articolo 4-bis, comma 1, lettera a), numero 2.1 del decreto legge n. 105 del 2019 estende la possibilità di esercitare il veto anche con riferimento all'adozione di atti o operazioni da parte dell'assemblea o degli organi di amministrazione. L'oggetto delle delibere, atti o operazioni, soggetti all'esercizio del veto riguarda la fusione, la scissione o il trasferimento dell'azienda o di rami di essa, il trasferimento all'estero della sede sociale, nonché la modifica dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di specifiche clausole statutarie, le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego. Con riferimento a tali vincoli, per effetto delle modifiche introdotte dal citato articolo 4-bis, il comma 1, viene specificato che gli stessi possono sussistere anche in ragione della sottoposizione dell'impresa a procedure concorsuali;

§  imporre specifiche condizioni nel caso di acquisto di partecipazioni (articolo 1, comma 1, lettera a) del decreto legge n. 21 del 2012). Le condizioni fanno riferimento alla sicurezza di approvvigionamenti e informazioni, ai trasferimenti tecnologici e al controllo delle esportazioni;

§  opporsi all'acquisto di partecipazioni da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti pubblici italiani o soggetti da questi controllati, qualora l'acquirente venga a detenere un livello della partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale (articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto legge n. 21 del 2012). Per evitare comportamenti elusivi rispetto all'attivazione di tale potere speciale, la disposizione specifica che gli acquisti possono essere effettuati direttamente o indirettamente, anche attraverso operazioni successive, per interposta persona o tramite soggetti altrimenti collegati. Ai fini dell'esercizio del potere speciale viene considerata la partecipazione detenuta da terzi con i quali l'acquirente ha stipulato un patto parasociale volto a disciplinare l'esercizio del diritto di voto e, in generale, la stabilizzazione degli assetti proprietari o il governo della società (di cui all'articolo 2341-bis del codice civile e all'articolo 122 del decreto legislativo n. 58 del 1998, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF).

Con il D.P.R. 6 giugno 2014, n. 108 è stato adottato il Regolamento per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. Con il D.P.R. 19 febbraio 2014, n. 35 è stato adottato il Regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale.

Il comma 1, lettera a) del richiamato articolo 4-bis ha modificato anche l’articolo 1, comma 2 del decreto-legge 21 del 2012, che disciplina i parametri che il Governo deve rispettare per valutare la minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, inserendo il richiamo, oltre che alle delibere, anche agli atti e alle operazioni su cui il Governo può esercitare il diritto di voto.

È stato inoltre inserito un comma 3-bis all’articolo 1 del decreto legge n. 21 del 2012 che disciplina ulteriori circostanze che il Governo può tenere in considerazione per l’esercizio dei poteri speciali nel settore della difesa e della sicurezza nazionale, nel caso in cui l’acquirente di partecipazioni sia un soggetto esterno all’Unione europea.

In tale ipotesi il Governo può considerare altresì le circostanze che:

§  l’acquirente sia direttamente o indirettamente controllato dall’amministrazione pubblica, inclusi organismi statali o forze armate, di un paese esterno all’Unione europea, anche attraverso l’assetto proprietario o finanziamenti consistenti;

§  l’acquirente sia già stato coinvolto in attività che incidono sulla sicurezza o sull’ordine pubblico in uno Stato membro dell’Unione europea;

§  vi sia un grave rischio che l’acquirente intraprenda attività illegali o criminali.

L'articolo 4-bis, comma 1, del decreto legge n. 105 del 2019 ha, inoltre modificato l'articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 21 del 2012, che disciplina gli obblighi di notifica funzionali all'esercizio del potere di veto. L'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale è infatti tenuta a notificare alla Presidenza del Consiglio dei ministri una informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto. Tale obbligo di notifica è stato esteso alle operazioni che l'impresa intende effettuare, garantendo la simmetria con la nuova formulazione del potere di veto di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b). Il termine entro il quale il Presidente del Consiglio dei ministri comunica l'eventuale veto è stato prolungato da quindici a quarantacinque giorni dalla notifica. Oltre alla possibilità di richiedere informazioni all'impresa, già prevista dal decreto legge n. 21 del 2012, è stata prevista anche quella di formulare richieste istruttorie a soggetti terzi. In tal caso, il termine di quarantacinque giorni per l'esercizio del potere di veto è sospeso fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro venti giorni (mentre per le informazioni richieste all’impresa il termine è di dieci giorni). Le richieste istruttorie a soggetti terzi successive alla prima non hanno l’effetto di sospendere i termini per l’esercizio del potere di veto (come già previsto per le richieste di informazioni all'impresa). La notifica è soggetta ad una valutazione di completezza. Nel caso in cui la notifica risulti incompleta, pertanto, il termine di quarantacinque giorni decorre dal ricevimento delle informazioni o degli elementi che la integrano. Ove l'esercizio del potere speciale non venga disposto nei termini così definiti, l'operazione può essere effettuata. Nel caso in cui, al contrario, venga adottato il decreto con cui si dispone l'esercizio del potere di veto, le delibere e gli atti adottati dall'impresa sono nulli. Il Governo può altresì ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore.

Con riferimento all'impianto sanzionatorio a tutela del potere speciale di veto, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria, fino al doppio del valore dell'operazione e, comunque, non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio, anche per la violazione degli obblighi derivanti dal provvedimento di esercizio del potere di veto, eventualmente esercitato nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni, salvo che il fatto costituisca reato.

L'articolo 1, comma 5, del decreto legge n. 21 del 2012, come modificato dall'articolo 4-bis, comma 1, lettera a) del decreto legge n. 105 del 2019, disciplina il potere di imporre specifiche condizioni per l’acquisto di partecipazioni, nonché il potere di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Viene stabilito che chiunque acquisti una partecipazione in imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale è tenuto a notificare l'acquisizione entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, trasmettendo nel contempo specifici elementi informativi. In particolare, il secondo periodo del comma 5 fa specifico riferimento all'acquisizione di azioni di una società ammessa alla negoziazione nei mercati regolamentati. Per effetto della modifica apportata dall'articolo 4-bis, comma 1, lettera a) del decreto legge n. 105 del 2019 è eliminato il rinvio all'articolo 120 del TUF, che prevede una doppia sogli ai fini dell'obbligo di comunicazione, chiarendo che la notifica deve essere effettuata qualora l'acquirente venga a detenere, a seguito dell'acquisizione, una partecipazione superiore alla soglia del 3 per cento. È stato inoltre modificato l'elenco delle soglie al superamento delle quali sorgono ulteriori obblighi di notifica: 5 per cento, 10 per cento, 15 per cento, 20 per cento, 25 per cento e 50 per cento.

Gli obblighi di notifica previsti dall'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 21 del 2012, sono stati estesi ai casi in cui l'acquisizione abbia ad oggetto azioni o quote di una società non ammessa alla negoziazione nei mercati regolamentati. Pertanto, per tutte le imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ammesse o non ammesse alla negoziazione in mercati regolamentati, sussiste l'obbligo di notificare entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'acquisizione della partecipazione al superamento delle soglie del 3, 5, 10, 15, 20, 25 e 50 per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto.

In simmetria con quanto disposto a proposito del potere di veto, è stato prolungato da quindici a quarantacinque giorni dalla notifica il termine entro il quale il Presidente del Consiglio dei ministri può esercitare il potere speciale di imporre specifiche condizioni nel caso di acquisto di partecipazioni, e il potere di opporsi all'acquisto di partecipazioni.

È stata inoltre uniformata l'istruttoria per l'esercizio dei poteri speciali, in particolare:

§  prevedendo la possibilità di formulare richieste istruttorie a soggetti terzi;

§  nella ipotesi di richieste istruttorie a terzi, sospendendo il termine di quarantacinque giorni fino al ricevimento delle informazioni richieste, rese entro il termine di venti giorni;

§  chiarendo che le richieste istruttorie a soggetti terzi successive alla prima non hanno effetti sospensivi;

§  specificando che, in caso di incompletezza della notifica, il termine di quarantacinque giorni previsto per l'esercizio dei poteri decorre dal ricevimento delle informazioni o degli elementi che la integrano.

Qualora il potere sia esercitato nella forma dell'imposizione di condizioni, in caso di eventuale inadempimento o violazione delle condizioni imposte all'acquirente, per tutto il periodo in cui perdura l'inadempimento o la violazione, sono sospesi i diritti di voto, o comunque i diritti aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni o quote che rappresentano la partecipazione rilevante. Le delibere eventualmente adottate con il voto determinante di tali azioni o quote, nonché le delibere o gli atti adottati con violazione o inadempimento delle condizioni imposte, sono nulli. L'acquirente che non osservi le condizioni imposte è altresì soggetto, salvo che il fatto costituisca reato, a una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'1 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

L'articolo 1, comma 5, del decreto legge n. 21 del 2012, è stato integrato prevedendo che gli obblighi di notifica siano applicabili anche alle operazioni che hanno ad oggetto quote di società a responsabilità limitata, in conseguenza dell'estensione del perimetro degli obblighi anche a società i cui titoli rappresentativi del capitale non sono ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato.

 

Il comma 1, lettera b) dell'articolo 16 integra l'articolo 1-bis, comma 2, del decreto legge n. 21 del 2012, che si inserisce nella disciplina dei poteri speciali del Governo inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G). In particolare, la modifica integra le disposizioni relative al processo di valutazione funzionale all'esercizio dei poteri, specificando che, fra gli elementi indicanti la presenza di fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano, sono compresi quelli individuati sulla base dei principi e delle linee guida elaborate a livello internazionale e dall'Unione europea.

La successiva lettera c) del comma 1 integra l'articolo 3-bis, comma 2, del decreto legge n. 21 del 2012, che disciplina l'esercizio dei poteri speciali. In particolare, viene previsto che nei casi di violazione degli obblighi di notifica, anche in assenza della stessa, la Presidenza del Consiglio può avviare il procedimento ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri speciali. A tale scopo, trovano applicazione i termini e le norme procedurali previste dal comma 3-bis e il termine di trenta giorni per l'esercizio dei poteri decorre dalla conclusione del procedimento di accertamento della violazione dell’obbligo di notifica.

I servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G costituiscono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. L'articolo 1-bis del decreto legge n. 21 del 2012 assoggetta al potere di veto e al potere di imporre specifiche prescrizioni o condizioni la stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l'acquisizione a qualsiasi titolo di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G, ovvero l'acquisizione a qualsiasi titolo di componenti ad alta intensità tecnologica funzionali alla predetta realizzazione o gestione, quando posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea. La definizione di soggetto esterno all'Unione europea è fornita mediante riferimento all'articolo 2, comma 5-bis del medesimo decreto, e comprende, oltre alle persone fisiche e giuridiche stabilite fuori dello spazio economico europeo (soggetti esterni in senso stretto), quelle in esso stabilite ma controllate direttamente o indirettamente da soggetti esterni, nonché quelle che siano stabilite in Europa al fine di eludere l'applicazione della disciplina in argomento.

L'articolo 4-bis, comma 1, lettera b) del decreto legge n. 105 del 2019, modificando il comma 2 dell’articolo 1-bis sopra citato, ha esteso l'ambito di applicazione della norma sottoponendo all’obbligo di notifica non solo gli "acquisti" bensì le acquisizioni a qualsiasi titolo, modificando di conseguenza i riferimenti agli obblighi di notifica strumentali all'esercizio dei poteri speciali. La medesima lettera b) ha inserito i nuovi commi 2-bis e 3-bis all’articolo 1-bis del decreto legge n. 21 del 2012, con i quali viene regolato l'esercizio dei poteri speciali e vengono stabilite norme da rispettare in sede di prima applicazione della disciplina.

In particolare, il comma 2-bis prevede che, in sede di prima applicazione degli obblighi di notifica previsti dal successivo comma 3-bis, che l'impresa notificante debba fornire anche una informativa completa sui contratti o accordi relativi alla tecnologia 5G (indicati al primo periodo del comma 2 dell’articolo 1-bis) conclusi prima del 26 marzo 2019, ovvero prima dell’entrata in vigore delle norme relative ai poteri speciali nel settore del 5G.

Il comma 3-bis dell'articolo 1-bis regola l'esercizio dei poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G.

In particolare, viene disposto che, entro dieci giorni dalla conclusione di un contratto o accordo avente ad oggetto l'acquisizione di beni o servizi inerenti i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G, posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea, l'impresa acquirente notifichi alla Presidenza del Consiglio dei ministri un'informativa completa, in modo da consentire l'eventuale esercizio del potere di veto o l'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni.

Il Presidente del Consiglio dei ministri comunica l'eventuale veto o l'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni entro trenta giorni dalla notifica, decorsi i quali i poteri speciali si intendono non esercitati.

Nel caso in cui la notifica risulti incompleta, il termine di quarantacinque giorni decorre dal ricevimento delle informazioni o degli elementi che la integrano.  Una volta completata l'informativa, è comunque possibile richiedere informazioni ulteriori all'impresa e a soggetti terzi.

Anche per tale ipotesi il trattamento della sospensiva è differenziato a seconda del soggetto al quale è rivolta la richiesta di informazioni. In particolare:

§  l'effetto della richiesta all’impresa acquirente è la sospensione del termine per l'esercizio del potere di veto, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro dieci giorni;

§  anche le richieste istruttorie a terzi sospendono il termine per l’esercizio dei poteri speciali, mentre le informazioni devono essere rese in venti giorni.

Le richieste successive alla prima non sospendono i termini.

Il procedimento è sostanzialmente in linea con quello per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, rispetto al quale viene stabilito un termine più breve per l'esercizio del potere (trenta giorni invece di quarantacinque) e, allo stesso tempo, viene identificata un'ulteriore ipotesi di sospensione dei termini: essa origina dall'eventuale necessità di svolgere approfondimenti relativi ad aspetti tecnici riguardanti possibili fattori di vulnerabilità e cioè, in sostanza, gli approfondimenti sui rischi derivanti dall'applicazione della tecnologia 5G per l'integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano. In tali casi, il termine per l'esercizio dei poteri speciali può essere sospeso per un massimo di venti giorni, prorogabili di ulteriori venti giorni in caso di particolare complessità degli elementi da approfondire.

Ove l’impresa notificante abbia iniziato l’esecuzione del contratto o dell’accordo oggetto della notifica prima della decorrenza del termine per l’esercizio dei poteri speciali il Governo, nel provvedimento di esercizio dei predetti poteri, può ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore.

In caso di inosservanza degli obblighi di notifica e di quelli derivanti dall'esercizio dei poteri speciali, salvo che il fatto costituisca reato, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria fino al centocinquanta per cento del valore dell’operazione e comunque non inferiore al venticinque per cento del medesimo valore.

 

Il comma 1, lettera d) dell'articolo in esame integra l'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, che disciplina i poteri speciali del Governo inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Anche con riferimento alle attività di rilevanza strategica oggetto dell'articolo 2, viene integrata la facoltà da parte del Governo di avviare d'ufficio, laddove le circostanze rilevanti non siano state notificate, il procedimento per l'esercizio dei poteri mediante i quali imporre il veto rispetto ad atti, delibere od operazioni, nonché imporre specifiche condizioni ovvero opporsi nel caso di acquisto di partecipazioni.

L'articolo 2 del decreto legge n. 21 del 2012, come modificato dall'articolo 4-bis, comma 1, lettera c) del decreto legge n. 105 del 2019, disciplina i poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e in ulteriori settori individuati ai sensi del comma 1-ter, sulla base dei fattori critici elencati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452. Con riferimento a tali attività strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, la normativa consente al Governo di esercitare:

§  il potere di veto alle delibere, atti e operazioni che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo, della disponibilità o della destinazione di attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, dando luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti (articolo 2, comma 3). L'esercizio del potere è assistito dall'obbligo per la società di fornire al Governo una informativa completa sulla delibera, atto o operazione (articolo 2, comma 4);

§  l'imposizione di condizioni e impegni diretti a garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato, in caso di acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni di rilevanza tale da determinare l'assunzione del controllo di società che detengono attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori strategici (articolo 2, comma 6, primo periodo). L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto (articolo 2, comma 5);

§  l'opposizione all'acquisto da parte di un soggetto esterno all'Unione europea delle partecipazioni di controllo in società che detengono i suddetti attivi strategici in casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione degli impegni (articolo 2, comma 6, secondo periodo).  L'esercizio del potere è assistito da un obbligo di notifica dell'acquisto (articolo 2, comma 5).

Tali poteri speciali sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori (articolo 2, comma 7), tenendo conto, in particolare, di elementi quali:

§  l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e Paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale, desunti dalla natura delle loro alleanze, o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad esse comunque collegati;

§  l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti, nonché il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti;

§  per le operazioni di cui al comma 5 è valutata, oltre alla minaccia di grave pregiudizio agli interessi di cui al comma 3, anche il pericolo per la sicurezza o per l'ordine pubblico.

La disciplina dei poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e agli ulteriori attivi strategici da individuare ai sensi del comma 1-ter dell'articolo 2, è oggetto di rilevanti modifiche disposte dall'articolo 15 del decreto legge in esame, alla cui scheda di lettura si fa rinvio per ulteriori approfondimenti.  

 

Il comma 1, lettera e) dell'articolo in esame integra l'articolo 2-bis del decreto legge n. 21 del 2012, che impone alle autorità amministrative di settore di collaborare fra loro, anche attraverso lo scambio di informazioni, al fine di agevolare l'esercizio dei poteri speciali.

In particolare, i nuovi commi 2 e 3 dell'articolo 2-bis prevedono che, al fine di raccogliere elementi utili all’applicazione dei poteri speciali, il gruppo di coordinamento istituito ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2014, possa richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici o privati, imprese o altri soggetti terzi che ne siano in possesso, di fornire informazioni e di esibire documenti (comma 2), nonché stipulare convenzioni o protocolli di intesa con istituti o enti di ricerca (comma 3).

L’articolo 4-bis, comma 1, lettera d), del decreto legge n. 105 del 2019 ha introdotto due nuovi articoli nel decreto legge n. 21 del 2012. L’articolo 2-bis impone alle autorità amministrative di settore di collaborare fra loro, anche attraverso lo scambio di informazioni, al fine di agevolare l'esercizio dei poteri speciali. Si tratta di: Banca d'Italia, Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), Autorità di regolazione dei trasporti (ART), Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) e Gruppo di coordinamento costituito ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 agosto 2014; a tale Gruppo le altre autorità non possano opporre il segreto d'ufficio, esclusivamente per le finalità di agevolare l’esercizio dei poteri speciali. Il Gruppo di coordinamento è presieduto dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri o dal Vicesegretario delegato ed è composto dai responsabili di specifici uffici dei ministeri o da altri designati dai rispettivi ministri interessati.

L’articolo 2-ter coordina l’esercizio dei poteri speciali con i procedimenti disciplinati dalle norme europee (Regolamento 2019/452/UE) sul controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione, disciplinando il dialogo tra autorità nazionali e Commissione europea.

In particolare (comma 1), ove uno Stato membro o la Commissione notifichi l’intenzione di formulare osservazioni o di emettere un parere in relazione ad un investimento estero diretto, oggetto di un procedimento in corso, i termini per l’esercizio dei poteri speciali in materia di sicurezza e difesa, nonché di asset strategici, sono sospesi fino al ricevimento delle osservazioni dello Stato membro o del parere della Commissione europea.

Se il parere della Commissione europea è successivo alle osservazioni dello Stato membro, i termini per l’esercizio dei poteri speciali riprendono a decorrere dalla data di ricevimento del parere della Commissione.

I termini per l’esercizio dei poteri speciali sono altresì sospesi nel caso in cui il Governo richieda alla Commissione di emettere un parere o agli altri Stati membri di formulare osservazioni, in relazione a un procedimento in corso.

Viene fatta salva la possibilità di esercitare i poteri speciali anche prima del ricevimento del parere della Commissione o delle osservazioni degli Stati membri, nei casi in cui la tutela della sicurezza nazionale o dell’ordine pubblico richiedano l’adozione di una decisione immediata (ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 2019/452).

Il comma 2 dell’articolo 2-ter affida a un regolamento, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 dell'1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e, per i rispettivi ambiti di competenza, con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, della difesa, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, nonché con i Ministri competenti per settore, la possibilità di disciplinare i termini per l’esercizio dei poteri speciali nei settori della sicurezza e della difesa, nonché degli asset strategici di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legge n. 21 del 2012, per individuare procedure semplificate, tenuto conto del grado di potenziale pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa, della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico, inclusi quelli relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, nonché dell’esigenza di assicurare l’armonizzazione delle procedure nazionali con quelle relative ai meccanismi di controllo, scambio di informazione e cooperazione definiti ai sensi delle citate norme europee del regolamento n. 2019/452.

Viene stabilito (comma 3) che presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia istituito il punto di contatto per l’attuazione del regolamento sugli investimenti esteri diretti (di cui all’articolo 11 del Regolamento (UE) n. 2019/452). Si affida a un DPCM la disciplina dell’organizzazione e il funzionamento del punto di contatto, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 17
(Modifiche alla disciplina degli obblighi di
comunicazione delle partecipazioni rilevanti)

 

 

L'articolo 17 modifica la disciplina gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti in società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea.

In particolare le norme prevedono che la CONSOB possa prevedere, ai fini dell’insorgere di detto obbligo, soglie inferiori a quelle predeterminate ex lege, per un limitato periodo di tempo, per le società ad azionariato particolarmente diffuso, eliminando la circostanza che esse presentino altresì una elevata capitalizzazione di mercato.

Inoltre, con riferimento all'obbligo di dichiarare gli obiettivi che l'acquirente ha intenzione di perseguire nel corso dei sei mesi successivi all'aumento della propria partecipazione oltre specifiche soglie del capitale di emittenti azioni quotate (10, 20 e 25 per cento), viene consentito alla CONSOB di prevedere, con provvedimento motivato dalle medesime esigenze summenzionate, per un limitato periodo di tempo, una ulteriore soglia del 5 per cento per società ad azionariato particolarmente diffuso.

Nel corso dell’esame in sede referente, le disposizioni in materia di esercizio dei poteri speciali di rilevanza strategica sono state estese, fino al 31 dicembre 2020, ai settori agroalimentare e siderurgico.

 

Le norme in esame intervengono, in particolare, sull’articolo 120 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF).

Il richiamato articolo 120 disciplina gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti in società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea, aventi l'Italia come Stato membro d'origine. Tali obblighi sono volti a migliorare il grado di trasparenza sulle operazioni in grado di incidere sugli assetti proprietari degli emittenti azioni quotate, imponendo a coloro che vi partecipano in misura superiore a specifiche soglie di darne comunicazione alla società partecipata, alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e al pubblico.

Il comma 2 dell'articolo 120 del TUF stabilisce che la soglia al superamento della quale sorge l'obbligo di comunicazione è pari al 3 per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto. Viene inoltre prevista una soglia superiore, pari al 5 per cento del capitale, applicabile agli emittenti quotati di minori dimensioni.

Il successivo comma 2-bis, su cui intervengono le disposizioni in esame, nella formulazione vigente consente alla CONSOB, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, di prevedere, per un limitato periodo di tempo, soglie inferiori a quella del 3 per cento per società aventi le due seguenti caratteristiche: presentare un elevato valore corrente di mercato ed essere ad azionariato particolarmente diffuso.

Pur facendo riferimento alla soglia (singolare) di cui al comma 2, la facoltà appare ricomprendere anche la soglia del 5 per cento applicabile agli emittenti di minori dimensioni, qualora caratterizzati da un azionariato particolarmente diffuso.

 

Le norme in esame confermano tale facoltà in rapporto alle società con azionariato diffuso, ma eliminano il requisito dell’elevato valore corrente di mercato; si consente in tal modo alla CONSOB di prevedere, per un limitato periodo di tempo, soglie inferiori al 3 (e 5) per cento anche per società che non presentino una elevata capitalizzazione di mercato, qualora siano presenti le esigenze di tutela espressamente indicate nell’articolo 120.

Il Governo, nella relazione illustrativa, chiarisce che tale scelta è conseguente anche alle difficoltà applicative connesse all’individuazione di un valore corrente di mercato che possa qualificarsi elevato in un periodo di alta volatilità dei corsi azionari.

In attuazione della delega contenuta nella lettera a) del successivo comma 4, inoltre, la CONSOB ha disposto con il regolamento n. 11971 del 14 maggio 1999 (Regolamento emittenti) la comunicazione alla società e all'autorità dell'avvenuto superamento (nonché della riduzione al di sotto) delle soglie di partecipazione pari al 10, 15, 20, 25, 30, 50 e 66,6 per cento.

 

Il comma 4-bis dell'articolo 120 del TUF stabilisce che, in occasione dell'acquisto di una partecipazione in emittenti quotati pari o superiore alle soglie del 10, 20 e 25 per cento del capitale, il soggetto che effettua le relative comunicazioni deve dichiarare gli obiettivi che ha intenzione di perseguire nel corso dei sei mesi successivi. La dichiarazione è trasmessa alla società di cui sono state acquistate le azioni e alla CONSOB, ed è inoltre oggetto di comunicazione al pubblico.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame integra le previsioni del comma 4-bis dell'articolo 120 del TUF, consentendo alla CONSOB di prevedere, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, per un limitato periodo di tempo, in aggiunta alle soglie indicate nel primo periodo del comma 4-bis una soglia del 5 per cento per società ad azionariato particolarmente diffuso.

Si segnala che la CONSOB ha adottato due provvedimenti (delibera n. 21326 del 9 aprile 2020 e delibera n. 21327 del 9 aprile 2020) che, nell'ambito dei nuovi poteri conferiti all'Autorità dall'articolo 17 del decreto in esame, prevedono un regime di trasparenza rafforzata sia per quanto riguarda l'obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti in alcune società italiane quotate in Borsa, sia per la "dichiarazione delle intenzioni" in caso di acquisizione di partecipazioni nelle imprese quotate.  

Entrambi i provvedimenti si applicano per tre mesi (dall'11 aprile fino all'11 luglio 2020) a 104 società quotate in Italia (gli elenchi sono allegati alle delibere), individuate secondo il criterio della diffusione dell'azionariato. Restano fuori dal perimetro di applicazione le società quotate controllate di diritto, cioè quelle in cui sia presente nell'azionariato un soggetto che detenga il 50 per cento del capitale più almeno una azione. In particolare, per quanto concerne le variazioni delle partecipazioni rilevanti, la Consob ha ridotto le soglie che fanno sorgere l'obbligo di comunicazione portandole rispettivamente dal 3 per cento all'1 per cento con riferimento alle società di maggiori dimensioni e dal 5 al 3 per cento con riferimento a quelle di minori dimensioni (cosiddette "piccole e media imprese" quotate).

