Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | D.L. 135/2018: Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione |
Serie: | Progetti di legge Numero: 72/1 |
Data: | 25/01/2019 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali, IX Trasporti |
Servizio Studi
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Dossier n. 94/1
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Progetti di legge n. 72/1
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Articolo 1, comma 8-bis (em. 1.38 (testo 2)) (Disaccantonamento risorse fondi)
Articolo 2-bis (em. 2.0.3) (Modifiche al decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38)
Articolo 3, comma 1-bis (em. 3.500) (Programma nazionale triennale della pesca)
Articolo 3-bis (em. 3.0.8) (Agibilità per lavoratori autonomi dello spettacolo)
Articolo 3-bis (em. 3.0.700) (Etichettatura dei prodotti alimentari)
Articolo 3-bis (em. 3.0.57) (Revisione delle concessioni demaniali acque interne)
Articolo 3-bis (em. 3.0.61 (testo 2)) (Attività accessorie degli stabilimenti balneari)
Articolo 3-bis (em. 3.0.81 (testo 3)) (Omesso versamento ritenute previdenziali e assistenziali)
Articolo, 3-bis (em. 3.0.90 (testo 2)) (Oneri per interventi in materia di politiche sociali)
Articolo 3-bis (em. 3.0.96) (Trattamenti di integrazione salariale in deroga)
Articolo 3-bis (em. 3.0.146) (Tenuta della contabilità in forma meccanizzata)
Articolo 3-bis (em. 3.0.600) (Norme per il contrasto della Xylella fastidiosa)
Articolo 3-bis (em. 3.0.139) (Ottimizzazione dei flussi veicolari logistici nel Porto di Genova)
Articolo 4, comma 2 (em. 4.3 (testo 3)) (Modo della custodia)
Articolo 4-bis (identici em. 4.9 (testo 2) e 4.0.9) (Espropriazione presso terzi)
Articolo 4-bis (em. 4.0.8) (Misure urgenti per favorire la riscossione dei crediti di giustizia)
Articolo 5, comma 2-bis (em. 5.61) (Nuovo termine per adeguamenti di concessioni)
Articolo 5 (em. 5.68) (Trasferimento gestione commissariale Galleria Pavoncelli)
Articolo 7-bis (em. 7.0.1) (Norme in materia di edilizia)
Articolo 8 (em. 8.100) (Piattaforme digitali)
Articolo 8-bis (em. 8.0.3) (Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract)
Articolo 8-bis (em. 8.0.39 (testo 2)) (Misure di semplificazione in materia di cinema e audiovisivo)
Articolo 9-bis (identici em. 9.0.6 e 9.0.7) (Disposizioni a sostegno della formazione specialistica)
Articolo 9-bis (em. 9.0.19) (Disposizioni in materia di limiti quantitativi al possesso di farmacie)
Articolo 9-bis (em. 9.0.22 (testo 2)) (Disposizioni di semplificazione in materia farmaceutica)
Articolo, 9-bis (em. 9.0.600) (Ricetta medico veterinaria)
Articolo 10, comma 2-bis (em. 10.600) (Adeguamento normativa antincendio edifici scolastici)
Articolo 10-bis (em. 10.0.31 (testo 3)) (Misure per il Ministero dell'interno)
Articolo 11-bis (em. 11.0.1000) (Disposizioni in materia di elezione degli ordini forensi)
Articolo 11-bis (em. 11.0.700) (Semplificazioni in materia di auto di servizio)
Articolo 11-bis (em. 11.0.800) (Riparto di un Fondo per le Forze di polizia)
L’articolo 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia in favore delle PMI che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari e sono titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.
Come proposto dalle Commissioni riunite in sede referente, gli interventi di garanzia sono estesi anche ai professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi, secondo la definizione recata dall'art. 1, co. 2, della L. 4/2013, espressamente richiamato.
Tale disposizione prevede che per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e relative attività tipiche o riservate per legge e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
La Sezione viene dotata di 50 milioni di euro (la locuzione "a valere sulle disponibilità del medesimo Fondo", presente nella formulazione originaria, è stata espunta in sede referente). Nel dettaglio, l’intervento in garanzia della Sezione speciale:
· opera a condizioni di mercato, su finanziamenti già concessi alla PMI, da una banca o da un intermediario finanziario, classificati come inadempienze probabili;
· presuppone la sussistenza di un credito certificato verso la Pubblica Amministrazione;
· è subordinato alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento qualificato come inadempimento probabile;
· copre, nella misura massima dell’80%, il minore tra l’importo del finanziamento non rimborsato e l’ammontare dei crediti certificati. L’importo massimo garantito non potrà comunque essere superiore a 2,5 milioni;
· cessa con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati;
· in ogni caso, comporta un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.
· è concesso a fronte del versamento da parte della banca o intermediario, di un premio che può essere posto a carico della PMI beneficiaria in misura non superiore a un quarto del suo importo.
L’efficacia del regime di aiuto istituito dalla norma in esame è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.
La relazione illustrativa al provvedimento in esame evidenzia che la norma delinea un siffatto intervento in garanzia del Fondo al fine di evitare l’avvio di azioni di recupero da parte del soggetto finanziatore, che metterebbero a rischio la continuità aziendale decretando, in molti casi, la “morte” delle imprese che, al netto delle tensioni finanziarie connesse all’incaglio dei propri crediti commerciali con la P.A., presentano buone performance sul piano economico e produttivo.
Nel dettaglio, l’articolo 1, comma 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia, a condizioni di mercato, in favore delle PMI e, come segnalato supra, dei professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari anche titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.
Si tratta delle PP.AA. di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, e dunque di tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D. Lgs. n. 300/1999 di riforma dell’organizzazione del Governo.
I crediti sono certificati ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008. Tale norma dispone che le predette PP.AA., su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, certifichino - trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza - se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile. Ciò, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine di trenata giorni, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore. La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente (per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999) o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio (per le altre PP.AA). La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate dall'amministrazione utilizzando la piattaforma dei crediti commerciali con l'apposizione della data prevista per il pagamento.
La Sezione speciale viene dotata di 50 milioni di euro.
Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.a., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendo o contro-garantendo operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore di imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di quelle rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (es., attività finanziarie e assicurative). Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:
· rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché
· rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero
· sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.
Il Fondo opera dunque con una logica di “moltiplicatore”, rilasciando garanzie per un importo multiplo rispetto alle risorse disponibili, nei limiti imposti, peraltro, dall’osservanza di un “coefficiente di rischio”. In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del D.L. n. 185/2008, gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.
Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.
Quanto alle modalità operative del Fondo, queste sono state oggetto di varie modifiche, finalizzate ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti e dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica. In particolare, il D.L. n. 69/2013 (articolo 1 e 2, comma 6) ha posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa.
Il Fondo, costituito dalla norma istitutiva presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018[1]
Quanto alle modalità di finanziamento, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali [2]. Si ricorda in proposito che il Fondo è stato da ultimo rifinanziato dal D.L. n. 119/2018 (articolo 22), per 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 - già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014.
La relazione tecnica al provvedimento in esame evidenzia che il Gestore del Fondo ha recentemente stimato in 530 milioni di euro le risorse residue libere da impegni.
Il Fondo opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale[3].
Il Fondo opera anche attraverso più sezioni, istituite con normativa primaria e secondaria, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste.
Ai sensi del comma 2, la garanzia della sezione speciale è rilasciata su finanziamenti già concessi alla PMI e al professionista beneficiari da una banca o da un intermediario finanziario, non già coperti da garanzia pubblica ed anche assistiti da ipoteca sugli immobili (il riferimento agli immobili aziendali è stato eliminato nel corso dell'esame in sede referente), classificati dalla stessa banca o intermediario finanziario come inadempienze probabili alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, come risultante dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia.
Si ricorda che le definizioni di crediti deteriorati adottate dalla Banca d'Italia sono quelle armonizzate a livello dell'SSM, che riflettono i criteri pubblicati nel 2013 dall'Autorità bancaria europea (EBA). Nelle statistiche italiane si trovano un maggiore dettaglio e la continuità delle serie storiche relative alle sottocategorie utilizzate in precedenza, le sofferenze, le inadempienze probabili, le esposizioni scadute e/o sconfinanti (si veda Circolare 272 di Bankitalia). In particolare:
A dicembre 2017, dei 173 miliardi di crediti deteriorati netti, 81 erano classificati come sofferenze, 85 miliardi come inadempienze probabili e 7 come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.
Ai sensi del comma 3, la garanzia copre - nella misura indicata dal decreto ministeriale attuativo delle disposizioni in esame e comunque non superiore all'80 per cento del finanziamento e fino a un importo massimo garantito di 2,5 milioni - il minore tra:
a) l'importo del finanziamento non rimborsato dalla PMI e dal professionista beneficiari alla data di presentazione della richiesta di garanzia, maggiorato degli interessi, contrattuali e di mora, maturati sino alla predetta data e
b) l'ammontare dei crediti certificati vantati dalla PMI e dal professionista beneficiari verso la Pubblica Amministrazione, risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni.
Ai sensi dei commi 4 e 5, la garanzia della sezione speciale è subordinata alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI e il professionista beneficiari di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento oggetto di garanzia (comma 4).
Solo in caso di mancato rispetto, da parte della PMI e del professionista beneficiari, degli impegni previsti nel piano di rientro del debito la garanzia può essere escussa dalla banca o dall’intermediario finanziario.
La garanzia comporta in ogni caso un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.
La garanzia cessa in ogni caso la sua efficacia con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati (comma 5).
Si ricorda in questa sede che il Fondo di garanzia PMI – ai sensi della legislazione vigente (art. 4, D.M. 26 giugno 2012 e ss. mod. e int.) – già interviene sulle operazioni finanziarie di anticipazione del credito senza cessione dello stesso accordate ai beneficiari (PMI e professionisti) ubicati su tutto il territorio nazionale che vantano crediti nei confronti di Pubbliche Amministrazioni, prestando:
· garanzia diretta con una copertura massima dell’80% a valere su un importo massimo garantito non superiore a 2,5 milioni
· controgaranzia fino alla misura massima dell’80% dell’importo garantito dal soggetto richiedente, a condizione che la garanzia da questi rilasciata non superi la percentuale massima di copertura dell’80% e che l’importo di tali operazioni non sia superiore all’ammontare dei crediti certificati dall’Amministrazione debitrice. L’importo massimo garantito per ciascun beneficiario non deve essere superiore, anche in questo caso a 2,5 milioni di euro.
Al Fondo non è dovuta la commissione per le operazioni di anticipazione dei crediti verso la P.A.
La legislazione vigente prevede poi l’intervento in garanzia del Fondo nelle operazioni di acquisto da parte di Cassa depositi e prestiti S.P.A. (CDP S.p.A.)di crediti cartolarizzati delle PMI verso le PP.AA.. La legge di stabilità 2014[4] ha consentito a CDP S.p.A. di acquistare titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese al fine di accrescere il volume del credito alle PMI. Gli acquisti dei predetti titoli, ove effettuati a valere sulle somme in gestione separata di CDP, possono essere garantiti dallo Stato secondo criteri e modalità stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze e agli oneri delle eventuali escussioni delle garanzie si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo di garanzia per le PMI.
Ai sensi del comma 6, la garanzia della sezione speciale è concessa a fronte del versamento alla medesima sezione, da parte della banca o intermediario, di un premio in linea con i valori di mercato. Il premio di garanzia può essere posto a carico della PMI e del professionista beneficiari in misura non superiore a un quarto del suo importo, restando a carico della banca o intermediario la parte rimanente.
Il comma 7 demanda ad un decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione, anche in deroga alle vigenti condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale del Fondo di garanzia PMI, delle modalità, misura, condizioni e limiti per la concessione, escussione e liquidazione della garanzia, nonché i casi di revoca della stessa. Allo stesso decreto è demandata la fissazione delle percentuali di accantonamento a valere sulle risorse della sezione speciale e i parametri per definire il premio in linea con i valori di mercato della garanzia.
Con riferimento al comma 7, si osserva che non è indicata la data entro la quale deve essere adottato il decreto ministeriale.
Ai sensi del comma 8, l’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 7 sopra descritti è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.
Si richiamano in proposito le linee guida per gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (2014/C 249/01 del 9 luglio 2014), ai sensi delle quali un'impresa è definita come in difficoltà se, in assenza di un intervento dello Stato, essa è quasi certamente destinata al collasso economico a breve o a medio termine. Pertanto un’impresa è considerata in difficoltà, ai sensi degli orientamenti, se sussiste almeno una delle seguenti circostanze:
nel caso di società a responsabilità limitata, qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate
nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori. Come principio generale, gli aiuti per il salvataggio consentono di fornire sostegno temporaneo a un'impresa che si trova a dover affrontare un grave deterioramento della sua situazione finanziaria che si manifesta sotto forma di un'acuta crisi di liquidità o un'insolvenza tecnica. Questo sostegno temporaneo deve consentire di guadagnare tempo per analizzare le circostanze all'origine delle difficoltà ed elaborare un piano idoneo a porvi rimedio" (paragrafo 26). Affinché gli aiuti siano considerati conformi alla disciplina dall'Unione europea è necessario che lo Stato richiedente dimostri il rispetto di questi requisiti: contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune: una misura di aiuto di Stato deve puntare a un obiettivo di interesse comune ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato; necessità dell'intervento statale: una misura di aiuto di Stato deve essere destinata a una situazione in cui può determinare un miglioramento tangibile che il mercato da solo non è in grado di fornire; adeguatezza della misura di aiuto; effetto di incentivazione; proporzionalità dell'aiuto (aiuto limitato al minimo); prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri e trasparenza dell'aiuto.
Viene infine modificata la rubrica dell'articolo in esame espungendo la locuzione "creditrici delle pubbliche amministrazioni".
L'articolo 1, commi 8-bis e 8-ter - proposti nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 1.33 (testo 3) - escludono dalle misure di sostegno alle PMI creditrici della PA determinati soggetti legati all'impresa che siano stati condannati per talune fattispecie delittuose.
Nel dettaglio, il comma 8-bis esclude dai benefici previsti dall'articolo 1 del decreto-legge le imprese i cui membi degli organi amministrativi o i soci illimitatamente responsabili sono stati condannati con sentenza definitiva per uno dei seguenti delitti:
- violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti;
- traffico di influenze illecite;
- usurpazione di funzioni pubbliche;
- turbata libertà degli incanti;
- inadempimento di contratti di pubbliche forniture;
- frode nelle pubbliche forniture;
- frodi contro le industrie nazionali;
- frode nell'esercizio del commercio;
- truffa;
- delitti di comune pericolo mediante frode;
- quelli per i quali è prevista l'applicazione di misure di prevenzione personali dal parte dell'autorità giudiziaria in base all'art. 4 del d.lgs. 159/2011;
- false comunicazioni sociali, anche per fatti di lieve entità o non punibili per particolare tenuità;
- false comunicazioni sociali delle società quotate;
- bancarotta fraudolenta;
- bancarotta semplice;
- dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
Il comma 8-ter estende l'esclusione dei benefici predetti anche nei confronti dei soggetti di cui al comma 8-bis destinatari di misure di prevenzione personali previste dall'art. 4 del d.lgs. 159/2011.
L'articolo 1, comma 8-bis (emendamento 1.34, testo 3) ridefinisce i termini dell'entrata in vigore del comma 51 della legge n. 145 del 2018, che prevede l'abrogazione delle agevolazioni tributarie definite dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 per specifiche categorie di soggetti (tra i quali, enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e istituti autonomi per le case popolari). L'entrata in vigore viene subordinata all'adozione di successivi provvedimenti legislativi che individuino nuove misure di favore nei confronti di soggetti che realizzano con la loro attività delle finalità sociali. Per i soggetti che, in ragione di tali modifiche, beneficiano delle agevolazioni suddette non sarà possibile cumulare tali benefici con quelli derivanti dalla tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 della legge di bilancio 2019. Il comma 8-ter provvede alla copertura degli oneri a carico del bilancio dello Stato derivanti dalle precedenti disposizioni. Ulteriori interventi che incidono sugli enti del terzo settore derivano dall'approvazione dell'emendamento 11.0.172, testo 3, che inserisce le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") fra gli enti del terzo settore, e consente alle stesse associazioni e fondazioni di esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale.
L'emendamento 1.34 (testo 3) inserisce all'articolo 1 del decreto in esame dei commi 8-bis e 8-ter.
Il comma 8-bis modifica i commi 34 e 52 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019).
Il comma 34 dispone che la tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 sia cumulabile con altri benefìci eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfetari di determinazione del reddito.
La lettera a) aggiunge una ulteriore eccezione relativa ai soggetti che hanno accesso alle agevolazioni tributarie di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973.
Tale disposizione, di cui l'articolo 1, comma 51, della legge di bilancio 2019 aveva previsto l'abrogazione, prevede che l'imposta sul reddito delle persone giuridiche sia ridotta alla metà nei confronti dei seguenti soggetti (a condizione che abbiano personalità giuridica):
· enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;
· istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
· enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione;
· istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti.
La riduzione non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico nazionale del terzo settore. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti e iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle di interesse generale elencate all'articolo 5 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore).
La lettera b) sostituisce integralmente il comma 52 della legge di bilancio 2019.
L'emendamento 1.34 (testo 3) prevede che l'abrogazione delle suddette agevolazioni tributarie di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, disposta dall'articolo 1, comma 51, della legge di bilancio 2019, trovi applicazione a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al successivo comma 52-bis.
Tale nuovo comma della legge di bilancio 2019 (52-bis) stabilisce che, con successivi provvedimenti legislativi siano individuate misure di favore, compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali, garantendo il necessario coordinamento con il Codice el Terzo settore.
L'emendamento 1.34 (testo 3), dunque, ridefinisce i termini dell'entrata in vigore del comma 51 della legge di bilancio 2019, che prevede l'abrogazione delle agevolazioni tributarie definite dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973 per specifiche categorie di soggetti (tra i quali, enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e istituti autonomi per le case popolari). L'entrata in vigore viene subordinata all'adozione di successivi provvedimenti legislativi che individuino nuove misure di favore nei confronti di soggetti che realizzano con la loro attività delle finalità sociali. Per i soggetti che, in ragione di tali modifiche, beneficiano delle agevolazioni suddette non sarà possibile cumulare tali benefici con quelli derivanti dalla tassazione agevolata degli utili reinvestiti in beni materiali strumentali e per l'assunzione di personale dai commi da 28 a 33 della legge di bilancio 2019.
Agli oneri per il bilancio dello Stato che tale sospensione determina, pari a 118,4 milioni di euro per l'anno 2019 e a 157,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 si provvede secondo quanto disposto dal comma 8-ter dell'articolo 1.
In particolare:
· 98,4 milioni di euro per l'anno 2019, 131 milioni di euro per l'anno 2020 e 77,9 milioni di euro a decorre dall'anno 2021, vengno coperti mediante corrispondete riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004;
· 20 milioni di euro per l'anno 2019 e 16,9 milioni di euro per l'anno 2020, vengno coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri di cui all'articolo 1, comma 748, della legge di bilancio 2019;
· 10 milioni di euro per l'anno 2020 e a 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).
Con l'emendamento 11.0.172 (testo 3), che inserise nel decreto in esame un nuovo articolo 11-bis, sono state previste ulteriori disposizioni urgenti in materia di enti del Terzo settore.
In primo luogo, si prevede la modifca dell'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 2017, recante la revisione della disciplina in materia di impresa sociale. La norma in esame stabilisce che le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.
L'emendamento 11.0.172 (testo 3) identifica una eccezione a tali limitazioni prevedendo che le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB").
Con ulteriore intervento, viene modificato anche l'articolo 4, comma 2, del Codice del Terzo settore, il quale prevede l'elenco degli enti che non ricadono nell'ambito di applicazione del Codice.
In particolare, non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile (disciplinati dall'articolo 32, comma 4 del Codice). Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d'Aosta.
La modifica recata dall'emendamento 11.0.172 (testo 3), esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo 4, comma 3, del Codice del Terzo settore le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") che risultano in tal modo incluse fra gli enti del terzo settore.
In entrambi i casi, viene specificato che l'eccezione è motivata dal fatto che la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori degli enti ex IPAB si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza e non si configura quindi come mandato fiduciario con rappresentanza sicché è sempre esclusa qualsiasi forma di controllo da parte di quest'ultima.
Il comma stabilisce che sono disaccantonate e rese disponibili alcune risorse precedentemente accantonate del FISPE (77 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019) e del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (37 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019).
L'emendamento inserisce all'articolo 1 il comma 8-bis, il quale dispone che:
a) le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) sono rese disponibili in termini di competenza e di cassa per un importo di 77 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019;
Si ricorda che il FISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 recante Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica.
b) le risorse di cui al Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali sono rese disponibili, in termini di cassa, per un importo di 37 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019.
Si ricorda che il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione dei contributi pluriennali è stato istituito dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008 (Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali) nello stato di previsione del MEF.
Il Fondo è destinato alla compensazione degli effetti finanziari non previsti nei tendenziali di spesa, derivanti dall’attualizzazione dei contributi pluriennali, ai sensi dell'articolo 4, comma 177-bis della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003), introdotto dall’articolo 1, comma 512, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006). Il medesimo comma 512 stabilisce la procedura da seguire per l’utilizzo dei predetti contributi.
Ai sensi del primo periodo dell’articolo 4, comma 177, della legge finanziaria del 2004 e successive modificazioni, i limiti di impegno autorizzati da leggi pluriennali di spesa, comunque denominati e qualunque sia la modalità di utilizzo, devono essere considerati come “contributi pluriennali” e, in quanto tali, rientranti nell’ambito applicativo della disposizione istitutiva del Fondo.
Il disaccantonamento, e quindi la disponibilità, delle risorse afferenti ai due fondi viene motivato dal comma in esame facendo riferimento alla circostanza del loro mancato utilizzo per la copertura dei maggiori oneri per interessi passivi conseguenti alle emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nell'anno 2017.
Si ricorda che il comma 1 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 237 del 2016 (c.d. decreto "salva banche") dispone l'incremento del livello massimo del saldo netto da finanziare e del livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, per l'anno 2017 per un importo di 20 miliardi di euro.
Il comma 2 del medesimo articolo provvede all'onere derivante dalle maggiori emissioni nette di titoli pubblici mediante riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, del Fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del MEF, del FISPE e del Fondo per l'attualizzazione dei contributi pluriennali di cui sopra.
Il comma 3 stabilisce inoltre che le risorse derivanti dalla riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili e del Fondo speciale di parte corrente (fondi di cui al comma 2, lettere b) e c)) sono iscritte sul FISPE e, unitamente a quelle di cui alla riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e del Fondo per l'attualizzazione dei contributi pluriennali (fondi di cui alle lettere a) e d)), sono accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa.
Il comma 4, prevede che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare al Parlamento, sulla base delle effettive emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nel 2017 in relazione alle disposizioni di cui al provvedimento in esame, si provveda alla riduzione degli stanziamenti accantonati in misura corrispondente al finanziamento dei maggiori interessi passivi, ovvero al disaccantonamento delle risorse non necessarie per la loro copertura. In pratica la disposizione definisce un meccanismo che consente di liberare le risorse che non si renderanno necessarie per le finalità di cui al presente decreto
Con l'approvazione dell'emendamento 1.0.500 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 1-bis il quale mira innanzitutto a consentire l'accesso alla nuova definizione agevolata anche ai soggetti attualmente esclusi dall'articolo 3, comma 23, del decreto legge n. 119 del 2018. L'emendamento dispone inoltre l'inserimento di ulteriori scadenze tra quelle attualmente previste per il pagamento delle rate della definizione agevolata (articolo 5, comma 1, lettera d) del medesimo decreto-legge). L'emendamento dispone infine l'inserimento di ulteriori scadenze per il pagamento delle rate relative alla definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà (articolo 1, comma 193, della legge di bilancio 2019).
Il comma 1, lettera a), dell'emendamento in esame propone di modificare l'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 (recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), il quale reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Tale disciplina si colloca nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017)[5].
In particolare, il comma 23 preclude l'accesso alla nuova definizione agevolata ai soggetti che non abbiano provveduto a versare le rate dovute per la precedente definizione agevolata 2017 entro il 7 dicembre 2018 (termine disposto dal comma 21 del medesimo articolo).
La modifica proposta dal comma 1, lettera a), dell'emendamento in esame mira a consentire l'accesso alla nuova definizione agevolata anche ai soggetti attualmente esclusi, quelli, cioè, che non abbiano provveduto a versare integralmente le rate dovute per la precedente definizione agevolata 2017. In base alla proposta, il versamento delle somme dovute per la definizione agevolata, di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018, può avvenire in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2019, ovvero, in deroga al comma 2, lettera b) del medesimo articolo, nel numero massimo di dieci rate consecutive, ciascuna di pari importo, con le seguenti scadenze:
- prima rata con scadenza 31 luglio 2019;
- seconda rata con scadenza 30 novembre 2019;
- rate successive con scadenza il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre degli anni 2020 e 2021.
Il comma 1, lettera b), dell'emendamento in esame propone di modificare l'articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale e finanziaria.
L’articolo 5 estende la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione a quelli concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Si applica a tali carichi l'articolo 3, con alcune deroghe relative ai debiti concernenti specifiche tipologie di risorse proprie UE. Sono quindi fissate le scadenze delle rate dovute dai debitori ai fini della definizione agevolata e posti alcuni obblighi di comunicazione. Le rate di pagamento devono essere corrisposte entro:
- il 30 settembre 2019 (unica o prima rata di pagamento);
- il 30 novembre 2019 (seconda rata);
- il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno successivo (le restanti rate).
La modifica proposta dal comma 1, lettera b), dell'emendamento in esame inserisce le ulteriori date del 28 febbraio e del 31 maggio tra quelle attualmente previste per la definizione agevolata.
Il comma 2 dell'emendamento in esame propone di modificare il comma 193 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
I commi da 184 a 199 della legge di bilancio 2019 consentono di definire con modalità agevolate i debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, diversi da quelli annullati automaticamente ai sensi del decreto-legge n. 119 del 2018, affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di accertamento a fini IRPEF e IVA.
Nel caso in cui i debitori abbiano presentato la dichiarazione, ma poi l'agente della riscossione abbia riscontrato il difetto dei requisiti prescritti dalla legge per il riconoscimento di grave difficoltà economica, ovvero la presenza di debiti diversi da quelli definibili ai sensi delle norme, con conseguente impossibilità di estinguere il debito secondo le disposizioni in commento, ai sensi del comma 193, l’agente della riscossione avverte il debitore che i debiti inseriti nella dichiarazione, ove possa applicarsi la cd. rottamazione 2018 (definizione agevolata ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119), sono automaticamente inclusi in tale definizione, con indicazione delle somme dovute a tal fine. L’ammontare è ripartito in diciassette rate: la prima, pari al 30 per cento del dovuto, scade il 30 novembre 2019; il restante 70 per cento è ripartito nelle rate successive, ciascuna di pari importo, scadenti il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020. Si applicano, a partire dal 1°dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.
La modifica proposta dal comma 2 dell'emendamento in esame specifica innanzitutto che i debiti inseriti nella dichiarazione presentata ai sensi del comma 189 debbono riferirsi a delle persone fisiche.
Vengono inoltre aggiunte le ulteriori scadenze del 28 febbraio e del 31 maggio a quelle previste dall'anno 2020 per il pagamento delle rate.
Si specifica inoltre che nei medesimi casi previsti dal secondo periodo del comma 192, ovvero in caso di difetto dei requisiti prescritti dalla legge per il riconoscimento di grave difficoltà economica, ovvero la presenza di debiti diversi da quelli definibili ai sensi delle norme, con conseguente impossibilità di estinguere il debito secondo le disposizioni in commento, limitatamente ai debiti di cui all'articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute è ripartito in nove rate, la prima di ammontare pari al 30 per cento, scadente il 30 novembre 2019 e le restanti ciascuna di parti importo, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre degli anni 2020 e 2021.
Il comma 3 (aggiunto con l'approvazione del subemendamento 1.0.500/5) modifica l'articolo 1, comma 57, lettera d-bis), della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) che individua i soggetti passivi che non possono avvalersi del regime forfetario.
Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfetario agevolato del Portale della documentazione della Camera dei deputati, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.
La lettera d-bis) del comma 57 della legge di stabilità 2015 è stata da ultimo modificata dall'articolo 1, comma 9, lettera c), della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
Ai sensi della nuova lettera d-bis) non possono altresì avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.
La norma appare intesa ad evitare un incentivo indiretto alla trasformazione di rapporti di lavoro dipendente in altre forme contrattuali che godono dell’agevolazione in commento.
Il comma 3 in esame stabilisce che sono escluse dalle fattispecie non ammesse al regime forfettario le attività di nuova iscrizione ad un ordine o ad un collegio professionale.
L'articolo 1-bis contiene una serie di misure di semplificazione in materia fiscale. Il comma 1 amplia l'ambito di attività dell'ente "Agenzia delle entrate-Riscossione" stabilendo che lo stesso può svolgere l'attività di riscossione di tutte le entrate (anche proprie) delle amministrazioni locali. I commi 2 e 3 modificano la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) a partire dal 1° gennaio 2019, adottando nuovi criteri per l'identificazione del "territorio" e, dunque, dello Stato al quale è dovuto il pagamento dell'IVA per prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici e prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione rese da prestatori soggetti passivi (imprese) a committenti non soggetti passivi (consumatori). Viene inoltre modificato il regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti non UE. Il comma 4 inserisce un'ulteriore effetto della presentazione della dichiarazione con la quale il debitore manifesta all'agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione agevolata, stabilendo (lettera f-ter) che a seguito della presentazione da parte del debitore della dichiarazione avviene il rilascio del certificato di regolarità fiscale che consente, tra l'altro, la partecipazione alle procedure di appalto di cui al codice dei contatti pubblici. Il comma 5 prevede la soppressione del limite di spesa disposto con riferimento alla detrazione delle spese sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida. Il comma 6 reca, infine, le coperture agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo.
Il comma 1 dell'articolo 1-bis, propone la modifica del decreto legge n. 193 del 2016 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili.
La lettera a) del comma 1 incide sull'articolo 1, comma 3, del citato decreto che ha istituito a far data dal 1° luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato «Agenzia delle entrate-Riscossione», quale ente strumentale dell'Agenzia delle entrate sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del MEF, finalizzato garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione. Nel definire i compiti di tale ente, viene specificato che lo stesso può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009. Con la modifica proposta viene eliminata la specificazione alla tipologia di entrata (le parole "tributarie o patrimoniali" vengono soppresse) per la quale l'ente può svolgere le attività di riscossione con riferimento alle amministrazioni locali.
La lettera b) del comma 1 incide sull'articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 193 del 2016, contenente disposizioni in materia di riscossione locale. La disposizone prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui al citato articolo 1, comma 3, possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate. Con la modifica proposta viene sostituita la specificazione alla tipologia di entrata (le parole da "tributarie" a "partecipate" vengono soppresse) con il più generale riferimento alle entrate proprie.
Il comma 2 dell'articolo 1-bis, propone una serie di modifiche alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto recata dal D.P.R. n. 633 del 1972 (D.P.R. IVA), con particolare riferimento al criterio della territorialià.
La disciplina della territorialità IVA, recata dalla direttiva 2008/8/CE e attuata con decreto legislativo n. 18 del 2010, distingue le prestazioni rese nei confronti di committenti soggetti passivi IVA (imprese) da quelle rese nei confronti di committenti non soggetti passivi IVA (consumatori). Anteriormente alle modifiche recate dal decreto n. 18 del 2010, l'articolo 7, terzo comma, del D.P.R. IVA prevedeva, ai fini dell'individuazione del requisito della territorialità per le prestazioni di servizi, il criterio generale in base al quale le prestazioni medesime si consideravano effettuate in Italia se rese da un soggetto stabilito nel territorio dello Stato. Tale criterio, tuttavia, subiva limitazioni collegate alle numerose previsioni di deroga contenute nel quarto comma del predetto articolo 7. In seguito all'attuazione della citata direttiva, le disposizioni che disciplinano la territorialità delle prestazioni di servizi sono recate dagli articoli che vanno dal 7-ter al 7-septies del D.P.R. IVA e prevedono due criteri base. Il primo, dettato dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del D.P.R. IVA, per le prestazioni poste in essere nei confronti di soggetti passivi (imprese), che si considerano, di regola, effettuate nel territorio dello Stato quando il committente è un soggetto stabilito nel territorio dello Stato. Con riferimento a tale criterio sono previste limitate fattispecie derogatorie, contenute negli articoli 7-quater e 7-quinquies del D.P.R. IVA. Il secondo, recato dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), dello stesso decreto per le prestazioni poste in essere nei confronti di committenti diversi dai soggetti passivi (consumatori), prevede che le prestazioni si considerino effettuate nel territorio dello Stato quando il prestatore è stabilito nel territorio dello Stato medesimo. Tuttavia, tale criterio non trova applicazione quando operano le previsioni di deroga contenute negli articoli 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies e 7-septies del D.P.R. IVA.
