Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Volume II
Serie: Progetti di legge   Numero: 284/Volume II
Data: 21/03/2020
Organi della Camera: V Bilancio

 

Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19

 

D.L. 18/2020 - A.S. 1766

Volume II - Articoli da 49 a 127

Edizione provvisoria

 

 

 

 


 

 

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Progetti di legge n. 284 Vol. II

 

 

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I N D I C E

Schede di lettura. 9

Titolo III Misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario

Articolo 49 (Fondo di garanzia PMI). 11

Articolo 50 (Modifiche alla disciplina FIR). 26

Articolo 51 (Misure per il contenimento dei costi per le PMI della garanzia dei confidi di cui all’art. 112 del TUB). 29

Articolo 52 (Solvency II - Aggiustamento per la volatilità). 31

Articolo 53 (Misure per il credito all’esportazione). 34

Articolo 54 (Estensione del fondo di solidarietà mutui per l’acquisto della prima casa)  40

Articolo 55 (Misure di sostegno finanziario alle imprese). 43

Articolo 56 (Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19). 47

Articolo 57 (Supporto alla liquidità delle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica mediante meccanismi di garanzia). 52

Articolo 58 (Sospensione dei termini di rimborso per il fondo 394/81). 54

Articolo 59 (Disposizioni a supporto dell’acquisto da parte delle Regioni di beni necessari a fronteggiare l’emergenza Covid-19). 57

Titolo IV Misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese

Articolo 60 (Rimessione in termini per i versamenti). 59

Articolo 61 (Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria). 61

Articolo 62 (Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi)  64

Articolo 63 (Premio ai lavoratori dipendenti). 67

Articolo 64 (Credito d’imposta sanificazione ambienti di lavoro). 68

Articolo 65 (Credito d’imposta per botteghe e negozi). 69

Articolo 66 (Incentivi fiscali per erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19). 71

Articolo 67 (Sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori)  73

Articolo 68 (Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione). 78

Articolo 69 (Proroga versamenti nel settore dei giochi). 81

Articolo 70 (Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli). 84

Articolo 71 (Menzione per la rinuncia alle sospensioni). 86

Titolo V Ulteriori disposizioni

Articolo 72 (Misure per l’internazionalizzazione del sistema Paese). 87

Articolo 73 (Semplificazioni in materia di organi collegiali). 92

Articolo 74 (Misure per la funzionalità delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, della carriera prefettizia e del personale dei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno). 95

Articolo 75 (Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso di cittadini e imprese). 100

Articolo 76 (Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio per l’attuazione di misure per l'emergenza COVID-19). 108

Articolo 77 (Pulizia straordinaria degli ambienti scolastici). 110

Articolo 78 (Misure in favore del settore agricolo e della pesca). 112

Articolo 79 (Misure urgenti per il trasporto aereo). 115

Articolo 80 (Incremento della dotazione dei contratti di sviluppo). 119

Articolo 81 (Misure urgenti per lo svolgimento della consultazione referendaria nell’anno 2020) 121

Articolo 82 (Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche) 124

Articolo 83 (Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare). 128

Articolo 84 (Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa). 140

Articolo 85 (Ulteriori misure urgenti in materia di funzioni della Corte dei conti). 144

Articolo 86 (Misure urgenti per il ripristino della funzionalità degli Istituti penitenziari e per la prevenzione della diffusione del COVID-19). 148

Articolo 87 (Misure straordinarie in materia di lavoro agile, di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali). 151

Articolo 88, comma 1 (Rimborso dei contratti di soggiorno). 157

Articolo 88, commi 2-4 (Risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura). 159

Articolo 89 (Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo). 161

Articolo 90 (Destinazione del 10 per cento dei compensi per copia privata). 164

Articolo 91, comma 1, (Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento) 167

Articolo 91, comma 2 (Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore in materia di contratti pubblici). 168

Articolo 92 (Disposizioni in materia di trasporto marittimo e trasporto stradale). 170

Articolo 93 (Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea). 174

Articolo 94 (Incremento  dotazione Fondo  di solidarietà  per il settore aereo). 175

Articolo 95 (Sospensione versamenti canoni per il settore sportivo) 176

Articolo 96 (Indennità per i collaboratori sportivi). 177

Articolo 97 (Aumento anticipazioni FSC - Fondo sviluppo e coesione). 179

Articolo 98 (Misure straordinarie urgenti a sostegno della filiera della stampa). 181

Articolo 99 (Erogazioni liberali a sostegno del contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19). 185

Articolo 100, comma 1 (Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca). 188

Articolo 100, comma 2 (Continuità della governance degli enti pubblici di ricerca)  191

Articolo 100, comma 3 (Restituzione di crediti agevolati concessi a valere sul FAR)  193

Articolo 101, commi 1-5 e 7 (Continuità dell’attività formativa delle università e delle istituzioni AFAM). 196

Articolo 101, comma 6 (Disposizioni in materia di abilitazione scientifica nazionale)  201

Articolo 102 (Abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo e ulteriori misure urgenti in materia di professioni sanitarie). 204

Articolo 103 (Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza). 208

Articolo 104 (Proroga della validità dei documenti di riconoscimento). 213

Articolo 105 (Ulteriori misure per il settore agricolo). 215

Articolo 106 (Norme in materia di svolgimento delle assemblee di società). 216

Articolo 107 (Differimento di termini amministrativo-contabili). 220

Articolo 108 (Misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale). 228

Articolo 109 (Utilizzo avanzi di amministrazione per spese correnti per emergenza COVID-19)  233

Articolo 110 (Rinvio questionari SOSE province e città metropolitane). 237

Articolo 111 (Sospensione della quota capitale dei mutui delle regioni a statuto ordinario)  239

Articolo 112 (Sospensione quota capitale mutui enti locali). 242

Articolo 113 (Rinvio di scadenze adempimenti relativi a comunicazioni sui rifiuti) 245

Articolo 114 (Fondo per la sanificazione di ambienti appartenenti ad enti locali). 246

Articolo 115 (Straordinario per polizia locale). 247

Articolo 116 (Termini riorganizzazione Ministeri) 249

Articolo 117 (Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). 251

Articolo 118 (Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni del Garante per la protezione dei dati personali) 254

Articolo 119 (Misure di sostegno per i magistrati onorari in servizio). 256

Articolo 120 (Piattaforme per la didattica a distanza). 258

Articolo 121 (Continuità occupazionale per i docenti supplenti). 264

Articolo 122 (Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19). 268

Articolo 123 (Disposizioni in materia di detenzione domiciliare). 273

Articolo 124 (Licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà)  279

Articolo 125 (Proroga dei termini nel settore assicurativo e per opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile dei piccoli comuni). 280

Articolo 126 (Disposizioni finanziarie). 283

Articolo 127 (Entrata in vigore). 292

 


Schede di lettura


Titolo III
Misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario

 


Articolo 49
(Fondo di garanzia PMI)

 

 

L’articolo 49 dispone, al comma 1, fino al 17 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla sua disciplina ordinaria. Per tale finalità, sono stanziati 1.500 milioni per l’anno 2020 (comma 7).

Nel dettaglio, fino al 17 dicembre 2020:

§  l’intervento in garanzia dello Fondo è concesso a titolo gratuito;

§  l’importo massimo garantito per singola impresa è elevato a 5 milioni di euro;

§  per gli interventi di garanzia diretta e di riassicurazione la percentuale di copertura è pari al massimo (rispettivamente 80 per cento e 90 per cento) per le operazioni ammesse al Fondo di importo fino a 1,5 milioni di euro;

§  vengono ammessi all’intervento in garanzia del Fondo finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 percento dell'importo del debito residuo;

§  le amministrazioni e i soggetti titolari di Sezioni speciali del Fondo o di programmi UE che ne integrano le risorse o l’operatività possono assicurare il loro apporto ai fini dell’innalzamento della percentuale massima garantita dal Fondo stesso;

§  si dispone il prolungamento automatico della garanzia nell'ipotesi di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19;

§  la valutazione per l'accesso al Fondo è condotta esclusivamente sulla base del modulo economico finanziario, e non su quello andamentale; sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” o “inadempienze probabili”;

§  è eliminata la commissione di mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie;

§  è possibile cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia, acquisite dal soggetto finanziatore per operazioni di importo superiore a 500 mila euro e durata minima di 10 anni nel settore turistico alberghiero e delle attività immobiliari;

§  è elevata al 50 per cento la quota della tranche junior garantita dal Fondo a fronte di portafogli destinati ad imprese/settori/filiere maggiormente colpiti dall'epidemia;

§  sono ammessi alla garanzia del Fondo, in via gratuita e senza valutazione del merito creditizio, i finanziamenti a 18 mesi meno un giorno, di importo non superiore a 3 mila euro, erogati da banche, intermediari finanziari e concessi a favore di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni assoggettati la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19,

§  le Amministrazioni di settore, anche unitamente alle associazioni e gli enti di riferimento, possono conferire risorse al Fondo ai fini della costituzione di sezioni speciali finalizzate a sostenere l’accesso al credito per determinati settori economici o filiere;

§  sono prorogati per tre mesi tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo.

I commi da 2 a 4 apportano invece modifiche di carattere “strutturale” e non temporaneo al funzionamento del Fondo.

In particolare, si ammette – attraverso una novella all’articolo 11, comma 5, del D.L. n. 185/2008 – che la dotazione del Fondo stesso possa essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.A. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A. – anche da soggetti privati (comma 2).

Si dispone che le garanzie su portafogli di finanziamenti, nonché le garanzie su portafogli di minibond, siano concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurandosi comunque la sussistenza di un ammontare di risorse libere, destinate al rilascio di garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 per cento della dotazione disponibile del Fondo (comma 3).

Si prevede la garanzia gratuita all’80 per cento del Fondo anche per gli operatori di microcredito (che siano MPMI), affinché gli stessi possano acquisire dal sistema bancario la provvista necessaria ad operare attraverso operazioni di micro credito (a loro volta garantibili dal Fondo all'80 per cento e senza valutazione) (comma 4).

Viene elevato da 25 mila a 40 mila euro l'importo massimo delle operazioni di micro credito (comma 5).

Si prevede un meccanismo di adeguamento delle percentuali massime di garanzia del Fondo, nell’ipotesi che il previsto “Temporary Framework Covid-19” consenta di incrementarle oltre l’attuale limite dell’80 per cento (comma 6).

Le disposizioni temporanee di cui al comma 1, in quanto compatibili, si applicano anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, di cui all’articolo 17, comma 2, del D. Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca (comma 8).

Si demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la possibilità di prevedere ulteriori misure di sostegno finanziario alle imprese, anche attraverso il rilascio di finanziamenti a tasso agevolato e di garanzie fino al 90 per cento, a favore delle imprese, o delle banche e degli altri intermediari che eroghino nuovi finanziamenti alle imprese stesse (comma 9).

Il comma 10, infine, dispone in ordine alla copertura degli oneri previsti dall’articolo.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che - per la durata di 9 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge, e dunque, fino al 17 dicembre 2020 - in deroga alle vigenti disposizioni:

a)   l’intervento in garanzia dello Fondo è concesso a titolo gratuito.

Si ricorda che, ai sensi delle Disposizioni Operative del Fondo (D.O), approvate con D.M. 13 febbraio 2019, entro 3 mesi dalla data della delibera di ammissione del Consiglio di gestione, deve essere versata al Fondo una commissione una tantum[1].

Secondo la disciplina vigente, la commissione non è dovuta per: le operazioni di anticipazione dei crediti verso la P.A.; le operazioni riferite a start-up innovative o incubatori certificati o PMI innovative[2]; le operazioni di micro credito; le operazioni finanziarie - diverse dalle operazioni sul capitale di rischio, dalle operazioni di sottoscrizione di mini bond e dagli investimenti in quasi-equity - riferite a: a) beneficiari finali aventi sede legale e/o sede operativa nelle Regioni del Mezzogiorno; b) imprese femminili; c) piccole imprese dell’indotto di imprese in amministrazione straordinaria; d) micro, piccole e medie imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete; e) imprese sociali; f) imprese di autotrasporto.

Se alla scadenza del termine, non risulta effettuato il versamento, il Gestore del Fondo invia una comunicazione al richiedente. A pena di decadenza dell’intervento del Fondo, entro 1 mese dall’invio della comunicazione, deve essere versata la commissione.

b)   L’importo massimo garantito per singola impresa è elevato a 5 milioni di euro, nel rispetto della disciplina europea.

Secondo le Disposizioni operative, l’importo massimo garantito per beneficiario finale (PMI, Consorzi e Professionisti aventi sede legale ovvero operativa sul territorio italiano), è pari a 2,5 milioni di euro per la garanzia diretta, per la controgaranzia e per la riassicurazione. Il D.L. n. 34/2019, per le garanzie concesse nell’ambito di portafogli di finanziamenti, ha innalzato, da 2,5 a 3,5 milioni di euro, l’importo massimo garantito dal Fondo (novella all’articolo 39, comma 4 del D.L. n. 201/2011). Lo stesso D.L. n. 34/2019 ha innalzato fino a 5 milioni di euro l'importo massimo garantibile dal Fondo stesso per singolo soggetto beneficiario finale sulle operazioni di sottoscrizione dei cd. "mini bond" (comma 6-bis dell'art. 12 del D.L. n. 145/2013 e relativo D.M. attuativo 5 giugno 2014).

c)   Per gli interventi di garanzia diretta, la percentuale di copertura è pari al massimo, cioè all’80 per cento dell'ammontare di ciascuna operazione di finanziamento per un importo massimo garantito per singola impresa di 1,5 milioni di euro. Per gli interventi di riassicurazione la percentuale di copertura è anch’essa nell’importo massimo, cioè pari al 90 per cento dell’importo garantito dal Confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell'80 per cento e per un importo massimo garantito per singola impresa di 1,5 milioni di euro.

Si ricorda che l’intervento in garanzia del Fondo opera sotto forma di garanzia diretta concessa dal Fondo ai soggetti finanziatori delle PMI (soggetti beneficiari), controgaranzia e riassicurazione, su richiesta dei soggetti garanti. Per controgaranzia in senso proprio, si intende la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante ed escutibile dal soggetto finanziatore, nel caso in cui né il soggetto beneficiario né il soggetto garante siano in grado di adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del medesimo soggetto finanziatore (cd. doppio default). La controgaranzia è rilasciata esclusivamente su garanzie dirette, esplicite, incondizionate, irrevocabili ed escutibili a prima richiesta del soggetto.

Per riassicurazione, si intende la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante e dallo stesso escutibile esclusivamente a seguito della avvenuta liquidazione al soggetto finanziatore della perdita sull’operazione finanziaria garantita. Il reintegro da parte del Fondo avviene dunque nei limiti della misura di copertura, di quanto già liquidato dai soggetti garanti ai soggetti finanziatori.

Inoltre, secondo la disciplina ordinaria del Fondo, contenuta nelle Disposizioni operative, la garanzia diretta e la riassicurazione è invece concessa secondo misure massime di copertura, variabili in funzione della fascia di valutazione o della tipologia o della durata dell’operazione finanziaria garantita o della tipologia di beneficiario finale sul territorio italiano, riportate nelle tabelle contenute nelle stesse D.O.

d)   Vengono ammessi all’intervento in garanzia del Fondo finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario, purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione al medesimo beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 percento dell'importo del debito residuo in essere del finanziamento rinegoziato.

Come evidenzia la relazione illustrativa, la misura (fino ad oggi circoscritta al solo ambito delle garanzie di portafoglio), consentirebbe di venire incontro a prevedibili, immediate esigenze di liquidità di imprese ritenute comunque affidabili dal sistema bancario;

e)   le amministrazioni e i soggetti titolari di Sezioni speciali del Fondo o di programmi UE che ne integrano le risorse o l’operatività possono assicurare il loro apporto ai fini dell’innalzamento della percentuale massima garantita dal Fondo sino al massimo dell’80 percento in garanzia diretta e del 90 percento in riassicurazione.

Il Fondo di garanzia per le PMI è alimentato prevalentemente, anche se non in via esclusiva, attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo viene comunque incrementata anche attraverso le risorse dei Programmi operativi nazionali PON, in particolare con il PON “Imprese e competitività”, a sua volta alimentato da risorse dei Fondi SIE, in primis Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento. Dunque, sul Fondo operano delle riserve per i soggetti beneficiari ubicati nei territori delle regioni del Mezzogiorno.

Inoltre, secondo l’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, anch’esso integrato dall’articolo 48 in esame (cfr. infra) la dotazione del Fondo può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.a. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A., secondo modalità stabilite con decreto interministeriale, D.M. 26 gennaio 2012, come da ultimo modificato dal D.M. 1 giugno 2019[3]. A tale fine, operano le Sezioni speciali del Fondo, la cui istituzione è prevista dal citato D.M.[4]

Analogamente il D.M. prevede per la contribuzione di banche, Cassa depositi e prestiti, SACE, e per la contribuzione di altri enti ed organismi pubblici, per i quali è sempre prevista l’istituzione di una sezione speciale ad hoc e di una convenzione che ne fissa le modalità di funzionamento, ivi incluse le percentuali integrative di copertura degli interventi di garanzia.

Le Disposizioni Operative prevedono altresì che le misure massime di copertura possano essere incrementate con l’utilizzo dei contributi al Fondo da parte dei soggetti diversi dallo Stato – previsti dal D.M. 26 gennaio 2012 - fino:

a) all'80% dell'importo dell'operazione finanziaria, per la garanzia diretta;

b) al 90% dell'importo garantito dal soggetto garante, per la riassicurazione e la controgaranzia.

f)    Per le operazioni per le quali le banche o gli intermediari finanziari hanno accordato, anche di propria iniziativa, la sospensione del pagamento delle rate di ammortamento, o della sola quota capitale, in connessione degli effetti indotti dalla diffusione del COVID-19 Virus, su operazioni ammesse alla garanzia del Fondo, la durata della garanzia del Fondo è automaticamente estesa.

Secondo la disciplina ordinaria, il richiedente l’intervento del Fondo può presentare richiesta di prolungamento della durata della garanzia, solo a date condizioni, a seguito del prolungamento della durata di operazioni di finanziamento relative a beneficiari finali che risultino in stato di temporanea difficoltà (a titolo esemplificativo e non esaustivo, rate scadute e non pagate, sconfinamenti).

Secondo le D.O. del Fondo, a seguito della richiesta di prolungamento della durata della garanzia, non sono ammesse all’intervento del Fondo nuove operazioni finanziarie a favore del beneficiario finale, fino alla comunicazione al Gestore del Fondo, da parte del soggetto richiedente o, nel caso di operazioni finanziarie ammesse alla controgaranzia, anche del finanziatore o del beneficiario finale della regolare estinzione dell’operazione finanziaria per la quale è stato richiesto il prolungamento della durata della garanzia.

Si valuti l’opportunità di specificare se, a seguito della deroga disposta dalla lettera f), il prolungamento automatico della garanzia abbia un effetto preclusivo all’apertura di nuovi interventi in garanzia del Fondo fino all’estinzione del debito sospeso.

 

g)   Ai fini dell’accesso alla garanzia del Fondo, la probabilità di inadempimento delle imprese è determinata esclusivamente sulla base del modulo economico-finanziario del modello di valutazione di cui alla parte IX, lettera A, delle condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale, contenute nelle Disposizioni Operative del Fondo, approvate con D.M. 12 febbraio 2019.

Sono fatte salve le esclusioni già previste all'articolo 6, comma 2, del D.M. 6 marzo 2017 (ai sensi di tale norma, le start-up innovative e gli incubatori certificati, le operazioni di micro credito, quelle a rischio tripartito e quelle di importo estremamente ridotto - non superiore a 25 mila euro per singolo beneficiario, ovvero 35 mila euro se presentate da un garante autorizzato - sono ammissibili alla garanzia senza valutazione del merito di credito).

Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” o “inadempienze probabili” ai sensi della disciplina bancaria o che rientrino nella nozione di “impresa in difficoltà” ai sensi della disciplina sugli aiuti di stato contenuta nel Regolamento di esenzione dall’obbligo di notifica, Regolamento (UE) n. 651/2014, art. 2, punto 18.

Si ricorda che secondo la disciplina ordinaria del Fondo, attuata con le già citate Disposizioni operative (D.O), la valutazione del merito di credito ai fini dell’ammissibilità alla garanzia del Fondo dei soggetti beneficiari finali (PMI e mid-cap), diversi dalle start up, è effettuata attraverso l’attribuzione ad essi di una probabilità di inadempimento e il loro collocamento in una delle classi di valutazione e delle fasce di valutazione che compongono la scala di valutazione.

Il modello di valutazione presenta una struttura modulare composta dai seguenti moduli informativi:

a) modulo economico – finanziario: fornisce una misura del profilo di rischio patrimoniale, economico e finanziario. Nel caso di assenza di tali dati, il beneficiario finale è classificato come non valutabile, “unrated” e dunque non è ammesso.

b) modulo andamentale: fornisce una misura del profilo di rischio di credito, approfondendo la dinamica dei rapporti del beneficiario finale con le istituzioni finanziarie.

A questi si aggiunge un ulteriore blocco informativo che valuta la presenza di atti ed eventi pregiudizievoli a carico del soggetto beneficiario finale e dei soci (gli eventi sono riconducibili alle seguenti categorie: ipoteca giudiziale/pignoramento, ipoteca legale, domanda giudiziale).

La valutazione finale del merito di credito del beneficiario finale è il risultato dell’analisi congiunta dei dati contenuti nei due moduli nonché degli eventuali eventi pregiudizievoli e/o procedure concorsuali registrati, che determinano un downgrading di classe.

h)   Non è dovuta la commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie, invece prevista dalla disciplina ordinaria del Fondo (articolo 10, comma 2, del DM 6 marzo 2017 e D.O).

L’articolo 10, comma 2 del D.M. 6 marzo 2017 dispone che, nei casi in cui, a seguito della concessione della garanzia, l'operazione finanziaria garantita non sia successivamente perfezionata con le modalità e nei termini fissati dalle disposizioni operative, il soggetto richiedente versa al Fondo una commissione di importo pari a 300 euro.

i)    Per le operazioni di investimento immobiliare nei settori turistico – alberghiero e delle attività immobiliari, con durata minima di 10 anni e di importo superiore a 500 mila euro, si consente di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti.

Secondo la disciplina ordinaria, l’intervento del Fondo è cumulabile, sulla stessa operazione, con altre garanzie pubbliche, che in sostanza prevedono l’utilizzo degli apporti al Fondo pervenuti – ai sensi del D.M. 26 gennaio 2012 - da altri soggetti pubblici (quali le Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a.) nei limiti delle misure previste alla Parte II, paragrafo D delle D.O.

La relazione illustrativa afferma che l’intervento in esame consente di cumulare garanzie, anche ipotecarie, in deroga ai limiti indicati dalla normativa ordinaria.

j)    Per le garanzie su specifici portafogli di finanziamenti dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza Covid-19, o appartenenti, per almeno il 60 per cento, a specifici settori/filiere colpiti dall’epidemia, la quota della tranche junior coperta dal Fondo può essere elevata del 50 per cento, ulteriormente incrementabile del 20 per cento in caso di intervento di ulteriori garanti.

Secondo la disciplina vigente del Fondo (D.M. 21 giugno 2019 che modifica il D.M. 14 novembre 2017 e relative Disposizioni Operative), è “Portafoglio di finanziamenti” un insieme di finanziamenti, riferiti ai soggetti beneficiari, aventi caratteristiche comuni quali la forma tecnica utilizzata, la finalità a fronte della quale il finanziamento è concesso, la durata dell’operazione, le garanzie accessorie richieste, ecc. Le “Tranche junior”: nella Tranched cover[5], è la quota del portafoglio di finanziamenti che sopporta le prime perdite registrate dal medesimo portafoglio. Per le percentuali di copertura ordinarie del Fondo cfr. le Disposizioni Operative, nonché e le Modalità operative pubblicate con circolare del Gestore n. 13 del 18 dicembre 2019.

 

k)   Sono ammissibili alla garanzia del fondo, con copertura massima consentita: all’80% in garanzia diretta e al 90% in riassicurazione, nuovi finanziamenti a 18 mesi meno un giorno, di importo non superiore a 3 mila euro, erogati da banche, intermediari finanziari previsti dall’art. 106 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993) e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito e concessi a favore di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19 come da dichiarazione autocertificata (ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000). Per tali soggetti beneficiari, l'intervento del Fondo è concesso gratuitamente e senza valutazione del merito creditizio.

Dunque, come rileva la relazione illustrativa, tale intervento del Fondo si affianca agli interventi già attivi sul micro credito e ai finanziamenti di importo ridotto, che, come sopra esposto, sono ammessi all’intervento in garanzia del Fondo senza valutazione del merito creditizio dei soggetti beneficiari.

Le condizioni di accesso al microcredito (cfr. Disposizioni operative, D.M. 18 marzo 2015 e ss. mod. e int.) sono le seguenti: i soggetti beneficiari che possono ottenere la garanzia sono esclusivamente le imprese già costituite o i professionisti già titolari di partita IVA, in entrambi i casi da non più di 5 anni. Professionisti e imprese non possono avere più di 5 dipendenti, ovvero 10 nel caso di Società di persone, Srl semplificate, cooperative. Ulteriori limitazioni riguardano l'attivo patrimoniale (massimo 300.000 euro), i ricavi lordi (fino a 200.000 euro) e livello di indebitamento (non superiore a 100.000 euro). Per essere ammissibili al Fondo i professionisti, inoltre, devono essere iscritti agli ordini professionali o aderire alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 4/2013. Professionisti e imprese devono operare nei settori ammissibili in base alle Disposizioni operative del Fondo. I finanziamenti possono avere una durata massima di 7 anni, non possono essere assistiti da garanzie reali e non possono eccedere il limite di euro 25.000 per ciascun beneficiario. Tale limite può essere aumentato di euro 10.000 a date condizioni. È possibile concedere allo stesso soggetto un nuovo finanziamento per un ammontare, che sommato al debito residuo di altre operazioni di micro credito, non superi il limite di 25.000 euro o, nei casi previsti, di 35.000 euro.

l)    Le Amministrazioni di settore, anche unitamente alle associazioni e gli enti di riferimento, possono conferire risorse al Fondo ai fini della costituzione di sezioni speciali finalizzate a sostenere l’accesso al credito per determinati settori economici o filiere d’impresa.

Connessa a tale previsione è quella contenuta nell’articolo in esame, al comma 2.

Tale comma, che invero apporta una modifica di carattere “strutturale” e non temporaneo al funzionamento del Fondo, ammette – attraverso una novella all’articolo 11, comma 5, del D.L. n. 185/2008 – che la dotazione del Fondo stesso può essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE S.p.a. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A., secondo modalità già stabilite con decreto interministeriale, D.M. 26 gennaio 2012 – anche da soggetti privati.

Per una ricostruzione normativa più dettagliata sul punto, cfr. supra, lettera e)).

m)   Sono prorogati per tre mesi tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo.

 

Si valuti l’opportunità di operare un coordinamento tra l’articolo 49, comma 1, che prevede un potenziamento dell’operatività del Fondo di garanzia PMI, operando delle deroghe alla relativa disciplina sino al 17 dicembre 2020 e l’articolo 25 del D.L. n. 9/2020 che ha previsto un potenziamento dell’intervento del Fondo di garanzia PMI per le imprese dei primi territori colpiti dall’epidemia COVID (cfr. infra, ricostruzione normativa).

 

Il comma 3 interviene anch’esso, come il comma 2, sul funzionamento ordinario del Fondo.

Il comma dispone che le garanzie su portafogli di finanziamenti - di cui all’articolo 39, comma 4, del D.L. n. 201/2011- nonché le garanzie su portafogli di minibond, sono concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurando la sussistenza di un ammontare di risorse libere, destinate al rilascio di garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 percento della dotazione disponibile del Fondo.

Con tale previsione viene dunque implicitamente modificato quanto previsto dal citato articolo 39, comma 4, ultimo periodo, che invece rimette ad un decreto ministeriale attuativo l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia sui portafogli di finanziamenti.

Si ricorda che, in attuazione di tale previsione, l’articolo 4 del D.M. 14 novembre 2017 ha destinato risorse pari a 200 milioni di euro, ulteriori rispetto all’ammontare massimo disposto dall’articolo 4 del D.M. 24 aprile 2013 (100 milioni).

Nel dettaglio, l’articolo 39, comma 4 del D.L. n. 201/2011, nella sua formulazione attuale ammette la concessione della garanzia del Fondo, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati da banche e intermediari finanziari alle imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499[6]. Il medesimo comma 4, come modificato dal D.L. n. 34/2019, dispone che per le garanzie concesse nell'ambito di portafogli di finanziamenti l'importo massimo garantito dal Fondo per singola impresa è elevato, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea, a 3,5 milioni di euro. L’ultimo periodo del comma demanda ad un decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, la definizione delle tipologie di operazioni ammissibili, le modalità di concessione, i criteri di selezione nonché l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione di detta garanzia.

 

Ai sensi del comma 4, gli operatori del micro credito iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del TUB di cui al D.Lgs. n. 141/2010[7], in possesso del requisito di micro piccola media impresa, beneficiano della garanzia del Fondo di garanzia PMI, a titolo gratuito e nella misura massima dell’80 per cento dell’ammontare del finanziamento e - relativamente alle nuove imprese costituite o che hanno iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta della garanzia del Fondo e non utilmente valutabili sulla base degli ultimi due bilanci approvati - senza valutazione del merito di credito. La garanzia opera sui finanziamenti concessi da banche e intermediari finanziari finalizzati alla concessione, da parte dei medesimi operatori del micro credito, di operazioni di micro credito in favore di beneficiari come definiti dal medesimo articolo 111 e dal D.M. 17 ottobre 2014, n. 176 (Disciplina attuativa del microcredito).

 

Il comma 5 - operando una novella all’articolo 111, comma 1, lettera a) del TUB (D.Lgs. n. 385/1993), eleva da 25 mila euro a 40 mila euro l’importo massimo delle operazioni di micro credito.

Viene demandato al Ministero dell’economia e delle finanze l’adeguamento del D.M. 17 ottobre 2014, n. 176 alle nuove disposizioni.

 

L'articolo 111, al comma 1, del TUB dispone che i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata di cui all’art. 2463 cc. o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di micro impresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche:

a) siano di ammontare non superiore a euro 25.000,00 e non siano assistiti da garanzie reali;

b) siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro;

c) siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.

Il medesimo articolo 111, al comma 5, dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni attuative dello stesso articolo, disciplinando, tra l'altro,

a) requisiti concernenti i beneficiari e le forme tecniche dei finanziamenti;

b) limiti all'ammontare massimo dei singoli finanziamenti, al volume di attività e alle condizioni economiche applicate;

c) le caratteristiche dei soggetti che beneficiano della deroga prevista dal comma 4 dello stesso articolo;

d) le informazioni da fornire alla clientela.

In attuazione di tale previsione è stato adottato il D.M. 17 ottobre 2014, n. 176

 

Il comma 6 prevede, come rileva la relazione illustrativa, un meccanismo di adeguamento delle percentuali massime di garanzia del Fondo, nell’ipotesi che il previsto “Temporary Framework Covid-19” (cfr. proposta della Commissione UE del 17 marzo 2017) consenta di incrementarle oltre l’attuale limite dell’80%.

Nel dettaglio, il comma dispone che, per le operazioni garantite, in tutto o in parte, dalle sezioni speciali del Fondo, la percentuale massima della garanzia del Fondo può essere elevata per le nuove operazioni fino al maggior limite consentito dalla disciplina dell’UE, qualora quest’ultimo venga elevato rispetto al limite previsto alla data del 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore dell’articolo in esame).

Viene demandato ad un successivo decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze la possibilità di individuate ulteriori tipologie di operazioni, anche per singole forme tecniche o per specifici settori di attività, per le quali le percentuali di copertura del Fondo possono essere elevate fino al massimo consentito dalla disciplina dell’UE, tenendo conto delle risorse disponibili e dei potenziali impatti sull’economia.

 

Il comma 7 rifinanzia il Fondo di garanzia, per le finalità di cui al comma 1 sopra descritte, di 1.500 milioni di euro per l’anno 2020.

La relazione tecnica al decreto legge in esame afferma che tale importo, aggiunto alle risorse già disponibili del Fondo, pari a 1.100 milioni di euro e ai rientri previsti per rate scadute, pari a 1.000 milioni di euro consentirebbe un drastico aumento di finanziamenti ammessi al Fondo, anche senza considerare le risorse non ancora utilizzate dei Fondi strutturali comunitari, per 240 milioni di euro (100 milioni sul PON imprese e competitività e 140 milioni sui POR), e la controgaranzia FEI (SME’s iniatitive) sullo stock di garanzie in essere, in fase avanzata di definizione, che dovrebbe liberare a breve ulteriori 140 milioni.

 

Il comma 8 prevede che le disposizioni di cui al comma 1, in quanto compatibili, si applichino anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, di cui all’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca.

Per le finalità di cui al presente comma sono assegnati all’ISMEA 80 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 102 del 2004 prevede che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

Tale garanzia - in base al comma 2-bis del medesimo art. 17 - può essere concessa anche a fronte di titoli di debito emessi dalle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, acquistati da organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) le cui quote o azioni siano collocate esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente. ISMEA può inoltre concedere la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C (2011) 2929 (comma 4).

Si ricorda, in proposito, che si è provveduto all'istituzione di ISMEA - Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare, ente pubblico economico, prima in base al decreto legislativo n. 419 del 1999 (art. 6, comma 5), che ha disposto l’accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina e, successivamente, con la legge n. 208 del 2015 (art. 1, commi 659-664), che ha disposto l’incorporamento in essa anche dell’Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) Spa e della Società gestione fondi per l'agroalimentare (SGFA) s.r.l..

 

Il comma 9 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la possibilità di prevedere ulteriori misure di sostegno finanziario alle imprese, anche attraverso il rilascio di finanziamenti a tasso agevolato e di garanzie fino al 90%, a favore delle imprese, o delle banche e degli altri intermediari che eroghino nuovi finanziamenti alle imprese stesse.

Il medesimo decreto disciplina le forme tecniche, il costo, le condizioni e i soggetti autorizzati al rilascio dei finanziamenti e delle garanzie, in conformità alla normativa europea in tema di aiuti di stato.

Si richiama l'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente alla preventiva autorizzazione della Commissione europea sui regimi di aiuti, nonché l'articolo 21 del Regolamento generale di esenzione per categoria (UE) n. 651/2014, (cd. regolamento GBER) sugli aiuti al finanziamento del rischio e – nel caso di misure per il finanziamento del rischio che non soddisfano tutte le condizioni di cui al citato Regolamento GBER - gli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio, di cui alla Comunicazione 2014/C 19/04 della Commissione, del 22 gennaio 2014.

 

Le risorse necessarie ai fini dell’attuazione delle suddette misure possono essere individuate dal decreto nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, nonché ai sensi delle disposizioni di copertura di cui all’articolo 126, commi 5 e 8, del decreto legge.

 

Il comma 10 dispone che alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

 

Al comma 9 non appaiono chiare le ragioni dell’espresso rinvio ai commi 5 e 8 dell’articolo 126 (alla cui scheda di lettura si rinvia), considerato che alla copertura degli oneri derivanti dal complesso delle misure previste dall’articolo 49 in esame si provvede, secondo quanto stabilito dal comma 10, “ai sensi dell’articolo 126”.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI

 

Il Fondo di garanzia per le PMI è stato istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.A., in base all'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche.

Il Fondo garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore delle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Il Fondo costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. In ragione del carattere strategico dello strumento in questione, il Fondo è stato, anche nelle scorse legislature, più volte rifinanziato. Dal punto di vista operativo, il Fondo:

-rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette esplicite, irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

-rilascia controgaranzie su garanzie di soggetti garanti. Le controgaranzie sono rilasciate a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del TUB. Con la riforma del Fondo (D.M. 14 febbraio 2019[8]) è stata chiarita la differenza tra:

§  controgaranzia in senso proprio, ossia la garanzia concessa dal Fondo ad un garante ed escutibile dal finanziatore nel caso in cui né il beneficiario finale né il garante siano in grado di adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del medesimo finanziatore (cd. doppio default). La controgaranzia è rilasciata esclusivamente su garanzie dirette, esplicite, incondizionate, irrevocabili ed escutibili a prima richiesta del finanziatore;

§  riassicurazione, definita come la garanzia concessa dal Fondo a un garante e dallo stesso escutibile esclusivamente a seguito della avvenuta liquidazione al finanziatore della perdita sull’operazione finanziaria garantita. Il reintegro da parte del Fondo avviene dunque nei limiti della misura di copertura, di quanto già liquidato dai soggetti garanti ai soggetti finanziatori.

Il Fondo, sulla base di apposita convenzione, effettua inoltre operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati. Gli interventi del Fondo centrale di garanzia sono attuati anche attraverso la promozione di sinergie sia con i sistemi regionali di garanzia (Fondi regionali di garanzia e confidi, e con le istituzioni finanziarie europee di sviluppo (BEI e FEI).

In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009[9]. L’intervento dello Stato attenua, in sostanza, il rischio di credito sulle garanzie dirette e sulle controgaranzie a prima richiesta.

Quanto ai rifinanziamenti, il Decreto legge n. 119/2018 ha assegnato al Fondo 735 milioni  di euro per l'anno 2018. Si tratta, per 300 milioni di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 già destinate al Fondo, e per la rimanente quota di un rifinanziamento.

Il Decreto-legge n. 135/2018 ha istituito, inoltre, una nuova Sezione Speciale del Fondo di garanzia PMI specificamente destinata al sostegno al credito delle PMI che siano titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni e siano in difficoltà nella restituzione di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari. La Sezione è stata dotata di 50 milioni di euro a valere sulle disponibilità del medesimo Fondo.

Il successivo D.L.. n. 34/2019 ha altresì consentito l'accesso alla Sezione in questione alle PMI edili che hanno contratto finanziamenti assistiti da garanzia ipotecaria di primo grado su beni immobili civili, commerciali ed industriali, le cui posizioni creditizie, non coperte da altra garanzia pubblica, siano state certificate come inadempienze probabili entro la data dell'11 febbraio 2019.

Relativamente al Fondo di garanzia PMI, lo stesso D.L. n. 34/2019:

§  ha istituito una sezione speciale del Fondo destinata alla concessione, a titolo oneroso, di garanzie a copertura di singoli finanziamenti e portafogli di finanziamenti - di importo massimo garantito di euro 5 milioni e di durata ultradecennale fino a 30 anni- erogati da banche e intermediari finanziari alle imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499 e finalizzati per al meno il 60 percento a investimenti in beni materiali. A tal fine la dotazione del Fondo è incrementata di 150 milioni di euro per l'anno 2019. Contestualmente, per le garanzie concesse nell'ambito di portafogli di finanziamenti, è stato innalzato, da 2,5 a 3,5 milioni di euro, l'importo massimo garantito dal Fondo per singola impresa;

§  ha innalzato fino a 5 milioni di euro l'importo massimo garantibile dal Fondo stesso per singolo soggetto beneficiario finale sulle operazioni di sottoscrizione dei cd. "mini bond" (comma 6-bis dell'art. 12 del D.L. n. 145/2013 e relativo D.M. attuativo 5 giugno 2014), abrogando la previsione – contenuta nel comma 2 dell'articolo 14 del D.M. 5 giugno 2014 – secondo la quale la garanzia del Fondo può essere attivata esclusivamente dal soggetto richiedente che ha sottoscritto l'emissione dei mini bond e nei cui confronti è stata rilasciata la garanzia del Fondo;

§  ha abrogato la previsione che consentiva di introdurre limiti, con delibera della Conferenza unificata Stato, regioni, città e autonomie locali, all'intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia nel territorio delle regioni in cui fossero coesistenti Fondi regionali di garanzia;

§  al fine di sostenere lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento delle imprese, ha introdotto la possibilità di un intervento in garanzia del Fondo in favore dei soggetti che finanziano, per il tramite di piattaforme di "social lending" e di "crowdfunding", progetti di investimento realizzati da micro, piccole e medie imprese, operanti nei settori di attività ammissibili all'intervento del Fondo medesimo.

Il Fondo di garanzia per le PMI è stato recentemente rifinanziato per 670 milioni di euro per l'anno 2019 dal D.L. "fiscale" D.L. n. 124/2019 (articolo 41, comma 1) e per 700 milioni per ciascun anno del biennio 2022 e 2023 dalla Legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019, Sez. II).

Si rinvia al tema web sugli interventi di sostegno alle imprese per le ulteriori misure e per una disamina delle recenti dinamiche creditizie.

Si ricorda, infine, che l’articolo 25 del D.L. n. 9/2020 ha previsto che, fino al 2 marzo 2021, l’intervento del Fondo di garanzia per le PMI sia concesso, nella percentuale massima di copertura oggi consentita (80% in garanzia diretta e 90% in riassicurazione), a titolo gratuito e con priorità sugli altri interventi, per un importo massimo garantito per singola impresa di 2.500 euro, in favore delle piccole e medie imprese, ivi comprese quelle del settore agroalimentare, con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni maggiormente colpiti dall’epidemia di COVID-19, già individuati nell’allegato 1 al D.P.C.M. del 1° marzo 2020. Tale provvedimento ha cessato di produrre effetti a far data dall’8 marzo 2020, ai sensi del successivo D.P.CM dell’8 marzo, a sua volta superato dal successivo D.P.C.M. dell’11 marzo 2020. L’articolo consente, a date condizioni, di estendere l’intervento a imprese ubicate in aree diverse da quelle sopraindicate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Per le predette finalità il Fondo viene rifinanziato nella misura di 50 milioni di euro per il 2020.


Articolo 50
(Modifiche alla disciplina FIR)

 

 

L'articolo 50 modifica la disciplina del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) istituito per ristorare i soggetti che hanno investito in strumenti finanziari emessi da banche poste in liquidazione fra il novembre del 2015 e il gennaio del 2018. Il comma 1 specifica che agli azionisti e agli obbligazionisti, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio. Il comma 2 proroga il termine per la presentazione delle domande di indennizzo dal 18 aprile al 18 giugno 2020.

 

Per fornire tutela e ristoro ai risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio ingiusto in relazione all'investimento in strumenti finanziari emessi da banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507, legge n. 145 del 2018) ha istituito, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, e disciplinato il Fondo indennizzo risparmiatori (FIR).

L'indennizzo è commisurato ai costi sostenuti per l'acquisto dei titoli, nella misura del 30 per cento per gli azionisti e del 95 per cento per gli obbligazionisti, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore.

Il FIR ha sostituito il Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio 2018 (e modificato dal decreto-legge n. 91 del 2018), che aveva analoghe finalità. Tale Fondo era stato istituito in favore dei risparmiatori che avessero subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al codice dei contratti pubblici, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia, sottoposte ad azione di risoluzione o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. L'operatività del fondo è stata nel tempo estesa anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF).

 

Il decreto-legge n. 34 del 2019 ha modificato la disciplina del FIR, ridefinendo il perimetro dei risparmiatori che possono accedere al Fondo, chiarendo alcuni elementi di calcolo dell'indennizzo, e riformando la procedura per la presentazione, l’esame e l’ammissione delle domande all’indennizzo del Fondo. L'erogazione dell'indennizzo non è più subordinata all'accertamento del danno ingiusto da parte del giudice o dell'arbitro finanziario ma è basata sul riconoscimento di violazioni massive, cioè quelle condotte violative che le banche (e loro controllate) aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, hanno posto in modo talmente consistente da far presumere che un singolo investitore ne sia stato oggetto. La Commissione tecnica istituita dalle norme secondarie che attuano la disciplina del FIR ha il compito di verificare la sussistenza del nesso di causalità tra le citate violazioni massive e il danno subito dai risparmiatori, anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi in presenza dei quali l’indennizzo può essere direttamente erogato.

Il decreto legge n. 34 del 2019 ha anche previsto una procedura di indennizzo forfettario per una categoria speciale di beneficiari del FIR, identificati sulla base della consistenza del patrimonio mobiliare e del reddito, che sono soddisfatti con priorità a valere sulla dotazione del FIR. Viene data precedenza ai pagamenti di importo non superiore a 50.000 euro.

 

Con il decreto ministeriale del 10 maggio 2019 sono state determinate le modalità di accesso al FIR: per ulteriori informazioni si rinvia al focus pubblicato sul sito del MEF. Dal 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale dell'8 agosto 2019, è attivo il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al Fondo.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 236-238) ha ulteriormente integrato la disciplina del FIR. In particolare, nell'ambito della definizione dei risparmiatori che possono accedere al FIR, con riferimento agli aventi causa, è stato specificato che, nei casi di trasferimento tra vivi successivi al 30 dicembre 2018 rilevano i requisiti reddituali e patrimoniali e i limiti quantitativi all'indennizzo che sussistevano in capo al dante causa in relazione al complesso di azioni od obbligazioni da questi detenute. Con riferimento all'indennizzo per gli azionisti, commisurato al 30 per cento del costo di acquisto dei titoli, inclusi gli oneri fiscali, è stato specificato che, in caso di più acquisti, la percentuale si applica al prezzo medio degli stessi e che, gli oneri fiscali sono quelli sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni. È stato inoltre prorogato il termine per la presentazione delle domande di indennizzo dal 18 febbraio 2020 al 18 aprile 2020. Infine, con riferimento alla procedura di indennizzo forfettario istituita dal comma 502-bis della legge di bilancio 2019, è stato previsto che i cittadini italiani residenti all'estero in possesso dei relativi requisiti soggettivi e oggettivi, debbano presentare idonea documentazione del Paese di residenza attestante i prescritti requisiti di reddito e di patrimonio mobiliare.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame effettua nuovi interventi che integrano e modificano la disciplina del FIR. In particolare, vengono integrati i commi 496 e 497 della legge di bilancio 2019, che definiscono la misura dell'indennizzo rispettivamente per gli azionisti e gli obbligazionisti.

Il comma 496 prevede che, sempre nel rispetto del limite di 100.000 euro, la percentuale del 30 per cento può essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Il comma 1, lettera a) dell'articolo in esame integra tali disposizioni specificando che all'azionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio. La medesima previsione viene inserita al comma 497, laddove prevede che,  entro il limite di 100.000 euro, la percentuale del 95 per cento possa essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto degli indennizzi siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Anche in questo caso, la lettera b) del comma 1 specifica che all’obbligazionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio.

 

Il comma 2 dell'articolo 50 interviene sul citato articolo 1, comma 237 della legge di bilancio 2020, che aveva già prorogato dal 18 febbraio al 18 aprile 2020 il termine per la presentazione delle domande di indennizzo, posticipandolo ulteriormente sino al 18 giugno 2020.


Articolo 51
(Misure per il contenimento dei costi per le PMI della garanzia dei confidi di cui all’art. 112 del TUB)

 

 

L'articolo 51, comma 1, consente ai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi) di ridurre i contributi obbligatori ai fondi interconsortili cui aderiscono, in misura pari ai contributi che i medesimi confidi sono tenuti a versare al relativo Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco. Il comma 2 estende a tale Organismo la disciplina applicabile all'Organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. In particolare, per effetto di tale estensione viene previsto che l'attività dell'Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco dei confidi, anche nei rapporti con i terzi, sia disciplinata dal codice civile e dalle altre norme applicabili alle persone giuridiche di diritto privato, mentre viene esplicitamente esclusa l'applicazione delle norme vigenti in materia di contratti pubblici e di pubblico impiego.

 

Il comma 1 dell'articolo 51 stabilisce che i contributi annui e le altre somme corrisposte, ad eccezione di quelle a titolo di sanzione, dai confidi al relativo Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco, sono deducibili dai contributi che gli stessi soggetti sono tenuti a versare annualmente al fondo di garanzia interconsortile al quale abbiano aderito.

La disciplina quadro dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi) è dettata dall'articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003. Si tratta di consorzi, società cooperative, società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative che utilizzano risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario. I confidi di "secondo grado" svolgono tale attività in favore dei confidi e delle imprese a essi aderenti e delle imprese consorziate o socie di questi ultimi.

I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, nonché da liberi professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi.

Il comma 22 del medesimo articolo stabilisce che i confidi aderenti ad un fondo di garanzia interconsortile sono tenuti a versare annualmente a tale fondo, entro un mese dall'approvazione del bilancio, un contributo obbligatorio minimo pari allo 0,5 per mille (che può essere elevato in sede statutaria) delle garanzie concesse nell'anno a fronte di finanziamenti erogati. Tali contributi sono ammessi in deduzione dal reddito dei confidi o degli altri soggetti eroganti nell'esercizio di competenza.

L'articolo 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), stabilisce per i confidi, anche di secondo grado, che non sono iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del TUB, l'obbligo di iscrizione all'elenco tenuto dall'Organismo previsto dall'articolo 112-bis.

L'Organismo, su cui vigila la Banca d'Italia, svolge ogni attività necessaria per la gestione dell'elenco, determina la misura dei contributi a carico degli iscritti, entro il limite del cinque per mille delle garanzie concesse, li riscuote e vigila sul rispetto, da parte degli iscritti, della disciplina cui sono sottoposti. L'Organismo è disciplinato dal decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) del 2 aprile 2015, n. 53 ed è stato costituito il 18 luglio 2019.

 

Il comma 2 estende all'Organismo per la vigilanza e la gestione dell'elenco dei confidi, nonché all'Organismo preposto alla tenuta dell'elenco riservato agli operatori che esercitano l'attività di microcredito, la disciplina disposta con riferimento al solo Organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi dal comma 3-bis dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 141 del 2010.

In particolare, per effetto dell'articolo in esame viene previsto che l'attività dei tre organismi citati, anche nei rapporti con i terzi, sia disciplinata dal codice civile e dalle altre norme applicabili alle persone giuridiche di diritto privato, mentre viene esplicitamente esclusa l'applicazione delle norme vigenti in materia di contratti pubblici e di pubblico impiego.

 

Con riferimento all'Organismo preposto alla tenuta dell'elenco riservato agli operatori che esercitano l'attività di microcredito, si precisa che l'articolo 113, comma 4 del TUB, ne prevede la costituzione con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentita la Banca d'Italia, al raggiungimento di un numero sufficiente di iscritti. In attesa che tale condizione si realizzi l'elenco è tenuto dalla Banca d'Italia.

 

 


Articolo 52
(
Solvency II - Aggiustamento per la volatilità)

 

 

L’articolo 52 amplia la possibilità per le imprese di assicurazione e di riassicurazione di applicare l'aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) alla struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio (ad esempio, i titoli di Stato), riducendo il valore di riferimento dello spread nazionale corretto per il rischio da 100 a 85 punti base, quale soglia necessaria per l’attivazione della componente nazionale dell’aggiustamento ai fini del calcolo della migliore stima delle riserve tecniche.

 

Si ricorda preliminarmente che la direttiva 2009/138/UE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvency II) armonizza le legislazioni degli Stati membri in materia assicurativa, al fine di fornire alle imprese un quadro giuridico per esercitare la propria attività nel mercato interno. Il sistema Solvency II rivisita la vigilanza prudenziale sul settore assicurativo, seguendo un approccio orientato al rischio. In sostanza, la direttiva ha rivisto le modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali, maggiormente basati su tutti i rischi effettivamente assunti dall'impresa o dal gruppo nello svolgimento dell'attività, ed ha disposto, oltre a una vigilanza più coordinata sui gruppi, il rafforzamento dei poteri dell'autorità nel cui Paese è stabilita la compagnia capogruppo.

 

La direttiva è stata recepita dal decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 74 che ha aggiornato il Codice delle Assicurazioni Private (CAP, d.lgs. n. 209 del 2005). Il decreto contiene numerose modifiche al CAP al fine di mantenere una disciplina unitaria della materia assicurativa salvaguardando, il più possibile, l'impostazione del codice medesimo. L'IVASS ha adottato numerosi regolamenti attuativi rivolti agli operatori del settore: l'elenco completo è raccolto sul sito dell'IVASS.

 

Il regime prudenziale introdotto dalla direttiva Solvency II prevede che la valutazione delle attività e delle passività venga espressa a valori di mercato (fair value). Con questo metodo di misurazione vengono poi calcolati sia i fondi propri sia il requisito di capitale (SCR). Per le imprese di assicurazione, tipicamente investitori di lungo termine, questo ha significato esporre i propri indicatori prudenziali alle fluttuazioni di breve termine dei mercati finanziari, rendendoli perciò artificialmente volatili e poco coerenti con il modello di business.

Per mitigare l’effetto sulla volatilità “artificiale”, che potrebbe costringere l’impresa di assicurazione a dover forzatamente liquidare una parte del portafoglio anche in assenza di tensioni strutturali sui propri investimenti, la direttiva Omnibus II (direttiva 2014/51/UE) ha introdotto, fra le misure del pacchetto di garanzie di lungo periodo, il Volatility Adjustment (VA), una misura che permette alla compagnia di applicare una “correzione” additiva alla curva dei tassi utilizzata per calcolare le riserve tecniche, strutturata in modo da assorbire gli effetti della volatilità artificiale di breve periodo sui fondi propri e sul requisito di solvibilità.

Il VA è pubblicato mensilmente da EIOPA (l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ogni mese. Il meccanismo di calcolo prevede:

§  un aggiustamento uguale per tutti i Paesi che condividono la stessa valuta (c.d. currency VA) e

§  una componente nazionale che si attiva solo in caso di forti oscillazioni localizzate in un singolo mercato, a patto che siano rispettate alcune condizioni sugli spread calcolati.

A entrambe le componenti è applicato un coefficiente di correzione pari al 65% (c.d. application ratio).

 

In sostanza, l’articolo 77-quinquies della direttiva 2009/138/CE (Solvency II) prevede per le imprese di assicurazione e di riassicurazione la possibilità di applicare l'aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) alla struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio (ad esempio, i titoli di Stato) ai fini del calcolo della migliore stima delle riserve tecniche.

Si precisa che la struttura dei tassi d'interesse secondo la scadenza è una funzione che lega il tasso d'interesse ottenibile da un certo strumento finanziario alla scadenza dello strumento stesso.

Tale misura è volta a ridurre la volatilità artificiale nei bilanci delle imprese assicurative (generata da variazioni di attivo e passivo non corrispondenti a variazioni nel profilo di rischio) e a garantire che le stesse possano continuare a fornire coperture a lungo termine ad un prezzo accessibile.

In dettaglio, il paragrafo 4 dell’articolo 77-quinquies della direttiva stabilisce che per ciascun paese interessato l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio è aumentato, in relazione alla valuta del paese e prima dell'applicazione del fattore del 65%, della differenza tra lo spread nazionale corretto per il rischio e il doppio dello spread valutario corretto per il rischio ogniqualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi i 100 punti base. L'aggiustamento per la volatilità maggiorata si applica al calcolo della migliore stima delle obbligazioni di assicurazione e di riassicurazione legate a prodotti venduti sul mercato assicurativo del paese in questione. Lo spread nazionale corretto per il rischio è calcolato come quello valutario corretto per il rischio in relazione alla moneta del paese, ma sulla base di un portafoglio di riferimento che sia rappresentativo delle attività in cui hanno investito le imprese di assicurazione e di riassicurazione ai fini della copertura della migliore stima delle obbligazioni di assicurazione e di riassicurazione dei prodotti venduti nel mercato assicurativo del paese e denominate nella sua valuta.

 

La direttiva (UE) 2019/2177 - che modifica la direttiva Solvency II, la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – è intervenuta su tale disposizione per consentire alla componente nazionale di ridurre in modo efficace gli spread eccessivi sui titoli obbligazionari nel paese interessato, fissando una soglia adeguata per la sua attivazione.

 

Conseguentemente, per ciascun Paese l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio avviene ogni qualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi gli 85 punti base. A tal fine è modificato il paragrafo 4 dell’articolo 77-quinquies della direttiva Solvency II.

 

La modifica illustrata deve essere recepita dagli Stati membri entro il 30 giugno 2020.

 

L’articolo 52 del decreto-legge in esame modifica quindi l’articolo 36-septies, comma 9, del Codice delle assicurazioni (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), riducendo il valore di riferimento dello spread nazionale corretto per il rischio da 100 a 85 punti base, quale soglia necessaria per l’attivazione della componente nazionale dell’aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio.

 

Rimane comunque ferme quanto disposto dall’articolo 36-octies del Codice delle assicurazioni, ovvero che le informazioni tecniche prodotte da parte dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali-EIOPA, laddove adottate dalla Commissione europea, sono utilizzate dall'impresa in sede di calcolo dell'aggiustamento per la volatilità.


Articolo 53
(Misure per il credito all’esportazione)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 53 autorizza il MEF a rilasciare la garanzia dello Stato in favore di SACE Spa, di cui all’articolo 6, comma 9-bis, del D.L. 269/2003 (L. 326/2003), per operazioni nel settore crocieristico, deliberate da SACE Spa entro la data di entrata in vigore del decreto, fino all’importo massimo di 2,6 miliardi di euro. La garanzia dello Stato è rilasciata al fine di sostenere per il 2020 il credito all’esportazione in settori interessati dall’impatto dell’emergenza sanitaria.

 

L'articolo 6, comma 9-bis, del D.L. 269/2003 - inserito dall'art. 32, co. 1, D.L. n. 91/2014 (L. n. 116/2014) - ha previsto che la garanzia dello Stato per rischi non di mercato può altresì operare in favore di Sace S.p.A. rispetto ad operazioni riguardanti settori strategici per l'economia italiana ovvero società di rilevante interesse nazionale in termini di livelli occupazionali, di entità di fatturato o di ricadute per il sistema economico produttivo del Paese, che sono in grado di determinare in capo a Sace S.p.A. elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione. In tal caso, la garanzia opera a copertura di eventuali perdite eccedenti determinate soglie e fino ad un ammontare massimo di capacità, compatibile con i limiti globali degli impegni assumibili in garanzia. Tale garanzia è rilasciata a prima domanda, con rinuncia all'azione di regresso su Sace S.p.A., è onerosa e conforme con la normativa di riferimento dell'Unione europea in materia di assicurazione e garanzia per rischi non di mercato. Su istanza di Sace S.p.a., la garanzia è rilasciata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto della dotazione del fondo, previo parere dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) con riferimento, tra l'altro, alla sussistenza di un elevato rischio di concentrazione e alla congruità del premio riconosciuto allo Stato; il parere dell'IVASS è espresso entro 15 giorni dalla relativa richiesta.

L'articolo 6, comma 9-bis, del D.L. 269/2003 ha inoltre istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi delle predette disposizioni, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l'anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 37, comma 6, del D.L. n. 66/2014 (L. n. 89/2014)[10]. Tale fondo è ulteriormente alimentato con i premi corrisposti da Sace S.p.A., che a tal fine sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è definito l'ambito di applicazione della presente disposizione.

L'art.1, co. 879, della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha incrementato la dotazione del Fondo istituito dall'articolo 6, comma 9-bis, del D.L. n. 269/2003 di 150 milioni di euro per il 2016.

 

La SACE S.p.A. - Servizi assicurativi del commercio estero, ai sensi del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, è subentrata, a decorrere dal 1° gennaio 2004, in tutti i rapporti attivi e passivi intestati al preesistente ente pubblico economico, denominato “Istituto per i servizi assicurativi del commercio con l’estero”.

SACE è una società interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti che, a seguito del processo di dismissione e razionalizzazione delle partecipazioni societarie dello Stato, disposto dall’ art. 23 bis del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135, ha acquistato per intero la partecipazione azionaria già detenuta dallo Stato e per esso dal Ministero dell’economia e delle finanze.

SACE, inoltre, quale “emittente valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell’Unione europea”, rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 16 e seguenti del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39 (attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali), sicché, per i profili di interesse di tale provvedimento normativo, è qualificata come ente di interesse pubblico.

Nei precedenti referti la Corte ha riferito in merito al variegato quadro normativo che delinea i compiti di SACE, rilevando che la stessa assolve plurimi compiti, in buona parte già attribuiti al preesistente ente pubblico economico, tutti strumentali al progresso e al consolidamento della internazionalizzazione dell’economia italiana e dei suoi operatori.

SACE, infatti, svolge le funzioni di cui agli articoli 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, modificato e integrato dalle disposizioni recate dal decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80, e 1, commi 1335 e ss., della legge 27 dicembre 2006 n. 296. Funzioni, le suddette, relative ad operazioni già definite dal CIPE ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 e dalla disciplina dell’Unione europea in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato.

In particolare, esercita l’assicurazione, la riassicurazione, la coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nelle loro attività commerciali con l’estero o in quelle di internazionalizzazione dell’economia italiana.

SACE, inoltre, rilascia, a condizioni di mercato e nel rispetto della normativa comunitaria, garanzie e coperture assicurative per imprese estere, relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l’economia italiana sotto i profili dell’internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell’attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia; le medesime garanzie e assicurazioni possono costituire oggetto di rilascio anche a favore di banche nazionali ovvero a favore di altri operatori finanziari, per crediti destinati al finanziamento delle suddette attività.

La Società può, altresì, concludere accordi di riassicurazione e coassicurazione con imprese ed enti anche esteri, nonché contratti di copertura del rischio assicurativo con primari operatori del settore.

SACE, poi, assicura i rischi derivanti da mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, promuovendo la fattorizzazione o le anticipazioni dei crediti pro soluto (art. 8, decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2); assicura il credito per le esportazioni a favore delle piccole e medie imprese nazionali (decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 102); può intervenire, anche attraverso l’esercizio diretto del credito, e comunque in raccordo con la capogruppo Cassa depositi e prestiti, a supporto delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana (art. 3, decreto legge 24 gennaio 2015 n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015 n. 33).

Gli impegni assicurativi assunti da SACE sono garantiti dallo Stato nei limiti di approvazione della legge di bilancio e sulla scorta di una convenzione che il Ministero dell’economia e delle finanze stipula con la società (art. 6, D.L. n. 269 del 2003, L. n. 326 del 2003); successive disposizioni normative hanno esteso l’ambito di applicazione delle garanzie dello Stato (D.L. n. 91 del 2014, convertito, con modifiche, dalla l. n. 116 del 2014 e legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 267).

Con determinazione del 21 gennaio 2020, n. 5, la Corte dei conti ha approvato la Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SACE s.p.a. - servizi assicurativi del commercio estero 2018. Vi si afferma in particolare (v. p. 28): Nel 2018, si registra un importante incremento della quota di portafoglio oggetto di riassicurazione: il valore complessivo ceduto ha, infatti, superato la soglia dei 25 miliardi; di questi, la quota più importante è stata ceduta al Ministero dell’economia e delle finanze. Nel 2018, infatti, SACE ha richiesto l’intervento statale in garanzia per 13 operazioni per interventi ritenuti strategici per l’economia italiana o comunque di rilevante interesse nazionale in termini di tutela occupazionale; di questi, 6 hanno riguardato il settore crocieristico, 4 il settore difesa, 2 infrastrutture e costruzioni e 1 oil e gas. L’impegno assicurativo ammonta ad euro 9.565,99 milioni.

 

Il comma 2 prevede che la garanzia dello Stato è rilasciata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su istanza di SACE Spa, sentito il Comitato di analisi delle risultanze relative al portafoglio in essere di Sace, di proposta e di controllo, istituito dall’articolo 3 del DPCM 19 novembre 2014 (recante l'individuazione dei settori strategici), tenuto conto della dotazione del fondo di garanzia Sace e nei limiti delle risorse disponibili.

 

La determinazione del 9 maggio 2019, n. 48, della Corte dei conti (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della concessionaria servizi assicurativi pubblici s.p.a. (CONSAP) - esercizio finanziario 2017), pp. 94-99, evidenzia quanto segue.

Il Fondo Sace, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze dall’art. 32 del decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014, prevede la copertura della garanzia dello Stato in favore di Sace S.p.a. rispetto ad operazioni riguardanti settori strategici per l’economia italiana, ovvero società di rilevante interesse nazionale in grado di determinare in capo a Sace elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse, settori o paesi di destinazione.

La garanzia è onerosa ed è rilasciata su istanza di Sace con decreto del MEF. Il funzionamento e il relativo ambito di applicazione sono stati regolati rispettivamente dalla Convenzione decennale sottoscritta in data 19 novembre 2014 dal Ministero dell’economia e delle finanze e da Sace e dal decreto 19 novembre 2014 del Presidente del Consiglio dei Ministri che, inoltre, ha disposto l’istituzione di un comitato, con compiti di analisi e di controllo del portafoglio in essere di Sace.

In particolare, il comitato determina annualmente le soglie di attivazione della garanzia rispetto alle variabili “settore”, “paese”, “controparte” e “gruppi di controparti connesse” sulla base delle soglie di concentrazione deliberate da Sace nonché i limiti di portata dell’esposizione a carico dello Stato. In caso di esaurimento di tali limiti è prevista la facoltà di Sace di richiederne l’innalzamento per una delle variabili suindicate attivando il c.d. “limite speciale”.

La gestione del Fondo, affidata a Consap S.p.a. con disciplinare del 5 marzo 2015, prevede, in particolare, che il gestore fornisca un supporto tecnico al comitato e al Dipartimento del tesoro per il monitoraggio e la gestione del patrimonio del Fondo nonché per la rappresentazione del profilo di rischio degli impegni complessivamente assunti dal Fondo, anche avvalendosi della collaborazione di società di consulenza specializzate in analisi finanziaria dei portafogli assicurativi. Consap, inoltre, verifica l’adeguatezza delle disponibilità del Fondo ai fini del rilascio della garanzia.