Per quanto concerne l'obbligo in capo agli investitori di rendere noti, al superamento di una determinata soglia di partecipazione sociale, i propri obiettivi di investimento (in grado di incidere sugli assetti proprietari) per il periodo relativo ai successivi sei mesi, la CONSOB si è avvalsa della facoltà prevista alla nuova formulazione dell'articolo 120 del TUF riducendo, con riferimento alle medesime 104 società, la soglia della prima "dichiarazione delle intenzioni" dal 10 al 5 per cento. Restano ferme le ulteriori soglie del 10, 20 e 25 per cento.

Nel corso dell’esame in sede referente, è stato inserito un nuovo comma 1-bis, il quale fino al 31 dicembre 2020 estende ai settori agroalimentare e siderurgico le disposizioni in materia di esercizio dei poteri speciali di rilevanza strategica introdotte dal presente articolo e dagli articoli 15 e 16 provvedimento in esame, anche al fine di perseguire il mantenimento dei livelli occupazionali e della produttività sul territorio nazionale.

 

Le modifiche descritte sono inserite nel quadro degli interventi connessi all'esercizio dei poteri speciali del Governo disciplinati dal decreto legge n. 21 del 2012, per cui si vedano le schede di lettura relative agli articoli 15 e 16 del disegno di legge in esame, alle cui schede di lettura si fa rinvio.

 

Per salvaguardare gli assetti proprietari e la gestione delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto legge n. 21 del 2012, come successivamente modificato nel tempo, la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo anche per aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea con riferimento al previgente assetto legislativo nazionale. Il decreto ha riformato tale assetto determinando l'archiviazione della procedura di infrazione da parte della Commissione europea il 15 febbraio 2017, in quanto la nuova disciplina italiana è stata ritenuta compatibile con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il decreto n. 21 del 2012 definisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei poteri speciali.

Tali poteri si sostanziano principalmente nella facoltà di porre il veto rispetto all'adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese che gestiscono attività strategiche in specifici settori, di dettare impegni e condizioni in caso di acquisito di partecipazioni in tali imprese, ovvero di opporsi all'acquisto delle medesime partecipazioni. Tali poteri riguardano i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori da individuare con norme regolamentari fra quelli indicati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452. Specifici poteri sono stati introdotti anche con riferimento alle operazioni che incidono sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G).

L'esercizio dei poteri speciali è disciplinato dalla legge ed è assistito da obblighi di notifica e informazione applicabili alle imprese che gestiscono attivi strategici, con riferimento a specifiche delibere, atti e operazioni, nonché ai soggetti che acquistano partecipazioni rilevanti nelle medesime imprese. L'inosservanza degli obblighi di notifica o l'inadempimento di impegni e condizioni derivanti dall'esercizio dei poteri sono, di norma, puniti con specifiche sanzioni amministrative pecuniarie.    

Per ulteriori approfondimenti sull'evoluzione e sui contenuti della relativa disciplina, si rinvia alla ricostruzione contenuta nel focus pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

In sintesi, si rappresenta che il decreto legge n. 148 del 2017 ha modificato ed esteso la disciplina dell'esercizio dei poteri speciali del Governo con riferimento alla governance di società considerate strategiche, ampliando anche i settori ai quali i poteri speciali risultano applicabili (energia, trasporti, comunicazioni, nonché al settore della cd. alta intensità tecnologica).

Successivamente, il decreto legge n. 22 del 2019 ha introdotto disposizioni specifiche in tema di poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G). Tale norma qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.

Il decreto legge n. 64 del 2019 ha ulteriormente modificato le norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 settembre 2019, ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali ai sensi di tale provvedimento, con riferimento ad alcune operazioni riguardanti le comunicazioni elettroniche basate sulla tecnologia 5G e l’acquisizione di componenti ad alta intensità tecnologica. Tuttavia, alla luce della mancata conversione in legge, l'atto è decaduto il 9 settembre 2019. Si segnala inoltre che, nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 75 del 2019 è stato approvato un emendamento al medesimo disegno di legge con il quale si prevede la sanatoria degli effetti del decreto legge n. 64 del 2019. Per approfondimenti sulle disposizioni di tale ultimo decreto si rinvia al dossier predisposto dai servizi di Camera e Senato.

In seguito, nel corso dell'esame parlamentare del decreto legge n. 105 del 2019, i contenuti del decreto legge n. 64 del 2019 sono stati parzialmente ripresi mediante l'introduzione dell'articolo 4-bis. L'articolo 4-bis ha riproposto le seguenti modifiche al decreto legge n. 21 del 2012:

§  è stato esteso il termine per l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, con contestuale incremento degli elementi informativi resi dalle imprese detentrici degli asset strategici;

§  è stato ampliato l'oggetto di alcuni poteri speciali;

§  sono stati modificati e integrati gli obblighi di notifica finalizzati all'esercizio dei poteri speciali;

§  è stata modificata la disciplina dei poteri speciali in tema di tecnologie 5G, per rendere il procedimento sostanzialmente simmetrico rispetto a quello per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;

§  è stato ridefinito il concetto di "soggetto esterno all'Unione europea" e sono stati precisati i criteri per determinare se un investimento estero è suscettibile di incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

 Inoltre, l'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 ha previsto l'introduzione di ulteriori circostanze che il Governo può tenere in considerazione, per l'esercizio dei poteri speciali, nel caso in cui l'acquirente di partecipazioni rilevanti sia un soggetto esterno all'Unione europea. È stata inoltre sottoposta all'obbligo di notifica l'acquisizione a qualsiasi titolo (in luogo del solo acquisto) di beni o servizi relativi alle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea. È stato consentito l'aggiornamento dei regolamenti che individuano gli attivi di rilevanza strategica tramite decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in luogo di decreti del Presidente della Repubblica, anche in deroga alle procedure previste dalla legge n. 400 del 1988, semplificando contestualmente la procedura per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti. È stata, infine, disciplinata la notifica riguardante delibere, atti e operazioni relativi a specifici asset di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni, in presenza di condizioni particolari relative alla provenienza dell'acquirente ovvero agli effetti delle operazioni compiute.

 

Sulla disciplina dei poteri speciali incidono inoltre gli articoli 15 e 16 del disegno di legge in esame, alle cui schede di lettura si fa rinvio.

 


Capo IV
Misure fiscali e contabili

 


Articolo 18
(
Sospensione di versamenti tributari e contributivi)

 

 

L’articolo 18 stabilisce la sospensione per alcuni operatori economici dei termini dei versamenti relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale e all'imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020. Tali soggetti beneficiano inoltre per lo stesso periodo della sospensione dei termini relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

I beneficiari sono gli esercenti attività di impresa, arte e professione, individuati in base ai ricavi o ai compensi conseguiti nel periodo di imposta precedente, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nonché ai soggetti economici che hanno intrapreso l’esercizio dell’attività dopo il 31 marzo 2020.

Per gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgono attività istituzionale di interesse generale non in regime d’impresa, la sospensione si applica limitatamente alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilato e alle trattenute delle addizionali regionali e comunali, ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

Viene inoltre stabilita per alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19 la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020 alla sola condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi.

Si segnala peraltro che successivamente è intervenuto l’articolo 126 del decreto legge n. 34 del 2020, cd. decreto Rilancio, il quale ha esteso la ripresa dei versamenti sospesi ai sensi del presente articolo, commi 1- 6, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione al 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

Nel corso dell’esame in sede referente, inoltre, sono stati prorogati al 22 settembre 2020 i termini per il versamento del PREU sugli apparecchi da intrattenimento (videolottery e newslot) e del relativo canone concessorio.

La disposizione stabilisce altresì alcune norme di coordinamento con altre agevolazioni fiscali introdotte dal cosiddetto decreto Cura Italia in materia di contrasto dell’emergenza Covid-19 e forme di cooperazione tra l’Agenzia delle entrate, l’INPS, l’INAIL e altri enti previdenziali e assistenziali ai fini della verifica del rispetto dei requisiti necessari per l’applicazione della sospensione.

 

In particolare, il comma 1 della disposizione dispone la sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi assistenziali e previdenziali e i premi di assicurazione obbligatoria sul lavoro dipendente e dell’IVA per i mesi di aprile e maggio 2020 a favore di alcuni esercenti attività di impresa, arte e professione.

La sospensione si applica ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta.

Per tali soggetti sono sospesi, rispettivamente, per i mesi di aprile e di maggio 2020, i termini dei versamenti in autoliquidazione relativi:

§  alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta;

§  all'imposta sul valore aggiunto.

 

Il comma 2 prevede che i soggetti individuati in base ai requisiti previsti al comma 1 beneficiano inoltre per lo stesso periodo (mesi di aprile e maggio 2020) della sospensione dei termini relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 

Si ricorda che in materia di sospensione di versamenti tributari e contributivi che per alcune attività economiche maggiormente esposte all’emergenza epidemiologica (come si vedrà più in dettaglio nel commento ai commi 8 e 9), il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto decreto Cura Italia, dispone la sospensione fino al 30 aprile 2020, dei termini relativi:

§  ai versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati;

§  ai versamenti IVA in scadenza nel mese di marzo 2020;

§  agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 3 estende la medesima sospensione anche a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente.

Nello specifico la norma prevede che la sospensione si applica anche ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50 per cento  nel mese di marzo 2020  rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta. Per tali soggetti sono sospesi pertanto, rispettivamente, per i mesi di aprile e di maggio 2020, i termini dei versamenti in autoliquidazione relativi:

§  ai redditi di lavoro dipendente e assimilato (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta;

§  all'imposta sul valore aggiunto.

 

Il comma 4 (in analogia a quanto disposto dal comma 2) dispone che anche i soggetti individuati in base ai requisiti previsti comma 3 beneficiano per i mesi di aprile e maggio 2020 della sospensione dei termini relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 5, primo periodo, stabilisce che le medesime sospensioni dei versamenti sopra richiamate (commi da 1 a 4) si applicano anche per i soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato e che hanno intrapreso l’attività di impresa, di arte o professione, in data successiva al 31 marzo 2019.

Il secondo periodo estende ulteriormente il perimetro dei beneficiari della sospensione dei versamenti includendovi anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgono attività di interesse generale non in regime d’impresa.

Anche per tali soggetti sono sospesi i versamenti in autoliquidazione relativi ai redditi di lavoro dipendente e assimilato e alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che operano in qualità di sostituti d'imposta, nonché quelli relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 6 prevede che per alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19 la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto si applica per i mesi di aprile e maggio 2020 alla sola condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi prescindendo dal volume dei ricavi e dei compensi del periodo d’imposta precedente.

In particolare la norma specifica che la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto si applica per i mesi di aprile e maggio 2020, a prescindere dal volume dei ricavi e dei compensi del periodo d’imposta precedente, ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Piacenza, nonché – secondo le modifiche introdotte in sede referente – Alessandria ed Asti, e che hanno subito rispettivamente una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel mese di marzo 2020 e nel mese di aprile 2020 rispetto agli stessi mesi del precedente periodo d’imposta.

 

Il comma 7 disciplina i termini e le modalità di ripresa della riscossione.

In particolare la norma stabilisce che i versamenti sospesi in base ai commi precedenti sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal medesimo mese di giugno 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Si segnala peraltro che successivamente è intervenuto l’articolo 126 del decreto legge n. 34 del 2020, cd. decreto Rilancio, il quale ha esteso la ripresa dei versamenti sospesi in un'unica soluzione al 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

 

Il comma 8 reca alcune norme di coordinamento con altre disposizioni introdotte dal decreto Cura Italia volte a contrastare l’emergenza Covid-19 ,che riguardano la sospensione dei versamenti per alcuni operatori nazionali in attività nei settori maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica.

In particolare la norma, primo periodo, prevede che per tali operatori resta ferma per il mese di aprile la sospensione dei termini dei versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, a prescindere dalla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nonché quelli relativi all’imposta sul valore aggiunto in scadenza nel mese di marzo 2020. I beneficiari di tale agevolazione sono le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator e gli operatori nei settori dello sport, dell’arte e della cultura, del trasporto e della ristorazione, dell’educazione e dell’assistenza e della gestione di fiere ed eventi (articolo 61, comma 2, del decreto Cura Italia).

I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020 (articolo 61, comma 4 del decreto Cura Italia).

Per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche tale sospensione rimane ferma non solo per il mese di aprile ma anche per quello di maggio 2020 (articolo 61, comma 5, del decreto Cura Italia). Per questi specifici operatori i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 (anziché entro il 31 maggio) o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020 (articolo 61, comma 5 del decreto Cura Italia).

 

Sul punto si ricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate 8/E ha segnalato che, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto Cura Italia, l’articolo 61 ha quale finalità quella di sostenere ulteriormente i settori  maggiormente colpiti dall’emergenza epidemiologica in atto. Tenuto conto, quindi, del fine agevolativo, per poter beneficiare della sospensione disposta dall’articolo è necessario che le attività rientranti tra quelle oggetto di sospensione siano svolte in maniera prevalente rispetto alle altre esercitate dalla stessa impresa (intendendosi per tali quelle da cui deriva, nell’ultimo periodo d’imposta per il quale è stata presentata la dichiarazione, la maggiore entità dei ricavi o compensi).

Da ultimo, la circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020 opera un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 

Anche per tali soggetti, ai sensi dell’articolo 127 de decreto Rilancio, la ripresa dei versamenti è rinviata in un'unica soluzione al 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

 

l nuovo comma 8-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente, proroga dal 30 agosto al 22 settembre 2020 i termini per il versamento del prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento (videolottery e newslot, di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) e del relativo canone concessorio.

Si chiarisce che le somme dovute possono essere versate con rate mensili di pari importo, con applicazione degli interessi legali calcolati giorno per giorno; la prima rata è versata entro il 22 settembre 2020 e le successive entro l’ultimo giorno del mese; l’ultima rata è versata entro il 18 dicembre 2020.

 

Per una panoramica dettagliata della disciplina dei giochi legali in Italia si rinvia alla pagina web del Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Il comma 9 prevede forme di cooperazione tra l’Agenzia delle entrate, l’INPS, l’INAIL e gli altri enti previdenziali e assistenziali ai fini della verifica del rispetto del requisito della diminuzione del fatturato o dei corrispettivi previsto necessario per l’applicazione della sospensione.

In particolare il comma stabilisce che l’INPS, l’INAIL e gli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza comunicano all’Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno effettuato la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi di assicurazione obbligatoria di cui ai commi precedenti.

L’Agenzia delle entrate, nei tempi consentiti dagli adempimenti informativi fiscali previsti dalla normativa vigente, comunica ai predetti enti previdenziali l’esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti sul fatturato e sui corrispettivi con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione tra le parti.

Analoga procedura si applica con riferimento alla verifica di requisiti necessari per la sospensione dei versamenti da autoliquidazione prevista ai titolari di partita Iva di minori dimensioni introdotta dall’articolo 62, comma 2, del decreto Cura Italia.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 62 comma 2 introduce specifiche previsioni per i titolari di partita Iva di minori dimensioni, individuati in base ai ricavi o ai compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente.

In particolare la norma prevede che per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono sospesi i versamenti da autoliquidazione che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2020:

§  relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta;

§  relativi all’imposta sul valore aggiunto;

§  relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 


 

Articolo 18-bis
(Sospensione del versamento dei canoni
per l’uso di beni immobili appartenenti allo Stato)

 

Il nuovo articolo 18-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, sospende il pagamento dei canoni dovuti per il periodo dal 1° marzo 2020 al 31 luglio 2020 per l’uso di beni immobili appartenenti allo Stato.

 

In particolare, il comma 1, al fine di garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza COVID-19 ed i livelli occupazionali, sospende il pagamento dei canoni dovuti per il periodo dal 1° marzo 2020 al 31 luglio 2020 per l’uso, in regime di concessione o di locazione, di beni immobili appartenenti allo Stato.

 

Si ricorda che il Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili (decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296) disciplina il procedimento per l'affidamento in concessione, anche gratuita, ovvero in locazione, anche a canone ridotto, dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, gestiti dall'Agenzia del demanio, destinati ad uso diverso da quello abitativo e:

§  non idonei ovvero non suscettibili di uso governativo, concreto ed attuale;

§  non inseriti nei programmi di dismissione e di valorizzazione ovvero di  procedure di cartolarizzazione;

§  non inseriti in elenchi di beni dismissibili.

 

Per un approfondimento sulle procedure citate, si invia al tema web Immobili pubblici e concessioni demaniali.

 

Si stabilisce infine che il pagamento dei canoni sospesi debba effettuarsi, anche mediante rateazione, senza applicazione di interesse, entro e non oltre il 31 ottobre 2020, secondo le modalità stabilite dalla autorità concedente.

 

A seguito del rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio volta a precisare, posto che la decorrenza della sospensione del pagamento dei canoni retroagisce al 1° marzo 2020, che sono fatti salvi i pagamenti eventualmente già eseguiti, in modo da evitare l’insorgenza di maggiori oneri a carico dello Stato, nel caso di possibili richieste di rimborso.

 


 

Articolo 19
(
Proroga sospensione ritenute sui redditi di lavoro
autonomo e sulle provvigioni
)

 

 

L’articolo 19 amplia sotto il profilo temporale le previsioni in materia di sospensione delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo e sulle provvigioni contenute nel decreto cosiddetto Cura Italia, stabilendo il non assoggettamento alle ritenute d’acconto, per il periodo compreso tra il 17 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000.

 

In particolare l’articolo 19, comma 1, stabilisce che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data del 17 marzo 2020, i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra il 17 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 non sono assoggettati alle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del DPR n. 600 del 1973) da parte del sostituto d'imposta, a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti, che si avvalgono della opzione sopra citata rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta ai sensi della presente disposizione e provvedono a versare l'ammontare delle ritenute d'acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

Si ricorda che il comma 7 dell’articolo 62 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto Cura Italia, stabilisce che i ricavi e i compensi percepiti, nel periodo compreso tra il 17 marzo e il 31 marzo 2020, non sono assoggettati alle ritenute d'acconto di cui agli articoli 25 e 25-bis del DPR n. 600 del 1973 da parte del sostituto d'imposta, laddove ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

§  nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano percepito ricavi o compensi non superiori a euro 400.000;

§  nel mese precedente, non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti che si avvalgono della opzione provvedono a versare l’ammontare delle ritenute d’acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

Si segnala che l’Agenzia delle entrate con la circolare 8/E ha fornito alcune indicazioni in merito all’applicazione della disciplina introdotta dal comma 7, tra l’altro, anche in merito alle modalità di versamento delle somme corrispondenti alle ritenute non operate. Successivamente, la circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020 ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 

La norma in esame, pertanto, amplia, sotto il profilo temporale, le previsioni contenute all’articolo 62, comma 7, del decreto Cura Italia, prevedendo per i beneficiari della disposizione in esame:

§  il non assoggettamento dei ricavi e dei compensi percepiti nel periodo compreso tra il 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del decreto Cura Italia) e il 31 maggio 2020 (in luogo del 31 marzo 2020)

§  il versamento dell'ammontare delle ritenute d’acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2020 (in luogo del 31 maggio 2020) o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020 (in luogo di maggio 2020), senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

Il comma 2, conseguentemente alla proroga temporale disposta dal comma 1, dispone l’abrogazione del citato comma 7, dell’articolo 62, del decreto Cura Italia.


 

Articolo 20
(Metodo previsionale acconti giugno)

 

 

L’articolo 20 consente ai contribuenti di calcolare gli acconti delle imposte sui redditi e dell’IRAP, da versare nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, secondo il cd. metodo previsionale (ovvero sulla base dell’imposta presumibilmente dovuta per l’anno in corso) in luogo del metodo storico (e cioè sulla base del quantum derivante dalle dichiarazioni dell’anno precedente) senza incorrere in sanzioni e interessi, a condizione che lo scostamento tra l’acconto versato e quello dovuto sulla base delle risultanze della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP si mantenga entro il margine del 20 per cento.

 

Si ricorda in questa sede che le regole generali sul calcolo dell’acconto IRPFEF, IRES e IRAP prevedono che esso venga effettuato sulla base del cd. metodo storico, ovvero sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente, al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi.

 

Per la misura degli acconti IRES e IRPEF e le relative scadenze si veda la scheda informativa dell’Agenzia delle entrate. In questa sede si ricorda brevemente che, salvo proroghe, con riferimento all’IRPEF il saldo e l’eventuale prima rata di acconto devono essere versati entro il 30 giugno dell’anno in cui si presenta la dichiarazione, oppure entro i successivi 30 giorni pagando una maggiorazione dello 0,40%. La scadenza per l’eventuale seconda o unica rata di acconto è invece il 30 novembre.

I versamenti a saldo e l’eventuale primo acconto IRES devono essere eseguiti entro l'ultimo giorno del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, oppure entro il trentesimo giorno successivo, maggiorando le somme dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo. Sono previste regole specifiche per i soggetti, che in base a disposizioni di legge, approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio. L’acconto IRES è fissato nella misura del 100%. L'acconto è pagato in due rate, salvo che il versamento da eseguire alla scadenza della prima non superi i 103 euro. In questo caso, il 40% dell’acconto dovuto è versato alla scadenza della prima rata e il residuo importo alla scadenza della seconda, cioè entro l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione.

 

In alternativa, ove per l’anno in corso si presuma di avere un risultato economico inferiore rispetto all’anno precedente, è possibile utilizzare il cd. metodo previsionale, ovvero calcolare il dovuto sulla base dell’imposta presumibilmente dovuta per l’anno in corso, considerando, quindi, i redditi che il contribuente ipotizza di realizzare, nonché gli oneri deducibili e detraibili che dovrebbero essere sostenuti, i crediti d’imposta e le ritenute d’acconto.

Come anche chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, tale scelta può comportare la riduzione o il non pagamento dell’acconto, ma, al contempo, espone il contribuente al rischio di effettuare i versamenti in acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto, con l’eventuale successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata.

 

Ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà. Salva l'applicazione delle norme del cd. ravvedimento operoso (articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, che consente di sanare le irregolarità in un momento successivo), per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al secondo periodo è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.

 

Con le norme in esame (comma 1) si consente di utilizzare il metodo previsionale in luogo del metodo storico prevedendo, solo per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (comma 2 dell’articolo in esame), che non si applichino sanzioni e interessi in caso di scostamento dell’importo versato a titolo di acconto, rispetto a quello dovuto sulla base delle risultanze della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP, entro il margine del 20 per cento (più precisamente, se l’importo versato non è inferiore all’ottanta per cento della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto, sulla base della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso).

 

Scopo della norma, come chiarito dal Governo, è quello di agevolare i contribuenti che, a causa degli effetti della crisi sanitaria dovuta alla diffusione del virus COVID-19, potrebbero registrare una diminuzione dell’imponibile fiscale ai fini dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP.

 

In questa sede si ricorda inoltre che il decreto legge n. 124 del 2019 (articolo 58) ha modificato le modalità di calcolo degli acconti IRES, IRPEF e IRAP dei soggetti tenuti ad applicare gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), dai soci e associati di società, associazioni professionali e imprese familiari o coniugali interessate agli ISA. In particolare, dal 27 ottobre 2019 gli acconti per queste imposte si versano in due rate ciascuna nella misura del 50% e non più, come avveniva in precedenza, 40% la prima rata e 60% la seconda.

Come precisato dall’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 93/2019, la novità si applica anche ai contribuenti che:

§  applicano il regime forfettario agevolato o determinano il reddito con altre tipologie di criteri forfettari

§  applicano il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità

§  ricadono nelle altre cause di esclusione dagli ISA.

Infine, la rimodulazione del versamento degli acconti è applicabile anche alla cedolare secca sul canone di locazione, all’imposta dovuta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE) o sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).

 

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 


 

Articolo 21
(
Rimessione in termini per i versamenti)

 

 

L’articolo 21 consente di considerare regolarmente effettuati i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni con scadenza il 16 marzo 2020, prorogati al 20 marzo 2020 dal decreto Cura Italia, se eseguiti entro il 16 aprile 2020.

 

Preliminarmente si segnala che l’articolo 60 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (decreto Cura Italia) stabilisce che i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, inclusi quelli relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali ed ai premi per l’assicurazione obbligatoria, in scadenza il 16 marzo 2020, sono prorogati al 20 marzo 2020.

 

La risoluzione n. 12/E dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2020 ha fornito i primi chiarimenti in materia di sospensione dei versamenti tributari e contributivi a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Nel documento di prassi si precisa che la proroga è applicabile ai versamenti dovuti a qualsiasi titolo dalla generalità dei contribuenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza alla data del 16 marzo 2020.

Successivamente la circolare 8/E dell’Agenzia ha offerto ulteriori chiarimenti sull’applicazione della norma. Infine, la circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020 ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 

La disposizione in esame, pertanto, estende la proroga introdotta dal decreto Cura Italia: i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza il 16 marzo 2020, effettuati entro il 16 aprile 2020 sono considerati tempestivi.


 

Articolo 22
(Disposizioni relative ai termini di consegna e di trasmissione telematica della Certificazione Unica 2020)

 

 

L'articolo 22 proroga al 30 aprile, per l'anno 2020, il termine per la consegna agli interessati delle certificazioni uniche relative ai redditi di lavoro dipendente e assimilati e ai redditi di lavoro autonomo. Inoltre l'articolo prevede che, per l'anno 2020, non si applica la sanzione per la tardiva trasmissione delle certificazioni uniche all'Agenzia delle entrate, purché la trasmissione avvenga entro il 30 aprile.

 

Il comma 1 dispone, per l'anno 2020, la proroga al 30 aprile (dal 16 marzo) del termine entro il quale i sostituti d’imposta devono consegnare agli interessati le certificazioni uniche relative ai redditi di lavoro dipendente e assimilati e ai redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 4, comma 6-quater, del D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo indica la finalità della disposizione nella necessità di consentire ai sostituti d’imposta di avere più tempo a disposizione per l’effettuazione degli adempimenti fiscali, in conseguenza dei disagi derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, e, nel contempo, di permettere ai cittadini e ai soggetti che prestano l’assistenza fiscale di essere in possesso delle informazioni necessarie per compilare la dichiarazione dei redditi.

