Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Lavoro |
Titolo: | Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali |
Serie: | Progetti di legge Numero: 188/1 |
Data: | 18/10/2019 |
Organi della Camera: | Assemblea |
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni del lavoro e della salute
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Dossier n. 159/1
Servizio Studi
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Dipartimento affari sociali
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Progetti di legge n. 188/1
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Articoli 3-bis (emendamento 3.0.100) (Comunicazioni obbligatorie)
Articolo 4 (Personale di ANPAL Servizi Spa)
Articolo 5 (Misure urgenti in materia di personale INPS)
Articolo 5-bis (emendamento 5.0.1 testo 4) (Assunzioni Ispettorato nazionale del lavoro)
Articolo 5-bis (emendamento 5.0.100) (Internalizzazione del Contact center multicanale dell’INPS)
Articolo 8 (Donazioni al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili)
Articolo 9 (Stanziamento risorse per le aree di crisi complessa delle regioni Sardegna e Sicilia)
Articolo 9-bis (emendamento 9.0.100 testo 2) (Finanziamento della proroga della CIGS)
Articolo 10-bis (emendamento 10.0.4) (Progetto stradale denominato "Mare-Monti")
Articolo 11 (Esonero contributo addizionale)
Articolo 12 (Potenziamento della struttura per le crisi di impresa)
Articolo 14-bis (emendamento 14.0.3 testo 3) (Cessazione qualifica di rifiuto)
Articolo 15 (Fondo salva opere)
Articolo 15-bis (emendamento 15.0.10) (Clausola di salvaguardia)
Gli articoli da 1 a 3 recano vari interventi relativi a:
- l'ambito di applicazione della disciplina che equipara, sotto il profilo del diritto privato, determinati rapporti di collaborazione ai rapporti di lavoro subordinato (articolo 1, comma 1, lettera a)). Al riguardo, l'emendamento 1.100, approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a, propone una riformulazione della novella. Tale riformulazione - oltre a porre il riferimento, presente già nel testo originario del decreto-legge, ai casi in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali - modifica la definizione generale dei rapporti di collaborazione ricondotti alla disciplina del lavoro subordinato;
- la definizione (comma 1, lettera c), e comma 2 dell'articolo 1) di una disciplina specifica per i rapporti di lavoro di soggetti (cosiddetti riders) impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di determinati veicoli, con riferimento ai casi in cui l'organizzazione delle attività sia operata attraverso piattaforme anche digitali e sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla precedente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente. L'emendamento 1.100 e il subemendamento 1.100/18 (testo 2), approvati dalle Commissioni riunite 10a e 11a, propongono una parziale riformulazione della suddetta disciplina specifica;
- la modifica dei requisiti di contribuzione per alcune prestazioni previdenziali relative agli iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS e l'incremento della misura per alcune di esse (lettera b) dell'articolo 1, comma 1);
- la modifica dei requisiti di contribuzione per l'indennità di disoccupazione relativa ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio (DIS-COLL) (articolo 2);
- la quantificazione e le misure di copertura finanziaria (articolo 3) degli oneri derivanti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), e dall'articolo 2 - misure di copertura costituite dalla riduzione del "Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza" e (per l'anno 2020) del Fondo nazionale per le politiche sociali -.
Equiparazione di alcuni rapporti di collaborazione ai rapporti di lavoro subordinato (articolo 1, comma 1, lettera a))
La novella di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), concerne l'ambito di applicazione della norma (di cui all'articolo 2 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni), che, sotto il profilo del diritto privato, assoggetta alla disciplina dei rapporti di lavoro subordinato anche determinati rapporti di collaborazione.
Questi ultimi, in base alla norma vigente, sono costituiti dai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
La novella specifica che la norma in esame si applica anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali. Tale novella appare intesa ad allargare la nozione di organizzazione (ai fini dell'assoggettamento alla disciplina dei rapporti di lavoro subordinato), con riferimento al problema dell'inquadramento giuridico di lavoratori che offrono la disponibilità della propria attività di servizio al committente tramite una piattaforma anche digitale, la quale determina l'organizzazione di un'attività, al fine di offrire un servizio a terzi mediante l'impiego della propria applicazione informatica (sul lavoro attraverso piattaforma digitale, cfr. infra l'apposita sezione). Come accennato, la novella di cui alla successiva lettera c) reca un complesso di norme su alcuni tipi di lavoro mediante piattaforme anche digitali - norme applicabili sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla presente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente -.
Inoltre, l'emendamento 1.100, approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a, propone di modificare la suddetta definizione generale dei rapporti di collaborazione ricondotti alla disciplina del lavoro subordinato. In particolare, l'emendamento propone di:
- sostituire, nella qualificazione delle prestazioni di lavoro, il termine "esclusivamente personali" con il termine "prevalentemente personali". Si ricorda che quest'ultimo è adoperato nell'articolo 409 del codice di procedura civile, nell'ambito della definizione dei rapporti di collaborazione a cui si applica la disciplina - in materia di processo civile - propria dei rapporti di lavoro subordinato e di altri rapporti;
- sopprimere il riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro, estendendo, di conseguenza, la definizione generale in oggetto anche alle ipotesi in cui l'organizzazione da parte del committente non riguardi tali modalità.
Si ricorda che dal principio di assoggettamento summenzionato (alla disciplina dei rapporti di lavoro dipendente) sono in ogni caso esclusi i casi in cui il committente sia una pubblica amministrazione nonché le collaborazioni:
- per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedano discipline specifiche, riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
- prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali sia necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
- prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI;
- prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche;
- degli operatori nell'ambito delle attività del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI).
Sul lavoro attraverso piattaforma digitale
Il lavoro attraverso piattaforma digitale (cd. gig economy) rappresenta una nuova modalità di organizzazione del lavoro, nella quale l’utilizzo di una piattaforma informatica determina alcune caratteristiche della prestazione. Proprio la disintermediazione che caratterizza la suddetta tipologia di lavoro ha posto nel tempo molteplici questioni, relative alla qualificazione della natura giuridica del rapporto di lavoro ed alle tutele applicabili. In particolare, si è discusso sull'inquadramento giuridico dei lavoratori che offrono la disponibilità della propria attività di servizio al committente tramite una piattaforma digitale, potendo rientrare gli stessi, a seconda dei punti di vista o delle ipotesi normative, nell’ambito del lavoro subordinato, autonomo o di una tipologia contrattuale da definirsi appositamente, nonché sulla copertura previdenziale ed assicurativa di tali lavoratori.
Tali questioni sono state esaminate anche in sede di confronto tra operatori e parti sociali, sviluppatosi a seguito della costituzione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel giugno 2018, di un tavolo di concertazione in materia.
Riguardo alla giurisprudenza di merito, si ricorda che le prime sentenze - sentenze del Tribunale di Torino, n. 778 del 7 maggio 2018, e del Tribunale di Milano, n. 1853 del 10 settembre 2018 - hanno affermato che per i lavoratori in esame non può configurarsi un rapporto di lavoro subordinato, data l’assenza di una struttura organizzativa del lavoro, definita sotto forma di turni ed orari, in quanto il gig-worker, collegandosi alla piattaforma digitale, può infatti decidere liberamente quando svolgere il proprio servizio. Tale impostazione è stata parzialmente modificata dalla sentenza n. 26 del 4 febbraio 2019 della Corte d’appello di Torino, la quale ha affermato che i riders oggetto della relativa sentenza rientravano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del D.Lgs. 81/2015[1] e che le relative questioni giuridiche dovevano essere definite in base all'interpretazione della portata di quest''ultimo articolo.
Disciplina su alcuni rapporti di lavoro, contraddistinti dall'uso di piattaforme anche digitali, per le ipotesi in cui essi non siano riconducibili al lavoro dipendente (articolo 1, comma 1, lettera c))
La lettera c) del comma 1 introduce una disciplina specifica, intesa a porre livelli minimi di tutela (capoverso articolo 47-bis, comma 1) per i rapporti di lavoro di soggetti (cosiddetti riders) che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di determinati veicoli, con riferimento ai casi in cui l'organizzazione delle attività sia operata attraverso piattaforme anche digitali e sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla precedente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente (sul lavoro attraverso piattaforma digitale, cfr. supra l'apposita sezione).
Secondo il testo del decreto-legge, la disciplina in oggetto si applica solo decorsi centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto (comma 2 del presente articolo 1) - tale differimento dell’applicazione non concerne la costituzione dell’Osservatorio (cfr. infra su di esso) -. In base alla riformulazione proposta dall'emendamento 1.100 e dal subemendamento 1.100/18 (testo 2), approvati dalle Commissioni riunite 10a e 11a, le nuove norme entrerebbero in vigore contestualmente all'entrata in vigore della suddetta legge di conversione, ad eccezione: delle norme sul compenso, poste - nell'ambito di tale riformulazione - dal capoverso articolo 47-quater, le quali entrerebbero in vigore decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione; delle norme in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, poste - nell'ambito di tale riformulazione - dal capoverso articolo 47-septies, le quali entrerebbero in vigore decorsi novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione.
Con riferimento al suddetto termine di dodici mesi proposto dall'emendamento 1.100, la 1a Commissione del Senato, il 15 ottobre 2019, ha espresso un parere non ostativo, "evidenziando l'opportunità di ridurre" tale termine, il quale "potrebbe confliggere con l'urgenza presupposta, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, all'adozione di un decreto-legge".
I veicoli che rientrano nella fattispecie in oggetto sono: i velocipedi, di cui all'articolo 50 del "nuovo codice della strada", di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; i veicoli a motore - a due o tre ruote o quadricicli - che rientrino nella nozione di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del suddetto codice, e successive modificazioni.
Sembrerebbe opportuno valutare se sussista l'esigenza di un chiarimento circa la nozione di ambito urbano e di una valutazione circa l'esclusione dei veicoli diversi da quelli summenzionati.
Ai fini della nuova normativa in oggetto, in base alla riformulazione proposta dall'emendamento 1.100, approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a, si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzate dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione (capoverso articolo 47-bis, comma 2). Tale riformulazione, proposta dall'emendamento 1.100, consiste (rispetto alla versione originaria del decreto) in alcune modifiche tecniche, tra le quali la sostituzione del riferimento alle imprese con il riferimento ai committenti.
Il medesimo emendamento 1.100 propone (capoverso articolo 47-ter dell'emendamento) di inserire una disciplina specifica relativa alla forma del contratto individuale con i lavoratori in esame ed alle informazioni che devono ricevere questi ultimi. In primo luogo, si prevede che il contratto debba essere provato per iscritto. Di conseguenza, in mancanza della forma scritta, il contratto è valido[2], ma può essere provato[3] per testimoni solo qualora il contraente abbia senza sua colpa perduto il documento che avrebbe fornito la prova. Al riguardo, l'emendamento specifica che la mancanza della forma scritta è anche valutata come elemento di prova delle condizioni effettivamente applicate al rapporto di lavoro e delle connesse lesioni dei diritti previsti dalla presente disciplina. In secondo luogo, si dispone che i lavoratori ricevano ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi e diritti e della loro sicurezza[4]. Sembrerebbe opportuno chiarire se tali informazioni debbano essere fornite per iscritto. In caso di violazione di tale obbligo, si richiama la procedura di intimazione (su richiesta del lavoratore e da parte della sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro) stabilita per l'inadempimento degli obblighi di informazione (a carico dei datori di lavoro) nei confronti dei lavoratori dipendenti, con la conseguente applicazione, in caso di mancata (ovvero incompleta o inesatta) ottemperanza entro quindici giorni, alle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 4 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152. In merito, l'emendamento prevede altresì, per i lavoratori in esame, il diritto ad un'indennità risarcitoria di entità non superiore ai compensi percepiti nell’ultimo anno, determinata equitativamente con riguardo alla gravità e alla durata delle violazioni e al comportamento delle parti. Sembrerebbe opportuno specificare gli eventuali termini di applicazione delle presenti norme (di cui al capoverso articolo 47-ter dell'emendamento) ai contratti già in corso nonché chiarire, considerato anche il carattere generale della locuzione "ogni informazione utile", se il diritto all'indennità sussista a prescindere dall'ottemperanza alla diffida entro il suddetto termine temporale. L'emendamento specifica che i suddetti inadempimenti sono valutati come elemento di prova delle condizioni effettivamente applicate al rapporto di lavoro e delle connesse lesioni dei diritti previsti dalla presente disciplina.
Il medesimo emendamento propone (capoverso articolo 47-quater) una revisione della disciplina sul compenso dei lavoratori in oggetto, rispetto alla versione posta dal decreto-legge. In base al testo dell'emendamento, i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente (comma 1 del capoverso articolo 47-quater). Sembrerebbe opportuno chiarire a quali livelli contrattuali si faccia riferimento[5]. Sempre in base all'emendamento, in difetto della stipula dei suddetti contratti, i lavoratori non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (comma 2 del capoverso articolo 47-quater). Ai lavoratori in esame compete, in ogni caso, un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni metereologiche sfavorevoli, determinata dai summenzionati contratti relativi ai medesimi lavoratori (di cui al comma 1) o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Secondo invece la versione originaria del decreto, per i lavoratori in esame si introducono i principi che il loro corrispettivo non deve essere determinato in misura prevalente in base alle consegne e che il corrispettivo orario è riconosciuto solo qualora, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata. Si prevede inoltre che i contratti collettivi[6] possano definire schemi retributivi modulari e incentivanti, i quali tengano conto delle modalità di esecuzione della prestazione e dei diversi modelli organizzativi.
Il summenzionato emendamento 1.100 propone anche l'inserimento dei capoversi articolo 47-quinquies e articolo 47-sexies, in base ai quali: per i lavoratori in esame si applicano la disciplina antidiscriminatoria[7] e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore prevista per i lavoratori subordinati[8], ivi compreso l’accesso alla piattaforma; sono vietate l’esclusione dalla medesima piattaforma e le riduzioni delle occasioni di lavoro ascrivibili alla mancata accettazione della prestazione; i dati personali dei medesimi lavoratori sono trattati in conformità alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016[9], e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
La nuova disciplina in esame prevede inoltre (capoverso articolo 47-septies, comma 1, nella rinumerazione proposta dall'emendamento 1.100, capoverso che corrisponde, con alcune modifiche tecniche di formulazione, al capoverso articolo 47-ter della versione originaria della novella) l'applicazione dell'assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con la determinazione del premio (a carico del committente che utilizza la piattaforma anche digitale) in base al tasso di rischio corrispondente all'attività svolta e con l'applicazione, ai fini della determinazione della retribuzione imponibile, del limite minimo di retribuzione giornaliera per la generalità delle contribuzioni in materia di previdenza ed assistenza sociale (pari, nel 2019, a 48,74 euro), limite che, per la fattispecie in esame, deve essere rapportato ai giorni di effettiva attività. In base al richiamo dell'articolo 30 del testo unico di cui al D.Lgs. 30 giugno 1965, n. 1124[10], e successive modificazioni, si dovrebbe ritenere che l'applicazione di tale limite non concerna i casi in cui, nel caso concreto, la retribuzione imponibile, in base ai criteri ordinari, sia superiore. Sembrerebbe opportuno un chiarimento in merito.
Il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto a tutti gli adempimenti previsti a carico del datore di lavoro dalla disciplina generale relativa alla medesima assicurazione INAIL (capoverso articolo 47-septies, comma 2, nella rinumerazione proposta dall'emendamento 1.100).
La novella specifica altresì che, per i lavoratori in esame, l'applicazione della disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro, di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è operata a cura e spese del committente che utilizza la piattaforma anche digitale (comma 3 del suddetto capoverso articolo 47-septies). Sembrerebbe opportuno chiarire l'ambito degli obblighi a cui si fa riferimento, considerato che il citato D.Lgs. n. 81, per alcune categorie di lavoratori diversi da quelli dipendenti, trova applicazione solo qualora la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente[11].
Si prevede inoltre (capoverso articolo 47-octies nella rinumerazione proposta dall'emendamento 1.100) l'istituzione di un Osservatorio permanente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendente delle disposizioni stabilite dalla novella di cui alla presente lettera c). L'Osservatorio è presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, designati - come propone di specificare l'emendamento 1.100 - dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Esso verifica, sulla base dei dati forniti da alcune pubbliche amministrazioni, gli effetti delle disposizioni in esame e può proporre eventuali revisioni di esse, in base all’evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale; riguardo alle suddette amministrazioni, la versione originaria del decreto fa riferimento all'INPS, all'INAIL e all'ISTAT, alle quali l'emendamento 1.100 propone di aggiungere il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ai componenti dell’Osservatorio non spetta alcun emolumento o rimborso spese, comunque denominato. La costituzione e il funzionamento dell’Osservatorio sono assicurati con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente, con divieto di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Prestazioni previdenziali relative agli iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS (articolo 1, comma 1, lettera b))
Il capoverso 1 della novella di cui al comma 1, lettera b), riduce per i soggetti iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS il requisito di contribuzione per l'indennità giornaliera di malattia, l'indennità di degenza ospedaliera, il congedo di maternità ed il congedo parentale. Si prevede che tali prestazioni siano corrisposte, fermi restando gli altri requisiti e condizioni vigenti, a condizione che risulti attribuita una mensilità della contribuzione dovuta alla suddetta Gestione separata nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento o dell'inizio del periodo oggetto della prestazione.
Si ricorda che gli istituti in esame concernono solo i soggetti - iscritti alla Gestione separata - non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie e che la medesima Gestione separata concerne, in linea di massima, i titolari di rapporti qualificati (ai fini fiscali e pensionistici) come di collaborazione coordinata e continuativa ed i lavoratori autonomi che non siano assoggettati ad altre forme pensionistiche obbligatorie.
Nella disciplina vigente (fermi restando gli altri requisiti e condizioni vigenti):
- l'indennità giornaliera di malattia e l'indennità di degenza ospedaliera, per i soggetti in esame, sono corrisposte a condizione che, nei confronti dei lavoratori interessati, risultino attribuite tre mensilità della contribuzione dovuta alla Gestione suddetta, nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento[12];
- il congedo di maternità ed il congedo parentale sono riconosciuti a condizione che, nei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo oggetto del trattamento, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione[13]; inoltre, l'articolo 8, commi 6 e 7, della L. 22 maggio 2017, n. 81[14], ha previsto, per i soggetti in esame, che, in mancanza di tale requisito, il trattamento economico per i periodi di congedo parentale, se fruiti entro il primo anno di vita del bambino (o entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia o in Italia, nel caso di adozione o affidamento preadottivo), sia parimenti corrisposto qualora il medesimo requisito contributivo sussista con riferimento ai dodici mesi precedenti la data presunta del parto (ovvero precedenti l'ingresso summenzionato[15]). Con riguardo a quest'ultima norma vigente, sembrerebbe opportuno chiarire gli effetti della novella in esame, la quale sembrerebbe far riferimento esclusivamente, ai fini del computo, alla data di inizio dell'evento o dell'inizio del periodo oggetto della prestazione medesima (cioè, nel caso in oggetto, solo del congedo parentale e non anche dell'indennità di maternità).
Il capoverso 2 della novella di cui alla lettera b) prevede - con riferimento ai soggetti iscritti summenzionati - il raddoppio delle attuali aliquote per la determinazione della misura dell'indennità giornaliera di malattia e dell'indennità di degenza ospedaliera.
Si ricorda che quest'ultima, nella disciplina vigente, è corrisposta nella misura dell'8% o 12% o 16% dell'importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale di imponibile contributivo, previsto nell'anno di inizio della degenza (pari, nel 2019, a 102.543 euro); l'aliquota, nell'ambito delle tre suddette, è individuata sulla base della contribuzione attribuita nei 12 mesi precedenti il ricovero (fino a quattro mesi l'8%, da cinque a otto mesi il 12% e da nove a dodici mesi il 16%). L'indennità giornaliera di malattia è, a sua volta, pari al 50 per cento della misura che spetterebbe per la suddetta indennità di degenza ospedaliera.
Requisito contributivo per l'indennità di disoccupazione cosiddetta DIS-COLL (articolo 2)
Il successivo articolo 2 riduce - con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto[16] - il requisito contributivo per l'indennità di disoccupazione cosiddetta DIS-COLL. Tale trattamento è relativo ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio, iscritti (come regime pensionistico) in via esclusiva alla suddetta Gestione separata INPS, non titolari di pensione e privi di partita IVA.