La lettera a) del comma 2 sopprime due fattispecie per le quali, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), del D.P.R. IVA, le prestazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se rese a committenti non soggetti passivi anche se il prestatore non è stabilito nel territorio dello Stato medesimo.
Si tratta, in particolare:
· del comma1, lettera f), relativa alle prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all'estero; e
· del comma 1, lettera g), relativa alle prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all'estero e sempre che siano utilizzate nel territorio dell'Unione europea.
Tali fattispecie vengono soppresse nell'articolo 7-sexies ma, per effetto dell'articolo 1-bis, comma 2, lettera b) vanno a formare l'oggetto di uno specifico articolo, il 7-octies, inserito nel D.P.R. IVA recante disposizioni relative alle prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti non soggetti passivi (consumatori finali).
Il nuovo aricolo stabilisce che, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), del D.P.R. IVA, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se rese a committenti non soggetti passivi:
· le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all'estero; e
· relativa alle prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all'estero e sempre che siano utilizzate nel territorio dell'Unione europea.
Le norme contenute nelle lettere f) e g) l'articolo 7-sexies (comma 1) vengono dunque integralmente riprodotte nel nuovo comma 1 dell'articolo 7-octies, e dettagliate nei successivi commi dal 2 al 6.
Il comma 2 dell'articolo 7-octies prevede che, qualora il prestatore del servizio sia un'impresa stabilita in un altro Stato membro dell'Unione europea, la deroga al criterio della individuazione della territorialità ai fini IVA precedentemente indicata non si applica se ricorrono tutte le seguenti condizioni:
· il prestatore non è stabilito anche in un altro Stato membro dell'Ue;
· l'ammontare complessivo, al netto dell'IVA, delle prestazioni effettuate nell'anno solare precedente nei confronti di consumatori stabiliti in Stati membri diversi da quello di stabilimento del prestatore non ha superato 10.000 euro;
· il prestatore non ha optato per l'applicazione dell'IVA nel territorio dello Stato (italiano).
Il comma 3 dell'articolo 7-octies disciplina invece il caso in cui il prestatore del servizio sia un'impresa stabilita nel territorio dello Stato, per i servizi resi a committenti (consumatori) stabiliti in un altro Stato membro dell'Ue. In tal caso, con disposizione reciproca rispetto a qualle contenuta nel comma 2, la deroga di cui al comma 1 non si applica se ricorrono tutte le seguenti condizioni:
· il prestatore non è stabilito anche in un altro Stato membro dell'Ue;
· l'ammontare complessivo, al netto dell'IVA, delle prestazioni effettuate nell'anno solare precedente nei confronti di consumatori stabiliti in Stati membri diversi dall'Italia non ha superato 10.000 euro;
· il prestatore non ha optato per l'applicazione dell'IVA nell'altro Stato membro. L'opzione è valida per almeno un biennio, è soggetta a specifici obblighi informativi e ha effetto fin quando non sia revocata (comma 4).
L'articolo 1-bis, comma 2, lettera c) modifica il regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti non UE contenuto nell'articolo 74-quinquies del D.P.R. IVA.
Il comma 1 dell'articolo 74-quinquies dispone che i soggetti passivi (imprese) domiciliati o residenti fuori dell'Unione europea, non stabiliti né identificati in alcuno Stato membro dell'Unione, possono identificarsi in Italia, con le modalità dai successivi commi del medesimo articolo, per l'assolvimento degli obblighi in materia di IVA relativamente ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici resi a committenti non soggetti passivi (consumatori) d'imposta domiciliati o residenti nell'Unione europea. Con la modifica recata dalla lettera c) vengono soppresse le parole "né identificati".
L'articolo 1-bis, comma 2, lettera d) sostituisce (integrando la precedente formulazione) il comma 2 dell'articolo 74-quinquies. Viene confermata in via generale l'esenzione dagli obblighi dei contribuenti di cui al titolo II per i soggetti che si avvalgono del regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti non UE, prevedendo tuttavia l'applicazione dell'articolo 22 del D.P.R. IVA per le prestazioni dei servizi oggetto del regime speciale rese nei confronti di committenti domiciliati o residenti nel territorio dello Stato non operanti in regime di impresa, arti e professioni.
L'articolo 22 del D.P.R. IVA reca disposizioni applicabili al commercio al minuto e attività assimilate. Esso dispone che l'emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione per specifiche categorie di cessioni di beni e prestazioni di servizi, tra cui rientrano le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.
L'articolo 22 si applica anche alle:
· cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante,
· prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica;
· alle prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito;
· prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell'abitazione dei clienti;
· prestazioni di custodia e amministrazione di titoli e per gli altri servizi resi da aziende o istituti di credito e da società finanziarie o fiduciarie;
· escursioni, visite della città, giri turistici ed eventi similari, effettuata dalle agenzie di viaggi e turismo.
L'articolo 1-bis, comma 2, lettera e) incide sui contenuti minimi obbligatori della richiesta di identificazione che soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell'Unione europea possono presentare all'ufficio competente dell'Agenzia delle entrate. Gli elementi minimi della richiesta, definiti dall'articolo 74-quinquies, comma 3, del D.P.R. IVA sono, per effetto della modifica recata dalla disposizione in esame sono i seguenti:
a) per le persone fisiche, il cognome e nome ed eventualmente la ditta; per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la ragione sociale, la denominazione;
b) indirizzo postale, indirizzi elettronici, inclusi i siti web;
c) numero di codice fiscale attribuito dallo Stato di residenza o domicilio, se previsto;
d) dichiarazione di non essere stabiliti ai fini dell'IVA all'interno dell'Unione (in luogo della precedente formulazione che richiedeva una dichiarazione sulla mancata identificazione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto all'interno dell'Unione europea).
Il comma 3 dell'articolo 1-bis dispone che le disposizioni del comma 2 appena esposte entrano in vigore il 1° gennaio 2019.
Il comma 4 dell'articolo 1-bis modifica l'articolo 3, comma 10, del decreto legge n. 119 del 2019 contenete la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione (cd. "rottamazione ter"). Il comma 10 elenca le conseguenze della presentazione della dichiarazione con la quale il debitore manifesta all'agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione agevolata, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto. Il comma 4 dell'articolo 1-bis inserisce un'ulteriore effetto della presentazione della dichiarazione stabilendo (lettera f-ter) che ai fini del rilascio del certificato fiscale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1-quater, commi 1 e 2, del decreto legge n. 50 del 2017.
Ai sensi di tali disposizioni, i certificati di regolarità fiscale, compresi quelli per la partecipazione alle procedure di appalto di cui all'articolo 80, comma 4, del codice dei contatti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, nel caso di definizione agevolata di debiti tributari sono rilasciati a seguito della presentazione da parte del debitore della dichiarazione di volersene avvalere (comma 1). In caso di esclusione dalla procedura di definizione agevolata, la regolarità fiscale viene meno dalla data della esclusione stessa, anche a seguito del mancato, insufficiente o tardivo versamento dell'unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute ai fini della predetta definizione.
Il comma 5 dell'articolo 1-bis modifica l'articolo 15 del D.P.R. n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), recante la disciplina degli oneri che possono concorrere alla detrazione dall'imposta lorda sul reddito.
Il comma 1-quater dell'articolo 15 stabilisce che dall'imposta lorda si detrae la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida. Tale detrazione è applicabile nella misura forfetaria di 1.000 euro. L'emendamento in esame viene a prevedere la soppressione del limite di spesa disposto dalla norma in vigore, pari a 510.000 euro per l'anno 2020 e di 290.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021.
Infine, il comma 6 dell'articolo 1-bis reca le disposizioni sulla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo stesso, pari a 200.000 euro a decorrere dall'anno 2019. A tali spese si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo di parte corrente iscritto ai fini del bilancio triennale 2019-2021 nell'ambito dello stanziamento del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del MEF per l'anno 2019.
L'articolo 1-bis, introdotto con emendamento 1.0.24 (testo 2) proposto in sede referente e articolato in cinque commi:
ü prevede la sospensione della riscossione nei confronti dei soggetti aventi, alla data del 12 febbraio 2011, il domicilio fiscale o la sede operativa nel comune di Lampedusa e di Linosa;
ü proroga al 2 dicembre 2019 la sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dall'evento del 14 agosto 2018 che ha provocato il crollo del viadotto Polcevera (Ponte Morandi) nel Comune di Genova.
Il comma 1 prevede la sospensione della riscossione nei confronti dei soggetti aventi, alla data del 12 febbraio 2011, il domicilio fiscale o la sede operativa nel comune di Lampedusa e di Linosa (come specificato dall'art. 3, commi 3 e 4, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3947 del 16 giugno 2011, si tratta sia di persone fisiche, anche in qualità di sostituti d'imposta, sia di soggetti diversi dalle persone fisiche, sempre compresi i sostituti d'imposta).
La disposizione in esame prevede che tali soggetti provvedano ad effettuare i versamenti oggetto di sospensione dal 16 giugno 2011 al 15 dicembre 2017 in unica soluzione entro marzo 2019 ovvero ricorrendo fino ad un massimo di 18 rate mensili di pari importo decorrenti dal medesimo mese di marzo 2019.
Per tali soggetti sono conseguentemente sospesi, fino alla scadenza del periodo massimo di rateizzazione, i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori e degli agenti della riscossione.
Ai sensi del successivo comma 2, i medesimi termini di prescrizione e decadenza - qualora riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nel comune di Lampedusa e di Linosa - sono prorogati fino al 31 dicembre del terzo anno successivo alla fine del periodo di sospensione (in deroga a quanto previsto dall'art. 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000).
Il comma 3 proroga al 2 dicembre 2019 la sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dal crollo del Ponte Morandi, già prevista dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 6 settembre 2018 con riferimento ai versamenti e agli adempimenti tributari scadenti nel periodo compreso tra il 14 agosto 2018 ed il 1° dicembre 2018.
Alla data del 2 dicembre 2019, i versamenti oggetto di sospensione a decorrere dal 14 agosto 2018 possono essere effettuati in unica soluzione entro il 20 dicembre 2019 ovvero ricorrendo fino ad un massimo di 18 rate mensili di pari importo decorrenti dal 16 dicembre 2019.
Resta tuttavia fermo il termine di scadenza di dicembre 2019 per gli adempimenti tributari (diversi dai versamenti) sospesi dal decreto ministeriale del 6 settembre 2018.
E' escluso il rimborso di quanto eventualmente già versato.
Sempre il comma 3 dispone l'integrazione del fondo destinato al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri (istituito dall'art. 1, comma 748, della legge n. 145/2018) per l'importo di 6,7 milioni di euro per l'anno 2020 e di 2 milioni di euro per l'anno 2021.
Il comma 4 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'articolo in esame complessivamente quantificata in 8,7 milioni di euro per l'anno 2019.
Il comma 5 dispone che le assunzioni con contratti di lavoro flessibile effettuate dalle regioni - che trovano disciplina all'art. 1, comma 178, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) - siano effettuate nei termini e con le modalità stabiliti dall'art. 11, comma 4-bis, del decreto-legge n. 90 del 2014, il quale esclude le limitazioni assunzionali disposte dall'art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010 per gli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.
L’articolo 2 proroga il termine per la restituzione del finanziamento a titolo oneroso concesso ad Alitalia, pari a complessivi 900 milioni di euro, stabilendo che la restituzione dello stesso dovrà avvenire entro trenta giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali e comunque non oltre il 30 giugno 2019.
In proposito è opportuno rilevare come il comma 1 dell'articolo in esame, nella sua formulazione vigente, faccia formalmente riferimento al solo finanziamento a titolo oneroso di cui all'articolo 50 del decreto-legge n. 50 del 2017, nel corso dell'esame in sede referente, con l'approvazione dell'emendamento 2.1000, le Commissioni hanno proposto l'inserimento anche del richiamo alla successiva integrazione di tale finanziamento prevista dall'articolo 12, del decreto-legge n. 148 del 2017 (vedi infra).
Viene conseguentemente abrogato il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 12 del decreto-legge n.148 del 2017 che aveva fissato al 15 dicembre 2018 il termine per la restituzione dell’intero importo prestato (comma 2).
Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dalla norma in esame in 900 milioni per l’anno 2018, in termini di solo fabbisogno, disponendo che ad essi si provveda mediante versamento – per un corrispondente importo - delle somme gestite presso il sistema bancario dalla Cassa Servizi Energetici e Ambientali[6]. Il versamento, da effettuare, entro il 31 dicembre 2018, a favore del conto corrente di tesoreria centrale fruttifero (remunerato secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica) già aperto al fine della copertura finanziaria, in termini di fabbisogno, delle somme erogate ad ILVA spa (si richiama infatti l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98 avente ad oggetto disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA).
La giacenza, da mantenere depositata a fine anno sul conto corrente di tesoreria sarà restituita nel corso del 2019.
Si ricorda che l'articolo 50 del decreto legge n. 50/2017 (in cui è stato trasposto il contenuto del decreto-legge n. 55 del 2 maggio 2017), ha previsto misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia SAI S.p.A., in relazione alla situazione di grave crisi finanziaria evidenziatasi nel 2016, disponendo un finanziamento a titolo oneroso di 600 milioni di euro, della durata di sei mesi, per far fronte alle indilazionabili esigenze gestionali della società stessa e delle altre società del gruppo sottoposte ad amministrazione straordinaria, al fine di evitare l'interruzione del servizio.
Il 2 maggio 2017 il Consiglio di Amministrazione di Alitalia aveva infatti deciso all'unanimità di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, come consentito dalla legge, dopo aver preso atto dell'esito del referendum tra i dipendenti che aveva bocciato una proposta di accordo tra sindacati e azienda.
Il finanziamento è stato concesso con l'applicazione di interessi al tasso Euribor a sei mesi, pubblicato il giorno precedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base (il tasso è di circa il 10%) e se ne è prevista la restituzione entro sei mesi dalla erogazione, in prededuzione, con priorità rispetto ad ogni altro debito della procedura.
Successivamente l'articolo 12 del decreto-legge n. 148 del 2017 ha differito al 30 aprile 2018 il termine per l'espletamento delle procedure di cessione di Alitalia, previste dal decreto legge n. 50 del 2017, ed ha incrementato di 300 milioni di euro, da erogare nel 2018, il finanziamento oneroso già concesso nelle more dell'esecuzione della procedura di amministrazione straordinaria.
La medesima disposizione aveva altresì stabilito che la durata del finanziamento, per la quota erogata nel 2017, fosse prorogata fino al 30 settembre 2018 e che la quota di finanziamento erogata nel 2018 dovesse essere restituita entro il termine dell'esercizio.
Con il decreto-legge n. 38 del 2018 si è infine disposto che il termine per la conclusione delle procedure di cessione fosse differito dal 30 aprile al 31 ottobre 2018 e che il termine per la restituzione delle somme erogate fosse fissato in via unitaria, per le due tranche di finanziamento erogate, al 15 dicembre 2018.
Il finanziamento concesso ad Alitalia sulla base delle citate disposizioni normative è stato notificato, secondo quanto riportato nella relazione tecnica al decreto-legge n.38 del 2018, a gennaio 2018 alla Commissione europea, in adempimento dell'obbligo di notifica previsto dalle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.
Il 23 aprile 2018 la Commissione ha comunicato di avere aperto "un'indagine approfondita per valutare l'eventuale violazione della normativa sugli aiuti di Stato". I contenuti della comunicazione sono stati pubblicati il 20 luglio 2018.
La Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea rappresentando l’esistenza di “seri dubbi circa la compatibilità dell’aiuto al salvataggio notificato con il mercato interno” ed invitando l’Italia a presentare entro un mese dalla ricezione della comunicazione le proprie osservazioni.
La Commissione in particolare ha rilevato che non risulta sufficientemente motivato dall’Italia il fatto che l’aiuto fornito ad Alitalia contribuisca al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune; risultano inoltre, ad avviso della Commissione, seri dubbi sul fatto che le condizioni degli orientamenti sul salvataggio e la ristrutturazione concernenti la durata del prestito fornito (superiore ai sei mesi consentiti dagli orientamenti) e sui tempi di completamento della liquidazione siano state rispettate e che la forma dell’aiuto consenta il salvataggio di Alitalia riducendo al minimo le distorsioni.
La Commissione nutre inoltre seri dubbi circa la proporzionalità dell’aiuto, vale a dire sul fatto che l’importo dell’aiuto si sia realmente limitato al minimo necessario per permettere ad Alitalia di continuare l’attività nel periodo di riferimento e che il periodo durante il quale i prestiti sono stati concessi e continuano ad essere a disposizione di Alitalia sia conforme a quanto stabilito dagli orientamenti in materia di salvataggio e ristrutturazione. Ciò inoltre, sempre ad avviso della Commissione, comporta che gli effetti negativi sulla concorrenza e sugli scambi non possono essere considerati sufficientemente limitati.
Nell'aggiornamento della relazione tecnica sul decreto-legge n. 38 del 2018 presentato il 14 giugno 2018 si dà conto del fatto che il Governo italiano, il 25 maggio 2018, ha presentato le proprie osservazioni alla decisione della Commissione di aprire un'indagine formale.
L'Italia ha argomentato che l'intervento non costituisce un aiuto di Stato e che, in ogni caso, sarebbe da considerare un aiuto al salvataggio dell'impresa compatibile con il regime previsto ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Per un approfondimento sul regime degli aiuti di Stato sulla materia si veda il dossier sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n.38 del 2018.
L'articolo 2-bis, di cui all'emendamento 2.0.3 approvato in Commissione, incide sulla disciplina di attuazione dei principi contabili internazionali, riformulando i criteri di determinazione dell'ammontare di utili d'esercizio e riserve dei quali non è consentita la distribuzione. Il nuovo regime di movimentazione e indisponibilità previsto per riserve in misura delle quali non possono essere distribuiti utili d'esercizio viene inoltre applicato alle riserve relative alle attività e passività valutate al valore equo (fair value) nelle altre componenti del prospetto della redditività complessiva. Le disposizioni in esame si applicano al bilancio di esercizio e al bilancio consolidato a partire dal primo esercizio successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2017.
Con l'approvazione da parte della Commissione dell'emendamento 2.0.3, si viene a prevedere l'inserimento nel decreto in esame del nuovo articolo 2-bis, contenente una serie di modifiche al decreto legislativo n. 38 del 2005 con il quale è stato attuato nell'ordinamento nazionale il regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali, mediante l'esercizio delle opzioni normative previste dall'articolo 5 dello stesso atto.
Il comma 1 dell'articolo in esame modifica l'articolo 6 del citato decreto legislativo, relativo alla distribuzione di utili e riserve. In primo luogo, tale disciplina identifica i limiti alla facoltà di distribuire utili d'esercizio e riserve del patrimonio netto per le società che redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali.
Per gli utili (comma 1, lettera a)), il limite corrisponde alla misura delle plusvalenze iscritte nel conto economico, al netto del relativo onere fiscale, nelle quali non sono tutta via incluse quelle riferibili agli strumenti finanziari di negoziazione e all'operatività in cambi e di copertura, che discendono dall'applicazione del criterio del valore equo (fair value) o del patrimonio netto. Con la modifica proposta, si chiarisce che le plusvalenze riferibili agli strumenti finanziari di negoziazione che non concorrono alla misura degli utili non distribuibili possono essere considerate tali se risultanti dal bilancio. Gli utili corrispondenti alle plusvalenze di cui al comma 1, lettera a), devono essere iscritti in una riserva indisponibile.
Per le riserve (comma 1, lettera b)), si viene a prevedere un nuovo criterio di misura dell'ammontare in relazione al quale non possono essere distribuiti utili d'esercizio. Più in particolare, si tratta delle riserve del patrimonio netto costituite e movimentate a seguito della valutazione delle attività e passività al valore equo (fair value) rilevata nelle altre componenti del prospetto della redditività complessiva.
Un ulteriore criterio per la determinazione delle riserve viene disposto dal nuovo comma 3-bis dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 38 del 2005, inserito dal comma 1, lettera c) dell'emendamento in esame. Tale novella dispone che le riserve di cui al citato comma 1, lettera b), si riducono in maniera corrispondente all'importo delle plusvalenze e minusvalenze realizzate e laddove assumano importo negativo, vengono considerate nella determinazione delle perdite ai fini dell'applicazione degli articoli 2446 (che disciplina la riduzione del capitale per perdite) e 2447 del Codice civile (che disciplina il caso in cui dalla riduzione del capitale per perdite lo stesso risulti inferiore all'ammontare minimo fissato dalla legge).
Inoltre, il comma 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 38 del 2005 detta ulteriori disposizioni sulle riserve di cui al comma 1, lettera b), stabilendo che le stesse sono indisponibili anche ai fini dell'imputazione a capitale e degli utilizzi previsti da una serie di articoli del Codice Civile. Fra questi, (2350, terzo comma, 2357, primo comma, 2359-bis, primo comma, 2432, 2478-bis, quarto comma) si viene a sostituire il riferimento al terzo comma dell'articolo 2358, con quello al sesto comma, ai sensi del quale l'importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite nell'ambito delle operazioni su azioni proprie disciplinate dall'articolo 2358 non può eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato, tenuto conto anche dell'eventuale acquisto di proprie azioni ai sensi dell'articolo 2357. Una riserva indisponibile pari all'importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite è iscritta al passivo del bilancio (comma 1, lettera d) dell'emendamento in esame).
L'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo n. 38 del 2005 prevede, infine, che la riserva indisponibile costituita capitalizzando gli utili corrispondenti alle plusvalenze di cui al comma 1, lettera a) possa essere utilizzata per la copertura delle perdite di esercizio solo dopo aver utilizzato le riserve di utili disponibili e la riserva legale. In tale caso, essa è reintegrata accantonando gli utili degli esercizi successivi. Con la modifica prevista dall'emendamento 2.0.3 tale disciplina viene estesa alle riserve di cui al comma 1, lettera b), in misura delle quali non possono essere distribuiti utili d'esercizio (comma 1, lettera e) dell'emendamento in esame).
Il comma 2 dell'articolo in esame modifica l'articolo 7 del citato decreto legislativo, il quale dispone la disciplina delle variazioni di patrimonio netto rilevate nello stato patrimoniale di apertura del primo bilancio di esercizio redatto secondo i principi contabili internazionali. Ai sensi del comma 2, come riformulato dall'emendamento in esame, il regime di movimentazione e indisponibilità previsto per riserve di cui all'articolo 6 comma 1, lettera b), in misura delle quali non possono essere distribuiti utili d'esercizio, è applicabile anche alle riserve da valutazione relative alle attività e passività valutate al valore equo (fair value) nelle altre componenti del prospetto della redditività complessiva.
Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria mentre il comma 4 stabilisce che le disposizioni in esame si applicano al bilancio di esercizio e al bilancio consolidato a partire dal primo esercizio successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2017.
L'articolo autorizza la sottoscrizione dell'aumento di capitale della BEI da parte dell'Italia per un ammontare pari a circa 6,9 miliardi di euro.
L'articolo in esame autorizza la partecipazione dell'Italia all'aumento di capitale della Banca Europea degli Investimenti (BEI) resosi necessario per sostituire il capitale sottoscritto dal Regno Unito e garantire in tal modo l'operatività, la solvibilità e il merito di credito della Banca stessa (comma 1). L'aumento di capitale avviene nella forma di sottoscrizione di ulteriori azioni di capitale a chiamata.
La sottoscrizione dell'aumento di capitale ammonta a 6.885.963.864 euro (comma 2) e comporta un aumento della quota di capitale dell'Italia dal 16,1 al 19,1 per cento.
La BEI è stata creata nel 1957 con gli articoli 129 e 130 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea (Trattato di Roma).
Obiettivo della BEI è la promozione di progetti di investimento, specialmente per lo sviluppo delle regioni più arretrate, mediante il ricorso ai mercati finanziari internazionali e alle proprie risorse.
Il capitale della BEI è detenuto dagli Stati membri dell'Unione europea in proporzione alla quota relativa del prodotto interno lordo di ciascuno di essi al momento dell'accesso. È stato comunque fissato un livello massimo di partecipazione cosicché i quattro paesi di maggiori dimensione economica (Francia, Germania, Italia e Regno Unito) detengono ciascuno la stessa quota.
Il capitale complessivo della BEI ammonta (dal 1° luglio 2013) a circa 243 miliardi di euro, di cui i quattro paesi menzionati detengono una quota pari a circa 39 miliardi (si veda la figura sottostante).
Il comma 3 precisa che la sottoscrizione non comporta oneri per la finanza pubblica poiché il conferimento non è registrato nel sistema di contabilità nazionale.
In base al Sistema europeo dei conti (SEC) 2010 (Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea) le partecipazioni degli Stati membri al capitale versato della Banca europea per gli Investimenti, del Fondo europeo per gli Investimenti e della Banca centrale europea sono registrate nei conti finanziari come «Altre partecipazioni».
La sottoscrizione oggetto dell'emendamento, tuttavia, assume la forma di capitale a chiamata, che rappresenta, in base al Manuale del SEC 2010 sul disavanzo e sul debito (pagina 256 e seguenti) una passività contingente e come tale non viene registrato nel sistema di contabilità nazionale. La registrazione avviene soltanto nel momento in cui il capitale viene chiamato, assumendo la forma di transazione finanziaria o trasferimento di capitale in base alle caratteristiche delle operazioni di prestito dell'istituzione finanziata.
L’articolo 3 elimina l'obbligo della modalità telematica per la tenuta del Libro unico del lavoro.
Più nel dettaglio, l’articolo in esame abroga l’articolo 15 del D.Lgs. 151/2015 che prevedeva, a decorrere dal 1° gennaio 2019 (termine originariamente fissato al 1° gennaio 2017 e differito, da ultimo, dall’art. 1, c. 1154, della L. 205/2017), che il Libro unico del lavoro fosse tenuto in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che demandava ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle modalità tecniche ed organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione dei dati contenuti nel citato Libro unico.
Come specificato nella Relazione illustrativa, l’attuazione della suddetta disposizione non è ritenuta utile alle attività istituzionali del Ministero del lavoro e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ponendo, tra l’altro, in capo al Ministero stesso un aggravio di risorse non giustificabile.
Relativamente al settore agricolo, si ricorda che l’art. 8, c. 2, della L. 199/2016 (come modificato dal richiamato art. 1, c. 1154, della L. 205/2017) dispone che, dal 1° gennaio 2019, il passaggio al nuovo sistema di denuncia contributiva mensile all’INPS per le giornate di lavoro svolte dagli operai agricoli sia operativo (Uniemens agricolo), specificando, inoltre, che i dati contenuti nel libro unico del lavoro in modalità telematica, che sostituisce il sistema UNIEMENS quale unico documento per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva, siano resi accessibili a tutte le amministrazioni interessate.
Il Libro unico del lavoro è stato istituito, in sostituzione, in particolare, del libro matricola e del libro paga, dall’articolo 39 del D.L. 112/2008, nell’ambito dell’introduzione di alcune misure di semplificazione per quanto riguarda gli adempimenti obbligatori di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro. Il Libro deve essere tenuto da ogni datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, e deve riportare, per ciascun mese di riferimento ed entro il mese successivo, i dati (il nominativo, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative) riferiti a tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Inoltre, deve essere annotata ogni dazione in danaro o in natura corrisposta o gestita dal datore di lavoro, nonché i dati relativi alle presenze. In ottemperanza a quanto previsto dal citato articolo 39 del D.L. 112/2008, il DM 9 luglio 2008 ha stabilito le modalità e i tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro. La consegna in copia al lavoratore delle scritturazioni effettuate sul libro unico del lavoro comporta per il datore di lavoro l’adempimento di quanto previsto dalla L. 4/1953 in materia di obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti di paga. È prevista, infine, l’applicazione di sanzioni in caso di omissioni nella istituzione, tenuta ed esibizione, nonché (salvo i casi di errore meramente materiale) in caso di irregolarità nella tenuta, del libro unico del lavoro.
Il comma 1-bis elimina per i produttori ed i confezionatori di burro l'obbligo di tenuta, per ogni stabilimento, del registro di carico e scarico sul quale devono essere indicate la quantità e la qualità della materia prima impiegata ed i tipi di burro ottenuti. Inoltre, elimina le previsioni per cui sono esclusi dall'obbligo della tenuta del registro gli imprenditori agricoli, singoli o associati, di cui all'articolo 2135 del codice civile aventi una produzione annua inferiore a 5 tonnellate di burro e il registro deve essere preventivamente vidimato dal capo dell'istituto di vigilanza per la repressione delle frodi del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, competente per territorio, o da un funzionario da esso delegato.
A tal fine abroga i commi sesto e settimo della L. 1526/1956.
Il comma 1-ter elimina la previsione per cui il suddetto registro di carico e scarico deve essere dematerializzato e realizzato nell'ambito del SIAN.
A tal fine abroga il co. 7 dell'art. 1-bis del D.L. 91/2014 (L. 116/2014).
Si fa presente che la disposizione abrogata recava anche alcune novelle al sesto comma dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1956, n. 1526 (del quale il comma 1-bis dispone comunque l'abrogazione) e prevedeva altresì l'abrogazione del settimo comma del medesimo articolo, in ogni caso ribadita dal precedente comma 1-bis.
Il comma 1-quater elimina l'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico per i grossisti diversi da quelli che commercializzano esclusivamente zucchero preconfezionato in bustine di peso massimo pari a 10 grammi di saccarosio, escluso lo zucchero a velo, di glucosio, di miscele di glucosio e fruttosio e degli zuccheri estratti dall'uva diversi dal mosto concentrato rettificato, anche in soluzione.
Elimina altresì l'obbligo di tenuta di un analogo registro per tutti gli utilizzatori dei prodotti annotati nel registro di carico e scarico tenuto dai produttori e dagli importatori delle predette sostanze zuccherine.
A tal fine novella l'art. 60 della L. 238/2016.
Il comma 1-quinquies - novellando l'art. 2330 del codice civile - riduce da 20 a 10 giorni il termine entro il quale il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo della società per azioni deve depositarlo presso l'ufficio del registro delle imprese.
Il comma 1-sexies novella l'art. 25 del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) in materia di start-up innovativa e incubatore certificato.
ü In particolare, abrogando il co. 14, elimina l'obbligo per la start-up innovativa e l'incubatore certificato di aggiornare e pubblicare nella sezione speciale del registro delle imprese le informazioni richieste per l'iscrizione nella medesima sezione (indicate, rispettivamente, nei commi 12 e 13).
ü Novellando il comma 15, prevede che il rappresentante legale della start-up innovativa o dell'incubatore certificato possa attestare con dichiarazione depositata presso l'ufficio del registro delle imprese il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi non solo entro 6 mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (come già previsto), ma anche entro il termine di 7 mesi nel caso di redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società (come previsto dal richiamato comma secondo dell'art. 2364 c.c.).
ü Inserisce il comma 17-bis, il quale consente alla start-up innovativa e all'incubatore certificato di inserire le informazioni necessarie nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it in sede di iscrizione nella sezione speciale, aggiornandole o confermandole almeno una volta all'anno in corrispondenza del deposito della dichiarazione che attesta il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi, anche ai fini di condivisione delle stesse ai sensi del comma 10.
Il comma 1-septies novella l'art. 4 del D.L 3/2015 (L. 33/2015), relativo alle PMI innovative.
ü Novellando il comma 6, prevede che il rappresentante legale delle PMI innovative possa attestare con dichiarazione depositata presso l'ufficio del registro delle imprese il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi non solo entro 6 mesi dalla chiusura di ciascun esercizio (come già previsto), ma anche entro il termine di 7 mesi nel caso di redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società (come previsto dal richiamato comma secondo dell'art. 2364 c.c.).
ü Inserisce il comma 6-bis, il quale consente alla PMI innovativa di inserire le informazioni necessarie nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it in sede di iscrizione nell'apposita sezione speciale del registro delle imprese, aggiornandole o confermandole almeno una volta all'anno in corrispondenza del deposito dichiarazione che attesta il mantenimento del possesso dei requisiti costitutivi, anche ai fini di condivisione delle stesse informazioni ai sensi del comma 2.