 

L'articolo 4 del D.P.R. n. 322 del 1988 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto) prevede, al comma 1, che i soggetti obbligati ad operare ritenute alla fonte, che corrispondono compensi, sotto qualsiasi forma, soggetti a ritenute alla fonte, nonché gli intermediari e gli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti tenuti alla comunicazione di dati ai sensi di specifiche disposizioni normative, presentano annualmente una dichiarazione unica, anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) e dei premi dovuti all'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.), relativa a tutti i percipienti. Ai sensi del comma 6-ter, i sostituti d'imposta rilasciano un'apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) attestante l'ammontare complessivo delle dette somme e valori, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica. La certificazione è unica anche ai fini dei contributi dovuti agli altri enti e casse previdenziali. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le relative modalità di attuazione. La certificazione unica sostituisce quelle previste ai fini contributivi. Ai sensi del comma 6-quater, tali certificazioni, sottoscritte anche mediante sistemi di elaborazione automatica, sono consegnate agli interessati entro il 16 marzo dell'anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti ovvero entro dodici giorni dalla richiesta degli stessi in caso di interruzione del rapporto di lavoro.

 

Il comma 2 dispone che, per l’anno 2020, la sanzione per la tardiva trasmissione delle certificazioni uniche di cui all’articolo 4, comma 6-quinquies, del D.P.R. n. 322 del 1998, non si applica se le certificazioni uniche di cui al comma 6-ter del medesimo articolo 4 sono trasmesse in via telematica all’Agenzia delle entrate entro il 30 aprile.

 

L'articolo 4, comma 6-quinquies, del D.P.R. n. 322 del 1988 prevede che le certificazioni uniche sono trasmesse in via telematica all'Agenzia delle entrate direttamente o tramite gli incaricati di cui all'articolo 3, commi 2-bis e 3, entro il 16 marzo dell'anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti. Per ogni certificazione omessa, tardiva o errata si applica la sanzione di cento euro con un massimo di euro 50.000 per sostituto di imposta.

 

Il Governo precisa, nella relazione illustrativa, che resta fermo che la trasmissione in via telematica delle certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione precompilata di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 175 del 2014, può avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta di cui al comma 1 del medesimo articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.

 

Secondo la relazione tecnica, alle predette disposizioni non si ascrivono effetti in termini di minori entrate per l’anno 2020, considerato che non è previsto un differimento dei termini di versamento e in ogni caso la disposizione ha carattere infrannuale.

 

Infine, si segnala che la circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020 ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 


 

Articolo 23
(Proroga dei certificati in materia di appalti emessi
nel mese di febbraio 2020)

 

 

L'articolo 23 proroga al 30 giugno 2020 la validità dei certificati in materia di appalti emessi, ai sensi del dall’articolo 17-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 241 del 1997, dall'Agenzia delle entrate entro il 29 febbraio 2020.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame proroga espressamente fino al 30 giugno 2020 la validità dei certificati previsti, in materia di appalti, dall’articolo 17-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 241 del 1997, emessi dall'Agenzia delle entrate entro il 29 febbraio 2020.

 

L'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 241 del 1997 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni) prevede che i soggetti che operano una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 a un'impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute trattenute dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio. Il versamento delle ritenute di cui al periodo precedente è effettuato dall'impresa appaltatrice o affidataria e dall'impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.

Il comma 5 prevede tuttavia che tali obblighi non trovano applicazione qualora le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici di sopra comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza, nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza dei seguenti requisiti:

a)    risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;

b)   non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza.

Ai sensi del successivo comma 6, la certificazione di cui al comma 5 è messa a disposizione delle singole imprese dall'Agenzia delle entrate e ha validità di quattro mesi dalla data del rilascio.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo motiva la disposizione con riferimento alla necessità di, in considerazione della situazione connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19, accessi da parte di contribuenti agli uffici dell’Agenzia delle entrate.

 

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 


 

Articolo 24
(Disposizioni in materia di imposta di registro)

 

 

L'articolo 24 sospende, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020, i termini che condizionano l'applicazione dell'imposta di registro agevolata (2 per cento) agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso, nonché il termine per il riconoscimento del credito d'imposta per il riacquisto della prima casa.

 

Il D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) stabilisce, all'articolo 1 che l'imposta di registro si applica, nella misura indicata nella tariffa allegata al Testo unico, agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione. L'articolo 1 della Tariffa disciplina gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, stabilendo che gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi sono soggetti a un'aliquota del 9 per cento. Tuttavia, se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis), l'aliquota viene ridotta al 2 per cento.

La citata nota prevede, al comma 1, che, ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, debbano ricorrere le seguenti condizioni:

a)    che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano;

b)   che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

c)    che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge usufruendo di una serie di agevolazioni elencate dalla nota in esame.

Il comma 4 prevede inoltre che, in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con aliquota l'agevolata del 2 per cento prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente deve inoltre recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Tali disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

 

L'articolo 7 della legge n. 448 del 1998 stabilisce inoltre che, ai contribuenti che provvedono ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall'alienazione dell'immobile per il quale si è fruito dell'aliquota agevolata prevista ai fini dell'imposta di registro e dell'imposta sul valore aggiunto per la prima casa, un'altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla citata nota II-bis all'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, è attribuito un credito d'imposta fino a concorrenza dell'imposta di registro o dell'imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato. L'ammontare del credito non può essere superiore, in ogni caso, all'imposta di registro o all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'acquisto agevolato della nuova casa di abitazione non di lusso.

 

L'articolo in esame dispone la sospensione dei termini suddetti, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020.

 

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 


 

Articolo 25
(Assistenza fiscale a distanza - SOPPRESSO
)

 

 

 

L’articolo 25 è stato soppresso in sede referente alla Camera dei deputati. L’articolo prevede che i CAF e i professionisti abilitati possano gestire a distanza l'attività di assistenza fiscale ai soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, acquisendo la delega e la documentazione del contribuente attraverso modalità telematiche. Con tali modalità è consentita anche la presentazione di dichiarazioni, modelli e domande di accesso o fruizione di prestazioni all’INPS.

 

 

 


 

Articolo 26
(
Semplificazioni per il versamento dell’imposta di bollo
sulle fatture elettroniche)

 

 

L’articolo 26 interviene sulla disciplina dei versamenti dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche nel caso di importi inferiori a un certo valore. In particolare, in luogo di prevedere modalità di versamento semplificate nel caso di importo dovuto annuo pari o inferiore a 1.000 euro, le norme in esame rimodulano le scadenze dei versamenti in rapporto all’ammontare di imposta dovuta nel trimestre; di conseguenza, viene abbassato a 250 euro l’importo-soglia che consente di usufruire di modalità di pagamento agevolate.

 

Si ricorda che l’articolo 12-novies del decreto-legge n. 34 del 2019 consente all’Agenzia delle entrate, già in fase di ricezione delle fatture elettroniche, di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, avendo riguardo alla natura e all’importo delle operazioni indicate nelle fatture stesse.

L’Agenzia, ove rilevi che sulle fatture elettroniche non sia stata apposta la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo, può integrare le fatture stesse con procedure automatizzate, già in fase di ricezione sul Sistema di interscambio (disciplinato dall’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008).

L’Agenzia include nel calcolo dell’imposta dovuta, da rendere noto a ciascun soggetto passivo IVA (ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.M. del 16 giugno 2014), sia l’imposta dovuta in base a quanto correttamente dichiarato nella fattura, sia il maggior tributo calcolato sulle fatture nelle quali non è stato correttamente indicato l’assolvimento dell’imposta.

Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

L’articolo 17 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. In tal caso l’amministrazione finanziaria deve comunicare con modalità telematiche al contribuente l’ammontare dell’imposta da versare nonché delle sanzioni per tardivo versamento e degli interessi.

Il comma 1-bis dell’articolo 17, nella sua formulazione antecedente, in particolare prevedeva che, nel caso in cui gli importi dovuti non superassero la soglia annua di 1000 euro, era possibile pagare l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche con due versamenti aventi cadenza semestrale, di cui il primo da effettuarsi entro il 16 giugno e il secondo entro il 16 dicembre di ciascun anno.

L’articolo 26 in esame sostituisce integralmente il comma 1-bis dell’articolo 17 sopra richiamato.

In luogo di prevedere modalità di versamento agevolate per importi annui dovuti non superiori a 1.000 euro, le norme in esame rimodulano le scadenze, rapportandole all’imposta dovuta nel trimestre, e di conseguenza abbassano a 250 euro gli importi-soglia che consentono di usufruire di modalità di pagamento agevolate.

 

In particolare, la lettera a) del novellato comma 1-bis dispone che, ove l’ammontare dell’imposta dovuta per le fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell’anno sia di importo inferiore a 250 euro (ma, come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, l’importo complessivo dell’imposta dovuta per il primo e secondo trimestre è superiore a 250 euro), il versamento può essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta relativa alle fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno.

 

Ove, considerando anche l’imposta dovuta per le fatture emesse nel secondo trimestre dell’anno, l’importo complessivo da versare resti inferiore a 250 euro, il versamento dell’imposta relativa al primo e secondo trimestre dell’anno può essere effettuato nei termini previsti per il versamento dell’imposta per le fatture elettroniche emesse nel terzo trimestre dell’anno di riferimento.

 

La relazione illustrativa chiarisce che rimangono ferme le ordinarie scadenze per i versamenti dell’imposta di bollo dovuta per le fatture elettroniche emesse nel terzo e quarto trimestre solare dell’anno.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 143 del DL n. 34 del 2020 (decreto “rilancio” rinvia al 1° gennaio 2021 la normativa sull’integrazione dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite il Sistema di interscambio.


 

Articolo 27
(Cessione gratuita di farmaci ad uso compassionevole)

 

 

L’articolo 27 neutralizza gli effetti fiscali delle cessioni di farmaci nell’ambito di programmi ad uso compassionevole, in particolare equiparando-  ai fini IVA - la cessione di detti farmaci alla loro distruzione ed escludendo il loro valore normale dalla formazione dei ricavi ai fini delle imposte dirette.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, per la cessione gratuite di farmaci nell’ambito dei programmi a uso compassionevole, non operino le ordinarie regole fiscali sulla presunzione di cessione contenute nell'articolo 1 del DPR n. 441 del 1997, da cui discende, tra l’altro, l’assoggettamento a IVA di tali operazioni.

La presunzione di cessione opera per i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni (articolo 1, comma 1 del D.P.R. n. 441 del 1997). La presunzione non opera (comma 2) se è dimostrato che i beni stessi: a) sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti; b) sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà,

 

Le operazioni così agevolate sono, in particolare, le cessioni gratuite di farmaci nell’ambito dei programmi ad uso compassionevole, individuati dal decreto del Ministro della salute 7 settembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 novembre 2017, n. 256, autorizzate dal competente Comitato Etico, effettuate nei confronti dei soggetti indicati dall’articolo 3 dello stesso decreto.

 

Il decreto 7 settembre 2017 Disciplina dell'uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica,  stabilisce i criteri e le modalità per l'uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica (uso c.d. compassionevole) e prevede la fornitura a titolo gratuito da parte dell'Azienda farmaceutica delle seguenti tipologie di farmaci:

1.    medicinali non ancora autorizzati, sottoposti a sperimentazione clinica e prodotti in stabilimenti farmaceutici o importati secondo le modalità autorizzative e i requisiti previsti dalla normativa vigente;

2.    medicinali provvisti dell'autorizzazione all'immissione in commercio per indicazioni diverse da quelle autorizzate (medicinali off-label);

3.    medicinali autorizzati ma non ancora disponibili sul territorio nazionale;

4.    medicinali di terapia avanzata:

5.    medicinali di terapia genica;

6.    medicinali di terapia cellulare somatica;

7.    prodotti di ingegneria tessutale.

L'uso di tali medicinali deve essere richiesto all'azienda farmaceutica per il trattamento di pazienti affetti da patologie gravi, malattie rare, tumori rari o in condizioni di malattia che li pongano in pericolo di vita, per i quali non siano disponibili valide alternative terapeutiche o che non possano essere inclusi in una sperimentazione clinica o, ai fini della continuità terapeutica, per pazienti già trattati con beneficio clinico nell'ambito di una sperimentazione clinica conclusa. I soggetti autorizzati alla richiesta, ai sensi dell’articolo 3 del decreto, sono:

§  medico per il singolo paziente non trattato nell'ambito di studi clinici, per uso nominale o nell'ambito di programmi di uso terapeutico;

§  più medici operanti in diversi centri o da gruppi collaborativi multicentrici;

§  medico o da gruppi collaborativi per pazienti che hanno partecipato a una sperimentazione clinica che ha dimostrato un profilo di tollerabilità, sicurezza ed efficacia tali da configurare un'indicazione di continuità terapeutica, anche a conclusione della sperimentazione clinica;

§  medico che dirige il centro clinico individuato dalla regione per il trattamento delle malattie rare o il centro clinico appartenente alla Rete nazionale dei tumori rari.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, i predetti farmaci a uso compassionevole non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 85, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi - TUIR, di cui al DPR 22 dicembre 1986, n. 917. Da ciò discende che tali beni ceduti gratuitamente o, più precisamente, il loro valore normale, non rientra tra i ricavi ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRES.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 16 della legge 19 agosto 2016, n. 166 (c.d. "legge anti spreco"), come modificato nel tempo, reca disposizioni fiscali per le cessioni gratuite di determinati beni a fini di solidarietà sociale, stabilendo, in particolare:

§  che per essi non opera l’ordinaria presunzione di cessione (da cui discende, tra l’altro, l’assoggettamento a IVA), disciplinata dall'articolo 1, comma 1, del DPR n. 441 del 1997 per i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni (comma 1). Le cessioni gratuite sono assimilate alla distruzione dei beni, con conseguente continuità del diritto alla detrazione dell'IVA assolta a monte da parte del donante;

§  l'operatività del beneficio secondo cui i beni oggetto delle predette cessioni gratuite non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 85, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, TUIR (comma 2). Pertanto il valore normale dei beni ceduti gratuitamente non rientra tra i ricavi ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRES;

§  gli adempimenti necessari ai fini dell'applicazione dei predetti benefici fiscali (comma 3).

I benefici si applicano, alle condizioni di legge, alle cessioni gratuite agli enti pubblici, nonché gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro di finalità civiche e solidaristiche, compresi gli enti del Terzo settore (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della medesima legge 166), purché si tratti dei seguenti beni (indicati alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dello stesso articolo 16):

a.    eccedenze alimentari di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c);

b.    medicinali, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g-bis, donati secondo le modalità individuate dal decreto del Ministro della salute adottato ai sensi dell'articolo 157, comma 1-bis, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, introdotto dall'articolo 15 della presente legge;

c.    articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale, di cui al numero 114) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non più commercializzati, purché in confezioni integre correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie;

d.    prodotti destinati all'igiene e alla cura della persona, dei prodotti per l'igiene e la pulizia della casa, dei prodotti per l'igiene e la pulizia della casa, degli integratori alimentari, dei biocidi, dei presidi medico chirurgici, dei prodotti di cartoleria e di cancelleria, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l'idoneità all'utilizzo o per altri motivi similari;

e.    altri prodotti individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze adottato ai sensi del comma 7, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l'idoneità all'utilizzo o per altri motivi similari.

L’articolo 31 del decreto-legge n. 9 del 2020, emanato anch’esso nel contesto dell’emergenza COVID-19, ha integrato la predetta disciplina “anti spreco” estendendo le agevolazioni fiscali ivi contenute a ulteriori cessioni gratuite di prodotti non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione. Si rammenta che tale articolo 31 è stato trasfuso nell’articolo 71-bis decreto-legge n. 18 del 2020, all’esame della Camera per la conversione in legge al momento di redazione del presente lavoro. Il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020 reca altresì l’abrogazione del decreto-legge n. 9 sopra citato.

Più in dettaglio, le agevolazioni suesposte sono state estese alle cessioni gratuite dei prodotti tessili, per l’abbigliamento e per l’arredamento, dei giocattoli, dei materiali per l’edilizia e degli elettrodomestici, oltre che dei personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.

Inoltre, si prevede la possibilità, per il donatore o l'ente donatario, di incaricare un soggetto terzo di adempiere per loro conto, ferma restando la responsabilità dei predetti soggetti, agli adempimenti amministrativi necessari a ottenere le agevolazioni fiscali.

 

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 


 

Articolo 27-bis -SOPPRESSO
(Rendicontazione separata per le erogazioni liberali a favore delle pubbliche amministrazioni)

 

 

Si segnala che a che a seguito del rinvio in Commissione l’articolo in esame è stato soppresso in quanto esso riproduce la già vigente lett. c), comma 1, articolo 18 del D.L. 34 del 19 maggio 2020, pubblicato nel Gazzetta ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020, S.O. n. 21.

 

L’articolo 27-bis disponeva una modifica volta a novellare il comma 5 dell’articolo 99 del D.L. 18 del 2020 (L. 27/2020) in materia di rendicontazione separata per le erogazioni liberali di cui sono beneficiarie le pubbliche amministrazioni in termini di donazioni intese a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19, e degli obblighi di pubblicità per garantirne la trasparenza, mediante la pubblicazione sul proprio sito internet. La modifica in commento specifica che, per la rendicontazione separata, ciascuna pubblica amministrazione beneficiaria è autorizzata anche all’apertura di un conto corrente dedicato presso il proprio tesoriere, e pertanto lo stesso è facoltativo, fermo restando l’obbligo di assicurare la completa tracciabilità delle erogazioni liberali ricevute. In base alla modifica, la rendicontazione separata può essere quindi effettuata anche nell’ambito del conto corrente di tesoreria generale.

 

 

 

 


 

Articolo 27-bis
(Disposizioni in materia di distribuzione dei farmaci agli assistiti)

 

 

L’articolo 27-bis, inserito durante l’esame referente, estende, per tutta la durata dello stato di emergenza epidemiologica, alle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale la possibilità di operare la distribuzione per conto - canale che fuoriesce dalla farmaceutica convenzionata - dei farmaci erogati in regime di distribuzione diretta, consentendo agli assistiti di ritirare presso tali farmacie aperte al pubblico i medicinali in confezione ospedaliera, in base a specifiche convenzioni regionali.

 

In seguito al rinvio in Commissione, è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio, al comma 1, volta a escludere nuovi o maggiori oneri a carico del Servizio sanitario nazionale.

 

L’estensione della dispensazione tramite le farmacie convenzionate dei medicinali di distribuzione diretta, che normalmente vengono dispensati ai pazienti per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche[31], deve seguire le modalità e le condizioni stabilite dagli accordi regionali stipulati ai sensi della lett. a), comma 1, articolo 8 del D.L. n. 347/2001[32] (L. 405/2001) e sarà consentita fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica determinata dal COVID-19.

In base alla lett. a), comma 1, del citato articolo 8, le regioni e le province autonome hanno facoltà di stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente da effettuarsi anche tramite tali farmacie, con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione regionale.

 

Il periodo di emergenza epidemiologica è fissato dalla Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020.

Articolo 28
(Disciplina fiscale degli utili distribuiti
alle società semplici)

 

 

L’articolo 28 modifica in più punti la disciplina fiscale degli utili distribuiti a società semplici, prevista dall’articolo 32- quater del D.L. n. 124 del 2019, che ha introdotto il principio di tassazione per trasparenza in capo ai soci, ai sensi del quale la tassazione di tali proventi segue la natura giuridica dei soci stessi. In particolare le norme in esame:

§  ricomprendono nell’ambito di applicazione della disciplina anche gli utili di fonte estera, con esclusione di quelli provenienti da Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sui quali continuano ad applicarsi le disposizioni previste dal TUIR;

§  chiariscono le modalità di applicazione della ritenuta e dell’imposta sostitutiva previste per gli utili percepiti dalla società semplice, per la quota riferibile a soci persone fisiche della medesima società;

§  disciplinano il regime fiscale degli utili percepiti dalla società semplice per la quota riferibile, tra l’altro, ai soci non residenti della società semplice;

§  prevedono un regime transitorio per gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 la cui distribuzione è deliberata entro il 31 dicembre 2022.

 

Come anticipato, le norme in esame apportano numerose novelle all’articolo 32-quater del decreto-legge n. 124 del 2019, norma che ha modificato il regime fiscali dei dividendi corrisposti alle società semplici, introducendo il principio di tassazione per trasparenza in capo ai soci. Di conseguenza il regime fiscale applicabile a tali dividendi segue la natura giuridica dei soci stessi, variando a seconda che si tratti di persone fisiche, titolari di reddito d’impresa e soggetti IRES.

 

Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’articolo 5 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), le società semplici soggiacciono a specifiche regole sulla tassazione del proprio reddito: i redditi delle società semplici residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

Le regole di determinazione del reddito per le società semplici, che non possono esercitare attività di tipo commerciale, sono analoghe a quelle delle persone fisiche: il reddito di tali enti è assoggettato a tassazione secondo le categorie previste dall'articolo 6 del TUIR, escluso solo il reddito d'impresa di cui alla lettera e) del comma 1 del menzionato articolo 6.

L’articolo 1, commi da 999 a 1006, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) ha apportato modifiche al regime impositivo dei redditi di natura finanziaria conseguiti da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio d’impresa, derivanti dal possesso e dalla cessione di partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR. In particolare, il regime fiscale applicabile ai redditi da partecipazioni qualificate è stato allineato a quello previsto per le partecipazioni non qualificate, con l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta o dell’imposta sostitutiva al 26 per cento.

Tra le norme abrogate con detta riforma vi è il previgente articolo 47, comma 1, primo periodo del TUIR, ai sensi del quale gli utili provenienti da partecipazioni qualificate percepiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa concorrevano a formare il reddito imponibile soltanto per il 58,14 per cento (misura così rideterminata nel tempo), al pari di quelli derivanti da partecipazioni detenute in regime d’impresa o dalle società semplici.  La nuova normativa prevede che tutti i dividendi che incassano i percipienti “diversi dalle imprese” siano soggetti a ritenuta di imposta a titolo definitivo del 26 per cento.

La formulazione della norma ha determinato alcune questioni di interpretazione applicativa con riferimento alle società semplici: l’articolo 27, comma 1 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che la ritenuta del 26 per cento si applichi alle "persone fisiche" e non cita le società semplici.

Dall’altro lato, le associazioni di categoria (Assonime, ODCDEC) hanno proposto diverse soluzioni interpretative alla questione: parte degli interpreti ha rilevato che le norme abrogate del citato articolo 47 TUIR, congiuntamente all’inapplicabilità alle società semplici della ritenuta (di cui all’articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973) darebbe luogo alla imponibilità integrale degli utili percepiti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, il che comporterebbe un livello di imposizione più alto per gli utili percepiti dalle società semplici rispetto a quelli percepiti dalle persone fisiche. Una diversa interpretazione prevede la parziale esclusione di tali utili da tassazione, applicando le medesime regole fissate per le società di persone commerciali e dunque la loro imponibilità per il 58, 14 per cento (articolo 59 TUIR).

Successivamente sul punto è intervenuto l’articolo 32-quater del decreto-legge n. 124 del 2019, ai sensi del quale i dividendi percepiti dalle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci e, cioè, sono tassati in capo ai soci stessi. Si prevede dunque un trattamento fiscale differenziato degli utili che sono distribuiti alle società semplici - in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione - anche per somme o beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale - dalle società ed agli enti IRES residenti in Italia (di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c) del TUIR), secondo la provenienza.

Di conseguenza:

a)    con riferimento alla quota di dividendi che è imputabile ai soggetti IRES, tenuti all’applicazione dell’art. 89 del TUIR (che disciplina il trattamento fiscale dei dividendi per tali soggetti), i dividendi corrisposti alla società semplice sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95 per cento del loro ammontare;

b)   per la quota imputabile a soggetti titolari di reddito d’impresa, tenuti all’applicazione dell’articolo 59 TUIR (che disciplina il trattamento degli utili con riferimento al reddito d’impresa), i dividendi corrisposti alle società semplici sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86 per cento del loro ammontare, nell'esercizio in cui sono percepiti;

c)    per la quota imputabile alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni, qualificate e non qualificate, non relative all’impresa (ai sensi dell’articolo 65 del TUIR) i dividendi - nella previgente formulazione dell’articolo, modificato dalla norma in commento – sono soggetti a tassazione con applicazione di una ritenuta d’imposta, nella misura del 26 per cento prevista dall’articolo 27, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973.

In sostanza l’articolo 32-quater, applicando il principio di trasparenza fiscale, chiarisce che il trattamento dei dividendi corrisposti alle società semplici segue le regole che derivano dalla natura giuridica dei soci.

Si applica dunque la modalità di tassazione che sarebbe operativa secondo la natura del soggetto colpito, anche ove non vi fosse il tramite della società.

 

Con una prima modifica (comma 1, lettera a), che novella il comma 1, alinea, dell’articolo 32-quater) sono ricompresi nella nuova tassazione per trasparenza anche i cd. utili di fonte estera, ovvero anche quelli corrisposti da società ed enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) del TUIR).

 

La relazione illustrativa al riguardo precisa che sono esclusi gli utili provenienti da Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sui quali continuano ad applicarsi le disposizioni previste dal TUIR (vedi infra).

 

Con una seconda modifica (comma 1, lettera b), che novella il comma 1, lettera c) dell’articolo 32-quater) sono chiarite le modalità di applicazione della ritenuta e dell’imposta sostitutiva previste per gli utili percepiti dalla società semplice, per la quota riferibile a soci persone fisiche della medesima società; in luogo di specificare che si tratta della sola ritenuta a titolo d’imposta di cui al solo comma 1 dell’articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, conseguentemente alle modifiche di cui alla lettera a) le norme in esame fanno riferimento all’intero articolo 27, che disciplina altresì la ritenuta sui redditi di fonte estera.

 

Sono poi introdotte due nuove lettere, c-bis) e c-ter), al comma 1 dell’articolo 32-quater.

Ai sensi della nuova lettera c-bis), le quote di utili imputabili ai soggetti IRES residenti in Italia (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del TUIR), concorrono alla formazione del reddito complessivo per l’intero ammontare.

La lettera c-ter) prevede invece che la quota di utile riferibile a soggetti non residenti nel territorio dello Stato sia soggetta a tassazione con applicazione di una ritenuta nella misura prevista dal medesimo articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973, ossia al 26 per cento; per i soggetti non residenti, appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea e agli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella cd.  White list (Paesi con cui vi è scambio di informazioni fiscali), la misura della predetta ritenuta, operata a titolo di imposta, si applica con aliquota dell'1,20 per cento (giusto rinvio all’articolo 27, comma 3-ter del citato articolo 27).

 

La lettera d) del comma 1 inserisce un nuovo comma 1-bis nell’articolo 32-quater, il quale chiarisce che rimane fermo l’ordinario regime del TUIR per gli utili provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato in presenza delle condizioni di legge (ai sensi dell’articolo 47-bis comma 1, del TUIR e legati, tra l’altro, all’effettivo o nominale livello di tassazione). Tale regime prevede, in via ordinaria, la totale imponibilità dei proventi.