Nella disciplina vigente, il diritto è subordinato al possesso di almeno tre mesi di contribuzione nel periodo tra il primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro ed il medesimo evento.
La novella di cui al presente articolo 2 riduce il requisito da tre mesi ad un mese.
Disposizioni finanziarie (articolo 3)
L'articolo 3 reca la quantificazione e le misure di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), e dall'articolo 2.
Le misure di copertura finanziaria consistono:
- nella riduzione del "Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza", nella misura di 5,3 milioni di euro per il 2019, 10,9 milioni per il 2021, 11,1 milioni per il 2022, 11,3 milioni per il 2023, 11,4 milioni per il 2024, 11,6 milioni per il 2025, 11,7 milioni per il 2026, 11,9 milioni per il 2027, 12,1 milioni per il 2028 e 12,3 milioni annui a decorrere dal 2029[17];
- nella riduzione, pari a 10,7 milioni di euro per il 2020, del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della L. 8 novembre 2000, n. 328.
Con l’approvazione dell’emendamento 3.0.100, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 3-bis, che le comunicazioni obbligatorie, relative alle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro, da parte dei datori di lavoro siano inoltrate per via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in luogo dell’ANPAL, come attualmente previsto.
Più nel dettaglio, attraverso una modifica dell’articolo 13, comma 4, del D.Lgs. 150/2015, si propone che le suddette comunicazioni obbligatorie, relative alle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro, siano inoltrate per via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che le mette a disposizione dell'ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), delle Regioni, dell'INPS, dell’INAIL e dell'Ispettorato nazionale del lavoro per le attività di rispettiva competenza.
Come riportato nella Relazione illustrativa allegata all’emendamento, tale modifica si rende necessaria a seguito del fatto che il richiamato articolo 13, comma 4, del D.Lgs. 150/2015 è rimasto inattuato, in quanto il sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie è ancora incardinato nell'infrastruttura tecnologica del Ministero del lavoro, gestito con le risorse umane, strumentali e finanziarie del Ministero stesso, fino a conclusione della Conferenza di servizi (attualmente in corso) che gestisce i rapporti tra Ministero ed Agenzia fino alla completa autonomia di quest'ultima.
Si ricorda che il sistema delle comunicazioni obbligatorie è informatizzato, ed è gestito, con modalità di cooperazione applicativa, da un soggetto centrale (il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) e da altri soggetti (le Regioni, l'INPS, l'INAIL, le Prefetture) che con questo collaborano fornendo dati o scambiandoli, in relazione alle assunzioni di lavoratori o altri soggetti obbligati. Tale sistema di comunicazioni obbligatorie telematiche è stato istituito dall’articolo 1, commi 1180-1185, della L. 296/2006, e reso attuativo con il Decreto Interministeriale 30 ottobre 2007.
Il presente articolo modifica la disciplina sull'impiego di uno stanziamento già vigente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, relativo ad ulteriori spese di personale di ANPAL Servizi Spa.
Con l’approvazione degli emendamenti identici 4.2 (testo 3) e 4.3 (testo 3), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono la stabilizzazione del personale che abbia già prestato servizio nella suddetta società con contratto a tempo determinato e l’adozione di specifiche procedure concorsuali per il personale titolare, entro il 1° gennaio 2019, di rapporti di collaborazione con la medesima società.
La norma vigente - ora oggetto di abrogazione da parte del presente articolo 4 - prevede che lo stanziamento summenzionato di 1 milione di euro annui sia destinato a stabilizzare, mediante l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami, il personale già dipendente dalla suddetta società in forza di contratti di lavoro a tempo determinato.
La riformulazione operata dall'articolo 4 sopprime le suddette indicazioni, confermando la misura dello stanziamento, per la cui destinazione si fa ora riferimento ad ulteriori spese di personale della società in oggetto. La novella, inoltre, conferma la misura del contributo per il 2019 per il funzionamento della medesima società, misura pari, in base alla norma oggetto di novella, a 10 milioni di euro.
Si ricorda che il capitale di ANPAL Servizi Spa (originariamente denominata Italia Lavoro Spa[18]) è posseduto dall'ANPAL[19] e che tale società opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.
Con l’approvazione degli emendamenti identici 4.2 (testo 3) e 4.3 (testo 3), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di consentire che l’ANPAL Servizi Spa:
- proceda ad assunzioni a tempo indeterminato di tutto il personale che abbia già prestato servizio con contratto a tempo determinato;
- bandisca, nel triennio 2019-2021, specifiche procedure concorsuali - per l’assunzione a tempo indeterminato - per il personale che abbia maturato entro il 1° gennaio 2019 specifiche esperienze professionali con contratto di collaborazione presso la medesima società (ivi i compresi i rapporti intercorsi nel periodo in cui la società aveva la denominazione di Italia lavoro Spa[20] (v, infra per un approfondimento)).
Le norme in esame sono proposte in considerazione dei compiti relativi all’istituto del Reddito di cittadinanza ed alla nuova programmazione comunitaria.
Agli oneri derivanti dalle nuove norme si provvede mediante le risorse disponibili nel bilancio della medesima società per le spese per il personale, nonché mediante una riduzione, nella misura di 4.635.000 euro annui a decorrere dal 2022, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
Gli emendamenti fanno altresì riferimento alle procedure contemplate dai regolamenti interni per il reclutamento del personale, adottati dalla società in oggetto ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175. Si ricorda che il citato 19, comma 2, con riferimento al reclutamento del personale da parte delle società a controllo pubblico[21], demanda a provvedimenti della medesima società la definizione dei criteri e delle modalità attuativi dei princìpi stabiliti per il reclutamento nelle pubbliche amministrazioni (tra cui i princìpi di selezione, trasparenza, pubblicità, imparzialità e pari opportunità), prevedendo, in assenza dei suddetti provvedimenti, l’applicazione in via diretta delle norme (relative ai medesimi princìpi, con riferimento al reclutamento nelle pubbliche amministrazioni) di cui all’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. In merito, l’ANPAL Servizi Spa ha adottato il Regolamento per il reclutamento del personale dipendente e il Regolamento per il conferimento di incarichi di collaborazione.
La documentazione allegata agli emendamenti in oggetto rileva che "con riferimento ai lavoratori in forza con contratti a tempo determinato, la norma richiama le previsioni del Regolamento sul reclutamento del personale adottato dalla Società, ai sensi dell'art. 19, co. 2, D.Lgs. 175/16. Si consente, quindi, la conversione dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, purché detti rapporti siano stati sottoposti all'origine alle medesime regole selettive richieste per l'assunzione del personale a tempo indeterminato, in presenza dei relativi fabbisogni e previa valutazione positiva delle risorse".
Sembrerebbe opportuno chiarire gli effetti del richiamo ai regolamenti interni, adottati ai sensi del citato articolo 19, comma 2, del testo unico, con particolare riferimento alle procedure concorsuali previste dagli emendamenti per i soggetti già titolari di rapporti di collaborazione nonché con riferimento ai possibili profili concernenti l'eventuale applicabilità alle società a controllo pubblico dei limiti posti, con riguardo alle pubbliche amministrazioni, dalla giurisprudenza della Corte costituzionale per le assunzioni e procedure concorsuali riservate.
La giurisprudenza in tema di procedure riservate al personale interno per l’assunzione a tempo indeterminato nelle società a partecipazione pubblica
Si ricorda che – per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche – la giurisprudenza costituzionale (cfr. in particolare le sentenze n. 194 del 2002, n. 81 del 2006, n. 205 del 2006, n. 225 del 2010) ha evidenziato (nello specifico nella sentenza n. 90 del 2012) che "l’attivazione solo delle procedure riservate agli interni (le quali possono giungere fino al limite del cinquanta per cento dei posti «coperti attraverso prove selettive pubbliche nel triennio precedente»), congiuntamente alla mancata effettuazione dei concorsi per i candidati esterni, determina la violazione della norma interposta, rappresentata dal comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 che prevede «la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso»".
Relativamente alle società a partecipazione pubblica gli orientamenti giurisprudenziali e della dottrina non sono del tutto univoci, anche alla luce all’evoluzione normativa degli ultimi decenni.
Ad esempio, per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale, relativamente ad Italia lavoro, divenuta Anpal servizi spa (sentenza n. 363 del 2003) la Corte costituzionale ha preliminarmente evidenziato la necessità di effettuare una ricostruzione della natura giuridica e dei compiti di volta in volta assegnati rilevato che una società di questo tipo, costituita in base alla legge, affidataria di compiti legislativamente previsti e per essa obbligatori, operante direttamente nell’ambito delle politiche di un Ministero come strumento organizzativo per il perseguimento di specifiche finalità, presenta tutti i caratteri propri dell’ente strumentale, salvo quello di rivestire – per espressa disposizione legislativa – la forma della società per azioni; e ciò, come detto, non può di per sé assumere rilievo per negare la sussistenza della potestà legislativa attribuita in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.
A sua volta, nella sentenza 227 del 2013, la Corte costituzionale - evidenziando la necessità di procedere in ogni caso ad un concorso pubblico per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni di personale di società a partecipazione pubblica - ha preso atto della legislazione che ha previsto, per l’assunzione in tali società, procedure di selezione “paraconcorsuali”, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, di cui all’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, anche per il reclutamento dei dipendenti di società a partecipazione pubblica totale o di controllo.
In tale occasione la Corte – ai fini delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche – ha concluso affermando che non è “sufficiente ipotizzare che vi sia stata una procedura selettiva purchessia, atteso che questa Corte ha già stabilito e oggi ribadisce che «il previo superamento di una qualsiasi “selezione pubblica”, presso qualsiasi “ente pubblico”, è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché esso non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere» (sentenza n. 225 del 2010, che richiama le sentenze n. 293 del 2009 e n. 100 del 2010), «cosicché la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l’ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché […] l’accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale» (sentenze n. 215 del 2009 e n. 203 del 2004)”.
Relativamente alla giurisprudenza di legittimità, in più occasioni la Corte di Cassazione (cfr. sentenza S.U 6077/2011 riguardante Croce rossa Italiana e v. fra le altre Cass. S.U. n. 16041 del 2010, Cass. S.U. n. 1778 del 2011, Cass. S.U. n. 24904 del 2011, Cass. S.U. n. 2568 del 2011), sulla base di previsioni legislative a suo tempo adottate (in tale caso L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 519, 557 e 558) ha delineato i seguenti principi:
a) i processi di stabilizzazione (tendenzialmente rivolti ad eliminare il precariato venutosi a creare in violazione delle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36), sono effettuati nei limiti delle disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale dei fabbisogni (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 6);
b) la deroga alle normali procedure di assunzione concerne il carattere di assunzione riservata e non aperta, ma non il requisito del possesso del titolo di studio per l'accesso dall'esterno nelle singole qualifiche previsto dai sistemi di classificazione, né la regola del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, dell'accesso tramite procedure selettive, siccome la stabilizzazione di personale che non abbia sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale" è subordinata al superamento di tali procedure; le procedure selettive sono escluse soltanto per il personale assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (procedure previste da norme di legge);
c) conseguentemente, le amministrazioni, con riguardo al personale da stabilizzare che ha già sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale", non "bandiscono" concorsi, ma devono limitarsi a dare "avviso" della procedura di stabilizzazione e della possibilità degli interessati di presentare domanda;" in tal caso "la regolamentazione legislativa, sottraendo le procedure di "stabilizzazione" all'ambito di quelle concorsuali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, nonché alle ipotesi "nominate" di poteri autoritativi nell'ambito del lavoro pubblico (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1), colloca le controversie inerenti a tali procedure nell'area del "diritto all'assunzione di cui all'art. 63, comma 1", con conseguente appartenenza della giurisdizione al giudice ordinario (così in specie v. Cass. S.U. n. 1778 del 2011 cit.);
d) "diversamente, ove il personale non abbia già superato prove concorsuali, e il numero dei posti oggetto della stabilizzazione sia inferiore a quello dei soggetti aventi i requisiti, l'amministrazione può fare ricorso ad una selezione onde individuare il personale da assumere"; in tal caso "le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo" (v. in particolare Cass. S.U. n. 1778 del 2011 cit., Cass. 2568 del 2012 cit.).
Si ricorda inoltre che la sentenza n. 3621 del 2018 della Corte di cassazione ha rilevato la "necessità, avvertita dalla Corte costituzionale, di non limitare l'attuazione dei precetti dettati dall'art. 97 Cost. ai soli soggetti formalmente pubblici bensì di estenderne l'applicazione anche a quelli che, utilizzando risorse pubbliche, agiscono per il perseguimento di interessi di carattere generale". La sentenza fa in particolare riferimento alle sentenze della Corte costituzionale che distinguono tra privatizzazione formale e privatizzazione sostanziale (cfr. altresì supra, riguardo alla sentenza della Corte costituzionale n. 363 del 2003, relativa ad Italia lavoro spa, società poi divenuta Anpal servizi spa).
Articolo 5
(Misure urgenti in materia di personale INPS)
Il presente articolo incrementa, nella misura di 1.003 unità, concernenti il personale di area C, la dotazione organica dell'INPS, in relazione a risorse finanziarie già stanziate da norme vigenti.
In particolare, l'incremento si basa su un'autorizzazione di spesa già vigente (relativa agli anni 2019 e seguenti), disposta dall'articolo 12, comma 6, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26[22] (comma oggetto di novella da parte del presente articolo); tale stanziamento concerne l'assunzione di personale da parte dell'INPS, al fine di garantire la piena attuazione amministrativa del medesimo D.L. n. 4, recante "disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni".
Come risulta dalle relazioni illustrativa e tecnica (allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto), l'incremento suddetto della dotazione organica consente (unitamente ad altre assunzioni in corso di personale dell'area C) l'assunzione di 1.003 candidati idonei del concorso pubblico, per titoli ed esami, a 967 posti di consulente protezione sociale, area C, posizione economica C1 (la graduatoria del concorso è stata approvata l'11 giugno 2019).
Si ricorda che per le assunzioni a valere sulle risorse finanziarie summenzionate non trovano applicazione i termini dilatori, relativi al 2019, di cui all'articolo 1, comma 399, della L. 30 dicembre 2018, n. 145 (termini che impedirebbero una decorrenza anteriore al 15 novembre 2019).
Con l’approvazione dell’emendamento 5.0.1 (testo 4), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 5-bis, che l’Ispettorato nazionale del lavoro sia autorizzato a bandire un concorso e conseguentemente ad assumere a tempo indeterminato un contingente di personale ispettivo fino a 150 unità a decorrere dal 2021.
Le suddette assunzioni, con conseguente incremento della dotazione organica nel limite delle unità eccedenti, sono disposte al fine di rafforzare la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e l'attività di contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro e riguardano un contingente di personale ispettivo da inquadrare nell’Area Terza, posizione economica F1.
Si dispone, inoltre, che l'Ispettorato nazionale del lavoro[23] comunica al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze il numero delle unità assunte e la relativa spesa annua.
Ai relativi oneri, pari a 6.387.000 euro dal 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pubblico impiego, di cui all’art. 1, c. 365, della L. 232/2016[24].
Sul punto, si ricorda che l’art. 1, c. 445, della L. 145/2018 (come modificato dall’art. 7, c. 15-septies, del D.L. 4/2019) autorizza l’Ispettorato nazionale del lavoro ad assumere (con relativo aumento della dotazione organica) a tempo indeterminato un contingente di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 283 unità per il 2019, a 257 unità per il 2020 e a 311 unità per il 2021.
Con l’approvazione dell’emendamento 5.0.100, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 5-bis, di affidare alla Sispi S.p.a. (Società Italia previdenza – Società italiana di servizi per la previdenza integrativa), interamente partecipata dall’INPS e che assume la denominazione di INPS Servizi S.p.a, le attività di Contact center multicanale (CCM) verso l’utenza, alla scadenza naturale dei contratti in essere nell’ambito delle stesse attività, nel rispetto delle disposizioni in materia di in house providing.
Più nel dettaglio, l’internalizzazione dei servizi informativi e dispositivi verso l’utenza dell’INPS[25] (attualmente erogati da operatori privati con contratto biennale) disposta a favore della suddetta società è volta alla promozione della continuità nell’erogazione dei medesimi servizi, nonché alla tutela della stabilità del personale ad essi adibito, anche in considerazione dell’assenza dei relativi profili professionali nella pianta organica dell’INPS (commi 1 e 2).
Come riportato nella Relazione illustrativa all’emendamento, il passaggio dall'attuale modalità di erogazione del servizio di Contact center multicanale mediante esternalizzazione (o in outsourcing) ad un modello di gestione diretta mediante affidamento ad una società in house, è giustificato in quanto non configura un effettivo ricorso al mercato, ma “una forma di autoproduzione o comunque di erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell'amministrazione attraverso strumenti propri (in house providing)”.
L'INPS mantiene la partecipazione totalitaria della società e assicura che lo statuto della società contenga i requisiti del controllo analogo, in conformità alla disciplina interna e unionale.
Per l'espletamento delle suddette attività, viene riconosciuta alla società la facoltà di selezionare il proprio personale anche valorizzando le esperienze similari maturate nell'ambito dell'erogazione di servizi di CCM di analoga complessità, nel rispetto dei principi di selettività di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) (comma 4).
Il richiamato art. 19 del D.Lgs. 175/2016 dispone, tra l’altro, che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico - salvo quanto disposto nello stesso T.U. - sono retti dalle stesse norme valide per il settore privato (codice civile e altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa), e che le modalità per il reclutamento del personale devono rispettare i principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché i principi riguardanti le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni dettati dall’art. 35, c. 3, del D.Lgs. 165/2001.
In conformità alle previsioni circa la composizione degli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 175/2016[26]), alla società INPS Servizi S.p.a. è preposto un Consiglio di amministrazione composto da tre membri, di cui uno con funzioni di Presidente. In fase di prima attuazione, il Presidente dell'INPS provvede, con propria determinazione, alla modificazione dell’oggetto sociale, dell'atto costitutivo e dello statuto, nonché al rinnovo degli organi sociali, nel rispetto delle condizioni che devono essere soddisfatte per gli affidamenti in house, ex art. 5 del D.Lgs. 50/2016 (Codice degli appalti) (comma 3).
Il richiamato art. 5 del D.Lgs. 50/2016 (Codice degli appalti) disciplina le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte ai fini dell’esclusione dal Codice di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato (affidamenti in house). Tali condizioni ricorrono quando:
- un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su tale persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
- oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata è effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore.
- nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Nelle more dell'adozione della suddetta determinazione, gli organi sociali in carica limitano l'adozione degli atti di ordinaria amministrazione a quelli aventi carattere urgente motivato e indifferibile, richiedendo l'autorizzazione dell'INPS per quelli di straordinaria amministrazione (comma 5).
Infine, si prevede la possibilità per la società INPS Servizi S.p.a. di avvalersi del patrocinio legale dell'Avvocatura dell'INPS (comma 6) e si dispone che la stessa società continua a svolgere le attività che già costituiscono l'oggetto sociale alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame (comma 7).
Il presente articolo posticipa dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 il limite temporale per le possibili proroghe delle convenzioni e dei contratti a tempo determinato, relativi ai lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità. Si ricorda che le proroghe in oggetto sono ammesse nelle more del completamento delle procedure di assunzione (a tempo indeterminato), disciplinate dall'articolo 1, commi da 446 a 449, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.
A quest'ultimo riguardo, con l'approvazione dell'emendamento 6.1, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di ampliare l'ambito delle pubbliche amministrazioni che possono ricorrere alle suddette procedure di assunzione.
Le convenzioni summenzionate sono stipulate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con alcune regioni (Basilicata, Calabria, Campania e Puglia[27]), al fine di garantire il pagamento dei sussidi nonché l'attuazione di misure di politiche attive per il lavoro in favore dei lavoratori socialmente utili appartenenti alla "platea storica". I suddetti contratti a tempo determinato con lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità concernono alcuni enti pubblici nella Regione Calabria.
Resta fermo che le proroghe delle convenzioni e dei contratti a tempo determinato sono possibili a valere sulle risorse già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni.
