Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: D.L. 135/2018: Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione - Gli emendamenti approvati dalle Commissioni 1a e 8a, ammessi al voto dell'Assemblea dal Presidente del Senato nella seduta del 28 gennaio
Serie: Progetti di legge   Numero: 72/2
Data: 28/01/2019
Organi della Camera: I Affari costituzionali, IX Trasporti

 


XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione

Gli emendamenti approvati dalle Commissioni 1a e 8a, ammessi al voto dell'Assemblea dal Presidente del Senato nella seduta del 28 gennaio

D.L. 135/2018 - A.S. n. 989

 

 

Edizione provvisoria

 

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 94/2

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 72/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (em. 1.44 (testo 2) (già 3.22)) (Sezione Speciale del Fondo di garanzia a sostegno della PMI) 7

Articolo 1, commi 8-bis e 8-ter (em. 1.34 (testo 3)) e articolo 11-bis (em. 11.0.172 (testo 3))  (Misure urgenti in materia di enti del terzo settore) 14

Articolo 1-bis (em. 1.0.500 (testo 2) (1.0.500 come subemendato da 1.0.500/5)) (Semplificazione e riordino delle disposizioni relative a istituti agevolativi) 18

Articolo 2 (em 2.1000) (Proroga del termine per la restituzione del finanziamento attribuito ad Alitalia S.p.a.) 21

Articolo 3 (em. 1.44 (testo 2) (già 3.22)) (Misure di semplificazione in materia di imprese e lavoro ) 24

Articolo 3, comma 1-bis (identici em. 3.47, 3.48 e 3.49 (testo 2)) (Acquisizione da parte dell’INPS di dati della denuncia aziendale dei datori di lavoro agricolo) 28

Articolo 3, comma 1-bis (em. 3.500) (Programma nazionale triennale della pesca) 29

Articolo 3, comma 1-ter (em. 3.500) (Nullità delle clausole relative al termine di pagamento delle PMI) 31

Articolo 3-bis (em. 3.0.8) (Agibilità per lavoratori autonomi dello spettacolo) 32

Articolo 3-bis (em. 3.0.700)  (Etichettatura dei prodotti alimentari) 34

Articolo 3-bis (em. 3.0.81 (testo 3)) (Omesso versamento ritenute previdenziali e assistenziali) 39

Articolo 3-bis (em. 3.0.136 (testo 2))  (Semplificazioni per le zone economiche speciali ZES e per le zone logistiche semplificate ZLS) 40

Articolo 4, comma 2 (em. 4.3 (testo 3)) (Custodia dei beni pignorati) 43

Articolo 4-bis (em. 4.0.1000) (Disposizioni in favore dei familiari delle vittime e dei superstiti del disastro di Rigopiano) 45

Articolo 8, comma da 1-bis a 1-quinquies (em. 8.500)  (Trasferimento delle funzioni commissariali per l’attivazione dell’Agenda digitale) 48

Articolo 8-bis (em. 8.0.500) (Disposizioni in materia di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga) 49

Articolo 8-bis (em. 8.0.3)  (Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract) 53

Articolo 9-bis, comma 1 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2))  (Personale del Servizio Sanitario nazionale) 54

Articolo 9-bis, comma 2 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2)) (Esonero dall’obbligo di fatturazione per prestazioni sanitarie) 56

Articolo 9-bis, commi 3-6 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2))  (Disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica) 57

Articolo 9-bis (em. 9.0.41 (testo 2)) (Disposizioni in materia di contenimento dei costi del personale del Servizio sanitario nazionale) 59

Articolo 10-bis (em. 10.0.1000 e sub. 10.0.1000/6 e 10.0.1000/7)  (Disposizioni in materia di servizio di noleggio con conducente) 62

Articolo 11-bis (em. 11.0.500 (testo 3) (11.0.500 (testo 2) come subemendato da 11.0.500/25 testo 2)) (Misure di semplificazione in materia contabile in favore degli Enti locali) 67

Articolo 11-bis (em. 11.0.43 (testo 3))  (Disposizioni in materia di Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee) 79

Articolo 11-bis (em. 11.0.95 (testo 3))  (Disposizioni in materia di concessioni di grandi derivazioni idroelettriche) 86

Articolo 11-bis (em. 11.0.1000) (Disposizioni in materia di elezione degli ordini forensi) 91

Articolo 11-bis (em. 11.0.600 e sub. 11.0.600/1 (testo2)) (Modifiche all’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18 relativa all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, nonché disposizioni in favore degli orfani di Rigopiano) 95

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

Schede di lettura


Articolo 1 (em. 1.44 (testo 2) (già 3.22))
(Sezione Speciale del Fondo di garanzia a sostegno della PMI)

 

L’articolo 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia in favore delle PMI che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari e sono titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.

Come proposto dalle Commissioni riunite in sede referente, gli interventi di garanzia sono estesi anche ai professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi, secondo la definizione recata dall'art. 1, co. 2, della L. 4/2013, espressamente richiamato.

 

Tale disposizione prevede che per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e relative attività tipiche o riservate per legge e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.

 

La Sezione viene dotata di 50 milioni di euro (la locuzione "a valere sulle disponibilità del medesimo Fondo", presente nella formulazione originaria, è stata espunta in sede referente). Nel dettaglio, l’intervento in garanzia della Sezione speciale:

·     opera a condizioni di mercato, su finanziamenti già concessi alla PMI, da una banca o da un intermediario finanziario, classificati come inadempienze probabili;

·     presuppone la sussistenza di un credito certificato verso la Pubblica Amministrazione;

·     è subordinato alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento qualificato come inadempimento probabile;

·     copre, nella misura massima dell’80%, il minore tra l’importo del finanziamento non rimborsato e l’ammontare dei crediti certificati. L’importo massimo garantito non potrà comunque essere superiore a 2,5 milioni;

·     cessa con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati;

·     in ogni caso, comporta un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.

·     è concesso a fronte del versamento da parte della banca o intermediario, di un premio che può essere posto a carico della PMI beneficiaria in misura non superiore a un quarto del suo importo.

L’efficacia del regime di aiuto istituito dalla norma in esame è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.

 

La relazione illustrativa al provvedimento in esame evidenzia che la norma delinea un siffatto intervento in garanzia del Fondo al fine di evitare l’avvio di azioni di recupero da parte del soggetto finanziatore, che metterebbero a rischio la continuità aziendale decretando, in molti casi, la “morte” delle imprese che, al netto delle tensioni finanziarie connesse all’incaglio dei propri crediti commerciali con la P.A., presentano buone performance sul piano economico e produttivo.

 

Nel dettaglio, l’articolo 1, comma 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia, a condizioni di mercato, in favore delle PMI e, come segnalato supra, dei professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari anche titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.

 

Si tratta delle PP.AA. di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, e dunque di tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D. Lgs. n. 300/1999 di riforma dell’organizzazione del Governo.

I crediti sono certificati ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008. Tale norma dispone che le predette PP.AA., su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, certifichino - trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza - se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile. Ciò, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine di trenata giorni, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore. La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente (per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999) o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio (per le altre PP.AA). La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate dall'amministrazione utilizzando la piattaforma dei crediti commerciali con l'apposizione della data prevista per il pagamento.

 

La Sezione speciale viene dotata di 50 milioni di euro.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.a., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendo o contro-garantendo operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore di imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di quelle rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (es., attività finanziarie e assicurative). Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:

·       rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

·       rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero

·       sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.

Il Fondo opera dunque con una logica di “moltiplicatore”, rilasciando garanzie per un importo multiplo rispetto alle risorse disponibili, nei limiti imposti, peraltro, dall’osservanza di un “coefficiente di rischio”. In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del D.L. n. 185/2008, gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.

Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.

Quanto alle modalità operative del Fondo, queste sono state oggetto di varie modifiche, finalizzate ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti e dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.  In particolare, il D.L. n. 69/2013 (articolo 1 e 2, comma 6) ha posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa.

Il Fondo, costituito dalla norma istitutiva presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018 [1]

Quanto alle modalità di finanziamento, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali [2] . Si ricorda in proposito che il Fondo è stato da ultimo rifinanziato dal D.L. n. 119/2018 (articolo 22), per 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 - già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014.

La relazione tecnica al provvedimento in esame evidenzia che il Gestore del Fondo ha recentemente stimato in 530 milioni di euro le risorse residue libere da impegni.

Il Fondo opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale [3] .

Il Fondo opera anche attraverso più sezioni, istituite con normativa primaria e secondaria, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste.

 

Ai sensi del comma 2, la garanzia della sezione speciale è rilasciata su finanziamenti già concessi alla PMI e al professionista beneficiari da una banca o da un intermediario finanziario, non già coperti da garanzia pubblica ed anche assistiti da ipoteca sugli immobili (il riferimento agli immobili aziendali è stato eliminato nel corso dell'esame in sede referente), classificati dalla stessa banca o intermediario finanziario come inadempienze probabili alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, come risultante dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia.

 

Si ricorda che le definizioni di crediti deteriorati adottate dalla Banca d'Italia sono quelle armonizzate a livello dell'SSM, che riflettono i criteri pubblicati nel 2013 dall'Autorità bancaria europea (EBA). Nelle statistiche italiane si trovano un maggiore dettaglio e la continuità delle serie storiche relative alle sottocategorie utilizzate in precedenza, le sofferenze, le inadempienze probabili, le esposizioni scadute e/o sconfinanti (si veda Circolare 272 di Bankitalia). In particolare:

A dicembre 2017, dei 173 miliardi di crediti deteriorati netti, 81 erano classificati come sofferenze, 85 miliardi come inadempienze probabili e 7 come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.

 

Ai sensi del comma 3, la garanzia copre - nella misura indicata dal decreto ministeriale attuativo delle disposizioni in esame e comunque non superiore all'80 per cento del finanziamento e fino a un importo massimo garantito di 2,5 milioni - il minore tra:

a) l'importo del finanziamento non rimborsato dalla PMI e dal professionista beneficiari alla data di presentazione della richiesta di garanzia, maggiorato degli interessi, contrattuali e di mora, maturati sino alla predetta data e

b) l'ammontare dei crediti certificati vantati dalla PMI e dal professionista beneficiari verso la Pubblica Amministrazione, risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni.

 

Ai sensi dei commi 4 e 5, la garanzia della sezione speciale è subordinata alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI e il professionista beneficiari di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento oggetto di garanzia (comma 4).

Solo in caso di mancato rispetto, da parte della PMI e del professionista beneficiari, degli impegni previsti nel piano di rientro del debito la garanzia può essere escussa dalla banca o dall’intermediario finanziario.

La garanzia comporta in ogni caso un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.

La garanzia cessa in ogni caso la sua efficacia con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati (comma 5).

 

Si ricorda in questa sede che il Fondo di garanzia PMI – ai sensi della legislazione vigente (art. 4, D.M. 26 giugno 2012 e ss. mod. e int.) – già interviene sulle operazioni finanziarie di anticipazione del credito senza cessione dello stesso accordate ai beneficiari (PMI e professionisti) ubicati su tutto il territorio nazionale che vantano crediti nei confronti di Pubbliche Amministrazioni, prestando:

·       garanzia diretta con una copertura massima dell’80% a valere su un importo massimo garantito non superiore a 2,5 milioni

·       controgaranzia fino alla misura massima dell’80% dell’importo garantito dal soggetto richiedente, a condizione che la garanzia da questi rilasciata non superi la percentuale massima di copertura dell’80% e che l’importo di tali operazioni non sia superiore all’ammontare dei crediti certificati dall’Amministrazione debitrice. L’importo massimo garantito per ciascun beneficiario non deve essere superiore, anche in questo caso a 2,5 milioni di euro.

Al Fondo non è dovuta la commissione per le operazioni di anticipazione dei crediti verso la P.A.

La legislazione vigente prevede poi l’intervento in garanzia del Fondo nelle operazioni di acquisto da parte di Cassa depositi e prestiti S.P.A. (CDP S.p.A.)di crediti cartolarizzati delle PMI verso le PP.AA.. La legge di stabilità 2014 [4] ha consentito a CDP S.p.A. di acquistare titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese al fine di accrescere il volume del credito alle PMI. Gli acquisti dei predetti titoli, ove effettuati a valere sulle somme in gestione separata di CDP, possono essere garantiti dallo Stato secondo criteri e modalità stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze e agli oneri delle eventuali escussioni delle garanzie si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo di garanzia per le PMI.

 

Ai sensi del comma 6, la garanzia della sezione speciale è concessa a fronte del versamento alla medesima sezione, da parte della banca o intermediario, di un premio in linea con i valori di mercato. Il premio di garanzia può essere posto a carico della PMI e del professionista beneficiari in misura non superiore a un quarto del suo importo, restando a carico della banca o intermediario la parte rimanente.

 

Il comma 7 demanda ad un decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione, anche in deroga alle vigenti condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale del Fondo di garanzia PMI, delle modalità, misura, condizioni e limiti per la concessione, escussione e liquidazione della garanzia, nonché i casi di revoca della stessa. Allo stesso decreto è demandata la fissazione delle percentuali di accantonamento a valere sulle risorse della sezione speciale e i parametri per definire il premio in linea con i valori di mercato della garanzia.

 

Con riferimento al comma 7, si osserva che non è indicata la data entro la quale deve essere adottato il decreto ministeriale.

 

Ai sensi del comma 8, l’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 7 sopra descritti è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.

Si richiamano in proposito le linee guida per gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (2014/C 249/01 del 9 luglio 2014), ai sensi delle quali un'impresa è definita come in difficoltà se, in assenza di un intervento dello Stato, essa è quasi certamente destinata al collasso economico a breve o a medio termine. Pertanto un’impresa è considerata in difficoltà, ai sensi degli orientamenti, se sussiste almeno una delle seguenti circostanze:

·       nel caso di società a responsabilità limitata, qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate

 nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori. Come principio generale, gli aiuti per il salvataggio consentono di fornire sostegno temporaneo a un'impresa che si trova a dover affrontare un grave deterioramento della sua situazione finanziaria che si manifesta sotto forma di un'acuta crisi di liquidità o un'insolvenza tecnica. Questo sostegno temporaneo deve consentire di guadagnare tempo per analizzare le circostanze all'origine delle difficoltà ed elaborare un piano idoneo a porvi rimedio" (paragrafo 26). Affinché gli aiuti siano considerati conformi alla disciplina dall'Unione europea è necessario che lo Stato richiedente dimostri il rispetto di questi requisiti: contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune: una misura di aiuto di Stato deve puntare a un obiettivo di interesse comune ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato; necessità dell'intervento statale: una misura di aiuto di Stato deve essere destinata a una situazione in cui può determinare un miglioramento tangibile che il mercato da solo non è in grado di fornire; adeguatezza della misura di aiuto; effetto di incentivazione; proporzionalità dell'aiuto (aiuto limitato al minimo); prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri e trasparenza dell'aiuto.

 

Viene infine modificata la rubrica dell'articolo in esame espungendo la locuzione "creditrici delle pubbliche amministrazioni".

 

 


Articolo 1, commi 8-bis e 8-ter (em. 1.34 (testo 3)) e articolo 11-bis (em. 11.0.172 (testo 3))
(Misure urgenti in materia di enti del terzo settore)

 

L'articolo 1, comma 8-bis (emendamento 1.34, testo 3) ridefinisce i termini dell'entrata in vigore del comma 51 della legge n. 145 del 2018, che prevede l'abrogazione delle agevolazioni tributarie definite dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 per specifiche categorie di soggetti (tra i quali, enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e istituti autonomi per le case popolari). L'entrata in vigore viene subordinata all'adozione di successivi provvedimenti legislativi che individuino nuove misure di favore nei confronti di soggetti che realizzano con la loro attività delle finalità sociali. Per i soggetti che, in ragione di tali modifiche, beneficiano delle agevolazioni suddette non sarà possibile cumulare tali benefici con quelli derivanti dalla tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 della legge di bilancio 2019. Il comma 8-ter provvede alla copertura degli oneri a carico del bilancio dello Stato derivanti dalle precedenti disposizioni. Ulteriori interventi che incidono sugli enti del terzo settore derivano dall'approvazione dell'emendamento 11.0.172, testo 3, che inserisce le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") fra gli enti del terzo settore, e consente alle stesse associazioni e fondazioni di esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale.      

 

L'emendamento 1.34 (testo 3) inserisce all'articolo 1 del decreto in esame dei commi 8-bis e 8-ter.

Il comma 8-bis modifica i commi 34 e 52 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019).

 

Il comma 34 dispone che la tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 sia cumulabile con altri benefìci eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfetari di determinazione del reddito.

La lettera a) aggiunge una ulteriore eccezione relativa ai soggetti che hanno accesso alle agevolazioni tributarie di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973.

Tale disposizione, di cui l'articolo 1, comma 51, della legge di bilancio 2019 aveva previsto l'abrogazione, prevede che l'imposta sul reddito delle persone giuridiche sia ridotta alla metà nei confronti dei seguenti soggetti (a condizione che abbiano personalità giuridica):

·       enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;

·       istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;

·       enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione;

·       istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti.

La riduzione non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico nazionale del terzo settore. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti e iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle di interesse generale elencate all'articolo 5 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore).

 

 La lettera b) sostituisce integralmente il comma 52 della legge di bilancio 2019.

L'emendamento 1.34 (testo 3) prevede che l'abrogazione delle suddette agevolazioni tributarie di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, disposta dall'articolo 1, comma 51, della legge di bilancio 2019, trovi applicazione a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al successivo comma 52-bis.

Tale nuovo comma della legge di bilancio 2019 (52-bis) stabilisce che, con successivi provvedimenti legislativi siano individuate misure di favore, compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali, garantendo il necessario coordinamento con il Codice el Terzo settore.

L'emendamento 1.34 (testo 3), dunque, ridefinisce i termini dell'entrata in vigore del comma 51 della legge di bilancio 2019, che prevede l'abrogazione delle agevolazioni tributarie definite dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 per specifiche categorie di soggetti (tra i quali, enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e istituti autonomi per le case popolari). L'entrata in vigore viene subordinata all'adozione di successivi provvedimenti legislativi che individuino nuove misure di favore nei confronti di soggetti che realizzano con la loro attività delle finalità sociali. Per i soggetti che, in ragione di tali modifiche, beneficiano delle agevolazioni suddette non sarà possibile cumulare tali benefici con quelli derivanti dalla tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 della legge di bilancio 2019.      

          Agli oneri per il bilancio dello Stato che tale sospensione determina, pari a 118,4 milioni di euro per l'anno 2019 e a 157,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 si provvede secondo quanto disposto dal comma 8-ter dell'articolo 1.

In particolare:

·       98,4 milioni di euro per l'anno 2019, 131 milioni di euro per l'anno 2020 e 77,9 milioni di euro a decorre dall'anno 2021, vengno coperti mediante corrispondete riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004;

·       20 milioni di euro per l'anno 2019 e 16,9 milioni di euro per l'anno 2020, vengno coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri di cui all'articolo 1, comma 748, della legge di bilancio 2019;

·       10 milioni di euro per l'anno 2020 e a 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).

 

Con l'emendamento 11.0.172 (testo 3), che inserise nel decreto in esame un nuovo articolo 11-bis, sono state previste ulteriori disposizioni urgenti in materia di enti del Terzo settore.

In primo luogo, si prevede la modifca dell'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 2017, recante la revisione della disciplina in materia di impresa sociale.  La norma in esame stabilisce che le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

L'emendamento 11.0.172 (testo 3) identifica una eccezione a tali limitazioni prevedendo che le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB").

Con ulteriore intervento, viene modificato anche l'articolo 4, comma 2, del Codice del Terzo settore, il quale prevede l'elenco degli enti che non ricadono nell'ambito di applicazione del Codice.

In particolare, non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile (disciplinati  dall'articolo 32, comma 4 del Codice). Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d'Aosta.

 

La modifica recata dall'emendamento 11.0.172 (testo 3), esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo 4, comma 3, del Codice del Terzo settore le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") che risultano in tal modo incluse fra gli enti del terzo settore.

In entrambi i casi, viene specificato che l'eccezione è motivata dal fatto che la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori degli enti ex IPAB si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza e non si configura quindi come mandato fiduciario con rappresentanza sicché è sempre esclusa qualsiasi forma di controllo da parte di quest'ultima.

 


Articolo 1-bis (em. 1.0.500 (testo 2) (1.0.500 come subemendato da 1.0.500/5))
(Semplificazione e riordino delle disposizioni relative a istituti agevolativi)

 

Con l'approvazione dell'emendamento 1.0.500 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 1-bis il quale mira innanzitutto a consentire l'accesso alla nuova definizione agevolata anche ai soggetti attualmente esclusi dall'articolo 3, comma 23, del decreto legge n. 119 del 2018. L'emendamento dispone inoltre l'inserimento di ulteriori scadenze tra quelle attualmente previste per il pagamento delle rate della definizione agevolata (articolo 5, comma 1, lettera d) del medesimo decreto-legge). L'emendamento dispone infine l'inserimento di ulteriori scadenze per il pagamento delle rate relative alla definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà (articolo 1, comma 193, della legge di bilancio 2019).

 

Il comma 1, lettera a), dell'emendamento in esame propone di modificare l'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 (recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), il quale reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Tale disciplina si colloca nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017) [5] .

In particolare, il comma 23 preclude l'accesso alla nuova definizione agevolata ai soggetti che non abbiano provveduto a versare le rate dovute per la precedente definizione agevolata 2017 entro il 7 dicembre 2018 (termine disposto dal comma 21 del medesimo articolo).

