Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: D.L. 22/2019: Sicurezza e stabilità in caso di "Brexit" senza accordo
Serie: Progetti di legge   Numero: 122
Data: 02/04/2019

 


D.L. 22/2019: Sicurezza e stabilità in caso di "Brexit" senza accordo

 

A.S. n. 1165

 

Aprile 2019

 

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Dossier n. 113

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 122

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Inquadramento generale sulla Brexit. 5

Schede di lettura. 11

Articolo 1 (Poteri speciali inerenti le reti di  telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G) 13

Articolo 2 (Oggetto e ambito di applicazione) 19

Articolo 3 (Prestazione dei servizi e delle attività in Italia da parte dei soggetti del Regno Unito dopo la data di recesso) 23

Articolo 4 (Cessazione dei servizi e delle attività dei soggetti del Regno Unito operanti in Italia) 28

Articolo 5 (Prestazione dei servizi e delle attività da parte dei soggetti italiani nel Regno Unito dopo la data di recesso) 31

Articolo 6 (Operatività dei gestori delle sedi di negoziazione italiane e del Regno Unito dopo la data di recesso del Regno Unito) 33

Articolo 7 (Disposizioni in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie) 35

Articolo 8 (Tutela dei depositanti e degli investitori) 37

Articolo 9 (Operatività in Italia delle imprese di assicurazione del Regno Unito dopo la data di recesso) 40

Articolo 10 (Operatività in Italia degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, o riassicurativi del Regno Unito dopo la data di recesso) 45

Articolo 11 (Operatività nel Regno Unito delle imprese di assicurazione e di riassicurazione italiane dopo la data di recesso) 47

Articolo 12 (Disposizioni riguardanti i limiti di investimento dei fondi pensione) 48

Articolo 13 (Disposizioni fiscali) 49

Articolo 15 (Disposizioni in materia di concessione della cittadinanza) 55

Articolo 16 (Misure urgenti per la tutela dei cittadini italiani) 56

Articolo 17 (Disposizioni in materia di prestazioni sanitarie nell'ambito dei sistemi di sicurezza sociale) 59

Articolo 18 (Sostituzione del capitale del Regno Unito nella Banca Europea per gli Investimenti (BEI)) 60

Articolo 19 (Supporto all'attività internazionale) 63

Capo III (Garanzia cartolarizzazione sofferenze - GACS) 66

Articolo 20 (Garanzia cartolarizzazione sofferenze) 74

Articolo 21 (Modifiche al decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49) 79

Articolo 22 (Disposizioni di attuazione) 88

Articolo 23 (Copertura finanziaria) 89

Articolo 24 (Entrata in vigore) 91

 


Brexit: Cronologia

 

1.              Sintesi storica e referendum del 2016. Non presente tra i Paesi fondatori (Francia, Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) dell’Unione europea - detta allora Comunità economica - il Regno Unito avanzò domanda di accessione alla CEE sia nel 1963 sia nel 1967, ottenendo però il consenso degli altri Stati membri soltanto nel 1972 (con decorrenza 1° gennaio 1973).

Già il 5 giugno 1975 vi si tenne un referendum popolare per stabilire se l’adesione dovesse proseguire. La consultazione ebbe esito favorevole alla permanenza nella CEE (67 per cento). Il Regno Unito non ha mai aderito al trattato di Schengen né all’euro.

Nelle elezioni politiche britanniche del 2010, nessun partito riportò una maggioranza autonoma nella Camera dei comuni. Si formò un governo di coalizione tra Conservatori e Liberaldemocratici, presieduto dal leader del Partito conservatore, David Cameron. In vista delle successive elezioni del 2015, egli promise che – nel caso avesse riportato una vittoria netta - avrebbe indetto una nuova consultazione sulla permanenza nell’Unione europea. Nel referendum, convocato per mantenere la promessa elettorale e fissato per il 23 giugno 2016, l’esito risultò favorevole al recesso del Regno Unito dall’UE (51,9 per cento, con un’affluenza alle urne del 65 per cento). La prima conseguenza fu la caduta del governo Cameron e la sua sostituzione con un gabinetto guidato da Theresa May.

 

2.              Le trattative ai sensi dell’art. 50 TUE. Tale articolo del Trattato sull’Unione europea – mai applicato sinora - prevede che ciascuno Stato membro possa recedere dall’Unione, secondo le proprie norme costituzionali. In tal caso, lo Stato membro che intende recedere e l’Unione europea negoziano e concludono un “accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni”. Theresa May ha avviato le relative procedure, notificando l’intenzione del recesso del Regno Unito con lettera del 29 marzo 2017. Da tale erano calcolati pertanto i due anni previsti dall’art. 50 TFUE per la conclusione del negoziato, scaduti inutilmente i quali vi sarebbe stato il recesso unilaterale nella forma c.d No deal (la decadenza dallo status di Paese membro senza regolazione alcuna). Il negoziatore per l’Unione europea è stato individuato in Michel Barnier.

 

Nel frattempo, una sentenza della Corte Suprema britannica – in data 24 gennaio 2017 – ha stabilito che l’autorizzazione a trattare in tal senso dovesse essere data preventivamente dal Parlamento, in omaggio alla sua sovranità. La stessa sentenza ha poi stabilito – però – che analoga autorizzazione non era necessaria da parte delle autonomie territoriali della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord. Dalla sentenza derivava – a maggior ragione – che il Parlamento avrebbe dovuto approvare l’esito del negoziato.

L’8 giugno 2017 si sono tenute elezioni anticipate ma all’esito della consultazione, i Conservatori hanno dovuto formare nuovamente un governo di coalizione, con gli Unionisti irlandesi del DUP (dieci deputati), presieduto dalla stessa Theresa May.

 

Successivamente, il Regno Unito, da un lato, ha prodotto un libro bianco sulle sue posizioni; dall’altro, ha approvato una legge sulle modalità da seguire per il recesso (lo European Union Withdrawal Act 2018). Vi si stabiliva – conformemente allo spirito della sentenza della Corte Suprema del gennaio 2017 – che l’accordo di recesso del Regno Unito dall’UE dovesse essere ratificato dal Parlamento, a seguito dell’apposita procedura ivi prevista.

 

3.            L’accordo raggiunto. Il 14 novembre 2018, il Governo del Regno Unito e il negoziatore Barnier hanno concluso l’accordo di recesso, accompagnato da una dichiarazione politica sulle future relazioni. In estrema sintesi, i contenuti dell’accordo riguardavano:

 

 

1) lo status dei cittadini comunitari nel Regno Unito e – per converso – quello dei cittadini britannici negli altri paesi UE. Al proposito, sin dall’8 dicembre 2017, era stato raggiunto il compromesso per cui ai cittadini comunitari residenti nel Regno Unito sarebbero stati garantiti i medesimi diritti attualmente loro riconosciuti secondo le norme UE, ma che tuttavia queste non sarebbero state applicate dalla giurisdizione della UE ma dai tribunali britannici;

 

2) gli aspetti finanziari. Al riguardo, essendo ancora in vigore la programmazione finanziaria pluriennale 2014-2020, il Regno Unito si era impegnato ad adempiere agli obblighi di contribuzione fino al 2020, dovendo così versare una somma di 39 miliardi di euro;

 

3) il confine irlandese. Si era posto il problema di conciliare il recesso delle Regno Unito con gli Accordi del Venerdì santo del 1998. Promossi dal primo ministro pro tempore Tony Blair, essi prevedevano (e prevedono ancora) la rimozione di confini materiali tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda (Éire), ponendo fine alle note e violente tensioni dell’area. Tale soluzione era agevolata dalla compresenza di Regno Unito e dell’Éire nell’UE.

Poiché la Brexit, potrebbe significare la ricollocazione della frontiera fisica tra Éire e Irlanda del Nord con i connessi controlli (e, dunque, con il rischio del riacuirsi dei passati attriti), era stato sottoscritto un apposito protocollo recante una clausola di sicurezza (c.d. backstop) per cui, in attesa della definizione dei futuri rapporti tra UE e Regno Unito, il confine non sarebbe stato ricollocato.

Il backstop – in termini giuridici – prevedeva che l’Irlanda del Nord (giova ribadire: durante il negoziato per la definizione dei futuri rapporti tra UE e Regno Unito, a prescindere dalla sua durata) sarebbe restata nell’unione doganale e nel mercato unico europeo delle merci (escludendosi così che i passaggi dall’ Éire all’Ulster e viceversa fossero sottoposti a dazi o controlli). Inoltre, le questioni sul rispetto di tale regime sarebbero restate nella competenza della Commissione europea e sotto la giurisdizione della Corte di giustizia del Lussemburgo.

Viceversa, il Regno Unito, come Stato sovrano nel suo insieme, si sarebbe sottratto alla libera circolazione delle merci e alla giurisdizione della Corte di giustizia. Tuttavia, le merci in transito dall’isola della Gran Bretagna all’Irlanda del Nord sarebbero state sottoposte a una procedura di dichiarazione.

 

4) un periodo transitorio, che avrebbe consentito di dare seguito ai negoziati secondo gli indirizzi della dichiarazione politica. Al proposito, tale periodo era stato individuato tra il 30 marzo 2019 e il 31 dicembre 2020 (rinnovabile solo una volta per uno o due anni, purché entro il 1° luglio 2020) in cui il Regno Unito sarebbe restato sia nell’unione doganale (quella in cui vige la libera circolazione delle merci) sia nel mercato comune.

 

I contenuti di tali documenti sono stati illustrati nel Parlamento italiano in due audizioni, l’una il 28 novembre dal negoziatore per l’UE Michel Barnier; e l’altra il 29 novembre del Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.

 

4.               Percorso parlamentare dell’accordo. Il Governo britannico ha presentato alla Camera dei comuni la mozione volta alla ratifica dell’accordo e della dichiarazione politica il 26 novembre 2018. Inizialmente fissato per l’11 dicembre 2018, il relativo voto – nel contesto di vicende parlamentari assai intricate - è stato rinviato al 15 gennaio 2019.

 

Nel frattempo, nella causa C-621/18 Wightman e altri c. Regno Unito, la Corte di giustizia dell’UE ha stabilito che la notifica dell’intenzione di recedere dall’Unione ex art. 50 TUE è unilateralmente revocabile.

 

L’accordo May-Barnier (mediante il voto per divisione, tipico di Westminster) è stato respinto con 432 voti contrari e 202 favorevoli. Dopo ulteriori sviluppi politico-parlamentari e interlocuzioni con l’Unione europea, Theresa May ha domandato e ottenuto un nuovo voto sulle intese per il 12 marzo 2019. Anche questa volta è risultata soccombente per 391 voti a 242.

 

Il 20 marzo, conformemente a un ulteriore voto parlamentare avutosi il 14 marzo, Theresa May ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, nella quale ha domandato che il termine biennale di cui all’art. 50 TUE fosse prorogato al 30 giugno 2019. Nel Consiglio europeo tenutosi il 21 e il 22 marzo 2019, tuttavia, i 27 Paesi dell’UE non hanno accolto la richiesta britannica. La decisione assunta dal Consiglio europeo è stata la seguente:

 

-        per il caso che il Parlamento britannico approvi l’accordo entro il 29 marzo 2019 (data di scadenza del biennio dalla notifica della determinazione di recedere), l’UE consente di ritardare l’uscita fino al 22 maggio 2019;

 

-        per il caso che ciò non avvenga, l’UE consente di ritardare l’uscita con il No deal al 12 aprile.

 

In data 29 marzo 2019, presso la House of Commons si è tenuta un’ulteriore votazione che ha avuto per oggetto non già il “pacchetto” di accordo di recesso e dichiarazione politica (già respinto due volte) ma il solo accordo di recesso. Anche in questa circostanza sono prevalsi i voti contrari (344 a 286).

 

Il Presidente del Consiglio Europeo Tusk ha convocato un consiglio straordinario per il 10 aprile 2019.

 

 



Schede di lettura


Articolo 1
(Poteri speciali inerenti le reti di  telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G)

 

L'articolo 1 novella il decreto legge n. 21 del 2012 recante "norme in   materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni".

 

In particolare, in tale decreto legge viene inserito un nuovo articolo 1-bis, recante poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G.

 

La norma indica la finalità di un aggiornamento della normativa in materia di poteri speciali in conseguenza dell'evoluzione tecnologica intercorsa, con particolare riferimento alla tecnologia 5G e ai connessi rischi di un uso improprio dei dati con implicazioni sulla sicurezza nazionale.

 

La tecnologia 5G fa riferimento agli standard di quinta generazione per la telecomunicazione. Si segnala al riguardo che con la recente raccomandazione C(2019) 2335 del 26/3/2019, della Commissione europea del 26 marzo 2019 sulla cyber sicurezza delle reti 5 G, si individuano le azioni da intraprendere sia al livello nazionale sia a quello di coordinamento unionale al fine di consentire lo sviluppo di un approccio dell'Unione che assicuri la sicurezza delle reti 5G. Si identificano quindi nel dettaglio le azioni da adottare: al livello degli Stati membri per permettere una valutazione dei rischi (parte III); da parte di Stati membri, istituzioni UE, agenzie ed altri organismi per sviluppare congiuntamente un'ulteriore valutazione coordinata del rischio (parte IV). Gli effetti della raccomandazione saranno sottoposti a valutazione nel 2020 al fine di elaborare una strategia per il futuro (parte V).

Si rammenta che la  decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017 ha ridefinito l'uso dell'intera banda di frequenza 470-790 MHzNell'ambito di tali frequenze, la c.d. banda dei 700 Mhz (frequenze da 694 a 790 MHz), è in particolare oggetto di una specifica Roadmap che fissa al 2020 per tutta Europa lo swicth off per la sua liberazione a favore dei servizi 5G, prevedendo la possibilità per gli Stati membri di arrivare fino al 2022 per completare il percorso. 

In tale quadro, per lo sviluppo delle reti di quinta generazione (5G), la legge di bilancio per il 2018 ha introdotto specifiche disposizioni (legge n. 205 del 2017- commi 1026-1046) recanti un articolato programma di redistribuzione delle frequenze. Oltre alla banda dei 700 Mhz (la banda di frequenza 694-790 Mhz), le bande di frequenze interessate dal 5G sono la banda 3,6-3,8 GHz e quella 26,5-27,5 GHz.  Dall'attribuzione di risorse frequenziali agli operatori per la realizzazione del 5G si prevedevano proventi in misura non inferiore a 2.500 milioni di euro (comma 1045).

Per la ricostruzione ed ulteriori approfondimenti sulla materia del 5G si veda il relativo Tema web della Camera dei deputati.

 

Nel dettaglio, il comma 1 della nuova disposizione introdotta nel decreto legge n. 21 del 2012 qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri di cui al successivo comma 2.

 

Si ricorda che il suddetto decreto n. 21 del 2012 era stato adottato al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e d’interesse nazionale, attraverso l’introduzione di poteri speciali di governance societaria (c.d. golden power).

 Il provvedimento originava dalla decisione adottata dalla Commissione europea il 24 novembre 2011, di deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea a seguito dell’apertura ,nel novembre del 2009, di una procedura d’infrazione (n. 2009/2255) in ordine alla disciplina generale italiana dei poteri speciali attribuiti allo Stato nell’ambito delle società privatizzate nel corso degli anni’90, ritenuta a suo tempo dalla Commissione lesiva della libertà di stabilimento e della libertà di circolazione dei capitali garantite, rispettivamente, dagli art. 43 e 56 dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea aveva già allora adottato una apposita Comunicazione (97/C220/06), con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su "criteri obiettivi, stabili e resi pubblici" e se è giustificato da "motivi imperiosi di interesse generale".

In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito.

 

Il comma 2 stabilisce infatti l'assoggettamento a notifica (di cui all'articolo 1, comma  4 del decreto legge n. 21/2012, di seguito richiamata in dettaglio) per contratti o accordi, qualora con  soggetti  esterni  all'Unione europea, che abbiano ad  oggetto l'acquisto di beni o servizi relativi alla  progettazione,  alla  realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i  servizi  di comunicazione  elettronica  a  banda  larga  basati  sulla tecnologia 5G; altresì soggette a notifica sono le acquisizioni  di  componenti  ad alta intensità tecnologica  funzionali  alla  predetta  realizzazione  o gestione. Si valuti una possibile specificazione della formulazione del testo, anche attesa la possibile indeterminatezza del concetto di componenti definibili 'funzionali'.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 4, del decreto n. 21 del 2012, prevede, ai fini dell'esercizio del potere di veto sull’adozione di alcune tipologie di delibere da parte degli organi di governo delle imprese strategiche nel comparto sicurezza e difesa, l'obbligo per le imprese stesse di notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare, in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto da parte dell’esecutivo.

 

Nel dettaglio, in materia di procedura di notifica, ai fini dell'esercizio del potere di veto (a sua volta disciplinato dal comma 1, lettera b), dell'articolo 1 del D.L. in parola) l'impresa deve notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto. Dalla notifica non deriva per la Presidenza del Consiglio dei Ministri né per l'impresa l'obbligo di notifica al pubblico (ai sensi dell'articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, vale a dire il TUB). Entro quindici giorni dalla notifica il Presidente del Consiglio dei Ministri comunica l'eventuale veto. Qualora si renda necessario richiedere informazioni all'impresa, tale termine è sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Le richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini. Decorsi i predetti termini l'operazione può essere effettuata. Il potere di veto è esercitato nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. Si dispone la sanzione della nullità per le delibere o gli atti adottati in violazione del comma in parola. Il Governo può altresì ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

Il D.P.R. n. 35 del 19 febbraio 2014, recante 'Regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, a norma dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21', ha al riguardo chiarito, all'articolo 6, comma 6,  che il termine di 15 giorni (di cui all'articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 21 citato) decorre dalla effettiva ricezione da parte dell'ufficio competente della notifica completa della necessaria documentazione. Il comma 7 ha poi specificato che nel computo dei termini previsti sono esclusi il sabato, la domenica e le festività nazionali.

 

La nuova norma introdotta specifica che la previsione è finalizzata all'eventuale   esercizio   del   potere di veto o all'imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni.

A tal fine, si specifica altresì siano oggetto di valutazione anche gli elementi indicanti la presenza di fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l'integrità e la sicurezza sia delle reti sia dei dati che vi transitano.

 

Per le finalità previste dal comma 2, la nuova disposizione indica, al comma 3, quali soggetti debbano intendersi esterni all'Unione europea, elencando tali categorie:

1) qualsiasi persona fisica o persona giuridica, che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero  il  centro  di  attività  principale  in  uno  Stato  membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o  che  non  sia comunque ivi stabilito;

Lo Spazio economico europeo (SEE) è stato istituito nel 1994 allo scopo di estendere le disposizioni applicate dall'Unione europea al proprio mercato interno ai paesi dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA). La Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein sono membri del SEE, mentre la Svizzera fa parte dell'EFTA ma non del SEE. L'UE è inoltre legata ai suoi partner SEE (la Norvegia e l'Islanda) da varie «politiche settentrionali» e forum incentrati sulle aree più settentrionali dell'Europa, in rapida evoluzione, e sulla regione artica nel suo insieme.

2) qualsiasi persona giuridica che abbia stabilito la sede legale o dell'amministrazione o il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, e che risulti controllato direttamente o indirettamente da una persona fisica o da una persona giuridica di cui al n. 1);

3)  qualsiasi persona fisica o persona giuridica che abbia stabilito la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione o il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, al fine di eludere l'applicazione della disciplina della nuova norma introdotta.

 

Con riferimento al concetto di finalità elusiva, si può segnalare che l’art. 37 bis del D.P.R. 29.09.1973 n. 600 persegue nel nostro ordinamento finalità antielusive in materia specificamente tributaria. La disposizione disciplina sia gli aspetti sia sostanziali che procedurali relativi all’accertamento a tal fine. I primi tre commi costituiscono il cardine per l’individuazione delle operazioni di natura antielusiva, stabilendo che “Sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti ed i negozi, anche collegati fra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni d’imposta o rimborsi, altrimenti indebiti”. Il disposto antielusivo trova applicazione solo ed esclusivamente nel caso di operazioni potenzialmente elusive ed espressamente indicate al terzo comma della previsione: a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzione ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b) conferimenti in società (di beni e diritti), nonché negozi aventi ad oggetto Il trasferimento ( a titolo oneroso o gratuito) o il godimento di aziende o complessi aziendali (quali, ad esempio, l’affitto di azienda o l’usufrutto ); c) cessioni di credito; d) cessione di eccedenza d’imposta; e) fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni intracomunitari di cui al D.Lgs. 544/1992; f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi ad oggetto i beni ed i rapporti di cui all’art. 81 comma 1 lett. da c) a c- quinquies) del TUIR (quali, ad esempio, le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni “qualificate”, di valori mobiliari, di valute estere ecc.). Il comportamento elusivo viene individuato in uno o più atti “collegati tra loro” in presenza dei seguenti presupposti: assenza di valide ragioni economiche; “aggiramento” di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario; al fine di ottenere riduzioni d’imposta o rimborsi altrimenti indebiti. Norme procedurali sono dettate per l’Amministrazione finanziaria in materia.

 

Con riferimento al concetto di soggetto esterno all'Ue, si evidenzia che il recentemente adottato Regolamento (UE) 2019/452, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea (c.d. IDE, citati anche nella Relazione illustrativa del Governo al decreto-legge in esame), all'articolo 2, punto 7), definisce "impresa di un paese terzo", un'impresa costituita o comunque organizzata conformemente alla legislazione di un paese terzo.

 

Con riferimento al comma 3, si valuti il tenore della norma, che introduce una definizione a livello nazionale di 'soggetto esterno all'UE'. In particolare, poi, con riferimento al punto n. 3), la previsione del profilo di elusione potrebbe essere chiarita, al fine di meglio definire i contenuti della fattispecie, che rileva in ordine alla specifica applicazione della norma di nuova introduzione.

Risulterebbe al riguardo opportuno altresì chiarire i profili procedurali della previsione, in particolare valutando la specificazione del soggetto cui spetti l'accertamento dell'intento elusivo, nel quadro dell'ordinamento.

 

Il comma 4 demanda ad un D.P.C.M., sentito il Gruppo di coordinamento costituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 agosto 2014, la facoltà di individuare misure di semplificazione in ordine a:

Ø    modalità di notifica

Ø    termini

Ø    procedure 

relativi all'istruttoria, ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di veto ovvero di imposizione di specifiche prescrizioni, previsti dal comma 2 della nuova norma.