Il Fondo, con una dotazione iniziale di 100 milioni, è stato ulteriormente alimentato dagli importi corrisposti da Sace a titolo di remunerazione della garanzia, ed è stato rifinanziato:

- ex art. 1, comma 897, legge n. 208 del 28 ottobre 2015 (legge di stabilità 2016) con uno stanziamento di 150 milioni, interamente versati nell’anno 2016;

- ex art. 4 della delibera CIPE n. 51 del 2016 – mediante l’utilizzo delle risorse del Fondo di cui all’art. 37, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 89 del 23 giugno 2014 – con uno stanziamento di ulteriori 500 milioni versati nell’anno 2017.

Nella prima riunione dell’anno, avvenuta il 30 maggio 2017, il comitato ha deliberato le annuali soglie di attivazione della garanzia, la portata massima degli impegni a carico del Fondo, pari a complessivi 16 miliardi (per l’anno 2018 tale limite è stato incrementato a 21 miliardi), nonché la misura delle commissioni riconosciute a Sace.

Alla luce della notevole importanza che il sistema dell’export e dell’internazionalizzazione riveste per l’economia italiana, nonché dell’efficacia dello strumento della garanzia di Stato quale supporto a Sace per l’acquisizione di rischi non di mercato, all’inizio dell’anno è stata avviata l’attività di revisione dell’impianto normativo che regola il Fondo, tuttora in corso, sostanzialmente finalizzata ad ampliare l’intervento della garanzia nell’ottica di una rappresentazione prospettica dei rischi assumibili.

Nel corso del 2017, Sace ha presentato 13 istanze i cui dati sono riepilogati nella seguente tabella.

 

 

 

 

Ad eccezione delle istanze 5, 6 e 8, per tutte le altre è stato richiesto il rilascio della garanzia con la procedura prevista in caso di attivazione del limite speciale.

Tale procedura prevede, oltre ai consueti adempimenti, l’approvazione dell’operazione con delibera del CIPE e la determinazione di un accontamento aggiuntivo (c.d. add-on) per la copertura del maggior rischio di concentrazione del portafoglio ceduto.

Si precisa che, nel corso del 2018, Sace ha riformulato le istanze 6-7-10 e 11 del 2017 in base ai nuovi parametri deliberati per l’anno ed ha richiesto la riattivazione dell’istruttoria per le istanze 12 e 13 del 2017, esaminate da Consap sempre sulla base dei parametri deliberati dal comitato per il 2018:

Nel 2018, inoltre, Sace ha presentato ulteriori 10 istanze, per le quali, ad eccezione dell’istanza 1/2018, la richiesta di rilascio della garanzia del Fondo è stata formulata prevedendo l’attivazione del limite speciale.

Tenuto conto anche delle risorse corrisposte da Sace a titolo di premi e di remunerazione delle garanzie, al 31 dicembre 2017 le disponibilità liquide del Fondo ammontano a 1.144,92 milioni (alla data del 28 settembre 2018, ultima movimentazione del conto corrente di tesoreria dedicato al Fondo, le disponibilità ammontano a 1.275,58 milioni).

Alla data del 31 dicembre 2017, l’esposizione nominale complessiva ceduta al Fondo ammonta a 13.137,40 milioni (13.650,16 milioni al 30 giugno 2018, ultimo dato consolidato attualmente disponibile) con un incremento del 74 per cento rispetto al 2016 e una concentrazione del portafoglio sul settore crocieristico che da solo rappresenta il 56 per cento dell’esposizione complessiva trasferita al Fondo. A fronte delle esposizioni cedute al 31 dicembre 2017, il Fondo ha accantonato risorse per complessivi 573,19 milioni (580,95 milioni al 30 giugno 2018) così composte:

- 535,46 milioni a titolo di riserva premi, comunicati da Sace nel tracciato record del IV trimestre 2017 (540,71 milioni al 30 giugno 2018);

- 15,69 milioni a titolo di riserva sinistri (comprensiva di spese e IBNR), comunicati da Sace nel tracciato record del IV trimestre 2017 (18,61 milioni al 30 giugno 2018);

- 22,04 milioni, a titolo di add-on (21,62 milioni al 30 giugno 2018), determinato da Consap a copertura del maggior rischio di concentrazione in capo al Fondo, in conformità all’iter procedurale stabilito dal Comitato in caso di attivazione del limite speciale.

L’esercizio 2017 registra entrate per euro 633,8 milioni e uscite per euro 157,0 milioni, chiudendo con un avanzo di circa 476,8 milioni che porta il patrimonio netto del Fondo al 31 dicembre 2017 a 638,9 milioni.

Le uscite, pari a complessivi 157,0 milioni, si riferiscono per circa 111,9 milioni agli accantonamenti ai fondi rischi, per circa 22,0 milioni all’accantonamento aggiuntivo (add-on) per la copertura del maggior rischio di concentrazione in capo al Fondo determinato dal superamento del limite speciale previsto dall’art. 7, comma 7.6 della convenzione come deliberato dal comitato del Fondo e dal CIPE, per circa 20,8 milioni agli indennizzi pagati a norma dell’art. 6, comma 6.1 lettere a) e b) della convenzione MEF-Sace, per circa 1,9 milioni, alla restituzione di premi a Sace; inoltre tengono conto delle spese della struttura comprensive dell’Iva sui costi di gestione per complessivi 0,4 milioni.

Con la Delibera n. 84/2018 del 28 novembre 2018 (Approvazione, ai sensi della delibera CIPE n. 51/2016 e successive integrazioni, di operazioni di sostegno all’export nel settore della cantieristica, ai fini della concessione della garanzia dello Stato con applicazione del «Limite speciale»), del CIPE, in ragione degli impatti positivi sull’economia italiana, sono state approvate le quattro operazioni riferite al settore croceristico, già deliberate dalla SACE S.p.a. e specificamente indicate nella tabella allegata alla delibera medesima, le quali determinano il superamento della portata massima dell’esposizione a carico dello Stato con riferimento alla variabile controparte, nonché, limitatamente all’istanza n. 14/2018, relativa alla controparte Virgin Cruises Intermediate Ltd., anche alla variabile Settore, uniche variabili rilevanti per l’attivazione della garanzia di cui all’art. 6.1.c della Convenzione e, pertanto, da considerare ai fini della verifica dei limiti indicati nella delibera Cipe n. 34/2018.

 

Tabella allegata


Articolo 54
(Estensione del fondo di solidarietà mutui
per l’acquisto della prima casa)

 

 

L’articolo 54 estende, per nove mesi, l’operatività del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che abbiano subito un calo del fatturato superiore al 33 per cento rispetto all’ultimo trimestre 2019, a seguito della chiusura o della restrizione della propria attività in attuazione delle misure adottate per l’emergenza coronavirus.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che, per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legge (vale a dire dal 17 marzo 2020) e in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, ai relativi benefici siano ammessi anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che autocertifichino - secondo le ordinarie procedure  degli articoli 46 e 47 del DPR n. 445/2000 - di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data, un calo del proprio fatturato che sia superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus.

 

Si ricorda che l’articolo 2 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007, commi 475 e seguenti) ha istituito il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In sintesi la disciplina del Fondo, modificata in seguito dalla legge n. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro) consente ai titolari di un mutuo per l'acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare.

Il Fondo, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà di sospensione per i mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, provvede al pagamento degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione.

La sospensione può essere chiesta per non più di due volte e per un periodo massimo di diciotto mesi nel corso dell'esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e delle garanzie relative viene prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo. La sospensione non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

La sospensione non può essere chiesta: nel caso di ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato; nel caso di fruizione di agevolazioni pubbliche; per i mutui relativamente ai quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi che danno diritto al beneficio della sospensione, a specifiche condizioni.

Il beneficio è previsto nelle ipotesi individuate dall’articolo 2, comma 479 della richiamata legge n. 244 e, più precisamente, in caso di:

·      cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;

·      cessazione dei rapporti di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia (art. 409 n. 3 del c.p.c.), sempre salva la risoluzione consensuale, il recesso datoriale per giusta causa, il recesso del lavoratore non per giusta causa;

·      morte o riconoscimento di grave handicap ovvero di invalidità civile (ai sensi della legge n. 104 del 1992) non inferiore all'80%.

 

L’articolo 26 del decreto-legge n. 9 del 2020 è intervenuto sulla disciplina del fondo (nuova lettera c-bis) al comma 479) consentendo di richiedere il beneficio della sospensione del pagamento delle rate del mutuo nell’ulteriore caso di sospensione dal lavoro o riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione di provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito.

Può presentare domanda il proprietario di un immobile adibito ad abitazione principale, titolare di un mutuo contratto per l'acquisto dello stesso immobile non superiore a 250.000 euro e in possesso di indicatore ISEE non superiore a 30.000 euro.

Si ricorda che le norme attuative del Fondo, gestito da SIMEST, sono contenute nei DD.MM. 21 giugno 2010 n.132 e n. 37 del 22 febbraio 2013. Si rinvia al sito SIMEST per ulteriori informazioni anche di carattere applicativo.

 

In deroga alle norme generali sull’accesso al Fondo, il comma 1 chiarisce inoltre che nel caso specifico non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

 

Il comma 2 sostituisce il comma 478 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 il quale, nella formulazione previgente, prevede che per i mutui concessi da banche o intermediari finanziari l’intervento del Fondo consista nel pagamento degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Secondo le norme previgenti, tale onere era corrispondente al parametro di riferimento costituito dal tasso di interesse applicato ai mutui, con esclusione della componente di maggiorazione; in sostanza, il Fondo ripagava alla banca il tasso di interesse escludendo la cd. componente di spread.

Con le modifiche in esame, invece, il Fondo provvede al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Viene dunque abbassata la percentuale di interessi corrisposta dal fondo, ma è inclusa nel calcolo di tale onere la cd. componente di spread.

 

Il comma 3 affida a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di adottare le necessarie disposizioni di attuazione sia delle norme in esame, sia del citato articolo 26 del decreto- legge n. 9 del 2020.

Il comma 4 rifinanzia il Fondo di solidarietà per un importo pari a 500 milioni di euro per il 2020, da riversare sull’apposito conto di tesoreria previsto dall’articolo 8 del regolamento attuativo del fondo (di cui al DM n.132 del 2010), intestato al gestore del Fondo (Consap, tramite SIMEST).

 

Il comma 5 rinvia all’articolo 126, recante disposizioni finanziarie (alla cui scheda di lettura si rinvia) per la copertura finanziaria delle norme in commento.

 

 


Articolo 55
(Misure di sostegno finanziario alle imprese)

 

 

L'articolo 55 stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile e all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, tali componenti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. I crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

 

Il Governo chiarisce nella relazione illustrativa che la disposizione in esame è volta a incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l'obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l'attuale contesto di incertezza economica. I crediti deteriorati oggetto dell'incentivo possono essere sia di natura commerciale sia di finanziamento. Anche per ridurre gli oneri di cessione, la disposizione introduce la possibilità di trasformare in credito d'imposta una quota di attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite a determinati componenti, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati che vengono ceduti a terzi. L'intervento consente alle imprese di anticipare l'utilizzo come crediti d'imposta di tali importi, di cui altrimenti avrebbero usufruito in anni successivi, determinando nell'immediato una riduzione del carico fiscale. Ciò consente di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e contributi, aumentando così la disponibilità di cassa in un periodo di crisi economica e finanziaria connessa con l'emergenza sanitaria, rispettando la coerenza complessiva del sistema fiscale posto che a fronte di tale anticipazione viene meno il meccanismo ordinario di riporto in avanti dei componenti oggetto di trasformazione.

 

In particolare, la disposizione in esame sostituisce l’articolo 44-bis del decreto legge n. 34 del 2019 (recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi).

 

Il previgente articolo 44-bis del decreto-legge n. 34 del 2019 recava agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale compiute da società del Mezzogiorno, da cui risulti una o più imprese aventi, a loro volta, sede legale nel Mezzogiorno: l’agevolazione consisteva nella possibilità di trasferire al soggetto derivante dall’aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito di imposta, a fronte del pagamento di un canone annuo determinato applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza tra le DTA e le imposte versate.

Con l'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010 il legislatore ha consentito di trasformare in crediti di imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA) iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei.

L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, è stato previsto un meccanismo di conversione in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e pertanto concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.

Il richiamato articolo 2, commi 55 e seguenti del decreto-legge n. 225 del 2010 ha consentito, come anticipato, di trasformare in credito di imposta le attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.

Sul punto è intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR; l’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 e specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), nonché dal decreto-legge n. 59 del 2016 e dalla legge di bilancio (legge n. 145 del 2018).

 

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 44-bis stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti a norma del comma 5, può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (DTA) riferite ai seguenti componenti:

-         perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986) alla data della cessione;

-         importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 201 del 2011 non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione.

 

Ai fini della determinazione delle perdite fiscali non si applicano i limiti di cui all’articolo 84, comma 1, secondo periodo, del TUIR. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, i componenti di cui al presente comma possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. Ai fini del presente articolo, i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto. Le attività per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono essere trasformate in credito d’imposta anche se non iscritte in bilancio. La trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti. A decorrere dalla data di efficacia della cessione dei crediti, per il cedente:

a)      non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta ai sensi del presente articolo;

b)     non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011 relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta ai sensi del presente articolo.

 

Il comma 2 stabilisce che i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi. Essi possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero possono essere ceduti secondo quanto previsto dall’articolo 43-bis o dall’articolo 43-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero possono essere chiesti a rimborso. I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il comma 3 dispone che la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 59 del 2016. L'opzione, se non già esercitata, deve essere esercitata entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti; l'opzione ha efficacia a partire dall'esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione. Ai fini dell'applicazione del citato articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate sono comprese anche le attività per imposte anticipate trasformabili in crediti d'imposta ai sensi dell'articolo in esame nonché i crediti d'imposta derivanti dalla trasformazione delle predette attività per imposte anticipate.

 

L'articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016 stabilisce che le imprese interessate dalla disciplina sulle DTA di cui all'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010, come successivamente integrato dal decreto-legge n. 201 del 2011, possono optare, con riferimento all'ammontare di attività per imposte anticipate pari alla differenza di cui al successivo comma 2, per il mantenimento dell'applicazione delle predette disposizioni al ricorrere delle condizioni ivi previste.

 

Il comma 4 stabilisce che il presente articolo non si applica a società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 180 del 2015, ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell'articolo 5 del regio decreto n. 267 del 1942, o dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019.

 

Il comma 5 dispone che, per gli effetti del presente articolo, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto.

 

Il comma 6 stabilisce che le disposizioni del presente articolo non si applicano alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

La relazione tecnica attribuisce alla misura un onere, in termini di cassa, pari a circa 857 milioni di euro per l'anno 2020.


Articolo 56
(Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19)

 

 

L'articolo 56 dispone misure di sostegno finanziario in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese (così individuate dal comma 5), in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, riconosciuta, dal comma 1, quale evento eccezionale e di grave turbamento dell'economia ai sensi dell'articolo 107 TFUE. Il comma 2 dispone una moratoria, fino al 30 settembre 2020, in relazione a diverse tipologie di esposizioni debitorie nei confronti di soggetti autorizzati alla concessione di credito in Italia. Le imprese possono beneficiare della sospensione delle scadenze previa richiesta che dovrà essere corredata, ai sensi del comma 3, di una dichiarazione che autocertifichi la carenza di liquidità conseguente, in via diretta, all'emergenza in atto. Il comma 4 esclude dai benefici in esame le esposizioni debitorie deteriorate. Il comma 6 prevede che, su richiesta del soggetto finanziatore, le operazioni destinatarie delle misure di sostegno sono ammesse a garanzia in apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, a parziale copertura dei danni subiti dal finanziatore in conseguenza dell'evento eccezionale. I commi da 7 a 10 recano norme concernenti tale garanzia, riguardanti, tra l'altro, le caratteristiche della stessa, le modalità di escussione, quelle di liquidazione delle somme destinate alla banca, nonché la percentuale minima di accantonamento a copertura del rischio. Il comma 11 stabilisce che la garanzia operi in conformità all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 107 TFUE, e che possano essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia. Infine il comma 12 rinvia all'articolo 126 del decreto-legge per la copertura degli oneri.

 

Il comma 1, come sopra accennato, riconosce formalmente l'emergenza da COVID-19 quale evento eccezionale e di grave turbamento dell'economia ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Quest'ultimo stabilisce che sono ammissibili "gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali" (articolo 107, par. 2, lettera b).

 

Il comma 5 stabilisce che le disposizioni in parola siano destinate alle microimprese e alle piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE (“Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese”).

Le PMI sono imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. All'interno della categoria delle PMI, la "piccola impresa" occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro; la "microimpresa" occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

 

Il comma 2 elenca le seguenti misure riguardanti la sospensione delle scadenze relative a varie tipologie di esposizioni debitorie:

a)      non possono essere revocate fino al 30 settembre 2020 le aperture di credito "a revoca", nonché i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti, per gli importi esistenti alla data del 29 febbraio 2020, o, se superiori, al 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del presente decreto-legge); la disposizione trova applicazione sia per la parte utilizzata sia per quella non utilizzata e, specifica la norma, non si può procedere neanche a revoca parziale.

b)     sono prorogati fino al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni, i contratti relativi a prestiti non rateali, con scadenza contrattuale antecedente a quella data; la misura si applica anche a tutti gli elementi accessori (in particolare le garanzie) relativi al contratto principale.

c)      sono prorogati al 30 settembre 2020 i pagamenti - con scadenza antecedente a quella data - di rate o canoni di leasing relativi a mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, ivi compresi quelli perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie; il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato ed è nella facoltà delle imprese richiedere la sospensione del solo rimborso in conto capitale.

 

Con riferimento alle lettere b) e c), la relazione illustrativa asserisce che le sospensioni sono effettuate con modalità che, da un punto di vista attuariale, non risultino in ulteriori oneri né per gli intermediari né per le imprese. Gli eventuali oneri amministrativi per la realizzazione dell'operazione restano a carico dell'intermediario creditore.

Inoltre, sempre secondo la relazione illustrativa, durante il periodo di moratoria "gli intermediari devono fermare il computo dei giorni di persistenza dell'eventuale scaduto e/o sconfinamento".

 

I benefici sono concessi previa dichiarazione al soggetto creditore, banca, intermediari finanziari[11] e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia. Tale dichiarazione (comma 3) è corredata da autocertificazione dell’impresa che attesti la mancanza improvvisa di liquidita a seguito dell’emergenza in atto. L’autocertificazione è resa ai sensi dell’articolo 47 del t.u. in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000), il quale prevede (articolo 47, comma 1) che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo, secondo modalità fissate dall’articolo 38 del medesimo testo unico. Il comma 4 stabilisce che non possono beneficiare della moratoria le microimprese e le PMI che abbiano un’esposizione debitoria deteriorata.

 

I commi successivi recano disposizioni inerenti alla garanzia a valere sul Fondo di garanzia per le PMI[12].

Secondo la relazione illustrativa, la necessità di una forma di garanzia pubblica a parziale copertura delle esposizioni interessate si rende necessaria “per attenuare gli effetti economici di un possibile peggioramento significativo nella qualità del credito al termine del periodo di moratoria”.

 

Il comma 6 prevede che le operazioni oggetto delle misure di sostegno siano ammesse, senza valutazione[13], alla garanzia mediante apposita sezione speciale del Fondo di garanzia. A tale sezione speciale è attribuita una dotazione di 1,73 miliardi di euro.

La garanzia copre parzialmente i danni eventualmente subiti dalle banche in conseguenza dell’evento eccezionale e si ottiene a richiesta del soggetto finanziatore per via telematica. In particolare, la sezione speciale garantisce, per un importo pari al 33%:

·        i maggiori utilizzi, alla data del 30 settembre 2020, rispetto all’importo utilizzato al 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del decreto-legge), con riferimento alle aperture di credito e ai finanziamenti di cui al comma 2, lettera a);

·        i prestiti non rateali di cui alla lettera b) del medesimo comma;

·        le singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di cui alla lettera c).

 

Qualora le misure riguardino finanziamenti erogati (anche parzialmente) con fondi di soggetti terzi, le misure di cui al comma 2 del presente articolo sono realizzate senza preventiva autorizzazione di tali soggetti. Si procede, quindi, automaticamente all’allungamento del contratto di provvista in relazione al prolungamento dell'operazione di finanziamento, alle stesse condizioni del contratto originario. La moratoria può riguardare anche finanziamenti agevolati, previa comunicazione all’ente incentivante. Quest’ultimo può fornire le eventuali integrazioni alle modalità operative entro 15 giorni dalla comunicazione.

 

Il comma 7 stabilisce che la garanzia:

·        ha natura sussidiaria (l’escussione può essere richiesta solo a conclusione delle procedure di riscossione coattiva del credito);

·        è concessa a titolo gratuito.

 

La garanzia copre i pagamenti previsti per interessi e capitale dei maggiori utilizzi delle linee di credito e dei prestiti, delle rate o dei canoni di leasing sospesi e dei finanziamenti prorogati.

A copertura del rischio è prescritto l’accantonamento di un importo pari almeno al 6% dell’importo garantito, per ciascuna operazione ammessa.

 

Il comma 8 disciplina la procedura di escussione. Questa può essere richiesta dagli intermediari quando, nei 18 mesi successivi alla conclusione delle misure di sostegno, siano state avviate le procedure esecutive in relazione a:

(i)                l'inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a);

(ii)              il mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b);

(iii)           l'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c).

In tali casi, gli intermediari possono inviare al Fondo di garanzia la richiesta di escussione, corredata da una stima della perdita finale a carico del medesimo Fondo.

Con specifico riferimento ai mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, anche perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie (si tratta del caso previsto dal comma 2, lettera c)) la garanzia è attivabile nei limiti dell’importo delle rate o dei canoni sospesi.

Il Fondo, previa verifica della legittimità della richiesta, provvede ad aggiornare i relativi accantonamenti.

 

Ai sensi del comma 9, il Fondo liquida in favore della banca un anticipo pari al 50% del minor importo tra la quota massima garantita ed il 33% della perdita stimata a carico del Fondo. Tale importo è liquidato entro 90 giorni, previa verifica della legittimità della richiesta. Indi, il soggetto creditore può richiedere la liquidazione dell’importo residuo a titolo di escussione della garanzia entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive. Entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, il Fondo provvede alla corresponsione degli importi spettanti (comma 10).

 

Il comma 11 stabilisce che la garanzia operi in conformità all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 107 TFUE, e che possano essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia.

 

Infine, il comma 12 stabilisce che alla copertura degli oneri, quantificati dalla relazione tecnica in 1,73 miliardi di euro in conto capitale per l'anno 2020, si provveda ai sensi dell'articolo 126 del decreto-legge in esame.

 

 

 


Articolo 57
(Supporto alla liquidità delle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica mediante meccanismi di garanzia)

 

 

L'articolo 57 stabilisce che le esposizioni assunte da CDP in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta. A tale scopo è istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che la disposizione consente alle banche, con il supporto di Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), di erogare più agevolmente finanziamenti alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza; consente inoltre a CDP di supportare le banche che erogano i predetti finanziamenti tramite specifici strumenti quali plafond di provvista e/o garanzie di portafoglio, anche di prima perdita, rispetto alle esposizioni assunte dalle banche stesse; consente, infine, allo Stato, di concedere "controgaranzie" fino ad un massimo dell'80% delle esposizioni assunte da CDP e a condizioni di mercato. Il Governo attribuisce a queste misure un effetto moltiplicativo delle risorse a disposizione del sistema. Sempre secondo il Governo, l'attuazione della disposizione potrà essere modulata a seconda delle esigenze delle imprese colpite dall'emergenza e del sistema bancario. In particolare, l'operatività di portafoglio interviene su aggregati omogenei di finanziamenti bancari: la garanzia è prestata sul portafoglio complessivo di finanziamenti e copre porzioni del portafoglio stesso caratterizzate da differenti livelli di rischio.

 

Nel dettaglio, il comma 1, stabilisce che, al fine di supportare la liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica da “Covid-19”, le esposizioni assunte da Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), anche nella forma di garanzie di prima perdita su portafogli di finanziamenti, in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza, operanti in settori individuati con decreto ministeriale ai sensi del comma 2 del presente articolo, e che non hanno accesso alla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato. La garanzia dello Stato è rilasciata in favore di CDP fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta, è a prima domanda, orientata a parametri di mercato, esplicita, incondizionata e irrevocabile e conforme con la normativa di riferimento dell'Unione europea.

 

Il comma 2 rinvia a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l'individuazione di criteri, modalità e condizioni per la concessione della garanzia di cui al comma 1 e la relativa procedura di escussione, nonché l'individuazione dei settori nei quali operano le imprese di cui al comma 1, assicurando comunque complementarietà con il Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, della legge n. 662 del 1996.

 

Secondo la relazione illustrativa, lo strumento non si sovrappone al Fondo di garanzia PMI in quanto:

1)      assume un ambito soggettivo ben più ampio. Mentre il Fondo PMI opera solo a beneficio di PMI (imprese con un fatturato inferiore a 50 milioni di euro annui, numero di dipendenti inferiore a 250 unità e attivo di bilancio inferiore a 43 milioni di euro), il meccanismo di cui alla proposta normativa potrà operare anche a favore di imprese non qualificate quali PMI ai sensi della normativa europea quali, ad esempio, le c.d. "imprese Mid-Cap" (imprese con un numero di dipendenti inferiore a 3 mila unità);

2)      assume un ambito oggettivo più ampio: il meccanismo di cui alla proposta normativa potrà operare su portafogli già esistenti, differenziandosi così dall'operatività del Fondo che, invece, opera garantendo unicamente nuovi portafogli (c.d. "portafogli di nuova originazione");

3)      non assorbe in alcun modo il regime "de minimis ": il meccanismo del Fondo di garanzia PMI si inquadra nell'ambito del regime "de minimis", per cui le imprese possono ottenere i benefici del Fondo solo entro i limiti della normativa europea (Equivalente Sovvenzione Lorda pari a 200.000 euro in 3 anni). Il meccanismo di cui alla proposta normativa, invece, non assorbe in alcun modo il predetto limite "de minimis".

I due strumenti, pertanto, secondo il Governo, sono pienamente complementari e il decreto ministeriale attuativo potrà meglio definire i rispettivi

ambiti applicativi.

 

Il comma 3 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del MEF, di un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi del comma 1 con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020. È autorizzata allo scopo l'istituzione di un apposito conto corrente di tesoreria. La gestione del Fondo può essere affidata a società a capitale interamente pubblico ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2009. La dotazione del fondo, sul quale sono versate le commissioni che CDP paga per l’accesso alla garanzia, può essere incrementata anche mediante versamento di contributi da parte delle amministrazioni statali e degli enti territoriali. Le commissioni e i contributi di cui al presente comma sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo.

 

Il comma 4 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri previsti dal presente articolo, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2020 per l'istituzione del Fondo di cui al comma 3.


Articolo 58
(Sospensione dei termini di rimborso per il fondo 394/81)

 

 

L'articolo 58 prevede che, fino al 31 dicembre 2020, può essere disposta una sospensione fino a dodici mesi del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza nel corso del 2020, per i finanziamenti a tasso agevolato concessi a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri. Come esplicitato dalla disposizione, ciò comporta una traslazione del piano di ammortamento per il periodo corrispondente alla sospensione disposta.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, fino al 31 dicembre 2020, può essere disposta una sospensione fino a dodici mesi del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza nel corso del 2020, con conseguente traslazione del piano di ammortamento per un periodo corrispondente, in relazione ai finanziamenti agevolati concessi nell'ambito del fondo di rotazione istituito dall'articolo 2 del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981).

 

Dalla Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, Volume I, Tomo II, pp. 36-38, si evince che il Fondo sopra citato[14] è stato istituito con l’art. 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri.

L’art. 6 (Sostegno alla internazionalizzazione delle imprese) della legge 6 agosto 2008, n. 133[15], ha riformato i finanziamenti a tasso agevolato di cui alla legge n. 394/1981 rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 1407/2013, relativo agli aiuti di importanza minore “de minimis”.

Successivamente, l’art. 42, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, ha apportato lievi modifiche all’art. 6 della legge n. 133/2008, con l’introduzione di una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo di cui alla legge n. 394/1981, e con l’indicazione che i termini, le modalità e le condizioni delle iniziative, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo, nonché la composizione e i compiti del Comitato agevolazioni, sono determinati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, in luogo delle precedenti delibere del CIPE. Pertanto, in attuazione della suddetta normativa, il Ministro dello sviluppo economico ha emanato il decreto 21 dicembre 2012 pubblicato sulla G.U. n. 85 dell’11 aprile 2013. Il 26 novembre 2018 il Comitato Agevolazioni ha approvato un aggiornamento delle circolari applicative, contenenti modifiche alle modalità di concessione dei finanziamenti la cui entrata in vigore è prevista nel mese di marzo 2019.

Nel 2018 i volumi della gestione del Fondo 394/81 sono stati pari a 790 operazioni accolte per 248 milioni (inclusa la quota a valere sul Fondo Crescita Sostenibile), rispetto a 482 per 147 milioni nel 2017.

Le operazioni in contenzioso alla data del 31 dicembre 2018, relative alle risorse del Fondo 394/81, sono complessivamente 217 di cui:

- 109 si riferiscono a finanziamenti per programmi di penetrazione commerciale o di inserimento nei mercati esteri;

- 27 si riferiscono a finanziamenti per studi di fattibilità;

- 1 a finanziamenti per programmi di assistenza tecnica;

- 80 ad operazioni di patrimonializzazione.

L’insieme dei crediti (determinati sulla base delle domande - c.d. “petitum” - presentate dalla SIMEST) oggetto delle suddette 217 operazioni (esclusi i procedimenti nei confronti delle garanti) è pari a 63,5 milioni.

Delle suddette 217 operazioni, 17 sono entrate in contenzioso nel corso dell’anno 2018. L’insieme dei crediti oggetto dei suddetti 17 nuovi contenziosi è pari a 1,9 milioni.

Le perdite da procedure di contenzioso sono state pari a 14,7 milioni. Tra le entrate pari complessivamente a 82 milioni si evidenziano quelle derivanti da incassi rate in linea capitale pari a circa 70 milioni. Tra le uscite pari complessivamente a 127 milioni si evidenziano i finanziamenti alle imprese per circa 121 milioni.

Le spese di gestione, nel 2018, nel loro complesso sono pari a 6,3 milioni, di cui circa 6 milioni rappresentano le commissioni al Gestore.

Il Fondo viene rendicontato con un unico documento, dal quale risultano i dati complessivi afferenti anche ai sottoconti di seguito elencati.

A) Finanziamenti a tasso agevolato di programmi di inserimento sui mercati esteri

I finanziamenti disciplinati dal D.M. 7 settembre 2016 hanno ora una durata massima di sei anni di cui due di preammortamento.

Con riguardo alla misura del tasso agevolato, nel corso del 2018, quest’ultimo è stato pari a 10 per cento del tasso di riferimento UE, con il limite minimo a zero, ed ha avuto un andamento costante pari a 0,082 per cento dall’1 gennaio 2018 alla fine dell’anno solare.

L’attività nel 2018 ha riguardato 162 finanziamenti accolti dal Comitato Agevolazioni per 119 milioni, in crescita del 17 per cento circa in termini di numero e in aumento del 37 per cento in termini di importo rispetto all’anno precedente (116 accoglimenti per 87 milioni).

Le domande di finanziamento pervenute nel 2018 sono state 209 in crescita rispetto alle 160 del 2017.

Nel 2018, inoltre, non sono state approvate dal Comitato o sono state archiviate (queste ultime per rinuncia dei richiedenti o per documentazione carente) 41 operazioni, che rappresentano il 20 per cento circa di quelle pervenute (in riduzione rispetto al 21 per cento dell’anno precedente).

B) Finanziamenti agevolati per studi di prefattibilità e fattibilità e per i programmi di assistenza tecnica

Trattasi di finanziamenti agevolati concessi alle imprese per le spese relative a studi di prefattibilità e fattibilità connessi all’aggiudicazione di commesse, il cui corrispettivo è costituito in tutto o in parte dal diritto di gestire l’opera, ovvero per le spese relative a programmi di assistenza tecnica e studi di fattibilità collegati alle esportazioni ed agli investimenti italiani all’estero.

I finanziamenti per studi di prefattibilità, fattibilità e programmi di assistenza tecnica, sono regolamentati dal D.M. 7 settembre 2016 (circolare n. 5/2016) hanno una durata massima di quattro anni e mezzo di cui uno e mezzo di preammortamento e tre anni di ammortamento.

Nel 2018 sono pervenute 93 domande per circa 12 milioni, in sensibile aumento rispetto all’anno precedente quanto al numero ed all’importo (68 domande per 9 milioni).

Nello stesso periodo, il Comitato ha accolto complessivamente 70 operazioni per circa 9 milioni, in crescita rispetto al 2017 (53 finanziamenti accolti per 6 milioni), mentre le domande non approvate e le archiviazioni (per mancanza di dati sufficienti per completare l’istruttoria o per rinuncia da parte dei richiedenti), sono state complessivamente 22 (10 nel 2017).

Nel 2018 il numero dei finanziamenti per studi di fattibilità e prefattibilità è aumentato di oltre il 30 per cento rispetto all’esercizio precedente.

C) Finanziamenti agevolati a favore delle PMI esportatrici per il miglioramento e la salvaguardia della loro solidità patrimoniale al fine di accrescerne la competitività sui mercati esteri

I finanziamenti per la patrimonializzazione delle PMI esportatrici, regolamentati dal D.M. del 7 settembre 2016, hanno una durata massima di sette anni, di cui due di preammortamento.

Per quanto riguarda i volumi di attività, nell’anno in esame sono pervenute 493 domande di finanziamento (a fronte delle 228 del 2017) per un importo di 146 milioni (72 nel 2017). Nello stesso periodo, gli accoglimenti sono stati 402 per 111 milioni (155 per 45 milioni nel 2017).

L’attività connessa alla II fase delle operazioni accolte comporta una verifica sul Livello di Solidità Patrimoniale (LSP) riscontrato al termine del periodo di preammortamento per determinare, in base al raggiungimento o meno dell’obiettivo, le modalità di rimborso nonché, ove previsto, controlli annuali sul LSP durante il periodo del rimborso. Nel 2018 le operazioni interessate sono state 242.

D) Finanziamenti agevolati a favore delle PMI per la realizzazione di iniziative promozionali per la prima partecipazione ad una fiera e/o mostra sui mercati extra UE – marketing e/o promozione del marchio italiano

I finanziamenti per la partecipazione a fiere e/o mostre, regolamentati dal D.M. del 7 settembre 2016 prevedono una durata massima di 3 anni e mezzo di cui 18 mesi di preammortamento.

Nel 2018 sono pervenute 201 domande di finanziamento per un importo di 12 milioni (nel 2017, 187 operazioni per 11 milioni). Nello stesso periodo, gli accoglimenti sono stati 156 per 9 milioni (158 per 9 milioni nel 2017).

 


Articolo 59
(Disposizioni a supporto dell’acquisto da parte delle Regioni di beni necessari a fronteggiare l’emergenza Covid-19)

 

L'articolo 59 autorizza SACE S.p.A., limitatamente al periodo di stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, a rilasciare garanzie e coperture assicurative, a condizioni di mercato e beneficianti della garanzia dello Stato, in favore di fornitori esteri per la vendita alle Regioni di beni inerenti la gestione dell'emergenza sanitaria per il COVID-19.

 

In particolare, il comma 1 autorizza SACE S.p.A., ferma restando l’operatività di sostegno all’esportazione prevista dal d.lgs. 143/1998, a rilasciare garanzie e coperture assicurative, a condizioni di mercato e beneficianti della garanzia dello Stato, in favore di fornitori esteri per la vendita alle Regioni di beni inerenti la gestione dell'emergenza sanitaria per il COVID-19.

Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali, nonché a banche estere od operatori finanziari italiani od esteri quando rispettino adeguati principi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione ed operatività, per crediti concessi sotto ogni forma e destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché quelle connesse o strumentali.

La definizione delle modalità operative degli interventi sopra descritti è demandata a SACE Spa, in base alle proprie regole di governo e nei limiti specifici indicati annualmente dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato.

La norma è finalizzata ad agevolare le Regioni nell'acquisto di forniture essenziali per la gestione dell'emergenza sanitaria, in particolare sul mercato estero, laddove le garanzie e le coperture assicurative vengono richieste dai soggetti venditori quali condizioni esecutive delle operazioni.

 

SACE S.p.A. è una società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti nell'ambito del quale, insieme a SIMEST S.p.A., di cui detiene il 76 per cento, costituisce il "Polo dell'export e dell'internazionalizzazione". Nell'ambito dei sevizi tipicamente offerti dalla società rientrano il supporto all’emissione delle garanzie contrattuali richieste da clienti esteri, l’assicurazione di crediti a breve termine (attività con dilazioni di pagamento fino a 12 mesi) e l'erogazione di finanziamenti volti a incentivare gli acquirenti esteri ad aumentare i propri flussi di import dall’Italia attraverso specifiche clausole inserite nel contratto di finanziamento. L'attività tipica è quella di supporto all'esportazione e, tuttavia, nell'ambito dell'intervento in esame, vengono create le condizioni affinché la società, grazie alle proprie risorse e alle competenze nel settore del commercio internazionale, possa operare a supporto delle istituzioni impegnate nell'importazione di beni necessari per fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto.

Con decreto legislativo n. 143 del 1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999, è stata attribuita alla SIMEST S.p.A. – Società italiana per le imprese all’estero - la gestione di diversi interventi di sostegno finanziario alle esportazioni ed alla internazionalizzazione del sistema produttivo italiano che, in precedenza, era stata affidata al Medio credito centrale (MCC). L’attività riguarda la concessione di contributi per operazioni di credito all’esportazione (decreto legislativo n. 143/1998, Capo II) e per investimenti in imprese all’estero (legge n. 100/1990, art. 4 e legge n. 317/1991, art. 14), a valere sul Fondo previsto dall’art. 3 della legge n. 295 del 1973, e la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a valere sul Fondo di rotazione ex art. 2, del D.L. n. 251 del 1981, convertito dalla legge n. 394 del 1981.

Il 28 marzo 2014 sono state sottoscritte le nuove convenzioni per la gestione dei due Fondi sopra citati, con il Ministero dello sviluppo economico (MISE), che prevedono una diversa metodologia di quantificazione delle commissioni spettanti al Gestore rispetto al passato. In concreto, si introduce il principio del “rimborso costi”, unitamente ad un altro di premialità legato al raggiungimento di specifici obiettivi.

L’amministrazione dei citati Fondi è affidata ad uno specifico Comitato ministeriale (Comitato Agevolazioni), istituito presso la SIMEST stessa.

La SIMEST svolge, per conto della FINEST S.p.A., le attività di istruttoria ed erogazione di contributi a valere sul Fondo di cui all’art. 3 della legge n. 295/1973, relativamente alle operazioni di cui all’art. 2, comma 7, della legge n. 19/1991, per gli investimenti in imprese estere partecipate dalla FINEST S.p.A. in Paesi dell’Europa centrale e orientale.

Per la gestione del Fondo rotativo per la concessione di contributi agli interessi, si veda la Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, Volume I, Tomo II, Capitolo relativo ai Fondi di rotazione e gestioni fuori bilancio, pp. 34-36.


Titolo IV
Misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese


Articolo 60
(Rimessione in termini per i versamenti)

 

 

L’articolo 60 proroga al 20 marzo 2020 i termini dei versamenti verso le amministrazioni pubbliche in scadenza il 16 marzo 2020.

 

L’articolo stabilisce che i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, inclusi quelli relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali ed ai premi per l’assicurazione obbligatoria, in scadenza il 16 marzo 2020 sono prorogati al 20 marzo 2020.

 

La misura era stata annunciata dal Governo con il comunicato stampa n. 50 del 13/03/2020, che preannunciava che i termini relativi ai versamenti previsti al 16 marzo sarebbero stati differiti con una norma nel decreto legge di prossima adozione da parte del Consiglio dei Ministri, relativo alle misure per il contenimento degli effetti dell'epidemia di Covid-19 e che il medesimo decreto legge avrebbe introdotto anche ulteriori sospensioni dei termini e misure fiscali a sostegno di imprese, professionisti e partite IVA colpite dagli effetti dell’emergenza sanitaria.

 

Nella relazione tecnica che accompagna il decreto si rappresenta che la misura in esame, stante il breve lasso di tempo di differimento dei versamenti e considerato che i versamenti saranno comunque effettuati nella medesima mensilità, non avrà effetti in termini di entrate.

 

In considerazione del fatto che i successivi articoli 61 e 62 recano una sedie di misure di dettaglio in materia di sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria (articolo 61) nonché di sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi (articolo 62), la proroga sembra finalizzata a definire il quadro dei soggetti beneficiari delle norme di sospensione prima della scadenza dei termini di versamento.

 

La risoluzione n. 12/E dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2020 fornisce i primi chiarimenti in tema di proroga e sospensione dei versamenti tributari e contributivi per le attività operanti nei settori maggiormente colpiti dal Coronavirus.

Nel documento di prassi si precisa, in primo luogo, che la proroga è applicabile ai versamenti dovuti a qualsiasi titolo dalla generalità dei contribuenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza alla data del 16 marzo 2020.

Sono, inoltre, riportati a titolo indicativo i “Codici Ateco” riconducibili alle attività interessate dalla sospensione dei termini dei versamenti di cui alle lettere da a) a q) dell’articolo 61, comma 2, del decreto legge n.18/2020 e dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge n. 9/2020.

 


Articolo 61
(S
ospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria)

 

 

L’articolo 61 interviene sulla disciplina della sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi e dei premi introdotta dal precedente decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

La disposizione precisa il perimetro dei versamenti coinvolti nell’applicazione della sospensione; estende la sospensione prevista per il settore turistico-alberghiero a soggetti operanti in altri settori; prevede la sospensione anche dei termini di versamento dell’imposta sul valore aggiunto; stabilisce che i versamenti sospesi sono effettuati in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione a decorrere dal mese di maggio 2020, fatte salve le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche, che possono effettuare i versamenti sospesi entro il 30 giugno 2020.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame modifica l’articolo 8 del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9, che sospende i termini relativi ai versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste, rispettivamente, dagli articoli 23, 24 e 29 del DPR n. 600/1973, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta.

La disposizione sopprime il riferimento all’articolo 29 sopra citato stabilendo pertanto che sono sospesi i versamenti limitatamente alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria ed escludendo quindi le ritenute sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato.

 

Si ricorda che l’articolo 8 richiamato sospende, dal 2 marzo 2020 fino al 30 aprile 2020, per le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato:

•   i termini relativi ai versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste, rispettivamente, dagli articoli 23, 24 e 29 del D.P.R. n. 600/1973, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta (lettera a));

•   i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria (lettera b)).

Si prevede che i predetti versamenti siano effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020. È escluso altresì il rimborso delle ritenute, dei contributi previdenziali nonché assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria già versati.

 

Il comma 2 estende la sospensione di cui al citato articolo 8 a ulteriori categorie di soggetti operanti, tra gli altri, nei settori dello sport, dell’arte e della cultura, del trasporto e della ristorazione, dell’educazione e dell’assistenza e della gestione di fiere ed eventi.

In particolare, la norma dispone che la sospensione dei termini relativi ai versamenti si applica anche nei confronti dei seguenti soggetti:

§  federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, nonché soggetti che gestiscono stadi, impianti sportivi, palestre, club e strutture per danza, fitness e culturismo, centri sportivi, piscine e centri natatori;

§  soggetti che gestiscono teatri, sale da concerto, sale cinematografiche, ivi compresi i servizi di biglietteria e le attività di supporto alle rappresentazioni artistiche, nonché discoteche, sale da ballo, nightclub, sale gioco e biliardi;

§  soggetti che gestiscono ricevitorie del lotto, lotterie, scommesse, ivi compresa la gestione di macchine e apparecchi correlati;

§  soggetti che organizzano corsi, fiere ed eventi, ivi compresi quelli di carattere artistico, culturale, ludico, sportivo e religioso;

§  soggetti che gestiscono attività di ristorazione, gelaterie, pasticcerie, bar e pub;

§  soggetti che gestiscono musei, biblioteche, archivi, luoghi e monumenti storici, nonché orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali;

§  soggetti che gestiscono asili nido e servizi di assistenza diurna per minori disabili, servizi educativi e scuole per l’infanzia, servizi didattici di primo e secondo grado, corsi di formazione professionale, scuole di vela, di navigazione, di volo, che rilasciano brevetti o patenti commerciali, scuole di guida professionale per autisti;

§  soggetti che svolgono attività di assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili;

§  aziende termali e centri per il benessere fisico;

§  soggetti che gestiscono parchi divertimento o parchi tematici;

§  soggetti che gestiscono stazioni di autobus, ferroviarie, metropolitane, marittime o aeroportuali;

§  soggetti che gestiscono servizi di trasporto merci e trasporto passeggeri terrestre, aereo, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare, ivi compresa la gestione di funicolari, funivie, cabinovie, seggiovie e ski-lift; 

§  soggetti che gestiscono servizi di noleggio di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare;

§  soggetti che gestiscono servizi di noleggio di attrezzature sportive e ricreative ovvero di strutture e attrezzature per manifestazioni e spettacoli;

§  soggetti che svolgono attività di guida e assistenza turistica;

§  organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte negli appositi registri, organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e delle province autonome e associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome, che esercitano, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale previste dal Codice del terzo settore.

 

Il comma 3 prevede per i medesimi soggetti anche la sospensione dei termini dei versamenti dell’IVA. La norma dispone infatti che per le imprese turistico recettive, le agenzie di viaggio e turismo ed i tour operator, nonché per i soggetti di cui al comma 2, i termini dei versamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto in scadenza nel mese di marzo 2020 sono sospesi.

 

Il comma 4 stabilisce che i versamenti sospesi (commi 2 e 3 precedenti e articolo 8 del decreto legge n. 9 del 2020) sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 5 prevede una specifica disciplina per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche: per tali soggetti i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 (anziché entro il 31 maggio).

Restano fermi la rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020 e il non luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Si segnala, infine, che la risoluzione n. 12/E dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2020 fornisce i primi chiarimenti in tema di proroga e sospensione dei versamenti tributari e contributivi per le attività operanti nei settori maggiormente colpiti dal Coronavirus.

Nel documento di prassi si precisa, in primo luogo, che la proroga è applicabile ai versamenti dovuti a qualsiasi titolo dalla generalità dei contribuenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza alla data del 16 marzo 2020.

Sono, inoltre, riportati a titolo indicativo i “Codici Ateco” riconducibili alle attività interessate dalla sospensione dei termini dei versamenti di cui alle lettere da a) a q) dell’articolo 61, comma 2, del decreto legge n.18/2020 e dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge n. 9/2020.

 


Articolo 62
(
Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi)

 

 

L’articolo 62 sospende gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce inoltre la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti, e prevede il non assoggettamento alle ritenute d’acconto per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro.

L’articolo precisa inoltre che per i comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

 

Il comma 1 della disposizione prevede per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato sono sospesi gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

Il comma chiarisce che restano ferme comunque le disposizioni riguardanti i termini relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata 2020 introdotte dall’articolo 1 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

 

Si ricorda sinteticamente che l’articolo 1 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, anticipa dal 1° gennaio 2021 al 1° gennaio 2020 l'efficacia delle disposizioni riguardanti la rimodulazione dei termini delle dichiarazioni dei redditi (articolo 16-bis del decreto n. 124 del 2019). Dal 1°gennaio 2020 i contribuenti possono adempiere all'obbligo di dichiarazione dei redditi presentando il Modello 730 unitamente alle schede per la scelta della destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche:

a) entro il 30 settembre (rispetto al previgente 7 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, al proprio sostituto d'imposta, che intende prestare l'assistenza fiscale;

b) entro il 30 settembre (rispetto al previgente 23 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, ad un CAF-dipendenti, unitamente alla documentazione necessaria all'effettuazione delle operazioni di controllo.

La disposizione prevede inoltre il differimento di talune scadenze con effetti esclusivamente per l’anno 2020. In particolare, i termini per l’invio da parte dei sostituti d'imposta delle certificazioni uniche e per la scelta del soggetto per il tramite del quale sono rese disponibili le comunicazioni del risultato finale delle dichiarazioni, vengono posticipati dal 16 al 31 marzo 2020. Viene differito al 5 maggio 2020 il termine entro cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei contribuenti la dichiarazione dei redditi precompilata. L’articolo posticipa altresì dal 28 febbraio al 31 marzo 2020 il termine per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti terzi, dei dati relativi a oneri e spese sostenuti dai contribuenti nell’anno precedente, delle spese sanitarie rimborsate nonché degli altri dati riguardanti deduzioni o detrazioni.

 

Il comma 2 introduce specifiche previsioni per i titolari di partita Iva di minori dimensioni, individuati in base ai ricavi o ai compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente.

In particolare la norma prevede che per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono sospesi i versamenti da autoliquidazione che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2020:

§  relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta;

§  relativi all’imposta sul valore aggiunto;

§  relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 3 estende la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto, disposta al comma 2, a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta precedente.

La disposizione stabilisce che la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 2, si applica, a prescindere dal volume dei ricavi o compensi percepiti, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, Cremona, Lodi e Piacenza.

Il comma 4 stabilisce che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 1 del sopra citato decreto dispone che nei confronti delle persone fisiche, che alla data del 21 febbraio 2020, avevano la residenza ovvero la sede operativa nel territorio nei  comuni  della cosiddetta zona rossa  sono sospesi i termini  dei  versamenti  e  degli  adempimenti  tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di accertamento scadenti nel periodo compreso tra il 21 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020. Non si procede al rimborso di quanto già versato.

I comuni ricompresi nella zona rossa sono Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vo' (allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020).

 

Il comma 5 stabilisce che i versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. 

 

Il comma 6 dispone che gli adempimenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati entro il 30 giugno 2020 senza applicazione di sanzioni.

 

Il comma 7 stabilisce il non assoggettamento alle ritenute d’acconto per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000.

In particolare le norma prevede che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (17 marzo) e il 31 marzo 2020 non sono assoggettati alle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) da parte del sostituto d'imposta. Tale agevolazione è applicabile a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti, che si avvalgono della opzione sopra citata rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulta che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta ai sensi della disposizione in esame e provvedono a versare l’ammontare delle ritenute d’acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

 


Articolo 63
(Premio ai lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 63 prevede l’erogazione di un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con reddito complessivo non superiore a 40.000 euro, che, durante il periodo di emergenza sanitaria COVID 19, continuino a prestare servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020.

 

Più in dettaglio, la misura, erogata in favore dei titolari di redditi da lavoro dipendente (ai sensi dell’art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) non concorre alla formazione della base imponibile, ai fini delle imposte dirette, ed è ragguagliato ai giorni in cui il lavoro è prestato nella sede ordinaria.

Il premio è attribuito, in via automatica, dal datore di lavoro, che lo eroga se possibile con la retribuzione relativa al mese di aprile, e comunque entro i termini previsti per le operazioni di conguaglio.

I sostituti di imposta recuperano il premio erogato attraverso l’istituto della compensazione, di cui all’art.17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

Ai sensi del comma 1 dell’art. 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.

 

All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.


Articolo 64
(Credito d’imposta sanificazione ambienti di lavoro)

 

L’articolo 64 concede un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione, fino ad un importo massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di 50 milioni di euro.

 

Più in dettaglio, il comma 1 concede, per incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, un credito d’imposta ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, per il periodo d'imposta 2020, nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro.

Il credito è concesso fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 50 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Il comma 2 affida alle norme si rango secondario, più precisamente a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 16 aprile 2020 (30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento) il compito di stabilire i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

 

Ai sensi del comma 3, gli oneri della norma sono quantificati in 50 milioni di euro per l’anno 2020; a essi si provvede mediante le norme generali di copertura di cui all’articolo 126, alla cui scheda di lettura si rinvia.


Articolo 65
(Credito d’imposta per botteghe e negozi)

 

 

L’articolo 65 concede un credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1). Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa.

 

Più in dettaglio, il comma 1 concede un credito d’imposta ai soggetti esercenti attività d’impresa, pari al 60 per cento dei canoni di locazione, relativi al mese di marzo 2020, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1).

Tale credito di imposta è concesso per l’anno 2020.

 

Ai sensi del comma 2, esso non spetta alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020.

Si tratta di attività di commercio al dettaglio e servizi per la persona che non sono state sottoposte, in tutto o in parte, alle chiusure e alle restrizioni dovute all’esigenza di contenimento del contagio da COVID-19 e che, dunque, hanno potuto proseguire la propria attività nel mese di marzo 2020.

In particolare, gli allegati 1 e 2 comprendono le seguenti attività:

·         Ipermercati

·         Supermercati

·         Discount di alimentari

·         Minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimentari vari

·         Commercio al dettaglio di prodotti surgelati

·         Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici

·         Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacco in esercizi specializzati (codici ateco: 47.2)

·         Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati

·         Commercio al dettaglio apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati (codice ateco: 47.4)

·         Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico

·         Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari

·         Commercio al dettaglio di articoli per l'illuminazione

·         Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici

·         Farmacie

·         Commercio al dettaglio in altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica

·         Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati

·         Commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l'igiene personale

·         Commercio al dettaglio di piccoli animali domestici

·         Commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia

·         Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento

·         Commercio al dettaglio di saponi, detersivi, prodotti per la lucidatura e affini

·         Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet

·         Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato per televisione

·         Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto per corrispondenza, radio, telefono

·         Commercio effettuato per mezzo di distributori automatici

·         Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia

·         Attività delle lavanderie industriali

·         Altre lavanderie, tintorie

·         Servizi di pompe funebri e attività connesse.

 

Sempre ai sensi del comma 2 il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi delle disposizioni generali di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

 

Il comma 3 rinvia, per la copertura degli oneri derivanti dell’articolo in parola, alla norma generale di copertura di cui all’articolo 126.

 


Articolo 66
(Incentivi fiscali per erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19)

 

 

L’articolo 66 concede incentivi fiscali per le erogazioni liberali, in denaro e in natura, effettuate per finanziare gli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

In particolare:

- le persone fisiche e gli enti non commerciali possono detrarre dalle imposte sui redditi il 30 per cento delle erogazioni liberali, fino a un massimo di 30.000 euro;

- i titolari di reddito d’impresa possono dedurre le erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti; i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e dunque non sono considerati ricavi assoggettati a imposta; tali operazioni non sono soggette all'imposta sulle donazioni. A fini IRAP, le predette erogazioni liberali sono deducibili nell'esercizio in cui sono effettuate.

 

Più in dettaglio, il comma 1 consente alle persone fisiche e agli enti non commerciali di detrarre dalle imposte sui redditi un importo pari al 30 per cento delle erogazioni liberali in denaro e in natura, effettuate nell’anno 2020, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. L’importo non deve essere superiore a 30.000 euro.

 

Il comma 2 disciplina invece le agevolazioni spettanti ai titolari di reddito d’impresa.

Le norme in esame rinviano in particolare all’articolo 27 della legge 13 maggio 1999, n. 133, che contiene agevolazioni fiscali per le erogazioni e i trasferimenti effettuati in favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche.

Giusto il predetto richiamo:

§  sono deducibili dal reddito d'impresa le erogazioni liberali in denaro e in natura per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti;

§  i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e dunque non sono considerati ricavi assoggettati a imposta;

§  le erogazioni liberali in denaro e in natura non sono soggette all'imposta sulle donazioni.

Inoltre, il comma 2 chiarisce che, a fini IRAP, le predette erogazioni liberali sono deducibili nell'esercizio in cui sono effettuate.

 

Ai sensi del comma 3, per valorizzare le menzionate erogazioni in natura si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 28 novembre 2019 in tema di erogazioni liberali in natura a favore degli enti del Terzo settore.

Di conseguenza (articolo 3 del richiamato D.M.) l'ammontare della detrazione o della deduzione spettante nelle ipotesi di erogazioni liberali in natura è quantificato sulla base del valore normale del bene oggetto di donazione, determinato ai sensi del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (articolo 9 del D.P.R. n. 917 del 1986).

Per valore normale il richiamato articolo 9 intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso.

Ove l’erogazione liberale abbia ad oggetto un bene strumentale, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al residuo valore fiscale all'atto del trasferimento.

Nel caso di erogazione liberale avente ad oggetto i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero materie prime e sussidiarie, semilavorati e altri beni mobili diversi dai predetti beni d’impresa, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al minore tra il valore normale e quello determinato per le cd. rimanenze (ai sensi dell’articolo 92 TUIR).

Al di fuori delle menzionate ipotesi, se il valore della cessione, singolarmente considerata, è superiore a 30.000 euro, ovvero, nel caso in cui, per la natura dei beni, non sia possibile desumerne il valore sulla base di criteri oggettivi, il donatore è tenuto ad acquisire una perizia giurata che attesti il valore dei beni donati, recante data non antecedente a novanta giorni il trasferimento del bene.

Con riferimento agli obblighi documentali (articolo 4 del DM), l'erogazione liberale in natura deve risultare da atto scritto contenente la dichiarazione del donatore recante la descrizione analitica dei beni donati, con l'indicazione dei relativi valori, nonché la dichiarazione del soggetto destinatario dell'erogazione contenente l'impegno ad utilizzare direttamente i beni medesimi per lo svolgimento dell'attività statutaria, ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Nel caso in cui sia richiesta una perizia giurata di stima, il donatore deve consegnare al soggetto destinatario dell'erogazione copia della stessa.

 

Il comma 4 rinvia alle disposizioni finanziarie generali (articolo 126) per la copertura finanziaria dell’onere derivante dalle disposizioni in esame.


Articolo 67
(Sospensione dei termini relativi all’attività
degli uffici degli enti impositori)

 

 

L’articolo 67 sospende temporaneamente alcune attività svolte dall’amministrazione finanziaria.

Più in dettaglio sono sospesi dall’8 marzo fino al 31 maggio 2020:

§  i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori, i termini per fornire risposta alle istanze di interpello e regolarizzarle, nonché i termini relativi alle procedure di accesso a istituti agevolativi o regimi fiscali di cooperazione con l’Amministrazione finanziaria;

§  i termini per le risposte a specifiche istanze dei contribuenti, tra cui quelle relative all’accesso ad atti e documenti amministrativi, non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza.

Inoltre, in deroga alla disciplina dello Statuto del contribuente, sono prorogati i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione degli adempimenti fiscali.

 

In particolare, il comma 1 sospende dall’8 marzo al 31 maggio 2020:

§  i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori;

§  i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa. Più in dettaglio, sono sospesi i termini per rispondere ai cd. interpelli ordinario, probatorio e antiabuso (disciplinati dall’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, statuto del contribuente), all’interpello preventivo per l’accesso al regime dell'adempimento collaborativo (di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128) e all’interpello sui nuovi investimenti (di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147).

Si ricorda che l’interpello è un'istanza che il contribuente rivolge all'Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all'interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative a tributi erariali. Esistono cinque tipologie di interpello:

§  l'interpello ordinario consente a ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all’applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione riguardo un caso concreto e personale, nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie, sempre che ricorra obiettiva incertezza;

§  l'interpello probatorio consente al contribuente di chiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni o alla idoneità degli elementi di prova chiesti dalla legge per accedere a determinati regimi fiscali nei casi espressamente previsti, quali l’interpello relativo a partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari (113 TUIR), le istanze presentate dalle società “non operative” (articolo 30 della legge 724 del 1994) e le istanze previste ai fini della spettanza del beneficio ACE (articolo 1, comma 8, DL 201 del 2011);

§  l'interpello anti-abuso consente di acquisire un parere relativo alla abusività di un’operazione non più solo ai fini delle imposte sui redditi, ma per qualsiasi settore impositivo;

§  l’interpello disapplicativo consente di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non potevano verificarsi; è l’unica tipologia di interpello obbligatorio;

§  l’interpello sui nuovi investimenti consente agli investitori, italiani o stranieri, di chiedere un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti (di valore non inferiore a trenta milioni di euro e con rilevanti e durature ricadute occupazionali) effettuati nel territorio dello Stato. Per le istanze presentate dal 1 ° gennaio 2019 il valore degli investimenti scende a venti milioni di euro (legge 17 dicembre 2018, n. 136).

§  il termine (previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156) per la regolarizzazione delle istanze di interpello suddette;

§   il termine (di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128) per rispondere alle istanze dei contribuenti che adottano un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e che intendono aderire al richiamato regime di adempimento collaborativo;

§  i termini di cui all’articolo 1–bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 relativi alla procedura di cooperazione rafforzata.

La procedura di cooperazione rafforzata è rivolta alle società e agli enti di ogni tipo, non residenti in Italia, che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni di euro annui avvalendosi del supporto di imprese ausiliarie, appartenenti al medesimo gruppo societario.

Le imprese che ravvisino la possibilità che l’attività esercitata in Italia costituisca una stabile organizzazione possono presentare istanza per l’individuazione della sua sussistenza o meno e, in caso positivo, per la determinazione dei redditi a essa imputabili e della base imponibile ai fini Iva.

§  i termini, di cui agli articoli 31-ter e 31-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rispettivamente relativi alla procedura di stipula di accordi preventivi imprese aventi attività internazionale e rettifica in diminuzione del reddito per operazioni tra imprese associate con attività internazionale;

L'articolo 31-ter del DPR 600/1973 prevede uno strumento di dialogo tra Amministrazione finanziaria e imprese che esercitano attività internazionale. In base a tale disciplina, dette imprese possono accedere a una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi, con principale riferimento ai seguenti ambiti:

§  regime dei prezzi di trasferimento

§  determinazione dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza

§  attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione

§  valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti, che configurano una stabile organizzazione

§  erogazione o percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali.

Le disposizioni attuative della disciplina degli accordi preventivi sono state dettate dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 21 marzo 2016 - pdf, che stabilisce le modalità operative per l’accesso alla procedura.

 

L’articolo 31-quater D.P.R. 600/1973 consente di operare rettifiche anche in diminuzione del reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese associate con attività internazionale. Infatti, la disposizione riconosce la possibilità all’impresa residente appartenente al gruppo multinazionale, di correggere, diminuendola, la propria base imponibile fino a concorrenza della rettifica in aumento effettuata nei confronti della sua parte correlata a condizione che tale rettifica:

§  sia stata effettuata da una giurisdizione con la quale sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni e che consenta un adeguato scambio di informazioni;

§  abbia il carattere di definitività, cioè la relativa imposta sia stata assolta in via definitiva, e sia pertanto irripetibile, o comunque non più modificabile a favore del contribuente;

§  sia stata determinata in conformità al principio di libera concorrenza.

Le disposizioni attuative sono state dettate dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 maggio 2018 recante le linee guida per l’applicazione delle disposizioni in materia di prezzi di trasferimento.

§  i termini relativi alle procedure per accedere al cd. patent box, di cui all’articolo 1, commi da 37 a 43, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

Il patent box è un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di marchi d’impresa (poi esclusi per le opzioni esercitate dopo il 31 dicembre 2016), di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

Consente a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza, incluse le stabili organizzazioni in Italia di residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni è effettivo, la parziale detassazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dei citati beni immateriali.

Sono escluse le società assoggettate alle procedure di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; in quest’ultimo caso, tuttavia, il beneficio spetta se la procedura è finalizzata alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica.

Inoltre, non possono accedere al regime agevolativo i contribuenti che determinano il reddito con metodologie diverse da quella analitica (regime forfetario, tonnage tax, società agricole che calcolano il reddito su base catastale, ecc.).

 

Il comma 2 chiarisce che, in relazione alle istanze di interpello sospese ai sensi del comma 1, i termini per la risposta previsti dalle relative disposizioni, nonché il termine previsto per la loro regolarizzazione, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, iniziano a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del periodo di sospensione. Durante il periodo di sospensione, la presentazione delle istanze di interpello e di consulenza giuridica è consentita esclusivamente per via telematica, attraverso l’impiego della PEC - posta elettronica certificata (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68), ovvero, per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, mediante l’invio alla casella di posta elettronica ordinaria div.contr.interpello@agenziaentrate.it.

Il richiamato articolo 3 del D.Lgs. n. 156 del 2015 disciplina il contenuto obbligatorio delle istanze di interpello e, al comma 3, stabilisce che nei casi in cui le istanze siano carenti dei requisiti di legge, prevede che l'amministrazione inviti il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni.

 

Il comma 3 sospende dall’8 marzo al 31 maggio 2020 alcune attività dell’amministrazione finanziaria, a condizione che non abbiano carattere di indifferibilità ed urgenza.

Si tratta:

§  delle risposte alle istanze, formulate ai sensi delle norme del codice di procedura civile sulle garanzie reali (articoli 492-bis del c.p.c, in tema di pignoramento; 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione del c.p.c.) con le quali si chiede l’accesso alla banca dati dell’Anagrafe Tributaria, compreso l’Archivio dei rapporti finanziari, autorizzate dai Presidenti dei Tribunali, oppure dai giudici delegati;

§  delle nonché le risposte alle istanze di accesso agli atti e ai documenti amministrativi, formulate ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ivi compreso il cd. accesso civico a documenti, informazioni o dati in possesso delle P.P.A.A., di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

 

Infine, il comma 4 riguarda i termini di prescrizione e decadenza dell’attività degli uffici degli enti impositori.

