Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento
Riferimenti: AC N.2302/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 245/1
Data: 17/01/2020
Organi della Camera: Assemblea


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Misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento

17 gennaio 2020
Progetti di legge


Indice

Contenuto|Unione bancaria|


Contenuto

Sintesi

Il provvedimento in esame disciplina una complessa operazione finanziaria, ai sensi della quale:

  • sono attribuiti a Invitalia uno o più contributi in conto capitale, fino a 900 milioni di euro nel 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale della società Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale - MCC;
  • l'operazione è volta a consentire a MCC la promozione di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, anche mediante l'acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie;
  • a seguito di tali operazioni realizzate da MCC, viene prevista la possibilità di scindere MCC e costituire una nuova società, a cui sono assegnate le menzionate attività e partecipazioni acquisite da banche e società finanziarie. Le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della società così costituita sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell'Economia e delle Finanze.

 

Secondo quanto evidenziato dal Governo nel comunicato stampa del 13 dicembre 2019, le misure del provvedimento in esame si inseriscono nell'azione di rilancio della Banca Popolare di Bari (BPB). Sulla situazione economica e patrimoniale della BPB e le iniziative delle autorità di vigilanza si rinvia all'approfondimento in calce al presente dossier.

Contenuto del provvedimento
Articolo 1
L'articolo 1, comma 1 dispone che, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, siano assegnati in favore di Invitalia (Agenzia Nazionale per l'attrazione investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.) uno o più contributi in conto capitale, fino all'importo complessivo massimo di 900 milioni di euro per l'anno 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale, mediante versamenti in conto capitale, a favore della società Banca del Mezzogiorno - Mediocredito Centrale S.p.A. (MCC).
Lo scopo dell'operazione è che Banca del Mezzogiorno – MCC promuova, secondo logiche, criteri e condizioni di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese e, secondo quanto specificato in sede referente, dell'occupazione, nel Mezzogiorno, da realizzarsi con operazioni finanziarie, anche mediante il ricorso all'acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie, di norma società per azioni, e nella prospettiva di ulteriori possibili operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni.

Invitalia

L' Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l'Agenzia, posta la sua missione istituzionale (cfr. infra), è ente strumentale del MISE.
L'Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia disposto dalla legge finanziaria ( art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296- finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa- Invitalia, ha subito una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.
La missione di Invitalia consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie. In particolare l'Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d'impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).
Invitalia, nell'assemblea straordinaria del 7 giugno 2017, ha deliberato le modifiche alle disposizioni statutarie che la qualificano come società in house (cfr. delibera n. 484 del 30 maggio 2018 dell'ANAC con la quale l'Agenzia è stata riconosciuta come soggetto " in house" di tutte le amministrazioni centrali dello Stato in linea con quanto previsto dall'art. 192 del Codice dei contratti ( D.Lgs. n. 50 del 2016). Si rinvia all'ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito su Invitalia, di novembre 2018. Tra le società controllate da Invitlia (il cui elenco è disponibile sul sito istituzionale dell'Agenzia), vi è la Banca del Mezzogiorno SpA-Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%.

Mediocredito centrale- Banca del Mezzogiorno

 Si ricorda che il Mediocredito centrale è stato istituito come ente di diritto pubblico dalla legge 25 luglio 1952, n. 949 (provvedimenti per lo sviluppo dell'economia e l'incremento dell'occupazione) con la denominazione iniziale di Istituto centrale di credito a medio termine alle medie e piccole imprese-Mediocredito. Il compito inizialmente attribuitogli è stato quello di finanziare a tasso agevolato gli istituti regionali di mediocredito e gli altri istituti di credito a medio lungo termine designati dal Tesoro, per operazioni di credito a favore delle medie e piccole imprese industriali e commerciali. La legge 26 novembre 1993 n. 489 ha imposto la trasformazione in società per azioni del Mediocredito centrale, in linea con quanto previsto dalle riforme legislative per la generalità degli istituti di credito di diritto pubblico. Successivamente Mediocredito centrale ha acquisito nel 1999 dal Tesoro il 62,84% del Banco di Sicilia; è stato a sua volta ceduto (al 100%) dal Tesoro alla Banca di Roma e dal 1° ottobre 2007 è entrato a far parte del gruppo bancario Unicredit, specializzandosi nei finanziamenti a medio-lungo termine.
La legge 25 giugno 2008, n. 112, per assicurare la presenza nelle regioni meridionali d'Italia di un istituto bancario in grado di sostenere lo sviluppo economico e di favorirne la crescita, ha costituito la società per azioni Banca del Mezzogiorno e con  la legge finanziaria per il 2010 ( legge n. 191 del 2009, articolo 2, commi da 161 a 177) è stato definito l'insieme di disposizioni dirette ad aumentare la capacità di offerta del sistema bancario e finanziario delle regioni del Mezzogiorno e a sostenere le iniziative imprenditoriali canalizzando il risparmio privato in quelle regioni. La Banca d'Italia ha rilasciato nel maggio del 2010 a Poste Italiane, socio fondatore della Banca del Mezzogiorno, l'autorizzazione all'acquisto del Medio Credito Centrale (MCC), individuato come nucleo portante per dare attuazione alla realizzazione della Banca del Mezzogiorno.
L'acquisizione di MCC è stata perfezionata nel mese di agosto 2011 e la Banca ha assunto la denominazione di Banca del Mezzogiorno – Medio Credito Centrale, con il compito di operare a supporto della piccola e media impresa del Sud con diversi strumenti creditizi: il credito industriale, il credito agevolato e la gestione di fondi di garanzia regionali, nazionali ed europei.
Il 7 agosto 2017 Poste Italiane e Invitalia S.p.A. hanno perfezionato la cessione per 390 milioni di euro a Invitalia S.p.A. della partecipazione pari al 100% del capitale sociale della Banca detenuto da Poste Italiane.
Attualmente le operazioni dell'Istituto sono rivolte principalmente al finanziamento delle piccole e medie imprese in prevalenza nel Mezzogiorno; alla promozione e al sostegno di interventi strutturali; ad attività di finanza complementare agli incentivi pubblici per le imprese.
Oltre all'attività creditizia rivolta alle imprese, Mediocredito Centrale gestisce:
  • il Fondo di garanzia rivolto alle piccole e medie imprese e ai professionisti che hanno difficoltà a ottenere finanziamenti bancari;
  • il Fondo per la crescita sostenibile, destinato a progetti di R&S strategici per il rafforzamento della competitività del Paese;
Per una panoramica di dettaglio sulla Banca del Mezzogiorno – Medio Credito Centrale e sulle sue funzioni si rinvia al sito del gruppo https://www.mcc.it/.