 

La modifica proposta dal comma 1, lettera a), dell'emendamento in esame mira a consentire l'accesso alla nuova definizione agevolata anche ai soggetti attualmente esclusi, quelli, cioè, che non abbiano provveduto a versare integralmente le rate dovute per la precedente definizione agevolata 2017. In base alla proposta, il versamento delle somme dovute per la definizione agevolata, di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018, può avvenire in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2019, ovvero, in deroga al comma 2, lettera b) del medesimo articolo, nel numero massimo di dieci rate consecutive, ciascuna di pari importo, con le seguenti scadenze:

-        prima rata con scadenza 31 luglio 2019;

-        seconda rata con scadenza 30 novembre 2019;

-        rate successive con scadenza il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre degli anni 2020 e 2021.

 

Il comma 1, lettera b), dell'emendamento in esame propone di modificare l'articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale e finanziaria.

L’articolo 5 estende la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione a quelli concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Si applica a tali carichi l'articolo 3, con alcune deroghe relative ai debiti concernenti specifiche tipologie di risorse proprie UE. Sono quindi fissate le scadenze delle rate dovute dai debitori ai fini della definizione agevolata e posti alcuni obblighi di comunicazione. Le rate di pagamento devono essere corrisposte entro:

-        il 30 settembre 2019 (unica o prima rata di pagamento);

-        il 30 novembre 2019 (seconda rata);

-        il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno successivo (le restanti rate).

 

La modifica proposta dal comma 1, lettera b), dell'emendamento in esame inserisce le ulteriori date del 28 febbraio e del 31 maggio tra quelle attualmente previste per la definizione agevolata.

 

Il comma 2 dell'emendamento in esame propone di modificare il comma 193 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

 

I commi da 184 a 199 della legge di bilancio 2019 consentono di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, diversi da quelli annullati automaticamente ai sensi del decreto-legge n. 119 del 2018, affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, derivanti  dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di accertamento a fini IRPEF e IVA.

Nel caso in cui i debitori abbiano presentato la dichiarazione, ma poi l'agente della riscossione abbia riscontrato il difetto dei requisiti prescritti dalla legge per il riconoscimento di grave difficoltà economica, ovvero la presenza di debiti diversi da quelli definibili ai sensi delle norme, con conseguente impossibilità di estinguere il debito secondo le disposizioni in commento, ai sensi del comma 193, l’agente della riscossione avverte il debitore che i debiti inseriti nella dichiarazione, ove possa applicarsi la cd. rottamazione 2018 (definizione agevolata ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119), sono automaticamente inclusi in tale definizione, con indicazione delle somme dovute a tal fine. L’ammontare è ripartito in diciassette rate: la prima, pari al 30 per cento del dovuto, scade il 30 novembre 2019; il restante 70 per cento è ripartito nelle rate successive, ciascuna di pari importo, scadenti il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020. Si applicano, a partire dal 1°dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.

 

La modifica proposta dal comma 2 dell'emendamento in esame specifica innanzitutto che i debiti inseriti nella dichiarazione presentata ai sensi del comma 189 debbono riferirsi a delle persone fisiche.

Vengono inoltre aggiunte le ulteriori scadenze del 28 febbraio e del 31 maggio a quelle previste dall'anno 2020 per il pagamento delle rate.

Si specifica inoltre che nei medesimi casi previsti dal secondo periodo del comma 192, ovvero in caso di difetto dei requisiti prescritti dalla legge per il riconoscimento di grave difficoltà economica, ovvero la presenza di debiti diversi da quelli definibili ai sensi delle norme, con conseguente impossibilità di estinguere il debito secondo le disposizioni in commento, limitatamente ai debiti di cui all'articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute è ripartito in nove rate, la prima di ammontare pari al 30 per cento, scadente il 30 novembre 2019 e le restanti ciascuna di parti importo, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre degli anni 2020 e 2021.

 

Il comma 3 (aggiunto con l'approvazione del subemendamento 1.0.500/5) modifica l'articolo 1, comma 57, lettera d-bis), della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) che individua i soggetti passivi che non possono avvalersi del regime forfetario.

 

Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfetario agevolato del Portale della documentazione della Camera dei deputati, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.

 

La lettera d-bis) del comma 57 della legge di stabilità 2015 è stata da ultimo modificata dall'articolo 1, comma 9, lettera c), della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

Ai sensi della nuova lettera d-bis) non possono altresì avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.

La norma appare intesa ad evitare un incentivo indiretto alla trasformazione di rapporti di lavoro dipendente in altre forme contrattuali che godono dell’agevolazione in commento.

 

Il comma 3 in esame stabilisce che sono escluse dalle fattispecie non ammesse al regime forfettario le attività di nuova iscrizione ad un ordine o ad un collegio professionale.


Articolo 2 (em 2.1000)
(Proroga del termine per la restituzione del finanziamento attribuito ad Alitalia S.p.a.)

 

L’articolo 2 proroga il termine per la restituzione del finanziamento a titolo oneroso concesso ad Alitalia, pari a complessivi 900 milioni di euro, stabilendo che la restituzione dello stesso dovrà avvenire entro trenta giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali e comunque non oltre il 30 giugno 2019.

In proposito è opportuno rilevare come il comma 1 dell'articolo in esame, nella sua formulazione vigente, faccia formalmente riferimento al solo finanziamento a titolo oneroso di cui all'articolo 50 del decreto-legge n. 50 del 2017, nel corso dell'esame in sede referente, con l'approvazione dell'emendamento 2.1000, le Commissioni hanno proposto l'inserimento anche del richiamo alla successiva integrazione di tale finanziamento prevista dall'articolo 12, del decreto-legge n. 148 del 2017 (vedi infra).

Viene conseguentemente abrogato il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 12 del decreto-legge n.148 del 2017 che aveva fissato al 15 dicembre 2018 il termine per la restituzione dell’intero importo prestato (comma 2).

Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dalla norma in esame in 900 milioni per l’anno 2018, in termini di solo fabbisogno, disponendo che ad essi si provveda mediante versamento – per un corrispondente importo - delle somme gestite presso il sistema bancario dalla Cassa Servizi Energetici e Ambientali [6] . Il versamento, da effettuare, entro il 31 dicembre 2018, a favore del conto corrente di tesoreria centrale fruttifero (remunerato secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica) già aperto al fine della copertura finanziaria, in termini di fabbisogno, delle somme erogate ad ILVA spa (si richiama infatti l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98 avente ad oggetto disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA).

La giacenza, da mantenere depositata a fine anno sul conto corrente di tesoreria sarà restituita nel corso del 2019.

 

Si ricorda che l'articolo 50 del decreto legge n. 50/2017 (in cui è stato trasposto il contenuto del decreto-legge n. 55 del 2 maggio 2017), ha previsto misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia SAI S.p.A., in relazione alla situazione di grave crisi finanziaria evidenziatasi nel 2016, disponendo un finanziamento a titolo oneroso di 600 milioni di euro, della durata di sei mesi, per far fronte alle indilazionabili esigenze gestionali della società stessa e delle altre società del gruppo sottoposte ad amministrazione straordinaria, al fine di evitare l'interruzione del servizio.

Il 2 maggio 2017 il Consiglio di Amministrazione di Alitalia aveva infatti deciso all'unanimità di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, come consentito dalla legge, dopo aver preso atto dell'esito del referendum tra i dipendenti che aveva bocciato una proposta di accordo tra sindacati e azienda.

Il finanziamento è stato concesso con l'applicazione di interessi al tasso Euribor a sei mesi, pubblicato il giorno precedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base (il tasso è di circa il 10%) e se ne è prevista la restituzione entro sei mesi dalla erogazione, in prededuzione, con priorità rispetto ad ogni altro debito della procedura.

Successivamente l'articolo 12 del decreto-legge n. 148 del 2017 ha differito al 30 aprile 2018 il termine per l'espletamento delle procedure di cessione di Alitalia, previste dal decreto legge n. 50 del 2017, ed ha incrementato di 300 milioni di euro, da erogare nel 2018, il finanziamento oneroso già concesso nelle more dell'esecuzione della procedura di amministrazione straordinaria.

La medesima disposizione aveva altresì stabilito che la durata del finanziamento, per la quota erogata nel 2017, fosse prorogata fino al 30 settembre 2018 e che la quota di finanziamento erogata nel 2018 dovesse essere restituita entro il termine dell'esercizio.

Con il decreto-legge n. 38 del 2018 si è infine disposto che il termine per la conclusione delle procedure di cessione fosse differito dal 30 aprile al 31 ottobre 2018 e che il termine per la restituzione delle somme erogate fosse fissato in via unitaria, per le due tranche di finanziamento erogate, al 15 dicembre 2018.

Il finanziamento concesso ad Alitalia sulla base delle citate disposizioni normative è stato notificato, secondo quanto riportato nella relazione tecnica al decreto-legge n.38 del 2018, a gennaio 2018 alla Commissione europea, in adempimento dell'obbligo di notifica previsto dalle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il 23 aprile 2018 la Commissione ha comunicato di avere aperto "un'indagine approfondita per valutare l'eventuale violazione della normativa sugli aiuti di Stato". I contenuti della comunicazione sono stati pubblicati il 20 luglio 2018.

La Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea rappresentando l’esistenza di “seri dubbi circa la compatibilità dell’aiuto al salvataggio notificato con il mercato interno” ed invitando l’Italia a presentare entro un mese dalla ricezione della comunicazione le proprie osservazioni.

La Commissione in particolare ha rilevato che non risulta sufficientemente motivato dall’Italia il fatto che l’aiuto fornito ad Alitalia contribuisca al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune; risultano inoltre, ad avviso della Commissione, seri dubbi sul fatto che le condizioni degli orientamenti sul salvataggio e la ristrutturazione concernenti la durata del prestito fornito (superiore ai sei mesi consentiti dagli orientamenti) e sui tempi di completamento della liquidazione siano state rispettate e che la forma dell’aiuto consenta il salvataggio di Alitalia riducendo al minimo le distorsioni.

La Commissione nutre inoltre seri dubbi circa la proporzionalità dell’aiuto, vale a dire sul fatto che l’importo dell’aiuto si sia realmente limitato al minimo necessario per permettere ad Alitalia di continuare l’attività nel periodo di riferimento e che il periodo durante il quale i prestiti sono stati concessi e continuano ad essere a disposizione di Alitalia sia conforme a quanto stabilito dagli orientamenti in materia di salvataggio e ristrutturazione. Ciò inoltre, sempre ad avviso della Commissione, comporta che gli effetti negativi sulla concorrenza e sugli scambi non possono essere considerati sufficientemente limitati.

Nell'aggiornamento della relazione tecnica sul decreto-legge n. 38 del 2018 presentato il 14 giugno 2018 si dà conto del fatto che il Governo italiano, il 25 maggio 2018, ha presentato le proprie osservazioni alla decisione della Commissione di aprire un'indagine formale.

L'Italia ha argomentato che l'intervento non costituisce un aiuto di Stato e che, in ogni caso, sarebbe da considerare un aiuto al salvataggio dell'impresa compatibile con il regime previsto ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Per un approfondimento sul regime degli aiuti di Stato sulla materia si veda il dossier sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n.38 del 2018.


Articolo 3 (em. 1.44 (testo 2) (già 3.22))
(Misure di semplificazione in materia di imprese e lavoro )

 

 

L’articolo 3 elimina l'obbligo della modalità telematica per la tenuta del Libro unico del lavoro.

 

Più nel dettaglio, l’articolo in esame abroga l’articolo 15 del D.Lgs. 151/2015 che prevedeva, a decorrere dal 1° gennaio 2019 (termine originariamente fissato al 1° gennaio 2017 e differito, da ultimo, dall’art. 1, c. 1154, della L. 205/2017), che il Libro unico del lavoro fosse tenuto in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che demandava ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle modalità tecniche ed organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione dei dati contenuti nel citato Libro unico.

Come specificato nella Relazione illustrativa, l’attuazione della suddetta disposizione non è ritenuta utile alle attività istituzionali del Ministero del lavoro e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ponendo, tra l’altro, in capo al Ministero stesso un aggravio di risorse non giustificabile.

 

Relativamente al settore agricolo, si ricorda che l’art. 8, c. 2, della L. 199/2016 (come modificato dal richiamato art. 1, c. 1154, della L. 205/2017) dispone che, dal 1° gennaio 2019, il passaggio al nuovo sistema di denuncia contributiva mensile all’INPS per le giornate di lavoro svolte dagli operai agricoli sia operativo (Uniemens agricolo), specificando, inoltre, che i dati contenuti nel libro unico del lavoro in modalità telematica, che sostituisce il sistema UNIEMENS quale unico documento per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva, siano resi accessibili a tutte le amministrazioni interessate.

 

Il Libro unico del lavoro è stato istituito, in sostituzione, in particolare, del libro matricola e del libro paga, dall’articolo 39 del D.L. 112/2008, nell’ambito dell’introduzione di alcune misure di semplificazione per quanto riguarda gli adempimenti obbligatori di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro. Il Libro  deve essere tenuto da ogni datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, e deve riportare, per ciascun mese di riferimento ed entro il mese successivo, i dati (il nominativo, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative) riferiti a tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Inoltre, deve essere annotata ogni dazione in danaro o in natura corrisposta o gestita dal datore di lavoro, nonché i dati relativi alle presenze. In ottemperanza a quanto previsto dal citato articolo 39 del D.L. 112/2008, il DM 9 luglio 2008 ha stabilito le modalità e i tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro. La consegna in copia al lavoratore delle scritturazioni effettuate sul libro unico del lavoro comporta per il datore di lavoro l’adempimento di quanto previsto dalla L. 4/1953 in materia di obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti di paga. È prevista, infine, l’applicazione di sanzioni in caso di omissioni nella istituzione, tenuta ed esibizione, nonché (salvo i casi di errore meramente materiale) in caso di irregolarità nella tenuta, del libro unico del lavoro.

 

Il comma 1-bis elimina per i produttori ed i confezionatori di burro l'obbligo di tenuta, per ogni stabilimento, del registro di carico e scarico sul quale devono essere indicate la quantità e la qualità della materia prima impiegata ed i tipi di burro ottenuti. Inoltre, elimina le previsioni per cui sono esclusi dall'obbligo della tenuta del registro gli imprenditori agricoli, singoli o associati, di cui all'articolo 2135 del codice civile aventi una produzione annua inferiore a 5 tonnellate di burro e il registro deve essere preventivamente vidimato dal capo dell'istituto di vigilanza per la repressione delle frodi del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, competente per territorio, o da un funzionario da esso delegato.

A tal fine abroga i commi sesto e settimo dell'articolo 1 della L. 1526/1956.

Il comma 1-ter elimina la previsione per cui il suddetto registro di carico e scarico deve essere dematerializzato e realizzato nell'ambito del SIAN.

A tal fine abroga il co. 7 dell'art. 1-bis del D.L. 91/2014 (L. 116/2014).

 

Si fa presente che la disposizione abrogata recava anche alcune novelle al sesto comma dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1956, n. 1526 (del quale il comma 1-bis dispone comunque l'abrogazione) e prevedeva altresì l'abrogazione del settimo comma del medesimo articolo, in ogni caso ribadita dal precedente comma 1-bis.

Il comma 1-quater elimina l'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico per i grossisti diversi da quelli che commercializzano esclusivamente zucchero preconfezionato in bustine di peso massimo pari a 10 grammi di saccarosio, escluso lo zucchero a velo, di glucosio, di miscele di glucosio e fruttosio e degli zuccheri estratti dall'uva diversi dal mosto concentrato rettificato, anche in soluzione.

Elimina altresì l'obbligo di tenuta di un analogo registro per tutti gli utilizzatori dei prodotti annotati nel registro di carico e scarico tenuto dai produttori e dagli importatori delle predette sostanze zuccherine.

A tal fine novella l'art. 60 della L. 238/2016.

Il comma 1-quinquies - novellando l'art. 2330 del codice civile - riduce da 20 a 10 giorni il termine entro il quale il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo della società per azioni deve depositarlo presso l'ufficio del registro delle imprese.

Il comma 1-sexies novella l'art. 25 del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) in materia di start-up innovativa e incubatore certificato.

ü  In particolare, abrogando il co. 14, elimina l'obbligo per la start-up innovativa e l'incubatore certificato di aggiornare e pubblicare nella sezione speciale del registro delle imprese le informazioni richieste per l'iscrizione nella medesima sezione (indicate, rispettivamente, nei commi 12 e 13).

ü  Novellando il comma 15, prevede che il rappresentante legale della start-up innovativa o dell'incubatore certificato possa attestare con dichiarazione depositata presso l'ufficio del  registro delle imprese il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi non solo entro 6 mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (come già previsto), ma anche entro il termine di 7 mesi nel caso di redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società (come previsto dal richiamato comma secondo dell'art. 2364 c.c.).

ü  Inserisce il comma 17-bis, il quale consente alla start-up innovativa e all'incubatore certificato di inserire le informazioni necessarie nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it in sede di iscrizione nella sezione speciale, aggiornandole o confermandole almeno una volta all'anno in corrispondenza del deposito della dichiarazione che attesta il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi, anche ai fini di condivisione delle stesse ai sensi del comma 10.

Il comma 1-septies novella l'art. 4 del D.L 3/2015 (L. 33/2015), relativo alle PMI innovative.

ü  Novellando il comma 6, prevede che il rappresentante legale delle PMI innovative possa attestare con dichiarazione depositata presso l'ufficio del  registro delle imprese il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi non solo entro 6 mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (come già previsto), ma anche entro il termine di 7 mesi nel caso di redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società (come previsto dal richiamato comma secondo dell'art. 2364 c.c.).

ü  Inserisce il comma 6-bis, il quale consente alla PMI innovativa di inserire le informazioni necessarie nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it in sede di iscrizione nell'apposita sezione speciale del registro delle imprese, aggiornandole o confermandole almeno una volta all'anno in corrispondenza del deposito dichiarazione che attesta il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi, anche ai fini di condivisione delle stesse informazioni ai sensi del comma 2.

Il comma 1-octies - novellando l'articolo 2, comma 2, lettera a), della L. 84/2006, modifica un requisito per la nomina a responsabile tecnico per l'esercizio dell'attività professionale di tintolavanderia, riducendo da 450 a 250 ore complessive nell'arco di un anno la durata dei corsi di qualificazione tecnico professionale da svolgersi dall'interessato.

Il comma 1-nonies interviene sull'art. 12, co. 1, del regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari (DPR 187/2001), eliminando gli obblighi di comunicazione al MIPAAFT ai quali sono attualmente tenuti i produttori di sfarinati e paste alimentari diretti alla successiva spedizione verso altri Paesi dell'Unione europea o verso gli altri Paesi contraenti l'accordo sullo spazio economico europeo nonché destinati all'esportazione.

Mediante l'abrogazione dei commi 3 e 5 del predetto articolo, elimina inoltre le disposizioni relative all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico nel quale vanno annotate le singole materie prime di base con requisiti diversi da quelli prescritti dal suddetto regolamento, nonché le sostanze delle quali non è autorizzato l'impiego per la produzione degli sfarinati e delle paste alimentari, che, invece, si intendono utilizzare per la fabbricazione degli sfarinati e delle paste alimentari non destinati al mercato nazionale ed i prodotti finiti.

Il comma 1-decies abroga la previsione (art. 1-bis, co. 6, D.L. 91/2014) per cui il predetto registro di carico e scarico è dematerializzato e realizzato nell'ambito del SIAN nonché le disposizioni attuative del DPR 187/2001 relative al sistema telematico per la gestione delle comunicazioni riguardanti gli sfarinati e le paste alimentari (DM 17 dicembre 2013) e alla dematerializzazione del registro di carico e scarico degli sfarinati e delle paste alimentari.


Articolo 3, comma 1-bis (identici em. 3.47, 3.48 e 3.49 (testo 2))
(Acquisizione da parte dell’INPS di dati della denuncia aziendale dei datori di lavoro agricolo)

 

Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli identici emendamenti 3.47, 3.48 e 3.49 (nel testo 2) – introduce la possibilità per l’INPS di acquisire d’ufficio determinati dati della denuncia aziendale dei datori di lavoro agricolo dal fascicolo aziendale istituito nell’ambito dell’anagrafe delle aziende agricole.

 

Nel dettaglio, il nuovo comma 1-bis dispone che i dati che possono essere acquisiti d’ufficio dall’INPS - tra quelli previsti per la denuncia aziendale che (ai sensi dell’art. 5, c. 1, del D.Lgs. 375/1993) i datori di lavoro agricolo sono tenuti a presentare agli uffici provinciali dello SCAU ai fini dell'accertamento dei contributi previdenziali dovuti e della gestione dell'anagrafe delle aziende agricole - sono quelli che concernono:

§  l’ubicazione, la denominazione e l’estensione dei terreni distintamente per titolo del possesso e per singole colture praticate;

§  l’indicazione della ditta intestata in catasto e delle partite, fogli e particelle catastali dei terreni condotti;

§  il numero dei capi di bestiame allevati, distintamente per specie, e modalità di allevamento

 

I suddetti dati vengono acquisiti dal fascicolo aziendale (di cui all’art. 9 del D.P.R. 503/1999), istituito nell'ambito dell'anagrafe delle aziende agricole e gestito dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), riepilogativo dei dati aziendali e finalizzato all'aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni richieste (ex art. 3 del richiamato D.P.R. 503/1999).

I suddetti dati vengono indicati dalle imprese agricole nel caso in cui non abbiano costituito o aggiornato il fascicolo aziendale.


Articolo 3, comma 1-bis (em. 3.500)
(Programma nazionale triennale della pesca)

 

Il comma 1-bis - introdotto con l'approvazione nel corso dell'esame in sede referente dell'emendamento 3.500 - interviene sulla platea dei destinatari del Programma nazionale triennale della pesca.