L'articolo  3  del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 agosto  2014, ha previsto, in attuazione dell'articolo 2, comma 2, lettera c), del sopra citato decreto del Presidente della Repubblica n. 35 del 2014 e dell'articolo 2, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 86 del 2014, l'istituzione di un gruppo di coordinamento, presieduto dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri o dal Vicesegretario delegato e composto dai responsabili degli Uffici dei Ministeri previsti dall'articolo 2, comma 3 del D.P.R. o da altri designati dai rispettivi Ministri interessati. Sono nominati altresì componenti del medesimo gruppo di coordinamento il Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei ministri, il Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri, il Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo, il Capo del Dipartimento per le politiche europee nonché il Capo del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Per il Presidente del gruppo di coordinamento e per ciascuno dei componenti sono altresì nominati due componenti supplenti.

Si disciplina il meccanismo di nomina, in sede di prima attuazione, dei componenti del gruppo di coordinamento, ivi compreso il Presidente, che vengono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ogni variazione dei componenti del gruppo di coordinamento è comunicata al medesimo Dipartimento entro un giorno dalla decisione via posta elettronica certificata. Il gruppo di coordinamento può essere integrato, ove necessario, e in ogni tempo, da altri soggetti, anche estranei alla Pubblica amministrazione, di volta in volta invitati in relazione alla specificità della materia o dell'operazione, al fine di potenziarne le capacità di analisi.

È facoltà del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri interessati sostituire il componente effettivo o supplente in relazione a specifiche operazioni, previa formale comunicazione al Dipartimento per il coordinamento amministrativo.

 

Si ricorda che a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'UE, entrerà in vigore il 10 aprile 2019 il Regolamento (UE) 2019/452 di recente approvato, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea (c.d. IDE). Il provvedimento appresta strumenti UE per il controllo degli investimenti diretti esteri, con l’obiettivo di tutelare i settori strategici. Gli investimenti diretti esteri devono essere verificati per evitare che possano mettere in pericolo gli interessi strategici dell’UE. Il nuovo regolamento protegge i settori industriali chiave come l'energia, i trasporti, le comunicazioni, i dati, lo spazio e la finanza, oltre che le tecnologie come i semiconduttori, l'intelligenza artificiale e la robotica. In sede di approvazione del Parlamento europeo si sono aggiunti l'acqua, la salute, la difesa, i media, la biotecnologia e la sicurezza alimentare.

Nell'ambito del meccanismo di cooperazione è stato incluso lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, che potranno formulare osservazioni sugli investimenti diretti per altri Paesi UE, istituendosi altresì degli appositi punti di contatto. La Commissione europea potrà chiedere informazioni e fornire il suo parere al Paese cui è destinato l'investimento, stabilendosi specifici obblighi informativi nell'ambito UE.

 

 


Articolo 2
(Oggetto e ambito di applicazione)

 

L’articolo 2 introduce il Capo II, Sezione I recante la disciplina transitoria applicabile per garantire la stabilità finanziaria in caso di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea in assenza di accordo e fornisce le definizioni di alcune espressioni utilizzate nel testo del decreto.

 

          Il comma 1 dell’articolo 2 dispone che in caso di recesso del Regno Unito, in assenza di accordo, la disciplina transitoria applicabile ai servizi bancari, finanziari e assicurativi è quella stabilita nella Sezione I del CAPO II (articoli 2-13) del provvedimento in esame.

      Il comma 2 reca una serie di espressioni utilizzate nella Sezione I, indicandone il significato. In particolare, l’espressione:

 

a) “banche del Regno Unito” indica le banche aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), definisce con il termine banca l'impresa autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria ovvero alla raccolta di risparmio tra il pubblico e all'esercizio del credito.

 

b) “imprese di investimento del Regno Unito” indica le imprese di investimento aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 1, lettera d-quater), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), definisce come impresa di investimento l'impresa la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell'effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale.

 

c) “imprese di assicurazione del Regno Unito” indica le imprese di assicurazione aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, Codice delle assicurazioni private (CAP) definisce come impresa di assicurazione la società autorizzata secondo quanto previsto nelle direttive comunitarie sull'assicurazione diretta (direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita e direttiva 92/49/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita).

 

d) “intermediario assicurativo, anche a titolo accessorio, e riassicurativo del Regno Unito” indica qualsiasi intermediario assicurativo, anche a titolo accessorio, o riassicurativo residente o avente sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 1, lettera cc-quinquies) del CAP definisce come intermediario assicurativo qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa da un'impresa di assicurazione o riassicurazione o da un dipendente della stessa e diversa da un intermediario assicurativo a titolo accessorio, che avvii o svolga a titolo oneroso l'attività di distribuzione assicurativa;

come intermediario assicurativo a titolo accessorio (lettera cc-septies)) qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa dalle banche autorizzate, dagli intermediari finanziari, dalle società di intermediazione mobiliare autorizzate e dalla società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta, che avvii o svolga a titolo oneroso l'attività di distribuzione assicurativa a titolo accessorio, nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) l'attività professionale principale di tale persona fisica o giuridica è diversa dalla distribuzione assicurativa;

2) la persona fisica o giuridica distribuisce soltanto determinati prodotti assicurativi, complementari rispetto ad un bene o servizio;

3) i prodotti assicurativi in questione non coprono il ramo vita o la responsabilità civile, a meno che tale copertura non integri il bene o il servizio che l'intermediario fornisce nell'ambito della sua attività professionale principale;

come intermediario riassicurativo (lettera cc-sexies)) qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa da un'impresa di assicurazione o di riassicurazione o da un dipendente di essa, che avvii o svolga a titolo oneroso l'attività di distribuzione riassicurativa.

 

e) “istituti di pagamento del Regno Unito” indica gli istituti di pagamento aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 2, lettera h-sexies), del TUB definisce con il termine istituti di pagamento le imprese, diverse dalle banche e dagli istituti di moneta elettronica, autorizzate a prestare i servizi di pagamento ovvero le seguenti attività:

1) servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;

2) servizi che permettono prelievi in contante da un conto di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;

3) esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento dell'utilizzatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento:

3.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum;

3.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi;

3.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti;

4) esecuzione di operazioni di pagamento quando i fondi rientrano in una linea di credito accordata ad un utilizzatore di servizi di pagamento:

4.1) esecuzione di addebiti diretti, inclusi gli addebiti diretti una tantum;

4.2) esecuzione di operazioni di pagamento mediante carte di pagamento o dispositivi analoghi;

4.3) esecuzione di bonifici, inclusi gli ordini permanenti;

5) emissione di strumenti di pagamento e/o convenzionamento di operazioni di pagamento;

6) rimessa di denaro;

7) servizi di disposizione di ordini di pagamento;

8) servizi di informazione sui conti.

 

f) “istituti di moneta elettronica del Regno Unito” indica gli istituti di moneta elettronica aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 2, lettera h-bis), del TUB definisce con il termine istituti di moneta elettronica le imprese, diverse dalle banche, che emettono moneta elettronica intendendosi per moneta elettronica il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall'emittente.

 

g) “gestori di fondi del Regno Unito” indica i gestori di OICR aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1 comma 1, lettera k), del TUF definisce come Organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) l'organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi dai consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata.

 

h) “OICR del Regno Unito” indica gli OICR domiciliati nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

 

i) “gestori di una sede di negoziazione del Regno Unito” indica i gestori di una sede di negoziazione aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;

L’articolo 1, comma 5-octies, lettera c) del TUF definisce come sede di negoziazione un mercato regolamentato, un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione.

Si ricorda che in base al richiamato articolo 1 del TUF si intende:

per mercato regolamentato, comma 1, lettera w-ter), un sistema multilaterale amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi;

per sistema multilaterale di negoziazione, comma 5-octies, lettera a), un sistema multilaterale gestito da un'impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari;

per sistema organizzato di negoziazione, comma 5-octies, lettera b), un sistema multilaterale diverso da un mercato regolamentato o da un sistema multilaterale di negoziazione che consente l'interazione tra interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a obbligazioni, strumenti finanziari strutturati, quote di emissioni e strumenti derivati

 

l) “data di recesso” indica la data a decorrere dalla quale avrà effetto il recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea in assenza di un accordo ai sensi dell’Articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea;

m) “periodo transitorio” indica il periodo tra la data di recesso e il termine del diciottesimo mese successivo;

 

n) “autorità competenti” indica le autorità nazionali di settore, tenuto conto delle competenze attribuite a legislazione vigente;

L’articolo 1, comma 1, lettera l), del TUB definisce con il termine autorità competenti, a seconda dei casi, uno o più fra le autorità di vigilanza sulle banche, sulle imprese di investimento, sugli organismi di investimento collettivo del risparmio, sulle imprese di assicurazione e sui mercati finanziari.

Si ricorda che in Italia il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) ha l'alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio e la Banca d'Italia esercita le funzioni di vigilanza in materia bancaria e creditizia; l'Ivass svolge le funzioni di vigilanza sul settore assicurativo; la Consob, la Banca d'Italia, l'Ivass e la Covip sono le autorità competenti, secondo le rispettive attribuzioni, per la vigilanza in materia di intermediazione finanziaria;

 

o) “Testo unico bancario” (TUB) indica il decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;

p) “Testo unico della finanza” (TUF) indica il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

q) “Codice delle assicurazioni private” (CAP) indica il decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che se non diversamente disposto nel decreto, si applicano le definizioni previste dall’articolo 1 del Testo unico bancario, dall’articolo 1 del Testo unico della finanza e dall’articolo 1 del Codice delle assicurazioni private.


Articolo 3
(Prestazione dei servizi e delle attività in Italia da parte dei soggetti del Regno Unito dopo la data di recesso)

 

L'articolo 3 disciplina la prestazione di specifici servizi e attività bancarie e finanziarie in Italia da parte di banche, imprese di investimento e istituti di moneta elettronica del Regno Unito dopo la data a decorrere dalla quale avrà effetto il recesso del Regno Unito dall'Unione europea in assenza di un accordo ai sensi dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea (la data di recesso), fino al termine del diciottesimo mese successivo (periodo transitorio). 

 

Il comma 1 consente alle banche del Regno Unito che alla data di recesso svolgono in Italia attività ammesse al mutuo riconoscimento ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera f) del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) di proseguirne l'esercizio durante il periodo transitorio, previa notifica alla Banca d'Italia.

 

 Si tratta di attività che possono essere esercitate in qualunque Stato membro da soggetti che operano in virtù di una specifica autorizzazione in uno dei Paesi dell'Unione europea. I servizi indicati tra quelli ammessi al mutuo riconoscimento possono dunque essere offerti senza dover richiedere la preventiva autorizzazione delle autorità di vigilanza del Paese in cui si intende operare.

Tali servizi possono essere offerti sia in regime di libera prestazione di servizi che avvalendosi del diritto di stabilimento. Nel primo caso, le persone giuridiche che operano legalmente in uno Stato membro offrono i loro servizi in altri Stati dell'Unione su base temporanea pur restando stabiliti nel loro Paese d'origine (articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE). Nel secondo, le persone giuridiche che operano legalmente in uno Stato membro esercitano l'attività ammessa al mutuo riconoscimento in un altro Paese dell'Unione su base stabile e continuativa, mediante lo stabilimento di succursali (articolo 49 del TFUE).

Ai sensi del citato articolo 1, comma 2, lettera f) del TUB, nell'ambito dell'attività bancaria, le seguenti attività sono ammesse al mutuo riconoscimento:

1) raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione;

2) operazioni di prestito (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con garanzia ipotecaria, il factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il credito commerciale incluso il "forfaiting");

3) leasing finanziario;

4) prestazione di servizi di pagamento;

5) emissione e gestione di mezzi di pagamento ("travellers cheques", lettere di credito), nella misura in cui quest'attività non rientra nel precedente punto 4;

6) rilascio di garanzie e di impegni di firma;

7) operazioni per proprio conto o per conto della clientela in:

- strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito, ecc.);

- cambi;

- strumenti finanziari a termine e opzioni;

- contratti su tassi di cambio e tassi d'interesse;

- valori mobiliari;

8) partecipazione alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi;

9) consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse, nonché consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni e del rilievo di imprese;

10) servizi di intermediazione finanziaria del tipo "money broking";

11) gestione o consulenza nella gestione di patrimoni;

12) custodi e amministrazione di valori mobiliari;

13) servizi di informazione commerciale;

14) locazione di cassette di sicurezza;

15) altre attività che, in virtù delle misure di adattamento assunte dalle autorità europee, sono aggiunte all'elenco allegato alla seconda direttiva in materia creditizia del Consiglio delle Comunità europee n. 89/646/CEE del 15 dicembre 1989.

 

            Il comma 2 stabilisce una deroga rispetto al dettato del comma 1, con riferimento all'attività di raccolta del risparmio esercitata in regime di libera prestazione dei servizi (dunque su base temporanea e senza una stabile organizzazione sul territorio della Repubblica). In tal caso, è previsto che le banche del Regno Unito possano continuare l'attività, previa notifica alla Banca d'Italia, limitatamente a quanto necessario alla gestione dei rapporti instaurati precedentemente alla data di recesso e senza concludere nuovi contratti, né rinnovare quelli esistenti.

 

          I commi 3 e 4 disciplinano lo svolgimento da parte di banche e imprese di investimento del Regno Unito di servizi e attività di investimento in Italia, distinguendo fra soggetti che li offrono avvalendosi del diritto di stabilimento (comma 4) da quelli operano in regime di libera prestazione (comma 3), fermo restando quanto previsto dal successivo articolo 6 con riferimento ai gestori di sedi di negoziazione (v. infra).

          Per "servizi e attività di investimento" si intendono i seguenti, quando hanno per oggetto strumenti finanziari (articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 58 del 1998, Testo unico della finanza - TUF):

a) negoziazione per conto proprio;

b) esecuzione di ordini per conto dei clienti;

c) assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente;

c-bis) collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell'emittente;

d) gestione di portafogli;

e) ricezione e trasmissione di ordini;

f) consulenza in materia di investimenti;

g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;

g-bis) gestione di sistemi organizzati di negoziazione

 

In particolare, i soggetti che alla data di recesso operano su base stabile e continuativa, mediante lo stabilimento di succursali sul territorio della Repubblica, possono continuare a svolgere le medesime attività durante il periodo transitorio, previa notifica alle autorità competenti (Banca d'Italia per le banche, CONSOB per le imprese di investimento).

 

I soggetti che operano in regime di libera prestazione di servizi, possono invece continuare a svolgere le medesime attività, previa notifica alle autorità competenti, solamente nei confronti delle controparti qualificate e dei clienti professionali di diritto, nonché per la gestione degli eventi del ciclo di vita di particolari categorie di contratti derivati in essere alla data del recesso, fino all'adozione di una "decisione di equivalenza" della Commissione europea a norma dell'articolo 47, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 600/2014 sui mercati degli strumenti finanziari e comunque non oltre il periodo provvisorio.

 

Per controparti qualificate si intendono i soggetti identificati dall'articolo 6, comma 2-quater, lettera d) del TUF e dalle altre disposizioni di attuazione dell'articolo articolo 30, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 2014/65/UE (MiFID II), quando operano come clienti di un intermediario finanziario che presta loro servizi cosiddetti esecutivi (negoziazione in conto proprio, ricezione, trasmissione ed esecuzione degli ordini). Si tratta in primo luogo di imprese operanti nel settore bancario, finanziario e assicurativo: imprese di investimento, banche, imprese di assicurazione, organismi di investimento collettivo del risparmio e relativi gestori, fondi pensione, altri intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del TUB, le società finanziarie ammesse al mutuo riconoscimento secondo la disciplina dell'articolo 18 del TUB, gli istituti di moneta elettronica e le fondazioni bancarie. Sono controparti qualificate anche i governi nazionali e i loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico con specifica dell'attuazione nazionale. Nella categoria delle controparti qualificate rientrano poi le imprese di grandi dimensioni, che presentano, a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti: totale di bilancio superiore a 20 milioni di euro, fatturato netto superiore a 40 milioni di euro e fondi propri maggiori di 2 milioni di euro. Anche i soggetti di Paesi non appartenenti all'Unione europea che ricadono nelle precedenti categorie sono considerati controparti qualificate.

Sono invece clienti professionali privati quelli individuati dall'allegato n. 3 del regolamento adottato con delibera CONSOB n. 20307 del 2018, che attua le deleghe regolamentari in materia di intermediari finanziari (regolamento intermediari). In base a tale disciplina i clienti privati possono essere classificati con riferimento a tutti i servizi e gli strumenti di investimento come professionali di diritto, quando è ragionevole presumere che possiedano l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutarne correttamente i rischi. Il cliente considerato professionale di diritto ha comunque la possibilità chiedere un livello più elevato di protezione se ritiene di non essere in grado di valutare o gestire correttamente i rischi assunti. Nella categoria rientrano sostanzialmente i soggetti privati che la normativa identifica come controparti qualificate.

Vi è poi la possibilità di essere qualificati come clienti professionali su richiesta sulla base di requisiti e di una procedura di identificazione espressamente definiti dall'allegato n. 3 del regolamento intermediari della CONSOB. Tali soggetti sono però esclusi dall'ambito dei clienti nei confronti dei quali le banche e le imprese di investimento del Regno Unito che operano in regime di libera prestazione di servizi possono continuare a operare (v. infra articolo 4, comma 1). Per quanto riguarda i clienti professionali pubblici, sono stati identificati dal decreto del MEF n. 236 del 2011 nel Governo e nella Banca d'Italia.

Con riferimento alle particolari categorie di derivati, si tratta di contratti non soggetti a compensazione da parte di una controparte centrale (over the counter - OTC), stipulati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali con banche e imprese di investimento del Regno Unito operanti in regime di libera prestazione. Rispetto a tali contratti viene concesso agli intermediari finanziari del Regno Unito di gestirne il ciclo di vita anche nei casi in cui implichi la modifica dei contratti in essere o la conclusione di nuovi contratti, nei limiti previsti dall'articolo 62 del decreto legge n. 112 del 2008. La Relazione del governo specifica inoltre che, relativamente al tema della continuità contrattuale, nel mese di dicembre la Commissione europea ha approvato delle modifiche ai regolamenti delegati relativi all'obbligo di clearing e allo scambio di garanzie su base bilaterale per i derivati OTC, che sostanzialmente "incoraggiano" la sostituzione delle controparti dei contratti derivati OTC del Regno Unito con controparti stabilite nell'Unione, prevedendo un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di recesso nell'ambito del quale tali iniziative di riallocazione beneficiano di un trattamento speciale.

 

Il comma 5 completa l'ambito soggettivo dell'articolo 3 recando la disciplina relativa agli istituti di moneta elettronica prevedendo per quelli che alla data di recesso operano su base stabile e continuativa, mediante lo stabilimento di succursali sul territorio della Repubblica, la possibilità di continuare a operare con le stesse modalità durante il periodo transitorio, previa notifica alla Banca d'Italia

Gli istituti di moneta elettronica sono imprese, diverse dalle banche, che emettono moneta elettronica, disciplinate dagli articoli 114-bis e seguenti del TUB.  Per "moneta elettronica" si intende il valore monetario memorizzato elettronicamente, inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento, e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente. La moneta elettronica può essere emessa da banche e istituti specializzati per favorire lo scambio attraverso mezzi elettronici fra il detentore e una terza persona che, entrando in possesso della moneta elettronica, subentra nel diritto al rimborso che può essere fatto valere nei confronti dell'emittente.

 

Il comma 6 disciplina la notifica che, ai sensi dei precedenti commi, deve essere trasmessa alle autorità competenti da banche, imprese di investimento e istituti di moneta elettronica ai fini della prosecuzione della loro attività. In particolare, la notifica dev'essere effettuata entro tre giorni lavorativi antecedenti la data di recesso, secondo le modalità previste dalle autorità competenti.

 

Viene inoltre previsto un regime speciale per le banche e le imprese di investimento del Regno Unito abilitate alla partecipazione alle aste dei titoli di Stato alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Tali soggetti possono continuare a svolgere i servizi e le attività bancarie di cui al comma 1, ad eccezione dell'attività di raccolta del risparmio, nonché i servizi e le attività di investimento, senza necessità di notifica.

 

In base a quanto disposto dai commi 7, 8 e 9, le banche, le imprese di investimento e gli istituti di moneta elettronica che, a seguito della notifica, continuano a operare sul territorio della Repubblica:

·       ove intendano proseguire le loro attività oltre il periodo transitorio, presentano alle autorità competenti (Banca d'Italia, CONSOB), l'istanza prevista per l'autorizzazione allo svolgimento delle relative operazioni ovvero per la costituzione di un intermediario italiano, entro il termine massimo di sei mesi dalla data di recesso (comma 7);

·       operano in conformità alle disposizioni in materia bancaria e finanziaria loro applicabili al giorno antecedente alla data di recesso (comma 8);

·       sono soggette ai poteri attribuiti alle relative autorità competenti dalla legge, inclusi quelli in materia di prevenzione, risoluzione e gestione delle crisi, nei confronti degli intermediari extra-Ue.

 

In vista del recesso del Regno Unito dall'Unione europea, la Banca d'Italia ha invitato, in data 19 febbraio 2019, gli intermediari britannici che operano sul territorio nazionale a informare i propri clienti italiani in merito alle iniziative assunte e alle conseguenze per le relazioni contrattuali in essere, richiamando l'attenzione sulla necessità di assicurare il pieno rispetto degli obblighi contrattuali e delle disposizioni che disciplinano la prestazione di attività riservate in Italia.

 

La comunicazione, inviata a banche, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica abilitati a offrire i propri prodotti e servizi secondo le modalità previste dal diritto europeo, fornisce indicazioni puntuali su quali informazioni minime devono essere rese tempestivamente a tutti i clienti per assicurare un'ordinata, trasparente e corretta gestione dei rapporti esistenti alla data di recesso.

 

La CONSOB ha in seguito adottato la Comunicazione n. 7 del 26 marzo 2019 che specifica le informazioni da inviare alla clientela con riferimento alle conseguenze del recesso. In allegato alla medesima comunicazione sono stati pubblicati gli schemi per la notifica di cui al comma 6 dell'articolo in esame.


Articolo 4
(Cessazione dei servizi e delle attività dei soggetti del Regno Unito operanti in Italia)

 

L'articolo 4 disciplina la cessazione dell'operatività da parte di specifici soggetti del Regno Unito operanti in Italia. Per i soggetti che possono continuare ad operare sul territorio della Repubblica secondo quanto disposto dall'articolo 3 viene disposta la cessazione di specifiche attività ovvero la cessazione integrale dell'operatività nel caso in cui non vengano soddisfatti gli obblighi di notifica e la richiesta di autorizzazione previsti dall'articolo 3 del decreto in esame, fatta salva la possibilità di continuare a gestire gli eventi del ciclo di vita di specifici contratti derivati non soggetti a compensazione da parte di una controparte centrale (derivati OTC).       