 

Nel corso dell'esame in sede referente è stato aggiunto il nuovo comma 1-bis, che impone alla Banca del Mezzogiorno, ovvero alla società da costituire (di cui a comma 2), di riferire su base quadrimestrale alle Commissioni competenti per materia di Camera e Senato sull'andamento delle operazioni finanziarie effettuate, anche con riferimento ai profili finanziari, e sugli andamenti dei livelli occupazionali, nonché di presentare altresì alle Camere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, a partire dal 2021, una relazione annuale sulle operazioni finanziarie realizzate nel corso dell'anno precedente. Al momento dell'eventuale costituzione della società, il Ministero dell'Economia e delle Finanze riferisce al Parlamento sulle scelte operate, le azioni conseguenti e i programmi previsti.

Il comma 2 dell'articolo 1 prevede che, a seguito delle operazioni realizzate dalla MCC in attuazione delle predette norme, con decreto del Ministro dell'economia delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, possa essere disposta la scissione di Banca del Mezzogiorno - Mediocredito Centrale S.p.A. e la costituzione di una nuova società, alla quale sono assegnate le attività e partecipazioni acquisite da banche e società finanziarie ai sensi del comma 1.  Le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della società così costituita sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell'Economia e delle Finanze.

 

Il comma 3 esclude l'applicazione a tale nuova società del Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. n. 175 del 2016; prevede inoltre che la nomina del relativo consiglio di amministrazione sia affidata al Ministro dell'economia delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico.

Il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 ha riassunto in un quadro organico le numerose disposizioni vigenti in materia di società a partecipazione pubblica, ridisegnandone la disciplina con la finalità di ridurre e razionalizzare il fenomeno delle società a partecipazione pubblica, avendo anche riguardo ad una efficiente gestione delle partecipazioni medesime ed al contenimento della spesa pubblica.
In particolare, l'articolo 4 fissa il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire, anche indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Nei limiti di tale principio, lo stesso articolo 4 elenca le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche; c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti; e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.
L'articolo 4, inoltre, attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di Regione e Province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti (interesse pubblico o agevolazione della quotazione in borsa), la facoltà di deliberare l'esclusione (totale o parziale) dell'applicazione delle disposizioni del testo unico a specifiche società a partecipazione pubblica. I provvedimenti eventualmente assunti sono trasmessi alle Camere.
Si rammenta che siffatta esclusione è stata disposta dall' articolo 37, comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2019 con riferimento alla NewCo Nuova Alitalia, contestualmente all'autorizzazione conferita al MEF a sottoscrivere quote del relativo capitale, entro specifici limiti indicati ex lege.
Per ulteriori informazioni si rinvia al sito della documentazione parlamentare.

Nel corso dell'esame in sede referente è stato specificato che resta ferma la disciplina in materia di requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia prevista dal Testo unico bancario (TUB,D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385) per gli amministratori.

Si ricorda che l'articolo 26 del TUB prevede che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche devono essere idonei allo svolgimento dell'incarico e possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all'efficace espletamento dell'incarico, in modo da garantire la sana e prudente gestione della banca. Il comma 3 prevede che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (non emanato) individui:
  1. i requisiti di onorabilità omogenei per tutti gli esponenti aziendali;
  2. i requisiti di professionalità e indipendenza, graduati secondo principi di proporzionalità;
  3. i criteri di competenza, coerenti con la carica da ricoprire e con le caratteristiche della banca, e di adeguata composizione dell'organo;
  4. i criteri di correttezza, con riguardo, tra l'altro, alle relazioni d'affari dell'esponente, alle condotte tenute nei confronti delle autorità di vigilanza e alle sanzioni o misure correttive da queste irrogate, a provvedimenti restrittivi inerenti ad attività professionali svolte, nonché a ogni altro elemento suscettibile di incidere sulla correttezza dell'esponente;
  5. i limiti al cumulo di incarichi per gli esponenti delle banche, graduati secondo principi di proporzionalità e tenendo conto delle dimensioni dell'intermediario;
  6. le cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata.
  7. ai sensi del comma 4, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere determinati i casi in cui requisiti e criteri di idoneità si applicano anche ai responsabili delle principali funzioni aziendali nelle banche di maggiore rilevanza.
Gli organi di amministrazione e controllo delle banche valutano l'idoneità dei propri componenti e l'adeguatezza complessiva dell'organo, documentando il processo di analisi e motivando opportunamente l'esito della valutazione. In caso di specifiche e limitate carenze riferite ai criteri di competenza e adeguata composizione dell'organo, i medesimi organi possono adottare misure necessarie a colmarle. In ogni altro caso il difetto di idoneità o la violazione dei limiti al cumulo degli incarichi determina la decadenza dall'ufficio; questa è pronunciata dall'organo di appartenenza entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto o della violazione sopravvenuti. Per i soggetti che non sono componenti di un organo la valutazione e la pronuncia della decadenza sono effettuate dall'organo che li ha nominati.
La Banca d'Italia, secondo modalità e tempi da essa stabiliti, anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sulle banche, valuta l'idoneità degli esponenti e il rispetto dei limiti al cumulo degli incarichi, anche sulla base dell'analisi compiuta e delle eventuali misure adottate. In caso di difetto o violazione pronuncia la decadenza dalla carica.

Il comma 4 esenta da ogni imposta tutti gli atti e le operazioni poste in essere per l'operazione disciplinata dall'articolo in esame.