 

In particolare, esso inserisce, tra i destinatari del Programma nazionale triennale della pesca, relativamente alle iniziative di promozione della cooperazione, dell'associazionismo ed a favore dei lavoratori dipendenti (previste, rispettivamente, dagli articoli 16, 17 e 18 del d.lgs. 154/2004), anche le associazioni nazionali delle imprese di pesca "stipulanti il CCNL di riferimento nel settore".

A tal fine novella l'art. 2, co. 5-undecies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011).

 

Si ricorda che l'art. 2, co. 5-decies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) ha previsto che il Programma nazionale triennale della pesca sia adottato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, e contiene gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria.

L'art. 2, co. 5-undecies, del citato D.L. 225/2010 ha previsto che sono destinatari degli interventi del Programma nazionale:

ü  gli imprenditori ittici, la cui definizione, recata in precedenza dagli articoli 2 e 3 del d.lgs. 226/2001 (poi abrogati dall'art. 27, co. 1, lett. d), del d.lgs. 4/2012), è attualmente contenuta nell'art. 4 dello stesso d.lgs. 4/2012;

ü  i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale;

e, relativamente alle suddette iniziative di promozione della cooperazione, dell'associazionismo ed a favore dei lavoratori dipendenti,

ü  le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca;

ü  le associazioni nazionali delle imprese di pesca con rappresentanza diretta nel CNEL;

ü  le associazioni nazionali delle imprese di acquacoltura;

ü  le organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca;

ü  gli enti bilaterali previsti da tale contratto collettivo di riferimento del settore;

ü  i consorzi riconosciuti;

ü  i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale.

Il Programma   nazionale   triennale   della   pesca e dell'acquacoltura 2017-2019 è stato adottato con il DM 28 dicembre 2016.

Sulla base delle risultanze della manifestazione di interesse di cui al DD n. 17271 del 3 agosto 2017, il DD n. 21268 del 2 novembre 2017 ha individuato i soggetti attuatori, distinti per categoria giuridica, nell’ambito del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019.

 

 


Articolo 3, comma 1-ter (em. 3.500)
(Nullità delle clausole relative al termine di pagamento delle PMI)

 

Il comma 1-ter - inserito nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.500 - introduce una particolare ipotesi di nullità delle clausole disciplinanti i termini di pagamento a favore delle PMI.

 

Nello specifico, inserendo un comma 4-bis nell'art. 7 del d.lgs. 231/2002 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), il comma in esame stabilisce che, nelle transazioni commerciali in cui il creditore sia una PMI, si presume sia gravemente iniqua la clausola che prevede termini di pagamento superiori a 60 giorni. Tale presunzione non opera quando tutte le parti del contratto sono PMI. Per la definizione di PMI, si rinvia espressamente al DM 18 aprile 2005.

 

L'art. 7 del d.lgs. 231/2002 prevede, al co. 1, che le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

Come previsto dal co. 2, il giudice dichiara, anche d'ufficio, la nullità della clausola avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o del servizio oggetto del contratto, l'esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all'importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero.

In base al co. 3, si considera gravemente iniqua la clausola che esclude l'applicazione di interessi di mora. Non è ammessa prova contraria.

Per effetto del co. 4, si presume che sia gravemente iniqua la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero di cui all'articolo 6.

Infine, secondo il co. 5, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione è nulla la clausola avente ad oggetto la predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura. La nullità è dichiarata d'ufficio dal giudice.

 

 


Articolo 3-bis (em. 3.0.8)
(Agibilità per lavoratori autonomi dello spettacolo)

 

L’articolo 3-bis, proposto nel corso dell’esame in Commissione, apporta alcune modifiche alla disciplina relativa all’obbligo di richiesta del certificato di agibilità dei lavoratori dello spettacolo da parte delle imprese dello spettacolo.

 

In particolare, sostituendo l’articolo 6 del richiamato D.Lgs. C.P.S: 708/1947, si vieta, ad una serie di imprese operanti nel settore dello spettacolo (imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense; teatri tenda; enti, associazioni, imprese del pubblico esercizio, alberghi, emittenti radiotelevisive e impianti sportivi) di far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i lavoratori autonomi dello spettacolo (compresi quelli con rapporti di collaborazione), appartenenti alle categorie individuate (indicate dal n. 1 al n. 14 dell'articolo 3 del medesimo D.Lgs.C.P.S. 708) nel caso in cui non siano in possesso del certificato di agibilità [7] .

Per le prestazioni svolte dai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, il certificato di agibilità viene richiesto dai lavoratori medesimi, salvo l'obbligo di custodia dello stesso che è posto a carico del committente [8] .

In caso di inosservanza del richiamato divieto viene confermata la sanzione amministrativa di euro 129 per ogni giornata di lavoro prestata da ciascun lavoratore autonomo.

 

Contestualmente, viene abrogato il comma 3 (rectius: comma terzo) del successivo articolo 10, il quale dispone che il rilascio del certificato di agibilità sia subordinato alla presentazione di una garanzia nel caso in cui, all'atto della richiesta del certificato di agibilità, l'impresa risulti inadempiente agli obblighi di legge, nonché nel caso in cui l'impresa presenti, per la prima volta, la denuncia delle persone occupate e relativa retribuzione giornaliera (nonché le ulteriori notizie richieste dall’ente previdenziale).


Articolo 3-bis (em. 3.0.700)
(Etichettatura dei prodotti alimentari)

 

L'articolo 3-bis - introdotto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.700 - apporta talune modifiche all’articolo 4 della legge n.4/2011, abrogando i commi 1 e 2, 4 e 4-bis, sostituendo i commi 3 e 10, e modificando, con una disposizione di risulta, i commi 6 e 12.

 

I commi 1-4-bis della legge n.4/2011 prevedono, rispettivamente, che:

-         è obbligatorio riportare nell’etichetta dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati e non, l’indicazione del luogo di origine o provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione europea, l’eventuale  utilizzazione di ingredienti in cui vi sia la presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale (comma 1);

-         per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione e nella produzione di prodotti (comma 2);

-        con decreti interministeriali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza Unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative nel settore e acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, previo espletamento della procedura di notifica alla Commissione europea, sono definite le modalità per l’indicazione obbligatoria e per la tracciabilità dei prodotti agricoli che provengono dal territorio nazionale (comma 3);

-        con i decreti previsti dal comma 3 sono, inoltre, definiti, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all’obbligo di indicazione nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione (comma 4);

-        le regioni sono chiamate a disporre i controlli sull’applicazione delle disposizioni richiamate, salve le competenze del Ministero delle politiche agricole e forestali (comma 6);

-        salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti alimentari non etichettati in conformità delle precedenti disposizioni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.500 euro ( comma 10);

-        gli obblighi stabiliti hanno effetto decorsi 90 giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti previsti. I prodotti etichettati anteriormente alla data dell’entrata in vigore delle disposizioni e privi delle indicazioni obbligatorie possono essere venduti entro i successivi 180 giorni (comma 12)

 

 

L’emendamento in esame, al comma 1:

a)abroga i commi 1 e 2;

 

b) sostituisce il comma 3 con tre commi che, così, dispongono:

- con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative nel settore agroalimentare, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari e previo espletamento della procedura di notifica, sono definiti i casi in cui l’indicazione del luogo di provenienza è obbligatoria. Sono fatte salve le norme europee relative agli obblighi di tracciabilità e di etichettatura dei prodotti contenenti organismi geneticamente modificati (comma 3);

 

Il testo richiama le finalità indicate alle lettere b), c) e d) ,paragrafo 1, dell’articolo 39 del  regolamento n.1169/2011. Tale disposizione prevede che, oltre alle indicazioni obbligatorie, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all’articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi:

a) protezione della salute pubblica;

b) protezione dei consumatori;

c) prevenzione delle frodi;

d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale;

 

-        con il medesimo decreto sono individuate le categorie specifiche di alimenti per i quali è stabilito l’obbligo dell’indicazione del luogo di provenienza. In base a quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 39 del Reg. 1169/2011, il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, in collaborazione con l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), realizza appositi studi che siano capaci di provare il nesso diretto tra la qualità di taluni alimenti e la provenienza e come sia percepita nel consumatore l’informazione relativa alla provenienza del prodotto e quando la sua omissione è considerata ingannevole. I risultati saranno trasmessi alla Commissione europea insieme alla notifica del decreto (comma 3-bis)

 

In base a quanto prevede il paragrafo 2 dell’art. 39 del reg. 1169/2011, gli Stati membri possono introdurre disposizioni concernenti l’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza. Al momento di notificare tali disposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazione.

 

-        l’indicazione del luogo di provenienza è sempre obbligatoria, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, lettera a) del reg. 1169/2011, quando si verifichino le condizioni per l’applicazione dell’art. 1 del reg. (UE) n.775/2018. Una indicazione difforme del Paese di origine rispetto a quella reale si configura come violazione dell’articolo 7 in materia di pratiche leali di informazione (comma 3-ter).

 

L’art. 26, par. 2, lettera a) del Reg. 116972011 prevede che l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reale dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero, altrimenti, far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza.

Il paragrafo 3 prevede, poi, che quando il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:

a)     è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure

b)    il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.

Il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione ha stabilito le modalità di applicazione dell'articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011. Esso si applica quando il paese d'origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche, ad eccezione dei termini geografici figuranti in denominazioni usuali e generiche. Il paragrafo 2 prevede che il regolamento non si applichi alle indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (CE) n. 110/2008 o (UE) n. 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, né ai marchi d'impresa, registrati, laddove questi ultimi costituiscano un'indicazione dell'origine, in attesa dell'adozione di norme specifiche riguardanti l'applicazione dell'articolo 26, paragrafo 3, a tali indicazioni.

L’articolo 2 del provvedimento in esame prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza di un ingrediente primario, che non è lo stesso paese d'origine o luogo di provenienza indicato per l'alimento, viene fornita:

a) con riferimento a una delle seguenti zone geografiche:

-  «UE», «non UE» o «UE e non UE»; o

-  una regione o qualsiasi altra zona geografica all'interno di diversi Stati membri o di paesi terzi, se definita tale in forza del diritto internazionale pubblico o ben chiara per il consumatore medio normalmente informato; o

- la zona di pesca FAO, o il mare o il corpo idrico di acqua dolce se definiti tali in forza del diritto internazionale o ben chiari per il consumatore medio normalmente informato; o

-  uno o più Stati membri o paesi terzi; o

- una regione o qualsiasi altra zona geografica all'interno di uno Stato membro o di un paese terzo, ben chiara per il consumatore medio normalmente informato; o

- il paese d'origine o il luogo di provenienza, conformemente alle specifiche disposizioni dell'Unione applicabili agli ingredienti primari in quanto tali;

b) oppure attraverso una dicitura del seguente tenore:

«(nome dell'ingrediente primario) non proviene/non provengono da (paese d'origine o luogo di provenienza dell'alimento)» o una formulazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore.

Il Regolamento si applica a decorrere dal 2020.

Da quella data sono destinati a perdere di efficacia i seguenti regolamenti nazionali:

- il decreto con il quale si è resa obbligatoria l’indicazione dell’origine del latte, anche quando utilizzato nei prodotti lattiero-caseari (DM 9 dicembre 2016);

- i decreti  relativi all’indicazione dell’origine del grano duro per paste di semola di grano duro e del riso (entrambi DM 26 luglio 2017, pubblicati, rispettivamente, in GU n. 190 e 191 del 16 agosto 2017);

- il decreto sull’origine in etichetta del pomodoro (DM 16 novembre 2017 in GU n.47 del 26 febbraio 2018).

L’articolo 7 del reg. 1169/2011, richiamato dalla norma prevede che le informazioni non devono indurre inducono in errore, in particolare:

-        per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione,

-        attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;

-        suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive;

-        suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente.

 Le informazioni sugli alimenti devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore

.

c)      abroga i commi 4 e 4-bis.

d)    apporta correzioni ai commi 6 ,11 e 12  di carattere tecnico conseguenti all’aver previsto un unico decreto attuativo e non più una pluralità come nel testo attualmente vigente;

e)     sostituisce il comma 10, prevedendo che per le violazioni relative all’obbligo di indicazione dell’origine del prodotto si applicano le sanzioni di cui al decreto legislativo n.231 del 2017.

 

 

Il decreto legislativo 15 dicembre 2017 ha recato la Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell'articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015».

 

 

Infine, al comma 2, si prevede che la disposizione in esame entri in vigore tre mesi dopo la data di notifica alla Commissione europea di cui viene data comunicazione con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 


Articolo 3-bis (em. 3.0.81 (testo 3))
(Omesso versamento ritenute previdenziali e assistenziali)

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame referente dalle Commissioni riunite, amplia il lasso temporale (portandolo da 3 a 24 mesi) entro il quale il datore di lavoro che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali non sia punibile né assoggettabile a sanzione amministrativa.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 463/1983 (così come modificato dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 8/2016) attualmente dispone che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali da parte del datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti i sia considerato non più reato ma illecito amministrativo al verificarsi di specifiche condizioni.

Più specificamente, che la depenalizzazione opera a condizione che l’omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui (nel qual caso sarà comminata una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro). In ogni caso, il datore di lavoro non è punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa se provvede al versamento delle richiamate ritenute entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.


Articolo 3-bis (em. 3.0.136 (testo 2))
(Semplificazioni per le zone economiche speciali ZES e per le zone logistiche semplificate ZLS)

 

L'articolo 3-bis, proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.136 (testo 2), inserisce una serie di agevolazioni per la zona economica speciale (ZES). Delle procedure semplificate stabilite dalla norma usufruiscono anche le imprese che operano nella zona logistica semplificata (ZLS).

 

Con l'approvazione dell'emendamento 3.0.136 (testo 2), si viene a prevedere una riformulazione della disciplina dettata dal decreto legge n. 91 del 2017 recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno.

 

Il comma 1 dell'articolo 3-bis in esame sostituisce integralmente l'articolo la lettera a) dell'articolo 5, comma 1, del citato decreto. Viene dunque previsto che le nuove imprese e quelle già esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella zona economica speciale (ZES), possono usufruire delle seguenti tipologie di agevolazioni:

 

a) l'attività economica nelle zone economiche speciali (di seguito ZES) è libera, nel rispetto delle norme nazionali ed europee sull'esercizio dell'attività d'impresa. Al fine di semplificare ed accelerare l'insediamento, la realizzazione e lo svolgimento dell'attività economica nelle ZES sono disciplinati i seguenti criteri derogatori alla normativa vigente, le procedure semplificate e i regimi procedimentali speciali applicabili. Per la celere definizione dei procedimenti amministrativi, sono ridotti di un terzo i termini di cui agli articoli 2 e 19 della legge n. 241 del 1990; di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale), VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e AIA (Autorizzazione Ambientale Integrata); di cui al D.P.R. n. 59 del 2013 in materia di AUA (Autorizzazione Unica Ambientale); di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, del D.P.R. n. 31 del 2017, in materia di autorizzazione paesaggistica; di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in materia edilizia; di cui alla legge n. 84 del 1994, in materia di concessioni demaniali portuali;

 

a-bis) eventuali autorizzazioni, licenze, permessi, concessioni o nulla osta comunque dominati la cui adozione richiede l'acquisizione di pareri, intese, concerti o altri atti di assenso comunque denominati di competenza di più amministrazioni sono adottati ai sensi dell'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1991, con termini ridotti della metà;

 

a-ter) il Comitato di indirizzo della ZES, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018, assicura il raccordo tra gli sportelli unici istituiti ai sensi della normativa vigente e lo sportello unico di cui alla legge n. 84 del 1994, che opera quale responsabile unico del procedimento ai sensi della legge n. 241 del 1990 per la fase di insediamento, di realizzazione e di svolgimento dell'attività economica nella ZES. Lo sportello unico è disponibile in formato digitale, in almeno una lingua diversa dall'italiano ed è organizzato sulla base di moduli e formulari standardizzati per la presentazione dell'istanza nei quali è, in particolare, indicata la presenza di eventuali vincoli ambientali, urbanistico/paesaggistici nonché di eventuali termini di conclusione del procedimento;

 

a-quater) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita la Cabina di regia ZES presieduta dall'Autorità politica delegata per la coesione territoriale – Ministro per il sud e composta dal Ministro per gli affari regionali, dal Ministro per la funzione pubblica, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dello sviluppo economico, dai Presidenti delle Regioni e delle province autonome, nonché dai Presidenti dei Comitati di indirizzo delle ZES istituite, nonché gli altri Ministri competenti in base all'ordine del giorno. Alle riunioni della Cabina di regia possono essere invitati come osservatori i rappresentanti di enti pubblici locali e nazionali e dei portatori di interesse collettivi o diffusi. L'istruttoria tecnica delle riunioni della Cabina di regia, che si avvale a tal fine del Dipartimento per la coesione territoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri, riguarda principalmente la verifica e il monitoraggio degli interventi nelle ZES.

 

a-quinquies) entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018, n. 135, ogni Regione interessata può presentare all'Autorità politica delegata per la coesione territoriale – Ministro per il sud, una proposta di protocollo o convenzione per l'individuazione di ulteriori procedure semplificate, e regimi procedimentali speciali. La proposta individua dettagliatamente le procedure oggetto di semplificazioni, le norme di riferimento e le amministrazioni locali e statali competenti ed è approvata dalla Cabina di regia di cui alla lettera precedente. Sono parti dell'accordo o protocollo, la Regione proponente e le amministrazioni locali o nazionali competenti per ogni procedimento individuato;

 

a-sexies) nelle ZES sono istituite aree doganali intercluse ai sensi del Codice doganale europeo. Tali aree consentono di operare, per le merci importate e da esportare, in regime di sospensione dell'IVA. La perimetrazione di dette aree doganali è proposta da ciascun Comitato di indirizzo o Regione entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018 e approvata con decreto direttoriale dell'Agenzia delle dogane territorialmente competente, adottato entro trenta giorni dalla proposta.

 

All'articolo 5, del decreto legge n. 91 del 2017 viene inoltre inserito l'articolo 2-bis, ai sensi del quale gli interventi relativi agli oneri di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7 del D.P.R. n. 380 del 2001, per le imprese beneficiane delle agevolazioni che effettuano gli investimenti ammessi al credito di imposta di cui al comma 2, sono realizzati entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte delle imprese ai gestori dei servizi di pubblica utilità. In caso di ritardo si applica l'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990.

 

I riferimenti alle lettere a-bis, a-ter, a-quater, a-quinquies e a-sexies sono inoltre inseriti nell'articolo 1, comma 64 della legge 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), disponendo che le nuove imprese e quelle già esistenti che operano nella Zona logistica semplificata fruiscono delle procedure semplifciate previste dalle citate lettere dell'articolo 5, comma 1 del decreto legge n. 91 del 2017, come modificato dall'articolo in esame.

 

  

 

 


Articolo 4, comma 2 (em. 4.3 (testo 3))
(Custodia dei beni pignorati)

 

L'articolo 4, comma 2 - nel testo proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 4.3 (testo 3) – interviene sull’art. 560 del codice di procedura civile garantendo al debitore ed ai suoi familiari conviventi il diritto di abitare l’immobile pignorato fino al decreto di trasferimento del bene, che conclude il procedimento di espropriazione immobiliare.

 

 

Il comma 2 interviene sulla disciplina dell’espropriazione immobiliare, per sostituire interamente l’art. 560 del codice (Custodia dei beni pignorati).

Il testo originario del decreto-legge in conversione, invece, si limita a sostituire il terzo comma dell’art. 560, per quanto riguarda la possibilità per il debitore che vanti crediti nei confronti della p.a. di continuare ad abitare l’immobile pignorato in attesa dell’espropriazione forzata.

 

Il decreto-legge n. 135 del 2018, con esclusivo riferimento ai debitori assoggettati ad espropriazione immobiliare che siano titolari di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni, il cui ammontare complessivo sia pari o superiore all’importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti nell’espropriazione, integrando il contenuto dell’art. 560, comma 3, prevede:

- che il giudice possa ordinare la liberazione dell’immobile solo dopo aver emesso il decreto di trasferimento del bene espropriato all’aggiudicatario (decreto previsto dall’art. 586 c.p.c.). Conseguentemente, il debitore potrà continuare ad abitare l’immobile durante il corso della procedura, fino al suo completamento;

- che per ottenere questo beneficio, il debitore esecutato debba documentare i crediti verso la P.A. nell’udienza fissata per autorizzare la vendita dell’immobile (art. 569 c.p.c.). I crediti dovranno risultare dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni;

- che la sussistenza di queste condizioni debba essere comunicata al pubblico con l’avviso di vendita dell’immobile (art. 570 c.p.c.);

- che il giudice debba fissare una data per il rilascio dell’immobile compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivi al decreto di trasferimento.

 

Con la sostituzione dell’art. 560 c.p.c., il provvedimento afferma il diritto del debitore (e dei suoi familiari conviventi) a continuare ad abitare l’immobile sino al decreto di trasferimento che conclude l’espropriazione forzata immobiliare (terzo comma). Tale diritto è riconosciuto a tutti i debitori, a prescindere dalla loro posizione di creditori nei confronti delle pubbliche amministrazioni (come invece disposto dal testo del decreto-legge).

A tal fine il debitore deve:

§  conservare il bene tutelandone l’integrità, con la diligenza del buon padre di famiglia (secondo comma);

§  abitare l’immobile personalmente. Soltanto il giudice dell’esecuzione può eventualmente autorizzare la locazione (settimo comma);

§  consentire, d’accordo con il custode, la visita dell’immobile da parte di potenziali acquirenti, con le modalità individuate dal giudice (art. 569 c.p.c.) quando ha autorizzato la vendita dell’immobile (quarto e quinto comma).

Se il debitore rispetta queste disposizioni «il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento» (ottavo comma).

Viceversa, in caso di violazione delle disposizioni, «il giudice ordina, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato» (sesto comma).