 

In particolare, il comma 1 elenca i soggetti del Regno Unito operanti in Italia che sono tenuti a cessare l'attività entro la data di recesso:

·       istituti di pagamento,

·       i gestori di fondi,

·       organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR),

·       istituti di moneta elettronica che operano in regime di libera prestazione dei servizi o tramite agenti o soggetti convenzionati.

 

Per le banche e le imprese di investimento del Regno Unito che prestano servizi di investimento in regime di libera prestazione, reciprocamente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 3 del decreto in esame, che consente la prosecuzione delle medesime attività nei confronti di controparti qualificate e clienti professionali di diritto, previa notifica alle autorità competenti, viene disposta la cessazione delle attività eseguite nei confronti di clienti al dettaglio e dei clienti professionali su richiesta.

I clienti al dettaglio sono definiti dall'articolo 1, comma 1, lettera m-duodecies, del TUF come categoria residuale rispetto a quella dei clienti professionali, fra i quali sono ricomprese di diritto le persone giuridiche che operano professionalmente nel settore bancario, finanziario e assicurativo, nonché le imprese che superano determinati requisiti dimensionali (v. articolo 3, comma 3).

Vi è poi la possibilità di essere qualificati come clienti professionali su richiesta, sulla base di requisiti e di una procedura di identificazione espressamente definiti dall'allegato n. 3 del regolamento intermediari della CONSOB. I requisiti riguardano la familiarità con le operazioni di negoziazione, la loro dimensione, il valore del portafoglio detenuto e l'esperienza professionale eventualmente acquisita lavorando nel settore finanziario. La procedura richiede la forma scritta della richiesta, l'informazione da parte dell'intermediario sulle conseguenze in termini di minori tutele garantite dalla normativa di settore e la conseguente presa d'atto del richiedente.

 

Per evitare che la cessazione delle attività rechi pregiudizio ai clienti, il comma 1 consente comunque ai soggetti appena elencati di compiere le operazioni necessarie all'ordinata chiusura dei rapporti già in essere alla data di recesso, nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre il termine massimo di sei mesi dalla data di recesso, essendo preclusa la possibilità di concludere nuovi contratti e di rinnovare quelli esistenti.

 

Il comma 2 stabilisce che i soggetti ai quali il comma 1 impone la cessazione parziale o integrale dell'attività comunichino, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, ai clienti, agli altri soggetti con cui intrattengono rapporti nella prestazione dei servizi e alle autorità competenti le iniziative adottate per garantire l'ordinata cessazione dell'attività.

 

Le disposizioni sulla cessazione delle attività e sui relativi obblighi di comunicazione si applicano (comma 3), in quanto compatibili, alle banche, alle imprese di investimento e agli istituti di moneta elettronica che possono continuare ad operare ai sensi dell'articolo 3, nei casi in cui tali soggetti:

·       non presentino la notifica all'autorità competente disciplinata dall'articolo 3, comma 6;

·       non presentino le istanze di autorizzazione ovvero di costituzione di un intermediario italiano entro il termine massimo di 6 mesi dalla data di recesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 7. In tal caso, il termine di 6 mesi per compiere le operazioni necessarie all'ordinata chiusura dei rapporti già in essere decorre dalla scadenza del termine per la presentazione delle istanze.

 

Il comma 4 stabilisce un regime specifico per le attività connesse ai derivati over the counter (OTC). In deroga a quanto disposto dal comma 3, infatti, le banche e le imprese di investimento del Regno Unito possono continuare a gestire gli eventi del ciclo di vita dei contratti derivati non soggetti a compensazione da parte di una controparte centrale (derivati OTC), compresa la modifica di tali contratti o la conclusione di nuovi contratti, anche nel caso di mancata notifica all'autorità competente (limitatamente ai contratti in essere alla data del recesso, per i sei mesi successivi a tale data) e di mancata presentazione delle istanze di autorizzazione ovvero di costituzione di un intermediario italiano (limitatamente ai contratti in essere al termine del periodo consentito per la presentazione delle stesse istanze e per i sei mesi successivi a tale data).

 

Il comma 5 stabilisce, infine, che la cessazione delle attività disposta dai precedenti commi non comporta modifica dei tempi e modalità del pagamento degli interessi nonché' del rimborso del capitale da parte del cliente per i finanziamenti concessi nell'esercizio dell'attività riservata precedentemente svolta dai soggetti citati identificati dai commi 1 e 3 dell'articolo in esame.


Articolo 5
(Prestazione dei servizi e delle attività da parte dei soggetti italiani nel Regno Unito dopo la data di recesso)

 

L'articolo 5 indica i soggetti aventi sede in Italia per i quali, nel rispetto delle disposizioni previste nel Regno Unito, viene consentita la prosecuzione dell'attività nel periodo transitorio.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che, fermo restando quanto specificamente previsto dal successivo articolo 6 con riferimento ai gestori di sedi di negoziazione (v. infra), i seguenti soggetti aventi sede legale in Italia possono continuare a operare nel Regno Unito nel periodo transitorio:

·       banche,

·       imprese di investimento,

·       istituti di pagamento,

·       istituti di moneta elettronica,

·       società di gestione del risparmio (SGR),

·       società di investimento a capitale variabile e fisso (Sicav e Sicaf),

·       gestori di fondi EuVECA, EuSEF e ELTIF,

·       intermediari finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 106 del TUB.

 

I commi 1 e 2 impongono altresì delle condizioni che i soggetti suddetti devono rispettare per proseguire ad operare sul territorio del Regno Unito nel periodo transitorio. In particolare, essi devono:

·       notificare alle autorità competenti l'intenzione di continuare a operare entro tre giorni lavorativi antecedenti la data di recesso, secondo le modalità previste dalle medesime autorità,

·       operare nel rispetto delle disposizioni previste nel Regno Unito,

 

Il comma 3 condiziona, inoltre, la prosecuzione dell'attività da parte dei suddetti soggetti oltre il periodo transitorio alla presentazione dell'istanza di autorizzazione allo svolgimento delle relative attività, la quale deve essere presentata alle autorità competenti entro 12 mesi anteriori alla fine del periodo transitorio.

 

Il quadro normativo europeo che disciplina le diverse forme di gestione collettiva, cioè i fondi di investimento istituiti, gestiti e commercializzati nell’Ue e i relativi gestori, è definito sostanzialmente dai seguenti atti:

·       direttive 2009/65/UE (Undertakings for Collective Investments in Transferable Securities - UCITS IV) e 2014/91/UE (UCITS V) che disciplinano gli organismi (fondi e Sicav) di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM, fondi di investimento e Sicav), ivi comprese le condizioni per la gestione e commercializzazione degli stessi;

·       direttiva 2011/61/UE (AIFMD) che disciplina i gestori di fondi di investimento alternativi (FIA), fra i quali rientrano le Sicaf, che investono una quota significativa delle loro disponibilità in attività che per gli OICVM sono escluse o fortemente limitate (es. immobili, hedge fund, crediti, etc.).

I gestori di fondi (SGR), le Sicav e le Sicaf, pertanto, possono essere qualificati come gestori di organismi di investimento in valori mobiliari (caratterizzati dunque da un elevato grado di liquidabilità) o come gestori di investimenti a questi alternativi (GEFIA).

La disciplina europea prevede inoltre regole specifiche per alcune categorie di fondi alternativi ai quali viene assegnata una rilevanza strategica rispetto alla crescita di lungo periodo e alla coesione sociale, al fine di realizzare una disciplina armonizzata e rimuovere gli ostacoli all'investimento transfrontaliero. Si tratta, in particolare delle seguenti categorie di fondi alternativi gestiti da gestori di FIA (GEFIA) le cui attività non superano la soglia di 500 milioni di euro:

·       fondi europei di venture capital (fondi EuVEC, disciplinati dal Regolamento (UE) n. 345/2013);

·       fondi europei per l’imprenditoria sociale (fondi EuSEF, disciplinati dal Regolamento (UE) n. 346/2013);

·       fondi europei di investimento a lungo termine (fondi ELTIF, disciplinati dal Regolamento (UE) n. 760/2015).

 


Articolo 6
(Operatività dei gestori delle sedi di negoziazione italiane e del Regno Unito dopo la data di recesso del Regno Unito)

 

L'articolo 6 disciplina la possibilità che i gestori di sedi di negoziazione italiani possano continuare a svolgere la propria attività nel Regno Unito e, viceversa, che i gestori di sedi di negoziazione del Regno Unito possano continuare a svolgere la propria attività sul territorio della Repubblica.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i gestori italiani di sedi di negoziazione possono continuare a svolgere la propria attività nel Regno Unito nel periodo transitorio, consentendo l'accesso agli operatori ivi stabiliti che alla data di recesso risultano già membri o partecipanti della sede di negoziazione. Tale facoltà è subordinata alle seguenti condizioni:

·       la presentazione, entro la data del recesso di una istanza per l'estensione dell'operatività nel Regno Unito con riferimento alla sede di negoziazione gestita, ai sensi degli articoli 26, 29 o 70 del TUF,

·       il rispetto delle disposizioni previste nel Regno Unito,

·       il rispetto della normativa europea di settore.

 

Viceversa, il comma 2 stabilisce che i gestori di sedi di negoziazione del Regno Unito possono continuare a svolgere la propria attività sul territorio della Repubblica nel periodo transitorio, consentendo l'accesso agli operatori ivi stabiliti che alla data di recesso risultano già membri o partecipanti della sede di negoziazione, subordinando tale facoltà alle seguenti condizioni:

·       la presentazione, entro la data del recesso di una istanza per l'estensione dell'operatività nel territorio della Repubblica con riferimento alla sede di negoziazione gestita, ai sensi degli articoli 26, 29-ter o 70 del TUF,

·       il rispetto della normativa europea di settore.

 

Gli artcoli 26, 29, 29-ter del TUF regolano l'autorizzazione delle autorità rispettivamente competenti (Banca d'Italia, CONSOB) per banche e imprese di investimento aventi sede legale in Italia ad operare in uno Stato non aderente all'Unione europea e, viceversa, l'autorizzazione per banche e imprese di investimento aventi sede legale in uno Stato non aderente all'Unione europea ad operare in Italia.

L'articolo 70 del medesimo testo unico regola invece l'istanza dei gestori di mercati regolamentati extra-Ue che intendano estendere la loro operatività in Italia (comma 1) e, viceversa, l'istanza dei gestori di mercati regolamentati italiani che intendano estendere la loro operatività in Paesi non Ue (comma 2).

 

Le sedi di negoziazione sono sistemi di negoziazione multilaterale o, più precisamente, sistemi che consentono l’incontro di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi in modo da dare luogo a contratti.

Tali sistemi sono dunque caratterizzati da una pluralità di controparti ammesse a negoziare tra loro o, meglio, ammesse a negoziare con una controparte che non si esaurisce nel gestore del sistema. La direttiva MiFID II (2014/65/UE) definisce diverse sedi di negoziazione: il “mercato regolamentato” (MR), il “sistema multilaterale di negoziazione” (MTF) e il “sistema organizzato di negoziazione” (OTF). Per approfondimenti sulle sedi di negoziazione si segnala altresì il position paper pubblicato dalla CONSOB nell'ottobre 2018 recante la "Mappatura delle sedi di negoziazione in Italia dopo l’entrata in vigore di MiFID/MiFIR".

 

Si segnala, infine, che la CONSOB sul proprio sito ha raccolto in una specifica sezione i provvedimenti rilevanti in materia di mercati adottati con riferimento al recesso del Regno Unito dall'Unione europea.

 

 

 

 

 


Articolo 7
(Disposizioni in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie)

 

L'articolo 7 stabilisce l'obbligo per le banche, le imprese di investimento, gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica di mantenere l'adesione ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela disciplinati, per quanto riguarda i servizi bancari, dall'articolo 128-bis del TUB e, per quanto riguarda i servizi di investimento, dall'articolo 32-ter del TUF. I soggetti che operano in regime di libera prestazione di servizi possono non aderire a tali sistemi purché aderiscano o siano sottoposti a un sistema estero di composizione stragiudiziale delle controversie, partecipante alla rete Fin-Net promossa dalla Commissione europea.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce per tutti i soggetti che svolgono attività e servizi di natura bancaria ammessi al mutuo riconoscimento, a prescindere dal fatto che sia loro consentito o meno continuare l'attività svolta prima della data di recesso nel periodo transitorio, l'obbligo di mantenere l'adesione ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela di cui all'articolo 128-bis del Testo unico bancario. Per i soggetti che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi vi è, tuttavia, la possibilità (comma 2) di non aderire a tali sistemi purché gli stessi soggetti aderiscano o siano sottoposti a un sistema estero di composizione stragiudiziale delle controversie, partecipante alla rete Fin-Net promossa dalla Commissione europea. In tale ipotesi, gli intermediari comunicano alla Banca d'Italia il sistema stragiudiziale al quale aderiscono o sono sottoposti nel Paese d'origine.

 

Il comma 3 si applica invece ai soggetti che svolgono attività e servizi di investimento (banche e le imprese di investimento di cui all'articolo 3, comma 4, nonché i soggetti per i quali è disposta la cessazione dell'attività ai sensi dell'articolo 4). Tali soggetti sono obbligati a mantenere l'adesione ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela di cui all'articolo 32-ter del TUF nel periodo transitorio (la cui durata è pari a diciotto mesi per i soggetti che continuano ad operare a norma dell'articolo 3 e a sei mesi per i soggetti che cessano l'attività a norma dell'articolo 4 del decreto in esame).

 

I sistemi stragiudiziali cui fa riferimento l'articolo in esame derivano dall'attuazione in ambito nazionale della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori. La direttiva stabilisce i criteri ai quali gli organismi di risoluzione alternativa (rispetto al giudice ordinario) delle controversie devono rispondere per essere qualificati come "sistemi ADR" (Alternative Dispute Resolution - ADR). L'obiettivo è quello di costruire una rete europea di organismi a supporto dei consumatori, in grado di accrescere l'applicazione delle norme vigenti attraverso l'opera di strutture tecniche per la mediazione, la conciliazione e l'arbitrato, caratterizzate da elevati standard di indipendenza e trasparenza, atti a garantirne l'autorevolezza, anche al fine di ridurre il contenzioso davanti al giudice ordinario e migliorare l'efficienza del sistema giudiziario nel suo complesso.

In sede di recepimento di tale normativa è stato modificato l'articolo 32-ter del TUF, con la conseguente istituzione nel nostro ordinamento un nuovo sistema di risoluzione alternativa delle controversie relative alla prestazione dei servizi di investimento. L'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), istituito presso la CONSOB come ADR destinate ad affrontare le controversie in materia di servizi di investimento, affianca l'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), istituito già nel 2009 in attuazione dell'articolo 128-bis del TUB e , a seguito del recepimento della direttiva, riqualificato fra gli ADR europei e inserito nella relativa rete (FIN-NET).

Pur configurando una tutela che interviene nel momento in cui il rapporto fra intermediario e cliente non è più fisiologico ma patologico, tali organismi possono favorire il rispetto della normativa aumentando il rischio che i comportamenti non conformi alle regole producano costi per l'impresa, anche alla luce del fatto che il mancato adempimento delle decisioni prese da ABF e ACF, pur essendo sempre possibile per gli intermediari, produce conseguenze reputazionali non irrilevanti. In caso di mancato adempimento di una decisione che riconosca un risarcimento per la violazione delle regole inerenti alla prestazione dei servizi bancari o di investimento, è infatti previsto un regime di pubblicità che rende noto il fatto (il mancato adempimento) e consente di ricondurre il nome dell'intermediario alla specifica decisione, con evidenza dei comportamenti violativi che hanno condotto il collegio arbitrale ad accogliere il ricorso.

 


Articolo 8
(Tutela dei depositanti e degli investitori)

 

L'articolo 8 stabilisce, per le banche e le imprese di investimento che possono continuare a svolgere le attività e servizi bancari e di investimento nel periodo transitorio, l'adesione di diritto ai sistemi italiani di garanzia dei depositanti aderenti e di indennizzo degli investitori. L'adesione di diritto si applica anche ai soggetti che operano in regime di libera prestazione di servizi, ai gestori di fondi, alle banche e alle imprese di investimento che cessino i servizi e le attività secondo quanto previsto dall'articolo 4, fatto salvo il caso in cui tali soggetti presentino al sistema di garanzia ovvero di indennizzo italiano una dichiarazione di quello del Regno Unito attestante che i relativi investitori continueranno ad essere protetti per il periodo successivo alla data del recesso. Vengono infine stabiliti obblighi informativi nei confronti dei depositanti e degli investitori che consentano loro di essere correttamente informati sulle tutele loro applicabili.

 

Il comma 1 stabilisce che le banche del Regno Unito con succursale sul territorio italiano e che svolgono le attività ammesse al mutuo riconoscimento aderiscano di diritto, sulla base dei relativi statuti, ai sistemi di garanzia dei depositanti italiani dalla data del recesso del Regno Unito a tutti gli effetti di legge. Si applicano gli obblighi di contribuzione ai fini del raggiungimento del livello di dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia richiesti dalla legge (articoli 96.1 e 96.2 del TUB). Le banche sono chiamate a perfezionare gli atti richiesti ai fini dell'adesione entro il terzo mese successivo alla data del recesso.

Un sistema di garanzia dei depositanti è un soggetto (un consorzio di banche) riconosciuto dalla Banca d’Italia che interviene per proteggere, entro i limiti definiti dalla legge, i depositi di una banca sottoposta a risoluzione o a liquidazione coatta. I sistemi di garanzia dei depositi operanti in Italia sono il Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) e, per le banche di credito cooperativo, il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo (FGDCC). Ogni banca italiana aderisce a uno di questi sistemi e fornisce un’informativa specifica ai propri clienti sulle modalità di tutela dei depositi. Tutte le banche degli altri Stati membri dell’Unione europea aderiscono ai sistemi di garanzia dei depositi dello Stato di appartenenza. Le banche di Stati non membri dell’Unione europea e operanti in Italia aderiscono al FITD o a un sistema di garanzia estero equivalente.

L'istituzione di sistemi di assicurazione consortile dei depositi, tramite i quali rimborsare direttamente (fino a un certo ammontare, ad esempio 100.000 euro) la forma più semplice di impiego del risparmio in caso di dissesto della banca depositaria, svolge la duplice funzione: di garanzia diretta per il singolo depositante e di prevenzione rispetto a episodi di panico (cd. "corse agli sportelli"). Viene così minimizzato il rischio sistemico e, quindi, il rischio di contagio dell'intero sistema a seguito della crisi di una singola banca.

 

Ai sensi del comma 2, tali disposizioni si applicano, in quanto compatibili, alle banche del Regno Unito che alla data del recesso svolgono attività di raccolta del risparmio in regime di libera prestazione di servizi (art. 3, comma 2, del decreto legge in esame, alla cui scheda si rinvia). È fatto salvo il caso in cui tali banche presentino una dichiarazione del sistema di garanzia del Regno Unito che attesti la continuità della protezione dei depositanti successivamente alla data del recesso.

 

Le banche di cui ai commi 1 e 2 forniscono ai depositanti le informazioni necessarie per individuare il sistema di garanzia pertinente e le informazioni sulle esclusioni dalla relativa tutela entro il 4 maggio 2019 (40 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legge) e comunque alla prima occasione utile (comma 3). Si tratta di obblighi informativi previsti dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 30 del 2016, di attuazione della direttiva 2014/49/UE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.

 

Il comma 4 stabilisce che, in caso di adesione di una succursale di banca italiana al sistema di garanzia del Regno Unito, il sistema di garanzia italiano trasferisca a quel sistema di garanzia i contributi ricevuti dalla banca durante i dodici mesi precedenti, ad eccezione dei contributi straordinari. Il trasferimento avviene entro la data di recesso e solo ove il termine di sei mesi prescritto dall'articolo 96-quater.3 del TUB sia maturato entro la medesima data. Il citato articolo stabilisce, infatti, che la banca che intende aderire ad un nuovo sistema di garanzia deve darne comunicazione alla Banca d'Italia e al sistema di garanzia a cui aderisce con un anticipo di almeno sei mesi.

 

Ai sensi del comma 5, le banche e le imprese di investimento che alla data del recesso prestano servizi e attività di investimento sul territorio della Repubblica nell'esercizio del diritto di stabilimento mediante succursali, si considerano di diritto aderenti ai sistemi italiani di indennizzo degli investitori disciplinati dall'articolo 59 del TUF. L'adesione decorre dalla data del recesso a tutti gli effetti di legge. Entro il termine di trenta giorni successivi alla data di recesso, tali banche e imprese di investimento provvedono a perfezionare gli atti richiesti per l'adesione ai sistemi di indennizzo italiani, in conformità all'articolo 7 del decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 14 novembre 1997, n. 485.

I sistemi di indennizzo sono soggetti di natura privatistica aventi personalità giuridica eventualmente espressa anche in forma di società consortili, costituiti per la tutela di crediti vantati dagli investitori nei confronti degli intermediari che hanno prestato loro servizi di investimento.

 

Tali norme si applicano, in quanto compatibili, alle banche e alle imprese di investimento del Regno Unito che, alla data del recesso, prestano servizi di investimento in regime di libera prestazione, fatto salvo il caso in cui tali soggetti presentino al sistema di indennizzo italiano una dichiarazione di quello del Regno Unito attestante che i relativi investitori continueranno ad essere protetti per il periodo successivo alla data del recesso (comma 6).

 

Il comma 7 impone alle banche e alle imprese di investimento di cui ai precedenti commi 5 e 6 di fornire immediata comunicazione ai propri investitori sull'importo e sulla portata della copertura offerta, nonché sulle norme applicabili. Tali informazioni devono essere fornite alla prima occasione utile e, comunque, entro il 4 maggio 2019 (40 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legge).

 

I precedenti commi si applicano (comma 8) anche ai gestori di fondi, alle banche e alle imprese di investimento che cessino i servizi e le attività secondo quanto previsto dall'articolo 4, fatto salvo il caso in cui tali soggetti presentino al sistema di indennizzo italiano una dichiarazione di quello del Regno Unito attestante che i relativi investitori continueranno ad essere protetti per il periodo successivo alla data del recesso.

 


Articolo 9
(Operatività in Italia delle imprese di assicurazione del Regno Unito dopo la data di recesso)

 

L'articolo in esame dispone che le imprese di assicurazione del Regno Unito, operanti nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento o di libera prestazione dei servizi, sono cancellate dall'elenco delle imprese UE dopo la data di recesso e nel periodo transitorio proseguono l'attività nei limiti della gestione dei contratti e delle coperture in corso alla data di recesso senza assumere nuovi contratti, né rinnovare, anche tacitamente, contratti esistenti.