Ai termini di prescrizione e decadenza si applicano le norme relative alla sospensione per eventi eccezionali previste dall’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.

La citata norma prevede che i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali, ovvero aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nei territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (che vieta la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta) fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

 


Articolo 68
(Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione)

 

L’articolo 68 sospende i termini, scadenti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, per il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali.

La norma differisce al 31 maggio 2020 il termine per il pagamento delle rate relative alle definizioni agevolate e al saldo e stralcio dei debiti tributari.

Viene di conseguenza differito anche il termine per le comunicazioni di inesigibilità poste a carico degli agenti della riscossione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 sospende, con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivo fiscale e contributivo (previsti dagli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78).

I versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati, in unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. Non si procede al rimborso di quanto già versato.

Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, relative alla sospensione dei termini per eventi eccezionali. Giusto il predetto rinvio, dunque, anche in questa ipotesi le  disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (che impedisce la proroga dei termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti fiscali). Salvo diverse disposizioni, i versamenti sospesi sono effettuati entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione.

L'Agente della riscossione non procede alla notifica delle cartelle di pagamento durante il periodo di sospensione.

 

Il comma 2 prevede che la sospensione dei versamenti si applichi anche:

§  agli accertamenti esecutivi doganali (di cui all'articolo 9, commi da 3-bis a 3- sexies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16);

§  alle ingiunzioni fiscali emesse dagli enti territoriali (R.D. 14 aprile 1910, n. 639);

§  agli accertamenti esecutivi degli enti locali introdotti dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 792, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

La legge di bilancio 2020 (commi 784 e ss.gg.) ha complessivamente riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l'esercizio della potestà impositiva, fermo restando l'attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali. In particolare, è stato introdotto anche per gli enti locali l’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l’accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data.

 

Il comma 3 differisce al 31 maggio 2020 il termine, originariamente fissato al 28 febbraio 2020, per il versamento:

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata delle cartelle di pagamento disposta dal decreto-legge n. 119 del 2018, cd. rottamazione-ter (articolo 3, comma 2, lettera b) del decreto citato), ivi comprese le rate, scadenti nel medesimo giorno, relative alle rottamazioni degli anni precedenti e che, in virtù del decreto-legge n. 119 del 2018, sono state riaperte ai contribuenti inadempienti ai precedenti piani di rateazione, nonché rimodulate nel tempo (articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, disposta anch’essa dal decreto-legge n. 119 del 2018 (all'articolo 5, comma 1, lettera d));

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di cd. rottamazione-ter, per i contribuenti che abbiano aderito a tale rottamazione in un secondo momento, e cioè entro il 31 luglio 2019 (a seguito della successiva riapertura dei termini operata dall'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34);

§  il termine di versamento, previsto per il 31 marzo 2020, della rata delle somme dovute a titolo di “saldo e stralcio” delle cartelle (riduzione delle somme dovute, per i contribuenti in grave e comprovata difficoltà economica, disciplinata all'articolo 1, comma 190, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

 

Il comma 4, in considerazione della sospensione della riscossione al 31 maggio 2020 disciplinata ai commi 1 e 2 della norma in esame, posticipa il termine per le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell’anno 2018, nell’anno 2019 e nell’anno 2020.

Esse sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024 e entro il 31 dicembre 2025, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112, ai sensi del quale - ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo - il concessionario trasmette all'ente creditore una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, fatto salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge.

 


Articolo 69
(Proroga versamenti nel settore dei giochi)

 

 

L'articolo 69 dispone la proroga del versamento del prelievo erariale unico e del canone accessorio sugli apparecchi c.d. Amusement With Prizes (AWP o new slot) e Video Lottery Terminal (VLT), del canone per la concessione della raccolta del Bingo, nonché la proroga dei termini per l'indizione, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di una gara per una serie di concessioni in materia di apparecchi da divertimento e intrattenimento e gioco a distanza, la proroga dei termini per l'indizione di gare per le scommesse e il Bingo, del termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco e per l'entrata in vigore del Registro unico degli operatori del gioco pubblico.

 

Nella relazione illustrativa il Governo sottolinea che, per effetto dei vari DPCM succedutisi nei mesi di febbraio e marzo per far fronte all'emergenza legata alla COVID-19, sarebbe divenuta difficile, se non impossibile, la raccolta di gioco pubblico sia per la chiusura di sale giochi, sale con apparecchi da intrattenimento, bar e altri esercizi pubblici, sia per la restrizione della circolazione sul territorio che impedisce il prelievo di contante dagli apparecchi. L'articolo in esame dispone pertanto una serie di sospensioni e proroghe di versamenti al fine di consentire agli operatori della filiera del gioco e ai concessionari di Stato di fronteggiare la carenza di liquidità connessa all'emergenza, evitando, di conseguenza, ricadute negative sull'occupazione.

 

In particolare, il comma 1 dispone la proroga al 29 maggio 2020 (in luogo del 30 aprile) della scadenza dei termini per il versamento del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a) (apparecchi c.d. Amusement With Prizes (AWO) ovvero new slot) e lettera b) (apparecchi c.d. Video Lottery Terminal (VLT)), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931 e del canone concessorio. Le somme dovute possono essere versate con rate mensili di pari importo. Saranno addebitati gli interessi legali calcolati giorno per giorno. La prima rata è versata entro il 29 maggio e le successive entro l’ultimo giorno del mese. L’ultima rata è versata entro il 18 dicembre 2020.

 

Gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) del regio decreto n. 773 del 1931, cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot),  sono quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal MEF - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del MEF - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina.

Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali (articolo 110, comma 6, lettera a)).

Si tratta inoltre (articolo 110, comma 6, lettera b) del regio decreto n. 773 del 1931) degli apparecchi facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, c.d. Video Lottery Terminal (VLT). Per tali apparecchi, con regolamento del MEF di concerto con il Ministro dell'interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3) l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

 

Il comma 2 dispone la sospensione, a decorrere dal mese di marzo e per tutto il periodo di interruzione dell’attività, del versamento del canone di cui all'articolo 1, comma 636, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013). Ciò a seguito della sospensione dell’attività delle sale bingo prevista dal D.P.C.M. dell’8 marzo 2020, articolo 2, e successive modificazioni ed integrazioni.

 

L'articolo 1, comma 636, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, dispone che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede entro il 30 settembre 2020, con un introito almeno pari a 73 milioni di euro a una gara, per l'attribuzione di 210 concessioni per il predetto gioco attenendosi ai seguenti criteri direttivi:

a) introduzione del principio dell'onerosità delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di euro 350.000 della soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione;

b) durata delle concessioni pari a nove anni, non rinnovabile;

c) versamento della somma di euro 7.500, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 3.500 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita;

d) all'atto dell'aggiudicazione, versamento della somma offerta ai sensi della lettera a) entro la data di sottoscrizione della concessione;

d-bis) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato;

e) determinazione nella somma complessiva annua di euro 300.000 dell'entità della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell'Amministrazione statale, durante l'intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi ed oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.

 

 Il comma 3 dispone la proroga di 6 mesi dei termini previsti dall’articolo 1, comma 727, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) e dagli articoli 24 (proroga dei termini per l'indizione delle gare scommesse e Bingo), 25 (termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco) e 27 (entrata in vigore del Registro unico degli operatori del gioco pubblico) del decreto legge n. 124 del 2019 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili).

 

I commi 727-730 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), stabiliscono l'indizione di una gara per l'affidamento da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di una serie di concessioni in scadenza per la gestione di apparecchi da gioco con vincita in denaro. Il comma 727, in particolare, attribuisce all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di indire, nel rispetto dei princìpi e delle regole europee e nazionali, una gara entro il 31 dicembre 2020, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, di una serie di concessioni in materia di apparecchi da divertimento e intrattenimento e gioco a distanza.

 

Il comma 4 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri, quantificati dalla relazione tecnica, ai fini dell'indebitamento netto, in circa 29,4 milioni di euro per l'anno 2020.


Articolo 70
(Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli)

 

 

L'articolo 70 dispone, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate alla remunerazione del lavoro straordinario del personale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall’incremento delle attività di controllo presso i porti, gli aeroporti e le dogane interne in relazione dall’emergenza sanitaria Covid19. Tale incremento è disposto a valere sui finanziamenti dell'Agenzia stessa e in deroga ai limiti di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017.

 

Tra le finalità della disposizione, in aggiunta a quelle legate all'emergenza da COVID-19, il Governo cita nella relazione illustrativa anche le necessità di rafforzamento delle attività di controllo in relazione alla Brexit, al contrasto alle frodi in materia di accisa, nel settore dei carburanti e degli idrocarburi, alla lotteria nazionale degli scontrini e alle ulteriori attività previste dalla legge di bilancio in materia di giochi e di nuove imposizioni (c.d. sugar tax e plastic tax, imposta sui prodotti accessori dei tabacchi da fumo) in ambito doganale.

 

La relazione illustrativa segnala, pertanto, degli ambiti di intervento in cui l'incremento dello sforzo, e quindi delle prestazioni di lavoro straordinario, dipende da fattori pre-esistenti l'emergenza epidemiologica in atto.

 

L'articolo 23 (Salario accessorio e sperimentazione) del decreto legislativo n. 75 del 2017 dispone la graduale convergenza, ad opera della contrattazione collettiva nazionale, dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni pubbliche. Il comma 2, in particolare, stabilisce che, nelle more di tale convergenza, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione pubblica, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che la disposizione appena citata rappresenta soltanto una delle norme sul contenimento dei fondi della contrattazione integrativa succedutesi nel tempo che hanno reso non utilizzabile la parte prevalente delle risorse variabili destinate a finanziare il salario accessorio del personale. Si citano in particolare l'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010 e l'articolo 1, comma 236, della legge n. 208 del 2015, oltre al già citato articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. Le risorse variabili cui ci si riferisce sono quelle accertate e trasferite con decreto del Ministero vigilante ai sensi dell'articolo 3, comma 165, della legge 350 del 2003. Secondo il Governo, si tratta di importi consistenti che solo le Agenzie fiscali si trovano a non poter utilizzare per intero. Sempre nella relazione illustrativa, si sottolinea che queste somme sono derivanti, in larga prevalenza, dall'attività di controllo tributario svolta dal personale delle Agenzie fiscali. A partire dall'anno 2012, delle somme trasferite a tale titolo per un importo medio annuo di 40 milioni di euro circa, oltre la metà è rimasta inutilizzabile. Nel 2017 si stimava un importo non attribuito al personale pari a circa 124 milioni di euro relativamente ai precedenti sei anni, sempre secondo la relazione illustrativa. 

 

Per la compensazione degli oneri derivanti dall'articolo in esame, quantificati in 4,12 milioni di euro per l'anno 2020 in termini di indebitamento netto, si fa rinvio all'articolo 126.

 

 

 

 


Articolo 71
(Menzione per la rinuncia alle sospensioni)

 

 

L’articolo 71 prevede che i contribuenti che decidono di non avvalersi di una delle sospensioni di versamenti previste dal decreto in esame possono chiedere che della circostanza sia data menzione.

 

In particolare l’articolo 71 stabilisce che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono previste forme di menzione per i contribuenti i quali, non avvalendosi di una o più tra le sospensioni di versamenti previste dagli articoli del Titolo IV (misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese) e dall’articolo 37 (sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici) del decreto in esame, effettuino alcuni dei versamenti sospesi e ne diano comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La norma sembra rivolgere una sorta di appello al senso civico di ogni contribuente a non fare ricorso alle misure di sostegno introdotte dal decreto legge in esame qualora non vi sia la reale necessità di farlo e, in tal caso, introduce un incentivo di natura non economica, prevedendo appunto una sorta di elenco dei cittadini virtuosi.


Titolo V
Ulteriori disposizioni

 

Articolo 72
(Misure per l’internazionalizzazione del sistema Paese)

 

 

L’articolo 72 istituisce, al comma 1, un nuovo Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, con una dotazione finanziaria iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2020, finalizzato all’adozione di misure di comunicazione, di potenziamento delle attività di promozione del Made in Italy nonché per il cofinanziamento di iniziative di promozione dei mercati esteri realizzate da altre pubbliche amministrazioni mediante apposite convenzioni.

Il comma 2, dispone, in considerazione dell’esigenza di contenere con immediatezza gli effetti negativi sull’internazionalizzazione del sistema Paese in conseguenza della diffusione del Covid-19, la possibilità di aggiudicazione dei contratti di forniture, lavori e servizi tramite la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara. Il medesimo comma prevede altresì che il MAECI e l’ICE possano avvalersi della società Invitalia tramite modalità definite mediante apposita convenzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 3 stabilisce che le iniziative di cui al presente articolo siano realizzate nel rispetto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di internazionalizzazione delle imprese adottate dalla Cabina di regia per l’internazionalizzazione, mentre il comma 4 indica la copertura finanziaria a valere sull’articolo 126 del presente decreto legge.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede l’istituzione presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di un “Fondo per la promozione integrata”, con una dotazione di 150 milioni di euro per il 2020.

Il Fondo è finalizzato alla realizzazione delle seguenti iniziative ed attività:

a)   realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, anche avvalendosi di ICE-Agenzia italiana per l’internazionalizzazione delle imprese e per l’attrazione degli investimenti;

b)   potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese realizzate, anche mediante la rete all’estero, dal MAECI e da ICE;

c)   cofinanziamento di iniziative di promozione dirette a mercati esteri realizzate da altre amministrazioni pubbliche mediante la stipula di apposite convenzioni;

d)   erogazione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi ai sensi dell’articolo 2, primo comma, del D.L. 28 maggio 1981, n. 251 (Legge n. 394/1981) , secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato Agevolazioni di cui all’articolo 1, comma 270, della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018).

Tali cofinanziamenti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato di importanza minore (de minimis).

Come precisato dal successivo comma 3, le risorse del Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le diverse finalità con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma non indica i termini entro i quali adottare il decreto ministeriale di riparto.

Il Fondo di cui al richiamato art. 2 del decreto-legge n. 251 del 1981 è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019.

Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del D.L. 112/2008.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis, cfr. infra).

Ai sensi del comma 2 del citato articolo 6, come modificato dal D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), le iniziative ammissibili ai benefici sono:

a)        la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)        studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)        altri interventi prioritari.

Il comma 3 dell’articolo 6, anch’esso modificato dal D.L. n. 83/2012, ha previsto che per le predette iniziative venga utilizzato il Fondo di cui alla legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

Il comma 4 dell’articolo 6, come modificato dall’articolo 1, comma 152 della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), ha demandato i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del Fondo ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

In attuazione di quanto disposto dal comma è stato adottato prima il D.M. 7 settembre 2016 e successivamente il D.M. 8 aprile 2019, che ha introdotto nuovi strumenti finanziari a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese.

L'articolo 1, comma 270, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo.

Il Comitato è composto da due rappresentanti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di cui uno con funzioni di Presidente, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico e da un rappresentante designato dalle regioni, nominati con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In attuazione della legge di bilancio 2018, è stato adottato il D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato.

La gestione degli interventi di agevolazione è disciplinata da una convenzione stipulate tra SIMEST e Ministero dello sviluppo economico.

 

Si ricorda, infine, che il D.L. n. 162/2019 (cd. “Mille proroghe”), all’articolo 14, comma 1, ha rifinanziato il Fondo di 50 milioni di euro per l’anno 2019.

 

Per quanto concerne i risultati della gestione del Fondo, la Corte dei Conti (Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato relativa all’anno 2018, presentata al Parlamento il 26 giugno 2019) rileva che nel 2018 sono state accolte dal Comitato Agevolazioni operazioni per 9,3 miliardi di cui 8,95 miliardi per operazioni di credito acquirente, a fronte delle quali sono stati deliberati accantonamenti stimati sul Fondo per 484 milioni, di cui 47.384 milioni per operazioni di credito acquirente.

 

Quanto agli aiuti de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE. Gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume infatti che non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316.

 

Il comma 2 prevede che, in considerazione dell’esigenza di contenere con immediatezza gli effetti negativi sull’internazionalizzazione del sistema Paese in conseguenza della diffusione del Covid-19, per gli interventi realizzati in attuazione di cui al comma 1, nonché per quelli inclusi nel Piano straordinario per la promozione del Made in Italy, trovino applicazione fino al 31 dicembre 2020 le seguenti norme:

a) i contratti di forniture, lavori e servizi possono essere aggiudicati con la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, di cui all’articolo 63, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016;

b) il MAECI e ICE possono avvalersi, con modalità definite mediante apposita convenzione, e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, dell’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia.

L’articolo 30 del decreto-legge D.L. n. 133/2014 ha previsto l’istituzione del Piano di promozione straordinaria del Made in Italy e per l’attrazione degli investimenti in Italia è stato istituito dall’art. 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, con la finalità di ampliare il numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale, espandere le quote italiane del commercio internazionale, valorizzare l’immagine del Made in Italy nel mondo, sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.

La norma istitutiva ne aveva demandato l’effettiva adozione al Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, nonché con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni riguardanti il settore agro-alimentare.

Recentemente, l’art. 2 del D.L. n. 104 del 21 settembre 2019 (L. n. 132/2019), ha disposto il trasferimento al MAECI delle funzioni esercitate dal MISE in materia di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l’estero e di sviluppo dell’internazionalizzazione del sistema Paese. Le risorse umane, strumentali, compresa la sede, e finanziarie della Direzione generale per il commercio internazionale del MISE vengono trasferite al MAECI a decorrere dal 1° gennaio 2020, ivi comprese le competenze gestionali sul Piano.

La dotazione del Piano straordinario è stata più volte integrata. Nell’attuale legislatura esso è stato rifinanziato con la Legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018, art. 1, comma 201) di 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020. Con la Legge di bilancio per il 2020 (Legge n. 160/2019, articolo 1, comma 297) il Piano è stato ulteriormente rifinanziato di 44,895 milioni di euro per il 2020 e di 40,290 milioni di euro per il 2021. L’attuazione del Piano è confermata in capo all’ICE Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

L’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell’economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l’Agenzia, posta la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MISE.

L’Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia (art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – Legge finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa-Invitalia, ha subìto una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di Invitalia consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie (tra le società controllate da Invitalia, vi è la Banca del Mezzogiorno S.p.A. - Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%).

In particolare l’Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d’impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Per approfondimenti sulle aree di intervento e sugli strumenti agevolativi gestiti da INVITALIA, si rinvia al relativo sito istituzionale e all’ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla società.

 

Il comma 3 dispone che le iniziative sopra richiamate siano soggette al rispetto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di internazionalizzazione delle imprese adottate dalla Cabina di regia di cui all’articolo 14, comma 18-bis, del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011) .

La Cabina di regia è co-presieduta dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, per le materie di propria competenza, dal Ministro con delega al turismo e composta dal Ministro dell’economia e delle finanze, o da persona dallo stesso designata, dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, o da persona dallo stesso designata, dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dai presidenti, rispettivamente, dell’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, della Confederazione generale dell’industria italiana, di R.E.TE. Imprese Italia, di Alleanza delle Cooperative italiane e dell’Associazione bancaria italiana. I lavori dell’VIII riunione della Cabina si sono svolti presso il MAECI il 20 dicembre scorso.

 

Il comma 4 dispone che agli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 si provveda ai sensi dell’articolo 126.


Articolo 73
(Semplificazioni in materia di organi collegiali)

 

 

L’articolo 73 consente lo svolgimento in videoconferenza delle sedute dei consigli comunali, provinciali e metropolitani e delle giunte comunali, degli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, degli organi degli enti e organismi del sistema camerale, nonché degli organi di associazioni private e delle fondazioni, anche nel caso in cui non sia stata precedentemente disciplinata tale facoltà, fino alla cessazione dello stato di emergenza e nel rispetto di specifici criteri.

 

Il comma 1, primo periodo, attribuisce tale facoltà ai consigli degli enti locali e alle giunte comunali che non abbiano già regolamentato tale modalità alle seguenti condizioni:

§  che siano rispettati i criteri di trasparenza e tracciabilità definiti dal "Presidente del consiglio, ove previsto[16]" o dal sindaco;

Al riguardo, si segnala che ai sensi dell'art. 69 del TUEL, nei comuni con meno di 15.000 abitanti le funzioni di presidente del consiglio comunale sono svolte dal sindaco.

Per quanto concerne le Province e le città metropolitane le funzioni di presidente del consiglio sono svolte, rispettivamente, dal presidente della provincia (ai sensi dell'art.1, comma 55, primo periodo, della legge n.56 del 2014) e dal sindaco metropolitano (ai sensi dell'art.1, comma 8, della medesima legge).

La disposizione parrebbe potersi prestare ad un'interpretazione letterale che consenta al presidente del consiglio comunale la definizione dei criteri di trasparenza e tracciabilità delle sedute, oltre che del consiglio, anche della giunta. Una siffatta interpretazione implicherebbe un'attribuzione allo stesso di un potere inedito, tenuto conto, per un verso, che è il sindaco chiamato a presiedere le riunioni della giunta (e quindi necessariamente a verificare, con l'ausilio del segretario comunale, il regolare svolgimento delle medesime) e, per l'altro, che il presidente del consiglio non partecipa neppure alle medesime riunioni. Parrebbe pertanto opportuno valutare la possibilità di chiarire che spetta al presidente dell'organo collegiale, i cui lavori saranno svolti in videoconferenza, la facoltà di stabilire i richiamati criteri di trasparenza e tracciabilità.

§  che le videoconferenze si svolgano con sistemi che garantiscano l'individuazione dei partecipanti;

§  che sia garantita la regolarità dello svolgimento delle sedute e che sia assicurato lo svolgimento delle funzioni del segretario comunale, provinciale e metropolitano, ai sensi dell'art.97 del TUEL;

In proposito, l'art.97 del TUEL prevede che il segretario svolga compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Fra le funzioni ad esso attribuite, si segnala in particolare, ai fini della disposizione in esame, la partecipazione "con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione". La disposizione in esame parrebbe indicare che le sedute dovranno necessariamente svolgersi con la partecipazione vincolante, in videoconferenza, del segretario degli enti locali.

§  che sia assicurata adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.

 

La finalità dell'intervento normativo è quella di contenere la diffusione del virus evitando la contemporanea presenza fisica di amministratori locali in spazi inevitabilmente circoscritti, in cui può non essere agevole assicurare il rispetto delle distanze minime.

 

La possibilità di svolgere riunioni in videoconferenza è circoscritta ai soli organi esecutivi dei comuni in quanto la legge n.56 del 2014 ha soppresso la giunta negli enti di area vasta. Occorre tuttavia considerare che, con fonte statutaria, i medesimi enti si sono dotati, in sostituzione, di un organismo di coordinamento dei consiglieri delegati. Si potrebbe pertanto valutare la possibilità di estendere il ricorso alle videoconferenze anche a tali organismi, laddove istituiti.

 

La relazione illustrativa precisa che le modalità procedimentali introdotte dall'articolo in commento "ricalcano un modello già adottato da numerosi regolamenti comunali[17], nonché nella prassi delle società private".

 

Il comma 2 estende l'applicabilità delle disposizioni appena illustrate agli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché agli enti e organismi del sistema camerale. La facoltà di disporre lo svolgimento delle videoconferenze è demandato ai rispettivi presidenti anche nel caso di assenza di una regolamentazione in tale senso, a condizione che siano individuabili, con certezza, i partecipanti e sia assicurata la sicurezza delle comunicazioni.

 

Sino al termine dell'emergenza, il comma 3 dispone la sospensione dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art.1, commi 9 e 55, del TUEL, relative alle assemblee dei sindaci nelle province e alle conferenze metropolitane nelle città metropolitane, istituite con la legge n.56 del 2014. Detta sospensione è esplicitamente riferita all'esercizio delle funzioni consultive attribuite ai predetti organi, incluse quelle previste in relazione all'approvazione dei bilanci e consuntivi.

 

L'assemblea dei sindaci (di cui all'art.1, commi 54, lett. b), 55 e 56 della legge n.56/2014) e la conferenza metropolitana (di cui all'art.1, commi 7, 8 e 9, l. n.56/2014) sono organi composti dai sindaci appartenenti al territorio su cui insiste l'area vasta.

 

La conferenza metropolitana, ai sensi dell'art.1, comma 8, della legge n.56/2014 esprime il proprio parere sugli schemi di bilancio, prima della loro approvazione definitiva da parte del consiglio e ha poteri propositivi e consultivi, secondo quanto disposto dallo statuto. Inoltre, la conferenza adotta o respinge lo statuto e le sue modifiche proposti dal consiglio metropolitano, ai sensi del comma 9 (dell'art.1, della l.n.56), richiamato dal comma 3 in commento, peraltro erroneamente poiché tali ultime funzioni non rivestono carattere consultivo.

Il riferimento all'art.1, comma 9, della legge n.56/2014, contenuto al comma 3, andrebbe corretto con quello al comma 8 dell'art.1 della medesima legge.

L'assemblea dei sindaci svolge le medesime funzioni della conferenza metropolitana ai sensi dell'art.1, comma 55.

 

Ai sensi del comma 4 anche le associazioni private, incluse quelle non riconosciute, e le fondazioni possono svolgere le sedute (s'intende dei rispettivi organi) mediante il ricorso alla videoconferenza, nell'evenienza in cui tale possibilità non sia stata già prevista. A tal fine, la norma prescrive: il rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità che devono essere a tal fine fissati; l'individuazione di sistemi che permettano l'identificazione con certezza dei partecipanti; il rispetto delle forme di pubblicità secondo le modalità individuate da ciascun ente.

 

Il comma 5 dispone che l’attuazione delle disposizioni in commento da parte delle amministrazioni pubbliche interessate non comporta oneri per la finanza pubblica, in quanto va assicurata con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente "sui propri bilanci".

In proposito, il vincolo del ricorso alle "risorse (...) strumentali disponibili" potrebbe determinare alcune criticità applicative nei confronti degli enti pubblici che non dispongano già di adeguate risorse strumentali per la realizzazione di riunioni in videoconferenza.


Articolo 74
(Misure per la funzionalità delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, della carriera prefettizia e del personale dei ruoli dell’Amministrazione
civile dell’interno)

 

 

L’articolo 74 autorizza la spesa per il pagamento degli straordinari, dovuti ai maggiori compiti connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19, per il personale delle Forze di polizia, Forze armate, Guardia costiera, Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, prefetture, Amministrazione civile dell’interno, Polizia penitenziaria e dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria.

Inoltre, sono stanziate risorse per la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per assicurare l’adeguata dotazione di dispositivi di protezione personale, nonché per l'acquisto di prodotti per il lavoro agile.

Viene, inoltre, ridotta, in via straordinaria, da due a un anno la durata del corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia avviato con il concorso pubblico indetto nel 2017.

 

Le misure introdotte dall'articolo 74 si aggiungono a quelle analoghe previste dall'articolo 22 del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9, recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, all'esame del Senato.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 59.938.776 euro, per l’anno 2020, in favore del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria). Di questa cifra, 34.380.936 euro sono per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale suddetto e 25.557.840 euro per altri oneri connessi all’impiego del personale.

La spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate, per un periodo di 90 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (fino al 14 giugno 2020), dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19.

A sua volta, si ricorda che nel D.L. 9/2020 è autorizzata la spesa di euro 4.111.000 per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate e per l'integrazione di 253 unità del contingente delle Forze armate impiegato nell'operazione "Strade sicure" (art. 22, comma 1).

Sempre per il personale delle Forze di Polizia e delle Forze armate, compreso il Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera, il comma 2 destina ulteriori risorse pari complessivamente a 23.681.122 euro per l’anno 2020, di cui 19.537.122 euro per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale, ed euro 4.000.000 per l’acquisto di equipaggiamento operativo e 144.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario al personale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.

 

Il comma 3 autorizza, per l’anno 2020, la spesa complessiva di 5.973.600 euro per coprire le esigenze, per 90 giorni, del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale cifra è destinata al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (2.073.600 euro), per i richiami del personale volontario (900.000 euro) e per l'acquisto del seguente equipaggiamento (3.000.000):

§  attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico;

§  dispositivi di protezione individuali del personale operativo;

§  dispositivi di protezione collettivi e individuali del personale nelle sedi di servizio;

§  prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile.

 

Si ricorda che anche il DL 9/2020 ha autorizzato la spesa complessiva di 432.000 euro, per l'anno 2020, per il pagamento delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego (art. 22).

 

Il comma 4 autorizza una spesa pari a 6.636.342 euro per il personale del Ministero dell’interno, anche nell’articolazione territoriale delle prefetture. Lo stanziamento è finalizzato a coprire le spese per lo svolgimento dei maggiori compiti demandati all’amministrazione della pubblica sicurezza in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID -19, per un periodo di ulteriori 90 giorni rispetto a quelli previsti da una analoga disposizione del decreto-legge 9/2020.

L'art. 22, comma 3 del citato D.L. 9/2020, dispone che, al fine di assicurare, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto (ossia fino al 7 aprile 2020) lo svolgimento dei maggiori compiti demandati alle prefetture in relazione all'emergenza sanitaria, è autorizzata la spesa di 133.000 euro per l'anno 2020, per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario rese dal personale dell'amministrazione civile dell'interno in servizio presso le prefetture..

Quindi la disposizione in esame stanzia ulteriori risorse per il periodo fino al 6 luglio 2020.

Lo stanziamento è così ripartito:

§  3.049.500 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario;

§  1.765.842 euro per spese di personale da inviare in missione;

§  821.000 euro per spese sanitarie, pulizia e acquisto dispositivi di protezione individuale;

§  1.000.000 euro per acquisti di prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile.

 

Inoltre, si dispone una deroga al tetto di spesa per missioni. Il tetto è pari al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 (art. 6, comma 12, del decreto legge 78/2010), n.78). La disposizione è finalizzata ad assicurare la sostituzione temporanea del personale in servizio presso le prefetture.

 

Sempre per un periodo di 90 giorni è assicurato il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dell’amministrazione civile dell’interno, ossia dal personale addetto agli uffici del dipartimento della pubblica e dal personale dipendente dalle autorità provinciali (questure) e locali (commissariati) di pubblica sicurezza (art. 3, comma 2, lettere a) e b), L. 121/1981). A tal fine è autorizzata la spesa complessiva di 2.081.250 euro per l’anno 2020 (comma 5).

 

Il comma 6 riduce da due anni a un anno la durata il corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia avviato a seguito del concorso pubblico del 2007 e tuttora in svolgimento.

Per tale finalità viene autorizzata la spesa di 837.652 euro per l’anno 2020 e di 2.512.957 euro per l’anno 2021.

 

Oggetto della disposizione è il concorso pubblico, per titoli ed esami, a cinquanta posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia indetto con decreto ministeriale 28 giugno 2017. Il concorso si è concluso con l'approvazione della graduatoria con decreto ministeriale 23 maggio 2019, pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Personale dell'Amministrazione civile dell'Interno n. 6 del 2019 e di tale pubblicazione è stato dato avviso nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale "Concorsi ed Esami" n. 49 del 21 giugno 2019. Con decreto ministeriale 6 agosto 2019 sono stati nominati in servizio, a decorrere dal 30 settembre 2019, tutti i candidati in graduatoria.

La disposizione in esame è finalizzata ad assicurare l’immediato supporto e la più rapida copertura di posti vacanti in organico in relazione alla attuazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID -19 di cui al decreto -legge 23 febbraio 2020, n. 6.

Si ricorda che il succitato provvedimento di urgenza prevede che spetti al prefetto comminare le sanzioni conseguenti l'accertamento delle violazioni delle misure di contenimento ivi previste. Il prefetto, inoltre, informando preventivamente il Ministro dell'interno, assicura l'esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali (art. 3).

La riduzione, una tantum, del corso di formazione, prevista dalla disposizione in commento, costituisce una deroga alla disciplina della formazione iniziale dei prefetti che prevede, dopo la nomina in servizio, lo svolgimento di corso di formazione iniziale della durata di due anni. Il corso è articolato in periodi alternati di formazione teorico-pratica e di tirocinio operativo. Al termine del primo anno del corso è effettuata una valutazione dei partecipanti, ai fini del superamento del periodo di prova (D.Lgs. 139/2000, art. 5). Le modalità di svolgimento del corso biennale di formazione iniziale del personale della carriera prefettizia sono disciplinate dal D.M. 13 luglio 2002, n. 196.

La disposizione in commento prevede che il corso di formazione abbia una durata di un anno e si articoli in due semestri: il primo di formazione teorico-pratica, il secondo di tirocinio operativo svolto presso le prefetture dei luoghi di residenza. Al semestre di tirocinio operativo non si applicano i provvedimenti di sospensione delle attività didattico-formative adottati in relazione all'emergenza sanitaria con i DPCM del 23 febbraio e del 4 marzo 2020.

Si prevede, inoltre, che con decreto del Ministro dell’interno di natura non regolamentare, sentito il Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, venga adeguato alle nuove disposizioni il citato decreto ministeriale 13 luglio 2002, n. 196 che reca le modalità di valutazione dei partecipanti al corso di formazione di cui al sono adeguate al corso di cui al presente articolo.

La disposizione in esame mantiene fermo l'obbligo di svolgere la valutazione al termine del primo anno, il cui esito favorevole comporta il superamento del periodo di prova e l’inquadramento nella qualifica di viceprefetto aggiunto. La posizione in ruolo sarà determinata sulla base della media tra il punteggio conseguito nel concorso di accesso ed il giudizio conseguito nella valutazione finale.

Infine, si dispone che, per il personale prefettizio oggetto del presente provvedimento, non si applichi il requisito del tirocinio operativo di durata di 9 mesi presso le strutture centrali dell’amministrazione dell’interno nell'ambito della formazione iniziale, ai fini del passaggio dalla qualifica di viceprefetto aggiunto a quella di viceprefetto (come prevede il D.lgs. 139/2000).

 

Il comma 7 interviene in ambito carcerario autorizzando la spesa complessiva di 6.219.625 euro per l’anno 2020 di cui:

§  3.434.500 euro per il pagamento, anche in deroga ai limiti vigenti, delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni;

§  1.585.125 euro per gli altri oneri connessi all’impiego temporaneo fuori sede del personale necessario;

§  1.200.000,00 per le spese di sanificazione e disinfezione degli ambienti nella disponibilità del medesimo personale e a tutela della popolazione detenuta.

 

La disposizione è finalizzata a garantire il rispetto dell’ordine e della sicurezza in ambito carcerario e a far fronte alla situazione emergenziale connessa alla diffusione del COVID-19. Le risorse stanziate consentiranno lo svolgimento da parte del personale carcerario dei compiti derivanti dalle misure straordinarie poste in essere per il contenimento epidemiologico.

 

Il comma 8 reca la consueta formula di copertura finanziaria degli oneri conseguenti agli stanziamenti di cui al presente articolo, quantificati in 105.368.367 per l’anno 2020 e 2.512.957 per l’anno 2021. A tali oneri si fa fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell’interno.


Articolo 75
(Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso
di cittadini e imprese)

 

L’articolo 75 autorizza le pubbliche amministrazioni, fino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici e servizi di connettività, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ed in deroga al Codice degli appalti e ad ogni altra disposizione di legge ad eccezione della legge penale e fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

 

La disposizione è finalizzata:

§  ad agevolare la diffusione del lavoro agile di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81;

Il lavoro agile - disciplinato dagli artt. da 18 a 22 della L. 81/2017 - viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

(i)       stabilita mediante accordo tra le parti;

(ii)    con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

(iii)  eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall’art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale sono state emanate la Direttiva 1° giugno 2017 e la Circolare della funzione pubblica n. 1 del 2020).

 

§  a favorire la diffusione di servizi in rete;

§  ad agevolare l'accesso ai servizi in rete.

 

Si tratta di ulteriori misure di contrasto agli effetti dell’emergenza epidemiologica.

 

Il comma 1 individua l’ambito soggettivo di applicazione della norma nelle:

§  amministrazioni aggiudicatrici, ossia le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti, secondo la definizione recata dall’art. 3 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016);

§  autorità amministrative indipendenti, comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione.

 

Tali soggetti sono autorizzati, sino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici, nonché servizi di connettività in deroga a tutte le disposizioni di legge ad eccezione della legge penale, e fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

 

Le misure contenute nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che rilevano sono, in particolare, quelle riguardanti i rapporti con le amministrazioni pubbliche. Il codice prevede un sistema di documentazione antimafia volto a impedire l’accesso a finanziamenti pubblici e la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni da parte di imprese e soggetti privati su cui grava il sospetto di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Il sistema è incentrato intorno all'art. 67, il quale dispone che l'applicazione, con provvedimento definitivo, di una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo II, capo II del codice (ovvero  sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) comporta la decadenza di diritto da licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni rilasciate da soggetti pubblici, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. La conoscenza di tali situazioni si esplica attraverso la documentazione antimafia di cui all'art. 84 del codice, la quale comprende: la comunicazione antimafia, che consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67; l'informazione antimafia, che, oltre ad attestare la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 come la comunicazione, è volta altresì ad attestare la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di società o imprese. L'informazione viene richiesta prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, il cui valore sia:  pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture; superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; superiore a 150.000 euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici hanno l'obbligo, a norma dell'art. 83 del codice, di acquisire tale documentazione attraverso la consultazione della banca dati nazionale o, in taluni casi, tramite richiesta alla prefettura territorialmente competente prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67.

Nei casi di urgenza ed esclusi i casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita autodichiarazione con la quale l'interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 (art. 89 del codice).

 

Le amministrazioni possono, si chiarisce, acquisire tali prodotti e servizi mediante procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

L'uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è contemplato dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) in determinati casi tassativamente individuati dall'art. 63 del Codice stesso. Tra questi, il Codice prevede che si possa accedere a tale procedura per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili che impediscono il rispetto dei termini per le procedure consuete (art, 63, comma 2, lett. c), D.Lgs. 50/2016).

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera uuu), le «procedure negoziate» sono definite come le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto.

 

I prodotti e i servizi dovranno essere scelti preferibilmente tra quelli basati sul modello cloud SaaS (software as a service).

 

Per “Cloud della PA” si intende: “l’insieme delle infrastrutture e servizi IaaS/PaaS erogati da Cloud SPC, dai PSN e dagli altri CSP che saranno qualificati ai sensi di quanto disposto dal Piano Triennale”. Tra i modelli di servizio offerti dalle piattaforme di Cloud computing, il Software as a Service (SaaS) identifica la classe di servizi fully-managed in cui il gestore del servizio (CSP) si occupa della predisposizione, configurazione, messa in esercizio e manutenzione dello stesso (utilizzando un’infrastruttura cloud propria o di terzi), lasciando al fruitore del servizio (PA) il solo ruolo di utilizzatore delle funzionalità offerte (Circolare Agid n. 3 del 9 aprile 2018).

 

Inoltre, viene posto obbligo di selezionare l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o una «piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese di cui, rispettivamente, all’articolo 25, comma 8, del D.L. n. 179/2012 (conv. con mod. in L. n. 221/2012) e all’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 3/2015.

 

La definizione di start-up innovativa è contenuta nell'articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012. Ai sensi di tale norma, è startup innovativa - e dunque accede agli incentivi per essa previsti dal citato decreto legislativo - la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:

·      è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (comma 2, lett. b);

·      ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (lett. c);

·      presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (lett. d);

·      non distribuisce e non ha distribuito utili (lett. e);

·      non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g);

·      ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f);

·      a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (lett. h):

-            le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del valore maggiore tra fatturato (valore totale della produzione) e costo (il n. 1, lett. h), comma 2 dell'art. 25 descrive talune le spese da annoverarsi a quelle in ricerca e sviluppo in aggiunta ai criteri dettati dai principi contabili aziendali);

-            la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in Italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;

-            l'impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.

L’articolo 25, commi 8-13 del D.L. n. 179/2012, prevede che la start-up innovativa in possesso dei predetti requisiti deve registrarsi presso l'apposita sezione speciale del Registro delle imprese, al fine di poter beneficiare della disciplina agevolativa per essi prevista dal Decreto legge.

L'iscrizione avviene trasmettendo telematicamente alla Camera di Commercio territorialmente competente un'autocertificazione prodotta dal legale rappresentante circa il possesso dei requisiti, sulla piattaforma informatica del portale nazionale delle imprese innovative http://startup.registroimprese.it/(cfr. articolo 25, comma 17-bis, introdotto con il D.L. n. 135/2018, cd. D.L. cd. "Semplificazioni", che ha attribuito valore legale alla piattaforma startup.registroimprese.it.).

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le startup innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità. Nel dettaglio, l'articolo 4 comma 1 del D.L. n. 3/2015 definisce PMI innovative, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

·      la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 73 D.P.R. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

·      la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

·      le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;

·      l'assenza di iscrizione al registro speciale delle startup e incubatori certificati;

·      il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta:

-     volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 % del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa; vengono dettagliate modalità specifiche di computo delle spese;

-     impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale;

-     titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Quanto all'iscrizione delle PMI innovative presso il registro delle imprese, le modalità sono analoghe a quelle previste per le startup innovative, prevedendosi, all’articolo 4, comma 2, l'istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di una apposita sezione speciale del registro delle imprese cui le PMI innovative devono essere iscritte.

L'iscrizione avviene a seguito di presentazione della domanda in formato elettronico, e le informazioni inserite al momento dell'iscrizione secondo quanto disposto dall'articolo 4, comma 3 del D.L. n. 3/2015 devono essere aggiornate annualmente con le medesime modalità telematiche (nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it).

 

I commi successivi pongono ulteriori vincoli alle amministrazioni.

 

Il comma 2 prevede la trasmissione al Dipartimento per la trasformazione digitale e al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri degli gli atti con i quali sono indette le procedure negoziate da parte delle amministrazioni procedenti.

 

A decorrere dal 1° gennaio 2020 sono state trasferite al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale (D.L. 135/2018, c.d. decreto semplificazioni, art. 8). Si tratta delle funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici, anche in forma societaria operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, con i connessi poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competono tali adempimenti, ivi inclusa l'Agenzia per l'Italia digitale, nonché il potere sostitutivo in caso di inadempienze gestionali o amministrative. La legge di bilancio 2020 ha attribuito nuove competenze al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro delegato, consistenti nell'individuazione, promozione e gestione di progetti di innovazione tecnologica e di trasformazione digitale di rilevanza strategica e di interesse nazionale, mediante la competente struttura per l'innovazione della Presidenza del Consiglio (L. 160/2019, art. 1, comma 401).

A seguito dell'approvazione del DL 135/2018, il Governo ha proceduto alla istituzione del Dipartimento per la trasformazione digitale, quale struttura di supporto al Presidente del Consiglio per la promozione ed il coordinamento delle azioni del Governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali. (DPCM 19 giugno 2019). Con il decreto 24 luglio 2019, il Dipartimento si è dato una propria organizzazione interna.

Il Dipartimento per la trasformazione digitale è la struttura di supporto Ministro senza portafoglio per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, nominato dal nuovo Governo nel settembre 2019. Il Ministro ha delega ad esercitare le funzioni spettanti al Presidente del Consiglio nelle materie dell'innovazione tecnologica, dell'attuazione dell'agenda digitale e della trasformazione digitale del Paese (DPCM 26 settembre 2019).

 

Inoltre, (comma 3) le amministrazioni prima di stipulare il contratto sono tenute ad acquisizione una autocertificazione dell’operatore economico aggiudicatario che attesti:

§  il possesso dei requisiti generali, finanziari e tecnici;

§  la regolarità del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) il documento con il quale, in modalità telematica, indicando il codice fiscale del soggetto da verificare, si dichiara la regolarità contributiva nei confronti di INPS, INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell'edilizia, di Casse edili;

§  l’assenza di motivi di esclusione secondo segnalazioni rilevabili dal Casellario Informatico di Anac.

L’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) individua i motivi che possono portare all’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione.

Il comma 12 del medesimo articolo dispone che, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'ANAC che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto fino a due anni, decorsi i quali l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.

L'art. 213, comma 10, del Codice dei contratti dispone che l’ANAC gestisce il Casellario Informatico dei contratti di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 80 succitato. All’ANAC è inoltre devoluto il compito di stabilire le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario, che sono ritenute utili, tra l’altro, per la verifica dei gravi illeciti professionali (che costituiscono motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c)).

In attuazione di tale disposizione, dapprima con la deliberazione 6 giugno 2018 e poi con la deliberazione 2 ottobre 2019, n. 861, l’ANAC ha adottato il regolamento per la gestione del casellario.

 

Inoltre, spetta alle stesse amministrazioni verificare preventivamente il rispetto delle prescrizioni imposte dalle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

A conclusione della gara, le amministrazioni stipulano immediatamente il contratto ed avviano l’esecuzione degli stessi, anche in deroga ai termini di cui all’articolo 32 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

L’art. 32 del d.lgs. 50/2016 disciplina le fasi delle procedure di affidamento e i relativi termini. In particolare, il comma 8 dispone che, divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. Lo stesso comma consente inoltre l’esecuzione d'urgenza “esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”.

Il successivo comma 9 dispone che il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione. Tale termine non si applica però nei casi individuati dal successivo comma 10.

Il comma 11 disciplina invece i termini per la stipula del contratto qualora sia stato proposto ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare.

Il comma 13 stabilisce che l’esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previsti al comma 8.

 

Il comma 4 pone due ulteriori condizioni agli acquisti in deroga di cui sopra.

In primo luogo essi devono essere inclusi in progetti coerenti con il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.

 

Il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione fissa gli obiettivi e individua i principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi delle p.a. (art. 14-bis Codice dell'amministrazione digitale). Il Piano è redatto dall'AgID, che ne cura anche la verifica dell'attuazione, e approvato dal Presidente del Consiglio, o dal ministro delegato per l'informatizzazione.

Nel marzo 2019 è stato varato il Piano triennale 2019-2021, che prosegue e integra le linee di azione del Piano 2017-2019 in un quadro di collaborazione con tutti gli interlocutori.

Le principali novità del Piano riguardano:

·      il recepimento delle modifiche introdotte del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD) e delle direttive e regolamenti europei sull'innovazione digitale;

·      il rafforzamento del paradigma Cloud della PA con l'applicazione del principio cloud first;

·      la definizione di modelli e strumenti per l'innovazione per la PA con un'attenzione ai temi dell'open innovation e al paradigma smart landscape;

·      un maggiore risalto al ruolo delle amministrazioni territoriali, che saranno accompagnate nel loro percorso di trasformazione digitale, attraverso la condivisione di strategie e piani operativi, ma anche di buone pratiche già adottate che aiutino a colmare rapidamente il divario digitale tra i diversi territori del Paese;

·      la condivisione con le amministrazioni degli strumenti di monitoraggio delle azioni;

·      il rafforzamento del tema delle competenze manageriali e digitali all'interno delle pubbliche amministrazioni, con iniziative concrete di sensibilizzazione e formazione;

·      l'adozione di una nuova chiave di lettura delle linee d'azione, che individua le aree di intervento e l'impatto su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.

 

Inoltre, gli interventi di sviluppo e implementazione dei sistemi informativi devono prevedere, qualora sia possibile, l’integrazione con le piattaforme abilitanti previste dal Codice dell'amministrazione digitale (CAD D.Lgs. 82/2005).

 

Si tratta delle seguenti piattaforme:

·      Piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati -Pago PA (art. 5 CAD)

·      Anagrafe nazionale della popolazione residente - ANPR (art. 62 CAD);

·      Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese -  PID (art- 64 CAD)

·      Punto di accesso telematico presso la Presidenza del Consiglio (art. 64-bis CAD).

 

Infine, il comma 5 reca una clausola di neutralità finanziaria prevedendo che le amministrazioni pubbliche procedono agli acquisti con le risorse disponibili a legislazione vigente. Pertanto, l’attuazione della disposizione in commento non compostano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza, come confermato dalla relazione tecnica di accompagnamento del disegno di legge di conversione del provvedimento in esame.


Articolo 76
(Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio
per l’attuazione di misure per l'emergenza COVID-19)

 

L’articolo 76 reca autorizzazione alla Presidenza del Consiglio (o Ministro delegato) ad avvalersi - fino al 31 dicembre 2020 - di un contingente di esperti, a fini di innovazione tecnologica e digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Altresì conferma (fino a naturale scadenza) gli incarichi ad esperti già conferiti a supporto del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio.

 

L'emergenza da Covid-19 pone, tra le sue sollecitazioni e sfide, quella che siano assicurati, da parte della pubblica amministrazione, servizi a distanza in via telematica agli utenti così come forme di smart working ai dipendenti.

Tale evoluzione importa, per la pubblica amministrazione, mutamenti e innovazione, tecnologici e di digitalizzazione. Per la loro introduzione il comma 1 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro delegato, si avvalgano fino al 31 dicembre 2020 di un contingente di esperti, in possesso di specifica ed elevata competenza nello studio, supporto, sviluppo e gestione di processi di trasformazione tecnologica.

Viene rimessa a decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la individuazione del contingente di tali esperti, la sua composizione ed i relativi compensi.

Siffatta previsione ricade sotto la generale 'copertura' normativa fornita dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999 -  articolo che ha per oggetto il personale della Presidenza del Consiglio, compresi esperti o personale incaricato.

 

In tema di trasformazione digitale, già il decreto-legge n. 135 del 2018 (all'articolo 8, in particolare il comma 1-quater) ha previsto - nel traferire alla Presidenza del Consiglio competenze innanzi attribuite al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale - la costituzione di un contingente di esperti dedicato.

Ebbene, il comma 2 dispone che quegli incarichi - se conferiti ad esperti con provvedimento adottato anteriormente al 30 dicembre 2019 - siano confermati sino alla scadenza prevista nell'atto di conferimento.

Dunque le vicende del contingente di esperti di nuova previsione da parte dell'articolo in commento del presente decreto-legge, non 'interferiscono' con quelle dell'altro contingente di esperti, costituito presso il Dipartimento per la trasformazione digitale presso la Presidenza del Consiglio e preposto ad una innovazione digitale non correlata all'emergenza da Covid-19.

 

Il comma 3 dispone circa la copertura degli oneri finanziari - senza fornirne specifica quantificazione.

In particolare prevede che agli oneri si provveda avvalendosi delle medesime risorse (a valere in parte - per 4 milioni nel 2020 - sul Fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia, in parte - per 2 milioni nel 2020; 6 milioni a decorrere dal 2021 - sul Fondo per le esigenze indifferibili) previste per la costituzione dell'altro contingente di esperti, quale normato dal citato articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018 - risorse che sono state poi incrementate (di 6 milioni per il 2020; di 8 milioni per il 2021; di 10 milioni a decorrere dal 2022) dall'articolo 1, comma 399, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020).

 

Può valere ricordare come l’articolo 18 del decreto-legge n. 9 del 2020 (anch'esso recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica) abbia previsto per le amministrazioni pubbliche la possibilità di accelerare e semplificare le procedure di acquisto di personal computer portatili e di tablet, onde erogare servizi a distanza, in via telematica, consentendo altresì forme di lavoro agile da parte dei dipendenti.


Articolo 77
(Pulizia straordinaria degli ambienti scolastici)

 

 

L’articolo 77 autorizza la spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali.

 

In dettaglio, tali risorse - pari a 43,5 milioni di euro per il 2020 - sono destinate alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione, ivi incluse le scuole paritarie.

Il riferimento al "sistema nazionale di istruzione" richiama la definizione della L. 6/2000, secondo cui il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e pubbliche, cioè degli enti locali. In questo caso, sono ricomprese nell'ambito di applicazione della disposizione in commento le scuole statali e le scuole paritarie pubbliche. L'inciso "ivi incluse le scuole paritarie" parrebbe superfluo se riferito alle scuole paritarie pubbliche, in quanto la definizione di "istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione" già presuppone l'inclusione delle scuole paritarie degli enti locali. Diversamente, ove l'inciso volesse richiamare le paritarie private, andrebbe soppresso l'aggettivo "pubbliche" sia nel primo sia nel secondo periodo del comma 1 del presente articolo.

Le predette risorse sono finalizzate a:

§  acquisto di materiali per la pulizia straordinaria dei locali;

§  acquisto di materiali per la protezione e l’igiene personale, sia del personale sia degli studenti.

La relazione tecnica precisa che l'importo è stato così calcolato:

-          2,5 euro (IVA inclusa) per ciascun dipendente, considerando circa un milione di dipendenti;

-          2,5 euro per ciascun alunno per i materiali igienizzanti, considerando più di 7 milioni di alunni delle scuole statali e circa 1 milione delle scuole paritarie;

-          5 euro per ciascun alunno degli istituti tecnici e professionali per la sanificazione degli ambienti e 2,5 euro per ciascun alunno degli istituti diversi dai tecnici e professionali per la sanificazione degli ambienti (più di 8 milioni di alunni in totale).

 

La relazione illustrativa specifica che la pulizia straordinaria si rende necessaria con particolare riferimento al momento della riapertura dopo la sospensione delle attività didattiche disposta in relazione all’emergenza sanitaria COVID-19.

Le prime misure di contenimento del COVID-19, per quanto qui di interesse, sono recate dall'art. 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) secondo cui nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva al virus COVID-19 almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, si prevede, tra l'altro, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.

            Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi che hanno esteso tale sospensione a tutte le scuole. Da ultimo, i DD.P.C.M. 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020 hanno stabilito, per quanto qui di interesse, la sospensione sull'intero territorio nazionale, sino al 3 aprile 2020, fra l'altro, dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, ferma in ogni caso la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza.

 

Al riparto delle summenzionate risorse finanziarie si procede con il decreto di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006.

 

L'art. 1, co. 601, della L. 296/2006 stabilisce che con decreto del Ministro dell'istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché per la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione.

I criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche nonché per la determinazione delle misure nazionali relative alla missione Istruzione Scolastica a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per il 2019 sono stati adottati con D.M. 28 febbraio 2019, n. 174.

 

Alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 126 (su cui si rimanda alla relativa scheda).

 

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 78
(
Misure in favore del settore agricolo e della pesca)

 

 

Il comma 1 aumenta dal 50 per cento al 70 per cento la percentuale relativa all’importo dei pagamenti diretti PAC per i quali può essere richiesto l’anticipo da parte degli imprenditori agricoli.

Il comma 2 istituisce un Fondo dotato di 100 milioni di euro per il 2020, destinati a coprire le spese per gli interessi passivi sui finanziamenti bancari e per sostenere l’arresto temporaneo delle attività di pesca.

Il comma 3 incrementa di 50 milioni per l’anno 2020 la dotazione del Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti per assicurare la distribuzione di derrate alimentari.

Il comma 4, infine, prevede che la copertura degli oneri rinviando a tal fine all’articolo 126.

 

Più in particolare, il comma 1 aumenta dal 50 per cento al 70 per cento la percentuale relativa all'importo per il quale può essere richiesta l'anticipazione dei pagamenti diretti disposti nell’ambito della politica agricola comune (PAC) a favore degli imprenditori agricoli.

 

Ai sensi del Reg. (CE) 17/12/2013, n. 1307/2013, i pagamenti diretti si articolano in:

1)   pagamento di base unico per superficie(obbligatorio);

2)   pagamento redistributivo;

3)   pagamento ecologico c.d. greening (obbligatorio, con un massimo consentito fino al 30%, limite utilizzato interamente dall'Italia);

4)   pagamento per le zone con vincoli naturali (facoltativo con un massimo del 5%);

5)   pagamento per i giovani agricoltor(obbligatorio, con un massimo del 2%,;

6)   pagamento accoppiato alla produzione per specifiche produzioni esclusi il tabacco e le patate (facoltativo con un massimo del 15%, l'Italia ha fissato all'11% la soglia massima utilizzabile). L’Italia, nell’ambito di tale pagamento, ha indirizzato le risorse prevalentemente a tre settori: la zootecnia, da carne e da latte, con una percentuale del 49%; i seminativi per il 34%; l'olivicoltura per il restante 16%. Nell'ambito del settore dei seminativi ricadono anche i premi per il Piano proteico nazionale;

7)   pagamento a favore dei piccoli agricoltori (facoltativo, con un massimo dl 10%, limite utilizzato interamente dall'Italia).

Con il decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, recante misure di rilancio per i settori agricoli in crisi e della pesca, è stato previsto, all’articolo 10-ter, comma 1, la possibilità di corrispondere, entro il 31 luglio di ciascun anno, fino al persistere delle situazioni di crisi, un'anticipazione da parte degli organismi pagatori riconosciuti sulle somme oggetto di domanda nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (PAC). Il comma 2 ha specificato che l'importo dell'anticipazione è stabilito in misura pari al 50 per cento dell'importo richiesto per i pagamenti diretti. Tale percentuale viene ora innalzata al 70 per cento. Veniva, poi, specificato che gli aiuti connessi all'anticipazione devono rispettare i limiti previsti per gli aiuti de minimis nel settore agricolo e della pesca. Il comma 3 del decreto-legge n.27 ha, quindi, rinviato, quanto alle modalità operative, all’art. 3 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, di riorganizzazione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), il quale prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, sentita l'Agenzia, previa espressa motivata richiesta degli organismi pagatori riconosciuti, ad effettuare a favore degli stessi anticipazioni di cassa entro sessanta giorni dalla richiesta, per far fronte alle esigenze di pagamento degli aiuti comunitari.

 

 

Il comma 2 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dotandolo di risorse finanziarie pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020

 

La disponibilità finanziaria è destinata:

§  a coprire interamente le spese per gli interessi passivi sui finanziamenti bancari erogati per garantire capitale circolare o per ristrutturare i debiti per la copertura dei costi degli interessi sui mutui maturati nel corso degli ultimi due anni;

§  a sostenere l’arresto temporaneo delle attività di pesca.

 

Per l’individuazione delle modalità applicative della disposizione in esame si rinvia all’emanazione di uno o più decreti che dovranno essere emanati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

L’erogazione delle misure dovrà avvenire nei limiti degli aiuti c.d. de minimis per il settore agricolo e della pesca, da ultimo disciplinato con Reg. (UE) n. 316 del 2019, modificativo del precedente regolamento n.1408 del 2013.

 

Il regolamento (UE) n. 316 del 2019 ha previsto che:

§  l'importo complessivo degli aiuti "de minimis" concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 20 000 EUR nell'arco di tre esercizi finanziari;

§  in deroga, gli Stati membri possono decidere che l'importo totale degli aiuti "de minimis" concessi a un'impresa unica non possa superare, a determinate condizioni, tra le quali quella di dotarsi da parte degli Stati membri di un registro centrale nazionale, 25 000 EUR nell'arco di tre esercizi finanziari.

 

Il comma 3 incrementa di 50 milioni per l’anno 2020 il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti al fine di poter far fronte alle maggiori necessità, causa l’emergenza CODIV-19, legate alla distribuzione di derrate alimentari.

 

Il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo nazionale indigenti), istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, è stato previsto dal comma 1 dell'art. 58, del decreto legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012). Le sue risorse sono allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Si ricorda, in relazione agli ultimi interventi disposti per il finanziamento del Fondo, che l'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati, infatti, stanziati 14 milioni di euro per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora e con specifiche caratteristiche.

In attuazione di quest'ultima disposizione, è stato quindi emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2019, recante il "Programma nazionale 2019 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti - Formaggio pecorino DOP".

Infine, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (art. 1, comma 511).

 

Il comma 4, infine, prevede che la copertura degli oneri sia disposta a valere sulle risorse finanziarie disposte dall’articolo 126 del decreto-legge in esame.

 


Articolo 79
(Misure urgenti per il trasporto aereo)

 

 

L’articolo 79 riconosce formalmente l’epidemia da COVID-19 come calamità naturale ed evento eccezionale per il settore del trasporto aereo e prevede misure compensative dei danni subiti per le imprese  di trasporto aereo di passeggeri che esercitano oneri di servizio pubblico (commi 1 e 2); autorizza inoltre, in considerazione della particolare situazione determinatasi con l’emergenza COVID-19, per Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., la costituzione di una nuova società pubblica, o interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze, o a prevalente partecipazione pubblica, autorizzando espressamente il Commissario straordinario a porre in essere ogni atto a ciò necessario o conseguente (commi da 3 a 8).

 

In dettaglio il comma 1 riconosce formalmente l’epidemia da COVID-19 come calamità naturale ed evento eccezionale ai fini del presente articolo, ai sensi dell’articolo 107, comma 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale articolo, alla richiamata lett. b), considera compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

 

Si segnala a questo proposito che la Vice Presidente della Commissione Europea, Margrethe Vestager, ha annunciato, il 17 marzo 2020, un nuovo quadro temporaneo europeo per gli aiuti di Stato.

 

Il comma 2 riconosce misure compensative dei danni subiti, come conseguenza diretta dell’evento eccezionale, alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’ENAC che esercitano oneri di servizio pubblico alla data di emanazione del presente decreto-legge, in considerazione dei danni subiti dall’intero settore dell’aviazione a causa dell’insorgenza dell’epidemia da COVID 19, al fine di consentire la prosecuzione dell’attività.

Per le modalità applicative si rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. L’efficacia della disposizione viene comunque subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, che prevede la comunicazione in tempo utile alla Commissione dei progetti diretti a istituire o modificare aiuti.

 

I commi da 3 a 8 prevedono disposizioni per le società Alitalia S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., entrambe in amministrazione straordinaria.

Il comma 3, in considerazione della situazione determinata sulle attività di Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e di Alitalia Cityliner S.p.A. dall’epidemia da COVID-19, autorizza la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta.

 

In base al comma 4, l’atto costitutivo della nuova società pubblica sarà definito attraverso uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sottoposti alla registrazione della Corte dei Conti, e saranno ivi definiti l’oggetto sociale, lo Statuto e il capitale sociale iniziale. Saranno inoltre nominati gli organi sociali in deroga alle disposizioni vigenti in materia e sarà definito ogni altro elemento necessario per la costituzione e il funzionamento della società.

Si autorizza inoltre il Commissario Straordinario delle società a porre in essere ogni atto necessario o conseguente, nelle more dell’espletamento della procedura di cessione dei complessi aziendali delle due società in amministrazione straordinaria e fino all’effettivo trasferimento dei medesimi complessi aziendali all’aggiudicatario della procedura di cessione, ai fini di quanto necessario per l’attuazione della norma in commento.

Il MEF è autorizzato a partecipare al capitale sociale o a rafforzare la dotazione patrimoniale della nuova società, anche in più fasi e anche per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta.

 

Il comma 5 esclude l’applicazione, per la società così costituita, delle disposizioni del Testo unico delle società a partecipazione pubblica (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e successive modifiche e integrazioni).

 

Tra le disposizioni del Testo unico si segnala come l’articolo 4 preveda che le amministrazioni pubbliche non possano, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. L’articolo 5 prescrive che l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L’articolo 7 prevede che la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali. Sono inoltre previste norme specifiche in materia di gestione delle partecipazioni (art. 9), alienazione delle stesse (art. 10), crisi d’impresa (art. 12), legittimazione ad agire per la denunzia di gravi irregolarità (art. 13), monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica (art. 15) e gestione del personale (artt. 19 e 25).

 

Il comma 6 dispone che ai fini dell’eventuale trasferimento di personale ricompreso nel perimetro dei complessi aziendali di Alitalia e Cityliner in amministrazione straordinaria, efficientati e riordinati in base al programma dell’amministrazione straordinaria integrato con le iniziative di riorganizzazione ed efficientamento della struttura come previsto all’art. 1, co. 3 del DL n. 137/2019, si applichi l’art. 5, co. 2-ter del DL n. 347 del 2003, con espressa esclusione di ogni altra disciplina applicabile.

 

L’art. 5, co. 2-ter richiamato prevede che nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese e ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali, siano ridotti della metà i termini previsti dalla legislazione vigente (articolo 4, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 2, comma 6, del DPR 10 giugno 2000, n. 218, e articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428). Inoltre la norma prevede che nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda, ovvero esaurite le stesse infruttuosamente, il Commissario e il cessionario possano concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitarie e definire i contenuti di uno o più rami d'azienda, anche non preesistenti, con individuazione di quei lavoratori che passano alle dipendenze del cessionario. I passaggi anche solo parziali di lavoratori alle dipendenze del cessionario possono essere effettuati anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro in essere e assunzione da parte del cessionario.

 

Il comma 7 istituisce un apposito fondo per l’attuazione delle disposizioni del presente articolo, con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro per l’anno 2020. Si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione degli importi da destinare alle singole finalità previste dall’articolo in commento.

Si prevede inoltre che con un decreto del Ministro dell’economia e finanze possa essere riassegnata, per gli interventi relativi alla costituzione della nuova società pubblica prevista dal comma 4, una quota degli importi derivanti da operazioni di valorizzazione di attivi mobiliari e immobiliari o da distribuzione di dividendi o riserve patrimoniali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 8 reca la copertura finanziaria dell’articolo in commento, a valere ai sensi dell’articolo 126 del decreto.

 

Con riferimento alla cessione delle società Alitalia SAI S.p.a. e Alitalia Cityliner S.p.a. si ricorda che la prima fase della procedura di cessione, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria, iniziata il 19 ottobre 2018, ed il cui termine era stato successivamente prorogato fino al 21 novembre 2019, non aveva portato alla formalizzazione di alcuna offerta.  