 


Articolo 4-bis (em. 4.0.1000)
(Disposizioni in favore dei familiari delle vittime e dei superstiti del disastro di Rigopiano)

 

Con l'approvazione dell'emendamento 4.0.1000 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 4-bis. Esso prevede la corresponsione di speciali erogazioni per i familiari delle vittime del disastro avvenuto presso l'hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo, il 18 gennaio 2017 e per coloro che siano stati gravemente feriti.

L'articolo in esame autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2019 in favore delle famiglie delle vittime e di coloro che, a seguito del disastro sopra ricordato, abbiano subito lesioni gravi o gravissime (comma 1), stabilisce le modalità secondo le quali le somme sono ripartite ed assegnate (commi 2-7), dispone l'esenzione fiscale e la cumulabilità con altri benefici (comma 8) e indica la relativa copertura finanziaria (commi 9 e 10).

 

Il comma 1, oltre a recare l'autorizzazione di spesa pari a 10 milioni di euro per il 2019, specifica che le elargizioni sono destinate alle famiglie delle vittime e a chi ha riportato lesioni "gravi o gravissime".

 

Ai sensi del codice penale (art. 583) la lesione personale si considera grave se dal fatto deriva una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni che supera i 40 giorni o una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione personale è gravissima, se dal fatto deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, una permanente e grave difficoltà della favella ovvero la deformazione o lo sfregio permanente del viso.

 

Il comma 2 stabilisce che spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con i sindaci dei comuni di residenza delle vittime e dei soggetti che hanno subito lesioni personali gravi e gravissime, individuare le famiglie beneficiarie e attribuire le somme a ciascuna famiglia o soggetto.

 

Il comma 3 prevede che alle famiglie delle vittime sia attribuita una somma che viene determinata anche valutando lo stato di “effettiva necessità”.

 

Il comma 4 individua i criteri secondo i quali sono stabilite le somme da erogare a coloro che hanno subito una lesione grave o gravissima. In tal caso la somma è calcolata in proporzione alla gravità della lesione e tenuto conto dello stato di effettiva necessità ed attribuita “nel limite di spesa complessivo previsto dal comma 1”.

Tale ultimo inciso appare superfluo alla luce di quanto previsto dall’ultimo periodo del medesimo comma 4, il quale richiama, anch'esso, il limite di spesa posto dal comma 1.

 

I commi 5 e 6 stabiliscono le modalità secondo le quali sono attribuite le somme spettanti ai familiari delle vittime di cui al comma 3. Si prevede in particolare il seguente ordine:

a)     al coniuge superstite (con esclusione del coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza, anche non definitiva, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del coniuge al quale sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato) e ai figli se a carico;

b)    ai figli, precisando che l’assegnazione delle somme avviene solo nel caso in cui il coniuge manchi ovvero risulti escluso dal beneficio ai sensi di quanto previsto dalla lettera a);

c)     al convivente more uxorio;

d)    ai genitori;

e)     ai fratelli e alle sorelle (se conviventi e a carico);

f)      ai conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l’evento.

Nel caso in cui vi siano figli nati da rapporti di convivenza more uxorio, il convivente more uxorio è equiparato al coniuge superstite con riguardo all’ordine di assegnazione delle risorse di cui al comma 3.

 

Si segnala che provvidenze analoghe a quelle previste dal presente articolo sono state riconosciute anche ai familiari delle vittime e in favore dei superstiti dei disastri ferroviari di Viareggio (ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 106 del 2010) e di Andria-Corato (ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 113 del 2016).

 

Il comma 7 stabilisce che le elargizioni di cui al comma 1 sono corrisposte con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Il comma 8 precisa che tali elargizioni sono esenti da ogni imposta e tassa e sono assegnate in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.

 

Il comma 9 individua la copertura finanziaria. In particolare si provvede utilizzando la somma iscritte, per il 2019, nel Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'interno.

Tale Fondo è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), art. 52, comma 8, al fine di favorire il puntuale esercizio da parte di regioni ed enti locali delle funzioni loro conferite ai sensi della legge n. 59 del 1997. Le somme sono utilizzate in caso di effettive sopraggiunte esigenze valutate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si segnala che lo stanziamento di competenza del Fondo, per il 2019, ammonta a 50,7 milioni di euro circa.

 

Il comma 10 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Articolo 8, comma da 1-bis a 1-quinquies (em. 8.500)
(Trasferimento delle funzioni commissariali per l’attivazione dell’Agenda digitale)

 

Questi commi - dei quali le Commissioni riunite referenti propongono l’introduzione - dispongono:

ü  il prolungamento del mandato del Commissario straordinario per l’attivazione dell’Agenda digitale al 31 dicembre 2019 (diversamente scadrebbe il 15 settembre 2019, secondo il d.P.C.m. 25 ottobre 2018 che ha nominato il Commissario in carica) (comma 1-bis);

ü  l’attribuzione, dal 1° gennaio 2020, al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato, delle funzioni del Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale (quale definita dall’articolo 63 del decreto legislativo n. 179 del 2016, che disciplina la nomina commissariale). Siffatte funzioni sono esercitate dalla Presidenza del Consiglio mediante proprie strutture (comma 1-ter);

ü  che la Presidenza del Consiglio si avvalga, per le funzioni così acquisite, di un contingente di esperti (a disposizione della propria struttura), in possesso di specifica ed elevata competenza e di “significativa” esperienza in materia tecnologica e di gestione di processi complessi, compreso lo sviluppo di programmi e piattaforme digitali con diffusione a larga scala. Questi esperti sono da nominare secondo la disciplina (posta dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999) del conferimento degli incarichi presso la Presidenza del Consiglio. Numero, qualificazioni richieste, compensi degli esperti sono da determinarsi con apposito d.P.C.m. (comma 1-quater);

ü  lo stanziamento di 6 milioni annui, a decorrere dal 2020, con relativa copertura, attinta - per quanto riguarda l'anno 2020 - per due terzi dal Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per un terzo dal Fondo per le esigenze indifferibili del medesimo stato di previsione. A decorrere dall'anno 2021 l'intera copertura dei 6 milioni di euro è effettuata mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, relativa al Fondo per esigenze indifferibili (comma 1-quinquies).

 


Articolo 8-bis (em. 8.0.500)
(Disposizioni in materia di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga)

 

La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 8.0.500, apporta modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2016 di Attuazione della direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga.

 

Più nel dettaglio la lettera a) del comma 1 dell'articolo modifica l'articolo 7 del decreto legislativo n. 33, recante disposizioni per la semplificazione nel rilascio delle autorizzazioni, inserendo due ulteriori commi.

 

Il nuovo comma 2-bis prevede che qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sottoservizi, ai fini dell'autorizzazione archeologica, l'avvio dei lavori è subordinato alla trasmissione da parte dell'operatore di rete alla sopraintendenza competente, di documentazione cartografica rilasciata dalle competenti autorità locali che attesti la sovrapposizione dell'intero tracciato ai sottoservizi esistenti.

Tale disciplina si applica anche alla realizzazione dei pozzetti accessori alle infrastrutture stesse qualora essi siano realizzati al di sopra dei medesimi sottoservizi preesistenti.

L'operatore di rete deve comunicare alla sopraintendenza competente, l'inizio dei lavori almeno 15 giorni prima. Nel caso in cui la posa in opera dei sottoservizi interessi spazi aperti nei centri storici, deve essere depositato in sopraintendenza, ai fini della preventiva approvazione, anche un apposito elaborato tecnico che dia conto della risistemazione degli spazi oggetto degli interventi.

 

Ai sensi del nuovo comma 2-ter  nel caso in cui siano utilizzate tecnologie di scavo a basso impatto ambientale con minitrincea, sempre ai fini dell'autorizzazione archeologica, le attività di scavo sono precedute da indagini non invasive, concordate con la sopraintendenza, in relazione alle caratteristiche delle aree interessate dai lavori. A seguito di tali indagini delle quali la sopraintendenza deve tenere conto nella progettazione dell'intervento, le tecnologie di scavo in minitrincea si considerano esentate dalla procedura di verifica preventiva dell'impatto archeologico. La disposizione fa salva la possibilità per il Sopraintendente di prescrivere in ogni caso il controllo archeologico in corso d'opera per i lavori di scavo.

 

La lettera b) del comma 1 inserisce un ulteriore comma all'articolo 8 del decreto legislativo n. 33 del 2016. La nuova disposizione (comma 4-bis) prevede che i lavori necessari alla realizzazione di infrastrutture interne ed esterne all'edificio predisposte per le reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, volte a portare la rete fino alla sede dell'abbonato, si considerano equiparati ai lavori di manutenzione straordinaria urgente di cui all'articolo 1135 del codice civile. Sono esclusi dall'ambito applicativo della disposizione gli immobili tutelati in quanto beni culturali.

 

La lettera c) del comma 1 interviene sul comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 33 del 2016. Tale disposizione nella sua formulazione vigente reca una norma di interpretazione autentica, per la quale l'articolo 93, comma 2, del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs n. 259 del 2003), si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti.

 

L'articolo 93, comma 2 del Codice delle comunicazioni elettroniche prevede che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale.

 

La modifica proposta approvata dalle Commissioni riunite integra la disposizione con l'ulteriore precisazione per la quale resta escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto.

 

Il comma 2 apporta le seguenti modifiche all'articolo 88 del codice delle comunicazioni elettroniche (Opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico):

·       al comma 1 prevede che sia presentata una istanza unica nel caso di installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica che presuppongono la realizzazione di opere civili o di scavi. Il comma 1, a legislazione vigente, prevede che qualora l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica presupponga la realizzazione di opere civili o, comunque, l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico, i soggetti interessati sono tenuti a presentare apposita istanza conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello C allegato, all'Ente locale ovvero alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree.

·       Al comma 6 prevede che il rilascio dell'autorizzazione comporta l'autorizzazione non solo alla effettuazione degli scavi ma anche delle eventuali opere civili;

·       Introduce un nuovo comma, il comma 7-bis in base al quale con riguardo ad interventi per l'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga l'autorizzazione relativa agli interventi in materia di edilizia pubblica e privata, è rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla ricezione della richiesta da parte della Sopraintendenza a condizione che detta richiesta sia corredata da idonea e completa documentazione tecnica.

 

 Il comma 3 modifica l'allegato B del D.P.R. 13/02/2017, n. 31, recante l'elenco di interventi di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato.  

 

Oggetto di modifica è il capoverso B10: viene sottratto al procedimento autorizzatorio semplificato l'installazione di cabine per impianti tecnologici a rete all'interno di siti recintati già attrezzati con apparati di rete che non superando l'altezza della recinzione del sito, non comporti un impatto paesaggistico ulteriore al sito nel suo complesso.

 

Il capoverso B.10., attualmente, ricomprende tra gli interventi soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato: l'installazione di cabine per impianti tecnologici a rete o colonnine modulari ovvero sostituzione delle medesime con altre diverse per tipologia, dimensioni e localizzazione.

 

Il comma 4 interviene sull'articolo 26 del codice della strada, inserendo il nuovo comma 3-bis. 

 

L'articolo 26 del codice della strada (D.lgs. n. 285 del 1992) disciplina la competenza per le autorizzazioni e le concessioni per la costruzione di strade ed aree pubbliche. Tali autorizzazioni sono rilasciate dall'ente proprietario della strada o da altro ente da quest'ultimo delegato o dall'ente concessionario della strada in conformità alle relative convenzioni; l'eventuale delega è comunicata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o al prefetto se trattasi di ente locale (comma 1).  Le autorizzazioni e le concessioni in questione sono di competenza dell'ente proprietario della strada e per le strade in concessione si provvede in conformità alle relative convenzioni (comma 2). Ai sensi del comma 3 per i tratti di strade statali, regionali o provinciali, correnti nell'interno di centri abitati con popolazione inferiore a diecimila abitanti, il rilascio di concessioni e di autorizzazioni è di competenza del comune, previo nulla osta dell'ente proprietario della strada.

 

Il nuovo comma 3-bis prevede che nel caso di interventi finalizzati alla installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga il nulla osta venga rilasciato nel termine di 15 giorni dalla ricezione della richiesta da parte del Comune.

 

Il comma 5 interviene, infine, sull'articolo 94 del TU edilizia.

 

L'articolo 94 (Autorizzazione per l'inizio dei lavori) prevede che, fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 5 modifica quest'ultima previsione stabilendo che l'autorizzazione è rilasciata entro 40 giorni nel caso di interventi finalizzati alla installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga.

 


Articolo 8-bis (em. 8.0.3)
(Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract)

 

L'articolo reca una definizione normativa delle "tecnologie basate su registri distribuiti" e dello "smart contract".

Prevede inoltre che la memorizzazione di un documento informatico attraverso l'uso di tecnologie basate su registri distribuiti produca gli effetti giuridici (e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali) della validazione temporale elettronica (ai sensi dell'articolo 41 del Regolamento UE n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno).

Infine, dispone - affinché le tecnologie basate su registri distribuiti possano produrre siffatti effetti giuridici - Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) individui i correlativi standard tecnici entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

"Tecnologie basate su registri distribuiti" sono definite: le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.

"Smart contract" è un programma per elaboratore che opera su Tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.

Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.


Articolo 9-bis, comma 1 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2))
(Personale del Servizio Sanitario nazionale)

 

L’articolo 9-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 9.0.500, detta alcune disposizioni in tema di personale del Servizio sanitario nazionale, modificando alcune norme della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018).

 

Più in particolare, la lettera a), aggiungendo un periodo al comma 365 dell'articolo 1 della legge citata, prevede che le disposizioni di cui ai commi 361, 363 e 364 si applicano alle procedure concorsuali per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico solo qualora le stesse siano bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale dopo il 31 dicembre 2019.   

 

I commi 360-366 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 concernono le modalità delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni, l'esclusione della possibilità di utilizzare le graduatorie concorsuali al fine di assumere idonei e la modifica, in via transitoria, dei termini di vigenza delle graduatorie medesime.

I commi in esame riguardano tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni), con esclusione delle assunzioni del personale scolastico (ivi compresi i dirigenti) e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

I commi 361 e 365 prevedono, con riferimento alle procedure concorsuali delle summenzionate pubbliche amministrazioni, bandite dopo il 1° gennaio 2019, che le relative graduatorie siano impiegate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso - senza, quindi, possibilità di assunzione di idonei -, fermi restando i termini di vigenza delle medesime graduatorie.

Tali termini sono modificati, in via transitoria, dal successivo comma 362, che pone termini di durata specifici a seconda dell'anno di approvazione della graduatoria, con riferimento agli anni 2010-2018, mentre viene confermato il termine già vigente di 3 anni per le graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2019. Viene inoltre esplicitamente confermata la possibilità, per le leggi regionali, di stabilire periodi di vigenza inferiori.

I commi 363 e 364 recano alcune norme di abrogazione, ai fini del coordinamento con il principio summenzionato di cui ai commi 362 e 365.

 

 

La lettera b) modifica il comma 687 dell'articolo 1 della citata legge 145/2018, concernente la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale, sostituendo il secondo periodo dello stesso.

 

Il citato comma 687 prevede che la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN rimanga nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della mancata attuazione nei termini (12 mesi dal 28 agosto 2015, data di entrata in vigore della legge delega) previsti dalla medesima delega di cui all’art. 11, comma 1, lett. b) della L. 124/2015, relativamente alla riorganizzazione e, in particolare, al nuovo inquadramento della dirigenza pubblica.

In proposito si ricorda che tale normativa aveva previsto, tra le altre cose, l’istituzione di un ruolo unico della dirigenza regionale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, che stabiliva la confluenza in tale ruolo di diverse tipologie di dirigenti di ruolo, tra cui la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale (escludendo esplicitamente, invece, la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN) e ferma restando l'applicazione dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 502/1992 per la disciplina relativa alla dirigenza medica e delle professioni sanitarie. Peraltro, l’attribuzione della gestione del ruolo unico sarebbe dovuta spettare ad un’apposita Commissione per la dirigenza regionale.

Si stabilisce inoltre che, con apposito accordo tra Aran e Confederazioni sindacali, ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001, si provveda alla modifica del Contratto collettivo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione per il triennio 2016-2018 del 13 luglio 2016 (GU n. 170/2016).

 

Il nuovo secondo periodo del citato comma dispone che per il triennio 2019-2021, la citata dirigenza viene compresa nell’Area della contrattazione collettiva della sanità nell’ambito dell’apposito accordo stipulato ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del D.Lgs n. 165/2001.

Si fa quindi riferimento all’Accordo già stipulato (Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità triennio 2016-2018) piuttosto che ad un accordo di modifica della contrattazione collettiva quadro.

 

 


Articolo 9-bis, comma 2 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2))
(Esonero dall’obbligo di fatturazione per prestazioni sanitarie)

 

Con l’approvazione del subemendamento 9.0.500/1 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre il comma 2 nell’articolo 9-bis. La norma amplia l’esonero dall'obbligo di fatturazione elettronica -per il periodo d'imposta 2019 – previsto dal decreto legge 119/2018 per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, estendendolo, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche, anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

 

Per il periodo d’imposta 2019, il Decreto fiscale (decreto legge 119/2018) ha esonerato dall’obbligo di fatturazione elettronica i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4, del D. Lgs. 175/2014, n. 175). I soggetti che rientrano nell’esonero sono:

·       le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l’erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri;

·       gli esercizi commerciali che svolgono l’attività di distribuzione al pubblico di farmaci;

·       gli iscritti agli albi professionali degli psicologi;

·       gli iscritti agli albi professionali degli infermieri;

·       gli iscritti agli albi professionali delle ostetriche/i;

·       gli iscritti agli albi professionali dei tecnici sanitari di radiologia medica;

·       gli esercenti l’arte sanitaria ausiliaria di ottico che hanno effettuato la comunicazione al Ministero della salute di cui agli artt. 11, comma 7, e 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46;

·       gli iscritti agli albi professionali dei veterinari.

 


Articolo 9-bis, commi 3-6 (em. 9.0.500 (testo 2) (9.500 come subemendato da 9.500/1 e 9.500/2))
(Disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica)

 

Con l’approvazione del subemendamento 9.0.500/2 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre i commi da 3 a 6 nell’articolo 9-bis, recanti disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica.

Le aziende farmaceutiche titolari di AIC sono tenute a versare, entro il 30 aprile 2019, l’importo complessivo di 2.378 milioni di euro a titolo di recupero integrale delle risorse finanziarie connesse alle procedure di ripiano della spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017. L’AIFA accerta l’avvenuto versamento dell’importo di 2.378 milioni di euro entro il 31 maggio 2019 computando gli importi già versati per i ripiani degli anni 2013-2017 e gli importi versati a seguito degli effetti delle transazioni relative ai contenziosi sul ripiano per gli anni 2013, 2014 e 2015 e delle procedure successive alla conclusione delle medesime transazioni. L’accertamento positivo del conseguimento della somma complessivamente prevista di 2.378 milioni di euro è sattisfattivo di ogni obbligazione a carico di ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC tenuta al ripiano per gli anni dal 2013 al 2017 e ne consegue l’estinzione del diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo, aventi ad oggetto le determinazioni AIFA relative ai ripiano della spesa farmaceutica per gli anni sopra indicati.

 

 

Qualora alla data del 15 febbraio 2019 non sia perfezionato il recupero integrale delle risorse finanziarie connesse alle procedure di ripiano della spesa farmaceutica per gli anni dal 2013 al 2015 e per l’anno 2016, nonché per l’anno 2017 per la spesa per acquisti diretti (ovvero spesa farmaceutica ospedaliera), il direttore generale dell’AIFA accerta che entro il 30 aprile 2019 le aziende farmaceutiche titolari di AIC versino, a titolo di ripiano della spesa farmaceutica stessa, almeno l’importo complessivo di 2.378 milioni di euro. Al fine di semplificare le modalità di versamento, le aziende farmaceutiche si avvalgono del Fondo istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, ridenominato allo scopo “Fondo per payback 2013-2017” (comma 1-bis).

 

L’art. 1, comma 582, della legge di bilancio 2019 ha stabilito che, qualora alla data del 15 febbraio 2019, il Ministero dell'economia e delle finanze, le regioni e le province autonome non abbiano recuperato le risorse finanziarie relative al ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017, mediante l’apposito Fondo per payback 2013-2014-2015 al quale sono riassegnati gli importi relativi alle quote di ripiano versati all'entrata del bilancio dello Stato dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC, i limiti di spesa farmaceutica per gli acquisti diretti e per la farmaceutica convenzionata sono calcolati (fino al recupero integrale delle suddette risorse) con riferimento (come base di calcolo) al fabbisogno sanitario nazionale standard previsto per il 2018.

 

L’accertamento dell’avvenuto versamento dell’importo di 2.378 milioni di euro è compiuto entro il 31 maggio 2019, anche sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze nonché delle regioni interessate, ed è effettuato computando gli importi già versati per i ripiani degli anni 2013-2017 e degli importi versati a seguito degli effetti, che restano fermi, delle transazioni relative ai contenziosi sul ripiano del superamento dei tetti di spesa per gli anni 2013, 2014 e 2015 e delle procedure successive alla conclusione delle medesime transazioni (ai sensi dell’art. 1, comma 390, della legge di bilancio 2018 legge 205/2017 e dell’art. 22-quater del decreto legge 119/2018 che rende le transizioni valide per la parte pubblica con la sola sottoscrizione dell'AIFA) L’esito dell’accertamento è comunicato sul sito istituzionale dell’AIFA (comma 1-ter).

L’accertamento positivo del conseguimento della somma complessivamente prevista di 2.378 milioni di euro è sattisfattivo di ogni obbligazione a carico di ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC tenuta al ripiano della spesa farmaceutica per gli anni dal 2013 al 2017 e ne consegue l’estinzione del diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo, aventi ad oggetto le determinazioni AIFA relative ai ripiano della spesa farmaceutica per gli anni sopra indicati. L’AIFA è tenuta a comunicare l’esito dell’accertamento alle segreterie degli organi giurisdizionali presso i quali pendono i giudizi inerenti l’attività di recupero del ripiano della spesa farmaceutica degli anni 2013-2017 (comma 1-quater).