 

La lettera e) del comma 1 riformula il comma 2 dell’articolo 32-quater al fine di introdurvi il riferimento sia alla ritenuta che all’imposta sostitutiva, fermo restando che esse sono operate sulla base delle informazioni rese dalla società semplice.

Resta fermo che sugli utili derivanti dalle azioni e dagli strumenti finanziari similari alle azioni, immessi nel sistema di deposito accentrato gestito da una società di gestione accentrata, è applicata, in luogo della ritenuta, un prelievo a titolo di imposta sostitutiva al 26 per cento; a differenza della formulazione previgente, si fa esplicito riferimento all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973).

 

La lettera f) chiarisce anzitutto che le norme dell’articolo 32-quater si applicano ai dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2020.

Essa inoltre disciplina un regime transitorio per gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, la cui distribuzione è deliberata entro il 31 dicembre 2022. A tali utili si applica il regime fiscale previgente alle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2018, sopra illustrato.

 


 

Articolo 29
(Processo tributario telematico, notifica degli atti sanzionatori relativi al contributo unificato e sospensione
del contenzioso degli enti impositori
)

 

 

L’articolo 29 reca norme volte alla semplificazione e alla digitalizzazione del processo tributario.

Il comma 1 obbliga gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti all’albo dei concessionari della riscossione delle entrate locali, nonché le parti assistite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche, a depositare e notificare gli atti successivi e i provvedimenti giurisdizionali tramite modalità telematiche, secondo la relativa disciplina.

Il comma 2 disciplina la notifica, anche per posta elettronica certificata, dell’importo della sanzione da omesso versamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo nei procedimenti civili, amministrativi e tributari.

Con il comma 3 si dispone che le attività di contenzioso degli enti impositori siano sospese fino al 15 maggio 2020, in deroga al termine fissato al 31 maggio 2020 dal decreto-legge n. 18 del 2020.

Processo tributario telematico

Il comma 1 obbliga gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti all’albo dei concessionari della riscossione delle entrate locali, nonché le parti assistite da un difensore abilitato che si sono costituite in giudizio con modalità analogiche di depositare e notificare gli atti successivi e i provvedimenti giurisdizionali tramite modalità telematiche, secondo la disciplina del processo tributario telematico contenuta nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163 e dai successivi decreti attuativi.

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che lo scopo della norma è consentire la telematizzazione del processo tributario anche nel caso in cui esso sia stato avviato con modalità analogiche.

 

Brevemente si ricorda che in questa sede che il processo tributario telematico (PTT) dal 15 luglio 2017 è attivo su tutto il territorio nazionale, a conclusione di una graduale estensione a livello regionale iniziata il 1° dicembre 2015.

In attuazione dell'articolo 39, comma 8, del decreto-legge n. 98 del 2011 è stato adottato, con decreto 23 dicembre 2013, n. 163, il regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario. Con il D.M. 4 agosto 2015 sono state emanate le specifiche tecniche previste dall'articolo 3, comma 3, del regolamento. Il decreto regola alcuni aspetti del processo, quali, ad esempio, la registrazione e l'accesso al S.I.Gi.T, il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria; le notificazioni e le comunicazioni; la costituzione in giudizio; la formazione e la consultazione del fascicolo informatico; il deposito degli atti; il pagamento del contributo unificato tributario. La normativa è stata aggiornata con il D.M.28 novembre 2017.

Si segnala la pubblicazione del MEF Il Processo Tributario Telematico che raccoglie la normativa, la prassi di riferimento ed informazioni tecnico/operative. Nel febbraio 2018 è stato inoltre pubblicato il Rapporto sui depositi telematici degli atti e documenti nel contenzioso tributario.

Notifica delle sanzioni relative al contributo unificato di iscrizione a ruolo

Il comma 2 dell’articolo 29 interviene sull’articolo 16 del Tu spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002), per disciplinare la notifica, anche per posta elettronica certificata, della sanzione da omesso versamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo.

 

Si ricorda che il contributo unificato di iscrizione a ruolo ha sostituito tutte le altre imposte (imposte di bollo, tassa di iscrizione a ruolo, diritti di cancellaria, ecc.) precedentemente previste per l’instaurazione di procedimenti civili, tributari e amministrativi. In linea generale, il contributo unificato si applica per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale, e di volontaria giurisdizione, nel processo tributario e nel processo amministrativo (artt. 9-18-bis, TU spese di giustizia).

In particolare, l’art. 16 del TU disciplina l’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato prevedendo l’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto maggiorato degli interessi per il mancato tempestivo pagamento e una sanzione dal 100 al 200% della maggiore imposta dovuta (si applica l’art. 71 del DPR n. 131 del 1986), rinviando per le modalità di riscossione agli articoli 247 e ss. del TU.

 

Inserendo nell’articolo 16 il comma 1-ter, il decreto-legge consente agli uffici giudiziari di notificare la sanzione derivante da omesso o parziale pagamento del contributo unificato anche tramite posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, in mancanza di tale indicazione, mediante il deposito presso l’ufficio di segreteria o di cancelleria dell’autorità giudiziaria competente. La disposizione specifica che la notifica PEC è consentita anche qualora l’irrogazione della sanzione sia contenuta nell’invito al pagamento di cui all’articolo 248 del TU. L’invio per posta elettronica certificata presuppone l’elezione di domicilio presso il difensore; in alternativa la sanzione sarà notificata mediante deposito presso l’ufficio competente, individuato dall’art. 247 del Tu nell’ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione del contributo presso il magistrato dove è depositato l’atto per il quale è dovuto il pagamento del contributo.

L’art. 248 del TU disciplina l’invito al pagamento del contributo unificato nei casi di omissione o di insufficiente versamento prevedendo che sia l’ufficio presso il magistrato competente a notificare alla parte l’invito al pagamento dell’importo dovuto, quale risulta tra il valore della causa e il corrispondente scaglione, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese. L’invito è notificato anche a mezzo posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione del domicilio, è depositato presso l’ufficio.

 

La disposizione sembra introdurre la possibilità di anticipare, già all’atto dell’invio dell’avviso di pagamento e con le modalità per questo previste dall’art. 248 – e dunque anche a mezzo PEC – “la sanzione irrogata” in caso di mancato rispetto del termine di un mese previsto dall’art. 248 del TU per regolarizzare il pagamento del contributo. Non è chiaro, con riferimento alla possibilità di notifica anticipata nell’invito al pagamento, come sia possibile fare già riferimento a una “sanzione irrogata”, dal momento che la sanzione è irrogabile solo se non si dà luogo al pagamento entro il mese successivo all’avviso.

 

Secondo quanto specificato dall’Agenzia delle entrate con la circolare AE 13 aprile 2020 n. 9/E, gli atti i quali possono essere notificati tramite posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, in mancanza di tale indicazione, mediante il deposito presso l'ufficio di Segreteria delle Commissioni tributarie o la cancelleria competente sarebbero gli atti sanzionatori derivanti da omesso o parziale pagamento del contributo unificato. La Circolare specifica che la notifica PEC è consentita anche qualora l’irrogazione della sanzione sia contenuta nell’invito al pagamento di cui all’articolo 248 del D.P.R. n. 115/2002 (non fornisce peraltro chiarimenti in merito “alla sanzione irrogata” contenuta nell’invito al pagamento.

In base alla Relazione illustrativa, la nuova procedura telematica permette “di completare il flusso informatico delle spese di giustizia collegate a processi giurisdizionali digitali già obbligatori, oltre che generare un risparmio di spese postali nel bilancio dello Stato. La ratio della norma consiste nel valorizzare il ruolo del difensore e il relativo domicilio eletto, non solo per le notifiche processuali, ma anche per la ricezione degli atti relativi alle spese di giustizia. Sarà il difensore a garantire al suo assistito la conoscibilità degli atti notificati in base al mandato ricevuto (si veda Corte costituzionale, sentenza 29 marzo 2019, n. 67)”.

Sospensione contenzioso degli enti impositori

Con il comma 3 si dispone che le attività di contenzioso degli enti impositori siano sospese fino al 15 maggio 2020, in deroga al termine di sospensione in precedenza fissato al 31 maggio 2020 dal decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 67 del decreto-legge n. 18 del 2020 sospende temporaneamente alcune attività svolte dall’amministrazione finanziaria. Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 67 sospende dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso degli uffici degli enti impositori.

 

Le norme in esame, ponendosi in esplicita deroga al richiamato articolo 67, prevedono che per l’attività degli enti impositori tale sospensione sia anticipata al 15 maggio 2020, e cioè al termine fissato dall’articolo 37 comma 1 del decreto-legge in esame.

 

Il riferimento all’articolo 37 è stato così sostituito per effetto dell’approvazione delle correzioni di forma, in sede referente.

 

L’articolo 37, comma 1 proroga fino al 15 maggio 2020 la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi e dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, già disposta fino al 15 aprile dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

Il Governo al riguardo chiarisce che le norme in esame, giusto il rinvio operato dall’articolo 36 del presente decreto, intendono riallineare i termini di sospensione processuale per entrambe le parti del giudizio tributario, anticipando dal 31 maggio all’11 maggio quello previsto per l’attività degli enti impositori.

 

Come più volte segnalato nel corso del presente lavoro, anche le norme del comma 3 incidono su un istituto (sospensione dei termini del contenzioso) più volte disciplinato dal legislatore dell’emergenza. Si valuti l’opportunità di effettuare gli opportuni coordinamenti normativi al fine di favorire la sistematicità e la comprensibilità dell’istituto in commento.

 


 

Articolo 29-bis
(Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19)

 

 

L’articolo 29-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, definisce il contenuto dell’obbligo di tutela della integrità psico-fisica del lavoratore prevista dall’articolo 2087 del codice civile a carico dei datori di lavoro pubblici e privati, con specifico riferimento al rischio di contagio da COVID-19.

 

La disposizione, in particolare, rimanda, per l’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 2087 del codice civile[33], all’applicazione, all’adozione e al mantenimento delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della  diffusione  del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33.

 

Il Protocollo condiviso tra Governo e parti sociali del 24 aprile scorso integra il protocollo precedentemente stipulato il 14 marzo dalle stesse Parti.  Come recita in premessa il testo del Protocollo, “l’obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19. Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria”.

L'articolo 1, comma 14, del dl 33/2020 dispone, in generale, che le attività economiche, produttive e sociali si svolgono nel rispetto dei protocolli o delle linee guida definiti al fine di prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi. Detti documenti, che sono adottati "dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome", devono rispettare i principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali (altrimenti disponendo la sospensione dell'attività fintanto che non siano state ripristinate le condizioni di sicurezza).

Al riguardo, si segnala anche quanto previsto dall’art. 2 del d.P.C.m. 17 maggio 2020, attuativo del dl 33/2020 (recante “Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali”), che rinvia espressamente al protocollo di cui sopra  e ad altri protocolli[34], allegandoli all’atto normativo stesso.

 

Qualora, infine, non trovino applicazione le predette prescrizioni rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

Occorre, infine, osservare che l’ambito di applicazione della disposizione in esame interagisce con quanto disposto dall’articolo 42, comma 2, del dl 18/2020[35], che ha confermato anche per le infezioni da virus SARS-CoV-2 l’applicazione del principio generale in base al quale le malattie infettive contratte in occasione di lavoro (ad esclusione di quelle inquadrate come malattie professionali) sono considerate infortuni sul lavoro ai fini della relativa assicurazione obbligatoria, generando un dibattito pubblico sulla responsabilità penale e civile del datore di lavoro.

 

Sulle disposizioni di cui al comma 2 sono, peraltro, intervenute la circolare INAIL n. 13 del 2020 e soprattutto la circolare INAIL n. 22 del 2020  che ha avuto modo di precisare l’impatto della disposizione in materia di responsabilità datoriale con riguardo agli infortuni in occasione di lavoro.

 

La circolare n. 13, tra l’altro, individua le fattispecie professionali per le quali viene riconosciuta una presunzione semplice di contrazione in occasione di lavoro (della malattia in oggetto), demandando, per le altre fattispecie, la definizione dell’eventuale sussistenza dell’occasione di lavoro all’accertamento medico-legale (quest’ultimo - afferma la circolare - "seguirà l’ordinaria procedura, privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale").

La circolare n. 22, infine, anticipando i contenuti della disposizione introdotta in sede referente, riconosce che “la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33”.

Peraltro, “il rispetto delle misure di contenimento, se sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, non è certo bastevole per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero. Circostanza questa che ancora una volta porta a sottolineare l’indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario”.

Si giustifica, in conclusione, che “il riconoscimento del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del Pubblico Ministero. Così come neanche in sede civile l’ammissione a tutela assicurativa di un evento di contagio potrebbe rilevare ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo nella determinazione dell’evento”.

 


 

Articolo 30
(Modifiche al credito d’imposta per la sanificazione
degli ambienti di lavoro - ABROGATO)

 

 

Si ricorda in via preliminare che l’articolo 30 è abrogato dall’articolo 125 del decreto-legge n. 34 del 2020, che ne riprende e amplia i contenuti.

 

L’articolo 125 del decreto-legge n. 34 del 2020 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 60.000 euro, per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.  Il medesimo articolo 125 ha abrogato inoltre l’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020, norma istitutiva dell’originario credito d’imposta sanificazione.

 

L’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 aveva istituito un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione, fino ad un importo massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di 50 milioni di euro. Successivamente, l’articolo 30 del decreto legge in esame aveva esteso il credito d’imposta anche alle spese relative all’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.

 

Si valuti l'opportunità di chiarire se debbano essere fatti salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla norma

 


 

Articolo 30-bis
(Ulteriori misure per il contenimento del rischio infettivo attraverso la sterilizzazione dei rifiuti sanitari)

 

 

L’articolo 30-bis, introdotto durante l’esame in sede referente, prevede che, fino a 30 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia di COVID-19, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione presso le strutture sanitarie sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani.

 

La norma in esame chiarisce che la finalità perseguita è quella di contenere il rischio infettivo e favorire la sterilizzazione dei rifiuti sanitari nelle strutture sanitarie.

Per tale finalità viene previsto che i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani.

Si ricorda, in proposito, che la disciplina generale relativa ai rifiuti è contenuta nella parte quarta del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente). L’articolo 227 di tale decreto però esclude da tale disciplina particolari categorie di rifiuti, regolati da discipline specifiche contenute in provvedimenti esterni al Codice. Tra tali categorie figurano i rifiuti sanitari, per i quali l’art. 227 prevede che restano ferme le disposizioni speciali dettate dal D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254, con cui è stato emanato il “regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari”.

Relativamente alle finalità della norma, nella relazione tecnica presentata in sede referente viene evidenziato che “il 19 marzo 2020 l’OMS ha emanato delle direttive tecniche sulla gestione dei rifiuti in seguito all’emergenza sanitaria, nelle quali si afferma che «Tutti i rifiuti sanitari prodotti durante la cura dei pazienti COVID-19 dovrebbero essere raccolti in modo sicuro in contenitori e sacchetti designati, trattati e quindi smaltiti o trattati in modo sicuro, o entrambi, preferibilmente sul posto», e dunque la sterilizzazione sul posto dei rifiuti sanitari a rischio infettivo si pone come parte integrante della strategia finalizzata al contenimento del rischio infettivo. In tal modo, precisando in norma primaria che tali rifiuti sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani, si favorisce la sterilizzazione in situ presso le strutture sanitarie pubbliche e private e il ritiro da parte dei gestori dei rifiuti urbani”.

 

L’articolo in esame precisa che la sottoposizione al regime dei rifiuti urbani opera fino a 30 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia di COVID-19, cioè fino al 30 agosto 2020.

Si ricorda, infatti, che con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 è stato dichiarato, per la durata di 6 mesi (vale a dire fino al 31 luglio 2020), lo stato di emergenza di rilievo nazionale in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

 

La norma in esame precisa altresì, relativamente alla sterilizzazione, che la stessa deve:

§  avvenire secondo le procedure indicate dall’art. 2, comma 1, lettera m), del D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254;

In base alla richiamata lettera m), per «sterilizzazione» si intende l’abbattimento della carica microbica “tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a 10-6. La sterilizzazione è effettuata secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione di volume e di peso dei rifiuti stessi. Possono essere sterilizzati unicamente i rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo. L'efficacia viene verificata secondo quanto indicato nell'allegato III del presente regolamento. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo è una facoltà esercitabile ai fini della semplificazione delle modalità di gestione dei rifiuti stessi”.

§  essere effettuata presso le strutture sanitarie pubbliche e private, ai sensi dell'art. 7, comma 2, del citato decreto.

L’art. 7, comma 2, del D.P.R. 254/2003, dispone che gli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno del perimetro della struttura sanitaria non devono essere autorizzati in base alla disciplina prevista in via generale per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (in passato contenuta negli articoli 27 e 28 del D.Lgs. 22/1997 e oggi recata dall’art. 208 del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente), “a condizione che in tali impianti siano trattati esclusivamente rifiuti prodotti dalla struttura stessa. A tali fini si considerano prodotti dalla struttura sanitaria dove è ubicato l'impianto di sterilizzazione anche i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie decentrate ma organizzativamente e funzionalmente collegate con la stessa”.

 

Si fa notare che la disposizione in esame sembra derogare (nel limite temporale dalla stessa previsto, v. supra) a quanto stabilito dall’art. 2, comma 1, lettera g), numero 8), del D.P.R. 254/2003, secondo cui sono assimilati ai rifiuti urbani “i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera m), a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani” o, alle condizioni di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c), in discarica.

 


 

Articolo 31
(Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli)

 

 

L'articolo 31 dispone, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate al salario accessorio del personale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per compensare i maggiori sforzi derivanti dall'incremento delle attività connesse all'emergenza sanitaria. Si stabilisce inoltre che i dipendenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che provengono dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e quelli che prestano servizio presso gli uffici dei Monopoli o presso qualsiasi altro ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sono equiparati ai dipendenti provenienti dall’Agenzia delle dogane anche in relazione al riconoscimento quali ufficiali di polizia tributaria.

 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame dispone, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse variabili del Fondo risorse decentrate dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, al fine di compensare lo svolgimento di maggiori prestazioni lavorative articolate su turnazioni, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall’incremento delle attività di controllo presso i porti, gli aeroporti e le dogane interne in relazione dall’emergenza sanitaria Covid19. Tale incremento è disposto a valere sui finanziamenti dell'Agenzia stessa e in deroga ai limiti di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017.

Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a 4,12 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall’abrogazione di cui al comma 2.

 

Il comma 2 dispone l'abrogazione dell’articolo 70 del decreto-legge n. 18 del 2020, di analogo tenore.

 

Tra le finalità della disposizione, in aggiunta a quelle legate all'emergenza da COVID-19, il Governo cita nella relazione illustrativa anche le necessità di rafforzamento delle attività di controllo in relazione alla Brexit, al contrasto alle frodi in materia di accisa, nel settore dei carburanti e degli idrocarburi, alla lotteria nazionale degli scontrini e alle ulteriori attività previste dalla legge di bilancio in materia di giochi e di nuove imposizioni (c.d. sugar tax e plastic tax, imposta sui prodotti accessori dei tabacchi da fumo) in ambito doganale.

 

La relazione illustrativa segnala, pertanto, anche degli ambiti di intervento in cui l'incremento dello sforzo, e quindi delle prestazioni di lavoro straordinario, dipende da fattori pre-esistenti l'emergenza epidemiologica in atto.

 

L'articolo 23 (Salario accessorio e sperimentazione) del decreto legislativo n. 75 del 2017 dispone la graduale convergenza, ad opera della contrattazione collettiva nazionale, dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni pubbliche. Il comma 2, in particolare, stabilisce che, nelle more di tale convergenza, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che la disposizione appena citata rappresenta soltanto una delle norme sul contenimento dei fondi della contrattazione integrativa succedutesi nel tempo che hanno reso non utilizzabile la parte prevalente delle risorse variabili destinate a finanziare il salario accessorio del personale. Si citano in particolare l'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010 e l'articolo 1, comma 236, della legge n. 208 del 2015, oltre al già citato articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Le risorse variabili cui ci si riferisce sono quelle accertate e trasferite con decreto del Ministero vigilante ai sensi dell'articolo 3, comma 165, della legge 350 del 2003. Secondo il Governo, si tratta di importi consistenti che solo le Agenzie fiscali si trovano a non poter utilizzare per intero. Sempre nella relazione illustrativa, si sottolinea che queste somme sono derivanti, in larga prevalenza, dall'attività di controllo tributario svolta dal personale delle Agenzie fiscali. A partire dall'anno 2012, delle somme trasferite a tale titolo per un importo medio annuo di 40 milioni di euro circa, oltre la metà è rimasta inutilizzabile. Nel 2017 si stimava un importo non attribuito al personale pari a circa 124 milioni di euro relativamente ai precedenti sei anni, sempre secondo la relazione illustrativa. 

 

Il comma 3 stabilisce che, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, i dipendenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che provengono dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e quelli che prestano servizio presso gli uffici dei Monopoli o presso qualsiasi altro ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli ? il cui status giuridico è stato equiparato a quello proveniente dall’Agenzia delle dogane, a norma dell’art. 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012 ? sono equiparati ai dipendenti provenienti dall’Agenzia delle dogane, nei limiti del servizio prestato e delle attribuzioni ad esso connesse, anche in relazione al riconoscimento quali ufficiali di polizia tributaria.

Sono quindi elencate le disposizioni a cui corrispondono le tipologie di attività espletate dall’amministrazione finanziaria per le quali è riconosciuta la qualifica di polizia tributaria. Si tratta, in particolare:

§  degli articoli 324 e 325 del D.P.R. n. 43 del 1973 (accertamento delle violazioni doganali e compilazione del relativo processo verbale);

§  dell’articolo 32 del decreto-legge n. 331 del 1993 (visite, ispezioni e controlli);

§  dell’articolo 57, comma 3, del D.P.R. n. 447 del 1988 (ufficiali e agenti di polizia giudiziaria);

§  degli articoli 30 e 31 della legge n. 4 del 1929 (accertamento delle violazioni contenute nelle leggi finanziarie);

§  degli articoli 18, 19 e 58 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (indagini, controlli, accertamenti delle violazioni in materia di produzione e consumo).

 

Agli effetti di cui al presente comma si provvede nell’ambito del fondo delle risorse decentrate nei limiti degli importi complessivamente disponibili a legislazione vigente.

 

Secondo la relazione tecnica, dal comma non derivano nuovi e maggiori oneri in quanto, come espressamente previsto all’ultimo periodo, i trattamenti accessori connessi agli impieghi del personale equiparato sono posti a carico del fondo delle risorse decentrate, mediante eventuale rimodulazione dei relativi utilizzi, nei limiti degli importi complessivamente disponibili a legislazione vigente e nel rispetto delle disposizioni recate dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017.


 

Articolo 32
(Misure urgenti per l’avvio di specifiche funzioni
assistenziali per l’emergenza COVID-19 - ABROGRATO)

 

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 32 è abrogato dall’articolo 4 del decreto-legge n. 34 del 2020. Tale norma, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza, prevede e disciplina il riconoscimento alle strutture sanitarie inserite nei piani per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva, di una remunerazione per una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti ed alla gestione dell’emergenza. La definizione delle modalità di determinazione di tale remunerazione è rimessa ad un decreto del Ministro della salute previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

 

L’articolo 32 del provvedimento in esame, limitatamente al periodo dello stato di emergenza, prevede e disciplina il riconoscimento alle strutture sanitarie inserite nei piani per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva, di una remunerazione di una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti ed alla gestione dell’emergenza.

 


 

Articolo 33, comma 1
(Proroga dei termini degli organi amministrativi
di enti e organismi pubblici)

 

 

L’articolo 33, comma 1, prevede una proroga dei termini di durata degli organi amministrativi (attualmente disciplinata in via generale dall’art. 3, comma 1, D.L. n. 293 del 1994) per tutti gli enti e organismi pubblici inclusi nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) che, nel periodo dello stato di emergenza sono tenuti al rinnovo degli organi ordinari e straordinari di amministrazione e controllo, ad eccezione degli enti territoriali e degli altri soggetti espressamente indicati dalla norma. Si dispone inoltre che fino al termine dello stato di emergenza gli enti e organismi pubblici a base associativa che, in tale periodo, sono tenuti al rinnovo degli organi di amministrazione e controllo possono sospendere le procedure di rinnovo elettorali, anche in corso, con contestuale proroga degli organi.

 

Il D.L. n. 293 del 1994 reca la disciplina generale della proroga degli organi amministrativi. In particolare, all’articolo 3, dispone che gli organi amministrativi non ricostituiti nel termine di scadenza della durata di ciascuno - termine entro il quale devono essere ricostituiti - sono prorogati per non più di 45 giorni, decorrenti dal giorno della scadenza del termine medesimo.

La norma in esame, alla luce dell’emergenza in atto, dispone la proroga degli organi – in via generale per tutti i soggetti pubblici ricompresi nell’ambito applicativo della norma, in considerazione della situazione emergenziale – “fino al termine dello stato di emergenza e, comunque, fino alla loro ricomposizione”. Può essere suscettibile di valutazione l’opportunità di prevedere un termine massimo della durata della proroga degli organi dopo il termine dello stato di emergenza.

 

L’elenco  dei soggetti ricompresi nell’elenco Istat, inclusi quindi nell’ambito applicativo della disposizione di proroga in commento, è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale – Serie generale n. 229 del 30 settembre 2019. 

Fanno eccezione, come ricordato, i soggetti espressamente richiamati dalla norma in commento, tra cui, in primo luogo, gli enti territoriali.

Si ricorda che nel corso del 2020 vengono in scadenza i Consigli di diversi comuni e di regioni quali Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia e Valle d'Aosta.

La disposizione in commento testualmente dispone “per gli enti e organismi pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, delle Città metropolitane, delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e dei loro consorzi e associazioni, ed altresì con esclusione delle Società, che, nel periodo dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, sono tenuti al rinnovo degli organi ordinari e straordinari di amministrazione e controllo, i termini di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444, sono ulteriormente prorogati fino al termine dello stato di emergenza e, comunque, fino alla loro ricomposizione”.

Sotto il profilo della formulazione testuale del comma 1, primo periodo, si valuti l’opportunità di individuare in un periodo a sé stante i soggetti esclusi dall’applicazione della norma per assicurare una maggiore chiarezza normativa.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione “non interviene sulla durata dei mandati, bensì esclusivamente sul prolungamento della prorogatio, assimilando tale fattispecie a quella prevista per gli enti, istituzioni e società regolati dalle norme del codice civile”.