 

Il comma 5 consente di riversare, previa quantificazione da parte del MEF, le risorse stanziate per l'intervento e non effettivamente utilizzate al bilancio dello Stato, con successiva riassegnazione al capitolo di spesa di provenienza (per cui si veda al commento dell'articolo 2 del provvedimento).

La relazione illustrativa del Governo, in ragione dell'ampliamento del divario tra le regioni del Mezzogiorno e il resto d'Italia, a seguito della crisi economico-finanziaria, nonché delle relative ripercussioni sull'economia reale e sul tessuto imprenditoriale (prevalentemente finanziato dal canale bancario), afferma che l'intervento in esame intende contribuire al superamento degli ostacoli strutturali del Mezzogiorno e a ridurre il predetto divario di sviluppo economico. Si afferma inoltre che l'urgenza dell'intervento è giustificata dalle recenti evoluzioni e situazioni di crisi.

Al riguardo, il comunicato stampa relativo al consiglio dei Ministri del 13 dicembre 2019, nel corso quale è stato varato il provvedimento in esame, ha annunciato che in base al decreto verrà disposto un aumento di capitale che consentirà a MCC, insieme con il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) e ad eventuali altri investitori, di partecipare al rilancio della Banca Popolare di Bari (BPB), che venerdì 13 dicembre è stata sottoposta alla procedura di Amministrazione Straordinaria da parte della Banca d'Italia.

Il Governo riferisce inoltre che gli amministratori straordinari della BPB stanno proseguendo le negoziazioni già avviate con il MCC e il FITD – Fondi Interbancario di Tutela dei Depositanti, per la stipula di un Accordo Quadro contenente, tra l'altro, le linee strategiche del piano industriale per il rilancio della banca, il recupero del suo equilibrio economico e patrimoniale, e l'assunzione da parte della stessa di un ruolo centrale nel finanziamento dell'economia del Mezzogiorno.

Al riguardo, nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione Finanze della Camera il 9 gennaio scorso, Mediocredito Centrale ha riferito che l'intervento pubblico è stato affiancato da un intervento privato: il FITD ha infatti disposto, il 31 dicembre 2019, un'iniezione di capitale di 310 milioni, con l'impegno ad un ulteriore intervento nel capitale della banca fino a un ammontare massimo complessivo di 700 milioni, ed ha affermato che il ruolo di MCC è di intervenire sottoscrivendo un aumento di capitale per un importo da determinare in funzione di un rendimento di mercato del capitale investito. E' stato inoltre chiarito che entrambi gli interventi – FITD e MCC – saranno basati su un piano industriale prodotto dalla banca e condiviso con le altre parti, da cui risulti un fabbisogno patrimoniale effettivo, necessario al rilancio concreto della banca, determinato all'esito di un processo di due diligence a cui partecipano le parti interessate anche con riferimento alle risultanze rivenienti dalle passate gestioni.

Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi
Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) è un consorzio di diritto privato, costituito nel 1987 su base volontaria e divenuto successivamente obbligatorio. Il principio dell'adesione obbligatoria a un sistema di garanzia dei depositanti riconosciuto in Italia è stato introdotto nel 1996, a seguito dell'attuazione della prima direttiva (94/19/UEE) sui sistemi di garanzia dei depositi. Tale principio è stato confermato dal decreto legislativo n. 30 del 15 febbraio 2016, con il quale è stata recepita la nuova direttiva 2014/49/UE (DGSD - deposit guarantee scheme directive), che ha innovato e ampliato la disciplina contenuta nella predetta direttiva, ispirandosi a principi di massima armonizzazione. Attualmente aderiscono al FITD tutte le banche italiane, ad eccezione di quelle di credito cooperativo, nonché le succursali di banche extracomunitarie autorizzate in Italia, salvo che non partecipino a un sistema di garanzia estero equivalente. Possono, altresì, aderire al FITD le succursali italiane di banche comunitarie, al fine di integrare la garanzia offerta dal sistema di garanzia del Paese di origine.
Scopo del FITD è di garantire i depositanti delle banche consorziate, che forniscono le risorse finanziarie necessarie al suo perseguimento.
Tale finalità istituzionale si realizza attraverso varie forme di intervento del Fondo nei confronti di banche consorziate sottoposte a procedure di liquidazione coatta amministrativa e di risoluzione, nonché mediante interventi alternativi volti a superare lo stato di dissesto o di rischio di dissesto delle consorziate.
L'articolo 96-bis del Testo Unico Bancario affida ai sistemi di garanzia i seguenti compiti:
  1. effettuazione di rimborsi nei casi di liquidazione coatta amministrativa;
  2. finanziamento della risoluzione delle banche secondo le modalità e nei limiti previsti di legge (del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180);
  3. se previsto dallo statuto, possono intervenire in operazioni di cessione di attività, passività, aziende, rami d'azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, se il costo dell'intervento non supera il costo che il sistema, secondo quanto ragionevolmente prevedibile in base alle informazioni disponibili al momento dell'intervento, dovrebbe sostenere per il rimborso dei depositi;
  4. se previsto dallo statuto, possono effettuare interventi nei confronti di banche per superare lo stato di dissesto o di rischio di dissesto.
La disciplina di dettaglio dei predetti interventi è demandata allo statuto; il TUB reca inoltre le specifiche condizioni alle quali il sistema di garanzia dei depositanti può intervenire per superare lo stato di dissesto o di rischio di dissesto, chiarendo altresì che le banche aderenti devono fornire senza indugio, anche a titolo di contributi straordinari, risorse pari a quelle utilizzate per l'intervento di superamento del dissesto. Lo statuto del FITD prevede tali interventi.
La Banca d'Italia, ai sensi dell'art. 96- ter del D.Lgs. 385/1993, esercita specifici poteri di vigilanza nei confronti dei sistemi di garanzia dei depositanti.