 

Il comma 1 dispone la cancellazione dall'elenco delle imprese UE di cui all'articolo 26 del Codice delle assicurazioni private (CAP - d.lgs. 209/2005) - recte, dall'elenco delle imprese comunitarie operanti in Italia - delle imprese del Regno Unito che sono abilitate ad esercitare l'attività assicurativa nel territorio della Repubblica:

in regime di stabilimento (articolo 23 del CAP),

o di libera prestazione dei servizi (articolo 24 del CAP).

 

La relazione illustrativa informa che le imprese di riassicurazione non sono interessate dalla disciplina transitoria in quanto: 1) non esistono oggi imprese di riassicurazione del Regno Unito operanti in stabilimento (fattispecie per la quale avrebbe potuto avere senso l'individuazione di deroghe alle norme vigenti); 2) l'operatività in libera prestazione di servizi da Stato terzo è già consentita alle imprese di riassicurazione dalle norme vigenti e non richiede un'autorizzazione dell'IVASS al pari dell'attività in libera prestazione di servizi poste in essere da altro Stato membro.

 

Per effetto della cancellazione, si applicano gli articoli 28 e 29 del CAP. In base al primo, l'impresa di assicurazione di un Paese terzo, qualora intenda esercitare nel territorio della Repubblica i rami vita o i rami danni, è preventivamente autorizzata dall'IVASS con provvedimento pubblicato nel Bollettino mentre, in base all'articolo 29, è vietato all'impresa di un Paese terzo l'esercizio, nel territorio della Repubblica, dell'attività nei rami vita o nei rami danni in regime di libertà di prestazione di servizi.

 

In base al richiamato articolo 26 del CAP, l'IVASS pubblica, in appendice all'albo delle imprese di assicurazione comunitarie, l'elenco delle imprese ammesse ad accedere all'esercizio dei rami vita e dei rami danni nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento o in libertà di prestazione di servizi.

Qui l'elenco delle imprese del Regno Unito ammesse ad operare in Italia in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi.

Secondo un documento dell'IVASS, le compagnie assicurative del Regno Unito operanti in Italia sono 53, di cui 47 nel settore danni, e raccolgono annualmente premi per circa € 1,7 miliardi. Gli italiani assicurati con queste compagnie sono 9,7 milioni.

Qui la pagina dedicata sul sito dell'IVASS.

In particolare, il 3 ottobre 2018 l’IVASS ha indirizzato alle imprese del Regno Unito operanti in Italia una lettera, richiamando la loro attenzione sulla necessità di procedere con tempestività a:

inviare una adeguata informativa individuale sugli impatti della Brexit ai propri assicurati e beneficiari italiani, secondo le linee della Opinione dell'EIOPA;

pubblicare un’analoga informativa sul proprio sito internet;

trasmettere appropriate istruzioni alle proprie reti distributive sulle informazioni da fornire agli assicurati attuali e potenziali.

 

L'EIOPA ha emanato le seguenti Opinioni e Raccomandazioni in relazione al recesso del Regno Unito dall'Unione europea:

5 marzo 2019 - EIOPA and its Members agree on No-deal Brexit Memoranda of Understanding with the Bank of England and the Financial Conduct Authority;

19 febbraio 2019 - EIOPA calls upon national supervisory authorities to minimise the detriment to insurance policyholders and beneficiaries in case of a no withdrawal agreement between the United Kingdom and the European Union;

5 novembre 2018 – EIOPA calls for immediate action to ensure service continuity in cross-border insurance;

28 giugno 2018 - Opinion addressed to national supervisory authorities about the duty of insurance undertakings and insurance intermediaries to inform customers about the possible impact of the withdrawal of the United Kingdom from the European Union;

18 maggio 2018 - Opinion on the solvency position of insurance and reinsurance undertakings in light of the withdrawal of the United Kingdom from the European Union;

21 dicembre 2017 - Opinion on service continuity in light of the withdrawal of the United Kingdom from the European Union;

11 luglio 2017 - Opinion on supervisory convergence in light of the United Kingdom withdrawing from the European Union.

 

L'articolo 23 del CAP prevede che l'accesso all'attività dei rami vita o dei rami danni in regime di stabilimento nel territorio della Repubblica, da parte di un'impresa avente la sede legale in un altro Stato membro, è subordinato alla comunicazione all'IVASS, da parte dell'autorità di vigilanza di tale Stato, delle informazioni e degli adempimenti previsti dalle disposizioni dell'ordinamento comunitario. Se l'impresa si propone di assumere rischi concernenti l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione include la dichiarazione che l'impresa è divenuta membro dell'Ufficio centrale italiano e aderente al Fondo di garanzia per le vittime della strada.

È considerato esercizio dell'attività assicurativa in regime di stabilimento, anche in assenza di succursali, agenzie o sedi secondarie, qualsiasi presenza permanente nel territorio della Repubblica, inclusa l'organizzazione di un semplice ufficio gestito da personale dipendente dell'impresa ovvero da una persona indipendente ma incaricata di agire in modo permanente per conto dell'impresa stessa.

Il rappresentante generale della sede secondaria deve essere munito di un mandato comprendente espressamente anche i poteri di rappresentare l'impresa in giudizio e davanti a tutte le autorità della Repubblica, nonché quello di concludere e sottoscrivere i contratti e gli altri atti relativi alle attività esercitate nel territorio della Repubblica. Il rappresentante generale deve avere domicilio all'indirizzo della sede secondaria. Qualora la rappresentanza sia conferita ad una persona giuridica, questa deve avere la sede legale nel territorio della Repubblica e deve a sua volta designare come proprio rappresentante una persona fisica che abbia domicilio in Italia e che sia munita di un mandato comprendente i medesimi poteri.

Nel termine di trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione l'IVASS indica all'autorità di vigilanza dello Stato membro di origine la normativa, giustificata da motivi d'interesse generale, che l'impresa deve osservare nell'esercizio dell'attività.

L'impresa può insediare la sede secondaria e dare inizio all'attività nel territorio della Repubblica dal momento in cui riceve dall'autorità di vigilanza dello Stato di origine la comunicazione dell'IVASS ovvero, in caso di silenzio, dalla scadenza del termine predetto.

L'impresa, qualora intenda modificare la comunicazione effettuata, ne informa l'IVASS almeno trenta giorni prima di mettere in atto quanto comunicato. L'IVASS valuta la rilevanza delle informazioni ricevute in relazione alla permanenza dei presupposti che hanno giustificato la propria comunicazione sulla normativa da osservare e, se del caso, informa l'autorità competente dello Stato membro interessato.

In base all'articolo 24 del CAP, l'accesso all'attività dei rami vita o dei rami danni, in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica, da parte di una impresa avente la sede legale in un altro Stato membro, è subordinato alla comunicazione all'IVASS, da parte dell'autorità di vigilanza di tale Stato, delle informazioni e degli adempimenti previsti dalle disposizioni dell'ordinamento comunitario. Se l'impresa si propone di assumere rischi concernenti l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione include l'indicazione del nominativo e l'indirizzo del rappresentante per la gestione dei sinistri e una dichiarazione che l'impresa è divenuta membro dell'Ufficio centrale italiano e aderente al Fondo di garanzia per le vittime della strada.

L'impresa può iniziare l'attività dal momento in cui l'IVASS attesta di aver ricevuto la comunicazione dell'autorità di vigilanza dello Stato di origine.

L'impresa comunica all'IVASS, attraverso l'autorità di vigilanza dello Stato membro d'origine, ogni modifica che intende apportare alla comunicazione per l'accesso nel territorio della Repubblica in regime di libertà di prestazione di servizi.

 

La cancellazione ha effetto alla data di recesso del Regno Unito dall'UE e, al fine di garantire la continuità dei servizi nei confronti di contraenti, assicurati e aventi diritto a prestazioni assicurative, tali imprese proseguono, nel periodo transitorio (che è il periodo tra la data di recesso e il termine del diciottesimo mese successivo: articolo 2, comma 2, lettera m), l'attività nei limiti della gestione dei contratti e delle coperture in corso alla data di recesso senza assumere nuovi contratti, rinnovare, anche tacitamente, contratti esistenti.

Della prosecuzione temporanea di tale operatività l'IVASS dà adeguata evidenza al pubblico.

 

Secondo il comma 2, le suddette imprese presentano all'IVASS, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (quindi dal 26 marzo 2019), un piano contenente le misure di gestione che consentono alle stesse di procedere con regolarità e speditezza alla corretta esecuzione dei contratti e delle coperture in corso alla data di recesso, inclusi i pagamenti dei sinistri. L'IVASS può in ogni momento richiedere all'impresa aggiornamenti e integrazioni al piano presentato. Se l'impresa non riesce ad assicurare la completa realizzazione del piano entro il termine del periodo transitorio ne dà tempestiva notizia all'IVASS, al più tardi nei 90 giorni antecedenti a tale data, presentando istanza di proroga. L'istanza è adeguatamente motivata dall'impresa, in ragione della struttura, articolazione e durata in un arco temporale pluriennale dei contratti e delle coperture in essere. L'IVASS valuta l'istanza, nonché le iniziative da assumere per la tutela degli interessi di contraenti, assicurati e aventi diritto a prestazioni assicurative, anche consultando l'Autorità di vigilanza competente dello Stato di origine. Entro 15 giorni dalla data di recesso le imprese oggetto del presente articolo informano, anche mediante comunicazione sul proprio sito istituzionale, contraenti, assicurati e altri aventi diritto a prestazioni assicurative del regime di operatività ad esse applicabile. Le imprese del Regno Unito operanti nella Repubblica effettuano tale comunicazione anche qualora abbiano provveduto, prima della data di recesso, agli adempimenti informativi richiesti dalle autorità di settore.

Il comma 3 attribuisce al contraente - a partire dalla data di recesso - la facoltà di recedere senza oneri aggiuntivi dai contratti che hanno durata superiore all'anno, dandone comunicazione scritta all'impresa o di esercitare altre forme di scioglimento del vincolo contrattuale e le clausole di tacito rinnovo perdono efficacia.

Il recesso del contraente ha effetto dalla scadenza della prima annualità successiva alla data di recesso.

 

La relazione illustrativa sottolinea al riguardo che il contraente può recedere dai contratti con durata superiore all'anno senza incorrere in oneri aggiuntivi rispetto a quelli già statuiti originariamente nel contratto (quali ad esempio, quelli usualmente previsti per i contratti del ramo vita in caso di riscatto anticipato rispetto ad alcune scadenze contrattualmente prestabilite; in questi casi i contratti già prevedono decurtazioni del capitale restituito rispetto quello investito). La previsione è coerente con l'impianto nazionale primario già vigente per il settore assicurativo, che dispone la facoltà in capo al contraente di recedere dal contratto, nelle ipotesi di vincoli negoziali di durata superiore all'anno, in caso di decadenza dall'autorizzazione all'esercizio dell'impresa.

 

Il comma 4 prevede che alle imprese oggetto del presente articolo continuano ad applicarsi, nel periodo transitorio, le disposizioni di cui all'articolo 193 del CAP (sui poteri dell'IVASS nei confronti delle imprese di assicurazione di altri Stati membri) e ogni altra disposizione in materia assicurativa loro applicabile al giorno antecedente alla data di recesso. Inoltre l'IVASS può applicare le sanzioni di cui al titolo XVIII del CAP (quelle previste nei seguenti casi: abusivismo e impedimento all'esercizio delle funzioni di vigilanza, violazioni non riguardanti la distribuzione assicurativa, assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti, trasparenza delle operazioni e protezione dell'assicurato, doveri nei confronti dell'autorità di vigilanza, violazioni riguardanti la distribuzione assicurativa e disciplinare per i periti assicurativi).

Le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative sono dettate dagli articoli da 325 a 328 del CAP.

Infine il comma 5 prevede che l'IVASS può scambiare informazioni con le autorità competenti degli Stati terzi al fine di assicurare lo scambio informativo per la realizzazione di quanto previsto dai commi 1 e 2 del presente articolo, nell'ambito di accordi di cooperazione e a condizione di reciprocità e di equivalenti obblighi di riservatezza.

A tal fine richiama espressamente l'articolo 10, comma 8, del CAP.


Articolo 10
(Operatività in Italia degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, o riassicurativi del Regno Unito dopo la data di recesso)

 

L'articolo in esame prevede che gli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, o riassicurativi del Regno Unito, operanti in Italia, cessano la loro attività entro la data di recesso dall'UE e sono cancellati dal registro degli intermediari. Sono fatte salve le operazioni necessarie all'ordinata chiusura dei rapporti di distribuzione già in essere, non oltre il termine massimo di sei mesi dalla data di recesso.

 

Il comma 1 dispone che gli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, o riassicurativi del Regno Unito che, alla data di recesso, operano l'attività di distribuzione assicurativa o riassicurativa nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento o libera prestazione dei servizi, ai sensi del Titolo IX (Attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa) del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 209/2005), cessano tale attività entro tale data e sono cancellati dall'elenco annesso al registro degli intermediari di cui all'articolo 109, comma 2, del Codice.

 

Qui la pagina dedicata all'elenco degli intermediari dell'Unione europea.

 

L'articolo 109 del Codice delle assicurazioni private disciplina il registro degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi, definito, dal co. 1, come il registro unico elettronico nel quale sono iscritti gli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi che hanno residenza o sede legale nel territorio della Repubblica. L'IVASS disciplina, con regolamento, la formazione e l'aggiornamento del registro: si veda il regolamento dell'IVASS n. 40 del 2 agosto 2018 recante disposizioni in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa (applicabile dal 1° ottobre 2018).

La distribuzione assicurativa e riassicurativa è definita dall'art. 2, co. 1, lett. q), del predetto regolamento, come l'attività consistente nel proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza o compiere altri atti preparatori relativi alla conclusione dei relativi contratti o nella conclusione di tali contratti, ovvero nella collaborazione alla gestione o all'esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati, ivi inclusa la fornitura, tramite un sito internet o altri mezzi, di informazioni, relativamente a uno o più contratti di assicurazione, anche confrontati o ordinati, sulla base di criteri eventualmente scelti dal cliente, in termini di premi ed eventuali sconti applicati o di ulteriori caratteristiche del contratto, se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso.

 

In base al co. 2 dell'art. 109 del CAP, nel registro sono iscritti in sezioni distinte:

a) gli agenti di assicurazione, in qualità di intermediari che agiscono in nome o per conto di una o più imprese di assicurazione o di riassicurazione;

b) i mediatori di assicurazione o di riassicurazione, altresì denominati broker, in qualità di intermediari che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione;

c) i produttori diretti che, anche in via sussidiaria rispetto all'attività svolta a titolo principale, esercitano l'intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena responsabilità di un'impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato esclusivamente per l'impresa medesima;

d) le banche autorizzate, gli intermediari finanziari, gli istituti di pagamento, le società di intermediazione mobiliare e la società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta;

e) i soggetti addetti all'intermediazione, quali i dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri incaricati degli intermediari iscritti alle sezioni di cui alle lettere a), b) e d) per l'attività di intermediazione svolta al di fuori dei locali dove l'intermediario opera;

f) gli intermediari assicurativi a titolo accessorio.

Non è consentita la contemporanea iscrizione dello stesso intermediario in più sezioni del registro.

 

Al fine di evitare pregiudizio ai contraenti, assicurati e altri aventi diritto a prestazioni assicurative, sono fatte salve le operazioni necessarie all'ordinata chiusura dei rapporti di distribuzione già in essere, nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre il termine massimo di sei mesi dalla data di recesso.

Nel predetto termine tali soggetti non possono avviare nuove attività di distribuzione né rinnovare anche tacitamente i rapporti già esistenti.

Della prosecuzione temporanea di tale operatività l'IVASS dà adeguata evidenza al pubblico.

In base al comma 2, entro 15 giorni dalla data di recesso gli intermediari oggetto del presente articolo informano, anche mediante comunicazione sul proprio sito web, contraenti, assicurati e altri aventi diritto a prestazioni assicurative del regime di operatività ad essi applicabile.

Tali intermediari effettuano tale comunicazione anche qualora abbiano provveduto, prima della data di recesso, agli adempimenti informativi richiesti dalle autorità di settore.

Infine, secondo il comma 3, agli intermediari, nel periodo transitorio previsto dal comma 1 (sei mesi dalla data di recesso), continuano ad applicarsi le disposizioni relative alle violazioni in caso di esercizio dell'attività in regime di libera prestazione di servizi o di stabilimento (Titolo IX, Capo II, Sezione IV del CAP) e ogni altra disposizione in materia assicurativa loro applicabile al giorno antecedente alla data di recesso. L'IVASS può applicare le sanzioni di cui al Titolo XVIII del medesimo Codice (si veda la scheda relativa all'articolo 9).


Articolo 11
(Operatività nel Regno Unito delle imprese di assicurazione e di riassicurazione italiane dopo la data di recesso)

 

L'articolo in esame dispone la prosecuzione dell'attività delle imprese italiane di assicurazione o riassicurazione operanti nel territorio del Regno Unito in regime di stabilimento o di libera prestazione dei servizi.

 

Il comma 1 dispone la prosecuzione dell'attività per le imprese italiane che, alla data di recesso, sono abilitate all'esercizio dell'attività assicurativa o riassicurativa nel territorio del Regno Unito in regime di stabilimento o di libera prestazione dei servizi, fermo restando quanto previsto dagli articoli 22 e 59-quinquies del Codice delle assicurazioni private e nel rispetto delle disposizioni previste dal Regno Unito.

 

L'articolo 22 citato dispone che l'impresa, qualora intenda istituire una sede secondaria in uno Stato terzo, ne dà preventiva comunicazione all'IVASS, la quale vieta all'impresa di procedere all'insediamento della sede secondaria, qualora rilevi che la situazione finanziaria non sia sufficientemente stabile ovvero ritenga inadeguata, sulla base del programma di attività presentato, la struttura organizzativa della sede secondaria. Le suddette disposizioni si applicano anche all'impresa che intende effettuare operazioni in regime di libertà di prestazione di servizi in uno Stato terzo.

Analogamente, l'articolo 59-quinquies prevede che l'impresa di riassicurazione, qualora intenda istituire una sede secondaria in uno Stato terzo, ne dà preventiva comunicazione all'IVASS, la quale vieta all'impresa di procedere all'insediamento della sede secondaria, qualora rilevi che la situazione finanziaria non sia sufficientemente stabile ovvero ritenga inadeguata, sulla base del programma di attività presentato, la struttura organizzativa della sede secondaria. L'impresa di riassicurazione, qualora intenda effettuare per la prima volta attività in regime di libertà di prestazione di servizi in un altro Stato membro, ne dà comunicazione all'IVASS. Insieme alla comunicazione l'impresa trasmette un programma nel quale sono indicati gli stabilimenti dai quali l'impresa si propone di svolgere l'attività, gli Stati membri nei quali intende operare, il tipo di attività che intende esercitare (articolo 59-quater).


Articolo 12
(
Disposizioni riguardanti i limiti di investimento dei fondi pensione)

 

L'articolo 12 interviene sulla disciplina dei limiti di investimento dei fondi pensione ai fini della quale assimila, per tutto il corso del periodo transitorio, i fondi di investimento del Regno Unito ai fondi europei.

 

In particolare, l'articolo in esame stabilisce che, durante il periodo transitorio, ai fini dell'applicazione di quanto previsto dal decreto del MEF n. 166 del 2 settembre 2014, gli investimenti, detenuti dai fondi pensione in esso ricompresi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, in quote o azioni di OICVM e FIA del Regno Unito sono assimilati, rispettivamente, agli OICVM e ai FIA UE.

 

Il citato decreto MEF dà attuazione all'articolo 6, comma 5-bis del decreto legislativo n. 252 del 2005 recante norme sui criteri e limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse.

 

Con la disposizione in esame i fondi del Regno Unito continuano ad essere considerati come assoggettati alla relativa disciplina europea (si veda la scheda relativa all'articolo 5). In particolare, l'articolo 5 del decreto (limiti agli investimenti) al comma 4, lettera g) stabilisce che l'investimento in FIA non UE non commercializzati in Italia è consentito in presenza di accordi di cooperazione tra l'autorità competente del Paese d'origine del FIA e le Autorità italiane. La disposizione in esame appare in grado di rendere non applicabile ai fondi alternativi del Regno Unito tale limitazione. 


Articolo 13
(Disposizioni fiscali)

 

L'articolo dispone il mantenimento della legislazione vigente in materia fiscale durante il periodo transitorio previsto dall'accordo di recesso.

 

L'articolo in esame dispone al comma 1 che, fino al termine del periodo transitorio previsto dall'accordo di recesso[1], si continuano ad applicare ai soggetti del Regno Unito che operano in Italia le disposizioni fiscali nazionali previste in funzione dell'appartenenza del Regno Unito all'Unione europea, ivi incluse quelle connesse con l'esistenza di una direttiva UE.

Le disposizioni derivanti dall'attuazione delle direttive e dei regolamenti dell'UE in materia di IVA e accise si continuano ad applicare nel periodo transitorio in quanto compatibili.

 

Nell'ambito della politica fiscale, l’imposizione diretta, pur rimanendo di competenza esclusiva degli Stati membri, è oggetto di misure introdotte dall'UE per armonizzare la tassazione delle persone fisiche e delle imprese, nonché di misure introdotte dagli Stati membri al fine di ridurre l'evasione fiscale ed evitare le doppie imposizioni.

Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, invece, l’UE coordina e armonizza la legislazione relativa all’imposta sul valore aggiunto (IVA) e ai diritti d’accise. L'UE assicura, inoltre, che la disparità di aliquote e la struttura dei sistemi fiscali non contribuisca a falsare la concorrenza sul mercato interno.

Una sintesi della legislazione dell'UE in materia fiscale può essere consultata sul sito EUR-Lex.

 

Il comma 2 rinvia a uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione delle modalità e dei termini attuativi della disposizione di cui al comma 1.

 

La relazione tecnica precisa che l'articolo non comporta effetti finanziari in quanto volto a mantenere la legislazione vigente, i cui effetti sono già scontati nei saldi di finanza pubblica.


Articolo 14
(Disposizioni in materia di soggiorno dei cittadini del Regno Unito e dei loro familiari)

 

 

L'articolo dispone in materia di soggiorno in Italia dei cittadini del Regno Unito e dei loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea.

In particolare, profila una disciplina transitoria, sì che tali soggetti conseguano (al ricorrere di determinate condizioni) o un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o un permesso di soggiorno "per residenza".

Decorso il periodo transitorio - e dunque a decorrere dal 1° gennaio 2021 - tali soggetti sono considerati, ai fini del soggiorno in territorio italiano, quali cittadini di Stato non membro dell'Unione europea.

Siffatte disposizioni si applicano solo per il caso di recesso senza accordo del Regno Unito dall'Unione europea, con decorrenza dall'effettivo recesso.

 

Il comma 1 ha per destinatari:

ü  i cittadini del Regno Unito iscritti nell'anagrafe della popolazione residente;

ü  i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea, in possesso della carta di soggiorno.