Il comma 1-octies - novellando l'articolo 2, comma 2, lettera a), della L. 84/2006, modifica un requisito per la nomina a responsabile tecnico per l'esercizio dell'attività professionale di tintolavanderia, riducendo da 450 a 250 ore complessive nell'arco di un anno la durata dei corsi di qualificazione tecnico professionale da svolgersi dall'interessato.
Il comma 1-nonies interviene sull'art. 12, co. 1, del regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari (DPR 187/2001), eliminando gli obblighi di comunicazione al MIPAAFT ai quali sono attualmente tenuti i produttori di sfarinati e paste alimentari diretti alla successiva spedizione verso altri Paesi dell'Unione europea o verso gli altri Paesi contraenti l'accordo sullo spazio economico europeo nonché destinati all'esportazione.
Mediante l'abrogazione dei commi 3 e 5 del predetto articolo, elimina inoltre le disposizioni relative all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico nel quale vanno annotate le singole materie prime di base con requisiti diversi da quelli prescritti dal suddetto regolamento, nonché le sostanze delle quali non è autorizzato l'impiego per la produzione degli sfarinati e delle paste alimentari, che, invece, si intendono utilizzare per la fabbricazione degli sfarinati e delle paste alimentari non destinati al mercato nazionale ed i prodotti finiti.
Il comma 1-decies abroga la previsione (art. 1-bis, co. 6, D.L. 91/2014) per cui il predetto registro di carico e scarico è dematerializzato e realizzato nell'ambito del SIAN nonché le disposizioni attuative del DPR 187/2001 relative al sistema telematico per la gestione delle comunicazioni riguardanti gli sfarinati e le paste alimentari (DM 17 dicembre 2013) e alla dematerializzazione del registro di carico e scarico degli sfarinati e delle paste alimentari.
Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell’emendamento 3.2, modifica alcune disposizioni previste dalla legge L. 30/03/2001, n. 152, recante “Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale”.
In dettaglio, si prevede che:
· tra i soggetti che possono costituire e gestire tali Enti, rilevino le Confederazioni e le associazioni nazionali di lavoratori che abbiano sede in “almeno quattro paese stranieri” (e non più in otto, come attualmente previsto) (modifica all’art. 2, lett.b);
· tra i parametri rilevanti ai fini della valutazione circa lo scioglimento dell’Ente, che l'istituto abbia realizzato per due anni consecutivi attività rilevante ai fini del finanziamento di cui alla medesima legge sia in Italia sia all'estero, in una quota percentuale accertata in via definitiva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali inferiore allo 0,75 per cento del totale (anziché l’1,5, come attualmente previsto) e che l'istituto non dimostri di svolgere attività, oltre che a livello nazionale, anche in almeno quattro Stati stranieri (anziché otto, come attualmente previsto (modifica all’art. 16, lett.c-bis e c-ter);
Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell’emendamento 3.5 - interviene in merito ai requisiti richiesti ai membri del Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori.
Nel dettaglio, il nuovo comma 1-bis dispone che il requisito richiesto alle associazioni di categoria degli autotrasportatori, nonché alle associazioni nazionali del movimento cooperativo, di essere rappresentate al CNEL direttamente o per il tramite delle confederazioni a cui aderiscono (requisito previsto perché i loro rappresentanti, uno per ciascuna delle suddette associazioni, possano essere membri effettivi del Comitato) sia posseduto in alternativa, e non congiuntamente come attualmente previsto (ex art. 10, c. 1, lett. f), nn. 6 e 7, del D.Lgs. 284/2005), al requisito dell’aver l’associazione firmato, negli ultimi dieci anni, rinnovi del CCNL logista, trasporto merci e spedizione.
Conseguentemente, viene disposta l’abrogazione del richiamato art. 10, c. 1, lett. f), n 7, del D.Lgs. 284/2005.
Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli identici emendamenti 3.40, 3.41 e 3.42 - apporta una modifica alla legge 14 agosto 1971, n. 817, relativa al finanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice.
In particolare, interviene sul numero 2-bis) del secondo comma dell’articolo 7, introdotto dalla legge n. 154 del 28 luglio 2016 (Collegato agricolo), che ha concesso all’imprenditore agricolo professionale (IAP), iscritto nella previdenza agricola, e proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, la possibilità di esercitare il diritto di prelazione, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti.
L’emendamento specifica che deve trattarsi dell’imprenditore agricolo come definito dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, che fa riferimento all’imprenditore agricolo professionale sia come persona fisica che come società. In tal modo si estende il diritto di prelazione anche alle società che rivestono la classifica di imprenditore agricolo professionale.
Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli identici emendamenti 3.47, 3.48 e 3.49 (nel testo 2) – introduce la possibilità per l’INPS di acquisire d’ufficio determinati dati della denuncia aziendale dei datori di lavoro agricolo dal fascicolo aziendale istituito nell’ambito dell’anagrafe delle aziende agricole.
Nel dettaglio, il nuovo comma 1-bis dispone che i dati che possono essere acquisiti d’ufficio dall’INPS - tra quelli previsti per la denuncia aziendale che (ai sensi dell’art. 5, c. 1, del D.Lgs. 375/1993) i datori di lavoro agricolo sono tenuti a presentare agli uffici provinciali dello SCAU ai fini dell'accertamento dei contributi previdenziali dovuti e della gestione dell'anagrafe delle aziende agricole - sono quelli che concernono:
§ l’ubicazione, la denominazione e l’estensione dei terreni distintamente per titolo del possesso e per singole colture praticate;
§ l’indicazione della ditta intestata in catasto e delle partite, fogli e particelle catastali dei terreni condotti;
§ il numero dei capi di bestiame allevati, distintamente per specie, e modalità di allevamento
I suddetti dati vengono acquisiti dal fascicolo aziendale (di cui all’art. 9 del D.P.R. 503/1999), istituito nell'ambito dell'anagrafe delle aziende agricole e gestito dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), riepilogativo dei dati aziendali e finalizzato all'aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni richieste (ex art. 3 del richiamato D.P.R. 503/1999).
I suddetti dati vengono indicati dalle imprese agricole nel caso in cui non abbiano costituito o aggiornato il fascicolo aziendale.
Il comma 1-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli identici emendamenti 3.61, 3.62 (testo 2) e 3.63 (testo 2) - introduce una ipotesi di subentro nella titolarità della autorizzazione già rilasciata dai Servizi fitosanitari regionali per la produzione, importazione e commercializzazione di talune specie vegetali.
Nello specifico, il comma 1-bis aggiunge il comma 4-bis nell'articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, specificando che, a seguito di trasformazioni aziendali di qualsiasi natura, il nuovo soggetto costituito, - comunque appartenente all'elenco dei soggetti di cui al comma 1 dello stesso articolo 19 - può subentrare nella titolarità della autorizzazione già rilasciata dai Servizi fitosanitari regionali per la produzione, importazione e commercializzazione di talune specie vegetali.
L'art. 19, d.lgs. 214/2005 prevede che i soggetti sotto elencati per svolgere la loro attività devono essere in possesso di apposita autorizzazione rilasciata dai Servizi fitosanitari regionali competenti per l'ubicazione dei centri aziendali: a) i produttori di piante e dei relativi materiali di propagazione, comprese le sementi, destinati alla vendita o comunque ad essere ceduti a terzi a qualunque titolo, nonché le ditte che svolgono attività sementiera; b) i commercianti all'ingrosso di piante e dei relativi materiali di propagazione, compresi i tuberi-seme, escluse le sementi se già confezionate ed etichettate da terzi; c) gli importatori da Paesi terzi dei vegetali, dei prodotti vegetali o altre voci di cui all'allegato V, parte B, nonché delle sementi delle piante agrarie, orticole e forestali; d) i produttori, i centri di raccolta collettivi, i centri di trasformazione, i commercianti, che commercializzano all'ingrosso tuberi di Solanum tuberosum L. destinati al consumo o frutti di Citrus L., Fortunella Swingle, Poncirus Raf. e relativi ibridi, situati nelle zone di produzione di detti vegetali; e) i produttori e i commercianti all'ingrosso di legname di cui all'allegato V, parte A; f) i produttori e i commercianti di micelio fungino destinato alla produzione di funghi coltivati; g) coloro che commercializzano imballaggi con il marchio di cui all'ISPM 15 della FAO.
Sono esonerati dal possesso dell'autorizzazione: a) i commercianti al dettaglio che vendono vegetali e prodotti vegetali a persone non professionalmente impegnate nella produzione dei vegetali; b) i produttori di patate da consumo e di agrumi che conferiscono l'intera produzione a centri di raccolta autorizzati o a commercianti all'ingrosso autorizzati oppure che cedono direttamente a utilizzatori finali; c) coloro che moltiplicano sementi per conto di ditte autorizzate all'attività sementiera o cedono piante adulte ad aziende autorizzate ai sensi del presente articolo; d) coloro che importano con specifica autorizzazione di importazione occasionale; e) coloro che importano occasionalmente piccole quantità di prodotti ortofrutticoli destinati alla vendita al minuto o piante e loro materiale di moltiplicazione non destinate alla vendita.
I Servizi fitosanitari regionali stabiliscono le procedure per il rilascio delle suddette autorizzazioni, conformemente ai requisiti stabiliti dal Servizio fitosanitario centrale in base a quanto previsto dall'articolo 49, comma 2, lettera d).
L'articolo 3, comma 1-bis, di cui si propone l'introduzione con l'approvazione dell’emendamento 3.103, testo 2, riformula le sanzioni amministrative applicabili alle violazioni della disciplina sull'assistenza fiscale, recata dal Capo V del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Nel dettaglio, il nuovo comma 1-bis dispone interviene sulle norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni, recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997.
Il Capo V del decreto contiene le disposizioni in materia di assistenza fiscale, nelle quali vengono indicati i soggetti che possono costituire i centri di assistenza fiscale (cosiddetti "CAF"), le attività che gli stessi possono svolgere (previa autorizzazione del MEF), il ruolo dei responsabili dell'assistenza fiscale, l'istituto della certificazione tributaria attestante che il soggetto incaricato del controllo ("certificatore") ha accertato l'esatta applicazione delle norme tributarie relative al reddito d'impresa ed eseguito gli adempimenti, i controlli e le attività, indicate annualmente con un apposito decreto, la facoltà dei sostituti d'imposta di prestare assistenza fiscale, le norme sui compensi e, infine quelle sulle sanzioni.
La disciplina delle sanzioni, contenuta nell'articolo 39 del decreto legislativo 241 del 1997, viene riscritta dall'emendamento in esame.
In particolare, salvo che il fatto costituisca reato e ferma restando l'irrogazione delle sanzioni per le violazioni di norme tributarie si viene a prevedere:
· per i responsabili dei centri che rilasciano, con dolo o colpa, il visto di conformità o l'asseverazione infedele l'applicazione di una sanzione amministrativa da 250 a 2.500 euro (rispetto a 258 e 2.582 previste dal testo vigente). L'importo della sanzione dovuto è pari a un terzo del minimo in caso venga trasmessa una dichiarazione rettificativa (con riferimento alla quale il contribuente è tenuto al versamento della maggiore imposta dovuta e dei relativi interessi), sempreché l'infedeltà del visto non sia già stata contestata con la comunicazione di cui all'articolo 16 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, che regola il procedimento di irrogazione delle sanzioni tributarie. In caso di accertamento di ripetute violazioni è disposta a carico dei responsabili dei centri la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l'asseverazione, per un periodo da uno a tre anni. In caso di ripetute violazioni commesse successivamente al periodo di sospensione, è disposta l'inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l'asseverazione;
· per il professionista che rilascia una certificazione tributaria infedele, si applica la sanzione amministrativa da 258 a 2.582 euro (rispetto a 516 e 5.165 previste dal testo vigente). In caso di accertamento di tre distinte violazioni commesse nel corso di un biennio, è disposta la sospensione dalla facoltà di rilasciare la certificazione tributaria per un periodo da uno a tre anni. La medesima facoltà è inibita in caso di accertamento di ulteriori violazioni o di violazioni di particolare gravità.
Tali violazioni, così come quelle in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni, sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia (articolo 39, comma 2). L'atto di contestazione è unico per ciascun anno solare di riferimento. I provvedimenti sono trasmessi agli ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione.
Il comma 3 dispone che, in caso di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 37, commi 2 e 4, che recano norme in materia di dichiarazione delle società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, ai sostituti di imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.582.
Il comma 4 (che conferma la disciplina vigente) disciplina i casi in cui emergano nell'attività dei centri e da parte dei responsabili degli stessi gravi e ripetute violazioni di norme tributarie o contributive e delle disposizioni che disciplinano lo svolgimento dell'attività dei CAF, nonché i casi in cui gli elementi forniti all'amministrazione finanziaria risultano falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente, stabilendo come conseguenza la sospensione per un periodo da tre a dodici mesi dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di assistenza fiscale di cui all'articolo 33, comma 3. In caso di ripetute violazioni o di violazioni particolarmente gravi, è disposta la revoca dell'esercizio dell'attività di assistenza. Inoltre, nei casi di particolare gravità è disposta la sospensione cautelare.
Il comma 6 (così come il comma 5) conferma il testo vigente, prevedendo che il mancato rispetto di adeguati livelli di servizio comporta l'applicazione della sanzione da 516 a 5.165 euro.
Infine, il comma 7 prevede che le controversie derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative disciplinate dall'articolo 39 in esame siano devolute alla competenza del Giudice Tributario.
I commi in esame modificano la normativa riguardante i requisiti per l'autorizzazione all'esercizio di assistenza fiscale da parte dei centri di assistenza fiscale (CAF). In particolare, viene soppresso il requisito riguardante il numero minimo di dichiarazioni validamente trasmesse da ciascun CAF.
L'articolo 7, comma 2-ter, del decreto del Ministero delle finanze n. 164 del 31 maggio 1999 (Regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) reca uno dei requisiti che devono essere soddisfatti dai Centri di assistenza fiscale (CAF) ai fini del rilascio dell'autorizzazione da parte dell'Agenzia delle entrate. Il comma è stato inserito dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 175 del 2014 e modificato dall'articolo 1, comma 951, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015).
In particolare, si richiede che l'Agenzia delle entrate verifichi annualmente che la media delle dichiarazioni validamente trasmesse da ciascun centro di assistenza fiscale nel triennio precedente sia almeno pari all'uno per cento della media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività di assistenza fiscale nel medesimo triennio. Per i centri di assistenza fiscale riconducibili alla medesima associazione od organizzazione o a strutture da esse delegate ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il requisito indicato nel presente comma è considerato complessivamente.
Tale requisito è stato confermato per i CAF autorizzati successivamente al 13 dicembre 2014 dall'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 175 del 2014, così come modificato dall'articolo 1, comma 949, lettere i) e l) della legge di stabilità 2016, il quale prevede tuttavia un margine di flessibilità ai fini del rispetto del requisito pari a uno scostamento massimo del 10 per cento. La stessa norma estende il requisito ai CAF autorizzati prima del 13 dicembre 2014 limitatamente alle dichiarazioni trasmesse negli anni 2015, 2016 e 2017.
L'emendamento in esame dispone la soppressione del suddetto requisito, e quindi l'abrogazione dell'articolo 7, comma 2-ter, del decreto del MEF n. 164 del 1999, nonché delle sue successive modificazioni recate dall'articolo 35, comma 3 del decreto legislativo n. 175 del 2014 e dall'articolo 1, comma 949, lettere i) e l), e comma 951, lettera a) della legge di stabilità 2016.
Conseguentemente vengono soppressi i riferimenti al medesimo requisito contenuti nell'articolo 10, comma 3, del decreto del MEF n. 164.
I commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 3 - proposti nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.121 (testo 2) - introducono una disciplina relativa alle norme di sicurezza per i serbatoi di GPL di capacità superiore a 13 mc.
Nel dettaglio, il comma 1-bis estende ai serbatoi interrati di capacità superiore a 13 mc l'applicazione delle norme di sicurezza per la progettazione, l'installazione e l'esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL) con capacità complessiva non superiore a 5 mc e adozione dello standard europeo EN 12818 per i serbatoi di gas di petrolio liquefatto di capacità inferiore a 13 mc (DM 23 settembre 2004) nonché delle procedure operative per la verifica decennale dei serbatoi interrati per GPL con la tecnica basata sul metodo delle emissioni acustiche (DD 17 gennaio 2005).
Il comma 1-ter affida all'INAIL il compito di definire la procedura operativa per l'effettuazione delle verifiche d'integrità dei suddetti serbatoi con il sistema di controllo basato sulla tecnica delle emissioni acustiche.
Il comma 1-quater fa obbligo - in via transitoria e in deroga alle periodicità dei controlli previste dal DM 1º dicembre 2004, n. 329 - ai proprietari dei serbatoi di comunicare all'INAIL, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, i dati delle attrezzature ancora da sottoporre a verifica alla data del 31 dicembre 2018, a tutela della sicurezza delle attività e al fine di consentire l'effettuazione delle verifiche d'integrità dei serbatoi di qualsiasi capacità mediante la tecnica di controllo basata sulle emissioni acustiche.
Il comma 1-quinquies fa obbligo all'INAIL di inviare una relazione tecnica sull'attuazione delle predette disposizioni al MISE, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché al Ministero della salute.
Il comma 1-bis - introdotto con l'approvazione nel corso dell'esame in sede referente dell'emendamento 3.500 - interviene sulla platea dei destinatari del Programma nazionale triennale della pesca.
In particolare, esso inserisce, tra i destinatari del Programma nazionale triennale della pesca, relativamente alle iniziative di promozione della cooperazione, dell'associazionismo ed a favore dei lavoratori dipendenti (previste, rispettivamente, dagli articoli 16, 17 e 18 del d.lgs. 154/2004), anche le associazioni nazionali delle imprese di pesca "stipulanti il CCNL di riferimento nel settore".
A tal fine novella l'art. 2, co. 5-undecies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011).
Si ricorda che l'art. 2, co. 5-decies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) ha previsto che il Programma nazionale triennale della pesca sia adottato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, e contiene gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria.
L'art. 2, co. 5-undecies, del citato D.L. 225/2010 ha previsto che sono destinatari degli interventi del Programma nazionale:
ü gli imprenditori ittici, la cui definizione, recata in precedenza dagli articoli 2 e 3 del d.lgs. 226/2001 (poi abrogati dall'art. 27, co. 1, lett. d), del d.lgs. 4/2012), è attualmente contenuta nell'art. 4 dello stesso d.lgs. 4/2012;
ü i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale;
e, relativamente alle suddette iniziative di promozione della cooperazione, dell'associazionismo ed a favore dei lavoratori dipendenti,
ü le associazioni nazionali riconosciute delle cooperative della pesca;
ü le associazioni nazionali delle imprese di pesca con rappresentanza diretta nel CNEL;
ü le associazioni nazionali delle imprese di acquacoltura;
ü le organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca;
ü gli enti bilaterali previsti da tale contratto collettivo di riferimento del settore;
ü i consorzi riconosciuti;
ü i soggetti individuati in relazione ai singoli interventi previsti dal Programma nazionale.
Il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019 è stato adottato con il DM 28 dicembre 2016.
Sulla base delle risultanze della manifestazione di interesse di cui al DD n. 17271 del 3 agosto 2017, il DD n. 21268 del 2 novembre 2017 ha individuato i soggetti attuatori, distinti per categoria giuridica, nell’ambito del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019.
Il comma 1-ter - inserito nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.500 - introduce una particolare ipotesi di nullità delle clausole disciplinanti i termini di pagamento a favore delle PMI.
Nello specifico, inserendo un comma 4-bis nell'art. 7 del d.lgs. 231/2002 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), il comma in esame stabilisce che, nelle transazioni commerciali in cui il creditore sia una PMI, si presume sia gravemente iniqua la clausola che prevede termini di pagamento superiori a 60 giorni. Tale presunzione non opera quando tutte le parti del contratto sono PMI. Per la definizione di PMI, si rinvia espressamente al DM 18 aprile 2005.
L'art. 7 del d.lgs. 231/2002 prevede, al co. 1, che le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.
Come previsto dal co. 2, il giudice dichiara, anche d'ufficio, la nullità della clausola avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o del servizio oggetto del contratto, l'esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all'importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero.
In base al co. 3, si considera gravemente iniqua la clausola che esclude l'applicazione di interessi di mora. Non è ammessa prova contraria.
Per effetto del co. 4, si presume che sia gravemente iniqua la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero di cui all'articolo 6.
Infine, secondo il co. 5, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione è nulla la clausola avente ad oggetto la predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura. La nullità è dichiarata d'ufficio dal giudice.
L’articolo 3-bis, proposto nel corso dell’esame in Commissione, apporta alcune modifiche alla disciplina relativa all’obbligo di richiesta del certificato di agibilità dei lavoratori dello spettacolo da parte delle imprese dello spettacolo.
In particolare, sostituendo l’articolo 6 del richiamato D.Lgs. C.P.S: 708/1947, si vieta, ad una serie di imprese operanti nel settore dello spettacolo (imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense; teatri tenda; enti, associazioni, imprese del pubblico esercizio, alberghi, emittenti radiotelevisive e impianti sportivi) di far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i lavoratori autonomi dello spettacolo (compresi quelli con rapporti di collaborazione), appartenenti alle categorie individuate (indicate dal n. 1 al n. 14 dell'articolo 3 del medesimo D.Lgs.C.P.S. 708) nel caso in cui non siano in possesso del certificato di agibilità[7].
Per le prestazioni svolte dai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, il certificato di agibilità viene richiesto dai lavoratori medesimi, salvo l'obbligo di custodia dello stesso che è posto a carico del committente[8].
In caso di inosservanza del richiamato divieto viene confermata la sanzione amministrativa di euro 129 per ogni giornata di lavoro prestata da ciascun lavoratore autonomo.
Contestualmente, viene abrogato il comma 3 (rectius: comma terzo) del successivo articolo 10, il quale dispone che il rilascio del certificato di agibilità sia subordinato alla presentazione di una garanzia nel caso in cui, all'atto della richiesta del certificato di agibilità, l'impresa risulti inadempiente agli obblighi di legge, nonché nel caso in cui l'impresa presenti, per la prima volta, la denuncia delle persone occupate e relativa retribuzione giornaliera (nonché le ulteriori notizie richieste dall’ente previdenziale).
L'articolo 3-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.15 (testo 2) - riduce la misura della decurtazione degli incentivi erogati nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili.
In particolare, l'articolo 3-bis, comma 1 - novellando l'articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 - riduce l'entità della decurtazione dell'incentivo che il GSE può disporre (attualmente in misura ricompresa fra il 20 e l'80 per cento in ragione dell'entità della violazione), nel caso di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che al momento dell'accertamento della violazione percepiscono incentivi, fissandola nella misura compresa tra il 10 e il 50%; inoltre, nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà (in luogo di un terzo, come attualmente previsto).
Analogo intervento riguarda la misura prevista per gli impianti fotovoltaici di piccola taglia: la decurtazione della tariffa incentivante è ridotta dal 30 al 10 per cento, in presenza delle condizioni già previste a legislazione vigente. La nuova misura più favorevole si estende anche agli impianti ai quali è stata già applicata in precedenza la decurtazione del 30%.
La decurtazione della tariffa incentivante per gli impianti fotovoltaici di produzione di energia elettrica, di potenza superiore a 3 kW, è ridotta dal 20 al 10 per cento, al ricorrere alle condizioni già previste a legislazione vigente.
Anche in tale caso, la misura più favorevole si applica anche agli impianti ai quali è stata già applicata in precedenza la decurtazione del 20%.
Tali misure più favorevoli si applicano agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, su richiesta dell'interessato, a quelli definiti con provvedimenti del GSE di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti, nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere del Consiglio di Stato previsto dall'art. 11 del DPR 1199/1971. La richiesta dell'interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché rinuncia all'azione. Le disposizioni più favorevoli non si applicano qualora la condotta dell'operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE è oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna (comma 2).
L'articolo in esame, inserito nel corso dell'esame in sede referente, interviene sulla disciplina delle piccole utilizzazioni locali di calore geotermico.
Esso novella l'articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22.
Si prevede che le piccole utilizzazioni locali sono assoggettate alla procedura abilitativa semplificata stabilita dall'articolo 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, limitatamente al caso in cui il prelievo e la restituzione delle acque sotterranee restino confinati nell'ambito della falda superficiale, alle condizioni stabilite con il DM che avrebbe dovuto essere adottato per stabilire, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, ovvero sonde geotermiche, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici, e per individuare i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata, fermi restando gli oneri per l'utilizzo delle acque pubbliche stabiliti dalla normativa vigente, ove applicabili. La relazione e l'eventuale atto di assenso devono riportare la valutazione degli effetti sull'ambiente che possono generare gli scarichi delle acque reflue provenienti da impianti di scambio termico. I comuni trasmettono alla regione competente per territorio i dati relativi agli impianti, ai fini dell'istituzione e continuo aggiornamento da parte delle regioni di un registro regionale dei predetti impianti, consultabile pubblicamente sul sito di ciascuna regione.
Viene inoltre estesa alle piccole utilizzazioni locali la previsione del co. 7, articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, per cui l'installazione di pompe di calore da parte di installatori qualificati, destinate unicamente alla produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell'impianto idrico-sanitario già in opera.
L'articolo 3-bis - introdotto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.700 - apporta talune modifiche all’articolo 4 della legge n.4/2011, abrogando i commi 1 e 2, 4 e 4-bis, sostituendo i commi 3 e 10, e modificando, con una disposizione di risulta, i commi 6 e 12.
I commi 1-4-bis della legge n.4/2011 prevedono, rispettivamente, che: - è obbligatorio riportare nell’etichetta dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati e non, l’indicazione del luogo di origine o provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione europea, l’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia la presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale (comma 1); - per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione e nella produzione di prodotti (comma 2); - con decreti interministeriali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza Unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative nel settore e acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, previo espletamento della procedura di notifica alla Commissione europea, sono definite le modalità per l’indicazione obbligatoria e per la tracciabilità dei prodotti agricoli che provengono dal territorio nazionale (comma 3); - con i decreti previsti dal comma 3 sono, inoltre, definiti, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all’obbligo di indicazione nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione (comma 4); - le regioni sono chiamate a disporre i controlli sull’applicazione delle disposizioni richiamate, salve le competenze del Ministero delle politiche agricole e forestali (comma 6); - salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti alimentari non etichettati in conformità delle precedenti disposizioni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.500 euro ( comma 10); - gli obblighi stabiliti hanno effetto decorsi 90 giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti previsti. I prodotti etichettati anteriormente alla data dell’entrata in vigore delle disposizioni e privi delle indicazioni obbligatorie possono essere venduti entro i successivi 180 giorni (comma 12)
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L’emendamento in esame, al comma 1:
a)abroga i commi 1 e 2;
b) sostituisce il comma 3 con tre commi che, così, dispongono:
- con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative nel settore agroalimentare, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari e previo espletamento della procedura di notifica, sono definiti i casi in cui l’indicazione del luogo di provenienza è obbligatoria. Sono fatte salve le norme europee relative agli obblighi di tracciabilità e di etichettatura dei prodotti contenenti organismi geneticamente modificati (comma 3);
Il testo richiama le finalità indicate alle lettere b), c) e d) ,paragrafo 1, dell’articolo 39 del regolamento n.1169/2011. Tale disposizione prevede che, oltre alle indicazioni obbligatorie, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all’articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: a) protezione della salute pubblica; b) protezione dei consumatori; c) prevenzione delle frodi; d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale; |
- con il medesimo decreto sono individuate le categorie specifiche di alimenti per i quali è stabilito l’obbligo dell’indicazione del luogo di provenienza. In base a quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 39 del Reg. 1169/2011, il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, in collaborazione con l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), realizza appositi studi che siano capaci di provare il nesso diretto tra la qualità di taluni alimenti e la provenienza e come sia percepita nel consumatore l’informazione relativa alla provenienza del prodotto e quando la sua omissione è considerata ingannevole. I risultati saranno trasmessi alla Commissione europea insieme alla notifica del decreto (comma 3-bis)
In base a quanto prevede il paragrafo 2 dell’art. 39 del reg. 1169/2011, gli Stati membri possono introdurre disposizioni concernenti l’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza. Al momento di notificare tali disposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazione. |
- l’indicazione del luogo di provenienza è sempre obbligatoria, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, lettera a) del reg. 1169/2011, quando si verifichino le condizioni per l’applicazione dell’art. 1 del reg. (UE) n.775/2018. Una indicazione difforme del Paese di origine rispetto a quella reale si configura come violazione dell’articolo 7 in materia di pratiche leali di informazione (comma 3-ter).
L’art. 26, par. 2, lettera a) del Reg. 116972011 prevede che l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reale dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero, altrimenti, far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza. Il paragrafo 3 prevede, poi, che quando il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario: a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento. Il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione ha stabilito le modalità di applicazione dell'articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011. Esso si applica quando il paese d'origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche, ad eccezione dei termini geografici figuranti in denominazioni usuali e generiche. Il paragrafo 2 prevede che il regolamento non si applichi alle indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (CE) n. 110/2008 o (UE) n. 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, né ai marchi d'impresa, registrati, laddove questi ultimi costituiscano un'indicazione dell'origine, in attesa dell'adozione di norme specifiche riguardanti l'applicazione dell'articolo 26, paragrafo 3, a tali indicazioni. L’articolo 2 del provvedimento in esame prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza di un ingrediente primario, che non è lo stesso paese d'origine o luogo di provenienza indicato per l'alimento, viene fornita: a) con riferimento a una delle seguenti zone geografiche: - «UE», «non UE» o «UE e non UE»; o - una regione o qualsiasi altra zona geografica all'interno di diversi Stati membri o di paesi terzi, se definita tale in forza del diritto internazionale pubblico o ben chiara per il consumatore medio normalmente informato; o - la zona di pesca FAO, o il mare o il corpo idrico di acqua dolce se definiti tali in forza del diritto internazionale o ben chiari per il consumatore medio normalmente informato; o - uno o più Stati membri o paesi terzi; o - una regione o qualsiasi altra zona geografica all'interno di uno Stato membro o di un paese terzo, ben chiara per il consumatore medio normalmente informato; o - il paese d'origine o il luogo di provenienza, conformemente alle specifiche disposizioni dell'Unione applicabili agli ingredienti primari in quanto tali; b) oppure attraverso una dicitura del seguente tenore: «(nome dell'ingrediente primario) non proviene/non provengono da (paese d'origine o luogo di provenienza dell'alimento)» o una formulazione che possa avere lo stesso significato per il consumatore. Il Regolamento si applica a decorrere dal 2020. Da quella data sono destinati a perdere di efficacia i seguenti regolamenti nazionali: - il decreto con il quale si è resa obbligatoria l’indicazione dell’origine del latte, anche quando utilizzato nei prodotti lattiero-caseari (DM 9 dicembre 2016); - i decreti relativi all’indicazione dell’origine del grano duro per paste di semola di grano duro e del riso (entrambi DM 26 luglio 2017, pubblicati, rispettivamente, in GU n. 190 e 191 del 16 agosto 2017); - il decreto sull’origine in etichetta del pomodoro (DM 16 novembre 2017 in GU n.47 del 26 febbraio 2018). L’articolo 7 del reg. 1169/2011, richiamato dalla norma prevede che le informazioni non devono indurre inducono in errore, in particolare: - per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione, - attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede; - suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive; - suggerendo, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente. Le informazioni sugli alimenti devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore |
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c) abroga i commi 4 e 4-bis.
d) apporta correzioni ai commi 6 ,11 e 12 di carattere tecnico conseguenti all’aver previsto un unico decreto attuativo e non più una pluralità come nel testo attualmente vigente;
e) sostituisce il comma 10, prevedendo che per le violazioni relative all’obbligo di indicazione dell’origine del prodotto si applicano le sanzioni di cui al decreto legislativo n.231 del 2017.
Il decreto legislativo 15 dicembre 2017 ha recato la Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell'articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015».
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Infine, al comma 2, si prevede che la disposizione in esame entri in vigore tre mesi dopo la data di notifica alla Commissione europea di cui viene data comunicazione con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
L'articolo 3-bis - inserito durante l'esame in sede referente - interviene sulle misure agevolative a favore della proprietà coltivatrice.
L'articolo in esame estende le misure di favore previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 228/2001 per la proprietà coltivatrice anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto, eliminando il vincolo per cui questi dovevano risalire a una data antecedente di almeno cinque anni.