Con l'approvazione dell'emendamento 6.1, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di ampliare l'ambito delle pubbliche amministrazioni che possono ricorrere alle summenzionate procedure di assunzione. Sembrerebbe opportuno chiarire se la novella faccia riferimento alla generalità delle pubbliche amministrazioni.
In base alla disciplina di cui ai citati commi da 446 a 449 dell'articolo 1 della L. n. 145 del 2018[28] - disciplina posta con riferimento al triennio 2019-2021 -, le assunzioni a tempo indeterminato - che possono essere anche a tempo parziale - sono effettuate, nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, nonché delle risorse finanziarie ivi richiamate, mediante selezioni riservate, mediante prova di idoneità, per i profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo e mediante procedure concorsuali riservate (per titoli ed esami) per gli altri profili. Entrambe le tipologie di procedure sono organizzate (per figure professionali omogenee) dal Dipartimento della funzione pubblica, mediante la Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), la quale si avvale dell'Associazione Formez PA.
Le assunzioni sono operate da parte delle pubbliche amministrazioni che già utilizzavano i lavoratori inseriti nelle graduatorie medesime e, in subordine e nei limiti delle proprie facoltà assunzionali, da parte di altre pubbliche amministrazioni, ubicate nella medesima provincia o in una provincia limitrofa ed utilizzatrici di lavoratori socialmente utili o di lavoratori di pubblica utilità.
Con l’approvazione dell’emendamento 6.0.3 (testo 2 corretto), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono una revisione della disciplina transitoria in materia di validità delle graduatorie delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni.
Tale disciplina transitoria - sia nella norma vigente[29] sia in base alla novella proposta dall'emendamento - è intesa al ripristino graduale (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali) del termine triennale di validità, il quale ritrova applicazione per le graduatorie approvate a partire dal 1° gennaio 2019[30]. Si ricorda che sia tale norma a regime sia la disciplina transitoria concernono tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni)[31], ad esclusione[32] delle assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
La novella proposta dall'emendamento - oltre a confermare le norme transitorie vigenti, con riferimento ai termini di validità delle graduatorie approvate, rispettivamente, nel 2016, nel 2017 e nel 2018 - consente:
- fino al 30 settembre 2020 lo scorrimento delle graduatorie approvate tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2015 (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali). Si ricorda che, in base alla norma transitoria vigente, le graduatorie approvate entro il 31 dicembre 2014 non sono più valide, mentre quelle approvate nel corso del 2015 sono valide fino al 31 marzo 2020;
- fino al 31 marzo 2020 (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali) lo scorrimento delle graduatorie approvate nel 2011, previa frequenza obbligatoria (da parte dei soggetti interessati) di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione (nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità ed economicità e utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente) e previo superamento (da parte dei medesimi soggetti) di un apposito esame-colloquio, diretto a verificarne la perdurante idoneità.
L’articolo in esame modifica le norme recentemente introdotte dall’articolo 4-sexies del D.L. n. 34/2019 (c.d. Decreto crescita) relative al periodo di validità della DSU e ai riferimenti temporali dell’ISEE, con la finalità di rendere più coerente il quadro normativo in materia anche rispetto alle scadenze della presentazione della dichiarazione dei redditi (fissata al 30 novembre dallo stesso Decreto crescita).
Viene anche meglio precisata la norma del Decreto crescita sopracitata che, genericamente, dava la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento il patrimonio e i redditi dell’anno precedente (invece del secondo anno precedente), qualora fosse conveniente per il nucleo familiare. Le modalità estensive dell’ISEE corrente che, dal 2020, permetteranno, se più favorevoli per il nucleo familiare, di aggiornare i dati sulla base dei redditi e patrimoni dell’anno precedente, dovranno essere infatti definite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF.
L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal D. Lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti (vedi Tipologie di ISEE sul sito Inps). L'indicatore fa riferimento al reddito dell'ultima dichiarazione, che a sua volta si riferisce all'anno precedente.
L'ISEE è stato revisionato dal D.P.C.M. 159/2013, ma la Riforma è entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2015, dopo l'emanazione del Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE. Il nuovo ISEE ha introdotto criteri di valutazione del reddito e del patrimonio più puntuali, insieme a nuove modalità di raccolta dei dati utili per il calcolo dell'ISEE (i dati fiscali più importanti, quali il reddito complessivo e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall'INPS sono compilati direttamente dall'Istituto tramite interrogazioni degli archivi propri e di quelli dell'Agenzia delle Entrate) e al rafforzamento dei controlli. Sul punto, si ricorda che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.
In presenza di variazioni del reddito superiori al 25% dovute ad eventi avversi (risoluzione, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori a tempo indeterminato; mancato rinnovo contratto di lavoro a tempo determinato o contratti di lavoro atipico; cessazione di attività per i lavoratori autonomi), la Riforma del 2013 ha introdotto l'ISEE corrente riferito ai redditi degli ultimi dodici mesi (anche solo degli ultimi due mesi in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa). L’articolo 28-bis del decreto legge 34/2019 (c.d. Decreto Crescita) ha poi sottolineato la possibilità (già prevista precedentemente essendo ricompresa nella variazione della situazione lavorativa) di calcolare l'ISEE corrente anche in presenza di una variazione del reddito dovuta ad interruzione dell'erogazione dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche. In questo caso, il periodo di riferimento e i redditi utili per il calcolo dell'ISEE sono individuati con le modalità utilizzate nei casi riferiti alla situazione del lavoratore dipendente a tempo indeterminato. Infine, la validità dell'ISEE corrente è stata fissata in sei mesi (rispetto ai due mesi precedenti). Solo nei casi in cui vi siano variazioni della situazione occupazionale o della fruizione dei trattamenti, l'ISEE corrente è aggiornato entro due mesi dalla variazione.
Il periodo di validità delle DSU e conseguentemente dell’ISEE è stato più volte modificato. La Riforma del 2013 aveva fissato la validità della DSU dal momento della presentazione al 15 gennaio dell'anno successivo.
Successivamente l’articolo 10, comma 4, del D. Lgs. 147/2017, istitutivo del Reddito di Inclusione, ha previsto che la DSU fosse valida dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto. In seguito, il decreto legge 4/2019, istitutivo del Reddito di Cittadinanza, ha prorogato al 31 dicembre 2019 il periodo di validità delle sole DSU presentate dal 1° gennaio 2019 al 31 agosto 2019 e ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2019, la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto (termine dal quale l’Agenzia delle Entrate dispone dei redditi ricavati dalle dichiarazioni ai fini IRPEF dell’anno precedente; tali redditi, insieme a quelli erogati dall’INPS, non sono autocertificati dal cittadino ma immessi in automatico nella DSU). Per il 2019, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento l'anno precedente (l’anno di riferimento è dunque il 2018).
Tale disciplina è stata successivamente modificata dall'articolo 4-sexies del decreto legge 34/2019 (il c.d. Decreto Crescita) che ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, sia sostituito il comma 4 dell’articolo 10 del D.Lgs. 147/2017 stabilendo che la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre in ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente. Resta ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare.
Poiché la sostituzione citata veniva disposta a decorrere dal 1° gennaio 2020, restava in vigore, fino a quella data, il citato comma 4 dell'articolo 10 del D.Lgs n. 147/2017, che prevedeva, per le DSU presentate a decorrere dal 1° settembre 2019, una validità fino al 31 agosto dell’anno successivo.
L’articolo in esame, diversamente, intervenendo sul citato articolo 4-sexies del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, sostituisce immediatamente il comma 4 dell’articolo 10 del D. Lgs n. 147/2017. Con l’em. 7.2 (testo 2), approvato dalle Commissioni riunite, si propone, nei casi in cui la DSU sia stata presentata a decorrere dal 1° settembre 2019, e prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, che venga applicata la disciplina precedente.
Sul tema della validità dell’ISEE, dei puntamenti agli anni, reddito e patrimoni si rinvia al comunicato INPS del 9 settembre 2019: Chiarimenti per le DSU presentate da gennaio 2020. Nel comunicato, l’Istituto sottolinea che “per le DSU presentate nel 2019 cambia unicamente il periodo di validità della DSU (dalla data di presentazione al 31 dicembre 2019), mentre continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni in materia di anno di riferimento dei redditi e patrimoni (redditi percepiti nel secondo anno precedente e patrimoni posseduti al 31 dicembre dell’anno precedente). Per le DSU presentate dal 1° gennaio 2020, invece, si applicherà la nuova validità e anche il nuovo puntamento relativo ai patrimoni”.
Infine, viene precisata la norma del Decreto crescita che, genericamente, dava la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento il patrimonio e i redditi dell’anno precedente, qualora fosse conveniente per il nucleo familiare. Le modalità estensive dell’ISEE corrente che, dal 2020, permetteranno, se più favorevoli per il nucleo familiare, di aggiornare i dati sulla base dei redditi e patrimoni dell’anno precedente, dovranno essere infatti definite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF. Con l’em. 7.1, approvato dalle Commissioni riunite, si propone che il decreto sia emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
L’articolo 8 dispone che il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili possa essere alimentato anche attraverso versamenti volontari da parte di soggetti privati, a titolo spontaneo e solidale.
In particolare, l’articolo in esame – aggiungendo il comma 4-bis all’articolo 13 della L. 68/1999 – stabilisce che le suddette somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al medesimo Fondo, nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità definite da apposito decreto interministeriale da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in oggetto.
Nel testo attuale, si prevede che il suddetto decreto sia adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delegato per la famiglia e la disabilità ove nominato; l’emendamento 8.1 - approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a– propone di eliminare il riferimento al Ministro delegato per la famiglia e la disabilità.
L’art. 13 della L. 68/1999 ha istituito il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, al fine di incentivare l’assunzione delle persone disabili.
In particolare, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 33 del Regolamento UE n. 651/2014 sugli aiuti all'occupazione di lavoratori con disabilità[33], ai datori di lavoro è concesso a domanda un incentivo:
- nella misura del 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di trentasei mesi, per ogni lavoratore disabile, assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (D.P.R. 915/1978);
- nella misura del 35 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di trentasei mesi, per ogni lavoratore disabile, assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 ed il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle richiamate tabelle;
- nella misura del 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di 60 mesi, per ogni lavoratore con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, in caso di assunzione a tempo indeterminato o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi e per tutta la durata del contratto.
Per le suddette finalità, il comma 4 del richiamato articolo 13 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, attraverso cui, nei limiti del 5 per cento delle risorse complessive, possono essere finanziate sperimentazioni di inclusione lavorativa delle persone con disabilità da parte del medesimo Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le risorse sono attribuite per il tramite delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di linee guida adottate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Regolamento recante norme per il funzionamento del Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili è stato emanato con D.M. 3 gennaio 2000, n. 91.
In merito alla dotazione del Fondo, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 160-161, della L. 190/2014) ha disposto un incremento della dotazione di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE). Per il 2017, l’art. 55-bis del decreto-legge n. 50/2017 (L. n. 96/2017) ha disposto un incremento dello stanziamento di 58 milioni di euro. Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 520, L. 145/2018) ha disposto un ulteriore incremento di 10 milioni di euro per il 2019
Qui un focus del Ministero sul funzionamento del Fondo in esame e sulle ulteriori risorse ad esso attribuite per decreto (v. da ultimo il decreto interministeriale MLPS - MEF del 7 maggio 2018).
Con l’approvazione dell’emendamento 8.0.3 (testo 2), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 8-bis, una disciplina particolare per il ricorso contro il provvedimento sanzionatorio emesso dalla struttura organizzativa competente della provincia autonoma di Bolzano a seguito dell’inosservanza di determinati obblighi previsti dalla normativa vigente in capo al beneficiario di strumenti di sostegno al reddito.
In particolare – attraverso una modifica dell’articolo 21, comma 12, del D.Lgs. 150/2015 – il comma 1 dispone che, nel suddetto caso, è ammesso il ricorso alla commissione provinciale di controllo sul collocamento (di cui all’art. 3 del D.P.R. 280/1974[34]), nel rispetto della previsione secondo cui le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, esercitano le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti, delle relative norme di attuazione e delle norme speciali recanti deleghe di funzioni e, in riferimento alla provincia autonoma di Bolzano, anche in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione (ex art. 1, c. 5, del D.Lgs. 150/2015).
L’articolo in esame fa salva la previsione in base alla quale, in via generale, avverso i medesimi provvedimenti sanzionatori adottati dai Centri per l’impiego è ammesso ricorso all’ANPAL, che istituisce un apposito comitato con la partecipazione delle parti sociali.
Il richiamato art. 21 del D.Lgs. 150/2015, tra l’altro, assoggetta il beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di disoccupazione involontaria, a determinati obblighi. In particolare, il beneficiario è tenuto ad attenersi ai comportamenti previsti nel Piano personalizzato (volto al reinserimento lavorativo), nei tempi ivi previsti, e a rispondere alle convocazioni da parte dei centri per l’impiego.
Nel caso di inosservanza dei suddetti obblighi, il medesimo art. 21 prevede l’irrogazione delle seguenti sanzioni, con riferimento alla NASpI e alla DIS-COLL:
§ in caso di mancata presentazione, senza giustificato motivo, alle convocazioni (anche quelle oltre gli appuntamenti previsti nel progetto personalizzato):
- la decurtazione di un quarto di una mensilità per la prima mancata presentazione;
- la decurtazione di una mensilità, per la seconda mancata presentazione;
- la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione
§ in caso di mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alle iniziative di orientamento, volte al rafforzamento delle competenze, la decurtazione di un quarto di una mensilità;
§ in caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione o, se richiesto, allo svolgimento di lavori di pubblica utilità:
- la decurtazione di una mensilità, alla prima mancata partecipazione;
- la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione;
§ in caso di mancata accettazione, in assenza di giustificato motivo, di un'offerta di lavoro congrua, la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione
Il comma 2 dispone che dall'attuazione della suddetta previsione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 9 assegna ulteriori risorse alle regioni Sardegna e Sicilia per la prosecuzione, per il 2019, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga riconosciuti ai lavoratori già occupati nelle aree di crisi industriale complessa.
Più nel dettaglio, il comma 1 – integrando l’articolo 1, comma 282, della L. 145/2018 – attribuisce alla regione Sardegna la facoltà di destinare ulteriori risorse, fino al limite di 3,5 milioni di euro entro l'anno 2019, per la prosecuzione dei trattamenti in deroga (cassa integrazione guadagni straordinaria e mobilità) in favore dei suddetti lavoratori, a condizione che siano contestualmente applicate le misure di politica attiva stabilite dalla normativa vigente finalizzate alla rioccupazione dei lavoratori attraverso l’attuazione dei piani di recupero occupazionale previsti da specifiche disposizioni (artt. 44, c. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 e 53-ter del D.L. 50/2017 - vedi infra).
Sul punto, la Relazione Tecnica allegata al provvedimento conferma che la suddetta previsione normativa serve a prorogare gli ammortizzatori sociali per le aree di crisi complessa della regione Sardegna per il 2019, senza slittamento al 2020.
Per le medesime finalità e alle medesime condizioni, il comma 2 – aggiungendo il comma 282-bis all’articolo 1 della L. 145/2018 - attribuisce alla regione Sicilia la facoltà di destinare risorse fino al limite di 30 milioni di euro nel 2019.
Come riportato nella Relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, l’incremento delle risorse finanziarie assegnate alla regione Sicilia è dovuto al fatto che nelle aree di crisi industriale complessa presenti nel territorio siciliano sono emerse ulteriori esigenze di tutela di particolari situazioni di crisi occupazionale, richiedenti il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Agli oneri derivanti dall’applicazione dei commi 1 e 2 si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008[35].
Sul punto, la Relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che non vengono effettuati trasferimenti di risorse alle regioni Sardegna e Sicilia, ma solo assegnazioni sulla base delle necessità rappresentate di volta in volta dalle medesime regioni e conferma che non vi è pregiudizio alle attività programmate a seguito dell'utilizzo delle suddette risorse in quanto le stesse sono state già calcolate e gli interventi già inseriti tra quelli a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione che presenta le relative disponibilità per l'esercizio finanziario 2019.
Aree di crisi industriale complessa
Riconoscimento
Per quanto attiene alle aree di crisi industriale complessa, la L. 181/1989, come modificata dal D.L. 83/2012 e dal D.L. 145/2013, ha delineato misure di sostegno consistenti nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI) nelle aree, soggette a recessione economica e crisi occupazionale, dichiarate dal MISE di crisi complessa o non complessa. I PRRI promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.
In particolare, l'art. 27 del D.L. 83/2012 prevede che, nei casi di situazioni di crisi industriali complessa con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il MISE adotti progetti di riconversione e riqualificazione industriale e demanda al MISE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza della regione interessata. Il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto di natura non regolamentare, disciplina le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e determina i criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale.
Si prevede poi lo strumento degli accordi di programma per l'adozione dei progetti di riconversione e riqualificazione. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate. Le opere e gli impianti compresi nel progetto di riconversione e riqualificazione industriale sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili. Si demanda inoltre a un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la previsione delle condizioni e delle modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione (le c.d. aree di crisi industriale "non complessa").
Con decreto ministeriale 9 giugno 2015 sono stati stabiliti i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio di tutte le aree di crisi.
Trattamenti in deroga
L'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto la possibilità di concedere un ulteriore intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga (sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa), entro un limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per il 2016 e di 117 milioni di euro per il 2017. Il trattamento può essere concesso, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta alla data dell'8 ottobre 2016. Per essere ammessa all'ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa ha l'obbligo di presentare un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, con contestuale dichiarazione della impossibilità di ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni presenti nello stesso D.Lgs. 148/2015, né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Con specifico decreto interministeriale, le risorse sono proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste, entro il limite massimo complessivo di spesa in precedenza richiamato. È previsto, infine, il monitoraggio da parte dell'INPS.
Per la concessione, nelle aree interessate da crisi industriale complessa (come riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico), di interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, l'articolo 1, comma 139, della L. 205/2017 (Legge di bilancio 2018) ha consentito l'impiego, nel 2018, delle residue risorse finanziarie stanziate per i medesimi fini per il 2016 ed il 2017 dall'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, nonché dall'articolo 53-ter del D.L. 50/2017 (per quanto attiene alla mobilità in deroga). I trattamenti di integrazione salariale straordinaria possono essere concessi fino al limite di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, in deroga ai limiti di durata generali stabiliti per la suddetta tipologia di intervento. Tali trattamenti sono subordinati: alla conclusione di un accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione interessata; alla presentazione da parte dell'impresa (oltre che della dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria in base alla normativa vigente) di un piano di recupero occupazionale, che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro, concordati con la regione ed intesi alla rioccupazione dei lavoratori. Riguardo ai trattamenti di mobilità in esame, essi riguardano i lavoratori (operanti nelle suddette aree) titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. La corresponsione - ammessa fino ad un massimo di 12 mesi e senza soluzione di continuità con il trattamento precedente - è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale (da comunicare all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali). L'impiego delle risorse finanziarie residue per il 2018 è ammesso nel rispetto del riparto tra le regioni già operato dai decreti all'uopo emanati.
Sul punto si ricorda che con il decreto interministeriale n. 1 del 12 dicembre 2016 sono state assegnate (per le competenze relative al 2016) alle regioni le risorse finanziarie (pari a 169.781.840 euro) per la concessione di un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa ai sensi dell'art. 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, riconosciuta alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 185/2016 che ha introdotto il suddetto comma 11-bis. Per le medesime finalità, con il successivo decreto interministeriale n. 12 del 5 aprile 2017, sono state assegnate alle stesse regioni le risorse (pari a 117 milioni di euro) per le competenze relative al 2017.
Successivamente, l’art. 1, c. 1136, lett. c), della L. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) ha disposto per il 2019:
- l’utilizzo delle restanti risorse stanziate per la concessione, nelle aree di crisi industriale complessa, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, al fine di completare i piani di recupero occupazionale previsti;
- la possibilità per le regioni Sardegna e Lazio di destinare ulteriori risorse, fino, rispettivamente, al limite di 9 e 6 milioni di euro nel 2019, per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nel loro territorio. Si ricorda che per la Sardegna il suddetto stanziamento di 9 milioni di euro era stato introdotto per il 2018 dall’art. 1 del D.L. 44/2018.