L'articolo 37 del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge n. 58/2019, aveva quindi autorizzato l'ingresso del Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale sociale di una nuova compagnia aerea, "Nuova Alitalia", nel limite dell'importo maturato a titolo di interessi sul prestito, stimato in 145 milioni € ed il trasferimento a tale società dei  compendi aziendali oggetto delle procedure di amministrazione straordinaria, nonché la restituzione della quota capitale del finanziamento di 900 milioni di euro nell'ambito della procedura di ripartizione dell'attivo dell'amministrazione straordinaria, a valere e nei limiti dell'attivo disponibile di Alitalia – Società Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria. 

Successivamente il decreto legge 2 dicembre 2019, n. 137, convertito dalla legge 30 gennaio 2020, n. 2, ha disposto la concessione di un finanziamento semestrale di 400 milioni di euro e delineato una nuova procedura per pervenire al trasferimento dei complessi aziendali di Alitalia e delle altre società del gruppo, attraverso una integrazione al programma della procedura di amministrazione straordinaria, con un piano contenente le iniziative e gli interventi di riorganizzazione ed efficientamento della struttura e delle attività aziendali. È stato inoltre previsto che l'organo commissariale espleti le procedure di cessione entro il 31 maggio 2020, eventualmente anche individuando l'affittuario o l'acquirente, a trattativa privata tra i soggetti che garantissero la continuità nel medio periodo del relativo servizio pubblico essenziale, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e non discriminazione. Tra le facoltà riconosciute ai sensi del citato decreto-legge all’organo commissariale con riferimento alla vendita dei complessi aziendali è richiamata l'applicazione dei commi dal quarto al nono dell'articolo 105 della legge fallimentare. Tali disposizioni prevedono tra l’altro che il curatore possa procedere alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile; che il curatore possa procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella sezione II del Capo VI della legge fallimentare, facendo salve eventuali diverse disposizioni previste in leggi speciali; che il pagamento del prezzo possa essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell'acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.

Anche in ragione delle facoltà previste dalla sopra ricordata normativa il Commissario straordinario ha, in data 6 marzo 2020, pubblicato un Invito alla manifestazione di interesse relativamente:

(a)   alle attività aziendali unitariamente considerate (“Lotto Unico”);

ovvero, alternativamente:

(b) alle attività di aviation (“Lotto Aviation”); e/o

(c) alle attività di handling (“Lotto Handling”); e/o

(d) alle attività di manutenzione (il “Lotto Manutenzione”).

Il termine per la formulazione delle manifestazioni di interesse era fissato alle 23.59 del 18 marzo 2020. Per ulteriori elementi ed aggiornamenti sullo stato della procedura si rinvia al sito dell’Amministrazione straordinaria.

 

Per ulteriori approfondimenti sulla vicenda Alitalia e sui più recenti interventi normativi, si rinvia al relativo paragrafo del Tema “Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo”, sul Portale di Documentazione della Camera dei Deputati.


Articolo 80
(Incremento della dotazione dei contratti di sviluppo)

 

 

L'articolo 80 autorizza la spesa di ulteriori 400 milioni di euro per il 2020 per la concessione delle agevolazioni previste nell’ambito dei “contratti di sviluppo”, il cui istituto è stato introdotto nell'ordinamento giuridico nel 2008.

 

In particolare, come chiarisce il comma 1, la predetta autorizzazione di spesa è espressamente qualificata come aggiuntiva rispetto all'incremento di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, già disposto dall’articolo 1, comma 231, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) con riferimento alle agevolazioni relative ai contratti di sviluppo.

 

Il contratto di sviluppo rappresenta il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni nei settori industriale, turistico e della tutela ambientale. Lo strumento è gestito dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia.

Esso è stato introdotto nell’ordinamento dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 per favorire la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere, nei settori industriale, turistico e commerciale.

Il D.L. n. 69/2013 è intervenuto sulla disciplina dello strumento agevolativo in questione, demandando, all'articolo 3, comma 4, al Ministro dello sviluppo economico di provvedere, con proprio decreto, alla ridefinizione delle modalità e dei criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui al menzionato articolo 43 del D.L. n. 112/2008, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal MISE, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

In attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 69/2013 è stato adottato il D.M. 14 febbraio 2014, che ha operato una riforma della disciplina relativa ai contratti di sviluppo. Il successivo D.M. 9 dicembre 2014 ha operato un adeguamento alle nuove norme in materia di aiuti di Stato previste dal regolamento (UE) n. 651/2014 dello strumento dei contratti disviluppo. Il D.M. 8 novembre 2016 ha apportato modifiche al D.M. 9 dicembre 2014 in materia di contratti di sviluppo, al fine di assicurare una più efficiente gestione delle fasi procedimentali, nonché di modulare le medesime in funzione delle dimensioni dei programmi di sviluppo proposti. In particolare, con il citato D.M. è stata introdotta la possibilità di stipulare accordi di sviluppo tra il Ministero, Invitalia (soggetto gestore), l'impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, per promuovere la realizzazione di programmi che rivestono una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale di riferimento. Con D.M. 7 dicembre 2017 si è provveduto ad adeguare il D.M. 9 dicembre 2014 alle nuove disposizioni comunitarie in materia di delocalizzazione introdotte dal regolamento (UE) n. 1084/2017, che modifica il Regolamento (UE) n. 651/2014. Con D.M. 23 marzo 2018 sono state ampliate le modalità di intervento in favore delle imprese, prevedendo la possibilità per il soggetto gestore, ad integrazione delle agevolazioni di natura contributiva o di finanziamento già previste, di intervenire alle normali condizioni di mercato nel capitale di rischio del soggetto proponente. Al suddetto intervento, il citato D.M. 23 marzo 2018 ha destinato 20 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile.

Le istanze di accesso alle agevolazioni sono presentate all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, la quale procede allo svolgimento delle attività istruttorie di competenza. La procedura è finalizzata alla sottoscrizione tra il Ministero, Invitalia, l’impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, di accordi di sviluppo ed è attivabile su istanza dell’impresa proponente, ossia l’impresa che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo.

Le agevolazioni sono concesse nelle seguenti forme, anche in combinazione tra loro: finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributo in conto interessi; contributo in conto impianti; contributo diretto alla spesa; prestiti; garanzie. Particolari criteri per la determinazione delle agevolazioni concedibili sono previsti, sempre in attuazione dei vigenti regolamenti comunitari, per i programmi di sviluppo per la tutela ambientale e per i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Per tale ultimo settore, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 agosto 2017 sono state fornite specifiche disposizioni applicabili per il periodo 2014-2020.

Per un’analisi delle risorse finanziarie assegnate, per il periodo di programmazione 2014-2020, allo strumento dei contratti di sviluppo, si rinvia alla sezione dedicata sul sito del MISE.

Si ricorda inoltre che la legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) al comma 202 ha rifinanziato di 1,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 41 milioni per il 2020 e di 70,4 milioni di euro per il 2021 lo strumento del contratto di sviluppo.

Infine, l'articolo 1, comma 231, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020), ha autorizzato, per la concessione delle agevolazioni sopra descritte, la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Per l'utilizzo delle risorse disponibili per le agevolazioni, il MISE può definire, con proprie direttive, gli indirizzi operativi necessari al raggiungimento di fini strategici di sviluppo. Le risorse annualmente destinate agli interventi previsti e non utilizzate al 31 dicembre di ciascun anno a decorrere dal 2021, tenuto conto dei fabbisogni connessi alle domande di agevolazione presentate, possono essere destinate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, nel rispetto delle regole contabili, al finanziamento di iniziative a carattere innovativo di rilevante impatto economico, sociale e ambientale con riferimento al sistema produttivo dei territori interessati.

 

Il comma 2 rinvia all’articolo 126 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.


Articolo 81
(Misure urgenti per lo svolgimento della consultazione
referendaria nell’anno 2020)

 

 

L’articolo 81 proroga il termine ultimo per l’indizione del referendum ex art. 138 Cost. sul testo della legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019. Viene previsto che la consultazione referendaria sia indetta entro 240 giorni (anziché 60) dalla comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum sulla legittimità del referendum (comunicazione avvenuta il 23 gennaio 2020).

 

Il 12 ottobre 2019 è stato pubblicato il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” (G.U. del 12 ottobre 2019, n. 240).

Il 10 gennaio 2020 è stata depositata, presso la Corte di cassazione, la richiesta di referendum di cui all’art. 138 Cost. sottoscritta dal prescritto numero di senatori in carica.

Con ordinanza del 23 gennaio 2020 l’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme alle norme dell’art. 138 Cost. e della legge 25 maggio 1970, n. 352 la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale presentata presso la cancelleria della Corte di Cassazione il 10 gennaio 2020 e ha dichiarato la legittimità del quesito referendario.

La legge prescrive che entro 60 giorni dall’ordinanza dell’Ufficio centrale  sulla legittimità del referendum (ossia entro il 23 marzo 2020), il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con proprio decreto il referendum che si svolge in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione (L. 352/1970, art. 15).

Il 27 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, ha convenuto sulla data del 29 marzo 2020 per l’indizione – con decreto del Presidente della Repubblica – del referendum popolare previsto dall’articolo 138 della Costituzione sul testo di legge costituzionale concernente la riduzione del numero dei seggi parlamentari.

Il giorno successivo è stato adottato il D.P.R. 28 gennaio 2020 di indizione del referendum (D.P.R. pubblicato nella G.U. 29 gennaio 2020, n. 23).

Successivamente, il Consiglio dei ministri del 5 marzo 2020, in considerazione di quanto disposto con il DPCM 4 marzo 2020, recante misure per il contrasto, il contenimento, l’informazione e la prevenzione sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19, su proposta del Presidente del Consiglio, ha convenuto di proporre al Presidente della Repubblica la revoca del decreto del 28 gennaio 2020, con il quale è stato indetto per il 29 marzo il referendum popolare confermativo sul testo di legge costituzionale.

Lo stesso giorno è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica che ha revocato il decreto del 28 gennaio di indizione del referendum (G.U. 6 marzo 2020, n. 57).

Il 6 marzo 2020 il ministero dell’interno ha quindi disposto la sospensione, con effetto immediato, delle operazioni connesse al procedimento referendario (Circolare 17/2020).

Dovrà quindi essere adottato un nuovo decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, per indire il referendum.

 

La disposizione in esame fissa quindi, in via straordinaria, il termine ultimo per l’indizione del referendum in questione in 240 giorni (e non più 60 come prevede la legge) dalla comunicazione dell’ordinanza della Cassazione, che, come si è visto, è del 23 gennaio. Pertanto, il referendum potrà essere indetto entro il 19 settembre 2020.

Dal momento che il referendum si deve svolgere in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione, il termine ultimo per tenere la consultazione referendaria sarebbe domenica 22 novembre 2020.

 

Nella storia della Repubblica non ci sono precedenti di rinvio di referendum confermativi costituzionali.

Si registrano alcuni casi di rinvio, o per meglio dire sospensione, di referendum abrogativi a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. La legge prevede, infatti, che nel caso di anticipato scioglimento delle Camere, il referendum abrogativo già indetto è sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere (L. 352/1970, art. 34).

Un caso di rinvio risale al 2009. Tre referendum, già previsti per il 2008, vennero rinviati per le elezioni anticipate. L’anno successivo i comizi elettorali dei tre referendum vennero convocati il 21 giugno, in deroga alla disposizione di legge che prevede lo svolgimento dei referendum abrogativi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno (L 352/1970, art. 34). La deroga fu disposta da una legge apposita (Legge 28 aprile 2009, n. 40) che stabilì che i referendum previsti dall'articolo 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2009 fossero indetti per una domenica compresa tra il 15 aprile e il 30 giugno del medesimo anno in previsione del contemporaneo svolgimento dei referendum con il secondo turno di votazione delle elezioni amministrative fissato per il 21 giugno 2009.

 

 

La riduzione del numero dei parlamentari

 

Nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019 è stato pubblicato il testo della legge costituzionale, che prevede la riduzione del numero dei parlamentari: da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. Sono a tal fine modificati gli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione. Il testo è stato approvato dal Senato, in seconda votazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta dell'11 luglio 2019, e dalla Camera dei deputati, in seconda votazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, nella seduta dell'8 ottobre 2019.

In base all'art. 138 della Costituzione le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Il testo interviene anche sulla previsione costituzionale dell'art. 57, terzo comma, che individua un numero minimo di senatori per ciascuna Regione. Rispetto al testo vigente, si stabilisce che è pari a tre il numero minimo di senatori elettivi per ciascuna regione o provincia autonoma; resta immutata la rappresentanza senatoriale del Molise (due senatori) e della Valle d'Aosta (un senatore) prevista dal vigente articolo 57, terzo comma, della Costituzione.

Viene inoltre fissato a cinque il numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale, mentre non vengono apportate modificazione della previsione costituzionale vigente circa gli ex Presidenti della Repubblica senatori di diritto a vita.

L'art. 4 della proposta di legge costituzionale dispone che "Le disposizioni di cui agli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore".

 

Parallelamente, il Parlamento ha approvato la legge 27 maggio 2019, n. 51 in materia elettorale che ha determinato il numero di seggi da attribuire nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali sulla base di un rapporto frazionario la cui applicazione restituisce gli stessi numeri attualmente fissati. Finalità delle modifiche è quella di rendere applicabile il sistema elettorale indipendentemente dal numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione, in modo che non si rendano necessarie modifiche alla normativa elettorale qualora il numero dei parlamentari dovesse essere modificato con leggi di modifica costituzionale.

La legge 51 del 2019 reca altresì (art. 3) una delega al Governo per la determinazione dei collegi – uninominali e plurinominali – per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da esercitare "qualora entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere". La modifica del numero dei componenti comporta infatti, a legislazione elettorale invariata, una corrispondente modifica del numero dei collegi elettorali e, quindi, dei relativi confini.

In tal caso la delega deve essere esercitata, ai sensi del suddetto art. 3, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale sulla base dei principi e criteri direttivi previsti dall'art. 3 della legge 51/2019 (che in gran parte richiamano quelli individuati dall'art. 3 della legge n. 165 del 2017).

 


Articolo 82
(Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche)

 

 

L'articolo 82 prevede che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 30 giugno 2020, al fine di far fronte alla crescita dei consumi dei servizi e del traffico sulle reti di comunicazioni elettroniche, le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche intraprendono misure e iniziative per potenziare le infrastrutture e garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi (co. 1 e 2). Le imprese fornitrici di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico adottano tutte le misure necessarie per potenziare e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza (co. 3). Si prevede che le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche soddisfano qualsiasi richiesta ragionevole di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della Presidenza del Consiglio o dalle unità di crisi regionali. In base al comma 5, le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico sono imprese di pubblica utilità e assicurano interventi di potenziamento e manutenzione della rete nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e dei protocolli di sicurezza anti-contagio. Il comma 6 dispone che le misure straordinarie adottate sono comunicate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che provvede a modificare o integrare il quadro regolamentare vigente, laddove necessario al perseguimento delle finalità della norma e nel rispetto delle proprie competenze.

La disposizione reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

I commi 1 e 2 stabiliscono che, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 30 giugno 2020, le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche, autorizzate ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, intraprendono misure e svolgono ogni utile iniziativa atta a:

Ø   potenziare le infrastrutture

Ø  e a garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi.

Si indica la finalità di far fronte alla crescita dei consumi dei servizi e del traffico sulle reti di comunicazioni elettroniche.

La norma fa riferimento alle imprese 'autorizzate ai sensi del Capo II del d.lgs n. 259/2003'. La disposizione, facendo riferimento alle autorizzazioni, sembrerebbe fare riferimento al Capo II del Titolo II del Codice delle comunicazioni elettroniche, recante la normativa in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, tuttavia il Titolo non risulta specificato nella disposizione.

Si valuti l'opportunità di chiarire il riferimento normativo al Titolo II, Capo II, del Codice delle comunicazioni elettroniche.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la norma è volta a stimolare interventi di potenziamento delle infrastrutture e ad assicurare la fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche in grado di supportare la crescita dei consumi e la gestione dei picchi di traffico generati dalla necessità di svolgere attività, quali smart working, e-learning, o in ambito di informazione, comunicazione, intrattenimento, acquisti online utilizzando la rete Internet o i tradizionali servizi voce e dati.

Il d.lgs n. 259/2003 e s.m.i. reca il Codice delle comunicazioni elettroniche. Il Capo II del Titolo II stabilisce le norme sulle autorizzazioni, prevedendo all'art. 25 (Autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica) che l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3 del Codice, fatte salve le condizioni stabilite nel Capo stesso e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.

In ordine alla disponibilità di servizi, l'art. 73 prevede che il Ministero stabilisce le misure necessarie per garantire la più ampia disponibilità possibile dei servizi telefonici accessibili al pubblico forniti attraverso le reti pubbliche di comunicazioni, in caso di incidenti gravi di rete o nei casi di forza maggiore. Le imprese fornitrici di servizi telefonici accessibili al pubblico devono adottare tutte le misure necessarie per garantire l'accesso ininterrotto ai servizi di emergenza.

In relazione ai Principi generali, di cui all'articolo 3 del Codice medesimo, va ricordato che il Codice garantisce i diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche. I provvedimenti riguardanti l'accesso o l'uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, rispettano i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto dell'Unione europea. In particolare, in base a tale disposizione (comma 2 dell'art. 3 del Codice) la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che è di preminente interesse generale, è libera e ad essa si applicano le disposizioni del Codice stesso.

Si prevede espressamente che sono fatte salve le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione.

Inoltre, l'art. 4 del Codice, recante Obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica, prevede che la disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica è volta a salvaguardare, nel rispetto del principio della libera circolazione delle persone e delle cose, i diritti costituzionalmente garantiti di 'promuovere e favorire, nell'imminenza o in caso di eventi emergenziali di protezione civile, di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, l'adozione di misure di autoprotezione da parte dei cittadini (lettera h-bis) dell'art. 4 del Codice).

Si ricorda che il servizio di comunicazione elettronica ad uso pubblico riguarda un servizio fornito dalla società titolare di autorizzazione o licenza, accessibile al pubblico; sul sito del MISE sono indicati i presupposti e le modalità per le autorizzazioni generali ad uso pubblico.

 

 

In base al comma 3, le imprese fornitrici di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico adottano tutte le misure necessarie per potenziare e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza.

Si ricorda che l'art. 76 del Codice reca disposizioni sui Servizi di emergenza e numero di emergenza unico europeo, prevedendo che il Ministero provvede affinché tutti gli utenti finali dei servizi indicati possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo "112" e qualunque numero di emergenza nazionale. In base al comma 1-bis, il Ministero, in consultazione con i fornitori dei servizi di emergenza, provvede affinché sia garantito un accesso ai servizi di emergenza da parte delle imprese che forniscono un servizio di comunicazione elettronica che permette di effettuare chiamate nazionali verso uno o più numeri che figurano nel piano nazionale di numerazione dei servizi di comunicazione elettronica.

 

Il comma 4 prevede che le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche soddisfano 'qualsiasi richiesta ragionevole' di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della PdC o dalle unità di crisi regionali.

Si valuti l'opportunità di chiarire la formulazione del comma, laddove si fa riferimento al carattere di 'ragionevolezza' in ordine alle richieste di miglioramento delle capacità di rete, al fine di meglio definire l'ambito di operatività della disposizione.

Sul piano della formulazione letterale, andrebbe chiarito il riferimento alla 'unità di emergenza della PdC'.

 

Inoltre, in base al comma 5, le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico sono imprese di pubblica utilità e assicurano interventi di potenziamento e manutenzione della rete nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e dei protocolli di sicurezza anti-contagio.

In materia di dichiarazione di pubblica utilità, il Codice delle comunicazioni elettroniche contempla, al suo Capo V, specifiche disposizioni con riguardo specifico alle reti ed impianti. L'art 90 prevede, in materia di pubblica utilità, che gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Gli impianti di reti di comunicazioni elettronica e le opere accessorie di uso esclusivamente privato possono essere dichiarati di pubblica utilità con decreto del Ministro dello sviluppo economico, ove concorrano motivi di pubblico interesse.

Si ricorda poi che la L. n. 481 del 1995 reca le Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. All'art 1, in materia di finalità, tale normativa prevede che le disposizioni della  legge in parola hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo. Il sistema tariffario deve altresì armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse.

 

Il comma 6 dispone che le misure straordinarie di cui ai commi 2, 3 e 4 sono comunicate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che provvede a modificare o integrare il quadro regolamentare vigente, laddove ciò sia necessario al perseguimento delle finalità di cui al presente articolo e nel rispetto delle proprie competenze.

La disposizione reca la clausola di invarianza finanziaria.

Si ricorda in materia che il Codice delle comunicazioni elettroniche (all'articolo 98) detta un articolato quadro di Sanzioni per la violazione degli obblighi posti delle autorità, delineando anche sanzioni irrogabili dall'Autorità di regolazione.

Si ricorda infine che gli organi dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono oggetto di proroga nei termini ed in base a quanto disposto dall'articolo 117 del presente decreto-legge.

 

 


Articolo 83
(Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in
materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare)

 

 

L’articolo 83 detta disposizioni urgenti per contenerne gli effetti negativi derivanti dall’emergenza epidemiologica sullo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali. In particolare, il provvedimento dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 maggio, di adottare misure organizzative - che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze - volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico, anche penale. L’articolo 83, inoltre, interviene sull’ordinamento penitenziario per consentire la sospensione, fino al 22 marzo, dei colloqui in carcere nonché, fino al 31 maggio, della concessione di permessi premio e semilibertà.

 

Il decreto-legge n. 18 del 2020 interviene sulla disciplina dei procedimenti civili e penali facendo seguito ad altri due decreti-legge, le cui disposizioni sono solo in parte coordinate. Si tratta:

§  del decreto-legge n. 9 del 2020 che, all’articolo 10, prevede che - dal 3 marzo 2020 al 31 marzo 2020 – siano rinviate d’ufficio, tranne alcune eccezioni, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari dei circondari dei Tribunali di Lodi e Rovigo, cui appartengono i comuni che il d.P.C.M. 1° marzo 2020 inseriva nella prima c.d. zona rossa. Il decreto-legge è tuttora in vigore, in attesa di conversione (A.S. 1746);

§  del decreto-legge n. 11 del 2020 che, facendo salve le disposizioni del precedente decreto, prevede che dal 9 al 22 marzo 2020, in tutti gli uffici giudiziari, siano rinviate – con alcune eccezioni - le udienze nei procedimenti civili, penali, tributari e militari, e sospesi i termini processuali (art. 1). Lo stesso decreto (art. 2) prevede l’adozione di misure organizzative per limitare gli accessi agli uffici giudiziari nel periodo dal 23 marzo al 31 maggio 2020 e limita i colloqui in carcere (fino al 22 marzo) e la concessione di permessi premio e semilibertà (fino al 31 maggio). Anche questo decreto è stato presentato per la conversione in legge al Senato (A.S. 1757).

Il decreto-legge n. 18 del 2020 detta una disciplina in parte coincidente con quella del decreto-legge n. 11 del 2020 e ne dispone espressamente la abrogazione:

§  l’art. 83, comma 22, abroga gli articoli 1 e 2 del decreto n. 11/2020 in tema di giustizia civile e penale, nonché di processo tributario e militare;

§  l’art. 84, comma 11, abroga l’art. 3 del decreto n. 11/2020 in materia di giustizia amministrativa (v. infra);

§  l’art. 85, comma 8, abroga l’art. 4 del decreto n. 11/2020, in materia di giustizia contabile (v. infra).

 

Quanto al contenuto specifico dell’articolo 83, i commi 1 e 2 dispongono, dal 9 marzo al 15 aprile 2020:

 

§  il rinvio d’ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (comma 1), con le eccezioni previste dal comma 3;

§  la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (comma 2), con le eccezioni previste dal comma 3;

Il comma 2 offre una esemplificazione non esaustiva dei termini che vengono sospesi (“e, in genere, tutti i termini procedurali”), facendo riferimento ai termini di durata delle indagini preliminari, a quelli previsti per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della motivazione, per la proposizione di atti introduttivi del giudizio e del giudizio esecutivo, per la proposizione di impugnazioni.

La stessa disposizione specifica che:

§  se il decorso del termine ha inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio è differito alla fine di tale periodo;

§  se il termine deve essere computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, l’udienza o l’attività da cui decorre il termine è differita, in modo da consentirne il rispetto. Si pensi, ad esempio, ad una udienza di comparizione fissata per la fine di aprile e alla costituzione del convenuto che deve essere effettuata almeno 20 giorni prima; in base al decreto-legge l’udienza slitterà per consentire al convenuto la costituzione in giudizio.

Rispetto alla formulazione del decreto-legge n. 11 del 2020, in vigore dal 9 fino al 17 marzo, il decreto-legge in commento prevede la sospensione dei termini di tutti i procedimenti civili e penali e non solo di quelli “pendenti” che fossero stati oggetto di un rinvio delle udienze. Il Governo ha inoltre dettato una disciplina specifica dei termini “a ritroso”, assente nel precedente procedimento d’urgenza.

 

§  la sospensione dei termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e del termine di 90 giorni dalla notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di mediazione (ex art. 17-bis, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992) (comma 2). Peraltro, per quanto riguarda i processi tributari, il comma 21 estende l’applicazione della disciplina dettata per i procedimenti civili e penali ai procedimenti di competenza delle Commissioni tributarie.

 

Il comma 3 individua una serie di controversie e procedimenti, caratterizzati da urgenza, per i quali il procedimento deve proseguire e dunque non si applica la disciplina del rinvio e della sospensione dei termini. L’elenco ricalca quello contenuto nell’art. 2, co. 2, lett. g) del decreto-legge n. 11/2020 (che viene contestualmente abrogato).

Non possono essere rinviate le udienze civili né sospesi i termini (lett. a):

§  nelle cause di competenza del tribunale per i minorenni, relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia e alle situazioni di grave pregiudizio;

§  nelle cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità;

§  nei procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;

§  nei procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione, purché tali provvedimenti risultino motivatamente indifferibili e sempre che l’esame diretto della persona non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; si valuti l’opportunità di chiarire se le condizioni di età e salute che non consentono l’esame diretto da parte del giudice valgano ad escludere il rinvio dell’udienza ovvero a consentirlo;

§  nei procedimenti di convalida del trattamento sanitario obbligatorio (art. 35 della legge n. 833 del 1978);

§  nei procedimenti di cui all’articolo 12 della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione di gravidanza;

Si ricorda che in base all’articolo 12 della legge n. 194 la minorenne che vuole interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni deve avere l'assenso dei genitori (o dell'unico genitore esercente la potestà) ovvero del tutore. In caso di rifiuto del consenso, o quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione degli stessi, la minore può essere autorizzata dal giudice tutelare a decidere l’interruzione della gravidanza.

§  nei procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari;

§  nei procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini extracomunitari e dell’Unione europea;

§  nei procedimenti per ottenere l’esecuzione provvisoria della sentenza civile impugnata in appello o in cassazione (ai sensi degli artt. 283, 351 e 373 c.p.c.);

Infine, con norma di chiusura, la lett. a) esclude il rinvio delle udienze civili quando l’autorità giudiziaria dichiari – con decreto non impugnabile - l’urgenza della trattazione per evitare un grave pregiudizio alle parti.

 

Non possono essere rinviate le udienze penali né sospesi i termini in relazione ai seguenti procedimenti (lett. b):

§  di convalida dell'arresto o del fermo;

§  nei quali nel periodo di sospensione scadrebbero i termini di custodia cautelare (ex art. 304 c.p.p.);

§  nei quali è stata richiesta o già applicata una misura di sicurezza detentiva.

In relazione a ulteriori udienze penali, si procede a rinvio a meno che l’imputato, il detenuto o i loro difensori chiedano espressamente di svolgere l’udienza. Ciò per le udienze relative ai seguenti procedimenti:

§  procedimenti a carico di detenuti, “salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative” ex art. 51-ter OP;

La disposizione fa riferimento all’ipotesi dell’art. 51-ter della legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario) che, al comma 2, consente al magistrato di sorveglianza di sospendere provvisoriamente la misura alternativa alla detenzione, disponendo il ritorno in carcere, del soggetto che abbia posto in essere comportamenti suscettibili di determinare la revoca della misura. La decisione del tribunale di sorveglianza deve intervenire nei successivi 30 giorni, pena la cessazione degli effetti del provvedimento di revoca e l’applicazione della misura alternativa.

§  procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza;

§  procedimenti relativi a misure di prevenzione.

 

Non possono altresì essere rinviate le udienze penali (lett. c) quando sia necessario assumere prove indifferibili attraverso incidente probatorio (ex art. 392 c.p.p.). La dichiarazione di urgenza deve essere fatta dal giudice, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

 

Per quanto riguarda i procedimenti esclusi dal rinvio delle udienze, il decreto-legge n. 18 è sostanzialmente identico al precedente n. 11 che prevedeva però il rinvio, salvo che non fosse richiesto di tenere l’udienza, anche per i procedimenti a carico di imputati minorenni. Maggiori differenze si rilevano rispetto al primo decreto, quello limitato ai circondari di Lodi e Rovigo, che conteneva un’elencazione più scarna.

 

Il comma 4 specifica che, nei procedimenti penali i cui termini processuali sono sospesi dal 9 marzo al 15 aprile, per effetto del comma 2, sono altresì sospesi, fino alla medesima data:

§  il decorso del termine di prescrizione del reato;

§  i termini di durata massima della custodia cautelare (art. 303 c.p.p.) e delle misure coercitive in genere (art. 308 c.p.p.).

 

Il comma 5 consente ai capi degli uffici giudiziari di adottare da subito, per le attività giudiziarie che non sono sospese, le misure organizzative per prevenire gli assembramenti e dunque la diffusione del virus, disciplinate dal comma 7 (v. infra).

 

Il comma 6 dell’articolo 83 demanda ai capi degli uffici giudiziari, sentita l’autorità sanitaria regionale (per il tramite del Presidente della Regione) e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, l’adozione di misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.

Tali misure organizzative dovranno essere introdotte e rispettate dal 16 aprile 2020 - giorno a partire dal quale cessano le disposizioni dei commi 1 e 2 e dunque viene meno il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini - fino al 30 giugno 2020.

 

Le misure organizzative dovranno in particolare garantire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni contenute nei diversi DPCM che si sono susseguiti dall’8 marzo 2020.

In particolare, si ricorda che il Ministero della giustizia ha adottato una serie di indicazioni per la prevenzione della diffusione del contagio (attraverso circolari del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria e Note) a cui si sono aggiunti i provvedimenti organizzativi di numerosi presidenti di Tribunale e Corte d'Appello.

 

Quanto al procedimento per l’adozione delle misure organizzative, per gli uffici diversi dalla Corte di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, tali misure sono adottate dai capi degli uffici giudiziari d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti.

 

Il comma 7 elenca le misure organizzative che potranno essere adottate dai capi degli uffici giudiziari (l’elencazione riprende integralmente quella contenuta nell’art. 2 del DL n. 11/2020, oggetto di contestuale abrogazione). Si tratta della:

a)   limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

b)   limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici, anche in deroga all’art. 162 della legge n. 1196 del 1960, ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

L’articolo 162 della legge n. 1196 del 1960 disciplina l’orario di ufficio delle cancellerie e segreterie giudiziarie. La disposizione prevede che esse siano aperte al pubblico 5 ore nei giorni feriali (almeno 4 ore per Corti d’appello e tribunali ordinari), secondo l'orario stabilito dai capi degli uffici giudiziari, sentiti i capi delle cancellerie e segreterie interessate. L'orario giornaliero di servizio ha la durata di sei ore in ciascun giorno feriale. Il presidente della Corte e il procuratore generale possono stabilire che tale orario sia diviso in due periodi. Quando le esigenze dell'ufficio lo richiedano il funzionario o l'impiegato deve prestare servizio, con il diritto alla retribuzione per lavoro straordinario, anche in giorni o in ore non comprese nell'orario normale, salvo che sia esonerato per giustificati motivi.

 

c)   regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione anche per via telefonica o telematica, affinché l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

d)   adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;

e)   celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, c.p.p., di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 c.p.c., delle udienze civili pubbliche;

Il comma 3 dell’articolo 472 c.p.p. riconosce al giudice la facoltà di disporre lo svolgimento del dibattimento o di alcuni atti di esso a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati.

L’articolo 128 c.p.c. – con riguardo alla giustizia civile – stabilisce la regola generale della pubblicità delle udienze, consentendo però, nel contempo, al giudice di poter disporre che le udienze si svolgano a porte chiuse, “se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume”.

 

f)    possibilità di svolgere le udienze civili - che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti - mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. L’individuazione e la disciplina di questi collegamenti sono demandate ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Nei casi in cui si intenda svolgere l’udienza mediante collegamento da remoto il giudice deve non solo dare congruo avviso alle parti e eventualmente al PM dell’ora e della modalità di collegamento, ma anche dare atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, nel caso delle parti, anche della loro libera volontà. Di tutte le operazioni deve essere dato atto nel processo verbale.

g)   previsione del possibile ulteriore rinvio delle udienze civili e penali a data successiva al 30 giugno 2020, nel rispetto delle esclusioni previste dal comma 3;

h)   possibilità, per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori (e dunque quando non siano essenziali le parti), di procedere con lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

 

In base al comma 8, se l’adozione delle suddette misure organizzative per il contenimento del contagio preclude la possibilità di presentare una domanda giudiziale, la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei relativi diritti è sospesa fintanto che perdurano le misure stesse.

La disposizione collega la sospensione al “periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5 e 6”; il comma 5, invero, si riferisce alle attività giudiziarie che non vengono né rinviate né sospese mentre sono i commi 6 e 7 a disciplinare le misure organizzative che possono comportare anche l’ulteriore sospensione delle udienze e la chiusura degli uffici giudiziari.

Si valuti l’opportunità di riferire la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza al periodo di efficacia delle misure organizzative disposte dal capo dell’ufficio giudiziario ai sensi dei commi 6 e 7.

 

Il comma 8, peraltro, ricalca integralmente il contenuto dell’art. 2, comma 3, del DL n. 11/2020 che riferiva questa disposizione al periodo di efficacia delle misure organizzative di cui al comma 2.

 

Con riguardo ai procedimenti penali rinviati per effetto delle misure organizzative eventualmente adottate dai capi degli uffici giudiziari (in base al comma 7), il comma 9 prevede la sospensione del corso della prescrizione e di alcuni termini processuali - riguardanti la custodia cautelare (303 c.p.p.), il riesame di ordinanze che dispongono misure coercitive (309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, c.p.p.) e le impugnazioni relative a provvedimenti di confisca dei beni sequestrati ai sensi del codice antimafia (art. 27, comma 6, del D.Lgs. 159/2011) - per il tempo in cui il processo è rinviato e in ogni caso non oltre il 30 giugno 2020.

 

Disposizione identica era prevista dall’art. 2, comma 4 del DL n. 11/2020, che prevedeva però per la misura un’efficacia fino al 31 maggio 2020.

 

Il comma 10 prevede che, nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate per effetto delle norme sopra illustrate (e dunque, tanto rinviate ai sensi del comma 1 quanto per disposizione del capo dell’ufficio giudiziario ai sensi del comma 7), non si tiene conto, ai fini del computo del termine di durata ragionevole del processo previsto dalla legge Pinto (art. 2 della legge n. 89 del 2001), del periodo compreso tra l’8 marzo e il 30 giugno.

 

Si ricorda che l’art. 2 della legge 89/2001 prevede il diritto all’equa riparazione a favore dei soggetti nei confronti dei quali sia stato violato il principio della ragionevole durata del processo, stabilendo i termini di durata dei vari gradi del processo (tre anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità). Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

 

Dal 9 marzo 2020 fino al 30 giugno 2020, il comma 11 prevede l’obbligatorio deposito telematico da parte del difensore (o del dipendente di cui si avvale la p.a. per stare in giudizio) di ogni atto e dei documenti che si offrono in comunicazione, anche con riguardo ai procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione; ciò evidentemente solo negli uffici che hanno già la disponibilità del servizio di deposito telematico.

 

Si ricorda che l’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012 ha sancito l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali e dei documenti per le parti già costituite nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione presso il tribunale. Analoga obbligatorietà ha successivamente trovato applicazione anche per gli atti delle parti già costituite nei procedimenti davanti alle corti di appello, nei processi esecutivi e nei procedimenti di ingiunzione. Il comma 1-bis dell’articolo 16-bis prevede, però, che nell’ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai tribunali e innanzi alle corti di appello sia sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrono in comunicazione, con le modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.

 

In relazione alle medesime controversie, gli obblighi di pagamento del contributo unificato, nonché l’anticipazione forfettaria, connessi al deposito degli atti con le modalità telematiche, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5 del Codice dell’amministrazione digitale.

 

L’articolo 5, comma 2, del Codice dell’amministrazione digitale prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) mette a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

 

Il comma 12 prevede che, ferma la possibilità di procedere a porte chiuse nei casi previsti dall’art. 472, comma 3, c.p.p. (quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, ad esempio), dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, la partecipazione a qualsiasi udienza da parte di detenuti, internati o inputati in stato di custodia cautelare è assicurata mediante videoconferenze o collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e, in quanto compatibili, 5 dell’articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

 

Il decreto-legge – che riproduce integralmente, tranne per la scadenza del 30 giugno, le disposizioni dell’art. 2, comma 7, del DL n. 11/2020 - richiama le disposizioni sulla partecipazione del procedimento a distanza, di cui all’art. 146-bis disp.att.c.p.p.

In particolare, ai sensi del richiamato comma 3, quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri.

Il comma 4 afferma che è sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei.

In base al comma 5, il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza.

 

I commi da 13 a 15 intervengono sul processo penale telematico autorizzando tutti gli uffici giudiziari all’utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali, anche senza procedere alle preventive verifiche imposte dalla disciplina vigente (comma 15).

 

In particolare, l’art. 16, comma 10, del decreto-legge n. 179 del 2012 prevede che sia un decreto avente natura non regolamentare del Ministro della giustizia – da emanare sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il CNF e i consigli dell'ordine degli avvocati interessati – a dare atto della verifica di funzionalità dei servizi di comunicazione telematica, dando così il via alla piena operatività del Sistema in relazione a ciascun specifico ufficio giudiziario. Il decreto-legge in commento consente l’utilizzo del Sistema anche negli uffici giudiziari per i quali il decreto ministeriale non è intervenuto.

 

Attraverso tale Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, dovranno essere effettuate le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali oggetto del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 (comma 13).

 

Si tratta dell’unica disposizione dell’art. 83 che richiama il decreto-legge n. 9 del 2020, recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Si ricorda che l’articolo 10 di tale decreto-legge, tuttora in vigore, contiene una serie di previsioni in materia di sospensione dei termini e rinvio delle udienze processuali nei circondari dei tribunali di Lodi e Rovigo, in relazione alla c.d. zona rossa individuata dal d.P.C.M. del 1° marzo 2020, fino al 31 marzo 2020. (Per la dettagliata descrizione delle misure, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 10 del dossier n. 227).

 

Quando le comunicazioni e notificazioni del comma 13 debbano essere indirizzate agli imputati e alle altre parti, in deroga alla disciplina prevista dal codice di procedura penale, le stesse si intendono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio (comma 14).

I commi 16 e 17 dell’articolo 83, che riproducono integralmente, anche con riferimento ai termini di durata delle misure, l’art. 2, commi 8 e 9, del D.L. n. 11/2020, intervengono con misure di prevenzione del contagio in ambito penitenziario.

Si ricorda, peraltro, che risorse per la prevenzione del contagio nelle carceri sono dettate anche dall’art. 74, comma 7, del presente decreto (v. sopra), mentre disposizioni per ridurre la presenza dei detenuti nelle carceri sono previste dagli articoli 123 e 124 del decreto-legge (v. infra).

 

In particolare, il comma 16 dispone che, dal 9 marzo al 22 marzo 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone a norma dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), dell'articolo 37 del relativo Regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 230 del 2000), nonché con riguardo ai condannati minorenni, dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 121 del 2018, sono svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti attualmente previsti (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000 e art. 19, comma 1, del predetto d.lgs. n. 121/2018).

In proposito sarebbe opportuno chiarire se - in assenza di un espresso richiamo - tale regime restrittivo possa trovare applicazione anche con riguardo ai colloqui dei detenuti con il difensore.

 

L'art. 18 O.P. reca la disciplina relativa ai colloqui, alla corrispondenza e alla informazione dei detenuti. In particolare si prevede che i detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici. I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena. Hanno altresì diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti. Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità? e le cautele previste dal regolamento.

Il comma 2 dell’articolo 39 del regolamento di esecuzione O.P. prevede che i condannati e gli internati possono essere autorizzati dal direttore dell'istituto alla corrispondenza telefonica con i congiunti e conviventi, ovvero, quando ricorrano ragionevoli e verificati motivi, con persone diverse dai congiunti e conviventi, una volta alla settima. Essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica, con i familiari o con le persone conviventi, in occasione del loro rientro nell'istituto dal permesso o dalla licenza. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell'articolo 4-bis della legge, e per i quali si applichi il divieto dei benefici ivi previsto, il numero dei colloqui telefonici non può essere superiore a due al mese.

Con riguardo ai detenuti minorenni il comma 1 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 121 del 2018 riconosce al detenuto il diritto ad otto colloqui mensili, di cui almeno uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo, con i congiunti e con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo. Ogni colloquio ha una durata non inferiore a sessanta minuti e non superiore a novanta. La durata massima di ciascuna conversazione telefonica mediante dispositivi, anche mobili, in dotazione dell'istituto, è di venti minuti. La disposizione riconosce inoltre al detenuto la facoltà di usufruire di un numero di conversazioni telefoniche non inferiore a due e non superiore a tre a settimana. L'autorità giudiziaria può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate per mezzo di idonee apparecchiature. È sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis O.P.

 

Il comma 17 consente al magistrato di sorveglianza - tenuto conto delle evidenze rappresentate dall’autorità sanitaria - di sospendere, tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà (ex art. 30-ter e 48 O.P., D.Lgs. n. 121 del 2018).

Si osserva che il decreto-legge n. 11 del 2020 consentiva la sospensione della concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà già a decorrere dall’8 marzo, data di entrata in vigore di quel decreto.

 

La semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.

L’art. 30-ter O.P. stabilisce che ai condannati che hanno tenuto una regolare condotta durante l’esecuzione della pena e che non risultano essere socialmente pericolosi, possono essere concessi i cd. permessi premio dal magistrato di sorveglianza sentito il Direttore dell’Istituto penitenziario. Tali permessi si prefiggono il fine di consentire ai condannati di coltivare, fuori dall’Istituto penitenziario, interessi affettivi, culturali, di lavoro ecc. La durata dei permessi non può essere superiore ogni volta a 15 giorni e non può comunque superare la misura complessiva di 45 giorni in ciascun anno di espiazione della pena.

 

 

Il comma 18 proroga, fino al 30 giugno 2020, le sessioni delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello che siano in corso alla data del 18 marzo 2020.

 

Si ricorda che tanto la Corte di assise quanto la Corte di assise d’appello sono composte, oltre che da due magistrati togati, da 6 giudici popolari, che danno vita a un collegio unico a tutti gli effetti. I giudici popolari, estratti a sorte da appositi elenchi, sono chiamati a prestare la loro funzione per la durata di una sessione, e dunque per 3 mesi. In base all’art. 7 della legge n. 287 del 1951, infatti, la Corte di assise e la Corte di assise di appello tengono 4 sessioni annuali della durata di 3 mesi. I dibattimenti vengono conclusi dallo stesso collegio anche dopo la scadenza della sessione nel corso della quale sono stati iniziati.

 

Il comma 19 - riproducendo il contenuto dell’art. 2, comma 10, del DL n. 11/2020 - prevede che per l’anno 2020 le elezioni per il rinnovo dei componenti del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di cassazione avranno luogo nei giorni 4 e 5 ottobre 2020 (ovvero, la prima domenica e il lunedì successivo del mese di ottobre).

Ciò è disposto in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2008, che avrebbe imposto le elezioni nella prima domenica e nel lunedì successivo del mese di aprile.

 

Il comma 20 sospende, dal 9 marzo al 15 aprile, i termini per lo svolgimento delle attività di mediazione e di negoziazione assistita, nonché di ogni procedimento di risoluzione stragiudiziale delle controversie quando:

§  tali procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo e

§  l’esperimento del tentativo di mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda.

Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima di tali procedimenti.

Si tratta di una disposizione non prevista dai precedenti decreti-legge n. 9 e n. 11 del 2020; pertanto, prevedendo la sospensione dei termini delle procedure dal 9 marzo, come imposto dal rinvio al comma 1, la norma è destinata ad avere una applicazione retroattiva.

Peraltro, la disposizione sospende i termini delle procedure promosse entro il 9 marzo, non intervenendo dunque su quelle procedure che si siano eventualmente avviate tra il 9 marzo e il 17 marzo – data di entrata in vigore del decreto in commento.

Si valuti l’opportunità di prevedere la sospensione dei termini per tutte le procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Il comma 20 richiama espressamente le seguenti procedure:

§  mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010, che costituisce una condizione di procedibilità delle azioni relative a controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari;

§  negoziazione assistita, ai sensi degli artt. 3 e ss. del decreto-legge n. 132 del 2014, che costituisce una condizione di procedibilità delle azioni relative a controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti nonché per le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 euro.

 

Il comma 21 – riproducendo il contenuto dell’art. 2, comma 11, del DL n. 11/2020 – prevede che le disposizioni dell’articolo in esame si applichino, in quanto compatibili, anche ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare.

 

Infine, il comma 22 abroga gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, che hanno dunque avuto una vigenza limitata ai giorni dal 9 al 17 marzo. Come detto, il decreto-legge non è invece coordinato con le disposizioni del decreto-legge n. 9 del 2020, che venivano fatte salve dal decreto-legge n. 11.


Articolo 84
(Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa)

 

 

L’articolo 84 è volto a stabilire misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia amministrativa, prevedendo oltre al rinvio delle udienze pubbliche e camerali a data successiva al 15 aprile 2020, anche misure regolative di matrice organizzativa.

 

Il comma 1 prevede la sospensione di tutti i termini relativi al processo amministrativo dall’8 marzo al 15 aprile 2020. Le udienze pubbliche e camerali dei procedimenti pendenti presso gli uffici della giustizia amministrativa, fissate in tale periodo temporale, sono quindi rinviate d’ufficio a data successiva. La disposizione richiama i commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010).

 

Il comma 2 dell'articolo 54 prevede il cosiddetto periodo di sospensione feriale dei termini processuali, sospensione, che ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 54 non si applica ai procedimenti cautelari.

 

I procedimenti cautelari, se promossi o pendenti nel medesimo lasso temporale, sono decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato, con il rito di cui all’articolo 56 del Codice del processo amministrativo, fermo restando che la trattazione della domanda cautelare da parte del collegio deve essere fissata in data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.

 

L'articolo 56 del Codice del processo amministrativo reca la disciplina relativa alle misure cautelari monocratiche.  La tutela "monocratica" in pendenza di giudizio è ammessa "in caso di estrema gravità e urgenza" tali da determinare il pericolo grave che l’interesse del ricorrente sia pregiudicato dall’attesa dei termini previsti per una pronuncia cautelare collegiale (comma 1). Tale tutela presuppone la notifica del ricorso, che può essere effettuata direttamente dal difensore via fax, senza la necessità di autorizzazioni, fatto salvo l’obbligo di procedere alla notifica anche secondo le regole ordinarie, entro cinque giorni dalla richiesta della misura cautelare. Sull’istanza provvede il presidente del Tar (o il presidente della sezione, se il ricorso sia già stato assegnato a una sezione); il presidente, ove lo ritenga necessario, può sentire fuori udienza, senza formalità particolari, le parti che si siano dichiarate disponibili (commi 2 e 5). Il presidente si pronuncia con decreto motivato; il decreto, in caso di accoglimento è efficace sino alla camera di consiglio e perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio. Fino a quando conserva efficacia il decreto è sempre modificabile o revocabile su istanza di parte (comma 4). Se è concessa una misura cautelare, il decreto conserva i suoi effetti fino alla camera di consiglio fissata per l’esame in sede collegiale; tale camera di consiglio deve essere indicata nel decreto stesso (e ciò vale anche nel caso in cui il presidente neghi la concessione della misura cautelare).

 

Il decreto, aggiunge sempre il comma 1 dell'articolo 84, del decreto-legge in esame, è tuttavia emanato nel rispetto dei termini di cui all'articolo 55, comma 5, del Codice del processo amministrativo, salvo che ricorrano i casi di estrema gravità e urgenza previsti dall'articolo 56 del Codice (vedi supra).

 

Il comma 5 dell'articolo 55 del Codice del processo amministrativo (articolo che disciplina le misure cautelari collegiali) prevede che sulla domanda cautelare il collegio pronunci nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario dell'ultima notificazione e altresì al decimo giorno dal deposito del ricorso. La disposizione riconosce inoltre alle parti la facoltà di depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

 

I decreti monocratici quindi che non vengono trattati dal collegio nella camera di consiglio, ex articolo 55, comma 5, del Codice del processo amministrativo, restano efficaci, in deroga all’articolo 56, comma 4 (vedi supra), dello stesso Codice, fino alla trattazione collegiale, fermo restando quanto previsto in merito alla modificabilità e alla revocabilità dagli ultimi due periodi del citato articolo 56, comma 4.

 

Il comma 2 dell'articolo stabilisce, in deroga a quanto previsto dal comma 1, che tutte le controversie fissate - nel periodo di tempo compreso tra il 6 aprile e il 15 aprile 2020 - per la trattazione, sia in udienza pubblica che in udienza camerale, passano in decisione sulla base degli atti a condizione che ne facciano congiunta richiesta tutte le parti costituite. Tale richiesta deve essere depositata entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza e entro lo stesso termine le parti possono depositare brevi note.

 

Con riguardo ai procedimenti cautelari in relazione ai quali è stato emanato decreto monocratico di accoglimento, totale o parziale, della domanda cautelare si prevede che la trattazione collegiale in camera di consiglio debba essere fissata, ove possibile, nelle forme e nei termini di cui all’articolo 56, comma 4, del Codice del processo amministrativo, a partire dal 6 aprile 2020 e il collegio definisce la fase cautelare sulla base degli atti, salvo che una delle parti su cui incide la misura cautelare depositi un’istanza di rinvio. In questo caso la trattazione collegiale è rinviata a data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.

 

Il comma 3 - al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID- 19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giurisdizionale e consultiva - demanda ai presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, al presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e ai presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate l’adozione di misure organizzative anche incidenti sulla trattazione degli affari giudiziari e consultivi, necessarie a consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche di intesa con le Regioni,  e le prescrizioni impartite con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.

Tali misure devono essere adottate sentiti l’autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città ove ha sede l’Ufficio, e in coerenza con le eventuali disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato o dal Segretariato generale della giustizia amministrativa per quanto di rispettiva competenza.

 

Tali misure, secondo quanto previsto dal comma 4, possono comprendere:

a)      la limitazione dell'accesso agli uffici giudiziari ai soli soggetti che debbono svolgervi attività urgenti;

b)     la limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici o in ultima istanza e solo per i servizi che non erogano servizi urgenti, la sospensione dell’attività di apertura al pubblico;

c)      la predisposizione di servizi di prenotazione per l'accesso ai servizi, anche per via telefonica o telematica, assicurando che l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi e siano evitate forme di assembramento;

d)     l’adozione di direttive vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, coerenti con le eventuali disposizioni dettate dal presidente del Consiglio di Stato;

e)      il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, assicurando in ogni caso la trattazione con priorità, anche mediante una ricalendarizzazione delle udienze, fatta eccezione per le udienze e camere di consiglio cautelari, elettorali, e per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti. In questo caso la dichiarazione di urgenza deve essere fatta dai presidenti con decreto non impugnabile.

 

     Il comma 5 dispone che fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del Codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del Codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti possono presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Il giudice amministrativo, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo.

 

L'articolo 60 del Codice contempla la possibilità di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata, all'esito dell'udienza cautelare. Tale possibilità postula la completezza non solo dell'istruttoria, ma anche del contraddittorio tra le parti in causa.

 

In tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del Codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.

 

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 73 del Codice le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi.

 

In base al comma 6, il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario mediante collegamenti da remoto. Il luogo dal quale si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti.

 

Per quanto riguarda gli effetti prodotti dai provvedimenti adottati ai sensi dei commi 3 e 4, è prevista la rimessione in termini delle parti, qualora abbiano determinato la decadenza da facoltà processuali (comma 7), e la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, qualora ne sia derivato impedimento per l’esercizio di diritti (comma 8).

 

Del periodo di sospensione (tra l’8 marzo e il 30 giugno 2020), in base al comma 9, non si tiene conto ai fini della durata ragionevole del processo ai sensi della Legge Pinto (art. 2 della legge n. 89 del 2001).

 

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al processo amministrativo telematico. In particolare la disposizione modifica il comma 4 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 168 del 2016 (conv. legge n. 197 del 2016). Tale comma prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata, anche a mezzo del servizio postale, almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico. Il decreto-legge in conversione integra il comma 4 suddetto prevedendo la sospensione dell'obbligo di deposito cartaceo dall’8 marzo e fino al 30 giugno 2020.

 

Il comma 10 dispone l'abrogazione dell’articolo 3 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11.

 

La abrogata disposizione - è opportuno ricordare - ha stabilito misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia amministrativa, prevedendo, fra le altre, il rinvio delle udienze pubbliche e camerali a data successiva al 22 marzo 2020 (si rinvia alla relativa scheda di lettura del dossier nel decreto-legge n. 11 del 2020)

 


Articolo 85
(Ulteriori misure urgenti in materia di funzioni della Corte dei conti)

 

 

L'articolo 85 reca misure urgenti finalizzate a contenere gli effetti dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia contabile. Oltre a prevedere l'applicazione, in quanto compatibili, a tutte le funzioni della Corte dei conti delle disposizioni di cui agli articoli 83 e 84 del decreto-legge, reca anche norme specifiche in tema di controllo preventivo di legittimità e di giudizio pensionistico nonché misure organizzative per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie ed evitare assembramenti all'interno degli uffici.

 

L’articolo 85, comma 1, del decreto-legge in conversione prevede che anche a tutte le funzioni svolte dalla Corte dei Conti si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni (previste dagli articoli 83 e 84 del medesimo decreto-legge) sul rinvio d’ufficio di tutte le udienze e sulla sospensione dei termini.

 

La sospensione dei termini - precisa il comma 6 - non opera con riguardo al controllo preventivo di legittimità. In caso di deferimento alla sede collegiale di atti delle amministrazioni centrali dello Stato, il collegio deliberante - fino al 30 giugno 2020 - è composto dal presidente della sezione centrale del controllo di legittimità e dai sei consiglieri delegati preposti ai relativi uffici di controllo, integrato dal magistrato istruttore nell'ipotesi di dissenso, e delibera con un numero minimo di cinque magistrati in adunanze in grado di riunirsi tempestivamente anche in via telematica.

 

Il controllo preventivo di legittimità è una delle più tradizionali funzioni della Corte che accerta che gli atti dell’esecutivo siano conformi a norme di legge, in particolare a quelle del bilancio. Attualmente, gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità, oltre ai contratti di rilevante importo finanziario, sono i provvedimenti adottati a seguito di deliberazione del Consiglio dei ministri, i regolamenti e gli atti di programmazione[18]. Il procedimento inizia con l’invio dell’atto sottoposto a controllo al competente ufficio della Corte dei conti. Ove l’atto sia ritenuto legittimo, la Corte lo ammette al visto e alla registrazione. Da quel momento l’atto acquista efficacia. Nell’eventualità in cui la Corte dubiti della legittimità dell’atto inizia una fase del procedimento disciplinata, da ultimo, dalla legge 24 novembre 2000 n. 340 che, per evitare ritardi nel compimento dell’azione amministrativa, deve essere ultimata entro termini perentori (sessanta giorni, salvo eccezionali ipotesi di sospensione). Nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione, può chiedere un'apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte dei conti pronuncia a Sezioni riunite, le quali, ove non ritengano venute meno le ragioni del rifiuto, ordinano la registrazione dell’atto e vi appongono il visto con riserva. L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del Governo. Con riguardo più specificatamente al procedimento, è necessario ricordare che esso è disciplinato dagli articoli 3, comma 2 della legge n. 20 del 1994 e 27, comma 1 della legge n. 340 del 2000. Esso si connota per una prima fase monocratica, svolta dal magistrato istruttore, che si può concludere con la proposta al consigliere delegato di ammettere al visto l’atto ed un’eventuale fase collegiale che si svolge nell’ambito di un’adunanza della Sezione di controllo (centrale o regionale), al cui esame viene deferito l’esame dell’atto inviato a controllo.

È appena il caso di ricordare che con riguardo ai provvedimenti emanati per dare attuazione alle misure di contenimento contemplate dal decreto-legge n. 6 del 2020  (conv. l. n. 13 del 2020) si è previsto (art. 3 del medesimo decreto-legge n. 6) il dimezzamento dei termini per il controllo preventivo della Corte dei conti. Tali provvedimenti, durante lo svolgimento del suddetto controllo preventivo, sempre secondo quanto previsto dal citato decreto-legge, sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, secondo le norme generali sui provvedimenti amministrativi (si rinvia al relativo dossier).

 

Similmente a quanto previsto con riguardo alla giustizia amministrativa l'articolo 85, al comma 5, semplifica, poi, il procedimento monocratico presso la giustizia contabile. In particolare si prevede che fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del Codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174 del 2016) tutte le controversie pensionistiche fissate per la trattazione innanzi al giudice contabile in sede monocratica, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati. La disposizione riconosce alle parti la facoltà di presentare brevi note e documenti sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Il giudice, trattata la causa, pronuncia immediatamente sentenza, dandone tempestiva notizia alle parti costituite con comunicazione inviata a mezzo di posta elettronica certificata. Resta salva la facoltà del giudice di decidere in forma semplificata (ai sensi del comma 4 dell'articolo 167 del Codice di giustizia contabile). La sentenza è depositata in segreteria entro quindici giorni dalla pronuncia. Per quanto non espressamente contemplato, in quanto compatibili, trovano applicazione le disposizioni previste dalla Parte IV, Titolo I, del Codice di giustizia contabile che disciplina per l'appunto i giudizi pensionistici.

 

Il comma 7 dell'articolo prevede che nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate, del periodo di sospensione non si tiene conto ai fini della durata ragionevole del processo ai sensi della Legge Pinto.

 

L'articolo 85 prevede, poi, che dall' 8 marzo al 30 giugno 2020 i vertici degli uffici territoriali e centrali possano, sentita l'autorità sanitaria regionale e, per le attività giurisdizionali, il Consiglio dell'ordine degli avvocati della città ove ha sede l'Ufficio, adottare misure organizzative, anche incidenti sulla trattazione degli affari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, e delle prescrizioni di cui all'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, al fine di evitare assembramenti all'interno degli uffici e contatti ravvicinati tra persone. Tali misure devono essere adottate anche in coerenza con le eventuali disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente o dal Segretario generale della Corte dei conti per quanto di rispettiva competenza (comma 2).

 

Le misure a disposizione dei vertici degli uffici sono in parte analoghe a quelle previste per la giustizia civile e penale e per la giustizia amministrativa (comma 3) e dunque:

-         la limitazione dell’accesso del pubblico, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

-         la limitazione, sentito il dirigente competente, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

-         la predisposizione di servizi di prenotazione per l'accesso ai servizi, anche per via telefonica o telematica, affinché l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

-         l’adozione di linee guida vincolanti per la trattazione delle udienze o delle adunanze coerenti con le disposizioni di coordinamento dettate dal presidente della Corte dei conti, ivi inclusa la eventuale celebrazione a porte chiuse;

-         la possibilità di svolgere le udienze - che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, o delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentanti delle amministrazioni – mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione all'udienza ovvero all'adunanza. A tal fine potranno essere utilizzate strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o “ogni mezzo di comunicazione” che consenta l’effettiva partecipazione degli interessati; di tale partecipazione si dovrà dar conto nel verbale dell’udienza (o dell’adunanza);

-         l’ulteriore rinvio d’ufficio delle udienze, a data successiva al 30 giugno, a meno che si tratti di cause la cui ritardata trattazione possa produrre un grave pregiudizio alle parti.

 

In caso di rinvio, tutti i termini che scadono entro il 30 giugno sono sospesi e cominciano a decorrere nuovamente dal 1° luglio (comma 4); ciò vale non solo per le attività giurisdizionali, ma anche per le consultive, di controllo e inquirenti. A decorrere dall'8 marzo - precisa sempre il comma 4 - si intendono sospesi anche i termini connessi alle attività istruttorie preprocessuali, alle prescrizioni in corso e alle attività istruttorie e di verifica relative al controllo.

 

Infine l'articolo 85, al comma 8, abroga l'articolo 4 del decreto-legge n. 11 del 2020.

 

La abrogata disposizione - è opportuno ricordare - ha stabilito misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia contabile (si rinvia alla relativa scheda di lettura del dossier relativo al decreto-legge n. 11 del 2020). È appena il caso di rilevare che l’articolo 4 abrogato prevedeva che anche alle funzioni svolte dalla Corte dei Conti si applicassero, in quanto compatibili, le disposizioni sul rinvio d’ufficio di tutte le udienze e sulla sospensione dei termini dal 9 marzo al 22 marzo 2020. Ancora, il decreto-legge n. 11 non prevedeva disposizioni specifiche in tema di procedimento monocratico e di controllo preventivo di legittimità.

 

 

 


Articolo 86
(Misure urgenti per il ripristino della funzionalità degli Istituti penitenziari e per la prevenzione della diffusione del COVID-19)

 

 

L’articolo 86 autorizza la spesa 20 milioni di euro nell’anno 2020, per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari danneggiati a causa delle proteste dei detenuti in relazione alla diffusione epidemiologica del Covid-19. Per la realizzazione dei relativi interventi è autorizzata l’esecuzione dei lavori con le procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile, di cui all’articolo 163 del Codice dei contratti (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).

 

In particolare, il comma 1 autorizza la spesa 20 milioni di euro nell’anno 2020:

§  per la realizzazione di interventi urgenti di ristrutturazione e di ripristino della funzionalità delle strutture e degli impianti danneggiati a causa delle proteste dei detenuti anche in relazione alle notizie sulla diffusione epidemiologica a livello nazionale del Covid-19;

La Relazione tecnica, allegata al disegno di conversione del decreto legge in esame fornisce un elenco, non esaustivo, dei danni di natura edilizia e di impiantistici:

§  nelle Case Circondariali di Pavia, Milano S. Vittore, Cremona e Casa di Reclusione di Milano Opera, ricadenti nel circondario di competenza del PRAP della Lombardia, per un ammontare complessivo stimato in euro 5.500.000;

§  nelle Case Circondariali di Modena e di Bologna, per un ammontare stimato in euro 3.500.000 nonché danni minori nelle Case Circondariali di Reggio Emilia e di Ferrara, per un importo stimato in euro 650.000, ricadenti nel circondario di competenza del PRAP dell’Emilia Romagna e delle Marche;

§  nelle Case Circondariali di Rieti, Frosinone e Velletri, nonché nelle Case Circondariali di Roma Regina Coeli, Roma-Rebibbia e Isernia, ricadenti nel circondario del PRAP del Lazio-Abruzzo-Molise, per un ammontare stimato in euro 3.800.000;

§  nelle Casa Circondariali di Siracusa e di Trapani, nonché danni minori nella Casa Circondariale di Palermo-Pagliarelli, ricadenti nel circondario del PRAP della Sicilia, per un ammontare complessivo stimato in euro 2.150.000;

§  presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale e Salerno e danni limitati nelle Case Circondariali di Carinola e Santa M. Capua Vetere, ricadenti nel circondario del PRAP della Campania, per un ammontare complessivo stimato in euro 2.300.000;

§  nelle Case Circondariali di Bari, Foggia, Matera, Trani, Taranto e Melfi, ricadenti nel circondario del PRAP della Puglia, per un ammontare complessivo stimato in euro 650.000;

§  presso la Casa Circondariale di Alessandria, del circondario del PRAP del Piemonte-Valle d’Aosta e Liguria, per un importo stimato in euro 500.000;

§  presso le Case Circondariali di Prato e Pisa, ricadenti nel circondario del PRAP della Toscana e Umbria, per un importo complessivo stimato in euro 300.000;

§  presso la Casa di Reclusione di Padova, ricadente nel circondario del PRAP del Triveneto, per un importo stimato in euro 150.000.