Ebbene, tali soggetti possono richiedere - entro il 31 dicembre 2020 - il permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo.

La richiesta è indirizzata al questore della provincia in cui dimorino.

Condizione per l'ottenimento del permesso di soggiorno UE di lungo periodo - prescrive il comma 2 - è un soggiorno regolare in territorio italiano, protrattosi in modo continuativo da almeno cinque anni alla data di recesso del Regno Unito dall'Unione europea.

 

I cittadini dell'Unione europea, i quali intendano soggiornare in Italia per più di tre mesi (o comunque abbiano fatto ingresso da tre mesi), debbono iscriversi all'anagrafe della popolazione residente (oggetto del d.P.R. n. 223 del 1989).

Così dispone l'articolo 9, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 30 del 2007 (recante "Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri").

I loro familiari non aventi la cittadinanza di Stato membro dell'Unione europea, richiedono (alla questura) la carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione (di cui all'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 30 del 2007). Essa ha validità di cinque anni.

Il cittadino dell'Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale, ha diritto al soggiorno permanente. Ciò vale anche per il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, il quale abbia soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione (articolo 14 del decreto legislativo n. 30 del 2007): in tal caso, il familiare acquisisce una carta di soggiorno permanente (articolo 17 del medesimo decreto legislativo n. 30 del 2007).

Per «familiare» si intende: il coniuge; il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner; gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner (così l'articolo 2 del decreto legislativo n. 30).

 

Il comma 3 specifica - per il caso sopra ricordato di rilascio del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, da parte del cittadino del Regno Unito iscritto in anagrafe e del suo familiare cittadino non UE - mediante una serie di rinvii normativi, le disposizioni vigenti da applicare a questa fattispecie.

 

Il permesso di soggiorno UE per soggiornati di lungo periodo è disciplinato dal decreto legislativo n. 286 del 1998 (recante il "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"), all'articolo 9.

Esso è rilasciato allo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità (il quale dimostri la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo taluni parametri, nonché di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio).

Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato (ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta).

Il ricongiungimento familiare è oggetto dell'articolo 29 del medesimo Testo unico (che enumera i seguenti familiari: coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni;  figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale; genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati, gravi motivi di salute).

Ebbene, il comma 3 del presente articolo 14 del decreto-legge in esame richiama, quale rinvio normativo, l'articolo 5, commi 2-bis e 2-ter, e l'articolo 9, commi 2, 4, 6-13 del citato Testo Unico recato dal decreto legislativo n. 286 del 1998.

L'articolo 5, comma 2-bis del Testo unico così richiamato, dispone che lo straniero richiedente il permesso di soggiorno, sia sottoposto a rilievi fotodattiloscopici.

L'articolo 5, comma 2-ter, prevede che la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno sia sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno.

L'articolo 9, comma 2, prevede che il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo sia a tempo indeterminato e sia rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta.

L'articolo 9, comma 4, dispone che tal tipo di permesso di soggiorno non possa essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

L'articolo 9, comma 6, prevede che le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompano la durata del periodo di cinque anni prescritto per poter richiedere tal tipo di permesso di soggiorno, quando inferiori a sei mesi consecutivi e non superanti complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.

L'articolo 9, comma 7, dispone circa le cause di revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo; il successivo comma 8, circa il riacquisto del permesso che sia stato revocato; il comma 9, circa il conferimento di altro tipo di permesso, in caso di revoca di quello di lungo periodo.

L'articolo 9, comma 10, prevede i casi in cui possa essere disposta l'espulsione nei confronti del titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Aggiunge il comma 11 che ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione, si tenga conto anche dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.

L'articolo 9, comma 12 enumera alcuni diritti di cui sia titolare lo straniero munito del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (tra cui quello di usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale).

L'articolo 9, comma 13 autorizza la riammissione sul territorio nazionale dello straniero espulso da altro Stato membro dell'Unione europea titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, il quale non costituisca un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.

 

Il comma 4 dispone per il caso in cui difetti il requisito di regolare soggiorno continuativo in Italia da almeno cinque anni alla data del recesso del Regno Unito dall'Unione europea.

Si prevede allora che i cittadini del Regno Unito iscritti nell'anagrafe della popolazione residente e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea in possesso della carta di soggiorno, possano richiedere al questore - entro il 31 dicembre 2020 - un permesso di soggiorno "per residenza".

Esso ha validità quinquennale. È rinnovabile alla scadenza (previa domanda corredata di nuove fotografie).

Tale permesso è rilasciato mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata, con caratteristiche anticontraffazione, conformi ai modelli da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie (in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi[2][3]). Così prevede l'articolo 5, comma 8 del decreto legislativo n. 286 del 1998, cui è qui fatto rinvio.

Si applicano a tale tipologia di permesso le disposizioni dei già citati commi dell'articolo 5 e dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998 - ad eccezione, per l'articolo 9, dei commi 2 e 6 (questo relativo alle assenze dal territorio italiano), qui non richiamati (v. supra, per la puntuale indicazione del contenuto delle disposizioni degli articoli e commi del Testo unico oggetto del rinvio normativo). 

 

Ed il comma 5 prevede che i titolari del permesso di soggiorno "per residenza" possano ottenerne la conversione in permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, qualora abbiano maturato cinque anni di regolare e continuativo soggiorno nel territorio nazionale.

 

I commi sopra ricordati da 1 a 5 del presente articolo, pongono una disciplina transitoria. Essa è valevole fino al 31 dicembre 2020.

I successivi commi 6 e 7 normano la disciplina 'a regime', a decorrere dal 1° gennaio 2021.

Il trattamento giuridico dei cittadini del Regno Unito e dei loro familiari diviene pari a quello riservato dalla normativa vigente (il Testo unico recato dal decreto legislativo n. 286 del 1998 e il regolamento attuativo posto dal d.P.R. n. 394 del 1999) ai cittadini di Stato non membro dell'Unione europea - salvo che quelli non abbiano conseguito un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o un permesso di soggiorno "per residenza", secondo la disciplina innanzi sunteggiata.

In caso di non intervenuto conseguimento di tali permessi - o di non intervenuta loro richiesta da parte del cittadino del Regno Unito iscritto in anagrafe - entro il 31 dicembre 2020, si 'azzera' per così dire la validità dell'attestazione di regolare soggiorno, di cui quei soggetti siano titolari.

E si viene a prevedere che l'esibitore del titolo di soggiorno non più valido, sia soggetto alle disposizioni poste dall'articolo 6 del Testo unico dell'immigrazione, circa l'obbligo di esibire alle pubbliche autorità, oltre al documento di identificazione, documento attestante la regolare presenza nel territorio italiano (pena l'arresto fino ad un anno e l'ammenda fino a 2.000 euro).

Così come si prevede che si proceda ad espulsione amministrativa, ai sensi dell'articolo 13 del Testo unico dell'immigrazione, in caso di assenza di documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato.

 

Il comma 8 specifica che la disciplina recata da questo articolo del decreto-legge si applichi solo in caso di recesso del Regno Unito dall'Unione europea in assenza di accordo, e dalla data di effettivo recesso.

 


Articolo 15
(Disposizioni in materia di concessione della cittadinanza)

 

L'articolo detta una disciplina transitoria per i cittadini del Regno Unito, circa l'applicazione delle norme relative alla concessione della cittadinanza italiana.

 

La legge n. 91 del 1992 (recante "Nuova norme sulla cittadinanza") disciplina all'articolo 9 la concessione a stranieri della cittadinanza italiana (con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno).

Tra le fattispecie previste, figura (alla sua lettera d)) il conferimento della cittadinanza a cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea il quale risieda legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano.

L'articolo del decreto-legge in esame prevede che ai fini di siffatto conferimento della cittadinanza, i cittadini del Regno Unito siano equiparati (fino al giuramento) ai cittadini dell'Unione europea, se abbiano maturato il requisito di legale residenza protrattasi per almeno quattro anni, alla data di recesso del Regno Unito dall'Unione europea - e qualora presentino domanda entro il 31 dicembre 2020.

Diversamente, è da ritenersi permanere l'altra (più lunga) via, prevista da altra disposizione (la lettera f)) del medesimo articolo 9 della legge n. 91, vale a dire la concessione della cittadinanza allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

 

Rimane fermo che la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato (articolo 9, comma 2 della legge n. 91 del 1992).

Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona cui si riferisca non presti, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato (articolo 10 della legge n. 91 del 1992).

 


Articolo 16
(Misure urgenti per la tutela dei cittadini italiani)

 

L'articolo 16 mira al potenziamento dei servizi consolari e reca, a tal fine, stanziamenti di somme finalizzati all'acquisto di immobili adibiti ai servizi consolari e alla ristrutturazione degli stessi; al miglioramento dei servizi in termini di tempestività ed efficacia; all'assunzione di personale. Sono quindi dettate le disposizioni per la copertura dei relativi oneri.

Inoltre, l'articolo in esame novella le disposizioni sulla decorrenza degli effetti delle dichiarazioni - rese agli uffici consolari dai cittadini italiani - di trasferimento di residenza all'estero ovvero di trasferimento di residenza o di abitazione all'interno dello Stato estero di residenza.

 

Il comma 1 autorizza:

a)     la spesa di 2,5 milioni di euro per l’anno 2019 e di 1 milione di euro per l’anno 2020 per l'acquisto, la ristrutturazione, il restauro, la manutenzione straordinaria o la costruzione di immobili adibiti o da adibire a sedi di uffici consolari nel Regno Unito;

b)    la spesa di 750.000 euro per l’anno 2019 e di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020 per assegni ed indennità a favore del personale dell'Amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero (autorizzazione di spesa prevista art. 170 del d.P.R. n. 18 del 1967 recante l'ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri);

c)     la spesa di 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019 per migliorare la tempestività e l’efficacia dei servizi consolari.

 

Il comma 2 eleva di 50 unità il contingente massimo di personale a contratto (rideterminandolo in 2.920 unità) che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere, per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale. A tal fine la norma in esame novella l'art. 152 dell'ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri (di cui al citato d.P.R. n. 18 del 1967).  Autorizza, quindi, la spesa di euro: 1.127.175 per l'anno 2019, 2.299.437 per l'anno 2020, 2.345.426 per l'anno 2021, 2.392.334 per l'anno 2022, 2.440.181 per l'anno 2023, 2.488.985 per l'anno 2024, 2.538.764 per l'anno 2025, 2.589.540 per l'anno 2026, 2.641.330 per l'anno 2027 ed euro 2.694.157 a decorrere dall'anno 2028.

 

La relazione illustrativa chiarisce che l'intervento "è necessario per garantire un potenziamento dei servizi consolari ai cittadini e alle imprese presenti nel Regno Unito a seguito dell'uscita di questo Paese dall'unione europea".

 

Riguardo al personale a contratto (art. 152 del d.P.R. n. 18 del 1967), l'art. 1, comma 333, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato di 400.000 euro, a decorrere dal 2019, l’autorizzazione di spesa, prevista dall’art. 1, comma 276 della legge di bilancio 2018, riguardante l’adeguamento delle retribuzioni destinate al personale in oggetto. Tale personale è assunto - presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani - nel rispetto dei parametri di riferimento contenuti nell’art. 157 del medesimo d.P.R. n. 18 del 1967. Tale articolo dispone che la retribuzione annua base è fissata dal contratto individuale tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali, tenendo altresì conto delle eventuali indicazioni di massima fornite annualmente dalle organizzazioni sindacali. La norma precisa che la retribuzione deve comunque essere congrua e adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati. La retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei termini di riferimento di cui al precedente comma e all'andamento del costo della vita. La retribuzione annua base, inoltre, è determinata in modo uniforme per paese e per mansioni omogenee; può tuttavia essere consentita in via eccezionale, nello stesso paese, una retribuzione diversa per quelle sedi che presentino un divario particolarmente sensibile nel costo della vita.

 

Il comma 4 reca la quantificazione degli oneri connessi ai commi 1 e 2. Si provvede alla loro copertura utilizzando parzialmente, a decorrere dal 2019, gli accantonamenti del Fondo speciale di parte corrente (Tabella A della legge di bilancio n. 145 del 2018), relativi al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 3 interviene sulla disciplina della decorrenza degli effetti di talune dichiarazioni rese agli uffici consolari. Esso inserisce un nuovo comma 9-bis nell’articolo 6 della legge n. 470 del 1988 (Anagrafe e censimento degli italiani all'estero). La disposizione novellata stabilisce che il cittadino italiano:

·       che trasferisce la sua residenza da un comune italiano all'estero (art. 6, comma 1, della legge n. 470 del 1988)

·       che cambia la residenza o l'abitazione all'estero (comma 3)

deve farne dichiarazione all'ufficio consolare competente entro novanta giorni.

Gli effetti di tali dichiarazioni - secondo la novella del decreto-legge - decorrono dalla loro data di presentazione, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all'estero presso il comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica. Precedentemente, l'art. 7 del d.P.R. n. 323 del 1989 (regolamento per l'esecuzione della legge n. 470 del 1988), contestualmente abrogato dal presente articolo, fissava la decorrenza dalla data di ricezione della stessa da parte dell'ufficiale di anagrafe. §Il comma in esame, quindi, trasla la disposizione finora di carattere regolamentare all'interno della legge sull'AIRE. Si prevede, infine, che le dichiarazioni presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, e non ancora ricevute dall’ufficiale di anagrafe, abbiano sempre decorrenza dalla data di presentazione.

 


Articolo 17
(Disposizioni in materia di prestazioni sanitarie nell'ambito dei sistemi di sicurezza sociale)

 

L'articolo 17 reca una normativa transitoria in materia di tutela della salute per l'ipotesi in cui il recesso del Regno Unito dall'Unione europea avvenga in assenza di un accordo.

Con riferimento a tale ipotesi, l'articolo in esame prevede che le norme europee in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale - di cui al regolamento (CE) n. 883/2004[4] - continuino ad applicarsi, per quanto riguarda i diritti in materia di tutela della salute, fino al 31 dicembre 2020, a condizione di reciprocità con i cittadini italiani, ai cittadini del Regno Unito ed agli apolidi e rifugiati soggetti alla legislazione di tale Stato, nonché ai relativi familiari e superstiti. Ai fini suddetti, le autorità e le istituzioni italiane applicano nei confronti delle autorità ed istituzioni del Regno Unito le norme del regolamento (CE) n. 987/2009[5].

Le relazioni illustrativa e tecnica del Governo osservano che l'articolo 17 è inteso a permettere, in via transitoria, la prosecuzione (a condizione di reciprocità) dell'applicazione delle norme dei citati regolamenti con riguardo a tutte le fattispecie di tutela della salute ivi disciplinate ed alle relative procedure di rimborso tra istituzioni. Le fattispecie di tutela in oggetto sono costituite, come ricordano le suddette relazioni, dalle prestazioni sanitarie medicalmente necessarie, dalla copertura dei rischi di malattia e dalle cure programmate (ivi comprese quelle erogate ad una persona che si trasferisca in un altro Stato al fine di ricevere prestazioni sanitarie).

Sotto il profilo della formulazione letterale, sembrerebbe opportuno valutare la congruità del termine "britannici", considerato che esso corrisponde solo ad una parte del territorio del Regno Unito.


Articolo 18
(Sostituzione del capitale del Regno Unito nella Banca Europea per gli Investimenti (BEI))

 

L'articolo autorizza la sottoscrizione dell'aumento di capitale della BEI da parte dell'Italia per un ammontare pari a circa 6,9 miliardi di euro.

 

L'articolo in esame autorizza la partecipazione dell'Italia all'aumento di capitale della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) resosi necessario per sostituire il capitale sottoscritto dal Regno Unito e garantire in tal modo l'operatività, la solvibilità e il merito di credito della Banca. L'aumento di capitale avviene nella forma di sottoscrizione di ulteriori azioni di capitale a chiamata (comma 1).

 

La relazione illustrativa spiega che, in considerazione della leva finanziaria pari a 2,5 consentita dallo statuto della Banca[6], la perdita del capitale sottoscritto dal Regno Unito (pari a circa 39,2 miliardi di euro, equivalenti a una quota del 16 per cento del capitale totale) farebbe venir meno circa 100 miliardi di attività del portafoglio della BEI. Ciò costringerebbe la Banca a ridurre l'ammontare dei propri prestiti, attualmente pari a circa 65-70 miliardi di euro l'anno. La riduzione dei prestiti potrebbe a sua volta causare il declassamento della Banca da parte delle agenzie di rating.

Per tali motivi, la BEI ha presentato una proposta formale per la sostituzione del capitale da parte dei rimanenti Stati membri in modo da lasciare inalterato il capitale sottoscritto totale.

 

La sottoscrizione dell'aumento di capitale ammonta a 6.885.963.864 euro (comma 2) e comporta un aumento della quota di capitale dell'Italia dal 16,1 al 19,2 per cento.

 

Soltanto il 9 per cento del capitale totale della BEI è stato effettivamente versato dai Paesi membri, mentre la restante quota è rappresentata da capitale a chiamata. Il capitale effettivamente versato dal Regno Unito, pari a circa 3,5 miliardi di euro, verrà sostituito dalla Banca con le proprie riserve[7], mentre gli Stati membri sono chiamati a sottoscrivere la restante quota di capitale a chiamata, pari a circa 35,7 miliardi di euro.

 

La BEI è stata creata nel 1957 con gli articoli 129 e 130 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea (Trattato di Roma).

In base all'articolo 308 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sono membri della BEI gli Stati membri dell'UE, i quali sottoscrivono il capitale necessario a finanziare le operazioni e le attività della Banca e nominano i ministri che siedono nel Consiglio dei governatori a cui spetta la definizione della politica di credito.

Obiettivo della BEI è la promozione di progetti di investimento, specialmente per lo sviluppo delle regioni più arretrate, mediante il ricorso ai mercati finanziari internazionali e alle proprie risorse (articolo 309 del TFUE). Attualmente la Banca finanzia progetti finalizzati alla promozione di innovazione e competenze, piccole e medie imprese, infrastrutture e clima e ambiente.

Il capitale della BEI è detenuto dagli Stati membri dell'Unione europea in proporzione alla quota relativa del prodotto interno lordo di ciascuno di essi al momento dell'accesso. È stato comunque fissato un livello massimo di partecipazione cosicché i quattro paesi di maggiori dimensione economica (Francia, Germania, Italia e Regno Unito) detengono ciascuno la stessa quota. Insieme alla Spagna, questi paesi detengono oltre il 74% del capitale della BEI[8].

Il capitale complessivo della BEI ammonta (dal 1° luglio 2013) a circa 243 miliardi di euro, di cui Francia, Germania, Italia e Regno Unito detengono ciascuno una quota pari a circa 39 miliardi.

 

http://www.eib.org/img/eib_capital_2013_en_72.jpg

Fonte: sito web della BEI

 

Soltanto 21,6 miliardi di euro, pari all'8,9% del capitale sottoscritto, sono stati effettivamente versati. La quota restante è costituita da capitale a chiamata, di cui può essere richiesto il versamento dal Consiglio di amministrazione in caso di necessità. In tal caso gli Stati membri sono obbligati al versamento.

 

Brexit, Regno Unito e BEI

Del capitale della BEI complessivamente sottoscritto dal Regno Unito, soltanto 3,5 miliardi di euro sono stati effettivamente versati, mentre la quota restante è a chiamata. Ai sensi dell'articolo 150, comma 4, dell'accordo di recesso, il capitale versato sarà restituito dalla BEI in 11 rate annuali di 300 milioni di euro a partire dal 15 dicembre 2019, oltre ad una rata finale di 195,9 milioni di euro. L'articolo 150 precisa inoltre che il Regno Unito rimarrà responsabile per le operazioni finanziarie approvate dalla BEI prima dell'entrata in vigore dell'accordo di recesso.

La restituzione del capitale versato appare l'unico pagamento che il Regno Unito percepirà dalla BEI per effetto della Brexit. Secondo un rapporto della sotto-commissione per gli affari finanziari dell'Unione europea della House of Lords del gennaio 2019, la quota di profitti della BEI che spetterebbero al Regno Unito in proporzione al capitale detenuto ammonterebbe a circa 7,6 miliardi di euro.

 

Il comma 3 precisa che la sottoscrizione di capitale di cui al comma 2 non comporta oneri per la finanza pubblica.

 

In base al Sistema europeo dei conti (SEC) 2010 (Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea) le partecipazioni degli Stati membri al capitale versato della Banca europea per gli Investimenti, del Fondo europeo per gli Investimenti e della Banca centrale europea sono registrate nei conti finanziari come «Altre partecipazioni».

La sottoscrizione oggetto dell'emendamento, tuttavia, assume la forma di capitale a chiamata, che rappresenta, in base al Manuale del SEC 2010 sul disavanzo e sul debito (pagina 256 e seguenti) una passività contingente e come tale non viene registrato nel sistema di contabilità nazionale. La registrazione avviene soltanto nel momento in cui il capitale viene chiamato, assumendo la forma di transazione finanziaria o trasferimento di capitale in base alle caratteristiche delle operazioni di prestito dell'istituzione finanziata.


Articolo 19
(Supporto all'attività internazionale)

 

 

L'articolo 19 reca disposizioni per il sostegno all'attività internazionale; segnatamente, i commi 1-3 disciplinano le facoltà assunzionali del MEF connesse alla presidenza italiana del G20 nel 2021 e ai negoziati europei ed internazionali in materia economico-finanziaria e reca le coperture finanziarie per le assunzioni; il comma 4 dispone in materia di riassegnazione delle risorse residue nei conti speciali CEE allo stato di previsione del MEF.

Il presente articolo, al comma 1, autorizza il MEF, per le attività connesse all'assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021, nonché per potenziare le attività a supporto dei negoziati europei e internazionali sui dossier economico-finanziari e nel rispetto della dotazione organica, per il triennio 2019-20121 - in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali - a bandire apposite procedure concorsuali e ad assumere a tempo indeterminato fino a 30 unità di personale di alta professionalità da inquadrare nel profilo di area terza (F3). Le suddette procedure concorsuali sono svolte mediante concorsi pubblici unici (per esami o per titoli ed esami, in relazione a figure professionali omogenee) organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica per il tramite della Commissione Interministeriale per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), (art. 1, comma 300 legge di bilancio 2019). A tali procedure concorsuali si applicano le modalità semplificate da definire con Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione (da adottare entro il 1° marzo 2019) - anche in deroga alla disciplina in materia di modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi (ex D.P.R. 487/1994), di accesso alla qualifica di dirigente (ex D.P.R. 272/2004) e di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione (ex D.P.R. 70/2013) - e vengono effettuate senza il previo svolgimento delle procedure previste in materia di mobilità volontaria (art. 1, comma 360 legge di bilancio 2019).