Da ultimo, l’art. 1, c. 282, della richiamata L. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) ha previsto la facoltà di utilizzare, per il 2019, le restanti risorse finanziarie stanziate per la concessione, nelle aree di crisi industriale complessa, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, nonché per le specifiche situazioni occupazionali della regione Sardegna, disponendo inoltre lo stanziamento di ulteriori 117 milioni di euro.
La ripartizione delle suddette risorse per il 2019, pari a 117 milioni di euro, è stata attuata con il decreto interministeriale n. 16 del 29 aprile 2019.
Le aree di crisi industriale complessa riconosciute alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 185/2016, comunicate dal Ministero dello sviluppo economico, sono le seguenti:
|
REGIONE |
AREA DI CRISI INDUSTRIALE COMPLESSA |
Data e atto di riconoscimento |
1 |
Lazio |
Rieti |
D.M. 13/04/2011 |
2 |
Puglia |
Taranto |
D.L. 129/2012 |
3 |
Toscana |
Piombino |
D.L. 43/2013 |
4 |
Friuli Venezia Giulia |
Trieste |
D.L. 43/2013 |
5 |
Sicilia |
Termini Imerese |
AdP 22/07/2015 |
6 |
Sicilia |
Gela |
D.M. 20/05/2015 |
7 |
Molise |
Isernia, Boiano, Campochiaro, Venafro |
D.M. 07/08/2015 |
8 |
Toscana |
Livorno |
D.M. 07/08/2015 |
9 |
Marche-Abruzzo |
Val Vibrata-Valle del Tronto Piceno |
D.M. 10/02/2016 |
10 |
Lazio |
Frosinone |
D.M. 12/09/2016 |
11 |
Sardegna |
Portovesme |
D.M. 13/09/2016 |
12 |
Liguria |
Savona |
D.M. 21/09/2016 |
13 |
Sardegna |
Porto Torres |
D.M. 07/10/2016 |
14 |
Umbria |
Terni-Narni |
D.M. 7/10/2016 |
Con l’approvazione dell’emendamento 9.0.100 (testo 2), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 9-bis, di incrementare, per il 2019, le risorse finanziarie destinate alla proroga del trattamento di integrazione salariale straordinario concesso per riorganizzazione, crisi aziendale o contratto di solidarietà.
Il suddetto incremento è pari a 90 milioni di euro per il 2019, rispetto ai 180 già stanziati dall’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015.
L’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015 (introdotto dall’art. 1, c. 133, della L. 205/2017 e modificato, da ultimo, dall’art. 26-bis del D.L. 4/2019) consente, per il triennio 2018-2020, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).
La deroga è ammessa per le imprese che presentino una rilevanza economica strategica, anche a livello regionale, e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale. In tale ambito, la deroga è subordinata sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:
- il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario, pari a 24 mesi;
- il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;
- per la causale contratto di solidarietà, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo;
- il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di 12 mesi;
Per le prime tre ipotesi, si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.
Per il complesso delle suddette proroghe è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro per il 2018, di 180 milioni di euro per il 2019 e di 50 milioni di euro per il 2020 per il biennio 2018-2019, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.
Per completezza, si ricorda che il medesimo art. 22-bis autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in presenza di determinate condizioni occupazionali e finanziarie, a disporre acconti sulla erogazione del trattamento di integrazione salariale al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori sospesi di aziende ricadenti in aree di crisi complessa con organico superiore a 500 unità lavorative.
L’articolo 10 estende, a determinate condizioni, le disposizioni in merito alla concessione del trattamento di mobilità in deroga ai lavoratori dell’area di crisi industriale complessa "Venafro-Campochiaro-Bojano e aree dell'indotto". La suddetta denominazione esatta dell'area è inserita dalla correzione terminologica proposta dall’emendamento 10.1 (testo 3) approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a (in luogo del riferimento all’area di crisi industriale complessa di Isernia, richiamata nel testo originario del decreto legge in esame).
In particolare, con riferimento alla suddetta area, il comma 1 prevede che le disposizioni relative alla concessione di un trattamento di mobilità in deroga, previste dall’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, si applicano anche ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 2016 risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga - oltre che, come già previsto, a quelli che risultino beneficiari di uno dei suddetti due trattamenti alla data del 1° gennaio 2017 –, nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per il 2019, come proposto dall’emendamento 10.1 (testo 3) approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a, in luogo di 1 milione di euro attualmente previsto.
Per le categorie di lavoratori sopra descritte, il trattamento è riconosciuto a condizione che siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale (vedi infra).
Secondo la Relazione illustrativa allegata al testo originario tale disposizione riguardava i 40 lavoratori dell'ex stabilimento Ittierre di Isernia, che hanno terminato il trattamento di mobilità in deroga nel periodo antecedente il 22 novembre 2017[36].
La suddetta estensione non opera nei confronti dei soggetti che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, risultino percettori del Reddito di cittadinanza a seguito dell’accoglimento della relativa richiesta (di cui all’art. 5 del D.L. 4/2019).
Il comma 2 dispone che ai relativi oneri, pari a 1,5 milioni di euro per il 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della Missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il medesimo anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Si autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L'articolo 53-ter del D.L. 50/2017 ha riconosciuto alle regioni la possibilità di impiegare alcune risorse finanziarie (nei limiti della parte non utilizzata) per la corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga; si tratta delle risorse finanziarie di cui all’art. 44, c. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 stanziate per interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga riconosciuti ai lavoratori già occupati nelle aree di crisi industriale complessa (sul punto si veda la scheda di lettura relativa all’art. 9).
I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa (riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico) e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.
La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga di cui al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473[37].
L'emendamento 10.0.4, approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a, reca uno stanziamento di 10 milioni di euro per il 2020 da destinare alla realizzazione dell'intervento in variante e in ammodernamento del primo tratto del progetto stradale "Mare-Monti".
Lo stanziamento è finalizzato a sviluppare il collegamento stradale tra le aree del cratere del sisma del 2016, l'area di crisi industriale complessa del Distretto Fermano-Maceratese e la rete stradale nella Regione Marche.
All'onere si provvede mediante la riduzione di 10 milioni per il 2020 del fondo speciale di parte corrente (di cui alla tabella A della legge di bilancio 2019-2021) parzialmente utilizzando l'accontamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
Si ricorda che i comuni dell'Italia centrale interessati dagli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016 sono elencati dagli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016.
L'area di crisi industriale complessa del Distretto Fermano-Maceratese è stata istituita con decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 dicembre 2018. Essa comprende i Comuni di Tolentino e Corridonia e i Sistemi Locali del Lavoro di Fermo, Montegiorgio, Montegranaro, Porto Sant’Elpidio e Civitanova Marche. Il decreto ministeriale 16 aprile 2019 ha costituito il Gruppo di Coordinamento e Controllo, il quale ha il compito di approvare la proposta di Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI), ai sensi dell'art. 27 del decreto-legge n. 134 del 2012. Tale art. 27 stabilisce che le situazioni di crisi industriale complessa si hanno quando specifici territori siano soggetti a recessione economica e perdita occupazionale e riscontrino: la crisi di una o più imprese di media o grande dimensione con effetti sull’indotto; la crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio. Il medesimo articolo disciplina i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale, adottati dal Ministero dello sviluppo economico, i quali devono promuovere investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.
L’articolo 11, commi 1, 2 e 3, esonera, sussistendo determinate condizioni, le imprese operanti nel settore della fabbricazione di elettrodomestici dal versamento del contributo addizionale dovuto in caso di ricorso al trattamento di integrazione salariale.
I commi 1-bis e 1-ter - di cui si propone l’introduzione con l’emendamento 11.1 (testo 3) approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a - aggiungono l’attività del personale addetto agli impianti di trasporto a fune, destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane, e alla gestione delle piste da sci nell’elenco delle attività stagionali per cui è previsto l’esonero dal versamento del contributo addizionale per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato.
Esonero dal contributo addizionale in caso di trattamento di integrazione salariale
Più nel dettaglio, il comma 1 – con l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 5 del D.Lgs. 148/2015 – dispone che l’esonero dal contributo addizionale, riconosciuto nel limite di spesa di 10 milioni di euro per il 2019 e di 6,9 milioni di euro per il 2020, opera a favore delle suddette imprese che:
§ occupano più di 4000 lavoratori;
§ hanno unità produttive nel territorio nazionale, di cui almeno una in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta ai sensi dell’articolo 27 del D.L. 83/2012 (sul punto si veda la scheda di lettura riferita all’articolo 9);
§ hanno stipulato un contratto di solidarietà (ai sensi dell’art. 21, c. 1, lett. c), del D.Lgs. 148/2015 - vedi infra) finalizzato al mantenimento della produzione esistente con la stabilità dei livelli occupazionali tramite la riduzione concordata dell'orario di lavoro, avviata nel 2019, per almeno 15 mesi.
Il richiamato articolo 5 del D.Lgs. 148/2015 ha disposto l'applicazione di un contributo addizionale a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale commisurato all'effettivo utilizzo del trattamento e non all'organico dell'impresa bensì connesso. Il contributo addizionale quindi sarà crescente in relazione ad un crescente utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale, in misura pari:
- al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate relativamente ai periodi di CIGO o CIGS fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
- al 12% della retribuzione globale oltre il limite di 52 e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
- al 15% della retribuzione globale oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.
L'esonero è autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo accordo governativo tra l'impresa e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, da stipulare entro e non oltre sessanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, in cui vengono definiti gli impegni aziendali relativi alla continuità produttiva e al mantenimento stabile dei livelli occupazionali; decorsi i suddetti sessanta giorni si intendono non più presenti i predetti impegni aziendali.
Viene inoltre specificato che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può sottoscrivere l’accordo governativo (e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso al beneficio) se nel corso della procedura di stipula dell’accordo medesimo emergano scostamenti, anche in via prospettica, dal predetto limite di spesa, al monitoraggio del quale provvede l’INPS, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’INPS comunica i risultati del monitoraggio ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze.
Il comma 2 quantifica gli oneri derivanti dall’applicazione del suddetto esonero, in termini di minori entrate contributive, in complessivi 16,9 milioni di euro, di cui 10 milioni di euro per il 2019 e 6,9 milioni di euro per il 2020.
Ai fini dell'individuazione della platea oggetto dell’agevolazione in esame, la Relazione tecnica allegata al decreto legge, specifica che sono state considerate le autorizzazioni riportate nei decreti direttoriali n. 102688 del 14 febbraio 2019 e n. 102828 del 12 marzo 2019 relativi alla concessione del trattamento di CIGS dal 1 gennaio 2019 al 6 aprile 2020 a favore, rispettivamente, di Whirpool Italia e di Whirpool Emea.
L’INPS ha fornito la stima del contributo addizionale in questione, distinta per decreto, calcolata sulla base della retribuzione media mensile differenziale di accredito, negli importi indicati nella tabella seguente, riportata nella Relazione tecnica:
(in milioni di euro)
|
N° decreto |
||
102828 |
102688 |
Totale |
|
2019 |
10,0 |
0,8 |
10,8 |
2020 |
6,9 |
0,1 |
7,0 |
La Relazione tecnica specifica, altresì, che l’onere derivante dall'applicazione dell'articolo 11 è pari, complessivamente, a 16,9 milioni di euro in quanto solo nel caso del decreto n. 102828 1'impresa considerata (Whirpool Emea) ha un organico superiore alle 4.000 unità. Nel caso del decreto 102688, invece, il costo derivante dall’esonero sarebbe di 900.000 euro, ma l'impresa considerata (Whirpool Italia) ha circa 400 dipendenti e, quindi, non rientra nel campo di applicazione dell’articolo in esame.
A tali oneri si provvede:
§ quanto a 10 milioni di euro per il 2019 mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (ai sensi dell’art. 148, c. 1, della L. 388/2000) che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, non sono ancora state riassegnate ai pertinenti programmi e che vengono, dunque, acquisite definitivamente al bilancio dello Stato, nel limite di 10 milioni di euro (comma 2, lett. a).
Riguardo alle suddette sanzioni amministrative[38], si ricorda che il citato articolo 148 della legge n. 388/2000 dispone, al comma 1, che le relative entrate siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. A tal fine è istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (cap. 1650). Nel bilancio di previsione 2019-2021, le somme derivanti dalle suddette sanzioni, da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori, iscritte sul cap. 3592/Entrata (Pg. 14), risultano pari a 33 milioni di euro per ciascun anno del triennio.
§ quanto a 6,9 milioni di euro per il 2020 mediante utilizzo delle risorse derivanti dalla gestione a stralcio separata istituita, nell’ambito del Fondo di rotazione in materia di formazione professionale[39], dall’articolo 5, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 150/2015, che vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 2, lett. b).
Su tale gestione separata confluiscono, si ricorda, le somme derivanti dall’eventuale disimpegno conseguente alla verifica effettuata dall’ANPAL sui residui passivi a valere sul Fondo di rotazione medesimo, nel limite del 50% delle risorse disimpegnate, per essere destinate al finanziamento di iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
§ Ai fini della compensazione in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a 6,9 milioni di euro per il 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (comma 2, lett. c).
Si tratta del Fondo istituito dall’art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008, finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (cd. limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Al suo utilizzo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Il comma 3 subordina l’efficacia della previsione dell’articolo in esame all’autorizzazione della Commissione europea, previa notificazione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in base al quale la Commissione verifica la compatibilità o meno dei regimi di aiuti esistenti negli Stati membri con il mercato interno.
Sul punto, la Relazione illustrativa evidenzia che la misura in oggetto non può essere considerata come una forma di aiuto di Stato in quanto, inserendosi in un programma di sostegno al reddito in favore dei lavoratori inseriti in un contratto di solidarietà, ha una finalità sociale e non dà un vantaggio economico a singole imprese o a gruppi di imprese.
Contratto di solidarietà
Secondo il richiamato art. 21, c. 1, lett. c), del D.Lgs. 148/2015, il trattamento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata, tra l’altro, dalla sussistenza di un contratto di solidarietà.
Tale contratto viene stipulato dall'impresa attraverso contratti collettivi aziendali con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che stabiliscono una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. Si stabilisce, inoltre, che la riduzione media oraria non possa essere superiore al 60% dell'orario (giornaliero, settimanale o mensile) dei lavoratori interessati dal contratto di solidarietà. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stato stipulato.
L’art. 5 dispone che il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di 6 mesi antecedente la stipula del contratto di solidarietà, nonché che la CIGS venga ridotta in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. È inoltre previsto l’obbligo, per gli accordi sindacali in precedenza richiamati, di specificare le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, possa modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale. Infine, si stabilisce che le quote di accantonamento del T.F.R. relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro siano a carico della gestione di afferenza, ad eccezione di quelle relative a lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione della CIGS, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di una CIGS ulteriore concessa entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente.
Esonero dal contributo addizionale per i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato
I commi 1-bis e 1-ter - di cui si propone l’introduzione con l’emendamento 11.1 (testo 3) approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a - aggiungono l’attività del personale addetto agli impianti di trasporto a fune, destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane, e alla gestione delle piste da sci nell’elenco delle attività stagionali per cui è previsto l’esonero dal versamento del contributo addizionale per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, posto a carico dei datori di lavoro per il finanziamento della NASpI (ex articolo 2, comma 29, della L. 92/2012.
L’art. 2, c. 28, della L. 92/2012 dispone che, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il contributo addizionale è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione.
Il richiamato art. 2, c. 29, della medesima legge dispone che il suddetto contributo non si applica:
- ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
- ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963;
- agli apprendisti;
- ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Ai relativi oneri, pari a 86.000 euro per il 2020 e a 103.000 euro dal 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della Missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Si autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Con l’approvazione dell’emendamento 11.0.18 (testo 2), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono, attraverso l’introduzione dell’articolo 11-bis, di estendere l’indennizzo corrisposto a seguito della cessazione di attività commerciale anche ai soggetti in possesso di determinati requisiti nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2018.
Più nel dettaglio, si propone di estendere il suddetto indennizzo, di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 207/1996 (vedi infra), nella misura e secondo le modalità ivi previste, anche ai soggetti in possesso, nel predetto periodo, dei seguenti requisiti (di cui all’art. 2 del richiamato D.Lgs. 207/1996):
§ più di 62 anni di età se uomini, più di 57 anni di età se donne;
§ iscrizione, al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’INPS.
Sul punto, si ricorda che, in base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 283, della L. 145/2018, l'indennizzo spetta ai soggetti in possesso dei suddetti requisiti dal 2019. L'emendamento in oggetto estende, dunque, il diritto ai soggetti in possesso dei medesimi requisiti nel periodo 1° gennaio 2017-31 dicembre 2018.
Si ricorda che l'indennizzo è riconosciuto fino al mese in cui è compiuta l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia.
L'emendamento richiama anche quanto previsto dall’articolo 1, comma 284, della L. 145/2018 in merito all'aliquota contributiva aggiuntiva prevista per gli iscritti al fondo per gli interventi per la razionalizzazione commerciale[40]; essa è dovuta, nella misura dello 0,09%[41], dagli iscritti alla gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.
L’indennizzo per cessazione di attività commerciale, erogato in misura pari al trattamento pensionistico minimo, per la cessazione definitiva di specifiche attività commerciali, a favore degli esercenti il commercio al minuto e loro coadiutori che avessero superato determinati limiti di età, previsto originariamente per il triennio 1996-1998 dal D.Lgs. 207/1996 (e più volte prorogato[42]), è stato successivamente riconosciuto ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attività commerciale su aree pubbliche in possesso dei requisiti prescritti per il periodo 2009-2016, con termine di accoglimento per le relative domande al 31 dicembre 2017.
Si ricorda, inoltre, che l'erogazione dell'indennizzo è subordinata, nel periodo di riferimento: alla cessazione definitiva dell'attività commerciale; alla riconsegna dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attività commerciale e dell'autorizzazione per l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nel caso in cui quest'ultima sia esercitata congiuntamente all'attività di commercio al minuto; alla cancellazione del soggetto titolare dell'attività dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese presso la CCIAA.
Con l’approvazione degli emendamenti identici 11.0.100 e 11.0.20 (testo 2), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di introdurre una nuova forma di finanziamento per alcuni trattamenti di mobilità in deroga.
I trattamenti in oggetto, in particolare, concernono, per un limite massimo di dodici mesi, i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga nel periodo 1° dicembre 2017-31 dicembre 2018 e che non abbiano diritto alla fruizione della NASpI (per assenza dei requisiti inerenti alla contribuzione o alla durata minima del lavoro effettivo)[43].
Ai fini del finanziamento di tali trattamenti di mobilità, gli emendamenti propongono di sostituire il riferimento - finora non attuato, come risulta dalla documentazione allegata agli emendamenti – all’impiego di eventuali risorse residue delle regioni o delle province autonome, disponibili per le politiche per il lavoro e l'occupazione, con la possibilità, per la regione o la provincia autonoma, di utilizzare le risorse già assegnate alla stessa (per ammortizzatori sociali in deroga o per azioni di politica attiva del lavoro) ai sensi dell’articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni. Tale possibilità viene ammessa a condizione che: le risorse suddette non siano state utilizzate ai fini della proroga - eventualmente autorizzata dalla regione o dalla provincia autonoma, con durata massima fino al 31 dicembre 2018 - di trattamenti di integrazione salariale in deroga; l’INPS, a seguito della verifica della sussistenza delle suddette disponibilità finanziarie, autorizzi la regione o la provincia autonoma alla concessione del trattamento.
In relazione alla nuova norma, i medesimi emendamenti sopprimono sia il rinvio ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) per la disciplina dei trattamenti di mobilità in oggetto sia la procedura di comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da parte della regione o provincia autonoma, della sussistenza di risorse disponibili per l’utilizzo in esame.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 252, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, ai lavoratori beneficiari dei suddetti trattamenti di mobilità in deroga sono applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).
L’articolo 12 introduce norme funzionali al potenziamento della struttura di cooperazione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro, appositamente istituita dall’art. 1, comma 852, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), per il monitoraggio delle politiche volte a contrastare il declino dell'apparato produttivo. A tale struttura è assegnato un contingente di personale, fino ad un massimo di 12 unità, dotato di specifiche e necessarie competenze ed esperienze nel settore della politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di impresa.