A seguito dell’accertamento positivo, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’AIFA, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, è ripartito tra le regioni e le province autonome l’importo giacente sul Fondo per payback 2013-2017 (comma 1-quinquies).

 


Articolo 9-bis (em. 9.0.41 (testo 2))
(Disposizioni in materia di contenimento dei costi del personale del Servizio sanitario nazionale)

 

L'emendamento demanda ad un decreto ministeriale la definizione della metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), affida ad un Comitato paritetico  la proposta di ridefinizione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale, definisce i casi in cui la regione è considerata adempiente agli obblighi di contenimento delle spese di personale e impone alle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari o ai piani operativi obblighi in materia di revisione degli obiettivi di spesa del personale.

 

L'emendamento, proposto dalle Commissioni riunite, si compone di un unico comma che introduce cinque commi aggiuntivi dopo il comma 274 della legge n.145 del 2018.

 

Il comma 1, capoverso "274-bis", dispone che entro 40 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019, è definita la metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del SSN ai fini della valutazione dell'adeguatezza delle risorse utilizzate.

Tale definizione è demandata ad un decreto del Ministro della salute adottato di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza Stato-regioni e province autonome.

Il decreto tiene conto di quanto previsto in materia di definizione dei piani triennali dei fabbisogni di personale e dei relativi provvedimenti applicativi, nonché dei principi metodologici e del modello previsionale per la determinazione dei fabbisogni formativi dei professionisti sanitari.

 

Al riguardo, si ricorda che i piani triennali dei fabbisogni sono disciplinati dall'art.6, comma 2, del d.lgs. n.165 del 2001, come modificato da ultimo dall'art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 75 del 2017.

 

Le   amministrazioni   pubbliche sono tenute ad adottare detto  piano   triennale, che deve risultare coerente con la pianificazione pluriennale  delle attività e della  performance, nonché con le linee di indirizzo. Nel  caso  in  cui  siano   rilevate eccedenze di personale, si  procede alla ricollocazione  nell'ambito  della  medesima  amministrazione,  anche  mediane  forme  flessibili  di  gestione  del  tempo  di  lavoro  o  contratti  di  solidarietà,  ovvero  presso  altre  amministrazioni o, in  caso  di  impossibilità, alla  messa  in  disponibilità. Nell'ambito del Piano, le  amministrazioni  pubbliche  hanno  l’obbligo  di  assicurare  l'ottimale   distribuzione  delle  risorse  umane  attraverso  l’attuazione  coordinata   dei  processi  di  mobilità  e  di  reclutamento  del  personale,  anche  con   riferimento  alle  assunzioni  obbligatorie  delle  categorie  protette.  Il   piano   deve   essere   accompagnato    dall'indicazione   delle   risorse    finanziarie   destinate   alla   sua   attuazione, nei   limiti   delle   risorse    quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio, nonché  di  quelle  connesse  alle  facoltà  assunzionali  previste  a  legislazione   vigente.

 

L'emendamento precisa che la richiamata definizione della metodologia avviene nelle more della definizione del Patto per la Salute 2019-2021.

 

        Il  capoverso "274-ter" affida al Ministero della salute il compito di istituire un Comitato paritetico per la predisposizione di una proposta di revisione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale delle Aziende e degli enti del SSN.

L'emendamento prevede che del Comitato facciano "altresì" parte rappresentanti dei Dipartimenti per gli Affari regionali e le autonomie, della funzione pubblica, del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché delle Regioni e delle Province autonome.

In proposito, sebbene non esplicitato, la richiamata disposizione pare doversi interpretare nel senso che i richiamati componenti si aggiungano ai rappresentati del Ministero della salute.

Il Comitato opera avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

 

        Il capoverso "274-quater" stabilisce che nelle more dell'entrata in vigore della revisione normativa la cui proposta è affidata al Comitato, la regione è considerata "adempiente" (verosimilmente rispetto alle disposizioni in materia di contenimento delle spese di personale sanitario):

§   qualora consegua l'obiettivo di contenimento della spesa di personale previsto all'articolo 2, comma 71, della legge n.91 del 2009.

La citata disposizione stabilisce che gli enti del SSN concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che la spesa del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'Irap, non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4%. A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni;

§   qualora, in alternativa, raggiunga l'equilibrio economico nell'anno di riferimento e, "comunque", nei 6 anni precedenti abbia garantito i livelli essenziali di assistenza ed abbia avviato con atti di Consiglio o di Giunta il processo di adeguamento alle disposizioni di cui al DM 2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera).

 

       Il capoverso "274-quinquies" stabilisce che le Regioni sottoposte a Piani di rientro dai deficit sanitari o ai Programmi operativi di prosecuzione di detti piani, aggiornano gli obiettivi di spesa del personale entro 40 giorni dalla data di adozione della richiamata normativa in materia di costo del personale, la cui proposta è demandata al Comitato paritetico. Ciò dovrà peraltro avvenire nel rispetto del tetto di spesa complessivo stabilito dai medesimi Piani o Programmi.

 

Si ricorda che le regioni interessate dalla disposizione in esame sono Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise.

 

      Il capoverso   274-sexies abroga i commi 3-bis e 3-ter, nonché, dalla data di entrata in vigore delle disposizioni sul costo del personale (di cui al comma 274-ter), il comma 3 dell'articolo 17 del D.L. n.98 del 2011.

 

Il comma 3 da ultimo richiamato prevede che le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 71 e 72, della legge n.191 del 2009 si applicano anche in ciascuno degli anni dal 2013 al 2020.

Per il comma 71 si rinvia a quanto brevemente richiamato in sede di commento al capoverso "274-quater". Il comma 72 contiene una serie di adempimenti a carico degli enti del Servizio sanitario nazionale chiamati (dal comma 71) ad adottare misure per il contenimento delle spese di personale.

L'art 17, comma 3-bis, del D.L. n.98 del 2011 riguarda le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 con un rinvio alle modalità di cui all'articolo 2, comma 73, della citata legge n. 191 del 2009 (che prevede il coinvolgimento del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti ex articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005). La regione è giudicata adempiente: i) ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi; ii) in alternativa, per gli anni dal 2013 al 2019, qualora abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti dal richiamato articolo 2, commi 71 e 72, della  legge n. 191 del 2009.

Il comma 3-ter stabilisce che per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari o ai Programmi operativi di prosecuzione di detti Piani restano comunque fermi gli specifici obiettivi ivi previsti in materia di personale.


Articolo 10-bis (em. 10.0.1000 e sub. 10.0.1000/6 e 10.0.1000/7)
(Disposizioni in materia di servizio di noleggio con conducente)

 

L'articolo, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite attraverso l'approvazione dell'emendamento 10.0.1000 e dei relativi sub 10.0.1000/6 e 10.0.000/7, modificano la disciplina del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea, relativa ai servizi di noleggio con conducente (NCC), definita dalla legge n. 21 del 1992, introducendo alcuni requisiti e caratteristiche da rispettare nello svolgimento del servizio.

 

Il comma 1 apporta in dettaglio una serie di modifiche agli articoli 3, 10 e 11 dalla legge n. 21 del 1992, che si riferiscono ai servizi di noleggio con conducente, prevedendo che:

·       la richiesta del servizio NCC possa essere effettuata presso la sede oltre che presso la rimessa dell'esercente il servizio, anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici;

·       si richiede che oltre alla sede operativa del vettore, almeno una rimessa debba essere situata nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. E' possibile inoltre per il vettore disporre di ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni predetti e salvo diversa intesa raggiunta in Conferenza unificata entro il 28 febbraio 2019. Peraltro, fino alla data di adozione delle deliberazioni della Conferenza unificata e comunque per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'inizio di un nuovo servizio, fermo l'obbligo di prenotazione, può avvenire senza il rientro in rimessa anche quando il servizio è svolto in esecuzione di un contratto concluso in forma scritta tra il vettore ed il cliente, avente data certa sino a 15 giorni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge e debitamente registrato, da tenere a bordo o in sede e da esibire in caso di controlli. In ragione delle specificità territoriali e delle carenze infrastrutturali è prevista una disciplina derogatoria per le sole Regioni Sicilia e Sardegna. Con riguardo a tali Regioni l'autorizzazione rilasciata in un Comune della regione è valida sull'intero territorio regionale, entro il quale devono essere situate sede operativa e almeno una rimessa;

·   si prevede che i titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi o di autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente di autovettura ovvero di natante, in caso di malattia, invalidità, sospensione della patente, perdita dell’abilitazione professionale alla guida dei veicoli o di conduzione dei natanti, intervenuti successivamente al rilascio della licenza o dell’autorizzazione, possono mantenere la titolarità della licenza o dell’autorizzazione, a condizione che siano sostituiti alla guida dei veicoli o alla conduzione dei natanti per l’intero periodo di durata malattia, invalidità, sospensione della patente o perdita dell’abilitazione professionale, da persone in possesso dei requisiti professionali e morali previsti dalla normativa vigente. Si prevede inoltre che il rapporto con un sostituto alla guida può essere regolato o con contratto di lavoro stipulato in base alle norme vigenti ovvero anche in base ad un contratto di gestione;

·       si consente l'utilizzo per le prenotazioni, effettuate presso la rimessa o la sede, di strumenti tecnologici e si dispone che l'inizio e il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente debba avvenire presso una delle rimesse, con ritorno alle stesse. Il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche al di fuori della Provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Sull'obbligo di rientro in rimessa dopo ogni servizio innova peraltro il nuovo comma 4-bis dell'art. 11 che consente di iniziare un nuovo servizio anche senza il rientro in rimessa nel caso di più prenotazioni, oltre la prima, che risultino dal foglio di servizio. Con riguardo alle regioni Sicilia e Sardegna, partenze e destinazioni possono ricadere entro l'intero territorio regionale. Con riguardo alla disciplina del foglio di servizio si introduce l'obbligo di tenerlo in formato elettronico. La definizione delle specifiche del foglio di servizio elettronico viene demandata ad un successivo decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi di concerto con il Ministero dell'interno, da adottarsi, entro il 30 giugno 2019 (comma 2). Fino all'adozione di tale decreto il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea, caratterizzata da numerazione progressiva delle singole pagine da compilare, avente i medesimi contenuti di quello elettronico e da tenere in originale a bordo del veicolo per un periodo non inferiore a 15 giorni, per essere esibito agli organi di controllo, con copia conforme depositata in rimessa. Il foglio di servizio elettronico dovrà riportare la targa veicolo; il nome del conducente; la data, luogo e km. di partenza e arrivo; l'orario di inizio servizio, la destinazione e l'orario di fine servizio nonché i dati del fruitore del servizio;

·       viene in ogni caso consentita la fermata degli NCC sul suolo pubblico durante l'attesa del cliente che ha effettuato la prenotazione del servizio e nel corso dell'effettiva prestazione del servizio stesso.

 

Il comma 3 prevede l'istituzione presso il Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante e di quelle di autorizzazione per il servizio di autonoleggio con conducente (NCC) effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante. Non sono compresi nel registro i servizi effettuati con velocipedi (biciclette e veicoli assimilati), autobus, quadricicli e veicoli a trazione animale. La definizione delle specifiche tecniche per l'attuazione e le modalità con le quali le imprese dovranno registrarsi è rimessa ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Per l'implementazione e l'adeguamento dei sistemi informatici del Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si autorizza la spesa di un milione di euro per l'anno 2019 mentre alla gestione del registro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dovrà provvedere con le risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A decorrere dalla data in vigore del decreto-legge e fino alla piena operatività del registro informatico è vietato il rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del solo servizio di noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante (comma 6); la norma non fa riferimento alle licenze taxi.

 

Le sanzioni previste dall'articolo 11-bis della legge n. 21 del 1992 per l'inosservanza degli articoli 3 e 11 della stessa legge, come modificati dalle norme del decreto, si applicano a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto e rimangono sospese per la stessa durata di 90 giorni le sanzioni amministrative previste per i titolari di autorizzazione per l'esercizio del servizio NCC, dall'articolo 85, comma 4 e 4 bis del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285 del 1992), relative all'esercizio dell'attività senza ottemperare alle norme vigenti o alle condizioni dell'autorizzazione (comma 4).

 

Il comma 8 rinvia ad un successivo provvedimento di natura regolamentare la disciplina dell'attività delle piattaforme tecnologiche che intermediano tra domanda ed offerta di autoservizi pubblici non di linea.

Conseguentemente alla nuova disciplina per gli NCC che viene qui delineata, il comma 5 dispone l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010 ed il comma 7 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'abrogazione dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 5 del 2009, cioè della norma che aveva disposto la sospensione fino al 31 marzo 2010 dell'operatività dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (per tali due abrogazioni si veda la ricostruzione della disciplina vigente fino al 31 dicembre 2018 contenuta nel box di approfondimento riportato a seguire).

 

Si prevede infine l'abrogazione del decreto legge n. 143 del 2018, recante disposizioni aventi il medesimo contenuto delle norme in esame. Si prevede, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.

 

La disciplina fino al 31/12/2018

La legge n. 21 del 1992, è stata oggetto dieci anni fa di una importante modifica, ad opera dell'art. 29, comma 1-quater del DL 30 dicembre 2008, n. 207, che ha ridisegnato in larga parte la disciplina dello svolgimento dei servizi NCC prevedendo l'introduzione di una serie di vincoli a tale attività.

L'efficacia di tale disciplina è però stata sospesa, dapprima dall'articolo 7-bis del decreto-legge n.5 (e da successivi decreti legge di proroga) fino al marzo 2010 e, successivamente, in termini espliciti dal primo gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2018 (a seguito delle previsioni dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 244 del 2016 e dell'articolo 1, comma 1136 della legge n. 205 del 2017).

Nel periodo compreso tra il primo aprile 2010 ed il 31 dicembre 2016 i limiti dell'efficacia di tali disposizioni sono stati rimessi a pronunce della magistratura.

A seguito dell'ultima sospensione dell'efficacia di tali norme, la legge n. 21/1992 è stata quindi applicata, fino al 31 dicembre 2018, nella versione precedente alle modifiche del 2008 apportate dall'art. 29, comma 1-quater.

 

L'esigenza di adeguare le disposizioni della legge n. 21 del 1992 ha caratterizzato le ultime legislature in considerazione innanzi tutto di problematiche relative al rapporto tra i servizi di taxi e di noleggio con conducente, anche per l'esigenza di rispondere a queste nuove realtà economiche, anche al fine di superare i dubbi riguardanti la loro legittimità. La legge annuale per la concorrenza (legge 124 del 2017, art. 1, commi 179-182) conteneva la delega per l'emanazione di un decreto legislativo di riordino del settore taxi e NCC, da esercitare entro il 29 agosto 2018, che non è stata esercitata.

 

Conseguentemente alla nuova disciplina per gli NCC che viene delineata dal D.L. in commento, si dispone l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010.

Si tratta della norma che prevedeva l'adozione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, di disposizioni per impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia e per definire gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi. Il termine per l'emanazione di tale decreto interministeriale, è stato differito 12 volte, da ultimo al 31 dicembre 2018 dall'art. art. 1, co. 1136, lettera b), della legge n. 205 del 2017, che ha anche confermato la sospensione dell'efficacia, per l'anno 2018, delle disposizioni del D.L. n. 207/2008.

 

Analogamente, si dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'abrogazione dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 5 del 2009, cioè della norma che aveva disposto la sospensione fino al 31 marzo 2010 dell'operatività dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207.

 

Le caratteristiche del trasporto NCC e Taxi

Il trasporto pubblico non di linea assicura il trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea. La legge 15 gennaio 1992, n. 21 "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea" disciplina espressamente soltanto i servizi di taxi e di noleggio con conducente. Il regime dell'accesso al mercato nelle due tipologie di servizio, taxi e NCC, è assai differente in quanto, benché le due tipologie di servizio siano effettuati a richiesta dei trasportati, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta (definizioni queste stabilite dall'art. 1, co. 1 della legge n. 21/1992), il servizio di taxi si rivolge ad un'utenza indifferenziata, mentre il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la sede o la rimessa, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio.

Il servizio di NCC inoltre non è soggetto ad obblighi di servizio pubblico, a differenza del servizio di taxi che è soggetto a tale obblighi, rientrando tra i servizi di trasporto pubblico locale, sia pure non di linea.

Dalla natura pubblica degli obblighi del servizio taxi discendono pertanto:

·       la doverosità delle prestazioni;

·       la capillarità territoriale e sociale della fornitura e l'accessibilità del servizio di taxi sotto il profilo economico;

·       l'obbligatorietà del servizio e la sua offerta indifferenziata a chiunque ne faccia richiesta;

·       la determinazione pubblica delle tariffe e delle modalità di svolgimento del servizio;

·       la previsione che lo stazionamento dei taxi avvenga in luogo pubblico e che il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengano all'interno dell'area comunale o comprensoriale di riferimento.

 

Nel dare esecuzione alla legge n. 21/1992, le regioni hanno individuato, con proprie leggi regionali, i criteri cui devono attenersi i comuni nei regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea e hanno delegato agli enti locali le relative funzioni amministrative. La regolamentazione comunale ha ad oggetto il numero di soggetti autorizzati ad operare, i corrispettivi richiesti per il servizio, i turni quotidiani, l'orario di lavoro, le regole di comportamento nonché le condizioni di sicurezza. In concreto i comuni individuano:

·       il numero ed il  tipo di veicoli da adibire ad ogni singolo servizio;

·       i requisiti e condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi.

·       le modalità per lo svolgimento del servizio;

·       i criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi.

 

Accanto a tali servizi tuttavia si sono sviluppate negli ultimi anni, attraverso le nuove tecnologie, nuove forme di servizi di trasporto in taluni casi di natura non commerciale (ad esempio il car pooling), in altri casi come specifiche applicazioni dei servizi di noleggio con conducente realizzati sulla base di piattaforme informatiche, ovvero attraverso forme ibride di trasporto effettuato da autisti non professionisti.

 


Articolo 11-bis (em. 11.0.500 (testo 3) (11.0.500 (testo 2) come subemendato da 11.0.500/25 testo 2))
(Misure di semplificazione in materia contabile in favore degli Enti locali)

 

L'emendamento reca misure di interesse degli enti locali relative: alla posticipazione del termine a partire dal quale diviene obbligatoria la gestione associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni (comma 1);  al differimento al 28 febbraio del termine riguardante determinati adempimenti a carico degli enti locali (comma 2);  all'ampliamento della possibilità di contrarre mutui, anche per gli enti in dissesto, per finanziare le spese di investimento strettamente funzionali ai progetti e interventi cofinanziati dalla Ue o da altre amministrazioni  o enti, pubblici o privati (comma 3); alla  sottrazione delle risorse aggiuntive destinate agli incrementi del trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa conseguenti al CCNL 2016-2019 del comparto funzioni locali ai tetti di spesa previsti dalla normativa vigente (comma 4); all'istituzione di un tavolo tecnico-politico presso il Ministero dell'economia, incaricato di formulare proposte per la ristrutturazione del debito gravante sugli enti locali (comma 5); all'utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali per finanziare le quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari (comma 6); alla disciplina del Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti (comma 7); al riparto in 5 annualità dell'eventuale disavanzo derivante dallo stralcio dei crediti fino a mille euro (comma 8); alla proroga del termine ultimo per il rimborso da parte degli enti territoriali delle anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti commerciali (comma 9); all'incremento, per un ammontare pari a 110 milioni di euro per l'anno 2019, del contributo attribuito ai comuni a titolo di ristoro del mancato gettito conseguente all'introduzione della TASI (comma 10), nonché alla quantificazione e copertura dei relativi oneri finanziari (comma 11); al contrasto di fenomeni di fraudolenti in materia di IVA nell'ambito di transazioni commerciali di determinati beni elettronici effettuate tramite piattaforme commerciali online (commi dal 12 al 17); al monitoraggio delle opere realizzate con il contributo di 190 milioni di euro ex art.1, comma 845, della legge di bilancio 2019 (comma 18); all'installazione di sistemi di videosorveglianza, a cui sono destinate ulteriori risorse per il 2019 (commi 19-21).

 

 

Il comma 1 dell'emendamento in esame, proposto dalle Commissioni riunite, dispone la proroga dal 30 giugno 2019 al 31 dicembre 2019 del termine a partire dal quale diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni.

 

Il termine viene prorogato nelle more della conclusione dei lavori del tavolo tecnico-politico per la redazione di linee guida finalizzate all'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane, al superamento dell'obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplificazione degli oneri amministrativi e contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni, di cui all'articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge n. 91 del 2018. 

 

A partire dal 31 dicembre 2019 i piccoli comuni (cioè i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane) sono tenuti ad esercitare obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali comunali (articolo 14, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010). Sono esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia.

 

Il termine per l’esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni in questione era stato fissato inizialmente al 1° gennaio 2014 dal D.L. 95 del 2012 (articolo 19, comma 1, lettera e), che ha sostituito l'originario comma 31 dell’articolo 14 del D.L. 78 del 2010 con i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater).

Il comma 31-ter del D.L. 78 del 2010 prevede, invero, non un unico termine, bensì scadenze differenti in relazione al numero di funzioni da svolgere in forma associata:

§  1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali (lettera a);

§  30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali (lettera b);

§  31 dicembre 2014 – termine in precedenza fissato al 1° gennaio 2014 (originaria lettera b) e più volte oggetto di proroga - al complesso delle funzioni (lettera b-bis).