 

L’ultimo periodo del comma 1 in esame dispone altresì che fino al termine dello stato di emergenza gli “enti e organismi pubblici a base associativa” che, in tale periodo, sono tenuti al rinnovo degli organi di amministrazione e controllo possono sospendere le procedure di rinnovo elettorali, anche in corso, con contestuale proroga degli organi.

 

Relativamente al riferimento presente nella norma agli “enti e organismi pubblici a base associativa” si ricorda che, in via generale, per “enti pubblici associativi” si intendono gli enti esponenziali di categorie o di gruppi (ordini e collegi professionali, camere di commercio, ecc.), in molti dei quali sono previsti organi di tipo rappresentativo, in aggiunta agli organi amministrativi, nel quale sono rappresentanti gli interessati spesso tramite un meccanismo elettorale. Tali enti si caratterizzano inoltre per la circostanza che i soggetti facenti parte del gruppo degli interessati incidono su alcune decisioni riguardanti l'attività degli enti.

A sua volta, nell’elenco ISTAT richiamato dal primo periodo del comma 1 in esame, sono incusi gli “enti a struttura associativa”, tra i quali l’Anci, l’Upi, l’Uncem, Unioncamere.

Si valuti quindi l’opportunità di definire più puntualmente i soggetti ricompresi nella nozione di “enti e organismi pubblici a base associativa”, valutando altresì l’esigenza di ulteriori precisazioni nel caso di soggetti rientranti nell’ambito applicativo sia del primo sia del secondo periodo.

 

Si ricorda infine che il vigente articolo 3 del D.L. n. 293 del 1994, con una norma di carattere generale, specifica che nel periodo in cui sono prorogati gli organi scaduti possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità: gli atti non rientranti fra quelli indicati, adottati nel periodo di proroga, sono nulli.


 

Articolo 33, commi 2 e 3
(Rendiconti dei funzionari delegati)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 33 rinvia il termine entro il quale i funzionari delegati alle operazioni di chiusura delle scritture contabili dell’amministrazione di appartenenza devono presentare i rendiconti suppletivi, relativi ai pagamenti di somme riscosse che non siano state erogate alla chiusura dell'esercizio e che possono essere utilizzate per effettuare pagamenti di spese riferibili all'esercizio scaduto.

Il comma 3 inserisce i rendiconti relativi ai pagamenti effettuati a valere sulle gestioni dei programmi comunitari nell’ambito degli atti sottoposti al controllo successivo, prevedendo che la metodologia di controllo da utilizzare è quella del campionamento.

 

Il comma 2 rinvia il termine per la presentazione dei rendiconti suppletivi da parte dei funzionari delegati alle operazioni di chiusura delle scritture contabili dell’amministrazione di appartenenza.

La disposizione fa riferimento alle norme sulla contabilità generale dello Stato di cui all’articolo 61 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, le quali prevedono che le somme riscosse dai funzionari delegati sulle aperture di credito non erogate alla chiusura dell’esercizio possono essere trattenute per effettuare pagamenti di spesa riferibili all'esercizio scaduto. La giustificazione di tali pagamenti deve essere presentata in un rendiconto suppletivo.

Per quanto riguarda la chiusura delle contabilità dell’esercizio finanziario 2019, con la circolare n. 28 del 13 novembre 2019 la Ragioneria generale dello Stato ha fornito le istruzioni operative e il calendario degli adempimenti, fissando il termine tassativo per la presentazione del rendiconto suppletivo da parte dei funzionari delegati al 31 marzo 2020.

Con il comma 2 in esame tale termine, limitatamente all’anno 2020, viene prorogato al 31 luglio 2020, ossia al termine dello stato di emergenza da Covid-19 dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.

 

Il comma 3 modifica la metodologia del controllo amministrativo sui rendiconti di contabilità speciale concernenti i pagamenti degli interventi europei o della programmazione complementare, novellando gli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123 (Riforma dei controlli di regolarità amministrativa).

In particolare con la modifica all’articolo 11, nell’elenco degli atti sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile vengono inseriti (con l’aggiunta della lettera c-bis)) “i rendiconti di contabilità speciale concernenti i pagamenti degli interventi europei o della programmazione complementare di cui all’articolo 1, comma 671, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”.

 

L’articolo 1, comma 671 della legge n. 190 del 2014 prevede che, al fine di accelerare e semplificare l'iter dei pagamenti riguardanti gli interventi cofinanziati dall'Unione europea a titolarità delle amministrazioni centrali dello Stato, nonché gli interventi complementari alla programmazione dell'Unione europea, il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183) provvede alle erogazioni a proprio carico anche mediante versamenti nelle apposite contabilità speciali istituite presso ciascuna amministrazione titolare degli interventi stessi.

 

Con la conseguente modifica all’articolo 12, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 123 del 2011, si prevede che anche il controllo di regolarità amministrativa e contabile dei suddetti rendiconti di contabilità speciale, può essere esercitato secondo un programma elaborato sulla base dei criteri definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

In attuazione del suddetto articolo 12, è intervenuto il D.M. 25 gennaio 2019 (“Campionatura del controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile”), con cui sono stati stabiliti i criteri per l’elaborazione del programma di controllo successivo. Con la Circolare n. 22 del 28 giugno 2019 la Ragioneria generale dello Stato ha fornito le istruzioni per la campionatura del controllo successivo.

 

Si ricorda che con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 30 maggio 2014, sono state attivate apposite contabilità speciali di tesoreria intestate alle Amministrazioni centrali dello Stato per la gestione degli interventi cofinanziati dall’Unione europea. In particolare l’articolo 6 del predetto DM stabilisce che i rendiconti amministrativi resi dai titolari delle contabilità speciali di cui all'art. l, sono sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile, ai sensi degli articoli 11 e seguenti del decreto legislativo n. 123, del 30 giugno 2011.

 

Con la norma in esame, pertanto, si prevede, esplicitandolo in via legislativa, che anche i rendiconti relativi ai pagamenti effettuati a valere sulle gestioni dei programmi comunitari sono sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile con metodo a campionatura.

 

La relazione illustrativa del decreto-legge afferma al riguardo che la metodologia di controllo dei rendiconti resi dalle Amministrazioni titolari di programmi comunitari viene adeguata alle metodologie di auditing utilizzate nel contesto europeo, delineando a livello nazionale il quadro giuridico di procedure di controllo a completamento dei principi recati dai Regolamenti dei Fondi Strutturali e dai Regolamenti di settore delle altre linee di Bilancio UE.

 


 

Articolo 33-bis SOPPRESSO
(Proroga dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento
delle barriere architettoniche)

 

 

Si segnala che in seguito al rinvio in Commissione è stata recepita una condizione della Commissione Bilancio volta a sopprimere l’articolo 33-bis, che proroga di sei mesi le misure previste dall’articolo 30 del decreto-legge n. 34 del 2019 per l’avvio di un programma pluriennale finalizzato a potenziare gli investimenti dei piccoli comuni per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche, in quanto esso appare suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di quantificazione e copertura giacché, prorogando di sei mesi i termini previsti dal comma 14-ter dell’articolo 30 del decreto-legge n. 34 del 2019, determina lo slittamento per l’avvio del citato programma pluriennale dal 2020 al 2021, ove si considerino le proroghe già disposte con riferimento al citato comma 14-ter dall’articolo 114 del decreto-legge n. 34 del 2020.

 


 

Articolo 34
(
Divieto di cumulo tra pensioni e redditi - ABROGATO)

 

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 34 è abrogato dall’articolo 78 del decreto-legge n. 34 del 2020: tale richiamata norma modifica l’articolo 44 del dl 18/2020, che istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi i quali, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, elevando da 300 milioni di euro a 1150 milioni di euro la dotazione del predetto Fondo. Inoltre l’articolo 78 del decreto-legge n. 34 del 2020 riconosce anche per i mesi di aprile e maggio 2020 l’indennità di 600 euro (prevista per il solo mese di marzo 2020 dall’articolo 44 del dl 18/2020) a sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 (che ha privatizzato tutti gli enti e le casse dei professionisti esistenti) e 10 febbraio 1996, n. 103 (che qualifica sin dall’inizio come enti privati le casse istituite dalle categorie di liberi professionisti fino a quel momento privi di tutela previdenziale).

 

L’articolo 34 del provvedimento in esame, ora abrogato, stabilisce che i professionisti che fruiscono della indennità prevista dall’articolo 44 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, devono intendersi iscritti, in via esclusiva, agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria e non possono essere titolari di trattamento pensionistico diretto.

 

Si valuti l'opportunità di chiarire se debbano essere fatti salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla norma

 


 

Articolo 35
(Rilascio PIN INPS)

 

 

L’articolo 35 semplifica le modalità di rilascio dell’identità digitale da parte dell’Inps per la durata dell’emergenza epidemiologica.

 

Nel dettaglio, fino al termine dello stato di emergenza[36] l’INPS è autorizzato a rilasciare ai cittadini le proprie identità digitali (PIN) - ossia il codice personale che consente di accedere ai servizi telematizzati dell'Istituto - in maniera semplificata, acquisendo telematicamente gli elementi necessari all’identificazione del richiedente, ferma restando la verifica con riconoscimento diretto, ovvero riconoscimento facciale da remoto, una volta cessata l’attuale situazione emergenziale.

Sul punto, si ricorda che l’INPS, con il messaggio n. 1381 del 26 marzo 2020, ha introdotto una modalità semplificata per il rilascio del PIN con riferimento a talune prestazioni previste dal D.L. 18/2020. Tale procedura semplificata consente ai cittadini di compilare e inviare le specifiche domande di servizio, previo inserimento della sola prima parte del PIN, ricevuto via SMS o e-mail, dopo averlo richiesto tramite portale o Contact Center, senza la necessità di attendere la seconda parte del PIN che ordinariamente vengono spediti tramite il servizio postale.

 


Capo V
Disposizioni in materia di termini
processuali e procedimentali

 

 

 


Articolo 36
(Sospensione dei termini processuali)

 

 

L’articolo 36 proroga fino all’11 maggio 2020 il rinvio d’ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali e di competenza dei tribunali militari, con le eccezioni già previste dal decreto-legge n. 18 del 2020; conseguentemente, posticipa al 12 maggio 2020 l’avvio della fase nella quale sarà rimessa ai capi degli uffici giudiziari l’organizzazione dei lavori al fine di garantire le misure di distanziamento per prevenire la diffusione del contagio (comma 1). Dovranno comunque tenersi le udienze nei procedimenti penali che coinvolgono imputati in stato di custodia cautelare, se i termini di durata massima della custodia scadono entro l’11 novembre 2020 (comma 2). Nel processo amministrativo, l’articolo 36 proroga fino al 3 maggio la sola sospensione dei termini per la notificazione dei ricorsi (comma 3) mentre per le funzioni e le attività della Corte dei conti è estesa la proroga del rinvio delle udienze e della sospensione dei termini fino all’11 maggio (comma 4).

 

Il comma 1 dell’articolo 36 proroga, dal 15 aprile all’11 maggio 2020, su tutto il territorio nazionale, le disposizioni sul rinvio d’ufficio delle udienze e sulla sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili e penali, previste dall’art. 83, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, in corso di conversione alla Camera (AC. 2463).

 

I richiamati commi 1 e 2 dell’articolo 83, dispongono, dal 9 marzo al 15 aprile 2020:

§  il rinvio d’ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (comma 1), con le eccezioni previste dal comma 3;

§  la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (comma 2), e dunque anche per la proposizione dei relativi atti introduttivi, con le eccezioni previste dal comma 3.

 

Considerati i differenti termini di entrata in vigore del decreto-legge n. 18 e di quello in esame (e delle relative leggi di conversione), che incidono sulla medesima disposizione, si valuti l’opportunità di un coordinamento tra le due previsioni al fine di evitare incertezze in sede applicativa.

 

 

Anche questo ulteriore rinvio delle udienze e questa ulteriore proroga dei termini non si applicano alle controversie ed ai procedimenti, caratterizzati da urgenza, per i quali l’art. 83, comma 3, del decreto-legge n. 18/2020 impone la trattazione.

 

Per una descrizione analitica delle controversie per le quali il decreto-legge n. 18 impone comunque la trattazione, si veda la scheda di lettura dell’art. 83, nel dossier sul disegno di legge A.C. 2463, vol. II. Si tratta, quanto ai procedimenti civili, di alcune cause di competenza del tribunale per i minorenni, di cause relative ad alimenti, alla tutela di diritti fondamentali della persona, alla convalida dell’espulsione e in generale a tutte le udienze per le quali l’autorità giudiziaria dichiari l’urgenza della trattazione per evitare un grave pregiudizio alle parti. Tra i procedimenti penali, non possono essere rinviate le udienze né sospesi i termini in relazione ai procedimenti di convalida dell'arresto o del fermo o per i quali, nel periodo di sospensione, scadrebbero i termini di custodia cautelare o nei quali è stata richiesta o già applicata una misura di sicurezza detentiva. Vi sono poi una serie di udienze penali per le quali il Governo prevede il rinvio, a meno che non sia l’indagato a chiedere di svolgere l’udienza (essenzialmente, si tratta di procedimenti a carico di detenuti, in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza o relativi a misure di prevenzione). Non possono comunque essere rinviate le udienze penali quando sia necessario assumere prove indifferibili attraverso incidente probatorio. Nei procedimenti penali i cui termini processuali sono sospesi, sono altresì sospesi, fino alla medesima data (e dunque fino all’11 maggio 2020) il decorso del termine di prescrizione del reato e i termini di durata massima della custodia cautelare e delle misure coercitive in genere.

 

Con la proroga della fase emergenziale fino all’11 maggio, il comma 1 dell’articolo 36 posticipa anche l’avvio della seconda fase, nella quale spetterà ai capi degli uffici giudiziari adottare misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.

Tali misure organizzative, che in base all’art. 83, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020 dovevano essere introdotte e rispettate dal 16 aprile 2020, prenderanno avvio il 12 maggio 2020 e dovranno essere applicate fino al 30 giugno 2020, data sulla quale non incide il provvedimento in commento.

 

I commi 6 e 7 dell’art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 delineano il procedimento per l’adozione delle misure organizzative da parte dei capi degli uffici giudiziari ed elencano le varie tipologie di misure che potranno essere adottate. Rinviando alla scheda di lettura dell’art. 83 nel dossier sull’AC. 2463, si ricorda che si tratta di limitazioni all’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, di celebrazione di udienze a porte chiuse o mediante collegamenti da remoto, del possibile ulteriore rinvio delle udienze civili e penali a data successiva al 30 giugno 2020.

 

La disciplina sul rinvio d’ufficio delle udienze e sulla sospensione dei termini processuali fino all’11 maggio, e quella sull’adozione di misure organizzative per prevenire la diffusione del contagio dal 12 maggio al 30 giugno 2020, viene estesa – in quanto compatibile:

§  ai procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie (art. 83, comma 20, DL n. 18/2020);

 

Il richiamato comma 20 dell’art. 83 sospende, dal 9 marzo al 15 aprile, i termini per lo svolgimento delle attività di mediazione e di negoziazione assistita, nonché di ogni procedimento di risoluzione stragiudiziale delle controversie quando tali procedimenti siano stati promossi o risultino comunque pendenti tra il 9 marzo e il 15 aprile. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima di tali procedimenti.

 

§  ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare (art. 83, comma 21, DL n. 18/2020).

 

Il comma 21 estende l’applicazione delle disposizioni dell’art. 83, in quanto compatibili, anche ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare. Nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione, il Senato ha esteso questa disposizione a tutti i procedimenti relativi alle giurisdizioni speciali non contemplate dal decreto-legge.

Con riferimento specifico al processo tributario, peraltro, il comma 2 dell’art. 83, la cui efficacia viene espressamente protratta fino all’11 maggio, prevede la sospensione dei termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e del termine di 90 giorni dalla notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di mediazione nel processo tributario.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 36 esclude la proroga del rinvio delle udienze e della sospensione dei termini per i procedimenti penali nei quali il termine di durata massima della custodia cautelare scada tra il 12 maggio e l’11 novembre 2020 (ovvero nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020).

La disposizione si aggiunge a quanto già previsto dall’art. 83, comma 3, del decreto-legge n. 18 del 2020, in base al quale non possono essere rinviate le udienze penali né sospesi i termini in relazione ai procedimenti nei quali, nel periodo di sospensione, e dunque fino all’11 maggio 2020, scadrebbero i termini di custodia cautelare (ex art. 304 c.p.p.).

Dal combinato disposto delle due previsioni (art. 83, comma 3, lett. b), DL 18/2020 e art. 36, comma 2, DL 23/2020) si ricava dunque l’obbligo di celebrare le udienze e di non sospendere i termini processuali in tutti i procedimenti penali nei quali l’indagato/imputato si trovi in stato di custodia cautelare, se i termini di durata massima di tale custodia (con la conseguente scarcerazione dell’indagato) sono destinati a scadere entro l’11 novembre 2020.

 

Il comma 3 dell’articolo 36 interviene sui processi amministrativi per prorogare fino al 3 maggio la sospensione dei termini per la notificazione del ricorso, con l'eccezione dei ricorsi relativi al procedimento cautelare.

 

La disposizione fa salvo, infatti, quanto previsto dall’art. 54, comma 3, del Codice del processo amministrativo, che esclude l’applicabilità della disciplina sulla sospensione feriale dei termini – finora applicata alla fase di emergenza - ai procedimenti cautelari. I procedimenti cautelari, se promossi o pendenti durante la sospensione feriale, sono infatti decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato (con il rito di cui all’art. 56 del Codice), fermo restando che la trattazione della domanda cautelare da parte del collegio deve essere fissata in data successiva al 15 aprile 2020.

 

Diversamente da quanto previsto per la giustizia civile e penale, il decreto-legge in commento non proroga la disciplina sul rinvio delle udienze contenuta nell’art. 84 del decreto-legge n. 18 del 2020, in corso di conversione alla Camera (AC. 2463); conseguentemente, per il processo amministrativo:

§  le udienze e i termini processuali diversi da quelli relativi alla notifica del ricorso, riprendono a partire dal 16 aprile. Per tenere le udienze e accedere agli uffici giudiziari si applicheranno le misure organizzative previste fino al 30 giugno dall’art. 84 del decreto-legge n. 18/2020 (v. dossier AC. 2463, vol. II);

§  i termini per la notificazione dei ricorsi (di primo e di secondo grado; introduttivo, in appello, incidentale, per motivi aggiunti, ecc.), diversi da quelli relativi alla tutela cautelare, sono sospesi fino al 3 maggio.

 

La Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione specifica che l’ulteriore periodo di diciotto giorni di sospensione, riferito ai soli termini per ricorrere, è “volto ad agevolare il graduale, ma immediato, ritorno alla trattazione dei processi amministrativi, sebbene in forma esclusivamente scritta. Quest'ultima è infatti una peculiarità tipica del processo amministrativo, che ad esso consente di ripristinare la trattazione nel merito delle cause in tempi più vicini degli altri. Si è scelto di limitare tale breve proroga alle sole attività delle parti che introducono un ricorso, essenzialmente in considerazione di quel fisiologico iato temporale (valutato in considerazione del distanziamento nel tempo dai periodi di massima limitazione delle attività lavorative scaturiti dall'emergenza sanitaria) che il codice interpone tra lo svolgimento delle attività difensive del ricorrente e quelle del resistente; tale sfasamento, tra la notifica di un ricorso e il deposito delle correlative difese (pur se riferite alla fase cautelare, che comunque ex se non era e non è soggetta a sospensione alcuna), è infatti di entità sostanzialmente equivalente (ex articolo 55, comma 5, del codice del processo amministrativo) ai predetti diciotto giorni di ulteriore proroga”.

 

Con riguardo ai dati relativi alla attività dei Tar e del Consiglio di Stato nel periodo dall'8 al 31 marzo 2020 si veda il comunicato stampa n.694  dell'Ufficio stampa e della comunicazione della giustizia amministrativa del 9 aprile 2020.

 

Il comma 4, infine, estende l’applicazione della proroga del rinvio delle udienze e della sospensione dei termini processuali fino all’11 maggio 2020 anche a tutte le funzioni e attività della Corte dei conti, già oggetto dell’art. 85 del decreto-legge n. 18/2020 (che espressamente escludeva rinvii o sospensioni per le funzioni di controllo preventivo di legittimità). Anche per le attività della magistratura contabile, dunque, le misure organizzative per garantire il rispetto del distanziamento sociale saranno applicate a partire dal 12 maggio 2020.

 

Si ricorda che l’art. 85, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, in corso di conversione alla Camera (AC. 2463) prevede che anche a tutte le funzioni svolte dalla Corte dei Conti si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni (previste dagli articoli 83 e 84 del medesimo decreto-legge) sul rinvio d’ufficio di tutte le udienze e sulla sospensione dei termini. La sospensione dei termini - precisa il comma 6 - non opera con riguardo al controllo preventivo di legittimità. Per l’analisi delle misure specifiche dettate per la magistratura contabile si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 85 nel dossier sull’AC. 2463, vol. II).


 

Articolo 37
(Sospensione termini dei procedimenti
amministrativi e disciplinari)

 

 

L’articolo 37 proroga fino al 15 maggio 2020 la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi e dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, già disposta fino al 15 aprile dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni L. n. 27/2020).

 

A tal fine, la disposizione in esame proroga il termine del 15 aprile 2020 previsto dai commi 1 e 5 dell’articolo 103, del citato D.L. n. 18 del 2020 (L. n. 27/2020).

 

Più in dettaglio, si ricorda che ai sensi del richiamato articolo 103, comma 1 tutti i termini inerenti lo svolgimento dei procedimenti amministrativi, che risultino pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o che siano iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino al 15 aprile 2020, termine che viene esteso fino al 15 maggio 2020 dalla disposizione in esame.

 

Considerati i differenti termini di entrata in vigore del decreto-legge n. 18 e di quello in esame (e delle relative leggi di conversione), che incidono sulla medesima disposizione, si valuti l’opportunità di un coordinamento tra le due previsioni al fine di evitare incertezze in sede applicativa.

 

L’ambito di applicazione della sospensione riguarda tutti i procedimenti amministrativi, tanto quelli a istanza di parte, quanto quelli ad iniziativa d’ufficio.  La sospensione si applica ai termini sia perentori (stabiliti dalla legge a pena di decadenza) che ordinatori (il cui mancato rispetto non caduca il potere di provvedere), nonché ai termini finali ed esecutivi come a quelli endoprocedimentali e preparatori. La disposizione precisa, inoltre, che sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento, ossia le ipotesi di silenzio-assenso e silenzio-diniego disciplinate dalla L. 241/1990 e da numerose leggi di settore.

La disposizione ha portata generale, con le sole eccezioni dei termini stabiliti da specifiche disposizioni dei decreti-legge sull’emergenza epidemiologica in corso, e dei relativi decreti di attuazione, nonché dei termini relativi a pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni, emolumenti per prestazioni a qualsiasi titolo, indennità da prestazioni assistenziali o sociali comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese.

Al contempo, il comma 1 prevede che, nonostante la sospensione, le pubbliche amministrazioni siano tenute ad adottare ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati.

 

Si ricorda altresì che il D.L. 18 del 2020 (art. 103) stabilisce che rientrano nella sospensione, tra gli altri, anche i termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali.

 

È oggetto di proroga fino al 15 maggio, come anticipato, anche il termine previsto dal comma 5 dell’articolo 103 del D.L. 18/2020, che stabilisce la sospensione fino alla data del 15 aprile 2020 dei termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale in regime di diritto pubblico (art. 3, D.Lgs. 165/2001), pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.

 

Per una descrizione analitica delle disposizioni richiamate, si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 103, nel dossier sul disegno di legge A.C. 2463, vol. II.

 

Per effetto della disposizione di proroga in esame, ai fini del computo dei termini dei procedimenti amministrativi e disciplinari, non si tiene conto del periodo per il quale è disposta la sospensione, che decorre dal 23 febbraio (o dalla data successiva in cui il procedimento è stato avviato) al 15 maggio 2020.

 

In proposito, si ricorda che nel procedimento oggetto di “sospensione” i termini non vengono azzerati. Nel computo dei termini si deve, dunque, tener conto sia del periodo trascorso dalla data di presentazione dell’istanza o della comunicazione di avvio del procedimento a quello dell’intervenuta sospensione, sia del successivo periodo che inizia a decorrere dalla data in cui termina la sospensione (nel caso di specie, dal 16 maggio 2020).


 

Articolo 37-bis
(Sospensione temporanea delle segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi e ai sistemi di informazioni creditizie)

 

 

L’articolo 37-bis, introdotto in sede referente, sospende fino al 30 settembre 2020 le segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia e ai sistemi di informazione creditizia, riguardanti le imprese di minore dimensione beneficiarie di alcune misure agevolative di natura creditizia (disciplinate dal decreto-legge n. 18 del 2020) concesse a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19.

 

Si ricorda preliminarmente, in questa sede che la Banca d’Italia ha pubblicato alcune FAQ relative alla Centrale Rischi nella fase dell’emergenza sanitaria.

Al riguardo l’istituto ha reso noto che, per il periodo di gravi difficoltà economiche dovute al COVID-19, la CR – oltre a recepire i provvedimenti d’urgenza - ha fornito agli intermediari indicazioni sulle nuove modalità di rappresentazione della situazione di tutti coloro che ricorreranno alle "moratorie": per costoro i ritardi nei pagamenti dei prestiti che beneficiano delle moratorie non verranno segnalati in CR.

La Banca d’Italia ha chiarito che in caso di adesione alle "moratorie" previste dal decreto legge n. 18 del 2020 e da altre analoghe previsioni di legge, accordi o protocolli d'intesa, non sono segnalati ritardi nei pagamenti per coloro che beneficiano della moratoria, in quanto le rate sono sospese. Inoltre, il cliente non può essere segnalato a sofferenza dal momento in cui la moratoria gli è stata concessa. L’istituto ha precisato anche che: il diretto interessato non ha diritto alla cancellazione di una eventuale propria posizione a sofferenza se questa è stata iscritta in un momento antecedente la concessione della moratoria; in Centrale dei rischi la richiesta di una moratoria non qualifica in alcun modo il richiedente come un "cattivo pagatore". Peraltro, possono beneficiare delle moratorie solo i clienti che alla data della richiesta non hanno segnalazioni di inadempienze negli obblighi contrattuali rispetto a prestiti ricevuti (clienti in bonis).