Come ricorda la relazione illustrativa, si tratta della struttura di crisi preposta alla gestione dei "tavoli di crisi" istituiti o istituendi presso il Ministero dello sviluppo economico, attraverso l'acquisizione di risorse specializzate, da destinare, fino al 31 dicembre 2021, allo studio di idonee soluzioni per risolvere le problematiche sottese ai tavoli stessi.
Si rammenta in proposito che l’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006 ha previsto l’istituzione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un'apposita struttura, con forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, finalizzata a contrastare il declino dell'apparato produttivo, anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del D. Lgs. n. 270/1999, che versino in crisi economico-finanziaria.
Si tratta delle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento[44], che abbiano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno. La citata disposizione del D. Lgs. n. 270/1999 ammette tali imprese all'amministrazione straordinaria, qualora esse abbiano anche un ulteriore requisito, ossia debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.
Nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del 18 dicembre 2007, sono contenute disposizioni concernenti l’articolazione, la composizione e l’organizzazione di tale struttura, tra le quali la previsione di un protocollo d'intesa tra i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, che stabilisca forme di cooperazione interorganica fra i medesimi Ministeri e di collaborazione con le regioni.
Ai sensi dell’art. 2 del decreto interministeriale citato, la struttura in questione “cura la rilevazione e la gestione di situazioni di crisi di impresa e procede all’attivazione di iniziative e interventi per il relativo superamento, in coerenza agli indirizzi di politica industriale e nel quadro delle politiche di reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori industriali colpiti da crisi”[45].
Organo della struttura per le crisi di impresa è l'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi, che svolge funzioni di salvaguardia e di consolidamento dei livelli occupazionali delle imprese, nonché di prevenzione di situazioni di crisi.
In dettaglio, il comma 1 della norma in commento, con l’esplicita finalità del potenziamento delle attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, assegna alla suddetta struttura, fino al 31 dicembre 2021, in deroga alla dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico, un contingente di personale fino ad un massimo di dodici funzionari di area III del comparto funzioni centrali, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[46], dotati delle necessarie competenze ed esperienze in materia di politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di imprese, in posizione di fuori ruolo o di comando o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico complessivo a carico dell'amministrazione di destinazione.
A tale riguardo, si ricorda che il citato art. 17 della L. n. 127/1997 prevede, al comma 14, che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.
Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 12.1, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono l'inserimento del comma 1-bis, il quale estende al personale della predetta struttura, a far data dalla cessazione dell'incarico e per i cinque anni successivi, il divieto previsto dal comma 16-ter dell'articolo 53, d.lgs. 165/2001, le cui disposizioni sono richiamate espressamente.
Al riguardo si ricorda che la disposizione testé richiamata prevede che i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo d.lgs. non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di tale divieto sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 12.2 (testo 2), le Commissioni riunite 10a e 11a propongono l'inserimento del comma 1-bis, il quale novella l'art. 1, co. 852, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in relazione al cui contenuto si veda supra.
La novella mira ad ampliare l'ambito istituzionale della collaborazione cui è chiamata la struttura per le crisi d'impresa istituita dal citato art. 1, co. 852, L. 296/2006. In particolare si prevede che essa opera in collaborazione anche con le competenti Commissioni parlamentari, oltre che - come già previsto a legislazione vigente - con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. Inoltre i parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura. La struttura garantisce la pubblicità e la trasparenza dei propri lavori, anche attraverso idonee strumentazioni informatiche.
Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dal comma 1, quantificati in 180.000 euro per l'anno 2019 e in 540.000 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, si provvede:
- quanto a 180.000 euro per l'anno 2019[47], mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che alla data dell'entrata in vigore del decreto non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite definitivamente al bilancio dello stato;
In proposito, si ricorda che l'art. 148, comma 1, della L. n. 388/2000 dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori, facendo salvo quanto disposto dal successivo comma 2. Il comma 2 specifica che le predette entrate possono essere riassegnate anche nell'esercizio successivo - per la parte eccedente l'importo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 - con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori individuate di volta in volta con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti[48].
- quanto a 540.000 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente definanziamento del Fondo per il commercio equo e solidale, istituito nello stato di previsione del MISE dall'articolo 1, comma 189, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, con una dotazione di 1 milione di euro annui dall’anno 2018.
La relazione tecnica, specificando i costi complessivi a carico dell’amministrazione di destinazione per le fasce economiche dei funzionari di Area III, ai sensi del CCNL comparto funzioni centrali 2016-2018, stima prudenzialmente il costo medio di un'unità di Area III in circa 45.000 euro annui, determinando, pertanto, il costo annuo complessivo per 12 funzionari in 540.000 euro.
Il comma 1 dell'articolo in esame - mediante l'inserimento di un comma 6-bis all'articolo 19 del d.lgs. 30/2013 (Norme di attuazione della direttiva 2009/29/CE, per lo scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra) - destina la quota annua dei proventi derivanti dalle aste CO2, eccedente il valore di 1000 milioni di euro, nella misura massima di 100 milioni per il 2020 di euro e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, al Fondo per la transizione energetica nel settore industriale (di cui il comma 2, mediante novella all'articolo 27, comma 2, del d.lgs. 30/2013, prevede l'istituzione presso il MISE), per finanziare interventi di decarbonizzazione e di efficientamento energetico del settore industriale e, per una quota fino a un massimo di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024, al Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, da istituire presso il MISE con decreto adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge dal Ministro dello sviluppo economico.
La definizione dei criteri, delle condizioni e delle procedure per l'utilizzo delle risorse del Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone è demandata a un decreto adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini del rispetto del limite di spesa degli stanziamenti assegnati.
Al riguardo si ricorda che il comma 5 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013 - come sostituito dall'art. 1, co. 492, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) - disciplina l’assegnazione della quota del 50% dei proventi derivanti dalle aste CO2 per il rimborso dei crediti spettanti ai gestori degli impianti cosiddetti “nuovi entranti”.
Esso prevede la riassegnazione del 50% dei proventi derivanti dalle suddette aste, attraverso i decreti di ripartizione previsti dal comma 3 del medesimo articolo 19, ad un apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.
Tali proventi vengono destinati al rimborso, ai sensi del comma 5 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 72 del 2010, dei crediti, previsti dal comma 3 dell'articolo 2 del medesimo decreto, spettanti ai gestori degli impianti "nuovi entranti”, che a causa dell'esaurimento della riserva di quote "nuovi entranti" non hanno beneficiato di assegnazione a titolo gratuito di quote di anidride carbonica (CO2) per il periodo 2008-2012.
La procedura di riassegnazione dei suddetti proventi è prevista fino al completo rimborso dei crediti.
Solo a seguito del completo rimborso di tali crediti, la quota del 50% verrà riassegnata al Fondo ammortamento titoli di Stato, ai sensi dell’articolo 25, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011.
Per la copertura degli oneri relativi ai predetti fondi si utilizzano le quote dei proventi delle aste assegnate al Ministero dello sviluppo economico e, ove necessario, per la residua copertura si utilizzano le quote dei proventi assegnate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
In base ai commi 2 e 3 dell'art. 19, d.lgs. 30/2013, i proventi delle aste sono versati al GSE in un apposito conto corrente dedicato "Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System" ("TARGET2"). Il GSE trasferisce i proventi delle aste ed i relativi interessi maturati su un apposito conto acceso presso la Tesoreria dello Stato, intestato al Dipartimento del tesoro, dandone contestuale comunicazione ai ministeri interessati. Detti proventi sono successivamente versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari, ai sensi della direttiva 2009/29/CE, degli stati di previsione interessati.
Alla ripartizione delle risorse di cui al comma 2 si provvede, previa verifica dell'entità delle quote restituite e dei corrispondenti proventi derivanti dalla messa all'asta delle quote di cui al comma 1, con decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di effettuazione delle aste, nella misura del 70 per cento a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del 30 per cento a favore del Ministero dello sviluppo economico (co.3)
Il comma 2, novellando l'articolo 27, comma 2, del d.lgs. 30/2013, dispone l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale, per sostenere la transizione energetica di settori o di sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa dei costi connessi alle emissioni di gas a effetto serra trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica.
Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 13.7, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di inserire un inciso secondo cui occorre dare priorità a interventi di riconversione sostenibili, caratterizzati da processi di decarbonizzazione che escludono l'utilizzo di ulteriori combustibili fossili diversi dal carbone.
II Fondo è alimentato secondo le previsioni dell'articolo 19, commi 3 e 6-bis, dello stesso d.lgs. 30/2013, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato e della normativa relativa al sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra di cui alla direttiva UE 2003/87/CE come modificata dalla direttiva UE/2018/410.
A uno o più decreti adottati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è demandata la definizione dei criteri, delle condizioni e delle procedure per l'utilizzo delle risorse del Fondo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa degli stanziamenti assegnati e previa notificazione ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
In base al Rapporto sulle aste di quote europee di emissione annuale 2018 del 13 febbraio 2019, p. 42, al 31 dicembre 2018, in coerenza con quanto previsto dalla Convenzione MEF – GSE, sono stati trasferiti alla Tesoreria dello Stato proventi e interessi per circa 2,3 miliardi di euro relativi alle EUA (European Union Allowances, quota di emissione valevole nell’ambito dell’EU ETS) per compensare 1 ton/CO2 equivalente e circa 27,9 milioni di euro relativi alle EUA A (European Union Allowances Aviation, quota di emissione valevole nell’ambito dell’EU ETS per compensare 1 ton/CO2 eq., utilizzabile esclusivamente da parte degli operatori del settore aereo). Le somme trasferite sono relative alle aste svoltesi tra il 2012 e il 2017.
Utilizzando le suddette previsioni di prezzo - previsione prezzo minimo (P95), previsione poll (scenario di riferimento) e previsione prezzo massimo (P5) - unite alla previsione dei volumi, stimati nel 2019 a circa 51,6 milioni di EUA, i proventi dell’Italia nel 2019 potrebbero attestarsi in un intervallo tra un minimo di almeno 540 milioni di euro ed un massimo di 1,8 miliardi d’euro. La stima di riferimento, calcolata a partire dalla mediana del Poll, è di circa € 1,2 miliardi d’euro.
Per quanto concerne le EUA A, secondo quanto emerge dal citato Rapporto, l’Italia collocherà nel 2019 un totale di 700 mila quote relative all’aviazione civile. I proventi derivanti dal collocamento delle quote destinate all’aviazione rappresentano solo una piccola parte dei proventi delle aste CO2 e i proventi derivanti dal collocamento delle EUA A nel 2019, dovrebbero attestarsi tra un minimo di circa 8 milioni di euro ad un massimo di 24 milioni di euro, con uno scenario di riferimento di circa 17 milioni di euro.
L'emendamento 13.0.1 (testo corretto) - approvato nel corso dell'esame in sede referente - propone l'inserimento dell'articolo in esame.
Il comma 1 interviene sull'apparato sanzionatorio previsto dall'articolo 42 del d.lgs. 28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in materia di incentivi nel settore elettrico e termico, erogati dal GSE.
In particolare si prevede che:
a) il GSE possa decurtare l'incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento (attualmente la decurtazione può essere disposta in misura ricompresa fra il 20 e l'80 per cento) in ragione dell'entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà (attualmente esse possono essere ridotte di un terzo).
A tal fine viene novellato il comma 3 dell'articolo 42;
b) agli impianti di potenza compresa tra 1 e 3 kW nei quali, a seguito di verifica, risultino installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento, si applica una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante (attualmente la decurtazione è del 30 per cento della tariffa incentivante) sin dalla data di decorrenza della convenzione.
Inoltre, la decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 30 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti.
A tal fine viene novellato il comma 3-quater dell'articolo 42;
c) agli impianti di potenza superiore a 3 kW nei quali, a seguito di verifiche o controlli, risultano installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento e per i quali il soggetto beneficiario della tariffa incentivante abbia intrapreso le azioni consentite dalla legge nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli, si applica, su istanza del medesimo soggetto beneficiario, una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante base (in luogo del 20 per cento attualmente previsto) per l'energia prodotta dalla data di decorrenza della convenzione con il GSE. La decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 20 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti.
A tal fine viene novellato il comma 4-bis dell'articolo 42.
Il comma 2 prevede che la minore sanzione di cui alla lettera a) del comma 1, si applica agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, su richiesta dell'interessato, a quelli definiti con provvedimenti del GSE di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere del Consiglio di Stato previsto dall'articolo 11 del DPR 1199/1971. La richiesta dell'interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché a rinuncia all'azione. Le minori sanzioni disposte dal comma 1 non si applicano qualora la condotta dell'operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE è oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva.
L'emendamento 13.0.2 (testo 3) - approvato nel corso dell'esame in sede referente - propone l'inserimento dell'articolo in esame.
Il comma 1 incrementa di 500 mila euro per il 2019, di 1 milione di euro per il 2020 e di 5 milioni di euro per il 2021 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'art. 23, co. 2, del D.L. 83/2012 (L. 134/2012), da destinare all'erogazione dei finanziamenti per le agevolazioni di cui al DM 4 dicembre 2014.
Il citato DM (art. 2), al fine di favorire lo sviluppo economico e la crescita dei livelli di occupazione nel Paese, ha istituito, in attuazione dell’art. 1, co. 845[49], L. 296/2006, un apposito regime di aiuto finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative.
Ai sensi dell'art. 3, possono beneficiare delle agevolazioni le società cooperative: regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese; che si trovano nel pieno e libero esercizio dei propri diritti e che non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali. Non sono ammesse alle agevolazioni le società cooperative: che abbiano ricevuto e non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea; che siano state destinatarie di provvedimenti di revoca, parziale o totale, di agevolazioni concesse dal Ministero e che non abbiano restituito le agevolazioni per le quali è stata disposta la restituzione; qualificabili come “imprese in difficoltà” ai sensi di quanto stabilito dal Regolamento di esenzione; operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura, ai sensi di quanto stabilito dal Regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, recante modifica ai Regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga il Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio; operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del TFUE; operanti nel settore carboniero, relativamente agli aiuti per agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive, di cui alla decisione 2010/787/UE del Consiglio; qualora l’aiuto sia diretto al finanziamento di attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia per programmi d’impresa direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione e per gli interventi subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione.
In base all'art. 4, per il finanziamento delle agevolazioni, sono utilizzate le risorse disponibili sui capitoli di bilancio del Ministero n. 7342 – “Piano di gestione 21” e n. 2301 – “Iniziative a fronte delle attività di promozione e di sviluppo delle cooperative”, che sono versate alla contabilità speciale n. 1201 del Fondo per la crescita sostenibile e iscritte nella sezione del medesimo Fondo dedicata agli interventi per il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi. Le agevolazioni possono altresì essere finanziate con risorse provenienti da Programmi Operativi cofinanziati con Fondi Strutturali, nell’attuazione di azioni, previste nei predetti Programmi Operativi, coerenti con le finalità e gli ambiti di intervento del DM.
Secondo quanto previsto dall'art. 5, a valere sulle risorse finanziarie predette, le società finanziarie sono autorizzate a concedere alle società cooperative finanziamenti a tasso agevolato a fronte della realizzazione delle iniziative di cui all’articolo 6. I finanziamenti: hanno una durata massima, comprensiva dell’eventuale periodo di preammortamento, di 10 anni; sono rimborsati secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate, scadenti il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno. Gli interessi di preammortamento sono corrisposti alle medesime scadenze; sono regolati a un tasso di interesse pari al 20 percento del tasso di riferimento vigente alla data di concessione delle agevolazioni, fissato sulla base di quello stabilito dalla Commissione Europea e pubblicato sul sito Internet http://ec.europa.eu/competition/state_aid/legislation/reference_rates.html. In ogni caso, il tasso agevolato non potrà essere inferiore a 0,8 percento; sono concessi per un importo non superiore a 4 volte il valore della partecipazione detenuta dalla società finanziaria nella società cooperativa beneficiaria e, in ogni caso, per un importo non superiore a euro 1.000.000,00 (un milione); nel caso vengano concessi a fronte di investimenti, possono coprire fino al 100 percento dell’importo del programma di investimento. L’agevolazione derivante dal finanziamento agevolato è pari alla differenza tra le rate calcolate al suddetto tasso di attualizzazione e rivalutazione, vigente alla data di concessione delle agevolazioni e quelle da corrispondere al predetto tasso agevolato.
L'art. 6 prevede che le agevolazioni sono concesse al fine di sostenere: sull’intero territorio nazionale, la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di società cooperative sociali di cui alla L. 381/1991, e di società cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata; nei territori delle Regioni del Mezzogiorno, oltre alla suddetta finalità, anche lo sviluppo o la ristrutturazione di società cooperative esistenti.
L'art. 7 elenca le spese ammissibili mentre l'art. 8 disciplina la procedura per la presentazione e valutazione delle richieste; l'art. 9 contempla i casi di cumulabilità delle agevolazioni con altre misure di favore mentre gli articoli 10 e 11 concernono, rispettivamente, il monitoraggio, le ispezioni e i controlli e i casi di revoca delle agevolazioni.
Con decreto direttoriale 16 aprile 2015 (in attuazione dell'art. 12 del DM 4 dicembre 2014), sono stati definiti gli aspetti operativi per la presentazione e la valutazione delle domande, la concessione e l'erogazione delle agevolazioni e lo svolgimento del monitoraggio delle iniziative agevolate nonché le modalità di regolamentazione dei rapporti tra il Ministero dello sviluppo economico e le società finanziarie a cui è affidata la gestione dell' intervento.
L'incremento è disposto al fine di sostenere sull'intero territorio nazionale la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccole e medie dimensioni costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi.
Il “Fondo per la crescita sostenibile”, è stato istituito dall’articolo 23 del D.L. n. 83/2012. L’articolo, in particolare, ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (già istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ex art. 14, legge n. 46/1982) in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente oggetto di abrogazione. Il Fondo in questione è dunque la risultante da una razionalizzazione del previgente sistema di agevolazione alle imprese. Il Fondo è destinato al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo (cfr. D.M. attuativo 8 marzo 2013), con particolare riguardo ad una serie di finalità, esplicitamente indicate nell’articolo 23, comma 2, tra le quali, la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese; il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma; la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane; interventi in favore di imprese in crisi di grande dimensione; la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Per ciascuna delle finalità indicate dal comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo (comma 4 dell’articolo 23). Il Fondo opera come fondo rotativo. Infatti, il comma 8 dell’articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.
Il comma 204 dell'art. 1, L. 145/2018 (bilancio di previsione per il 2019) ha incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, destinando le risorse in questione al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e non complessa di cui all’art. 27 del medesimo D.L. n. 83/2012. Ai sensi del comma 205, un decreto del Ministro dello sviluppo economico avrebbe dovuto provvedere a ripartire le risorse tra gli interventi da attuare per le situazioni di crisi industriale complesse e quelli per le situazioni di crisi industriale non complessa.
In base alla legge n. 110 del 1° ottobre 2019 (Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2019), il Fondo (allocato sul cap. 7483 dello stato di previsione del MISE) presenta una dotazione in termini di competenza pari a € 107 mln per il 2019 e a € 50 mln per il 2020.
Il comma 2 prevede che agli oneri predetti si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Con l'approvazione degli emendamenti 14.1 e 14.2, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di sopprimere l'articolo 14 del decreto-legge.
L’articolo 14 interviene sulla disposizione (comma 6 dell’art. 2 del D.L. 1/2015) che esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell’ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale. In particolare, il decreto legge interviene sia in merito all’ambito oggettivo dell’esonero da responsabilità, con riguardo alle condotte scriminate, sia in merito all’ambito temporale dell’esimente da responsabilità penale e amministrativa che, per i soli acquirenti o affittuari (e per i soggetti da questi delegati), viene prorogata dal 6 settembre 2019 alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile.
Prima di commentare le modifiche operate dall'articolo in esame, appare necessario ricostruire, seppur sinteticamente, la vicenda dello stabilimento ILVA di Taranto, in particolare con riferimento all’attuazione del c.d. piano ambientale e all’esonero da responsabilità.