 

§  per l’attuazione delle specifiche misure di prevenzione, relative tra l’altro agli ingressi negli istituti penitenziari e alle modalità di svolgimento dei colloqui, previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’ 8 marzo 2020 (art. 2, comma 1, lettera u));

Con riguardo ai protocolli previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020, l’art. 2, comma 1, lett. u), prevede che le articolazioni territoriali del Servizio sanitario nazionale assicurino al Ministero della giustizia idoneo supporto per il contenimento della diffusione del contagio del COVID-19, anche mediante adeguati presidi idonei a garantire, secondo i protocolli sanitari elaborati dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, i nuovi ingressi negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni. Si prevede che i casi sintomatici dei nuovi ingressi siano posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, raccomandando di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare. I colloqui visivi si svolgono in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti. In casi eccezionali può essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che si garantisca in modo assoluto una distanza pari a due metri. Si raccomanda di limitare i permessi e la semilibertà o di modificare i relativi regimi in modo da evitare l'uscita e il rientro dalle carceri, valutando la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354) in merito alla pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione dei condannati, quando essi debbano risarcire il danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione (art. 24 O.P.) e all’obbligo di risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria (art.32 O.P.).

L’articolo 24 della legge 26 luglio 1975, n. 354 prevede che la remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.

L’articolo 32 detta le norme di condotta dei detenuti e degli internati, prevedendo che essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria, avere cura degli oggetti messi a loro disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui. I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dell'eventuale procedimento penale e disciplinare.

 

Il comma 2 per consentire l’adeguata tempestività degli interventi di cui al comma 1, autorizza fino al 31 dicembre 2020 l’esecuzione dei lavori di somma urgenza con le procedure di cui all’articolo 163 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), anche in deroga ai limiti di spesa ivi previsti, fatto salvo il limite della soglia europea, e ai termini di presentazione della perizia giustificativa dei lavori.

L’art. 163 del Codice dei contratti pubblici disciplina le procedure di affidamento nei casi in cui sussistono motivazioni di “somma urgenza” o esigenze di protezione civile.

Le circostanze disciplinate dall’art. 163 in questione sono pertanto due:

1)  circostanze di somma urgenza, cioè quelle che “non consentono alcun indugio”;

2) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo (art. 7 del Codice della protezione civile - D.Lgs. 1/2018), in conseguenza delle quali sia avvenuta la deliberazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 24 del Codice di protezione civile.

La procedura di affidamento disciplinata dall’art. 163 consente in buona sostanza all’amministrazione di intervenire in deroga a qualsiasi procedura disciplinata dal Codice dei contratti pubblici e di prescindere anche da qualsiasi previa negoziazione con operatori economici, nonché dalla verifica della copertura della spesa, sebbene il controllo sull’effettiva sussistenza delle ragioni di urgenza possa essere svolto dall’ANAC nell’ambito delle proprie attività di vigilanza.

La procedura di somma urgenza può essere attivata entro i seguenti limiti di importo, che non possono comunque mai superare le soglie di rilevanza comunitaria di cui all’art. 35 del Codice dei contratti pubblici (euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni ed euro 135.000, per gli appalti pubblici di servizi e forniture):

§  somma urgenza, 200.000 euro o quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità;

§  protezione civile, 200.000 euro, ulteriormente incrementabili fino ai limiti massimi di importo previsti dai provvedimenti con i quali viene deliberato lo stato di emergenza. In questi casi l’affidamento eccedente l’importo di 200.000 euro deve essere disposto per un arco temporale limitato, comunque non superiore a 30 giorni e solo per singole specifiche fattispecie indilazionabili.

 

L’esecuzione dei lavori può essere affidata “direttamente”, cioè senza il previo esperimento di alcuna procedura ad evidenza pubblica o preventiva consultazione del mercato, tramite la predisposizione, ad opera del RUP o del tecnico, di un apposito “ordine di esecuzione dei lavori” (o dei servizi o delle forniture) trasmesso dai medesimi soggetti all’affidatario individuato. Successivamente, entro 10 giorni dall’emissione dell’ordine di esecuzione, il RUP o il tecnico che ha compilato il medesimo ordine trasmettono alla stazione appaltante una perizia giustificativa dei lavori, che provvede alla copertura della spesa e alla approvazione dei lavori.

 

Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri.

 

 


Articolo 87
(Misure straordinarie in materia di lavoro agile,
di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali)

 

 

L’articolo 87, al fine di contrastare il fenomeno della diffusione del COVID-2019, stabilisce che per il periodo dello stato di emergenza, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali limiteranno la presenza sul posto di lavoro esclusivamente per assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili. La disposizione, inoltre, precisa che il lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato; si prevede, inoltre, la sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso al pubblico impiego, con alcune eccezioni; infine, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali e nel rispetto delle preminenti esigenze di funzionalità delle amministrazioni interessate, il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco può essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio.

 

In particolare, i commi da 1 a 3, nello stabilire che fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, precisa che queste ultime: 

§  limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza (co.1, lett. a);

§  prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 (su cui v. infra, la scheda di ricostruzione) (co.2, lett. b));

§  qualora non sia possibile ricorrere alle forme di lavoro agile nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio: in tal caso, il periodo di esenzione costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge, prevedendosi comunque l'equiparazione del periodo trascorso in esenzione" al servizio prestato, ai fini degli effetti economici e previdenziali (comma 3).

La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione. In tali casi l’articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81, secondo cui il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa, non trova applicazione (comma 2).

Ai sensi del comma 4, gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento ai principi di cui all’ articolo in esame.

Il comma 5, sempre al fine di ridurre i rischi di contagio dell'epidemia, prevede la sospensione per sessanta giorni, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego. Sono escluse dalla sospensione, le procedure nelle quali la valutazione dei candidati avviene esclusivamente su base curriculare o in modalità telematica. Resta ferma la conclusione delle procedure per le quali risulti già ultimata la valutazione dei candidati, nonché la possibilità di svolgimento dei procedimenti per il conferimento di incarichi, anche dirigenziali, nelle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, che si istaurano e si svolgono in via telematica e che si possono concludere anche utilizzando le modalità del lavoro agile.

La disposizione del comma 6, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020 e fuori dei casi di cui all’articolo 19, comma 1[19], del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9,  consente ai responsabili di livello dirigenziale di uffici e reparti delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sulla base di specifiche disposizioni impartite dalle amministrazioni competenti e per ragioni comunque riconducibili alla situazione emergenziale connessa con l'epidemia in atto, di dispensare temporaneamente dalla presenza in servizio, ai sensi dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il relativo personale. Il periodo di dispensa temporanea dal servizio è considerato come congedo/licenza straordinaria, ma non è computabile nel limite dei 45 giorni annuali previsto dal comma 3 dell'articolo 37 del citato d.P.R. n. 3.

Secondo la relazione illustrativa del decreto legge in esame, si tratta di una disposizione volta a consentire, durante la vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020 e nel rispetto delle preminenti esigenze di funzionalità delle amministrazioni interessate, l'impiego flessibile delle risorse umane in ragione delle necessità connesse all'attuale situazione emergenziale. In tal modo, infatti, viene fornita la possibilità di una programmazione di tipo "eccezionale" dei turni di lavoro del personale in questione, consentendo anche di far fronte ad eventuali situazioni non prevedibili di gravi carenze di organico negli uffici, connesse alla diffusione del contagio.

Quanto sopra, viene peraltro conseguito tutelando il personale che svolge compiti operativi per i quali non si configura la possibilità di operare in "lavoro agile" ed evitando una disparità di trattamento rispetto al personale per il quale l'articolo 84 prevede anche l'istituto dell'esonero dal servizio.

 

Il comma 7 mira ad adeguare alle esigenze delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco le modalità di applicazione dell’articolo 19 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti in materia di pubblico impiego”, il quale prevede, in favore dei pubblici dipendenti, che:

§  il periodo di malattia o quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva sia equiparato al periodo di ricovero ospedaliero;

§  non possa ricorrere la decurtazione stipendiale nei periodi di assenza per malattia relativi al ricovero ospedaliero in strutture del Servizio sanitario nazionale per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza;

§  l’assenza dal servizio conseguente alle limitazioni imposte con l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 6/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge del 5 marzo 2020, n. 13, che possano precludere la possibilità di svolgere la prestazione lavorativa in assenza di malattia, è comunque equiparata al servizio prestato.

Tali norme di salvaguardia sono applicabili anche al personale delle Forze armate e di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con apposite previsioni, nell’ambito della peculiare disciplina che regola il c.d. “trattamento normativo” degli appartenenti al Comparto Sicurezza – Difesa e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Conseguentemente, si prevede che il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco assente dal servizio per le suddette cause di cui all’articolo 19, comma 1, durante la vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, venga collocato d’ufficio in licenza straordinaria, in congedo straordinario o in malattia. Si prevede, altresì, che tali periodi di assenza - in considerazione del carattere emergenziale del contesto di riferimento - siano esclusi dal computo:

§  dei giorni di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il quale stabilisce che il congedo straordinario non può superare complessivamente nel corso dell'anno la durata di quarantacinque giorni;

§  del periodo massimo di licenza straordinaria di convalescenza previsto per il personale militare in ferma e rafferma volontaria, pari a due anni per l'intero periodo di ferma, come previsto dagli articoli 14 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 e 49 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395.

§  dei giorni di assenza per malattia previsti dall’articolo 4 e dall’articolo 15, rispettivamente, dei Decreti del Presidente della Repubblica del 7 maggio 2008, di recepimento dell’accordo sindacale integrativo per il personale direttivo e dirigente e non direttivo e non dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, i quali prevedono che il dipendente ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di 18 mesi e, in casi particolarmente gravi di un ulteriore periodo di pari durata.

 

Il comma 8 modifica il comma 4 dell’articolo 19 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, il quale prevede che per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, agli accertamenti diagnostici funzionali all’applicazione delle disposizioni del precedente comma 1 provvedono gli specifici servizi sanitari competenti.

Si dispone quindi che la parola “provvedono” è sostituita dalle seguenti “possono provvedere”.

 

Secondo la relazione illustrativa del decreto legge in esame, il comma 8 in esame mira a rimodulare la competenza prevista in capo ai rispettivi servizi sanitari delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco per lo svolgimento dei necessari accertamenti diagnostici nei confronti il personale del comparto Sicurezza-Difesa-Soccorso Pubblico che potrebbe essere stato contagiato dal virus COVID-19. I predetti accertamenti, infatti, richiedono anche l’impiego di apparecchiature e di strumentazioni altamente specifiche.

Nell’ottica di una maggiore tutela del personale citato - particolarmente esposto nell’attività di controllo sul rispetto delle misure di contenimento di cui al D.P.C.M. del 9 marzo scorso - e per una corretta ricostruzione del quadro clinico di un dipendente potenzialmente “contagiato”, la proposta è pertanto finalizzata a rimuovere l’esclusiva competenza di accertamento diagnostico in capo ai citati servizi sanitari, consentendo che gli accertamenti siano svolti dalle strutture del Servizio sanitario nazionale.

 

 

Il lavoro agile

L’istituto del lavoro agile è disciplinato in modo organico dagli artt. da 18 a 24 della legge n. 81 del 2017.

L’articolo 18 definisce il lavoro agile ed i suoi elementi costitutivi. Più nel dettaglio, il lavoro agile, promosso allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione vita-lavoro, viene configurato non come una nuova tipologia contrattuale, ma come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” (comma 1): stabilita mediante accordo tra le parti (anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro); con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici (sul punto, il comma 2 prevede che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa); eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La disciplina prevista per il lavoro agile dal Capo II si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche (ex art. 14 della L. 124/201540) (comma 3).

L’applicabilità degli incentivi (fiscali o contributivi) riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato è riconosciuta anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile (comma 4).

Infine, viene prevista una clausola di invarianza degli oneri di finanza pubblica, per cui agli adempimenti derivanti dall’articolo in esame si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 5).

Gli articoli 19 e 21 dispongono che lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile deve essere disciplinata da un apposito accordo, specificandone forma, contenuto e modalità di recesso.

Per quanto concerne la forma dell’accordo relativo alla modalità di lavoro agile, si dispone che lo stesso sia stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova (articolo 19, comma 1).

Per quanto riguarda il contenuto dell’accordo, questo deve contenere: la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore (articolo 19, comma 1); con riferimento alle prestazioni svolte al di fuori dei locali aziendali, la disciplina dell’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4 della L. 300/197042 (articolo 21, comma 1), nonché l’individuazione delle condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari (articolo 21, comma 2); la disciplina dei tempi di riposo del lavoratore, nonché le misure (tecniche ed organizzative) necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (articolo 19, comma 1).

Ai sensi dell’articolo 19, comma 2, l’accordo sul lavoro agile può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel caso di accordo a tempo indeterminato, per il recesso (dalla modalità di lavoro agile e non dal rapporto di lavoro in quanto tale) è richiesto un preavviso non inferiore a 30 giorni; il termine di preavviso è elevato a 90 giorni nel caso in cui il recesso da parte del datore di lavoro riguardi un rapporto di lavoro agile con un lavoratore disabile (per consentirgli un’adeguata riorganizzazione del proprio percorso lavorativo in relazione alle esigenze di vita e di cura). La presenza di un giustificato motivo consente di recedere senza preavviso nell’accordo a tempo indeterminato e prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato.

L’articolo 20 disciplina il trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile.

In particolare, il lavoratore ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. 81/2015, a quello riconosciuto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda (comma 1). Inoltre, nell’ambito dell’accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto (nell’ambito dell’accordo di cui al precedente articolo 19) il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze (comma 2).

L’articolo 22 definisce gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro nel caso di svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile.

Il datore di lavoro, al fine di garantire la salute e sicurezza del lavoratore, consegna a quest’ultimo e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (comma 1).

Il lavoratore deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali (comma 2).

L’articolo 23 disciplina il diritto del lavoratore agile alla tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali.

Viene innanzitutto disposto che l’accordo per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni rientrano tra gli atti soggetti da comunicare obbligatoriamente al Centro per l’impiego territorialmente competente (comma 1).

Viene poi specificato che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali (comma 2); occorsi in itinere, ossia durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali (nei limiti e secondo le condizioni previsti dall’art. 2 del D.P.R. 1124/1965), quando il luogo sia stato scelto, secondo criteri di ragionevolezza, per esigenze connesse alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative (comma 3).


Articolo 88, comma 1
(Rimborso dei contratti di soggiorno)

 

 

L'articolo 88, comma 1, estende ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito delle misure urgenti adottate ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19 la possibilità di ottenere il rimborso del corrispettivo già versato, richiamando a tal fine la disciplina recentemente introdotta dall'articolo 28 del D.L. 9/2020 relativamente ai titoli di viaggio e dei pacchetti turistici.

 

In particolare, il presupposto di applicazione della predetta disciplina è che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione nei contratti di soggiorno discenda dall'applicazione delle misure adottate ai sensi dell’articolo 3 del D.L. 6/2020, ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19.

 

Al riguardo, si ricorda che l'articolo 28, comma 1, del D.L. 9/2020 ha previsto che, al verificarsi di determinate circostanze ivi elencate e connesse all'emergenza epidemiologica, con riferimento a diverse tipologie di contratti di trasporto, si applichi la disciplina in materia di impossibilità totale della prestazione recata dall'art. 1463 del codice civile. In tali casi, quindi, la parte liberata dalla prestazione non può chiedere il corrispettivo e deve restituire quanto già ricevuto. Il comma 2 stabilisce le modalità di comunicazione al vettore della documentazione ai fini del rimborso del corrispettivo del titolo di viaggio. Le modalità di rimborso sono disciplinate dal successivo comma 3. Il comma 4 prevede che le disposizioni recate dai commi 2 e 3 siano applicabili anche ai titoli di viaggio acquistati tramite agenzia di viaggio.

Il comma 5 consente ai soggetti cha hanno stipulato contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, elencati dal comma 1, l'esercizio, ai sensi dell’articolo 41 del Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (d.lgs. n. 79/2011), del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai DPCM adottati ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 6/2020.

Il comma 6 consente, in relazione alle ipotesi di sospensione dei viaggi d'istruzione organizzati dalle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d'istruzione, sia sul territorio nazionale sia all'estero, l'effettuazione del rimborso anche mediante l’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione.

In base al comma 7, nei casi di cui ai commi 5 e 6, il vettore procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio in favore dell’organizzatore ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione.

Il comma 8 prevede che le disposizioni in materia di rimborso titoli di viaggio e di pacchetti turistici costituiscono norme di applicazione necessaria.

Il comma 9 consente il rimborso per il mancato svolgimento di viaggi e iniziative di istruzione sospesi ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.L. 6/2020. Tale rimborso può essere effettuato anche mediante un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.

 

Si rinvia, per una più dettagliata esposizione, alla scheda contenuta nel dossier n. 227 predisposto in occasione dell'esame dell'Atto Senato n. 1746.

 

 


Articolo 88, commi 2-4
(Risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura)

 

 

L'articolo 88, commi da 2 a 4, dispone la risoluzione - per impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito delle misure di contenimento del virus COVID-19 - dei contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura, riconoscendo al contempo, su apposita istanza del soggetto interessato, il diritto all'emissione di un voucher di importo pari al titolo di acquisto da utilizzare entro un anno dall'emissione.

 

In dettaglio, il comma 2 stabilisce l'applicazione dell'art. 1463 del codice civile - ossia la sopravvenuta impossibilità della prestazione - ai contratti di acquisto:

§  di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli cinematografici e teatrali;

§  di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

Ciò, a decorrere dalla data di adozione del D.P.C.M. 8 marzo 2020 (cioè dall'8 marzo medesimo) in conseguenza delle misure ivi previste valevoli su tutto il territorio nazionale (art. 2, co. 1, lett. b) e d)) ed in particolare:

§  la sospensione delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;

§  la sospensione dell'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d. lgs. 42/2004.

Secondo l'art. 101 del d.lgs. 42/2004 sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

 

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto per i titoli di accesso e i biglietti, che - in base al comma 3 ­- avviene su apposita istanza dei soggetti acquirenti, entro trenta giorni dalla data in vigore del presente decreto (cioè entro il 16 aprile 2020). All'istanza di rimborso deve essere allegato il relativo titolo di acquisto.

Il rimborso non prevede la restituzione delle somme versate per l'acquisto dei titoli di accesso o dei biglietti ma consiste nella emissione, da parte del venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della predetta istanza, di un voucher di importo pari al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno dall'emissione.

I titoli e i biglietti rimborsabili parrebbero essere quelli relativi a spettacoli ed eventi nonché a visite nei musei o nei luoghi della cultura previsti nel periodo 8 marzo - 3 aprile 2020 (salvo ulteriori allungamenti delle sospensioni disposti da provvedimenti successivi), tenuto conto che - secondo il comma 4 - le procedure di rimborso per impossibilità della prestazione si applicano fino alla data di efficacia delle misure previste dal citato D.P.C.M. 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'art. 3, co. 1, del D.L. 6/2020.

Il D.L. 6/2020 ha inizialmente previsto specifiche limitazioni solo nei comuni o nelle aree in cui risultavano casi positivi di virus COVID-19 (art. 1), tra le quali - per il settore della cultura: la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, di carattere culturale, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico; la sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'art. 101 del d.lgs. 42/2004, nonché dell'efficacia delle disposizioni regolamentari sull'accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi. Il medesimo D.L. ha comunque prefigurato la possibilità di adottare ulteriori misure di contenimento e conseguenti provvedimenti di attuazione (artt. 2 e 3), tra cui appunto il D.P.C.M. 8 marzo 2020 che - come già detto - ha esteso tali misure su tutto il territorio nazionale.

Da ultimo, il D.P.C.M. 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione di “tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati” (co. 1, lett. g)).

 

 

 

 

 


Articolo 89
(Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)

 

 

L’articolo 89 istituisce nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo due Fondi volti al sostegno dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19, con uno stanziamento complessivo, per il 2020, di € 130 mln.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) hanno previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la possibilità di sospensione, con DPCM, di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche, per quanto qui interessa, di carattere culturale, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.

A seguire, sono intervenuti vari DPCM che hanno progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

In particolare, l’art. 2 del DPCM 8 marzo 2020 ha disposto, per quanto qui interessa, sull'intero territorio nazionale, la sospensione fino al 3 aprile 2020 delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (co. 1, lett. b)).

Da ultimo, il DPCM 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 dello stesso DPCM 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione di “tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati” (co. 1, lett. g)).

Per completezza, si ricorda che, sul sito del MIBACT, è stata data notizia dell’attivazione di una nuova pagina che consente di aggregare attraverso sei sezioni – tra le quali, per quanto qui più interessa, Libri, Cinema, Musica, Educazione e Teatro – le molteplici iniziative virtuali organizzate, sempre per quanto qui più interessa, dal mondo dello spettacolo, della musica e dell’audiovisivo. In particolare, il comunicato stampa evidenzia che (fra gli altri) autori, scrittori, attori e musicisti rivelano inediti, classici, capolavori, curiosità, segreti e il dietro le quinte delle loro istituzioni.

 

Nello specifico, si dispone che un Fondo è di parte corrente e ha una dotazione di € 80 mln; l’altro è di parte capitale e ha una dotazione di € 50 mln.

Le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori, inclusi artisti, autori, interpreti ed esecutori, “tenendo conto altresì dell’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19” devono essere definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

La relazione tecnica fa presente che il Fondo di parte corrente sarà destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale sosterrà investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori.

 

In relazione all’utilizzo dell’avverbio “altresì”, si valuti l’opportunità di chiarire quali altri parametri, oltre all’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, possano essere prese in considerazione ai fini della ripartizione delle risorse.

 

Alla copertura del relativo onere si provvede:

§  quanto a € 70 mln, ai sensi dell’art. 126, che reca le disposizioni di copertura finanziaria;

§  quanto a € 50 mln, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione di cui all’art. 1, co. 6, della L. 147/2013.
Conseguentemente, con delibera CIPE si provvede a rimodulare e a ridurre di pari importo, per l’anno 2020, le somme già assegnate con la delibera CIPE n. 31 del 21 marzo 2018 al Piano operativo “Cultura e turismo” di competenza del MIBACT.

La citata delibera CIPE n. 31/2018 ha approvato integrazioni a precedenti delibere nn. 10, 11, 14 e 15 del 2018, con cui sono stati approvati i Piani operativi "Cultura e turismo", "Ambiente", "Imprese e competitività" e "Salute", con assegnazione di risorse a valere sulle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020.

In particolare, le risorse per il Piano operativo "Cultura e turismo", pari complessivamente a € 740 mln per il periodo 2018-2025, sono state assegnate con delibera CIPE n. 10/2018. In base all’articolazione finanziaria annuale prevista, le risorse per il 2020 ammontano a € 50 mln.

Successivamente, l’art. 1, co. 366, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020 ha incrementato la dotazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di € 75 mln per l'anno 2020, a valere su quota parte delle risorse già assegnate con la stessa delibera CIPE 31/2018 al già citato Piano operativo “Cultura e turismo”.

La relazione tecnica all’A.S. 1586 (poi L. 160/2019) evidenziava che, a seguito di tale intervento, con apposita delibera CIPE si sarebbe provveduto alla rimodulazione del Piano operativo "Cultura e turismo";

§  quanto a € 10 mln, mediante riduzioni delle disponibilità del Fondo unico dello spettacolo (FUS).

La relazione tecnica fa presente che si attingerà alle risorse del cap. 6621.
Si tratta di uno dei capitoli sui quali sono appostate le risorse del FUS e riguarda le fondazioni lirico-sinfoniche[20].

Al riguardo, si ricorda che il FUS, istituito dalla L. 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale - ma non l’unico - strumento di sostegno al settore dello spettacolo. In particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante – incluse, a seguito di quanto previsto dall’art. 1, co. 329, della L. di bilancio 2018 (L. 205/2017), le manifestazioni carnevalesche –, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero[21].

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 367, della già citata L. 160/2019 ha incrementato di € 10 mln lo stanziamento del FUS, disponendo che tale previsione entrava in vigore dalla data di pubblicazione della legge (e non, come previsto in generale dall’art. 119, il 1° gennaio 2020), al fine di consentire l’utilizzo delle risorse nel 2020[22].


Articolo 90
(Destinazione del 10 per cento dei compensi per copia privata)

 

 

L’articolo 90 stabilisce che la quota pari al 10 per cento dei compensi, incassati nel 2019, dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) per “copia privata” sia destinata al sostegno economico degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva, invece che a iniziative volte a promuovere la creatività dei giovani autori.

 

La finalità della disposizione è quella di fronteggiare le ricadute economiche per il settore della cultura conseguenti alle misure di contenimento del COVID-19 adottate con il D.L. 6/2020 (L. 13/2020).

Gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) hanno previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, specifiche limitazioni, tra le quali, per il settore della cultura, la possibilità di sospensione, con DPCM, di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, di carattere culturale, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.

Si sono dunque susseguiti diversi provvedimenti attuativi che hanno progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

In particolare, l’art. 2 del D.P.C.M. 8 marzo 2020 ha disposto, tra l'altro, sull'intero territorio nazionale, per quanto qui più interessa, la sospensione fino al 3 aprile 2020 delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (co. 1, lett. b)).

Da ultimo, il D.P.C.M. 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione di “tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati” (co. 1, lett. g)).

 

Più nello specifico, il comma 1 stabilisce che la quota del 10 per cento dei compensi incassati nell’anno 2019 per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi, ai sensi dell'art. 71-septies della L. 633/1941 (su cui si veda il box sottostante) - che, in base all’art. 71-octies, co. 3-bis, della medesima legge sarebbe dovuta essere destinata alla creatività dei giovani autori - è destinata, invece, al sostegno degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori, e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva di cui all’art. 180 della medesima L. 633/1941.

Sul piano della formulazione del testo, si segnala che dopo le parole "di cui all'articolo 71-octies, comma 3-bis," occorre inserire il riferimento normativo alla L. 633/1941.

 

Il compenso per "copia privata" e le modalità di riparto

L'art. 71-septies della L. 633/1941 stabilisce che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c.d. compenso per “copia privata”). Detto compenso è determinato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sottoposto ad aggiornamento triennale, tenendo conto dell'apposizione o meno delle misure tecnologiche, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica. Da ultimo, è intervenuto il D.M. 20 giugno 2014 (qui un errata corrige).

In base all’art. 71-octies, il compenso per apparecchi e supporti di registrazione audio è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, per il 50 per cento agli autori e loro aventi causa e per il 50 per cento ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

Anche il compenso per apparecchi e i supporti di registrazione video è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il 30 per cento agli autori e per il restante 70 per cento in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. La quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata per il 50 per cento al (ora) Nuovo Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori (IMAIE), per le attività di studio e di ricerca nonché per i fini di promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori.

Infine, il co. 3-bis dell’art. 71-octies - introdotto dall'art. 1, co. 335, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) - ha disposto, al fine di favorire la creatività dei giovani autori, che il 10 per cento di tutti i compensi incassati per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi è assegnata dalla SIAE, sulla base di un atto di indirizzo annuale del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, ad attività di promozione culturale nazionale e internazionale, a seguito di una apposita procedura di selezione pubblica.

 

La relazione illustrativa fa presente che quest’anno sarebbe inverosimile procedere con le modalità ordinarie per ripartire la suddetta quota del 10 per cento, in quanto "i relativi bandi dovrebbero essere pubblicati nei prossimi giorni con scadenze ravvicinate".

 

Al riguardo si evidenzia, comunque, che l’atto di indirizzo per la promozione dei giovani autori per il 2019 è stato adottato con D.M. 81 dell'11 febbraio 2020[23].

 

In argomento, si ricorda, altresì, che, in base all'art. 180 della L. 633/1941, come novellato dall'art. 19 del D.L. 148/2017 (L. 172/2017)[24], l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla SIAE ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al d.lgs. 35/2017[25], ferma restando la possibilità per gli autori, i loro successori o gli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti.

In base all'art. 7 del citato d.lgs. 35/2017, gli organismi di gestione collettiva possono, in base ad un rapporto giuridico diretto derivante dalla legge o da una cessione di diritti, da una licenza o da qualsiasi altro accordo contrattuale, gestire diritti di titolari dei diritti che non ne siano membri. Inoltre (art. 20 e ss.) gli organismi di gestione collettiva possono gestire diritti e riscuotere proventi derivanti dal loro sfruttamento in virtù di accordi di rappresentanza con altri organismi.

Si ricorda, infine, che il contratto di mandato con rappresentanza è disciplinato dall'art. 1704 del codice civile.

 

Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sono stabiliti i requisiti per l’accesso al beneficio, anche tenendo conto del reddito dei destinatari, e le modalità attuative.

 

 


Articolo 91, comma 1,
(Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 91 chiarisce che il rispetto delle misure di contenimento può escludere la responsabilità del debitore ex articolo 1218 del codice civile, nonché l'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

 

In particolare il comma 1 dell'articolo 91 aggiunge all’articolo 3 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, (conv. l. n. 13 del 2020) una ulteriore disposizione (comma 6-bis), la quale prevede che il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche in relazione all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

 

L'articolo 1218 c.c. prevede che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Ai sensi dell'articolo 1223, poi il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

 

L'articolo 3 del decreto-legge n. 6 del 2020 (conv. l. n. 13 del 2020) ha introdotto norme per l'attuazione delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, previste dallo stesso decreto-legge n. 6 del 2020. In particolare la disposizione oltre ad aver previsto il procedimento per l'adozione dei provvedimenti (in relazione ai quali i termini per il controllo preventivo della Corte dei conti sono dimezzati) volti a dare attuazione alle suddette misure, ha anche qualificato come illecito penale, di natura contravvenzionale, il mancato rispetto delle misure di contenimento, nonché previsto che l'esecuzione delle stesse sia assicurata dalle Forze di polizia e, ove occorra, dalle Forze armate (amplius si veda il dossier n. 223).

 


Articolo 91, comma 2
(Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore
in materia di contratti pubblici)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 91 novella il comma 18 dell’articolo 35 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) al fine di precisare che l’erogazione dell’anticipazione del prezzo a favore dell’appaltatore è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza di lavori, servizi o forniture.

 

La norma in esame interviene sulla disciplina, contenuta nel comma 18 dell’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), dell’anticipazione del prezzo del 20 per cento del valore del contratto di appalto da corrispondere dalla stazione appaltante all’appaltatore, entro quindici giorni dall’effettivo inizio dei lavori, precisando che l’anticipazione è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

Tale modifica, secondo la relazione tecnica, “mira a fugare dubbi interpretativi relativi alle disposizioni in materia di anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore di cui al medesimo art. 35, comma 18, chiarendo che la stessa è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza ai sensi dell’art. 32, comma 8, del medesimo Codice”.

Si ricorda che il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che sul valore del contratto di appalto viene calcolato l'importo dell'anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all'appaltatore entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione. In materia di garanzia fideiussoria in caso di anticipazione del prezzo il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce inoltre che l'erogazione dell'anticipazione è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione maggiorata del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma della prestazione.

L'importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso delle prestazioni, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti. Il beneficiario decade dall'anticipazione, con obbligo di restituzione, se l'esecuzione delle prestazioni non procede, per ritardi a lui imputabili, secondo i tempi contrattuali. Sulle somme restituite sono dovuti gli interessi legali con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.

La consegna in via d’urgenza è disciplinata dal comma 8 dell’art. 32 del Codice dei contratti pubblici. Tale disposizione prevede che, divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate. Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza e nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori ordinati dal direttore lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali. Nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate su ordine del direttore dell'esecuzione. L'esecuzione d'urgenza di cui al comma 8 del citato art. 32 è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.

 

La norma in esame si iscrive nel solco di una complessiva evoluzione normativa che ha condotto ad una generalizzazione dell’ambito applicativo dell’istituto dell’anticipazione del prezzo nei contratti pubblici.

Si ricorda, infatti, che l’ANAC, con la deliberazione 14 novembre 2018, n. 1050, ha chiarito che non sussiste alcun divieto o limite per l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia europea, a nulla rilevando che questa sia disciplinata, nel Codice dei contratti pubblici, all’art. 35, comma 18, rubricato "Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia" e al successivo art. 36, relativo invece agli appalti di importo inferiore a tale soglia. L’istituto dell’anticipazione del prezzo ha, infatti, la finalità di consentire all'appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto.

Si ricorda, altresì, che l’art. 1, comma 1, lett. e) del D.L. n. 32/2019 (c.d. decreto Sblocca cantieri), con una modifica all’art. 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici, ha esteso la previsione relativa all’anticipazione del prezzo, in precedenza riferita ai soli lavori, anche ai servizi e alle forniture.


Articolo 92
(Disposizioni in materia di trasporto marittimo e trasporto stradale)

 

 

L’articolo 92 contiene disposizioni volte a sostenere il settore marittimo attraverso la non applicazione della tassa d’ancoraggio (fino al 30 aprile 2020), la sospensione dei canoni relativi alle operazioni portuali, dei corrispettivi per la fornitura di lavoro temporaneo nei porti e dei canoni di concessione di aree e banchine portuali (fino al 31 luglio 2020) e il differimento di trenta giorni dei pagamenti dei diritti doganali (a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge).

Con riferimento ai veicoli a motore si prevede l’autorizzazione alla circolazione fino al 31 ottobre 2020 dei veicoli da sottoporre, entro il 31 luglio 2020, ad accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e omologazione ai sensi dell’articolo 75 del Codice della strada o a visita e prova in considerazione di modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione ai sensi dell’articolo 78 dello stesso Codice. La medesima autorizzazione alla circolazione si applica ai veicoli che, nelle medesime cadenze temporali, debbano essere sottoposti a revisione ai sensi dell’articolo 80 del Codice della Strada.

 

In particolare la disposizione prevede, al comma 1, la disapplicazione della tassa di ancoraggio nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto-legge e la data del 30 aprile 2020.

 

La tassa di ancoraggio di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2009 si applica alle operazioni commerciali in un porto, rada o spiaggia dello Stato ovvero nell'ambito di zone o presso strutture di ormeggio, quali banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzati.

Soggette alla tassa sono le navi nazionali, le navi estere equiparate alle nazionali in virtù di trattati, nonché le navi operate da compagnie di navigazione di Stati con i quali l'Unione europea abbia stipulato accordi di navigazione e di trasporto marittimo, ancorché non battano la bandiera di detti Stati.

L’importo della tassa è calcolato per ogni tonnellata di stazza netta della nave in misura crescente al crescere della stessa.

Il gettito della tassa d’ancoraggio è attribuito alle Autorità di sistema portuale.

 

Lo scopo della sospensione è quello di fronteggiare l’improvvisa riduzione dei traffici marittimi afferenti al trasporto di merci e di persone derivante dalla diffusione del virus COVID 19.

Posto che la relazione tecnica dà conto del fatto che il gettito complessivo della tassa di ancoraggio, nell’ultimo anno di cui si abbiano dati disponibili (ossia il 2018), è stato di 108.254.229,00 euro il costo della mancata riscossione della tassa stessa è stimato in 13,6 milioni di euro.

Il medesimo comma precisa anche che la copertura finanziaria della misura sia effettuata ai sensi dell’articolo 126 (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 2 dell’articolo, sempre alle medesime finalità, dispone la sospensione fino al 31 luglio 2020, prevedendo tuttavia il pagamento di quanto dovuto entro il 31 dicembre del medesimo anno:

§  delle tariffe per le operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimentazione) e i servizi portuali (individuati dalle Autorità di sistema portuale) di cui all’articolo 16 della legge n. 84 del 1994;

§  delle tariffe per la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese che svolgono operazioni e servizi portuali ovvero ai titolari di concessione di aree e banchine da corrispondere ai soggetti di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994 (ossia o da parte dell’impresa autorizzata alla somministrazione di lavoro portuale ovvero da agenzie promosse dalle Autorità di sistema portuale);

§  dei canoni di concessione di aree e banchine portuali previsti dall’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.

 

A differenza della tassa d’ancoraggio, per la quale è prevista una disapplicazione, con riferimento ai corrispettivi sopra descritti è disposto un semplice differimento. Viene tuttavia rimesso alle singole Autorità di sistema portuale la definizione delle modalità di pagamento dei canoni sospesi anche mediante rateazione senza applicazione di interesse.

La relazione tecnica precisa che, sulla base degli ultimi dati disponibili (relativi all’anno 2018), gli incassi derivanti dall’applicazione delle previsioni di cui agli articoli 17 e 18 risultano pari a 159.215.359 euro mentre il dato aggregato degli incassi derivanti dall’applicazione dell’articolo 16 è pari a 6.539.302 euro. In conseguenza di ciò, la disposizione implica il differimento di incassi pari a 62,1 milioni di euro.

 

Il comma 3 differisce di trenta giorni i pagamenti di alcuni diritti doganali in scadenza tra il 17 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, senza applicazione di interessi.

 

Si fa riferimento ai diritti doganali per i quali, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, l’amministrazione finanziaria abbia autorizzato la corresponsione periodica dei medesimi (ai sensi dell’articolo 78) ovvero il ricevitore della dogana abbia consentito il pagamento differito (ai sensi dell’articolo 79).

 

L’articolo 78 prevede infatti che l’amministrazione finanziaria possa consentire a coloro che effettuano con carattere di continuità operazioni doganali di ottenere la libera disponibilità della merce senza il preventivo pagamento dei diritti liquidati, i quali sono annotati, per ciascun operatore, in apposito conto di debito. Periodicamente, alla fine di un determinato intervallo di tempo fissato dall'Amministrazione predetta e che non può comunque eccedere i trenta giorni, il ricevitore della dogana riassume il debito relativo al gruppo di operazioni effettuate nell'intervallo medesimo da ciascun operatore. In tal caso il debito deve essere soddisfatto entro i successivi due giorni lavorativi salve le previsioni dell’articolo 79 ed 80.

L’articolo 79 dispone che il ricevitore della dogana a richiesta dell'operatore, il pagamento differito dei diritti doganali per un periodo di trenta giorni. Lo stesso ricevitore può autorizzare la concessione di una maggiore dilazione, per il pagamento dei diritti afferenti la sola fiscalità interna, fino ad un massimo di novanta giorni, compresi i primi trenta. L’articolo 80 disciplina le modalità di computo della decorrenza e della scadenza del periodo per il quale è concesso il pagamento differito.

 

Il comma 4 autorizza infine la circolazione, fino al 31 ottobre 2020, dei veicoli da sottoporre, entro il 31 luglio 2020, a visita e prova:

§  per l’accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e per l’omologazione ai sensi dell’articolo 75 del Codice della strada;

§  in considerazione di modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, ai sensi dell’articolo 78 dello stesso Codice.

 

La medesima autorizzazione alla circolazione si applica ai veicoli che, nelle medesime cadenze temporali, debbano essere sottoposti a revisione ai sensi dell’articolo 80 del Codice della Strada.

 

L’articolo 75 del Codice della strada disciplina le condizioni alle quali un veicolo può essere ammesso alla circolazione. In particolare si prevede che ciclomotori, motoveicoli, autoveicoli, filoveicoli e rimorchi, per essere ammessi alla circolazione, siano soggetti all'accertamento dei dati di identificazione e della loro corrispondenza alle prescrizioni tecniche ed alle caratteristiche costruttive e funzionali previste dalle norme del Codice. A tale scopo si dispone che i veicoli siano oggetto, anche per gruppi omogenei, di visita e prova da parte dei competenti uffici delle direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e del trasporto intermodale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. I veicoli, i componenti e le entità tecniche prodotte in serie sono assoggettati ad “omologazione del tipo” e, gli accertamenti a tale scopo vengono effettuati su un prototipo. Anche i veicoli destinati a servizio di taxi o di noleggio con conducente sono assoggettati alla verifica sopra descritta.

L’articolo 78 del Codice della strada disciplina la visita e prova cui devono essere sottoposti i veicoli quando siano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali (ovvero ai dispositivi d'equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72), oppure sia stato sostituito o modificato il telaio. Anche in tal caso si prevede che tale visita si svolga prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri.

L’articolo 80 disciplina infine la revisione dei veicoli a motore, che ha la finalità di “accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosità e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti”. Per le autovetture, per gli autoveicoli adibiti al trasporto di cose o ad uso speciale di massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 t e per gli autoveicoli per trasporto promiscuo la revisione deve essere disposta entro quattro anni dalla data di prima immatricolazione e successivamente ogni due anni. Per i veicoli destinati al trasporto di persone con numero di posti superiore a 9 compreso quello del conducente, per gli autoveicoli destinati ai trasporti di cose o ad uso speciale di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, per i rimorchi di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, per i taxi, per le autoambulanze, per i veicoli adibiti a noleggio con conducente e per i veicoli atipici la revisione deve essere disposta annualmente, salvo che siano stati già sottoposti nell'anno in corso a visita e prova. A differenza dei casi di cui agli articoli 75 e 78, le revisioni, in determinati casi (veicoli a motore capaci di contenere al massimo 16 persone compreso il conducente, o con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, ovvero superiore a 3,5 t se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata), possono essere svolti da soggetti diversi dai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: infatti le revisioni possono anche essere effettuate, sulla base di specifiche concessioni, da imprese di autoriparazione che svolgono la propria attività nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attività di commercio di veicoli, esercitino altresì, con carattere strumentale o accessorio, l'attività di autoriparazione. Si ricorda che chiunque circola con un veicolo che non sia stato presentato alla revisione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 ad euro 695.

 

In relazione al contenuto delle disposizioni dell’articolo andrebbe valutata l’opportunità di modificare la rubrica posto che non si rilevano disposizioni concernenti il trasporto pubblico di persone ma disposizioni riguardanti il trasporto stradale e il sostegno al settore marittimo e portuale.


Articolo 93
(Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea)

 

 

L’articolo 93 prevede un contributo in favore dei soggetti che svolgono autoservizi di Taxi e NCC, per dotare i veicoli di paratie divisorie per separare il posto guida dai posteriori, istituendo un apposito fondo a tal fine e rinviando ad un apposito decreto ministeriale per le disposizioni attuative.

 

In dettaglio il comma 1 prevede che allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, nonché per garantire maggiori condizioni di sicurezza ai conducenti ed ai passeggeri, il contributo sia riconosciuto ai soggetti che svolgono tali autoservizi che dotino i veicoli di paratie divisorie, muniti dei necessari certificati di conformità, omologazione o analoga autorizzazione.

Il contributo è concesso fino ad esaurimento delle risorse, nella misura che sarà indicata in un successivo decreto ministeriale previsto dal comma 2, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di ciascun dispositivo installato.

Viene a tal fine istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per l'anno 2020.

Il comma 2 dispone l’adozione del citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente norma, per determinare l’entità massima del contributo riconoscibile e disciplinare le modalità di presentazione delle domande di contributo e di erogazione dello stesso.

Il comma 3 dispone la copertura finanziaria dell’intervento ai sensi dell’articolo 126, alla cui scheda si rinvia.

 

Si ricorda che il trasporto pubblico non di linea assicura il trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ed è disciplinato a livello legislativo nazionale dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea".

Con il decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. "decreto semplificazioni"- AC 1550), convertito dalla legge n. 12 del 2019 (entrata in vigore il 13 febbraio 2019), è stata disposta la modifica la disciplina del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea relativa ai servizi di noleggio con conducente (NCC), di cui alla legge n. 21 del 1992, introducendo alcuni requisiti e caratteristiche da rispettare nello svolgimento del servizio.


Articolo 94
(Incremento dotazione Fondo di solidarietà per il settore aereo)

 

 

L’articolo 94 dispone un incremento di 200 milioni di euro, per il 2020, della dotazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale e reca, a valere sulle suddette risorse, norme specifiche per il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale nel settore aereo, a fronte delle gravi crisi aziendali che hanno investito quest'ultimo.

 

In particolare, agli oneri derivanti dal suddetto incremento della dotazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, si provvede ai sensi dell’articolo 126 (commi 1 e 3).

Ai sensi del comma 2, il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale può essere autorizzato in deroga ai limiti di durata massima del trattamento di integrazione salariale [26]:

§  a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame e fino al 31 dicembre 2020;

§  nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020;

§  nel limite massimo di 10 mesi;

§  previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico nonché della Regione interessata;

§  qualora l'azienda operante nel settore aereo abbia cessato o cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale.

 

 


Articolo 95
(Sospensione versamenti canoni per il settore sportivo)

 

 

L’articolo 95 consente alle federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva, alle società e alle associazioni sportive, di non procedere fino al 31 maggio 2020 al versamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.

 

In particolare il comma 1 prevede che per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, sono sospesi, dalla data di entrata in vigore del decreto (17 marzo 2020) fino al 31 maggio 2020, i termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.

 

Il comma 2 dispone che i versamenti dei canoni sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020.

 

 


Articolo 96
(
Indennità per i collaboratori sportivi)

 

 

L'articolo 96, comma 1, riconosce - nel limite di spesa di 50 milioni di euro per il 2020 - in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva e società e associazioni sportive dilettantistiche l’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro, prevista dal precedente articolo 27 (qui richiamato) - così come dagli articoli 28, 29, 30 e 38 - per altre categorie di lavoratori. L’indennità è corrisposta dalla società Sport e salute S.p.A., alla quale - ai sensi del comma 2 - sono trasferite le relative risorse. Ai sensi del comma 3, il beneficio è riconosciuto su domanda degli interessati e a condizione della mancata percezione di altro reddito da lavoro. Il comma 4 demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di presentazione delle domande, dei criteri di gestione delle risorse stanziate e delle forme di monitoraggio e controllo della spesa.

Il comma 5 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri.

 

Più in particolare, il beneficio, ai sensi del comma 1, è riconosciuto da Sport e salute S.p.A. per i rapporti di collaborazione già in essere alla data del 23 febbraio 2020 con federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche. Riguardo a queste ultime società ed associazioni, il comma fa riferimento - in base al richiamo dell’articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni - ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale. Per l’ambito delle medesime società ed associazioni dilettantistiche, il comma 3 fa riferimento a quelle iscritte nel relativo elenco curato dal CONI[27].

L'indennità (così come previsto per le indennità di cui agli articoli da 27 a 30 e all’articolo 38, relative ad altre categorie di lavoratori) non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi).

Il comma 2, come sopra accennato, dispone un incremento delle risorse da trasferire a Sport e salute S.p.A., incremento pari a 50 milioni di euro per il 2020 e corrispondente al limite di spesa posto dal comma 1.

Alla medesima società (comma 3) devono essere presentate le domande da parte degli interessati, corredate da autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione, nonché della mancata percezione di altro reddito da lavoro. Si valuti l’opportunità di precisare il significato del suddetto termine "preesistenza", considerato che il comma 1 fa riferimento ai rapporti già in essere alla data del 23 febbraio 2020, e di specificare il periodo temporale al quale si riferisca la condizione della mancanza di altro reddito da lavoro.

In base al richiamo, operato dal comma 1, al suddetto articolo 27, deriva che l’indennità non spetta ai titolari di trattamento pensionistico o del Reddito di cittadinanza[28] e che la medesima - ai sensi dell’articolo 31 - non è cumulabile con le altre indennità, oggetto del medesimo articolo 27 e degli articoli da 28 a 30 e 38. Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di un richiamo anche delle suddette norme di cui all’articolo 31.

Sport e salute S.p.A. istruisce le domande secondo l’ordine cronologico di presentazione e sulla base dell'elenco delle società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi, elenco che la società acquisisce dal CONI sulla base di apposite intese (comma 3 citato).

 

Si ricorda che tale elenco è curato dal CONI, che lo trasmette annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze-Agenzia delle entrate[29].

 

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con "l’Autorità delegata in materia di sport" (attualmente il Ministro per le politiche giovanili e lo sport), da emanarsi entro 15 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, l'individuazione delle modalità di presentazione delle domande, dei criteri di gestione delle risorse stanziate dal comma 2 e delle forme di monitoraggio e controllo della spesa.

Dal punto di vista redazionale, si osserva che il comma 4 fa riferimento al "fondo di cui al comma 2", il quale, almeno letteralmente, non prevede un fondo, ma un incremento delle risorse trasferite a Sport e salute S.p.A.

Il comma 5, come detto, rinvia per la copertura degli oneri al successivo articolo 126 del decreto-legge.

 

L'assetto attuale di Sport e salute S.p.A. è disciplinato dall'articolo 1, commi 629-633, della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145 del 2018). Tali disposizioni hanno mutato la denominazione della CONI Servizi S.p.A. in Sport e salute S.p.A. e, nell’ambito del nuovo sistema di finanziamento delineato, hanno attribuito alla stessa società il compito di provvedere al sostegno degli organismi sportivi, sulla base degli indirizzi generali adottati dal CONI. I commi 630 e 632 disciplinano il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato e, conseguentemente, di attribuzione delle risorse destinate al CONI e a Sport e salute S.p.A.

Le medesime disposizioni della legge di bilancio 2019 hanno, inoltre, ridisciplinato la governance della società in oggetto.

 

 

 


Articolo 97
(Aumento anticipazioni FSC - Fondo sviluppo e coesione)

 

 

L’articolo 97 aumenta dal 10 al 20 per cento la quota a titolo di anticipazione finanziaria assegnata a valere sulle somme destinate a ciascun intervento ricompreso nei Piani Operativi e nei Patti per lo sviluppo finanziati dalle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il ciclo di programmazione 2014-2020.

 

L’anticipazione del 20 per cento è ammissibile per gli interventi infrastrutturali che siano dotati di un progetto esecutivo approvato dagli organi competenti (siano cioè “cantierabili”), ovvero, nel caso di interventi in favore delle imprese, di un provvedimento di attribuzione del finanziamento.

Tale aumento dell’entità delle anticipazioni finanziarie non si applica ai finanziamenti degli interventi attuati da ANAS S.p.A. e RFI S.p.A..

 

Come riportato nella Relazione illustrativa, la disposizione ha lo scopo di fornire alle Amministrazioni titolari dei Piani Operativi e dei Patti per lo sviluppo “una adeguata liquidità sia per far avanzare la progettazione, sia per adempiere all’obbligo delle stazioni appaltanti di anticipazione del prezzo all’appaltatore, ai sensi dell’articolo 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), sia, in linea generale, per poter anticipare maggiori risorse alle imprese beneficiarie degli interventi”.

 

Si ricorda che con la delibera n. 25 del 2016 il CIPE ha provveduto alla ripartizione per aree tematiche nazionali e per obiettivi strategici delle risorse inizialmente stanziate (43,8 miliardi per il ciclo 2014-2020), assegnando (al netto delle preallocazioni disposte con legge e delle assegnazioni già disposte con precedenti delibere) l’importo residuo di 15,2 miliardi ai Piani operativi afferenti le aree tematiche.

Contestualmente, con la delibera n. 26 del 2016, il CIPE ha assegnato 13,4 miliardi (già scontati dalla delibera n. 25/2016) alle Regioni e alle Città metropolitane del Mezzogiorno (o Comuni capoluogo dell’Area metropolitana) per l’attuazione di interventi da realizzarsi nelle Regioni e nelle Città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi Accordi interistituzionali, denominati “Patti per il Sud”. Con la delibera n. 56 del 2016 il CIPE ha poi assegnato ulteriori risorse ai Patti del Centro-Nord (Lazio, Lombardia, città metropolitane di Firenze, Milano, Genova e Venezia), rinviando alle disposizioni di cui alla delibera n. 26 del 2016 per quanto riguarda le modalità di attuazione dei singoli Patti.

Entrambe le delibere hanno stabilito (rispettivamente, al punto 2, lettera h) per la delibera n. 25, e al punto 3.4 per la delibera n. 26) le medesime modalità di trasferimento delle risorse da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze  (Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – IGRUE) in favore delle Amministrazioni titolari degli interventi sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipartimento per le politiche di coesione), mediante anticipazioni, pagamenti intermedi e saldi, articolati come segue:

§  anticipazione pari al 10 per cento dell’importo assegnato per singolo intervento;

§  pagamenti intermedi fino all’85 per cento dell’importo assegnato a ciascun intervento, a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute dalle Amministrazioni, evidenziate in apposita domanda di pagamento inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -  Dipartimento per le politiche di coesione;

§  saldo del 5 per cento per ciascun intervento, a seguito di domanda finale di pagamento inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, corredata da attestato di chiusura dell’intervento.

 

Per quanto riguarda le disponibilità in bilancio, si ricorda che la legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019) ha stanziato sul FSC per il 2020 risorse per 6.856,8 milioni in termini competenza, ma solo 1.687 milioni in termini di autorizzazioni di cassa.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 1, comma 703, lettera l), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), potranno essere trasferite nel 2020 dal bilancio dello Stato (cap. 8000/MEF) all’apposita contabilità speciale di tesoreria (c/c 25058) soltanto 1.687 milioni, che andranno ad aggiungersi ai 600 milioni disponibili sul conto corrente di tesoreria alla data del 31 dicembre 2019.

 

 


Articolo 98
(Misure straordinarie urgenti a sostegno della filiera della stampa)

 

 

L'articolo 98 introduce innanzitutto un regime straordinario di accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari, in modo che l'importo del credito venga commisurato al valore totale degli investimenti effettuati anziché ai soli investimenti incrementali. In secondo luogo, dispone un ampliamento dell'ambito soggettivo e oggettivo del c.d. "tax credit per le edicole".

 

Nella relazione illustrativa, il Governo motiva l'intervento di sostegno economico alle imprese della filiera della stampa contenuto nella disposizione facendo riferimento al pregiudizio che il calo di investimenti pubblicitari potrebbe arrecare a numerose realtà editoriali, che pure svolgono un'indispensabile funzione di pubblico servizio nell'ambito dell'emergenza in atto.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame introduce un regime straordinario di accesso al credito d'imposta di cui all'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.

 

L’articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 disciplina la concessione di incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, e reca misure di sostegno alle imprese editoriali di nuova costituzione.

Nello specifico, il comma 1 prevede che, per l'anno 2018, alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore superi almeno dell'1% gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell'anno precedente, è attribuito un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative, nel limite massimo complessivo di spesa stabilito ai sensi del comma 3. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione previa istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con D.P.C.M. 16 maggio 2018 n. 90 sono stati stabiliti le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni di cui al presente comma. Le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis", del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo, e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

Il comma 1-bis del medesimo articolo stabilisce che, a decorrere dall'anno 2019, il credito d'imposta di cui al comma 1 è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti ivi contemplati, nella misura unica del 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati, nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del comma 3, e in ogni caso nei limiti dei regolamenti dell'Unione europea richiamati al comma 1. Ai fini della concessione del credito d'imposta si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90. Per l'anno 2019, le comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta di cui all'articolo 5, comma 1, del citato regolamento sono presentate dal 1° al 31 ottobre.

 

Si rammenta che in attuazione dell’articolo 14, comma 2, della legge n. 57 del 2001 è stato realizzato presso il Ministero dello sviluppo economico un sistema informativo denominato Banca Dati Anagrafica delle agevolazioni.

Successivamente, la legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, all’articolo 52, comma 1, ha stabilito che, al fine di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato, i soggetti pubblici o privati che concedono ovvero gestiscono i predetti aiuti trasmettono le relative informazioni alla banca dati istituita presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, della legge n. 57 del 2001, che ha così assunto la denominazione di: "Registro nazionale degli aiuti di Stato".

 

 

Per effetto del comma 1-ter inserito dalla disposizione in esame nell'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, limitatamente all’anno 2020, il credito d’imposta di cui al comma 1 è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti ivi contemplati, nella misura unica del 30 per cento del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali come previsto dalla norma vigente) nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 57-bis, e in ogni caso nei limiti dei regolamenti dell’Unione europea richiamati al comma 1.

 

Il comma 3 dell'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 stabilisce che per gli anni successivi al 2018, alla copertura degli oneri per la concessione del credito d'imposta di cui al medesimo articolo si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di cui all'articolo 1 della legge n. 198 del 2016, nel limite complessivo, che costituisce tetto di spesa, determinato annualmente con il D.P.C.M. di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 198 del 2016, da emanare entro il termine di scadenza previsto dall'articolo 5, comma 1, del regolamento di cui al D.P.C.M. 16 maggio 2018, n. 90, per l'invio delle comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta. Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta medesimo sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

 

Ai fini della concessione del credito d’imposta si applicano, per i profili non derogati dalla presente disposizione, le norme recate dal regolamento di cui al D.P.C.M. 16 maggio 2018, n. 90. Per l’anno 2020, la comunicazione telematica di cui all’articolo 5, comma 1, del predetto decreto è presentata nel periodo compreso tra il 1° ed il 30 settembre del medesimo anno, con le modalità stabilite nello stesso articolo 5. Le comunicazioni telematiche trasmesse nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 marzo 2020 restano comunque valide.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone l'estensione delle agevolazioni fiscali per le edicole e altri rivenditori al dettaglio di quotidiani, riviste e periodici (c.d. "tax credit per le edicole") mediante una serie di modifiche all'articolo 1, comma 806, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

 

I commi 806-809 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) introducono un’agevolazione fiscale per le edicole e gli altri rivenditori al dettaglio, che svolgono esclusivamente vendita di quotidiani, riviste e periodici. Essa si estende a quegli esercizi i quali – pur non esclusivamente dedicati alla vendita dei giornali – siano però gli unici punti vendita nel comune considerato (come identificati dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001).

 

L'articolo 1, comma 393, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha disposto, per l'anno 2020, in deroga all'articolo 1, comma 806, ultimo periodo, di cui sopra, che il credito d'imposta è riconosciuto agli esercenti attività commerciali non esclusivi anche nei casi in cui la predetta attività commerciale non rappresenti l'unico punto vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici nel comune di riferimento. L'agevolazione è riconosciuta prioritariamente agli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici.

 

Si rammenta che l’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001 prevede che possono esercitare l'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica, in regime di non esclusività, le seguenti tipologie di esercizi commerciali:

a) le rivendite di generi di monopolio;

b) le rivendite di carburanti e di oli minerali;

c) i bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie;

d) le strutture di vendita medie e grandi, nonché i centri commerciali, come definiti dall'articolo 4, comma 1, lettere e), f) e g), del decreto legislativo n. 114 del 1998, con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700;

e) gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di metri quadrati 120;

f) gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.

Il credito d’imposta è riconosciuto per due anni (2019 e 2020) e nel limite, rispettivamente, di 13 milioni di euro e di 17 milioni. A ciascun esercente il credito d’imposta spetta nel limite di 2000 euro all’anno. Se ne può fruire entro i limiti delle regole europee sugli aiuti de minimis e solo mediante modulo F24 in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 807 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019).

Il comma 808 rimanda la definizione delle modalità attuative a un D.P.C.M. (poi emanato come D.P.C.M. 31 maggio 2019), anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti, nonché alla definizione di eventuali altre spese da ammettere al credito d’imposta.

Il comma 809 reca le norme di copertura:

a) 13 milioni di euro nell’anno 2019 e 4 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sul il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (per la quota Presidenza del Consiglio dei ministri);

b) 13 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sulle risorse disponibili già destinate al credito di imposta previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 63 del 2012 in materia di modernizzazione del sistema di distribuzione dei giornali e tracciabilità delle vendite; il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, è ridotto di 13 milioni di euro per il 2020.

 

 

Le modifiche introdotte dal comma 2 dell'articolo in esame comportano, in particolare, un ampliamento dell'ambito soggettivo e oggettivo della misura attraverso:

a)      l'incremento dell'importo massimo del credito d'imposta fruibile da ciascun beneficiario da 2.000 a 4.000 euro per l'anno 2020;

b)     l'ampliamento delle fattispecie di spesa compensabili con l'ammissione delle spese per i servizi di fornitura di energia elettrica, i servizi telefonici e di collegamento a Internet, nonché per i servizi di consegna a domicilio delle copie di giornali;

c)      l'estensione del credito d'imposta, per l'anno 2020, alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani e/o periodici a rivendite situate nei comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita.

La relazione tecnica precisa che alla norma non sono associati nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica per effetto del mantenimento del tetto di spesa vigente nella disciplina originaria.


Articolo 99
(Erogazioni liberali a sostegno del contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

L'articolo 99 autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire uno o più conti correnti bancari dedicati in via esclusiva a raccolta e utilizzo delle donazioni liberali di somme finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19.  A tali conti correnti ed alle relative risorse si applica la normativa recata dal nuovo codice della protezione civile, in materia di impignorabilità e non sequestrabilità delle risorse di contabilità speciale. Si dettano norme per le acquisizioni finanziate in via esclusiva tramite le donazioni di persone fisiche o giuridiche private.

Si prevede che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 e in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte di aziende, agenzie ed enti del Servizio sanitario nazionale da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, avviene mediante affidamento diretto, senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie comunitarie recate dal codice dei contratti pubblici, e a condizione che l’affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.

Il comma 4 prevede che i maggiori introiti integrano e non assorbono i budget stabiliti con decreto di assegnazione regionale, mentre il comma 5 stabilisce l'obbligo per ogni pubblica amministrazione beneficiaria di tenere una rendicontazione separata che dovrà essere pubblicata sul sito internet da ciascuna amministrazione beneficiaria alla fine dello stato di emergenza, al fine di garantire la trasparenza della fonte e dell’impiego delle liberalità.

 

Il comma 1 autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire uno o più conti correnti bancari dedicati in via esclusiva a raccolta e utilizzo delle donazioni liberali di somme finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19. Si fa, al riguardo, riferimento alle molteplici manifestazioni di solidarietà pervenute in relazione all'emergenza sanitaria in atto.

 

In base al comma 2, a tali conti correnti ed alle relative risorse si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del nuovo codice della protezione civile, in materia di impignorabilità e non sequestrabilità delle risorse di contabilità speciale.

Il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 reca il nuovo codice della protezione civile. L'art. 27, in materia di contabilità speciali per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale e altre disposizioni in materia amministrativa e procedimentale, in vigore dal 27 febbraio 2020 e come modificato dall'art. 18, comma 1, lett. a), del D.Lgs.  n. 4 del 2020, prevede che per l'attuazione delle ordinanze di protezione civile può essere autorizzata l'apertura di apposite contabilità speciali, le quali possono essere mantenute per un periodo massimo di quarantotto mesi dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza.

In particolare, il co. 7, richiamato nella disposizione in esame, prevede che fino alla cessazione degli effetti delle ordinanze di protezione civile, resta sospesa ogni azione esecutiva, ivi comprese quelle di cui agli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile e quelle di cui agli articoli 91 e seguenti del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e sono privi di effetto i pignoramenti comunque notificati.

In base al successivo co. 8, tale previsione si applica alle risorse comunque dirette a finanziare le contabilità speciali istituite con ordinanze di protezione civile; tali risorse sono insuscettibili di pignoramento o sequestro fino alla definitiva chiusura delle pertinenti contabilità speciali.

 

Si dettano norme per le acquisizioni finanziate in via esclusiva tramite le donazioni di persone fisiche o giuridiche private.

Il comma 3 prevede al riguardo che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 – vale a dire per il periodo di sei mesi dalla delibera medesima - e, in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte delle aziende, agenzie e degli enti del Servizio sanitario nazionale da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, ai sensi dell’art. 793 c.c., avviene mediante affidamento diretto; si procede senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie comunitarie di cui all'articolo 35 del codice dei contratti pubblici. Si stabilisce inoltre la condizione che l’affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.

 

Il c.c. all'art. 793 disciplina la donazione modale, stabilendo che la donazione può essere gravata da un onere e il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata; per l'adempimento dell'onere può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso.

Il codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, prevede all'art. 35 le soglie di rilevanza comunitaria e i metodi di calcolo del valore stimato degli appalti. Le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni; b) euro 135.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell'allegato III al Codice; c) euro 209.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; tale soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell'allegato VIII; d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all'allegato IX. Nei settori speciali, le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti di lavori; b) euro 418.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione; c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IX. La medesima norma detta inoltre disposizioni sul calcolo del valore del contratto.

 

Il comma 4 prevede che i maggiori introiti integrano e non assorbono i budget stabiliti con decreto di assegnazione regionale.

La norma non appare chiarire a quali decreti regionali si riferisca la disposizione. La relazione illustrativa al decreto-legge afferma che le risorse ricevute in ragione delle liberalità integrano ma non assorbono i budget stabiliti per le predette acquisizioni dai decreti regionali.

La formulazione potrebbe essere chiarita, con particolare riferimento al menzionato decreto di assegnazione regionale.

 

Il comma 5 stabilisce l'obbligo per ogni pubblica amministrazione beneficiaria di una rendicontazione separata dedicata per la quale:

- è autorizzata l’apertura di un conto corrente dedicato presso il tesoriere, gestito con completa tracciabilità

- dovrà essere pubblicata sul proprio sito internet da ciascuna amministrazione beneficiaria, ovvero su alto sito idoneo, alla fine dello stato di emergenza, al fine di garantire la trasparenza della fonte e dell’impiego delle liberalità.

 

 


Articolo 100, comma 1
(Fondo per le esigenze emergenziali di università,
istituzioni AFAM, enti di ricerca)

 

 

L’articolo 100, comma 1, istituisce un Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) ed enti di ricerca.

 

In particolare, si dispone che, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza dichiarato, fino al 31 luglio 2020, con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, è istituito per l'anno 2020 il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca (MUR), con una dotazione pari a € 50 mln.

 

Preliminarmente, si ricorda che, a seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

 

In base al testo, possono beneficiare delle risorse anche i collegi universitari di merito accreditati.

 

In base agli artt. 15-17 del d.lgs. 68/2012, i collegi universitari legalmente riconosciuti sono strutture private a carattere residenziale, aperte a studenti di atenei italiani o stranieri, di elevata qualificazione formativa e culturale, che perseguono la valorizzazione del merito e l'interculturalità della preparazione, assicurando a ciascuno studente, sulla base di un progetto personalizzato, servizi educativi, di orientamento e di integrazione dei servizi formativi. I collegi universitari legalmente riconosciuti sono gestiti da soggetti che non perseguono fini di lucro.