 

Il comma 1 della norma in esame precisa che la sospensione delle segnalazioni riguarda le microimprese e le piccole e medie imprese destinatarie delle misure di cui all’articolo 56, comma 2 del decreto-legge n. 18 del 2020.

La norma richiamata consente a tali enti di avvalersi della sospensione delle scadenze relative a varie tipologie di esposizioni debitorie. In particolare:

a)   non possono essere revocate fino al 30 settembre 2020 le aperture di credito "a revoca", nonché i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti, per gli importi esistenti alla data del 29 febbraio 2020, o, se successivi, al 17 marzo 2020; la disposizione trova applicazione sia per la parte utilizzata sia per quella non utilizzata e, specifica la norma, non si può procedere neanche a revoca parziale.

b)   sono prorogati fino al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni, i contratti relativi a prestiti non rateali, con scadenza contrattuale antecedente a quella data; la misura si applica anche a tutti gli elementi accessori (in particolare le garanzie) relativi al contratto principale.

c)   sono prorogati al 30 settembre 2020 i pagamenti - con scadenza antecedente a quella data - di rate o canoni di leasing relativi a mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, ivi compresi quelli perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie; il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato ed è nella facoltà delle imprese richiedere la sospensione del solo rimborso in conto capitale.

 

In particolare, le segnalazioni a sofferenza sono sospese fino al 30 settembre 2020 e tale sospensione decorre dal momento di concessione delle misure agevolative.

 

Si ricorda che la Centrale dei Rischi (CR), gestita dalla Banca d'Italia, è una base dati sui debiti di famiglie e imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario. Essa è alimentata dalle informazioni che gli intermediari partecipanti (banche, società finanziarie e altri intermediari) trasmettono relativamente ai crediti e alle garanzie concessi alla propria clientela, alle garanzie ricevute dai propri clienti e ai finanziamenti o garanzie acquistati da altri intermediari. È prevista una soglia di rilevazione: il cliente è segnalato se l'importo che deve restituire all'intermediario è pari o superiore a 30.000 euro; questa soglia si abbassa a 250 euro se il cliente è in sofferenza.

Gli intermediari classificano un cliente come debitore in sofferenza e lo segnalano come tale in CR quando ritengono che abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito. La classificazione presuppone che l'intermediario abbia valutato la situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito.

La Banca d'Italia comunica agli intermediari partecipanti l'indebitamento complessivo dei propri clienti, il tipo di finanziamento che hanno ricevuto e la regolarità o meno dei loro pagamenti.

Gli intermediari possono chiedere informazioni anche su soggetti non clienti ma che hanno presentato una domanda di finanziamento o stanno per rilasciare una garanzia e potrebbero, quindi, diventare loro clienti, esclusivamente per valutarne il merito di credito, cioè la capacità del cliente di rimborsare il finanziamento.

La disciplina della CR è contenuta nella Delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 29 marzo 1994, modificata dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 luglio 2012.

La Banca d’Italia ha emanato le istruzioni per gli intermediari con apposita circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991.

 

Ai sensi del comma 2, la sospensione si applica anche ai cd. sistemi di informazioni creditizie, dei quali fanno parte altri archivi sul credito gestiti da soggetti privati e ai quali gli intermediari partecipano su base volontaria.

I SIC (Sistemi di informazioni creditizie) raccolgono informazioni necessarie per la concessione di finanziamenti, limitatamente agli intermediari aderenti al sistema. Essi hanno natura privatistica e non sono soggetti ad alcuna supervisione o attività di regolamentazione da parte della Banca d'Italia. La Banca d'Italia non è responsabile delle banche dati gestite da organismi privati.

 

La citata comunicazione agli intermediari del 23 marzo 2020 della Centrale Rischi ha chiarito agli intermediari che, nel caso di imprese beneficiarie della previsione di cui all’articolo 56, comma 2, lettere a) e b) del decreto-legge n. 18 del 2020, nella segnalazione della relativa posizione debitoria si deve tener conto dell’impossibilità di revocare in tutto o in parte i finanziamenti in discorso o della proroga del contratto; gli intermediari pertanto non devono ridurre l’importo dell’accordato segnalato alla Centrale dei rischi. Nel caso di imprese beneficiarie della sospensione ex lettera c) del citato decreto, nella segnalazione della relativa posizione debitoria si deve tener conto della temporanea inesigibilità dei crediti in discorso, sia in quota capitale che in sorte interessi (ove prevista). Coerentemente, per l’intero periodo di efficacia della sospensione, deve essere interrotto il computo dei giorni di persistenza degli eventuali inadempimenti già in essere ai fini della valorizzazione della variabile “stato del rapporto”. Analoghi criteri segnaletici devono essere seguiti in relazione ad altre disposizioni delo decreto, ad altre previsioni di legge, ad accordi o protocolli d’intesa che prevedano l’impossibilità di revocare finanziamenti o il beneficio della sospensione dei pagamenti relativi a finanziamenti oggetto di segnalazione alla Centrale dei rischi.

 

 


Capo VI
Disposizioni in materia di salute e di lavoro

 


Articolo 38
(Disposizioni urgenti in materia contrattuale
per la medicina convenzionata)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 38 prevedono la corresponsione in via immediata - con i relativi arretrati - ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta degli incrementi del trattamento economico contemplati dall’Atto di indirizzo per il rinnovo dell’accordo collettivo nazionale della medicina convenzionata, approvato dal Comitato di Settore Regioni-Sanità in data 9 luglio 2019 ed integrato in data 29 agosto 2019. I commi 3 e 4 recano alcuni criteri sullo svolgimento delle attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Il comma 5 prevede la destinazione di una quota di risorse per l’acquisto e la fornitura ai medici di pulsiossimetri e ne disciplina il relativo uso. Il comma 6 prevede, per gli specialisti ambulatoriali convenzionati, la corresponsione in via immediata di alcuni arretrati, in base all’adeguamento del trattamento economico relativo al 2018 alle previsioni del summenzionato Atto di indirizzo per il rinnovo dell’accordo collettivo nazionale della medicina convenzionata. Il comma 7 reca la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.

 

Più in particolare, i suddetti incrementi - relativi sia alla quota capitaria (cioè, per assistito) sia alla quota oraria - per i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta sono riconosciuti, in via transitoria, in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e nelle more della conclusione dell’accordo collettivo nazionale per il 2016-2018 relativo alla medicina generale ed alla pediatria di libera scelta (commi 1 e 2); il riconoscimento concerne anche gli arretrati. Gli incrementi medesimi cessano qualora le trattative per il suddetto accordo non si concludano entro sei mesi dalla fine dell’emergenza (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Le relazioni illustrativa e tecnica del disegno di legge di conversione del presente decreto rilevano che gli incrementi previsti dal suddetto Atto di indirizzo sono pari all’1.84% per il periodo 1° gennaio 2018-31 marzo 2018 e al 4,23% dal 1° aprile 2018.

Per i medici di medicina generale, ai sensi del comma 2, il nuovo accordo collettivo deve tener conto - in termini coerenti con la parte normativa prevista dal suddetto Atto di indirizzo - anche dei compiti di cui al comma 3. Quest’ultimo reca il principio secondo cui i medici di medicina generale devono garantire la reperibilità a distanza per tutta la giornata, anche con l’ausilio del personale di studio, in modo da contenere il contatto diretto e conseguentemente limitare i rischi di contagio dei medici e del personale stesso.

Il comma 4 prevede che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta: si dotino, con oneri a proprio carico, di sistemi di piattaforme digitali, che consentano il contatto ordinario e prevalente con i pazienti fragili e cronici gravi; collaborino a distanza, nel caso in cui non siano dotati di dispositivi di protezione individuale idonei e sia richiesta ad essi dalle regioni, in via straordinaria, la sorveglianza clinica dei pazienti in quarantena o isolamento e dei pazienti in fase di guarigione, dimessi precocemente dagli ospedali.

Il comma 5 prevede che le regioni possano impiegare il 20% dei fondi ripartiti di cui all’articolo 1, comma 449, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, per l’acquisto e la fornitura ai medici di pulsiossimetri che permettano, previa consegna al paziente se necessario, la valutazione a distanza della saturazione di ossigeno e della frequenza cardiaca durante il videoconsulto. Il medico - secondo il medesimo comma - si avvale delle fasi di osservazione e dei segni riscontrati, nonché dei sintomi riferiti dal paziente, per un orientamento che definisca le successive azioni cliniche necessarie, in accordo con i percorsi definiti a livello regionale. Si valuti l’opportunità di chiarire se la quota di risorse summenzionata sia destinata ai soli medici di medicina generale.

 

Si ricorda che i commi 449 e 450 del citato articolo 1 della L. n. 160 destinano in favore dell'utilizzo di apparecchiature sanitarie da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta una quota delle risorse statali per gli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. La proprietà delle apparecchiature acquisite con le risorse in oggetto è degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.

In particolare, il comma 449 autorizza un contributo pari a 235,834 milioni di euro, nell'ambito delle risorse summenzionate non ancora ripartite tra le regioni. Il contributo è inteso al miglioramento del processo di presa in cura dei pazienti ed alla riduzione del fenomeno delle liste d'attesa.

I trasferimenti alle regioni delle quote relative al suddetto contributo devono essere definiti sulla base di un piano dei fabbisogni predisposto e approvato nel rispetto dei parametri fissati con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Con il medesimo decreto sono definite la distribuzione delle risorse in esame alle regioni in quota capitaria e le modalità con cui le stesse regioni, nell'ambito degli accordi integrativi regionali, individuano le attività assistenziali all'interno dei quali verranno utilizzati i dispositivi medici di supporto, privilegiando ambiti relativi alla fragilità e alla cronicità, anche con l'utilizzo di strumenti di telemedicina finalizzati alla second opinion; viene in ogni caso esclusa la determinazione di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il comma 450 demanda a determinazioni degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale le modalità con cui sono messe a disposizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta le apparecchiature in oggetto.

 

Il comma 6 prevede, per gli specialisti ambulatoriali convenzionati - medici e odontoiatri, veterinari ed altri professionisti sanitari (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali -, l’adeguamento in via immediata del trattamento economico relativo al 2018, in base al summenzionato Atto di indirizzo per il rinnovo dell’accordo collettivo nazionale della medicina convenzionata; la relazione tecnica del disegno di legge di conversione del presente decreto rileva che l’adeguamento consiste esclusivamente nella decorrenza anticipata - dal 1° aprile 2018, anziché dal 1° settembre 2018 - dell’incremento già riconosciuto, pari al 4,23%, dall’accordo collettivo nazionale sottoscritto il 25 giugno 2019 e oggetto dell'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome il 31 marzo 2020.

Il comma 7 specifica che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 39
(Procedure semplificate per le pratiche e
attrezzature medico-radiologiche)

 

 

L’articolo 39 è volto a semplificare e velocizzare le procedure amministrative a carico delle strutture sanitarie necessarie allo svolgimento di nuove pratiche mediche per l’utilizzo di attrezzature radiologiche, in particolare da parte delle strutture sanitarie ed aree temporanee di emergenza, per tutta la durata dichiarata dello stato di emergenza sul territorio nazionale per il contrasto delle patologie diffusive COVID-19.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 39 in esame stabilisce che il rispetto dei requisiti di salute e sicurezza per la tutela dei lavoratori e della popolazione dai rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti dovuto all’avvio di nuove pratiche medico-radiologiche per la gestione dell’emergenza presso le strutture sanitarie, comprese le aree e strutture sanitarie temporanee (v. infra) ovvero eseguite mediante attrezzature radiologiche portatili presso il domicilio del paziente affetto da COVID-19, incluse le residenze assistite, si intende assolto:

1.   con l'osservanza delle corrispondenti disposizioni normative riguardanti la protezione dalle radiazioni ionizzanti di cui ai Capi VIII (Protezione sanitaria dei lavoratori) e IX (Protezione generale della popolazione) del D. Lgs. n. 230 del 1995;

Si segnala che tale normativa è in corso di modifica per le necessarie integrazioni da introdurre per il corretto ed integrale recepimento della direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti[37].

2.   con la trasmissione, agli organi di cui all’articolo 22, comma 1, del citato decreto legislativo, di una semplice comunicazione di avvio dell’attività, corredata dal benestare dell’esperto qualificato.

In proposito, l’articolo 22 del citato D. Lgs. n. 230/1995 in materia di comunicazione preventiva delle pratiche di acquisizione di materiale radioattivo prevede, che, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3 della L. n. 1860 del 1962 (denuncia di detenzione di materie radioattive) e fatta eccezione per i casi in cui vengano previsti specifici provvedimenti autorizzativi, chiunque intenda intraprendere una pratica che comporta la detenzione di sorgenti di radiazioni ionizzanti, deve darne comunicazione, trenta giorni prima dell'inizio della detenzione, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, agli organi del Servizio sanitario nazionale, e, ove di loro competenza, all'Ispettorato provinciale del lavoro, al Comandante di porto e all'Ufficio di sanità marittima, nonché alle agenzie istituite da regioni e province autonome, indicando i mezzi di protezione posti in atto.

Come esplicitato dalla relazione illustrativa, tali pratiche sono necessarie per monitorare l’andamento della malattia da Covid-19 anche in relazione alle sperimentazioni farmacologiche in corso di svolgimento e comportano, al fine di ridurre le possibilità di diffusione del virus, un uso estensivo di apparati raggi rx mobili direttamente al letto del paziente affetto da Covid-19 ovvero presso il suo domicilio, nel caso in cui lo stesso non sia ospedalizzato. A tale esigenza, si aggiunge anche la realizzazione di aree di radiologia presso le nuove strutture, ovvero il riassetto di quelle esistenti, perché siano dotate di apparati di TC (tomografia computerizzata), comunque indispensabili.

 

La norma intende pertanto superare sotto il profilo normativo, date le esigenze di cura durante l’emergenza in corso, le restrizioni all’acquisizione di tali apparecchiature medico-radiologiche con particolare riferimento alle nuove pratiche avviate presso le strutture sanitarie predisposte per l’emergenza, quali aree sanitarie temporanee o ospedali da campo, derogando al tempo di attesa di almeno 30 giorni tra la comunicazione agli organi competenti e l’inizio delle attività.

Il benestare dell’esperto qualificato deve essere comprensivo, ai sensi del medesimo decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, delle valutazioni ed indicazioni di radioprotezione di cui all’articolo 61, comma 2, vale a dire la relazione scritta su come è attuata la radioprotezione, sulla base dei dati e di tutti gli elementi ed informazioni necessari, forniti a tal fine dal datore di lavoro, oltre che dell’esito della prima verifica di cui all’articolo 79, comma 1, lettera b), punti 1 e 2, sulle attrezzature, dispositivi e strumenti di protezione, mediante un esame preventivo sulla sorveglianza fisica, sui progetti di installazioni che comportano rischi di esposizione, sull'ubicazione delle medesime installazioni all'interno dello stabilimento in relazione a tali rischi, nonché sulle eventuali modifiche alle stesse.

La disposizione in esame stabilisce espressamente la procedura di  gestione tecnico-amministrativa delle apparecchiature radiologiche mobili impiegate nelle strutture ospedaliere e nella radiologia domiciliare, prevedendo comunque una comunicazione di avvio di attività - in luogo della più onerosa comunicazione preventiva ex art. 22 del D.lgs. 230/1995– e quindi mantenendo evidenza dell’inizio della pratica relativa all’acquisizione di tali apparecchiature, da comunicare agli organi della P.A., senza di fatto ridurre il livello di tutela per gli operatori e la popolazione, oltre che, del paziente, ai sensi del d.lgs. 187/2000. Si consente in tal modo alle strutture interessate di poter rispondere con estrema celerità alle specifiche richieste di esami radiologici durante l’emergenza.

 

Il comma 2 estende la semplificazione della procedura di cui al precedente comma anche all’utilizzo ed al movimento delle attrezzature medico-radiologiche mobili all’interno dei diversi ambienti e nei luoghi di pertinenza della medesima struttura sanitaria, comprese le aree e strutture sanitarie temporanee, in relazione a pratiche già avviate con comunicazione preventiva agli organi competenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (17 marzo 2020), senza necessità di una nuova comunicazione, neanche in termini di variazione, bensì del solo benestare dell’esperto qualificato, che la struttura deve acquisire agli atti. 

 

Il fine della disposizione continua a essere l’alleggerimento e la velocizzazione delle procedure a carico delle strutture sanitarie, al fine di rispondere in modo ottimale all’emergenza, senza ridurre il livello di tutela.

 

Si sottolinea in proposito che l'art. 4, comma 1, del DL. 18/2020 in corso di approvazione, già ha previsto che le regioni possano attivare le aree e strutture di emergenza in deroga ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, oltre al fatto che analoghe disposizioni in deroga sono previste per le norme edilizie dal successivo comma 2.

Ai sensi del citato articolo 4, comma 1, le aree sanitarie temporanee possono essere attivate sia all’interno che all’esterno di strutture, pubbliche o private, di ricovero, cura, accoglienza ed assistenza. L’attivazione potrà avvenire in deroga ai requisiti di accreditamento di cui all’articolo 8-quaterdel D.Lgs. 502/1992, fino al termine dello stato di emergenza di 6 mesi (31 luglio 2020).Ai sensi del comma 2, inoltre, le opere edilizie strettamente necessarie a rendere le citate strutture idonee all’accoglienza possono essere eseguite in deroga alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali. I lavori possono essere iniziati contestualmente alla presentazione dell’istanza o della denuncia di inizio di attività presso il comune competente. Tali disposizioni si applicano anche agli ospedali, ai policlinici universitari, agli IRCCS ed alle strutture accreditate ed autorizzate.

Occorre evidenziare che le norme in esame non dispongono clausole di semplificazione riguardo i processi autorizzativi previsti dal medesimo D.lgs. 230/95 per quanto riguarda le nuove pratiche con attrezzature medico-radiologiche condotte presso le strutture sanitarie interessate all’emergenza, comprese le aree sanitarie temporanee di cui all’art. 4 comma 1 del predetto DL. 18/2020.

In proposito si sottolinea che per quanto riguarda l’importazione di tali attrezzature mobili, con la recente Ordinanza del 2 aprile 2020, il Ministero della salute ha autorizzato lo svincolo doganale diretto dell’importazione dei beni mobili necessari per contrastare il contagio da infezione Covid-19, tra cui apparecchi sanitari e dispositivi di ventilazione. Il perfezionamento delle operazioni di importazione non esclude la riserva di produrre agli Uffici della dogana il nulla osta sanitario del competente ufficio di sanità di frontiera (USMAF), entro cinque giorni lavorativi dopo lo  svincolo della merce. I soggetti autorizzati allo svincolo doganale diretto dei sopra indicati beni mobili sono le strutture ospedaliere pubbliche ovvero private accreditate ed inserite nella rete regionale dell’emergenza, i soggetti che esercitano servizi pubblici essenziali, nonché le imprese che prestano servizi presso strutture ospedaliere o sanitarie, come indicato dall’art. 2 dell'Ordinanza n. 6 del 28 marzo 2020 del Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19.

 

Il comma 3 conferma la piena validità delle disposizioni del d.lgs. 187/2000 sulla protezione del paziente delle radiazioni ionizzanti, con particolare riferimento all’applicazione dei principi di giustificazione ed ottimizzazione per le esposizioni medico-radiologiche.

Gli articoli 3 e 4 del predetto decreto legislativo stabiliscono, rispettivamente, che:

1.    le esposizioni medico-radiologiche devono mostrare di essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici complessivi da esse prodotti, inclusi i benefici diretti per la salute della persona e della collettività (principio di giustificazione);

2.    tutte le dosi dovute a esposizioni mediche per scopi radiologici, ad eccezione delle procedure radioterapeutiche, devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell'informazione diagnostica richiesta, tenendo conto di fattori economici e sociali (principio di ottimizzazione).

 

Infine, viene precisata che la validità dei primi due commi è vincolata alla durata dello stato di emergenza sul territorio nazionale, come dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (comma 4).

Con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, disponendo che si provveda con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.


 

Articolo 40
(Sperimentazione e uso compassionevole dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

L'articolo 40 reca norme concernenti la sperimentazione clinica dei farmaci, con riferimento a pazienti affetti dal virus COVID-19, nonché l’uso compassionevole[38] dei farmaci in fase di sperimentazione destinato ai medesimi pazienti. Le misure hanno la finalità di migliorare la capacità di coordinamento e di analisi delle evidenze scientifiche disponibili e trovano applicazione limitatamente al periodo di durata dello stato di emergenza relativo al suddetto virus (la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera). Le norme in esame assorbono la disciplina già posta ai fini in oggetto dall’articolo 17 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) - articolo abrogato, con decorrenza dal 9 aprile 2020, dal comma 8 del presente articolo 40 -.

 

Il comma 1 dell'articolo 40 prevede che, per la suddetta finalità, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) possa accedere a tutti i dati degli studi clinici sperimentali, degli studi osservazionali e dei programmi di uso terapeutico compassionevole, con riferimento a pazienti affetti dal virus COVID-19. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali. Sia in tale comma sia in alcuni dei commi successivi, la disciplina presenta alcune modifiche e precisazioni terminologiche rispetto alla versione di cui al suddetto articolo 17 abrogato. Esse, tra l’altro, come osserva la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[39]: limitano l’ambito ai medicinali, espungendo il riferimento ai dispositivi medici; estendono le norme specifiche e transitorie in oggetto alla categoria degli studi osservazionali (si ricorda che tali studi - nell’ambito dei quali i farmaci sono prescritti secondo le indicazioni dell'autorizzazione all'immissione in commercio - non sono assoggettati alla disciplina generale in materia di sperimentazione clinica dei medicinali[40]); distinguono, ai fini dell’applicazione delle norme in oggetto, in conformità alla distinzione operata dal D.M. 7 settembre 2017, tra la fattispecie di un programma di uso terapeutico compassionevole per una pluralità di pazienti (sulla base di un protocollo clinico) e l’ipotesi di usi terapeutici compassionevoli nominali (inerenti a singoli pazienti, con impiego del medicinale in base alle evidenze scientifiche e non nell'ambito di un protocollo clinico definito).

In base al successivo comma 2, con riferimento all’ambito suddetto (costituito dai pazienti affetti dal virus COVID-19), i protocolli degli studi clinici sperimentali sui medicinali di fase I, II, III e IV[41], degli studi osservazionali sui farmaci e dei programmi di uso terapeutico compassionevole sono preventivamente valutati da parte della Commissione consultiva tecnico-scientifica (CTS) dell’AIFA. La Commissione comunica gli esiti della valutazione anche al Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile[42]. Relativamente agli studi di fase I, la Commissione si avvale del parere della Commissione per l'accertamento dei requisiti dei prodotti farmaceutici di nuova istituzione (Commissione istituita presso l’Istituto superiore di sanità ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al D.P.R. 21 settembre 2001, n. 439); tale parere non era contemplato nel suddetto articolo 17 abrogato.

Ai sensi del comma 3, il comitato etico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive-IRCCS "Lazzaro Spallanzani" è individuato quale comitato etico unico nazionale per la valutazione degli studi e dei programmi in oggetto (con riferimento, come detto, ai pazienti affetti da COVID-19) ed esprime il relativo parere nazionale, anche tenendo conto della valutazione della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell’AIFA. Il suddetto comitato etico (comma 4) acquisisce, dai promotori, tutta la documentazione necessaria, unitamente ai protocolli degli studi clinici sperimentali sui medicinali di fase I, II, III e IV[43], degli studi osservazionali sui farmaci e dei programmi di uso terapeutico compassionevole per la cura dei pazienti con COVID-19, nonché degli eventuali emendamenti; la versione posta dal suddetto articolo 17 abrogato faceva riferimento esclusivamente all’acquisizione degli studi sperimentali sui medicinali di fase II, III e IV, degli eventuali emendamenti e delle richieste dei medici per gli usi compassionevoli.

Il presente comma 4 specifica altresì che per le valutazioni delle richieste di usi terapeutici compassionevoli nominali (inerenti, come detto, a singoli pazienti, con impiego del medicinale in base alle evidenze scientifiche e non nell'ambito di un protocollo clinico definito) si applicano le disposizioni già vigenti in materia (attualmente stabilite dal citato D.M. 7 settembre 2017). Tale norma di chiusura non figurava nel suddetto articolo 17. Al riguardo, la circolare dell’AIFA del 6 aprile 2020, emanata durante la vigenza del medesimo articolo 17, ha specificato che per le richieste di usi terapeutici nominali resta competente il comitato etico locale.

Il comma 5 prevede che il suddetto parere del comitato etico nazionale sia comunicato all’AIFA e sia quindi pubblicato, insieme con il protocollo approvato da parte del parere, sul sito internet istituzionale di quest’ultima. Il comma demanda inoltre all’AIFA di emanare, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sentito il comitato etico dell'Istituto Spallanzani, una circolare che - al  fine  di  fronteggiare l'emergenza da COVID-19 - definisca le procedure semplificate per l'acquisizione delle domande di sperimentazione clinica e per le modalità di adesione agli studi, in deroga alle procedure vigenti; in merito, è stata già emanata dall’AIFA la circolare del 6 aprile 2020, durante la vigenza del suddetto articolo 17. Anche le procedure e le modalità stabilite dalla circolare trovano applicazione limitatamente al periodo di durata dello stato di emergenza summenzionato.

Il comma 6 prevede (tale disposizione non era presente nell’articolo 17 abrogato) che per gli studi sperimentali di cui al presente articolo senza scopo di lucro non occorra la stipula di una specifica polizza assicurativa - in sede referente, è stata inserita la suddetta locuzione "senza scopo di lucro", in luogo di quella originaria "non profit" -. In merito, la suddetta relazione illustrativa osserva che, in considerazione dell’emergenza in oggetto, "è stato previsto che le menzionate sperimentazioni ove siano non profit, rientrino nelle coperture delle polizze assicurative già in essere nelle strutture sanitarie coinvolte nella sperimentazione". Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di chiarire la nozione di studi sperimentali senza scopo di lucro, anche alla luce della terminologia di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 200, e successive modificazioni, che reca la nozione di sperimentazioni (di medicinali per uso umano) "non a fini industriali o non a fini commerciali ovvero senza scopo di lucro".