L’emergenza ambientale nell'area dell'ILVA di Taranto è stata affrontata inizialmente con l'emanazione del D.L. 7 agosto 2012, n. 129, che ha dettato norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell'area di Taranto e, per assicurarne l'attuazione, ha nominato un Commissario straordinario.
In precedenza, con decreto direttoriale del 15 marzo 2012 del Ministero dell'ambiente, era stato disposto d'ufficio l'adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), rilasciata con decreto del 4 agosto 2011, alle conclusioni delle migliori tecniche disponibili europee (BAT - Best Available Techniques) relative al settore siderurgico. Successivamente il Ministero dell'ambiente ha concluso il riesame dell'AIA (decreto prot. DVA/DEC/2012/0000547 del 26 ottobre 2012) per l'esercizio dello stabilimento siderurgico ubicato nei comuni di Taranto e di Statte.
Con il successivo D.L. 3 dicembre 2012, n. 207, l'ILVA è stata dichiarata stabilimento di interesse strategico nazionale e sono state dettate specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti.
Con il successivo decreto-legge n. 61/2013 sono state dettate disposizioni volte a disciplinare – in via generale (all'art. 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (all'art. 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA.
In particolare è stata disciplinata una specifica procedura per addivenire all’approvazione di un “Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria”.
Tale piano ambientale (adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2014) ha previsto le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA nonché, in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione di tutti i procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012.
Con il successivo decreto-legge n. 1/2015 è stata perseguita, in particolare, la finalità di estendere alle imprese dichiarate di interesse strategico nazionale, quali l'ILVA, la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (recata dal D.L. 347/2003). In attuazione di tali norme stati nominati i commissari straordinari della procedura di amministrazione straordinaria[50].
A tali commissari, e ai soggetti da questi funzionalmente delegati, è stata riconosciuta una sorta di immunità penale ed amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del c.d. piano ambientale, in virtù della disposizione introdotta dall’art. 2, comma 6, del D.L. 1/2015.
Successivamente all’emanazione del D.L. 1/2015, con il decreto-legge n. 191/2015 sono state dettate disposizioni principalmente finalizzate alla cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, nonché, tra l’altro, fissato al 30 giugno 2017 il termine ultimo per l'attuazione del "piano ambientale" (art. 1, comma 7). Tali disposizioni sono state modificate e integrate con il successivo D.L. 9 giugno 2016, n. 98.
Con tale decreto-legge, al fine di garantire la tutela ambientale nell'ambito del processo di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, sono state introdotte (mediante la modifica del comma 8 e l'inserimento dei nuovi commi da 8.1 a 8.3 dell'articolo 1 del D.L. 191/2015) disposizioni volte a porre in stretta correlazione la procedura di scelta del contraente con quella della realizzazione del "piano ambientale".
Inoltre, il comma 4 dell'articolo 1 ha consentito la proroga di ulteriori 18 mesi del termine ultimo per l'attuazione del Piano ambientale (lettera a) ed esteso all'affittuario o all'acquirente, nonché ai soggetti da questi delegati, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa a fronte di condotte poste in essere in attuazione del medesimo Piano, con il limite temporale delle condotte poste in essere fino al 30 giugno 2017 ovvero fino all'ulteriore termine di 18 mesi eventualmente concesso (lettera b). La decorrenza dei 18 mesi è stata poi fissata, dall'art. 6, comma 10-ter, del D.L. 244/2016, dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione delle modifiche del “piano ambientale”.
In attuazione delle succitate disposizioni – e in seguito all'emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 giugno 2017 di aggiudicazione della procedura di trasferimento dei complessi aziendali del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria alla società AM InvestCo Italy s.r.l. e alla presentazione, da parte della medesima società, in data 5 luglio 2017, della domanda di AIA – è stato emanato il D.P.C.M. 29 settembre 2017 (pubblicato nella G.U. del 30 settembre 2017) di approvazione delle modifiche al "piano ambientale" di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014. Conseguentemente, il termine di 18 mesi per l’attuazione del Piano sarebbe venuto a scadenza il 30 marzo 2019.
E’ però successivamente intervenuto l'art. 6, comma 10-bis, lettera c), del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, che ha prorogato il termine ultimo per l’attuazione del Piano ambientale, collegandolo alla data di scadenza dell'AIA, cioè al 23 agosto 2023.
Dunque, a fronte di una proroga per l’attuazione del Piano ambientale fino al 2023, l’art. 2, comma 6, del D.L. n. 1 del 2015 prevedeva invece che l’esimente dalla responsabilità penale e amministrativa per i dirigenti di ILVA operasse fino alla scadenza di 18 mesi dall’entrata in vigore del DPCM del 2017 (marzo 2019).
Interpellata sull’interpretazione di queste disposizioni dal Ministero dello Sviluppo economico, l’Avvocatura dello Stato, in un parere reso il 21 agosto 2018 (pubblicato sul sito del MISE e visibile al seguente indirizzo: https://www.mise.gov.it/index.php/it/198-notizie-stampa/2038583-ilva-disclosure-il-parere-dell-avvocatura-dello-stato-e-il-provvedimento-di-conclusione-del-procedimento), ha sostenuto che «l'esimente di cui all'art. 2, comma 6 cit. operi per tutto l'arco temporale in cui l'aggiudicatario sarà chiamato ad attuare le prescrizioni ambientali impartite dall'amministrazione», per cui «detto arco temporale risulterà quindi coincidente con la data di scadenza dell'autorizzazione integrata ambientale in corso di validità (23 agosto 2023)».
E’ quindi intervenuto l’art. 46 del decreto-legge n. 34 del 2019, che ha limitato dal punto di vista oggettivo l’esonero da responsabilità alle attività di esecuzione del c.d. piano ambientale, escludendo l’impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro ed ha individuato nel 6 settembre 2019 il termine ultimo di applicazione dell’esonero da responsabilità.
Rispetto a questo quadro normativo, il decreto-legge in commento:
§ specifica - modificando il primo periodo del comma 6 dell’art. 2 del DL n. 1 del 2015 - che l’esonero da responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato (ex d.lgs. n. 231 del 2001), riguarda le condotte connesse all’attuazione del Piano ambientale (e non più dell'A.I.A). La modifica è volta a rendere omogeneo il riferimento alle condotte scriminate (che diventano quelle attuative del Piano) con l’equiparazione - operata dallo stesso primo periodo del comma 6 - dell’osservanza delle disposizioni del Piano ambientale stesso alla adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione previsti dal d.lgs. 231 del 2001, che consentono di prevenire l’insorgere della responsabilità dell’ente conseguente alla commissione di un reato.
Il primo periodo dell'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2015 (così come da ultimo modificata dall'articolo 46 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), equipara, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'A.l.A., l'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano Ambientale di cui al DPCM 14 marzo 2014 — come successivamente modificato e integrato con il DPCM 29 settembre 2017 — alla adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione previsti dall'articolo 6 del d.lgs. 231 del 2001.
Al riguardo, si ricorda che l’adozione di un modello organizzativo conforme alle indicazioni contenute nell’art. 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (c.d. modello 231), da parte di una persona giuridica o di società e associazioni anche prive di personalità giuridica, consente di prevenire l’insorgere della responsabilità dell’ente conseguente alla commissione di un reato.
§ specifica che le condotte poste in essere in attuazione del predetto Piano ambientale, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possano dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, non solo in quanto integrano esecuzione delle migliori regole preventive in materia ambientale ma, altresì, in quanto costituiscono adempimento dei doveri imposti dal suddetto Piano Ambientale.
La relazione illustrativa chiarisce che il riferimento all’adempimento del dovere vale a richiamare l’art. 51 del codice penale, a norma del quale «l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità…esclude la punibilità».
§ mantiene il termine del 6 settembre 2019 per l’operatività dell’esimente relativamente alle condotte poste in essere dai soli commissari straordinari;
§ prevede che l’esimente da responsabilità penale e amministrativa per acquirenti e affittuari (e per i soggetti da questi delegati) operi con riferimento alle condotte di esecuzione del piano «sino alla scadenza dei termini di attuazione stabiliti dal piano stesso per ciascuna prescrizione». Dunque, per questi soggetti l’esimente viene prorogata alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano alle quali la condotta è riconducibile. In ogni caso, si ricorda che il Piano deve essere portato a completa attuazione entro il 23 agosto 2023 (si veda il box di ricostruzione della vicenda ILVA);
§ contempla la possibilità che l’esimente venga meno anticipatamente rispetto alla tempistica stabilita nel Piano ambientale, in presenza di «più brevi termini che l’affittuario o l’acquirente si sia impegnato a rispettare nei confronti della gestione commissariale di ILVA». In sostanza, se l’affittuario e i commissari straordinari pattuiranno termini più brevi per l’adempimento alle singole prescrizioni imposte dal Piano, anche l’esimente verrà meno anticipatamente.
In merito si osserva che, diversamente dal Piano ambientale, che è stato approvato con DPCM e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, i termini più brevi di attuazione del Piano eventualmente concordati tra gestione commissariale e affittuario non godrebbero dello stesso regime di pubblicità.
§ esplicita che l’esonero da responsabilità penale e amministrativa, nonché da responsabilità civile, non copre le violazioni di norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
Si ricorda, infine, che il tema dell’esonero da responsabilità e della sua durata è stato oggetto di recenti pronunce giurisprudenziali e di un’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, richiamate anche dalla relazione illustrativa.
In particolare, nell’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, emessa in data 8 febbraio 2019 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto (pubblicata nella G.U. 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 17 del 24 aprile 2019), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6 del D.L. 5 gennaio 2015, nella formulazione antecedente al decreto-legge n. 34 del 2019, nella parte in cui prorogano alla scadenza dell'AIA (ad oggi fissata al 23 agosto 2023) i termini per l'attuazione del Piano Ambientale e escludono la responsabilità penale per le condotte attuative del Piano.
Secondo il GIP, la fissazione della scadenza al 2023 e l'introduzione della scriminante supererebbero i paletti fissati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 85/2013.
Si ricorda che, in tale pronuncia, la Corte aveva affermato che «è considerata lecita la continuazione dell’attività produttiva di aziende sottoposte a sequestro, a condizione che vengano osservate […] le regole che limitano, circoscrivono e indirizzano la prosecuzione dell’attività stessa» secondo un percorso di risanamento – delineato nella specie dalla nuova autorizzazione integrata ambientale – ispirato al bilanciamento tra tutti i beni e i diritti costituzionalmente protetti, tra cui il diritto alla salute, il diritto all’ambiente salubre e il diritto al lavoro. Il bilanciamento deve essere condotto senza consentire «l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona». L’udienza pubblica della Corte costituzionale è fissata per il prossimo 9 ottobre 2019 (rel. Cartabia).
Testo previgente |
D.L. n. 101 del 2019 |
D.L. 05/01/2015, n. 1 Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
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(omissis) |
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6. L'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano Ambientale di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014, come modificato e integrato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2017, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'A.I.A.. Le condotte poste in essere in attuazione del Piano Ambientale di cui al periodo precedente, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale. La disciplina di cui al periodo precedente si applica con riferimento alle condotte poste in essere fino al 6 settembre 2019. |
6. L'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano Ambientale di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014, come modificato e integrato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2017, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione del Piano ambientale medesimo. Le condotte poste in essere in attuazione del Piano Ambientale di cui al periodo precedente, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento dei doveri imposti dal suddetto Piano ambientale, nonché esecuzione delle migliori regole preventive in materia ambientale. La disciplina di cui al periodo precedente si applica con riferimento alle condotte poste in essere fino al 6 settembre 2019, fatta eccezione per l’affittuario o acquirente e i soggetti da questi funzionalmente delegati, per i quali la disciplina di cui al secondo periodo si applica con riferimento alle condotte poste in essere in esecuzione del suddetto Piano Ambientale sino alla scadenza dei termini di attuazione stabiliti dal Piano stesso per ciascuna prescrizione ivi prevista che venga in rilievo con riferimento alle condotte poste in essere da detti soggetti, ovvero dei più brevi termini che l’affittuario o l’acquirente si sia impegnato a rispettare nei confronti della gestione commissariale di ILVA S.p.A. in amministrazione straordinaria. In ogni caso, resta ferma la responsabilità in sede penale, civile e amministrativa derivante dalla violazione di norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.. |
La proposta emendativa 14.0.3 (testo 3) interviene in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (c.d. end of waste), novellando a tal fine l'articolo 184-ter del codice dell'ambiente e recando, ai commi da 4 a 10, ulteriori disposizioni in materia.
Il comma 1 modifica una delle condizioni da soddisfare ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, contenuta nella lettera a) del comma 1 dell'articolo 184-ter del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006); a differenza del testo vigente, ove si prevede che, ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, è necessario che la sostanza o l'oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici, il nuovo testo previsto dal comma in esame prevede quale condizione che la sostanza o l'oggetto sia destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici, riproducendo così la disposizione europea recata dalla lettera a) del paragrafo 1 dell’art. 6 della direttiva rifiuti 2008/98//CE risultante dalle modifiche apportate dalla direttiva 2018/851/UE.
Si detta la disciplina transitoria e per l’adeguamento alla nuova disciplina, prevedendo la costituzione di un Gruppo di lavoro per l’adozione dei criteri in materia di end of waste.
Si ricorda che l'articolo 184-ter del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), qui oggetto di novella, era stato oggetto di interventi modificativi con l'articolo 1, comma 19, del D.L. n. 32 del 2019 (c.d. sblocca-cantieri),.
In particolare, il comma 3 della citata norma del codice dell'ambiente, qui oggetto di novella, era stato sostituito dall'art. 1, comma 19, D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 giugno 2019, n. 55.
Sulla materia dell'end of waste, si ricorda poi che è attualmente in corso di svolgimento presso la Commissione VIII ambiente della Camera l'Indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto («end of waste»).
L'esigenza di un intervento normativo in materia di end of waste è stata sottolineata, dal Governo (si veda la seduta presso la Camera del 19 luglio 2018, in risposta all'interrogazione 5-00187), al fine di superare la situazione determinatasi in seguito alla decisione adottata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1229/2018.
Sul punto vale la pena ricordare che con nota n. 10045 del 1° luglio 2016, il Ministero dell'ambiente aveva confermato il potere, in capo alle regioni e agli enti da esse delegati, di definire, in assenza di regolamenti comunitari o ministeriali, criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in sede di rilascio delle autorizzazioni, quindi "caso per caso". Successivamente, però, con la sentenza n. 1229/2018, il Consiglio di Stato ha negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto potere alcuno di «declassificazione» del rifiuto in sede di autorizzazione.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “è del tutto evidente che, laddove si consentisse ad ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa UE, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni”, dato che la disciplina dei rifiuti ricade, per costante giurisprudenza costituzionale, nella materia della “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali” (lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost.), di competenza esclusiva dello Stato.
In altre parole, “pur essendo le Regioni titolate del potere di concedere le autorizzazioni per il recupero, esse tuttavia sono sprovviste di quello di individuare autonomamente i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in base ai quali concedere tali autorizzazioni”.
Al fine di pervenire ad una soluzione, nella seduta del 19 aprile 2018 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un ordine del giorno (n. 18/46/SRFS/C5) per chiedere al Governo di proporre una modifica normativa esplicita in grado di consentire alle regioni di decidere le singole casistiche di end of waste.
Sulla questione è intervenuta anche la Corte di giustizia dell’UE che, con la sentenza 28 marzo 2019, causa C-60/18, ha affermato, tra l’altro, che “l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale … in forza della quale, qualora non sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione europea per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale”.
Nel punto 24 della citata sentenza, la stessa Corte sottolinea altresì che “risulta, inoltre, dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98 che gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali” e che l’obbligo, contenuto in tale disposizione, di notifica alla Commissione “riguarda i progetti di regola tecnica e non le decisioni individuali”.
La riscrittura del paragrafo 4 operata dalla nuova direttiva rifiuti (n. 2018/851/UE) afferma che le “decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535. Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti”.
Infine, si tenga conto che la legge di delegazione europea 2018 (A.C. 1201-B, approvato definitivamente), alla lettera e) del comma 1 dell’art. 16 ha previsto quale oggetto delle delega quello di riformare la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto, in attuazione delle disposizioni dell'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, come modificato dall’articolo 1, numero 6), della direttiva (UE) 2018/851, nel rispetto delle seguenti indicazioni:
1) disporre che le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della disciplina di cui alla presente lettera siano fatte salve e possano essere rinnovate, eventualmente anche al fine dell'adeguamento alle migliori tecnologie disponibili (BAT), unitamente alle autorizzazioni per le quali sia stata presentata l'istanza di rinnovo alla stessa data, nelle more dell'adozione dei decreti e nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, come modificato dalla direttiva (UE) 2018/851;
2) istituire presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, e quelle di cui al titolo III-bis della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
Di seguito si analizzano le disposizioni recate dalla proposta emendativa.
Le novelle al codice dell'ambiente in materia di end of waste
Il comma 1 dell'articolo aggiuntivo proposto con la proposta emendativa 14.0.3 (testo 3) sostituisce la lettera a) del comma 1 dell'articolo 184-ter del codice dell'ambiente, ridefinendo una delle condizioni per la cessazione della qualifica di rifiuto.
La norma oggetto di intervento prevede che un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle condizioni previste dalla norma.
Con la novella, si riscrive la prima delle condizioni previste, relativa a che la sostanza o l'oggetto sia destinato a essere utilizzato per scopi specifici, venendo così in rilievo - nella nuova formulazione proposta - la destinazione all'utilizzo, anziché il comune utilizzo previsto a legislazione vigente.
La norma vigente preveda, invece, alla lettera a) la condizione che la sostanza o l'oggetto sia 'comunemente utilizzato per scopi specifici'.
Rispetto alla previsione attualmente vigente, in base alla quale la sostanza o l'oggetto deve essere comunemente utilizzato per scopi specifici, si modifica infatti la condizione di cui alla lettera a) indicando la destinazione all'utilizzo della sostanza (si veda, infra, anche il testo a fronte).
La riscrittura operata riproduce il tenore della disposizione europea recata dalla lettera a) del paragrafo 1 dell’art. 6 della direttiva rifiuti 2008/98//CE, come risultante dalle modifiche apportate dalla direttiva 2018/851/UE (nell'ambito del pacchetto sull'economia circolare).
Con il comma 2, al medesimo articolo 184-ter si sostituisce interamente il comma 3 della norma vigente (già recentemente riscritto con il decreto-legge n. 32 del 2019, c.d. sblocca cantieri).
La nuova norma prevede che, in mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2 della disposizione, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del codice dell'ambiente, per lo svolgimento di operazioni di recupero, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 98/2008/CE e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:
a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;
b) processi e tecniche di trattamento consentiti;
c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;
e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
Si richiama in sintesi quanto è stato previsto dal citato decreto-legge n. 32 del 2019.Tale norma ha operato una riscrittura del comma 3 dell’art. 184-ter volta a prevedere che, nelle more dell’emanazione di criteri end of waste:
? la disciplina transitoria (vale a dire le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente datati 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269) continua ad applicarsi in relazione alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti;
? il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti (di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al Titolo III-bis, parte seconda, del D.Lgs. 152/2006) avviene, da parte delle regioni, sulla base dei criteri indicati negli allegati dei succitati decreti ministeriali (in particolare, nell'allegato 1, suballegato 1, al D.M. 5 febbraio 1998; nell’allegato 1, suballegato 1, al D.M. 161/2012; nonché nell’allegato 1 al D.M. 269/2005) per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività.
Con il decreto sblocca-cantieri, si è prevista altresì l’emanazione di linee guida da parte del Ministero dell'ambiente (mediante decreto, non avente natura regolamentare) per garantire l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della norma in esame. Viene inoltre precisato che tali linee guida dovranno:
- fare particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell’impianto e ai controlli sugli oggetti e/o sostanze risultanti dalle operazioni di recupero svolte nell’impianto medesimo;
- tener comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.
Successivamente, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle linee guida, i titolari delle autorizzazioni rilasciate in forza delle disposizioni in parola devono presentare all’autorità competente apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida in questione.