Il Ministero dell’università e della ricerca concede, con proprio decreto, il riconoscimento ai collegi universitari che ne avanzano richiesta e che, a tal fine, devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale.

L'accreditamento – che è condizione necessaria per la concessione del finanziamento statale – è concesso con decreto del Ministro, su domanda avanzata dagli interessati, che a tal fine devono avere ottenuto il riconoscimento da almeno 5 anni e devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale.

L’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs. ha previsto, però, che per i collegi universitari legalmente riconosciuti alla data della sua entrata in vigore, restavano ferme le disposizioni vigenti e gli stessi si consideravano riconosciuti ed accreditati, gravando, in ogni caso, sui medesimi l'obbligo di adeguarsi agli standard e requisiti ivi previsti entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di disciplina del riconoscimento.

Sono, dunque, intervenuti il DM 672/2016, che ha disciplinato il riconoscimento, e il DM 673/2016, che ha disciplinato l’accreditamento.

Da ultimo, è intervenuto il D.D. 2165/2019, che ha decretato quali collegi universitari legalmente riconosciuti, essendosi adeguati ai nuovi criteri di accreditamento di cui all’art. 17 del d.lgs. 68/2012 mantengono la qualifica di collegio universitario di merito accreditato acquisita inizialmente ex lege in base all’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs., e quali la perdono[30].

 

Per quanto concerne il riferimento a “università, istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica ed enti di ricerca” non è esplicitato se possa trattarsi solo di soggetti pubblici o anche di soggetti privati (ai quali, in base alla normativa vigente, sono destinati contributi a valere sul bilancio statale)[31].

Inoltre, per gli enti di ricerca, non è esplicitato se si tratti solo di quelli vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca – come si potrebbe presupporre dall’allocazione del Fondo – ovvero anche di quelli vigilati da altri Ministeri[32].

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

I criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse devono essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca, per la cui emanazione non è indicato un termine.

 

Ai conseguenti oneri si provvede ai sensi dell’art. 126, che reca le disposizioni di copertura finanziaria.


Articolo 100, comma 2
(Continuità della
governance degli enti pubblici di ricerca)

 

 

L’articolo 100, comma 2, reca disposizioni volte a garantire la continuità della governance degli enti pubblici di ricerca, ad eccezione dell’ISTAT, durante il periodo di emergenza.

 

In particolare, si prevede innanzitutto la proroga dei mandati dei componenti degli organi degli enti pubblici di ricerca di cui al d.lgs. 218/2016 – ad esclusione, come detto, dell’ISTAT[33] –, laddove scaduti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ovvero in scadenza durante il periodo dello stato di emergenza. La proroga opera fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020.

La disposizione riguarda, in virtù del richiamo al d.lgs. 218/2016, i 14 enti pubblici vigilati (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) dal Ministero dell’università e della ricerca (MUR) e 5 (dei 6) enti vigilati da altri Ministeri (fra i quali l’ISTAT).

Per gli enti pubblici di ricerca disciplinati dal d.lgs. 218/2016, si rimanda alla scheda relativa all’art. 100, co. 1.

 

Inoltre, fino alla medesima data del 31 luglio 2020, si prevede la sospensione delle procedure di cui all’art. 11 del d.lgs. 213/2009, relative alla nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione dei (soli) enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR, di designazione governativa.

 

Al riguardo, si ricorda che il d.lgs. 213/2009 – come modificato, per quanto qui interessa, dal D.L. 104/2013 (L. 128/2013) –, relativo ai soli enti pubblici vigilati dal MUR, ha previsto la presenza di un consiglio di amministrazione (art. 8) e di consigli scientifici o tecnico-scientifici (art. 10), questi ultimi nominati dai consigli di amministrazione.

Nello specifico, in base all’art. 8, i componenti del consiglio di amministrazione compreso il presidente, sono nominati con decreto del Ministro e durano in carica 4 anni.

In via generale, si tratta di 5 componenti, nel caso di enti che ricevono un contributo pubblico annuale di importo superiore al 20% del fondo di funzionamento ordinario degli enti di ricerca (FOE) o che impiegano oltre 500 unità di personale, o di 3 componenti negli altri casi.

Tuttavia, in base all’art. 9, il consiglio di amministrazione del CNR è composto da 7 componenti, di cui 4, tra i quali il presidente, designati dal Ministro, di cui uno su indicazione del presidente della Conferenza Stato-regioni[34].

Per quanto riguarda il consiglio di amministrazione dell’ASI, le disposizioni recate dallo stesso art. 9 del d.lgs. 213/2009 sono state abrogate dalla L. 7/2018, il cui art. 3 – novellando l’art. 7, co. 2, del d.lgs. 128/2003 – ha disposto che lo stesso è composto dal presidente, designato dal Ministro dell'università e della ricerca, e da altri 4 componenti, dei quali uno designato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, uno dal Ministro della difesa, uno dal Ministro dello sviluppo economico e uno dal Ministro dell'economia e delle finanze.

A sua volta, l’art. 11 ha disposto che, ai fini della nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione di designazione governativa, con decreto del Ministro è nominato un comitato di selezione, composto da un massimo di 5 persone, scelte tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti in alta amministrazione, di cui uno con funzione di coordinatore. Il comitato agisce nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal Ministro nel decreto di nomina. In particolare, fissa, con avviso pubblico, le modalità e i termini per la presentazione delle candidature e, per ciascuna posizione ed ove possibile in ragione del numero dei candidati, propone al Ministro 5 nominativi per la carica di presidente e 3 nominativi per la carica di consigliere[35].

Nei consigli di amministrazione composti da 3 consiglieri, due componenti, incluso il presidente, sono individuati dal Ministro[36]. Nei consigli di amministrazione composti da 5 consiglieri, sono, invece, individuati dal Ministro tre componenti e tra questi il presidente[37].

I decreti ministeriali di nomina dei presidenti e dei consigli di amministrazione sono comunicati al Parlamento.

Da ultimo, con DM 848 del 10 dicembre 2018, modificato con DM 591 del 27 giugno 2019 (v. qui), è stato nominato il comitato di selezione incaricato di restare in carica fino al completamento della selezione dei componenti di nomina governativa il cui mandato scadeva entro il 31 dicembre 2019.

Nel prosieguo, sono stati emanati vari avvisi pubblici per la presentazione delle candidature per gli organi di vari enti pubblici di ricerca.


Articolo 100, comma 3
(Restituzione di crediti agevolati concessi a valere sul FAR)

 

 

 

L’articolo 100, comma 3, prevede che le imprese con sede o unità locali ubicate nel territorio italiano che abbiano beneficiato di crediti agevolati concessi dal MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR), possano ottenere, su richiesta, la sospensione di sei mesi del pagamento delle rate che scadono nel mese di luglio 2020 e un corrispondente adeguamento del piano di ammortamento.

 

In particolare, il comma 3 dell’articolo 100 prevede che i beneficiari di agevolazioni nella forma del credito agevolato, concesse dal MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla ricerca (FAR) – di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 297/1999 – a favore di imprese con sede o unità locali ubicate nel territorio italiano, possono ottenere, previa presentazione di apposita richiesta:

§  la sospensione di sei mesi del pagamento delle rate con scadenza nel mese di luglio 2020;

§  un corrispondente allungamento della durata dei piani di ammortamento (primo periodo).

Il Ministero procede, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, comprensivo di sorte capitale e interessi, da rimborsare al tasso di interesse legale e con rate semestrali posticipate (secondo periodo).

 

La norma intende conferire flessibilità alle modalità di restituzione dei crediti agevolati di cui al Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR).

Come precisato nella relazione illustrativa, per i beneficiari del finanziamento nella forma del credito agevolato, il MIUR predispone un piano di rientro a tassi d’interesse agevolati, che prevede rate con cadenza semestrale: i pagamenti sono eseguiti nei mesi di luglio e dicembre.

La disposizione in esame dispone l’interruzione, per sei mesi, degli obblighi relativi al versamento delle rate con scadenza nel mese di luglio 2020, evitando le conseguenze previste dal ritardato pagamento. Vi sarà quindi, un adeguamento del piano di ammortamento ed una sua traslazione di sei mesi, congelando di fatto il primo semestre 2020 e rinviandolo interamente al secondo semestre del medesimo anno con scadenza a dicembre 2020.

La relazione illustrativa precisa, altresì, che la misura non sospende le situazioni di morosità già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, relativamente a rate già scadute, ma permette anche ai soggetti morosi di rinviare di sei mesi la scadenza prevista per luglio 2020, senza pertanto incrementare la propria situazione debitoria.

 

La relazione tecnica rileva come, trattandosi di un fondo rotativo fuori bilancio, la disposizione non comporti effetti sul saldo netto da finanziare.

Sul fabbisogno si registra un onere pari al valore complessivo delle rate oggetto di sospensione, pari a euro 9.868.646 per l’anno 2020, mentre sull’indebitamento netto l’effetto è limitato alla quota interessi, pari a euro 99.361,52.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 126 (comma 3, terzo periodo).

 

Il D.Lgs. 297/1999 recante “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”, ha istituito il Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR) (articolo 5).

Con il D.M. n. 593/2000, recante “Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297” si è realizzato il riordino e la razionalizzazione del sistema di agevolazione alla ricerca industriale e sviluppo sperimentale gestito dal MIUR.

Successivamente, l'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007) ha istituito nello stato di previsione della spesa del MIUR il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nel quale confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'art. 5 D.Lgs. 297/1999 (tali risorse comunque continuano ad essere iscritte nell’apposita contabilità speciale 3001 (cfr. infra)), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'art. 104 della L. 388/2000, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, dell’ex Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della L. 289/2002 (ora Fondo sviluppo e coesione).

L’articolo 1, comma 872 della citata L. 296/2006 reca, inoltre, disposizioni in ordine alle procedure da adottare per la ripartizione del FIRST con decreto ministeriale, prevedendo la destinazione di una quota non inferiore al quindici per cento delle disponibilità complessive del Fondo al finanziamento di interventi presentati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali (cfr., da ultimo, il D.M. 19 gennaio 2019).

L’articolo 30 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 (c.d. Decreto Semplifica-Italia) (conv. L. n. 35/2012), all’art. 30, è intervenuto introducendo alcune misure di semplificazione delle procedure previste dal D.Lgs. 297/1999 per il funzionamento del FAR.

Un ulteriore provvedimento governativo di poco successivo, il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (c.d. Decreto Sviluppo I) (conv. L. 134/2012) ha poi previsto l’introduzione di una nuova disciplina-quadro del sistema delle agevolazioni alla ricerca, sostituendo quella già contenuta nella normativa di funzionamento del FAR, che confluisce ora nell’ambito della disciplina dedicata al più ampio strumento del FIRST (Fondo Investimenti Ricerca Scientifica e Tecnologica).

In particolare, il Capo IX, recante “Misure per la ricerca scientifica e tecnologica” (artt. 60-63) ha attuato la ridefinizione degli interventi di competenza del MIUR volti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, estese ai processi di sviluppo sperimentale, individuando i soggetti potenziali beneficiari e le tipologie d’intervento ammissibili.

L’art. 63 del D.L. 83/2012 ha quindi espressamente previsto l’abrogazione del D.Lgs. n. 297/1999, istitutivo del FAR, subordinandola all’entrata in vigore di un decreto di natura non regolamentare, destinato a contenere la nuova disciplina di dettaglio del FIRST.

Questo provvedimento è stato adottato con il decreto ministeriale 19 febbraio 2013, n. 115, recante “Modalità di utilizzo e gestione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nonché disposizioni procedurali per la concessione delle agevolazioni a valere sulle relative risorse, a norma degli artt. 60, 61, 62 e 63 del D.L. n. 83/2012”.

Il D.M. ha individuato quattro linee di intervento del FIRST, conformemente a quanto previsto dall’articolo 60 del D.L. n. 83/2012. Contestualmente, ha disposto che il FIRST sia alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge di bilancio, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del Fondo sviluppo e coesione. A tale riguardo, il D.M. ha previsto che la quota di stanziamento del FIRST annualmente finalizzata alla concessione di contributi nella forma di credito agevolato è destinata ad alimentare la contabilità speciale del fondo di rotazione intestata al Fondo agevolazioni alla ricerca (FAR- contabilità 3001), in concorrenza alle altre entrate del predetto Fondo, ivi comprese quelle derivanti dai predetti rientri.

Successivamente, con il D.M. del 26 luglio 2016, n. 593, recante “Disposizioni per la concessione delle agevolazioni finanziarie, a norma degli articoli 60, 61, 62 e 63 del D.Lgs. n. 83/2012”, il MIUR è ulteriormente intervenuto al fine di stabilire nuove procedure per regolare l’utilizzo e la gestione del FIRST.

Anche in questo caso, come chiarito sul sito istituzionale del MIUR, la previgente disciplina (D.M. n. 593/2000 e D.M. n. 115/2013) continua ad applicarsi per la gestione dei progetti di ricerca presentati prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del nuovo D.M. (23/8/2016) e per i quali risulti pendente l’attività istruttoria ovvero collegata all’erogazione delle agevolazioni concesse.

Si rinvia anche alla Corte dei Conti, Analisi delle gestioni contabili fuori bilancio effettuata nell’ambito della Relazione sul rendiconto generale dello Stato relativa all’anno 2018.


Articolo 101, commi 1-5 e 7
(Continuità dell’attività formativa delle università
e delle istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 101, commi 1-5, reca disposizioni finalizzate a garantire gli studenti, i ricercatori e i docenti universitari da eventuali effetti pregiudizievoli derivanti dalla sospensione della frequenza delle attività didattiche disposta ai sensi del D.L. 6/2020 (L. 13/2020).

In base al comma 7, tali disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) hanno previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la possibilità di sospensione, con DPCM, del funzionamento, per quanto qui interessa, delle attività degli istituti di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.

A seguire, sono intervenuti vari DPCM che hanno progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

Da ultimo, il DPCM 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del DPCM 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione, sempre per quanto qui interessa, della frequenza delle attività di formazione superiore, comprese le università e le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, i master, i corsi per le professioni sanitarie e le università per anziani, e ad esclusione dei corsi per i medici in formazione specialistica e dei corsi di formazione specifica in medicina generale, nonché delle attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie.

Sempre in base al DPCM dell’8 marzo 2020, per tutta la durata della sospensione, le attività didattiche o curriculari possono essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime università e Istituzioni AFAM, avuto particolare riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Successivamente al ripristino dell'ordinaria funzionalità, le università e le Istituzioni AFAM assicurano, laddove ritenuto necessario, ed in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative, nonché di quelle curriculari, ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultino funzionali al completamento del percorso didattico. Le assenze maturate dagli studenti non sono computate ai fini della eventuale ammissione ad esami finali, nonché ai fini delle relative valutazioni[38].

Infine, il DPCM ha disposto la sospensione delle riunioni degli organi collegiali in presenza.

 

Disposizioni relative agli studenti universitari (commi 1 e 5)

 

In particolare, il comma 1 individua a livello legislativo – in deroga alle disposizioni dei regolamenti di ateneo – la data ultima per lo svolgimento dell’ultima sessione delle prove finali per il conseguimento del titolo di studio dell’anno accademico 2018/2019, fissandola al 15 giugno 2020.

Dispone, inoltre, che è conseguentemente prorogato ogni altro termine connesso all’adempimento di scadenze didattiche o amministrative funzionali allo svolgimento delle stesse prove.

In base ai regolamenti di ateneo, di norma, l’ultima sessione delle prove finali per il conseguimento del titolo di studio relativa ad un determinato a.a. si colloca fra i mesi di marzo/aprile dell’a.a. successivo.

La previsione è volta, evidentemente, a salvaguardare le realtà nelle quali non vi sia la possibilità della discussione della tesi a distanza[39].

 

Con riguardo alle attività formative svolte con modalità a distanza, il comma 5 dispone che le stesse sono valide ai fini del computo dei crediti formativi universitari (CFU), previa attività di verifica dell’apprendimento, nonché ai fini dell’attestazione della frequenza obbligatoria.

 

L’art. 5 del regolamento emanato con DM 270/2004 stabilisce che ad ogni CFU corrispondono 25 ore di impegno complessivo per studente[40] e che la quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 CFU. I CFU corrispondenti a ciascuna attività formativa sono acquisiti dallo studente con il superamento di un esame o di altra forma di verifica del profitto.

A sua volta, l’art. 7 dispone che lo studente deve aver acquisito:

§  180 CFU per conseguire la laurea;

§  (ulteriori) 120 CFU per conseguire la laurea magistrale;

§  almeno 60 CFU - oltre a quelli acquisiti per conseguire la laurea o la laurea magistrale - per conseguire il master universitario.

Dispone, infine, che il numero di CFU che lo studente deve aver acquisito per conseguire il diploma di specializzazione è determinato con decreti ministeriali.

 

Disposizioni riguardanti i professori e i ricercatori universitari

 

I commi 2, 3 e 4 riguardano il riconoscimento a professori e ricercatori universitari delle attività svolte o erogate con modalità a distanza durante il periodo di sospensione della frequenza delle attività didattiche.

 

In particolare, il comma 2 prevede che, nel periodo in questione, le attività formative e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché le attività di verifica dell'apprendimento, svolte o erogate con modalità a distanza, sono computate ai fini dell’assolvimento dei compiti dei professori e ricercatori di ruolo di cui all’art. 6 della L. 240/2010, e sono valutabili ai fini dell'attribuzione degli scatti biennali, nonché ai fini della valutazione per l’attribuzione della classe stipendiale successiva.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 6, co. 1-3, della L. 240/2010 prevede che il regime di impegno dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo è a tempo pieno o a tempo definito[41]. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi, è pari a 1.500 ore annue per i professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a tempo definito.

I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito.

Anche i ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sempre sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito.

In base al co. 7 dello stesso art. 6, le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento dell’attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori di ruolo sono definite con regolamento di ateneo. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini della partecipazione di professori e ricercatori alle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché agli organi di valutazione dei progetti di ricerca. Il co. 8 stabilisce, infatti, che, in caso di valutazione negativa, professori e ricercatori sono esclusi da queste partecipazioni.

Infine, il co. 14 dispone che i professori e i ricercatori di ruolo sono tenuti a presentare una relazione triennale (al riguardo, v. infra) sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale che l’art. 8 aveva modificato (da biennale) in triennale. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti è di competenza delle singole università secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico.

Successivamente, il DPR 232/2011, emanato in attuazione delle nuove disposizioni sullo scatto triennale introdotte dall’art. 8 della L. 240/2010, ha disposto – sia con riferimento a professori e ricercatori assunti secondo il regime previgente la stessa L. 240/2010 (art. 2, co. 3), sia con riferimento a professori e ricercatori a tempo determinato assunti in base al nuovo regime (art. 3, co. 3) – che l'attribuzione della nuova classe stipendiale è subordinata ad apposita richiesta e all'esito positivo della valutazione, da effettuarsi ai sensi di quanto previsto dall'art. 6, co. 14, della stessa legge.

Con riferimento alla periodicità degli scatti, ancora in seguito, l’art. 1, co. 629, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto – senza novellare gli artt. 6, co. 14, e 8 della L. 240/2010che, con decorrenza dalla classe stipendiale successiva a quella triennale in corso di maturazione al 31 dicembre 2017 – e, dunque, con effetto economico a decorrere dal 2020 –, il regime di progressione stipendiale per classi dei professori e dei ricercatori universitari è (nuovamente) trasformato da triennale in biennale, con ritorno, dunque, alla cadenza previgente a quella introdotta con l’art. 8 della L. 240/2010 e conseguentemente disciplinata con il DPR 232/2011, utilizzando gli stessi importi definiti per ciascuna classe stipendiale (triennale) dal medesimo DPR 232/2011.

 

Il comma 3 dispone che le medesime attività svolte o erogate con modalità a distanza durante il periodo di sospensione sono computate anche ai fini della valutazione dell’attività svolta dai ricercatori a tempo determinato di tipo A (ai fini della proroga del contratto), nonché ai fini della valutazione per il passaggio dei ricercatori di tipo B al ruolo di professore associato.

Preliminarmente, si ricorda che la L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

In particolare, l’art. 24, co. 1, ha disposto che, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

Il co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha previsto che la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

In base al co. 4 – come, da ultimo, modificato dall’art. 5, co. 5-bis, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) – le due tipologie di contratto possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo definito.

Il co. 5, infine, prevede che nel terzo anno della seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore di seconda fascia (associato).

 

Il comma 4, infine, dispone che, nello stesso periodo di sospensione, le attività formative ed i servizi agli studenti erogati con modalità a distanza secondo le indicazioni delle università di appartenenza sono computati anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi derivanti dai contratti di insegnamento stipulati ai sensi dell’art. 23 della L. 240/2010.

 

In base all’art. 23 della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 338, lett. a), della L. 232/2016 – le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca, possono stipulare contratti della durata di un anno accademico e rinnovabili annualmente per un periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento di alta qualificazione.

Inoltre, possono stipulare contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative. Questi contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti.

Ancora, al fine di favorire l'internazionalizzazione, le università possono attribuire, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi donati ad hoc da privati, imprese o fondazioni, insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama.

 

Disposizioni riguardanti le Istituzioni AFAM

 

Il comma 7 dispone che “le disposizioni di cui al presente articolo” si applicano, in quanto compatibili, anche alle Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.

 

Si valuti l’opportunità di fare riferimento alle “disposizioni di cui ai commi da 1 a 5”, dal momento che il co. 6 riguarda il differimento di vari termini relativi ai procedimenti per l’acquisizione dell’abilitazione scientifica nazionale, che attesta la qualificazione scientifica necessaria per l'accesso al ruolo dei professori universitari.


Articolo 101, comma 6
(Disposizioni in materia di abilitazione scientifica nazionale)

 

 

L’articolo 101, comma 6, prevede il differimento di vari termini relativi ai procedimenti per l’acquisizione dell’abilitazione scientifica nazionale per le tornate 2018-2020 e 2020-2022, in deroga alla disciplina generale vigente.

 

Preliminarmente, si ricorda che l'abilitazione scientifica nazionale (ASN) – introdotta dall'art. 16 della L. 240/2010 attesta la qualificazione scientifica necessaria per l'accesso al ruolo dei professori universitari e richiede requisiti differenti per la fascia dei professori ordinari e per quella dei professori associati.

La durata dell’ASN – originariamente prevista in 4 anni – è stata elevata prima a 6 anni[42] e, da ultimo, a 9 anni dall’art. 5, co. 1, del D.L. 126/2019 (L. 156/2019), che ha stabilito che ciò si applica anche ai titoli di ASN conseguiti precedentemente alla data della sua entrata in vigore.

Le procedure per il conseguimento dell'ASN sono svolte per settori concorsuali che, in base all’art. 15 della stessa L. 240/2010, sono raggruppati in macrosettori concorsuali e possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari.

A seguito delle novelle apportate all’art. 16 della L. 240/2010 dall’art. 14 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014), la procedura per il conseguimento dell’ASN è passata da una procedura a indizione annuale ad una procedura “a sportello”, con la previsione che le domande di partecipazione sono presentate senza scadenze prefissate. Inoltre, è stata prevista l'istituzione per ciascun settore concorsuale, a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei, di un'unica commissione nazionale di durata biennale per il conseguimento dell’ASN alle funzioni di professore ordinario e di professore associato.

E’ stato, dunque, emanato il DPR 95/2016, il cui art. 3, co. 1, ha disposto che con decreto del competente direttore generale del Ministero, adottato ogni due anni entro il mese di dicembre, sono avviate, per ciascun settore concorsuale e distintamente per la prima e la seconda fascia, le procedure per il conseguimento dell'abilitazione. Ha, altresì disposto che le domande dei candidati sono presentate, unitamente alla relativa documentazione e secondo le modalità indicate nel regolamento, durante tutto l'anno.

A sua volta, l'art. 6 ha stabilito che il procedimento per la formazione di una commissione nazionale, con mandato biennale, per ciascun settore concorsuale, composta da 5 membri, è avviato con decreto direttoriale. In particolare, ha disposto che, dalla seconda tornata, il procedimento per la formazione della nuova commissione è avviato nel terzo semestre di durata della commissione in carica.

Infine, l'art. 8, co. 3, ha disposto che la commissione conclude la valutazione di ciascuna domanda nel termine di tre mesi decorrenti dalla scadenza del quadrimestre nel corso del quale è stata presentata la candidatura. Su tale previsione è poi intervenuto l'art. 4, co. 5-sexies, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017), estendendo il termine di 30 giorni.

Successivamente, è stato emanato il DM 120/2016, recante criteri e parametri per la selezione dei membri delle Commissioni e per la formulazione dei giudizi di valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione della ASN.

Con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1531, è stata definita la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento dell’ASN per il primo biennio.

La procedura per il conseguimento dell’ASN per il medesimo biennio è stata definita con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1532[43].

Da ultimo, la procedura per la selezione dei commissari per il biennio 2018-2020 è stata avviata con D.D. 1502 del 30 aprile 2018, poi modificato con D.D. 2119 dell'8 agosto 2018.

Con D.D. 2175 del 9 agosto 2018 è stata definita la procedura per il conseguimento dell'ASN per il medesimo biennio. In particolare, è stato stabilito che la domanda di partecipazione per la nuova tornata di ASN deve essere presentata, telematicamente, nei seguenti termini:

a)    I quadrimestre: dal 10 settembre 2018 ed entro le 15.00 del 10 gennaio 2019;

b)   II quadrimestre: dall' 11 gennaio 2019 ed entro le 15.00 dell' 11 maggio 2019;

c)    III quadrimestre: dal 12 maggio 2019 ed entro le 15.00 del 12 settembre 2019;

d)   IV quadrimestre: dal 13 settembre 2019 ed entro le 15.00 del 13 gennaio 2020;

e)    V quadrimestre: dal 14 gennaio 2020 ed entro le 15.00 del 14 maggio 2020[44].

 

In particolare, l’articolo 101, comma 6, dispone, anzitutto, che i lavori delle Commissioni per la valutazione delle domande presentate nel IV quadrimestre della tornata 2018-2020 si concludono (anziché entro il 13 maggio 2020) entro il 10 luglio 2020.

Al riguardo, il testo prevede che ciò avviene in deroga all’art. 8 del DPR 95/2016, senza tuttavia citare l’art. 4, co. 5-sexies, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) che, come visto, ha esteso il termine previsto dall’art. 8 suddetto.

Si valuti, pertanto, l’opportunità di un adeguamento del testo.

 

Si dispone, inoltre, che è differita (dal 14 maggio 2020) all’11 luglio 2020 la data di scadenza per la presentazione delle domande – e, dunque, per l’avvio dei lavori delle Commissioni – relative al V quadrimestre della medesima tornata 2018-2020, al contempo precisando che la valutazione riferita alle stesse deve concludersi entro il termine generale di 3 mesi e 30 giorni e, dunque, entro il 10 novembre 2020.

 

Ancora, si dispone che le Commissioni costituite a seguito dell’avvio della tornata 2018-2020 con D.D. 1052/2018, restano in carica, in deroga alla previsione di mandato biennale di cui all’art. 16, co. 3, lett. f), della L. 240/2010, fino al 31 dicembre 2020.

 

Da ultimo, si prevede che il procedimento di formazione delle nuove Commissioni nazionali per la tornata ASN 2020-2022 sarà avviato entro il 30 settembre 2020, in deroga alla previsione di cui all’art. 6 del DPR 95/2016 (v. ante).


Articolo 102
(Abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo e ulteriori misure urgenti in materia di professioni sanitarie)

 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 102 recano una nuova disciplina dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo; si introduce il principio della laurea abilitante, ferma restando la condizione di svolgimento e di superamento (in una delle forme già previste) di un tirocinio, e si prevede il relativo adeguamento dell’ordinamento didattico del corso di laurea. Il comma 5 - oltre a recare una norma di abrogazione, in coordinamento con il disposto di cui ai commi precedenti - pone norme transitorie sulle modalità di svolgimento degli esami finali di alcuni corsi di laurea relativi a professioni sanitarie e delle prove compensative inerenti al riconoscimento di professioni sanitarie (relativamente a qualifiche conseguite in altri Paesi dell’Unione europea).

Il comma 1, in primo luogo, introduce il principio che la laurea magistrale in medicina e chirurgia (classe LM/41), unitamente all’idoneità conseguita al termine del tirocinio pratico-valutativo - svolto nell’ambito del corso di laurea medesimo - costituisce abilitazione all’esercizio della relativa professione. Si ricorda che, nella disciplina finora vigente, il suddetto tirocinio (avente una durata di 3 mesi[45]) è previsto con riferimento agli esami di Stato di abilitazione decorrenti dalla sessione del mese di luglio 2021 - esami che consisterebbero in 200 quesiti a risposta multipla e che vengono ora meno nel nuovo regime -, mentre per le sessioni anteriori trova applicazione la precedente disciplina regolamentare (sull’esame di Stato in oggetto), la quale prevede lo svolgimento di un tirocinio pratico successivo alla laurea[46]. Il comma 4 del presente articolo fa salve (in quanto compatibili con le nuove norme in esame) le disposizioni regolamentari vigenti sul tirocinio svolto all’interno del corso di laurea, con riferimento all’organizzazione e alla modalità di svolgimento, di valutazione e di certificazione del medesimo tirocinio (per le ipotesi ancora sussistenti di tirocinio successivo al corso, cfr. infra).

Il comma 1 consente agli studenti che, alla data di entrata in vigore del presente decreto (17 marzo 2020), siano già iscritti al corso di laurea in esame di concludere gli studi secondo l’ordinamento didattico previgente e con il conseguimento del solo titolo accademico. In tal caso, ai sensi del successivo comma 2, l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo è conseguita mediante la valutazione positiva del tirocinio successivo al corso di laurea, nei termini previsti dalla suddetta precedente disciplina regolamentare - mentre non viene più richiesto lo svolgimento della prova scritta successiva al tirocinio[47] -. Anche per tale fattispecie di abilitazione, il comma 4 fa salve le precedenti norme regolamentari (in quanto compatibili), con riferimento all’organizzazione e alla modalità di svolgimento, di valutazione e di certificazione del tirocinio.

Ai fini dell’attuazione del principio summenzionato (per il corso universitario in oggetto) di laurea abilitante, il comma 1 demanda:

-         ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca il relativo adeguamento dell’ordinamento didattico del corso di laurea in esame. Il decreto è adottato in deroga alle procedure di cui all’articolo 17, comma 95, della L. 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, che prevede, per l’emanazione di decreti del suddetto Ministro sui criteri a cui devono essere improntati gli ordinamenti dei corsi di laurea, il concerto degli altri Ministri interessati, ove contemplato dalle norme ivi richiamate, ed il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN) e delle Commissioni parlamentari competenti;

-         ad un decreto del rettore l’adeguamento del regolamento didattico di ateneo (sull’ordinamento del corso). Tali decreti sono emanati in deroga alle procedure stabilite per i decreti rettorali concernenti i regolamenti degli ordinamenti didattici - le quali prevedono la previa delibera del senato accademico, su proposta delle strutture didattiche, e la previa approvazione (sentito il CUN) da parte del Ministro dell’università e della ricerca[48] - nonché in deroga alle competenze regolamentari spettanti ai consigli delle strutture didattiche[49].

Il comma 3 prevede che, in fase di prima applicazione, il giudizio di idoneità o la valutazione positiva, conseguiti, rispettivamente, nel tirocinio interno al corso di laurea o in quello successivo al corso, costituisca il titolo abilitativo per i candidati della seconda sessione relativa al 2019 degli esami di Stato di abilitazione alla professione di medico-chirurgo (la sessione non ha quindi più luogo). Si valuti l’opportunità di chiarire quali criteri di chiusura trovino applicazione per il periodo successivo, qualora i suddetti provvedimenti attuativi (di cui al comma 1) non vengano adottati tempestivamente.

In relazione al disposto di cui al comma 3, viene abrogato (comma 5) l’articolo 29 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, attualmente in fase di conversione alle Camere, che consente, in via transitoria, la frequenza del corso di formazione specifica in medicina generale, relativo al periodo 2019-2022, ai soggetti (collocatisi utilmente nelle relative graduatorie) che non abbiano potuto sostenere l'esame di Stato - per l'abilitazione alla professione di medico-chirurgo - a seguito del rinvio stabilito dall'ordinanza del Ministro dell'università e della ricerca del 24 febbraio 2020.

 

Tale ordinanza ha infatti rinviato (nell'ambito delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19) dal 28 febbraio 2020 a data da destinarsi lo svolgimento della seconda sessione relativa al 2019 degli esami di Stato di abilitazione alla professione di medico-chirurgo.

 

Il comma 5, in primo luogo, modifica, con esclusivo riferimento alla seconda sessione dell’anno accademico 2018-2019, le modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie della riabilitazione, tecniche e della prevenzione (L/SNT/2, L/SNT/3 e L/SNT/4). Si definiscono le modalità in termini sostanzialmente identici a quelli previsti, per la medesima sessione, per le classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche (L/SNT1) dall’articolo 2, comma 4, del D.L. 9 marzo 2020, n. 14, in fase di conversione alle Camere.

In base a tali previsioni:

-         la prova pratica può svolgersi - previa certificazione delle competenze acquisite a seguito del tirocinio pratico svolto durante il corso di studio - secondo la modalità di cui al punto 2 della circolare del Ministero della salute e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica del 30 settembre 2016, prot. 46319 (circolare concernente le prove finali dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea delle professioni sanitarie). Tale modalità consiste nello svolgimento di una prova con domande a risposta chiusa e a risposta aperta su casi clinici o situazioni paradigmatiche della pratica professionale; la suddetta modalità è alternativa a quella definita dal precedente punto 1 della circolare, che prevede lo svolgimento di una simulazione pratica[50];

-         la discussione della tesi può essere svolta con modalità a distanza.

Il comma 5, in secondo luogo, reca norme transitorie sulle modalità di svolgimento delle prove compensative, per i casi in cui, per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, il riconoscimento del possesso di una qualifica professionale (conseguita in altri Paesi dell’Unione), nell’ambito delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, richieda lo svolgimento di tale prova[51].

Si prevede che, in via transitoria, la prova possa essere effettuata con modalità a distanza, con svolgimento della prova pratica secondo le suddette modalità di cui al punto 2 della circolare interministeriale del 30 settembre 2016. La previsione si applica per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Si segnala che il comma 5 reca un riferimento numerico errato, in quanto la legge del 2006 ivi richiamata è la n. 43 (anziché la n. 4).

Riguardo alla norma di abrogazione posta dal comma 5, cfr. sub il precedente comma 3.


Articolo 103
(Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza)

 

 

L’articolo 103 prevede la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, per il periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020 (comma 1). La disposizione ha portata generale, con le sole eccezioni dei termini stabiliti da specifiche disposizioni dei decreti-legge sull’emergenza epidemiologica in corso, incluso quello in commento, e dei relativi decreti di attuazione, nonché dei termini relativi a pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni, emolumenti per prestazioni a qualsiasi titolo, indennità da prestazioni assistenziali o sociali comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese (commi 3 e 4). In secondo luogo, la disposizione estende fino al 15 giugno 2020 la validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 (comma 2). Sono stabilite norme speciali per l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (comma 6).

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1 tutti i termini inerenti lo svolgimento dei procedimenti amministrativi, che risultino pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o che siano iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino al 15 aprile 2020.

L’ambito di applicazione riguarda tutti i procedimenti amministrativi, tanto quelli a istanza di parte, quanto quelli ad iniziativa d’ufficio. Non si rinvengono inoltre nella disposizione eccezioni riferibili a tipologie di amministrazioni o a particolari categorie di enti pubblici.

Tenuto conto del tenore generale della norma, la sospensione si applica ai termini sia perentori (stabiliti dalla legge a pena di decadenza) che ordinatori (il cui mancato rispetto non caduca il potere di provvedere), nonché ai termini finali ed esecutivi come a quelli endoprocedimentali e preparatori: dunque non solo i termini stabiliti per la conclusione del procedimento (per i quali la legge n. 241 del 1990 stabilisce una disciplina generale), ma altresì quelli relativi ad adempimenti posti a carico di soggetti privati o di altre amministrazioni il cui intervento è necessario nel corso del procedimento ai fini dell’adozione del provvedimento finale.

L’espressione “termini esecutivi” – generalmente non impiegata nel linguaggio normativo – sembrerebbe potersi riferire anche ai termini di esecuzione provvedimentale mediante attività rimesse a soggetti privati (ad esempio, il termine entro il quale il privato è obbligato a procedere alla demolizione di un manufatto abusivo). In tal modo, l’ambito di applicazione della disposizione non andrebbe a ricomprendere esclusivamente atti di competenza delle autorità pubbliche, ma sarebbe esteso anche alle attività esecutive di cui sono onerati i soggetti privati. Andrebbe pertanto valutata l’opportunità di chiarire l’espressione “termini esecutivi”.

 

In relazione ai termini endoprocedimentali, si ricorda che la legge sul procedimento amministrativo stabilisce che gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro venti giorni dal ricevimento della richiesta (art. 16, L. 241 del 1990). Per le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi, il termine, se non fissato diversamente, è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta (art. 17, L. 241 del 1990).

 

Ai fini del computo dei relativi termini, pertanto, in base alla disposizione non si tiene conto del periodo per il quale è disposta la sospensione, che decorre dal 23 febbraio (o dalla data successiva in cui il procedimento è stato avviato) al 15 aprile 2020.

 

In proposito, si ricorda che nel procedimento oggetto di “sospensione” i termini non vengono azzerati. Nel computo dei termini si deve, dunque, tener conto sia del periodo trascorso dalla data di presentazione dell’istanza o della comunicazione di avvio del procedimento a quello dell’intervenuta sospensione, sia del successivo periodo che inizia a decorrere dalla data in cui termina la sospensione (nel caso di specie, dal 16 aprile 2020).

 

La disposizione precisa, inoltre, che sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento, ossia le ipotesi di silenzio-assenso e silenzio-diniego disciplinate dalla l. 241/1990 e da numerose leggi di settore.

 

In proposito, si ricorda che il silenzio della pubblica amministrazione è un comportamento omissivo dell’amministrazione di fronte a un dovere di provvedere, di emanare un atto e di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento entro un termine prestabilito (art. 2, co. 1 e 5, 20, L. 241/1990). L’ordinamento distingue il silenzio in ipotesi legislativamente qualificate in senso positivo (silenzio assenso), in senso negativo (silenzio diniego o rigetto) e ipotesi non giuridicamente qualificate (silenzio inadempimento).

L’articolo 20 della legge 241/1990 include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa, generalizzando il ricorso all’istituto. La norma stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 (SCIA), per il rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dall’art. 2, co. 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi. La legge prevede alcune eccezioni in relazione a determinati interessi pubblici, a casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali e ad altre eccezioni singolarmente individuate.

La legge 241 del 1990 disciplina il meccanismo di silenzio assenso (già regolato nei rapporti tra privati e amministrazione) anche nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito (art. 17-bis, L. 241/1990, introdotto dall'art. 3, L. 124/2015).

 

Come esplicitato nella relazione illustrativa, la ratio della sospensione generalizzata, fatte salve le eccezioni indicate ai commi 3 e 4 (si v. infra), è diretta ad evitare che le pubbliche amministrazioni “nel periodo di riorganizzazione dell'attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo”.

 

La disciplina generale dei termini dei procedimenti amministrativi

La legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/1990, art. 2) stabilisce un principio di carattere generale in base al quale tutti i procedimenti che conseguono obbligatoriamente ad una istanza e quelli attivati d’ufficio devono necessariamente concludersi con un provvedimento espresso adottato in termini definiti.

Ciascuna amministrazione statale fissa i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza con singoli regolamenti adottati nella forma di decreto del Presidente della Consiglio su proposta del Ministro competente. In ogni caso, il termine non può eccedere i 90 giorni. Anche gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza, sempre nel limite dei 90 giorni.

In mancanza di determinazione di termini, il procedimento deve concludersi entro 30 giorni, a meno che un diverso termine sia stabilito per legge. È ammessa in generale la possibilità per la PA di sospendere il termine per un periodo non superiore a 30 giorni

La legge ammette, inoltre, anche la possibilità di prevedere termini superiori ai 90 giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i 180 giorni (ad esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione). I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

Oltre alla disciplina generale dei termini procedimentali per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali prevista dalla L. 241 del 1990, occorre considerare che esistono norme speciali previste da leggi di settore.

La legge disciplina anche le conseguenze del mancato rispetto dei termini procedimentali e del tardivo adempimento da parte dell’amministrazione procedente.

Innanzitutto il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento può attivare un potere sostitutivo da attivarsi entro i termini prestabiliti. Ai sensi degli art. 2, co.9-bis e seguenti, L. 241/1990, infatti, qualora il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, l’interessato può rivolgersi ad una figura interna all’amministrazione, titolare del potere sostitutivo, che appunto si sostituisce al dirigente o al funzionario inadempiente e concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario. In ogni caso, il provvedimento finale dovrà essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.

Inoltre, la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (art. 2, co. 9, L. 241 del 1990).

Per i casi di ritardo doloso o colposo del termine di conclusione del procedimento, la legge prevede il risarcimento del danno ingiusto cagionato in favore del privato (c.d. danno da ritardo ex art. 2-bis, co. 1, L. 241 del 1990).

Dal 2013 la legge prevede anche l’ipotesi di un indennizzo da ritardo determinato dalla pubblica amministrazione (che può essere sia quella che ha dato avvio al procedimento, sia altra amministrazione, che intervenga nel corso del procedimento e che abbia causato il ritardo), ma anche dai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative, nella conclusione di procedimenti ad istanza di parte: a differenza del risarcimento l’indennizzo non può essere richiesto nei procedimenti avviati d'ufficio, presuppone il decorso del tempo quale mero nesso causale e deve essere preceduto dall'attivazione del potere sostitutivo (art. 2-bis, co. 1-bis, L. 241 del 1990).

 

Al contempo, il comma 1 prevede che, nonostante la sospensione, le pubbliche amministrazioni siano tenute ad adottare ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati.

A salvaguardia, dunque, dei diritti degli amministrati, è riconosciuta la facoltà di sollecitare l’amministrazione ad agire in modo celere a dispetto della generalizzata sospensione dei termini procedimentali, motivando le relative ragioni di urgenza.

Il comma 2 dispone la proroga fino al 15 giugno 2020 della validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020.

 

Per effetto dei commi 3 e 4, le disposizioni sulla sospensione dei termini e sulla proroga della validità degli atti in scadenza non si applicano ai termini stabiliti da specifiche disposizioni del decreto in commento, e dei precedenti decreti-legge adottati per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (decreti-legge 23 febbraio 2020, n. 6, 2 marzo 2020, n. 9 e 8 marzo 2020, n. 11) nonché dei relativi decreti di attuazione.

Per espressa previsione normativa, la sospensione dei termini non si applica altresì ai pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni per lavoro autonomo (prestato a favore di pubbliche amministrazioni), emolumenti per prestazioni di lavoro o di opere, servizi e forniture a qualsiasi titolo, indennità di disoccupazione e altre indennità da ammortizzatori sociali o da prestazioni assistenziali o sociali, comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese comunque denominati.

 

Il comma 5 stabilisce la sospensione fino alla data del 15 aprile 2020 dei termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale in regime di diritto pubblico (art. 3, D.Lgs. 165/2001), pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.

La fattispecie sembrerebbe invero rientrare nella previsione di carattere generale contenuta al comma 1, rientrando i procedimenti disciplinari tra quelli ad iniziativa d’ufficio.

 

Infine, il comma 6 sospende fino al 30 giugno 2020 l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo. La disposizione sospende dunque le procedure di esecuzione dello sfratto.

 

Si ricorda che in base agli articoli 657 e seguenti del codice di procedura civile, la procedura si avvia con la convalida di sfratto, che costituisce titolo esecutivo attraverso il quale promuovere l'azione esecutiva di rilascio forzoso dell'immobile. Con il provvedimento di convalida di sfratto, infatti, il tribunale ordina il rilascio dell'immobile e fissa il termine per l'esecuzione, che generalmente è di 30 giorni. Se entro detto termine lo sfrattando non ha provveduto a liberare spontaneamente l'immobile, si può promuovere l'azione esecutiva di rilascio forzoso dell'immobile in base all'art. 608 c.p.c.: l'azione di rilascio forzoso dell'immobile inizia con la notificazione, da parte dell'ufficiale giudiziario, del preavviso di rilascio, atto con il quale comunica all'inquilino la data e l'ora in cui eseguirà l'accesso forzoso presso l'immobile; la liberazione dell'immobile può essere effettuata, se necessario, con l'intervento della forza pubblica.


Articolo 104
(Proroga della validità dei documenti di riconoscimento)

 

 

L’articolo 104 proroga fino al 31 agosto 2020 la validità dei documenti di riconoscimento e di identità scaduti o in scadenza successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge (17 marzo 2020). Resta ferma, invece, la data di scadenza indicata nel documento ai fini dell’espatrio.

 

Come esplicitato nella relazione illustrativa, la misura ha la funzione di “evitare l'aggregazione di persone negli spazi degli uffici aperti al pubblico che non consentono di rispettare agevolmente una adeguata distanza interpersonale, con l'effetto di ridurre l’esposizione al rischio di contagio”.

 

I documenti la cui validità è prorogata – indicati mediante rinvio alle definizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (art. 1, co. 1, lett. c), d) ed e) del d.P.R. 445/2000) – sono:

a)   ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l'identificazione personale del titolare (documento di riconoscimento);

b)   la carta d’identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l’identità personale del suo titolare;

c)   il documento analogo alla carta d’identità elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età.

 

Si ricorda, in particolare, che sono equipollenti alla carta di identità (ai sensi dell’articolo 35, co. 2, D.P.R. 445 del 2000):

-          il passaporto

-          la patente di guida,

-          la patente nautica,

-          il libretto di pensione,

-          il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici,

-          il porto d’armi,

-          le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un'amministrazione dello Stato.

 

Con riferimento alla validità dei documenti, in particolare si ricorda che la carta di identità, ivi inclusa la carta d’identità elettronica (CIE), ha durata di dieci anni. Per i minori di età inferiore a tre anni, la validità della carta d’identità è di tre anni; mentre per i minori di età compresa fra tre e diciotto anni, la validità è di cinque anni.

La carta d’identità è titolo valido per l'espatrio anche per motivi di lavoro negli Stati membri dell'Unione europea e in quelli con i quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali (si cfr. area Schengen).

Non rientrano nella definizione di documenti di identità e di riconoscimento le tessere sanitarie, che sono state oggetto di diversa disposizione. Si ricorda, infatti, che l'articolo 12 del D.L. 9/2020 ha prorogato al 30 giugno 2020 la scadenza delle tessere sanitarie aventi una scadenza precedente a tale data. La proroga opera anche per la componente della Carta Nazionale dei Servizi (TS-CNS), ma non è efficace per la Tessera europea di assicurazione malattia, riportata sul retro della Tessera Sanitaria medesima.


Articolo 105
(Ulteriori misure per il settore agricolo)

 

 

L'articolo 105 estende, con specifico riguardo alle attività agricole, ai parenti e affini sino al sesto grado (in luogo del quarto grado attualmente previsto) le prestazioni da loro svolte che non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato.

 

A tal fine viene novellato l'articolo 74 del d.lgs. 276/2003. Tale disposizione prevede che non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte dai suddetti soggetti in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.

Agli oneri derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell’articolo 126.


Articolo 106
(Norme in materia di svolgimento delle assemblee di società)

 

 

L'articolo 106 stabilisce norme applicabili alle assemblee sociali convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero fino alla data (se successiva) in cui resterà in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19 (comma 7). Il comma 1, posticipa il termine entro il quale l'assemblea ordinaria delle S.p.A. e s.r.l. dev'essere necessariamente convocata (da centoventi a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio). Il comma 2 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto. I commi 4 e 5 mirano a incentivare un più ampio ricorso al conferimento di deleghe di voto ai rappresentanti designati da società con azioni quotate nei mercati regolamentati, ammesse alla negoziazione su sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Il comma 8, infine, dispone che per le società a controllo pubblico l’applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L'articolo 106 stabilisce norme applicabili alle assemblee sociali convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale resterà in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19 (comma 7).

 

Il comma 1, in deroga a quanto previsto rispettivamente per le società per azioni (S.p.A.) e per le società a responsabilità limitata (s.r.l.) dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, posticipa il termine entro il quale l'assemblea ordinaria dev'essere necessariamente convocata (da centoventi a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio).

 

Il comma 2 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In particolare, viene stabilito che le S.p.A., le società in accomandita per azioni (S.a.p.A.), le s.r.l. e le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che:

·        il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza;

·        l'intervento all'assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione;

·        l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, quarto comma, 2479-bis, quarto comma, e 2538, sesto comma, codice civile senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.

In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.

I commi 4 e 5 dell'articolo 106 mirano a incentivare un più ampio ricorso alle deleghe di voto per l'esercizio dei relativi diritti nell'assemblea delle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, ammesse alla negoziazione su sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

L'articolo 135-undecies del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF) dispone che, salvo diversa previsione statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita, senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto, le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il soggetto designato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia rispetto alle proposte di delibera all'ordine del giorno. Mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n. 11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo 135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all'assemblea.

 

Per effetto del comma 4 dell'articolo 106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

 

Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. Viene tuttavia esclusa l'applicabilità del comma 5 dell'articolo 135-undecies del TUF, per cui viene esclusa la possibilità di esprimere un voto difforme rispetto alle istruzioni impartite dal delegante. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea.

La possibilità di designare un rappresentante che raccolga un numero indefinito di deleghe viene prevista in deroga all’articolo 150-bis, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), ai sensi del quale lo statuto delle banche popolari determina il numero massimo (comunque non superiore a 20) di deleghe che possono essere conferite a un socio; all'articolo 135-duodecies del TUF, che esclude l'applicabilità alle società cooperative della disciplina sulle deleghe di voto; all’articolo 2539, primo comma, del codice civile, che, con riferimento alle banche di credito cooperativo stabilisce che ciascun socio può rappresentare fino a 10 soci, nonché alle disposizioni statutarie che prevedono un limite al numero di deleghe che possono essere conferite a un medesimo soggetto.

 

Il comma 8, infine, dispone che per le società a controllo pubblico di cui all’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 175 del 2016, l’applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Articolo 107
(Differimento di termini amministrativo-contabili)

 

 

L’articolo 107 reca una serie di disposizioni volte a prorogare i termini relativi ad alcuni adempimenti contabili degli enti ed organismi pubblici e degli enti territoriali, in considerazione della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19 e della necessità di alleggerire i carichi amministrativi di tali enti.

In particolare, il comma 1 riguarda il termine di adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio relativi all’annualità 2019 degli enti ed organismi pubblici, diversi dalle società, e degli enti territoriali, che vengono prorogati, dal termine ordinario del 30 aprile, al 30 giugno 2020 per gli enti pubblici e al 31 maggio 2020 per gli enti territoriali.

Il comma 2 dispone il differimento al 31 maggio 2020 del termine di approvazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali.

Il comma 3 dispone il differimento al 31 maggio 2020 dei termini per l’adozione dei bilanci di esercizio dell’anno 2019 previsti per gli enti del settore sanitario. Sono altresì differiti i termini entro cui la giunta approva i bilanci d'esercizio dell’anno 2019 dei suddetti enti ed il bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale, ora fissati, rispettivamente, al 30 giugno e al 31 luglio 2020.

Il comma 4 differisce dal 30 aprile al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della Tari corrispettivo. Il comma 5 consente inoltre ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente all’approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti per il 2020.

Il comma 6 dispone il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del Documento unico di programmazione degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 luglio di ciascun anno.

I commi da 7 a 9 recano il rinvio di una serie di termini inerenti la procedura di dissesto finanziario e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali.

Il comma 10, infine, stabilisce, fino al 31 agosto 2020, l’ampliamento di alcuni termini nell’ambito delle procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali, anche conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.

 

Differimento termini adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio enti pubblici ed enti locali

Il comma 1 proroga il termine di adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio relativi all’annualità 2019, ordinariamente fissato al 30 aprile:

-     al 30 giugno 2020 per gli enti ed organismi pubblici diversi dalle società - per le quali si applicano le norme civilistiche – che sono destinatari delle disposizioni del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 (recante le norme di adeguamento e di armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche non territoriali).

È altresì prorogato il termine di approvazione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio 2019 degli enti o organismi pubblici vigilati da tali enti, che sono sottoposti ad approvazione da parte dell’amministrazione vigilante competente, dal 30 giugno al 30 settembre 2020.

Tali termini, si rammenta, sono ordinariamente previsti dall’articolo 24 del D.Lgs. n. 91/2011, il quale fissa al 30 aprile dell'anno successivo il termine per l’approvazione del rendiconto o del bilancio di esercizio delle amministrazioni pubbliche (salvo il termine previsto per il rendiconto generale dello Stato, fissato entro il mese di giugno, ai sensi dell’articolo 35 della legge di contabilità e finanza pubblica) ed al 30 giugno il termine entro il quale l'Amministrazione vigilante competente provvede ad approvare il rendiconto o il bilancio di esercizio degli enti da essa vigilati;

-     al 31 maggio 2020 per gli enti locali e i loro organismi strumentali, destinatari delle disposizioni del Titolo I del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118: Comuni, Province, Città metropolitane, Comunità montane, Comunità isolane e unioni di comuni, e i loro enti e organismi strumentali. Per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sono prorogati al 31 maggio 2020 i termini per l’approvazione preventiva del rendiconto da parte della Giunta e al 30 settembre 2020 quelli per l’approvazione del rendiconto da parte del Consiglio.

Tali termini di approvazione dei rendiconti per gli enti territoriali, si rammenta, sono ordinariamente fissati dall’articolo 18 del D.Lgs. n. 118/2011, entro il 30 aprile dell'anno successivo. Le regioni approvano il rendiconto entro il 31 luglio dell'anno successivo, con preventiva approvazione da parte della giunta entro il 30 aprile, per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

 

Come specificato nella Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, tale misura di proroga si rende necessaria in relazione agli inevitabili rallentamenti che si stanno registrando nelle attività dei suddetti enti - in particolare di quelle che non riguardano l’erogazione di servizi essenziali, tra le quali rientrano pure le attività amministrativo-contabili necessarie a consentire la chiusura dei conti dell’esercizio 2019 e la predisposizione dei rendiconti annuali - i quali, al fine di ottemperare alle disposizioni emanate dal Governo e dalle Regioni per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica, stanno adottando misure eccezionali volte ad estendere lo smart working, a favorire la fruizione di periodi di congedo e ferie per decongestionare la presenza negli uffici e tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti e dei loro familiari.

 

Differimento termine approvazione bilancio di previsione enti locali

Per la medesima finalità di alleggerire i carichi amministrativi degli enti locale, il comma 2 dispone altresì il differimento al 31 maggio 2020 del termine di approvazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali.

Tale termine è ordinariamente fissato al 31 dicembre dell’anno precedente dall’articolo 151 del TUEL (Testo unico dell’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000).

Con riferimento all’esercizio finanziario 2020, il termine di approvazione del bilancio di previsione era già stato differito al 31 marzo 2020 con il decreto del Ministro dell’interno del 13 dicembre 2019.

 

Differimento termini adozione bilanci di esercizio enti settore sanitario

Il comma 3 reca il differimento al 31 maggio 2020 dei termini per l’adozione dei bilanci di esercizio dell’anno 2019, previsti dall’articolo 31 del D.Lgs. n. 118/2011 per gli enti del settore sanitario.

Tali termini, si rammenta, sono fissati dal citato articolo 31 del D.Lgs. n. 118/2011 al 30 aprile dell'anno successivo, sia per l’adozione da parte del direttore generale dei bilanci di esercizio degli enti di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 19 (aziende sanitarie locali; aziende ospedaliere; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale) sia per i bilanci di esercizio delle regioni, per la parte del finanziamento del servizio sanitario, regionale direttamente gestito - qualora le singole regioni esercitino la scelta di gestire direttamente presso la regione una quota del finanziamento del proprio servizio sanitario, di cui alla lettera b), punto i), del comma 2 dell'articolo 19, la cui adozione spetta al responsabile della gestione sanitaria accentrata presso la regione.

Di conseguenza, il comma 3 in esame interviene altresì a differire i termini entro cui la giunta approva i bilanci d'esercizio dell’anno 2019 dei suddetti enti ed il bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale, fissandoli, rispettivamente al 30 giugno e al 31 luglio 2020, in luogo del 31 maggio e 30 giugno previsti dalla normativa vigente, di cu all’articolo 32, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011.

 

Differimento del termine per la determinazione delle tariffe della Tari

Il comma 4 differisce al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della Tari corrispettivo, attualmente fissato al 30 aprile dall’articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147.

Si rammenta che il citato comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147, inserito dall'articolo 57-bis, comma 1, lett. b) del D.L. n. 124/2019 (decreto fiscale), prevede per l'anno 2020, in considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, che i comuni, in deroga alla normativa vigente, approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il 30 aprile, anziché collegarlo alla data di deliberazione del bilancio di previsione. La deroga è legata, si ricorda, alla recente emanazione della prima direttiva ARERA sui costi del servizio rifiuti in base alla quale dovranno essere formulati o riformulati i piani finanziari relativi al 2020 e si applica anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati.

 

Il successivo comma 5 consente ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente, entro il 31 dicembre 2020, alla determinazione ed approvazione del Piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 può essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021.

Tale facoltà è concessa in deroga alle disposizioni vigenti, di cui all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevedono l'obbligo di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio nonché l'obbligo di approvare le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani e le aliquote della TASI entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione.

 

Differimento dei termini di presentazione del DOCUP degli enti locali

Il comma 6 dispone il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del Documento unico di programmazione degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 luglio di ciascun anno dall'articolo 170, comma 1, del TUEL.

 

I termini per la deliberazione del Documento unico di programmazione sono stabiliti dall’articolo 170 del TUEL, che ne prevede la presentazione da parte della Giunta al Consiglio, per le conseguenti deliberazioni, entro il 31 luglio di ciascun anno. Entro il 15 novembre, con lo schema di delibera del bilancio di previsione finanziario, la Giunta presenta al Consiglio la nota di aggiornamento del Documento unico di programmazione.

Si rammenta che il Documento unico di programmazione costituisce la guida strategica ed operativa dell'ente, ed è presupposto indispensabile per l'approvazione del bilancio di previsione. Il documento è predisposto nel rispetto di quanto previsto dal principio applicato della programmazione di cui all'allegato n. 4/1 del decreto legislativo n. 118/2011, che riguarda il principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio. Si compone di due sezioni: la Sezione strategica e la Sezione operativa. La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, la seconda pari a quello del bilancio di previsione.

 

Rinvio dei termini relativi alla procedura di dissesto e di riequilibrio finanziario pluriennale enti locali

Il comma 7 rinvia al 30 giugno 2020 una serie di termini inerenti la procedura di dissesto finanziario e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali.

In particolare, sono rinviati a tale data i termini per:

-     la trasmissione della deliberazione dello stato di dissesto al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, di cui all'articolo 246, comma 2, del TUEL.

Si ricorda che lo stato di dissesto finanziario si ha quando l’ente locale non è più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale. In base al citato art. 246, comma 2, la deliberazione dello stato di dissesto deve essere trasmessa entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione;

-     la deliberazione relativa alla attivazione delle entrate proprie, prevista dall'articolo 251, comma 1, del TUEL.

Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera, il consiglio dell'ente è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto;

-     la presentazione al Ministro dell'interno di una ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato da parte dell’ente locale in stato di dissesto, prevista dall'articolo 259, comma 1, del TUEL.

Il citato art. 259, comma 1, dispone che il Consiglio dell'ente locale in stato di dissesto è tenuto a presentare al Ministro dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell’organo straordinario di liquidazione;

-     la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, prevista dall'articolo 261, comma 4, del TUEL, nel caso di parere negativo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali sull'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato presentata dal Consiglio.

Si rammenta che l'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato presentata dal Consiglio è istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che deve esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. In caso di esito positivo dell'esame, la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno; in caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole;

-     la deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, prevista dall'articolo 264, comma 1, del TUEL.

In base alla disposizione citata, a seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio, l’ente deve provvedere entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce;

-     la deliberazione di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, prevista dall'articolo 243-bis, comma 5, del TUEL.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 243-bis del TUEL, i comuni e le province, per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, possono ricorrere, con deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Tale deliberazione è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. Il citato comma 5 dispone che il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura di risanamento finanziario, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario;

-     la formulazione di rilievi o richieste istruttorie e per l'impugnazione della delibera di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-quater, commi 1, 2 e 5, del TUEL.

In particolare, le disposizioni citate prevedono che entro dieci giorni dalla delibera di ricorso alla procedura di risanamento finanziario, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria e redige una relazione finale, che è trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti (comma 1).

In fase istruttoria, la Commissione può formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente è tenuto a fornire risposta entro trenta giorni (comma 2).

Spetta alla Corte dei conti la delibera sull'approvazione o sul diniego del piano.

Tale delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano, nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione, entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Fino alla scadenza del termine per impugnare e, nel caso di presentazione del ricorso, sino alla relativa decisione, le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese.

 

Inoltre:

- il comma 8 prevede il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione da parte dell’ente dissestato, successivamente all’approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative certificazioni.

Ai sensi dell’articolo 264, comma 2, del TUEL, tale termine, fissato nel decreto del Ministro dell’interno di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, è indicato non superiore a 120 giorni.

- il comma 9 fissa al 31 dicembre 2020 il termine per richiedere l'anticipazione di cassa per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, di cui all'articolo 243-quinquies, comma 1, del TUEL.

Il citato articolo 243-quinquies del TUEL reca le misure per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. In particolare, per la gestione finanziaria di tali enti locali, per i quali sussistono squilibri strutturali di bilancio, in grado di provocare il dissesto finanziario, il comma 1 prevede che la Commissione straordinaria per la gestione dell'ente, entro sei mesi dal suo insediamento, può richiedere una anticipazione di cassa, da destinare esclusivamente al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e ai conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari, nonché all'espletamento dei servizi locali indispensabili. L’anticipazione è concessa con decreto del Ministero dell'interno.

 

Ampliamento dei termini per le procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali

Infine, il comma 10 stabilisce, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 agosto 2020, in conseguenza dello stato di emergenza nazionale connessa alla diffusione del virus COVID-19, l’ampliamento dei termini per le procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali previste dal TUEL nelle ipotesi indicate dall’articolo 141[52] o in caso di scioglimento conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (articolo 143).

In particolare, nei casi di scioglimento dei consigli previsi dall’articolo 141 del TUEL, viene fissato in 180 giorni, in luogo degli ordinari 90 giorni, il periodo di sospensione dei consigli che può esser richiesto dal prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, una volta iniziata la procedura per lo scioglimento ed in attesa del decreto di scioglimento, ai sensi del comma 7 dell’articolo 141 del TUEL.

Il citato comma 7, in particolare, prevede che, iniziata la procedura di scioglimento dei consigli comunali o provinciali ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.

 

Nei casi di scioglimento dei consigli per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, di cui all’articolo 143 del TUEL, è fissato:

-     in 135 giorni il termine entro il quale, dal deposito delle conclusioni della commissione d'indagine, il prefetto invia al Ministro dell'interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza di elementi di collegamento diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell'ente locale. Tale termine, si rammenta, è ordinariamente fissato dall’articolo 143, comma 3, del TUEL in 45 giorni.

-     in 180 giorni il termine per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali in caso di accertamento di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, ordinariamente fissato in tre mesi dall’articolo 143, comma 4, del TUEL,

-     in 150 giorni la durata del periodo in cui il prefetto, quando ricorrono motivi di urgente necessità, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. Si ricorda che, ai sensi del comma 12 dell’articolo 143 del TUEL, tale periodo di sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni. Gli effetti del decreto di scioglimento (da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali) decorrono dalla data del provvedimento di sospensione.

 


Articolo 108
(Misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale)

 

 

L'articolo 108 reca disposizioni per la consegna postale e la notificazione a mezzo posta al fine di contemperare le modalità del servizio con le esigenze di tutela sanitaria previste dalla normativa vigente. Si prevede quindi che, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi nell'ambito del servizio universale postale, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma, con successiva immissione dell’invio nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda o nel luogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro. Per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta, l’operatore postale effettua le notificazioni mediante deposito del piego presso il punto di deposito più vicino al destinatario; del deposito del piego è data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. La disposizione prevede si applichino i commi 5, 6 e 7 dell’articolo 8 della legge n. 890 del 1982 in materia di notificazione di atti giudiziari.

 

Il comma 2 prevede che, considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia, in via del tutto eccezionale e transitoria, il pagamento della somma inserente sanzioni al codice della strada sia in via ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione, anziché entro i cinque giorni ordinariamente previsti. Si prevede che la misura in parola può essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive.

 

Il comma 1 stabilisce che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 31 maggio 2020, al fine di assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente, si adottino modalità di consegna e notifica a mezzo posta a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali. Si prevede infatti, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi, di cui all’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo n. 261 del 1999 in materia di servizio universale postale, che gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma, con successiva immissione dell’invio nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda o nel luogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro.