A tal fine novella il comma 5 dell'articolo citato.
L'articolo in esame, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca misure per accelerare il processo di liquidazione dell'EIPLI - Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia.
Il comma 1 dell'articolo in esame novella l'art. 21, co. 11, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011), al fine di completare il processo di liquidazione dell'EIPLI - Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (la cui soppressione era stata disposta dal co. 10 dell'articolo citato) e accelerare la costituzione della società dello Stato alla quale dal 30 giugno 2018 era stato disposto il trasferimento delle funzioni del soppresso Ente con le relative risorse, umane e strumentali, sono alla società.
In particolare, si elimina la previsione relativa alla vigilanza del Dipartimento delegato all'Autorità politica per le politiche di coesione e per il Mezzogiorno e del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e si prevede l'esercizio da parte del MEF dei diritti del socio di concerto, per quanto di rispettiva competenza, con il Dipartimento delegato all'Autorità politica per le politiche di coesione e per il Mezzogiorno, il Ministero per le politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Si prevede inoltre che la tutela occupazionale è garantita con riferimento al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'Ente soppresso. Le passività di natura contributiva, previdenziale e assistenziale maturate sino alla data della costituzione della nuova società sono estinte dall'Ente in liquidazione, che vi provvede con risorse proprie. A decorrere dalla data del trasferimento delle funzioni, i diritti su beni demaniali già attribuiti all'Ente in forza di provvedimenti concessori si intendono attribuiti alia società di nuova costituzione. Al fine di accelerare le procedure per la liquidazione dell'Ente e snellire il contenzioso in essere, agevolando il Commissario liquidatore nella definizione degli accordi transattivi, i crediti e i debiti sorti in capo all'Ente, unitamente ai beni immobili diversi da quelli aventi natura strumentale all'esercizio delle relative funzioni sono esclusi dalle operazioni di trasferimento al patrimonio della società medesima. I rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, sorti in capo all'Ente, producono effetti esclusivamente nei confronti dell'Ente posto in liquidazione. Il Commissario liquidatore presenta il bilancio finale di liquidazione dell'Ente al Ministero per le politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, che lo approva con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro delegato all'Autorità politica per le politiche di coesione e per il Mezzogiorno.
Per ragioni di coordinamento si sopprime l'inciso per cui la tutela occupazionale è garantita con riferimento al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'ente soppresso.
In base al comma 2, le procedure esecutive e le azioni giudiziarie nei confronti dell'EIPLI, pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, sono sospese fino al 31 dicembre 2019.
Si interviene sulla disciplina relativa alle concessioni sul demanio delle acque interne.
L'emendamento dispone una proroga delle concessioni sul demanio delle acque interne, con finalità turistico-ricreative e residenziali-abitative, vigenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. La proroga ex lege è di 15 anni, che decorrono dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.
La proroga è stabilita "nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali". Tale procedimento di riordino della disciplina dovrà essere realizzato sulla base dei criteri e delle modalità previste dalla legge di bilancio per il 2019 (all'art.1, commi 675-684, l. n.145/2018) con riguardo alle concessioni marittime.
La disposizione in esame mira pertanto a ridefinire la disciplina delle concessioni sul demanio delle acque interne attraverso la medesima procedura vigente per il demanio marittimo.
Si ricorda che le richiamate disposizioni della legge di bilancio per il 2019 hanno introdotto una procedura volta alla generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime. Essa prevede l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che ne fissi i termini e le modalità, nonché successive attività di implementazione da parte delle Amministrazioni competenti, tra cui una consultazione pubblica al termine della quale saranno assegnate le aree concedibili che attualmente non sono date in concessione. Per le concessioni demaniali marittime in essere è prevista una proroga di quindici anni a decorrere dalla data in vigore della presente legge.
Al riguardo si segnala che nella precedente legislatura le Camere avevano esaminato il disegno di legge A.S. 2957 diretto a ridefinire la disciplina delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo (e non anche "residenziali-abitative"). In Senato l'esame del provvedimento, approvato dalla Camera in prima lettura, venne avviato ma non si concluse prima della conclusione della legislatura.
Si potrebbe peraltro valutare l'opportunità di precisare se il riferimento al demanio sulle acque interne ricomprenda quello al demanio lacuale e fluviale, contenuto nel richiamato disegno di legge e in altri provvedimenti legislativi statali.
La disposizione dispone inoltre che resta ferma la disciplina relativa all'attribuzione di beni a Regioni ed enti locali in base alla legge n.42 del 2009 (delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) e alle rispettive norme di attuazione.
Il riferimento è alla disciplina di cui al d.lgs. n.85 del 2010, recante misure volte all’attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’art. 19 della l. 42 del 2009 (cosiddetto “federalismo demaniale”). Il provvedimento ha, infatti, disposto il trasferimento di una serie di beni pubblici statali a favore degli enti territoriali, su richiesta di questi ultimi, sulla base dell’individuazione e dell’inserimento in appositi elenchi da parte dell’Agenzia del demanio. I beni sono trasferiti al patrimonio disponibile dei beni individuati agli enti territoriali ad eccezione, fra l'altro, dei beni del demanio marittimo, idrico e aeroportuale. Questi ultimi restano "assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza" (art.4) Tali beni possano essere trasferiti dalla titolarità dello Stato a quella degli enti territoriali, preservandone, comunque, il carattere di inalienabilità.
L'articolo 3-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 3.0.61 (testo 2), reca un'interpretazione autentica in merito alla modalità di svolgimento delle attività accessorie svolte nel periodo di apertura degli stabilimenti balneari.
L'articolo 3-bis reca una interpretazione autentica dell'articolo 11, comma 6, della legge n. 217 del 2011 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010), chiarendo come si svolgono le attività accessorie degli stabilimenti balneari.
L'articolo 11, comma 6, della legge n. 217 del 2011 demanda alle regioni la fissazione degli indirizzi per lo svolgimento delle attività accessorie degli stabilimenti balneari, quali l'esercizio di somministrazione di alimenti e bevande e gli intrattenimenti musicali e danzanti, da fissare nel rispetto delle particolari condizioni di tutela dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, nonché dell'ordine pubblico, dell'incolumità e della sicurezza pubblica. Tali attività accessorie devono essere effettuate entro gli orari di esercizio cui sono funzionalmente e logisticamente collegate e devono svolgersi nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico. Gli indirizzi regionali sono recepiti a livello comunale con apposita ordinanza del sindaco, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di proporzionalità.
La norma in commento precisa quindi che si considerano comunque accessorie e quindi consentite, indipendentemente dalla loro frequenza e dal loro espletamento, le attività di somministrazione di alimenti e bevande e quelle di intrattenimento musicale e danzante, incluse le feste, le animazioni e altre forme di intrattenimento, qualora siano effettuate durante il periodo di apertura stagionale dello stabilimento balneare cui sono funzionalmente e logisticamente collegate, nel rispetto dei limiti di orario e di attività applicati agli altri esercizi dello stesso territorio comunale.
Si ribadisce comunque che tali attività si svolgono rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico.
L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame referente dalle Commissioni riunite, amplia il lasso temporale (portandolo da 3 a 24 mesi) entro il quale il datore di lavoro che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali non sia punibile né assoggettabile a sanzione amministrativa.
Si ricorda che l’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 463/1983 (così come modificato dall’articolo 3, comma 6, del D.Lgs. 8/2016) attualmente dispone che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali da parte del datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti i sia considerato non più reato ma illecito amministrativo al verificarsi di specifiche condizioni.
Più specificamente, che la depenalizzazione opera a condizione che l’omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui (nel qual caso sarà comminata una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro). In ogni caso, il datore di lavoro non è punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa se provvede al versamento delle richiamate ritenute entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.
La norma in esame (di cui si propone l'introduzione con l'approvazione dell'emendamento 3.0.90 (testo 2) in sede referente) stabilisce che taluni oneri relativi a interventi in materia di politiche sociali di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non siano più finanziati a valere sul Fondo delle politiche sociali. Tali interventi dovranno essere finanziati mediante appositi capitoli di spesa nello stato di previsione del medesimo Ministero.
Si tratta degli interventi previsti dalle seguenti disposizioni:
a) articolo 3, comma 3, della legge 28 agosto 1997, n. 284, il quale prevede un contributo annuo alla Federazione nazionale delle istituzioni pro-ciechi (di cui al regio decreto 23 gennaio 1930, n. 119) per le attività di ricerca e di coordinamento svolte dalla medesima Federazione;
b) articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 285, nel limite di 0,8 milioni di euro l'anno, per il funzionamento del servizio di informazione, di promozione, di consulenza, di monitoraggio e di supporto tecnico per la realizzazione delle finalità di cui alla medesima legge (recante "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza");
c) articolo 45 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per un ammontare di 6,5 milioni di euro, per gli interventi di competenza nazionale afferenti al Fondo nazionale per le politiche migratorie.
L’articolo 3-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 3.0.96, concerne i termini temporali per la presentazione, da parte del datore di lavoro, dei dati necessari per il pagamento, da parte dell'INPS, dei trattamenti di integrazione salariale in deroga, con riferimento ai casi in cui tale pagamento debba essere operato direttamente dall'INPS ai lavoratori.
In particolare, si richiede che i dati suddetti siano inviati, secondo le modalità stabilite dall'INPS, entro sei mesi dalla data del provvedimento di concessione.
La novella prevede inoltre che, qualora il termine decorra inutilmente, il pagamento delle prestazioni e gli oneri ad esse connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente (con conseguente passaggio al criterio del pagamento indiretto - cioè, del successivo rimborso al datore - da parte dell'INPS).
Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore della presente novella, i sei mesi decorrono da quest'ultima data.
L'emendamento estende a qualsiasi registro contabile tenuto con sistemi elettronici la deroga riguardante gli obblighi di trascrizione su supporto cartaceo allorquando i dati risultino aggiornati su appositi supporti magnetici.
In particolare, l'emendamento stabilisce l'estensione della deroga disposta dall'articolo 7, comma 4-quater, del decreto-legge n. 357 del 1994 a qualsiasi registro contabile con sistemi elettronici su qualsiasi supporto, in luogo dei soli registri delle fatture e degli acquisti.
In base a tale deroga, la tenuta di quei registri con sistemi elettronici è, in ogni caso, considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge se, in sede di accesso, ispezione o verifica, gli stessi risultino aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti e in loro presenza.
L'articolo 3-bis, proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.136 (testo 2), inserisce una serie di agevolazioni per la zona economica speciale (ZES). Delle procedure semplificate stabilite dalla norma usufruiscono anche le imprese che operano nella zona logistica semplificata (ZLS).
Con l'approvazione dell'emendamento 3.0.136 (testo 2), si viene a prevedere una riformulazione della disciplina dettata dal decreto legge n. 91 del 2017 recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno.
Il comma 1 dell'articolo 3-bis in esame sostituisce integralmente l'articolo la lettera a) dell'articolo 5, comma 1, del citato decreto. Viene dunque previsto che le nuove imprese e quelle già esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella zona economica speciale (ZES), possono usufruire delle seguenti tipologie di agevolazioni:
a) l'attività economica nelle zone economiche speciali (di seguito ZES) è libera, nel rispetto delle norme nazionali ed europee sull'esercizio dell'attività d'impresa. Al fine di semplificare ed accelerare l'insediamento, la realizzazione e lo svolgimento dell'attività economica nelle ZES sono disciplinati i seguenti criteri derogatori alla normativa vigente, le procedure semplificate e i regimi procedimentali speciali applicabili. Per la celere definizione dei procedimenti amministrativi, sono ridotti di un terzo i termini di cui agli articoli 2 e 19 della legge n. 241 del 1990; di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale), VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e AIA (Autorizzazione Ambientale Integrata); di cui al D.P.R. n. 59 del 2013 in materia di AUA (Autorizzazione Unica Ambientale); di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, del D.P.R. n. 31 del 2017, in materia di autorizzazione paesaggistica; di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in materia edilizia; di cui alla legge n. 84 del 1994, in materia di concessioni demaniali portuali;
a-bis) eventuali autorizzazioni, licenze, permessi, concessioni o nulla osta comunque dominati la cui adozione richiede l'acquisizione di pareri, intese, concerti o altri atti di assenso comunque denominati di competenza di più amministrazioni sono adottati ai sensi dell'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1991, con termini ridotti della metà;
a-ter) il Comitato di indirizzo della ZES, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018, assicura il raccordo tra gli sportelli unici istituiti ai sensi della normativa vigente e lo sportello unico di cui alla legge n. 84 del 1994, che opera quale responsabile unico del procedimento ai sensi della legge n. 241 del 1990 per la fase di insediamento, di realizzazione e di svolgimento dell'attività economica nella ZES. Lo sportello unico è disponibile in formato digitale, in almeno una lingua diversa dall'italiano ed è organizzato sulla base di moduli e formulari standardizzati per la presentazione dell'istanza nei quali è, in particolare, indicata la presenza di eventuali vincoli ambientali, urbanistico/paesaggistici nonché di eventuali termini di conclusione del procedimento;
a-quater) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituita la Cabina di regia ZES presieduta dall'Autorità politica delegata per la coesione territoriale – Ministro per il sud e composta dal Ministro per gli affari regionali, dal Ministro per la funzione pubblica, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dello sviluppo economico, dai Presidenti delle Regioni e delle province autonome, nonché dai Presidenti dei Comitati di indirizzo delle ZES istituite, nonché gli altri Ministri competenti in base all'ordine del giorno. Alle riunioni della Cabina di regia possono essere invitati come osservatori i rappresentanti di enti pubblici locali e nazionali e dei portatori di interesse collettivi o diffusi. L'istruttoria tecnica delle riunioni della Cabina di regia, che si avvale a tal fine del Dipartimento per la coesione territoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri, riguarda principalmente la verifica e il monitoraggio degli interventi nelle ZES.
a-quinquies) entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018, n. 135, ogni Regione interessata può presentare all'Autorità politica delegata per la coesione territoriale – Ministro per il sud, una proposta di protocollo o convenzione per l'individuazione di ulteriori procedure semplificate, e regimi procedimentali speciali. La proposta individua dettagliatamente le procedure oggetto di semplificazioni, le norme di riferimento e le amministrazioni locali e statali competenti ed è approvata dalla Cabina di regia di cui alla lettera precedente. Sono parti dell'accordo o protocollo, la Regione proponente e le amministrazioni locali o nazionali competenti per ogni procedimento individuato;
a-sexies) nelle ZES sono istituite aree doganali intercluse ai sensi del Codice doganale europeo. Tali aree consentono di operare, per le merci importate e da esportare, in regime di sospensione dell'IVA. La perimetrazione di dette aree doganali è proposta da ciascun Comitato di indirizzo o Regione entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 135 del 2018 e approvata con decreto direttoriale dell'Agenzia delle dogane territorialmente competente, adottato entro trenta giorni dalla proposta.
All'articolo 5, del decreto legge n. 91 del 2017 viene inoltre inserito l'articolo 2-bis, ai sensi del quale gli interventi relativi agli oneri di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7 del D.P.R. n. 380 del 2001, per le imprese beneficiane delle agevolazioni che effettuano gli investimenti ammessi al credito di imposta di cui al comma 2, sono realizzati entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte delle imprese ai gestori dei servizi di pubblica utilità. In caso di ritardo si applica l'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990.
I riferimenti alle lettere a-bis, a-ter, a-quater, a-quinquies e a-sexies sono inoltre inseriti nell'articolo 1, comma 64 della legge 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), disponendo che le nuove imprese e quelle già esistenti che operano nella Zona logistica semplificata fruiscono delle procedure semplifciate previste dalle citate lettere dell'articolo 5, comma 1 del decreto legge n. 91 del 2017, come modificato dall'articolo in esame.
L'articolo 3-bis - inserito nel corso dell'esame in sede referente mediante l'approvazione dell'emendamento 3.0.600 - introduce disposizioni per l'adozione e l'attuazione di misure fitosanitarie urgenti per prevenire la diffusione di organismi nocivi per le piante.
Nel dettaglio, il comma 1 dispone, per provvedere alle misure fitosanitarie ufficiali e a ogni altra attività ad esse connessa, derivanti da provvedimenti di emergenza fitosanitaria, ivi compresa la distruzione delle piante e dei prodotti delle piante contaminate, la deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di emergenza fitosanitaria e nella decisione di esecuzione (UE) 2015/789, al fine di proteggere i beni culturali, l'ambiente, il territorio, il paesaggio, l'agricoltura e le foreste dalla diffusione di organismi nocivi per le piante.
La decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione del 18 maggio 2015 - modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2018/927 del 27 giugno 2018 - è relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione della Xylella fastidiosa; il richiamato comma 2 dell'articolo 6 dispone che lo Stato membro interessato, entro un raggio di 100 m attorno alle piante che sono state esaminate e sono risultate infette dall'organismo specificato, rimuove immediatamente: a) le piante ospiti, indipendentemente dal loro stato di salute; b) le piante notoriamente infette dall'organismo specificato; c) le piante che presentano sintomi indicativi della possibile infezione da parte di tale organismo o sospettate di essere infette da tale organismo.
Il comma 2 esclude dal campo di applicazione del d.lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale), i piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale che danno applicazione a misure fitosanitarie di emergenza, inserendo la lettera c-ter) nell'articolo 6, comma 4, del citato d.lgs. 152/2006.
In base al comma 3, nei casi di misure fitosanitarie di urgenza derivanti da provvedimenti fitosanitari di emergenza, i Servizi fitosanitari competenti per territorio attuano o fanno attuare tutte le misure ufficiali ritenute necessarie ad evitare la possibile diffusione di una malattia, ivi compresa la distruzione delle piante e dei prodotti delle piante contaminate, sui materiali di imballaggio, sui recipienti, sui macchinari o su quant'altro possa essere veicolo di diffusione di organismi nocivi.
Il comma 4 rende punibile ai sensi dell'articolo 500 del codice penale la mancata attuazione delle misure ufficiali fitosanitarie di urgenza derivanti da provvedimenti fitosanitari di emergenza di cui al comma 3, necessarie ad evitare la diffusione della malattia.
L'art. 500 c.p. punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione. Se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da euro 103 a euro 2.065.
Come disposto dal comma 5, nell'attuazione delle predette misure fitosanitarie di urgenza, gli Ispettori fitosanitari ed il personale di supporto muniti di autorizzazione del Servizio fitosanitario e previo avviso da comunicare almeno 5 giorni prima della verifica, possono accedere a tutti i luoghi in cui i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci elencate nel d.lgs. 214/2005 (Attuazione della direttiva 2002/89/CE concernente le misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali), oggetto di misure fitosanitarie, si trovano, in qualsiasi fase della catena di produzione e di commercializzazione, compresi i mezzi utilizzati per il loro trasporto e i magazzini doganali, fatte salve le normative in materia di sicurezza nazionale ed internazionale.
Il comma 6 consente agli Ispettori fitosanitari ed al personale di supporto muniti di autorizzazione del Servizio fitosanitario, nell'esercizio delle loro attribuzioni, al fine di attuare le misure fitosanitarie di urgenza, l'accesso alle aree e ai fondi privati con l'ausilio della forza pubblica in caso di irreperibilità dei proprietari o dei conduttori oppure, nelle ipotesi previste dal comma 5, nel caso in cui questi ultimi rifiutino l'accesso.
Il comma 7 abroga l'art. 1, co. 661, della L. 145/2018 (Bilancio di previsione dello Stato per il 2019).
La disposizione abrogata prevede che agli ulivi che insistono nella zona di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/927 non siano applicabili le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del decreto ministeriale 23 ottobre 2014, recante “Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento”.
Le disposizioni richiamate (art. 9, commi 1 e 2) prevedono che:
- l'abbattimento e le modifiche della chioma e dell'apparato radicale sono realizzabili, dietro specifica autorizzazione comunale, solo per casi motivati e improcrastinabili per i quali risulta accertata l'impossibilità di adottare soluzioni alternative, previo parere vincolante del Corpo forestale dello Stato, che si può avvalere della consulenza dei Servizi fitosanitari regionali. I comuni comunicano alla regione gli atti autorizzativi emanati per l'abbattimento o modifica degli esemplari. Nell'eventualità in cui si rilevi un pericolo imminente per la pubblica incolumità e la sicurezza urbana, l'Amministrazione comunale provvede tempestivamente agli interventi necessari a prevenire e a eliminare il pericolo, dandone immediata comunicazione al Corpo forestale dello Stato, e predispone, ad intervento concluso, una relazione tecnica descrittiva della situazione e delle motivazioni che hanno determinato l'intervento (comma 1);
- per gli elementi arborei che risultano sottoposti a provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico o per i quali risulti già pubblicata la proposta di dichiarazione deve essere richiesta, altresì, l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'art. 146 della suddetta normativa (comma 2).
L'articolo 3-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.139 - prevede che il Commissario straordinario per la ricostruzione del Ponte di Genova stipuli con un soggetto esperto in sistemi per la digitalizzazione della logistica una Convenzione finalizzata ad ottimizzare i flussi veicolari logistici nel Porto di Genova.
L'articolo - tramite aggiunta di un periodo all'art. 1, comma 1025, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) - affida al Commissario straordinario per la ricostruzione del Ponte di Genova l'incarico di sottoscrivere, con un soggetto esperto in sistemi per la digitalizzazione della logistica, un apposito atto convenzionale volto all'ottimizzazione dei flussi veicolari logistici nel Porto di Genova.
Al Commissario straordinario incaricato - ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge n. 109 del 2018 - della ricostruzione del Ponte di Genova e del ripristino del connesso sistema viario è stato affidato anche il compito di provvedere, per l'anno 2019, alle attività di ottimizzazione dei flussi veicolari logistici nel Porto medesimo (art. 1, comma 1025, della legge n. 145 del 2018).
Tali attività, dettagliate nell'art. 6 del decreto-legge n. 109 del 2018, consistono nella progettazione e realizzazione, con carattere di urgenza, di infrastrutture ad alta automazione, di sistemi informatici e delle relative opere accessorie necessarie a garantire l'ottimizzazione dei flussi veicolari logistici in ingresso e in uscita dal Porto di Genova, includendo la realizzazione del varco di ingresso di Ponente.
Con l'articolo in esame si prevede che le predette attività siano espletate sulla base di un apposito atto convenzionale stipulato tra il Commissario straordinario per la ricostruzione ed un soggetto avente esperienza pluriennale nella realizzazione e gestione di sistemi per la digitalizzazione della logistica.
Al soggetto sottoscrittore è altresì richiesto il possesso delle caratteristiche specificate all'art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 109, il quale prevede che il Commissario straordinario possa avvalersi, anche in qualità di soggetti attuatori, previa intesa con gli enti territoriali interessati, "delle strutture e degli uffici della Regione Liguria, degli uffici tecnici e amministrativi del Comune di Genova, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di ANAS s.p.a., delle Autorità di distretto, nonché, mediante convenzione, dei concessionari di servizi pubblici e delle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico".
L'articolo 3-bis - introdotto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 3.0.500 - affida all'AGEA il compito di avviare una nuova procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento, ad un unico fornitore, della gestione ed evoluzione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), fermi restando gli effetti e l'ulteriore corso dei lotti già assegnati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
Nel dettaglio, l'articolo in commento dispone l'interruzione, limitatamente ai lotti non ancora assegnati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, della procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi di sviluppo e gestione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).
A tal fine viene richiamato espressamente l'art. 1, co. 6-bis, del D.L. 51/2015 (L. 91/2015).
Tale disposizione ha previsto che l'AGEA avrebbe dovuto provvedere, in coerenza con la strategia per la crescita digitale e con le linee guida per lo sviluppo del SIAN, alla gestione e allo sviluppo del SIAN direttamente, o tramite società interamente pubblica nel rispetto delle normative europee in materia di appalti, ovvero attraverso affidamento a terzi mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006), anche avvalendosi a tal fine della società CONSIP S.p.A., attraverso modalità tali da assicurare comunque la piena operatività del sistema al momento della cessazione della partecipazione del socio privato alla società SIN S.p.A. (in origine SIN s.r.l.).
La procedura ad evidenza pubblica avrebbe dovuto essere svolta attraverso modalità tali da garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali della SIN S.p.A. esistenti alla data di entrata in vigore del D.L. 51/2015. All'attuazione delle suddette disposizioni l'AGEA avrebbe dovuto provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
In seguito, l'art. 23, co. 7, del D.L. 113/2016 (L. 160/2016), ha stabilito che, al fine di garantire l'efficace gestione dei servizi del SIAN in conseguenza della cessazione del regime europeo delle quote latte, l'AGEA avrebbe dovuto provvedere alla gestione e allo sviluppo del sistema informativo attraverso la SIN S.p.A., sino all'espletamento da parte di CONSIP S.p.A. della predetta procedura ad evidenza pubblica.
La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del D.L. 113/2016 (Atto Camera 3926/XVII) ricordava che il 20 settembre 2016 sarebbe scaduto il termine della partecipazione del socio privato alla SIN S.p.A. e che la disposizione in esame serviva, quindi, a garantire la continuità del servizio sino all’aggiudicazione definitiva dello stesso al nuovo fornitore, senza che si potessero verificare medio tempore interruzioni del sistema informativo SIAN, il quale consente la gestione e l’implementazione delle funzioni di supporto al corretto e tempestivo pagamento e controllo “dei circa 6 miliardi di euro di aiuti europei (FEAGA e FEARS) annualmente destinati ai produttori agricoli italiani…”.
Fermi restando gli effetti e l'ulteriore corso dei lotti già assegnati alla predetta data, tra cui almeno il Lotto 1, l'AGEA nei successivi 60 giorni, in coerenza con le intervenute disposizioni di riorganizzazione della stessa AGEA (operata col d.lgs. 74/2018), al Regolamento di esecuzione UE 2018/746 e agli indirizzi della nuova PAC, avvia l'espletamento di una nuova procedura ad evidenza pubblica ai sensi del codice dei contratti pubblici, con la pubblicazione del bando per l'affidamento, ad un unico fornitore, della gestione ed evoluzione del SIAN, anche avvalendosi di CONSIP S.p.A. La stazione appaltante organizza l'espletamento della gara affinché si concluda entro il 31 dicembre 2019. Sino al termine della predetta procedura e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, l'AGEA provvede alla gestione e allo sviluppo del SIAN mediante la SIN S.p.A. mediante proroga dei rapporti contrattuali in essere, a costi congruenti e comunque non superiori a quelli attuali.
Dall'attuazione delle disposizioni in commento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Con bando pubblicato il 30 settembre 2016, CONSIP ha indetto una gara a procedura aperta suddivisa in 4 lotti per l’affidamento dei servizi di sviluppo e gestione del SIAN per AGEA per un valore totale stimato, IVA esclusa, pari a € 555.000.000.
In particolare, i lotti sono stati articolati nel modo seguente:
lotto 1 (valore stimato: € 15.000.000 IVA esclusa) servizi di telerilevamento ed elaborazione cartografica (ripresa aerea; processamento dei dati per la produzione di ortofoto tematiche; ortorettifica immagini satellitari);
lotto 2 (valore stimato: € 180.000.000 IVA esclusa): servizi tecnici-agronomici (servizi di supporto; fotointerpretazione; controlli superfici, aziendali e di programma; incontri in sede);
lotto 3 (valore stimato: € 300.000.000 IVA esclusa): servizi applicativi e di gestione delle infrastrutture informatiche (servizi applicativi: sviluppo software; manutenzione evolutiva; manutenzione correttiva; conduzione applicativa; innovazione tecnologica; gestione infrastrutture informatiche: conduzione sistemi; gestione operativa; sicurezza; disaster recovery; supporto specialistico; call center);
lotto 4 (valore stimato: € 60.000.000 IVA esclusa): servizi di assistenza (pianificazione e governo dei servizi; supporto al monitoraggio e controllo; consulenza organizzativa; servizi professionali).
L'11 luglio 2018 è stato aggiudicato il lotto 1 - da eseguirsi presso la sede del fornitore e sul territorio nazionale - al RTI CGR Spa - Compagnia Generale Riprese Aeree (mandataria) - E-GEOS Spa (mandante) per l'importo di euro 10.629.979,20.
Gli altri tre lotti risultano attualmente nella fase di valutazione, da parte della Commissione giudicatrice, dell'offerta economica (cosiddetta «Busta C»).
L'articolo 4, comma 2 - nel testo proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 4.3 (testo 3) – interviene sull’art. 560 del codice di procedura civile garantendo al debitore ed ai suoi familiari conviventi il diritto di abitare l’immobile pignorato fino al decreto di trasferimento del bene, che conclude il procedimento di espropriazione immobiliare.
Il comma 2 interviene sulla disciplina dell’espropriazione immobiliare, per sostituire interamente l’art. 560 del codice (Custodia dei beni pignorati).
Il testo originario del decreto-legge in conversione, invece, si limita a sostituire il terzo comma dell’art. 560, per quanto riguarda la possibilità per il debitore che vanti crediti nei confronti della p.a. di continuare ad abitare l’immobile pignorato in attesa dell’espropriazione forzata.
Il decreto-legge n. 135 del 2018, con esclusivo riferimento ai debitori assoggettati ad espropriazione immobiliare che siano titolari di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni, il cui ammontare complessivo sia pari o superiore all’importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti nell’espropriazione, integrando il contenuto dell’art. 560, comma 3, prevede:
- che il giudice possa ordinare la liberazione dell’immobile solo dopo aver emesso il decreto di trasferimento del bene espropriato all’aggiudicatario (decreto previsto dall’art. 586 c.p.c.). Conseguentemente, il debitore potrà continuare ad abitare l’immobile durante il corso della procedura, fino al suo completamento;
- che per ottenere questo beneficio, il debitore esecutato debba documentare i crediti verso la P.A. nell’udienza fissata per autorizzare la vendita dell’immobile (art. 569 c.p.c.). I crediti dovranno risultare dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni;
- che la sussistenza di queste condizioni debba essere comunicata al pubblico con l’avviso di vendita dell’immobile (art. 570 c.p.c.);
- che il giudice debba fissare una data per il rilascio dell’immobile compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivi al decreto di trasferimento.
Con la sostituzione dell’art. 560 c.p.c., il provvedimento afferma il diritto del debitore (e dei suoi familiari conviventi) a continuare ad abitare l’immobile sino al decreto di trasferimento che conclude l’espropriazione forzata immobiliare (terzo comma). Tale diritto è riconosciuto a tutti i debitori, a prescindere dalla loro posizione di creditori nei confronti delle pubbliche amministrazioni (come invece disposto dal testo del decreto-legge).
A tal fine il debitore deve:
§ conservare il bene tutelandone l’integrità, con la diligenza del buon padre di famiglia (secondo comma);
§ abitare l’immobile personalmente. Soltanto il giudice dell’esecuzione può eventualmente autorizzare la locazione (settimo comma);
§ consentire, d’accordo con il custode, la visita dell’immobile da parte di potenziali acquirenti, con le modalità individuate dal giudice (art. 569 c.p.c.) quando ha autorizzato la vendita dell’immobile (quarto e quinto comma).
Se il debitore rispetta queste disposizioni «il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento» (ottavo comma).
Viceversa, in caso di violazione delle disposizioni, «il giudice ordina, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato» (sesto comma).
L'articolo 4-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli identici emendamenti 4.9 (testo 2) e 4.0.9 - apporta modificazioni al codice di procedura civile in materia di espropriazione presso terzi.
L'articolo modifica le seguenti disposizioni del codice di procedura civile:
ü l'art. 546 c.p.c., che disciplina gli obblighi di terzi i quali siano titolari di crediti ovvero in possesso di cose del debitore che sono oggetto di pignoramento.
· In particolare, il primo comma prevede che, dal giorno in cui gli è notificato l'atto di pignoramento, il terzo sia soggetto - relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà - agli obblighi che la legge impone al custode.
· Con la novella in esame si introduce la disposizione sulla base della quale, qualora l'importo del credito precettato sia inferiore a 5.000 euro, il terzo risulti soggetto agli obblighi di legge nei limiti del doppio del medesimo importo;
ü l'art. 533 c.p.c., che disciplina l'assegnazione e la vendita di crediti.
· In particolare - tramite inserimento di uno specifico comma - viene posto in capo al creditore procedente l'onere di notificare al terzo debitore l'ordinanza di assegnazione ai creditori delle somme da lui dovute.
· Unitamente all'ordinanza di assegnazione devono essere notificati al terzo debitore anche i riferimenti identificativi della procedura (ivi compresi il nome, il cognome e il codice fiscale del creditore procedente e, se diverso, anche del destinatario del pagamento) e le modalità di adempimento (con indicazione espressa degli estremi per effettuare il pagamento e dell'importo complessivo dovuto, comprensivo di ogni onere e spesa).