Si ricorda che l'articolo 6 della direttiva 98/2008/CE - risultante dalle modifiche apportate dalla direttiva 2018/851/UE - citata, recante la disposizione in materia di Cessazione della qualifica di rifiuto, prevede che gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che i rifiuti sottoposti a un’operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo cessino di essere considerati tali se soddisfano le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
La Commissione monitora l’evoluzione dei criteri nazionali per la cessazione della qualifica di rifiuto negli Stati membri e valuta la necessità di sviluppare a livello di Unione criteri su tale base. A tale fine e ove appropriato, la Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire i criteri dettagliati sull’applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti.
Tali criteri dettagliati garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Essi includono:
a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
b) processi e tecniche di trattamento consentiti;
c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e
e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 39, paragrafo 2. In sede di adozione di tali atti di esecuzione, la Commissione tiene conto dei criteri pertinenti stabiliti dagli Stati membri a norma del paragrafo 3 e adotta come punto di partenza quelli più rigorosi e più protettivi dal punto di vista ambientale. Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione ai sensi del paragrafo 2, gli Stati membri possono stabilire criteri dettagliati sull’applicazione delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti. Tali criteri dettagliati tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell’oggetto e soddisfano i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e). Gli Stati membri notificano alla Commissione tali criteri in applicazione della direttiva (UE) 2015/1535 ove quest’ultima lo imponga.
Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535.
Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti.
Si prevede che la persona fisica o giuridica che: a) utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato; o b) immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato un rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al paragrafo 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto.
La disposizione qui in esame prevede che, in mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2 dell'articolo 184-ter, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.
Si ricorda che in attuazione della disposizione del codice dell'ambiente sono stati emanati i regolamenti end of waste: il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari - CSS) e il D.M. 28 marzo 2018, n. 69 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso) nonché il D.M. 15 maggio 2019, n. 62 recante il Regolamento che disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da prodotti assorbenti per la persona (PAP).
Il decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e i regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 risultano già richiamati dal comma 3 attualmente vigente dell'articolo 184-ter (si veda il primo periodo del comma 3 vigente, che la norma per tale aspetto riproduce).
I commi aggiuntivi alla disposizione del codice dell'ambiente
Con l'emendamento in esame, al comma 3, si propone l'inserimento dei nuovi commi da 3-bis a 3-septies all'articolo 184-ter del codice dell'ambiente.
Il nuovo comma 3-bis prevede che le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (di seguito ISPRA) i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante.
In base al nuovo comma 3-ter, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ovvero l'ARPA territorialmente competente dal predetto Istituto delegata, svolge controlli a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, circa la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero, le sostanze o oggetti in uscita, gli atti autorizzatori rilasciati nonché le condizioni di cui al comma 1 (novvelato - lo si ricorda - nella lettera a), dall'emendamento in esame).
In caso di non conformità riscontrata, si redige apposita relazione. Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall'inizio della verifica.
L'ISPRA o l'ARPA delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente. Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale trovano applicazione talune disposizioni in materia di Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
In particolare, l'articolo 4, comma 4, della legge 28 giugno 2016, n. 132 prevede che l'ISPRA adotta, con il concorso delle agenzie, norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell'informazione ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l'armonizzazione, l'efficacia, l'efficienza e l'omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale; l'articolo 6 reca disposizione in materia di funzioni di indirizzo e di coordinamento dell'ISPRA.
Il nuovo comma 3- quater stabilisce che, ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell'ambiente adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relativa relazione, e trasmettendo tali conclusioni all'Autorità competente. Si stabilisce a tal fine il termine dei successivi sessanta giorni, per l'adozione di tali conclusioni da parte del Ministero.
La formulazione potrebbe essere chiarita con riguardo all'Autorità competente, al fine di chiarire se sia la stessa 'Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni', di cui al precedente comma 3-bis.
L'Autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti da parte del soggetto interessato alle conclusioni di cui al comma in esame; in caso di mancato adeguamento, si dispone la revoca dell'autorizzazione; si dà tempestiva comunicazione della 'conclusione del procedimento' al Ministero medesimo. La disposizione fa salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare.
Il nuovo comma 3-quinquies stabilisce il possibile ricorso a Commissari ad acta per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. In particolare, qualora decorrano 180 giorni dalla comunicazione all'Autorità competente senza che il procedimento di cui al comma 3-quater risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. Tale ricorso risulta quindi delineato in termini di facoltà.
La disposizione appare equiparare, ai fini dell'applicazione del ricorso al Commissario ad Acta, le fattispecie di mancato avvio e di mancata conclusione del procedimento.
Il nuovo comma 3-sexies prevede la redazione, con cadenza annuale, di una relazione da parte dell'ISPRA sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno ai sensi del comma 3-ter; tale relazione è comunicata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 dicembre.
Il nuovo comma 3-septies istituisce - al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità - presso il Ministero dell'ambiente il registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi dell'articolo in esame.
Si prevede che le Autorità competenti, al momento del rilascio, comunichino al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
Ø i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi
Ø quelli riesaminati e rinnovati
Ø nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo.
Si demanda ad un decreto, non avente natura regolamentare, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la definizione delle modalità di funzionamento e di organizzazione del registro. Si precisa che, a far data dall'effettiva operatività del registro, la comunicazione di cui al comma 3-bis si intende assolta con la sola comunicazione al registro. Si specifica, nel testo 2 della proposta emendativa, che le amministrazioni vi provvedono a risorse vigenti.
Ulteriori disposizioni
Oltre alle novelle operate all'articolo 184-ter del codice dell'ambiente, la proposta emendativa reca ulteriori disposizioni dai commi 4 a 10.
In base al comma 4 della proposta 14.0.3 (testo 3), le Autorità competenti provvedono agli adempimenti (di cui all'articolo 184-ter, comma 3-septies secondo periodo, del codice dell'ambiente), entro 120 giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, relativamente alle autorizzazioni rilasciate, per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo, alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Con particolare riguardo al riferimento alle autorizzazioni rilasciate - per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo - la norma indica le autorizzazioni rilasciate 'alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, specifica il testo 2.
In base al comma 5, al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei decreti di cui al comma 2 dell'articolo 184-ter citato, è istituito un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente. Il Ministero individua cinque unità di personale pubblico, di cui almeno due con competenze giuridiche e le restanti unità con competenze di natura tecnico-scientifica da collocare presso l'ufficio legislativo, che possono essere scelte dal Ministro tra i dipendenti pubblici in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza. In alternativa, possono essere stipulati fino a cinque contratti libero-professionali, mediante procedura selettiva per titoli e colloquio, per il reperimento di personale, anche estraneo alla Pubblica amministrazione, in possesso delle competenze di cui al precedente periodo. E' perciò autorizzata la spesa di 200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, recando il comma 6 la copertura mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma ''fondi di riserva e speciali'' della missione ''fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il comma 7 prevede che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore di ciascuno dei decreti di cui all'articolo 184-ter, comma 2, i titolari delle autorizzazioni indicate, rilasciate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché coloro che svolgono attività di recupero in base ad una procedura semplificata avviata successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, presentano alle autorità competenti istanza di aggiornamento alle disposizioni definite dai decreti predetti.
La mancata presentazione dell'istanza di aggiornamento, nel termine indicato, determina la sospensione dell'attività oggetto di autorizzazione o di procedura semplificata.
Il comma 8 prevede che sono fatte salve le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis, parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006
Ø in essere alla data di entrata in vigore della disposizione qui in esame
Ø ovvero per le quali è in corso un procedimento di rinnovo
Ø ovvero che risultino scadute ma per le quali è presentata un'istanza di rinnovo entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 3 (novellato dalla proposta emendativa in esame). In ogni caso si prevede si applichino gli obblighi di aggiornamento di cui al comma 7 nei termini e con le modalità ivi previste.
Si ricorda che le autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti contemplate dagli artt. 208, 209 e 211 del D.Lgs. 152/2006, così come le AIA relative ad impianti di gestione dei rifiuti (disciplinate dal Titolo III-bis, parte seconda, del medesimo decreto) sono di competenza delle Regioni. Le autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'art. 178 del codice dell'ambiente per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell'impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero. Per le previsioni in materia di autorizzazioni concesse, si veda il vigente comma 3 dell'articolo 184-ter citato, già modificato dal decreto c.d. sblocca cantieri (infra).
Il comma 9 stabilisce che gli obblighi di comunicazione di cui al comma 3-bis (introdotto all'articolo 184-ter dalla proposta emendativa in esame), si applicano anche alle autorizzazioni già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le Autorità competenti effettuano i prescritti adempimenti, nei confronti dell'Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale, nel termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della nuova norma.
Il comma 10 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Si riporta di seguito il testo a fronte degli interventi modificativi proposti alla disposizione in materia del codice dell'ambiente.
Testo vigente |
Emendamento 14.0.3 (testo 3) |
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale |
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Articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) |
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1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: |
1. Identico: |
a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; |
a) la sostanza o l'oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici; |
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; |
b) identica; |
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; |
c) identica; |
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. |
d) identica. |
2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto. |
2. Identico. |
3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell'allegato 1, suballegato 1, al citato decreto 5 febbraio 1998, nell'allegato 1, suballegato 1, al citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell'allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività. Tali autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 178 del presente decreto per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell'impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero. Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono essere emanate linee guida per l'uniforme applicazione della presente disposizione sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al precedente periodo, i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione presentano alle autorità competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida. |
3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 98/2008/CE e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono: a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero; b) processi e tecniche di trattamento consentiti; c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario; d) requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso; e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. |
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3-bis. Le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante. |
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3-ter. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ovvero l'Agenzia Regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente dal predetto Istituto delegata, controlla, a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero, le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1 redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione. Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall'inizio della verifica. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale o l'Agenzia regionale della protezione dell'ambiente delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare. Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale trovano applicazione gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132. |
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3-quater. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei sessanta giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relazione di cui al comma 3-ter, e le trasmette all'Autorità competente. L'Autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti da parte del soggetto interessato alle conclusioni di cui al presente comma, disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo. Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare. |
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3-quinquies. Decorsi 180 giorni dalla comunicazione all'Autorità competente, ove il procedimento di cui al comma 3-quater non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. |
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3-sexies. Con cadenza annuale, l'Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione ambientale redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno ai sensi del comma 3-ter, e la comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 dicembre. |
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3-septies. Al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi del presente articolo. Le Autorità competenti, al momento del rilascio, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo. Con decreto, non avente natura regolamentare, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le modalità di funzionamento e di organizzazione del registro di cui al presente comma. A far data dall'effettiva operatività del registro di cui al presente comma, la comunicazione di cui al comma 3-bis, si intende assolta con la sola comunicazione al registro. Alle attività di cui al presente comma le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. |
4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. |
4. Identico. |
5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto. |
5. Identico. |
L’articolo 15 introduce diverse modifiche all'articolo 47 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che ha istituito un Fondo salva opere per garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori; con l'emendamento 15.12 (testo 2) approvato dalle Commissioni riunite 10a e 11a si propone una parziale riformulazione delle novelle in esame.
Le modifiche sono intese al fine di:
- consentire l’accesso alle risorse del Fondo salva opere anche ai fornitori nelle ipotesi di affidamenti da parte di contraente generale (lettera a);
- prevedere da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la surroga nei diritti dei beneficiari del Fondo, oltre che nei confronti dell'appaltatore o dell'affidatario del contraente generale, anche verso il contraente generale (lettera b);
- disciplinare la procedura per l’accesso a favore delle imprese beneficiarie alle risorse del Fondo salva opere, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali (lettera c); su tale profilo è intervenuto con parziale riformulazione il suddetto emendamento 15.12 (testo 2).
Con l’approvazione dell’emendamento 15.1, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono il differimento dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 del termine entro cui i comuni beneficiari di contributi per la realizzazione di progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile debbono iniziare i lavori.
Come accennato, con l’approvazione dell’emendamento 15.1, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono di inserire (come comma 01 nel presente articolo 15) una norma di differimento dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 del termine entro cui i comuni beneficiari di contributi per la realizzazione di progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile debbono iniziare i lavori.
I contributi in oggetto sono destinati ad opere pubbliche in materia di: a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche.
Con la lettera a) dell'articolo 15, comma 1, la quale modifica il comma 1-bis, quarto periodo, del suddetto art. 47, viene specificato che le risorse del Fondo sono destinate, nel caso di affidamento a contraente generale, anche alla soddisfazione dei crediti dei subfornitori, subappaltatori, e subaffidatari, invece che dei soli affidatari di lavori.
Il comma 1-bis dell’art. 47 del D.L. 34/2019 prevede un fondo denominato “Fondo salva-opere”, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori.
Il quarto periodo del comma 1-bis, oggetto di modifica, stabilisce che le risorse del Fondo siano destinate, tra l’altro, alla soddisfazione, nei limiti della dotazione del Fondo e nella misura massima del 70 per cento, dei crediti insoddisfatti, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari di lavori, quando tali soggetti sono assoggettati a procedura concorsuale.
Con la modifica in esame, l’ambito di applicazione della norma viene chiarito in modo più puntuale, al fine di evitare la possibile esclusione di taluni soggetti dalla procedura prevista.
Con la lettera b), che modifica il comma 1-ter, quinto periodo, dell’art. 47, si stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è surrogato nei diritti dei beneficiari del Fondo, oltre che verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale, anche nei confronti del contraente generale.
La norma oggetto di modifica prevede la suddetta surroga del MIT nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale, senza contemplare specificatamente anche la figura del contraente generale.
Il comma 1-ter dell’art. 47 disciplina la procedura relativa ai crediti insoddisfatti maturati prima della procedura concorsuale, ponendo determinati oneri a carico dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori per la certificazione del credito. Nel quinto periodo del comma 1-ter, oggetto di modifica, si prevede che, a seguito del pagamento, il MIT è surrogato nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale.
Con la lettera c) sono inseriti cinque nuovi periodi al comma 1-ter dell’art. 47 che disciplinano la procedura per l’accesso a favore delle imprese beneficiarie delle risorse del Fondo salva opere, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali.
Il comma 1-ter dell’art. 47, che disciplina la procedura relativa ai crediti insoddisfatti maturati prima della procedura concorsuale, prevede l’onere a carico dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori - al fine di ottenere da parte del Fondo il pagamento dei crediti insoddisfatti prima dell’apertura della procedura concorsuale - della trasmissione all'amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale della documentazione comprovante l'esistenza del credito ed il suo ammontare. L’amministrazione aggiudicatrice, ovvero il contraente generale, svolte le opportune verifiche, provvede alla certificazione dell’esistenza e dell'ammontare del credito. Tale certificazione è trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e costituisce prova del credito nei confronti del Fondo ed è inopponibile alla massa dei creditori concorsuali. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvede all'erogazione delle risorse del Fondo in favore delle imprese. A seguito del pagamento il Ministero è surrogato nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale. La disposizione peraltro specifica che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1205 del codice civile, il Ministero è preferito al subappaltatore, sub affidatario o sub-fornitore nei riparti ai creditori effettuati nel corso della procedura concorsuale, fino all'integrale recupero della somma pagata.
Controversie giurisdizionali (primo periodo)
Il primo periodo stabilisce che l'eventuale pendenza di controversie giurisdizionali in merito ai crediti dei beneficiari del Fondo verso l’appaltatore, il contraente generale o l’affidatario del contraente generale non è ostativa all'erogazione delle risorse del Fondo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Regolarità contributiva e fiscale (secondo-quinto periodo)
Il secondo periodo prevede che prima dell’erogazione delle risorse il MIT verifica la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente attraverso il documento unico di regolarità contributiva (DURC); in mancanza delle stesse, dispone direttamente il pagamento delle somme dovute, entro i limiti della capienza del Fondo salva opere e - specifica l'emendamento 15.12 (testo 2) approvato dalle Commissioni riunite - in proporzione della misura del credito certificato (mentre il testo originario faceva riferimento al solo credito certificato) del richiedente stesso, in favore degli enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 31, commi 3 e 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69.
Il combinato disposto dell’articolo 31, commi 3 e 8-bis, del D.L. 69/2013 prevede che in caso di erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere da parte di amministrazioni pubbliche, per le quali è prevista l'acquisizione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di irregolarità contributiva del beneficiario delle erogazioni, si proceda alla trattenuta dell'importo corrispondente all'inadempienza evidenziata dal DURC, disponendo la compensazione dei debiti erariali fino alla loro concorrenza.
Il terzo periodo stabilisce che prima dell’erogazione delle risorse il MIT effettua la verifica fiscale sui versamenti notificati con cartelle di pagamento di cui all’articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e, nell’ipotesi di inadempienze, provvede direttamente al pagamento in conformità alle disposizioni del periodo precedente.
Secondo quanto previsto dall’articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che disciplina la procedura per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, viene verificato, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non si procede al pagamento e si segnala la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Con il quarto e quinto periodo si precisa che resta impregiudicata:
- la possibilità per il beneficiario di accedere alle risorse del Fondo ove abbia ottenuto, rispetto ai debiti contributivi e fiscali, una dilazione o rateizzazione del pagamento ovvero abbia aderito a procedure di definizione agevolata previste dalla legislazione vigente;
- la prosecuzione di eventuali azioni giudiziarie nei confronti dell’erario, di enti previdenziali e assicurativi.
Si ricorda che l’articolo 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione ad una gara d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali e che costituiscono violazioni gravi in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC. Tale disposizione non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande.
Con l'emendamento 15.12 (testo 2) approvato dalle Commissioni riunite si propone poi l'inserimento di una nuova lettera c-bis), che modifica il comma 1-quinquies, primo periodo, dell’art. 47, inserendovi la clausola che, per quanto ivi previsto, resta comunque ferma la applicabilità del meccanismo generale di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 47 (modificato dal decreto-legge in esame, su cui si veda infra).
Il testo vigente del comma 1-quinquies prevede che per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 34 del 2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore, sono appositamente stanziati sul Fondo salva-opere 12 milioni di euro per l'anno 2019 e 33,5 milioni di euro per l'anno 2020. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede all'erogazione delle risorse del Fondo, anche per i crediti di cui a tale disposizione, secondo le procedure e le modalità previste dai commi da 1-bis a 1-quater dell'articolo 47, nei limiti delle risorse del Fondo.
Gli identici emendamenti 15.0.13 (testo 2), 15.0.14 (testo 2), 15.0.15 (testo 2), 15.0.17 (testo 2), 15.0.18 (testo 2) e 15.0.19 (testo 2) - approvati nel corso dell'esame in sede referente - propongono l'inserimento dell'articolo in esame.
Il comma 1 prevede che l'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù (AIG) è soppressa e, conseguentemente, cessa dalle proprie funzioni alla scadenza del termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. A far data dal medesimo termine, è costituito l'ente pubblico non economico denominato Ente Italiano Alberghi per la Gioventù (EIG), sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 165/2001.
Il comma 2, integrando il punto III (recte: parte III) della tabella allegata alla L. 70/1975 (Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente), inserisce l'EIG tra gli enti di promozione economica[51]
Il comma 3 fissa in 57 unità di personale di cui una con qualifica dirigenziale di livello non generale la dotazione organica complessiva e demanda a un decreto del Ministro della semplificazione e della Pubblica Amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la definizione dei contingenti delle aree e dei profili professionali, secondo quanto previsto dal CCNL Funzioni Centrali - sezione enti pubblici non economici e nei limiti di spesa sostenuta per il personale a tempo indeterminato in servizio presso l'EIG.
Il comma 4 autorizza l'EIG ad indire procedure di selezione pubblica per titoli ed esami e ad assumere personale a tempo indeterminato sino a complessive 57 unità. Il relativo bando di concorso può stabilire criteri per la valorizzazione dell'esperienza maturata dal personale a tempo indeterminato in servizio presso l'ente soppresso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
In base al comma 5, l'EIG fornisce al Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, tutte le informazioni concernenti l’organizzazione, il personale dipendente, l'attività svolta e programmata, la situazione patrimoniale e gestionale. Con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, è nominato un commissario straordinario per l'adeguamento statutario per consentire l'ordinato trasferimento dei beni e delle funzioni al nuovo Ente e per la definizione dei rapporti pendenti in capo all'AIG. Il medesimo decreto determina la durata e le funzioni del commissario e il compenso ad esso spettante nei limiti previsti dalla normativa vigente; definisce altresì i criteri e le modalità per fare confluire il patrimonio dell’AIG in apposito fondo di garanzia delle operazioni di ristrutturazione del debito e per determinare modalità, termini e condizioni per la richiesta, anche attraverso il canale bancario, di prestiti per gli interventi di adeguamento e valorizzazione degli immobili nella piena disponibilità dell’AIG.