 

Il decreto legislativo n. 261 del 1999 reca l'Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.

L'articolo 3 disciplina il servizio universale. In base ad esso, è assicurata la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza.

In particolare il comma 2 dell'articolo 3, richiamato in disposizione, prevede che il servizio universale, incluso quello transfrontaliero, ricomprende:

a)      la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b)      la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c)       i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.

 

In ordine alle modalità si precisa nella disposizione in esame che:

-       la firma è apposta dall’operatore postale sui documenti di consegna

-        in tali documenti di consegna è attestata anche la suddetta modalità di recapito.

La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che la norma è volta ad assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente in materia a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi nonché delle notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari e le notificazioni di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, considerato che la consegna dei c.d. invii a firma e dei pacchi nonché la notificazione nelle mani del destinatario non consente di applicare le misure previste dalla vigente normativa Covid 19  - tra cui la distanza interpersonale di almeno un metro -, considerando anche il notevole numero di invii a firma, di pacchi e di atti da notificare a mezzo del servizio postale su tutto il territorio nazionale (stimati in relazione, quanto ai soli atti giudiziari e multe, mediamente in 500mila a settimana).

La relazione fa riferimento alle problematiche connesse specificatamente alle notificazioni a mezzo posta alle persone ricoverate e a quelle in quarantena, prevedendo perciò la norma modalità di notificazione 'volte a contemperare tutti gli interessi in gioco tra cui quello primario costituzionalmente garantito di tutela del diritto alla salute', segnatamente evitando contatti interpersonali ravvicinati.

 

La disposizione prevede, per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che l’operatore postale effettua le notificazioni mediante deposito del piego presso il punto di deposito più vicino al destinatario. Del deposito del piego è data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. La disposizione prevede si applichino i commi 5, 6 e 7 dell’articolo 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 in materia di notificazione di atti giudiziari.

La relazione afferma come, per le notificazioni a mezzo posta, stante la particolare delicatezza di tali atti, sorretti da esigenze di ordine pubblico e sicurezza, si prevede l’adozione di modalità similari a quelle di cui all’articolo 8 della L. n. 890 del 1982 che riguarda i casi in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero quelli in cui l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, modalità volte a garantire la conoscibilità della notificazione.

Più nel dettaglio, la legge n. 890 del 1982 reca Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.

L'articolo 8 della legge in parola disciplina la fattispecie in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero se l'operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, prevedendo che il piego è depositato entro due giorni lavorativi dal giorno del tentativo di notifica presso il punto di deposito più vicino al destinatario (co. 1 dell'art. 8 richiamato).

Segnatamente, il comma 5 richiamato dalla norma in esame – quanto alle modalità applicative – prevede che la notificazione si ha per eseguita dalla data del ritiro del piego, se anteriore al decorso del termine di dieci giorni di cui al comma 4 del medesimo art. 8. In tal caso, l'impiegato del punto di deposito lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato che ne ha curato il ritiro, è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione.

Il comma 6 stabilisce che, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, di cui al comma 4, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'atto non ritirato entro il termine di dieci giorni' e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'non ritirato entro il termine di sei mesi' e della data di restituzione. Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante da quanto riportato sull'avviso stesso.

Infine, stabilisce il comma 7 che, fermi i termini sopra indicati, l'operatore postale può consentire al destinatario di effettuare il ritiro digitale dell'atto non recapitato assicurando l'identificazione del consegnatario ed il rilascio da parte di quest'ultimo di un documento informatico recante una firma equipollente a quella autografa.

Si ricorda che il comma 4 di tale articolo 8 prevede che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito è data notizia al destinatario, a cura dell'operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo del punto di deposito, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

Con sentenza 22-23 settembre 1998, n. 346 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 39, Serie speciale), la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego fosse data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; con la stessa sentenza la Corte aveva ancora dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, terzo comma, nella parte in cui prevedeva che il piego fosse restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale. La disciplina dettata dalla legge n. 890 del 1982 è stata oggetto di successive modifiche (si veda da ultimo l'art. 1, comma 813, lett. d), L. 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

Si ricorda altresì che sul ritiro digitale è intervenuto il provvedimento dell'Autorità garante nelle comunicazioni recato con delibera 2018/77/Cons, con la quale è stato emanato il regolamento per il rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e comunicazioni connesse e di violazioni del codice della strada.

La relazione illustrativa afferma come, per le notificazioni a mezzo posta, si prevede l’adozione di modalità similari a quelle di cui all’articolo 8 della L. n. 890 del 1982 riguardante i casi in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero quelli in cui l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, modalità volte a garantire la conoscibilità della notificazione stante la particolare delicatezza di tali atti, sorretti da esigenze di ordine pubblico e sicurezza.

 

Il comma 2 prevede che, considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia con il costante incremento dei casi su tutto il territorio nazionale, in via del tutto eccezionale e transitoria, la somma di cui all’art. 202, comma 2 del D.Lgs. n. 285 del 1992 recante il Codice della strada, dall’entrata in vigore del decreto in esame e fino al 31 maggio 2020, è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione. Al riguardo, si rammenta che la normativa del Codice della strada prevede all'articolo 202 che la somma delle sanzioni amministrative pecuniarie è ridotta del 30 per cento ove il pagamento sia effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione, termine per il pagamento in via ridotta che viene dunque esteso a trenta giorni dalla disposizione in esame. Si indica il fine di consentire il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste dalla vigente normativa volte a contenere il diffondersi della pandemia.

La disposizione prevede che la misura in parola possa essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive.

Con riferimento al comma 2, si valuti il rinvio alla fonte del D.P.C.M per la possibile estensione della misura, trattandosi di disposizione inerente la materia del pagamento di sanzioni.

La RT afferma che la norma di cui al comma 2 non determina effetti finanziari, in quanto essa consente, in via del tutto eccezionale e nel limite temporale previsto entro il 31 maggio 2020, il pagamento in misura ridotta delle sanzioni al codice della strada fino a trenta giorni dalla notifica e non già entro i cinque giorni ordinariamente previsti.

 

L'articolo 202 del Nuovo Codice della strada, recante la normativa in materia di pagamento in misura ridotta, prevede che per le violazioni per le quali il codice stesso stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme. Tale somma è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. La riduzione non si applica alle violazioni del codice per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ai sensi del comma 3 dell'articolo 210 del codice, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

In particolare, poi, il comma 2 prevede che il trasgressore può corrispondere la somma dovuta presso l'ufficio dal quale dipende l'agente accertatore oppure a mezzo di versamento in conto corrente postale, oppure, se l'amministrazione lo prevede, a mezzo di conto corrente bancario ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico. All'uopo, nel verbale contestato o notificato devono essere indicate le modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto corrente postale, o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico.

 


Articolo 109
(Utilizzo avanzi di amministrazione per spese correnti
per emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 109 attribuisce alle regioni e agli enti locali, per il 2020, la facoltà di utilizzare la quota libera di avanzo di amministrazione per il finanziamento di spese correnti connesse con l'emergenza epidemiologica in corso, in deroga alle disposizioni vigenti. Per la medesima finalità è consentito agli enti locali l'utilizzo dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e (della quasi totalità) delle sanzioni previste dal TU in materia edilizia.

 

Il comma 1 demanda alle regioni e alle province autonome la facoltà di impiegare la quota libera dell'avanzo di amministrazione per il finanziamento delle richiamate spese in relazione all'emergenza in corso, in deroga alle modalità di utilizzo della quota libera dell'avanzo di amministrazione stabilite dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

 

L'art. 42, comma 6, di detto d.lgs. stabilisce che la quota libera dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio precedente può essere utilizzata, nel rispetto dei vincoli di destinazione, con provvedimento di variazione di bilancio, per le seguenti finalità, in ordine di priorità:

a) per la copertura dei debiti fuori bilancio;

b) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio previsti dalla legislazione vigente, ove non possa provvedersi con mezzi ordinari;

c) per il finanziamento di spese di investimento;

d) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente;

e) per l'estinzione anticipata dei prestiti.

 

La disposizione prevede che tale facoltà possa essere esercitata ferme restando le priorità relative:

i)  alla copertura dei debiti fuori bilancio.

L'art.73 del d.lgs. n.118/2011 dispone che il Consiglio regionale riconosce, con legge, la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

a) sentenze esecutive;

b) copertura dei disavanzi di enti, società ed organismi controllati, o, comunque, dipendenti dalla Regione, purché il disavanzo derivi da fatti di gestione;

c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, delle società controllate;

d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;

e) acquisizione di beni e servizi in assenza del preventivo impegno di spesa.

La regione, al fine del conseguente pagamento di detti debiti, può avvalersi di un piano di rateizzazione, della durata di tre esercizi finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

 

ii)                 alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Ai sensi dell'art. 40 ("Equilibrio di bilanci") per ciascuno degli esercizi in cui è articolato, il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario di competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione, garantendo un fondo di cassa finale non negativo[53].

 

Il comma 2, primo periodo, attribuisce la medesima facoltà di utilizzo della quota libera dell'avanzo di amministrazione anche agli enti locali, in deroga alle disposizioni recate dal TUEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

Nello specifico, l’articolo 187, comma 2, del TUEL dispone, in modo per molti aspetti analogo a quanto previsto dall'art. 42, comma 6, del d.lgs. n.118/2011 per le regioni e le province autonome, che la quota libera dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio precedente può essere utilizzata con provvedimento di variazione di bilancio, per specifiche finalità, indicate in ordine di priorità:

a) per la copertura dei debiti fuori bilancio;

b) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio (nel caso in cui non possa provvedersi con mezzi ordinari);

c) per il finanziamento di spese di investimento;

d) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente;

e) per l'estinzione anticipata dei prestiti.

 

La disposizione prevede che tale facoltà possa essere esercitata per le medesime finalità di finanziamento delle spese correnti dirette a fronteggiare l'emergenza in corso, ferme restando le priorità relative:

i)  alla copertura dei debiti fuori bilancio.

I debiti fuori bilancio rappresentano una deroga al principio, sancito all'art.191 del TUEL, secondo cui gli enti locali possono effettuare spese "solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria". La disciplina relativa alla copertura dei debiti fuori bilancio è dettata all'art.194 del TUEL, in virtù del quale gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni; c) ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per  opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione delle regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

 

ii)                 alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Ai sensi dell'art. 193 del TUEL, gli enti locali sono tenuti a rispettare, nel corso della gestione e nelle variazioni di bilancio, il pareggio finanziario e gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti. Nello specifico, occorre il rispetto dell'art.162, ed in particolare del comma 6, primo periodo, per il quale il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo.

L'art. 193 del TUEL dispone altresì (al comma 2) che almeno una volta, entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente determinate misure per assorbire lo squilibrio[54].

A tali fini possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, con alcune eccezioni specificamente indicate, e nel caso in cui non possa provvedersi con le modalità sopra indicate è possibile impiegare la quota libera del risultato di amministrazione.

 

Il comma 2, secondo periodo, consente agli enti locali di utilizzare (anche integralmente) i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) per il finanziamento di spese correnti connesse con l’emergenza in corso. Sono escluse dall'applicazione di tale disposizione le sanzioni irrogate per inottemperanza all'ingiunzione a demolire interventi edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali[55].

 

Ai sensi dell'art. 16 del citato testo unico, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (comma 1), in favore del comune all'atto del rilascio del permesso di costruire (comma 2).

Gli interventi soggetti a permesso di costruire sono elencati dall'articolo 10 del TU: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

Il capo II del titolo IV del testo unico disciplina le sanzioni da irrogare per interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso.

 

Gli enti locali potranno avvalersi di tale facoltà esclusivamente per l'esercizio finanziario 2020 e nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio.

 

La disposizione in commento opera una deroga (implicita) dell'art.1, comma 460, della legge di bilancio per il 2017, che individua le destinazioni dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia. Si tratta degli interventi per la realizzazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per il risanamento edilizio nei centri storici e nelle periferie degradate,  per il riuso, la rigenerazione e la demolizione di costruzioni abusive, all'acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate ad uso pubblico, nonché interventi per la tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, e per favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano.

 

Le disposizioni recate al comma 2 sono in linea con quanto auspicato da ANCI al fine di poter disporre di maggiori risorse per finanziare spese correnti connesse con l'emergenza in corso.

 

 


Articolo 110
(Rinvio questionari SOSE province e città metropolitane)

 

 

L'articolo 110 dispone che il termine entro cui le province e le città metropolitane sono tenute a restituire il questionario predisposto dalla Società Soluzioni per il sistema economico-Sose s.p.a, denominato FP20U, è fissato in centottanta giorni, e non sessanta giorni, come richiederebbe l'applicazione dell'art.5, comma 1, lettera c), del d.lgs. n.216 del 2010.

 

Il questionario predisposto da Sose si inserisce nell'ambito del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard.

Questo prevede, ai sensi dell'art. 5 del citato d.lgs. n.216 del 2010, la predisposizione da parte di Sose delle metodologie occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard e alla determinazione dei relativi valori in modo da valorizzare le caratteristiche individuali dei singoli enti locali.

A tal fine, si tiene conto, fra l'altro, dell'ampiezza demografica, delle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento al livello di infrastrutturazione del territorio, della presenza di zone montane, delle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti, del personale impiegato, dell'efficienza, dell'efficacia, della qualità dei servizi erogati, nonché del grado di soddisfazione degli utenti.

Alla stessa società è demandato il compito di monitorare la fase applicativa e di aggiornare le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard.

Per poter perseguire tali finalità, l'art. 5, comma 1, lettera c), del D.lgs. n.216 attribuisce a Sose la facoltà di predisporre appositi sistemi di rilevazione di informazioni funzionali a raccogliere i dati necessari per il calcolo dei fabbisogni standard degli enti locali. Questi ultimi sono tenuti a restituire le informazioni richieste in via telematica entro sessanta giorni dalla pubblicazione. Qualora gli enti locali non adempiano a tale obbligo, è prevista la sospensione dei trasferimenti a qualunque titolo erogati all'Ente locale e la pubblicazione dell'ente inadempiente nel sito internet del Ministero dell'interno.

Le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard predisposte da Sose, con la collaborazione dell'Istituto per la finanza e per l'economia locale, sono sottoposte alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard[56] per l'approvazione.

 

Alla luce dell'impianto normativo brevemente richiamato, l'articolo in esame non può che essere inteso come operante una specifica deroga al termine di cui alla richiamata lettera c), che rimane valido per la restituzione di questionari diversi rispetto a quello specificamente richiamato.

Per evitare possibili dubbi interpretativi nella fase attuativa della disposizione in esame, parrebbe opportuno valutare la possibilità di riformulare l'articolo, ad esempio, stabilendo che le province e le città metropolitane restituiscono il questionario SOSE, denominato FP20U, entro il termine di centottanta giorni dalla relativa somministrazione, in deroga all'art. 5, comma 1, lettera c), del citato d.lgs. n.216 del 2010.

 

Il questionario oggetto dell'articolo in esame è stato reso disponibile lo scorso 4 marzo[57] ed è rivolto alle province e alle città metropolitane. Esso è relativo alle annualità 2010 e 2018 per la spesa corrente e alle annualità dal 2010 al 2018 per la spesa in conto capitale.

 

La rilevazione è volta all'acquisizione dei dati utili ai fini del monitoraggio della spesa sostenuta e dei servizi erogati dagli enti con riguardo alle funzioni proprie (di cui alla legge n.56 del 2014):

§  pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell'ambiente;

§  pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

§  programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

§  raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

§  gestione dell'edilizia scolastica;

§  controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

 


Articolo 111
(Sospensione della quota capitale dei mutui delle
regioni a statuto ordinario)

 

 

L'articolo 111 dispone la sospensione della quota capitale dei mutui delle regioni ordinarie e che i relativi risparmi siano destinati al rilancio dei settori economici colpiti dall'emergenza epidemiologica.

 

Il comma 1 stabilisce che le regioni a statuto ordinario sospendono il pagamento delle quote capitale, la cui scadenza ricada nell’anno 2020, dei prestiti concessi dal Ministero dell’economia e finanze e dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 269 del 2003.

 

Il richiamato art.5, comma 1, d.l. n.269/2003 ha trasformato la Cassa depositi e prestiti in società per azioni (CDP S.p.A), chiamata a subentrare nei rapporti attivi e passivi, conservando i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione (salvo quanto previsto al successivo comma 3, lettera a)).

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono determinati, ai sensi del comma 3:

a) le funzioni, le attività e le passività della CDP anteriori alla trasformazione che sono trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze e quelle assegnate alla gestione separata della CDP S.p.A.;

b) i beni e le partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, che sono trasferite alla CDP S.p.A. e assegnate alla gestione separata;

c) gli impegni accessori assunti dallo Stato;

d) il capitale sociale della CDP S.p.A.

 

Il comma 2 dispone che le maggiori risorse a disposizione delle regioni, in ragione della sospensione del pagamento dei mutui, dovranno essere utilizzate per finanziare misure di rilancio dell'economia e per il sostegno ai settori economici colpiti dall'epidemia in corso, in coerenza con l’impianto del decreto-legge in esame.

L’utilizzo dei risparmi di spesa è possibile previa variazione di bilancio da parte della giunta, da approvare in via amministrativa.

 

La disposizione in esame deroga alla disciplina contabile che prevede, in via ordinaria, che le variazioni di bilancio siano effettuate con legge.

Il principio di carattere generale secondo il quale, nel corso dell'esercizio, il bilancio di previsione può essere oggetto di variazioni autorizzate con legge è contenuto all'art. 51 del d.lgs. n.118 del 2011, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

La medesima disciplina contabile contempla determinate fattispecie[58] per le quali è consentito alla giunta, nel corso dell'esercizio, di autorizzare, con provvedimento amministrativo, le variazioni (del documento tecnico di accompagnamento e le variazioni) del bilancio di previsione, che si intendono integrate con quanto previsto dal comma 2 dell'articolo in commento.

 

Il comma 3 prevede la possibilità che in sede di Conferenza Stato Regioni siano ceduti spazi finanziari a beneficio delle Regioni maggiormente colpite dall’emergenza in corso, da utilizzare per la realizzazione di investimenti. Siffatta rimodulazione si rende necessaria ai fini del rispetto dell’equilibrio di bilancio, definito dall’art. 1, comma 466, legge n. 232/2016 in termini di saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

 

Ai sensi del comma 4, la sospensione dettata dall'articolo in esame non riguarda le quote capitale dei mutui attivati in relazione alle anticipazioni di liquidità cui la regione ha fatto ricorso per il pagamento dei debiti commerciali scaduti (ai sensi degli articoli 2 e 3, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35).

Il citato d.l. n.35 dispone in ordine agli strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni[59]. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni, una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Nello specifico, il citato art. 2 stabilisce che le regioni e le province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti (non finanziari o sanitari) contratti alla data del 31 dicembre 2012, a causa di carenza di liquidità, chiedono al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l'anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti.

L’articolo 3 dispone, a sua volta, di analoga facoltà di ottenere anticipazioni di liquidità con riferimento a debiti scaduti assunti dagli enti del SSN[60].

 

Il comma 5 quantifica gli oneri derivanti dalla sospensione della quota capitale dei mutui, pari a 4,3 milioni di euro e 338,9 milioni in termini di saldo netto da finanziare, per la cui copertura si provvede ai sensi dell'art.126 (si veda la relativa scheda di lettura del presente dossier).

 

 


Articolo 112
(Sospensione quota capitale mutui enti locali)

 

 

L’articolo 112 dispone la sospensione di un anno del pagamento della quota capitale dei mutui contratti dagli enti locali con la Cassa depositi e prestiti e trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze. Il risparmio di spesa è utilizzato per il finanziamento di interventi utili a far fronte all’emergenza COVID-19.

 

Il comma 1, in particolare, sospende di un anno il pagamento della quota capitale, in scadenza nel 2020 successivamente al 17 marzo (giorno di entrata in vigore del decreto in esame), dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. agli enti locali e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 3, del D.L. n. 269/2003. Il pagamento è differito all’anno immediatamente successivo alla data di scadenza del piano di ammortamento contrattuale, sulla base della periodicità del pagamento prestabilita dal contratto o dal provvedimento regolante il mutuo.

 

L'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 (si veda al riguardo anche la scheda di lettura dell’articolo 111) dispone la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Con successivo decreto del MEF del 5 dicembre 2003 sono state determinate, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 5, le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al MEF e quelle assegnate alla gestione separata.

 

Si ricorda che in precedenza una proroga di tali mutui scaduti è stata prevista dal D.L. n. 32 del 2019 (articolo 5-quater), il quale ha stabilito, per lo stesso tipo di mutui, il cui piano di rimborso era scaduto il 31 dicembre 2018, che le somme residue potessero essere erogate anche successivamente alla scadenza dell'ammortamento, al fine di garantire la realizzazione degli interventi riguardanti l'opera oggetto del mutuo concesso ovvero alla quale sono state destinate le somme mutuate a seguito dei diversi utilizzi autorizzati dalla Cassa depositi e prestiti Spa nel corso del periodo di ammortamento. L'erogazione delle suddette somme è effettuata dalla Cassa depositi e prestiti Spa entro il 31 dicembre 2021.

Riguardo ai mutui in esame, inoltre, la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, commi 961-964, legge n. 145/2018) ha previsto la possibilità di rinegoziazione dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. a comuni, province e città metropolitane e trasferiti al MEF, aventi determinate caratteristiche (indicate al comma 962, tra le quali: interessi calcolati sulla base di un tasso fisso, oneri di rimborso a diretto carico dell’ente locale beneficiario dei mutui, scadenza dei prestiti successiva al 31 dicembre 2022 e debito residuo da ammortizzare superiore a 10.000 euro) ai fini della riduzione dell'ammontare di passività a carico degli enti, ferma restando la data di scadenza prevista nei vigenti piani di ammortamento.

Con il decreto 30 agosto 2019 (di natura non regolamentare) del Ministro dell’economia e delle finanze sono stati individuati i mutui che possono essere oggetto delle operazioni di rinegoziazione e sono stati definiti i criteri e le modalità di perfezionamento di tali operazioni. Dal 25 settembre al 23 ottobre 2019 gli enti locali hanno potuto presentare la richiesta di rinegoziazione dei mutui in esame tramite il portale della Cassa depositi e prestiti.

 

Il comma 2 destina il risparmio di spesa che si determina dalla suddetta sospensione dei pagamenti al finanziamento di interventi utili a far fronte all’emergenza COVID-19.

 

Il comma 3 precisa che la sospensione non riguarda:

§  le quote capitale delle anticipazioni di liquidità di cui al D.L. n. 35 del 2013 e successivi rifinanziamenti;

Con riferimento alle anticipazioni di liquidità si fa presente che il D.L. n.35 del 2013 (come richiamato nella scheda di lettura dell’articolo 111) prevede, all'articolo 1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni relative agli enti locali, alle regioni e province autonome, e agli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

Al riguardo si ricorda che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 4 del 2020, ha dichiarato incostituzionali due disposizioni legislative che hanno consentito agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità (finalizzate, come detto, ai pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni) di utilizzare la relativa quota accantonata nel risultato di amministrazione (in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità). Con il successivo D.L. n. 162 del 2019 (art. 39-ter) è stato previsto che il disavanzo conseguente alla sentenza n. 4 del 2020 possa essere oggetto di un ripiano graduale.

 

§  i mutui che hanno beneficiato di differimenti di pagamento delle rate di ammortamento in scadenza nel 2020, a favore degli enti locali colpiti da eventi sismici.

Il D.L. n. 123 del 2019 (articolo 8, comma 1) ha previsto il differimento del pagamento delle rate in scadenza negli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. ai comuni colpiti dal sisma dell’agosto 2016 che ha interessato il Centro Italia (nonché alle Province in cui questi ricadono), trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze, in attuazione del D.L n. 269 del 2003.

In precedenza la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 729-732) ha previsto per gli enti locali di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, la proroga al 2019 della sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., incluse quelle il cui pagamento è stato differito in precedenza ai sensi delle leggi di stabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015. La stessa legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 733-738) ha previsto il differimento delle rate in scadenza negli esercizi dal 2018 al 2020 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. ai comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio d’Ischia colpiti dal sisma del 2017 e il differimento di un anno delle rate in scadenza nell’esercizio 2018 dei mutui concessi ai comuni colpiti da sisma del 2016 in Centro Italia.

 

Il comma 4 quantifica in 276,5 milioni euro per l’anno 2020 gli oneri derivanti dalla sospensione del pagamento della quota capitale dei mutui erogati agli enti locali da Cassa depositi e prestiti S.p.A., prevista dal comma 1. Per la copertura dell’onere si provvede ai sensi dell’articolo 126 (disposizioni finanziarie).

 

La Relazione tecnica afferma che, per quanto riguarda il saldo netto da finanziare, la norma determina effetti per 276,5 milioni in relazione ai maggiori interessi passivi e alle quote non versate al bilancio dello Stato. Con riferimento all’indebitamento netto e al fabbisogno la norma determina effetti per 276,5 milioni in relazione a: maggiori interessi passivi sostenuti a seguito del mancato incasso delle quote capitale (3,6 milioni); ampliamento della capacità di spesa degli enti locali, determinato dalla sospensione del pagamento delle quote capitale dei presiti (272,9 milioni).

 


Articolo 113
(Rinvio di scadenze adempimenti relativi a comunicazioni sui rifiuti)

 

 

L’articolo 113 proroga al 30 giugno 2020 i termini di scadenza di una serie di adempimenti relativi alla gestione dei rifiuti.

 

Si tratta dei seguenti adempimenti:

a) presentazione del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale);

L’articolo 6, comma 2, della L. 70/1994 (istitutiva del MUD), fissa al 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, la scadenza per la presentazione del modello in questione.

b) presentazione della comunicazione annuale dei dati relativi a pile e accumulatori immessi sul mercato nazionale nell’anno precedente e trasmissione dei dati relativi alla raccolta e al riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori portatili, industriali e per veicoli.

L’art. 15, comma 3, del d.lgs. 188/2008 (recante “Attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE”) impone ai produttori di comunicare annualmente alle camere di commercio, entro il 31 marzo, i dati relativi alle pile e agli accumulatori immessi sul mercato nazionale nell'anno precedente, suddivisi per tipologia.

L’art. 17, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo dispone invece che il Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (CDCNPA) provvede alla trasmissione all’ISPRA, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di rilevamento, dei dati relativi alla raccolta ed al riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori portatili, industriali e per veicoli.

c) presentazione al Centro di Coordinamento RAEE (CDCRAEE) della comunicazione, da parte dei titolari degli impianti di trattamento dei RAEE, delle quantità di RAEE trattate nell’anno precedente;

L’art. 33, comma 2, del d.lgs. 49/2014 (recante “Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)”) prevede che la citata comunicazione annuale venga presentata al CDCRAEE entro il 30 aprile di ogni anno.

d) versamento del diritto annuale di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali.

L’art. 24, comma 4, del D.M. 120/2014 (recante “Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell'Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali”) prevede che il versamento in questione sia effettuato entro il 30 aprile di ogni anno.

Si ricorda che, in base all’art. 212, comma 5, del d.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), l’iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.


Articolo 114
(Fondo per la sanificazione di ambienti appartenenti ad enti locali)

 

 

L'articolo 114 istituisce un fondo, con una dotazione pari a 70 milioni di euro, per contribuire alle spese di sanificazione e disinfezione dei locali degli enti locali.

 

Ai sensi del comma 1, il fondo, istituito presso il Ministero dell’interno, prevede una dotazione complessiva (di 70 milioni) di cui 65 milioni diretti ai comuni e 5 milioni alle province e città metropolitane.

Tali risorse concorrono al finanziamento delle spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi di province, città metropolitane e comuni.

L'intervento è motivato dal livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali dei medesimi enti.

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della salute, previo parere della Conferenza Stato città ed autonomie locali, il riparto del fondo fra gli enti beneficiari.

Il provvedimento, che è adottato entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto-legge, tiene conto, ai fini del medesimo riparto, della popolazione residente, nonché del numero di casi di contagio da COVID-19 accertati.

Agli oneri derivanti dall'articolo in commento, pari a 70 milioni di euro, si provvede mediante l'art.126 (alla cui scheda di lettura del presente dossier si rinvia).

 


Articolo 115
(Straordinario per polizia locale)

 

 

L'articolo 115 opera, per un verso, una deroga alle disposizioni vigenti che limitano il trattamento accessorio dei dipendenti al fine di consentire agli enti locali di finanziare le prestazioni di lavoro straordinario effettuato dal personale della polizia locale impiegato nel contenimento dell'emergenza epidemiologica in atto. Per l'altro, istituisce un fondo, con una dotazione pari a 10 milioni di euro, diretto a contribuire al pagamento dello straordinario e all'acquisto di dispositivi di protezione individuale.

 

Il comma 1 dispone che, per l’anno 2020, le risorse destinate al finanziamento del lavoro straordinario effettuato dal predetto personale non soggiacciono ai limiti del trattamento ai limiti del trattamento accessorio previsti dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75.

 

Il citato art. 23, comma 2, stabilisce un tetto, derogato dalla norma in esame, per l'erogazione del salario accessorio destinato ai dipendenti pubblici. Esso prevede che, in attesa della progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al salario accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016[61].

 

La disposizione si applica:

i)                   a beneficio del personale della polizia locale "direttamente impegnato" per le esigenze conseguenti ai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico;

ii)                 al solo 2020 e limitatamente alla durata dell’efficacia delle disposizioni attuative adottate con DPCM 9 marzo 2020 ("Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale");

iii)              nel rispetto dell’equilibrio di bilancio.

 

Il comma 2 istituisce il richiamato fondo diretto a contribuire all'erogazione dei compensi per le richiamate maggiori prestazioni di lavoro straordinario e per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale del personale della polizia locale.

Il fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, ha una dotazione per l'anno 2020 pari a 10 milioni di euro, il cui riparto è effettuato con decreto del Ministero dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali. Tale provvedimento è adottato entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto legge in esame. In sede di riparto, si tiene conto di due criteri: la popolazione residente e il numero di casi di contagio da COVID-19 accertati.

 

La rubrica dell'articolo ("Straordinario polizia locale") parrebbe non tener conto che il comma 2 destina risorse anche per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale.

 

La copertura degli oneri per l'attuazione dell'articolo in commento, pari a 10 milioni di euro, è assicurata, ai sensi del comma 3, dall'articolo 126 (alla cui scheda del presente Dossier si fa rinvio).


Articolo 116
(Termini riorganizzazione Ministeri)

 

 

L’articolo 116 dispone una proroga di tre mesi dei termini per l’adozione dei provvedimenti di riorganizzazione dei Ministeri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsti da disposizioni vigenti con scadenza tra il 1° marzo e il 31 luglio 2020. La proroga decorre dalla data di scadenza per l’adozione del d.P.C.M. prevista dalle rispettive disposizioni normative.

 

Si ricorda, infatti, che negli ultimi anni il legislatore ha fatto ricorso, in deroga alle procedure ordinarie, a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale, prevedendo l’adozione di d.P.C.M., in luogo dei regolamenti di delegificazione, in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali o di singoli dicasteri. Tali modalità sono state sempre autorizzate in via transitoria.

 

Si possono confrontare, in proposito: art. 2, co. 10-ter, D.L. 95/2012 (L. 135/2012); art. 16, co. 4, D.L. 66/2014 (L. 89/2014); art. 4-bis, D.L 86/2018 (L. 97/2018). I d.P.C.M. di organizzazione sono adottati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri e sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Sugli stessi decreti di norma si è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato. Per effetto di una modifica introdotta dall’art. 16-ter, co. 7, del D.L. 124/2019 (L. 157/2019) è stato, più di recente, stabilito che, con effetto dal 31 marzo 2020, la richiesta di parere al Consiglio di Stato nei d.P.C.M. di organizzazione ministeriale è obbligatoria e non più facoltativa.

 

Da ultimo, dapprima il D.L. 104/2019 (L. 132/2019), nell’ambito del riordino delle attribuzioni di alcuni Ministeri; successivamente, il D.L. 124/2019 (L. 157/2019) per il Ministero dell’economia, la L. 160/2019 per il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il D.L. 1/2020 (L. 12/2020) per i neo istituiti Ministeri dell’istruzione e dell’università e della ricerca, nati dall’ex MIUR, hanno stabilito la revisione dei relativi regolamenti di organizzazione utilizzando le modalità derogatorie del d.P.C.M.

 

In base alle procedure ordinarie, nel rispetto della riserva di legge (relativa) di cui all'art. 95, terzo comma, Cost., l’organizzazione interna dei Ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, che nel caso di specie è rappresentata dal d.lgs. 300/1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l’art. 4, co. 1, del D.lgs. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 e art. 4, co. 4, D.lgs. 300/1999). Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, l’assetto ordinario delle fonti ministeriali (art. 7 del D.lgs. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988.

 

Pertanto, alla luce della vigente normativa, i ministeri che risultano interessati dalla disposizione in esame, sono:

§  il Ministero dell’economia e delle finanze, la cui organizzazione, compresa quella degli uffici di diretta collaborazione, può essere adeguata ai sensi dell’art. 16-ter, co. 7, D.L. 124/2019 (conv. L. 157/2019) mediante uno o più d.P.C.M. da adottare entro il 30 giugno 2020;

§  il Ministero dell’istruzione ed il Ministero dell'università e della ricerca, per i quali l’articolo 3, comma 6, primo periodo, del D.L. 1/2020 (conv. L. 12/2020) prevede l’adozione di nuovi regolamenti di organizzazione, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, con d.P.C.M. entro il 30 giugno 2020;

§  il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ai sensi dell’art. 1, co. 167, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) avrebbe dovuto modificare, entro il 15 marzo 2020, il proprio regolamento di organizzazione con d.P.C.M. per adeguarsi alle novità introdotte con la legge di bilancio medesima;

§  il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che è stato autorizzato dall’articolo 4, co. 5, del D.L. 104/2019 (conv. L. 132/2019) a procedere alla riorganizzazione dei propri uffici, ivi compresi quelli di diretta collaborazione, mediante regolamenti da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri fino al 31 luglio 2020.

 

Al fine di evitare incertezze interpretative, andrebbe valutata l’opportunità di specificare se la proroga riguarda tutti i regolamenti concernenti l’organizzazione dei Ministeri, “inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri”.


Articolo 117
(Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)

 

 

L'articolo 117 proroga il termine entro il quale il Presidente e i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, estendendolo, dal 31 marzo 2020 attualmente previsto, al nuovo termine di 60 giorni successivi alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, già dichiarato per sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

 

Nel dettaglio, la norma proroga il termine, di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, entro il quale il Presidente e i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti; tale termine, che era previsto, in base a successive disposizioni di proroga, fino a non oltre il 31 marzo 2020, viene così esteso a non oltre i 60 giorni successivi alla data di cessazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso al Codiv-19, come dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

Si ricorda che la citata delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, ha dichiarato, in relazione al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, lo stato di emergenza per 6 mesi dalla data della delibera stessa.

L'art. 7 comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 132, recante Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha previsto che il Presidente e i componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in carica alla data del 19 settembre 2019 continuano a esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, fino all'insediamento del nuovo Consiglio e comunque fino a non oltre il 31 marzo 2020. La disposizione è stata oggetto di proroga, ai sensi dell'articolo 2, co. 1, del D.L. n. 162 del 2019 (c.d. Proroga termini, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8), che ha prorogato le funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, per il Presidente e i componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fino all'insediamento del nuovo Consiglio, e comunque non oltre il 31 marzo 2020, mentre il termine innanzi previsto era il 31 dicembre 2019.

La Relazione illustrativa al decreto-legge evidenzia come la norma intenda evitare che le procedure previste per il rinnovo dei predetti organi debbano svolgersi in un periodo caratterizzato da una possibile limitazione dell’attività delle Camere, chiamate a partecipare al rinnovo.

 

Si segnala, infine, che gli organi del Garante per la protezione dei dati personali sono oggetto di proroga nei termini ed in base a quanto disposto dall'articolo 118 del presente decreto-legge.

 

Si ricorda che la composizione dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni (AGCOM) è disciplinata dalla legge istitutiva n. 249 del 1997 e dalla legge n. 481 del 1995 - successivamente modificate dal decreto-legge n. 201 del 2011, n. 201, che ha ridotto il numero dei componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da otto a quattro, ai quali si aggiunge il Presidente.

Il Presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro dello Sviluppo economico (ex Ministro delle comunicazioni).

Il Presidente del Consiglio procede pertanto alla designazione del nominativo del Presidente e tale designazione deve essere previamente sottoposta al parere delle Commissioni parlamentari competenti (ai sensi dell'art. 2 della legge n. 481 del 1995, che disciplina le altre autorità di pubblica utilità).

In base a tale rinvio, le Commissioni parlamentari si esprimono a maggioranza dei due terzi dei componenti ed il parere è da ritenersi necessario e vincolante, in quanto la norma dispone espressamente che in nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle Commissioni parlamentari.

La norma richiamata prevede anche che le Commissioni parlamentari competenti possano procedere all'audizione delle persone designate.

Il Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro per lo Sviluppo economico, ha designato, in data 8 giugno 2012, il professor Angelo Marcello Cardani, che è stato quindi nominato Presidente con d.P.R. 11 luglio 2012, per la durata di sette anni, previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari. Il mandato del Presidente è scaduto il 25 luglio 2019, analogamente a quanto previsto per i componenti.

I quattro commissari dell'Autorità - scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore - sono eletti dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica.

Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno e ciascun Senatore e ciascun Deputato esprime il voto indicando un solo nominativo per il Consiglio. Procedono pertanto ciascuna all'elezione di due commissari con voto limitato (la votazione ha luogo a scrutinio segreto e per schede).

I componenti dell'Autorità durano in carica sette anni e non possono essere riconfermati, a meno che non siano stati eletti per un periodo inferiore a tre anni, in sostituzione di commissari che non abbiano portato a termine il mandato (art. 1, comma 3 legge n. 249/1997 e art. 2, comma 8, legge n. 481/1995).

In caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede alla sua sostituzione procedendo all'elezione di un nuovo commissario, che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorità.

I componenti dell'Autorità attualmente in carica sono stati nominati per sette anni con D.P.R. 11 luglio 2012, pubblicato sulla G.U. del 25 luglio 2012 e scadranno il 25 luglio 2019, data di scadenza dei sette anni dalla data di insediamento del collegio, avvenuta il 25 luglio 2012

In base all'art. 1, comma 5, della legge 31 luglio 1997, n. 249, infatti, ai componenti dell'AGCOM si applicano le disposizioni per le altre Autorità di pubblica utilità, di cui all'art. 2, commi 8, 9, 10 e 11, della legge 14 novembre 1995, n. 481, in ordine alla durata settennale del mandato.

I sette anni sono calcolati a decorrere dalla data di insediamento del collegio. In tal senso il Consiglio di Stato, in un parere del 19/4/2012 (sezione Prima, n. 03608/2012), avente ad oggetto l'ammissibilità dell'istituto della prorogatio al collegio del Garante della privacy, calcola i sette anni della durata del mandato dei componenti del collegio dalla data di insediamento dello stesso.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno proceduto alla elezione a scrutinio segreto dei componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle sedute del 6 giugno 2012. I componenti dell'Autorità nominata in precedenza, nel 2005, erano scaduti il 15 maggio 2012 (cfr. Parere del Consiglio di Stato n. 03676/2012 del 9 maggio 2012 sull'applicabilità della propogatio agli organi collegiali dell'AGCOM).

I componenti dell'AGCOM eletti il 6 giugno 2012 dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica sono stati: Maurizio Dècina (eletto dalla Camera dei deputati con 163 voti); Antonio Martusciello (eletto dalla Camera dei deputati con 148 voti); Antonio Preto (eletto dal Senato della Repubblica con 94 voti); Francesco Posteraro (eletto dal Senato della Repubblica con 91 voti).

A seguito del decesso del commissario Antonio Preto, l'Assemblea del Senato della Repubblica, il 1° febbraio 2017, ha proceduto alla elezione del prof. Mario Morcellini, nominato con d.P.R. 6 marzo 2017. A seguito delle dimissioni del commissario Maurizio Dècina, la Camera dei deputati nel settembre 2013 ha eletto il prof. Antonio Nicita (con 297 voti).

Attualmente i commissari dell'AGCOM, dopo le sostituzioni avvenute, sono i seguenti: Antonio Martusciello e Francesco Posteraro (Commissione per i servizi e i prodotti); Antonio Nicita e Mario Morcellini (Commissione per le infrastrutture e reti).

A pena di decadenza, i componenti dell'AGCOM non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza dell'Autorità.

I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico.

Per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico, i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore delle comunicazioni.

 


Articolo 118
(Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni del Garante per la protezione dei dati personali)

 

 

L'articolo 118 proroga il termine entro il quale il Presidente e i componenti del Collegio dal Garante per la protezione dei dati personali, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, estendendolo dal 31 marzo 2020, al nuovo termine di 60 giorni successivi alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, già dichiarato per sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

 

A tal fine, l’articolo 118 modifica l’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 75 del 2019, che individuava il termine ultimo per l’esercizio delle funzioni da parte del Collegio in regime di prorogatio nel 31 marzo 2020.

 

In base al testo originario del decreto-legge n. 75 del 2019 il Collegio avrebbe potuto continuare a svolgere le funzioni, seppur con le limitazioni dell’organo in prorogatio, fino al 7 ottobre 2019; la legge di conversione aveva prorogato il termine al 31 dicembre 2019 e, infine, una ulteriore proroga era stata disposta, fino al 31 marzo 2020, dal decreto-legge n. 162 del 2019 (c.d. proroga termini).

 

Il decreto-legge n. 18 del 2020 posticipa ulteriormente il termine e, nell’incertezza circa la durata dello stato di emergenza, sostituisce la data del 31 marzo 2020 con un termine di 60 giorni da calcolare a partire dalla cessazione dello stato di emergenza, già dichiarato dalla citata delibera del Consiglio dei ministri. Il decreto-legge dà così 60 giorni di tempo al Parlamento, dalla cessazione dell’emergenza epidemiologica, per rinnovare il Collegio.

 

Si ricorda che il Garante per la protezione dei dati personali è un'autorità amministrativa indipendente istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675 (c.d. legge sulla privacy), successivamente disciplinata dal decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), come modificato da ultimo dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101. Il Garante è anche l'autorità di controllo designata anche ai fini dell'attuazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (UE) 2016/679.

I compiti del Garante sono definiti dal Regolamento (UE) 2016/679 (artt. 57 e 58) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (art. 154), come da ultimo modificato dal citato decreto legislativo del 2018, oltre che da vari altri atti normativi italiani e internazionali.

In base all'art. 153 del d.lgs. n. 196 del 2003, il Garante per la protezione dei dati personali è composto dal Collegio, che ne costituisce il vertice, e dall'Ufficio, composto dal personale amministrativo a supporto delle attività del Garante stesso. Il Collegio dell'Autorità è composto da quattro membri, i quali durano in carica sette anni e non possono essere confermati. I componenti del Collegio - che eleggono nel loro ambito il Presidente e un vicepresidente - sono eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato.

Quanto al procedimento di nomina dei membri del Collegio dell'Autorità, i componenti devono essere eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell'ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della Camera, del Senato e del Garante almeno sessanta giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno 30 giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet. Le candidature possono essere avanzate da persone che assicurino indipendenza e che risultino di comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o dell'informatica.

 

Si ricorda che gli attuali membri del Collegio in prorogatio - Antonello Soro (Presidente), Augusta Iannini (vice-presidente), Giovanna Bianchi Clerici (componente), Licia Califano (componente) - sono stati eletti nelle rispettive sedute di Camera e Senato del 6 giugno 2012 e si sono insediati il 19 giugno 2012. La scadenza del Consiglio dell'Autorità era dunque originariamente prevista per il 19 giugno 2019.

 

In conformità al parere del Consiglio di Stato del 7 dicembre 2010, n. 5388 è stato consentito all'attuale collegio di operare in regime di prorogatio fino al 17 agosto 2019.

Il regime di prorogatio non può avere durata superiore a 60 giorni dalla scadenza naturale del mandato del Collegio. Il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 5388 del 2010, ha infatti precisato come la durata del periodo di prorogatio sia desumibile in via interpretativa dall'articolo 1, comma 15, della legge 23 agosto 2004, n. 239, e come il termine di sessanta giorni ivi previsto non sia ulteriormente prorogabile.

Stante l'improrogabilità del termine desumibile dalla predetta fonte normativa, ed in vista della sua scadenza, allo scopo di garantire la funzionalità del Garante per la protezione dei dati personali per un ulteriore periodo di tempo, in attesa del rinnovo del Collegio è stato adottato il decreto-legge n. 75 del 2019, poi modificato dal decreto-legge n. 162 del 2019 (d.l. proroga termini).

 

Si segnala, infine, che gli organi dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono oggetto di proroga nei termini ed in base a quanto disposto dall'articolo 117 del presente decreto-legge.

 


Articolo 119
(Misure di sostegno per i magistrati onorari in servizio)

 

 

L’articolo 119 autorizza la concessione di un contributo economico mensile di valore pari a 600 euro, per un massimo di 3 mesi, a favore dei magistrati onorari, a fronte della sospensione delle udienze, dei termini e delle attività processuali disposta ai sensi dell’art. 83.

 

L’articolo 119 prevede, al comma 1, la concessione di un contributo economico mensile di valore pari a 600 euro, per un massimo di 3 mesi, a favore dei magistrati onorari di cui agli artt. 1 e 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (18 marzo 2020).

A norma dell’art. 1 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, compongono la magistratura onoraria:

§  i giudici onorari di pace, ovvero i magistrati addetti all’ufficio del giudice di pace che esercitano la giurisdizione civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le disposizioni dei codici di procedura civile e penale e delle leggi speciali;

§  i vice procuratori onorari, ovvero i magistrati addetti all’ufficio di collaborazione del procuratore della Repubblica.

L’art. 29 fa riferimento ai magistrati onorari nominati ai sensi della normativa vigente prima del 15 agosto 2017 (data di entrata in vigore del d.lgs. 116/2017), i quali possono essere confermati in servizio alla scadenza del primo mandato di durata quadriennale.

 

Il contributo, che non concorre alla formazione del reddito ai sensi del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), è stato adottato quale misura compensativa a fronte della sospensione delle udienze, dei termini e delle attività processuali, inizialmente disposta fino al 22 marzo 2020 dal decreto-legge n. 11/2019 ed ora prolungata fino al 15 aprile 2020 ai sensi dell’art. 83, commi 1 e 2 (v. supra), che prevede inoltre, ai commi 6 e 7, la possibilità, per i capi degli uffici giudiziari, di disporre ulteriori sospensioni o limitazioni dell’attività nell’ambito delle misure di organizzazione dei rispettivi uffici nel periodo intercorrente tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020. Essendo tali misure suscettibili di determinare conseguenze economiche rilevanti a danno dei magistrati onorari, è stata prevista la concessione di un contributo commisurato all’effettivo periodo di sospensione delle attività processuali (dal 9 marzo al 15 aprile 2020 secondo quanto disposto dal citato art. 83, commi 1 e 2, ovvero per il più lungo periodo eventualmente derivante dalle ulteriori misure adottate dai capi degli uffici giudiziari ai sensi dei commi 6 e 7 del medesimo articolo, ma comunque per un termine massimo di 3 mesi).

Il contributo a favore dei magistrati onorari si inserisce nell’ambito delle analoghe misure di sostegno adottate a favore dei lavoratori autonomi; si ricorda, infatti, che a norma dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 116/2017 l’incarico di magistrato onorario «non determina in nessun caso rapporto di pubblico impiego» e deve essere esercitato «in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali».

 

Dal punto di vista soggettivo, il contributo spetta soltanto a condizione che il magistrato onorario non sia un dipendente pubblico o privato, neppure se in quiescenza, e non è cumulabile con altri contributi o indennità previsti dal decreto-legge in esame (comma 2).

 

Per quanto riguarda le modalità di erogazione (commi 3 e 4), il contributo è concesso con decreto del direttore generale degli affari interni del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, nel limite di spesa complessivo di 9,72 milioni di euro per l'anno 2020, a valere sulle risorse del Programma 1.4 “Servizi di gestione amministrativa per l’attività giudiziaria” Azione “magistratura onoraria” dello Stato di previsione del Ministero della giustizia.


Articolo 120
(
Piattaforme per la didattica a distanza)

 

 

L'articolo 120 incrementa, per l'anno 2020, le risorse del Fondo per l’innovazione digitale e la didattica laboratoriale finalizzate: all'acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole statali; alla messa a disposizione di dispositivi digitali individuali in comodato d'uso per gli studenti meno abbienti; alla formazione del personale. Vengono altresì disciplinate le modalità di acquisto dei predetti strumenti, di riparto delle summenzionate risorse e di controllo sull'utilizzo delle stesse. Inoltre, si autorizzano le scuole del primo ciclo a sottoscrivere contratti, sino al termine delle attività didattiche, con assistenti tecnici, nel limite complessivo di 1.000 unità.

 

In dettaglio, il comma 1 aumenta di 85 milioni di euro per il 2020 il Fondo per l’innovazione digitale e la didattica laboratoriale di cui all'art. 1, co. 62, della L. 107/2015. Per il 2020, la dotazione del Fondo è stata già incrementata di 2 milioni di euro dall'art. 1, co. 257, della L. 160/2019.

Al connesso onere, in virtù del comma 7, si provvede ai sensi dell'articolo 126 (su cui si rinvia alla relativa scheda).

La relazione tecnica precisa che si tratta di una spesa, prevalentemente in conto capitale, corrispondente a circa 10.000 euro per scuola, e che tale spesa è superiore al canone annuo per le licenze delle più diffuse piattaforme. Ogni scuola potrà quindi acquisire anche dispositivi individuali da assegnare agli studenti che ne abbiano maggiore necessità. In particolare, in base alla tabella allegata alla relazione tecnica, la spesa per l'acquisto delle licenze (co. 2, lett. a)) e quella per la formazione (co. 2, lett. c)) sono considerate spesa corrente, mentre quella per la messa a disposizione di dispositivi digitali individuali per gli studenti meno abbienti (co.2, lett. b)) è considerata una spesa in conto capitale.

 

Si ricorda che la L. 105/2017, all'art. 1, co. 56, ha previsto l'adozione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), in coerenza con il quale le scuole promuovono proprie azioni nell'ambito del Piano triennale dell'offerta formativa (PTOF). Per la realizzazione di tali attività, l'art. 1, co. 62, della medesima legge ha originariamente autorizzato, a decorrere dal 2016, la spesa di euro 30 milioni annui (poi ridotti dalla L. 145/2018, per gli anni 2019, 2020 e 2021, di 1,44 milioni di euro per l'anno 2019, 3,6 milioni di euro per l'anno 2020 e 2,16 milioni di euro per l'anno 2021 e incrementati nuovamente - come si è detto - di 2 milioni di euro per il 2020 dalla L.160/2019), ripartiti tra le istituzioni scolastiche sulla base di procedure selettive.

 

Tali risorse, in base al comma 2, sono destinate:

a) per 10 milioni di euro nel 2020, a consentire alle scuole statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità.

In occasione dell’attuale emergenza sanitaria, a seguito di specifiche call lanciate il 28 febbraio 2020, il Ministero dell'istruzione ha invitato tutti i produttori di hardware e di software che desiderassero rendere disponibili a titolo gratuito i propri prodotti a manifestare tempestivamente la propria disponibilità.

 

Emergenza sanitaria e apprendimento a distanza

In tutti i provvedimenti attuativi del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) di contenimento dell'emergenza sanitaria[62], si stabilisce che i dirigenti scolastici attivano, per la  durata  della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità  di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Nella nota n. 278 del 6 marzo 2020, il Ministero dell'istruzione ha fornito le prime indicazioni per la didattica a distanza, affidando all’Ufficio scolastico regionale competente il monitoraggio dell’effettivo stato di attuazione delle azioni promosse dalle istituzioni scolastiche per garantire le modalità di apprendimento a distanza. Gli esiti del monitoraggio sono ritenuti funzionali ad attivare ulteriori misure di sostegno nelle situazioni di maggiore criticità, anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione ed i Dipartimenti interessati. Successivamente, nella nota n. 279 dell'8 marzo 2020, il Ministero ha dettagliato le modalità di svolgimento della didattica a distanza, "che vanno dalla mera trasmissione di materiali (da abbandonarsi progressivamente, in quanto non assimilabile alla didattica a distanza), alla registrazione delle lezioni, all’utilizzo di piattaforme per la didattica a distanza, presso l’istituzione scolastica, presso il domicilio o altre strutture". Ha altresì affermato che "ogni iniziativa che favorisca il più possibile la continuità nell’azione didattica è, di per sé, utile".

Nella citata nota n. 279 si consiglia comunque di "evitare, soprattutto nella scuola primaria, la mera trasmissione di compiti ed esercitazioni, quando non accompagnata da una qualche forma di azione didattica o anche semplicemente di contatto a distanza. Va, peraltro, esercitata una necessaria attività di programmazione, al fine di evitare sovrapposizioni tra l’erogazione a distanza, nella forma delle “classi virtuali”, tra le diverse discipline ed evitare sovrapposizioni. [...] Anche le più semplici forme di contatto sono da raccomandare vivamente. E ciò riguarda l’intero gruppo classe, la cui dimensione inclusiva va, per quanto possibile mantenuta, anche con riguardo agli alunni con bisogni educativi speciali".

Indicazioni più dettagliate sono contenute nella nota n. 388 del 17 marzo 2020, che distingue la progettazione delle attività didattiche a distanza tra:

§  scuole dell'infanzia, per le quali occorre privilegiare "attività in raccordo con le famiglie, costruite sul contatto “diretto” (se pure a distanza), tra docenti e bambini, anche solo mediante semplici messaggi vocali o video veicolati attraverso i docenti o i genitori rappresentanti di classe, ove non siano possibili altre modalità più efficaci", potenziando la dimensione ludica;

§  scuola primaria, per la quale occorre ricercare un equilibrio tra attività didattiche a distanza e momenti di pausa, in modo da evitare i rischi derivanti da un'eccessiva permanenza davanti agli schermi. La proposta delle attività deve consentire agli alunni di operare in autonomia;

§  scuola secondaria di primo e di secondo grado, per la quale il raccordo tra le proposte didattiche dei diversi docenti è necessario per evitare un peso eccessivo dell’impegno on line. Vengono in particolare fornite alcune indicazioni specifiche per gli istituti tecnici e professionali.

Tale nota n. 388 declina inoltre l'apprendimento a distanza anche per gli alunni con disabilità e per gli alunni con DSA e con bisogni educativi speciali non certificati.

Il Dicastero ha anche affrontato il problema della valutazione degli apprendimenti e di verifica delle presenze, correlato evidentemente alle modalità di didattica a distanza. Nella predetta nota n. 279 si afferma quindi che, a seconda delle piattaforme utilizzate, vi è una varietà di strumenti a disposizione e si ricorda, peraltro, che "la normativa vigente (D.P.R. 122/2009, d.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa". Da ultimo, nella citata nota n. 388 si ribadisce che "le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante e hanno a riferimento i criteri approvati dal collegio dei docenti. La riflessione sul processo formativo compiuto nel corso dell’attuale periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza sarà come di consueto condivisa dall’intero consiglio di classe."

Qui la pagina del Ministero dell'istruzione dedicata alla didattica a distanza.

 

b) per 70 milioni di euro nel 2020, a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di cui alla lettera a), nonché per la necessaria connettività di rete.

     In base all'art. 1803 c.c., il comodato è il contratto gratuito col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta;

 

c) per 5 milioni di euro nel 2020, a formare il personale scolastico (parrebbe dunque riferirsi a tutte le categorie: dirigenti, docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario) sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.

Si segnala che, a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza sanitaria, anche le attività formative e di aggiornamento in presenza, destinate al personale, sono sospese. Nella citata nota n. 278 del 6 marzo 2020, il Ministero dell'istruzione ha informato che "al fine di supportare le istituzioni scolastiche interessate dalla sospensione prolungata delle attività didattiche per l’emergenza del Covid-19, il “sistema di accompagnamento” all’attuazione delle misure del Piano nazionale scuola digitale, costituito dai referenti del PNSD presso gli Uffici scolastici regionali, dalle équipe formative territoriali, dalle istituzioni scolastiche individuate quali poli formativi innovativi “Future labs”, dedicherà una specifica attenzione allo sviluppo dell’apprendimento a distanza, adottando, con la tempestività richiesta dall’attuale fase di emergenza, misure di supporto, accompagnamento, formazione e assistenza da remoto, per l’utilizzo degli strumenti digitali di apprendimento a distanza, in favore dei dirigenti scolastici, degli animatori digitali, dei team per l’innovazione, dei docenti stessi".

 

Al fine di formare il personale, può essere utilizzato anche il Fondo di cui all’art. 1, co. 125, della L. 107/2015.

In proposito, si ricorda che il co. 125 dell'art.1 della L.107/2015 stanzia 40 milioni annui a decorrere dall'anno 2016 per l'attuazione del Piano nazionale di formazione e per la realizzazione delle attività formative dei docenti. Tale Fondo è stato incrementato dall'art. 1, co. 256, della L. 160/2019 per la formazione sulle tematiche dell'inclusione (11 milioni di euro per il 2020) e del contrasto al bullismo e cyberbullismo (1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022) ed è stato successivamente ridotto di 5 milioni di euro per l'anno 2020 dall'art. 5, co. 2-ter, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

Il Piano nazionale di formazione 2016-2019 è stato adottato con D.M. 797/2016.

In virtù delle previsioni in commento, le risorse di cui all'art. 1, co. 125, della l. 107/2015 destinate alla formazione dei docenti potrebbero essere utilizzate anche per la formazione del restante personale scolastico, con particolare riferimento alle metodologie e alle tecniche per la didattica a distanza.

 

Le suddette risorse sono ripartite, con decreto del Ministro dell'istruzione, tra le istituzioni scolastiche, tenuto conto (comma 5):

§  della distribuzione per reddito nella relativa regione;

§  del numero di studenti di ciascuna. 

Non è previsto un termine per l'adozione del decreto.

 

Il comma 3 stabilisce che le istituzioni scolastiche acquistano le piattaforme e i dispositivi (sia per l'apprendimento a distanza e per il potenziamento di quelli esistenti, sia per la cessione in comodato d'uso agli studenti meno abbienti) mediante ricorso, ove possibile, agli strumenti di cui all’art. 1, co. 449 e 450, della L. 296/2006. Si tratta di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, messi a disposizione da Consip S.p.A. In particolare:

§  il comma 449 citato riguarda l’obbligo di approvvigionamento tramite l’utilizzo delle convenzioni-quadro per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie;

§  il comma 450 citato riguarda l’obbligo di ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Tale disposizione, menzionando l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione, ne esclude l’applicazione per le "scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie", per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, senza alcuna precisazione in merito alla tipologia di acquisti effettuati.

In particolare, la disposizione stabilisce che per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del MIUR (ora Ministero dell'istruzione), linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni.

Il MIUR, a dicembre 2018, ha adottato le Istruzioni di carattere generale relative all’applicazione del codice dei contratti pubblici, in cui già si prevede la possibilità per le scuole, per gli acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, di ricorrere al MEPA. Tale possibilità di ricorso al Mercato elettronico è dunque ribadita dalla disposizione in commento.

Qualora non sia possibile ricorrere ai predetti strumenti, le istituzioni scolastiche provvedono all’acquisto delle piattaforme e dei dispositivi anche in deroga alle disposizioni del d.lgs. 50/2016, recante il Codice dei contratti pubblici.

 

Il comma 4 autorizza le predette istituzioni scolastiche statali a sottoscrivere, solo nell'anno scolastico 2019-2020, contratti sino al termine delle attività didattiche (ossia il 30 giugno 2020) con assistenti tecnici, nel limite complessivo di 1.000 unità, anche in deroga ai limiti di cui all’art. 19, co. 7, del D.L.98/2011 (L. 111/2011).

L'art. 19, co.7, del D.L. 98/2011 stabilisce i limiti alle dotazioni organiche del personale educativo ed ATA della scuola.

La relazione tecnica precisa che, dati i tempi tecnici di attuazione della disposizione, i contratti potranno essere stipulati in una data successiva al 30 giugno 2020, più prossima alla fine dell'anno scolastico (30 agosto 2020) che non alla fine delle attività didattiche (30 giugno 2020).

 

Ciò, al fine di assicurare anche nelle scuole dell’infanzia, nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie di primo grado la funzionalità della strumentazione informatica, nonché il supporto all’utilizzo delle piattaforme di didattica a distanza. Si tratta dunque di una possibilità concessa alle scuole dell'infanzia e alle scuole del primo ciclo di istruzione.

Secondo l'art. 2 della L. 53/2003 il sistema nazionale di istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale.

La relazione illustrativa chiarisce in particolare che "nelle scuole del primo ciclo non sono disponibili assistenti tecnici informatici per ragioni storiche, in quanto si trattava di scuole prive di laboratori informatici. L’evoluzione della società verso il digitale ha determinato la necessità di dotarsi di laboratori informatici, oramai da alcuni anni, anche per le scuole del primo ciclo. L’assenza di assistenti tecnici si è rivelata, inoltre, causa di particolare difficoltà, per le scuole del primo ciclo, nell’organizzazione della didattica a distanza".

Il comma 4 menziona anche le scuole dell'infanzia, che possono essere non solo statali, ma anche degli enti locali, e quindi pubbliche. Tuttavia, dal combinato disposto dei commi 1, 2 e 4, parrebbe che le scuole interessate siano solo quelle statali.

 

Il contingente di assistenti tecnici, in base al comma 5, è ripartito tra le scuole proporzionalmente al numero di studenti, con il medesimo decreto che assegna le risorse destinate all'incremento del Fondo per l'innovazione digitale e la didattica laboratoriale, di cui al summenzionato comma 1.

Gli oneri connessi alla stipula di contratti, secondo il comma 7, sono pari a 9,3 milioni di euro per l’anno 2020, alla copertura dei quali si provvede ai sensi dell’articolo 126.

La relazione tecnica precisa che i 9,3 milioni di euro sono stati calcolati stimando un costo mensile lordo di 2.096,74 euro per ciascuno dei 1.000 contratti, per circa 4,4 mensilità (fino a giugno 2020), onde assicurare la presenza di un assistente tecnico almeno nelle scuole del primo ciclo di maggiori dimensioni.

 

Il comma 6 autorizza il Ministero dell’istruzione ad anticipare alle istituzioni scolastiche le somme assegnate in attuazione del presente articolo e, comunque, quelle assegnate in relazione all’emergenza sanitaria di cui al presente decreto, nel limite di quelle iscritte in bilancio.

Restano fermi i controlli a cura dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche sull’utilizzo delle risorse finanziarie di cui al presente articolo in relazione alle finalità in esso stabilite.

Il Titolo VI del D.M. 28 agosto 2018, n. 129, emanato ai sensi dell'art. 1, co. 143, della L. 107/2015, agli artt. 49-53 detta norme sul “Controllo di regolarità amministrativa e contabile" delle scuole, disciplinando i criteri generali per l’espletamento dei controlli svolti presso le istituzioni scolastiche, al fine di garantire la semplificazione delle procedure e l’efficacia delle verifiche. In particolare, l’articolo 49 prevede che il riscontro di regolarità amministrativa e contabile, ovvero l’insieme delle attività atte a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa, sia effettuato non più dal Collegio dei revisori dei conti, come era invece previsto dal D.I. 1° febbraio 2001, n. 44, bensì da due revisori dei conti, che operano in posizione paritetica e rappresentano, rispettivamente, il MIUR (ora Ministero dell'istruzione) e il MEF. L'incarico di revisione ha durata triennale, rinnovabile una sola volta con riferimento allo stesso ambito territoriale. Per una sintesi dei contenuti, si veda la circolare n. 74 del 5 gennaio 2019.

 


Articolo 121
(Continuità occupazionale per i docenti supplenti)

 

 

L’articolo 121 prevede l'assegnazione alle scuole statali delle risorse necessarie per stipulare contratti di supplenza breve e saltuaria anche nei periodi di chiusura o di sospensione delle attività didattiche in relazione all'emergenza sanitaria. Le suddette scuole stipulano contratti a tempo determinato con il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) e docente provvisto di propria dotazione strumentale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, al fine di potenziare la didattica a distanza.

 

In dettaglio, gli obiettivi della disposizione sono:

§  favorire la continuità occupazionale dei docenti già titolari di contratti di supplenza breve o saltuaria, nei periodi di chiusura o sospensione delle scuole. Non è menzionato un obiettivo analogo con riferimento al personale supplente ATA che, ai sensi del secondo periodo della disposizione in commento, risulta parimenti destinatario dei contratti a tempo determinato.

Si ricorda che l’art. 4 della L. 124/1999 distingue tre tipologie di supplenze del personale docente che danno luogo al conferimento di incarichi a tempo determinato:

-          supplenze annuali (fino, cioè, al 31 agosto), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico;

-          supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (fino, cioè, al 30 giugno), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico, ovvero per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario (intendendo per posti orario gli abbinamenti di spezzoni che non raggiungono l’orario di cattedra);

-          supplenze temporanee più brevi, nei casi diversi da quelli citati. Per il conferimento di tali supplenze - considerate appunto brevi e saltuarie - si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto.