· Vengono altresì specificati i tempi per l'adempimento degli obblighi da parete del terzo: entro 60 giorni dalla data di notificazione dell'ordinanza il terzo è tenuto ad adempiere all'obbligo derivante dall'ordinanza medesima; prima dello spirare di tale termine non può essergli intimato l'adempimento mediante precetto.
· Il terzo non può in ogni caso essere intimato qualora il creditore procedente non abbia provveduto agli obblighi di notifica sopra richiamati.
E' infine oggetto di modifica l'art. 164-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie (regio decreto n. 1368 del 1941), che disciplina l'inefficacia del pignoramento per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo.
In particolare, si introduce la disposizione sulla base della quale il creditore, che non provvede a notificare al debitore e all'eventuale terzo l'avvenuta inefficacia del pignoramento entro 5 giorni dalla scadenza del termine, risponde dei danni cagionati al debitore e al terzo.
Con l'approvazione dell'emendamento 4.0.8, le Commissioni riunite propongono l'introduzione di un articolo aggiuntivo il quale prevede che ad Equitalia Giustizia S.p.A. non si applichino talune disposizioni relative a divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.
In particolare, non si applica alla società Equitalia Giustizia la norma (di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 175 del 2016, testo unico delle società a partecipazione pubblica) che impone alle amministrazioni pubbliche socie (in questo caso il Ministero dell'economia e delle finanze che detiene la totalità delle azioni) di tener conto, , nel determinare obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento delle società controllate, ivi incluse quelle per il personale -.: delle disposizioni transitorie in materia di personale dettate dall'articolo 25 del medesimo testo unico; delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, anche in relazione al settore in cui ciascun soggetto opera.
Resta fermo restando il concorso della società medesima agli obiettivi di finanza pubblica.
In estrema sintesi, il summenzionato art. 25 del testo unico prevede che, entro il 30 settembre 2017, le società a controllo pubblico effettuino una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze. L'elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, è trasmesso alla regione nel cui territorio la società ha sede legale, secondo modalità stabilite da un decreto ministeriale (D.M. 9 novembre 2017, di attuazione dell'articolo 25).
La disposizione in esame mira:
§ ad agevolare l'attuazione di quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 2015 del 2017), art. 1, comma 471. Esso prevede l'iscrizione ad apposite gestioni separate del Fondo unico giustizia le somme giacenti derivanti da procedure concorsuali, esecutive ed in sequestro conservativo, nonché di somme depositate presso Poste Italiane S.p.A., banche e altri operatori finanziari in relazione a procedimenti civili contenziosi;
§ a potenziare le attività di riscossione dei crediti di giustizia (ai sensi del t.u. in materia di spese di giustizia di cui al d.P.R. n. 112 del 2002);
§ di incrementare, conseguentemente, il gettito per l'erario derivante dalle medesime attività.
Si ricorda che il comma 471 citato novella il decreto-legge n. 143 del 2008, articolo 2, dedicato al Fondo unico giustizia. Tale articolo ha così denominato il fondo già istituito dall’articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008, ha attribuito la gestione del Fondo a Equitalia Giustizia S.p.A. e ampliato la tipologia delle risorse che vi affluiscono. Gli utili della gestione finanziaria di tali somme sono versati all'entrata - al netto degli interessi spettanti ai creditori del fallimento o all’assegnatario - per una successiva riassegnazione al Ministero della giustizia nella misura del 50%. La definizione delle modalità attuative delle presenti norme sono demandate ad un decreto ministeriale.
Con l'approvazione dell'emendamento 4.0.1000 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 4-bis. Esso prevede la corresponsione di speciali erogazioni per i familiari delle vittime del disastro avvenuto presso l'hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo, il 18 gennaio 2017 e per coloro che siano stati gravemente feriti.
L'articolo in esame autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2019 in favore delle famiglie delle vittime e di coloro che, a seguito del disastro sopra ricordato, abbiano subito lesioni gravi o gravissime (comma 1), stabilisce le modalità secondo le quali le somme sono ripartite ed assegnate (commi 2-7), dispone l'esenzione fiscale e la cumulabilità con altri benefici (comma 8) e indica la relativa copertura finanziaria (commi 9 e 10).
Il comma 1, oltre a recare l'autorizzazione di spesa pari a 10 milioni di euro per il 2019, specifica che le elargizioni sono destinate alle famiglie delle vittime e a chi ha riportato lesioni "gravi o gravissime".
Ai sensi del codice penale (art. 583) la lesione personale si considera grave se dal fatto deriva una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni che supera i 40 giorni o una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione personale è gravissima, se dal fatto deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un senso, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, una permanente e grave difficoltà della favella ovvero la deformazione o lo sfregio permanente del viso.
Il comma 2 stabilisce che spetta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con i sindaci dei comuni di residenza delle vittime e dei soggetti che hanno subito lesioni personali gravi e gravissime, individuare le famiglie beneficiarie e attribuire le somme a ciascuna famiglia o soggetto.
Il comma 3 prevede che alle famiglie delle vittime sia attribuita una somma che viene determinata anche valutando lo stato di “effettiva necessità”.
Il comma 4 individua i criteri secondo i quali sono stabilite le somme da erogare a coloro che hanno subito una lesione grave o gravissima. In tal caso la somma è calcolata in proporzione alla gravità della lesione e tenuto conto dello stato di effettiva necessità ed attribuita “nel limite di spesa complessivo previsto dal comma 1”.
Tale ultimo inciso appare superfluo alla luce di quanto previsto dall’ultimo periodo del medesimo comma 4, il quale richiama, anch'esso, il limite di spesa posto dal comma 1.
I commi 5 e 6 stabiliscono le modalità secondo le quali sono attribuite le somme spettanti ai familiari delle vittime di cui al comma 3. Si prevede in particolare il seguente ordine:
a) al coniuge superstite (con esclusione del coniuge rispetto al quale sia stata pronunciata sentenza, anche non definitiva, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del coniuge al quale sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato) e ai figli se a carico;
b) ai figli, precisando che l’assegnazione delle somme avviene solo nel caso in cui il coniuge manchi ovvero risulti escluso dal beneficio ai sensi di quanto previsto dalla lettera a);
c) al convivente more uxorio;
d) ai genitori;
e) ai fratelli e alle sorelle (se conviventi e a carico);
f) ai conviventi a carico negli ultimi tre anni precedenti l’evento.
Nel caso in cui vi siano figli nati da rapporti di convivenza more uxorio, il convivente more uxorio è equiparato al coniuge superstite con riguardo all’ordine di assegnazione delle risorse di cui al comma 3.
Si segnala che provvidenze analoghe a quelle previste dal presente articolo sono state riconosciute anche ai familiari delle vittime e in favore dei superstiti dei disastri ferroviari di Viareggio (ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 106 del 2010) e di Andria-Corato (ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 113 del 2016).
Il comma 7 stabilisce che le elargizioni di cui al comma 1 sono corrisposte con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il comma 8 precisa che tali elargizioni sono esenti da ogni imposta e tassa e sono assegnate in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.
Il comma 9 individua la copertura finanziaria. In particolare si provvede utilizzando la somma iscritte, per il 2019, nel Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'interno.
Tale Fondo è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), art. 52, comma 8, al fine di favorire il puntuale esercizio da parte di regioni ed enti locali delle funzioni loro conferite ai sensi della legge n. 59 del 1997. Le somme sono utilizzate in caso di effettive sopraggiunte esigenze valutate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si segnala che lo stanziamento di competenza del Fondo, per il 2019, ammonta a 50,7 milioni di euro circa.
Il comma 10 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
I commi da 2-bis a 2-quinquies - proposti nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell’emendamento 5.27 (testo 2) - intervengono in tema di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria.
Il nuovo comma 2-bis modifica l'art. 31, co. 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016, recante il Codice dei contratti pubblici, concernente la disciplina il ruolo e le funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni. Il vigente comma 8 prevede che gli incarichi di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, direzione dell'esecuzione coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, nonché gli incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell'attività del responsabile unico del procedimento, vengano conferiti secondo le procedure del Codice in esame e che, in caso di importo inferiore alla soglia di 40.000 euro, possano essere affidati in via diretta (ai sensi dell'art. 36, co. 2, lett. a)). Si prevede, inoltre, che l'affidatario non possa avvalersi del subappalto, eccetto che per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali, restando, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista.
Nell'ambito della previsione riguardante l'affidamento diretto, il nuovo comma 2-bis aggiunge che, per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara, in caso di procedura aperta o ristretta, ovvero da porre a base di affidamento diretto o di procedura negoziata, i compensi professionali dovuti al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione siano equiparati ai costi contrattuali della sicurezza (agli effetti dell'art. 23, co. 16), che tali compensi siano scorporati dal costo dell'importo assoggettato al ribasso e che siano determinati in applicazione delle tariffe adottate con D.M. 17 giugno 2016 (Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione) adottato ai sensi dell'art. 24, co. 8, del Codice dei contratti pubblici, da ritenersi insuscettibili di liquidazione al di sotto dei relativi parametri minimi, liquidazione che non può condurre alla determinazione di un importo superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del D. L. n. 1 del 2012[9] (L. n. 27 del 2012). [da quel che vedo l'art. 9 del DL 1/2012, reca Disposizioni sulle professioni regolamentate e risulta in vigore dal 29 agosto 2017].
Conseguentemente, il nuovo 2-ter modifica l'articolo 9, comma 2, del sopra citato D. L. n. 1 del 2012 (L. n. 27 del 2012), il quale con vigenza dal 29 agosto 2017, al comma 1 abroga le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.
Il comma in esame sopprime la parte del comma 2 in cui si prevede che, ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria, si applichino i parametri individuati con decreto, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il quale sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi. Si sopprime, altresì, la l'ultimo periodo del comma 2 riguardante le caratteristiche dei parametri individuati.
Il nuovo comma 2-quater aggiunge il comma 4-bis all'articolo 90 del D. Lgs. n. 81 del 2008[10], in materia di Obblighi del committente o del responsabile dei lavori. In particolare, l'introducendo comma 4-bis stabilisce che, in sede di determinazione dei corrispettivi per le attività di cui ai commi 3 e 4 (cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea) i compensi professionali al coordinatore per l'esecuzione dei lavori siano equiparati ai costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivate dalle interferenze delle lavorazioni; che tali compensi non siano soggetti a ribasso e, salvo diverso accordo tra le parti, siano determinati in applicazione delle tariffe di cui al decreto adottato per gli iscritti all'albo dei consulenti del lavoro, da ritenersi insuscettibili di liquidazione al di sotto dei relativi parametri minimi, liquidazione che non può condurre alla determinazione di un importo superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012.
Il nuovo comma 2-quinquies stabilisce che i corrispettivi di cui al D.M. 17 giugno 2016 (Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione) adottato ai sensi dell'art. 24, co. 8, del Codice dei contratti pubblici, non possano essere utilizzati dalle stazioni appaltanti quale criterio o base di riferimento ai fini dell'individuazione dell'importo per l'affidamento delle attività di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, direzione dell'esecuzione coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo, nonché gli incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell'attività del responsabile unico del procedimento.
Con l'approvazione dell'emendamento 5.61, le Commissioni riunite propongono l'introduzione di un nuovo comma all'articolo 5. Si modifica il comma 2 dell'articolo 177 (Affidamenti dei concessionari) del Codice dei contratti pubblici (attuale denominazione del decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016).
L'articolo 177 del Codice dei contratti pubblici riguarda i titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del Codice stesso, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea. In base alla vigente versione del comma 1 dell'articolo 177 del decreto legislativo n. 50/2016, risultante dalle modifiche che la legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 568, lettera a) aveva recato al testo originario, in linea generale i soggetti di cui sopra, pubblici o privati che siano, sono obbligati ad affidare una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità, mentre la restante parte può essere realizzata da società in house. Peraltro, l'ultimo periodo del suddetto comma 1 stabilisce che per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del comma, la quota sia invece pari al sessanta per cento.
Il comma 2 dell'articolo 177 del Codice dei contratti pubblici indica il tempo a disposizione dei titolari di concessioni già in essere per adeguarsi alle disposizioni del comma 1 dell'articolo. Ai sensi dell'emendamento 5.61 in questione, il nuovo limite di tempo per l'adeguamento è fissato al 31 dicembre 2019 (mentre nella formulazione del comma 2 novellata dall'emendamento il termine era ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici).
Con l'emendamento 5.68 si prevede, a decorrere dal 1º gennaio 2019, il trasferimento della gestione commissariale della Galleria Pavoncelli (prorogata ulteriormente al 31 maggio 2019 dalla legge di bilancio per il 2019) al Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata che si può avvalere in tutto o in parte della struttura commissariale.
Con tale nuovo comma, si novella l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, relativo alla Proroga della gestione commissariale Galleria Pavoncelli: viene aggiunta in tale norma la previsione che, a decorrere dal 1º gennaio 2019, la gestione commissariale è trasferita al Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata che continua ad operare con i poteri di cui alla predetta ordinanza, potendosi avvalere in tutto o in parte della struttura commissariale già costituita.
Si segnala che la norma appare avere carattere retroattivo, prevedendosi tale trasferimento della gestione commissariale a decorrere dalla data, già decorsa, del 1º gennaio 2019.
Si ricorda che la legge di bilancio di recente approvata, con il comma 1135 lettera a), ha prorogato ulteriormente al 31 maggio 2019 l’operatività della gestione commissariale (già prorogata al 31 dicembre 2018) relativa alla gestione emergenziale connessa alla vulnerabilità sismica della "Galleria Pavoncelli".
L’art. 4, comma 1, del D.L. 43/2013 (convertito dalla L. 71/2013), recava la proroga della gestione commissariale relativa alla Galleria Pavoncelli, in considerazione del permanere di gravi condizioni di emergenza connesse alla vulnerabilità sismica della medesima galleria, fino al 31 marzo 2014 precisando che fino alla medesima data dovesse operare anche il Commissario delegato. Tale termine era stato successivamente prorogato dall'art. 1, comma 1, del D.L. 73/2014, e poi dall’art. 14, comma 11, del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244. Tale ultima disposizione aveva fissato il termine, ora prorogato, del 31 dicembre 2017. Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2018 dal succitato comma 1137 della L. 205/2017.
La “Galleria Pavoncelli” è una galleria idraulica lunga 15 chilometri, con inizio a Caposele (AV) e termine in località Padula in agro di Pescopagano (PZ); essa rappresenta l’inizio dell'opera idraulica che consente il trasporto verso la Puglia delle acque di sorgente del fiume Sele, meglio conosciuta come Canale Principale.
Ulteriori informazioni sull’opera, nonché sui dati relativi ai costi e al quadro finanziario della stessa, sono reperibili nel Sistema informativo opere strategiche (SILOS) all’interno della scheda n. 153 (“Sistema irriguo della Campania occidentale - Piana del Sele - Nuova galleria Pavoncelli Bis”).
Si ricorda che la gestione commissariale in questione è stata istituita con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 12 marzo 2010, con la quale è stato nominato un Commissario delegato per provvedere:
- alla realizzazione delle opere di completamento della Galleria Pavoncelli bis, costituente by pass alla citata Galleria Pavoncelli;
- alla realizzazione delle ulteriori opere infrastrutturali comunque necessarie al superamento dell'emergenza.
Nelle premesse della citata ordinanza si evidenzia che il canale principale dell'acquedotto del Sele-Calore, che attraverso lo schema idrico convoglia le acque delle sorgenti di Caposele e di Cassano Irpino in Puglia, Campania e Basilicata, in particolare il tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, versa in condizioni statiche precarie, sia a causa della sua vetustà e sia perché interessato dai fenomeni sismici del 1980, a seguito dei quali lo stesso, pur già oggetto di interventi di ristrutturazione nel tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, continua a manifestare nuovi fenomeni di dissesto. La medesima ordinanza segnala che nuovi eventi sismici potrebbero ingenerare il definitivo cedimento del canale, in particolare in corrispondenza della citata “Galleria Pavoncelli”, provocando l'interruzione dell'approvvigionamento idrico di ampie zone delle regioni Puglia, Campania e Basilicata interessando oltre un milione di cittadini, con i correlati pericoli per l'ordine pubblico e la sicurezza igienico-sanitaria.
Lo stato di emergenza in relazione alla vulnerabilità sismica della “Galleria Pavoncelli” era stato dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, fino al 30 novembre 2010 dal D.P.C.M. del 6 novembre 2009 e, successivamente, con il D.P.C.M. 17 dicembre 2010, prorogato fino al 30 novembre 2011.
Si ricorda che in base al comma 1-bis della norma qui oggetto di novella il Commissario delegato invia al Parlamento, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale della "Galleria Pavoncelli". Il Commissario riferisce altresì alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi di cui alla citata ordinanza n. 3858 del 2010 nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate.
Inoltre, in base al comma 2 dell’art. 4 del D.L. 43/2013 con Accordo di programma, da stipularsi entro sei mesi antecedenti la scadenza della gestione commissariale, le Regioni interessate d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Acquedotto Pugliese S.p.A., individuano il soggetto competente al subentro nelle attività e nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità connessa alla vulnerabilità sismica della "Galleria Pavoncelli".
L'articolo 5, recante norme in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria, interviene sull'articolo 80 del codice dei contratti pubblici in materia di motivi di esclusione. La disposizione inoltre, secondo quanto previsto dall'emendamento 5.500 approvato dalle Commissioni riunite, interviene sulla disciplina relativa agli organi dell'ENAC.
Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo modifica il comma 5 dell'articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici), sostituendo la lettera c) con tre nuove lettere.
L'articolo 80, comma 5, lettera c) del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede che possa essere escluso dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano:
· le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;
· il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;
· il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.
E' opportuno ricordare che l' ANAC - sul punto - ha dapprima approvato le Linee guida n. 6, recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice», e successivamente, in occasione dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 56 del 2017 (decreto correttivo), ha ritenuto opportuno procedere ad un loro aggiornamento al fine di tenere conto delle modifiche normative apportate dal citato decreto nonché delle osservazioni e delle richieste di chiarimenti pervenute dalle stazioni appaltanti.
Le linee guida prevedono l'obbligo in capo alle stazioni appaltanti di procedere alle valutazioni di competenza in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti tenuti dagli operatori economici, da effettuarsi nell'esercizio del potere discrezionale alle stesse riconosciuto.
Più nel dettaglio, rilevano quali cause di esclusione ai sensi del citato articolo 80, comma 5, lett. c), gli illeciti professionali accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l'integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell'attività oggetto di affidamento. Assumono perciò rilevanza, a titolo esemplificativo, l'inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte; le carenze del prodotto o del servizio fornito; l'adozione di comportamenti scorretti; il ritardo nell'adempimento; l'errore professionale nell'esecuzione della prestazione; l'aver indotto in errore l'amministrazione circa la fortuità dell'evento che dà luogo al ripristino dell'opera danneggiata per caso fortuito interamente a spese dell'amministrazione stessa; così come, nei casi più gravi, l'esistenza di significative carenze che possono configurare i reati di cui agli articoli 355, sull'inadempimento di contratti di pubbliche forniture, e 356, sulla frode nelle pubbliche forniture, c.p..
Sempre con riguardo all'articolo 80 del codice dei contratti pubblici, è opportuno ricordare che recentemente il Consiglio di Stato, con la Sentenza 2 marzo 2018, n. 1299, ha sottolineato come l'elenco - di cui alla lettera c) del comma 5 dell'articolo 80 del codice dei contratti pubblici - che annovera i gravi illeciti professionali non abbia carattere tassativo. Secondo il Giudice amministrativo l'espressione "tra questi", contenuta nell'articolo 80, comma 5, lettera c), sottintende al carattere meramente esemplificativo dell'elencazione ivi prevista con conseguente possibilità per la stazione appaltante di operare una valutazione pienamente discrezionale in ordine agli inadempimenti posti in essere e che, pur non avendo dato luogo alle ipotesi esplicitamente indicate dalla norma, sono comunque classificabili come gravi errori professionali.
Come precisa la relazione illustrativa, l'articolo 5 del decreto legge in conversione interviene sul codice dei contratti pubblici al fine di "allineare il testo dell'articolo 80, comma 5, lettera c) del codice alla direttiva 2014/24/UE, articolo 57, par. 4, che considera in maniera autonoma le quattro fattispecie di esclusione indicate erroneamente, a titolo esemplificativo nell'attuale lettera c)...".
Il paragrafo 4 dell'articolo 57 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni:
· ove l’amministrazione aggiudicatrice possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la violazione degli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro;
· se l’operatore economico è in stato di fallimento o è oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, se è in stato di amministrazione controllata, se ha stipulato un concordato preventivo con i creditori, se ha cessato le sue attività o si trova in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi di leggi e regolamenti nazionali;
· se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
· se l’amministrazione aggiudicatrice dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza;
· se un conflitto di interessi non può essere risolto efficacemente con altre misure meno intrusive;
· se una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d’appalto non può essere risolta con altre misure meno intrusive;
· se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;
· se l’operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in grado di presentare i documenti complementari;
· se l’operatore economico ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell’amministrazione aggiudicatrice, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un’influenza notevole sulle decisioni riguardanti l’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione.
Le fattispecie di esclusione, attualmente contemplate, come detto, dalla lettera c), sono quindi considerate in modo autonomo nelle nuove lettere, introdotte nel comma 5 dell'articolo 80 del codice dei contratti pubblici dal decreto-legge in esame.
La lettera c) come riformulata prevede che possa essere escluso dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Rispetto alla formulazione vigente quindi è soppresso il più volte citato elenco delle cause di esclusione.
Ai sensi delle nuove lettere c-bis) e c-ter) le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore, qualora l'operatore economico abbia:
· tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (lettera c-bis);
· dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili. Su tali circostanze la stazione appaltante deve motivare anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa (lettera c-ter).
Le Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento del relatore 5.500 hanno proposto l'inserimento di due ulteriori commi nella disposizione in materia di trasporto aereo con conseguente modifica anche alla rubrica dell'articolo.
Il nuovo comma 2-bis interviene sul decreto legislativo n. 250 del 1997 (Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile -E.N.A.C.) modificando la composizione del consiglio di amministrazione dell'ENAC. Tale organo è attualmente composto dal presidente e da quattro membri scelti tra soggetti di comprovata cultura giuridica, tecnica ed economica nel settore aeronautico, nominati, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'emendamento approvato in sede referente riduce da quattro a due i membri dell'organo.
Il comma 2-ter prevede che il Presidente dell'ENAC, in carica all'entrata in vigore del nuovo comma 2-ter, è confermato fino alla naturale scadenza.
Il comma 2 dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 250 del 1997 prevede che il presidente, che deve essere scelto tra soggetti aventi particolari capacità ed esperienza riferite al trasporto aereo ed all'aviazione:
· ha la rappresentanza legale dell'E.N.A.C.,
· presiede il consiglio di amministrazione
· esercita le competenze stabilite dallo statuto.
Il presidente, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le commissioni parlamentari competenti per materia, rimane in carica cinque anni ed è rinnovabile per due mandati consecutivi dopo il primo.
In proposito è opportuno ricordare che recentemente (il 9 e il 16 gennaio) le Commissioni parlamentari di Camera (IX) e Senato (8ª) si sono pronunciate favorevolmente sulla proposta di nomina del dottor Nicola Zaccheo a presidente dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).
L’articolo 5-bis introduce, in primo luogo, una semplificazione di natura documentale ai fini della definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, prevedendo che le imprese beneficiarie ricorrano a dichiarazioni sostitutive per attestare, in particolare, l'ultimazione dell'intervento agevolato e le spese sostenute per la realizzazione dello stesso. In caso di mancata presentazione delle dichiarazioni nei termini, viene accertata la decadenza dai benefici, con salvezza degli importi già erogati sulla base dei costi e delle spese sostenute (comma 1).
E’ previsto, inoltre, un sistema di controlli e ispezioni sugli interventi agevolati volti a verificare l'attuazione degli interventi medesimi nonché la veridicità delle dichiarazioni sostitutive. Eventuali irregolarità emerse nell'ambito dei controlli comportano la revoca del contributo erogato e l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (comma 2).
Le risorse residue dei patti territoriali, ove non costituiscano residui perenti, sono utilizzate, a determinate condizioni, per il finanziamento di progetti volti allo sviluppo del tessuto imprenditoriale territoriale, anche mediante la sperimentazione di servizi innovativi a supporto delle imprese. Resta ferma l'attribuzione al Fondo per la crescita sostenibile delle economie relative ai contratti d'area (comma 3).
Si introducono, infine, disposizioni volte ad assicurare l’attuazione delle misure di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266, finalizzate sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano, da parte dei comuni già destinatari delle relative risorse, ovvero al recupero delle risorse inutilizzate. E’ previsto, in particolare, che i predetti comuni presentino al Ministero dello sviluppo economico un programma di interventi, nonché una relazione annuale di sintesi delle azioni avviate e delle spese sostenute per i programmi approvati Le risorse per le quali non risultino trasmessi i programmi entro il termine o per le quali i programmi non siano approvati, in tutto o in parte, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate nel medesimo importo al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (comma 4).
Nel dettaglio, il comma 1, primo periodo, introduce una semplificazione di natura documentale ai fini della definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, di cui all’articolo 2, comma 203, lettere d) e f), della legge n. 662 del 1996.
Si prevede, infatti, che le imprese beneficiarie attestino, in particolare, l'ultimazione dell'intervento agevolato e le spese sostenute per la realizzazione dello stesso, tramite dichiarazioni sostitutive di certificazioni e di atto di notorietà, come disciplinate dagli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 2000, n. 445.
Il secondo periodo rinvia ad una circolare del Ministro dello sviluppo economico da emanare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge l’individuazione dei contenuti specifici, i termini, le modalità e gli schemi per la presentazione delle predette dichiarazioni.
Il testo della disposizione richiama l’articolo 2, comma 203, della legge n. 662/1996, per le definizioni normative di patto territoriale e contratto d’area.
Il patto territoriale è l’accordo tra i soggetti sottoscrittori per l’attuazione di un programma di iniziative mirate alla promozione dello sviluppo locale, in ambito regionale, nei settori dell’industria, agroindustria, agricoltura pesca e acquacoltura, la produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi, turismo (iniziative imprenditoriali) ed in quello dell’apparato infrastrutturale (interventi infrastrutturali), tra loro integrati (cfr. art. 2, comma 203, lett. d)).
Il contratto d’area costituisce lo strumento operativo funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all’attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione nei settori dell’industria, agroindustria, produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi e turismo (cfr. art. 2, comma 203, lett. f)).
Si fa peraltro presente che l’articolo 23 del decreto-legge n. 83 del 2012 (conv. in legge n. 134/2012), istitutivo del Fondo per la crescita sostenibile, ha disposto, al comma 7, l’abrogazione di numerose disposizioni e, per quanto d’interesse, anche quella relativa ai contratti d’area: la lettera f) dell’articolo 2, comma 203, della citata legge n. 662/1996.
Il successivo comma 11 ha poi disposto che i procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del citato decreto-legge sono disciplinati, ai fini della concessione e dell'erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni abrogate e dalle norme di semplificazione recate dal decreto-legge medesimo.
Il comma 1, terzo periodo, precisa che l'erogazione degli importi spettanti è autorizzata sulla base delle predette dichiarazioni nei limiti del contributo concesso e delle disposizioni di cui all'articolo 40, comma 9-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici).
Il richiamato articolo 40, comma 9-ter, del D.L. 214/2011, prevede che Il termine di cui all'articolo 1, comma 862, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, è prorogato al 31 dicembre 2012 per le iniziative agevolate che, alla data del 31 dicembre 2011, risultino realizzate in misura non inferiore all'80 per cento degli investimenti ammessi e a condizione che le stesse siano completate entro il 31 dicembre 2012. Per gli interventi in fase di ultimazione e non revocati, oggetto di proroga ai sensi del presente comma, l'agevolazione è rideterminata nel limite massimo delle quote di contributi maturati per investimenti realizzati dal beneficiario alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il Ministero dello sviluppo economico presenta una relazione sulle opere concluse, e le eventuali economie realizzate sulle apposite contabilità speciali alla data del 31 dicembre 2012 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
Si ricorda, inoltre, che l'articolo 1, comma 862, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007), dispone che le iniziative agevolate finanziate a valere sugli strumenti della programmazione negoziata, non ancora completate alla data di scadenza delle proroghe concesse ai sensi della vigente normativa e che, alla medesima data, risultino realizzate in misura non inferiore al 40 per cento degli investimenti ammessi, possono essere completate entro il 31 dicembre 2008. La relativa rendicontazione è completata entro i sei mesi successivi.
Il comma 1, quarto periodo, precisa che sono fatti salvi i provvedimenti adottati ai sensi della normativa previgente, fino alla data di emanazione della circolare del Ministro dello sviluppo economico di cui al secondo periodo.
Il comma 1 prevede infine, al quarto periodo, che per l'insieme delle imprese che non presentano le dichiarazioni sostitutive sopra indicate, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della predetta circolare, il Ministero dello sviluppo economico accerta la decadenza dai benefici con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, con salvezza degli importi già erogati sulla base dei costi e delle spese sostenute.
Il comma 2 prevede che il Ministero dello sviluppo economico, anche per il tramite del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza, effettua controlli e ispezioni, anche a campione, sugli interventi agevolati volti a verificare l'attuazione degli interventi medesimi nonché la veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate ai sensi del comma 1.
Il Ministero redige entro il 31 dicembre una relazione di sintesi annuale circa gli esiti dei controlli da pubblicare sul sito istituzionale.
L'onere per i suddetti controlli ed ispezioni è posto a carico delle risorse residue di cui al successivo comma 3, nel limite massimo di 500.000 euro.
Eventuali irregolarità emerse nell'ambito dei controlli comportano la revoca del contributo erogato e l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito. Per l’irrogazione della sanzione si richiama la disciplina generale in materia di sanzioni amministrative di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
L’articolo 25, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 prevede che, allo scopo di vigilare sul corretto utilizzo delle agevolazioni di cui al citato decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, il quale svolge, anche d'iniziativa, analisi, ispezioni e controlli sui programmi di investimento ammessi alle agevolazioni.
La disposizione disciplina altresì poteri, in particolare di accesso ad atti e documenti, dei quali il Nucleo Speciale dispone nell’esecuzione di analisi, ispezioni e controlli.
Il comma 3 dispone che, fatti salvi gli impegni già assunti in favore delle imprese beneficiarie ovvero relativi alle rimodulazioni già autorizzate, le risorse residue dei patti territoriali, ove non costituiscano residui perenti, sono utilizzate per il finanziamento di progetti volti allo sviluppo del tessuto imprenditoriale territoriale, anche mediante la sperimentazione di servizi innovativi a supporto delle imprese.
Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti i criteri per la ripartizione e il trasferimento delle predette risorse, nonché la disciplina per l'attuazione dei precitati progetti, anche valorizzando modelli gestionali efficienti e pregresse esperienze positive dei soggetti che hanno dimostrato capacità operativa di carattere continuativo nell'ambito della gestione dei Patti territoriali.
Resta ferma l'attribuzione al Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, delle economie relative ai contratti d'area.
In base al comma 4, i comuni destinatari delle risorse per l'attuazione delle misure di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266 entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, trasmettono al Ministero dello sviluppo economico, per la preventiva approvazione entro quattro mesi dalla predetta trasmissione, un programma d'interventi, di durata non superiore a tre anni, per l'attuazione di interventi anche di natura infrastrutturale aventi le stesse finalità di cui al citato articolo 14 –lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano –, utilizzando a tal fine la quota libera da impegni delle risorse ad essi già trasferite dal predetto Ministero per l'attuazione delle misure di cui al precitato articolo 14.
Si fa presente come anche l’articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (così come la lettera f) dell’articolo 2, comma 203, della legge n. 662/1996, precedentemente citata) risulta abrogato dall’articolo 23 del decreto-legge n. 83 del 2012 (conv. in legge n. 134/2012).
Anche in questo caso trova applicazione il comma 11 del citato articolo 23, in base al quale i procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto-legge n. 83/2012 sono disciplinati, ai fini della concessione e dell'erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni abrogate e dalle norme di semplificazione recate dal decreto-legge medesimo.
Si riporta qui di seguito il testo dell’articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266.