Il comma 7 reca la clausola di invarianza finanziaria, specificando che le amministrazioni pubbliche svolgono i compiti previsti dalle norme in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Riguardo ai compiti del comitato etico nella sperimentazione clinica, si ricorda, in sintesi, che l'articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 211, stabilisce che esso debba esprimere il proprio parere prima dell'inizio di qualsiasi sperimentazione clinica (in merito alla quale sia stato interpellato come comitato competente). Il medesimo articolo detta i criteri per la formulazione del parere. Il comitato etico è "un organismo indipendente, composto da personale sanitario e non, che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela, esprimendo, ad esempio, un parere sul protocollo di sperimentazione, sull'idoneità degli sperimentatori, sulla adeguatezza delle strutture e sui metodi e documenti che verranno impiegati per informare i soggetti e per ottenerne il consenso informato" (articolo 2, comma 1, lett. m), del medesimo decreto legislativo). L'articolo 7 dello stesso D.Lgs. n. 211, e successive modificazioni, disciplina il parere unico in caso di sperimentazioni, basate su un unico protocollo, condotte da più centri.

Riguardo ai compiti del comitato etico nelle procedure inerenti all’uso compassionevole dei farmaci in fase di sperimentazione, cfr. il D.M. 7 settembre 2017.

Riguardo al comitato etico dell'IRCCS Lazzaro Spallanzani, si veda la pagina internet ad esso dedicata.

 


 

Articolo 41, commi 1-4
(
Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale)

 

 

L’articolo 41, commi da 1 a 4 - modificato in sede referente - estende la possibilità del riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale ordinaria e in deroga, nonché di assegno ordinario - concessi, a determinate condizioni, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 - ai lavoratori assunti fra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020[44] e prevede che le domande di concessione della cassa integrazione in deroga (presentate in relazione alla suddetta emergenza epidemiologica) siano esenti da imposta di bollo.

Riguardo ai suddetti termini temporali, si fa presente che gli articoli 68 e 70 del D.L. 34/2020, attualmente in fase di conversione, estendono i trattamenti ai lavoratori che risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 25 marzo 2020.

 

In dettaglio, il comma 1 del presente articolo 41 estende ai suddetti lavoratori quanto disposto dall’art. 19 del D.L. 18/2020 (convertito dalla L. 27/2020), che detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, accedono ai suddetti strumenti di sostegno al reddito per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tali prestazioni possono essere concesse - a seguito delle modifiche apportate al richiamato art. 19 dall’art. 68 del D.L. 34/2020 (attualmente in fase di conversione) - per una durata massima di diciotto settimane, di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 (fatti salvi i possibili periodi aggiuntivi, con riferimento a soggetti operanti in determinati territori).

Analoga estensione dei possibili beneficiari è operata dal successivo comma 2, con riferimento a quanto disposto dall’art. 22 del richiamato D.L. 18/2020 (vedi anche infra), che, in relazione alla suddetta emergenza epidemiologica, disciplina la concessione di trattamenti di integrazione salariale in deroga in favore dei datori di lavoro privati (ad esclusione dei datori di lavoro domestico) per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. A seguito delle modifiche apportate al richiamato art. 22 dall’art. 70 del D.L. 34/2020 (attualmente in fase di conversione) il trattamento può avere una durata massima di diciotto settimane, di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 (fatti salvi i possibili periodi aggiuntivi, con riferimento a soggetti operanti in determinati territori).

 

Il comma 3 dispone che le domande di concessione della cassa integrazione in deroga (presentate ai sensi del suddetto art. 22) siano esenti da imposta di bollo.

Ai sensi del comma 4, modificato in sede referente, alle minori entrate derivanti dall’applicazione del comma 3 - valutate in 16 milioni di euro per il 2020 - si provvede: in termini di saldo netto e di indebitamento netto, mediante corrispondente riduzione delle somme stanziate dall’art. 56, c. 6, del D.L. 18/2020, risorse pari complessivamente a 1,73 miliardi di euro e destinate, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, a parziale copertura dei danni subiti dal finanziatore in conseguenza dell’emergenza epidemiologica; in termini di fabbisogno, mediante utilizzo delle risorse derivanti dall’abrogazione - da parte dell’articolo 13, comma 12, del presente D.L. n. 23 - della disciplina transitoria relativa all’intervento del medesimo Fondo in relazione all’emergenza (disciplina che era posta dall’art. 49 del D.L. 18/2020). Le modifiche al comma 4 operate in sede referente recano alcune precisazioni tecniche nella formulazione, ferme restando le fonti di copertura summenzionate.

In merito agli oneri di cui al comma 3, la Relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione evidenzia che, sulla base dei dati acquisiti dall’Inps, si stima un numero di richieste pari a 1 milione; applicando, in via prudenziale, a tutte le richieste l’importo di 16 euro dell’imposta di bollo, si stima quindi una perdita di gettito di 16 milioni di euro per il 2020.

 

Trattamenti di integrazione salariale ordinari e in deroga in conseguenza dell’emergenza da COVID-19

 

I richiamati artt. 19 e 22 del D.L. 18/2020 - di cui l’articolo in commento estende la platea di beneficiari - disciplinano la concessione dei trattamenti di integrazione salariale in favore dei datori di lavoro che hanno subito una sospensione o una riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica.

L’art. 19, come modificato dall’art. 68 del D.L. 34/2020 (attualmente in fase di conversione) detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, accedono ai suddetti strumenti di sostegno al reddito per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che possono essere concessi, entro un determinato limite di spesa, per una durata massima di diciotto settimane, di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020.

I suddetti trattamenti possono essere concessi per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi in favore dei datori di lavoro con unità produttive site in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova[45], nonché, in favore di quelli con unità produttive al di fuori di detti comuni, limitatamente ai lavoratori già residenti o domiciliati nei predetti comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.

Nel dettaglio, il più volte richiamato art. 19 introduce alcune semplificazioni procedurali per i suddetti datori di lavoro e dispone che i periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente.

Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta, e l’erogazione dell’assegno ordinario viene riconosciuta - limitatamente al periodo indicato e nel 2020 - anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti.

L’art. 22, come modificato dall’art. 70 del D.L. 34/2020 (attualmente in fase di conversione), prevede, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la concessione - con il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli oneri accessori e nei limiti di determinate risorse - di trattamenti di integrazione salariale in deroga per una durata massima di diciotto settimane – di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 - con riferimento ai datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 148/2015) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Dall’ambito dei trattamenti in esame sono esclusi i datori di lavoro domestico, mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

Per i soli datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in esame sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro. Sono esclusi dall’obbligo di accordo anche i datori di lavoro che abbiano chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Ulteriori periodi di concessione dei medesimi trattamenti in deroga, per una durata non superiore a tre mesi, sono previsti per i soggetti operanti in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova[46] e non superiore a quattro settimane per i soggetti operanti nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (quest’ultimo trattamento non è cumulabile con quello specifico previsto per gli undici comuni summenzionati).

L’INPS provvede all'erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari[47]. L'INPS medesimo provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome.

In materia di erogazione della prestazione, limitatamente alle settimane successive alle prime nove già riconosciute, il nuovo art. 22-quater – introdotto dal richiamato D.L. 34/2020 – dispone che la competenza della concessione, ad eccezione delle fattispecie relative alle aziende multilocalizzate (per le quali la competenza spetta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali), è trasferita dalle regioni all'INPS.

Per quanto concerne la procedura di pagamento diretto, il medesimo art. 22-quater prevede il pagamento di una quota pari al quaranta per cento dell’intero trattamento entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, con successiva liquidazione dell'importo restante.

La procedura di pagamento diretto da parte dell'INPS resta tassativa per i trattamenti in deroga riconosciuti a valere sulle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome, mentre i trattamenti in deroga di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possono essere corrisposti anche dalle imprese, con successivo rimborso ad esse da parte dell’INPS. Nell'ambito di tale procedura di pagamento diretto, in base al principio di cui all'articolo 44, comma 6-ter, del D.Lgs. 148/2015, il datore, se non trasmette all'INPS - entro i termini e secondo le modalità previsti - i dati per il pagamento del trattamento in deroga, è tenuto ad anticipare la prestazione medesima al dipendente.


 

Articolo 41, commi 4-bis e 4-ter
(Misure a favore dell’imprenditoria in agricoltura)

 

 

Nel corso dell’esame presso le Commissioni di merito sono stati aggiunti due nuovi commi all’articolo 41, recanti disposizioni in materia di sviluppo dell’imprenditoria in agricoltura.

 

In particolare, il comma 4-bis prevede che ISMEA possa concedere mutui a tasso zero a favore delle aziende agricole che:

§  intendano ristrutturare i mutui in essere;

§  abbiano necessità di coprire le spese di gestione;

§  intendano effettuare investimenti nel settore della produzione primaria e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

I criteri e le modalità attuative di concessione dei mutui saranno definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato d’intesa con La Conferenza Stato- regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

I mutui sono concessi nel limite massimo di 200.000 euro, per la durata massima di quindici anni, comprensiva del periodo di preammortamento, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

Costituiscono titoli preferenziali per l'erogazione dei mutui:

§  l'avere costituito l'azienda nel biennio 2019-2020;

§  la dimensione della superficie utile agricola;

§  la produzione di prodotti agroalimentari tipici, sotto qualsiasi forma tutelati.

Per l'attuazione delle disposizioni del presente comma viene l’istituzione di un fondo rotativo con una dotazione finanziaria iniziale pari a 10 milioni di euro per l'anno 2020 allocato nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Per la gestione del fondo rotativo è autorizzata l'apertura di un'apposita contabilità speciale presso la tesoreria dello Stato intestata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

La copertura è rinvenuta attraverso la riduzione, per pari importo, del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto delle PA, di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n.?3, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2020, n.?21.

Si ricorda, al riguardo, che la Commissione europea ha adottato il 19 marzo 2020 - poi modificato il 3 aprile 2020 - il “Quadro temporaneo per le misure di auto di stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”

In particolare, per quanto riguarda gli aiuti concessi alle imprese nel settore dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, la Commissione ha stabilito che l’aiuto complessivo non può superare 120.000 euro per ciascuna imprese operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 euro per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli.

L’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale di 120.000 euro o 100.000 per impresa. Il “quadro” sarà in vigore fino alla fine di dicembre 2020.

La Commissione europea, sulla base di tali indicazioni, ha approvato (SA57185) per il settore agricolo un regime di aiuti richiesti dall’Italia, pari a 30 milioni di euro, a favore delle piccole e medie imprese che operano nel settore dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca. La misura è volta a sostenere l’esigenza di liquidità delle imprese operanti nei settori richiamati e sarà attuata sotto forma di prestiti a tasso zero concessi da ISMEA. L’importo del prestito non potrà superare 30.000 e i contratti dovranno essere firmati entro il 31 dicembre 2020.

In merito agli interventi disposti a livello nazionale, si fa presente che il comma 4-sexies dell’articolo 78, del decreto-legge n.18/2020 ha previsto che sono rinegoziati i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive. La rinegoziazione, sempre secondo il comma in esame, deve portare ad un miglioramento delle condizioni applicabili, incidendo sul piano di ammortamento e sulla misura del tasso di interesse. Le operazioni di rinegoziazione sono esenti da ogni imposta e da ogni onere, anche amministrativo a carico dell’imprese, comprese le spese istruttorie.

Il comma 2 dell’articolo 224 del decreto-legge 34/2020, c.d. Decreto-rilancio, ha modificato in parte le disposizioni introdotte con il comma 4-sexies, escludendo dalla previsione i mutui concessi dallo Stato, prevedendo che la rinegoziazione sia da intendersi come facoltà e non come diritto e sopprimendo – in quanto non più necessaria – la copertura degli oneri a valere sul Fondo di garanzia per le PMI.

Si rammenta, infine, che l’articolo 13, comma 11 del decreto-legge in esame prevede l’applicazione, in quanto compatibili, delle nuove disposizioni sul Fondo garanzia per le PMI in relazione all’emergenza COVID 19 alle garanzie concesse da ISMEA  in favore delle imprese agricole e della pesca. A tal fine sono assegnati all'ISMEA 100 milioni di euro per l'anno 2020. L’articolo 31, comma 3, del decreto-legge Rilancio assegna ulteriori 250 milioni per il 2020 ad ISMEA per la funzione di ente di garanzia per i prestiti concessi alle imprese del settore.

??

Il comma 4-ter modifica il comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n.?185, in modo da inserire le imprese agricole, e tra queste, anche quelle di nuova costituzione, tra i soggetti che possono beneficiare della copertura di spese per la concessione mutui agevolati fino al 90 per cento del totale nell’ambito del Reg. n.651/2014/Ue che dichiara alcune categorie di aiuto compatibili con il mercato interno.

 

Si rammenta che il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 disciplina gli incentivi all’autoimprenditorialità, definendo al Capo 0I le misure in favore della nuova imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi (Capo dove si inserisce la modifica in esame, mentre al Capo III detta disposizioni specifiche in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale).

L’art. 2, oggetto della modifica in esame, prevede che ai soggetti ammessi alle agevolazioni di cui al Capo 01 - micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile - sono concedibili mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile. Nel caso di imprese costituite da almeno trentasei mesi e da non oltre sessanta mesi, la percentuale di copertura delle spese ammissibili è innalzata al 90 per cento del totale e le agevolazioni possono essere concesse ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

L’art. 9 del Capo III – dedicato alle misure in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale - specifica che le misure sono dirette a sostenere in tutto il territorio nazionale le imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito. L’art. 10 specifica che ai soggetti ammessi alle agevolazioni di cui al presente capo possono essere concessi mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile. Nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia ai medesimi soggetti può essere concesso, in alternativa ai mutui agevolati di cui al periodo precedente, un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile nonché mutui agevolati, a un tasso pari a zero, di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile. Per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni. 

Quanto al Reg. (CE) n.651/2014/UE citato nella disposizione in commento, esso specifica che le categorie di aiuti interessati sono: aiuti a finalità regionale; aiuti alle PMI sotto forma di aiuti agli investimenti, aiuti al funzionamento e accesso delle PMI ai finanziamenti; aiuti per la tutela dell'ambiente; aiuti a favore di ricerca, sviluppo e innovazione; aiuti alla formazione; aiuti all'assunzione e all'occupazione di lavoratori svantaggiati e di lavoratori con disabilità; aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da determinate calamità naturali; aiuti a carattere sociale per i trasporti a favore dei residenti in regioni remote; aiuti per le infrastrutture a banda larga; aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio;  aiuti per le infrastrutture sportive e le infrastrutture ricreative multifunzionali;  aiuti per le infrastrutture locali;  aiuti a favore degli aeroporti regionali;  aiuti a favore dei porti. 


 

Articolo 42
(Disposizioni urgenti per disciplinare il Commissariamento dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali)

 

 

L’articolo 42 dispone la nomina di un Commissario straordinario per l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Il Commissario assume i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione attribuiti, dallo statuto dell’Agenzia, al Presidente ed al Direttore generale, che decadono automaticamente con l'insediamento del Commissario, ad eccezione quindi del consiglio di amministrazione. La nomina è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Il mandato del commissario cessa alla conclusione dello stato di emergenza (31 luglio 2020), o alla scadenza delle eventuali proroghe. Il mandato è compatibile con altri incarichi. Il compenso è determinato con decreto salute/economia, salva l'ipotesi di cumulo con altro incarico. Il Commissario, in considerazione del ruolo di raccordo fra il Ministero della salute e le regioni, supporta la tempestiva attuazione delle direttive del Ministro della salute finalizzate alla gestione dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e di ogni ulteriore atto normativo ed amministrativo generale adottato per fronteggiare l'emergenza, come recepito e delineato per ciascuna regione nei Programmi operativi per l'emergenza COVID-19.

 

Per le esigenze di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, il comma 1 dispone la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni, di un commissario straordinario per l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Il Commissario assume, per il periodo in cui è in carica, tutti i poteri di ordinaria e  straordinaria amministrazione che lo statuto dell'Agenzia (decreto del Ministro della salute 18 maggio 2018), attribuisce al presidente, al direttore generale.

La formulazione originaria della disposizione prevedeva l’assunzione da parte del Commissario anche dei poteri spettanti al Consiglio di amministrazione, riferimento che è stata soppresso nel corso dell’esame in sede referente.

Tali organi decadono automaticamente con l'insediamento del commissario (ad eccezione quindi del Consiglio di amministrazione che rimane in carica)[48]. Il commissario è scelto tra esperti di riconosciuta competenza in diritto sanitario, in organizzazione, programmazione, gestione e finanziamento del servizio sanitario, anche estranei alla pubblica amministrazione.

 

Agenas è un ente pubblico non economico nazionale, istituito con D.Lgs. 266/1993, che svolge una funzione di supporto tecnico e operativo alle politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e Regioni, attraverso attività di ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione e innovazione. L’Agenzia è dotata di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, è sottoposta alla vigilanza del Ministero della salute e al controllo della Corte dei conti.

Nel dicembre 2019, il Ministro della salute ha revocato il mandato al Direttore Generale di Agenas applicando il meccanismo dello spoils system. Al contempo, è stato indetto il bando di concorso, scaduto a gennaio 2020 anche per la mancata nomina, da parte della Commissione salute delle Regioni, dei propri rappresentanti presso la Commissione di valutazione dei candidati all’incarico di nuovo Direttore Generale di Agenas. Inoltre sulla revoca del mandato al DG è stato presentato ricorso al TAR Lazio (che ha fissato la discussione a marzo 2020). Sul punto l’interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5/03308. Si ricorda che il procedimento di nomina del Direttore generale di Agenas e? delineato dall’articolo 2-ter del D. Lgs.115/1998, come introdotto dal D.Lgs. 106/2012, che prevede la nomina con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, tra esperti di riconosciuta competenza in diritto sanitario, in organizzazione, programmazione, gestione e finanziamento del servizio sanitario, anche estranei all’amministrazione. Il rapporto di lavoro del direttore e? regolato con contratto di diritto privato, rinnovabile una sola volta, ed e? incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato e con qualsiasi altra attività professionale privata. Il direttore generale ha la responsabilità della gestione dell’Agenzia e ne adotta gli atti, salvo quelli attribuiti agli organi della medesima.

Per quanto riguarda la procedura di nomina di Presidente e Consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 115/1998, il Presidente è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni; anche i membri del Consiglio di amministrazione sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della salute; due di essi sono designati dalla Conferenza Stato-regioni, unificati con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

Ai sensi dello Statuto dell’Agenzia, il Presidente dell'Agenzia : a) convoca e presiede il Consiglio di amministrazione, e vigila sulla esecuzione delle delibere; b) nomina i revisori dei conti; e) stipula il contratto di diritto privato regolante il rapporto di lavoro del il Direttore generale dell'Agenzia, ai sensi del D. Lgs.115/1998;d) trasmette al Ministero della salute lo Statuto e le relative modifiche, nonché il Regolamento di amministrazione e del personale e le relative modifiche per i successivi adempimenti di competenza; e) cura le relazioni con i ministeri, la Conferenza Stato Regioni e quella Unificata; f) rende, su proposta del Direttore generale, e previa deliberazione del Consiglio di amministrazione, i pareri obbligatori richiesti all'Agenzia; g) sovrintende alle attività dell'Agenzia, anche attraverso verifiche sullo stato di attuazione dei progetti assegnati; h) stipula, su proposta del Direttore generale, i contratti e le convenzioni aventi per oggetto l'effettuazione delle prestazioni di promozione, consulenza e supporto alle Regioni e quelle stipulate con Regioni per la gestione amministrativa degli accreditamenti attinenti ai programmi di educazione continua in medicina (ECM);i) sottopone, su proposta del Direttore generale, all'approvazione del Consiglio di amministrazione gli schemi delle convenzioni, aventi natura non gestionale, da stipulare con ministeri, Regioni, Enti, Università, strutture del Ssn, organismi pubblici e privati sia nazionali che internazionali, per l’attività dell'Agenzia; j) trasmette la relazione semestrale delle attività dell'Agenzia al Ministro della salute, alla Conferenza Stato Regioni e alla Corte dei conti.

Da parte sua, il Direttore generale ha la responsabilità della gestione dell’Agenzia e ne adotta gli atti, inoltre: a) sovrintende alle attività svolte dagli uffici dirigenziali in cui l'Agenzia si articola; b) esegue, tenendone informato il Presidente, ogni altro compito attribuito dal Consiglio di amministrazione; c) esercita, secondo i criteri e i limiti prefissati dal Regolamento di amministrazione e del personale, i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate, salvo quelli delegati ai dirigenti; d) predispone, ai fini dell'approvazione da parte del Consiglio di amministrazione, gli schemi delle convenzioni e dei contratti; e) predispone il bilancio preventivo, le relative variazioni e il conto consuntivo; f) definisce ed assegna ai dirigenti, attribuendo le necessarie risorse umane, finanziarie e materiali, gli obiettivi individuali ed organizzativi in coerenza con i programmi dell'Agenzia, nonché la responsabilità e la gestione di singoli progetti; g) misura e valuta le performance individuali dei dirigenti, assume le iniziative necessarie, per assicurare la rispondenza dell'attività delle strutture organizzative agli indirizzi prefissati, anche al fine di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa e della gestione affidata.

Infine, il Consiglio di amministrazione esercita le funzioni di indirizzo politico amministrativo dell’Agenzia; definisce le linee organizzative, nonché i programmi e gli obiettivi dell’Agenzia nel rispetto degli indirizzi fissati dalla Conferenza unificata; approva il Piano triennale della performance e il Piano triennale della prevenzione della corruzione e della trasparenza; nomina su proposta del Presidente, l’Organismo di valutazione della performance; delibera il bilancio preventivo, nonché le relative variazioni e il conto consuntivo; approva gli schemi generali dei contratti e delle convenzioni da stipulare; approva, nei limiti delle risorse consentite, le condizioni generali e la misura della retribuzione massima da attribuire agli e ai collaboratori di cui all’Albo dell’Agenzia, ai collaboratori esterni nonché ai collaboratori di ricerca; delibera lo schema contrattuale del rapporto di diritto privato intercorrente tra il DG e l’Agenzia, a firma del Presidente; delibera, su proposta motivata del DG, il piano triennale del fabbisogno del personale.

 

Il mandato del Commissario cessa alla conclusione dello stato di  emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 (31 luglio 2020), o alla scadenza delle eventuali proroghe. Qualora il Commissario, al momento della nomina, abbia altro incarico in corso, può continuare a svolgerlo, per la durata del mandato, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 11 (Incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali) e 14 (Incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali) del D.Lgs.39/2013[49]. Al commissario è corrisposto un compenso determinato con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, salva l'ipotesi di cumulo con altro incarico per il quale già percepisca un compenso.

 

Il comma 2 precisa che, nell'assolvimento dei compiti istituzionali di ricerca e supporto tecnico-operativo alle regioni, come previsto dall'articolo 2 dello statuto dell'Agenzia (secondo il quale Agenas è organo tecnico-scientifico del SSN che svolge attività di ricerca e supporto nei confronti del Ministero della salute, delle Regioni e delle Province autonome), il commissario svolge le seguenti funzioni:

§  collabora all'azione di potenziamento della rete di assistenza ospedaliera e territoriale, alfine di assicurare la più elevata risposta sanitaria all'emergenza, monitorando l'adozione, l'aggiornamento e l'attuazione dei piani adottati in applicazione della circolare del Ministero della salute prot. GAB 2627 in data 1° marzo 2020 e alle successive integrazioni;

 

Vista la situazione emergenziale da COVID-19, la circolare del Ministero della salute del 1° marzo 2020 (prot. GAB 2627) richiede che nel minor tempo possibile, nelle strutture pubbliche e nelle strutture private accreditate, sia attivato un modello di cooperazione interregionale coordinato a livello nazionale. A livello regionale si richiede un incremento del 50 per cento posti letto in terapia intensiva e del 100 per cento in pneumologia, viene poi prevista una redistribuzione del personale prevedendo un percorso formativo rapido qualificante per il supporto respiratorio per infermieri e medici, e a tal fine si raccomanda l’utilizzo dei corsi FAD (Formazione a distanza). Risulta inoltre di interesse la circolare del 29 febbraio 2020 n. 2619 che detta Linee di indirizzo assistenziali del paziente critico affetto da COVID?19 fra le quali la necessità che le Regioni predispongano un piano di emergenza per la gestione dei pazienti critici affetti da COVID?19, che consenta di garantite idonei livelli di trattamento attraverso un adeguato numero di posti letto di terapia intensiva, individuando a tal fine una o più strutture da dedicare alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID-19, e rispettando alcune condizioni espressamente previste. In tale quadro, l’art. 3 del decreto legge 18/2020, al comma 1, ha poi previsto che, nel periodo emergenziale da COVID-19, le Regioni e le Province autonome possano stipulare accordi contrattuali con strutture private accreditate (ai sensi dell’art. 8-quinquies del D. Lgs.502/1992) e con strutture private non accreditate (purché autorizzate ai sensi dell’articolo 8-ter del medesimo D.Lgs. 502/1992).

§  assicura il necessario supporto tecnico operativo e giuridico-amministrativo alle regioni, anche per superare le eventuali criticità riscontrate e per garantire, nella fase emergenziale, i livelli essenziali di assistenza e la effettività della tutela del diritto alla salute;

§  verifica che gli atti, i piani e le azioni di competenza del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 (di cui all'art. 122, comma 2, del decreto legge 18/2020) siano attuati dalle Regioni e dalle Province autonome in modo tempestivo ed efficace fornendo a tale fine ogni supporto richiesto dalle Regioni e dal commissario straordinario, incoerenza con i Programmi operativi che le regioni predispongono per l'emergenza Covid-19 (di cui all'art. 18, comma 1, del decreto legge 18/2020). Tali programmi sono approvati dal Ministero della salute di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e vengono monitorati congiuntamente da parte dei due Ministeri).

 

Le competenze del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, definite dall’art. 1, comma 1, del decreto legge 18/2020, sono le seguenti:

§  organizzare, acquisire e produrre ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti: il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto;

§  provvedere (raccordandosi con le regioni e le aziende sanitarie) al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere (anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali), con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva;

§  disporre la requisizione e circa la gestione di beni mobili, mobili registrati e immobili (anche tramite il Capo del Dipartimento per la protezione civile o se necessario ai prefetti territorialmente competenti);

§  adottare ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell’emergenza (v. anche supra l'articolo 5 del medesimo decreto-legge);

§  provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti - o alla riconversione di quelli esistenti tramite il commissariamento di rami d'azienda - per la produzione dei beni necessari per il contenimento, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all’emergenza (v. al riguardo l'articolo 99 del decreto-legge), organizzandone la raccolta e controllandone l’impiego;

§  organizzare e svolgere le attività propedeutiche alla concessione degli aiuti per far fronte all’emergenza sanitaria, da parte delle autorità competenti nazionali ed europee, nonché tutte le operazioni di controllo e di monitoraggio dell’attuazione delle misure;

§  provvedere alla gestione coordinata del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE, di cui al regolamento (CE) 2012/2002) e delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinato all’emergenza (così il comma 3).