 

Agli oneri assunzionali - pari ad euro 220.000 per l'anno 2019 (prevedendo l'assunzione a novembre 2019) e euro 1.310.000 annui a decorrere dall'anno 2020 - si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il Pubblico impiego, istituito dalla legge n. 232/2016, da ultimo rifinanziato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), art. 1, comma 298.

 

Si ricorda che il richiamato comma 298 ha provveduto a rifinanziare il Fondo per il pubblico impiego per la parte relativa alle nuove assunzioni a tempo indeterminato presso la P.A rideterminandola nel modo seguente:

§  130,725 milioni di euro per il 2019;

§  328,385 milioni di euro per il 2020;

§  433,913 milioni di euro dal 2021.

 

Il medesimo comma 1 prevede che per tali assunzioni si deroghi al secondo periodo del richiamato comma 298 che prevede che tali assunzioni siano individuate con apposito decreto del Ministro per la P. A. di concerto con il MEF, nonché che si deroghi al comma 344 del medesimo articolo che introduce l’obbligo per le amministrazioni beneficiarie delle risorse del Fondo per il pubblico impiego di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale da assumere ed i relativi oneri.

 

Si ricorda che per l’assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021 la legge di bilancio per il 2019, all'art. 1, comma 586, ha recato l'autorizzazione di spesa per il finanziamento delle attività connesse all’assunzione della presidenza del G20 nel 2021, nonché alla istituzione delle relative strutture di supporto. In dettaglio, il comma 586 ha autorizzato una spesa di 2 milioni di euro per il 2019, di 10 milioni di euro per il 2020, di 26 milioni di euro per il 2021 e di 1 milione di euro per il 2022 per il finanziamento delle attività di carattere logistico-organizzativo diverse dagli interventi infrastrutturali e dall’approntamento del dispositivo di sicurezza. Per lo svolgimento di tali attività è prevista l’istituzione di una “Delegazione per la presidenza italiana del G20” da concludersi entro il 31 dicembre 2022, nonché l’istituzione, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di un gruppo di lavoro per l’elaborazione dei contenuti del programma di tale presidenza in ambito economico-finanziario; del gruppo può fare parte anche personale non appartenente alla pubblica amministrazione. Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sopra richiamata, la Delegazione ed il MEF possono stipulare contratti di consulenza, di lavoro a tempo determinato o di lavoro flessibile.

 

Il comma 2 della norma in commento reca novella al comma 586 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2019 sopprimendone l'ultimo periodo (lettera a) e riproponendone sostanzialmente il testo in un nuovo comma 586-bis (lettera b).

Il comma 3 dispone che agli oneri connessi alla presidenza del G20 per la stipula di contratti di consulenza, di lavoro a tempo determinato o di lavoro flessibile da parte del MEF e della Delegazione per la presidenza italiana del G20, pari a 1.200.000 euro per l'anno 2109, 1.650.500 euro per l'anno 2020 ed euro 1.669.000 per l'anno 2021, si provveda mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 586; pertanto autorizza il MEF ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio con propri decreti.

Il comma 4 reca novella all'art. 2, comma 2 della legge n. 246/2007, portando da 15 milioni di euro al 70% delle risorse residue nei conti speciali CEE il limite massimo di prelievo annuale per la riassegnazione delle disponibilità finanziarie di pertinenza dell'Italia. Tali disponibilità nei conti speciali CEE sono costituite dai rimborsi degli utili netti derivanti dalle operazioni di prestito e di investimento effettuate dalla Banca Europea degli investimenti (BEI) nell'ambito delle Convenzioni di Yaoundé e Lomé nei paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) a valere sul Fondo europeo di sviluppo (FES). La riassegnazione annuale allo stato di previsione del MEF viene utilizzata per finanziare iniziative di cooperazione allo sviluppo di tipo multilaterale e nell'ambito delle Istituzioni finanziarie internazionali (sulle quali il MEF presenta una relazione annuale alle Camere).


 

Capo III (Garanzia cartolarizzazione sofferenze - GACS)

 

Il Capo III del provvedimento in esame (articoli 20-23) consente la prosecuzione delle misure di smaltimento dei crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, tramite la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS), a tal fine utilizzando i meccanismi già disciplinati dal Capo II del decreto-legge n. 18 del 2016, cui sono apportate alcune modifiche.

In estrema sintesi, in analogia alla disciplina del decreto-legge n. 18 del 2016, possono usufruire della garanzia dello Stato solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperti dalla garanzia di Stato.

Le garanzie possono essere chieste dalle banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato al fine di non dar vita ad aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore al rating BBB da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare.

Con la presenza della garanzia pubblica si intende facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze senza impatti sui saldi di finanza pubblica.

Rispetto alla disciplina del 2016:

§  lo schema di garanzia è destinato a durare, in prima battuta, per un tempo più lungo rispetto a quello originariamente previsto dal decreto-legge n. 18 (24 mesi dal parere positivo UE, prorogabili di ulteriori 12, in luogo dei 18 mesi previsti nel 2016. Lo schema di garanzia del 2016 è stato successivamente prorogato nel tempo, previo assenso della Commissione Europea, come si vedrà infra);

§  il prezzo di trasferimento dei crediti in sofferenza cartolarizzati non è più computato al momento della cessione;

§  si prevede che il rating minimo dei crediti eleggibili per la garanzia statale sia più elevato del precedente investment grade, e cioè che tale rating non sia inferiore a BBB o equivalente;

§  sono previste condizioni più stringenti per la tempistica di remunerazione dei titoli cartolarizzati diversi da quelli senior, nonché delle società che prestano i servizi connessi alle operazioni di cartolarizzazione. La tempistica della remunerazione viene legata al raggiungimento di determinati livelli di incasso;

§  è modificata la disciplina del corrispettivo della garanzia statale, sia mediante l’aggiornamento della composizione dei panieri di titoli presi in considerazione per il calcolo del prezzo, sia mediante l’innalzamento delle percentuali di maggiorazione del prezzo legate al trascorrere del tempo.

 

Le GACS nel decreto-legge n. 18 del 2016

 

Il richiamato decreto-legge n. 18 del 2016 ha recepito l’accordo, raggiunto con la Commissione Europea, sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

La presenza della garanzia pubblica è stata intesa a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo. In estrema sintesi, oggetto della garanzia dello Stato sono le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperti dalla garanzie di Stato. Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea al fine di non dar vita ad aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare.

La Garanzia è stata successivamente prolungata nel tempo: una prima proroga è stata concessa dalla Commissione UE il 6 settembre 2017, per 12 mesi (prolungamento disposto in concreto dal decreto MEF del 21 novembre 2017); la seconda proroga è stata concessa dalla Commissione europea con la decisione n. C(2018) 5749 final del 31 agosto 2018 ed ha disposto che lo schema di garanzia fosse esteso sino al 6 marzo 2019.

Per l’intervento della GACS è stato istituito un apposito Fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze con una dotazione di 120 milioni di euro per l’anno 2016, ulteriormente alimentato dai corrispettivi annui delle garanzie di volta in volta concesse; la gestione del Fondo è stata affidata a Consap con il decreto attuativo del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2016.

Si rammenta che il legislatore è intervenuto anche sul versante della disciplina delle cartolarizzazioni per dare slancio al mercato secondario dei crediti deteriorati. Il decreto-legge n. 50 del 2017 ha introdotto alcune novità nella legge n. 130 del 1999 sulla cartolarizzazione dei crediti, volte a facilitare la cartolarizzazione di crediti deteriorati originati da banche e da intermediari finanziari, mediante la rimozione o l’attenuazione dei vincoli alla concessione di nuova finanza a debitori in difficoltà, rendendo più efficiente il processo di recupero degli NPL. Anche la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) è intervenuta sulla disciplina delle cartolarizzazioni, allo scopo di estenderne l’applicazione e di finalizzarla alla concessione di finanziamenti alle imprese (si veda per dettagli la scheda dell’articolo 20); inoltre il medesimo provvedimento ha fornito sostegno alla cessione dei crediti deteriorati anche mediante l’introduzione di disposizioni transitorie relative all'attuazione del principio contabile IFRS 9, volte a ripartire nel tempo l'impatto sul capitale degli accantonamenti aggiuntivi per perdite sui crediti deteriorati.

 

Gestione dei crediti deteriorati e utilizzo delle GACS: i dati disponibili

 

Con riferimento alla gestione dei crediti deteriorati la Commissione UE, nella Relazione per paese relativa all’Italia 2018 (del 7 marzo 2018), ha rilevato un limitato utilizzo della GACS da parte delle banche nella prima fase, dal momento che le prime garanzie statali sul segmento senior di una società veicolo per la cartolarizzazione dei crediti deteriorati sono state concesse solo all’inizio del 2017. Ha inoltre rilevato che soprattutto le banche di grandi e medie dimensioni hanno manifestato interesse nei confronti della GACS o hanno compiuto i primi passi per avvalersene. A parere della Commissione UE, tuttavia, la GACS non ha rappresentato la soluzione valida per tutti i problemi dei crediti deteriorati accumulati in passato, per una serie di motivi: i) la mancanza di dati dettagliati sul portafoglio di crediti, in particolare per quanto riguarda le banche più piccole, ha rallentato le operazioni GACS, compresa la valutazione del merito di credito da parte delle agenzie di rating; ii) il fatto che alcune banche sono state restie ad assumersi i costi iniziali connessi al miglioramento della qualità dei dati sui crediti deteriorati e all’organizzazione del servizio dei crediti deteriorati per poter partecipare alla GACS; iii) la circostanza che alcuni portafogli di crediti, di scarsa qualità o costituiti da stock di crediti deteriorati più vecchi, spesso non sono cartolarizzati in vista della domanda di GACS. L’eliminazione dei crediti deteriorati ha poi preso slancio nel 2017, con un mercato secondario delle attività deteriorate più dinamico rispetto al passato, per effetto della ripresa economica, della pressione esercitata dalla vigilanza sulle banche affinché accelerassero il ritmo di risoluzione dei crediti deteriorati (attraverso gli orientamenti della BCE in materia di crediti deteriorati e gli obiettivi quantitativi per ciascuna banca fissati dall’autorità di vigilanza) nonché del regime di garanzia GACS.

La Commissione ha raccomandato all'Italia, per accelerare la risoluzione dei crediti deteriorati, la risoluzione di diverse criticità, tra cui le seguenti:

§  la lentezza del sistema giudiziario nelle procedure di insolvenza ed escussione delle garanzie;

§  il vincolo importante rappresentato dal servizio dei crediti deteriorati ai fini di una loro eliminazione più rapida, a causa del numero ridotto di gestori esterni e del capitale umano;

§  la possibile cautela delle banche riguardo a un ritmo più veloce di riduzione dei crediti deteriorati dati gli effetti avversi sugli accantonamenti e sulle riserve di capitale nonché sui prezzi dei crediti deteriorati;

§  il problema della qualità dei dati sui crediti deteriorati, in particolare per le banche più piccole.

 

La Commissione Europea, nell’ultima decisione di proroga della garanzia (decisione C(2018) 6749 final) ha reso noti i dettagli dell’utilizzo della garanzia fino alla data del 31 agosto 2018.

Complessivamente, nei primi due anni di operatività dei GACS (10 febbraio 2016 – 6 marzo 2018) vi sono stati cinque interventi, richiesti da quattro diverse banche, che hanno consentito di rimuovere complessivamente 8,5 miliardi di sofferenze (calcolate al GBV – gross book value, ossia valore dei prestiti al lordo delle rettifiche) dal sistema bancario italiano.

Lo schema di garanzia ha dunque significativamente contribuito, rileva la Commissione, alla riduzione netta totale dello stock di sofferenze, che nel periodo di riferimento è stata di circa 30 miliardi (dai 144 miliardi presenti alla fine di gennaio 2016 ai 114 miliardi presenti alla fine del febbraio 2018, sempre computati al GBV).

Nei primi diciotto mesi di operatività le banche che hanno chiesto l’accesso alle GACS sono state Banca Popolare di Bari S.c.p.A., Banca Carige S.p.A. e Credito Valtellinese S.p.A.

Banca Popolare di Bari ha trasferito non-performing loans (con un GBV di 480 milioni di euro, 148,3 al netto delle rettifiche – net book value o NBV) a una società veicolo, per un valore di trasferimento pari a 148.2 milioni di euro.

Il 5 ottobre 2016 la Banca Popolare di Bari ha chiesto la garanzia dello Stato con riferimento alla tranche di titoli senior, per conto della società veicolo, per un ammontare pari a 126,5 milioni di euro; il 24 ottobre del medesimo anno, i titoli mezzanine e junior sono stati venduti a un investitore privato. Il 25 gennaio 2017 l’istituto è stato ammesso alla garanzia.

Banca Carige S.p.A. ha trasferito NPL (per un GBV di 938,3 milioni di euro, 375,3 milioni al netto delle rettifiche) a una società veicolo per un valore di trasferimento pari a 309,7 milioni. Il 7 luglio 2017 Banca Carige S.p.A. ha richiesto la garanzia statale per una tranche di titoli senior di valore pari a 267,4 milioni. Una volta vendute le tranche junior e mezzanine a un investitore privato, Banca Carige S.p.A. nel mese di agosto 2017 ha avuto accesso alla garanzia statale.

Credito Valtellinese S.p.A. ha trasferito NPL (GBV 1,4 miliardi di euro, 531,1 milioni al netto delle rettifiche) a una società veicolo per un prezzo di trasferimento pari a 516,4 milioni di euro. Il 18 luglio 2017, l’istituto ha richiesto di accedere alla garanzia statale con riferimento ad una tranche senior di valore pari a 464 milioni di euro. Il 17 luglio 2017, Credito Valtellinese S.p.A. ha venduto le tranche junior e mezzanine a un privato e l’11 agosto 2017 è stata autorizzata alle GACS.

Nei primi sei mesi di prolungamento dello schema, due banche, ovvero Banca Unicredit S.p.A e Banca Popolare di Bari S.c.p.A., hanno avuto accesso alle garanzie.

Unicredit ha trasferito NPL (GBV pari a 5.374,1 milioni di euro, 890.2 milioni al netto delle rettifiche) ad una società veicolo al valore di 794,3 milioni di euro. Il 23 novembre 2017, Unicredit S.p.A. ha chiesto di accedere alle GACS per una tranche senior pari a 650 milioni di euro. Il 31 luglio 2017 Unicredit S.p.A. ha venduto il 50,1 per cento dei titoli junior e mezzanine della società veicolo a un investitore privato ed è stata ammessa allo schema di garanzia il 20 dicembre 2017. La Banca Popolare di Bari ha trasferito NPL (GBV e NBV rispettivamente di 312,9 milioni e 102,4 milioni) a una società veicolo per un valore di 102,4 milioni di euro. La richiesta dell’accesso alla garanzia è stata effettuata il 4 dicembre 2017 con riferimento ad una tranche senior di valore pari a 80,9 milioni di euro. Il 12 dicembre 2017, Banca Popolare di Bari S.c.p.A. ha venduto i titoli junior e mezzanine ad un privato ed è stata ammessa allo schema GACS il giorno 11 gennaio 2018.

 

La Nota di aggiornamento al DEF 2018 (settembre 2018) aveva preannunciato l’intento del Governo di valutare l’introduzione di una nuova normativa relativa alle GACS, verificando anche la fattibilità tecnica dell’estensione alle cartolarizzazioni dei crediti classificati come inadempienze probabili. Aveva inoltre manifestato la volontà di iniziare l’interlocuzione con la Commissione Europea nell’ultimo trimestre 2018, al fine di concordare le caratteristiche del meccanismo, per evitare la qualificazione come misura di aiuto di Stato.

 

Con riferimento ai non-performing loans, ovvero ai crediti deteriorati delle Banche, la Banca d’Italia nel mese di ottobre 2018 ha fornito alcuni dati informativi sullo stato dell’arte.

In primo luogo, è stato rilevato come il rapporto tra la consistenza degli NPL al lordo delle rettifiche e i prestiti abbia raggiunto un massimo nel 2015 e abbia successivamente iniziato a calare. In base agli ultimi dati, relativi a giugno 2018, l’NPL ratio lordo delle banche italiane era pari al 10,2 per cento, contro il 16,5 alla fine del 2015. I corrispondenti valori al netto delle rettifiche erano 5,0 e 9,8 per 4 cento, rispettivamente.

Il calo dello stock di NPL, a parere dell’Autorità, è stato riconducibile a diversi fattori: miglioramento congiunturale, facilitato anche dal quadro normativo più recente (riforme delle procedure concorsuali e della crisi d’impresa, mercato degli NPL, cartolarizzazioni); miglioramento della qualità delle basi dati analitiche sottostanti i portafogli, essenziale ai fini sia della cessione sia della gestione di tali attivi; mutamenti strutturali del mercato, con particolare riferimento al fenomeno delle banche che hanno deciso di specializzarsi in questo segmento; più avanzate tecniche di mercato, con una crescita delle cartolarizzazioni e delle connesse operazioni di trasferimento significativo del rischio (cessione del portafoglio di crediti e contestuale collocazione sul mercato di piattaforme a cui le banche cedono risorse umane e affidano la gestione degli NPL, e in cui talvolta mantengono una partecipazione).

 

Dai dati di stock diffusi da DBRS lo scorso 20 marzo si rileva che nel 2018 vi sono state 14 operazioni di cartolarizzazione assistite dalle GACS.

Le operazioni totali dal 2016 sono state 21, di cui due nel 2019.

Vi è stata solo un’operazione di cartolarizzazione che non si è avvalsa di garanzie. In totale, le GACS hanno coadiuvato le banche italiane nel rimuovere dai propri bilanci NPL per oltre 62 miliardi (GBV, gross book value, valore dei prestiti al lordo delle rettifiche).


L’intervento pubblico nel settore bancario e la disciplina degli aiuti di Stato

 

Come anticipato nel paragrafo precedente, le misure adottate nel 2016 in materia di GACS hanno recepito l’accordo raggiunto in sede europea sull’adozione di meccanismi atti a smaltire i crediti deteriorati dei bilanci bancari. Al riguardo, nel comunicato stampa del 10 febbraio 2016 la Commissione UE aveva esplicitamente chiarito che le misure adottate dall’Italia in termini di crediti in sofferenza sono esenti da aiuti di Stato ai sensi della normativa UE.

La Commissione ha riconosciuto, in particolare, che lo schema di garanzia adottato dalle autorità italiane prevede che lo Stato sia remunerato a condizioni di mercato per il rischio assunto sulle sofferenze cartolarizzate.

In sintesi, a parere della Commissione ciò è garantito dai seguenti elementi:

§  il rischio per lo Stato italiano è limitato, dal momento che lo schema di garanzia si applica alla sola tranche di titoli senior, anche grazie - come si vedrà in seguito - alla previsione di un giudizio espresso da un’agenzia di rating approvata dalla BCE;

§  la distribuzione del rischio derivante dai titoli, nonché la predisposizione delle società di cartolarizzazione, verranno testati e confermati dal mercato prima che lo Stato si assuma i relativi rischi; la garanzia dello Stato sarà efficace solo nel caso in cui più della metà dei titoli junior, non coperti da garanzia, sia venduta efficacemente sul mercato;

§  in terzo luogo, la remunerazione dello Stato per l’offerta di garanzia è stabilita in linea con il mercato, in quanto commisurata ad un paniere di credit default swaps e commisurata al livello ed alla durata del rischio assunto dallo Stato medesimo.

 

Più in generale, con riferimento all’intervento pubblico a tutela della tenuta del sistema bancario, occorre in questa sede ricordare che la crisi economica e finanziaria globale, che ha avuto il suo epicentro fra il 2007 e il 2009 ed effetti rilevanti e duraturi sul sistema economico, ha messo in evidenza la necessità di riformare la regolazione e la vigilanza sul settore bancario, rafforzando la cooperazione fra autorità di settore competenti a livello nazionale e il loro coordinamento a livello europeo.

È stato dunque avviato un percorso, ancora in atto, per la costituzione di una Unione bancaria europea, caratterizzata da un sistema di regole armonizzate (cd. single rulebook); un modello di vigilanza unitario e sussidiario, in cui la supervisione degli istituti più rilevanti in termini di attività creditizie viene esercitata a livello europeo, con la cooperazione delle autorità nazionali (Single Supervisory Mechanism - SSM); procedure armonizzate per risolvere le crisi bancarie stabilite dal regolamento (UE) n. 806/2014, volte a preservare, ove possibile, la continuità delle funzioni aziendali (Single Resolution Mechanism - SRM), che mira inoltre a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. bail-in). Queste misure sono completate da uno strumento di tutela diretta dei depositanti rappresentato dall'armonizzazione dei sistemi di garanzia dei depositi istituiti presso i Paesi membri, con riferimento ai livelli di copertura, ai tempi e alle modalità dei rimborsi, alle modalità di contribuzione e al ruolo dei fondi nelle procedure di crisi. Tale regime armonizzato costituisce il prodromo di un vero e proprio sistema europeo di assicurazione dei depositi, la cui istituzione è stata proposta dalla Commissione europea ed è al momento in fase di discussione.

Nel contesto del decreto in esame, è utile richiamare anche la normativa introdotta dalla direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD), che istituisce un quadro più ampio rispetto al regolamento (UE) n. 806/2014.

La BRRD si basa sull'identificazione precoce delle situazioni di critiche. Già durante la fase di normale operatività della banca, si prevede la predisposizione di piani di risanamento, che devono essere approvati dall'autorità di supervisione, dove vengono indicate le misure da attuare ai primi segni di deterioramento delle condizioni dell'intermediario finanziario. La direttiva mette, inoltre, a disposizione delle autorità di supervisione strumenti di intervento tempestivo che integrano le tradizionali misure prudenziali e sono graduati in funzione della problematicità dell’intermediario: nei casi più gravi, è possibile disporre la rimozione dell’intero organo di amministrazione e dell’alta dirigenza e, se ciò non basta, nominare uno o più amministratori temporanei.

L’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), della BRRD, individua anche alcuni strumenti diretti di intervento da parte dello Stato membro, che possono essere utilizzati per risolvere una crisi, senza essere considerati indici dello stato di dissesto:

§  la garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalle banche centrali;

§  la garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione;

§  la sottoscrizione di strumenti di capitale nell’ammontare necessario a fare fronte a carenze di capitale evidenziate in prove di stress o di verifica della qualità degli attivi, poste in essere dalle autorità competenti.

Tali misure, di carattere straordinario e temporaneo, devono essere conformi al quadro normativo dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato.