14. Interventi per lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano.
1. Al fine di superare la crisi di natura socio-ambientale in limitati ambiti dei comuni capoluogo di cui all'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , che presentano caratteristiche di particolare degrado urbano e sociale, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato provvede al finanziamento di interventi predisposti dalle amministrazioni comunali con l'obiettivo di sviluppare, in tali ambiti, iniziative economiche ed imprenditoriali.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da adottare d'intesa con il Ministro per la solidarietà sociale, sono determinati i criteri e le modalità per l'attuazione degli interventi di cui al comma 1 anche per quanto concerne la predisposizione degli appositi programmi da parte dei comuni. Con il medesimo decreto possono essere previste agevolazioni di carattere finanziario connesse ai medesimi interventi, entro i limiti concordati con l'Unione europea (27).
3. Per il finanziamento delle iniziative di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di lire 46 miliardi per il 1997. Tale somma è trasferita ai comuni di cui al comma 1, in misura proporzionale alla popolazione residente.
4. All'onere di cui al comma 3 si provvede mediante utilizzo delle disponibilità previste dall'articolo 1 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341.
5. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione del presente articolo.
6. Alla regione Friuli-Venezia Giulia è trasferita la potestà di disciplinare l'ordinamento dell'Ente zona industriale di Trieste.
Il comma 4 dispone, inoltre, che i comuni presentano annualmente al Ministero dello sviluppo economico una relazione di sintesi delle azioni avviate e delle spese sostenute per i programmi approvati.
Le risorse per le quali non risultano trasmessi i programmi entro il termine o per le quali i programmi non sono approvati, in tutto o in parte, sono versate dai comuni, previa comunicazione al Ministero dello sviluppo economico, all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate nel medesimo importo al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall'articolo 2, comma 100, lettera a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 per interventi di garanzia in favore di operazioni del microcredito destinati alla micro-imprenditorialità.
Per le medesime finalità sono, altresì, versate all'entrata dello Stato le somme resesi disponibili a qualsiasi titolo successivamente alla realizzazione del programma.
Con l'approvazione degli identici emendamenti 5.0.22 testo 2 e 7.0.5 testo 3 le Commissioni riunite in sede referente propongono l'introduzione di un nuovo articolo 5-bis, che reca una serie di articolate novelle al T.U. edilizia. Si novella l'articolo 65 recante norme sulla Denuncia dei lavori di realizzazione, nonché norme relative alle attività edilizie in zone sismiche, prevedendo l'introduzione nel TU di nuove disposizioni recanti, tra l'altro, una classificazione degli interventi quali 'rilevanti', 'di minore rilevanza' e 'privi di rilevanza', con l'introduzione di un diverso regime autorizzatorio rispetto alla legislazione vigente.
Tali modifiche sono:
- All'articolo 65 del T.U. edilizia, in materia di denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, il cui comma 1 viene sostituito prevedendo che le opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore ( e non più di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, come previsto dalla norma vigente) prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, scomparendo la previsione che lo sportello provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio tecnico regionale.
Il testo vigente del comma 1 prevede infatti che le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio tecnico regionale.
- Viene poi sostituito il comma 3 del medesimo articolo 65, prevedendo che alla denuncia devono essere allegati:
a) il progetto dell'opera - non più in triplice copia, come previsto dalla norma vigente - firmato dal progettista, dal quale risultino in modo chiaro ed esauriente le calcolazioni eseguite, l'ubicazione, il tipo, le dimensioni delle strutture, e quanto altro occorre per definire l'opera sia nei riguardi dell'esecuzione sia nei riguardi della conoscenza delle condizioni di sollecitazione;
b) una relazione illustrativa firmata dal progettista e dal direttore dei lavori, dalla quale risultino le caratteristiche, le qualità e le prestazioni dei materiali che verranno impiegati nella costruzione.
L'attuale norma prevede siano allegati
a) il progetto dell'opera in triplice copia, firmato dal progettista, dal quale risultino in modo chiaro ed esauriente le calcolazioni eseguite, l'ubicazione, il tipo, le dimensioni delle strutture, e quanto altro occorre per definire l'opera sia nei riguardi dell'esecuzione sia nei riguardi della conoscenza delle condizioni di sollecitazione;
b) una relazione illustrativa in triplice copia firmata dal progettista e dal direttore dei lavori, dalla quale risultino le caratteristiche, le qualità e le dosature dei materiali che verranno impiegati nella costruzione.
- Inoltre è sostituito il comma 4 della norma prevedendosi che lo sportello unico rilascia al costruttore, all'atto stesso della presentazione, l'attestazione dell'avvenuto deposito (anziché una copia del progetto e della relazione con l'attestazione dell'avvenuto deposito);
- l'alinea del comma 6 è sostituito prevedendo che, ultimate le parti della costruzione che incidono sulla stabilità della stessa, entro il termine di sessanta giorni, il direttore dei lavori deposita allo sportello unico una relazione sull'adempimento degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3, allegando la documentazione prevista. La norma vigente prevede che tale comunicazione avvenga 'a strutture ultimate'.
- è sostituito il comma 7 della norma prevedendo che all'atto della presentazione della relazione di cui al comma 6, lo sportello unico rilascia al direttore dei lavori l'attestazione dell'avvenuto deposito su una copia della relazione e provvede altresì a trasmettere tale relazione al competente ufficio tecnico regionale.
Il comma 7 vigente prevede invece che lo sportello unico restituisce al direttore dei lavori, all'atto stesso della presentazione, una copia della relazione di cui al comma 6 con l'attestazione dell'avvenuto deposito, e provvede a trasmettere una copia di tale relazione al competente ufficio tecnico regionale.
- è aggiunto poi un nuovo comma 8-bis, il quale prevede che gli interventi di cui all'articolo 3-ter, comma 1, punto b. ii) e lettera c), non si applicano le disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 8.
· Andrebbe chiarito il riferimento posto che l'articolo 3-ter non è recato dal TU vigente.
- Viene altresì novellato l'articolo 67 del TU, in materia di Collaudo statico, ove è aggiunto un nuovo comma 8-bis. Tale norma prevede che per gli interventi di cui all'articolo 3-ter, comma 1, punto b. ii) e lettera c), il certificato di collaudo sia sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori".
- Si novella l'articolo 93, in materia di Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, sostituendo i commi 3, 4 e 5, mutando la normativa in materia di presentazione di progetti di costruzione in zone sismiche ed in particolare prevedendo rispettivamente: al nuovo comma 3, che il contenuto minimo del progetto sia determinato dal competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica, e dagli altri elaborati previsti dalle norme tecniche; al nuovo comma 4, che i progetti relativi ai lavori di cui al presente articolo siano accompagnati da una dichiarazione del progettista che asseveri il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni e la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico, nonché il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica; al nuovo comma 5, che per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione di cui al comma 4, è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'articolo 65.
Le attuali disposizioni vigenti prevedono che il contenuto minimo del progetto è determinato dal competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture (comma 3). Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione (comma 4). La relazione sulla fondazione deve essere corredata da grafici o da documentazioni, in quanto necessari (comma 5).
La disposizione introduce nel TU edilizia anche un nuovo articolo 94 bis, recante Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche.
La norma prevede che ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui a capi I, II e IV (si tratta della Parte relativa alla Normativa tecnica per l'edilizia, il cui Capo I riguarda Disposizioni di carattere generale, il Capo II la Disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica; il Capo IV Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) del testo unico sono considerati, nel rispetto di quanto previsto agli articoli 52 e 83:
a) interventi "rilevanti" nei riguardi della pubblica incolumità:
i) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (Zona 1 e Zona 2);
ii) le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche;
iii) gli interventi relativi ed (che pare da intendersi 'ad') edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso;
b) interventi di "minore rilevanza" nei riguardi della pubblica incolumità:
i) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (Zona 3);
ii) le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti;
iii) le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui al punto a.ii);
c) interventi "privi di rilevanza" nei riguardi della pubblica incolumità, quali quelli che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d'uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.
Il comma 2 della nuova norma demanda, per i medesimi fini di cui al comma 1, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le Regioni, la definizione di linee guida per l'individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui al comma 1, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all'articolo 93 in materia di denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche (che, si ricorda, è novellato da altra parte della proposta emendativa).
Si prevede che, nelle more dell'emanazione delle linee guida, le Regioni possano comunque dotarsi di specifiche elencazioni o confermare le disposizioni vigenti. A seguito dell'emanazione delle linee guida, le Regioni adottano specifiche elencazioni di adeguamento delle stesse.
Il comma 3 dispone che fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, non si possono iniziare lavori relativi ad interventi "rilevanti" senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformità all'articolo 94.
L'art. 94 del TU edilizia, in materia di Autorizzazione per l'inizio dei lavori prevede che fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza. Avverso il provvedimento relativo alla domanda di autorizzazione, o nei confronti del mancato rilascio entro il termine di cui al comma 2, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale che decide con provvedimento definitivo. I lavori devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze.
Il comma 4 della nuova disposizione prevede che fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, e in deroga a quanto previsto all'articolo 94, comma 1, le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano per lavori relativi ad interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza”, venendo meno per questi l'obbligo generale previsto dall'art. 94 del TU in materia edilizia.
In base al comma 5, per gli stessi interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva, le Regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione.
Il comma 6 fa salve le procedure di cui agli articoli 65 e 67 comma 1 del testo unico (oggetto di novella da parte della proposta in esame).
Si ricorda che l'art. 52 concerne Tipo di strutture e norme tecniche, entre l'Art. 83 riguarda le Opere disciplinate e gradi di sismicità, prevedendo che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche, sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all'articolo 52, da specifiche norme tecniche emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata.
L'articolo 5-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 5.0.24 (testo 2) - interviene in materia di sconti obbligatori nell'ambito dell'assicurazione della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti.
L'articolo in esame - novellando l'articolo 132-ter del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 209/2005) - elimina il requisito della portabilità dei meccanismi elettronici denominati "scatola nera" come condizione al cui ricorrere le imprese di assicurazione praticano uno sconto determinato dall'impresa.
Inoltre, esso introduce la previsione per cui, nelle more della piena operatività delle disposizioni relative alla individuazione dei meccanismi elettronici che registrano le attività dei veicoli, gli sconti obbligatori si applicano a decorrere dal 60° giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, anche se non siano ancora stati installati i predetti dispositivi purché sia stato stipulato il contratto che ne preveda l'installazione ovvero che siano stati installati su proposta dell'impresa assicuratrice dispositivi che non posseggono ancora le caratteristiche di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 132-ter, del Codice delle assicurazioni private.
La disposizione citata qualifica come condizione per l'effettuazione dello sconto il caso in cui vengono installati, su proposta dell'impresa di assicurazione, o sono già presenti e portabili meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati "scatola nera" o equivalenti, ovvero ulteriori dispositivi, individuati, per i soli requisiti funzionali minimi necessari a garantire l'utilizzo dei dati raccolti, in particolare, ai fini tariffari e della determinazione della responsabilità in occasione dei sinistri, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
L'articolo 6-bis - proposto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione degli emendamenti 6.0.5 e 6.0.6 (testo 2) - prevede che l'Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente deve fornire gli esiti delle analisi effettuate in contraddittorio entro 30 giorni dalla data di effettuazione dei campionamenti.
Art. 6-bis novella l'articolo 242 del c.d. codice dell'ambiente, inserendo, al comma 12 di tale articolo, la previsione che l'Agenzia regionale per la protezione dell'Ambiente deve fornire gli esiti delle analisi effettuate in contraddittorio entro 30 giorni dalla data di effettuazione dei campionamenti.
La norma del codice ambientale, qui novellata, rece le procedure operative e amministrative in caso di rinvenimento di inquinamento nei siti. Si prevedono una serie di attività da espletare, al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, ovvero all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
In particolare, il comma 12 vigente dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che le indagini e le attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
Con l'emendamento 7.2 (testo 2) approvato dalle Commissioni riunite si propone l’inserimento di un nuovo comma 3-bis, che novella l'articolo 5 del decreto legislativo 102 del 2014 in materia di Miglioramento della prestazione energetica degli immobili della Pubblica Amministrazione.
In tale norma novellata, viene inserita una nuova disposizione (nuovo comma 8-bis) in base al quale, in deroga a quanto disposto dal comma 8 della stessa, la realizzazione degli interventi compresi nei programmi di riqualificazione energetica sugli immobili in uso al Ministero della difesa è di competenza degli organi del genio del medesimo Ministero, che li esegue con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La disposizione fa riferimento alla finalità di snellire la gestione amministrativa e preservare le esigenze di riservatezza, flessibilità e continuità operativa. Sono a tal fine stipulate una o più convenzioni tra il Ministero competente ad erogare il finanziamento e il Ministero della difesa. Per le parti non incompatibili con la presente disposizione, la norma prevede che alle predette convenzioni si applica il suddetto decreto.
Il riferimento al 'suddetto decreto' non appare chiaro, considerato che non vi sono altri riferimenti a decreti e che la norma inserisce una novella nell'ambito dello stesso decreto legislativo n. 102 citato.
Si ricorda che il comma 8 della norma prevede che la realizzazione degli interventi compresi nei programmi di riqualificazione energetica definiti ai sensi del comma 2 sia gestita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dalle strutture operative dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e trasporti, ove occorra in avvalimento e con il supporto delle Amministrazioni interessate. L'Agenzia del Demanio promuove forme di razionalizzazione e di coordinamento tra gli interventi, anche tra più Amministrazioni, al fine di favorire economie di scala e di contribuire al contenimento dei costi.
In base al comma 2 della norma oggetto di novella il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e in collaborazione con l'Agenzia del demanio, predispone entro il 30 novembre di ogni anno, a decorrere dal 2014, un programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale coerente con la percentuale indicata dalla disposizione, e promuovono, altresì, le attività di informazione e di assistenza tecnica eventualmente necessarie alle pubbliche amministrazioni interessate, anche tramite propri enti e società collegate. Le stesse Amministrazioni, con il supporto dell'ENEA e del GSE nel rispetto delle rispettive competenze, assicurano il coordinamento, la raccolta dei dati e il monitoraggio necessario per verificare lo stato di avanzamento del programma, promuovendo la massima partecipazione delle Amministrazioni interessate, e la pubblicità dei dati sui risultati raggiunti e sui risparmi conseguiti. Nella redazione del programma, si tiene, altresì, conto delle risultanze dell'inventario, predisposto in attuazione dell'articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2012/27/UE, contenente informazioni sulle superfici e sui consumi energetici degli immobili della pubblica amministrazione centrale, dei dati sui consumi energetici rilevati nell'applicativo informatico IPer gestito dall'Agenzia del demanio, delle risultanze delle diagnosi energetiche.
Tale articolo modifica il comma 2 dell'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale reca l'elenco dei "laboratori ufficiali" ai fini del testo unico medesimo. Ai sensi del medesimo articolo 59, si prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, altri laboratori oltre a quelli ricompresi nell'elenco per effettuare:
· prove sui materiali da costruzione;
· prove di laboratorio su terre e rocce
Con la disposizione in esame, si intende estendere tale facoltà sulle attività consistenti in "Prove e controlli su strutture e sui materiali da costruzione in opera".
Con l'approvazione dell'em. 7.0.6 le Commissioni riunite in sede referente propongono l'introduzione di un nuovo articolo 7-bis. Esso novella l'articolo 25-undecies, comma 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119.
L’articolo 25-undecies citato interviene, in novella all'articolo 31 della legge n. 449/1998, sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo per la cessione del diritto di proprietà ovvero del diritto di superficie delle singole unità abitative e loro pertinenze edificate in regime di edilizia residenziale convenzionata. La disposizione prevede che il vincolo del prezzo massimo di cessione può essere rimosso con atto pubblico o scrittura privata autenticata, a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile (e non più, come attualmente previsto, mediante convenzione in forma pubblica stipulabile con il Comune solo da parte del singolo proprietario), dietro il pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo. Si prevede inoltre che:
· i Comuni possono concedere dilazioni di pagamento di tale corrispettivo;
· in pendenza della rimozione dei vincoli, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato;
· l'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza si estingue con la rimozione dei vincoli;
· la nuova disciplina si applichi anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame.
Come sopra accennato, i Comuni possono stabilire forme di dilazione di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo, con modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
A tale decreto, già previsto dal vigente comma 49-bis, è demandata la fissazione della quota millesimale posta a parametro per la definizione del corrispettivo per l'affrancazione dai vincoli. Al riguardo si ricorda che sul punto è poi intervenuto l’articolo 29, comma 16-undecies, del D.L. n. 216/2011 (Proroga termini) che ha stabilito che, a decorrere dal 1º gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (ERP), nonché del canone massimo di locazione, di cui al comma 49-bis dell'art. 31 della legge n. 448/1998, è stabilita dai Comuni.
La disposizione in esame prevede che, in caso di mancata adozione del decreto ministeriale, i Comuni stabiliscono autonomamente la percentuale di cui al comma 49-bis dell'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nonché i criteri e le modalità per la concessione di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo.
Articolo 8, comma da 1-bis a 1-quinquies (em. 8.500)
(Trasferimento delle funzioni commissariali per l’attivazione dell’Agenda digitale)
Questi commi - dei quali le Commissioni riunite referenti propongono l’introduzione - dispongono:
ü il prolungamento del mandato del Commissario straordinario per l’attivazione dell’Agenda digitale al 31 dicembre 2019 (diversamente scadrebbe il 15 settembre 2019, secondo il d.P.C.m. 25 ottobre 2018 che ha nominato il Commissario in carica) (comma 1-bis);
ü l’attribuzione, dal 1° gennaio 2020, al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato, delle funzioni del Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale (quale definita dall’articolo 63 del decreto legislativo n. 179 del 2016, che disciplina la nomina commissariale). Siffatte funzioni sono esercitate dalla Presidenza del Consiglio mediante proprie strutture (comma 1-ter);
ü che la Presidenza del Consiglio si avvalga, per le funzioni così acquisite, di un contingente di esperti (a disposizione della propria struttura), in possesso di specifica ed elevata competenza e di “significativa” esperienza in materia tecnologica e di gestione di processi complessi, compreso lo sviluppo di programmi e piattaforme digitali con diffusione a larga scala. Questi esperti sono da nominare secondo la disciplina (posta dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999) del conferimento degli incarichi presso la Presidenza del Consiglio. Numero, qualificazioni richieste, compensi degli esperti sono da determinarsi con apposito d.P.C.m. (comma 1-quater);
ü lo stanziamento di 6 milioni annui, a decorrere dal 2020, con relativa copertura, attinta - per quanto riguarda l'anno 2020 - per due terzi dal Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per un terzo dal Fondo per le esigenze indifferibili del medesimo stato di previsione. A decorrere dall'anno 2021 l'intera copertura dei 6 milioni di euro è effettuata mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, relativa al Fondo per esigenze indifferibili (comma 1-quinquies).
Articolo 8 (em. 8.100)
(Piattaforme digitali)
L'articolo trasferisce dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) alla Presidenza del Consiglio dei ministri i compiti relativi alla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento.
Tale piattaforma è dedicata all'effettuazione di pagamenti con modalità informatiche che devono essere obbligatoriamente accettati dalle pubbliche amministrazioni, dai gestori di servizi pubblici, dalle società a controllo pubblico.
A tale fine è disposta la costituzione, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, di una società per azioni interamente partecipata dallo Stato per lo svolgimento delle suddette attività.
Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni per assicurare la massima diffusione delle forme di pagamento con strumenti elettronici.
Le integrazioni proposte dalle Commissioni riunite referenti (con l'approvazione dell'emendamento 8.100) concernono un duplice profilo:
ü la specificazione che alla nuova società partecipata siano trasferite per la costituzione del capitale sociale iniziale, parte delle risorse finanziarie destinate (non già "assegnate", com'era la formulazione originaria) all'AgID per le esigenze della piattaforma;
ü la specificazione dell'iter contabile del trasferimento di quelle risorse alla nuova società partecipata, articolato nei tre passaggi: loro acquisizione all'entrata del bilancio dello Stato; indi apposizione nello stato di previsione del Ministero dell'economia; indi trasferimento al bilancio della Presidenza del Consiglio.
I commi 5-bis e 5-ter - proposti nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 8.11 - disciplinano le modalità di trasmissione telematica del proprio indirizzo PEC da parte dei professionisti non organizzati in ordini o collegi.
Il comma 5-bis - ai fini di una completa attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana e con lo scopo specifico di ottimizzare la raccolta e l'aggiornamento degli indirizzi PEC dei professionisti - conferisce ai professionisti non organizzati in ordini o collegi (legge n. 4 del 2013) la facoltà di trasmettere il proprio indirizzo PEC avvalendosi degli strumenti telematici resi disponibili dalle Camere di commercio per il tramite delle proprie strutture informatiche.
L'art. 6-bis del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 ha infatti istituito presso il Ministero dello sviluppo economico l'Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, prevedendo (al comma 2) che in esso confluissero innanzitutto gli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso il Registro delle imprese e presso gli ordini e i collegi professionali.
Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico del 19 marzo 2013 sono state disciplinate le modalità tecniche di costituzione e aggiornamento dell'INI-PEC, disponendo il trasferimento in via telematica degli indirizzi PEC da parte degli Ordini e Collegi professionali ad InfoCamere ai fini della pubblicazione nell'INI-PEC.
La disposizione in esame appare orientata ad agevolare i professionisti non organizzati in ordini o collegi nella trasmissione dei propri indirizzi PEC all'INI-PEC, offrendo loro la possibilità di avvalersi degli strumenti telematici delle Camere di commercio.
Il comma 5-ter apporta modificazioni all'art. 6-bis del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005) dirette a disciplinare le modalità di trasmissione all'INI-PEC del proprio indirizzo PEC da parte dei professionisti non organizzati in ordini o collegi.
In particolare, la comunicazione dovrà avvenire utilizzando l'apposito FORM messo a disposizione dalla piattaforma INI-PEC.
Al riguardo si segnala l'opportunità di coordinare le modifiche di cui alle lettere a) e b) del comma 5-ter.
Da una parte, infatti, la lettera a) inserisce un espresso riferimento ai "professionisti di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4" (vale a dire ai professionisti non organizzati in ordini o collegi) al comma 1 dell'art. 6-bis del codice dell'amministrazione digitale.
Dall'altra, il comma inserito nel medesimo articolo 6-bis dalla lettera b) (comma che dovrà assumere il numero 2-ter) disciplina le modalità di comunicazione dell'indirizzo PEC da parte dei professionisti "esercenti attività di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4, che non rientrino nelle fattispecie di cui ai commi 1 e 2".
In sostanza, la fattispecie che non viene in rilievo nel comma inserito è esclusivamente quella di cui al comma 2 dell'art. 6-bis (cioè quella degli indirizzi PEC trasmessi da ordini e collegi), considerato che al comma 1 è stato introdotto l'espresso richiamo ai professionisti non organizzati in ordini o collegi di cui alla legge n. 4/2013.
L'articolo 8, comma 5-bis (emendamenti 8.13 (testo 2) e 8.14 (testo 2) esclude i ricavi derivanti da specifiche attività (messa a disposizione di una interfaccia digitale, prestazione di servizi e attività di investimento da parte di specifici soggetti, cessione di dati acquisiti in modo completamente automatico) dalla disciplina dell'imposta sui servizi digitali contenuta nei commi dal 35 al 50 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019).
Gli (identici) emendamenti 8.13 (testo 2) e 8.14 (testo 2) inseriscono il nuovo comma 5-bis dell'articolo 8 nel testo del decreto in esame. Con tale disposizone viene modificata la disciplina dell'imposta sui servizi digitali contenuta nei commi dal 35 al 50 della legge legge di bilancio 2019.
L'imposta sui servizi digitali si applica ai soggetti che prestano tali servizi e che hanno un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L’imposta si applica con un'aliquota del 3 per cento sui ricavi e viene versata entro il mese successivo a ciascun trimestre. Per ulteriori approfondimenti sul regime dell'imposta sui servizi digitali si fa rinvio al Dossier sulla legge di bilancio 2019 curato dai Servizi di Camera e Senato (Volume I).
Con la modifica in esame viene inserito nella legge di bilancio 2019 il nuovo comma 40-bis, che contiene un elenco di servizi che, pur essendo prestati con modalità che implicano un ruolo rilevante delle tecnologie digitali, non vengono considerano servizi digitali ai fini del precedente comma 37, che identifica i soggetti passivi dell'imposta.
In particolare, vengono esclusi dall'ambito di applicazione della norma i ricavi derivanti da:
· la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo principale è quello di fornire agli utenti della stessa contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
· lo svolgimento da parte di una sede di negoziazione o di un internalizzatore sistematico (come definiti dai commi 5-octies, lettera c), e 5-ter dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 58 del 1998, Testo unico della Finanza - TUF), delle attività e dei servizi di investimento (tassativamente elencati dalla Sezione A dell’Allegato I al TUF);
· lo svolgimento delle attività e dei servizi di investimento (Sezione A dell’Allegato I al TUF) ovvero di servizi consistenti nell’ausilio alla concessione di prestiti da parte di un soggetto che fornisce servizi di crowdfunding autorizzato ad operare nello Stato o territorio di residenza (o sottoposto a vigilanza nello Stato o territorio di residenza);
· la cessione di dati da parte dei soggetti indicati alle precedenti lettere b) e c);
· la cessione di dati acquisiti in modo completamente automatico da parte del soggetto che ne dispone.
I servizi e le attività di investimento elencati dalla sezione A dell'Allegato I al TUF sono:
· la ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari;
· l'esecuzione di ordini per conto dei clienti;
· la negoziazione per conto proprio
· la gestione di portafogli;
· la consulenza in materia di investimenti;
· l'assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente;
· il collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente;
· la gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;
· la gestione di sistemi organizzati di negoziazione.
La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 8.0.500, apporta modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2016 di Attuazione della direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga.
Più nel dettaglio la lettera a) del comma 1 dell'articolo modifica l'articolo 7 del decreto legislativo n. 33, recante disposizioni per la semplificazione nel rilascio delle autorizzazioni, inserendo due ulteriori commi.
Il nuovo comma 2-bis prevede che qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sottoservizi, ai fini dell'autorizzazione archeologica, l'avvio dei lavori è subordinato alla trasmissione da parte dell'operatore di rete alla sopraintendenza competente, di documentazione cartografica rilasciata dalle competenti autorità locali che attesti la sovrapposizione dell'intero tracciato ai sottoservizi esistenti.
Tale disciplina si applica anche alla realizzazione dei pozzetti accessori alle infrastrutture stesse qualora essi siano realizzati al di sopra dei medesimi sottoservizi preesistenti.
L'operatore di rete deve comunicare alla sopraintendenza competente, l'inizio dei lavori almeno 15 giorni prima. Nel caso in cui la posa in opera dei sottoservizi interessi spazi aperti nei centri storici, deve essere depositato in sopraintendenza, ai fini della preventiva approvazione, anche un apposito elaborato tecnico che dia conto della risistemazione degli spazi oggetto degli interventi.
Ai sensi del nuovo comma 2-ter nel caso in cui siano utilizzate tecnologie di scavo a basso impatto ambientale con minitrincea, sempre ai fini dell'autorizzazione archeologica, le attività di scavo sono precedute da indagini non invasive, concordate con la sopraintendenza, in relazione alle caratteristiche delle aree interessate dai lavori. A seguito di tali indagini delle quali la sopraintendenza deve tenere conto nella progettazione dell'intervento, le tecnologie di scavo in minitrincea si considerano esentate dalla procedura di verifica preventiva dell'impatto archeologico. La disposizione fa salva la possibilità per il Sopraintendente di prescrivere in ogni caso il controllo archeologico in corso d'opera per i lavori di scavo.
La lettera b) del comma 1 inserisce un ulteriore comma all'articolo 8 del decreto legislativo n. 33 del 2016. La nuova disposizione (comma 4-bis) prevede che i lavori necessari alla realizzazione di infrastrutture interne ed esterne all'edificio predisposte per le reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, volte a portare la rete fino alla sede dell'abbonato, si considerano equiparati ai lavori di manutenzione straordinaria urgente di cui all'articolo 1135 del codice civile. Sono esclusi dall'ambito applicativo della disposizione gli immobili tutelati in quanto beni culturali.
La lettera c) del comma 1 interviene sul comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 33 del 2016. Tale disposizione nella sua formulazione vigente reca una norma di interpretazione autentica, per la quale l'articolo 93, comma 2, del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs n. 259 del 2003), si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti.
L'articolo 93, comma 2 del Codice delle comunicazioni elettroniche prevede che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale.
La modifica proposta approvata dalle Commissioni riunite integra la disposizione con l'ulteriore precisazione per la quale resta escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto.
Il comma 2 apporta le seguenti modifiche all'articolo 88 del codice delle comunicazioni elettroniche (Opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico):
· al comma 1 prevede che sia presentata una istanza unica nel caso di installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica che presuppongono la realizzazione di opere civili o di scavi. Il comma 1, a legislazione vigente, prevede che qualora l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica presupponga la realizzazione di opere civili o, comunque, l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico, i soggetti interessati sono tenuti a presentare apposita istanza conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello C allegato, all'Ente locale ovvero alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree.
· Al comma 6 prevede che il rilascio dell'autorizzazione comporta l'autorizzazione non solo alla effettuazione degli scavi ma anche delle eventuali opere civili;
· Introduce un nuovo comma, il comma 7-bis in base al quale con riguardo ad interventi per l'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga l'autorizzazione relativa agli interventi in materia di edilizia pubblica e privata, è rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla ricezione della richiesta da parte della Sopraintendenza a condizione che detta richiesta sia corredata da idonea e completa documentazione tecnica.
Il comma 3 modifica l'allegato B del D.P.R. 13/02/2017, n. 31, recante l'elenco di interventi di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato.
Oggetto di modifica è il capoverso B10: viene sottratto al procedimento autorizzatorio semplificato l'installazione di cabine per impianti tecnologici a rete all'interno di siti recintati già attrezzati con apparati di rete che non superando l'altezza della recinzione del sito, non comporti un impatto paesaggistico ulteriore al sito nel suo complesso.
Il capoverso B.10., attualmente, ricomprende tra gli interventi soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato: l'installazione di cabine per impianti tecnologici a rete o colonnine modulari ovvero sostituzione delle medesime con altre diverse per tipologia, dimensioni e localizzazione.
Il comma 4 interviene sull'articolo 26 del codice della strada, inserendo il nuovo comma 3-bis.
L'articolo 26 del codice della strada (D.lgs. n. 285 del 1992) disciplina la competenza per le autorizzazioni e le concessioni per la costruzione di strade ed aree pubbliche. Tali autorizzazioni sono rilasciate dall'ente proprietario della strada o da altro ente da quest'ultimo delegato o dall'ente concessionario della strada in conformità alle relative convenzioni; l'eventuale delega è comunicata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o al prefetto se trattasi di ente locale (comma 1). Le autorizzazioni e le concessioni in questione sono di competenza dell'ente proprietario della strada e per le strade in concessione si provvede in conformità alle relative convenzioni (comma 2). Ai sensi del comma 3 per i tratti di strade statali, regionali o provinciali, correnti nell'interno di centri abitati con popolazione inferiore a diecimila abitanti, il rilascio di concessioni e di autorizzazioni è di competenza del comune, previo nulla osta dell'ente proprietario della strada.
Il nuovo comma 3-bis prevede che nel caso di interventi finalizzati alla installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga il nulla osta venga rilasciato nel termine di 15 giorni dalla ricezione della richiesta da parte del Comune.
Il comma 5 interviene, infine, sull'articolo 94 del TU edilizia.
L'articolo 94 (Autorizzazione per l'inizio dei lavori) prevede che, fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza.
Il comma 5 modifica quest'ultima previsione stabilendo che l'autorizzazione è rilasciata entro 40 giorni nel caso di interventi finalizzati alla installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga.
Articolo 8-bis (em. 8.0.3)
(Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract)
L'articolo reca una definizione normativa delle "tecnologie basate su registri distribuiti" e dello "smart contract".
Prevede inoltre che la memorizzazione di un documento informatico attraverso l'uso di tecnologie basate su registri distribuiti produca gli effetti giuridici (e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali) della validazione temporale elettronica (ai sensi dell'articolo 41 del Regolamento UE n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno).
Infine, dispone - affinché le tecnologie basate su registri distribuiti possano produrre siffatti effetti giuridici - Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) individui i correlativi standard tecnici entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.
"Tecnologie basate su registri distribuiti" sono definite: le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.
"Smart contract" è un programma per elaboratore che opera su Tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.
Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
L'articolo 8-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 8.0.39 (testo 2), reca modifiche alla Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche prevista dal d.lgs. n. 203 del 2017 (Riforma delle disposizioni legislative in materia di tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220), e sopprime il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo di cui alla legge n. 220 del 2016 (Disciplina del cinema e dell'audiovisivo).