 

I termini sono stati prorogati una prima volta al 31 dicembre 2014 dall'articolo 1, comma 530, della legge n. 147 del 2013 e successivamente al 31 dicembre 2015 dal D.L. 192/2014 (art. 4, comma 6-bis)), al 31 dicembre 2016 dal D.L. 210/2015 (art. 4, comma 4), al 31 dicembre 2017 dal D.L. 244/2016 (art. 5, comma 6), al 31 dicembre 2018 dalla L. 205/2018 (art. 1, comma 1120, lett. a), al 30 giugno 2019 dal D.L. n. 91 del 2018 (articolo 1, comma 2-bis) e, con la disposizione in commento, al 31 dicembre 2019.

 

Il comma 2-ter del decreto-legge n.91 del 2018, richiamato dall'emendamento in esame, ha istituito un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali con il compito di definire le linee guida di revisione della disciplina degli enti locali con particolare riferimento alle seguenti finalità:

         l’avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e città metropolitane (legge 56/2014) che ha, fra l'altro, istituito le città metropolitane e ridefinito il sistema delle province;

         il superamento dell’obbligo di gestione associata di funzioni;

         la semplificazione degli oneri amministrativi e contabili in capo ai comuni, e principalmente di quelli di piccole dimensioni.

 

Il comma 2 differisce al 28 febbraio il termine relativo ai seguenti adempimenti a carico degli enti locali:

 

§  l’obbligo di comunicazione al Garante delle telecomunicazioni delle spese pubblicitarie effettuate nel corso di ogni esercizio finanziario, con deposito di riepilogo analitico (di cui all’articolo 5, commi 4 e 5, della legge n.67/1987);

§  l’obbligo di adozione, ai fini del contenimento delle spese di funzionamento, di piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo delle dotazioni strumentali che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio, delle autovetture di servizio, dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio (articolo 2, comma 594, della legge n.244/2007);

§  l’obbligo di contenere le spese di missione (che non possono superare il 50% della spesa sostenuta nel 2009 e il 30% della spesa sostenuta nel 2011) e le spese per acquisto, manutenzione e noleggio di autovetture (che non possono superare l’80% della spesa sostenuta nel 2009) (articolo 6, commi 12 e 14, del decreto-legge n. 78/2010 e articolo 5, comma 2, del decreto-legge n.95/2012);

§  l’obbligo di attestare con idonea documentazione, da parte del responsabile del procedimento, che gli acquisti di immobili siano indispensabili e non dilazionabili (articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge n.98/2011);

§  specifici obblighi volti a ridurre, anche attraverso il recesso contrattuale, le spese per locazione e manutenzione di immobili (articolo 24 del decreto-legge n.66/2014).

 

La finalità della disposizione in esame è quella di "semplificare gli adempimenti previsti per gli enti locali" e di tener conto del "decreto 7 dicembre 2018 [9] " che ha differito al 28 febbraio il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2019/2021 degli enti locali.

 

Si ricorda al riguardo che l'art. 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL (di cui al d.lgs. n.267/2000), nel fissare al 31 dicembre il termine per la deliberazione da parte degli enti locali del bilancio di previsione dispone che detto termine possa essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.

 

Si rammenta altresì che l'art.1, comma 905, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) prevede che ai comuni (e alle loro forme associative) che approvano i bilanci entro i termini previsti dal TUEL (che sono, per il bilancio consuntivo il 30 aprile dell’anno successivo e per il bilancio preventivo il 31 dicembre dell'anno precedente all’esercizio di riferimento), non si applichino, a decorrere dal 2019, i medesimi obblighi richiamati dalla norma in esame.

 

Il comma 3 interviene al fine di modificare in più punti il TUEL, con riferimento:

 

§  alla disciplina per l'attivazione di mutui da parte dei comuni che fanno ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (art.243-bis). Nello specifico, viene modificato il comma 9-bis, che nella formulazione vigente consente a tali comuni di contrarre mutui, in deroga ai limiti di cui al comma 1 dell'articolo 204, necessari alla copertura di spese di investimento relative a progetti e interventi che garantiscano l'ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio medesimo, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell'esercizio precedente. L'emendamento attribuisce ai medesimi comuni altresì la facoltà di contrarre mutui per la copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all'ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall'Unione europea o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati;

§  alla disciplina sui limiti alla facoltà di contrarre nuovi mutui prevista all'art.249 TUEL. Viene, in particolare, introdotta un'ulteriore deroga al divieto di contrarre mutui che decorre dalla data della deliberazione di dissesto (e sino all'emanazione del decreto del Ministro dell'interno che riconosce l'avvenuto riequilibrio stabile del bilancio). Gli enti locali, ai sensi dell'emendamento in esame, ancorché in dissesto potranno comunque continuare a contrarre mutui per la finalità commentata al punto precedente (ovvero "per la copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all'ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall'Unione europea o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati");

 

Il comma 4 dispone che per i comuni privi di posizioni dirigenziali non si applichi al trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa (di cui all'art.13 e seguenti del CCNL 2016-2019 del comparto funzioni locali) il limite di spesa annuale per il trattamento accessorio del personale. L'art.23, comma 2, del d.lgs. n.75 del 2017, esplicitamente richiamato nell'emendamento in esame, dispone in via generale che - a decorrere dal 1° gennaio 2017 -  l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche non possa superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

 

Ai sensi del comma in esame, la mancata applicazione del suddetto tetto di spesa è limitato agli aumenti del salario accessorio conseguenti agli incrementi disposti ai sensi dell'art.15, commi 2 e 3, del richiamato CCNL. La norma richiama infatti il differenziale fra gli importi per trattamento accessorio erogato alla data di entrata in vigore del richiamato CCNL e gli importi per l'eventuale maggior trattamento che gli enti locali riconosceranno al personale.

I conseguenti maggiori costi saranno posti a valere sui risparmi connessi con il minor utilizzo delle risorse destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

 

La disposizione in commento fa comunque salve le norme riguardanti l'obbligo di riduzione delle spese di personale previsto dall'art.1, commi 557-quater e 562, della legge n.296/2006.

 

Il comma 557-quater stabilisce che a decorrere dall'anno 2014 gli enti territoriali assicurano, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Il comma 562 dispone che, per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008. Inoltre, prevede che tali enti possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.

 

Il comma 5 istituisce un tavolo tecnico-politico presso il Ministero dell'economia, incaricato di formulare proposte per la ristrutturazione del debito gravante sugli enti locali. Le proposte dovranno essere formulate in modo da non prevedere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e dovranno tener conto della durata delle posizioni debitorie e dell'andamento degli attuali tassi di interesse praticati "nel mercato del credito rivolto agli enti locali".

Del tavolo fanno parte rappresentanti di Anci, "tecnici" del Dipartimento del Tesoro e della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia, nonché del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno.

Si valuti la possibilità di chiarire la portata del termine "tecnici" che la disposizione riferisce ai (soli) rappresentanti del Governo, ed in particolare se sia finalizzato ad escludere la presenza di rappresentanti politici, ovvero a richiedere il possesso di specifiche competenze, ad esempio in materia di debito pubblico e credito.

Per i partecipanti del tavolo non sono previsti gettoni di presenza né emolumenti.

 

Il comma 6 interviene sulla disposizione di cui all'art.1, comma 866, della legge n.205/2017 che consente agli enti locali, a determinate condizioni, di avvalersi della possibilità di utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali per finanziare le quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari in ammortamento nell'anno o in anticipo rispetto all'originario piano di ammortamento. La norma, che nel testo vigente è circoscritta al periodo 2018-2020, con l'emendamento in esame - che fa venir meno ogni riferimento temporale - perde il carattere sperimentale e viene messa a regime.  

 

Il comma 7 interviene sulla disciplina (di cui all'articolo 4 del D.L. 113 del 2016) del Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti, istituito presso il Ministero dell'interno, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2019.

Nello specifico viene sostituito il comma 2, recante la procedura per il riparto del fondo. In sintesi, le novità rispetto alla norma vigente riguardano:

L'emendamento stabilisce che:

§  i comuni interessati siano tenuti a comunicare al Ministero dell'interno entro il 20 dicembre 2019 (e non entro il 31 marzo del medesimo anno) la sussistenza di spese dovute a sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali, o ad accordi transattivi ad esse collegate, di ammontare complessivo superiore al 50 per cento della spesa corrente sostenuta come risultante dalla media degli ultimi tre rendiconti approvati;

§  le richieste siano soddisfatte per l'intero importo delle spese (e non già per un massimo del 90% delle stesse).

 

Il comma 8 autorizza gli enti locali a ripartire l'eventuale disavanzo derivante dallo stralcio dei crediti fino a mille euro in un numero massimo di 5 annualità, a quote costanti.

 

Lo stralcio dei crediti è quello disposto ai sensi dell'art.4 del D.L. n.119/2018 che ha disposto l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

L'emendamento stabilisce che l'importo del disavanzo oggetto del ripiano non può essere in ogni caso superiore alla sommatoria dei residui attivi cancellati per effetto dell'operazione di stralcio al netto dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione.

 

Il comma 9 proroga al 30 dicembre 2019, in luogo del 15 dicembre 2019, il termine ultimo originariamente previsto dall'articolo 1, comma 855, della legge di bilancio 2019 per il rimborso delle anticipazioni di liquidità ottenute dagli enti territoriali ai sensi dei commi 849 e seguenti del medesimo articolo.

Si ricorda, in particolare, che i commi da 849 a 857 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 ampliano le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. I commi disciplinano, inoltre, il limite di ammontare, le garanzie, i termini per la richiesta e per il rimborso delle anticipazioni.

 

Il comma 10 dispone l'incremento, limitatamente all'anno 2019 e per un importo di 110 milioni di euro, del contributo attribuito ai comuni interessati dalla legge di bilancio 2019, a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili. Per effetto della modifica proposta il contributo complessivo relativo all'anno 2019 ammonta pertanto a 300 milioni di euro.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 892, della legge di bilancio 2019 ha disposto l'assegnazione ai comuni interessati di un contributo nell’importo complessivo di 190 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale.

Il riparto avverrà tramite decreto del Ministro dell’interno, in proporzione alla ripartizione dei contributi già effettuata nei due anni precedenti.

Tali contributi dovranno essere monitorati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.

L'emendamento in esame non modifica la finalizzazione del contributo disposta dalla formulazione originaria del comma 892 né l'importo del contributo per gli anni dal 2020 al 2033.

 

Il comma 11 reca innanzitutto la quantificazione dell'onere derivante dal comma 10, pari a 110 milioni di euro per l'anno 2019. Le lettere a), b) e c) del comma indicano le fonti di copertura.

In particolare:

a)    Quanto a 90 milioni di euro si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il reddito di cittadinanza di cui all'articolo 1, comma 22, della legge di bilancio 2019.

 

Il Fondo per il reddito di cittadinanza è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine dell’introduzione nell’ordinamento degli istituti della pensione di cittadinanza e del reddito di cittadinanza. La dotazione del Fondo ammonta a 7,1 miliardi di euro per il 2019, 8,055 per il 2020 e 8,317 per il 2021.

Il terzo periodo del comma 255 dispone la prosecuzione delle prestazioni del Reddito di inclusione (ReI) di cui al decreto-legislativo n. 147 del 2017, fino alla piena operatività delle nuove misure. Se ne confermano, pertanto, i limiti di spesa disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.

A tal fine, le risorse destinate all'erogazione economica del ReI, nei suddetti limiti di spesa, sono trasferite ed accantonate nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza, riducendo, conseguentemente, a decorrere dal 2019, le relative risorse del Fondo povertà previste per la misura.

Per l’anno 2019, si ricorda, il limite di spesa previsto per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione (ReI) è stato determinato, all'articolo 20, comma 1, del decreto-legislativo n. 147 del 2017, in 2.198 milioni.

Con riferimento alla dotazione del Fondo per il reddito di cittadinanza, il successivo comma 258 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 dispone che parte delle risorse ad esso destinate siano vincolate a specifici obiettivi, e precisamente, nell’importo fino ad 1 miliardo di euro annui per il biennio 2019-2020 al potenziamento dei centri per l’impiego e un importo fino a 10 milioni di euro per il 2019 al finanziamento del contributo di funzionamento di ANPAL  Servizi S.p.A..

 

b)    Quanto a 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE), di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.

 

c)     Quanto a 10 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del fondo derivante dal riaccertamento dei residui passivi di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 66 del 2014, iscritto nello Stato di previsione del MEF.

 

Il comma 12 incrementa il fondo per l’attuazione del programma di Governo (di cui all'art.1, comma 748, della legge di bilancio per il 2019).

 

Si ricorda che il comma 748 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per l’attuazione del programma di Governo, con una dotazione di euro 44.380.452 euro  per l’anno 2019, di 16.941.452 euro per l’anno 2020, di 58.493.452 euro per l’anno 2021, di 29.962.452 euro per l’anno 2022, di 29.885.452 euro per l’anno 2023, di 39.605.452 euro per l’anno 2024, di 39.516.452 euro per l’anno 2025, di 34.279.452 euro per l’anno 2026, di 37.591.452 euro per l’anno 2027 , di 58.566.452 euro per l’anno 2028, di 58.566.452 euro per l’anno 2029 e di 58.566.452 di euro annui a decorrere dall’anno 2028, da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri.

 

 

Gli incrementi sono pari a 71,8 milioni di euro per il 2019, 86,1 milioni a decorrere dal 2020 e sono assicurati attraverso quota parte delle maggiori entrate derivanti dal maggior gettito  IVA conseguente alle disposizioni introdotte dai successivi cinque commi.

 

La norma in esame dispone che tali incrementi siano disposti "nelle more dell'Intesa di cui al punto 5 dell'Accordo" sottoscritto fra il Governo e la Regione Friuli Venezia Giulia il 30 gennaio 2018.

 

Si tratta dell'Accordo tra Stato e Regione per la revisione del protocollo del 29 ottobre 2010 per il coordinamento della finanza pubblica. Quest'ultimo aveva disposto: i) all'art.3, un contributo all'attuazione del federalismo fiscale, pari a 370 milioni di euro annui in termini di saldo netto da finanziare a decorrere dall'anno 2011 e ii) all'art. 6, un contributo alla riduzione dell'indebitamento netto a partire dal 2011, che, con riferimento agli anni successivi al 2017 viene quantificato in 350 annui fino al 2030 e in 370 fino al 2031.

In data 23 ottobre 2014 le parti hanno sottoscritto un protocollo di revisione del citato protocollo, limitatamente agli anni 2014-2017, che prevede un reciproco impegno ad una successiva modifica del protocollo con riferimento alle annualità a partire dal 2018.

In attuazione di tale impegno le parti hanno sottoscritto il protocollo del 30 gennaio 2018, richiamato nell'emendamento in esame.

Quest'ultimo i) riduce da 370 milioni a 250 milioni il contributo richiesto alla Regione ai sensi dell'art.3 dell'accordo del 2010; ii) dispone che il contributo di cui all'art.6 è adempiuto dalla regione attraverso l'equilibrio di bilancio ai sensi della legge n.243/2012; iii) impegna le parti a una nuova rinegoziazione dei contenuti dell'accordo del 2010 per le annualità successive al 2019.

 

I commi dal 13 al 17 introducono una disciplina che parrebbe diretta a contrastare fenomeni di elusione ed evasione IVA nell'ambito di transazioni commerciali, effettuate tramite piattaforme commerciali online,  di determinati beni elettronici (telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop).

I soggetti che gestiscono piattaforme online, oltre a vendere direttamente siffatti beni (in riferimento ai quali il versamento dell' IVA è disciplinato dal meccanismo dell'inversione contabile, v. infra), mettono sovente a disposizione le proprie strutture per favorire la vendita di beni di altri soggetti dai quali ricevono una parte del ricavo derivante dalla transazione.

 

Per comprendere la portata dei commi dal 12 al 17 appare opportuno richiamare il meccanismo dell'inversione contabile, già previsto nell'ordinamento italiano per i medesimi beni contenuti nell'emendamento.

 

Per inversione contabile o reverse charge si  intende  il trasferimento di una serie di obblighi relativi alle modalità con cui viene assolta l' IVA  all'acquirente di  beni  e  servizi (in deroga  alla  disciplina  generale che li demanda al cedente).

L'acquirente risulta al contempo creditore e  debitore  del  tributo,  con obbligo di registrare la fattura sia nel registro degli acquisti che in quello delle fatture. Si tratta di un meccanismo ritenuto  particolarmente  efficace  nella prevenzione  delle  frodi   IVA in quanto il cedente, che potrebbe tenere comportamenti a rischio di frode, riceve dall'acquirente esclusivamente l'importo imponibile del bene ceduto (o della prestazione eseguita), con la conseguenza che non si determina in capo ad esso l'obbligo di versare l' IVA dell'operazione eseguita, che, come detto, spetta all'acquirente.

Tale meccanismo è previsto dall'ordinamento italiano (DPR 633 del 1972, art.17, commi 5 e 6) e dall'ordinamento dell'Unione europea (fra le altre direttiva 2010/23/UE, art.199-bis).

Il richiamato art.17, comma 6, include fra le operazioni assoggettabili al meccanismo dell'inversione contabile le cessioni di telefoni cellulari (lettera b)) e le "cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale" (lettera c)). Tali disposizioni si applicano alle operazioni effettuate fino al 30 giugno 2022 [10] .

Esse sono in linea con l'art.199-bis della citata direttiva, che autorizza gli Stati membri ad adottare tale sistema, fra le altre, alle cessioni di console di gioco, di tablet PC, di laptop e "di telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo".

 

Le cessioni per le quali l'ordinamento italiano prevede inversione contabile (fra cui quelle relative a telefoni cellulari, console da gioco, tablet, PC e laptop) sono quelle effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio.

Nel caso in cui la vendita avvenga dunque nei confronti del consumatore finale, a tali cessioni si applica il regime ordinario [11] .

 

I commi in esame dettano una disciplina che riguarda cessioni che siano facilitate da soggetti passivi che mettono a disposizione di terzi "l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi". Tali soggetti non sono parti della transazione  (ciò che presupporrebbe una prima acquisizione e una successiva cessione al consumatore finale) e ad essi, ai sensi della normativa richiamata, non si applica l'istituto dell'inversione contabile.

La novità normativa recata nell'emendamento in esame è che i soggetti passivi che favoriscono le vendite o le cessioni a distanza dei richiamati beni elettronici si considerano come soggetti che hanno ricevuto e successivamente ceduto tali beni (commi 13 e 14).

 

Nello specifico, si dispone che nel caso in cui un soggetto passivo facilita come detto le vendite a distanza dei suddetti beni importati da territori o paesi terzi, di valore intrinseco non superiore a 150 euro (comma 13) o le cessioni dei medesimi beni effettuate "nella Comunità" (da intendersi nell'accezione di Stati membri) da un soggetto passivo non stabilito nella Comunità a una persona che non è soggetto passivo (comma 14), si considera che lo stesso soggetto passivo che favorisce (le vendite o) la cessione abbia "ricevuto e ceduto detti beni".

Il comma 15 stabilisce che, ai fini dell'applicazione dei due commi appena richiamati, si presume che la persona che vende i beni tramite l'interfaccia elettronica sia un soggetto passivo e la persona che acquista tali beni non sia un soggetto passivo.

 

Il comma 16, con il fine di agevolare le azioni di contrasto di fenomeni fraudolenti, pone in capo al soggetto passivo che facilita le vendite a distanza l'onere di conservare la documentazione di tali vendite e di metterla a disposizione delle amministrazioni fiscali degli Stati membri (s'intende dell'Unione europea) in cui dette cessioni sono imponibili.

Nello specifico, dispone che la documentazione debba essere sufficientemente dettagliata sì da consentire la verifica in ordine alla corretta contabilizzazione dell' IVA; che sia a richiesta disponibile in formato elettronico; e che sia conservata per un periodo di 10 anni a decorrere dal 31 dicembre dell'anno in cui l'operazione è stata effettuata.

 

Ai sensi del comma 17, il soggetto passivo che facilita le vendite a distanza, nel caso in cui stabilito in un paese che non ha sottoscritto alcun accordo di assistenza reciproca con l'Italia, ha l'obbligo di designare un intermediario che agisce in suo nome e per suo conto.

Si valuti l'opportunità di esplicitare se anche per l'intermediario siano richiesti quanto meno gli stessi obblighi di stabilimento previsti per il soggetto passivo che non ricorre ad un intermediario.

 

Il comma 18 sopprime l'art.1, comma 845, della legge di bilancio per il 2019 che riguarda le modalità di monitoraggio delle opere pubbliche finalizzate alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale realizzate con il contributo complessivo di 190 milioni di euro annui [12] (di cui ai commi da 892 a 893). La disposizione prevede che il monitoraggio sia effettuato dai comuni beneficiari attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.

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  Il comma 19 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2019 le risorse destinate all'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni.

 

L'installazione di tali sistemi è fra misure di contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, che costituisce l'obiettivo dei Patti per la sicurezza urbana disciplinati dal decreto-legge n. 14 del 2017 [13] . Si tratta di atti sottoscritti tra il prefetto ed il sindaco (nel rispetto di linee guida adottate, su proposta del Ministro dell'interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali) in cui possono essere individuati, in relazione alla specificità dei contesti, interventi per la sicurezza urbana.

Ai fini dell'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni, nel D.L. n.14 del 2017 è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro per l'anno 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Con il D.L. n.113 del 2018 [14] tale autorizzazione di spesa è stata incrementata di 10 milioni di euro per l'anno 2019, di 17 milioni di euro per l'anno 2020, di 27 milioni di euro per l'anno 2021 e di 36 milioni di euro per l'anno 2022.

Con l'emendamento in esame, per il 2019, l'importo complessivo a disposizione dei comuni per tale finalità è pari a 45 milioni di euro.

 

Per la relativa copertura finanziaria si provvede (ai sensi del comma 20) con le risorse iscritte per l'anno 2019 nel fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente.