 

Con particolare riferimento alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato nel settore bancario, il 10 luglio 2013 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato in favore delle banche nel contesto della crisi finanziaria. La comunicazione, che ha modificato dal 1° agosto 2013 il quadro regolamentare introdotto con la precedente comunicazione del 6 dicembre 2011, ha introdotto alcune novità: prima di ricevere il sostegno pubblico, la banca deve presentare un piano di ristrutturazione; il sostegno pubblico deve essere preceduto dal contributo di azionisti e creditori junior; nella fase di ristrutturazione, la banca deve applicare rigorose politiche di remunerazione dei dirigenti.

In particolare, si prevede che, quanto alle misure di ricapitalizzazione,

§  in caso di carenza di capitale, (anche accertata mediante stress test o asset quality review) la banca che voglia beneficiare del sostegno pubblico attui, in primo luogo, un piano di rafforzamento patrimoniale mediante misure di mercato (approvato dall'autorità di vigilanza) della durata massima di sei mesi;

§  a fronte di un eventuale fabbisogno residuo di capitale, siano imposte ad azionisti e creditori subordinati misure di condivisione delle perdite (c.d. burden sharing) consistenti nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni; in ogni caso, è fatto salvo il principio secondo cui a nessun creditore subordinato possono essere imposte perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbe subito in caso di liquidazione (cd. principio del no creditor worse off);

§  si possa evitare l'imposizione di tali misure qualora esse mettano in pericolo la stabilità finanziaria o determinino risultati sproporzionati;

§  la banca possa ricevere sostegno pubblico per far fronte a eventuali esigenze di capitale residue solo dopo l'attuazione delle misure sopra descritte;

Con riferimento alle misure di liquidità:

§  è possibile prevedere un regime applicabile a tutte le banche che ne facciano richiesta, purché l'accesso sia limitato alle banche che non presentino carenze di capitale, o in alternativa misure su base individuale aperte anche a banche che presentino una carenza di capitale, con l'obbligo di presentare un piano di ristrutturazione entro due mesi dalla concessione della garanzia;

§  le garanzie possono essere concesse solo su passività non subordinate di nuova emissione, con scadenze non superiori a cinque anni e con limiti quantitativi quanto a quelle con scadenze superiori a tre anni;

§  la remunerazione deve essere in linea con quanto previsto dalla cosiddetta Comunicazione di proroga, Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione, dal 1° gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (2011/C 356/02).

 

Da ultimo si ricorda che con la sentenza del 19 marzo 2019, il Tribunale di primo grado dell'Unione Europea (cause riunite T-9816, T-19616, T-19816, Repubblica italiana c/ Commissione) ha stabilito che l'intervento di sostegno da parte del FITD - Fondo interbancario a tutela dei depositi nell'operazione di acquisto di TERCAS da parte della Banca popolare di Bari non costituisce aiuto di stato vietato ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea - TFUE.

In particolare, il Tribunale ha constatato che il FITD è un'istituzione privata consortile, cui partecipano diversi enti creditizi, dotato di propri organi decisionali che agiscono in modo indipendente, salve le autorizzazioni della Banca d'Italia previste dalla legge; che la decisione del FITD è stata adottata all'unanimità nell'ambito degli organi deliberanti, in cui erano presenti esponenti delle banche consorziate, e che il dialogo e le interlocuzioni intervenute tra il FITD e la Banca d'Italia costituivano aspetti di fisiologico contatto tra un'Autorità di vigilanza e gli enti vigilati i quali, di per sé, non erano rivelatori dell'imputabilità della decisione a un pubblico potere tali da configurare un aiuto di stato vietato dal TFUE.

Si rinvia all’approfondimento per ulteriori informazioni.

 

 

 

 


Articolo 20
(Garanzia cartolarizzazione sofferenze)

 

1. Il Ministro dell'economia e delle finanze, per ventiquattro mesi dalla data della positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia dello Stato di cui al presente Capo, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione di cui all'articolo 1 della legge 30 aprile 1999, n. 130, a fronte della cessione da parte di banche e di intermediari finanziari iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, di seguito denominati "società cedenti", aventi sede legale in Italia, di crediti pecuniari, compresi i crediti derivanti da contratti di leasing, classificati come sofferenze, nel rispetto dei criteri e delle condizioni indicati nel Capo II del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016 n. 49, come modificato dal presente decreto.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze può, con proprio decreto, prorogare il periodo di cui al comma 1 per ulteriori dodici mesi, previa approvazione da parte della Commissione europea. 

3. Il Ministero dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data della positiva decisione della Commissione europea di cui al comma 1, incarica, anche avvalendosi  del  soggetto  previsto dall'articolo 13 del decreto-legge n. 18 del 2016, uno o più soggetti qualificati indipendenti,  indicati  dalla  Commissione europea, per il monitoraggio della conformità' del rilascio della garanzia a quanto previsto nel presente capo e nella decisione della Commissione europea. Ai relativi oneri si provvede, nel limite massimo complessivo di euro 150.000 (centocinquantamila/00) per ciascuno degli anni dal 2019 al 2022 a valere sulle risorse di cui all'articolo 24.

 

L’articolo 20 del provvedimento – riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’articolo 3 del decreto-legge n. 18 del 2016 - definisce l’ambito di applicazione delle GACS: la misura consiste nella concessione della garanzia statale su titoli cartolarizzati, aventi come sottostanti i crediti in sofferenza delle banche e degli intermediari con sede in Italia. La misura è temporanea, destinata cioè a operare per ventiquattro mesi dalla data della positiva decisione della Commissione UE, prorogabili per altri dodici mesi, previo parere positivo delle autorità europee.

 

In particolare, al comma 1 si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze, per ventiquattro mesi dalla data della positiva decisione della Commissione UE, a concedere la garanzia statale sulle passività emesse nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione (di cui all’articolo 1 della disciplina sulle cartolarizzazioni, contenuta nella legge n. 130 del 1999) aventi come sottostante crediti classificati come sofferenze, compresi i crediti derivanti da contratti di leasing, di banche e intermediari finanziari (iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del Testo Unico Bancario) aventi sede in Italia. Tali soggetti rivestono, nell’ambito dell’operazione di cartolarizzazione, il ruolo di società cedenti.

 

L’operazione avviene nel rispetto dei criteri e delle condizioni indicati nel Capo II del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18 – per la cui illustrazione si rinvia alla premessa del Capo III – come modificato dall’articolo 21 del provvedimento in esame.

 

Le cartolarizzazioni

 

La legge 30 aprile 1999 n. 130 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina generale e organica in materia di operazioni di cartolarizzazione di crediti, consentendone la realizzazione attraverso società di diritto italiano appositamente costituite. Le cartolarizzazioni sono operazioni finanziarie complesse, caratterizzate dalla presenza di più negozi giuridici tra loro collegati, mediante i quali portafogli di crediti (derivanti, ad esempio, da mutui o altre forme di impiego) vengono selezionati e aggregati per costituire un supporto finanziario a garanzia di titoli (titoli obbligazionari denominati asset backed securities - ABS) che poi vengono collocati nel mercato dei capitali. In sostanza, la cartolarizzazione è un processo attraverso il quale una o più attività finanziarie indivise ed illiquide, in grado di generare dei flussi di cassa, vengono trasformate in attività divise e vendibili (gli ABS).

In estrema sintesi, nel modello accolto dalla legge n. 130 del 1999 l'operazione si realizza attraverso la cessione di crediti da parte del creditore cedente ad altro soggetto, denominato società veicolo o Special purpose vehicle (SPV.), appositamente costituito e avente per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti (cfr. articolo 3, comma 1, della legge n. 130 del 1999). La società veicolo a sua volta provvede all'emissione dei titoli destinati alla circolazione per finanziare l'acquisto dei crediti dal cedente (c.d. originator) e, successivamente, al recupero dei crediti acquistati e al rimborso dei titoli emessi. La società veicolo diventa dunque cessionaria dei crediti ed emette, a fronte di essi, titoli negoziabili. Di conseguenza, la funzione principale dell'SPV è quella di rendere concreta la fuoriuscita di attivi patrimoniali dal bilancio dell'originator e di realizzare l'operazione attraverso la segregazione degli stessi attivi in apposito patrimonio separato. Il flusso di liquidità che l'incasso dei crediti è in grado di generare è dunque funzionale in via esclusiva - insieme alle garanzie collaterali che assistono l'operazione - al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell'operazione. In sostanza dunque lo scopo dell’operazione di securitization è di cedere i flussi di cassa futuri, derivanti dal portafoglio di attività di un’impresa, ad un soggetto specializzato che provvede a presentarli sul mercato: in questo modo si spostano i flussi finanziari dal mercato del credito al mercato dei capitali.

Per quanto riguarda le banche, si pensi ad esempio alle attività relative ai prestiti immobiliari; se la banca decide di cartolarizzare tali attività, allora emette dei titoli che hanno come garanzia quei mutui, destinati ad essere venduti a investitori privati o istituzionali. Nella sostanza, la banca cede l'insieme dei suoi mutui alla SPV, istituita ad hoc, che quale emette delle obbligazioni (nel caso specifico dei mutui Mortgage Backed Securities) da collocare presso gli investitori, utilizzando il ricavato della vendita delle obbligazioni per acquistare i mutui stessi In tal modo il rischio viene trasferito ai sottoscrittori finali delle obbligazioni, in quanto il rimborso degli interessi che maturano e del capitale a scadenza collegato alle obbligazioni è strettamente dipendente dalla effettiva riscossione delle rate dei mutui stessi. I pagamenti destinati agli investitori in titoli cartolarizzati dipendono esclusivamente dai flussi di cassa prodotti dai crediti ceduti.

Il decreto-legge n. 145 del 2013 (articolo 12, comma 1) ha effettuato una complessiva riforma della disciplina delle cartolarizzazioni, tra l’altro estendendo la disciplina anche alle operazioni aventi ad oggetto cambiali finanziarie, obbligazioni, e titoli similari sottoscritti dalle cosiddette “società veicolo”; applicando la regola della segregazione patrimoniale anche all’eventuale fallimento del soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento (cd. servicer e subservicer) e della banca sulla quale la società di cartolarizzazione mantiene i propri depositi. Le norme hanno poi apportato semplificazioni alla disciplina della cartolarizzazione dei crediti d’impresa e della cessione di crediti verso la PA. Al fine di incentivare l’investimento di fondi pensione e compagnie assicurative in titoli obbligazionari, si consente di computare tra gli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione i titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l'acquisto di obbligazioni e titoli similari, anche se non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche privi di rating. Inoltre le cambiali finanziarie, le obbligazioni e i titoli similari ed altre tipologie di attivi creditizi (in particolare i crediti alle PMI) sono stati qualificati come idonea garanzia di obbligazioni bancarie collateralizzate.

Per sostenere il mercato secondario dei crediti deteriorati, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha modificato la legge n. 130 del 1999 con l’obiettivo di facilitare la cartolarizzazione di crediti deteriorati originati da banche e da intermediari finanziari, mediante la rimozione o l’attenuazione dei vincoli alla concessione di nuova finanza a debitori in difficoltà, rendendo più efficiente il processo di recupero degli NPL.

La legge di bilancio 2019 (commi 1088 e 1089 della legge n, 145 del 2018) è ulteriormente intervenuta sulla disciplina delle cartolarizzazioni, specificando che essa è applicabile alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l'erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli, qualora tali operazioni abbiano per effetto il trasferimento del rischio sui crediti. La disciplina delle cartolarizzazioni è stata estesa anche alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi che derivano dalla titolarità di immobili, beni mobili registrati, nonché diritti reali o personali aventi ad oggetto i citati beni.

Si segnala infine l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2017/2402, che stabilisce un nuovo quadro normativo europeo per le cartolarizzazioni, allo scopo di favorire la diversificazione delle fonti di finanziamento e una migliore allocazione del rischio all’interno del sistema finanziario. Viene introdotta una disciplina uniforme avente caratteristiche di semplicità, trasparenza e standardizzazione (cd. cartolarizzazioni STS). Il regolamento definisce compiutamente e in modo uniforme l’operazione di cartolarizzazione e i vari obblighi a carico degli emittenti, nonché gli obblighi di due diligence per gli investitori istituzionali; il regolamento reca inoltre specifiche norme sul contenimento del rischio e sulla trasparenza. I nuovi requisiti delle operazioni comprendono strumenti per la reportistica e la raccolta dei dati sulle operazioni mediante apposito repertorio

Le norme UE si applicano alle cartolarizzazioni i cui titoli sono emessi dal 1° gennaio 2019.

In estrema sintesi, dopo le norme generali (articoli 1-4), la prima parte del Regolamento (articoli 5-9) reca la disciplina applicabile a tutte le cartolarizzazioni; sono poi dettagliati le condizioni e le procedure di registrazione dei repertori di dati sulle cartolarizzazioni (articoli 10-17), il quadro comune per le cartolarizzazioni classificate come STS - semplici, trasparenti e standardizzate (articoli 18-28) e, infine, le norme di vigilanza (articolo 37). Il regolamento si conclude alcune novelle e con le norme di chiusura (articoli 38-48).

 

Nel dettaglio, ai sensi delle norme in esame (analogamente al decreto-legge n. 18 del 2016) la garanzia viene concessa per operazioni di cartolarizzazione a fronte della cessione, da parte delle banche e degli intermediari finanziari con sede in Italia, di crediti pecuniari - ivi compresi quelli derivanti da contratti di leasing - che siano qualificati come sofferenze.

 

Le definizioni di crediti deteriorati adottate dalla Banca d'Italia sono quelle armonizzate a livello del Meccanismo Unico di Sorveglianza – Single Supervisory Mechanism, che riflettono i criteri pubblicati dall'Autorità bancaria europea (EBA). Il recepimento della definizione armonizzata dell'EBA non ha determinato discontinuità nell'aggregato, in quanto essa è risultata sostanzialmente allineata alla nozione utilizzata in Italia (Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 2 - 2014, pag. 28). L’Autorità ritiene necessario tuttavia preservare nelle statistiche italiane un maggiore dettaglio e la continuità delle serie storiche relative alle sottocategorie utilizzate in precedenza, per evidenziare il sottoinsieme di crediti deteriorati (le sofferenze) derivanti da situazioni di maggiore gravità. Le tre vigenti sottoclassi di crediti deteriorati sono le "sofferenze", le "inadempienze probabili", le "esposizioni scadute e/o sconfinanti" (si veda Circolare 272).

In particolare:

§  le sofferenze sono esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;

§  le inadempienze probabili sono esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze) per le quali la banca valuta improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l'escussione delle garanzie, che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali;

§  le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate sono esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.

 

Il comma 2 consente al MEF di estendere per altri dodici mesi, con proprio decreto, il periodo di tempo nel quale può essere concessa detta garanzia, previa approvazione da parte della Commissione UE.

 

Il comma 3 stabilisce che, ove la Commissione UE adotti una decisione positiva sulle misure di concessione di garanzia in commento, il MEF, anche avvalendosi di CONSAP (cui è stata affidata la gestione del fondo GACS, in ottemperanza all’articolo 13 decreto-legge n. 18 del 2016) incarichi uno o più soggetti qualificati e indipendenti per l’effettuazione di un duplice monitoraggio, avente ad oggetto la conformità del rilascio della garanzia sia alle disposizioni di legge, sia alla predetta decisione della Commissione UE.

Gli oneri conseguenti, quantificati in 150.000 euro per gli anni 2019-2022, sono a carico delle risorse stanziate ad hoc dal provvedimento in esame, e cioè a carico dell’esistente Fondo GACS, che viene appositamente rifinanziato (si veda la scheda di lettura dell’articolo 23 del provvedimento in esame).


Articolo 21
(Modifiche al decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49)

 

L’articolo 21 apporta numerose modifiche alla disciplina delle GACS contenuta nel decreto-legge n- 18 del 2016.

In sintesi:

§  si interviene sul momento in cui è calcolato il corrispettivo di trasferimento dei crediti cartolarizzati;

§  si prevede, a specifiche condizioni, che il soggetto incaricato della riscossione dei crediti cartolarizzati possa essere sostituito;

§  si eleva la misura del rating minimo necessario perché i titoli senior accedano alla garanzia statale;

§  sono maggiormente dettagliate le condizioni alle quali è consentito il pagamento degli interessi dei titoli cd. mezzanine e delle remunerazioni al cd. servicer, in modo da ancorare tali emolumenti alla tempistica degli incassi delle operazioni di cartolarizzazione;

§  viene modificata la disciplina del corrispettivo della garanzia statale, anche a seguito di specifiche indicazioni della Commissione UE;

§  si chiarisce che le suddette modifiche sono applicabili alle garanzie di nuova concessione, successivamente alla data del 6 marzo 2019.

 

Per comodità espositiva, le modifiche vengono riportate nei paragrafi seguenti, suddivise secondo l’argomento.

 

Corrispettivo del trasferimento dei crediti cartolarizzati

Il comma 1 dell’articolo 21 modifica l’articolo 4, comma 1 del decreto-legge n. 18, che concerne le modalità dell’operazione di cartolarizzazione delle sofferenze e, in particolare, novella le modalità di calcolo del corrispettivo di trasferimento dei crediti cartolarizzati alla società cessionaria.

 

Ai sensi del vigente articolo 4 del decreto-legge n. 18 del 2016 si prevede che:

§  i crediti da cedere siano trasferiti alla società cessionaria per un importo non superiore al valore contabile netto alla data della cessione (e cioè il valore lordo al netto delle rettifiche);

§  l’operazione ha come esito l’emissione di almeno due classi di titoli, in ragione del grado di subordinazione nell’assorbimento delle perdite (dunque almeno una classe senior ed una junior);

§  si distingue in particolare la classe più subordinata, la cd. junior, che non ha diritto a ricevere il rimborso del capitale, il pagamento degli interessi o altra forma di remunerazione fino al completo rimborso del capitale dei titoli delle altre classi;

§  è possibile emettere una o più classi di titoli, cd. mezzanine, che sono postergate, con riferimento alla corresponsione degli interessi, alla corresponsione degli interessi dovute alla classe di titoli cd. senior;

§  si consente di stipulare contratti di copertura finanziaria con controparti di mercato, per ridurre il rischio derivante da asimmetrie tra i tassi di interesse applicati su attività e passività;

§  si consente di prevedere l’attivazione di una linea di credito, per un ammontare sufficiente a mantenere il livello minimo di flessibilità finanziaria coerente con il merito di credito dei titoli senior, per gestire il rischio di eventuali disallineamenti tra i fondi rinvenienti da incassi e recuperi relativi ai crediti ceduti e i fondi necessari per pagare gli interessi sui titoli cartolarizzati. La gestione del disallineamento concerne gli interessi sui soli titoli senior.

 

Le norme in commento (comma 1, lettera a), che modifica l’articolo 4, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 18 del 2016) mantengono fermo il fatto che i crediti oggetto di cessione siano trasferiti alla società cessionaria per un importo non superiore al loro valore contabile netto, ossia il valore lordo dei crediti al netto delle rettifiche.

Tuttavia, per effetto delle norme in esame, tale valore non è più quello stabilito alla data della cessione.

Al riguardo il Governo, nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione, ha riferito di ritenere opportuno eliminare il riferimento alla data della cessione, in quanto esso “non ha alcun effetto pratico”. 

Si rileva che tuttavia, alla luce della modifica, non appare chiaro in quale momento debba essere stabilito il valore contabile netto delle sofferenze cartolarizzate. In assenza di ulteriori precisazioni, andrebbe chiarito se tale valore è quello fissato nel bilancio societario o in altro documento contabile.

 

Sono inoltre aggiunte due lettere al comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 18 del 2016 (articolo 21, comma 1, lettera b)) e, in particolare:

§  con la nuova lettera f-bis) si chiarisce che deve essere disposta la sostituzione del soggetto incaricato della riscossione dei crediti, successivamente alla escussione della garanzia, ove il rapporto tra gli incassi netti cumulati e gli incassi netti attesi in base al piano di recupero vagliato dall’agenzia esterna di valutazione del merito di credito (incaricata di dare un rating alle sofferenze cartolarizzate, ai sensi dell’articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 18), risulti inferiore al 100 per cento per due date consecutive di pagamento degli interessi, ivi inclusa la data rilevante per la suddetta escussione;

§  con la nuova lettera f-ter) si chiarisce che, nel caso di sostituzione, nessuna penale o indennizzo sono dovuti al soggetto sostituito e il medesimo ha l’obbligo di collaborare in buona fede al fine di consentire la rapida ed efficace sostituzione; la società cessionaria dà evidenza di aver adottato idonee procedure che consentano una rapida ed efficace sostituzione; il nuovo soggetto incaricato della riscossione non può essere collegato al soggetto sostituito.

 

Rating dei titoli eleggibili alla garanzia dello Stato

Il comma 2 dell’articolo 21 apporta modifiche all’articolo 5 del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18, elevando il rating minimo necessario perché i titoli senior accedano alla garanzia statale.

Il richiamato articolo 5 dispone che tale rating non possa essere inferiore a un determinato livello, attribuito da una agenzia esterna di valutazione del merito di credito accettata dalla BCE.

 

Con una prima modifica (lettera a) del comma 2), che novella l’articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 18) si dispone che i titoli senior, per ottenere l’eleggibilità alla garanzia statale, debbano avere ottenuto un livello di rating non inferiore a BBB o equivalente, in luogo del valore pari all’ultimo gradino della scala di valutazione del merito di credito investiment grade.

Resta fermo che tale rating deve essere attribuito da una agenzia esterna di valutazione del merito di credito (ECAI) accettata dalla BCE al 1° gennaio 2016.

 

Le Agenzie esterne di valutazione del merito di credito, in inglese External Credit Assessment Institution (ECAI), sono istituzioni specializzate, in possesso di determinati requisiti (credibilità e indipendenza, oggettività e trasparenza nel giudizio circa il merito creditizio della clientela), i cui giudizi possono essere utilizzati dalle istituzioni creditizie per determinare le esposizioni ponderate per il rischio, conformemente alla disciplina nazionale ed europea sui requisiti di capitale. Esse devono possedere il riconoscimento formale da parte dell’autorità di vigilanza di volta in volta competente nel paese in cui il rating dell’agenzia verrà utilizzato ai fini della verifica dei requisiti di capitale.

In genere un rating che giunga fino al limite minimo della tripla B (BBB) viene considerato un investment grade, ossia un investimento relativamente sicuro sul quale possono indirizzare i propri capitali anche gli investitori istituzionali come le grandi banche d’affari. Al di sotto di questa soglia un titolo acquista una rischiosità troppo elevata e perciò in genere le obbligazioni con un rating inferiore a BBB vengono chiamate speculative.

Un titolo assume il rating di “investment grade” (IG) se ha un rating minimo di BBB (secondo Standard & Poor's) o Baa3 (Moody's). In genere, sono qualificati dalle agenzie di rating come titoli che sono in grado di soddisfare i connessi obblighi di pagamento.