Al riguardo si ricorda che la Banca Popolare di Bari risulta nella lista delle cd. less significant institutions della BCE e dunque, per le sue caratteristiche dimensionali e strutturali, non è direttamente vigilata dalla Banca Centrale Europea ma dall'Autorità Nazionale, ovvero dalla Banca d'Italia.Si rammenta in questa sede che i menzionati interventi pubblici di sostegno a singoli istituti bancari si sono svolti previa interlocuzione e autorizzazione, dell'Unione Europea ai sensi della disciplina degli aiuti di stato al settore bancario.

Unione bancaria
Si ricorda che nel 2013 (con operatività dal novembre 2014) è stato costituito il Meccanismo di Vigilanza Unico ( Single Supervisory Mechanism) per effetto del quale le banche significative dei Paesi dell'area euro ricadono direttamente sotto la vigilanza della Banca centrale europea (BCE), con il sostegno delle Banche centrali nazionali. Per contro, queste ultime restano direttamente responsabili per gli enti bancari meno significativi, sui quali la BCE esercita una vigilanza indiretta.
In base ai criteri in vigore, ricadono nella vigilanza diretta della BCE istituti che detengono più dell'80 per cento degli attivi bancari nell'area dell'euro. La significatività è identificata principalmente con riferimento alla consistenza delle attività detenute dalla singola banca (crediti, attività materiali, attività finanziarie, altri attivi) in assoluto o relativamente al PIL dello Stato membro.
Nel 2014, ad integrazione del Meccanismo di Vigilanza Unico, è stato istituito il Meccanismo di Risoluzione Unico ( Single Resolution Mechanism) che mira all'applicazione di procedure armonizzate di risoluzione delle crisi bancarie, volte a preservare, ove possibile, la continuità delle funzioni aziendali nonché a evitare possibili effetti di contagio e costi a carico dei contribuenti.
Insieme, i due "meccanismi" costituiscono i primi due pilastri della cd. Unione bancaria ( Banking Union), termine con cui viene identificato il processo di convergenza rafforzata che ha riguardato il settore bancario, sia dal punto di vista normativo che della vigilanza.
Il terzo pilastro dell'Unione bancaria è costituito dall'armonizzazione dei sistemi di garanzia dei depositi istituiti presso i Paesi membri. Tale regime armonizzato costituisce il prodromo di un vero e proprio sistema europeo di assicurazione dei depositi, la cui istituzione è stata proposta dalla Commissione europea ed è al momento in fase di discussione, che appare comunque estremamente complessa (vedi apposito paragrafo in questo dossier).

La non significatività ai fini della vigilanza, tuttavia, non esclude la rilevanza dell'operazione in esame ai fini della disciplina comunitaria; nel corso degli ultimi anni, infatti, sono stati numerosi gli interventi pubblici a sostegno di singoli istituti bancari, nel più generale quadro degli interventi volti a fronteggiare la crisi economico-finanziaria e a tutelare il sistema creditizio nazionale.

Si rinvia al box successivo per un riepilogo delle principali misure adottate nel tempo.

 

Interventi d'urgenza per fronteggiare le crisi bancarie
A seguito della sfavorevole congiuntura economica degli anni Duemila il legislatore ha varato, in più riprese, misure di urgenza per la tutela del sistema bancario nazionale, anche per fronteggiare situazioni di crisi relative a specifici istituti. In questa sede si ricordano i principali provvedimenti che hanno interessato i singoli istituti bancari, rinviando più in generale al tema web per una disamina completa degli interventi anticrisi.
Più in dettaglio:
  • il decreto-legge n. 183 del 2015, poi confluito nella legge di stabilità 2016 (commi 842-861 della legge n. 208 del 2015), ha inteso agevolare la risoluzione di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio di Chieti. La risoluzione consiste sostanzialmente nella ristrutturazione di una banca da parte di un'autorità pubblica a ciò preposta (autorità di risoluzione) mediante strumenti previsti dalle norme nazionali ed europee, per salvaguardare l'interesse pubblico, fra cui la prosecuzione delle funzioni essenziali della banca, la stabilità finanziaria e i costi minimi per i contribuenti. Tra gli strumenti di risoluzione figurano la costituzione della cd. banca-ponte, ovvero un'entità temporanea cui è ceduta una parte o la totalità delle attività, passività e/o azioni dell'istituto in crisi, ed il cd. bail-in, strumento che consente di addossare i costi della crisi agli azionisti e ai creditori della banca. Per ulteriori informazioni si rinvia alle pubblicazioni della Banca d'Italia al momento dell'emanazione dei predetti provvedimenti, nonché al focus dedicato alle procedure di risoluzione sul sito della documentazione parlamentare; nel giugno 2017 le quattro banche sono state cedute a UBI e BPER. Anche questo intervento si è svolto nell'alveo della normativa europea ed è avvenuto a carico del sistema bancario attraverso il Fondo di Risoluzione;
  • il decreto-legge n. 237 del 2016 ha concesso la garanzia dello Stato sulle passività delle banche e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità e ha consentito la sottoscrizione o l'acquisto, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di azioni di banche italiane che presentano esigenze di rafforzamento del proprio patrimonio, in relazione a una prova di stress (cd. stress test) effettuata dalle Autorità di vigilanza, basata su uno scenario avverso. Tra le condizioni per attivare la cd. ricapitalizzazione precauzionale sono state richieste la sottoposizione all'Autorità competente di un programma di rafforzamento patrimoniale e l'adozione di misure di riparto tra gli azionisti degli oneri di risanamento degli istituti bancari (cd. misure di burden sharing). In attuazione delle predette misure, con due decreti del MEF del 27 luglio 2017 sono stati adottati gli interventi di rafforzamento patrimoniale nei confronti di MPS - Monte dei Paschi di Siena; ad esito dei predetti interventi, il MEF attualmente detiene il 68,25% delle azioni MPS;
  • il decreto legge n. 99 del 2017 ha inteso facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio. Le misure adottate hanno consentito la vendita di parte delle attività delle due banche a un acquirente - Intesa Sanpaolo - e il trasferimento del relativo personale. Sono state concesse garanzie statali sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo ed è stato previsto, per i creditori subordinati delle banche, un meccanismo di ristoro analogo a quello stabilito per gli istituti posti in risoluzione nel novembre 2015, con prestazioni a carico del Fondo interbancario di tutela dei depositanti;
  • il decreto-legge n. 1 del 2019 ha introdotto misure di sostegno pubblico in favore di Banca Carige S.p.a. - Cassa di risparmio di Genova e Imperia, già posta in amministrazione straordinaria.  Il decreto-legge ha concesso la garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione della Banca Carige S.p.A. e sui finanziamenti alla stessa erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA); ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) a sottoscrivere o acquistare azioni della Banca Carige S.p.A., definendo le modalità di tali interventi; Successivamente, il decreto-legge cd. crescita ( decreto-legge n. 34 del 2019) ha esteso dal 30 giugno al 31 dicembre 2019 la concessione della garanzia dello Stato sulle nuove passività emesse da Banca Carige e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia al medesimo istituto. Secondo quanto emerge dalla lettera dei Commissari di Carige del 25 novembre scorso, al termine della gestione commissariale, l'azionista di controllo della banca è il FITD, con una quota compresa tra il 73% e l'82%. Secondo azionista è CCB con una quota del 9% ma con il diritto di acquistare tutte le azioni del FITD e di salire quindi ad una quota compresa tra l'82% e il 91%. Gli attuali azionisti sono destinati a detenere una quota compresa tra il 9% e il 19%.

 

La tutela dei risparmiatori
 Occorre ricordare che, accanto agli interventi di supporto agli istituti bancari, l'intervento pubblico nel settore ha previsto altresì forme di indennizzo dei risparmiatori degli istituti in crisi, progressivamente ampliando l'operatività degli strumenti predisposti in origine.
La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507 della legge n. 145 del 2019, come poi modificati dal decreto-legge n. 34 del 2019) ha istituito, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, e disciplinato il Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) per i risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata. L'indennizzo è commisurato al 30 per cento del costo di acquisto, mentre per gli obbligazionisti è commisurato al 95 per cento del costo di acquisto, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore. Con il decreto ministeriale del 10 maggio 2019, pubblicato in G.U. l'11 giugno u.s., sono state determinate le modalità di accesso al Fondo: inoltre dal 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale dell'8 agosto 2019, è attivo il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al FIR.
Il FIR ha sostituito il Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio 2018 (modificato dal decreto-legge "proroga termini", decreto-legge n. 91 del 2018), avente analoghe finalità.
Hanno accesso al FIR i risparmiatori, persone fisiche, imprenditori individuali, anche agricoli o coltivatori diretti, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le microimprese che occupano meno di dieci persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro, che siano in possesso delle azioni e delle obbligazioni subordinate delle banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, a causa delle numerose violazioni degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza. Sono dunque indennizzabili le azioni ed obbligazioni subordinate (per importi diversi) emesse dalle seguenti banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018: Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti, Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e le loro controllate.

Si rammenta in questa sede che i menzionati interventi pubblici di sostegno a singoli istituti bancari si sono svolti previa interlocuzione e autorizzazione, dell'Unione Europea ai sensi della disciplina degli aiuti di stato al settore bancario.

Aiuti di Stato al settore bancario: la comunicazione del 2013
Il 10 luglio 2013 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato in favore delle banche nel contesto della crisi finanziaria. La comunicazione, che ha modificato dal 1° agosto 2013 il quadro regolamentare introdotto con la precedente comunicazione del 6 dicembre 2011, ha introdotto numerose novità: prima di ricevere il sostegno pubblico, la banca deve presentare un piano di ristrutturazione; il sostegno pubblico deve essere preceduto dal contributo di azionisti e creditori junior; nella fase di ristrutturazione, la banca deve applicare rigorose politiche di remunerazione dei dirigenti.
La predetta comunicazione si basa sui seguenti principi:
  • le banche non possono ricevere misure di ricapitalizzazione o di tutela degli attivi senza autorizzazione preliminare di un piano di ristrutturazione da parte della Commissione europea;
  • in caso di carenza di capitale, azionisti e creditori subordinati sono tenuti, in prima soluzione, a condividere gli oneri della crisi prima di qualsiasi iniezione di denaro pubblico (cd. burden sharing);
  • le banche in crisi devono applicare politiche di remunerazione severe per gli organi apicali.

 

La Comunicazione reca specifiche indicazioni su presupposti, condizioni e procedure per l'aiuto pubblico agli istituti bancari, secondo il tipo di intervento disposto.
Con riferimento ai rapporti con l'Unione Europea, la comunicazione richiede che, non appena sia stata identificata una carenza di capitale che potrebbe determinare una richiesta di aiuti di Stato, siano applicate tutte le misure necessarie per ridurre al minimo i costi a carico delle finanze pubbliche e dunque, a tal fine, gli Stati membri sono invitati ad avviare contatti con la Commissione prima della notifica. Lo Stato membro deve dunque notificare un piano di ristrutturazione alla Commissione e ottenere l'approvazione degli aiuti di Stato prima di adottare qualsiasi misura di ricapitalizzazione o di sostegno a fronte di attività deteriorate.
In questa sede appare opportuno ricordare che, con riferimento ai regimi di ricapitalizzazione e di ristrutturazione degli enti creditizi di piccole dimensioni, nella Comunicazione del 2013 la  Commissione prende anzitutto atto che gli aiuti a favore delle piccole banche tendono a incidere sulla concorrenza in misura minore rispetto agli aiuti concessi a banche di dimensioni maggiori; per tale motivo, e onde assicurare un trattamento amministrativo proporzionato, ritiene opportuno prevedere una procedura più semplice per quanto riguarda le piccole banche, garantendo al tempo stesso che le distorsioni della concorrenza siano limitate al minimo. La Commissione è dunque disposta ad autorizzare regimi di ricapitalizzazione e di ristrutturazione degli enti di piccole dimensioni nel caso in cui:
  • tali regimi hanno una finalità chiara e sono limitati a un periodo di sei mesi;
  • rispettino i principi enunciati nelle comunicazioni legate alla crisi e, in particolare, i requisiti in materia di condivisione degli oneri.
L'applicazione di tali regimi deve inoltre essere limitata alle banche con un totale di bilancio non superiore a 100 milioni di euro. La somma dei bilanci delle banche che beneficiano di aiuti nel quadro del regime non deve superare l'1,5 % del totale degli attivi detenuti dalle banche nel mercato nazionale dello Stato membro interessato.

Si segnala che la  relazione illustrativa e il comunicato stampa del governo non specificano l'avvio di interlocuzioni con l'Unione europea ai sensi della predetta disciplina.

Al riguardo, si ricorda che nell'esprimere il proprio parere favorevole al provvedimento, la I Commissione ha invitato  la Commissione di merito a valutare l'opportunità di verificare il contenuto delle disposizioni recate dal provvedimento alla luce della disciplina europea sugli aiuti di stato al settore bancario. La XIV Commissione ha invitato la Commissione di merito a specificare che lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento da parte di MCC sia proposto nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato.

Articolo 2

L'articolo 2, comma 1 prevede che all'onere derivante dall'operazione in parola (di cui all'articolo 1), pari - come si è visto - a 900 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse, iscritte sul capitolo 7175 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinate alla partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali, come rifinanziate per il medesimo anno da ultimo con la Sezione II della legge di bilancio per il 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145).

 La citata legge di bilancio per il 2019, si ricorda, ha rifinanziato le risorse destinate agli oneri derivanti dalla partecipazione a banche e fondi internazionali, iscritte sul cap. 7175/MEF, di 1 miliardo di euro sia per il 2019 che per il 2020, con riferimento all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 170, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

Si rammenta che il rifinanziamento disposto per l'anno 2019 è stato utilizzato a parziale copertura degli oneri derivanti dalle operazioni di sottoscrizione di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale di Banca Carige e dalle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza a favore della medesima banca, dall'articolo 22 del D.L. n. 1/2019.

Il comma in esame pone dunque a carico del rifinanziamento di 1 miliardo per il 2020 disposto dalla legge di bilancio per il 2019 la copertura degli oneri derivanti dal contributo, autorizzato dall'articolo 1 nell'importo massimo di 900 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato al rafforzamento patrimoniale a favore della società Banca del Mezzogiorno - Mediocredito Centrale S.p.A. (MCC).

 Nel disegno di legge di bilancio per il 2020-2023 - come approvato dal Senato ed ora all'esame della Camera (A.C. 2305) - il capitolo 7175 del Ministero dell'economia e finanze reca una dotazione pari a 1,3 miliardi di euro per l'anno 2020.

Su tale capitolo, si segnala, la Sezione II del disegno di legge medesimo ha peraltro disposto un ulteriore rifinanziamento dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 170, della legge n. 228/2012, di 45 milioni sia per il 2020 che per il 2021.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 3

L'articolo 3 dispone che il decreto-legge entri in vigore il 17 dicembre 2019, giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta nella G.U. Serie Generale n. 294 del 16 dicembre 2019).

La situazione economica e patrimoniale della BPB e le iniziative delle autorità di vigilanza

In un approfondimento pubblicato il 16 dicembre u.s., la Banca d'Italia ha riassunto alcuni dati sulla situazione economica e patrimoniale della BPB e ha illustrato le principali attività di vigilanza che hanno riguardato la medesima banca.

 La BPB è caratterizzata da una quota di mercato significativa in Puglia, Basilicata e Abruzzo. I suoi clienti sono poco meno di 600.000, dei quali più di un sesto sono imprese, che rappresentano il 60 per cento degli impieghi dell'intermediario (circa 6 miliardi di euro). I depositi ammontano a 8 miliardi di euro, di cui 4,5 di valore unitario inferiore a 100.000 euro e, quindi, garantiti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD). Le azioni emesse da BPB sono ampiamente diffuse fra il pubblico dei risparmiatori: il numero dei soci è pari a circa 70.000, con una partecipazione media pari a 2.500 azioni, per la quale risulta complesso fornire una valutazione. Il prezzo unitario dei titoli (che per le banche popolari viene fissato dall'assemblea) è stato ridotto in occasione dell'approvazione del bilancio 2015 della banca da 9,53 a 7,5 euro. Tale scelta ha contribuito a determinare un significativo squilibrio fra le richieste di vendita e quelle di acquisto, costringendo a sospendere l'attività interna di incrocio degli ordini dei clienti che la banca offriva fra i suoi servizi esecutivi, anche al fine di mitigare il rischio di liquidità naturalmente connesso al possesso di azioni non negoziate su mercati regolamentati. Al 31 dicembre 2016 gli ordini di vendita riguardavano 38,9 milioni di azioni, pari a un quarto del capitale sociale. A partire dal 30 giugno 2017 le azioni della BPB sono state ammesse alla negoziazione sul sistema multilaterale Hi-MTF, dove si è riprodotta la situazione di sostanziale squilibrio fra gli ordini in acquisto e vendita, da cui è dipesa la conclusione di un ridotto numero di transazioni e una significativa riduzione del prezzo del titolo. L'ultimo contratto concluso il 22 novembre u.s. ha fatto registrare un prezzo pari a 2,38 euro.
 I documenti contabili della BPB mostrano elementi di debolezza sia patrimoniale che economica. I crediti deteriorati sono passati dal 12,6 per cento dei crediti in portafoglio, registrato nel 2011, al 27,7 per cento del 2015. Il dato al 30 giugno 2019, pur segnando una riduzione al 22,9 per cento, indica il permanere di elementi di criticità relativi alla qualità dei crediti erogati. Allo stesso tempo, dopo il 2014 la BPB ha registrato una redditività nulla o negativa. L'utile netto in rapporto ai mezzi propri della banca ( Return on equity, ROE) è stato pari a -31 per cento nel 2015, 0,7 per cento nel 2016, 0,2 per cento nel 2017, -63 per cento nel 2018 e -16 per cento a giugno 2019.  In ragione di tali andamenti, e in mancanza di sufficienti interventi in grado di aumentare il capitale stabile a disposizione della banca, i coefficienti patrimoniali hanno registrato una significativa e costante riduzione a partire dal dicembre 2014. In particolare, il patrimonio di migliore qualità, associato all'indicatore Common equity tier 1 (CET 1), è passato dall'11 per cento delle attività ponderate per il rischio al 6,2 per cento. Tale valore rappresenta uno dei principali indici di adeguatezza patrimoniale che, nella logica dell'approccio prudenziale alla vigilanza bancaria, deve permanere al di sopra di specifici livelli fissati dalle autorità per garantire la possibilità di assorbire le perdite in condizioni di continuità aziendale. Per contro, l'emersione di gravi perdite patrimoniali costituisce uno dei presupposti per lo scioglimento degli organi con funzioni amministrative e di controllo delle banche e la conseguente sottoposizione al regime di amministrazione straordinaria disciplinato dagli articoli 70 e 98 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, TUB).

 

Nel suo approfondimento la Banca d'Italia evidenzia che già nel 2010 la BPB è stata assoggettata ad accertamenti ispettivi conclusi con una valutazione parzialmente sfavorevole, a causa di carenze nell'organizzazione e nei controlli interni sul credito. Ad esito di tali accertamenti, la Banca d'Italia ha vietato alla BPB di espandere la propria attività e ha imposto un requisito patrimoniale specifico.

 Tali provvedimenti sono stati rimossi nel giugno 2014 in considerazione degli interventi posti in essere e delle relazioni fornite dal controllo interno. Nel luglio seguente, la Banca d'Italia ha autorizzato la BPB ad acquisire il controllo di Banca Tercas, nell'ambito di un intervento di salvataggio accompagnato da un contributo di 330 milioni da parte del FITD. Nella primavera del 2015 l'intervento del Fondo interbancario a favore della BPB è stato oggetto di contestazione da parte della Commissione europea per la sua presunta configurabilità come aiuto di Stato. Ciò ha determinato l'istituzione di uno "schema volontario" (una parte del FITD alimentato da contributi volontari), in quanto la Commissione ha assunto una posizione negativa rispetto all'utilizzo delle contribuzioni obbligatorie in interventi di sostegno e, per altro verso, ha sostenuto che operazioni effettuate dal FITD su base volontaria e con fondi privati, mediante uno schema costituito anche al suo interno, non avrebbero sollevato obiezioni sotto il profilo degli aiuti di Stato. La realizzazione dello schema volontario ha, tuttavia, dilatato i tempi di integrazione tra la BPB e Tercas. Nel 2019, peraltro, il Tribunale dell'Unione ha annullato la decisione della Commissione europea sugli aiuti a Banca Tercas anche se la controversia non è ancora conclusa, in quanto la Commissione europea ha deciso di ricorrere al giudizio d'appello.   

 Fra il 2014 e il 2015 la banca ha realizzato un'operazione di rafforzamento patrimoniale per complessivi 550 milioni, tra emissioni di nuove azioni (330 milioni) e collocamento di obbligazioni subordinate (220 milioni). L'aumento di capitale e la raccolta obbligazionaria sono state caratterizzate secondo la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) da violazioni delle regole di trasparenza dei comportamenti nella prestazione dei servizi di investimento verso i clienti della Banca. Sulla base di tali presupposti, la Consob ha irrogato alla BPB sanzioni amministrative per circa 2 milioni di euro.

 Il deterioramento dei rapporti con soci e clienti determinatosi in concomitanza dell'aumento di capitale e della riduzione del valore delle azioni si è tradotto anche nell'aumento del rischio legale della BPB. In base ai dati pubblicati nella relazione annuale per il 2018 dell'Arbitro per le controversie finanziarie, organismo di risoluzione extragiudiziale istituito presso la Consob, la BPB è risultata la società maggiormente chiamata in causa (12,95 per cento dei 1.824 ricorsi totali).

Nel dicembre 2016, per effetto delle Ordinanze del Consiglio di Stato che sospendono l'attuazione della riforma delle banche popolari, si interrompe il processo di trasformazione della BPB in società per azioni che avrebbe dovuto verificarsi in attuazione della riforma delle banche popolari approvata con il decreto legge n. 3 del 2015. Il termine per l'attuazione della riforma che prevede la trasformazione in società per azioni delle banche popolari caratterizzate da un attivo superiore agli 8 miliardi di euro è stato fissato al 31 dicembre 2020 dall'articolo 36, comma 1 del decreto legge n. 34 del 2019. Il termine era stato già oggetto di proroga, per effetto dapprima dell'articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 91 del 2018 che al termine di adeguamento precedentemente indicato (18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia il 9 giugno 2015, ai sensi dell'articolo 29 del TUB) aveva sostituito la data del 31 dicembre 2018. Con il decreto legge n. 119 del 2018 era stata in seguito disposta una ulteriore proroga, sostituendo la data del 31 dicembre 2018 con quella del 31 dicembre 2019.

 Secondo la Banca d'Italia, la mancata trasformazione della banca in società per azioni ha determinato il venire meno di una importante condizione per raccogliere capitale di rischio, dato che la raccolta di mezzi patrimoniali sul mercato è ostacolata dallo status di società cooperativa e dal principio del voto capitario.

Fra il 2016 e il 2018 la banca non è riuscita a concretizzare l'ingresso nella compagine sociale di investitori in grado di incrementare i mezzi propri. Nel frattempo si è registrata un'accelerazione del deterioramento della situazione aziendale: il primo semestre 2018 si è chiuso con una perdita consolidata di circa 140 milioni di euro e i coefficienti patrimoniali sono diminuiti al di sotto dei valori target fissati dall'autorità di vigilanza. Il peggioramento del portafoglio creditizio e la sostanziale stasi operativa hanno determinato la chiusura dell'esercizio 2018 con una perdita consolidata di 430 milioni di euro, con i coefficienti patrimoniali ridotti al di sotto della riserva di conservazione del capitale.

 All'inizio del 2019 sono emerse conflittualità tra Presidente dell'organo amministrativo e le componenti a lui riconducibili, da un lato, e l'Amministratore delegato, i componenti del Comitato di Controllo Interno e Rischi, il Presidente del Collegio sindacale, dall'altro. Secondo la Banca d'Italia si è determinato "un vero e proprio stallo gestionale".

 Nel secondo trimestre del 2019, a seguito dell'introduzione dell'incentivo fiscale previsto dal decreto legge n. 34 del 2019, la BPB ha intensificato i tentativi di aggregazione che tuttavia non si sono concretizzati. In particolare, l'articolo 44-bis del cosiddetto Decreto crescita ha introdotto alcune agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale compiute da società del mezzogiorno, da cui risultassero una o più imprese aventi, a loro volta, sede legale nel mezzogiorno. L'agevolazione consiste nella possibilità di trasferire al soggetto derivante dall'aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito di imposta, a fronte del pagamento di un canone annuo determinato applicando l'aliquota dell'1,5 per cento alla differenza tra le DTA e le imposte versate.

 Secondo quanto emerge dal documento, infine, il 18 giugno 2019 la Banca d'Italia ha avviato un nuovo accertamento ispettivo presso la capogruppo. I risultati, ufficializzati a dicembre, evidenziano gravi perdite patrimoniali che hanno portato i requisiti prudenziali di vigilanza al di sotto dei limiti regolamentari. Di conseguenza, il 13 dicembre la Banca d'Italia ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della BPB e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi degli articoli 70 e 98 del TUB.


Unione bancaria

L'Unione bancaria è un sistema di vigilanza e di risoluzione nel settore bancario a livello dell'UE. Attualmente, i sui due pilastri sono:

  1. il Meccanismo di vigilanza unico, che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" e indirettamente - per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito;
  2. il Meccanismo di risoluzione unico, che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui al risanamento degli istituti di credito concorrono, in primo luogo, gli azionisti, in secondo luogo gli obbligazionisti e infine i titolari di conti correnti oltre i 100.000 euro (cd. bail-in).

Il Meccanismo si compone dell'autorità centrale di risoluzione (il Comitato di risoluzione unico) e di un Fondo di risoluzione unico, interamente finanziato dal settore bancario europeo. Inoltre, la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES), sulla quale sono in corso i negoziati, prevede che il Meccanismo funga anche da backstop (garanzia) comune per il Fondo di risoluzione unico.

Ai citati pilastri, se ne dovrebbe aggiungere un terzo, costituito da un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (EDIS - proposta di regolamento della Commissione europea) - che non prevederebbe costi aggiuntivi per gli istituti di credito europei: infatti, le banche continuerebbero a finanziare il loro fondo nazionale che progressivamente, sulla base di successive tappe, confluirebbe, entro il 2024, nel fondo europeo di assicurazione dei depositi.

Si ricorda che sulla proposta continua a perdurare una fase di stallo nei negoziati (attualmente, i lavori sono portati avanti da un Gruppo di lavoro ad alto livello istituito a dicembre 2018), avendo alcuni Stati membri (tra cui la Germania) richiesto che l'approvazione del sistema comune di assicurazione dei depositi sia subordinata alla previa approvazione di misure di riduzione del rischio, tra cui l'introduzione di requisiti prudenziali sui titoli di Stato detenuti dalle banche. Tuttavia, in esito alla riunione dell'Eurogruppo del 4 dicembre 2019, il Ministro dell'economia e delle finanze Gualtieri ha segnalato, come elemento positivo, quello di aver concordato di proseguire la discussione in merito alla roadmap per il completamento dell'Unione bancaria senza però accogliere la richiesta, avanzata da alcuni Paesi membri, di modificare il trattamento prudenziale dei titoli di Stato.

In sostanza, a livello unionale, per completare l'Unione bancaria si sta lavorando parallelamente a misure di:

  • condivisione dei rischi nel settore bancario (il backstop comune per il Fondo di risoluzione unico e l'EDIS - Vedi supra).
  • riduzione dei rischi nel settore bancario: in particolare, è stata recentemente approvata la parte restante di un pacchetto di misure volto ad aumentare ulteriormente la resilienza delle banche e a rafforzare la stabilità finanziaria nell'UE e anche ad allineare le norme dell'Unione bancaria a diversi elementi concordati a livello internazionale.

Il pacchetto ha modificato diverse proposte legislative riguardanti i requisiti prudenziali delle banche (modifiche del regolamento (UE) n. 575/2013 - "CRR" e della direttiva 2014/36/UE - "CRD"), il risanamento e la risoluzione delle banche (modifiche della direttiva 2014/59/UE – "BRRD", contenute in due direttive distinte) e il regolamento (UE) n. 806/2014 ("SRMR").

Inoltre, si sta lavorando su un pacchetto di misure per accelerare la riduzione dei crediti deteriorati (non-performing loans) nel settore bancario, ovvero quei crediti erogati da soggetti bancari per i quali diviene meno probabile il recupero delle somme mutuate. In tale contesto, una proposta è stata già approvata: regolamento (UE) 2019/630 che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda la copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate.

Per il Governo italiano le misure di riduzione del rischio dovrebbero procedere in parallelo a quelle sulla condivisione del rischio.

Da ultimo, nella seduta dell'11 dicembre 2019, dedicata alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre, la Camera ha approvato, con il parere favorevole del Governo, la risoluzione 6-00091 Delrio, Francesco Silvestri, Boschi, Fornaro con la quale, con riferimento al completamento dell'Unione bancaria, si impegna in particolare il Governo a:

  • escludere interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche ed istituti finanziari e comunque la ponderazione dei rischi dei titoli di Stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale e escludere le disposizioni che prevedono una contribuzione degli istituti finanziari all'EDIS in base al rischio di portafoglio dei titoli di Stato;
  • proporre, nelle prossime tappe del negoziato sull'Unione bancaria, l'introduzione (a) dello schema di assicurazione comune dei depositi (EDIS), (b) di un titolo obbligazionario europeo sicuro (cosiddetto common safe asset - ad esempio eurobond) e (c) di una maggiore ponderazione di rischio delle attività di livello 2 e livello 3 (strumenti maggiormente illiquidi), che sia legata al loro grado di concentrazione sul totale degli attivi del singolo istituto di credito.