Il comma 1 novella l'articolo 3 del d.lgs. n. 203 del 2017 sulla tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo, per quanto concerne la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche.
La Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche è l'organo che controlla la classificazione delle opere cinematografiche finalizzata ad assicurare il giusto e equilibrato bilanciamento tra la tutela dei minori e la libertà di manifestazione del pensiero e dell'espressione artistica. Detta classificazione prevede:
a) opere per tutti;
b) opere non adatte ai minori di anni 6;
c) opere vietate ai minori di anni 14;
d) opere vietate ai minori di anni 18.
Per le opere di cui alle lettere c) e d), il minore non può assistere agli spettacoli di opere cinematografiche per cui non ha conseguito l'età prevista per la visione, salvo che non sia accompagnato da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale e abbia compiuto almeno, rispettivamente, 12 e 16 anni.
Di seguito le modifiche proposte dal comma 1:
· alla lett. a) si novella il comma 3 dell'articolo 3 d.lgs. n. 203/2017 relativo alla composizione della Commissione, attualmente formata da un presidente e da quarantanove membri, per un totale di cinquanta membri. In virtù della modifica apportata i membri diventano quarantanove e tra essi uno svolge le funzioni di presidente. Quest'ultimo è individuato all'interno dei componenti scelti tra professori universitari in materie giuridiche, avvocati, magistrati assegnati a incarichi presso il tribunale dei minori, magistrati amministrativi, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari. Vengono inoltre accorpati, nel numero di quattordici, i componenti individuati tra esperti con particolari competenze sugli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori con i componenti scelti tra sociologi con particolare competenza nella comunicazione sociale e nei comportamenti dell'infanzia e dell'adolescenza, stabilendo che siano alternativi tra loro. In sostanza, mentre prima si prevedevano sette membri scelti tra gli esperti in materia pedagogico-educativa e sette tra i sociologi, ora si prevede che vi siano quattordici membri scelti tra i primi o tra i secondi, senza più un bilanciamento numerico predefinito;
· alla lett. b) si novella il comma 6 relativo all'organizzazione dei lavori della Commissione in sottocommissioni. Il testo vigente stabilisce che nelle sottocommissioni sia assicurata sempre la presenza di professionalità rientranti nelle seguenti categorie: esperti sugli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori (co. 3, lett.b)); professori universitari di psicologia, psichiatria o pedagogia, pedagogisti e educatori professionali (co. 3, lett.c)); sociologi (co. 3, lett.d)); rappresentanti delle associazioni dei genitori maggiormente rappresentative (co. 3, lett.e)). Non è dunque assicurata la presenza delle restanti categorie: professori universitari in materie giuridiche, avvocati, magistrati assegnati a incarichi presso il tribunale dei minori, magistrati amministrativi, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari (co. 3, lett. a)); esperti di comprovata qualificazione nel settore cinematografico, quali critici, studiosi o autori (co. 3, lett. f)), mentre si prevede che i rappresentanti designati dalle associazioni per la protezione degli animali siano presenti nel caso di classificazione di opere riferite a, o in cui vi uso di, animali (co. 3, lett. g)). Con la modifica proposta non si fa più riferimento alla presenza necessaria nelle sottocommissioni di specifiche professionalità (quindi quelle riferite al co.3, lett. da a) a f)), mentre si conferma la previsione in base alla quale deve essere assicurata la presenza dei rappresentanti designati dalle associazioni per la protezione degli animali nei casi sopracitati.
Si segnala che fino al 7 febbraio 2018 sono in corso i termini per presentare candidature per la selezione dei componenti della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche. Qui è disponibile il relativo avviso.
Il comma 2 novella la legge n. 220 del 2016, eliminando il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo, organo consultivo del Ministero per i beni e le attività culturali.
Si ricorda che il Consiglio superiore, che dura in carica tre anni e sostituisce la sezione competente per il cinema della Consulta per lo spettacolo:
a) svolge attività di analisi del settore cinematografico e audiovisivo, nonché attività di monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche, con particolare riferimento agli effetti delle misure di sostegno previste dalla presente legge, utilizzando anche i dati resi disponibili, a richiesta, dalle competenti strutture del Ministero;
b) formula proposte in merito agli indirizzi generali delle politiche pubbliche di sostegno, promozione e diffusione del cinema e dell'audiovisivo, ai relativi interventi normativi e regolamentari, alle misure di contrasto della pirateria cinematografica e audiovisiva, nonché all'attività di indirizzo e vigilanza, attribuita al Ministero;
c) esprime pareri sugli schemi di atti normativi e amministrativi generali afferenti la materia del cinema e dell'audiovisivo e su questioni di carattere generale di particolare rilievo concernenti la suddetta materia;
d) esprime pareri e contribuisce a definire la posizione del Ministero in merito ad accordi internazionali in materia di coproduzioni cinematografiche e di scambi nel settore del cinema e delle altre arti e industrie di immagini in movimento, nonché in materia di rapporti con le istituzioni dell'Unione europea o internazionali e con le altre istituzioni nazionali aventi attribuzioni nel settore audiovisivo;
e) esprime parere in merito ai criteri di ripartizione delle risorse tra i diversi settori di attività e sulle condizioni per la concessione dei contributi finanziari;
f) organizza consultazioni periodiche con i rappresentanti dei settori professionali interessati e con altri soggetti sull'andamento del settore cinematografico e audiovisivo, nonché sull'evoluzione delle professioni e delle attività del cinema e delle altre arti e industrie dell'audiovisivo, sul loro ambiente tecnico, giuridico, economico e sociale, nonché sulle condizioni di formazione e di accesso alle professioni interessate;
g) formula proposte, tenendo conto delle analisi effettuate ai sensi della lettera a) e a seguito di apposite consultazioni organizzate ai sensi della lettera f), in merito ai contenuti delle disposizioni applicative inerenti la concessione di contributi e il riconoscimento degli incentivi, con particolare riferimento ai presupposti, alle condizioni e ai requisiti da prevedere ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dall'articolo 12;
h) emana le linee guida cui deve attenersi il Ministero nella redazione di relazioni analitiche e descrittive inerenti l'attività nel settore cinematografico e audiovisivo, nonché sulle relative analisi d'impatto;
i) esprime parere sui documenti d'analisi realizzati dal Ministero.
Il Consiglio superiore è composto da:
a) otto personalità del settore cinematografico e audiovisivo di particolare e comprovata qualificazione professionale e capacità anche in campo giuridico, economico, amministrativo e gestionale nominate, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, dal Ministro, due delle quali su designazione della Conferenza unificata;
b) tre membri scelti dal Ministro nell'ambito di una rosa di nomi proposta dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore cinematografico e audiovisivo.
Si stabilisce pertanto:
· alla lett. a) la sostituzione dell'articolo 11 relativo al Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo con consultazioni pubbliche. Secondo la legislazione vigente, il Consiglio superiore svolge compiti di consulenza e supporto nella elaborazione ed attuazione delle politiche di settore, nonché nella predisposizione di indirizzi e criteri generali relativi alla destinazione delle risorse pubbliche per il sostegno alle attività cinematografiche e dell'audiovisivo. Al suo posto, si prevede che il Ministero, nella fase preparatoria di atti e provvedimenti normativi e amministrativi, sulla base di criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, consulta le associazioni di categoria del settore cinematografico e audiovisivo, le organizzazioni professionali e sindacali e altri soggetti pubblici e privati.
Si segnala che con D.M. 2 gennaio 2017 è stato costituito il Consiglio superiore del cinema e dell'audiovisivo e con D.M. 3 marzo 2017 sono stati nominati relativi componenti. Dovrebbe quindi ritenersi soppressa la sezione cinema della Consulta per lo spettacolo.
Occorre dunque valutare se in virtù della soppressione del Consiglio superiore, organo attualmente operante, sia necessario prevedere norme transitorie per l'esercizio delle funzioni ad esso assegnate.
· alla lett. b) la soppressione della consultazione del Consiglio superiore sul decreto del Presidente del Consiglio attuativo delle norme sulla nazionalità italiana delle opere cinematografiche e audiovisive, di cui all'articolo 5, comma 2, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che è stato già emanato il D.P.C.M 11 luglio 2017;
· alla lett. c) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto ministeriale attuativo delle disposizioni di cui all'articolo 7 della legge n. 220 del 2016, inerenti la tutela e fruizione del patrimonio cinematografico e audiovisivo e la Cineteca nazionale;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 31 luglio 2017;
· alla lett. d) l'eliminazione della consultazione del Consiglio superiore sul decreto ministeriale di riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, di cui all'articolo 13, comma 5, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 13 luglio 2017;
· alla lett. e) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto ministeriale inerente i requisiti di ammissione e casi di esclusione delle opere cinematografiche e audiovisive, di cui all'articolo 14, comma 2, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 14 luglio 2017;
· alla lett. f) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto ministeriale relativo ai contributi automatici, di cui all'articolo 25, comma 1, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 31 luglio 2017, n. 342;
· alla lett. g) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto ministeriale relativo ai contributi selettivi, di cui all'articolo 26, comma 4, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 31 luglio 2017, n. 343;
· alla lett. h) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto ministeriale relativo ai contributi per attività di promozione cinematografica e audiovisiva di cui all'articolo 27, comma 4, della legge n. 220 del 2016;
· Si segnala che in merito è stato emanato il D.M. 31 luglio 2017, n. 341;
·
· alla lett. i) l'eliminazione del parere del Consiglio superiore sul decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo al Piano straordinario di digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo di cui all'articolo 29, comma 4, della legge n. 220 del 2016;
Si segnala che in merito è stato emanato il D.P.C.M 24 ottobre 2017;
· alla lett. j) si elimina all'articolo 26, comma 2, della legge n. 220 del 2016, il numero degli esperti, attualmente pari a cinque, chiamati a valutare la qualità artistica o il valore culturale dell'opera o del progetto da realizzare per la concessione di contributi selettivi, stabilendo che i relativi rimborsi siano previsti nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Si abroga inoltre il comma 3 del medesimo articolo relativo alla concessione di contributi selettivi alle imprese operanti nel settore dell'esercizio cinematografico e alle imprese cinematografiche e audiovisive appartenenti a determinate categorie, quali quelle di nuova costituzione, le start-up e quelle che hanno i requisiti delle micro imprese ai sensi della normativa europea in materia di aiuti di Stato, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche;
· alla lett. k) si eliminano le finalità della ristrutturazione e dell'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale, dell'installazione, della ristrutturazione, e del rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi complementari alle sale, tra quelle cui possono essere destinati contributi a fondo perduto, ovvero contributi in conto interessi sui mutui o locazioni finanziarie all'interno del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, di cui all'articolo 28, comma 1, della legge n. 220 del 2016.
Con l'approvazione dell'emendamento 8.0.42 (testo 3), le Commissioni in sede referente propongono l'introduzione di un articolo aggiuntivo. Tale articolo stabilisce che un acconto - pari a 500.000 euro - del contributo annuo previsto per la Federazione Nazionale delle istituzioni pro ciechi sia erogato entro il 31 marzo di ogni anno, direttamente alla Federazione, senza il preventivo accordo da raggiungere in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province.
A tal fine la disposizione in esame novella l'articolo 3 della legge n. 284 del 1997[11], il quale prevede, al comma 3, il contributo annuo per le attività di ricerca e di coordinamento stabilite dallo statuto della Federazione Nazionale delle istituzioni pro ciechi. L'acconto viene versato nel limite delle risorse disponibili. La norma ricorda che l'ammontare del contributo annuo a legislazione vigente risulta essere pari a 1.382.913, 80 euro.
Si segnala che le Commissioni riunite hanno approvato, riguardo alle disposizioni di cui all'articolo 3 della legge n. 284 del 1997 sul contributo in oggetto, l'emendamento 3.0.90 (testo 2).
I commi 1 e 3 introducono, in via transitoria, la possibilità di assegnazione degli incarichi di medicina generale ai medici iscritti al relativo corso di formazione specialistica. Il comma 2 prevede che le regioni e le province autonome possano disporre limitazioni rispetto ai massimali di assistiti in carico stabiliti dall'accordo collettivo nazionale relativo alla medicina generale - ovvero, secondo l'emendamento 9.2, approvato in sede referente, limitazioni relative al monte ore settimanale - e conferma che le regioni e le province autonome possono organizzare anche secondo modalità di tempo parziale i corsi di formazione specialistica in medicina generale. A quest'ultimo riguardo, il citato emendamento 9.2 propone, con l'inserimento di un comma 2-quater, l'abrogazione di alcune condizioni, relative ai corsi a tempo parziale.
Il medesimo emendamento 9.2 prevede l'inserimento di ulteriori commi, in materia di: formazione specialistica in medicina generale; accesso alle procedure concorsuali per la disciplina di "Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza"; medicina di comunità e delle cure primarie (con particolare riferimento alle reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore).
Più in particolare, il comma 1 prevede che, fino al 31 dicembre 2021, in considerazione dell'attuale carenza di medici di medicina generale (cosiddetti medici di base) e nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione, i laureati in medicina e chirurgia, abilitati all'esercizio professionale ed iscritti ad un corso di formazione specialistica per medici di medicina generale, possano partecipare all'assegnazione degli incarichi relativi al settore in oggetto (incarichi svolti, come noto, in convenzione con il Servizio sanitario nazionale).
Per gli incarichi concernenti l'emergenza sanitaria territoriale, resta fermo il requisito del possesso dell'attestato di idoneità al relativo esercizio - attestato che, ai sensi dell'articolo 96 dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, è conseguito dal medico di medicina generale al termine di un apposito corso, organizzato dalle regioni e dalle aziende sanitarie locali -.
L'assegnazione degli incarichi ai medici specializzandi ai sensi della deroga transitoria di cui al presente comma 1 è subordinata al previo esaurimento della graduatoria regionale relativa agli altri medici aventi diritto. Il mancato conseguimento del titolo di specializzazione in medicina generale entro il termine previsto dal relativo corso - fatti salvi, secondo quanto specifica l'emendamento 9.2, approvato in sede referente, i periodi di sospensione ivi richiamati - determina la cancellazione dalla graduatoria regionale concernente gli incarichi in oggetto e la decadenza dall'incarico eventualmente già assegnato.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che la deroga in esame, sotto il profilo della disciplina europea, costituisce una facoltà dello Stato membro (con riferimento agli iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale), ai sensi dell'articolo 29 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005.
Il comma 2 prevede, in primo luogo, che le regioni e le province autonome possano disporre limitazioni rispetto ai massimali di assistiti in carico stabiliti dal summenzionato accordo collettivo nazionale. Dalla nuova disposizione deriva anche che, mentre in base al citato accordo collettivo il medico di medicina generale può autolimitare il proprio massimale solo nel rispetto di una certa soglia minima, quest'ultima può essere ora derogata da parte delle regioni e province autonome. La riformulazione proposta dal suddetto emendamento 9.2 prevede che le regioni e le province autonome dispongano tali limitazioni - oppure limitazioni relative al monte ore settimanale - ove necessario.
Considerato che la norma in esame fa riferimento alle finalità di cui al comma 1, sembrerebbe opportuno chiarire se le eventuali limitazioni possano riguardare anche il periodo successivo al 31 dicembre 2021.
Il medesimo comma 2 conferma inoltre che le regioni e le province autonome possono organizzare anche secondo modalità di tempo parziale i corsi di formazione specialistica per medici di medicina generale, come già previsto dal richiamato articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni. In merito, il citato emendamento 9.2 prevede, con l'inserimento di un comma 2-quater, l'abrogazione delle seguenti condizioni, relative ai corsi a tempo parziale: che "la formazione comporti un congruo numero di periodi di formazione a tempo pieno sia per la parte dispensata in un centro ospedaliero, che per la parte effettuata in un ambulatorio di medicina generale riconosciuto o in un centro riconosciuto nel quale i medici dispensano cure primarie"; che "i periodi di formazione a tempo pieno, sopraindicati, siano di numero e durata tali da preparare in modo adeguato all'effettivo esercizio della medicina generale".
Il comma 3 prevede che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, in sede di accordo collettivo nazionale, siano individuati i criteri di priorità per l'inserimento nelle graduatorie regionali, ai fini dell'assegnazione degli incarichi convenzionali in base alla deroga di cui al comma 1, nonché le relative modalità di remunerazione. Nelle more della definizione dei summenzionati criteri, si applicano quelli previsti dal vigente accordo collettivo nazionale per le sostituzioni e gli incarichi provvisori.
Il citato emendamento 9.2 propone l'inserimento di alcuni commi dopo il comma 3, con conseguente adeguamento anche della rubrica del presente articolo.
In particolare, i commi 3-bis e 3-ter prevedono che all'attività di medico chirurgo di medicina generale possano essere ammessi anche i medici che abbiano completato una formazione complementare, sancita da un titolo di formazione rilasciato dalle autorità competenti di uno Stato membro dell'Unione europea, secondo le modalità di valutazione definite con decreto del Ministro della salute.
Riguardo al comma 3-quater, cfr. supra.
Il comma 3-quinquies prevede, in via transitoria, fino al 31 dicembre 2021, l'accesso al corso di formazione specifica in medicina generale tramite graduatoria riservata (previo, naturalmente, superamento del relativo concorso), senza borsa di studio e nei limiti delle risorse di cui al comma 3-sexies, in favore dei laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale che siano stati incaricati, entro il 31 dicembre 2018 e per almeno 12 mesi, anche non continuativi, negli ultimi 10 anni, nell'ambito delle funzioni convenzionali previsti dall'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. In relazione al limite di risorse suddetto, il comma 3-quinquies prevede altresì che accedano in via prioritaria all'iscrizione al corso coloro che risultino avere il maggior punteggio per anzianità di servizio, maturata nello svolgimento dei suddetti incarichi convenzionali, attribuito sulla base dei criteri ivi richiamati.
Ai sensi del comma 3-sexies, agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 3-quinquies, relativi alle ulteriori spese di organizzazione dei corsi, si provvede nel limite massimo complessivo di 2 milioni di euro, con ripartizione tra le regioni sulla base delle effettive carenze dei medici di medicina generale, calcolate sulla base del numero complessivo di incarichi pubblicati e rimasti vacanti. A tal fine, il livello del finanziamento ordinario per il fabbisogno sanitario standard nazionale cui concorre lo Stato è incrementato di 2 milioni di euro, con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per l'anno 2019 (relativa a fondi derivanti da residui passivi perenti) di cui all'articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Ai sensi del comma 3-septies, le regioni e le province autonome garantiscono che i medici di cui al comma 3-quinquies, in fase di assegnazione degli incarichi, siano interpellati in subordine ai medici già iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Il comma 3-octies prevede che le regioni e le province autonome, nelle quali non si riesca a garantire la copertura di tutte le posizioni vacanti, possono provvedere, nel rispetto dei princìpi di cui al comma 3-quinquies, a destinare ulteriori risorse e modalità di finanziamento, ivi compresa l'eventuale previsione di una quota di partecipazione da parte dei medici di cui al medesimo comma 3-quinquies, per la copertura delle spese di organizzazione dei relativi corsi di formazione.
Il comma 3-novies consente al personale medico del Servizio sanitario nazionale che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, abbia maturato, negli ultimi dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non continuativo, comprovato da contratti a tempo determinato, da contratti di collaborazione coordinata e continuativa o da altre forme di rapporto di lavoro flessibile, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale, di accedere alle procedure concorsuali, indette dagli enti del Servizio sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2019, per la disciplina di "Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza", ancorché non siano in possesso di alcuna specializzazione.
Il comma 3-decies inserisce i medici specialisti in medicina di comunità e delle cure primarie nell'ambito delle figure professionali che devono essere individuate e garantite nelle reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore. Il comma 3-undecies demanda ad un decreto del Ministro della salute l'aggiornamento, con riferimento alla suddetta medicina di comunità e delle cure primarie, delle tabelle relative ai servizi ed alle specializzazioni equipollenti di cui al D.M. 30 gennaio 1998.
Il comma 4 reca le clausole di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 9-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 9.0.4, modifica la cadenza temporale - elevandola da due a tre anni - dell'invio al Ministero della salute, da parte degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), pubblici e privati, dei dati aggiornati relativi al possesso dei requisiti e della documentazione necessaria ai fini della conferma del riconoscimento come IRCCS.
Il presente articolo - di cui le Commissioni riunite propongono l'introduzione con l'approvazione degli identici emendamenti 9.0.6 e 9.0.7 - concerne le ipotesi di contratti di formazione specialistica in medicina e chirurgia (di cui all'articolo 37 e seguenti del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368) non sottoscritti dagli interessati per rinuncia, o non stipulati, e l'impiego delle relative risorse finanziarie.
In particolare, il comma 1 dispone - al fine di assicurare la trasparenza e la tracciabilità delle somme destinate al finanziamento dei contratti in esame - che, prima di ogni prova di ammissione alle scuole di specializzazione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca pubblichi il numero dei contratti di formazione specialistica in medicina e chirurgia (di cui all'articolo 37 e seguenti del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368) non sottoscritti dagli interessati per rinuncia, o non stipulati, dando conto dell'impiego che sia stato effettuato delle somme residue. Queste ultime, ai sensi del comma 2, sono vincolate al finanziamento di ulteriori nuovi contratti, in aggiunta al numero globale degli specialisti da formare nell'anno interessato dal riutilizzo delle risorse.
Si ricorda che l'art. 37 del decreto legislativo n. 368 del 1999[12] stabilisce che, all'atto dell'iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, il medico stipuli uno specifico contratto annuale di formazione-specialistica. Il contratto è finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista.
L’articolo 9-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 9.0.19, modifica la disciplina sui limiti quantitativi al possesso di farmacie da parte di un medesimo soggetto.
In primo luogo, la novella riduce dal venti per cento al dieci per cento il limite, commisurato al totale delle farmacie esistenti nel territorio della singola regione o provincia autonoma, del numero di farmacie che un medesimo soggetto possa controllare, direttamente o indirettamente, ai sensi degli articoli 2359 e seguenti del codice civile.
Tale limite si applica a tutti i soggetti che possono essere titolari dell'esercizio di farmacia privata - persone fisiche, società di persone, società di capitali e società cooperative a responsabilità limitata -.
Si dispone altresì che le società di capitali e le società cooperative a responsabilità limitata, costituite anteriormente all'entrata in vigore della presente novella, siano tenute ad adeguarsi alla riduzione suddetta del limite entro trentasei mesi. Sembrerebbe opportuno che il profilo transitorio sia definito esplicitamente anche per gli altri possibili soggetti summenzionati.
Inoltre, per le ipotesi di violazione dei limiti in oggetto, la novella prevede l'applicazione della procedura di diffida e delle sanzioni amministrative pecuniarie, di cui all'articolo 15 della L. 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Per l'ipotesi di violazione della norma transitoria suddetta, relativa all'adeguamento delle situazioni di superamento del nuovo limite già esistenti, la novella commina - in via sostitutiva delle sanzioni di cui al citato articolo 15 della L. n. 287, le quali si commisurano al valore del fatturato del soggetto - una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 100.000 euro per ogni esercizio di farmacia di cui la società sia titolare e che risulti eccedente il limite. Sembrerebbe opportuno far riferimento anche alle persone fisiche (oltre che alle società) e chiarire se quest'ultima sanzione sia suscettibile di applicazione anche contestualmente alla diffida, tenuto conto che il suddetto articolo 15 prevede la contestualità per i "casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell'infrazione".
Il comma 1 della norma in esame prevede che l’inserimento dei farmaci per uso compassionevole nell’elenco legge 648/1996, costituito presso l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), sia subordinato alla preventiva negoziazione del prezzo tra l’azienda produttrice e la stessa Aifa.
Più in particolare, la norma in esame inserisce il comma 4-ter nel corpo dell’art. 1 del decreto legge 536/1996 (convertito legge 648/1996) stabilendo che medicinali non ancora in commercio in Italia o medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata in Italia potranno essere inseriti nell’elenco dei farmaci compassionevoli (di cui alla legge 648/1996) costituito presso l’Aifa previa negoziazione del prezzo tra l’azienda produttrice e Aifa medesima. Per i medicinali già presenti nell’elenco, il prezzo massimo di cessione a carico del Ssn è quello già applicato e non può superare il prezzo massimo di cessione già rimborsato dal Ssn per le altre indicazioni terapeutiche relative allo stesso medicinale. Sul tema della negoziazione dei farmaci, si ricorda che la legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 553-554, della legge 145/2018) ha demandato ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro il 15 marzo 2019, la definizione dei criteri a cui l'AIFA deve attenersi nel determinare, mediante negoziazione con l'azienda farmaceutica titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), i prezzi dei farmaci rimborsati dal Ssn.
L’articolo 1 del decreto legge 536/1996 (convertito dalla legge 648/1996) consente il cosiddetto uso compassionevole di un farmaco e prevede l'istituzione di un elenco in cui possono essere inclusi, con erogazione a totale carico del SSN, i seguenti medicinali: medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non in Italia; medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica di cui siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda; medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata in Italia.
L'inclusione di un medicinale, con le caratteristiche ora descritte, in tale elenco viene effettuata dall'AIFA su richiesta documentata da parte di associazioni dei malati, di società scientifiche e di organismi sanitari pubblici e privati. L'autorizzazione è concessa dopo attenta valutazione della documentazione a supporto della richiesta, che deve riportare informazioni concernenti il tipo e la gravità della patologia da trattare; l'inesistenza di valide alternative terapeutiche; il numero di soggetti interessati al trattamento; il follow-up; il completamento favorevole di studi clinici di fase 1 e 2; l'ammontare previsto della spesa derivante dall'impiego proposto; lo stato autorizzativo del medicinale in Italia ed in altri Paesi, con indicazione dell'azienda produttrice o fornitrice. I farmaci rimangono iscritti nell'elenco fino al permanere delle esigenze che ne hanno determinato l'inserimento. La prescrizione deve essere effettuata sulla base di un Piano Terapeutico attivato da strutture specializzate ospedaliere o universitarie o da istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Prima della prescrizione il medico deve acquisire il consenso informato scritto del paziente.
Il comma 2 modifica il D.Lgs. 219/2006 recante Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano. La modifica operata dalla lettera a) incide sull’art. 34, comma 6, secondo periodo del Codice, prevedendo che il titolare dell'autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) di un medicinale, in caso di interruzione, temporanea o definitiva, della commercializzazione del medesimo medicinale nel territorio nazionale, ne dia comunicazione all'AIFA non meno di quattro mesi (in luogo dei due attualmente previsti) prima dell'interruzione della commercializzazione del prodotto, fatto salvo il caso di interruzione dovuta a circostanze imprevedibili. Il termine non si applica alle sospensioni della commercializzazione connesse a motivi di sicurezza del prodotto. Il titolare dell'AIC, anche qualora i motivi dell'interruzione abbiano esclusivamente natura commerciale, deve comunque informare l'AIFA dei motivi di tale azione.
La lettera b)
Quando adotta un'iniziativa diretta a ritirare il prodotto dal mercato o a sospenderne la commercializzazione, per ragioni attinenti all'efficacia del medicinale o alla protezione della salute pubblica, il responsabile dell'immissione in commercio del medicinale la notifica immediatamente all'AIFA e alle competenti autorità sanitarie degli altri paesi della Comunità europea interessati; l'AIFA comunica all'EMEA l'iniziativa notificata dal responsabile dell'immissione in commercio del medicinale.
L’articolo 9-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 9.0.500, detta alcune disposizioni in tema di personale del Servizio sanitario nazionale, modificando alcune norme della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018).
Più in particolare, la lettera a), aggiungendo un periodo al comma 365 dell'articolo 1 della legge citata, prevede che le disposizioni di cui ai commi 361, 363 e 364 si applicano alle procedure concorsuali per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico solo qualora le stesse siano bandite dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale dopo il 31 dicembre 2019.
I commi 360-366 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 concernono le modalità delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni, l'esclusione della possibilità di utilizzare le graduatorie concorsuali al fine di assumere idonei e la modifica, in via transitoria, dei termini di vigenza delle graduatorie medesime.
I commi in esame riguardano tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni), con esclusione delle assunzioni del personale scolastico (ivi compresi i dirigenti) e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
I commi 361 e 365 prevedono, con riferimento alle procedure concorsuali delle summenzionate pubbliche amministrazioni, bandite dopo il 1° gennaio 2019, che le relative graduatorie siano impiegate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso - senza, quindi, possibilità di assunzione di idonei -, fermi restando i termini di vigenza delle medesime graduatorie.
Tali termini sono modificati, in via transitoria, dal successivo comma 362, che pone termini di durata specifici a seconda dell'anno di approvazione della graduatoria, con riferimento agli anni 2010-2018, mentre viene confermato il termine già vigente di 3 anni per le graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2019. Viene inoltre esplicitamente confermata la possibilità, per le leggi regionali, di stabilire periodi di vigenza inferiori.
I commi 363 e 364 recano alcune norme di abrogazione, ai fini del coordinamento con il principio summenzionato di cui ai commi 362 e 365.
La lettera b) modifica il comma 687 dell'articolo 1 della citata legge 145/2018, concernente la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale, sostituendo il secondo periodo dello stesso.
Il citato comma 687 prevede che la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN rimanga nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della mancata attuazione nei termini (12 mesi dal 28 agosto 2015, data di entrata in vigore della legge delega) previsti dalla medesima delega di cui all’art. 11, comma 1, lett. b) della L. 124/2015, relativamente alla riorganizzazione e, in particolare, al nuovo inquadramento della dirigenza pubblica.
In proposito si ricorda che tale normativa aveva previsto, tra le altre cose, l’istituzione di un ruolo unico della dirigenza regionale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, che stabiliva la confluenza in tale ruolo di diverse tipologie di dirigenti di ruolo, tra cui la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale (escludendo esplicitamente, invece, la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN) e ferma restando l'applicazione dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 502/1992 per la disciplina relativa alla dirigenza medica e delle professioni sanitarie. Peraltro, l’attribuzione della gestione del ruolo unico sarebbe dovuta spettare ad un’apposita Commissione per la dirigenza regionale.
Si stabilisce inoltre che, con apposito accordo tra Aran e Confederazioni sindacali, ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001, si provveda alla modifica del Contratto collettivo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione per il triennio 2016-2018 del 13 luglio 2016 (GU n. 170/2016).
Il nuovo secondo periodo del citato comma dispone che per il triennio 2019-2021, la citata dirigenza viene compresa nell’Area della contrattazione collettiva della sanità nell’ambito dell’apposito accordo stipulato ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del D.Lgs n. 165/2001.
Si fa quindi riferimento all’Accordo già stipulato (Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità triennio 2016-2018) piuttosto che ad un accordo di modifica della contrattazione collettiva quadro.
Con l’approvazione del subemendamento 9.0.500/1 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre il comma 2 nell’articolo 9-bis. La norma amplia l’esonero dall'obbligo di fatturazione elettronica -per il periodo d'imposta 2019 – previsto dal decreto legge 119/2018 per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, estendendolo, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche, anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.
Per il periodo d’imposta 2019, il Decreto fiscale (decreto legge 119/2018) ha esonerato dall’obbligo di fatturazione elettronica i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4, del D. Lgs. 175/2014, n. 175). I soggetti che rientrano nell’esonero sono:
· le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l’erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri;
· gli esercizi commerciali che svolgono l’attività di distribuzione al pubblico di farmaci;
· gli iscritti agli albi professionali degli psicologi;
· gli iscritti agli albi professionali degli infermieri;
· gli iscritti agli albi professionali delle ostetriche/i;
· gli iscritti agli albi professionali dei tecnici sanitari di radiologia medica;
· gli esercenti l’arte sanitaria ausiliaria di ottico che hanno effettuato la comunicazione al Ministero della salute di cui agli artt. 11, comma 7, e 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46;
· gli iscritti agli albi professionali dei veterinari.
Con l’approvazione del subemendamento 9.0.500/2 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre i commi da 3 a 6 nell’articolo 9-bis, recanti disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica.
Le aziende farmaceutiche titolari di AIC sono tenute a versare, entro il 30 aprile 2019, l’importo complessivo di 2.378 milioni di euro a titolo di recupero integrale delle risorse finanziarie connesse alle procedure di ripiano della spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017. L’AIFA accerta l’avvenuto versamento dell’importo di 2.378 milioni di euro entro il 31 maggio 2019 computando gli importi già versati per i ripiani degli anni 2013-2017 e gli importi versati a seguito degli effetti delle transazioni relative ai contenziosi sul ripiano per gli anni 2013, 2014 e 2015 e delle procedure successive alla conclusione delle medesime transazioni. L’accertamento positivo del conseguimento della somma complessivamente prevista di 2.378 milioni di euro è sattisfattivo di ogni obbligazione a carico di ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC tenuta al ripiano per gli anni dal 2013 al 2017 e ne consegue l’estinzione del diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo, aventi ad oggetto le determinazioni AIFA relative ai ripiano della spesa farmaceutica per gli anni sopra indicati.