Secondo il comma 6, agli oneri derivanti dal comma 3, valutati in 283.000 euro per l’anno 2019 e 1,7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
In base al comma 7, l'EIG provvede al proprio finanziamento attraverso la gestione immobiliare richiamati dal comma 5. Dall’attuazione delle predette disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, oltre quelli relativi alle spese per il personale.
In base allo statuto consultabile nel sito, l'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù - AIG è stata costituita con atto n. 28339 del 19 dicembre 1945, Notaio Sabelli in Roma. L'AIG è apolitica. Ha carattere sociale, culturale ed assistenziale.
Estende l'assolvimento delle proprie attività a tutto il territorio nazionale ed è priva di fini di lucro. Essa è sola rappresentante in Italia della International Youth Hostel Federation (I.Y.H.F.) e sola rappresentante dell'Italia presso la detta Federazione (art. 1). L'AIG ha sede legale in Roma (art. 2).
L' AIG ha i seguenti scopi (art. 4):
a) la promozione del turismo giovanile, sociale, familiare e delle attività parallele alla ricettività, per migliorare la conoscenza reciproca fra i popoli, per consolidare e sviluppare la solidarietà fra le genti, per rafforzare i valori della convivenza civile e per contribuire al miglioramento morale, intellettuale, culturale e fisico della gioventù, mediante il turismo e i viaggi individuali e di gruppo;
b) suscitare, dirigere e coordinare il movimento giovanile nazionale ed internazionale che si sviluppa intorno ai predetti centri di ospitalità;
c) promuovere anche sul piano internazionale, d'intesa e in coordinamento con l'I. Y. H. F. - Federazione Internazionale degli Ostelli per la Gioventù - iniziative e realizzare attività turistiche dirette a favorire la conoscenza del patrimonio storico, artistico e culturale e ambientale;
d) promuovere iniziative e realizzare attività turistiche, culturali, sociali e sportive dirette a favorire la pratica del turismo ai giovani disabili e portatori di handicap;
e) provvedere alla organizzazione e alla promozione di iniziative aventi attinenza con tali finalità, tese a suscitare nella gioventù l'interesse per il viaggio nell'ambito sia nazionale che internazionale, anche mediante predisposizione di itinerari turistici;
f) provvedere alla redazione, pubblicazione e divulgazione di materiale didattico e informativo per la conoscenza del patrimonio storico, artistico e culturale;
g) ravvivare e diffondere la conoscenza delle caratteristiche tradizionali locali;
h) organizzare, tra i soci, viaggi attraverso la rete italiana ed estera degli A. G.: scambi di singoli e di gruppi, soggiorni turistici, sportivi, culturali, etc.;
i) organizzare gruppi di soci sia autonomi che presso altri enti ed associazioni ed in particolare presso le scuole;
l) svolgere attività culturali, educative, assistenziali, sportive e ricreative per la diffusione della cultura, dell'arte, dello sport e del turismo, per la migliore utilizzazione del tempo libero;
m) partecipare a consimili attività di associazioni estere della I. Y. H. F.;
n) procurare ai soci ogni possibile agevolazione e svolgere in loro favore ogni ulteriore attività consentita in argomento dalle vigenti disposizioni;
o) mantenere costanti relazioni con la I. Y. H. F. e con le associazioni estere che di essa fanno parte;
p) curare tutte quelle attività che interessano direttamente ed indirettamente il movimento determinato dagli alberghi per la gioventù e da ogni altra forma di accoglienza;
q) organizzare e gestire corsi di aggiornamento, qualificazione professionale e formazione professionale in favore di associati o terzi per profili professionali, per esperienze, per formazione professionale o apprendistato attinenti ad arti e mestieri tipici dei luoghi di riferimento ovvero per la formazione nel settore del turismo.
L'AIG provvede a realizzare tutti gli atti e le attività necessarie per il perseguimento dei suoi scopi, sia per la promozione del turismo giovanile, sociale e familiare che per le attività parallele alla ricettività; provvede e partecipa inoltre a qualsiasi iniziativa od evento che possa giovare all'organizzazione ed allo sviluppo dell'associazione e del movimento giovanile ad essa connesso ivi inclusa la realizzazione di altre forme di organizzazione e collaborazione necessarie al perseguimento delle finalità istituzionali (art. 5).
Può essere socio dell'A.G ogni cittadino il quale conformi il proprio comportamento ai principi di uguaglianza e di fraternità cui si ispira l'ordinamento I.Y.H.F.
I soci si distinguono in:
- soci juniores, dagli 8 anni compiuti ai 18;
- soci seniores, dai 18 anni compiuti ai 30;
- soci guida, dai 30 anni compiuti in poi.
Possono essere eccezionalmente nominati soci onorari dal Comitato nazionale su proposta del Presidente nazionale o dei Presidenti dei Comitati regionali per particolari benemerenze acquisite nell' ambito della Associazione. I soci onorari possono essere nominati nel limite dell’1% (uno per cento) dei soci complessivi. La domanda di associazione del socio minorenne deve essere sottoscritta anche da chi esercita la patria potestà.
Possono essere eletti alle cariche sociali i soci italiani che abbiano compiuto 18 anni e che non versino in alcuna delle incompatibilità previste dal codice civile per la nomina ad amministratore di società.
Non possono peraltro essere eletti componenti dei Comitati regionali - eccezion fatta nel caso di costituzione di Comitati ove non esiste una organizzazione AIG - soci i quali non siano stati iscritti alla Associazione nei due anni precedenti a quello in cui è indetta l'assemblea per il rinnovo delle cariche sociali.
Il Comitato uscente - con formale, motivata delibera approvata dalla Giunta esecutiva nazionale (GEN) - o la GEN, possono peraltro, in deroga a tale disposizione, proporre la elezione di soci che per incarichi ricoperti o particolari benemerenze acquisite, diano garanzia di apportare, all'attività del Comitato, proficua collaborazione.
Le quote associative sono intrasmissibili, eccetto che mortis causa, e non rivalutabili, così come previsto dalle vigenti disposizioni tributarie e civilistiche.
Non possono inoltre far parte dei Comitati, quali membri elettivi - amministratori, dirigenti, funzionari ed impiegati di enti ed organizzazioni privati i quali svolgano attività analoga a quella dell'AIG nel settore del turismo sociale e giovanile, con o senza fini di lucro nonché i dipendenti dell'AIG.
La carica di Presidente di Comitato può essere attribuita solo a membro elettivo o cooptato (art. 6). Ciascun socio ha facoltà di:
- fruire delle prestazioni e dei servizi dell'AIG ed in particolare di godere dell'ospitalità degli alberghi per la gioventù italiani e di quelli esteri dipendenti dalle associazioni facenti parte della I.Y.H.F.;
- esercitare il diritto di voto per l’elezione dei propri rappresentanti, purché appartenga alla categoria dei Soci seniores o guida.
I soci di età inferiore agli anni 14 non possono frequentare gli alberghi per la gioventù se non sono accompagnati da un socio maggiorenne che si renda di essi garante, sia moralmente che disciplinarmente che finanziariamente, per tutto il tempo di permanenza negli AG. Ciascun socio effettivo deve versare la quota di associazione nella misura che verrà fissata dal Comitato nazionale su proposta degli organi dell’associazione. Si perde la qualità di socio per dimissioni, per ritiro della tessera, per radiazione. Alla radiazione si fa luogo, in ogni caso di indegnità, con provvedimento del Comitato competente, previa contestazione degli addebiti. Contro i provvedimenti di ritiro della tessera e di radiazione l'interessato può ricorrere al Collegio dei Probiviri (art. 7).
Sono Organi dell'AIG (art. 8):
- il Presidente nazionale ed il Vice Presidente nazionale;
- il Comitato nazionale;
- la Giunta esecutiva nazionale;
- il Collegio dei Sindaci;
- il Collegio dei Probiviri;
- i Comitati regionali;
- il Delegato di zona;
- le Assemblee;
- il Segretario ed il Vice Segretario nazionali.
Sono Organi straordinari:
- i Commissari Straordinari;
- i Reggenti.
In particolare, il Comitato nazionale è composto, tra gli altri, da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri competenti in materia di Istruzione, Politiche Giovanili e Turismo. I componenti del Comitato nazionale durano in carica un quinquennio e sono rieleggibili (art. 11). Il Comitato nazionale nomina nel suo seno la Giunta esecutiva nazionale. La Giunta è composta dal Presidente nazionale, dal Vice Presidente nazionale e da altri 3 membri eletti tra i componenti del Comitato nazionale.
La Giunta esecutiva nazionale può avvalersi della collaborazione di un rappresentante per ciascuno dei Ministeri competenti in materia di Istruzione, Politiche Giovanili e Turismo che non possono partecipare alle votazioni ed alle deliberazioni della Giunta esecutiva nazionale. La GEN svolge tutti i compiti attribuiti dal codice civile agli amministratori di società che non eccedano la normale amministrazione e quelli ulteriori demandatile dal Comitato Nazionale. La GEN in caso di urgenza può deliberare su materia di competenza del Comitato nazionale, salvo ratifica di questo alla prima adunanza (art. 12).
Il controllo dell'amministrazione dell'AIG è affidato ad un Collegio dei sindaci composto di tre Membri effettivi e due supplenti nominati dal Comitato nazionale su proposta della GEN con l’osservanza delle disposizioni di legge e dei principi contabili (art. 13). Il Collegio dura in carica quattro anni.
Il patrimonio dell'AIG è costituito (art. 24):
a) dalle quote di associazione;
b) da beni di proprietà;
c) dagli eventuali contributi concessi dallo Stato;
d) dagli eventuali contributi concessi da enti ed associazioni pubblici e privati;
e) da lasciti e donazioni.
L'esercizio finanziario inizia il 1° gennaio e si chiude il 31 dicembre di ogni anno.
Entro il 30 aprile la GEN tramette il conto consuntivo economico e finanziario al Collegio dei sindaci i quali depositeranno presso la sede nazionale la relazione al bilancio entro i 30 giorni precedenti l’assemblea. Il conto consuntivo, accompagnato dalla relazione della Giunta Esecutiva e da quella del Collegio dei Sindaci, è trasmesso al Comitato Nazionale per l'approvazione, che deve avvenire entro il 30 giugno di ogni anno.
Con l'approvazione dell'emendamento 15.0.10, le Commissioni riunite 10a e 11a propongono l'introduzione dell'articolo 15-bis. Esso prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).
La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[52].
Il comma in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".
Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.
[1] Riguardo a tale articolo, cfr. supra.
[2] Si ricorda che, in via generale, la forma dei contratti di lavoro è libera e che solo per alcune fattispecie di essi la normativa richiede la forma scritta ai fini della validità.
[3] Ai sensi dell'articolo 2725 del codice civile.
[4] Riguardo alla sicurezza sul lavoro, cfr. anche infra.
[5] Si ricorda che, ai fini dell'applicazione del decreto legislativo oggetto della presente novella (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81), per contratti collettivi si intendono (ai sensi dell'articolo 51 del suddetto D.Lgs. n. 81) i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
[6] Ai fini della novella in oggetto, per contratti collettivi si intendono, ai sensi dell'articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
[7] Si ricordano, in particolare: il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, "Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica"; il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, "Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro"; il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198.
[8] Si ricorda che il Titolo I del cosiddetto Statuto dei lavoratori (L. 20 maggio 1970, n. 300) reca norme sulla "libertà e dignità del lavoratore".
[9] Regolamento "relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)".
[10] Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
[11] Cfr. l'articolo 3, comma 7, del suddetto D.Lgs. n. 81.
[12] Cfr. l'articolo 1 del D.M. 12 gennaio 2001, l'articolo 1, comma 788, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e l'articolo 24, comma 26, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.
[13] Cfr. l'articolo 1, comma 2, del D.M. 4 aprile 2002 e l'articolo 5, comma 2, del D.M. 12 luglio 2007.
[14] Cfr. la circolare INPS n. 109 del 16 novembre 2018.
[15] Riguardo all'adozione ed all'affidamento preadottivo, cfr. anche l'articolo 2 del citato D.M. 4 aprile 2002, e successive modificazioni, e la circolare INPS n. 66 del 20 aprile 2018.
[16] Il messaggio INPS n. 3606 del 4 ottobre 2019 specifica che la riduzione concerne gli eventi di disoccupazione (dei soggetti in esame) verificatisi dal 5 settembre 2019.
[17] Si ricorda che, oltre a tale Fondo, l'ordinamento prevede il Fondo per il reddito di cittadinanza, di cui all'articolo 12 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.
[18] Il cambio di denominazione è stato stabilito dall'articolo 1, comma 595, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.
[19] Si ricorda che l'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) è stata istituita dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, il quale ha definito un riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro.
[20] Cfr. supra, in nota.
[21] Riguardo alla nozione di società a controllo pubblico, cfr. l’art. 2, comma 1, lettere b) e m), del citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 175 del 2016.
[22] Gli importi di tale autorizzazione di spesa sono stati successivamente modificati da parte di altre norme.
[23] L’Ispettorato nazionale del lavoro, istituito dal D.Lgs. 149/2015, integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività.
[24] Il richiamato Fondo è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con lo scopo di finanziare la contrattazione collettiva entro la pubblica amministrazione, nuove assunzioni a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato, nonché l'attribuzione di risorse al personale dei Corpi di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
[25] Il Contact center risponde alle richieste di informazione e assistenza di iscritti e pensionati INPS di tutte le gestioni confluite nell'Istituto e di utenti diversamente abili. Per approfondimenti si rimanda alla pagina dedicata presente sul sito dell’INPS.
[26] Il richiamato articolo 11 disciplina gli organi di amministrazione e di controllo delle società in controllo pubblico (di amministrazioni pubbliche sia centrali che locali), con riferimento al numero dei componenti e ai requisiti agli stessi richiesti; i compensi corrisposti ai componenti e ai dipendenti delle medesime società.
[27] Nella Regione Sardegna sussiste un regime specifico.
[28] In merito a tali norme, cfr. altresì le circolari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell'11 gennaio 2019 e n. 15 del 1° agosto 2019.
[29] Di cui all'articolo 1, comma 362, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.
[30] Il termine di validità suddetto decorre dalla data di approvazione di ciascuna graduatoria.
[31] Con riferimento alla disciplina a regime, si ricorda che i commi 361 e 365 del citato articolo 1 della L. n. 145, e successive modificazioni, recano alcune limitazioni alla possibilità di utilizzare le graduatorie per l'assunzione di soggetti non vincitori (cfr., in materia, anche il comma 366 del medesimo articolo 1).
[32] Ai sensi del comma 366 del citato articolo 1 della L. n. 145, e successive modificazioni.
[33] Secondo cui gli aiuti all'occupazione di lavoratori con disabilità sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino determinate condizioni.
[34] L’art. 3 del D.P.R. 280/1974 - che contiene norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro la suddetta commissione provinciale – dispone che la suddetta commissione provinciale esercita il controllo di legittimità sugli atti dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, delle sezioni zonali, comunali e frazionali, ove non esistano le commissioni comunali, nonché sugli atti di avviamento al lavoro in materia di assunzioni obbligatorie di invalidi ed altri aventi diritto.
[35] Il richiamato art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.
[36] Sul punto, si ricorda che l’art. 1, c. 142, della L. 205/2017 ha disposto la concessione della mobilità in deroga alle medesime condizioni, per una durata massima di 12 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 per i lavoratori che abbiano cessato la mobilità (ordinaria o in deroga) nel semestre 1° gennaio 2018-30 giugno 2018. Successivamente, l’art. 25-ter del D.L. 119/2018 ha esteso la concessione della mobilità in deroga, sempre alle medesime condizioni e per 12 mesi, anche ai lavoratori che abbiano cessato la mobilità (ordinaria o in deroga) nei periodi dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2017 e dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2018. Da ultimo, l’art. 41 del D.L. 34/2019 ha disposto che le suddette disposizioni si applicano anche ai lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga entro il 31 dicembre 2019.
[37] Tale decreto ha disciplinato i criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente. In particolare, si stabilisce che la CIG in deroga possa essere concessa ai lavoratori in possesso di un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi dalla data di inizio del periodo di intervento della stessa CIG in deroga, che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto per contrazione o sospensione dell'attività produttiva per: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; situazioni aziendali determinate da situazioni temporanee di mercato; crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione.
[38] Per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Antitrust, si ricorda, in via generale, che con la legge n. 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) è stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti in sede europea dagli artt. 101 e 102 del TFUE. La legge individua le fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i cui compiti istituzionali e la cui natura sono stabiliti dall'art. 10 della legge stessa e alla quale sono attribuiti poteri sanzionatori in ordine ad ognuna delle fattispecie anticoncorrenziali individuate.
[39] Introdotto dall’articolo 25 della L. 845/1978 per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione realizzati dalle regioni. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del D.L. 148/1993, a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso D.L. 148/1993 (11 maggio 1993), le risorse derivanti dall’aumento (pari allo 0,30% delle retribuzioni) dell'aliquota del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria affluiscono interamente al richiamato Fondo.
[40] Gestione istituita presso l'INPS per le finalità di cui al d.lgs. 207/1996, che opera mediante contabilità separata nell'ambito della Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.
[41] Ex art. 5 del D.Lgs. 207/1996.
[42] Da ultimo v. l’art. 1, c. 283, della L. 145/2018.
[43] Tali requisiti consistono in almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione e in almeno 30 giornate di lavoro effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi che precedono l'inizio del medesimo periodo di disoccupazione.
[44] Si ricorda in proposito che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 349, comma 1, e 389, comma 1, del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, a decorrere dal 15 agosto 2020, nelle disposizioni normative vigenti i termini «fallimento», «procedura fallimentare», «fallito», nonché le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni «liquidazione giudiziale», «procedura di liquidazione giudiziale» e «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale» e loro derivati.
[45] Ai sensi del DPCM 19 giugno 2019, la struttura sarà incardinata nella Direzione generale per la politica industriale l’innovazione e le piccole e medie imprese, che ha acquisito le funzioni di coordinamento della struttura per le crisi di impresa di cui al comma 852 art. 1 L. n. 296/2006, attualmente svolte dal Segretariato Generale (Divisione VI).
[46] Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.
[47] La relazione tecnica specifica che, entrando la disposizione in vigore solo nel terzo quadrimestre del 2019, per tale anno la spesa massima non potrebbe comunque superare i 180.000 euro.
[48] In attuazione di quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 124331 del 2002 nello stato di previsione del citato Ministero è stato istituito il capitolo n. 1650 "Fondo derivante da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori".
[49] Il co. 845 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, istituisce appositi regimi di aiuto in conformità alla normativa comunitaria. Lo stesso Ministro riferisce annualmente al Parlamento e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sui criteri utilizzati per l'individuazione dei progetti e delle azioni, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi, allegando il prospetto inerente le spese sostenute per la gestione, che sono poste a carico dei singoli progetti nel limite massimo del 5 per cento di ciascuno stanziamento.
[50] I commissari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, nominati con il D.M. Sviluppo economico 21 gennaio 2015, hanno recentemente presentato le loro dimissioni, con decorrenza 1° giugno 2019. Secondo quanto riportato nel comunicato web del Ministero dello sviluppo economico del 23 aprile 2019, il decreto di nomina dei nuovi Commissari (individuati nelle persone di Francesco Ardito, Antonio Cattaneo e Antonio Lupo) è già stato firmato.
[51] Attualmente in tale categoria sono compresi i seguenti soggetti: Ente nazionale cellulosa e carta, Istituto nazionale conserve alimentari, Ente nazionale per l'artigianato e le piccole industrie (ENAPI), Ente italiano della moda - Torino, Opera nazionale combattenti (ONC), Ente di assistenza utenti motori agricoli (UMA), Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) ed Ente nazionale italiano turismo (ENIT).
[52] Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.