 

Si tratta del fondo in cui confluiscono le risorse, di parte corrente, attribuite agli enti locali in conseguenza degli effetti recati dal D.Lgs. n. 112/1998, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali

 

Ai sensi del comma 21, le modalità per la presentazione delle domande e per il riparto delle risorse (contenute nei richiamati provvedimenti legislativi) destinate al finanziamento di sistemi di videosorveglianza sono definite, dal Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo di ciascun anno di riferimento.


Articolo 11-bis (em. 11.0.43 (testo 3))
(Disposizioni in materia di Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee)

 

L'emendamento reca disposizioni in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, prevedendo l'approvazione - con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente - di un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), volto ad offrire un quadro di riferimento per lo svolgimento delle attività di prospezione e ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, nella valorizzazione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.

Si fissa, per l'approvazione di tale Piano, il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

Il comma 2 stabilisce i contenuti del Piano, mentre il comma 3 disciplina le modalità di adozione del Piano stesso, adottato previa valutazione ambientale strategica. Limitatamente alle aree su terraferma, si prevede la previa intesa con la Conferenza unificata, stabilendone le modalità.

Il comma 4 stabilisce che nelle more dell'adozione del Piano siano sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi sono sospesi, facendo salvi taluni procedimenti.

Il comma 4-bis specifica che la sospensione non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Il comma 5 sospende - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e fino all'adozione del Piano - i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione. Resta fermo l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.

Il comma 6 stabilisce che viene sospeso anche il decorso temporale dei permessi di prospezione e di ricerca, ai fini del computo della loro durata; correlativamente, per lo stesso periodo di sospensione, non è dovuto il pagamento del relativo canone. Si indica in relazione a tale sospensione l'onere di 134.000 euro in ragione d'anno, cui si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate di cui al comma 8.

Il comma 7 disciplina le fattispecie di ripresa d'efficacia, ovvero di rigetto e revoca, in relazione alla compatibilità o meno con il Piano.

In casi di mancata adozione del Piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della disposizione, i permessi di prospezione e di ricerca sospesi riprendono la loro istruttoria ovvero la loro efficacia.

Per quanto attiene la fattispecie di attività di coltivazione, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ancorché in regime di proroga, ove risultanti incompatibili con le previsioni del Piano se ne prevede il mantenimento di efficacia sino alla loro scadenza ma non sono ammesse nuove istanze di proroga.

Il comma 8 ridetermina - a decorrere dal 1º giugno 2019 - i canoni annui per le concessioni di coltivazione e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana; il comma 9 ridetermina i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca, stabilendo che al venir meno della sospensione di cui al comma 5 - relativa ai permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere - essi siano determinati come previsto dalla nuova norma.

Il comma 10 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, da iscrivere su capitolo dello stato di previsione del MISE, per far fronte agli oneri per la predisposizione del Piano.

Il comma 11 istituisce, per far fronte agli oneri, nello stato di previsione del MISE un Fondo con la dotazione di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020, prevedendo il versamento delle maggiorazioni dei canoni di superficie previste dalla norma in esame ad apposito capitolo delle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo, con decreto del MEF, per gli importi eccedenti 1 milione per l’anno 2019, 21 milioni per l’anno 2020 e 20 milioni a decorrere dall’anno 2021. Si demanda ad un decreto del MEF di concerto con il MISE l'indicazione delle modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni.

Si demanda ad un decreto del MISE di concerto con il MEF la rimodulazione dei canoni annui nel caso in cui le risorse disponibili sul fondo per un esercizio finanziario non risultino sufficienti a far fronte agli oneri della disposizione in esame.

Il comma 12 esclude le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi svolte nell’ambito di titoli minerari rilasciati a seguito di istanze presentate dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame  dall'applicazione della normativa vigente che le considera di pubblica utilità. Resta invece fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.

 

 

Il comma 1 della disposizione prevede l'approvazione - con decreto del MISE, di concerto con il Ministro dell'ambiente - di un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), al fine di offrire un quadro di riferimento per lo svolgimento delle attività di prospezione e ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.

Si fissa, per l'approvazione di tale Piano il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

Il comma 2 stabilisce che il piano deve tener conto di tutte le caratteristiche del territorio, sociali, industriali urbanistiche e morfologiche con particolare riferimento all’assetto idrogeologico ed alle vigenti pianificazioni. Inoltre, con riferimento alle aree marine, il piano deve considerare i possibili effetti sull’ecosistema, nonché tenere conto dell’analisi delle rotte marittime, della pescosità delle aree e della possibile interferenza sulle coste. Nel piano devono altresì essere indicati i tempi e modi di dismissione e rimessa in pristino dei luoghi da parte delle relative installazioni che abbiano cessato la loro attività.

La formulazione potrebbe essere chiarita, atteso che la rimessa in pristino viene prevista da parte delle 'installazioni', valutando un chiarimento in ordine al soggetto cui la rimessa in pristino inerisca.

 

Il comma 3 disciplina le modalità di adozione del Piano. Si prevede che esso sia adottato previa valutazione ambientale strategica. Limitatamente alle aree su terraferma, si prevede la previa intesa con la Conferenza unificata.

 Limitatamente alle aree su terraferma, qualora per le aree su terraferma l'intesa non è raggiunta entro 60 giorni dalla prima seduta, la Conferenza unificata è convocata in seconda seduta su richiesta del Ministro dello sviluppo economico entro 30 giorni ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Si ricorda che, in base alla norma vigente (art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 281 del 1997) richiamata dalla stessa disposizione in esame, la Conferenza unificata è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno. Con la disposizione qui in esame la facoltà di convocazione viene rimessa al Ministro dello sviluppo economico anziché al Presidente del Consiglio.

 In caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro il termine di 120 giorni dalla seconda seduta, ovvero in caso di espresso e motivato dissenso della Conferenza unificata, il PTESAI è adottato con riferimento alle sole aree marine.

 

Il comma 4 stabilisce che nelle more dell'adozione del Piano siano sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi sono sospesi. Si fa riferimento in norma a finalità di salvaguardia e miglioramento della sostenibilità ambientale e sociale. Rispetto a tale sospensione, sono invece fatti salvi una serie di procedimenti quali quelli relativi alle istanze di:

 

a) proroga di vigenza delle concessioni di coltivazione di idrocarburi;

b) rinuncia a titoli dei titoli minerari vigenti o alle relative proroghe;

c) sospensione temporale della produzione per le concessioni in essere;

d) riduzione dell'area, di variazione dei programmi lavori e delle quote di titolarità.

 

Il comma 4-bis specifica che la sospensione non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Il comma 5 sospende - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino all'adozione del Piano - i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione. Resta fermo l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.

 

 Il comma 6 stabilisce che la sospensione di cui al comma 5 sospende anche il decorso temporale dei permessi di prospezione e di ricerca; ai fini del computo della loro durata; correlativamente, per lo stesso periodo di sospensione, non è dovuto il pagamento del relativo canone. Si indica in relazione a tale sospensione l'onere di 134.000 euro in ragione d'anno, cui si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate di cui al comma 8 che restano acquisite all'erario.

 

Il comma 7 disciplina due fattispecie:

Ø successivamente alla approvazione del Piano, nelle aree in cui le attività di prospezione e di ricerca e di coltivazione risultino compatibili con le previsioni del Piano stesso, si stabilisce la ripresa di efficacia dei permessi di prospezione e di ricerca, sospesi ai sensi del comma 5;

Ø nelle aree invece non compatibili, si dispone che il Ministero dello sviluppo economico rigetti le istanze relative a procedimenti sospesi ai sensi del comma 4 e revochi, anche parzialmente, i permessi di prospezione e di ricerca in essere. In caso di revoca, si prevede in capo al titolare del permesso di prospezione e di ricerca comunque l'obbligo al completo ripristino dei siti interessati.

 

La norma disciplina la fattispecie di mancata adozione del Piano, stabilendo che in caso di mancata adozione del Piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, i permessi di prospezione e di ricerca sospesi ai sensi del comma 4 riprendono la loro istruttoria, mentre quelli sospesi ai sensi del comma 5 riprendono la loro efficacia.

Per quanto attiene la fattispecie di attività di coltivazione (vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, anche in regime di proroga) risultanti incompatibili con le previsioni del piano, alla data di adozione del piano stesso, se ne prevede il mantenimento di efficacia sino alla loro scadenza ma non sono ammesse nuove istanze di proroga.

La norma in parola (comma 7, ultimo periodo) appare prevedere tale mantenimento di efficacia per le attività di coltivazione, senza riferimento alle attività di prospezione e ricerca.

 

Il comma 8 ridetermina - a decorrere dal 1º giugno 2019 - i canoni annui per le concessioni di coltivazione e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana; essi sono così determinati:

 

a) concessione di coltivazione: 1.481,25,00 euro per chilometro quadrato;

b) concessione di coltivazione in proroga: 2.221,75,00 euro per chilometro quadrato;

c) concessione di stoccaggio insistente sulla relativa concessione di coltivazione: 14,81 euro per chilometro quadrato;

d) concessione di stoccaggio in assenza di relativa concessione di coltivazione: 59,25 euro per chilometro quadrato.

 

 In base al comma 9 ridetermina i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca, stabilendo che al venir meno della sospensione di cui al comma 5 - relativa ai permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione -, essi siano così determinati:

 

a) permesso di prospezione: 92,50 euro per chilometro quadrato;

b) permesso di ricerca: 185,25 euro per chilometro quadrato;

c) permesso di ricerca in prima proroga: 370,25 euro per chilometro quadrato;

d) permesso di ricerca in seconda proroga: 740,50 euro per chilometro quadrato.

 

Le maggiori risorse derivanti dalle disposizioni in materia di canoni di superficie di cui al presente comma sono riassegnate dal Ministero dell'economia e delle finanze ad apposito Fondo da istituire presso il Ministero dello sviluppo economico, destinato in misura pari a 1 milione di euro per gli anni 2020 e 2021 alla copertura degli oneri connessi all'attuazione della presente norma.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 625 del 1996 reca l'attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. In particolare, l'art. 18. Recante Armonizzazione delle disposizioni sui canoni dispone che a decorrere dal 1° gennaio 1997, i canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sono così determinati:

a) permesso di prospezione: 5000 lire per chilometro quadrato;

b) permesso di ricerca: 10000 lire per chilometro quadrato;

c) permesso di ricerca in prima proroga: 20000 lire per chilometro quadrato;

d) permesso di ricerca in seconda proroga: 40000 lire per chilometro quadrato;

e) concessione di coltivazione: 80000 lire per chilometro quadrato;

f) concessione di coltivazione in proroga: 120000 lire per chilometro quadrato;

g) concessione di stoccaggio insistente sulla relativa concessione di coltivazione: 20000 lire per chilometro quadrato;

h) concessione di stoccaggio in assenza di relativa concessione di coltivazione: 80000 lire per chilometro quadrato.

Il comma 2 prevede, nel caso di titoli minerari ricadenti nel territorio delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e Bolzano, che i canoni di cui al comma 1 sono dovuti alla regione o provincia autonoma. In base al comma 3, i canoni sono aggiornati con decreto del Ministro delle finanze di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del tesoro.

 

Si segnala che la norma in esame, nel rideterminare i canoni, non novella la disposizione vigente, che non risulta abrogata.

 

Il comma 10 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 202, da iscrivere su capitolo dello stato di previsione del MISE, per far fronte agli oneri per la predisposizione del Piano.

 

Il comma 11 istituisce, per far fronte agli oneri, nello stato di previsione del MISE un Fondo con la dotazione di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020. Si prevede il versamento delle maggiorazioni dei canoni di superficie previste dalla norma in esame (e derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 8 e 9 della stessa) ad apposito capitolo delle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo in parola, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per gli importi eccedenti 1 milione per l’anno 2019, 21 milioni per l’anno 2020 e 20 milioni a decorrere dall’anno 2021.

Si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico l'indicazione delle modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni.

Nel caso in cui le risorse disponibili sul fondo per un esercizio finanziario non risultino sufficienti a far fronte agli oneri della disposizione in esame, si demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia la corrispondente rimodulazione dei canoni annui di cui alla norma vigente, nell'indicata finalità di assicurare un maggior gettito corrispondente ai maggiori oneri.

 

Il comma 12 stabilisce che alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi svolte nell’ambito di titoli minerari rilasciati a seguito di istanze presentate dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame, non si applichi l’articolo 38 comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, norma quest'ultima che ha stabilito che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilità.

L'art. 38 comma 1 citato in norma prevede che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilità. Stabilisce che i relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità. Si ricorda che, in base al comma 2 di tale norma, qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica.

 

Resta fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.

 

 


Articolo 11-bis (em. 11.0.95 (testo 3))
(Disposizioni in materia di concessioni di grandi derivazioni idroelettriche)

 

L'articolo 11-bis - introdotto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 11.0.95 (testo 3) - interviene sulla disciplina relativa alle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche.

 

 

Al fine di definire una disciplina efficiente e coerente con le disposizioni dell'ordinamento comunitario in tema di assegnazione delle concessioni di- grandi derivazioni idroelettriche, l'articolo in esame novella l'articolo 12 del d.lgs. 79/1999 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), relativo alle concessioni idroelettriche.

Il nuovo comma 1 stabilisce che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza o rinuncia, tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell'acqua, le condotte forzate ed i canali di scarico (art. 25, comma 1, del Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici - R.D. 1775/1933), passano, senza compenso, in proprietà delle regioni, in stato di regolare funzionamento. In caso di esecuzione da parte del concessionario, a proprie spese e nel periodo di validità della concessione, di investimenti sui predetti beni, purché previsti dall'atto di concessione o comunque autorizzati dal concedente, alla riassegnazione della concessione secondo le procedure di cui ai commi seguenti, si applica, per la parte di bene non ammortizzato, un indennizzo al concessionario uscente pari al valore non ammortizzato e fatti salvi gli oneri di straordinaria manutenzione sostenuti dallo Stato nei casi previsti dall'articolo 26 del R.D. 1775/1933.

Per i beni diversi da quelli prima indicati resta ferma la disciplina stabilita dall'articolo 25, secondo comma e seguenti del R.D. 1775/1933, con corresponsione del prezzo da quantificare al netto dei beni ammortizzati, sulla base del successivo comma 1-ter, intendendosi sostituiti gli organi statali ivi indicati con i corrispondenti organi della Regione.

 

L'articolo 25 prevede che al termine dell'utenza e nei casi di decadenza o rinuncia, nelle grandi derivazioni per forza motrice, passano in proprietà dello Stato, senza compenso, tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell'acqua, le condotte forzate ed i canali di scarico, il tutto in istato di regolare funzionamento.

Lo Stato ha anche facoltà di immettersi nell'immediato possesso di ogni altro edificio, macchinario, impianto di utilizzazione, di trasformazione e di distribuzione inerente alla concessione (ossia quelli che trasportano prevalentemente energia prodotta dall'impianto cui si riferisce la concessione), corrispondendo agli aventi diritto un prezzo uguale al valore di stima del materiale in opera, calcolato al momento dell'immissione in possesso, astraendo da qualsiasi valutazione del reddito da esso ricavabile. In mancanza di accordo la controversia è deferita ad un collegio arbitrale costituito di tre membri, di cui uno nominato dal Ministro dei lavori pubblici, uno dall'interessato, il terzo d'accordo tra le parti, o in mancanza di accordo, dal presidente del Tribunale delle acque. Per esercitare la facoltà di immissione nel possesso, lo Stato deve preavvisare gli interessati tre anni prima del termine dell'utenza. Nel caso di decadenza o rinuncia non occorre tale preavviso.

 

In base la nuovo comma 1-bis, le regioni, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, possono assegnare le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, previa verifica di requisiti di capacità tecnica, finanziaria e organizativa di cui al comma 1-ter, lettera d) a: operatori economici individuati attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pabblica; mediante forme di partenariato pubblico privato.

L'affidamento a società partecipate deve comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. 175/2016).

Come previsto dal comma 1-ter, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione Europea e degli accordì internazionali, nonché dei princìpi fondamentali dell'ordinamento statale e delle disposizioni di cui all'articolo oggetto di novella, le regioni disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare:

a)     le modalità per lo svolgimento delle procedure di assegnazione di cui al comma 1-bis;

b)    i termini di avvio delle procedure di cui al comma 1-bis;

c)     i criteri di ammissione e di assegnazione;

d)    i requisiti di capacità finanziaria, organizzativa e tecnica adeguata all'oggetto della concessione richiesti ai partecipanti e i criteri di valutazione delle proposte progettuali, prevedendo quali requisiti minimi:

ü  ai fini della dimostrazione di adeguata capacità organizzativa e tecnica l'attestazione di avvenuta gestione, per un periodo di almeno 5 anni, di impianti idroelettrici aventi una potenza nominale media pari ad almeno 3 MW;

ü  ai fini della dimostrazione di adeguata capacità economica la referenza di due istituiti di credito o società di servizi iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari che attestino che il partecipante ha la possibilità di accedere al credito per un importo almeno pari a quello del progetto proposto nella procedura di assegnazione, ivi comprese le somme da corrispondere per i beni di cui alla lettera k);

e) i termini di durata delle nuove concessioni, comprese tra 20 e 40 anni; il termine massimo può essere incrementato fino ad un massimo di 10 anni, in relazione alla complessità dello proposta progettuale presentata e all'importo dell'investimento;

j) gli obblighi o le limitazioni gestionali, subordinatamente ai quali sono ammissibili i progetti di sfruttamento e utilizzo delle opere e delle acque, compresa la possibilità di utilizzare l'acqua invasata per scopi idroelettrici perfronteggiare situazioni di crisi idrica o per la laminazione delle piene;

g) i miglioramenti minimi in termini energetici, di potenza di generazione e di producibilifà da raggiungere nel complesso delle opere di derivazione, adduzione, regolazione e condotta dell'acqua e degli impianti di generazione, trasformazione e connessione elettrica con riferimento agli obiettivi strategici nazionali in materia di sicurezza energetica e fonti energetiche rinnovabili, compresa la possibilità di dotare le infrasfrutture di accumulo idrico per favorire l'integrazione delle stesse energie rinnovabili nel mercato dell'energia e nel rispetto di quanto previsto dal Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete elettrica;

h) i livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, in coerenza con gli strumenti di pianificazione a scala di distretto idrografico in attuazione della Direttiva 2000/60/CE, determinando obbligatoriamente una quota degli introiti derivanti dall'assegnazione, da destinare al finanziamento delle misure dei Piani di gestione distrettuali o dei piani di tutela finalizzate alla tutela e al ripristino ambientale dei corpi idrici interessati dalla derivazione;

i) le misure di compensazione ambientale e territoriale, anche a carattere finanziario, da destinarsi ai territoritori dei comuni interessati dalla presenza delle opere e della derivazione compresi tra i punti di presa e di restituzione delle acque garantendo l'equilibrio economico finanziario del progetto di concessione;

j) le modalità di valutazione, da parte dell'amministrazione competente, dei progetti presentati in esito alle procedure di assegnazione, che avverrà nell'ambito di un procedimento unico ai fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene luogo della verifica o valutazione di impatto ambientale, della valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati nonché dell'autorizzazione paesaggistica, nonché di ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato, previsto dalla normativa nazionale, regionale o locale; a tal fine, alla valutazione delle proposte progettuali partecipano, ove necessario, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dei beni e delle attività culturali e gli enti gestori delle aree naturali protette; per gli aspetti connessi alla sicurezza degli invasi di cui al D.L 507/1994 (Misure urgenti in materia di dighe - L. 584/1994), e all'articolo 6, comma 4-bis, della L. 166/2002 (Disposizioni relative al Registro italiano dighe) al procedimento valutativo partecipa il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

k) l'utilizzo dei beni di cui all'articolo 25, comma secondo, del R.D. 1775/1933, nel rispetto del codice civile, secondo i seguenti criteri:

1)    per i beni mobili di cui si prevede l'utilizzo nel progetto di concessione, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo, in termini di valore residuo, determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata; in caso di mancata previsione di utilizzo nel progetto di concessione, per tali beni si procede alla rimozione e allo smaltimento secondo le norme vigenti a cura ed onere del proponente;

2)    per i beni immobili, per i quali il progetto proposto ne prevede l'utilizzo, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo il cui valore è determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata sulla base di attività negoziale fra le parti;

3)    i beni immobili per i quali il progetto proposto non prevede l'utilizzo restano di proprietà degli aventi diritto;

1) previsione, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato;

m) le specifiche modalità procedimentali da seguire in caso di grandi derivazioni idroelettriche che interessano il territorio di due o più regioni, in termini di gestione delle derivazioni, vincoli amministrativi e ripartizione dei canoni, da definire d'intesa fra le Regioni interessate; le funzioni amministrative per l'assegnazione della concessione sono di competenza della Regione sul cui territorio insiste la maggior portata di derivazione d'acqua in concessione.

Secondo il  , le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono avviate entro due anni dall'entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1-ter. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro il 31 dicembre 2021, sono individuate le modalità e le procedure di assegnazione applicabili nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata, delle procedure di cui al primo periodo; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti procede in via sostitutiva, sulla base della predetta disciplina, all'assegnazione delle concessioni, prevedendo che il 10% dell'importo dei canoni concessori resti acquisita al patrimonio statale. Restano in ogni caso ferme le competenze statali previste a legislazione vigente.