La disciplina per l’affidamento delle supplenze al personale docente è stata definita più nel dettaglio, da ultimo, con il regolamento emanato con D.M. 131/2007.

La disposizione in commento trova applicazione per l'ultima tipologia citata, ossia le supplenze brevi o saltuarie del personale docente (dunque non per quelle annuali, né per quelle temporanee fino al termine delle attività didattiche), alle quali si ricorre - in base all'art. 1, co. 78, della L. 662/1996 - solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica. Inoltre, l'art. 1, co. 333, della L. 190/2014 ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi al personale docente per il primo giorno di assenza.

La L. 107/2015, all'art. 1, co. 85, ha inoltre previsto che il dirigente scolastico può effettuare sostituzioni di docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a 10 giorni con personale dell’organico dell’autonomia, che sia in possesso del previsto titolo di studio di accesso, mentre il co. 95 ha disposto che i posti del potenziamento non possono essere coperti con personale titolare di supplenze brevi e saltuarie, ad eccezione delle ore di insegnamento curriculare eventualmente assegnate al docente nell’ambito dell’orario di servizio contrattualmente previsto e purché si tratti di assenze superiori a 10 giorni.

L'art. 4 della medesima L. 124/1999 ha esteso al personale ATA le stesse tipologie di supplenze già descritte in precedenza in merito al personale docente, tra cui anche quelle brevi e saltuarie. La disciplina per l’affidamento delle supplenze al personale amministrativo, tecnico e ausiliario è stata definita più nel dettaglio con il regolamento emanato con D.M. 430/2000.

L'art. 1, co. 332, della summenzionata L. 190/2014 ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi e saltuarie al personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo, salvo che presso le istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di tre posti, né al personale appartenente al profilo di assistente tecnico. Alla sostituzione si può provvedere mediante l'attribuzione al personale in servizio delle ore eccedenti.

Successivamente, l'art. 1, co. 602, della L. 205/2017 ha derogato alle previsioni della L. 190/2014, disponendo che le scuole possono conferire incarichi per supplenze brevi e saltuarie in sostituzione degli assistenti amministrativi e tecnici assenti, a decorrere dal trentesimo giorno di assenza, nell'ambito di determinati limiti di spesa.

 

Per l'anno scolastico 2019-2020, con la nota n. 38905 del 28 agosto 2019 il Dicastero ha fornito indicazioni operative per il conferimento delle supplenze al personale docente, educativo e ATA.

 

Emergenza sanitaria e istituzioni scolastiche: chiusura o sospensione?

In relazione ai provvedimenti adottati per il contenimento del virus COVID-19, si è registrata tanto la chiusura delle scuole, quanto la sospensione delle attività didattiche. Al riguardo, si segnala anzitutto che:

- la chiusura delle scuole comporta il divieto di accesso ai locali per tutto il personale e per gli alunni e non necessita di giustificazioni per le assenze, a seguito delle quali non sono previste decurtazioni economiche né recuperi;

- la sospensione delle attività didattiche comporta l’interruzione delle sole lezioni. Pertanto, le scuole sono aperte e i servizi erogati dagli uffici di segreteria continuano ad essere prestati ed eventuali assenze devono essere giustificate.

Inizialmente, l'art. 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) ha previsto, nei comuni o nelle aree nei quali risultava positiva al virus COVID-19 almeno una persona per la quale non si conosceva la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi era un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi che hanno esteso tale sospensione a tutte le scuole. In particolare però, il D.P.C.M. 1° marzo 2020 aveva stabilito, per quanto qui di interesse, due ordini di misure. Per i comuni inseriti all'allegato 1[63] il D.P.C.M. ha imposto la chiusura, fino all'8 marzo 2020, dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2 del d.lgs. 65/2017[64], e  delle  scuole  di ogni  ordine  e  grado, ferma la  possibilità di svolgimento di attività formative a distanza. Nelle regioni e nelle province di cui all'allegato 2[65] il D.P.C.M. ha imposto la sospensione, sino all'8 marzo 2020, dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle  attività  scolastiche  e  di formazione superiore, ferma  in  ogni  caso  la  possibilità  di svolgimento di attività formative a distanza. Da ultimo, i DD.P.C.M. 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020 hanno stabilito, perquanto qui di interesse, la sospensione sull'intero territorio nazionale, sino al 3 aprile 2020, fra l'altro, dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, ferma in ogni caso la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza.

Ne risulta che tanto nelle scuole chiuse, quanto in quelle in cui è sospesa l'attività didattica, si prevede lo svolgimento di attività formative a distanza.

 

§  potenziare le attività didattiche a distanza presso le istituzioni scolastiche statali.

A tale ultimo riferimento, nella nota n. 279 dell'8 marzo 2020 del Ministero dell'istruzione, si sottolinea "l’atipicità della “sospensione delle attività didattiche in presenza” e la contestuale attivazione di forme di didattica a distanza, che vedono già l’impegno del personale docente con supplenza breve e temporanea. Nel caso di assenze dei docenti titolari nel corso della sospensione delle attività didattiche in presenza, dunque, i dirigenti scolastici si avvalgono dei supplenti, compatibilmente con quanto previsto dalla normativa vigente, al fine di garantire la didattica a distanza".

La stessa relazione illustrativa afferma che il venire meno dei contratti di supplenza farebbe perdere alle scuole quelle professionalità utili per il passaggio, in questa fase, dalla didattica in presenza alla didattica a distanza.

 

Per far ciò, le scuole statali continueranno a ricevere le risorse finanziarie per stipulare i contratti di supplenza breve e saltuaria, nel limite delle risorse assegnate, nonostante nei periodi di chiusura o sospensione, di fatto, non vi sia esigenza di sostituire il personale assente (fermo restando che, in caso di sospensione, le assenze del personale vanno giustificate), ma occorre comunque garantire l'attività didattica a distanza.

 

In base all'art. 7 del citato D.M. 131/2007 (per il personale docente) e all'art. 1 del D.M. 430/2000 (per il personale ATA), il conferimento delle supplenze si attua mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, sottoscritti dal dirigente scolastico e dal personale interessato, che hanno effetti esclusivi dal giorno dell'assunzione in servizio e termine:    

-       per le supplenze annuali il 31 agosto;

-       per le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, il giorno annualmente indicato dal relativo calendario scolastico quale termine delle attività didattiche;

-       per le supplenze temporanee, l'ultimo giorno di effettiva permanenza delle esigenze di servizio.

 

Le risorse per le supplenze brevi e saltuarie vengono normalmente assegnate in corrispondenza del fabbisogno delle istituzioni scolastiche legato alle sostituzioni.

Sui criteri di determinazione e dunque di assegnazione delle risorse per le supplenze si veda il D.M. 21/2007.

La disposizione in commento stabilisce invece che le suddette risorse sono assegnate in base all’andamento storico della spesa e nel limite delle risorse iscritte a tal fine nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Si stabilisce in particolare che tali contratti a tempo determinato sono stipulati con il personale ATA e docente provvisto di propria dotazione strumentale per lo svolgimento dell’attività lavorativa al fine di potenziare le attività didattiche a distanza presso le istituzioni scolastiche statali, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia.

Sul piano della formulazione del testo, al secondo periodo si valuti la seguente modifica: "le istituzioni scolastiche statali stipulano contratti a tempo determinato con il personale amministrativo, tecnico ausiliario e docente provvisto di propria dotazione strumentale".

Infine, si valuti l'opportunità di integrare la rubrica menzionando anche il personale ATA in quanto destinatario, oltre ai docenti, dei contratti a tempo determinato, oppure indicando genericamente "Misure per favorire la continuità occupazionale per il personale supplente breve e saltuario".

 


Articolo 122
(Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19)

 

 

L'articolo 122 prevede la nomina di un Commissario straordinario preposto al rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19. Se ne definisce l'ambito delle competenze.

 

Questo articolo prevede che con decreto del Presidente del Consiglio sia nominato un Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto.

La finalità è assicurare la più elevata risposta sanitaria all'emergenza.

Le competenze sono conseguentemente ritagliate nel modo che segue:

ü  organizzare, acquisire e produrre ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti: il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto;

ü  provvedere (raccordandosi con le regioni e le aziende sanitarie) al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere (anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali), con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva;

ü  disporre la requisizione e circa la gestione di beni mobili, mobili registrati e immobili (anche tramite il Capo del Dipartimento per la protezione civile o se necessario ai prefetti territorialmente competenti);

ü  adottare ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell’emergenza (v. anche supra l'articolo 5 del decreto-legge);

ü  provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti - o alla riconversione di quelli esistenti tramite il commissariamento di rami d'azienda - per la produzione dei beni necessari per il contenimento, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all’emergenza (v. al riguardo l'articolo 99 del decreto-legge), organizzandone la raccolta e controllandone l’impiego (fin qui il comma 1);

ü  organizzare e svolgere le attività propedeutiche alla concessione degli aiuti per far fronte all’emergenza sanitaria, da parte delle autorità competenti nazionali ed europee, nonché tutte le operazioni di controllo e di monitoraggio dell’attuazione delle misure;

ü  provvedere alla gestione coordinata del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE, di cui al regolamento (CE) 2012/2002) e delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinato all’emergenza (così il comma 3).

   Circa la competenza sopra ricordata in materia di requisizioni, invero la disposizione deve essere coordinata con quanto previsto dall'articolo 6 del decreto-legge (v. supra), il quale attribuisce la medesima competenza al Capo del Dipartimento della protezione civile, entro un 'corpo' di disposizioni che disciplinano sia il procedimento sia le garanzie.

La disposizione qui in commento richiama quell'articolo 6. Ed aggiunge che le determinazioni del Commissario (entro l'ambito competenziale che gli è proprio) circa le requisizioni possano essere disposte "anche per il tramite" del Capo del Dipartimento della protezione civile - nonché, ove necessario, del prefetto territorialmente competente. Parrebbe suscettibile di approfondimento se tali formulazioni valgano ad un armonico raccordo con quanto dettato dall'articolo 6 del decreto-legge (alla cui scheda comunque si rinvia).

Inoltre il Commissario può avvalersi dei prefetti, ove disponga la requisizione 'in proprio' e senza tramiti.

 

Nello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, il Commissario "collabora con le regioni" - alle quali spetta la competenza normativa in materia di sanità secondo l'articolo 117 della Costituzione. Così il comma 2.

E nell'ambito di quelle funzioni il Commissario - ancora aggiunge il comma 2 - può adottare - "anche su richiesta delle regioni" - in via d'urgenza "i provvedimenti necessari a fronteggiare ogni situazione eccezionale".

Tali provvedimenti sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni e alle singole regioni su cui il provvedimento incida, le quali possono chiederne il riesame.

I provvedimenti possono essere adottati "in deroga a ogni disposizione vigente, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea". Può valere ricordare, per inciso, come numerose disposizioni del Codice dei contratti pubblici recepiscano norme europee, siano pertanto da ascrivere agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (cfr. ad es. la sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 2019).

Le misure adottate dal Commissario devono essere in ogni caso "adeguatamente proporzionate" alle finalità perseguite.

Sono previsioni configuranti un generale potere derogatorio in capo al Commissario.

Per questo riguardo, la giurisprudenza costituzionale sin dai suoi esordi (già con la sentenza 8 del 1956: lì si trattava del potere prefettizio d'ordinanza, previsto dall'articolo 2 del Testo unico di pubblica sicurezza) ebbe modo di rilevare come il diritto emergenziale e i poteri che esso imputa a Governo ed amministrazione non si pongano extra ordinem bensì debbano presentare alcuni connotati (come efficacia limitata nel tempo, calibrata sui dettami della necessità ed urgenza; adeguata motivazione; efficace pubblicazione ove non siano provvedimenti individuali; conformità ai principi generali dell'ordinamento giuridico).

Rimane fermo - può aggiungersi, ancora sulla scorta della giurisprudenza costituzionale - che qualsivoglia conferimento di poteri amministrativi debba rispettare un principio di legalità sostanziale, talché il potere conferito non è sufficiente sia finalizzato alla tutela di un bene o valore, deve essere altresì determinato nel contenuto e nelle modalità, sì da mantenere costantemente una pur elastica copertura legislativa dell'azione amministrativa.

La medesima giurisprudenza costituzionale ebbe a rimarcare - già nei primi tempi di applicazione della legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, legge n. 225 del 1992, oggi 'confluita' nel Testo unico della protezione civile recato dal decreto legislativo n. 1 del 2018: cfr. la sentenza n. 127 del 1995, che peraltro faceva riferimento a poteri di ordinanza - come non spetti al Governo di porre prescrizioni emergenziali che conferiscano ad organi amministrativi poteri (d'ordinanza, in quella sentenza) "non adeguatamente circoscritti nell'oggetto, tali da derogare a settori di normazione primaria richiamati in termini assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salvaguardia dell'autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l'intesa per la programmazione generale degli interventi".

Per quanto riguarda il 'coinvolgimento' delle regioni, la presente disposizione del decreto-legge prevede la comunicazione alla Conferenza Stato-regioni e alle regioni incise, con facoltà di loro richiesta di riesame.

Ed ha cura di specificare che i provvedimenti del Commissario non abbiano portata normativa - senza così incidenza sulla ripartizione di competenza normativa profilata dall'articolo 117 della Costituzione (che la attribuisce alle regioni, per quanto concerne la organizzazione dei servizi sanitari), trovando piuttosto copertura sotto l'articolo 120 della Costituzione, là dove questo menziona un potere statale d'intervento sostitutivo per il caso di pericolo grave per l'incolumità pubblica.

 

Il Commissario dunque attua e sovrintende ad ogni intervento utile per fronteggiare l'emergenza sanitaria.

Circa la durata della sua opera, il comma 4 prevede che essa si protragga finché persista lo stato di emergenza.

Nonché prevede, riguardo alla pubblicità del conferimento dell'incarico, che ne siano date immediate comunicazione al Parlamento e notizia in Gazzetta Ufficiale.

Il comma 5 dispone la gratuità dell'incarico di Commissario (salvo eventuali rimborsi spese) e la sua compatibilità con altri incarichi pubblici o privati.

E dispone circa i requisiti. Il Commissario è scelto tra esperti nella gestione di attività complesse e nella programmazione di interventi di natura straordinaria, con comprovata esperienza nella realizzazione di opere di natura pubblica.

Secondo il comma 6, il Commissario esercita le sue funzioni in raccordo con il Capo del Dipartimento della Protezione civile.

Egli si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della Protezione civile, nonché del Comitato tecnico scientifico costituito presso il medesimo Dipartimento.

Può avvalersi altresì di qualificati esperti in materie sanitarie e giuridiche, "nel numero da lui definito". Non è maggiormente specificato se gli esperti siano consultati a titolo gratuito o meno.

Aggiunge il comma 7 che sull'attività del Commissario sia il Presidente del Consiglio (o un Ministro da lui delegato) a riferire in Parlamento.

 

Si è ricordato come figuri tra le funzioni commissariali l'acquisto di beni strumentali o comunque la stipulazione di atti negoziali, volti a fronteggiare l'emergenza epidemiologica.

Per tali contratti di acquisto o atti negoziali - prevede il comma 8 - così il Commissario come i soggetti attuatori sono esentati dall'applicazione dell'articolo 29 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, recante “Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio”.

Si tratta della disciplina del controllo di regolarità amministrativa e contabile, interno alla Presidenza del Consiglio.

Del pari è prevista, per i contratti ed atti negoziali di cui qui si tratta, altresì la esenzione dal controllo della Corte dei Conti. Sono benintesi fatti salvi gli obblighi di rendicontazione.

Si ricorda che una evoluzione normativa ha condotto ad esentare dal controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti le ordinanze adottate a fini di protezione civile dietro la deliberazione di uno stato di emergenza (art. 14 del decreto-legge n. 90 del 2008) nonché i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze emergenziali (art. 10, comma 4-bis del decreto-legge n. 93 del 2010).

Per i contratti e atti negoziali sopra richiamati - nonché per gli atti, pareri, valutazioni tecnico-scientifiche resi dal Comitato tecnico scientifico costituitosi presso il Dipartimento per la protezione civile - la responsabilità contabile e amministrativa è comunque limitata ai soli casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell'agente che li abbia posti in essere o che abbia dato loro esecuzione.

Gli atti sono immediatamente e definitivamente efficaci, esecutivi ed esecutori, non appena posti in essere.

Ai fini dell'acquisizione dei beni, il Commissario è autorizzato - dal comma 9 - all'apertura di apposito conto corrente bancario, per la regolazione delle transazioni che richiedano il pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia.

Al conto corrente e alle risorse ivi esistenti si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 1 del 2018 ossia il Codice della protezione civile. In virtù di siffatto richiamo normativo, le risorse della contabilità speciale per la gestione dell'emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non sono pignorabili né sottoponibili a sequestro, e rimane sospesa qualsivoglia azione esecutiva.

 Conclude la previsione disponendo che si faccia fronte alle spese connesse all'attuazione del presente articolo del decreto-legge attingendo alle risorse del Fondo per le emergenze nazionali (è il Fondo di cui all'articolo 44 del Codice della protezione civile).

 


Articolo 123
(Disposizioni in materia di detenzione domiciliare)

 

 

L'articolo 123 prevede, fino al 30 giugno 2020, che la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, sia eseguita presso il domicilio, salve eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati. L'esecuzione domiciliare si accompagna all'applicazione di procedure di controllo mediante i cosiddetti braccialetti elettronici.

 

Il comma 1 dell'articolo 123 stabilisce che, in deroga a quanto previsto dai commi 1, 2 e 4 dell’articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dal 17 marzo 2020 fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena può essere eseguita presso l'abitazione del condannato o presso altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza.

Il medesimo comma esclude dall'ambito soggettivo di applicazione della disposizione le seguenti categorie di soggetti:

·        i condannati per taluno dei delitti (ostativi) indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, dagli articoli 572 (Maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 612-bis (Atti persecutori) del codice penale;

·        i delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articoli 102, 105 e 108 del codice penale);

·        i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (O.P.), salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge.

Il regime di sorveglianza particolare prevede restrizioni al trattamento e ai diritti dei detenuti ritenuti pericolosi per la sicurezza penitenziaria. Tale istituto è disciplinato dagli articoli 14-bis e ss. dell'O.P. In base all’art. 14 bis possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi (prorogabile più volte, ma ogni volta in misura non superiore a tre mesi) i detenuti che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza negli istituti penitenziari; quelli che con la violenza o la minaccia impediscono le attività degli altri detenuti; quelli che nella vita penitenziaria mettono in stato di soggezione altri detenuti. L'art. 14-ter O.P. prevede che avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo.

·        detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all’articolo 77, comma 1, numeri 18 (partecipazione a disordini o a sommosse), 19 (promozione di disordini o di sommosse), 20 (evasione) e 21 (fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà);

·        i detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare ai sensi dell’articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020.

L'articolo 81, comma 1, del d.P.R. n. 230 del 2000 prevede che quando un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa, deve redigere rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto. Tale rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica. Con riguardo alla disposizione in esame si segnala come essa non indichi in modo espresso quali siano le infrazioni in relazione alle quali l'operatore penitenziario ha redatto rapporto;

·        i detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.

 

La legge n. 199 del 2010 - per far fronte alla situazione di sovraffollamento carcerario - ha introdotto il "nuovo" istituto penitenziario costituito dalla esecuzione nel domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno  (tale soglia temporale è stata successivamente aumentata a diciotto mesi dal decreto-legge 211/2011 conv. l. n. 9 del 2012). Tale misura, peraltro, originariamente prevista per una durata di tempo limitata al 31 dicembre 2013, è stata successivamente stabilizzata dal decreto-legge n. 146 del 2013.

 Il comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 199 prevede che ai condannati con pena detentiva (anche residua) non superiore a diciotto mesi, possa essere concessa dal tribunale di sorveglianza la possibilità di scontare la pena presso la propria abitazione o un altro luogo, pubblico o privato.

La misura - ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 199 - non può essere concessa:

 

Con particolare riguardo alle cause ostative il decreto-legge in conversione ricalca sostanzialmente quelle già previste dal comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 199 con alcune differenze. Sono stati, da un lato, esclusi quali elementi preclusivi per l'accesso alla misura il fatto che vi sia la "concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga" ovvero il fatto che sussistano " specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti". La ragione di tale scelta - rileva la relazione illustrativa - " è che si tratta di due presupposti che limitano l'utilizzo dell'istituto e che in questa fase di urgenza sono di complesso accertamento". A ciò si aggiunga la possibilità prevista dal decreto legge di accompagnare la misura con l'applicazione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. E sono stati, invece, dall'altro, previsti alcuni ulteriori elementi preclusivi: il fatto che il detenuto nell'ultimo anno sia stato sanzionato per alcune determinate infrazioni disciplinari e il fatto che nei confronti del detenuto sia stato redatto rapporto disciplinare in quanto coinvolto nei disordini e nelle sommosse verificatisi negli istituti penitenziari dal 7 marzo 2020.

 

Il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 199 prevede che nel caso in cui la condanna a diciotto mesi - o meno - di reclusione sia comminata a una persona in libertà, è lo stesso pubblico ministero che, al momento della condanna, ne sospende l’esecuzione, previo accertamento dell’esistenza e dell’idoneità dell’alloggio, nonché, se si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente, previa verifica della documentazione medica attestante lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e del programma di recupero, trasmettendo quindi gli atti al magistrato di sorveglianza per la concessione della detenzione domiciliare.

 

Il comma 4 dell'articolo 1 disciplina invece il caso in cui il condannato, con pena da scontare fino a diciotto mesi, sia in carcere. In tal caso il condannato potrà presentare una richiesta al magistrato di sorveglianza. In ogni caso - anche senza la richiesta dell’interessato - la direzione dell’istituto di pena preparerà per ciascun detenuto che rientra nelle condizioni previste dalla legge una relazione sul comportamento tenuto durante la detenzione e sulla idoneità dell’alloggio, oppure raccoglierà la documentazione medica e terapeutica, qualora si tratti di persona dipendente da droga o alcool, intenzionata a seguire un programma di cura che potrà essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il magistrato di sorveglianza provvederà - ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 -con un’ordinanza per la concessione della detenzione domiciliare.

In ogni caso, il magistrato di sorveglianza può imporre le prescrizioni e le forme di controllo necessarie per accertare che il tossicodipendente o l'alcoldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma terapeutico (comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 199).

L'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna, competente per gli interventi di sostegno e controllo, segnala ogni evento rilevante sull'esecuzione della pena e trasmette le relazioni trimestrali e conclusiva (comma 6 dell'articolo 1 della legge n. 199).

 

Come evidenzia la relazione illustrativa l'istituto in esame deve essere tenuto distinto dalla detenzione domiciliare ordinaria di cui all'articolo 47-ter O.P. dalla quale si differenzia per i seguenti aspetti:

·        per la durata della pena da eseguire: diciotto mesi a fronte dei due o quattro anni, a seconda dei casi, previsti dalla disciplina della detenzione domiciliare ordinaria;

·        per la diversità di procedura (vedi infra);

·        per i differenti presupposti necessari per l'accesso all'istituto.

 

La procedura prevista per l'applicazione della misura dell'esecuzione domiciliare delle pene detentive non superiori a diciotto mesi rimane in larga parte quella contemplata dall'articolo 1 della legge n. 199 del 2010 (le disposizioni dell'articolo 1 della legge del 2010 sono richiamate, in quanto compatibili, proprio dal comma 8 dell'articolo in esame). La misura, quindi, è applicata dal magistrato di sorveglianza (salvo che - ai sensi del comma 2 - ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura), oltre che su istanza dell'interessato per iniziativa della direzione dell'istituto penitenziario oppure del PM.

Ai fini dell’applicazione delle pene detentive domiciliari, il comma 6 dell'articolo in esame consente - differentemente da quanto previsto dalla legge n. 199 del 2010 - alla direzione dell’istituto penitenziario di omettere la relazione sul complessivo comportamento tenuto dal condannato durante la detenzione.

 

Si tratta di una scelta che, come precisa la relazione illustrativa, è volta ad evitare di gravare, "in questo momento di estrema complicazione, l'amministrazione penitenziaria di compiti e attività onerosi". Inoltre sempre la relazione rileva che "l'eliminazione della relazione sul complessivo comportamento del condannato durante la detenzione è dovuta ...anche alla considerazione che gli unici elementi rilevanti sono quelli indicati come preclusivi dal comma 1".

 

La direzione è in ogni caso tenuta ad attestare che:

·        la pena da eseguire non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena,

·        non sussistono le preclusioni di cui al comma 1 e

·        il condannato abbia fornito l’espresso consenso alla attivazione delle procedure di controllo (vedi commi 3 e 4), nonché a trasmettere il verbale di accertamento dell'idoneità del domicilio, redatto in via prioritaria dalla polizia penitenziaria o, se il condannato è sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, la documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni[66].

 

Il comma 3 prevede che, nei casi in cui sia disposa l'esecuzione domiciliare della pena detentiva ai sensi del comma 1, deve essere applicata - con il consenso del condannato (comma 4) - anche la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari. L'applicazione della suddetta procedura di controllo - che cessa in ogni caso quando la pena residua da espiare scende sotto la soglia di sei mesi -  è esclusa per:

·        i condannati la cui pena da eseguire non è superiore a sei mesi;

·        i condannati minorenni.

 

Con particolare riguardo ai condannati minorenni nei cui confronti è disposta l’esecuzione della pena detentiva domiciliare, il comma 7 dell'articolo 123 del decreto-legge prevede che l’ufficio servizio sociale minorenni territorialmente competente in relazione al luogo di domicilio, in raccordo con l’equipe educativa dell’istituto, deve provvedere, entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione dell’avvenuta esecuzione della misura in esame, alla redazione di un programma educativo secondo le modalità indicate dall’articolo 3 ( Prescrizioni e modalità esecutive delle misure penali di comunità) del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Ordinamento penitenziario minorile), da sottoporre al magistrato di sorveglianza per l’approvazione.

 

Relativamente all'utilizzo dei dispositivi di controllo - i cosiddetti braccialetti elettronici - per i soggetti in detenzione domiciliare il comma 5 dell'articolo in esame prevede che la distribuzione degli stessi debba avvenire secondo un programma adottato con provvedimento del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, d'intesa con il capo del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno entro il 27 marzo (10 giorni dalla entrata in vigore del decreto legge in conversione) e periodicamente aggiornato. In particolare con tale provvedimento deve essere individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, che possono essere utilizzati per l’esecuzione della pena detentiva domiciliare, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti.

Il comma 5 prevede inoltre che l'esecuzione del provvedimento nei confronti dei condannati con pena residua da eseguire superiore ai sei mesi avviene progressivamente a partire dai detenuti che devono scontare la pena residua inferiore.

 

Come evidenzia la relazione tecnica attualmente sulla base dei dati comunicati dal Dipartimento della pubblica sicurezza, il contratto di fornitura e di gestione da remoto dei dispositivi di controllo prevede fornitura e servizio di 1000-1200 braccialetti al mese per l'intera durata contrattuale (il contratto scade il 31 dicembre 2021), riconoscendo pertanto alla amministrazione la facoltà di installare circa 43.200 braccialetti elettronici. Ad oggi - in un arco temporale di quindici mesi - sono stati attivati circa 5.200 braccialetti elettronici con una media mensile di 350 dispositivi. In base al decreto-legge si prevede l'installazione di circa 3000 braccialetti fino al 30 giugno 2020, che sommati ai 5.200 già attivati determinano un totale di 8.200 dispositivi. Tenuto conto, quindi del numero previsto contrattualmente - pari come detto a 43.200 - si determinerebbe una ulteriore disponibilità per i prossimi 21 mesi pari a 35.000 dispositivi che risultano sufficienti a garantire l'ordinario impiego degli stessi (con riguardo all'impiego dei braccialetti elettronici si rinvia alla nota breve n. 173).

 

Il comma 9 reca infine la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste mediante utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

 


Articolo 124
(Licenze premio straordinarie per i detenuti
in regime di semilibertà)

 

 

L’articolo 124 consente l’estensione temporale delle licenze concesse ai detenuti in semilibertà fino al 30 giugno 2020, anche in deroga al limite ordinario dei 45 giorni complessivi annui.

 

L’articolo 124 consente l’estensione temporale, fino al 30 giugno 2020, delle licenze concesse ai detenuti ammessi al regime di semilibertà e ciò anche in deroga alla durata massima complessiva annua, ordinariamente stabilita in 45 giorni dall’art. 52, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario), e quindi prescindendo dai giorni di licenza già goduti.

Il regime della semilibertà, così come disciplinato dall’art. 48 della legge n. 354/1975, consiste nel concedere al condannato o all’internato di partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al suo reinserimento sociale che si svolgono fuori dell’istituto dove egli è detenuto.

A norma dell’art. 52 della medesima legge, al condannato ammesso alla semilibertà possono essere altresì concesse una o più licenze, durante le quali si applica il regime della libertà vigilata; tali licenze, nel loro complesso, non possono superare i 45 giorni annui.

 

Alle licenze eventualmente prolungate in base alla norma sopra descritta, continuano comunque ad applicarsi le altre disposizioni di cui all’art. 52 della legge sull’ordinamento giudiziario e pertanto:

§  se il condannato trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essergli revocata;

§  se il condannato non rientra in istituto al termine della licenza o dopo che la stessa sia stata revocata, può essergli revocato il regime di semilibertà, oltre ad essere punibile in via disciplinare o, nei casi più gravi, penalmente per il reato di evasione (a norma dell’art. 385, primo comma, del codice penale).

 

Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa la norma in esame sarebbe volta ad ottenere un duplice effetto con riguardo al contenimento del rischio epidemiologico: il prolungamento delle licenze comporterebbe infatti, da un lato, una riduzione temporanea della popolazione carceraria, dall’altro potrebbe servire ad evitare che il detenuto in semilibertà, avendo avuto contatti con l’esterno dell’istituto, possa costituire un fattore di rischio per il resto della popolazione carceraria una volta rientrato in carcere.

 

 


Articolo 125
(Proroga dei termini nel settore assicurativo e per opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile dei piccoli comuni)

 

 

L'articolo 125 reca, ai primi tre commi, disposizioni di proroga in materia assicurativa.

Il comma 1 proroga dal 15 gennaio al 15 luglio (6 mesi), limitatamente al 2020, il termine entro il quale dev'essere annualmente emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con cui ripartite le effettive disponibilità finanziarie per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, nonché dal 15 maggio al 15 novembre (6 mesi) il termine entro il quale i comuni beneficiari dei predetti contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori, pena la decadenza dell'assegnazione del contributo.

Il comma 2 proroga di ulteriori 15 giorni il termine entro il quale l’impresa di assicurazione è tenuta a mantenere operante la garanzia prestata con il precedente contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti fino all'effetto della nuova polizza. La proroga trova applicazione fino al 31 luglio 2020.

Il comma 3 proroga di ulteriori 60 giorni il termine entro il quale, per i sinistri con soli danni a cose, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta nonché il termine entro il quale, per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso, l'impresa di assicurazione deve proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta. Anche tale proroga trova applicazione fino al 31 luglio 2020.

Per converso, il comma 4 autorizza l'UNIONCAMERE e le camere di commercio, nell’anno in corso, a realizzare specifici interventi al fine di contrastare le difficoltà finanziarie delle PMI e facilitarne l'accesso al credito. Per le stesse finalità, le camere di commercio e le loro società in house sono, altresì, autorizzate ad intervenire mediante l'erogazione di finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on line di social lending e di crowdfunding.

 

Il comma 1 proroga di sei mesi, limitatamente al 2020:

·        il termine entro il quale deve essere emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale sono ripartite le effettive disponibilità finanziarie per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

 

In base alla legislazione vigente, tale termine è fissato al 15 gennaio di ciascun anno.

 

·        Il termine entro il quale i comuni beneficiari dei predetti contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori.

 

Tale temine è attualmente posto al 15 maggio di ciascun anno e ed è espressamente previsto che i comuni che non lo rispettano decadono automaticamente dall'assegnazione del contributo.

 

I termini prima indicati sono previsti dall’articolo 30, comma 14-bis, del D.L. 34/2019 (L. n. 58/2019), espressamente richiamato dal comma 1 in esame.

 

Nel dettaglio, il comma 14-bis citato ha previsto che, per stabilizzare i contributi in conto capitale ai comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile di cui all'articolo 30 del D.L. 34/2019, a decorrere dal 2020 è autorizzata l'implementazione del programma pluriennale per la realizzazione dei progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile (previsti dal comma 1 dell'articolo 30).

A partire dal 2020, le effettive disponibilità finanziarie sono ripartite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 15 gennaio di ciascun anno, tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, assegnando a ciascun comune un contributo di pari importo.

I comuni beneficiari dei contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori entro il 15 maggio di ciascun anno.

I comuni che non rispettano il citato termine decadono automaticamente dall'assegnazione del contributo e le relative risorse rientrano nella disponibilità del fondo di cui al comma 14-quater.

 

Il comma 2 proroga di ulteriori 15 giorni il termine entro il quale l’impresa di assicurazione è tenuta a mantenere operante la garanzia prestata con il precedente contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti fino all'effetto della nuova polizza. Tale proroga trova fino al 31 luglio 2020.

 

Attualmente, le imprese di assicurazione devono mantenere operante tale garanzia non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto.

Tale termine è recato dall’articolo 170-bis, comma 1, del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. n. 209/2005).

Il comma 1 prevede che il contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ha durata annuale o, su richiesta dell'assicurato, di anno più frazione, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato, in deroga all'articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile.

L'impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni e a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all'effetto della nuova polizza.

 

Il comma 3 proroga di ulteriori 60 giorni:

·        il termine entro il quale, per i sinistri con soli danni a cose, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta.

 

Attualmente, l'impresa di assicurazione deve formulare l'offerta di risarcimento o comunicare la motivata contestazione entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento corredata dalle informazioni previste. Il termine di 60 giorni è ridotto a 30 quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro.

 

·        Il termine entro il quale, per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso, l'impresa di assicurazione deve proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta.

 

Attualmente l'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro 90 giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento contenente le informazioni prescritte.

 

Anche tale proroga trova fino al 31 luglio 2020.

 

I termini predetti sono previsti, rispettivamente, dall’articolo 148, commi 1 e 2, del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. n. 209/2005).

 

Il comma 3 in esame rende operante la proroga di ulteriori 60 giorni nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone.

 

Il comma 4 prevede che l'UNIONCAMERE e le camere di commercio, nell’anno in corso, a valere sulle risorse disponibili dei rispettivi bilanci, possono realizzare specifici interventi, anche tramite appositi accordi con il fondo centrale di garanzia, con altri organismi di garanzia, nonché con soggetti del sistema creditizio e finanziario, in considerazione degli effetti determinati dalla situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19, al fine di contrastare le difficoltà finanziarie delle PMI e facilitarne l'accesso al credito.

Per le stesse finalità, le camere di commercio e le loro società in house sono, altresì, autorizzate ad intervenire mediante l'erogazione di finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on line di social lending e di crowdfunding, tenendo apposita contabilizzazione separata dei proventi conseguiti e delle corrispondenti erogazioni effettuate.

 


Articolo 126
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L'articolo 126 provvede alla compensazione finanziaria degli oneri derivanti dal decreto-legge. Si autorizza innanzitutto l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 25 miliardi di euro per l'anno 2020 e si sostituisce di conseguenza l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020, che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'allegato al presente decreto-legge. Si dispone, inoltre, l'innalzamento, nello Stato di previsione del MEF dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro; l'incremento di 2.000 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle PA e il disaccantonamento e la disponibilità, in termini di competenza e cassa, per un importo pari a 213 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, delle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica. La copertura dell'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del presente articolo in termini di maggiori interessi del debito pubblico e degli oneri di cui agli articoli 7, 43, 55, 66 e 105 viene indicata nel corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 2, 7, 8, 11, 55, 66 e 74, nella riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e nell' utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. Il monitoraggio delle risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal presente decreto è affidato al MEF. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base degli esiti del monitoraggio, può apportare le occorrenti variazioni di bilancio provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure previste dal presente decreto. Eventuali risorse non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo. Si stabilisce inoltre che le Amministrazioni pubbliche impieghino le risorse disponibili, nell’ambito dei rispettivi programmi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei 2014/2020, al sostegno delle PMI. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria.

 

 

Nel dettaglio, innanzitutto, il comma 1 reca l'autorizzazione ad emettere titoli di Stato per un importo fino a 25.000 milioni di euro per l’anno 2020, tenuto conto degli effetti del presente decreto. Tali somme concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato e del livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dall'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l'articolo 1 della legge di bilancio 2020 determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.?

 

Tabella 1 (importi relativi alla legge di bilancio 2020)

(importi in milioni di euro)

 

2019

2020

2021

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

-79.500

-56.500

-37.500

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

-129.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

314.340

311.366

301.350

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

363.840

364.366

351.350

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Tale autorizzazione è conforme a quanto stabilito con la Risoluzione n. 6-00103 della Camera e la Risoluzione n. 6-00102 del Senato di approvazione della Relazione al Parlamento, e della relativa Integrazione, presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012 (c.d. legge "rinforzata" di attuazione del principio di pareggio del bilancio) e successive integrazioni e modificazioni. Anche gli effetti finanziari del presente decreto sono coerenti con quanto stabilito dalle Risoluzioni medesime.

 

La Relazione al Parlamento del 5 marzo 2020 reca la richiesta di un aggiornamento del piano di rientro verso l’Obiettivo di Medio Periodo (OMT), già autorizzato con la Relazione al Parlamento 2019, allegata alla Nadef 2019. La richiesta è finalizzata all’adozione di misure di carattere straordinario e urgente che consentano di fronteggiare le rilevanti esigenze di natura sanitaria e socio-economica, derivanti dall’emergenza epidemiologica Covid-2019.

Successivamente alla Relazione trasmessa al Parlamento il 5 marzo il Governo, alla luce dell’evoluzione dell’emergenza epidemiologica dei giorni successivi, ha trasmesso l’11 marzo un Relazione integrativa, sempre ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012. La relazione integrativa si è resa necessaria alla luce delle ulteriori e stringenti misure adottate d’urgenza con il decreto del Presidente del consiglio del 9 marzo, che determina un ulteriore impatto sulla situazione socio-economica del Paese.

Per effetto della Relazione e della successiva integrazione, l’obiettivo programmatico di indebitamento netto potrà aumentare fino a 20 miliardi di euro, corrispondenti a circa 1,1 punti percentuali di PIL.  Corrispondentemente, il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato potrà aumentare fino a 104,5 miliardi di euro nel 2020 in termini di competenza e a 154 miliardi di euro in termini di cassa, con un incremento degli stanziamenti fino a 25 miliardi, sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Pertanto, al previsto incremento fino a 20 miliardi di euro dell’indebitamento netto, dovrebbe corrispondere un aumento fino a 25 miliardi del saldo del bilancio dello Stato. Tale differenza potrebbe essere imputabile alle differenti modalità di contabilizzazione sui diversi saldi, in particolare in caso di ricorso a misure, quali garanzie non standardizzate, non contabilizzate ai fini dell’indebitamento netto.

 

Nella lettera alla Commissione UE del 5 marzo il Governo precisa che chiederà al Parlamento e alla Commissione europea di considerare tali risorse quali maggiori oneri una tantum, e in quanto tali non ricorrenti negli anni successivi al 2020, quando la crisi epidemica, e le sue conseguenze economiche, saranno state superate. Tali oneri non dovrebbero, pertanto, essere considerati ai fini del calcolo del saldo di bilancio strutturale - calcolato sottraendo al saldo di bilancio nominale gli effetti del ciclo economico e quelli delle misure una tantum - il cui percorso di aggiustamento rimane pertanto invariato rispetto a quello delineato nella NADEF 2019 e nel Documento programmatico di bilancio 2020, in cui si fissava un obiettivo pari a -1,4% del PIL nell'anno 2020, -1,2% nel 2021 e -1% nel 2022. Il valore per il 2020 comporta un deterioramento del saldo di bilancio strutturale pari a circa 0,1 punti percentuali di PIL rispetto all'anno precedente.

Nella lettera di risposta, la Commissione europea conferma che le misure di spesa pubblica adottate una tantum in relazione all'emergenza epidemiologica in corso sono da considerarsi escluse, per definizione, dal calcolo del saldo di bilancio strutturale e dalla valutazione del rispetto delle regole di bilancio vigenti. La Commissione evidenzia, inoltre, che il quadro delle regole di bilancio contiene gli elementi di flessibilità necessari ad affrontare gli eventi eccezionali al di fuori del controllo del governo, pur nell'ambito del mantenimento delle condizioni di sostenibilità della finanza pubblica.

 

Con la legge rinforzata n. 243 del 2012 è stata data attuazione al nuovo articolo 81 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.

L’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, in linea generale, che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali (comma 1).

La disposizione considera eventi eccezionali “periodi di grave recessione economica” ed “eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese” (comma 2).

In tali casi sono consentiti scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine (comma 3).

Il comma 5, in particolare, prevede che il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine possa essere aggiornato (con le modalità di cui al comma 3) “al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali” ovvero qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

 

Per approfondimenti, si fa rinvio alla Documentazione di finanza pubblica n. 11 curata dai Servizi di documentazione della Camera e del Senato.

 

Il comma 2 dispone la sostituzione dell'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'Allegato 1 al presente decreto, riportato di seguito.

 

 

Il comma 3 interviene sullo Stato di previsione del MEF della legge di bilancio (articolo 3 della legge n. 160 del 2019) innalzando, nel comma 2, l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro.

 

Il comma 4 dispone l'incremento di 2.000 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 3 del 2020.

 

L'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 3 del 2020 dispone l’istituzione di un Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto delle PA, con una dotazione di 589 milioni di euro per l'anno 2020. Il fondo è iscritto nello stato di previsione del MEF.

 

La relazione tecnica del decreto-legge richiamato chiarisce che gli effetti sul bilancio dello Stato delle misure introdotte dagli articoli 1 e 2 del medesimo decreto risultano differenti da quelli che si determinano sul conto consolidato delle AP in relazione ai diversi criteri di contabilizzazione che presiedono alla compilazione dei due bilanci: competenza giuridica per il primo e contabilità nazionale (SEC 2010) per il secondo. Ciò determina un diverso trattamento contabile delle ritenute operate in relazione al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente e delle detrazioni fiscali riferite all'ultima mensilità dell'esercizio finanziario. La disponibilità di risorse che così si determina in termini di solo saldo netto da finanziare e fabbisogno, nell'anno 2020, è destinata alla dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto della PA istituito dal comma 3 dell'articolo in esame.

 

Il comma 5 dispone il disaccantonamento e la disponibilità, in termini di competenza e cassa, per un importo pari a 213 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004. Ciò è reso possibile dal venir meno della necessità di accantonamento dell'importo dei maggiori oneri per interessi passivi conseguenti alle emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nel 2017 in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 27, comma 3, del decreto-legge n. 237 del 2016 (recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio).

 

L'articolo 27 del decreto-legge n. 237 del 2016 incrementa di 20 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, di cui all'allegato 1, articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, di cui all'articolo 3, comma 2, della medesima legge.

Il comma 3 dell'articolo 27 dispone che parte delle risorse necessarie a far fronte all'onere derivante dalle maggiori emissioni nette di titoli pubblici di cui al comma 1, sono iscritte sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, sono accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa.

 

 

Il comma 6 stabilisce che all'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del presente articolo in termini di maggiori interessi del debito pubblico e agli oneri di cui agli articoli 7, 43, 55, 66 e 105, pari complessivamente a:

-         400,292 milioni di euro per l'anno 2021

-         374,430 milioni di euro per l'anno 2022

-         396,270 milioni di euro per l'anno 2023

-         418,660 milioni di euro per l'anno 2024

-         456,130 milioni di euro per l'anno 2025

-         465,580 milioni di euro per l'anno 2026

-         485,510 milioni di euro per l'anno 2027

-         512,580 milioni di euro per l'anno 2028

-         527,140 milioni di euro per l'anno 2029

-         541,390 milioni di euro per l'anno 2030

-         492,700 milioni di euro annui decorrere dall'anno 2031

che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a:

-         530,030 milioni di euro per l'anno 2021

-         451,605 milioni di euro per l'anno 2022

-         471,945 milioni di euro per l'anno 2023

-         496,235 milioni di euro per l'anno 2024

-         521,305 milioni di euro per l'anno 2025

-         539,655 milioni di euro per l'anno 2026

-         556,785 milioni di euro per l'anno 2027

-         578,555 milioni di euro per l'anno 2028

-         595,215 milioni di euro per l'anno 2029

-         609,465 milioni di euro per l'anno 2030

-         560,775 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031

si provvede:

a)      quanto a 221,3 milioni di euro per l'anno 2021, a 268,58 milioni di euro per l'anno 2022, a 215,2 milioni di euro per l'anno 2023, a 72,25 milioni di euro per l'anno 2024, a 69,81 milioni di euro per l'anno 2025, a 67,69 milioni di euro per l'anno 2026, a 66,52 milioni di euro per l'anno 2027, a 65,76 milioni di euro per l'anno 2028, a 65,26 milioni di euro per l'anno 2029 e a 26,58 milioni di euro per l'anno 2030, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 230,266 milioni di euro per l'anno 2021, a 273,525 milioni di euro per l'anno 2022 e a 216,023 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 2, 7, 8, 11, 55, 66 e 74;

b)     quanto a 185,30 milioni di euro per l'anno 2021, a 115 milioni di euro per l'anno 2022, a 188 milioni di euro per l'anno 2023, a 351,10 milioni di euro per l'anno 2024, a 390,20 milioni di euro per l'anno 2025, a 401,10 milioni di euro per l'anno 2026, a 421,90 milioni di euro per l'anno 2027, a 449,40 milioni di euro per l'anno 2028, a 464,30 milioni di euro per l’anno 2029, a 516 milioni di euro per l'anno 2030 e a 494 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, come incrementato ai sensi del comma 5 del presente articolo;

c)      quanto a 116 milioni di euro per l'anno 2021, a 65 milioni di euro per l'anno 2022, a 69 milioni di euro per l'anno 2023, a 74 milioni di euro per l'anno 2024, a 63 milioni di euro per l'anno 2025, a 72 milioni di euro per l'anno 2026, a 70 milioni di euro per l'anno 2027, a 65 milioni di euro per l'anno 2028, a 67 milioni di euro per l'anno 2029 e 69 annui a decorrere dall'anno 2030, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008.

 

Il comma 7 dispone che le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal presente decreto sono soggette ad un monitoraggio da parte del MEF. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base degli esiti del monitoraggio di cui al periodo precedente, al fine di ottimizzare l’allocazione delle risorse disponibili, è autorizzato ad apportare con propri decreti, sentito il Ministro competente, le occorrenti variazioni di bilancio provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure previste dal presente decreto, ad invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

 

Il comma 8 prevede che, all'esito del monitoraggio di cui al comma 7, eventuali risorse non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono versate dai soggetti responsabili entro il 20 dicembre 2020 ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e poi riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il comma 9 dispone che le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo.

Il comma 10 dispone che le Amministrazioni pubbliche, nel rispetto della normativa europea, destinano le risorse disponibili, nell’ambito dei rispettivi programmi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei 2014/2020, alla realizzazione di interventi finalizzate a fronteggiare la situazione di emergenza connessa all’infezione epidemiologica Covid-19, comprese le spese relative al finanziamento del capitale circolante nelle PMI, come misura temporanea, ed ogni altro investimento, ivi incluso il capitale umano, e le altre spese necessarie a rafforzare le capacità di risposta alla crisi nei servizi di sanità pubblica e in ambito sociale.

 

Secondo la relazione tecnica, il comma 10 non comporta oneri a carico della finanza pubblica in quanto si limita a vincolare, per l'emergenza sanitaria, le risorse che si renderanno disponibili nell'ambito dei programmi comunitari 2014/2020. Chiarisce, inoltre, che la Commissione europea prevede la possibilità di utilizzare in via prioritaria le quote di prefinanziamento relative all'annualità 2020, ma anche le residue risorse non ancora oggetto di certificazione a Bruxelles, relativamente ai programmi SIE 2014-2020, per sostenere spese nel settore sanitario, di supporto al capitale circolante delle PMI e ai regimi di lavoro determinato necessarie a fronteggiare l'attuale situazione di crisi. Tali risorse potranno essere utilizzate nell'ambito di ciascun programma operativo a seguito delle modifiche ai regolamenti comunitari attualmente vigenti e a seguito della riprogrammazione dei medesimi programmi.

 

Il comma 11 rende possibile l'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio 2020.


Articolo 127
(Entrata in vigore)

 

L'articolo 127 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 17 marzo 2020.

 

 

Per quanto concerne il novero dei provvedimenti adottati per fronteggiare l'emergenza in atto, si veda la pagina internet, sul sito del Governo, Coronavirus, le misure adottate dal Governo. Si veda anche la pagina Normativa emergenza Coronavirus sul sito internet del Dipartimento della protezione civile.

 



[1]     La misura della commissione “una tantum” è variabile in funzione della tipologia di operazione finanziaria garantita, della dimensione e della localizzazione del soggetto beneficiario finale ed è calcolata in percentuale sull’importo oggetto della garanzia diretta secondo quanto indicato in una apposita Tabella contenuta nelle D.O.

[2]     Si rinvia al D.M. 23 marzo 2016, che fissa i criteri e le modalità per l'accesso semplificato all'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese in favore di PMI innovative.

[3]     Il D.L. n. 69/2013 ha poi consentito che al Fondo possano affluire, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità fissate con decreto ministeriale, contributi su base volontaria per essere destinati alla micro imprenditorialità (D.M. 24 dicembre 2014 e ss. mod. e int.).

[4]     Questo infatti prevede che le regioni e le province autonome, mediante la stipula di accordi sottoscritti con il MISE ed il MEF, contribuiscono al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. A tal fine, nell'ambito del Fondo, il D.M. dispone l’istituzione di 21 sezioni speciali, una per ciascuna regione e provincia autonoma, con contabilità separata, attivabili tramite gli accordi di cui sopra. Gli accordi individuano, tra l’altro, per ciascuna sezione speciale, le percentuali integrative di copertura degli interventi di garanzia e l'ammontare delle risorse regionali destinate ad integrare il Fondo, con una dotazione minima di 5 milioni di euro. Le imprese aventi sede operativa in ciascuna regione o provincia autonoma possono avvalersi della garanzia sulle risorse della sezione speciale regionale secondo le modalità previste dagli accordi.

[5]     “Tranched cover” è l’operazione di cartolarizzazione sintetica nella quale la componente di rischio che sopporta le prime perdite del portafoglio di finanziamenti è isolata attraverso forme di protezione del credito di tipo personale o attraverso cash collateral.

[6]     l’estensione alle imprese cd. MID CAP è stata operata dalla legge di stabilità 2015. L’efficacia di tale estensione è stata sospesa - fino al 31 dicembre 2015 - dal D.L. n. 192/2014 (articolo 3-bis). Dopo l’approvazione del metodo di calcolo di tale tipologia di aiuto a favore delle imprese MID CAP da parte della Commissione europea[6], nel maggio 2016, la misura è entrata per esse in operatività.

[7]     D.Lgs. n. 141/2010, recante “Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”.

[8]     Nella XVII legislatura è stata avviata una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell'accesso al Fondo, simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring e dunque per una rimodulazione delle percentuali di garanzia del Fondo in funzione della rischiosità del prenditore e della durata e tipologia di operazione finanziaria (D.M. 29 settembre 2015, il D.M. 7 dicembre 2016, il D.M. 6 marzo 2017 e il D.M. 21 dicembre 2017). L'iter di riforma è proseguito e si è concluso nel corso dell'attuale legislatura. La riforma è entrata in piena operatività dal 15 marzo 2019. Da tale data, sono divenute efficaci le nuove Disposizioni operative che danno attuazione alla riforma del Fondo di garanzia, approvate con D.M. 12 febbraio 2019.

      Tra le principali novità si segnala la ridefinizione delle modalità d'intervento che vengono articolate in garanzia diretta, riassicurazione e controgaranzia, l'applicazione all'intera operatività del Fondo del sopra citato modello di valutazione, basato sulla probabilità di inadempimento delle imprese beneficiarie, la riorganizzazione delle misure di copertura e di importo massimo garantito, l'introduzione delle operazioni a rischio tripartito.

[9]     Come evidenzia la Comunicazione della Banca d’Italia del 3 agosto 2009, in base al D.M. 25 marzo 2009, la garanzia dello Stato assiste tutti gli interventi del Fondo a fronte di “finanziamenti” erogati da banche e altri  intermediari, per l’intero ammontare degli interventi concessi dal Fondo determinato secondo la relativa disciplina e ridotto soltanto di eventuali pagamenti parziali effettuati, anche a titolo di acconto, dal Fondo stesso; in tale ambito, l’esposizione coperta dal Fondo risulta interamente protetta dalla controgaranzia dello Stato.

[10]   Tale disposizione aveva istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo con una dotazione di 1000 milioni di euro per l'anno 2014 finalizzato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.

[11] Di cui all’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (TUB).

[12] Il Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese (PMI) è stato istituito nel 1996 al fine di favorire l'accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari (articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996).

[13] Le percentuali di copertura e l'importo massimo garantito a valere sul Fondo sono, di norma, fissate in relazione alla tipologia dei beneficiari e alla tipologia e durata delle operazioni finanziarie. Durante le fasi istruttorie per la concessione dell'intervento, le disposizioni operative recano specifici criteri, adottando un modello di valutazione (modello di rating) in base al quale le percentuali di copertura siano accordate anche in base alla rischiosità dell'impresa beneficiaria finale.

[14]   Il Fondo si avvale di un conto di tesoreria (22044) sul quale risultano, al 31 dicembre 2017, giacenti risorse per circa 367 milioni e di altri conti correnti sui quali sono giacenti alla medesima data circa 45 milioni. Le disponibilità di tesoreria sono depositate sul conto n. 22044 che accoglie anche le somme depositate a valere sulla quota di Fondo crescita sostenibile.

[15]   Il D.L. n. 112 del 2008 ha abrogato la legge n. 394 del 1981 (ad eccezione dell’art. 2, commi 1 e 4 e di altri articoli) modificando l’ambito di operatività del Fondo.

[16]   Si rammenta in proposito che ai sensi dell'art. 69 del TUEL nei comuni con meno di 15.000 abitanti le funzioni di presidente del consiglio comunale sono svolte dal sindaco.

[17]   A titolo esemplificativo, lo scorso 9 marzo la giunta comunale di Bergamo, una delle città più duramente colpite dall'emergenza epidemiologica in corso, ha approvato linee guida in ordine allo svolgimento delle sedute di giunta comunale in videoconferenza.

[18]   Si veda per la puntuale indicazione delle tipologie di atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità l'articolo 3, comma 1, della legge n. 20 del 1994.

[19]  Il comma 1 prevede che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni) il periodo trascorso, in relazione al virus COVID-19, in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (cioè, in permanenza non coattiva, con controlli per la verifica delle condizioni di salute) sia equiparato al periodo di ricovero ospedaliero.

[20]   I capitoli su cui sono allocate le risorse del FUS sono i seguenti: 1390 – Osservatorio per lo spettacolo; 1391 – Consiglio nazionale dello spettacolo (ora, Consiglio superiore dello spettacolo) e interventi integrativi per i singoli settori; 6120 e 6620 – Commissioni per l'erogazione dei contributi; 6621 – Fondazioni lirico sinfoniche; 6622 – Attività musicali; 6623 –Attività teatrali di prosa; 6624 – Danza; 6626 – Attività teatrali di prosa svolte da soggetti privati; 8721 – Attività circensi e spettacolo viaggiante.

[21]   Sino al 2016 il FUS finanziava anche il settore cinematografico, per il quale, dal 2017, la L. 220/2016 ha istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.

[22]   In quella occasione, a seguito di contatti informali con il MIBACT si è appreso che la previsione di entrata in vigore anticipata era finalizzata a consentire l’impegno della somma indicata nel 2020, in applicazione dell’art. 34, co. 6-bis), lett. a), della L. 196/2009.

[23]   Per un bilancio del triennio 2016-2018 si veda qui.

[24]   Si ricorda che l'art. 19 del D.L.148/2017 (L. 172/2017), novellando gli artt. 15-bis e 180 della L. 633/1941 e gli artt. 8 e 20 del d.lgs. 35/2017, ha esteso a tutti gli organismi di gestione collettiva stabiliti in Italia la possibilità di operare direttamente sul territorio italiano come intermediari per la gestione dei diritti d’autore, affiancandosi alla SIAE, che fino ad allora operava in regime di esclusiva.

[25]   Secondo l'art. 2 del d.lgs. 35/2017 - attuativo della direttiva 2014/26/UE - per «organismo di gestione collettiva» si intende un soggetto, ivi compresa SIAE, che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d'autore o diritti connessi ai diritti d'autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi, e che soddisfi uno o entrambi i seguenti requisiti: a) è detenuto o controllato dai propri membri; b) non persegue fini di lucro.

[26] In deroga, in particolare, alle disposizioni di cui agli artt. 4 e 22 del d.lgs. 148 del 2015.

[27]    Cfr. infra.

[28]  Per la disciplina del Reddito di cittadinanza, cfr. il Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[29]   Cfr. l’articolo 7 del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 luglio 2004, n. 186.

[30]   Qui la pagina dedicata del sito del MUR.

[31]   Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 della L. 243/1991, lo Stato può concedere contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale (qui la pagina dedicata del sito del MUR). In base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli per il triennio 2020-2022, le risorse per i contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti sono allocate sul cap. 1692 dello stato di previsione dell’allora MIUR.

A sua volta, il DM 8 febbraio 2008, n. 44 ha disposto che gli enti privati di ricerca possono fruire dei contributi per il funzionamento previo inserimento in un apposito elenco avente efficacia triennale. Da ultimo, con D.I. 1133 del 10 dicembre 2019 è stata istituita la tabella relativa al triennio 2017-2019. In base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli per il triennio 2020-2022, le risorse per i contributi per il funzionamento degli enti privati di ricerca sono allocate sul cap. 1679/pg. 01 dello stato di previsione dell’allora MIUR.

[32]   In base al d.lgs. 218/2016, gli enti vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca sono: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

Sempre in base al medesimo d.lgs., i 6 enti pubblici di ricerca vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

[33]   Dal 1989 l’ISTAT svolge un ruolo di indirizzo, coordinamento, assistenza tecnica e formazione all’interno del Sistema statistico nazionale. Gli organi di governo sono il Presidente e il Consiglio. Il Presidente dell’Istituto nazionale di statistica è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. È scelto fra i professori ordinari di materie statistiche, economiche e affini; la sua carica dura quattro anni e può essere rinnovata una sola volta. L'attuale presidente è in carica dal 4 febbraio 2019 (prof. Gian Carlo Blangiardo).

[34]   Gli altri tre sono designati: uno dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, uno da Confindustria ed uno è espressione della comunità scientifica di riferimento.

[35]   I nominativi proposti possono essere utilizzati entro due anni dalla formulazione della proposta.

[36]   Il terzo consigliere è scelto direttamente dalla comunità scientifica o disciplinare di riferimento sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti.

[37]   Gli altri due componenti sono scelti direttamente dalla comunità scientifica o disciplinare di riferimento sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti, fatto salvo quanto disposto all'art. 9.

[38]   In argomento si veda anche la nota 5 marzo 2020, prot. 6932, emanata a seguito del precedente DPCM 4 marzo 2020 e indirizzata dal Ministro dell’università e della ricerca ai rettori e ai direttori delle università, nonché ai presidenti e ai direttori delle Istituzioni AFAM.

[39]   A titolo esemplificativo, si veda il regolamento temporaneo per lo svolgimento delle sedute collegiali in modalità telematica dell’Università di Pisa.

[40]   Con decreto ministeriale si possono motivatamente determinare variazioni in aumento o in diminuzione delle 25 ore per singole classi, entro il limite del 20%.

[41]   In base al co. 6, l'opzione per l'uno o l'altro regime è esercitata su domanda dell'interessato all'atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio dall'uno all'altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio dell'a.a. dal quale far decorrere l'opzione e comporta l'obbligo di mantenere il regime prescelto per almeno un a.a.

[42]   Art. 14 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014), che ha riferito tale aumento anche alle abilitazioni conseguite nelle tornate 2012 e 2013.

[43]   L’art. 6, co. 1, del D.L. 91/2018 (L. 18/2018) ha prorogato (dal 6 agosto 2018) al 31 ottobre 2018 il termine per la conclusione dei lavori delle Commissioni per la valutazione delle domande presentate nel V quadrimestre di quella tornata.

[44]   Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.

[45]   Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del regolamento recante gli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, di cui al D.M. 9 maggio 2018, n. 58. Secondo il medesimo comma 2, il tirocinio è espletato non prima del quinto anno di corso e purché siano stati sostenuti positivamente tutti gli esami fondamentali relativi ai primi quattro anni di corso (previsti dall'ordinamento della sede dell'università).

[46]    Tale precedente disciplina è posta dal regolamento di cui al D.M. 19 ottobre 2001, n. 445. I termini di decorrenza della successiva disciplina regolamentare (di cui al citato D.M. n. 58 del 2018) sono stati differiti nei termini sopra ricordati dall’articolo 12, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60.

[47]    Cfr., in merito, il citato D.M. n. 445 del 2001.

[48]    La procedura è prevista dall’articolo 11, comma 1, della L. 19 novembre 1990, n. 341. Secondo tale comma, qualora il Ministro non si pronunci entro 180 giorni dal ricevimento, il regolamento si intende approvato.

[49]    Cfr, in merito, il comma 2 del citato articolo 11 della L. n. 341.

[50]   Entrambe le modalità, secondo la suddetta circolare, possono essere integrate con un colloquio, ove la Commissione, in accordo con gli ordini professionali o le associazioni di categoria, lo ritenga necessario.

[51]   Cfr. la disciplina di cui al D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, "Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania".

[52]   Si ricorda che in base all’articolo 141 del TUEL, i consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:

-       quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

-       quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per: 1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia; 2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia; 3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia; 4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

-       quando non sia approvato nei termini il bilancio;

-       nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi.

[53]   Inoltre, le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie, alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l'esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata, ai contributi destinati al rimborso dei prestiti e all'utilizzo dell'avanzo di competenza di parte corrente, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai fini del rispetto del principio dell'integrità.

[54]   Si tratta delle seguenti: a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui; b) i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio; c) le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

[55]   Si tratta di una sanzione amministrativa di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, che peraltro fa salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da altre norme vigenti.

[56]   Detta commissione è stata istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

[57]   Fonte: Sose, "Questionario unico per le Province e Città Metropolitane".

[58]   Si tratta delle seguenti: a) l'istituzione di nuove tipologie di bilancio, per l'iscrizione di entrate derivanti da assegnazioni vincolate a scopi specifici nonché per l'iscrizione delle relative spese, quando queste siano tassativamente regolate dalla legislazione in vigore;

      b) variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi riguardanti l'utilizzo di risorse comunitarie e vincolate, nel rispetto della finalità della spesa definita nel provvedimento di assegnazione delle risorse, o qualora le variazioni siano necessarie per l'attuazione di interventi previsti da intese istituzionali di programma o da altri strumenti di programmazione negoziata;

      c) variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi limitatamente alle spese per il personale, conseguenti a provvedimenti di trasferimento del personale all'interno dell'amministrazione;

      d) variazioni compensative tra le dotazioni di cassa delle missioni e dei programmi di diverse missioni;

      e) variazioni riguardanti il fondo pluriennale vincolato;

      f) le variazioni riguardanti l'utilizzo del fondo di riserva per le spese impreviste;

      g) le variazioni necessarie per l'utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione riguardante i residui perenti;

      g-bis) le variazioni che, al fine di ridurre il ricorso a nuovo debito, destinano alla copertura degli investimenti già stanziati in bilancio e finanziati da debito i maggiori accertamenti di entrate del titolo 1 e del titolo 3 rispetto agli stanziamenti di bilancio.

[59]   L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012 che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale (per i quali il termine è di 60 giorni).

[60]   La finalità è quella di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti in relazione:

      a) agli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (art.3, comma 1, lett. a));

      b) alle mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (art.3, comma 1, lett. b)).

[61]   Nel caso di enti locali che non hanno destinato nell'anno 2016 risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa per via del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l'ammontare complessivo delle risorse per il salario accessorio non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell'anno 2016.

[62] DD.P.C.M. 25 febbraio 2020, 1° marzo 2020, 4 marzo 2020 e 8 marzo 2020.

[63]   Comuni: 1) nella Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D'Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini; 2) nella Regione Veneto: Vo'.

[64]   I servizi educativi per l'infanzia sono articolati in:

      a) nidi e micronidi che accolgono le bambine e i bambini tra tre e trentasei mesi di età;

      b) sezioni primavera, che accolgono bambine e bambini tra ventiquattro e trentasei mesi di età e sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l'infanzia;

      c) servizi integrativi quali: spazi gioco; centri per bambini e famiglie; servizi educativi in        contesto domiciliare.

[65]   Regioni: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto; Province: Pesaro e Urbino; Savona.

[66]   Si tratta della certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attività di diagnosi attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, della documentazione relativa alla procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche e all'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato.