Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Cultura
Titolo: Misure di straordinaria necessità e urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti
Riferimenti: AC N.2222/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 229
Data: 05/11/2019
Organi della Camera: VII Cultura

Misure di straordinaria necessità e urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti

 

 

D.L. 126/2019 – A.C. 2222

 

 

 


 

 

 

 

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Progetti di legge n. 229

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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D19126

 


INDICE

 

Schede di lettura

§  Articolo 1, commi 1-16 e 19 (Reclutamento e abilitazione del personale docente nella scuola secondaria) 5

§  Articolo 1, commi 17 e 18 (Utilizzo di graduatorie concorsuali) 20

§  Articolo 2, commi 1 e 2 (Procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici) 22

§  Articolo 2, commi 3 e 4 (Dirigenti tecnici del MIUR) 26

§  Articolo 2, comma 5 (Procedura per la stabilizzazione del personale impegnato nei servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole) 29

§  Articolo 2, comma 6 (Procedura selettiva riservata per la progressione all’area di Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole) 33

§  Articolo 3, comma 1 (Rilevazione presenze del personale scolastico) 36

§  Articolo 3, comma 2 (Servizi di trasporto scolastico) 39

§  Articolo 4 (Semplificazioni in materia di acquisti funzionali alle attività di ricerca) 44

§  Articolo 5 (Semplificazioni in materia universitaria) 48

§  Articolo 6 (Stabilizzazione di personale da parte degli enti pubblici di ricerca) 53

§  Articolo 7 (Insegnamento dell’educazione civica) 59

§  Articolo 8, commi 1 e 4 (Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche) 61

§  Articolo 8, commi 2 e 4 (Fondo “La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica) 62

§  Articolo 8, comma 3 (Utilizzo da parte delle università di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche) 64

§  Articolo 8, comma 5 (Valorizzazione del merito dei docenti) 65

§  Articolo 9 (Copertura finanziaria) 68

§  Articolo 10 (Entrata in vigore) 70

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Articolo 1, commi 1-16 e 19
(Reclutamento e abilitazione del personale docente nella scuola secondaria)

 

L’articolo 1, commi da 1 a 16 e 19, prevede l’indizione di una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservata a soggetti che hanno svolto almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali.

La medesima procedura straordinaria è finalizzata, altresì, a consentire, al ricorrere delle condizioni indicate, il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nello stesso ordine di scuole ai medesimi soggetti, nonché a quelli che hanno svolto almeno tre annualità di servizio nelle scuole paritarie.

Alla procedura straordinaria non possono, di fatto, partecipare i soggetti che hanno maturato un’esperienza professionale nel sistema di istruzione e formazione professionale, che fa capo alle regioni.

Le disposizioni danno attuazione, per la parte relativa ai soggetti con esperienza maturata nella scuola statale, a quanto stabilito nell’intesa sottoscritta il 1° ottobre 2019 dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con le organizzazioni sindacali.

Al contempo, si sopprimono le disposizioni transitorie che prevedevano la possibilità per i soggetti che avevano svolto almeno tre annualità di servizio nelle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione, anche se privi di abilitazione e di altri requisiti previsti dalla normativa vigente, di partecipare ai concorsi ordinari con una riserva di posti a loro destinata.

 

La relazione illustrativa sottolinea che, in tal modo, da un lato, si rimedia alla grave carenza di personale di ruolo nelle scuole statali, dall’altro, si rimedia alla carenza di personale abilitato all’insegnamento nella scuola secondaria. Tale carenza comporta, per le scuole statali, la necessità di coprire parte del fabbisogno mediante ricorso a contratti a tempo determinato con docenti non abilitati, a scapito della qualità degli insegnamenti, e, per le scuole paritarie, l’impossibilità di rispettare l’obbligo di utilizzare esclusivamente docenti abilitati al fine di ottenere e mantenere il requisito della parità scolastica.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, il 24 aprile 2019, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca pro tempore avevano sottoscritto un’intesa con le organizzazioni sindacali con la quale – considerato che il sistema nazionale di istruzione ha storicamente potuto svolgere la sua missione istituzionale grazie all’apporto dei lavoratori a tempo determinato, ai quali deve essere riconosciuta la professionalità acquisita – si erano impegnati:

§  a individuare le più adeguate e semplificate modalità per agevolare l’immissione in ruolo dei docenti con una pregressa esperienza di servizio pari almeno a 36 mesi;

§  in via transitoria, a prevedere percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente con pregressa esperienza di servizio pari almeno a 36 mesi.

 

A tale intesa ne era seguita un’altra, sottoscritta dal medesimo Ministro con le stesse organizzazioni sindacali l’11 giugno 2019. Conseguentemente, il 6 agosto 2019 il Consiglio dei Ministri aveva approvato, salvo intese, un decreto-legge che introduceva misure di straordinaria necessità ed urgenza nei settori dell’istruzione, dell’università, della ricerca e dell’alta formazione artistica musicale e coreutica.

 

A seguito della crisi di Governo e dell’insediamento di un nuovo Esecutivo, il 1° ottobre 2019 l’attuale Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto una nuova intesa con la quale le parti hanno innanzitutto manifestato la volontà di dare seguito a quanto concordato con l’intesa del 24 aprile.

In particolare, per quanto qui maggiormente interessa, il Ministro si era impegnato a:

§  presentare un decreto-legge che preveda un concorso straordinario abilitante per l'assunzione di almeno 24.000 docenti nella scuola secondaria di I e di II grado – da bandire, contestualmente a quello ordinario –, riservato agli insegnanti in possesso di almeno 3 anni di anzianità pregressa nella scuola secondaria statale, anche sul sostegno, di cui almeno un anno nella classe di concorso per la quale si concorre.

In base all’intesa, il concorso prevede una prova scritta computer-based composta da quesiti a risposta multipla, con punteggio minimo di 7/10. I candidati che superano la prova scritta collocandosi utilmente nella graduatoria del concorso sono ammessi a sostenere il periodo di prova. Durante il periodo di prova, che si può ripetere, gli interessati devono acquisire, con oneri a carico dello Stato, qualora non ne siano già in possesso, i 24 crediti formativi universitari o accademici richiesti dal d.lgs. 59/2017 (v. infra).

Il periodo di prova si conclude con una prova orale, che si intende superata con punteggio minimo di 7/10, nella quale i candidati devono dimostrare di saper progettare e condurre una lezione. A tal fine, il comitato per la valutazione è integrato da almeno un membro esterno scelto tra i dirigenti tecnici, i dirigenti scolastici e i docenti della medesima classe di concorso.

Coloro che superano la prova scritta, ma non si collocano utilmente nella graduatoria del concorso, qualora siano titolari di un contratto (di supplenza) almeno sino al 30 giugno e abbiano acquisito i 24 crediti formativi richiesti dal d.lgs. 59/2017, possono sostenere una prova orale selettiva abilitante;

§  presentare, a seguito di un confronto approfondito con le organizzazioni sindacali, un disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica che disciplini i percorsi di formazione e abilitazione del personale docente.

Tale previsione era presente anche nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2019 presentata alle Camere il 1° ottobre 2019.

 

In base all’art. 1 della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali, che sono abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con disabilità.

Con riguardo alla valutazione del servizio svolto presso le scuole paritarie, l’art. 2, co. 2, del D.L. 255/2001 (L. 333/2001), ha stabilito che i servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali.

In argomento, si segnala una recente giurisprudenza secondo la quale la citata disposizione, "benché dettata per l’integrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente e in particolare per l’inserimento in esse e per l’aggiornamento del punteggio del personale già inserito,  è espressione di un canone di parità di trattamento dell’attività di insegnamento prestata in scuole statali e in scuole paritarie onde riconoscere integralmente il servizio prestato in istituti paritari dal 1.9.2000, agli aspiranti all’assunzione negli istituti statali" (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III Bis, 25 luglio 2018 n. 8415, confermata da T.A.R. Lazio - Roma, sez. III Bis, sentenza n. 10562 del 21 agosto 2019; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III bis, Sent. n. 7110 del 3 giugno 2019; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III bis, Sent. 26 novembre 2018, n. 11396).

In virtù di tale interpretazione estensiva, il giudice amministrativo ha stabilito “che la sottrazione e/o il mancato riconoscimento del punteggio per il servizio prestato, nella specie a tempo indeterminato, in istituti scolastici paritari, appaiono in linea generale illegittimi poiché confliggenti col principio di pariordinazione dell’attività di insegnamento svolta presso istituti statali e istituti paritari sancito dall’art. 2, co. 2, d.l. 3 luglio 2001, n. 255 convertito con L. n. 333/2001”. A suffragio dell'interpretazione estensiva il giudice ha posto "la medesimezza del fine dei procedimenti de quibus (aggiornamento, a termini dell'art. 2, co. 2 primo periodo, D.L. n. 255 del 2001, del proprio punteggio in graduatoria permanente da un lato e concorso a posti di personale docente dall'altro), fine che è l'assunzione in servizio presso istituti scolastici statali, nonché la medesimezza dell'oggetto o strumento dell'incremento, ossia il punteggio relativo al servizio prestato negli istituti paritari e costituente nella procedura concorsuale la parte del punteggio afferente ai titoli di servizio".

In tale contesto, la medesima giurisprudenza ha altresì ribadito il principio secondo cui "l'art. 2 comma 2, D.L. 3 luglio 2001, n. 255, convertito nella L. 20 agosto 2001, n. 333, stabilisce espressamente che solo i servizi di insegnamento prestati dal 1 settembre 2000 nelle scuole paritarie, quali definite dalla L. 10 marzo 2000, n. 62, siano valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali, assumendo quindi e semmai rilievo l'assenza di distinzione nella natura del datore di lavoro soltanto a partire da quella data e non per i servizi prestati prima, in cui invece sussisteva la differenziazione tra scuola pubblica e scuola privata e correlato tipo di rapporto/datore di lavoro." (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III Bis, 17 aprile 2014, n. 4144).

 

In base all’art. 2, co. 1, lett. d), della L. 53/2003, il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado e in un secondo ciclo costituito dalla scuola secondaria di secondo grado (istituti statali e paritari) e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale (di competenza regionale[1]).

 

L’indizione della procedura straordinaria

 

Il MIUR è autorizzato ad avviare, entro il 2019 e contestualmente al concorso ordinario (da bandire ai sensi dell’art. 17, co. 2, lett. d), del d.lgs. 59/2017), una procedura straordinaria, bandita a livello nazionale e organizzata su base regionale, per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado e per il conseguimento dell’abilitazione nello stesso ordine di scuole.

 

Nello specifico, la procedura straordinaria è bandita, in base al co. 2, “con uno o più provvedimenti, mentre, in base all’alinea del co. 11, “con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

Occorrerebbe, dunque, armonizzare le disposizioni.

 

Inoltre, la stessa procedura straordinaria è bandita (solo) per le regioni, per le classi di concorso e per le tipologie di posto per le quali si prevede che, negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023, vi saranno posti vacanti e disponibili.

Letteralmente, dunque, anche la possibilità di conseguire l’abilitazione all’insegnamento è circoscritta a quelle regioni, classi di concorso e tipologie di posto per le quali si prevede che vi saranno posti vacanti e disponibili nei prossimi tre anni scolastici.

 

Ciascun soggetto può partecipare alla procedura straordinaria in un’unica regione “per il sostegno, oppure, in alternativa, per una sola classe di concorso.

Dunque, a differenza della disciplina recata dal d.lgs. 59/2017 per il concorso ordinario, in questo caso non vi è la possibilità di partecipare alla procedura sia per una classe di concorso, sia per il sostegno.

Per i posti di sostegno, si valuti l’opportunità di chiarire se è possibile concorrere sia per la scuola secondaria di primo grado, sia per la scuola secondaria di secondo grado.

Si ricorda, infatti, che i percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli studenti con disabilità sono distinti per ordini e gradi di istruzione[2].

 

Si specifica, invece, che è consentita la partecipazione contestuale alla procedura straordinaria e al concorso ordinario, anche per la medesima classe di concorso e tipologia di posto.

 

In particolare, il bando della procedura straordinaria definisce:

-        i posti disponibili per le immissioni in ruolo in ciascuna regione e per ogni classe di concorso e tipologia di posto;

-        i termini e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione;

-        la composizione di un comitato tecnico-scientifico incaricato di validare ed eventualmente predisporre i quesiti a riposta multipla per la prova scritta per l’immissione in ruolo riservata ai docenti che hanno maturato l’esperienza nella scuola statale e per la prova scritta per il conseguimento dell’abilitazione riservata ai docenti che hanno maturato l’esperienza nella scuola paritaria. Ai membri del comitato non spettano compensi di alcun tipo, fermo restando il rimborso delle spese;

-        la composizione delle commissioni di valutazione – distinte per la prova scritta per l’immissione in ruolo riservata ai docenti che hanno maturato l’esperienza nella scuola statale e per la prova scritta per il conseguimento dell’abilitazione riservata ai docenti che hanno maturato l’esperienza nella scuola paritaria – e delle loro eventuali articolazioni;

-        i titoli valutabili e il punteggio ad essi attribuibile ai fini della procedura per l’immissione in ruolo;

-        l’ammontare dei diritti di segreteria dovuti per la partecipazione alla procedura straordinaria, determinato in maniera da coprire integralmente gli oneri derivanti dall’organizzazione della stessa. Le somme riscosse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del MIUR.

 

Il reclutamento del personale docente

 

La procedura straordinaria è finalizzata innanzitutto all’immissione in ruolo di personale docente nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado statali.

 

La disciplina ordinaria per l’accesso all’insegnamento nella scuola secondaria

 

L’art. 1, co. 792, 794 e 795, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha ridefinito il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno, modificando il d.lgs. 59/2017 che – intervenuto sulla base della delega recata dall’art. 1, co. 180 e 181, lett. b), della L. 107/2015 –, aveva introdotto il sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e accesso ai ruoli nella scuola secondaria e aveva previsto un graduale inserimento nella funzione docente.

In base alla nuova disciplina, il percorso di formazione iniziale e accesso ai ruoli si articola così:

§  con cadenza biennale è bandito un concorso pubblico nazionale, su base regionale o interregionale, per titoli ed esami, per la copertura dei posti della scuola secondaria che si prevede si rendano vacanti e disponibili nel primo e nel secondo anno scolastico successivi a quello in cui è previsto l’espletamento delle prove concorsuali. All’esito del concorso si consegue l’abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso;

§  possono accedere ai concorsi per posti comuni e per posti di insegnante tecnico-pratico coloro che sono in possesso, alternativamente:
- di abilitazione specifica sulla classe di concorso (o di abilitazione per altra classe di concorso o per altro grado di istruzione, ferma restando la necessità del possesso del titolo di studio specifico richiesto per la classe di concorso per cui si partecipa);
- per i posti comuni, di laurea magistrale o a ciclo unico (oppure diploma di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso) o, per i posti di insegnante tecnico pratico, per i concorsi banditi successivamente all’a.s. 2024/2025, di laurea (oppure diploma di I livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso
[3]), in entrambi i casi unitamente a 24 crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA), da acquisire nelle discipline antro-psicopedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno 6 crediti in ciascuno di almeno 3 dei seguenti ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione, psicologia, antropologia, metodologie e tecnologie didattiche.
Per l’accesso ai concorsi per posti di sostegno è necessario anche il superamento dei percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità;

§  ogni candidato può concorrere in una sola regione e per una sola classe di concorso per ciascun grado di scuola (scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado), nonché per i posti di sostegno;

§  per i posti comuni, il concorso prevede due prove scritte, a carattere nazionale, e una prova orale; per i posti di sostegno, prevede una prova scritta a carattere nazionale e una prova orale;

§  le graduatorie – compilate, in ogni sede concorsuale, per ogni classe di concorso e per il sostegno, sulla base della somma dei punteggi riportati nelle prove e nella valutazione dei titoli, effettuata per i soli candidati che hanno superato tutte le prove – includono solo i vincitori, pari al numero dei posti messi a concorso;

§  sulla base della graduatoria, i vincitori sono direttamente immessi in ruolo in due successivi scaglioni annuali. Rimane comunque fermo il diritto all’immissione in ruolo dei vincitori, ove occorra, anche negli anni successivi;

§  i vincitori scelgono, in ordine di punteggio, l’istituzione scolastica cui essere assegnati per svolgere l’anno di formazione iniziale e prova, fra quelle della regione in cui hanno concorso che presentano posti vacanti e disponibili;

§  il percorso annuale di formazione iniziale e prova si conclude con una valutazione finale che, se positiva, assolve all'obbligo dell'anno di prova, per l'effettiva immissione in ruolo. In caso di valutazione negativa, il percorso si può ripetere una volta;

§  in caso di valutazione positiva, il docente è cancellato da ogni altra graduatoria – ad esaurimento, di merito, o di istituto – nella quale è iscritto, ed è confermato in ruolo nella istituzione scolastica dove ha svolto il periodo di prova, dove deve rimanere per almeno altri quattro anni.

 

La definizione degli aspetti applicativi della nuova disciplina – in particolare, con riferimento a criteri di composizione delle commissioni giudicatrici e requisiti dei relativi componenti, programmi, prove di concorso, punteggi attribuibili alle medesime prove e criteri di valutazione, tabella dei titoli accademici, scientifici e professionali valutabili – è stata affidata ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. E’ stato subito specificato, però, che i titoli possono essere valutati in misura comunque non superiore al 20% del punteggio complessivo e che sono particolarmente valorizzati il titolo di dottore di ricerca, il possesso dell’abilitazione specifica conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso, il superamento delle prove di un precedente concorso ordinario per titoli ed esami nelle stesse classi di concorso, il possesso di titoli accademici nell’ambito della pedagogia speciale e della didattica dell’inclusione.

Sulla valutazione dei titoli è poi intervenuto l’art. 14, co. 7-bis, del D.L. 4/2019 (L. 26/2019) che ha disposto che nel primo dei concorsi bandito successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, le graduatorie di merito sono predisposte attribuendo ai titoli posseduti un punteggio fino al 40% di quello complessivo e che tra i titoli valutabili è particolarmente valorizzato il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, al quale è attribuito un punteggio fino al 50% del punteggio attribuibile ai titoli.

 

In particolare, la procedura straordinaria è volta alla definizione di graduatorie di vincitori, distinte per regione e classe di concorso, nonché per il sostegno, per l’immissione in ruolo di personale docente per complessivi 24.000 posti.

Benché la procedura straordinaria sia bandita – come già detto – solo per le regioni, per le classi di concorso e per le tipologie di posto per le quali si prevede che, negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023, vi saranno posti vacanti e disponibili, si stabilisce sin da subito che, ove occorra, le immissioni in ruolo dei vincitori possono essere disposte anche successivamente all’a.s. 2022/2023, fino all’esaurimento della graduatoria.

 

Più nello specifico, la procedura per il reclutamento è riservata ai soggetti, anche di ruolo[4], che sono in possesso dei seguenti requisiti:

§  hanno conseguito, per la classe di concorso per la quale si concorre, il titolo di studio previsto per l’accesso ai concorsi ordinari dal d.lgs. 59/2017 (v. ante, box). Per la partecipazione ai posti di sostegno è richiesto anche il possesso della relativa specializzazione;

§  fra gli anni scolastici 2011/2012 e 2018/2019, hanno svolto, su posto comune o di sostegno, almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, di cui almeno una nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre, esclusivamente nelle scuole secondarie statali.
In base al testo, ciò è finalizzato a contrastare il ricorso ai contratti a tempo determinato nelle scuole statali e a favorire l’immissione in ruolo dei relativi precari.
La relazione illustrativa evidenzia che ciò consentirà altresì di evitare che si debba riconoscere ai predetti soggetti, già dipendenti statali a tempo determinato per un periodo di tempo superiore a quello ordinario previsto dalla direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato, un risarcimento per abusiva reiterazione di contratti.

 

Inoltre, il testo stabilisce che è considerato solo il servizio prestato in una classe di concorso tra quelle di cui all’art. 2 del DPR 19/2016, e successive modificazioni, incluse le classi di concorso del previgente ordinamento ad esse corrispondenti[5], oppure nell’insegnamento di sostegno.

 

Per la valutazione delle annualità di servizio, vale quanto previsto dall’art. 11, co. 14, della L. 124/1999.

Il citato art. 11, co. 14, della L. 124/1999, interpretando l’art. 489, co. 1, del d.lgs. 297/1994, ha chiarito che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall'a.s. 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

 

Per quanto concerne il meccanismo di assunzione dei vincitori della procedura straordinaria, si ritiene utile, preliminarmente, ricordare il quadro normativo generale.

 

In base all’art. 17, co. 1 e 2, del d.lgs. 59/2017 – come modificato dalla L. 145/2018 – per la copertura dei posti vacanti e disponibili nella scuola secondaria si procede, annualmente:

§  per il 50% dei posti, attingendo alle graduatorie ad esaurimento (GAE) di cui all’art. 1, co. 605, lett. c), della L. 296/2006, sino al loro esaurimento;

§  per il restante 50%, mediante scorrimento delle seguenti graduatorie di merito:

-   graduatorie dei concorsi ordinari banditi nel 2016 ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015[6];

-   graduatorie del concorso riservato ai docenti abilitati bandito nel 2018 ai sensi del co. 3 dello stesso art. 17[7], alle quali, al netto dei posti coperti con le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016, è destinato il 100% dei posti per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l'80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028 e il 20% per i bienni successivi, sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale;

-   graduatorie di merito dei (futuri) concorsi ordinari, ai quali sono destinati i posti non coperti con le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 e nel 2018.

All'avvenuto esaurimento delle GAE per ciascuna provincia, i posti destinati alle medesime sono coperti con le suddette graduatorie di merito.

 

Rispetto a tale meccanismo, si dispone, ora, che ai vincitori della procedura straordinaria è destinata, in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto, la quota parte delle facoltà assunzionali destinata alle graduatorie ad esaurimento (GAE), non coperta con le stesse, che residua dopo le immissioni in ruolo operate attingendo alle graduatorie dei concorsi del 2016 (ordinario) e del 2018 (straordinario) – e non anche alle graduatorie dei futuri concorsi ordinari –, nonché, per l’a.s. 2020/2021, dopo le immissioni in ruolo derivanti dalla possibilità di optare per un’altra regione disciplinata dal comma 17.

La relazione tecnica evidenzia che, nell’a.s. 2019/2020, risultano appena 8.189 docenti iscritti nelle GAE della scuola secondaria. Molti sono concentrati in un numero relativamente ridotto di province e/o sono iscritti per classi di concorso caratterizzate da scarse facoltà assunzionali.

Evidenzia, inoltre, che nelle graduatorie del concorso ordinario del 2016 e del concorso straordinario del 2018 sono iscritti, rispettivamente, 2.043 e 5.881 soggetti.

 

In ogni caso, i posti annualmente destinati ai vincitori della procedura straordinaria non possono superare quelli destinati, per ogni regione, classe di concorso e tipologia di posto, alle graduatorie dei concorsi ordinari.

 

In particolare, la procedura prevede:

-        lo svolgimento di una prova scritta informatizzata, composta da quesiti a risposta multipla. La prova – che riguarda il programma di esame previsto per la prova del concorso straordinario per la scuola secondaria bandito nel 2018[8] – si intende superata con un punteggio minimo di 7/10 o equivalente;

-        la formazione (in ogni regione, per ciascuna classe di concorso e per il sostegno) di una graduatoria dei vincitori, risultante dal punteggio conseguito nella prova scritta e da quello attribuito alla valutazione dei titoli, nel limite dei posti ante indicato;

-        l’immissione in ruolo dei soggetti vincitori, nel limite dei posti annualmente autorizzati e, conseguentemente, l’ammissione al percorso annuale di formazione iniziale e prova;

-        durante il periodo di formazione iniziale e prova, l’acquisizione, con oneri a carico dello Stato, dei 24 CFU/CFA, qualora gli immessi in ruolo non ne siano già in possesso. Ai relativi oneri, pari ad € 4 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede ai sensi dell’art. 9;

-        una prova orale – ad integrazione del periodo di formazione iniziale e prova – che si intende superata con un punteggio minimo di 7/10 o equivalente, fermo restando che il medesimo periodo di formazione iniziale e prova si conclude con una valutazione finale, ai sensi dell’art. 13, co. 1, del d.lgs. 59/2017. Ove la valutazione sia positiva, tale periodo assolve all’obbligo dell’anno di prova se il servizio è stato effettivamente prestato per almeno 180 giorni, dei quali almeno 120 per le attività didattiche.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di esplicitare se la prova orale preceda o segua la valutazione del periodo di formazione iniziale e prova;

-        l’abilitazione dei vincitori all’esercizio della professione docente, per la relativa classe di concorso, all’atto della conferma in ruolo.

 

Ai candidati confermati in ruolo si applica quanto disposto dall’art. 13, co. 3, del d.lgs. 59/2017, che prevede che, in caso di valutazione positiva del percorso annuale di formazione iniziale e prova, il docente:

-        è tenuto a rimanere presso l'istituzione scolastica ove ha svolto il periodo di prova, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni, salvo che in caso di sovrannumero o esubero o di applicazione dell'art. 33, co. 5 o 6, della L. 104/1992[9], limitatamente a fatti sopravvenuti successivamente al termine di presentazione delle istanze per il relativo concorso;

-        è cancellato da ogni altra graduatoria, di merito, di istituto o a esaurimento, nella quale è iscritto.

 

Con regolamento, da adottare – senza indicazione di un termine – con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono definite:

-        le modalità di acquisizione dei 24 CFU/CFA da parte degli immessi in ruolo, durante il periodo di formazione e prova, con oneri a carico dello Stato;

-        la disciplina della prova orale (ad integrazione del periodo di formazione iniziale e prova), inclusi i contenuti e le modalità di svolgimento della medesima e l’integrazione della composizione del comitato di valutazione con almeno un membro esterno all’istituzione scolastica, cui non spettano compensi di alcun tipo, né rimborsi spese.

La relazione tecnica evidenzia che i componenti esterni saranno individuati tra il personale del Ministero e il personale scolastico della medesima provincia della sede di servizio dei docenti in prova.

Al riguardo si ricorda che l’art. 1, co. 115-120, della L. 107/2015, disciplinando il periodo di formazione e prova, cui è subordinata l'effettiva immissione in ruolo, ha disposto che la valutazione di tale periodo – previo svolgimento effettivo del servizio per almeno 180 giorni, dei quali almeno 120 per le attività didattiche – è effettuata dal dirigente scolastico, sentito il Comitato per la valutazione dei docenti, composto, in questo caso – oltre che dallo stesso dirigente –, dai soli docenti, incluso il docente con funzione di tutor[10] [11].

 


 

Il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento

 

Come già detto, la procedura straordinaria è finalizzata anche al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado.

 

A tal fine, si prevede innanzitutto lo svolgimento di una prova scritta informatizzata – distinta, ma analoga a quella prevista per il reclutamento – riservata ai soggetti che hanno prestato servizio, su posto comune o di sostegno, fra gli anni scolastici 2011/2012 e 2018/2019, per almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, presso le “scuole paritarie”.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di specificare se, analogamente a quanto previsto per i soggetti con esperienza svolta presso le scuole statali, è necessario aver prestato servizio presso scuole secondarie paritarie.

 

Per la partecipazione alla prova scritta per il conseguimento dell’abilitazione è necessario anche il possesso degli ulteriori requisiti previsti per la partecipazione alla procedura per il reclutamento (relativi al titolo di studio, alla eventuale specializzazione per il sostegno, nonché allo svolgimento di almeno un anno di servizio nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre).

 

All’esito della prova scritta per il conseguimento dell’abilitazione, i candidati che hanno conseguito il punteggio minimo di 7/10 o equivalente sono inseriti in appositi elenchi in cui sono iscritti coloro che possono conseguire l’abilitazione.

Negli stessi elenchi sono inseriti anche i candidati che hanno conseguito il punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per il reclutamento del personale docente.

La relazione illustrativa evidenzia che tutti coloro che nelle due prove scritte conseguono il punteggio minimo di 7/10 confluiscono, senza graduazione, nel medesimo elenco.

Si valuti l’opportunità di inserire quanto indicato dalla relazione illustrativa nel testo.

 

Più nello specifico, possono conseguire l’abilitazione all’insegnamento, acquisendo i 24 CFU/CFA, ove non ne siano già in possesso, con oneri a proprio carico, e superando una prova orale di abilitazione:

§  i vincitori della procedura straordinaria:

Al riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che il riferimento è ai vincitori che non siano immediatamente immessi in ruolo, qualora essi intendano acquisire l’abilitazione prima dell’immissione in ruolo.

Si valuti l’opportunità di esplicitare nel testo quanto indicato nella relazione illustrativa;

§  i candidati che hanno ottenuto il punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per il reclutamento del personale docente (non vincitori della procedura straordinaria) e i candidati che hanno ottenuto il medesimo punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per l’abilitazione all’insegnamento, ma solo a condizione che abbiano in essere un contratto di docenza a tempo determinato di durata annuale (30 settembre) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) presso una istituzione scolastica o educativa del sistema nazionale di istruzione, ferma restando la regolarità della relativa posizione contributiva.

 

Le modalità di acquisizione, con oneri a proprio carico, dei 24 CFU/CFA, le modalità e i contenuti della prova orale di abilitazione, nonché la composizione della relativa commissione di valutazione sono definiti con il già citato regolamento che disciplina anche le modalità di acquisizione dei CFU/CFA da parte dei vincitori immessi in ruolo e lo svolgimento della prova orale a conclusione del periodo di formazione iniziale e prova.

 

Il conseguimento dell’abilitazione non dà diritto ad essere assunti alle dipendenze dello Stato.

 

Abrogazioni

 

Si sopprimono le norme transitorie – recate dall’art. 17, co. 2, lett. d), secondo e terzo periodo, del d.lgs. 59/2017 e introdotte per venire incontro alle esigenze dei precari – che prevedevano (a seguito delle modifiche introdotte dalla L. di bilancio 2019) la possibilità per i soggetti che avevano svolto almeno tre annualità di servizio anche non continuativi negli otto anni precedenti nelle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione (che, come già detto, comprende anche le scuole paritarie e il sistema di istruzione e formazione professionale), anche se privi di abilitazione e di altri requisiti previsti dalla normativa vigente (tra cui, il conseguimento di 24 crediti formativi universitari o accademici), di partecipare ai concorsi ordinari per una tra le classi di concorso per le quali era stato maturato un servizio di almeno un anno. con una riserva di posti a loro destinata del 10%.

Articolo 1, commi 17 e 18
(Utilizzo di graduatorie concorsuali)

 

L’articolo 1, comma 17, prevede che nell’a.s. 2020/2021 per la copertura, in ciascuna regione, dei posti vacanti e disponibili che non possano essere coperti con il ricorso alle graduatorie regionali dei concorsi del 2016 e del 2018, si può procedere mediante scorrimento delle graduatorie di altre regioni, su istanza degli interessati.

A sua volta, il comma 18 prevede che le graduatorie del concorso del 2016 sono valide per un ulteriore anno.

 

Per le due procedure concorsuali indicate, si veda scheda art. 1, co. 1-16 e 19.

 

La relazione illustrativa evidenzia che entrambe le previsioni introducono misure per ridurre il rischio che nel prossimo anno scolastico possano rimanere scoperti posti vacanti e disponibili.

 

Più nello specifico, il comma 17 dà parzialmente attuazione a quanto stabilito con l’intesa sottoscritta il 1° ottobre 2019 dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con le organizzazioni sindacali.

In particolare, per quanto qui maggiormente interessa, l’intesa prevedeva la possibilità per i vincitori e gli idonei dei concorsi banditi nel 2016 e nel 2018, nonché per gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) – cui il testo non fa riferimento –, di indicare una regione o una provincia diversa da quella della propria graduatoria nella quale essere immessi in ruolo, sui posti che rimangono vacanti e disponibili a settembre 2020, dopo lo scorrimento delle graduatorie del territorio in questione.

 

Il comma dispone, infatti, che, al fine di ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato, nell’a.s. 2020/2021, nelle regioni nelle quali le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 (per tutti gli ordini e gradi di scuola) e nel 2018 (per la scuola secondaria) siano insufficienti a coprire la relativa quota di immissioni in ruolo (pari al 50%), i posti vacanti e disponibili residui sono coperti, su istanza degli interessati, mediante scorrimento delle graduatorie presenti, per gli stessi concorsi, in altre regioni.

La disciplina applicativa è demandata ad un decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni, per la cui emanazione non è indicato un termine.

 

Si valuti l’opportunità di prevedere, piuttosto, l’intervento di un decreto del “Ministro” dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Per analogia, si ricorda che l’art. 1-quater del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) ha previsto l'assunzione in regioni diverse da quella per cui avevano concorso, dei docenti ancora inseriti nelle graduatorie di merito del concorso del 2012 relative alla scuola dell'infanzia, fino all'approvazione delle graduatorie del concorso bandito nel 2016. Ha, altresì, previsto che, all'esito di tali procedure, le graduatorie di merito del concorso del 2012 dovevano essere soppresse, anche in caso di incompleto assorbimento dei soggetti ivi inseriti.

La procedura di assunzione è stata disciplinata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 496 del 22 giugno 2016.

 

Infine, si stabilisce che alle relative immissioni in ruolo si applica quanto disposto dall’art. 13, co. 3, del d.lgs. 59/2017, illustrata nella scheda relativa all’art. 1, co. 1-16 e 19.

 

Il comma 18 proroga per un ulteriore anno la validità delle graduatorie del concorso bandito nel 2016, determinando, quindi, una validità pari a 5 anni.

 

Si tratta di una proroga ulteriore rispetto a quella già prevista dall’art. 1, co. 603, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018).

 

L’art. 1, co. 603, della L. 205/2017 aveva prorogato di un ulteriore anno – rispetto al triennio previsto dall’art. 400, co. 01, del d.lgs. 297/1994[12] – la validità delle graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 205/2017.

 

 

 

 


 

Articolo 2, commi 1 e 2
(Procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici)

 

L’articolo 2, commi 1 e 2, modifica innanzitutto la procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici, in particolare sostituendo il corso-concorso selettivo di formazione con un concorso selettivo per titoli ed esami.

Inoltre, reca un’autorizzazione di spesa per la formazione iniziale dei dirigenti scolastici.

 

Preliminarmente, si ricorda che il sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici era stato riformato, da ultimo, dall’art. 1, co. 217, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016), che aveva novellato l'art. 29 del d.lgs. 165/2001.

In particolare, era stato previsto che il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizzava mediante un corso-concorso selettivo di formazione bandito dal MIUR, sentito il MEF, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il meccanismo di autorizzazione delle assunzioni di cui all’art. 39, co. 3 e 3-bis, della L. 449/1997[13].

Alla procedura concorsuale per l’accesso al corso-concorso potevano partecipare i docenti e il personale educativo delle istituzioni statali, in possesso del diploma di laurea magistrale o di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, con almeno 5 anni di servizio. La medesima procedura comprendeva una eventuale prova preselettiva, nonché una o più prove scritte e una prova orale, cui seguiva la valutazione dei titoli. Era stato previsto il pagamento di un contributo, da parte dei candidati, per le spese della procedura concorsuale.

Al corso-concorso potevano essere ammessi candidati in numero superiore a quello dei posti, entro un limite massimo del 20%, da determinare con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che doveva definire anche le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, la durata del corso e le forme di valutazione dei candidati.

Era, dunque, intervenuto il regolamento emanato con DM 3 agosto 2017, n. 138, che aveva previsto un corso-concorso nazionale organizzato su base regionale e articolato in tre fasi (eventuale prova preselettiva; procedura concorsuale di ammissione al corso di formazione dirigenziale; corso di formazione dirigenziale e tirocinio) e aveva stabilito che alla frequenza del corso di formazione dirigenziale risultavano ammessi candidati in numero superiore del 20% a quello dei posti che si prevedeva si rendessero vacanti e disponibili nel triennio successivo, detratti quelli occorrenti per l'assunzione dei vincitori dei concorsi precedentemente banditi. Aveva altresì stabilito che durante il corso di formazione dirigenziale e tirocinio i partecipanti beneficiavano del semiesonero dal servizio[14].

Successivamente l’art. 10, co. 1, del D.L. 135/2018 (L. 12/2019) ha previsto – in deroga alla procedura ordinaria – che i candidati ammessi al corso conclusivo del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento di dirigenti scolastici[15] (anche con riferimento al corso-concorso bandito per la copertura dei posti nelle scuole di lingua slovena o bilingue[16]), sarebbero stati, invece, dichiarati vincitori e assunti, secondo l'ordine della graduatoria di ammissione al corso, nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili[17], e che il periodo di formazione e prova era disciplinato con i decreti di cui all'art. 29 del d.lgs. 165/2001.

Conseguentemente, il co. 2 – come modificato dall’art. 5-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) – ha disposto che le risorse stanziate negli anni 2018 e 2019 per il semiesonero del personale frequentante il corso conclusivo del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento di dirigenti scolastici, non più necessarie a tale scopo in base alle novità introdotte dal co. 1, confluivano nel «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015), nella misura di € 8,26 mln per il 2018 e di € 4,26 mln per il 2019[18].

 

Nello specifico, il comma 1 – novellando l’art. 29, co. 1, del d.lgs. 165/2001 – dispone che, a regime, il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante un concorso selettivo per titoli ed esami, organizzato su base regionale, bandito dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni.

 

Resta fermo che al concorso possono partecipare i docenti e il personale educativo delle istituzioni statali in possesso di diploma di laurea magistrale o di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, che abbiano maturato un’anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza di almeno 5 anni.

Resta, altresì, fermo che i candidati devono pagare un contributo per le spese della procedura concorsuale e che il concorso comprende una eventuale prova preselettiva, una o più prove scritte e una prova orale, cui segue la valutazione dei titoli. Si precisa ora che le prove scritte e la prova orale sono superate con il punteggio, in ciascuna prova, di almeno 7/10 o equivalente.

Con uno o più decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, è definita la disciplina applicativa, con riferimento a modalità di svolgimento del concorso e dell’eventuale preselezione, prove e programmi concorsuali, valutazione della preselezione, delle prove e dei titoli, periodo di formazione e prova, nonché contenuti dei moduli formativi relativi ai due anni successivi alla conferma in ruolo.

 

La relazione tecnica evidenzia che la modifica della procedura comporta il venir meno:

·     delle spese di organizzazione dei tirocini e della fase formativa presso le università, sostituiti con un meno oneroso corso di formazione in servizio rivolto ai neo-dirigenti;

·     del semi-esonero già previsto per i corsisti, poiché il corso di formazione universitario non sarà più svolto.

 

Il comma 2 autorizza una spesa di € 180.000 annui a decorrere dal 2021 per la formazione iniziale dei dirigenti scolastici.

 


 

Articolo 2, commi 3 e 4
(Dirigenti tecnici del MIUR)

 

L’articolo 2, commi 3 e 4, autorizza il MIUR a bandire un concorso per l’assunzione, a decorrere da gennaio 2021, di 59 dirigenti tecnici, recando, al contempo, un’autorizzazione di spesa per lo svolgimento del concorso.

Nelle more dello svolgimento della procedura concorsuale, rifinanzia l’autorizzazione di spesa prevista dalla L. 107/2015 per consentire l’attribuzione fino al 2020 di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive.

 

Nello specifico, il comma 3 autorizza il MIUR – nell’ambito della dotazione organica vigente – a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 59 dirigenti tecnici, con conseguente maggiore spesa di personale per € 7,90 mln annui (dal 2021).

Le assunzioni possono avvenire a decorrere da gennaio 2021, fermo restando il regime autorizzatorio di cui si è detto nella scheda relativa all’art. 2, co. 1 e 2.

La relazione illustrativa fa presente che, a fronte di 190 posizioni dirigenziali non generali con funzioni tecnico-ispettive previste dal DPCM 47/2019, recante organizzazione del MIUR, i dirigenti tecnici di ruolo in servizio sono appena 50.

 

Il reclutamento è autorizzato in deroga a specifiche disposizioni che consentono l’avvio di procedure concorsuali da parte delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, le disposizioni cui si deroga sono quelle che prevedono che le pubbliche amministrazioni possono avviare procedure concorsuali:

 

Per lo svolgimento del concorso è autorizzata la spesa di € 170.000 nel 2019 e di € 180.000 nel 2020.

La relazione tecnica stima che alla procedura parteciperanno circa 150.000 candidati.

 

Nelle more dell’espletamento del concorso, il comma 4 rifinanzia l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, co. 94, della L. 107/2015, al fine di continuare a consentire l’attribuzione, anche per parte del 2019 e per il 2020, di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive, ferma restando la procedura prevista dallo stesso co. 94. Gli incarichi temporanei hanno comunque termine all’atto dell’immissione in ruolo dei dirigenti tecnici a seguito del concorso e, comunque, entro il 31 dicembre 2020.

In particolare, il rifinanziamento è pari a € 1,98 mln per il 2019 e a € 7,90 mln per il 2020.

La relazione tecnica fa presente che in tal modo sarà possibile attivare 59 incarichi temporanei.

 

L’art. 1, co. 94, periodi terzo e ss., della L. 107/2015 ha previsto la possibilità di conferire incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive al fine di garantire azioni di supporto alle scuole nell’attuazione della medesima legge, nonché assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione. Ha altresì disposto che tali incarichi potevano essere conferiti, nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti tecnici del MIUR, anche in deroga alle percentuali previste dall'art. 19, co. 5-bis e 6, del d.lgs. 165/2001 per i dirigenti di seconda fascia. A tal fine, ha autorizzato una spesa nel limite massimo di € 7 mln per ciascun anno del triennio 2016-2018.

Infine, ha previsto che gli incarichi dovevano essere conferiti, in base all'art. 19, co. 1-bis, del medesimo d.lgs. 165/2001, mediante valutazione comparativa dei curricula e previo avviso pubblico, da pubblicare nel sito del MIUR, che rendesse conoscibili il numero dei posti e la loro ripartizione tra amministrazione centrale e uffici scolastici regionali, nonché i criteri di scelta da adottare per la valutazione comparativa.

Con DM 12 novembre 2015, n. 882, il numero degli incarichi da conferire è stato individuato in 48, da ripartire fra Amministrazione centrale (3) e Amministrazione periferica (45).

Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente che, in realtà, con l’autorizzazione di spesa prevista dalla L. 107/2015 è stato finanziato il conferimento di 51 incarichi, i cui contratti sono scaduti nei primi mesi del 2019 o stanno per scadere[19].

 

Per completezza, si ricorda che con l’art. 4 del DPCM 20 agosto 2019 il MIUR, ai sensi dell'art. 35, co. 4, del d.lgs. 165/2001, è stato autorizzato, nel triennio 2019-2021, ad avviare procedure di reclutamento e ad assumere unità di personale per la copertura, per quanto qui interessa, di 16 posti di dirigente di II fascia tecnico-ispettivo.

 

 


 

Articolo 2, comma 5
(Procedura per la stabilizzazione del personale impegnato nei servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)

 

L’articolo 2, comma 5, modifica la disciplina relativa alla stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato e impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché inclusivi del 2018 e del 2019, in particolare sostituendo alla procedura selettiva per titoli e colloquio una procedura selettiva per soli titoli.

A tal fine, novella l’art. 58, co. 5-ter e 5-quater, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), inseriti dall’art. 1, co. 760, lett. b), della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019).

 

L’art. 1, co. 760, lett. b), della L. 145/2018, inserendo i co. da 5-bis a 5-quater nell’art. 58 del D.L. 69/2013(L. 98/2013), ha disposto che, dal 1° gennaio 2020, le istituzioni scolastiche ed educative statali svolgono i servizi di pulizia e ausiliari unicamente mediante ricorso a personale dipendente appartenente al profilo dei collaboratori scolastici e che i posti già accantonati nell’organico dei collaboratori scolastici sono resi disponibili in misura corrispondente al limite di spesa di cui all’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013[20] e riservati – previo superamento, a testo previgente, di una procedura selettiva per titoli e colloquio –, al personale dipendente a tempo indeterminato delle imprese titolari di contratti per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, già impegnato nell’erogazione dei predetti servizi presso le istituzioni scolastiche ed educative statali per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché siano inclusi il 2018 e il 2019.

Ha, altresì, disposto che alla procedura selettiva non può partecipare il personale di cui all'art. 1, co. 622, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018)[21] e che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, devono essere determinati i requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, nonché le relative modalità di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande.

Infine, ha previsto che le assunzioni in questione sono autorizzate anche a tempo parziale e che i rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno, né può esserne incrementato il numero di ore lavorative, se non in presenza di risorse certe e stabili[22] [23].

 

In particolare, si dispone che il MIUR è autorizzato ad avviare una procedura selettiva per 11.263 posti di collaboratore scolastico, secondo le modalità previste per i concorsi provinciali per titoli finalizzati all’assunzione come collaboratore scolastico, di cui all’art. 554 del d.lgs. 297/1994.

 

Resta fermo che può partecipare alla procedura il personale impegnato per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché includano il 2018 e il 2019, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi.

Al riguardo, si veda quanto rappresentato nella interrogazione a risposta in Commissione presentata alla Camera n. 5-02765, nella quale, in particolare, “si ipotizza che oltre il 40 per cento degli addetti attualmente operanti (circa 7.000 persone), non risponda ai requisiti (con particolare riferimento a quello di anzianità) della legge di bilancio”.

 

Inoltre, fermo restando anche che non può partecipare alla procedura il personale di cui all’art. 1, co. 622, della L. 2015/2017, si dispone ora che non può partecipare neanche:

•   il personale escluso dall’elettorato politico attivo[24]; coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento; coloro i quali siano stati dichiarati decaduti per aver conseguito la nomina o l’assunzione mediante la produzione di documenti falsi o viziati da nullità insanabile.

Si tratta di una disposizione che riproduce quanto già previsto dall’art. 2 del DPR 487/1994, che disciplina i requisiti generali per l’accesso gli impieghi civili delle pubbliche amministrazioni;

•   i condannati per i reati in materia di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope. A tal fine, si richiama l’art. 73, DPR 309/1990;

•   i condannati per uno dei delitti contro la persona per i quali sono previste le pene accessorie. A tal fine, si richiamano gli artt. 600-septies.2 e 609-nonies del codice penale.

L’art. 600-septies.2 c.p. prevede una serie di pene accessorie per i condannati per il delitto di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (art. 414-bis c.p.) e per uno dei delitti contro la personalità individuale, di cui agli artt. da 600 a 604-ter c.p., tra i quali vi sono: riduzione o mantenimento in schiavitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile; produzione e commercio di materiale pornografico minorile; iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone; traffico di organi prelevati da persona vivente. L’art. 609-nonies c.p. prevede le pene accessorie per i condannati per: delitti di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) e fattispecie aggravate (art. 609-ter c.p.); atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies. c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octiesc.p.); adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.).

Tra le pene accessorie che gli artt. 600-septies.2 c.p. e 609-nonies c.p. prevedono per i condannati per i delitti sopra richiamati vi è l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori per tutti i delitti richiamati sopra quando commessi in danno di persona che non ha compiuto diciotto anni;

•   gli interdetti da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori.

Come si è detto, l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori è già prevista come pena accessoria a carico dei condannati per i delitti sopra richiamati quando commessi in danno di minori (art. 600-septies.2, secondo comma, c.p. e art. 609-nonies c.p.).

 

Resta fermo, altresì, che requisiti di partecipazione, modalità di svolgimento e termini per la presentazione delle domande sono definiti con il già previsto decreto interministeriale.

 

Infine, il testo stabilisce che il personale immesso in ruolo all’esito della procedura non ha diritto, né a fini giuridici, né a fini economici, al riconoscimento del servizio prestato quale dipendente delle già citate imprese titolari di contratti per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole.

 


 

Articolo 2, comma 6
(Procedura selettiva riservata per la progressione all’area di Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole)

 

L’articolo 2, comma 6, disciplina una procedura selettiva riservata per la progressione all’area di Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole (DSGA) degli assistenti amministrativi di ruolo che abbiano svolto a tempo pieno le funzioni di DSGA per almeno 3 anni scolastici interi, a decorrere dall’a.s. 2011/2012.

Le disposizioni danno attuazione, in parte, a quanto stabilito nell’intesa sottoscritta il 1° ottobre 2019 dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con le organizzazioni sindacali.

 

In particolare, l’intesa del 1° ottobre 2019 ha previsto, per quanto qui maggiormente interessa, l’indizione di un “concorso” per posti di DSGA riservato, ai sensi dell’art. 22, co. 15, del d.lgs. 75/2017, agli assistenti amministrativi di ruolo che abbiano svolto la funzione di DSGA per almeno 3 anni nei precedenti 8, anche in deroga al requisito della laurea prevista per l’accesso dall’esterno. Ha, altresì, previsto l’utilizzo della graduatoria del “concorso” in subordine a quella del concorso ordinario in corso di svolgimento, fino alla copertura di tutti i posti disponibili.

 

Preliminarmente, si valuti l’opportunità di specificare se i 3 anni scolastici interi possano essere anche non consecutivi.

 

In particolare, il testo dispone che quanto previsto dall’art. 22, co. 15, del d.lgs. 75/2017 si applica anche alla progressione all’area di DSGA del personale indicato.

 

L’art. 22, co. 15, del d.lgs. 75/2017 ha previsto che, per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno.

Il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 20% di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione delle stesse determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, ai fini delle progressioni tra le aree in ciascuna amministrazione, di cui all'art. 52 del d.lgs. 165/2001[25].

Le procedure selettive riservate prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti.

La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore.

 

Con riferimento alla figura del DSGA, appare utile ricordare, preliminarmente, che l’art. 16 del DPR 275/1999 – che ha disciplinato l’autonomia delle istituzioni scolastiche – aveva disposto, per quanto qui interessa, che il responsabile amministrativo assumeva funzioni di direzione dei servizi di segreteria, nel quadro dell'unità di conduzione affidata al Dirigente scolastico.

Il CCNL 3 maggio 1999 ha dunque definito, contestualmente con la piena attuazione dell’autonomia scolastica e con la ridefinizione delle funzioni dei dirigenti scolastici, dal 1° settembre 2000, il profilo professionale di Direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) nelle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, disponendo che per l’accesso allo stesso era richiesto, in base alla tabella B, il possesso di un diploma di laurea (vecchio ordinamento) in giurisprudenza, scienze politiche sociali e amministrative, economia e commercio.

Ha, altresì, previsto che, in prima applicazione, era consentito l’accesso al medesimo profilo professionale del personale con contratto a tempo indeterminato del profilo professionale di responsabile amministrativo in servizio nell'a.s.1999-2000, previa frequenza di apposito corso modulare di formazione con valutazione finale. Il percorso formativo poteva essere abbreviato per il personale in possesso di esperienza professionale almeno decennale in particolari realtà e per determinate funzioni.

Successivamente, la tabella B del CCNL 29 novembre 2007 ha adeguato il titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo di DSGA alle novità relative all’assetto dei titoli di studio derivanti dal DM 509/1999 (ma non anche a quelle derivanti dal DM 270/2004), facendo riferimento a laurea specialistica in giurisprudenza, scienze politiche, sociali e amministrative, economia e commercio, o titoli equipollenti.

Per l’accesso al profilo di assistente amministrativo, la medesima tabella ha previsto il possesso del diploma di maturità.

Da ultimo, in base all’allegato A del DM 863 del 18 dicembre 2018, recante disposizioni concernenti i concorsi per titoli ed esami per l’accesso al profilo professionale di DSGA, sono ammessi a partecipare alle procedure i soggetti in possesso dei diplomi di laurea del vecchio ordinamento, ovvero di laurea specialistica/magistrale in giurisprudenza, scienze politiche, economia e commercio, o titoli equiparati o equipollenti.

 

Infine, si prevede che le graduatorie della procedura selettiva riservata sono utilizzate in subordine a quelle del concorso in corso di svolgimento, attivato a seguito della legge di bilancio 2018.

 

L’art. 1, co. 605, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto che entro il 2018 fosse bandito un concorso per l’assunzione di DSGA, al quale potevano partecipare anche gli assistenti amministrativi che, pur in mancanza dello specifico titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo professionale di DSGA, avevano maturato, alla data di entrata in vigore della legge, almeno 3 interi anni di servizio negli ultimi 8 anni, esercitando le mansioni di DSGA.

Il bando per la copertura di 2.004 posti vacanti e disponibili negli a.s. 2018/19, 2019/20 e 2020/21 – che ha specificato che erano ammessi a partecipare al concorso gli assistenti amministrativi che avevano maturato almeno tre interi anni di servizio, anche non continuativi – è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale-IV serie speciale del 28 dicembre 2018.

La prova preselettiva si è svolta, in base alle indicazioni pubblicate nella Gazzetta ufficiale–IV serie speciale del 15 marzo 2019, l’11, il 12 e il 13 giugno 2019.

Il diario delle prove scritte è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale del 20 settembre 2019. Esse si svolgeranno il 5 e il 6 novembre 2019.

Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.

 


 

Articolo 3, comma 1
(Rilevazione presenze del personale scolastico)

 

L’articolo 3, co. 1, esclude anche i dirigenti scolastici e il personale ATA, unitamente al personale docente ed educativo delle scuole, dal sistema di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi ai fini della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro, previsto dalla L. 56/2019 per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001 e successive modificazioni). A tal fine, viene interamente sostituito il co. 4 dell'art. 2 della L. 56/2019.

Preliminarmente, si ricorda che il regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 all’art. 4, paragrafo 1, n. 14), definisce i dati biometrici come quei “dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico, relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica e che ne consentono o confermano l’identificazione univoca, quali l’immagine facciale o i dati dattiloscopici”. Per questi dati, il regolamento (art. 9) sancisce in linea generale il divieto di trattamento, superabile solo in presenza di alcuni presupposti tra i quali, la necessità per il titolare di adempiere a un obbligo legale o di eseguire un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri ovvero ancora la necessità del trattamento per l’assolvimento degli obblighi e l’esercizio dei diritti specifici (del titolare del trattamento o dell’interessato stesso) in materia di diritto del lavoro, nella misura in cui sia autorizzato ”dal diritto degli Stati membri”, in presenza di garanzie appropriate per i diritti fondamentali e gli interessi del soggetto passivo (art. 6, par. 1, lett. c) ed e), 3, e articolo 9, par. 2, lett. b), reg.). Lo stesso regolamento prevede poi una specifica riserva normativa nazionale per la disciplina dei rapporti di lavoro, consentendo a ogni Stato membro di prevedere “norme più specifiche” in materia, comprensive di “misure appropriate e specifiche a salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati” (art. 88, par. 1 e 2, reg.). I presupposti di legittimità del trattamento dei dati biometrici, anche in materia di lavoro, attengono alla sussistenza di una previsione normativa specifica (di rango legislativo o regolamentare a seconda dei casi), alla necessità del trattamento per la realizzazione dei legittimi fini perseguiti, nonché al rispetto di garanzie appropriate. Al riguardo, con il d.lgs. 108/2018 che ha modificato il Codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196 del 2003) in sede di adeguamento al regolamento europeo, il legislatore ha previsto un provvedimento generale del Garante recante, appunto, le misure di garanzia necessarie per la legittimità del trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute, nell’esercizio del margine di flessibilità concesso sul punto dal legislatore europeo.

Attualmente, sono esclusi dalla previsione dei nuovi sistemi di verifica biometrica della presenza: il personale in regime di diritto pubblico (di cui all'art. 3 del citato d.lgs. n. 165) ; i dipendenti titolari di un rapporto agile (rapporto di lavoro subordinato che, secondo la definizione di cui all'articolo 18 della L. 81/2017, si effettua senza precisi vincoli di orario o di luogo, con svolgimento della prestazione in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno, senza una postazione fissa). Secondo il dettato originario della L. 56/2019, era esentato dall’ambito di applicazione di tale norma anche il personale docente ed educativo, mentre i dirigenti scolastici erano soggetti ad accertamento solo ai fini della verifica dell’accesso, secondo modalità stabilite con apposito decreto emanato dal Ministro per la pubblica amministrazione (di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali). Risultava assoggettato alla verifica delle presenze anche il personale ATA.

Per quanto riguarda i dirigenti delle amministrazioni pubbliche, le norme vigenti stabiliscono che essi adeguano la propria prestazione nella sede di lavoro alle esigenze dell’organizzazione e dell’incarico dirigenziale svolto, nonché a quelle connesse con la corretta gestione e il necessario coordinamento delle risorse umane.

Si ricorda che, durante la seconda lettura, in occasione del parere reso sul disegno di legge n. 1433, divenuto poi la L. 56/2019, la VII Commissione della Camera dei deputati aveva espresso un parere favorevole condizionato proprio all'esclusione del personale docente ed educativo dal sistema di rilevazione biometrica delle presenze, poi recepito dalla Commissione di merito. Sul medesimo disegno di legge (A.S. 920-B), in terza lettura, la 7a Commissione del Senato aveva espresso un parere favorevole con un'osservazione invitando la Commissione di merito "a valutare l'opportunità di prevedere che le modalità di verifica dell'accesso dei dirigenti scolastici [fossero] correlate alla specifica tipologia della prestazione lavorativa".

La novella in questione, utilizzando l'espressione "personale degli istituti scolastici ed educativi", più ampia di quella originariamente utilizzata dalla L. 56/2019 che menzionava solo "il personale docente ed educativo degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative", ha l'effetto di escludere dalla rilevazione biometrica delle presenze tutte e tre le categorie: personale docente ed educativo (si tratta di una conferma), personale ATA, dirigenti scolastici.

La relazione illustrativa precisa che l'applicazione differenziata dei sistemi di rilevazione delle presenze tra docenti ed educatori (esclusi da tale sistema), ATA (inclusi) e dirigenti scolastici (inclusi solo ai fini della verifica dell'accesso) avrebbe creato numerosi problemi applicativi, tanto più che dovrebbero essere esclusi anche tutti gli altri utenti del servizio scolastico (studenti e famiglie). Degli 8,5 milioni di frequentatori giornalieri degli edifici scolastici, sarebbero dunque soggetti al sistema di verifica biometrica solo circa 200.000 soggetti, per cui ad un varco con rilevazione biometrica andrebbe affiancato un sistema di accesso libero, non sempre agevole in scuole con un solo punto di accesso.

 

 


 

Articolo 3, comma 2
(Servizi di trasporto scolastico)

 

L'articolo 3, co. 2, consente la riduzione o l'azzeramento della quota corrisposta dalle famiglie per i servizi di trasporto scolastico rispetto ai costi sostenuti dall'ente locale, in relazione alle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

La relazione illustrativa afferma che tale disposizione reca una interpretazione dell'art. 5 del d. lgs. 63/2017, richiamato infatti dall'articolo in commento, secondo cui:

-   è prevista in linea generale la programmazione dei servizi di trasporto e delle forme di agevolazione della mobilità, per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, per le quali sono incentivate le forme di mobilità (co. 1);

-   le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Per questo segmento del settore istruzione (scuola primaria) si introduce dunque un obbligo di erogazione del servizio a carico degli enti territoriali. Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati. Si afferma altresì che tale servizio è assicurato nei limiti dell'organico disponibile (co. 2).

 

Trasporto scolastico e diritto allo studio

L'art. 2 del d. lgs. 63/2017 stabilisce che lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze e nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, programmano gli interventi per il sostegno al diritto allo studio delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti al fine di fornire, su tutto il territorio nazionale, i seguenti servizi:

a) servizi di trasporto e forme di agevolazione della mobilità;

b) servizi di mensa;

c) fornitura dei libri di testo e degli strumenti didattici indispensabili negli specifici corsi di studi;

d) servizi per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti ricoverati in ospedale, in case di cura e riabilitazione, nonché per l'istruzione domiciliare.

In base all'art. 3 del medesimo d. lgs. 63/2017, detti servizi sono erogati in forma gratuita ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Sul piano della normativa sulla copertura della spesa per i servizi pubblici, si fa presente anzitutto che l'art. 112 del d.lgs. 267/2000, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) dispone che "gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali". L'art. 117 sulle tariffe dei servizi pubblici, prevede che gli "enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione", secondo precisi criteri per il calcolo della tariffa; le tariffe costituiscono il corrispettivo dei servizi pubblici.

 

Dubbi interpretativi circa la portata dell'art. 5 del d. lgs. 63/2017 sono emersi alla luce di alcune delibere delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, le quali rispondevano a quesiti posti dai comuni circa la possibilità di consentire la gratuità del servizio di trasporto scolastico. Seppure con alcune differenze, le delibere n. 76/2019 della sezione di controllo della Puglia,  n. 46/2019 della sezione regionale di controllo per il Piemonte, n. 175/2018 della sezione di controllo per la Regione siciliana, n. 126/2018 della sezione di controllo della Campania, avevano ritenuto che il servizio di trasporto scolastico non potesse essere fornito gratuitamente. Ciò in quanto il trasporto scolastico veniva qualificato come servizio pubblico di trasporto ed era dunque escluso dalla disciplina normativa dei servizi pubblici a domanda individuale, espressamente individuati dal D.M. 31 dicembre 1983, e la cui erogazione, di conseguenza, era ancorata alla tariffazione di cui all’art. 117 TUEL.

In particolare, le sezioni regionali di controllo per il Piemonte e per la Puglia, hanno affermato che «la natura di servizio pubblico, in quanto oggettivamente rivolto a soddisfare esigenze della collettività, comporta, pertanto, che per il trasporto scolastico siano definite dall’Ente adeguate tariffe a copertura dei costi, secondo quanto stabilito dall'articolo 117 del TUEL», con la conseguenza che la sua copertura finanziaria deve avvenire mediante i corrispettivi versati dai richiedenti il servizio, attraverso una quota «che, nel rispetto del rapporto di corrispondenza tra costi e ricavi, deve essere finalizzata ad assicurare l’integrale copertura dei costi del servizio» (in termini, sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 46/2019 cit.), ma non si esclude la possibilità di ricomprendere, tra le risorse volte ad assicurare l’integrale copertura dei costi, «le contribuzioni regionali e quelle autonomamente destinate dall’ente nella propria autonomia finanziaria purché reperite nel rispetto della clausola d’invarianza finanziaria espressa nel divieto dei nuovi e maggiori oneri (….), con corrispondente minor aggravio a carico all’utenza» (in termini, sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 79/2019 cit.).

La ricostruzione della vicenda e della giurisprudenza contabile è stata poi effettuata nella delibera 25/2019 della Corte dei conti, sezione autonomie.

 

La ricostruzione della Corte dei conti nella delibera 25/2019, sezione autonomie, muove anzitutto dalla definizione di “trasporto pubblico locale” e di “servizio pubblico a domanda individuale” sui quali si fonda essenzialmente la risoluzione dei quesiti sottoposti all’attenzione delle sezioni regionali di controllo. La Corte afferma dunque che il servizio di trasporto scolastico non può essere qualificato come “trasporto pubblico locale” in quanto "privo degli elementi qualificanti di questo". Al trasporto scolastico infatti può accedere solo una ben precisa tipologia di utenza (studenti residenti sul territorio e, per il servizio di cui all’art. 5, co. 2, del d. lg. 63/2017, solo studenti della scuola primaria statale), i percorsi e gli orari sono strettamente funzionali alla fruizione del servizio scolastico e non vi è una tariffazione ma, al più, una contribuzione. Quanto all'esclusione del trasporto scolastico dall'individuazione dei servizi pubblici a domanda individuale, prevista dal citato D.M. 31 dicembre 1983, si ricorda che questi ultimi includono "tutte quelle attività gestite direttamente dall'ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell'utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale". A giudizio della Corte dei conti, "osta alla qualificazione del servizio di trasporto scolastico come “servizio pubblico a domanda individuale” la circostanza che la sua erogazione è doverosa per legge."

 

Pertanto la Corte dei conti, nella citata delibera 25/2019, conclude che "l’unica qualificazione del servizio di che trattasi rispettosa del dettato normativo che ne disciplina l’erogazione, porta a ricondurre il trasporto scolastico ad un servizio pubblico essenziale a garanzia del primario diritto allo studio la cui mancata fruizione può, di fatto, inibire allo studente il raggiungimento della sede scolastica, con conseguente illegittima compressione del diritto costituzionalmente garantito". Ciò anche in linea con le finalità generali del d.lgs. 63/2017 di sostegno del diritto allo studio.

A giudizio della suprema magistratura contabile, il fatto che il trasporto scolastico, "per le alunne e gli alunni delle scuole primarie statali [sia] assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati" (art. 5, co. 2, del d.lgs. 63/2017) non osta ad una forma di graduazione o di gratuità stabilita dall'ente locale, anche in base all'art. 3 del d. lgs. 63/2017, secondo cui tale servizio è "erogato in forma gratuita ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica". Sentenzia la Corte che la clausola di invarianza va infatti intesa nel senso che l’amministrazione deve provvedere attingendo alle “ordinarie” risorse finanziarie, umane e materiali di cui può disporre a legislazione vigente.

La Corte, contrariamente a quanto affermato dalle sezioni regionali di controllo, ha ammesso la riduzione o l'azzeramento della quota di partecipazione delle famiglie, motivando tale affermazione con una lettura combinata degli artt. 2, 3 e 5 del d.lgs. 63/2017, enunciando il seguente principio di diritto: «Gli Enti locali, nell’ambito della propria autonomia finanziaria, nel rispetto degli equilibri di bilancio, quali declinati dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) e della clausola d’invarianza finanziaria, possono dare copertura finanziaria al servizio di trasporto scolastico anche con risorse proprie, con corrispondente minor aggravio a carico all’utenza. Fermo restando i principi di cui sopra, laddove l’Ente ne ravvisi la necessità motivata dalla sussistenza di un rilevante e preminente interesse pubblico oppure il servizio debba essere erogato nei confronti di categorie di utenti particolarmente deboli e/o disagiati, la quota di partecipazione diretta dovuta dai soggetti beneficiari per la fruizione del servizio può anche essere inferiore ai costi sostenuti dall’Ente per l’erogazione dello stesso, o nulla o di modica entità, purché individuata attraverso meccanismi, previamente definiti, di gradazione della contribuzione degli utenti in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui gli stessi versano».

 

A fini interpretativi, l'articolo in commento reca una espressa previsione legislativa che consente quindi la riduzione o l'azzeramento della quota di partecipazione delle famiglie, a determinate condizioni, fermo restando l'art. 5 del d.lgs. 63/2017. Ciò al fine di potenziare il servizio di trasporto scolastico, rendendo effettivo l'esercizio del diritto allo studio.

 

Al riguardo, l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) evidenzia che il 50% delle scuole italiane non risulta raggiungibile tramite mezzi pubblici.

 

Si segnala comunque che l'art. 5, comma 2, del d.lgs. 63/2017 si riferisce testualmente al trasporto degli alunni e delle alunne delle scuole primarie statali, mentre il co. 1 dell'art. 5 del d.lgs. 63/2017 tratta in generale del trasporto scolastico per tutti gli ordini di scuola. Occorrerebbe dunque un chiarimento circa l'ambito di applicazione della disposizione in commento, che, menzionando "gli alunni", parrebbe riferita solo alla scuola primaria. Inoltre, si potrebbe valutare l'opportunità di un chiarimento in merito alla possibile efficacia retroattiva della disposizione in esame, considerato che essa intenderebbe avere - secondo la relazione illustrativa - natura interpretativa.

 

In base alla disposizione in commento, i parametri che legittimano la riduzione o l'azzeramento della quota di partecipazione diretta delle famiglie per il servizio di trasporto scolastico sono:

-      la "condizione" della famiglia (non vi sono specificazioni ulteriori in merito alle particolari circostanze in cui deve trovarsi la famiglia beneficiaria).

Sulla questione, si fa presente che l'art. 3 del d. lgs. 63/2017 stabilisce che "in caso di contribuzione delle famiglie, gli enti locali individuano i criteri di accesso ai servizi e le eventuali fasce tariffarie in considerazione del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente, di seguito denominato ISEE, ferma restando la gratuità totale qualora già prevista a legislazione vigente";

-      il rispetto dell’equilibrio di bilancio di cui all’articolo 1, commi da 819 a 826, della L.145/2018, da parte dell'ente locale.

Si rammenta che l'art. 1, co. da 819 a 826, della L. 145/2018 - commi che costituiscono princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica - stabilisce che le regioni a statuto speciale, le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Detti enti utilizzano il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa e si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell'esercizio non negativo. L'informazione di cui al periodo precedente è desunta, in ciascun anno, dal prospetto della verifica degli equilibri allegato al rendiconto della gestione. Dal 2021 detti principi si applicano anche alle regioni a statuto ordinario.

 

Le modalità con cui tale riduzione o azzeramento può essere disposto sono definite con delibera motivata da parte dell'ente locale.

 


 

Articolo 4
(Semplificazioni in materia di acquisti funzionali
alle attività di ricerca)

 

L'articolo 4 esclude le università statali e le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) dall'obbligo di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, e di utilizzare la rete telematica, di cui all'art. 1, co. 450 e 452, della L. 296/2006, come modificato da ultimo dalla L. 145/2018. Tale esclusione vale solo per l'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca.

 

L'art. 1, co. 450, primo periodo, della L. 296/2006, menzionando l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (su cui si veda il box a seguire), esclude dall'applicazione di tali disposizioni sul MEPA le "scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie", per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, senza alcuna precisazione in merito alla tipologia di acquisti che venivano effettuati.

L'art. 1, co. 450, secondo periodo, della L. 296/2006, impone poi il ricorso al MEPA o ad altri mercati elettronici per le "altre amministrazioni pubbliche", tra cui rientrerebbero più correttamente sia le università sia le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, effettivamente oggi soggette a tali obblighi.

Si segnala che, in virtù dell'art. 10, co. 3, del d.lgs. 218/2016, sono già esclusi dall'obbligo di far ricorso al MEPA, di cui all'art.1, co. 450, primo periodo, della L. 296/2006, e alle transazioni telematiche, di cui all'art. 1, co. 452 della medesima legge, anche gli enti di ricerca, in questo caso però con una precisazione relativa "all'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca."

 

In virtù della norma in commento, si esentano le università statali e le istituzioni AFAM anzitutto dall'obbligo di ricorrere al MEPA e si specifica comunque che tale esclusione dall'ambito di applicazione delle summenzionate disposizioni opera solo in relazione ad acquisti funzionali alle attività di ricerca. In tal modo, si equiparano università statali e AFAM agli enti di ricerca.

 

L'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) afferma che l'obbligo di ricorso al MEPA per le università e le istituzioni AFAM non è in linea con la Carta europea dei ricercatori, in virtù della quale i datori di lavoro e i finanziatori sono  tenuti ad "offrire attrezzature, apparecchi e opportunità adeguati, ivi compresa la collaborazione a distanza nell'ambito di reti di ricerca". Inoltre "i finanziatori dovrebbero garantire la fornitura di risorse adeguate a sostegno del programma di lavoro concordato".

 

Ad ogni modo, ai sensi dell'art. 1, co. 450, secondo periodo, della medesima legge, resterebbe comunque in vigore l'obbligo di fare ricorso al MEPA o ovvero ad altri mercati elettronici per acquisti non funzionalmente destinati alle attività di ricerca.

 

La relazione illustrativa specifica che equiparando le università statali e le istituzioni AFAM agli enti di ricerca si intende garantire loro un'adeguata competitività consentendo di comprimere i tempi e di effettuare le scelte più idonee in tema di beni e servizi funzionalmente destinati al progresso scientifico, "anche in settori di grande sensibilità come quello sanitario". La relazione tecnica prefigura anche la possibilità di un risparmio di spesa, prudenzialmente non computato, nella misura in cui la deroga all'utilizzo del MEPA consentirà di ottenere a prezzi più vantaggiosi attrezzature caratterizzate da una elevata specificità tecnica, presso fornitori non interessati a inserirsi nella piattaforma MEPA.

 

Mercato elettronico della pubblica amministrazione - MEPA

Si fa presente che l'art. 328 del D.P.R.207/2010 sul mercato elettronico - citato dall'art. 1, co. 450, della L. 296/2006 - è stato abrogato dal d.lgs. 50/2016 e successive modificazioni, recante il Codice dei contratti pubblici. In base all’articolo 3, comma 1, lettera bbbb), del d.lgs. 50/2016, il mercato elettronico è uno strumento di acquisto e di negoziazione che consente acquisti telematici per importi inferiori alla soglia di rilievo europeo basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via telematica.

Nel d.lgs. 163/2006 («Codice dei contratti pubblici», abrogato - a decorrere dal 19 aprile 2016 - dall’articolo 217, comma 1, lettera e) dello stesso d.lgs. 50/2016), l’unico riferimento al mercato elettronico (della pubblica amministrazione, indicato con l’acronimo MEPA) era contenuto nell’articolo 11, che rinviava alla disciplina contenuta nell’articolo 328 del D.P.R. 207/2010 (che ne costituiva il regolamento di esecuzione e che è del pari stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera u) dello stesso d.lgs. 50/2016); tale articolo disciplinava il mercato elettronico per gli acquisti “sotto soglia”.

La definizione testé riportata di mercato elettronico richiama quelle di “strumenti di acquisto” e “strumenti di negoziazione” recati dalle lettere successive del comma 1. Ai sensi della lettera cccc) sono strumenti di acquisto quegli “strumenti di acquisizione che non richiedono apertura del confronto competitivo”.  La medesima lettera chiarisce che rientrano tra gli strumenti di acquisto:

- le convenzioni quadro stipulate, ai sensi della normativa vigente, da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori;

- gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza quando gli appalti specifici vengono aggiudicati senza riapertura del confronto competitivo; 

- il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo. 

In base alla successiva lettera dddd) sono strumenti di negoziazione gli strumenti di acquisizione che richiedono apertura del confronto competitivo. Rientrano tra gli strumenti di negoziazione:

- gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza nel caso in cui gli appalti specifici vengono aggiudicati con riapertura del confronto competitivo; 

- il sistema dinamico di acquisizione realizzato da centrali di committenza; 

- il mercato elettronico realizzato da centrali di committenza nel caso di acquisti effettuati attraverso confronto concorrenziale; 

- i sistemi realizzati da centrali di committenza che comunque consentono lo svolgimento delle procedure ai sensi del medesimo d.lgs. 50/2016.

Le soglie di rilevanza comunitaria sono indicate dall'art. 35 del d.lgs. 50/2016 mentre la disciplina dei contratti sotto soglia è contenuta nell’art. 36 del d.lgs. 50/2016.

Si rammenta che, nella XVII legislatura, in occasione dell'esame della legge di bilancio 2018 (A.S. 2960), la 7a Commissione del Senato in sede di votazione sul rapporto inerente la Tabella 7, espresse una osservazione in base alla quale "si giudica[va] essenziale prevedere una semplificazione normativa del sistema universitario, valorizzando l'autonomia degli atenei anche attraverso l'abolizione del sistema del Mercato elettronico della pubblica Amministrazione (MEPA) per gli acquisti inerenti le attività di ricerca". In senso analogo, la VII Commissione della Camera dei deputati sul medesimo disegno di legge (A.C. 4768) approvò un emendamento volto ad escludere le università statali dall'applicazione delle disposizioni sull'obbligo di ricorso al MEPA, poi tuttavia non recepito nella sede di merito.

I medesimi soggetti (università statali e istituzioni AFAM) sono esclusi dall'ambito di applicazione delle disposizioni relative alle transazioni telematiche, di cui all'art. 1, co. 452, della L. 296/2006, sempre per l'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati alle attività di ricerca.

L'art. 1, co. 452, della L. 296/2006 stabilisce infatti che le transazioni compiute dalle amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, avvengono, per le convenzioni che hanno attivo il negozio elettronico, attraverso la rete telematica, salvo che la stessa rete sia temporaneamente inutilizzabile per cause non imputabili all'amministrazione procedente e sussistano ragioni di imprevedibile necessità e urgenza certificata dal responsabile dell'ufficio. Anche in questo caso, le "istituzioni universitarie" - benchè a rigore non rientranti nella nozione di "amministrazioni statali" - sembrerebbero già escluse, senza alcuna condizione, dall'obbligo di effettuare transazioni telematiche.

 

Si valuti dunque un coordinamento tra le disposizioni.

 

 


 

Articolo 5
(Semplificazioni in materia universitaria)

 

L'articolo 5 novella la L. 240/2010 per quanto attiene alla durata dell'abilitazione scientifica nazionale, alla possibilità per le università di procedere alla chiamata nel ruolo di professore di prima e di seconda fascia di soggetti già in servizio nella stessa università e di utilizzare fino a metà delle risorse disponibili per coprire i posti di professore di ruolo per le chiamate a professore di seconda fascia di ricercatori a tempo determinato di tipo B.

 

In particolare, il co. 1, lett. a), aumenta da sei a nove anni la durata dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN), prevista dall'art. 16, co. 1, della l. 240/2010. Attualmente, l'abilitazione - attestante la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori (rispettivamente, ordinari e associati) - ha durata di sei anni (fino al 2014 era quadriennale) e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia.

 

L'abilitazione scientifica nazionale

La disciplina per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale è stata introdotta dalla L. 240/2010 e rappresenta il presupposto per le chiamate dei professori universitari. Essa è stata in seguito modificata, passando da una procedura a indizione annuale ad una procedura "a sportello". Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione sono svolte per settori concorsuali che, in base all'art. 15 della stessa L. 240/2010, sono raggruppati in macrosettori concorsuali e possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari.

Nello specifico, il D.L. 90/2014 (L. 114/2014: art. 14) ha modificato la disciplina recata dalla stessa L. 240/2010 (artt. 15 e 16), prevedendo, in particolare:

· la sostituzione della indizione annuale delle procedure con la previsione che le domande di partecipazione sono presentate senza scadenze prefissate;

· l'eliminazione della partecipazione alla commissione nazionale di un commissario in servizio all'estero;

· il coinvolgimento di CUN e ANVUR nella definizione di criteri e parametri per l'attribuzione dell'abilitazione (da differenziare per settore concorsuale, e non più per area disciplinare) e la previsione che la prima verifica della adeguatezza degli stessi criteri dovesse essere effettuata dopo il primo biennio;

· la definizione del periodo in cui è precluso presentare una nuova domanda, in caso di mancato conseguimento dell'abilitazione;

· l'obbligatorietà del parere pro-veritate nel caso di candidati afferenti a un settore scientifico disciplinare non rappresentato nella commissione;

· l'aumento (da 4) a 6 anni della durata dell'abilitazione, riferendo l'aumento anche alle abilitazioni conseguite nelle tornate 2012 e 2013;

· la riduzione (da 30) a 20 del numero di professori di prima fascia che devono afferire a ciascun settore concorsuale;

· la previsione che i candidati che non avevano conseguito l'abilitazione nelle tornate 2012 e 2013 potevano ripresentare la domanda (dal 1° marzo 2015). 

E' stato dunque emanato il D.P.R. 95/2016, il cui art. 3, co. 1, ha disposto che con decreto del competente direttore generale del Ministero, adottato ogni due anni entro il mese di dicembre, sono avviate, per ciascun settore concorsuale e distintamente per la prima e la seconda fascia dei professori universitari, le procedure per il conseguimento dell'abilitazione. Ha, altresì, disposto che le domande dei candidati sono presentate, unitamente alla relativa documentazione e secondo le modalità indicate nel regolamento, durante tutto l'anno. L'art. 8, co. 3, a sua volta, ha disposto che la commissione conclude la valutazione di ciascuna domanda nel termine di tre mesi decorrenti dalla scadenza del quadrimestre nel corso del quale è stata presentata la candidatura. Su tale previsione è poi intervenuto il D.L. 244/2016 (L. 19/2017: art. 4, co. 5-sexies), estendendo il termine di 30 giorni.

Successivamente, è stato emanato il D.M. 120/2016, recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione della stessa abilitazione.

Con decreto direttoriale 29 luglio 2016, n. 1532, è stata poi definita, per il primo biennio, la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale e con decreto direttoriale 29 luglio 2016 n. 1531 è stata definita la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento della stessa.

Da ultimo, il D.L. 91/2018 (L. 108/2018: art. 6, co. 1) aveva prorogato (dal 6 agosto 2018) al 31 ottobre 2018 il termine entro il quale doveva essere conclusa la valutazione delle domande relative al V quadrimestre della tornata ASN avviata con il d.d. 1532/2016.

La procedura per la selezione dei commissari per il biennio 2018-2020 è stata avviata con d.d. 1502 del 30 aprile 2018, poi modificato con d.d. 2119 dell'8 agosto 2018.

Inoltre, con D.M. 589 dell'8 agosto 2018 sono stati definiti i nuovi valori soglia degli indicatori che devono essere raggiunti per la formazione delle Commissioni e per la valutazione dei candidati e con d.d. 2175 del 9 agosto 2018 è stato stabilito che la domanda di partecipazione per la nuova tornata di abilitazione scientifica nazionale deve essere presentata, telematicamente, nei seguenti termini:

a) I quadrimestre: a decorrere dal 10 settembre 2018 ed entro le ore 15.00 del 10 gennaio 2019;

b) II quadrimestre: a decorrere dall' 11 gennaio 2019 ed entro le ore 15.00 dell'11 maggio 2019;

c) III quadrimestre: a decorrere dal 12 maggio 2019 ed entro le ore 15.00 del 12 settembre 2019;

d) IV quadrimestre: a decorrere dal 13 settembre 2019 ed entro le ore 15.00 del 13 gennaio 2020;

e) V quadrimestre: a decorrere dal 14 gennaio 2020 ed entro le ore 15.00 del 14 maggio 2020.

Sulla questione, per ulteriori approfondimenti si veda La disciplina in materia di abilitazione scientifica nazionale sul sito internet della Camera dei deputati.

 

Conseguentemente, il co. 2 della disposizione in commento stabilisce che la durata delle abilitazioni scientifiche nazionali conseguite precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge è di nove anni dal relativo rilascio.

Si segnala che fino ad ora si sono svolte 4 tornate di abilitazione (2012, 2013, 2016 e 2018) e che, per ciascuna, la durata delle singole abilitazioni conseguite decorre dalla data di pubblicazione dei risultati sulla pagina web del Ministero, a conclusione delle operazioni di ricognizione, da parte del Ministero, degli atti trasmessi dalle rispettive commissioni nazionali. Qui maggiori dettagli.

La relazione illustrativa specifica che - senza l'allungamento della durata del titolo - a decorrere dal 20 dicembre 2019 alcune abilitazioni scientifiche nazionali andrebbero a scadere, con l'effetto di dover ricorrere a nuove procedure abilitative.

L'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), citando dati del MIUR, informa che fino al primo trimestre 2019 sono state riconosciute circa 87.000 abilitazioni a oltre 43.000 studiosi e ricercatori: di questi, 27.892 risultano ancora in attesa di chiamata, suddivisi in 13.461 di seconda fascia e 14.431 di prima.

 

Il co. 1, lett. b), modifica l'art. 24, co. 6 della L. 240/2010, prorogando di due anni il termine per la chiamata nel ruolo di professori di prima e seconda fascia di coloro che sono già in servizio nella stessa università come, rispettivamente, professori di seconda fascia e ricercatori a tempo determinato (si veda infra) in possesso di abilitazione scientifica nazionale. L'art. 24, co. 6, stabilisce infatti che, nell'ambito delle risorse disponibili, le università possono chiamare, nel ruolo di professore di prima e seconda fascia, professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato (ora ad esaurimento, si veda infra) in servizio nell'università medesima, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale. Tale previsione vale fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo all'entrata in vigore della L. 240/2010, ossia fino al 31 dicembre 2019 (la legge è entrata in vigore il 29 gennaio 2011). La novella in esame sposta tale termine di due anni, fissandolo al 31 dicembre 2021 (il 31 dicembre del decimo anno successivo all'entrata in vigore della L. 240).

Sempre l'art. 24, co. 6 dispone inoltre che, a decorrere dal nono anno dall'entrata in vigore della L. 240 (quindi fino al 2020), l'università può utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate di cui al comma 5 (cioè di ricercatori di tipo B). La novella in esame proroga tale termine di due anni, fissandolo al 2022 (l'undicesimo anno di entrata in vigore della L. 240).

 

La relazione illustrativa motiva l'intervento d'urgenza affermando che tali proroghe consentiranno "alle università di effettuare le chiamate rivolte a chi presta servizio presso le medesime università e di stipulare contratti di lavoro corrispondenti al ruolo per il quale è stata conseguita l'abilitazione, garantendo la continuità dell'azione didattica e di ricerca".

 

Si ricorda che l'art. 24, co. 5, consente alle università di valutare il ricercatore a tempo determinato titolare di contratto triennale di tipo B (cfr. il box sottostante) che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro.

 

Ricercatori a tempo determinato

La L. 240/2010, riprendendo il meccanismo a suo tempo previsto dalla L. 230/2005, ma mai diventato operativo, ha disposto che per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari è necessario acquisire l'abilitazione scientifica nazionale, che consente di partecipare alle procedure di chiamata indette dalle singole università. Inoltre, ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato cui segue, eventualmente, il passaggio al ruolo degli associati, previo conseguimento dell'abilitazione.

La L. 240/2010 (art. 24, co. 3, come modificato, da ultimo, dall'art. 5, co. 5-bis, del D.L. 34/2019-L. 58/2019) ha quindi individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti. La prima (tipo A) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte. La seconda (tipo B) consiste in contratti triennali, rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di tipo A, o che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell' art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all' art. 1, co. 14, della L. 230/2005).

Il procedimento di selezione è articolato in due stadi:

· valutazione preliminare, attraverso motivato giudizio analitico su titoli, curriculum e produzione scientifica, compresa la tesi di dottorato. I criteri e parametri di valutazione sono stati individuati con D.M. 243/2011;

· per i candidati comparativamente più meritevoli all'esito della valutazione preliminare, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e comunque non inferiore a 6 unità, discussione pubblica con la commissione dei titoli e della produzione scientifica, con attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni (di cui le università possono stabilire il numero massimo, comunque non inferiore a 12). Nel caso in cui i candidati sono pari o inferiori a 6, non si effettua la valutazione preliminare e costoro sono tutti ammessi alla discussione.

Sono escluse prove scritte e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l'adeguata conoscenza di una lingua straniera, che si svolge contestualmente alla discussione di titoli e pubblicazioni. La proposta di chiamata è effettuata dal dipartimento con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima e di seconda fascia ed è approvata con delibera del consiglio di amministrazione. I contratti a tempo determinato non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli. Essi costituiscono titolo di preferenza nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni.

Per maggiori informazioni si veda La disciplina per il reclutamento dei professori e per il conferimento di contratti per ricercatore universitario sul sito internet della Camera dei deputati.

 

 


 

Articolo 6
(Stabilizzazione di personale da parte degli enti pubblici di ricerca)

 

L’articolo 6 modifica le possibilità per gli enti pubblici di ricerca[26] di applicare la disciplina transitoria di carattere generale (cfr. infra) che consente, nel triennio 2018-2020, l'assunzione diretta a tempo indeterminato di dipendenti che abbiano rapporti a termine con pubbliche amministrazioni.

Si ricorda che la norma transitoria vigente (di cui all'articolo 20, comma 1, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, e successive modificazioni) - relativa alla generalità delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione di quelle ivi individuate[27] (nonché, in ogni caso, delle qualifiche dirigenziali) -consente tali assunzioni, limitatamente al suddetto triennio, qualora sussistano tutte le seguenti condizioni:

·     il soggetto risulti in servizio successivamente al 28 agosto 2015[28] con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione (ovvero anche, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, presso le amministrazioni con servizi associati);

·     sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali, anche se espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione;

·     abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni. Ai fini di quest'ultimo requisito, per la stabilizzazione presso amministrazioni finanziate dal fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE[29]) rilevano anche i periodi di servizio prestati presso altri enti e istituzioni di ricerca (ai sensi del comma 11 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni).

La novella di cui al presente articolo - che modifica, con l’inserimento dei commi 4-bis e 4-ter, l'articolo 12 del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 218[30] - prevede che per gli enti pubblici di ricerca:

-        il requisito del precedente reclutamento a tempo determinato con procedure concorsuali si intenda assolto anche qualora il soggetto abbia conseguito un'idoneità, per il medesimo profilo professionale, in graduatorie vigenti alla data del 22 giugno 2017[31], relative a procedure ordinarie o bandite ai sensi del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125[32] (capoverso 4-bis). Qualora ricorra tale nuova ipotesi (e non sussista, dunque, un precedente reclutamento in senso proprio), alle iniziative di stabilizzazione in oggetto si provvede mediante l'espletamento di prove selettive. Sembrerebbe opportuno specificare se la disciplina di queste ultime prove sia rimessa al singolo ente;

-        ai fini del requisito dei tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione (o, come detto, alle dipendenze di altro ente o istituzione di ricerca), si computino anche i periodi di attività svolti - con il medesimo ente che procede all’assunzione - in base ad un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa o in base al conferimento di un assegno di ricerca[33] (capoverso 4-ter). Si ricorda che recenti sentenze del Consiglio di Stato, a partire dalla sentenza della sezione sesta n. 4973 del 2019, hanno ritenuto - in difformità dall'interpretazione seguita in via amministrativa[34] - che la norma vigente richiami i soli periodi relativi a rapporti di lavoro subordinato e che in particolare (con riferimento alle fattispecie oggetto delle suddette decisioni giurisdizionali) ai fini del soddisfacimento del requisito in oggetto non rilevino i periodi svolti come assegnisti di ricerca. Si rileva che la novella in esame fa riferimento ai soli rapporti (di collaborazione coordinata e continuativa o come assegnisti di ricerca) con il medesimo ente che procede all’assunzione. Tuttavia, come detto, il comma 11 dell'articolo 20 del D.Lgs. n. 75 del 2017, e successive modificazioni, fa riferimento, ai fini del conseguimento del requisito in oggetto per la stabilizzazione presso amministrazioni finanziate dal fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE)[35], anche ai periodi di servizio prestati presso altri enti e istituzioni di ricerca.

Sembrerebbe opportuna una più chiara definizione di tale profilo. Sembrerebbe inoltre opportuno chiarire se la novella di cui al capoverso 4-ter abbia natura di interpretazione autentica e, quindi, retroattiva e se la formulazione della stessa novella, essendo riferita ai soli enti pubblici di ricerca, abbia l'effetto di escludere che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa presso altre amministrazioni rilevino - ai fini del soddisfacimento del requisito in esame - per la stabilizzazione presso le medesime amministrazioni.

 

 

Si ricorda che l’art. 1, co. 668-670 e 674, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto l’istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze di un apposito fondo, con una dotazione di € 13 mln per il 2018 ed € 57 mln annui a decorrere dal 2019, per la stabilizzazione del personale in servizio presso gli enti pubblici di ricerca (ad eccezione di CREA e INAPP, per i quali i co. 673 e 811 dello stesso articolo hanno autorizzato specifiche spese per la stabilizzazione del personale precario, pari, rispettivamente, a € 10 mln per il 2018, € 15 mln per il 2019 e € 20 mln annui dal 2020, e a € 3 mln per il 2018, € 6 mln per il 2019 e € 9 mln annui dal 2020), e la possibilità, per gli stessi enti, medio tempore, di prorogare i contratti a tempo determinato. Ha, altresì, demandato ad un DPCM la definizione dei criteri di riparto delle risorse e l’individuazione degli enti beneficiari.

In attuazione, è intervenuto il DPCM 11 aprile 2018, che ha ripartito le risorse fra 12 enti pubblici di ricerca, considerato che alcuni enti avevano già proprie risorse sufficienti alla stabilizzazione del personale precario, che un ente aveva comunicato di non avere personale da stabilizzare e che, infine, altri enti non avevano fornito i dati richiesti.

Inoltre, il co. 671 ha previsto che gli enti di ricerca beneficiari del finanziamento destinano alle assunzioni risorse proprie aventi carattere di certezza e stabilità, in misura pari ad almeno il 50% dei finanziamenti ricevuti.

Infine, allo scopo di incentivare il cofinanziamento per la stabilizzazione del personale disciplinata dai co. 668-671, i co. 647 e 648 del medesimo art. 1 avevano individuato nuovi criteri per l’assegnazione agli enti di ricerca vigilati dal MIUR della quota premiale del Fondo ordinario (FOE) relativa agli anni 2016 e 2017, pari, rispettivamente, a 69,5 mln e a € 68 mln.

Successivamente, il DM 568 del 26 luglio 2018, relativo al riparto del FOE per il 2018, ha destinato alle stabilizzazioni in questione € 68 mln, ripartendo la somma proporzionalmente all’assegnazione ordinaria.

Ancora in seguito, con comunicato stampa del 30 luglio 2018, il MIUR aveva reso noto che € 68 mln del FOE sarebbero stati destinati, a regime, alla medesima finalità.

Al riguardo, si veda lo schema di riparto del Fondo ordinario per gli enti di ricerca per il 2019 (AG n. 100), nel quale alla finalità indicata, come ben emerge dalla relazione illustrativa, sono stati destinati € 67.921.212.

Da ultimo, nei pareri resi sul medesimo schema, rispettivamente il 18 settembre 2019 e il 24 settembre 2019, la VII Commissione della Camera e la 7^ Commissione del Senato hanno formulato la condizione che siano incrementate le assegnazioni ordinarie da destinare alla stabilizzazione, coprendo sia i costi salariali ordinari che quelli accessori. Inoltre, tali pareri hanno formulato la condizione che i fondi destinati alla stabilizzazione siano utilizzati dagli enti assegnatari entro il 31 dicembre 2020 esclusivamente per tale finalità, procedendo, in caso contrario, alla redistribuzione proporzionale agli enti che se ne siano pienamente avvalsi.

 

 

Il D.Lgs. 75/2017, nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche di cui alla L. 124/2015 all'articolo 20, al fine di ridurre il precariato nella P.A., contiene disposizioni per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso una specifica procedura di stabilizzazione, sia attraverso il bando di specifici concorsi riservati.

Per quanto riguarda l'articolo 20, esso consente alle amministrazioni pubbliche, nel triennio 2018-2020, di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale con specifici requisiti, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.

Più specificamente, si prevede, nel triennio 2018-2020, la facoltà, per le amministrazioni, di procedere alla stabilizzazione (in accordo con il nuovo piano triennale dei fabbisogni individuato dal precedente articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria) del personale non dirigenziale che al 22 giugno 2017 possegga tutti i seguenti requisiti:

§  sia in servizio con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione;

§  sia stato già selezionato dalla stessa amministrazione con procedure concorsuali;

§  abbia maturato alle dipendenze dell'amministrazione che assume almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni.

Allo stesso tempo, le amministrazioni interessate possono bandire (nello stesso triennio 2018-2020) specifiche procedure concorsuali (nel rispetto del nuovo piano triennale dei fabbisogni individuato dal precedente articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria), riservati, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale che alla medesima data (22 giugno 2017) possegga tutti i seguenti requisiti:

§  sia in servizio con contratti di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

§  abbia maturato alle dipendenze dell'amministrazione che assume almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni.

Le suddette disposizioni incontrano delle limitazioni. In particolare:

·       non possono essere stabilizzate e non rientrano nei concorsi riservati le attività attinenti ai servizi prestati negli uffici di diretta collaborazione né quelli prestati in virtù di contratti (stipulati negli enti locali) a tempo determinato relativi agli uffici di supporto degli organi politici e degli incarichi a contratto;

·       le amministrazioni interessate dalla stabilizzazione e dai concorsi riservati non possono instaurare ulteriori rapporti di lavoro flessibile, per le professionalità interessate, fino al termine delle richiamate procedure, mentre hanno facoltà di prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i partecipanti alle procedure richiamate fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili;

·       le procedure richiamate non possono essere applicate dai comuni che non abbiano rispettato (in ciascuno degli anni del quinquennio 2012-2016) i vincoli di finanza pubblica[36];

·       non si applicano al personale docente e ATA della scuola e alle Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica

·       per il personale medico, tecnico professionale e infermieristico del S.S.N. continua ad applicarsi la disciplina dei concorsi straordinari, la cui efficacia è prorogata al 31 dicembre 2018 per l’indizione dei concorsi, al 31 dicembre 2019 per la loro conclusione e al 31 ottobre 2018 per la stipula di nuovi contratti di lavoro flessibile.

 

 


 

Articolo 7
(Insegnamento dell’educazione civica)

 

L'articolo 7 reca una novella all'art. 2 della L. 92/2019 sull'insegnamento scolastico dell'educazione civica. In particolare, inserendo il co. 9-bis, si precisa che l'introduzione dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica non determina un incremento della dotazione organica complessiva e non determina l'adeguamento dell'organico dell'autonomia alle situazioni di fatto oltre i limiti del contingente previsto dall'art.1, co. 69, della L. 107/2015.

 

Si ricorda che l'art. 2, co. 8, della suddetta L. 92/2019 già prevede che dall'introduzione dell'insegnamento dell'educazione civica non devono derivare incrementi o modifiche dell'organico del personale scolastico, né ore d'insegnamento eccedenti rispetto all'orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti.

 

La L. 92/2019 ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all'entrata in vigore della legge (che è entrata in vigore il 5 settembre 2019), è istituito nel primo e nel secondo ciclo di istruzione l'insegnamento trasversale dell'educazione civica. Nella scuola dell'infanzia sono avviate iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile.

 

Ad agosto 2019 il MIUR aveva predisposto una bozza di decreto ministeriale per un avvio sperimentale, già dall'anno scolastico 2019/2020, dell'insegnamento obbligatorio dell'educazione civica. Su tale bozza il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), con parere reso l'11 settembre 2019, ha affermato che "il progetto di sperimentazione non risponde[va] alle condizioni previste in caso di promozione di progetti sperimentali, atteso che:

•   non individua[va] la platea delle istituzioni scolastiche potenzialmente coinvolte e le modalità di adesione delle scuole interessate;

      non prevede[va] una “durata definita” del progetto sperimentale proposto, ma si limita[va] ad indicare che esso [fosse] attuato dall'anno scolastico 2019/20;

      non indica[va] con chiarezza gli “obiettivi” che [avrebbero dovuto] caratterizzare la sperimentazione proposta, le finalità e i risultati attesi;

      non si prevede[va] alcuna “valutazione di risultati “: [era] assente ogni riferimento ai soggetti, alle modalità e ai tempi con cui si intende[va] procedere alla valutazione dei risultati della sperimentazione proposta.

A fronte del parere negativo del CSPI il MIUR, con nota 1830 del 12 settembre, ha confermato anzitutto l'avvio dell'insegnamento dell'educazione civica a partire dall'anno scolastico 2020/2021, ha ritenuto di accogliere il parere del CSPI e, pertanto, di non dare seguito alla sperimentazione per l’anno scolastico in corso. Il Ministero ha infine preannunciato la costituzione di un Comitato tecnico-scientifico per la redazione delle Linee guida previste dall’art. 3 della L. 92/2019.

 

Le scuole prevedono nel curricolo di istituto l'insegnamento trasversale dell'educazione civica, specificandone anche, per ciascun anno di corso, l'orario, che non può essere inferiore a 33 ore annue, da svolgersi nell'ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti. Per raggiungere il predetto orario gli istituti scolastici possono avvalersi della quota di autonomia utile per modificare il curricolo.

Nel primo ciclo, detto insegnamento è affidato in contitolarità ai docenti sulla base del curricolo, utilizzando le risorse dell'organico dell'autonomia, mentre, nel secondo ciclo, esso è affidato ai docenti abilitati all'insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili nell'ambito dell'organico dell'autonomia.

 

Si fa presente che l'organico dell'autonomia è stato istituito dalla legge n. 107/2015, all'articolo 1, co. 5, 63, 64 e 68. Esso rappresenta l'organico complessivo della scuola ed è funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche secondo il Piano triennale dell'offerta formativa (PTOF). L'organico dell'autonomia è costituito dai posti comuni, dai posti per il sostegno e dai posti per il potenziamento dell'offerta formativa, senza che ciò produca una distinzione contrattuale tra docenti curriculari e docenti di potenziamento. Dall'anno scolastico 2016-2017 l'organico dell'autonomia è determinato ogni tre anni su base regionale.

Si rammenta inoltre che l'art. 1, co. 69 della L. 107/2015, per far fronte ad esigenze di personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia, a decorrere dall'anno scolastico 2016/2017, ha previsto la costituzione annuale di un ulteriore contingente di posti (c.d. organico di fatto) non facenti parte dell'organico dell'autonomia né disponibili, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo. Alla copertura di tali posti si provvede a valere sulle graduatorie di personale aspirante alla stipula di contratti a tempo determinato previste dalla normativa vigente ovvero mediante l'impiego di personale a tempo indeterminato con provvedimenti aventi efficacia limitatamente ad un solo anno scolastico.

 

 

 

 


 

Articolo 8, commi 1 e 4
(Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche)

 

L’articolo 8, comma 1, prevede, per il 2019, un incremento di € 8.426.000 del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, cui si provvede, in base al comma 4, ai sensi dell’articolo 9.

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, la dizione corretta è “Fondo per il funzionamento” e non “Fondo di funzionamento”.

 

Al contempo – v. scheda art. 9 – le risorse del Fondo sono ridotte di € 4 mln annui per il 2020, 2021 e 2022, a copertura degli oneri recati da altre disposizioni del decreto-legge.

 

Il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche è stato istituito nello stato di previsione del MIUR dall’art. 1, co. 601, della L. 296/2006.

Nella Nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili.

Da ultimo, l’art. 1, co. 763, della L. 145/2018 ha incrementato le risorse del Fondo di € 174,31 mln nel 2020 e di € 79,81 mln nel 2021.

Le risorse del Fondo sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394. In base alla L. 110/2019 (L. di assestamento 2019), esse erano pari, per il 2019, a € 918,9 mln in conto competenza (in particolare, registrando un decremento di € 17,3 mln rispetto a quanto risultante dal DM 31 dicembre 2018, di riparto in capitoli delle risorse stanziate dalla L. 145/2018-L. di bilancio 2019). In base alla L. di bilancio 2019, per il 2020 e il 2021 esse erano invece pari, rispettivamente, a € 610,3 mln e a € 515,8 mln.

I criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per il 2019 sono stati adottati con DM 28 febbraio 2019, n. 174 (richiamato nella premessa di vari bandi successivamente adottati per l’assegnazione delle risorse[37]).

 


 

Articolo 8, commi 2 e 4
(Fondo “La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica)

 

L’articolo 8, comma 2, prevede l’incremento di € 10,5 mln per il 2019 del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» cui si provvede, in base al comma 4, ai sensi dell’articolo 9.

 

Al contempo – v. scheda art. 9 – le risorse del Fondo sono ridotte di € 4,26 mln per il medesimo 2019, a copertura degli oneri recati da altre disposizioni del decreto-legge.

 

Il «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» è stato istituito nello stato di previsione del MIUR dall’art. 1, co. 202, della L. 107/2015. Le relative risorse – rideterminate rispetto allo stanziamento iniziale da disposizioni legislative successivamente intervenute – sono state allocate sul cap. 1285.

Nella L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) sul cap. 1285 non risultavano stanziate risorse per il triennio 2018-2020, mentre risultavano istituiti nuovi capitoli a seguito di d.lgs. emanati ai sensi dell’art. 1, co. 180 e 181, lett. e), f), g), della stessa L. 107/2015[38]. Alle risorse del Fondo, peraltro, si era attinto anche per la copertura di altri oneri[39].

Successivamente, come ricordato nella scheda relativa all’art. 2, co. 1 e 2, del decreto-legge in commento, l’art. 10, co. 2, del D.L. 135/2018 (L. 12/2019) – come modificato dall’art. 5-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) – ha disposto che le risorse stanziate negli anni 2018 e 2019 per il semiesonero del personale frequentante il corso conclusivo del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento dei dirigenti scolastici – non più necessarie a tale scopo in virtù delle modifiche apportate alla procedura dal co. 1 – confluivano nel Fondo nella misura di € 8,26 mln per il 2018 e di € 4,26 mln per il 2019.

Ancora in seguito, l’art. 1, co. 793, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha incrementato il Fondo di € 26,1 mln nel 2021, € 9,4 mln nel 2022, € 36,9 mln nel 2023, € 38,2 mln nel 2024, € 52,3 mln nel 2025, € 54,7 mln nel 2026, € 88,5 mln nel 2027 e € 85,5 mln annui dal 2028[40].

 


 

Articolo 8, comma 3
(Utilizzo da parte delle università di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche)

 

L’articolo 8, comma 3, riduce (da € 25,8 mln) a € 12,3 mln per il solo 2019 il limite di spesa connesso all’utilizzo da parte delle università di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 4, della L. 315/1998, in base al quale il personale docente può essere destinato a svolgere attività di tutor nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria. La stessa possibilità era prevista anche con riguardo ai percorsi universitari abilitanti per l’insegnamento nelle scuole secondarie, ora non più attivati.

 

Il medesimo limite di spesa resta comunque fissato a € 25,8 mln annui a decorrere dal 2020.

Ciò sembrerebbe essere connesso alla revisione dei percorsi di formazione e abilitazione del personale docente, annunciata – come esplicitato nella scheda relativa all’art. 1, co. 1-16 e 19 – nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019.

 

Prima della riforma operata con il d.lgs. 59/2017 – come modificato dall’art. 1, co. 792 e 794-796, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) (v. scheda art. 1, co. 1-16 e 19) –, la formazione iniziale per l’accesso nei ruoli del personale docente della scuola secondaria era disciplinata con il regolamento emanato (sulla base dell’art. 2, co. 416, della L. 244/2007) con DM 249/2010.

In particolare, il DM 249/2010 disponeva che il percorso formativo per insegnare nella scuola secondaria si articolava in un corso di laurea magistrale o, per l'insegnamento di discipline artistiche, musicali e coreutiche, in un corso di diploma accademico di II livello a indirizzo didattico, e in un successivo tirocinio formativo attivo (TFA), di durata annuale, che si concludeva con la stesura di una relazione e con l'esame finale con valore abilitante. Tale percorso aveva sostituito il percorso effettuato, fino all'a.a. 2007-2008, nelle scuole di specializzazione (SSIS). Per il percorso formativo erano previsti tutor coordinatori e tutor dei tirocinanti. Nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico erano presenti anche tutor organizzatori. I tutor erano docenti e dirigenti in servizio nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.

 


 

Articolo 8, comma 5
(Valorizzazione del merito dei docenti)

 

L’articolo 8, comma 5, prevede che il bonus per la valorizzazione del merito, inizialmente destinato solo ai docenti di ruolo, sia destinato anche ai docenti con contratto a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) o fino al termine dell’anno scolastico (30 settembre).

A tal fine, novella l’art. 1, co. 128, della L. 107/2015.

In tal modo, si adegua la previsione legislativa a quanto già definito a livello contrattuale.

 

Infatti, l’estensione del bonus per la valorizzazione del merito anche ai docenti a tempo determinato è stata esplicitamente prevista dall’art. 8 dell’ipotesi di contrattazione collettiva integrativa nazionale del comparto istruzione e ricerca – sezione istituzioni scolastiche ed educative siglata il 18 settembre 2019 e finalizzata alla individuazione dei criteri per la ripartizione, per l’a.s. 2019/2020, delle risorse del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa.

 

Al riguardo, si ricorda che il Fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo è stato istituito dall’art. 1, co. 126-130, della L. 107/2015, con uno stanziamento di € 200 mln annui a decorrere dal 2016 (c.d. bonus docenti). Le risorse, ripartite su base territoriale, sono assegnate ai docenti dal dirigente scolastico sulla base di criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti ed effettuando una motivata valutazione.

In particolare, il Comitato individua i criteri sulla base:

a) della qualità dell'insegnamento e del contributo al miglioramento dell'istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti;

b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell'innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche;

c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.

Al termine del triennio 2016-2018, gli Uffici scolastici regionali dovevano inviare al MIUR una relazione sui criteri adottati dalle istituzioni scolastiche per il riconoscimento del merito dei docenti, ai fini della predisposizione di linee guida valide a livello nazionale.

I criteri di riparto del fondo per la valorizzazione del merito del personale docente sono stati inizialmente definiti con DM 14 marzo 2016, n. 159, che, in particolare, aveva previsto la destinazione delle risorse per l’80% in proporzione al numero di docenti di ruolo in servizio presso ogni istituzione scolastica ed educativa statale e per il 20% sulla base di indicatori, presi in considerazione con il medesimo peso, che tenevano conto delle percentuali di alunni con disabilità e di alunni stranieri, del numero medio di alunni per classe, della percentuale di sedi scolastiche in aree totalmente montane o in piccole isole[41] [42].

 

Successivamente, per i medesimi fini di valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, l’art. 1, co. 592 e 593, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto l’istituzione di una apposita sezione nell’ambito del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF), con uno stanziamento di € 10 mln nel 2018, € 20 mln nel 2019 ed € 30 mln annui dal 2020. Ha, altresì, disposto che nella definizione delle modalità di utilizzo delle risorse devono essere rispettati i criteri relativi a valorizzazione dell’impegno in attività di formazione, ricerca e sperimentazione didattica e valorizzazione del contributo alla diffusione nelle istituzioni scolastiche di modelli per una didattica per lo sviluppo delle competenze.

 

Ancora in seguito, l’art. 40 del CCNL relativo al comparto Istruzione e ricerca, riferito agli anni 2016, 2017 e 2018, e sottoscritto il 19 aprile 2018, ha disposto che, dall’a.s. 2018/2019, confluivano in un unico (nuovo) fondo, denominato “Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”, tra l’altro, le risorse di cui all’art. 1, co. 126, della L. 107/2015 e quelle di cui all’art. 1, co. 592, della L. 205/2017. Al contempo, il Fondo era ridotto, per il 2018, di € 80,00 mln e, a decorrere dal 2019, di € 100 mln annui, anche a valere sulle disponibilità dell’art. 1, co. 126 della L. 107/2015, in misura pari a € 70 mln per il 2018, € 50 mln per il 2019 ed € 40 mln annui, a regime, dal 2020, al fine di finanziare quota parte degli incrementi della retribuzione professionale docente (previsti dall’art. 38 dello stesso CCNL).

Le risorse del Fondo devono essere ripartite, a livello di contrattazione integrativa nazionale, secondo i criteri indicati nell’art. 22 del CCNL che, per quanto qui interessa, ha disposto che sono oggetto di contrattazione integrativa, a livello di istituzione scolastica, i criteri generali per la determinazione dei compensi finalizzati alla valorizzazione del personale, compresi quelli riconosciuti al personale docente ai sensi dell’art. 1, co. 126, della L. 107/2015[43].

 

Successivamente, peraltro, considerata la necessità che le risorse relative al Fondo per la valorizzazione del personale docente pervenissero alle istituzioni scolastiche in tempi ristretti, superando le difficoltà relative all'interpretazione delle nuove disposizioni contrattuali, è stata valutata l'opportunità di giungere ad un'intesa sull'individuazione di criteri di riparto a livello nazionale.

 

L’intesa, firmata il 25 giugno 2018, nel riprendere quanto già definito, per il riparto delle risorse, dal DM 159/2016, aveva fatto riferimento, per la quota dell'80%, al numero di posti relativi alla dotazione organica del personale docente (e non più al solo personale docente di ruolo) di ogni istituzione scolastica ed educativa statale, senza specificare nulla di nuovo circa i destinatari delle risorse.

Da ultimo, l’ipotesi di intesa firmata, per l’a.s. 2019/2020, il 18 settembre 2019, nel confermare i criteri di riparto delle risorse destinate alla valorizzazione del personale docente – pari complessivamente a € 142.800.000 –, ha stabilito anche che destinatari delle risorse sono i docenti a tempo determinato e a tempo indeterminato.

 


 

Articolo 9
(Copertura finanziaria)

 

L’articolo 9 reca la copertura finanziaria delle disposizioni del decreto-legge recanti oneri.

 

Si tratta della copertura di oneri complessivi per € 21,076 mln per il 2019, € 12,080 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, e € 8,080 mln annui a decorrere dal 2023 – che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a € 32,137 mln per il 2019, € 16,086 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 e € 12,086 mln a decorrere dal 2023 – derivanti, in particolare, da:

§  acquisizione dei 24 CFU/CFA da parte dei vincitori della procedura straordinaria immessi in ruolo, con un onere complessivo di € 4 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 (art. 1, co. 13, lett. a));

§  autorizzazione di spesa per € 180 mila annui dal 2021 per la formazione iniziale dei dirigenti scolastici (art. 2, co. 2);

§  autorizzazione di spesa per € 170 mila nel 2019 e € 180 mila nel 2020 per lo svolgimento del concorso per l’assunzione di 59 dirigenti tecnici, cui conseguono maggiori oneri per spese di personale pari a € 7,90 mln annui dal 2021 (art. 2, co. 3);

§  rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa per € 1,98 mln nel 2019 ed € 7,90 mln nel 2020 per l’attribuzione di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale per le funzioni ispettive (art. 2, co. 4);

§  incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per € 8,426 mln nel 2019 (art. 8, co. 1 e 4);

§  incremento del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» per € 10,5 mln nel 2019 (art. 8, co. 2 e 4).

 

Ai maggiori oneri si provvede, in particolare:

§  quanto a € 13,5 mln per il 2019 e € 8,260 mln annui dal 2020 – che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a € 14,460 mln per il 2019 e € 12,092 mln annui dal 2020 – mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti da:

-        trasformazione, a regime, della procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici (art. 2, co. 1, lett. a)).

La relazione tecnica evidenzia che la disposizione – comportando il venir meno del semi-esonero già previsto per i soggetti che avrebbero frequentato il corso di formazione universitario –comporterà un miglioramento del saldo netto da finanziare di € 8,26 mln annui dal 2020;

-        riduzione (da € 25,8 mln) a € 12,3 mln per il 2019 del limite di spesa connesso all’utilizzo da parte delle università di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche (art. 8, co. 3);

§  quanto a € 4 mln annui per il 2020, 2021 e 2022, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (v. scheda art. 8, co. 1 e 4);

§  quanto a € 4,26 mln per il 2019 mediante corrispondente riduzione delle risorse del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (v. scheda art. 8, co. 2 e 4);

§  quanto a € 8,426 mln per il 2019 mediante corrispondente riduzione delle risorse per l’organizzazione dei concorsi per i docenti della scuola secondaria, di cui all’art. 19, co. 1, del d.lgs. 59/2017.

L’art. 19, co. 1, del d.lgs. 59/2017 – come sostituito dall'art. 1, co. 792, lett. p), n. 1), della L. 145/2018 – ha autorizzato una spesa di € 7.009.000 per il 2018 e di € 13.426.000 annui a decorrere dal 2019, quale limite di spesa complessiva per gli oneri di organizzazione dei concorsi per i docenti della scuola secondaria, compresi i compensi ai componenti e ai segretari delle commissioni giudicatrici e gli eventuali oneri derivanti dal funzionamento della commissione nazionale di esperti per la definizione delle tracce delle prove d’esame e delle relative griglie di valutazione, di cui all'art. 3, co. 6, del medesimo d.lgs;

§  quanto a € 5,040 mln per il 2019, mediante utilizzo delle risorse di cui all’art. 20, co. 4, del d.lgs. 66/2017, che aveva previsto di destinare, per il medesimo anno, tali risorse alla costituzione dei Gruppi territoriali per l’inclusione degli studenti con disabilità (GIT)[44].

Articolo 10
(Entrata in vigore)

 

L’articolo 10 dispone l’entrata in vigore del decreto-legge nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

 



[1] V. anche qui.

 

[2]     Cfr., ad esempio, il DM 21 febbraio 2019, n. 118, di distribuzione fra le università dei 14.224 posti disponibili per l’anno accademico 2018/2019 per le specializzazioni sul sostegno.

[3]     L’art. 22, co. 2, del d.lgs. 59/2017 prevede che, per i concorsi a posti di insegnante tecnico-pratico banditi fino all'a.s. 2024/2025, rimangono fermi i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso (v. infra, in nota).

[4]     Al riguardo, si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza 251/2017, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, co. 110, ultimo periodo, della L. 107/2015 e, in via consequenziale, dell'ultimo periodo dell’art. 17, co. 3, del d.lgs. 59/2017, che avevano previsto l’impossibilità, per i docenti di ruolo presso le scuole statali, di partecipare al concorso previsto dallo stesso comma (v. infra).

[5]     L’art. 2 del DPR 19/2016 – adottato a norma dell'art. 64, co. 4, lett. a), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) – ha stabilito che:

-      con la Tab. A allegata sono individuate le classi di concorso per la scuola secondaria di primo e secondo grado, nonché gli insegnamenti ad esse relativi, i titoli necessari per l'accesso ai percorsi di abilitazione di cui ai DM 30 gennaio 1998, 270/2004 e 22/2005, e le corrispondenze con le classi di concorso di cui alle Tab. A e D, allegate al DM 30 gennaio 1998;

-      con la Tab. B sono individuate le classi di concorso a posti di insegnante tecnico-pratico per la scuola secondaria di primo e secondo grado, nonché gli insegnamenti ad esse relativi, i titoli necessari per l'accesso ai percorsi di abilitazione di cui al DM 30 gennaio 1998 e ai DPR 87/2010 e 88/2010, e le corrispondenze con le classi di concorso di cui alla Tab. C allegata al DM 30 gennaio 1998;

-      con la tab. A/1 è individuata la corrispondenza tra gli esami del vecchio ordinamento, indispensabili per l'accesso alle classi di concorso, ed altri esami di contenuto omogeneo.

Successivamente, alla luce degli elementi emersi in fase di prima applicazione, il MIUR ha ritenuto di dover nuovamente intervenire, ai sensi dell’art. 405 del d.lgs. 297/1994 (in base al quale il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede con proprio decreto alla revisione periodica della tipologia delle classi di concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente). E’ stato, dunque, emanato il DM 259/2017.

[6]     A seguito di quanto previsto dall’art. 1, co. 114, della L. 107/2015, il 26 febbraio 2016 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale n. 16 tre bandi di concorso per titoli ed esami (per complessivi 63.712 posti, di cui 57.611 comuni e 6.101 di sostegno) finalizzati, rispettivamente, al reclutamento di personale docente per posti comuni nella scuola dell'infanzia e primaria, per posti comuni nella scuola secondaria di primo e secondo grado e per posti di sostegno nella scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado.

      In particolare, i posti sono stati così ripartiti per grado di istruzione: infanzia 7.237 (6.933 comuni e 304 di sostegno); primaria 21.098 (17.299 comuni e 3.799 di sostegno); secondaria di I grado 16.616 (15.641 comuni e 975 di sostegno); secondaria di II grado 18.255 (17.232 comuni e 1.023 di sostegno).

[7]     A seguito dell’art. 17, co. 2, lett. b), e co. 3, del d.lgs. 59/2017, che ha previsto l’indizione di un concorso riservato a docenti già abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, è stato emanato il DM 15 dicembre 2017, che ha definito le modalità di espletamento del concorso. Nella GU-IV serie speciale del 16 febbraio 2018 è, poi, stato pubblicato il bando.

[8]     In base al bando, la prova orale del concorso straordinario per la scuola secondaria avviato nel 2018 aveva per oggetto il programma di cui all'Allegato A del DM 95/2016, relativo al concorso ordinario avviato nel 2016.

[9]     In base all’art. 33, co. 5, della L. 104/1992, il lavoratore che assiste persona con handicap in situazione di gravità ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. In base al successivo co. 6, per quanto qui più interessa, la persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

[10]   Il comitato per la valutazione del servizio dei docenti è disciplinato dall’art. 11 del d.lgs. 297/1994, come modificato dall'art. 1, co. 129, della L. 107/2015. Esso è istituito presso ogni istituzione scolastica, ha durata di tre anni scolastici, è presieduto dal dirigente scolastico ed è costituito da: tre docenti dell'istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto; due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto; un componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. Oltre ad esprimere il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo, il comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti.

[11]   Obiettivi, modalità e criteri per la valutazione del personale docente in periodo di formazione e di prova sono stati definiti con DM 27 ottobre 2015, n. 850, le cui caratteristiche salienti sono state sostanzialmente confermate, da ultimo, dalla Nota MIUR 4 settembre 2019, n. 39533, recante indicazioni per il periodo di formazione e prova per i docenti neo-assunti e per i docenti che hanno ottenuto il passaggio di ruolo per l'a.s. 2019-2020. Un ambiente di supporto all’anno di formazione e prova è stato creato sul sito dell’INDIRE.

[12]   In base alla disposizione citata, le graduatorie hanno validità triennale a decorrere dall'a.s. successivo a quello di approvazione delle stesse e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del predetto triennio.

[13]   Le disposizioni citate prevedono, per tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale, che il Consiglio dei ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale.

[14]   In base all’art. 2 del regolamento, per semiesonero dal servizio si intendeva l’esenzione al 50% dai normali obblighi di servizio, ferma restando la validità a tutti gli effetti della quota di servizio non prestato come servizio di istituto nella scuola.

[15]   Il bando del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, per complessivi 2.416 posti, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale del 24 novembre 2017, n. 90.

[16]   Il bando per ulteriori 9 posti di dirigente scolastico, destinati alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale del 3 agosto 2018, n. 61.

[17]   Al riguardo, si ricorda che il TAR Lazio, con sentenze n. 8655 del 2 luglio 2019 e n. 8670 del 3 luglio 2019, ha annullato la procedura concorsuale per illegittimità della composizione della Commissione plenaria nella seduta in cui sono state redatte le griglie di valutazione delle prove scritte e i quesiti di lingua straniera.

Successivamente, la VI sezione del Consiglio di Stato, con Ordinanze nn. 3512 e 3514 del 12 luglio 2019 – ritenendo preminente l’interesse pubblico alla tempestiva conclusione della procedura concorsuale, anche tenuto conto della tempistica prevista per la procedura di immissione in ruolo dei candidati vincitori e per l’affidamento degli incarichi di dirigenza scolastica con decorrenza dal 1° settembre 2019 – ha accolto l’istanza cautelare presentata dal MIUR, sospendendo l’esecutività delle sentenze del TAR Lazio 8655/2019 e 8670/2019 e fissando l’udienza di merito per il 17 ottobre 2019. L’udienza di merito è poi stata rinviata al 12 marzo 2020.

Con D.D. 1° agosto 2019, n. 1205, è stata pubblicata la graduatoria del concorso. In pari data, con nota prot. n. 35372, è stato reso noto che risultavano vacanti e disponibili 1.984 posti di dirigente scolastico nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Ai candidati utilmente collocati nei primi 1.984 posti è stato dunque chiesto di indicare l’ordine di preferenza tra le 17 regioni.

L’8 agosto 2019 è stata pubblicata l’assegnazione regionale dei vincitori. Il comunicato stampa evidenziava che “Dei 1.984 vincitori assegnati, 1.147 sono stati destinati alla prima Regione scelta, 262 alla seconda e 146 alla terza”.

Nel prosieguo, a seguito di rinunce, sono intervenute ulteriori assegnazioni, mediante scorrimento delle graduatorie.

[18]   In particolare, a seguito dell’art. 5-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), € 4 mln dei complessivi € 8,26 mln originariamente destinati al Fondo La Buona scuola per il 2019 sono stati destinati alla copertura degli oneri determinati dall’incremento delle risorse per la statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali e dalle Accademie di belle arti non statali.

[19]   A tali incarichi se ne sono affiancati altri 14 rientranti nell’ordinario contingente a disposizione dell’amministrazione ai sensi dell’art. 19, co. 5-bis e 6 del d.lgs. 165/2001.

[20]   L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 – come da ultimo modificato dall’art. 1, co. 760, lett. a), della L. 145/2018 – (L. di bilancio 2019) ha previsto che dall’a.s. 2013/2014 e fino al 31 dicembre 2019, le istituzioni scolastiche ed educative statali acquistano – ai sensi dell’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 (che ha disposto che tutte le amministrazioni statali sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro Consip) – i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sarebbe sostenuta per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’art. 4 del DPR 119/2009 (che aveva previsto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico erano assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, era accantonato il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale). La relazione tecnica al A.C. 1334-B (ddl di bilancio 2019), evidenziava che si trattava di 11.851 posti.

[21]   L’art. 1, co. 622-627, della L. 205/2017 aveva inteso stabilizzare i lavoratori titolari di contratti attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex art. 8 della L. 124/1999), e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico. La procedura selettiva finalizzata a stabilizzare, dal 1° settembre 2018, 305 unità ex LSU titolari di contratti di lavoro attivati dall'U.S.P. di Palermo era stata avviata con D.D. 500 del 5 aprile 2018, rettificato con D.D. 536 del 12 aprile 2018. In base all’art. 2 del D.D. del 5 aprile, poteva partecipare alla procedura selettiva il personale titolare al 1° gennaio 2018 di contratti di lavoro per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici.

[22]   Si era data attuazione, così, a quanto previsto con la risoluzione 8-00001, approvata dalle Commissioni riunite VII e XI della Camera il 17 ottobre 2018, con la quale si era impegnato il Governo ad adottare iniziative per porre fine al sistema di esternalizzazione dei servizi di pulizia e di vigilanza nelle scuole, nonché ad assumere iniziative per assorbire il personale degli appalti dei servizi di pulizia riconducibili ai lavori socialmente utili e ai cosiddetti «appalti storici» degli enti locali attraverso una procedura concorsuale.

[23]   Per il quadro normativo previgente relativo ai servizi di pulizia nelle scuole, si veda il dossier del Servizio Studi n. 78/9, volume II (scheda art. 1, co. 757, 760 e 761), riferito al testo della L. di bilancio 2019.

[24]   Si ricorda peraltro che, con specifico riguardo al diritto di elettorato attivo, esso può essere limitato soltanto per incapacità civile o per effetto di una sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge (art. 48, quarto comma, Cost.). La legge elenca tassativamente le cause di perdita dell’elettorato attivo (DPR 223/1967, art. 2). Sono esclusi definitivamente o temporaneamente dal diritto di elettorato attivo: coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione personali, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi; coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza personali detentive oppure alla libertà vigilata oppure al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'art. 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi; i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici; coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato.

[25]   In base all’art. 52, co. 1-bis, del d.lgs. 165/2001, le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore.

[26]  Enti di cui all'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 218.

Si ricorda che tali enti sono 20, di cui 14 vigilati dal MIUR e 6 vigilati da altri Ministeri. Gli enti vigilati dal MIUR sono: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE). Gli enti vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

[27]   Riguardo alle amministrazioni escluse, cfr. il medesimo articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni. 

[28]   Nella suddetta data è entrata in vigore la L. 7 agosto 2015, n. 124, recante la disciplina di delega in base alla quale è stato emanato il citato D.Lgs. n. 75 del 2017.

[29]   Istituito dall’art. 7 del d.lgs. 204/1998.

[30]   RecanteSemplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca ai sensi dell'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124”.

[31]   Nella suddetta data è entrato in vigore il citato D.Lgs. n. 75 del 2017.

[32]   Il citato D.L. n. 101 del 2013 reca "disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni".

[33]   Ai sensi della disciplina sugli assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della L. 30 dicembre 2010, n. 240.

[34]   Per un quadro relativo all'interpretazione seguita in via amministrativa, cfr. la medesima sentenza della sezione sesta n. 4973 del 2019.

[35]   Riguardo a tale fondo, cfr. supra.

[36]    Le regioni a statuto speciale (e gli enti territoriali ricompresi nelle stesse) possono invece applicare la procedura di stabilizzazione in precedenza richiamata elevando i limiti finanziari previsti per le assunzioni a tempo indeterminato (anche utilizzando risorse appositamente individuate con apposite leggi regionali e derivanti da misure di razionalizzazione di spesa certificate, a condizione di rispettare i vincoli di finanza pubblica). In ogni caso, gli enti territoriali ricompresi nelle regioni a statuto speciale possono prorogare i contratti di lavoro a termine fino al 31 dicembre 2018, nei limiti delle risorse utilizzabili per le assunzioni a tempo indeterminato, secondo le modalità individuate dall’art. 20 del D.Lgs. 75/2017.

[37]   A titolo di esempio, v. Avviso n. 374 del 27 marzo 2019 Bando "Fondo per le emergenze educative" e Avviso n. 375 del 27 marzo 2019 Bando "Piano nazionale per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo".

[38]   Si tratta, in particolare, di: nuovo cap. 1270, relativo al Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, in attuazione del d.lgs. 65/2017; nuovo cap. 1527, relativo al Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, in attuazione del d.lgs. 63/2017; nuovo cap. 1274, relativo al Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico, della pratica artistica e musicale e della creatività, in attuazione del d.lgs. 60/2017.

[39]   In particolare, a valere sulle risorse del Fondo si era attinto per parte dell’onere relativo all’incremento dell’organico dell’autonomia (art. 22-ter del D.L. 50/2017-L. 96/2017), per l’avvio del processo di statizzazione di una parte degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie non statali di belle arti (art. 22-bis, co. 5, lett. b), dello stesso D.L. 50/2017), nonché per l’erogazione di un contributo per il 2017 e 2018 agli Istituti atipici, al fine di favorire il corretto sviluppo dei processi cognitivi e comunicativi dei bambini sordi e la loro inclusione sociale (art. 11, co. 4-bis e 4-ter, del D.L. 91/2017-L. 123/2017).

[40]   In base all’art. 1, co. 794, della stessa L. 145/2018, agli oneri derivanti dall’incremento del Fondo "La Buona Scuola" si è provveduto su quota parte dei risparmi derivanti dalla nuova disciplina in materia di reclutamento dei docenti della scuola secondaria, recata dal co. 792.

[41]   Qui le FAQ pubblicate dal MIUR e la successiva nota di chiarimenti prot. n. 1804 del 19 aprile 2016.

[42]   Con nota prot. n. 4370 del 20 aprile 2016, inoltre, il MIUR, fermo restando il monitoraggio previsto al termine del triennio 2016-2018, aveva deciso di avviare un primo monitoraggio per conoscere la composizione finale dei comitati di valutazione, i criteri utilizzati dalle scuole per valorizzare i docenti, le modalità di distribuzione del bonus, nonché le buone pratiche, da condividere – su base volontaria – attraverso una specifica piattaforma.

[43]   Al riguardo, con comunicato stampa dell’11 febbraio 2018, il MIUR aveva chiarito che “Poiché l’articolo 40 del decreto legislativo 165 del 2001 fa rientrare tra le materie di contrattazione anche la valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione dei premi, il testo […] prevede che le scuole contrattino i criteri generali per la determinazione dei compensi previsti dal cosiddetto bonus dei docenti. Quindi non i criteri valutativi, ma i criteri per la determinazione del suo ammontare: ad esempio, il dirigente scolastico e la parte sindacale potranno convenire, in sede di trattativa, di prevedere un valore economico minimo o massimo per il premio individuale”. “Resta ferma, poi, la procedura prevista dalla legge 107 del 2015 per la determinazione dei criteri per la valutazione (è previsto un apposito comitato per la valutazione) che non sono soggetti a contrattazione, nonché la competenza del dirigente per l’individuazione dei docenti meritevoli. L’importo disponibile per il bonus […] potrà crescere, anche superando il valore di 200 milioni, con le contrattazioni future”.

[44]   Il d.lgs. 66/2017 è stato dapprima modificato dall’art. 1, co. 1138, lett. b), della L. 145/2018, che ha differito (dal 1° gennaio 2019) al 1° settembre 2019 l’entrata in vigore di alcune disposizioni recate dal medesimo decreto, tra cui l’operatività dei GIT, e, da ultimo, dal d.lgs. 96/2019. In base al testo vigente, per ciascun ambito territoriale provinciale, ovvero a livello delle città metropolitane, è istituito il Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT), composto da personale docente esperto nell’ambito dell’inclusione e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative, e presieduto da un dirigente tecnico o scolastico. In particolare, il GIT può confermare o esprimere parere difforme sulla richiesta inviata dal dirigente scolastico all’Ufficio scolastico regionale relativa al fabbisogno delle misure di sostegno.