Il comma 1-quinquies prevede che i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche corrispondono semestralmente alle regioni un canone, determinato con legge regionale, sentita l'ARERA, articolato in una componente fissa, legata alla potenza nominale media di concessione, e in una componente variabile, calcolata come percentuale dei ricavi normalizzati, sulla base del rapporto fra la produzione dell'impianto, al netto dell'energia fornita alla regione, ed il prezzo zonale dell'energia elettrica. Il compenso unitario varia proporzionalmente alle variazioni, non inferiori al 5 per cento, dell'indice ISTAT relativo al prezzo industriale per la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica. Il canone così determinato è destinato per almeno il 60% alle Province il cui territorio è interessato dalle derivazioni. Nelle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l'obbligo per i concessionari di fornire annualmente e gratuitamente alle stesse regioni, 220 kWh per ogni kWdi potenza nominale media di concessione, per almeno il 50% destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni.

Il comma 1-sexies dispone che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto, disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della nuova disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità, le condizioni la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure dì assegnazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.

Per il comma 1-septies, fino all'assegnazione della concessione, il concessionario scaduto è tenuto a fornire su richiesta della regione energia nella misura e con le modalità previste dal comma 1-quinquies e a riversare alla regione un canone aggiuntivo, rispetto al canone demaniale, da corrispondere per l'esercizio degli impianti nelle more dell'assegnazione; tale canone aggiuntivo è destinato per un importo non inferiore al 60% alle Province il cui territorio è interessato dalle derivazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'ARERA) e previo parere della conferenza Stato-Regioni sono determinati il valore minimo della componente fissa del canone e il valore minimo del canone aggiuntivo; in caso di mancata adozione del decreto entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, fermi restando predetti i criteri di ripartizione, le regioni possono determinare l'importo dei canoni in misura non inferiore a € 30 per la componente fissa del canone e a € 20 per il canone aggiuntivo per ogni kW di potenza nominale media di concessione per ogni annualità.

Il comma 1-octies fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Sono di conseguenza  abrogati i commi 2, 4, 8-bis e 11 dell'articolo 12 del d.lgs.79/1999 nonché i commi 5, 6 e 7 dell'art. 37 del D.L. 83/2012 (L. 134/2012) relativi alle concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico.


Articolo 11-bis (em. 11.0.1000)
(Disposizioni in materia di elezione degli ordini forensi)

 

Con l'approvazione dell'emendamento 11.0.1000 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 11-bis il quale reca una disposizione di interpretazione autentica volta ad ovviare alle incertezze applicative in ordine alla ineleggibilità degli avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi. La disposizione inoltre contempla una proroga di sei mesi per il rinnovo dei consigli degli ordini circondariali forensi scaduti il 31 dicembre 2018.

 

L'articolo 11-bis reca, al comma 1, una norma di interpretazione autentica al fine di superare le incertezze applicative relative alla ineleggibilità di avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi, come stabilito dalla legge 12 luglio 2017, n. 113. L'articolo 3, comma 3, secondo periodo, della legge n. 113 del 2017 prevede, infatti, che i consiglieri degli ordini forensi non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi. In base a quanto previsto dall'articolo in commento, tale disposizione, deve interpretarsi nel senso che, ai fini del rispetto del divieto di ricandidatura per coloro che hanno già svolto due mandati esecutivi, si tiene conto dei mandati espletatati, anche solo in parte, prima della sua entrata in vigore, compresi quelli iniziati anteriormente all'entrata in vigore della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di riforma dell'ordinamento forense. La disposizione fa salvo quanto previsto dall'articolo 3, commi 3, terzo periodo, e 4, della legge 12 luglio 2017, n. 113, in ordine rispettivamente alla possibilità di ricandidarsi quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato e all'irrilevanza dei mandati di durata inferiore ai due anni.

        

Il comma 2 dell'articolo dispone, poi, con riguardo al rinnovo dei consigli degli ordini circondariali degli avvocati scaduti il 31 dicembre 2018, una proroga del termine di cui all'articolo 27, comma 4 della legge n.  247 del 2012, stabilendo che l'assemblea per l'elezione del consiglio si svolge entro il mese di luglio 2019.

 

Alla approvazione dell'emendamento consegue l'abrogazione del decreto legge n. 2 del 2019, recante disposizioni aventi il medesimo contenuto delle norme in esame. Si prevede, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.

 

La legge n. 247 del 2012 ha riformato organicamente la disciplina della professione di avvocato, risalente alla legge professionale del 1933.

In particolare, la disciplina degli organi e delle funzioni degli ordini forensi è contenuta nel titolo III della legge n. 247, agli articoli da 24 a 39.

 

L’ordine forense è costituito dall'insieme degli iscritti negli albi degli avvocati ed è articolato nel Consiglio nazionale forense e negli ordini circondariali, definiti "enti pubblici non economici" (art. 24), soggetti alla vigilanza del Ministero della giustizia.

Gli ordini circondariali sono costituiti presso ciascun tribunale. Gli ordini circondariali, ai quali è attribuita in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell’Avvocatura a livello locale (art. 25), sono articolati nei seguenti organi:

-        assemblea degli iscritti, costituita dagli avvocati iscritti all’albo circondariale e negli elenchi speciali: ad essa spettano, oltre che funzioni consultive, anche l’elezione dei componenti del consiglio e l’approvazione dei bilanci;

-        consiglio dell’ordine;

-        presidente;

-        segretario;

-        tesoriere;

-        collegio dei revisori.

 

In base all’articolo 28 della legge del 2012 i consigli dell’ordine circondariale hanno un numero di componenti che varia in funzione del numero di avvocati iscritti (comma 1). All’ordine circondariale devono essere iscritti tutti gli avvocati aventi il principale domicilio professionale nel circondario del tribunale.

 

Avvocati iscritti all’ordine circondariale

Consiglieri dell’ordine

 

Da 0 a 100

5

Da 101 a 200

7

Da 201 a 500

9

Da 501 a 1.000

11

Da 1.001 a 2.000

15

Da 2.001 a 5.000

21

Oltre 5.000

25

 

La riforma demandava ad una un regolamento (il successivo DM 10 novembre 2014, n. 170) la disciplina delle modalità di elezione dei componenti del consiglio dell’ordine, fissando i seguenti principi:

?elettorato attivo: possono votare tutti gli avvocati che, il giorno antecedente al voto, risultano iscritti nell’albo, nell’elenco dei dipendenti degli enti pubblici, nell’elenco dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione;

?elettorato passivo: possono essere eletti tutti coloro che hanno l’elettorato attivo e che, nei 5 anni precedenti, non hanno riportato una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. Il mandato può essere svolto al massimo due volte, ma non consecutivamente. Per ripresentare la propria candidatura, infatti, l’avvocato deve attendere che sia trascorso un numero di anni uguale a agli anni nei quali ha già svolto il mandato.

?sistema elettorale: con voto segreto; sistema maggioritario plurinominale, con candidature individuali o tramite liste concorrenti e voto di preferenza; possibilità per ciascun elettore di esprimere un numero di preferenze non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondato per difetto; possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi; rispetto dell’equilibrio tra i generi con garanzia che il genere meno rappresentato ottenga almeno 1/3 dei consiglieri eletti e, in caso di sostituzione in corso di mandato, che tale rapporto sia comunque garantito; attribuzione del posto in consiglio dell’ordine a coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è eletto il più anziano per iscrizione e, in caso di parità, il più anziano d’età; subentro, in caso di morte, dimissioni, decadenza, impedimento permanente, del primo dei non eletti – nel rispetto dell’equilibrio di genere – entro 30 giorni dall’evento.

?contenzioso: contro i risultati delle elezioni ciascun avvocato iscritto nell'albo può proporre reclamo al CNF, entro 10 giorni dalla proclamazione; il reclamo non sospende l'insediamento del nuovo consiglio.

?incompatibilità: la carica di consigliere dell’ordine è incompatibile con quella di membro del CNF, del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nonché di membro di un consiglio distrettuale di disciplina. Quando l’incompatibilità è sopravvenuta, l’interessato deve optare per uno degli incarichi entro 30 giorni, pena la decadenza dal primo incarico assunto; ai consiglieri dell’ordine, durante il mandato, non possono essere conferiti incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario.

 

Nella scorsa legislatura, sulla questione relativa alle elezioni degli ordini forensi, il legislatore è nuovamente intervenuto con la legge n. 113 del 2017. In particolare l'articolo 3 della legge n. 113 ha ridisciplinato l’elettorato attivo e passivo, sostanzialmente sostituendosi ai commi da 2 a 5 dell’articolo 28 della legge, che vengono abrogati dalla stessa legge del 2017.

Ai sensi dell’articolo 3 sono stati così disciplinati i seguenti aspetti:

?elettorato attivo: è stata confermata la disciplina prevista dalla legge del 2012, infatti possono votare tutti gli avvocati che, il giorno antecedente il voto, risultano iscritti nell’albo, nell’elenco dei dipendenti degli enti pubblici, nell’elenco dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione (comma 2).

?elettorato passivo: possono essere eletti tutti coloro che hanno l’elettorato attivo e che, nei 5 anni precedenti, non hanno riportato una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. Il mandato può essere svolto al massimo per due volte consecutive (comma 3). Per ripresentare la propria candidatura l’avvocato dovrà attendere che sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali ha già svolto il mandato. Ai fini del rispetto del divieto di svolgere più di due mandati consecutivi, non si tiene conto dei mandati di durata inferiore ai due anni (comma 4).

 

Proprio con riguardo all'articolo 3, della legge del 2017 e alla interpretazione di tale disposizione nella parte in cui prevede l'ineleggibilità degli avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi (comma 3, secondo periodo), sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la Sentenza 19 dicembre 2018, n.32781. La Suprema Corte - in sede di impugnazione di una pronuncia del CNF - ha ritenuto che la disposizione si intende riferita anche ai mandati espletati anche solo in parte prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che, a far tempo dall'entrata in vigore di detta legge (21 luglio 2017) e fin dalla sua prima applicazione in forza del comma terzo del suo articolo 17, non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli della durata inferiore al biennio ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 3 della legge n. 113 del 2017) di componente dei Consigli dell'ordine, pure se anche solo in parte sotto il regime anteriore alle riforme di cui alle leggi 31 dicembre 2012, n. 247 e 12 luglio 2017 n. 113. Secondo la Suprema Corte la norma deve essere letta tenuto conto delle rationes della normativa ovverosia garantire la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini professionali favorendo l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice evitando la 'sclerotizzazione' delle compagini potenzialmente dannosa.

 

Da ultimo sulla materia è intervenuto il decreto-legge 11 gennaio 2019, n.2, del quale, la disposizione in commento reca l'abrogazione, prevedendo, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.

 

 


Articolo 11-bis (em. 11.0.600 e sub. 11.0.600/1 (testo2))
(Modifiche all’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18 relativa all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, nonché disposizioni in favore degli orfani di Rigopiano)

 

L'emendamento 11.0.600, approvato durante l’esame referente dalle Commissioni riunite, propone di introdurre l’articolo 11-bis con il quale si modifica la normativa riguardante l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, stabilendo che gli esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità chiamati ad integrare la composizione dell’Osservatorio devono essere comunque pari a cinque.

Nel corso dell’esame è stato inoltre approvato il subemendamento 11.0.600/1 (testo 2), con il quale sono state disposte alcune agevolazioni per l’accesso al lavoro nel settore pubblico per i soggetti rimasti orfani a seguito dell’evento di Rigopiano (comma 2 dell’articolo 11-bis).

 

L’articolo 11-bis, la cui introduzione nella legge di conversione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 11.0.600, stabilisce che gli esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità che integrano la composizione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità devono essere comunque pari a cinque.

Infatti, la normativa vigente attualmente prevede che l’'Osservatorio sia integrato da esperti in un numero non superiore a cinque.

 

L’Osservatorio dura in carica tre anni ed è prorogabile con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la medesima durata (qui il DPCM di proroga per ulteriori 3 anni a decorrere dal 22 ottobre 2016) e pertanto dovrebbe scadere il 21 ottobre 2019.

Si ricorda che il D.I. 6 luglio 2010, n. 167 ne ha disciplinato l’attività come organismo consultivo e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità, presso la sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a Roma. Successivamente, il Decreto MLPS del 30 novembre 2010 (qui il contenuto del Decreto) ne ha disposto la composizione in base al citato articolo 3 della legge n. 18/2009. Qui l’ultima Relazione triennale (2014-2016) che contiene, tra l’altro, un elenco delle attività realizzate e dei risultati raggiunti.

 

Il comma 2 (oltre ad aggiungere alla rubrica dell’articolo in esame il testuale riferimento agli orfani di Rigopiano) prevede che siano considerati orfani, a seguito del richiamato evento, tutti coloro i cui genitori (o anche uno solo di essi ovvero la persona che li aveva a proprio totale o principale carico) siano deceduti, dispersi o divenuti inabili in modo permanente a qualsiasi proficuo lavoro a causa dell’evento medesimo.

Al riguardo, appare opportuno, sotto il profilo della formulazione del testo, analogamente a quanto previsto dalla normativa generale in materia di collocamento obbligatorio (l. 68/1999, art. 18), distinguere gli orfani dai soggetti ad essi equiparati in ragione del differente criterio, adottato dal testo dell’emendamento, che fa riferimento alla “persona che li aveva a proprio totale o principale carico”.

 

In relazione a ciò, sono riconosciute le seguenti agevolazioni per l’accesso al lavoro nel settore pubblico:

·     attribuzione, agli orfani di uno o entrambi i genitori, della quota di riserva di cui all’articolo 7, comma 2, della L. 68/1999, che disciplina le modalità delle assunzioni obbligatorie a cui sono tenuti i datori di lavoro pubblici. Tale agevolazione, quindi, non sembrerebbe operare nei confronti dei soggetti totalmente o principalmente a carico della persona deceduta (lettera a));

·     riconoscimento della condizione di orfano quale titolo di preferenza nella valutazione dei requisiti richiesti per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici non attuate tramite concorso (lettera b)). Agli stessi si applicano, inoltre, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, della L. 407/1998 [15] , relativamente all’iscrizione negli elenchi al collocamento obbligatorio per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

 

 

In materia di collocamento obbligatorio, si ricorda che le pubbliche amministrazione (nonché agli enti pubblici economici) sono tenute ad assumere persone con disabilità nella quota d'obbligo prevista dalla normativa generale [16] , nonché ad osservare precisi vincoli per effettuare le assunzioni in conformità a quanto previsto dall'articolo 35 del D.Lgs. 165/2001 (in tema di procedure per le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni).

Le persone con disabilità in età lavorativa (cioè che abbiano compiuto i 18 anni e che non abbiano raggiunto l'età pensionabile) e disoccupate possono essere assunte presso i datori di lavoro pubblici purché appartenenti a specifiche categorie (quali invalidi civili con invalidità superiore al 45%, percettori dell’assegno di invalidità; invalidi del lavoro con un riconoscimento di invalidità superiore al 33%; non vedenti - con cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi -; sordi; invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio).

Più specificamente, i soggetti con disabilità possono essere assunti nella Pubblica Amministrazione:

- tramite concorsi pubblici che devono essere espletati per i profili professionali per i quali è previsto il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado e/o laurea; la persona da assumere deve essere individuata tramite concorso pubblico gestito direttamente dall'ente che deve assumere (articolo 35 del D.Lgs.165/2001);

- tramite avviamento da parte del Centro per l'impiego con chiamata numerica (per i profili per i quali è necessario il solo requisito della scuola dell'obbligo);

- tramite le convenzioni per l'inserimento lavorativo (ex articolo 11 della L. 68/1999 [17] ), procedendo, quindi, solo in questo caso, con chiamata nominativa.

Per le assunzioni che non richiedono il concorso le Pubbliche Amministrazioni procedono con chiamata numerica, con verifica della compatibilità dell'invalidità con le mansioni da svolgere.

Per le assunzioni per le quali è richiesta la prova selettiva (concorso pubblico) le persone disabili iscritte nelle liste speciali, hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al 50% dei posti messi a concorso (articolo 7, comma 2, della L. 68/1999). La quota d'obbligo è calcolata sulla scopertura dell'organico.



[1]     Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti.

Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo

[2]     La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività” (a sua volta alimentato da risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento). Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico

[3]     In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

[4]     legge 147/2013, articolo 1, comma 46 che ha introdotto il comma 8-quater nell’articolo 5 del D.L. n. 269/2003.

[5]     Per maggiori dettagli si veda il Dossier dei Servizi Studi della Camera e del Senato n. 75/2 del 3 dicembre 2018.

[6]     Si ricorda al riguardo che con le bollette dell'energia elettrica, oltre ai servizi di vendita, ai servizi di rete e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi. Il gettito raccolto dall'applicazione degli oneri generali (differenziato a seconda delle finalità cui è preposto, attraverso l’individuazione di specifiche “componenti” della bolletta) è trasferito su appositi conti di gestione istituiti dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali per ciascuna componente; fanno eccezione la componente A3 (gettito da bolletta finalizzato alla copertura degli incentivi per le fonti rinnovabili) che affluisce per circa il 98% direttamente al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e la componente As (finalizzato a far fronte agli oneri per il cd. bonus elettrico), per la quale i distributori versano alla Cassa solo la differenza tra il gettito raccolto e i costi sostenuti per il riconoscimento del bonus (se la differenza è negativa, viene riconosciuta al distributore). L'utilizzo e la gestione di questi fondi è disciplinata dall'Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) che aggiorna trimestralmente le aliquote sulla base del fabbisogno. Nell’anno 2016 il gettito derivante dagli oneri generali di sistema è stato pari a 14,2  miliardi circa, di cui 12,4 da componente A3.

Nel corso degli ultimi anni varie norme – tra cui l’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 98/2016, per quanto concerne il prestito ad ILVA S.p.A,, hanno provveduto alla compensazione degli oneri in termini di fabbisogno da esse recati mediante la previsione di un versamento, su conti correnti fruttiferi appositamente aperti presso la tesoreria centrale – remunerati secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica – delle somme gestite presso il sistema bancario dal Gestore dei Servizi energetici ed ambientali. In proposito va rammentato che in sede di istruttoria al citato D.L. n. 98/2016 la CSEA, audita il 23 giugno 2016 presso le Commissioni riunite VIII e X ha avuto modo di evidenziare che “qualora il prelievo sulle somme iscritte presso i propri conti divenga permanente, ciò può comportare la necessità di un corrispondente successivo aumento delle aliquote delle componenti tariffarie riscosse presso operatori interessati”.

[7]     Il certificato di agibilità è uno strumento volto ad assicurare una tutela rafforzata per i lavoratori appartenenti a determinate categorie artistiche e tecniche dello spettacolo, considerate le specificità che caratterizzano lo svolgimento delle prestazioni lavorative in tale settore. Il certificato di agibilità deve essere richiesto dalle imprese dello spettacolo all’INPS ai sensi degli artt. 6, 9 e 10 del D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947. L’obbligo di richiesta è volto a consentire il preventivo controllo della regolarità contributiva dell’impresa richiedente che, in caso di esito negativo, preclude il rilascio del certificato. La richiesta del certificato di agibilità deve essere effettuata entro cinque giorni dalla stipulazione dei relativi contratti di lavoro (art. 9, comma 3, D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947) e, comunque, prima dello svolgimento della prestazione lavorativa. Alle imprese di nuova costituzione/operatività, all’atto del rilascio della prima agibilità, viene richiesto il versamento di una somma a titolo di deposito cauzionale pari al 10% del carico contributivo stimato per un periodo di tre mesi. In alternativa l’impresa può produrre una fidejussione bancaria o assicurativa per lo stesso importo.

[8]     In generale la disciplina vigente dispone, per quanto riguarda i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, che l’impresa sia esentata dall’obbligo di richiesta del certificato qualora i lavoratori, per i quali le imprese effettuano regolari versamenti contributivi presso l'INPS, siano utilizzati nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento;

Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, l’impresa ha l’obbligo di richiedere il rilascio del certificato di agibilità:              per lavoratori con contratto di prestazione d'opera di durata superiore a 30 giorni e contrattualizzati per specifici eventi, di durata limitata nell'arco di tempo della complessiva programmazione dell'impresa, singolari e non ripetuti rispetto alle stagioni o cicli produttivi; per lavoratori autonomi la cui prestazione venga resa nei locali di proprietà delle imprese committenti, o di cui esse abbiano un diritto personale di godimento.

[9] Il riferimento è al decreto del ministro dell'interno recante "Differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2019/2021 degli enti locali dal 31 dicembre 2018 al 28 febbraio 2019".

[10] Ai sensi dell'art.2, comma 2-bis, del D.L. n.119 del 2018 che ha così prorogato la vigenza della disposizione precedentemente prevista sino al 31 dicembre 2018 dal D.lgs. n.24 del 2016 (Attuazione delle direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE del Consiglio, del 22 luglio 2013, che istituiscono un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di  IVA e prevedono l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile a determinate operazioni a rischio frodi).

[11] Si vedano in proposito le circolari dell'Agenzia delle entrate n.59/E/2010 e n. 21/E del 25 maggio 2016.

[12] Si ricorda che il contributo è riconosciuto a ristoro del minor gettito per i comuni derivante in conseguenza della sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili.

[13] Recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città.

[14] Recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

[15]   L’articolo 1, comma 2, della L. 407/1998 dispone che i soggetti che abbiano subito un’invalidità permanente a seguito di azioni di terrorismo e di criminalità organizzata, nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi, in generale godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli.

[16]   l’articolo 3 della L. 68/99 prevede che i datori di lavoro, pubblici, come quelli privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori invalidi nella seguente misura:

-7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;

-2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

-1 lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

[17]   Tale articolo stabilisce la possibilità di stipulare specifiche convenzioni con i Centri per l'Impiego, con le quali si prevede un programma mirante all'inserimento lavorativo della persona disabile. I datori di lavoro pubblici che vogliano adempire all'obbligo tramite la richiamata convenzione devono inoltrare la richiesta entro 60 giorni dalla trasmissione di una proposta di convenzione. La possibilità di effettuare assunzioni con chiamata nominativa è limitata al caso di stipula della convenzione.