 

Se è richiesto il rilascio di due valutazioni del merito di credito, la seconda valutazione sul medesimo titolo senior può essere rilasciata da una ECAI registrata, ai sensi del Regolamento (CE) 1060/2009 e, per effetto delle norme in esame, anch’essa non deve essere inferiore a BBB o equivalente (in luogo, come attualmente previsto, dell'ultimo gradino della scala di valutazione del merito di credito investment grade).

 

In estrema sintesi si rammenta che il richiamato regolamento (CE) n. 1060/2009 reca disposizioni in tema di agenzie di rating, al fine di imporre loro norme di comportamento per attenuare possibili conflitti di interesse e garantire che i rating e il processo di rating siano di qualità e abbiano sufficiente trasparenza. Con il successivo regolamento (UE) n. 513/2011 è stata attribuita all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM o ESMA) - una delle tre nuove autorità europee di vigilanza istituite dal regolamento (UE) n. 1095/2010 – la competenza sulla registrazione e la vigilanza sulle agenzie di rating del credito. Con il regolamento (UE) 462/2013 la materia delle agenzie di rating è stata ulteriormente riformata, tra l’altro, riunendo in capo all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) le funzioni in materia di registrazione e vigilanza ordinaria delle agenzie che operano nell’UE e mantenendo in capo alle competenti autorità nazionali le funzioni relative al controllo sull’uso dei rating di credito a fini regolamentari da parte di singole entità controllate a livello nazionale, quali istituti di credito o imprese di assicurazione; fissando alcuni limiti alla pubblicazione dei rating non richiesti sul debito sovrano; consentendo agli investitori di citare in giudizio un'agenzia, sia in caso di dolo sia per negligenza; introducendo norme stringenti per le agenzie di rating del credito, al fine di prevenire i conflitti di interesse, di astenersi dal pubblicare un rapporto, o informare il pubblico sull'esistente conflitto d'interessi, nel caso in cui un azionista o un socio, in possesso di almeno il 10% dei diritti di voto, abbia investito nel soggetto valutato; inoltre, nessun soggetto potrà possedere più del 5% di diverse agenzie. Tale normativa è stata recepita con il decreto legislativo n. 66 del 2015.

 

L’articolo 21, comma 2, lettera b), abrogando il comma 2 dell’articolo 5 sopra richiamato, fa venir meno la possibilità di un rating privato e destinato esclusivamente al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma abrogato disciplinava inoltre le specifiche regole da applicarsi in tal caso (agenzia di rating scelta tra quelle accettate dalla Banca Centrale Europea al 1 gennaio 2016 e proposta dalla società cedente ed  approvata dal Ministero dell'economia e delle finanze, con corrispettivo a carico della società cedente o della società cessionaria)

 

Resta fermo quanto previsto dai commi 3 e 4 dell’articolo 5, che rispettivamente impegnano la società cessionaria dei crediti cartolarizzati a non richiedere la revoca del rating da parte delle ECAI coinvolte fino al completo rimborso del capitale dei titoli senior e chiariscono che il soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti deve essere diverso dalla società cedente e non appartenere allo stesso gruppo.  L’eventuale decisione della società cessionaria o dei portatori dei titoli di revocare l'incarico di tale soggetto non deve determinare un peggioramento del rating del titolo senior da parte dell'ECAI.

 

Pagamento degli interessi dei titoli mezzanine

Il comma 3 dell’articolo 21, aggiungendo un periodo alla fine dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 18, dettaglia le condizioni alle quali viene consentito il pagamento degli interessi dei titoli mezzanine.

 

Si ricorda che l’operazione di cartolarizzazione deve avere come esito l’emissione di almeno due classi di titoli, in ragione del grado di subordinazione nell’assorbimento delle perdite: almeno una classe senior, ammessa alla GACS, ed una junior. La classe più subordinata, la cd. junior, non ha diritto a ricevere il rimborso del capitale, il pagamento degli interessi o altra forma di remunerazione fino al completo rimborso del capitale dei titoli delle altre classi.

È possibile inoltre emettere una o più classi di titoli, cd. mezzanine che, con riguardo alla corresponsione degli interessi, sono postergate alla corresponsione degli interessi dovuti alla classe senior e possono essere antergate al rimborso del capitale dei titoli senior.

 

Con le modifiche in esame sono maggiormente dettagliate le regole per il pagamento degli interessi dei titoli mezzanine.

In particolare si chiarisce che, ove ad una data di pagamento degli interessi sui titoli mezzanine, il rapporto tra gli incassi netti cumulati e gli incassi netti attesi in base al piano di recupero vagliato dall’agenzia esterna di valutazione del merito di credito (cui è affidato il rating dei titoli, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 1) risulti inferiore al 90 per cento, gli interessi sui titoli mezzanine riferiti a quella data di pagamento sono differiti all’avvenuto integrale rimborso del capitale dei titoli senior, ovvero alla data di pagamento in cui il suddetto rapporto risulti superiore al 100 per cento.

Ordine dei pagamenti

Il comma 4 dell’articolo 21 modifica l’articolo 7 del decreto legge n. 18 del 2016, sostituendo il contenuto del vigente comma 1-bis, allo scopo di dettagliare le condizioni alle quali vengono effettuate le remunerazioni dei prestatori di servizi nell’ambito della gestione degli NPL cartolarizzati, in particolare ancorando la tempistica di pagamento ai risultati ottenuti in termini di incassi. Sono disancorati, invece, dagli obiettivi di performance i pagamenti dovuti alle controparti di contratti di copertura finanziaria.

 

Il richiamato articolo 7 individua l’ordine di priorità dei pagamenti da effettuarsi attraverso le somme realizzate dalle operazioni di cartolarizzazione e gestione dei crediti in sofferenza.

In particolare (comma 1) le somme rivenienti dai recuperi e dagli incassi realizzati in relazione al portafoglio dei crediti ceduti, dai contratti di copertura finanziaria stipulati e dagli utilizzi della linea di credito, al netto delle somme trattenute dal soggetto incaricato della riscossione dei crediti per la propria attività di gestione, sono impiegate secondo il seguente ordine di priorità:

§  eventuali oneri fiscali;

§  somme dovute ai prestatori di servizi;

§  pagamento delle somme dovute a titolo di interessi e commissioni in relazione all'attivazione della linea di credito di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 18; si tratta della linea di credito che può essere prevista per gestire il rischio di eventuali disallineamenti fra i fondi rivenienti dagli incassi e dai recuperi effettuati in relazione al portafoglio dei crediti ceduti e i fondi necessari per pagare gli interessi sui Titoli;

§  pagamento delle somme dovute a fronte della concessione della garanzia dello Stato sui titoli senior;

§  pagamento delle somme dovute alle controparti di contratti di copertura finanziaria;

§  pagamento delle somme dovute a titolo di interessi sui titoli senior;

§  ripristino della disponibilità della linea di credito, qualora utilizzata;

§  pagamento delle somme dovute a titolo di interessi sui titoli mezzanine (se emessi);

§  rimborso del capitale dei titoli senior fino al completo rimborso degli stessi;

§  rimborso del capitale dei titoli mezzanine fino al completo rimborso degli stessi;

§  pagamento delle somme dovute per capitale e interessi o altra forma di remunerazione sui titoli junior.

 

Il vigente comma 1-bis consente di subordinare i pagamenti delle somme dovute ai prestatori di servizi e di quelle dovute alle controparti di contratti di copertura finanziaria al raggiungimento degli obiettivi di performance nella riscossione o nel recupero, in relazione ai portafogli di credi ceduti, ovvero– a determinate condizioni – di postergarli al completo rimborso del capitale dei titoli senior.

Con le modifiche in esame si chiarisce che i soli pagamenti dovuti ai prestatori di servizi, e non più quelli dovuti alle controparti di contratti di copertura finanziaria, sono, in tutto o in parte, condizionati a obiettivi di performance nella riscossione o recupero, in relazione al portafoglio di crediti ceduti.

Si specifica inoltre che, in ogni caso, qualora ad una data di pagamento delle somme dovute ai prestatori di servizi il rapporto tra gli incassi netti cumulati e gli incassi netti attesi in base al piano di recupero vagliato dall’agenzia esterna di rating risulti inferiore a una certa soglia, ovvero al 90 per cento, i pagamenti medesimi che sono condizionati ad obiettivi di performance vengano differiti, per la parte che rappresenta un ammontare non inferiore al 20 per cento dei pagamenti complessivi nei confronti del medesimo soggetto, fino alla data di completo rimborso del capitale dei titoli senior, ovvero alla data in cui il suddetto rapporto risulti superiore al 100 per cento.

Corrispettivo della garanzia statale

I commi 5 e 6 dell’articolo 21 apportano modifiche alla disciplina del corrispettivo della garanzia statale prestata per gli NPL cartolarizzati, contenuta nell’articolo 9 del decreto-legge n. 18 del 2016 nonché nei relativi allegati.

 

Si rammenta che la garanzia, per non essere considerata un aiuto di Stato, ha un prezzo di mercato, comprende una remunerazione in linea con quella di mercato per i rischi assunti dallo Stato e dipende dalla durata dei titoli garantiti. Le norme del decreto-legge n. 18 hanno costruito il prezzo prendendo come riferimento i prezzi dei credit default swap di società italiane con un livello di rischio corrispondente a quello dei titoli senior destinatari della garanzia garantiti.

All’allegato 1 annesso al decreto è riportato l'insieme degli emittenti italiani che costituiscono il termine di riferimento, a seconda del rating assegnato ai titoli senior per i quali è richiesta la garanzia; l'allegato 2 reca la formula matematica che riflette la metodologia illustrata nella disposizione in commento.

 

Ai sensi delle norme vigenti, il riferimento di mercato è dato (articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 18 del 2016) da un paniere di prezzi di credit default swaps riferiti a singoli emittenti Italiani che hanno un rating rilasciato da S&P, Fitch o Moody’s di misura variabile, secondo il rating assegnato ai titoli senior.

I credit default swap sono contratti derivati sui crediti, volti a trasferire il rischio di insolvenza relativo a un’attività finanziaria da un soggetto a un altro. In questi contratti una parte si assume il rischio di deprezzamento di un’attività per mancato rimborso o deterioramento del merito di credito del debitore, mentre l’altra parte acquista una copertura per il rischio pagando una commissione (un premio per il rischio). I credit default swaps (CDS) danno all’acquirente il diritto di ricevere dal venditore il valore nominale di un titolo emesso da un determinato soggetto qualora quest’ultimo risulti insolvente.

 

Per effetto delle norme in esame (articolo 21, comma 5, lettera a)) viene novellata la misura del rating di riferimento dei titoli atta a determinare il prezzo della garanzia.

La vigente misura è pari a BBB/Baa2, BBB-/Baa3 o BB+/Ba1 se il rating della senior tranche è BBB-/Baa3, BBB+/Baa1, BBB/Baa2 o BBB-/Baa3 se il rating della senior tranche è BBB/Baa2, e BBB/Baa2, BBB+/Baa1 or A- se il rating della senior tranche è BBB+/Baa1.

Con le modifiche in commento la misura del rating è pari a BBB+/Baa1, BBB/Baa2, o BBB-/Baa3, se il rating dei Titoli senior è BBB/Baa2/BBB/BBB; a BBB/Baa2, BBB+/Baa1 o A-/A3, se il rating della senior tranche è BBB+/Baa1/BBB+/BBB H; BBB+/Baa1, A-/A3 o A/A2, se il rating dei titoli senior è A-/A3/A-/A L.

 

Ai sensi del vigente comma 2, se sui titoli senior sono stati rilasciati più rating, per l'individuazione del paniere si considera il rating più basso.

 La composizione dei Panieri CDS è specificamente indicata nell'allegato 1 al decreto-legge n. 18 del 2016. Ove il rating di uno degli emittenti sia modificato e non rientri più nei criteri indicati, l’emittente è tolto dal paniere (comma 2, ultimo periodo).

 

Per effetto della lettera b) del comma 5, resta fermo che nel caso di più rating rilasciati sui titoli, per l'individuazione del paniere si considera il rating più basso; resta fermo anche che la composizione dei Panieri CDS è indicata nel già menzionato allegato 1 (come modificato dal provvedimento in esame). Con le modifiche in esame si consente di aggiornare la composizione dei Panieri CDS con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, decorsi dodici mesi dal 26 marzo 2019 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), al fine di escludere gli emittenti la cui valutazione del merito di credito sia stata modificata in modo tale da non ricadere più nei rating di riferimento di mercato (articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 18 del 2016) e di includere nuovi emittenti, la cui valutazione del merito di credito sia stata modificata in modo tale da ricadere nei medesimi rating.

Le nuove norme chiariscono inoltre che la composizione sia aggiornata in caso di rinnovo della garanzia. Nel caso in cui, in occasione di un aggiornamento della composizione dei panieri CDS, si constati che gli emittenti inclusi in uno o più panieri siano meno di tre, il calcolo del corrispettivo della garanzia è definito con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in conformità delle decisioni della Commissione europea.

 

La lettera c) del comma 5 modifica la disciplina delle modalità di commisurazione del corrispettivo annuo della garanzia (articolo 9, comma 3 del decreto-legge n. 18 del 2016, conseguentemente modificato).

Come richiamato, il corrispettivo è determinato a condizioni di mercato, sulla base di una specifica metodologia dettagliata all'allegato 2 al decreto-legge n. 18 del 2016.

In particolare, si determina il valore del prezzo di ciascun CDS incluso nel paniere di riferimento; esso è definito come la media dei prezzi giornalieri a metà mercato (cosiddetto mid price), o, in assenza, come la media dei prezzi giornalieri denaro e lettera, dei sei mesi – ai sensi delle norme vigenti - precedenti la data di richiesta di concessione della garanzia, calcolata utilizzando i dati estrapolati dalla piattaforma Bloomberg, utilizzando la fonte CMAL (CMA Londra).

Con una prima modifica (comma 5, lettera c), n. 1, che novella all’articolo 9, comma 3, lettera a) del decreto-legge n. 18) si chiarisce che, in assenza del mid price, sia utilizzata la media dei prezzi giornalieri dei due mesi – in luogo dei vigenti sei – precedenti la data di richiesta di garanzia.

Al riguardo il Governo chiarisce che tale modifica proviene da un’esigenza sollevata dalla Commissione UE nell’ultima decisione di proroga delle GACS: la media dei due mesi, in luogo dei sei previsti, consente a parere delle autorità europee di incorporare più rapidamente nel prezzo della garanzia eventuali variazioni nella struttura dei tassi di mercato (si veda il punto n. 32 della decisione di agosto 2018).

 

Le norme vigenti dispongono che sia poi calcolata la media semplice dei valori, per ricavare il valore del CDS del paniere. Il corrispettivo annuo della garanzia è calcolato sul valore residuo dei titoli senior all'inizio del periodo di pagamento degli interessi ed è pagato con la stessa modalità degli interessi dei titoli senior. Viene applicata una commissione con step-up, secondo il seguente metodo:

          negli anni 1, 2 e 3 è corrisposto il tasso del CDS a 3 anni, sul valore residuo della senior tranche;

          negli anni 4 e 5 è corrisposto il tasso del CDS a 5 anni, sul valore residuo della senior tranche;

          dal sesto anno è corrisposto il tasso del CDS a 7 anni, sul valore residuo della senior tranche.

 

Le norme del decreto-legge n. 18 del 2016 prevedono inoltre una maggiorazione del corrispettivo annuo della garanzia in ragione del trascorrere del tempo.

Tale percentuale di maggiorazione viene elevata dalle norme in commento (articolo 21, comma 5, lettera c), nn. 2 e 3 comma 7, lettere b), c), d)).

Essa, ai sensi delle norme del decreto-legge n. 18 del 2016, è calcolata nel seguente modo:

§  negli anni 4 e 5, se la senior tranche non è stata interamente rimborsata entro il terzo anno, il tasso base è aumentato di 2,70 volte la differenza tra i pagamenti che sarebbero stati corrisposti nei primi 3 anni applicando il tasso del CDS a 5 anni e i pagamenti corrisposti;

§  dopo il quinto anno, se la senior tranche non sarà stata interamente rimborsata entro il terzo anno, il tasso base è aumentato di 8,98 volte la differenza tra i pagamenti che sarebbero stati corrisposti nei primi 5 anni applicando il tasso del CDS a 7 anni e i pagamenti corrisposti.

 

Con le modifiche in esame, la maggiorazione è elevata per il quarto e quinto anno da 2,70 a 2,76 della differenza delle predette medie; per gli anni successivi al quinto, da 8,98 a 9,23 volte la differenza.

 

Per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 21, comma 7 (lettere a) e e)), i calcoli della maggiorazione sono effettuati assumendo un tasso di sconto del 2,75 % in luogo del previgente 2,7 per cento, fermo restando un ammortamento lineare in 7 anni della senior tranche.

Anche l’innalzamento del tasso di sconto proviene da indicazioni della Commissione, come riferisce il Governo nella relazione illustrativa (punto n. 39 della decisione di agosto 2018).

 

Il comma 6 dell’articolo 21 modifica l’allegato 1 al decreto-legge n. 18 del 2016 al fine di integrare la composizione dei panieri di riferimento dei CDS sulla base dei quali commisurare il prezzo delle GACS.

 

Il già menzionato comma 7 modifica l’allegato 2 sia con riferimento ai criteri, sia con riferimento alle formule utilizzate per il calcolo del predetto corrispettivo.

Ambito applicativo

Il comma 8 dell’articolo 21 chiarisce l’ambito applicativo della disciplina così predisposta: essa si applica alle GACS di nuova concessione e, dunque, non alle garanzie concesse entro il 6 marzo 2019 ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18.


Articolo 22
(Disposizioni di attuazione)

 

L’articolo 22 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la possibilità di integrare le - già emanate - disposizioni di attuazione dello schema di garanzia disciplinato dal decreto-legge n.18 del 2016, per rafforzare il presidio dei rischi garantiti dallo Stato e le attività di monitoraggio.

 

Più in dettaglio, l’articolo 22 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la possibilità di integrare le disposizioni di attuazione, già adottate ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2016, anche per rafforzare il presidio dei rischi garantiti dallo Stato e le attività di monitoraggio, ivi comprese quelle sull’evoluzione dei recuperi effettivi rispetto a quelli inizialmente previsti, da trasmettere al Ministero al momento della richiesta della garanzia.

 

Si ricorda che l’articolo 13 del D.L. n. 18 del 2016 ha consentito (comma 1) al Ministero dell'economia e delle finanze di avvalersi di una società a capitale interamente pubblico per la gestione dell’operazione, che è stato individuato nella CONSAP dal DM 3 agosto 2016. Inoltre (comma 2) con le medesime norme di rango secondario sono state dettate le disposizioni di attuazione della disciplina legislativa in materia di GACS.


Articolo 23
(Copertura finanziaria)

 

L’articolo 23 reca la copertura finanziaria per il prolungamento delle GACS, a tal fine rifinanziando di 100 milioni di euro per il 2019 l’apposito Fondo, istituito dal decreto-legge n. 18 del 2016 e alimentato a valere sul Fondo per le garanzie dello Stato.

 

In particolare (comma 1) viene incrementata di 100 milioni di euro per il 2019 la dotazione dell’apposito fondo GACS, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze e gestito da CONSAP.

 

Si ricorda che l’articolo 12 del decreto-legge n. 18 del 2016 ha istituito tale fondo con una dotazione iniziale pari a 120 milioni di euro per l'anno 2016, disponendo che fosse ulteriormente alimentato con i corrispettivi annui delle garanzie concesse che, a tal fine, erano versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo.

 

A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione (pari a 100 milioni di euro nel 2019) della dotazione del Fondo destinato ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato, di cui all'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66.

 

Detto fondo, costituito con una dotazione finanziaria pari ad 1 miliardo di euro per il 2014, è stato successivamente rifinanziato dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 878, legge n. 208/2015) per l'importo di 350 milioni di euro per l'anno 2016, di 1,5 miliardi di euro per l'anno 2017, di 1,7 miliardi di euro per l'anno 2018 e di 2 miliardi di euro per l'anno 2019. Ai fini della gestione del Fondo, la legge di stabilità per il 2015 ha previsto l'istituzione di apposita contabilità speciale.

Per quel che concerne le disponibilità finanziarie per il 2019, il Fondo presenta nella legge di bilancio per il 2019-2021 una dotazione di 1.840 milioni di euro per l’anno 2019 (cap. 7590/MEF). Tali disponibilità sono già state utilizzate:

§  dal D.L. n. 1/2019 (misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.A.) (articolo 22), a copertura parziale degli oneri derivanti dalle operazioni di sottoscrizione di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale e dalle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza a favore di Banca Carige, per un importo pari a 300 milioni di euro per il 2019;

§  dal D.L. n. 4/2019, in materia di reddito di cittadinanza e pensioni (articolo 23, comma 3), a copertura degli oneri connessi all’istituzione del Fondo di garanzia per l'accesso ai finanziamenti in favore dei soggetti che fruiscono dell’anticipo pensionistico, c.d. “quota 100”, con una dotazione di 75 milioni di euro per il 2019.

 

Viene riproposta la disposizione che prevede l’ulteriore alimentazione del Fondo con i corrispettivi annui delle garanze concesse; esse a tal fine sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al fondo (contabilità speciale appositamente istituita dall’articolo 12, comma 1, del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18).

 

Il comma 2 autorizza il MEF ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Articolo 24
(Entrata in vigore)

 

L'articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 26 marzo 2019.

 

 



[1] Nell'accordo di recesso è previsto un periodo transitorio dalla data di recesso al 31 dicembre 2020 (che potrà essere rinnovato di comune accordo una sola volta, prima del 1° luglio 2020 per un periodo di uno o due anni), nel corso del quale il Regno Unito non farà più parte dell'UE, ma non saranno ancora applicabili le disposizioni del futuro accordo sui rapporti tra UE e Regno Unito.

[2]       Come successivamente modificato da regolamento  (CE) n. 380/2008, che ha inserito gli identificatori biometrici nel formato uniforme per i permessi di soggiorno; e dal regolamento (UE) 2017/1954, che ha introdotto un nuovo modello comune per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi con elementi di sicurezza ammodernati, per renderli più sicuri e per impedire le falsificazioni (le specifiche delle immagini e del testo contenute nell’allegato al regolamento (UE) 2017/1954 sostituiscono quelle contenute nell’allegato al regolamento originale del 2002).

 

[4]   Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

[5]    Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

[6] Ai sensi dell'articolo 16, comma 5, dello Statuto della BEI, l'ammontare complessivo dei prestiti e delle garanzie concesse dalla Banca non può eccedere la quota del 250% dell'insieme di capitale sottoscritto, riserve, risorse non allocate e surplus del conto di profitti e perdite.

[7] Le riserve sono costituite dai surplus risultanti dalle attività della Banca.

[8] Cfr. European Investment Bank, The Governance, giugno 2015.