L’art. 122, comma 2, precisa che il Commissario straordinario collabora con le regioni e le supporta nell'esercizio delle relative competenze in materia di salute e, anche su richiesta delle regioni, può adottare in via d'urgenza, nell'ambito delle funzioni a lui attribuite, i provvedimenti necessari a fronteggiare ogni situazione eccezionale. Tali provvedimenti, di natura non normativa, sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni e alle singole regioni su cui il provvedimento incide, che possono chiederne il riesame. I provvedimenti possono essere adottati in deroga a ogni disposizione vigente, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea. Le misure adottate devono essere in ogni caso adeguatamente proporzionate alle finalità perseguite.

Con DPCM del 18 marzo 2020 si è proceduto alla nomina di Domenico Arcuri in qualità di Commissario straordinario.

 

Inoltre, il comma 3 stabilisce che il Commissario, in considerazione del ruolo di raccordo fra il Ministero della salute e le regioni svolto dall'Agenzia, supporta, attraverso l'esercizio  delle  attività  istituzionali  proprie dell'Agenzia (ricerca e supporto nei confronti del Ministero della salute, delle Regioni e delle Province autonome), la tempestiva attuazione delle direttive del Ministro della salute finalizzate alla  gestione dell'emergenza epidemiologica COVID-19, con particolare riferimento agli articoli 3 (Potenziamento delle reti ospedaliere e territoriali) e 4 (Disciplina delle aree sanitarie temporanee per l’emergenza da COVID-19) del decreto legge 18/2020, ai rapporti con gli erogatori pubblici e privati, nonché alle disposizioni di cui al decreto legge 14/2020 e ad ogni ulteriore atto normativo ed amministrativo generale adottato per fronteggiare l'emergenza, come recepito e delineato per ciascuna regione nei Programmi operativi per l'emergenza COVID-19 di cui al richiamato art. 18, comma 1, del decreto legge 18/2020.

 

Infine, si stabilisce che il Commissario supporta le direzioni generali del Ministero e le Regioni nel perseguimento di ogni ulteriore obiettivo indicato dal Ministro della salute mediante l'adozione di direttive, nell'esercizio della funzione di indirizzo e di controllo del sistema sanitario nazionale.

Resta fermo il ruolo di coordinamento del Capo del Dipartimento della protezione civile, ai sensi dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630.

 

Si ricorda che ai sensi della citata ordinanza, il Capo del Dipartimento della protezione civile assicura il coordinamento degli interventi necessari al contrasto del COVID-19, finalizzati:

a)    all'organizzazione ed all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’emergenza oltre che degli interventi urgenti e necessari per la rimozione delle situazioni di pericolo per la pubblica e privata incolumità, fra i quali la disposizione di eventuali ulteriori misure di interdizione al traffico aereo, terrestre e marittimo sul territorio nazionale, al rientro delle persone presenti nei paesi a rischio ed al rimpatrio assistito dei cittadini stranieri nei paesi di origine esposti al rischio, all’invio di personale specializzato all’estero, all’acquisizione di farmaci, dispositivi medici, di protezione individuale, e biocidi, anche per il tramite di soggetti attuatori individuati anche tra gli enti pubblici economici e non economici e soggetti privati, alla requisizione di beni mobili, mobili registrati e immobili, anche avvalendosi dei Prefetti territorialmente competenti, nonché alla gestione degli stessi assicurando ogni forma di assistenza alla popolazione interessata;

b)   al ripristino o potenziamento, anche con procedure di somma urgenza, della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture necessari al superamento dalla specifica emergenza ed all’adozione delle misure volte a garantire la continuità di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria nei territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea.

 


 

Articolo 42-bis
(Misure straordinarie per il progetto di realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa)

 

 

L’articolo 42-bis, introdotto durante l’esame in Commissione, dispone la nomina di un Commissario straordinario per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa, da completare entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, con la finalità di contrastare gli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria da Covid-19. Il Commissario è nominato con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d’intesa con il presidente della Regione Siciliana (comma 1).

Il comma 2 stabilisce che la durata dell'incarico del Commissario straordinario è di un anno, prorogabile di un solo anno. L'incarico è a titolo gratuito.

Il Commissario straordinario deve operare nel rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 159/2011, oltre ai vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea degli obblighi internazionali e dei principi di cui agli articoli 30, commi 1, 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016) e in deroga ad ogni altra disposizione di legge diversa da quella penale (comma 3).

 

Si ricorda che analoga disposizione è presente all'art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 109 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 130 del 2018. In quella circostanza il Commissario straordinario per la ricostruzione opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonchè dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

In merito all'affidamento e all'esecuzione di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, il comma 1 dell'art. 30 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50 2016), oltre a fare riferimento al rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, specifica, altresì, lo specifico rispetto da parte delle stazioni appaltanti dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità, al fine evidente anche di non sfavorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

L'art. 34 del Codice disciplina, invece, l'applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM), per l'affidamento di lavori e forniture nella pubblica amministrazione (cd. green public procurement - GPP). Nello specifico, è stabilito il principio di obbligatorietà per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM, approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo.

L'art. 42 del Codice, che si applica alle procedure di gara sopra e sotto soglia, disciplina l’ipotesi particolare in cui il conflitto di interesse insorga nell’ambito di una procedura di gara. Le situazioni di conflitto di interesse non sono individuate dalla norma in modo tassativo, ma possono essere rinvenute volta per volta, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. In merito, l'Anac ha emanato le linee guida n. 15 (delibera n. 494 del 5 giugno 2019).

 

Al fine di consentire la massima autonomia finanziaria per la progettazione e realizzazione del complesso ospedaliero in esame, al commissario straordinario viene intestata un’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale, alla quale sono assegnate le risorse disponibili e su cui possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla progettazione e alla realizzazione di tale complesso ospedaliero (comma 4).

 

Il comma 5, in ultimo, dispone che la progettazione e la realizzazione del complesso ospedaliero sia finanziata a valere sulle risorse disponibili, assegnate alla Regione Siciliana, ai sensi del programma di edilizia sanitaria previsto di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n.67 e, ferma restando la quota minima del finanziamento a carico della medesima regione e previa sottoscrizione dell'Accordo di programma tra il Commissario, il Ministero della salute ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In proposito si sottolinea che l’ultimo riparto delle risorse per l'edilizia sanitaria è stato effettuato con Delibera CIPE n. 51 del 24 luglio 2019, per complessivi 4.695 milioni di euro, in base alle disponibilità dell'art. 1 comma 555 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e sulle risorse residue di cui all'art. 2 comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (v. ricostruzione più avanti) e ha attribuito alla Regione siciliana l’8,36% del totale complessivo, per un ammontare di 334,2 milioni di euro. 

 

Le risorse per l’edilizia sanitaria sono state unificate in un'autorizzazione di legge contenuta nella legge finanziaria per il 1988 (articolo 20, comma 1, L. 11/03/1988) per un importo complessivo che attualmente ha raggiunto la cifra di 30 miliardi di euro finalizzati all'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, oltre che per la realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti.

L'importo è stato così elevato in base alle seguenti autorizzazioni:

-     art. 83, comma 3, L. 23 dicembre 2000, n. 388: "L'importo di lire 30.000 miliardi di cui all'articolo 20, comma 1, della legge 11 marzo 1988, n. 67, è elevato a lire 34.000 miliardi".

-     art. 1, comma 796, comma 1, lett. n) L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007): ai fini del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, l'importo fissato dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, come rideterminato dall'articolo 83, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è elevato a 23 miliardi di euro.

-     comma 69, art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010), a decorrere dal 1° gennaio 2010: ai fini del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, l'importo fissato dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, rideterminato in 23 miliardi di euro dall'articolo 1, comma 796, lettera n), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, è elevato a 24 miliardi di euro, fermo restando, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni e l'assegnazione di risorse agli altri enti del settore sanitario interessati, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità di bilancio. L'incremento è destinato prioritariamente alle regioni che hanno esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la loro disponibilità a valere sui citati 23 miliardi di euro.

-     art. 1, comma 555, L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019: incremento di risorse complessivamente pari a 4 miliardi di euro, con riferimento al periodo 2021-2033, di cui 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 300 milioni per ciascuno degli anni 2023-2025, 400 milioni per ciascuno degli anni 2026-2031, 300 milioni per il 2032 e 200 milioni per il 2033. L'incremento di 4 miliardi in oggetto è destinato prioritariamente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la propria disponibilità a valere sul livello di risorse precedenti. Il riparto di risorse tra le regioni e la misura della quota di riserva relativa agli altri enti suddetti sono stabiliti con delibera del CIPE, previa intesa in sede di Conferenza Stato- regioni.

-     all'art. 1, comma 81, L. 27 dicembre 2019, n. 160, a decorrere dal 1° gennaio 2020: incremento delle risorse pluriennali per gli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, complessivamente pari a 2 miliardi di euro.

 

Inoltre, il  DL. 34 del 2019 (L. 58/2019), articolo 50, comma 1-bis incrementa di 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2022-2024 e di 25 milioni per l'anno 2025 le risorse previste dall'articolo 20 della L. n. 67 del 1988 per l'esecuzione del programma pluriennale di interventi di edilizia sanitaria.


 

Articolo 42-ter
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’articolo 42-ter, introdotto durante l’esame in sede referente, inserisce la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel senso che le disposizioni del decreto-legge in esame sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.

 

Si ricorda che norme di rango primario, come quelle recate dal decreto-legge, non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti - che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore - e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale.

La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di tale clausola, tuttavia, non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale.

 

La norma specifica inoltre che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.

L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

 


 

Articolo 43
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 43 dispone che fini dell’immediata attuazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, il Ministero dell’economia e delle finanze può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.


 

Articolo 44
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 44 dispone in ordine alla entrata in vigore del decreto-legge in esame, fissandola al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Dal momento che il decreto legge è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 dell’8 aprile 2020 (edizione straordinaria), esso è entrato in vigore il 9 aprile 2020.

 

 



[1]     È rischio di mercato il rischio in cui incorre l'investitore in seguito a variazioni generali del mercato. Ai sensi dello Statuto di SACE : gli impegni assunti nello svolgimento della sola attività assicurativa, riassicurativa, coassicurativa e di garanzia dei rischi definiti non di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea, beneficiano della garanzia dello Stato in base alla normativa vigente. L’attività assicurativa e di garanzia dei rischi definiti di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea è svolta dalla Società a proprio rischio con contabilità separata o con la costituzione di un’apposita società con i limiti stabiliti dall’art. 6, comma 12, del D.L. n. 269/2003.

[2]     È rischio di mercato il rischio in cui incorre l'investitore in seguito a variazioni generali del mercato. Ai sensi dello Statuto di SACE : gli impegni assunti nello svolgimento della sola attività assicurativa, riassicurativa, coassicurativa e di garanzia dei rischi definiti non di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea, beneficiano della garanzia dello Stato in base alla normativa vigente. L’attività assicurativa e di garanzia dei rischi definiti di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea è svolta dalla Società a proprio rischio con contabilità separata o con la costituzione di un’apposita società con i limiti stabiliti dall’art. 6, comma 12, del D.L. n. 269/2003.

[3]     In termini di livelli occupazionali, di entità di fatturato o di ricadute per il sistema economico produttivo del Paese in grado di determinare in capo a SACE S.p.A. elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione.

[4]     Per le integrazioni alla citata disciplina, si veda in particolare le modifiche apportate da D.L. n. 35/2005 (L. n. 80/2005) e dall’art. 1, commi 1335 e ss., della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006.

[5]     Si ricorda che è rischio di mercato il rischio in cui incorre l'investitore in seguito a variazioni generali del mercato. È dunque il rischio relativo agli effetti imprevisti sul valore di mercato di attività e passività determinati da variazioni dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e da altri prezzi delle attività. Gli impegni assunti nello svolgimento della sola attività assicurativa, riassicurativa, coassicurativa e di garanzia dei rischi definiti non di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea, beneficiano della garanzia dello Stato in base alla normativa vigente. Le attività che beneficiano della garanzia dello Stato sono soggette alle delibere del CIPE ai sensi del citato art. 2, comma 3, e dell’art. 8, co.1, nonché dell’art. 24 del D.Lgs. n. 143/1998 e ss. mod e int..

L’attività assicurativa e di garanzia dei rischi definiti di mercato dalla disciplina dell’Unione Europea non beneficia della garanzia dello Stato ed è soggetta alla normativa in materia di assicurazioni private. L’attività così definita è svolta dalla Società a proprio rischio con contabilità separata o con la costituzione di un’apposita società con i limiti stabiliti dall’art. 6, comma 12, del D.L. n. 269/2003 (cfr. infra, nel testo).

[6]     Modificato dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015, articolo 1, comma 879).

[7]     Ai sensi dell’articolo 8 del D.L. n. 78/2009, il Ministro dell'economia e finanze, con propri decreti, ha autorizzato Cassa depositi e prestiti a dar vita, a condizioni di mercato, al sistema integrato "export banca". In tale ambito, Cassa può compiere, con l'utilizzo dei fondi in gestione separata, operazioni di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Il perimetro di operatività di CDP in tale settore è stato considerevolmente rafforzato dal D.L. 3/2015. Il provvedimento ha previsto che CDP, direttamente o tramite la società SACE S.p.A. - svolge il proprio intervento anche attraverso l'esercizio del credito diretto. L'attività è esercitata da CDP su previa autorizzazione della Banca d'Italia (articolo 3, comma 1 e articolo 3, comma 2, che ha modificato l’articolo 8, comma 1 del D.L. n. 78/2009). CDP opera in tale campo anche attraverso SIMEST S.p.A., società del gruppo.

[8]     La Relazione integrativa dell'11 marzo porta l'incremento degli stanziamenti da 7,5 a 25 miliardi per il 2020.

[9]     La commissione va versate entro 3 mesi dalla delibera di ammissione del Consiglio di gestione. se è effettuato il versamento, il Gestore del Fondo invia una comunicazione al richiedente. A pena di decadenza dell’intervento del Fondo, entro 1 mese dalla comunicazione, deve essere versata la commissione

[10]   La commissione non è dovuta per: le operazioni di anticipazione dei crediti verso la P.A.; le operazioni riferite a start-up innovative o incubatori certificati o PMI innovative (cfr. D.M. 23 marzo 2016); le operazioni di micro credito; le operazioni finanziarie - diverse dalle operazioni sul capitale di rischio, dalle operazioni di sottoscrizione di mini bond e dagli investimenti in quasi-equity - riferite a: a) beneficiari finali aventi sede legale e/o sede operativa nelle Regioni del Mezzogiorno; b) imprese femminili; c) piccole imprese dell’indotto di imprese in amministrazione straordinaria; d) micro, piccole e medie imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete; e) imprese sociali; f) imprese di autotrasporto

[11]   Secondo la disciplina ordinaria, a seguito della richiesta di prolungamento, non sono ammesse all’intervento del Fondo nuove operazioni finanziarie a favore del beneficiario finale, fino alla comunicazione al Gestore del Fondo della regolare estinzione dell’operazione finanziaria per la quale è stato richiesto il prolungamento.

[12]   L’articolo 10, comma 2 del D.M. 6 marzo 2017 dispone che, nei casi in cui, a seguito della concessione della garanzia, l'operazione finanziaria garantita non sia successivamente perfezionata con le modalità e nei termini fissati dalle disposizioni operative, il soggetto richiedente versa al Fondo una commissione di importo pari a 300 euro.

[13]   “Tranched cover” è l’operazione di cartolarizzazione sintetica nella quale la componente di rischio che sopporta le prime perdite del portafoglio di finanziamenti è isolata attraverso forme di protezione del credito di tipo personale o attraverso cash collateral.

[14]   Ai sensi delle avvertenze generali, parte B), paragrafo 2, della Circolare n.272 del 30 luglio 2008 della Banca d'Italia.

[15]   Per controgaranzia in senso proprio, si intende la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante ed escutibile dal soggetto finanziatore, nel caso in cui né il soggetto beneficiario né il soggetto garante siano in grado di adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del medesimo soggetto finanziatore (cd. doppio default). La controgaranzia è rilasciata esclusivamente su garanzie dirette, esplicite, incondizionate, irrevocabili ed escutibili a prima richiesta del soggetto.

[16]   Per riassicurazione, si intende la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante e dallo stesso escutibile esclusivamente a seguito della avvenuta liquidazione al soggetto finanziatore della perdita sull’operazione finanziaria garantita. Il reintegro da parte del Fondo avviene dunque nei limiti della misura di copertura, di quanto già liquidato dai soggetti garanti ai soggetti finanziatori.

[17]   Si ricorda, in proposito, che, secondo la disciplina ordinaria citata (parte IX, lettera A, delle Disposizioni Operative) la valutazione del merito di credito ai fini dell’ammissibilità alla garanzia del Fondo dei soggetti beneficiari finali (PMI e mid-cap), diversi dalle start up, è effettuata attraverso l’attribuzione ad essi di una probabilità di inadempimento e il loro collocamento in una delle classi di valutazione e delle fasce di valutazione che compongono la scala di valutazione. Il modello di valutazione presenta, in particolare, una struttura modulare composta dai seguenti moduli informativi:

a) modulo economico – finanziario: fornisce una misura del profilo di rischio patrimoniale, economico e finanziario. Nel caso di assenza di tali dati, il beneficiario finale è classificato come non valutabile, “unrated” e dunque non è ammesso;

b) modulo andamentale: fornisce una misura del profilo di rischio di credito, approfondendo la dinamica dei rapporti del beneficiario finale con le istituzioni finanziarie.

A questi si aggiunge un ulteriore blocco informativo che valuta la presenza di atti ed eventi pregiudizievoli a carico del soggetto beneficiario finale e dei soci (gli eventi sono riconducibili alle seguenti categorie: ipoteca giudiziale/pignoramento, ipoteca legale, domanda giudiziale).

[18]   Appare opportuno ricordare che – ai sensi di quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del D.L. n. 185 del 2008 (L. n. 2/2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009. Il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha adottato, in proposito, il Decreto interministeriale 24 aprile 2019 che approva le misure di accantonamento a titolo di coefficiente di rischio adottate dal Consiglio di gestione del Fondo. Le misure di accantonamento si applicano a decorrere dal 15 marzo 2019, data in cui sono entrate in vigore le nuove disposizioni operative del Fondo (D.M. 12 febbraio 2019).

[19]   Come definite ai sensi del paragrafo 2, parte B della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 della Banca d’Italia e ss.mod e int.

[20]   Come definite ai sensi del paragrafo 2, parte B della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 della Banca d’Italia e ss.mod e int.

[21]   Ai sensi del Reg. UE n. 575/2013, per "misura di concessione" si intende una concessione accordata dall'ente al debitore il quale ha incontrato o rischia di incontrare difficoltà nel rispettare i propri impegni finanziari (articolo 47-ter). Inoltre, il medesimo Regolamento, all’articolo 47-bis, definisce le condizioni in presenza delle quali si hanno esposizioni deteriorate (comma 3). Al cessare di tali condizioni, le esposizioni deteriorate oggetto di misure di concessione cessano di essere classificate come esposizioni deteriorate (comma 6, lett. a)). Ciò, secondo la normativa europea avviene se, contestualmente, si verificano le seguenti ulteriori condizioni: se è trascorso almeno un anno dalla data in cui sono state accordate le misure di concessione o, se posteriore, dalla data in cui le esposizioni sono state classificate come esposizioni deteriorate (comma 6, lett. b)) e se, dopo l'applicazione delle misure di concessione non vi sono importi in arretrato e l'ente, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, è convinto che verosimilmente vi sarà il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza (comma 6, lett. c)). Il rimborso integrale alla scadenza non deve essere considerato verosimile a meno che il debitore abbia effettuato pagamenti regolari e a scadenza pari ai seguenti importi: a) l'importo in arretrato prima che la misura di concessione fosse accordata; b) l'importo cancellato contabilmente in forza delle misure di concessione, se non vi erano importi in arretrato.

[22]   Ai sensi di tale articolo, quando il piano di concordato prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, esso deve contenere un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; la relazione attestante che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Il piano può inoltre prevedere, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto al voto.

[23]   Ai sensi di tale articolo, l'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione prevista per la domanda di concordato, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a)     entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b)    entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.

[24]   Il D.L. n. 69/2013 ha poi consentito che al Fondo possano affluire, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità fissate con decreto ministeriale, contributi su base volontaria per essere destinati alla micro imprenditorialità (D.M. 24 dicembre 2014 e ss. mod. e int.).

[25]   Questo infatti prevede che le regioni e le province autonome, mediante la stipula di accordi sottoscritti con il MISE ed il MEF, contribuiscono al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. A tal fine, nell'ambito del Fondo, il D.M. dispone l’istituzione di 21 sezioni speciali, una per ciascuna regione e provincia autonoma, con contabilità separata, attivabili tramite gli accordi di cui sopra. Gli accordi individuano, tra l’altro, per ciascuna sezione speciale, le percentuali integrative di copertura degli interventi di garanzia e l'ammontare delle risorse regionali destinate ad integrare il Fondo, con una dotazione minima di 5 milioni di euro. Le imprese aventi sede operativa in ciascuna regione o provincia autonoma possono avvalersi della garanzia sulle risorse della sezione speciale regionale secondo le modalità previste dagli accordi.

[26]   La dotazione del Fondo è anche incrementata attraverso le risorse dei Programmi operativi nazionali PON, in particolare con il PON “Imprese e competitività”, a sua volta alimentato da risorse dei Fondi SIE, in primis Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento. Dunque, sul Fondo operano delle riserve per i soggetti beneficiari ubicati nei territori delle regioni del Mezzogiorno

[27]   “Tranched cover” è l’operazione di cartolarizzazione sintetica nella quale la componente di rischio che sopporta le prime perdite del portafoglio di finanziamenti è isolata attraverso forme di protezione del credito di tipo personale o attraverso cash collateral. Il «cash collateral» è il fondo monetario costituito in pegno in favore del soggetto finanziatore a copertura di una quota della tranche junior del portafoglio di finanziamenti

[28]   Per punto di stacco e spessore si intende, rispettivamente, il punto che determina la suddivisione tra una determinata tranche del portafoglio di finanziamenti e le tranches a questa sovraordinate e la percentuale data dal rapporto tra la stessa tranche sul valore nominale del portafoglio di finanziamenti.

[29]   Si ricorda che, in attuazione di tale previsione, l’articolo 4 del D.M. 14 novembre 2017 ha destinato risorse pari a 200 milioni di euro, ulteriori rispetto all’ammontare massimo disposto dall’articolo 4 del D.M. 24 aprile 2013 (100 milioni).

[30]   D.Lgs. n. 141/2010, recante “Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”.

[31]   Il Decreto del Ministero della Salute del 31 luglio 2007 ha istituito la Banca Dati centrale per la raccolta delle prestazioni farmaceutiche effettuate in distribuzione diretta a carico delle Regioni e Provincie autonome e ha disciplinato il flusso informativo di alimentazione. Sono oggetto della rilevazione tutti i medicinali per uso umano autorizzati all’immissione in commercio in Italia, le formulazioni magistrali, le formule officinali e i medicinali esteri utilizzati ai sensi del decreto del Ministro della Salute 11 febbraio 1997.

[32]   Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria

[33]   “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

[34]   “Sull'intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all'allegato 12, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all'allegato 13, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all'allegato 14”.

[35]   In forza del quale, “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell'allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante "Modalità per l'applicazione delle tariffe 2019". La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.

[36]   Deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, per la durata di sei mesi decorrenti dalla medesima data.

[37]   Allo scopo, è stato presentato alle Commissioni parlamentari uno schema di decreto legislativo il cui esame è tuttora in corso (qui il Dossier del Servizio studi sull’AG. 157), che prevede un nuovo testo normativo di riassetto e semplificazione della disciplina di cui al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230. Il predetto schema di decreto è stato predisposto in attuazione della disciplina di delega di cui agli articoli 1 e 20 della L. 4 ottobre 2019, n. 117 (legge di delegazione europea 2018).Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 6 febbraio 2018 e, pertanto, contro l'Italia è stata  avviata una procedura di infrazione (proc. n. 2018/2044), che ha portato, il 17 maggio 2018, alla comunicazione da parte della Commissione UE della messa in mora formale e del parere motivato per il recepimento della richiamata direttiva. Infine, il 25 luglio 2019, l’Italia è stata deferita dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per mancato recepimento della stessa direttiva (consulta il comunicato).

[38]   L’uso compassionevole concerne i medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, con riferimento all’impiego degli stessi al di fuori della sperimentazione. Cfr., in materia, il D.M. 7 settembre 2017.

[39]   Per altre differenze rispetto all’articolo 17 abrogato, cfr. infra.

[40]   Cfr. l’articolo 1, comma 1, e l’articolo 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 211, e successive modificazioni, recante attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico.

[41]   Per "protocollo" degli studi sperimentali suddetti deve intendersi "il documento in cui vengono descritti l'obiettivo o gli obiettivi, la progettazione, la metodologia, gli aspetti statistici e l'organizzazione della sperimentazione" (articolo 2, comma 1, lett. h), del citato D.Lgs. n. 211 del 2003). Per la distinzione delle fasi nella sperimentazione clinica si fa rinvio al sito internet AIFA.

[42]   Si ricorda che il Comitato è composto dal Segretario Generale del Ministero della Salute, dal Direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, dal Direttore dell’Ufficio di coordinamento degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute, dal Direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, dal Presidente dell'Istituto superiore di sanità, da un rappresentante della Commissione salute designato dal Presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome e dal Coordinatore dell’Ufficio Promozione e integrazione del Servizio nazionale della protezione civile del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di coordinatore del Comitato. Il Comitato può essere integrato in relazione a specifiche esigenze.

[43]   Per la distinzione delle fasi nella sperimentazione clinica, cfr. supra, in nota.

[44]   Si ricorda che il 17 marzo 2020 è entrato in vigore il D.L. n. 18 del 2020. Riguardo a quest’ultimo, cfr. infra.

[45]   Comuni menzionati nell'allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020 (quest'ultimo decreto è oggetto di un comunicato di rettifica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2020).

[46]   Comuni menzionati nell'allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020 (quest'ultimo decreto è oggetto di un comunicato di rettifica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2020).

[47]   I datori di lavoro sono tenuti ad inviare all'INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell'integrazione salariale, secondo la disciplina richiamata dal comma 6 dell’articolo 22 in oggetto. Trascorso inutilmente il termine posto per tale invio, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

[48]   Modifica inserita durante l’esame in sede referente.

[49]   Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50 della legge 6 novembre 2012, n.190.