Qualora alla data del 15 febbraio 2019 non sia perfezionato il recupero integrale delle risorse finanziarie connesse alle procedure di ripiano della spesa farmaceutica per gli anni dal 2013 al 2015 e per l’anno 2016, nonché per l’anno 2017 per la spesa per acquisti diretti (ovvero spesa farmaceutica ospedaliera), il direttore generale dell’AIFA accerta che entro il 30 aprile 2019 le aziende farmaceutiche titolari di AIC versino, a titolo di ripiano della spesa farmaceutica stessa, almeno l’importo complessivo di 2.378 milioni di euro. Al fine di semplificare le modalità di versamento, le aziende farmaceutiche si avvalgono del Fondo istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, ridenominato allo scopo “Fondo per payback 2013-2017” (comma 1-bis).
L’art. 1, comma 582, della legge di bilancio 2019 ha stabilito che, qualora alla data del 15 febbraio 2019, il Ministero dell'economia e delle finanze, le regioni e le province autonome non abbiano recuperato le risorse finanziarie relative al ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017, mediante l’apposito Fondo per payback 2013-2014-2015 al quale sono riassegnati gli importi relativi alle quote di ripiano versati all'entrata del bilancio dello Stato dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC, i limiti di spesa farmaceutica per gli acquisti diretti e per la farmaceutica convenzionata sono calcolati (fino al recupero integrale delle suddette risorse) con riferimento (come base di calcolo) al fabbisogno sanitario nazionale standard previsto per il 2018.
L’accertamento dell’avvenuto versamento dell’importo di 2.378 milioni di euro è compiuto entro il 31 maggio 2019, anche sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze nonché delle regioni interessate, ed è effettuato computando gli importi già versati per i ripiani degli anni 2013-2017 e degli importi versati a seguito degli effetti, che restano fermi, delle transazioni relative ai contenziosi sul ripiano del superamento dei tetti di spesa per gli anni 2013, 2014 e 2015 e delle procedure successive alla conclusione delle medesime transazioni (ai sensi dell’art. 1, comma 390, della legge di bilancio 2018 legge 205/2017 e dell’art. 22-quater del decreto legge 119/2018 che rende le transizioni valide per la parte pubblica con la sola sottoscrizione dell'AIFA) L’esito dell’accertamento è comunicato sul sito istituzionale dell’AIFA (comma 1-ter).
L’accertamento positivo del conseguimento della somma complessivamente prevista di 2.378 milioni di euro è sattisfattivo di ogni obbligazione a carico di ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC tenuta al ripiano della spesa farmaceutica per gli anni dal 2013 al 2017 e ne consegue l’estinzione del diritto, per cessata materia del contendere, a spese compensate, delle liti pendenti dinanzi al giudice amministrativo, aventi ad oggetto le determinazioni AIFA relative ai ripiano della spesa farmaceutica per gli anni sopra indicati. L’AIFA è tenuta a comunicare l’esito dell’accertamento alle segreterie degli organi giurisdizionali presso i quali pendono i giudizi inerenti l’attività di recupero del ripiano della spesa farmaceutica degli anni 2013-2017 (comma 1-quater).
A seguito dell’accertamento positivo, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’AIFA, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, è ripartito tra le regioni e le province autonome l’importo giacente sul Fondo per payback 2013-2017 (comma 1-quinquies).
L’articolo 9-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 9.0.38, modifica le modalità di consegna delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT). In base alla modifica, il disponente dovrà consegnare le DAT all'ufficio dello stato civile ove fu iscritto o trascritto il proprio atto di nascita (attualmente all’ufficio dello stato civile del Comune di residenza). Le DAT sono annotate all’interno dell’atto di nascita. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, l'ufficio dello stato civile che ha ricevuto in consegna le DAT del cittadino residente le trasmette all'ufficio dello stato civile ove fu iscritto o trascritto l'atto di nascita del medesimo. Entro il 30 giugno 2019, un regolamento dovrà stabilire le modalità di raccolta delle DAT presso la banca dati istituita presso il Ministero della salute, nonché le procedure di trasmissione delle stesse da parte dei soggetti che formano o ricevono l'atto. Infine, le DAT consegnate prima dell’avvio della banca dati sono rese consultabili dal soggetto che le ha formate o ricevute esclusivamente al medico in relazione di cura con il disponente, e previa richiesta del medico stesso, da conservare agli atti.
La norma in esame modifica l’art. 4, comma 6, della legge 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento (DAT).
La legge 22 dicembre 2017, n. 219 ha disciplinato le modalità di espressione e di revoca del consenso informato, la legittimazione ad esprimerlo e a riceverlo, l'ambito e le condizioni, e ha regolamentato le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), con le quali il dichiarante enuncia, in linea di massima, i propri orientamenti sul "fine vita" nell'ipotesi in cui sopravvenga una perdita irreversibile della capacità di intendere e di volere. La legge affronta anche il tema della terapia del dolore, del divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e della dignità nella fase finale della vita.
La redazione delle DAT può avvenire in diverse forme: atto pubblico, scrittura privata autenticata, scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del proprio Comune di residenza, che provvede all'annotazione in un apposito registro, se istituito. Le DAT potranno inoltre essere consegnate personalmente presso le strutture sanitarie, nel caso in cui le Regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Ssn, abbiano, con proprio atto, regolamentato la raccolta di copia delle DAT, compresa l'indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella Banca dati. Le DAT sono esenti dall'obbligo di registrazione, dall'imposta di bollo, e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa (sul punto si rinvia alla circolare del Ministero dell'interno). Analogamente a quanto previsto per l'espressione del consenso informato, è permesso che, qualora le condizioni fisiche del paziente non consentano di utilizzare la forma scritta, le DAT possono essere espresse anche attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Con le stesse forme, in qualsiasi momento, può avvenire il rinnovo, la modifica o la revoca delle DAT.
Più in particolare, il comma 1, lettera a) della disposizione in esame modifica le modalità di consegna delle DAT. Attualmente, le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all'annotazione in apposito registro, ove istituito. Con la modifica proposta, le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata "purché questa sia consegnata dal disponente all'ufficio dello stato civile ove fu iscritto o trascritto il proprio atto di nascita, nel quale l'ufficio medesimo la annota". Conseguentemente, le DAT, dovranno essere consegnate dal disponente all’ufficio dello stato civile ove è stato iscritto o trascritto l’atto di nascita del medesimo e non saranno più annotate in un apposito registro, se istituito, bensì annotate all’interno dell’atto di nascita del disponente stesso. La norma ora in esame non specifica, come attualmente, che le DAT devono essere consegnate personalmente, sembrerebbe pertanto che siano ammesse ulteriori modalità di consegna, quali via pec.
Si ricorda che, ai sensi del regolamento dello stato civile (DPR 396/2000, art. 28) negli archivi dello stato civile di ciascun comune si iscrivono le dichiarazioni di nascita rese direttamente all'ufficiale dello stato civile e si trascrivono:
a) le dichiarazioni di nascita rese al direttore sanitario dell'ospedale o della casa di cura in cui è avvenuta la nascita;
b) gli atti di nascita ricevuti all'estero;
c) gli atti e i processi verbali relativi a nascite avvenute durante un viaggio marittimo, aereo o ferroviario;
d) gli atti di nascita ricevuti dagli ufficiali designati per le operazioni eseguite dalle forze di pace o di guerra;
e) le sentenze straniere e i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione in materia di nascita;
f) i decreti di cambiamento o aggiunta di nome e cognome e i provvedimenti che revocano o annullano i decreti medesimi;
g) i provvedimenti in materia di adozione.
Il comma 1, lettera b) introduce nel corpo dell’art. 4 il comma 8-bis, che provvede a regolamentare le modalità di raccolta delle DAT presso la banca dati istituita presso il Ministero della salute. Più in particolare, un regolamento interministeriale (Salute/Interno/Giustizia/Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e Pubblica Amministrazione) da emanarsi entro il 30 giugno 2019, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, dovrà stabilire le modalità di raccolta delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) presso la banca dati istituita dall’art. 1, comma 418, della legge di bilancio 2018 (legge 205/2017), nonché le procedure di trasmissione delle stesse da parte dei soggetti che formano o ricevono l'atto (ufficio dello stato civile del comune ove fu iscritto o trascritto l’atto di nascita del disponente oppure presso le strutture sanitarie, ai sensi del comma 6m come modificato dalla norma in esame). Con il medesimo regolamento, sono, altresì, stabiliti i requisiti per l'accesso e la consultazione della banca dati da parte dei soggetti legittimati, nonché le particolari modalità di raccolta, trasmissione, accesso e consultazione, per le DAT presentate prima della realizzazione della banca dati.
Conseguentemente, l’art. 1, comma 419, della legge di bilancio 2018, che attualmente provvede a regolamentare la banca dati DAT, è abrogato.
La legge 219/2017 è entrata in vigore il 31 gennaio 2018, ma non è stata ancora completamente attuata, in quanto non è ancora operativa la banca dati, presso il Ministero della salute, destinata alla registrazione delle DAT. Per l'attuazione della banca dati, la legge di bilancio 2018 (legge 205/2017, articolo 1, commi 418 e 419) aveva autorizzato, per il 2018, la spesa di 2 milioni di euro, demandando ad un decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio 2018, le modalità di registrazione delle DAT. Il decreto non è stato ancora emanato in quanto il Ministero della salute ha preventivamente richiesto un parere al Consiglio di Stato, che si è espresso sulla materia con il parere del 31 luglio 2018. In ultimo, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 573, della legge 145/2018) ha autorizzato, a decorrere dal 2019, la spesa di 400 mila euro annui per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario (DAT).
Il comma 1, lettera c) inserisce nel corpo dell'articolo 6, il comma 1-bis che prevede che le DAT redatte secondo ciascuna delle modalità previste (per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata, ai sensi dell'articolo 4, comma 6, legge 219/2017) in epoca antecedente al funzionamento della banca destinata alla registrazione delle DAT, sono rese consultabili, anche mediante estrazione di copia, dal soggetto che le ha formate o ricevute esclusivamente al medico in relazione di cura con il disponente, e previa richiesta del medico stesso, da conservare agli atti.
Infine, il comma 2 dispone che, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, l'ufficio dello stato civile che ha ricevuto in consegna la DAT del cittadino residente la trasmetta all'ufficio dello stato civile ove fu iscritto o trascritto l'atto di nascita del medesimo.
L'emendamento demanda ad un decreto ministeriale la definizione della metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), affida ad un Comitato paritetico la proposta di ridefinizione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale, definisce i casi in cui la regione è considerata adempiente agli obblighi di contenimento delle spese di personale e impone alle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari o ai piani operativi obblighi in materia di revisione degli obiettivi di spesa del personale.
L'emendamento, proposto dalle Commissioni riunite, si compone di un unico comma che introduce cinque commi aggiuntivi dopo il comma 274 della legge n.145 del 2018.
Il comma 1, capoverso "274-bis", dispone che entro 40 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019, è definita la metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del SSN ai fini della valutazione dell'adeguatezza delle risorse utilizzate.
Tale definizione è demandata ad un decreto del Ministro della salute adottato di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza Stato-regioni e province autonome.
Il decreto tiene conto di quanto previsto in materia di definizione dei piani triennali dei fabbisogni di personale e dei relativi provvedimenti applicativi, nonché dei principi metodologici e del modello previsionale per la determinazione dei fabbisogni formativi dei professionisti sanitari.
Al riguardo, si ricorda che i piani triennali dei fabbisogni sono disciplinati dall'art.6, comma 2, del d.lgs. n.165 del 2001, come modificato da ultimo dall'art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 75 del 2017.
Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adottare detto piano triennale, che deve risultare coerente con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le linee di indirizzo. Nel caso in cui siano rilevate eccedenze di personale, si procede alla ricollocazione nell'ambito della medesima amministrazione, anche mediane forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni o, in caso di impossibilità, alla messa in disponibilità. Nell'ambito del Piano, le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di assicurare l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso l’attuazione coordinata dei processi di mobilità e di reclutamento del personale, anche con riferimento alle assunzioni obbligatorie delle categorie protette. Il piano deve essere accompagnato dall'indicazione delle risorse finanziarie destinate alla sua attuazione, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio, nonché di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente.
L'emendamento precisa che la richiamata definizione della metodologia avviene nelle more della definizione del Patto per la Salute 2019-2021.
Il capoverso "274-ter" affida al Ministero della salute il compito di istituire un Comitato paritetico per la predisposizione di una proposta di revisione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale delle Aziende e degli enti del SSN.
L'emendamento prevede che del Comitato facciano "altresì" parte rappresentanti dei Dipartimenti per gli Affari regionali e le autonomie, della funzione pubblica, del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché delle Regioni e delle Province autonome.
In proposito, sebbene non esplicitato, la richiamata disposizione pare doversi interpretare nel senso che i richiamati componenti si aggiungano ai rappresentati del Ministero della salute.
Il Comitato opera avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
Il capoverso "274-quater" stabilisce che nelle more dell'entrata in vigore della revisione normativa la cui proposta è affidata al Comitato, la regione è considerata "adempiente" (verosimilmente rispetto alle disposizioni in materia di contenimento delle spese di personale sanitario):
§ qualora consegua l'obiettivo di contenimento della spesa di personale previsto all'articolo 2, comma 71, della legge n.91 del 2009.
La citata disposizione stabilisce che gli enti del SSN concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che la spesa del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'Irap, non superi il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4%. A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni;
§ qualora, in alternativa, raggiunga l'equilibrio economico nell'anno di riferimento e, "comunque", nei 6 anni precedenti abbia garantito i livelli essenziali di assistenza ed abbia avviato con atti di Consiglio o di Giunta il processo di adeguamento alle disposizioni di cui al DM 2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera).
Il capoverso "274-quinquies" stabilisce che le Regioni sottoposte a Piani di rientro dai deficit sanitari o ai Programmi operativi di prosecuzione di detti piani, aggiornano gli obiettivi di spesa del personale entro 40 giorni dalla data di adozione della richiamata normativa in materia di costo del personale, la cui proposta è demandata al Comitato paritetico. Ciò dovrà peraltro avvenire nel rispetto del tetto di spesa complessivo stabilito dai medesimi Piani o Programmi.
Si ricorda che le regioni interessate dalla disposizione in esame sono Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise.
Il capoverso 274-sexies abroga i commi 3-bis e 3-ter, nonché, dalla data di entrata in vigore delle disposizioni sul costo del personale (di cui al comma 274-ter), il comma 3 dell'articolo 17 del D.L. n.98 del 2011.
Il comma 3 da ultimo richiamato prevede che le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 71 e 72, della legge n.191 del 2009 si applicano anche in ciascuno degli anni dal 2013 al 2020.
Per il comma 71 si rinvia a quanto brevemente richiamato in sede di commento al capoverso "274-quater". Il comma 72 contiene una serie di adempimenti a carico degli enti del Servizio sanitario nazionale chiamati (dal comma 71) ad adottare misure per il contenimento delle spese di personale.
L'art 17, comma 3-bis, del D.L. n.98 del 2011 riguarda le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 con un rinvio alle modalità di cui all'articolo 2, comma 73, della citata legge n. 191 del 2009 (che prevede il coinvolgimento del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti ex articolo 12 dell'intesa 23 marzo 2005). La regione è giudicata adempiente: i) ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi; ii) in alternativa, per gli anni dal 2013 al 2019, qualora abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti dal richiamato articolo 2, commi 71 e 72, della legge n. 191 del 2009.
Il comma 3-ter stabilisce che per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari o ai Programmi operativi di prosecuzione di detti Piani restano comunque fermi gli specifici obiettivi ivi previsti in materia di personale.
Con l'approvazione dell'emendamento 9.0.600 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 9-bis, che novella la normativa vigente in materia di ricetta medico veterinaria, consentendone la prescrizione in forma cartacea - anziché in formato elettronico come obbligatorio dal 1° gennaio 2019 - in casi di comprovata impossibilità e per animali non produttori di alimenti.
L’articolo 9-bis, la cui introduzione nella legge di conversione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 9.0.600, prevede la possibilità per il medico veterinario, sotto la propria responsabilità, di derogare all’obbligo di ricetta elettronica, prescrivendo la ricetta in forma cartacea, solo nei casi di comprovata impossibilità ed esclusivamente con riferimento ad animali non produttori di alimenti.
Si ricorda che l'obbligo di prescrizione elettronica per le ricette di medicinali veterinari a partire dal 1° settembre 2018 è stato introdotto da novelle inserite nell’ordinamento dalla Legge europea 2017 (art. 3, L. 20 novembre 2017, n. 167) al fine di agevolare, mediante il sistema informatizzato di registrazione dei dati relativi alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione dei medicinali veterinari, il conseguimento degli obiettivi di tutela della salute pubblica, posti dalla direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001. Tale direttiva ha codificato, a livello comunitario, la normativa su questo tipo di medicinali, attuando, in particolare, l'obbligo di registrazione degli stessi. Successivamente, l’art. 8, commi 1 e 2, del DL. 91/2018 (L. 171/2018) di proroga di alcune disposizioni legislative, ha posticipato (dal 1° settembre 2018) al 1° gennaio 2019 l’obbligo di redazione in formato elettronico delle ricette dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati. La proroga al 1° gennaio 2019 è stata motivata dalla circostanza che era ancora in corso di emanazione il decreto del Ministro della salute relativo alle modalità applicative del modello di ricetta elettronica (qui il Decreto poi emanato nel dicembre 2018) per la tracciabilità dei medicinali in esame; si è reso infatti necessario, in via preliminare rispetto all'emanazione di tale decreto, lo svolgimento di un'accurata istruttoria e di un'attività di formazione degli operatori degli enti territoriali e di informazione delle categorie dei soggetti interessati.
Il decreto ministeriale ha in particolare definito le modalità in base alle quali i produttori, i depositari, i grossisti, le farmacie, le parafarmacie, i titolari delle autorizzazioni alla vendita diretta e al dettaglio di medicinali veterinari ed i medici veterinari inseriscono nella banca dati centrale (istituita presso l'AIFA con il D.M. 15 luglio 2004, al fine di monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo) i seguenti dati: a) informazioni relative all'inizio dell'attività di vendita, ad ogni sua variazione intervenuta successivamente e alla sua cessazione, nonché all'identità dell'acquirente della medesima attività; b) i dati concernenti la produzione e la commercializzazione dei medicinali veterinari.
Inoltre, l’articolo in commento prevede che se le prescrizioni di medicinali veterinari sono, in base al disposto del comma precedente, effettuate in forma cartacea e riguardano medicinali con sostanze ad azione antimicrobica, lo stesso medico veterinario che le ha prescritte è tenuto ad uno specifico obbligo di comunicazione, vale a dire trasmettere, via PEC, nel termine di 7 giorni lavorativi, copia della medesima ricetta al servizio veterinario competente per territorio e al Centro Servizi Nazionale istituito presso l’IZS per l’Abruzzo e Molise (D.M. 2 marzo 2001).
Si ricorda che presso il citato Istituto zooprofilattico il Ministero della salute ha attivato il Centro operativo veterinario per l’epidemiologia, la programmazione e l’informazione.
Al comma 1, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, si prevede che, in deroga alla procedura ordinaria fissata all'articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2011 ed al successivo D.M. n. 138 del 2017, siano dichiarati vincitori i candidati ammessi al corso di formazione dirigenziale e tirocinio del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento di dirigenti scolastici ed assunti secondo l’ordine di graduatoria di ammissione al corso medesimo.
Al comma 2, come modificato dall’emendamento 10.500 approvato dalle Commissioni riunite, si prevede che le risorse pari a 8,26 milioni di euro, stanziate solo per l’anno 2018 (e non più per ciascuno degli anni 2018 e 2019), al fine del semi-esonero del personale frequentante il corso di formazione dirigenziale e tirocinio – non più necessarie ai sensi del comma 1 – confluiscano nel Fondo “La Buona Scuola” di cui all’articolo 1, comma 202, della legge n. 107 del 2015, per essere destinate alle assunzioni di personale.
Il comma 2-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500 (come modificato dal subemendamento 10.500/2 testo 2), modifica l’articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 relativo alle procedure di reclutamento dei dirigenti scolastici, stabilendo a regime una nuova modalità di reclutamento che non prevede più il corso-concorso, ma esclusivamente il concorso.
Il comma 2-ter, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, autorizza il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per reclutare 50 dirigenti tecnici in deroga alle ordinarie procedure autorizzatorie per l’assunzione di personale dirigenziale nelle amministrazioni pubbliche, fermo restando il limite dei posti vacanti e disponibili nel relativo organico.
Il comma 2-quater, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, differisce fino al 31 dicembre 2019 gli incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale nell’ambito del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previsti all’articolo 1, comma 94, della legge n. 107 del 2015 per il triennio 2016-2018. Se alla scadenza della proroga non sono ancora stati immessi in ruolo i vincitori del concorso di cui al precedente comma 2-ter (cioè i dirigenti tecnici del Ministero), possono essere conferiti nuovi incarichi con le stesse procedure della legge n. 107 del 2015, che comunque terminano con l’immissione in ruolo dei summenzionati vincitori del concorso.
Il comma 2-quinquies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, stabilisce che il reclutamento di cui al comma 2-ter e gli incarichi i cui al comma 2-quater si effettuano nel limite di una maggiore spesa di personale pari a 7,26 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mentre per il 2019 è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro per lo svolgimento del sopracitato concorso per dirigente tecnico.
Il comma 2-sexies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, dispone che ai presidenti delle commissioni d’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione è dovuto un compenso, nel limite di una maggiore spesa non superiore a 7,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. La misura individuale del compenso è definita in sede di contrattazione collettiva, tenendo conto del numero di classi per le quali è svolta la funzione del presidente. Nelle more della contrattazione essa è definita con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Il comma 2-septies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, incrementa di 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2020 il Fondo di funzionamento di cui all’articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006.
Il comma 2-octies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, precisa l’ambito di applicazione del vincolo di cui all’articolo 13, comma 3, terzo periodo, del d.lgs. n. 59 del 2017. In dettaglio, stabilisce che il personale docente ed educativo di ogni ordine e grado di istruzione, qualunque sia la procedura utilizzata per il reclutamento, una volta confermato in ruolo nella scuola dove ha svolto il periodo di prova è tenuto a rimanervi, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni.
Il comma 2-nonies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, modifica l’articolo 1, comma 10-bis, del decreto-legge n. 210 del 2015 nell’ottica di ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle scuole fino all’immissione in ruolo dei vincitori del concorso di cui al comma 1. In dettaglio:
- si proroga dall’anno scolastico 2018-2019 all’anno scolastico 2019-2020 il termine per l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento;
- si rendono omogenei i termini per l’aggiornamento delle graduatorie di istituto, non più distinti in prima, seconda e terza fascia, stabilendo che le predette graduatorie siano aggiornate dall’anno scolastico 2019-2020 per il triennio successivo.
Il comma 2-decies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, reca la copertura finanziaria delle nuove disposizioni summenzionate. In particolare, all’onere derivante dal comma 2-quinquies, pari a 7,76 milioni di euro per il 2019 e a 7,26 milioni di euro a decorrere dal 2020, e a quello derivante dal comma 2-septies, pari a 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2020, si provvede in pari misura a valere sui risparmi di spesa recati dai commi 1 e 2-bis. All’onere derivante al comma 2-sexies, pari a 7,1 milioni di euro a decorrere dal 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui alla legge n. 440 del 1997.
Il comma 1 prevede una deroga alla procedura ordinaria di reclutamento dei dirigenti scolastici fissata all'art. 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché al successivo D.M. n. 138 del 2017, anticipando l’assunzione dei vincitori al momento dell'ammissione dei candidati al corso conclusivo del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, per l’assunzione di 2.425 dirigenti scolastici, bandito nella G.U. del 24 novembre 2017, di cui 9 destinati alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia. Si prevede altresì che il periodo di formazione e prova sia disciplinato dai decreti di cui all'articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Nella Relazione illustrativa si evidenzia che il modello concorsuale attuale delineato dalla normativa primaria e secondaria si sostanzia in una procedura estremamente lunga e complessa, inidonea, in sede di prima applicazione, a sopperire alle criticità organizzative delle istituzioni scolastiche, tanto che nell'anno scolastico 2018-2019 sono 1.536 i posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili. L'intervento in oggetto si giustificherebbe dunque nell'ottica di accelerare, in prima applicazione, lo svolgimento della procedura per il reclutamento dei dirigenti scolastici che, se svolta secondo la procedura ordinaria, renderebbe impossibile le immissioni in ruolo a decorrere dal 2019-2020 e dunque nell'ottica del preminente interesse alla funzionalità del sistema scolastico.
La procedura ordinaria di reclutamento dei dirigenti scolastici
Il sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici è stato riformato, da ultimo, dalla L. di stabilità 2016 (L. 208/2015: articolo 1, co. 217 e 218), che ha affidato al MIUR, sentito il MEF, l'emanazione del bando per il corso-concorso selettivo di formazione, per tutti i posti vacanti nel triennio. Al corso-concorso possono partecipare i docenti e il personale educativo di ruolo con almeno cinque anni di servizio.
La normativa primaria è contenuta nell'art. 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 (oggetto di modifica dal comma 2-bis del provvedimento in esame, su cui si veda infra) che prevede che il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dal MIUR, sentito il MEF, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Al corso-concorso possono essere ammessi candidati in numero superiore a quello dei posti, secondo una percentuale massima del 20 per cento. Al concorso per l'accesso al corso-concorso può partecipare il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali in possesso del relativo diploma di laurea magistrale ovvero di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, che abbia maturato un'anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza di almeno cinque anni. Il concorso può prevedere una prova preselettiva e comprende una o più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che superano l'eventuale preselezione, e una prova orale, a cui segue la valutazione dei titoli. Il corso-concorso si svolge in giorni e orari e con metodi didattici compatibili con l'attività didattica svolta dai partecipanti, con eventuale riduzione del loro carico didattico. Le spese di viaggio e alloggio sono a carico dei partecipanti. Con decreto del MIUR sono definite le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, la durata del corso e le forme di valutazione dei candidati ammessi al corso. E', quindi, intervenuto il regolamento emanato D.M. 3 agosto 2017, n. 138, che ha previsto un corso-concorso articolato in tre fasi (eventuale prova pre-selettiva; concorso di ammissione al corso di formazione dirigenziale; corso di formazione dirigenziale e tirocinio).
La prova preselettiva è svolta solo se il numero dei candidati al concorso pubblico per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale sia complessivamente superiore a tre volte quello dei posti disponibili a livello nazionale. Le prove di esame del concorso pubblico per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale e tirocinio si articolano:
o in una prova scritta, da svolgersi con l'ausilio di sistemi informatici e consistente in cinque quesiti a risposta aperta e in due quesiti in lingua straniera;
o in una prova orale, consistente in un colloquio sulle materie d’esame della prova scritta e volta altresì ad accertare la conoscenza di lingue straniere, di strumenti informatici nonché alla risoluzione di un caso riguardante la funzione del dirigente scolastico.
I candidati che abbiano superato le prove di concorso sono ammessi al corso conclusivo del corso-concorso – consistente nel corso di formazione dirigenziale e tirocinio – sulla base di una prima graduatoria generale nazionale per merito e titoli derivante dalla somma dei punteggi conseguiti nelle prove scritte ed orali nonché dei titoli posseduti.
Il corso di formazione dirigenziale e tirocinio selettivo è finalizzato all'arricchimento delle competenze professionali e culturali possedute dai candidati, in relazione alle funzioni proprie del dirigente scolastico, e comprende:
o due mesi di corso di formazione generale, parte integrante della procedura concorsuale e svolto presso le università e composto di quattro moduli formativi della durata complessiva di 240 ore di lezione, con frequenza obbligatoria minima di 180 ore di lezione ai fini dell’ammissione al successivo tirocinio;
o quattro mesi di tirocinio svolti presso le istituzioni scolastiche al termine dei quali i candidati devono sostenere ulteriori prove ed in particolare:
o una prova scritta consistente in un elaborato di carattere teorico-pratico, sulle materie oggetto dei moduli formativi previsti dal corso di formazione generale e superata se si consegue una votazione di almeno 70 centesimi;
o un colloquio finale, consistente in quattro domande, una per ognuno dei moduli formativi previsti corso di formazione generale, nonché in una domanda di carattere tecnico-pratico relativa al tirocinio svolto.
Ai sensi dell’art. 20 del D.M. n. 138 del 2017 sono dichiarati vincitori del corso-concorso i candidati utilmente collocati nella graduatoria generale di merito conclusiva del corso di formazione dirigenziale e tirocinio, formulata secondo il punteggio conseguito nelle prove scritta e orale del corso di formazione medesimo.
L’iter concorsuale finora seguito nel corso-concorso bandito nel 2017 Nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale del 24 novembre 2017 - è stato, dunque, pubblicato il bando del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, per 2416 posti, cui si aggiungono 9 posti destinati alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia. Con comunicato stampa del 29 dicembre 2017, il MIUR aveva comunicato che erano state effettivamente inoltrate 35.044 domande e che l'età media dei candidati era di 49 anni. Il 24 luglio 2018 il MIUR aveva reso noto che alla prova preselettiva avevano partecipato 24.082 candidati, di cui 17.279 donne e 6.803 uomini e che gli ammessi alle prove scritte erano, in virtù degli ex-aequo, 8.736 (più i candidati in possesso dei requisiti previsti dall'art. 20, co. 2 bis, della L. 104/1992). Qui il D.D. 1134 del 24 luglio 2018 e l'allegato elenco degli ammessi. Nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale del 14 settembre 2018 è stato pubblicato il diario della prova scritta, che si è svolta il 18 ottobre 2018 , tranne - a causa del maltempo - in Sardegna. Nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale del 9 novembre 2018 - è stato pubblicato il diario della prova scritta in Sardegna, che si è svolta il 13 dicembre 2018. Il 12 dicembre 2018 sono stati pubblicati sul sito del MIUR i quadri di riferimento della prova scritta del corso-concorso nazionale. La deroga prevista al comma 1 si applica anche al corso concorso bandito per la copertura dei 9 posti di dirigenti scolastici nelle scuole di lingua slovena o bilingue. Ai sensi dell'art. 17, comma 1-ter del d.l. n. 104/2013 (conv. in L. n. 128/2013) e del conseguente art. 23 D.M. n. 138/2017 si è previsto che, contestualmente al corso-concorso nazionale, sia bandito il corso-concorso anche per le scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in analogia con le disposizioni previste dal regolamento per il concorso pubblico nazionale. Una parte del concorso viene effettuata in lingua slovena e nella commissione giudicatrice deve essere presente almeno un membro con piena conoscenza della lingua slovena. |
Il comma 1 fa salvo il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
L'art. 39, comma 3, della legge n. 449 del 1997, prevede che per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi all'attuazione della riforma amministrativa, garantendo il rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, a decorrere dall'anno 2000 il Consiglio dei ministri definisce preliminarmente le priorità e le necessità operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalità. In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale. La disposizione suddetta si applica anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.
Occorre valutare l'opportunità di uniformare alla citazione normativa in oggetto - che appare corretta nel senso di riferirsi al solo comma 3 dell'articolo 39 della legge n. 449 del 1997 - quella prevista dall'articolo 29 del d. lgs. n. 165 del 2001 che invece ancora si riferisce al comma 3-bis dell'articolo 39 cit., che riguarda le amministrazioni ad ordinamento autonomo e dunque non si applica ai dirigenti scolastici.
Occorrerebbe inoltre aggiungere al comma 1 dell'articolo 10, alle parole: "legge 27 dicembre 1997, n. 449", le seguenti "e successive modificazioni".
Al comma 2, modificato dall’emendamento 10.500, si prevede che le risorse pari a 8,26 milioni di euro, stanziate solo per l’anno 2018 (e non più per ciascuno degli anni 2018 e 2019), al fine del semi-esonero del personale frequentante il corso di formazione dirigenziale e tirocinio – non più necessarie ai sensi del comma 1 – confluiscano nel Fondo “La Buona Scuola” di cui all’articolo 1, comma 202, della legge n. 107 del 2015, per essere destinate alle assunzioni di personale. Si tratta quindi di risorse "liberate" in quanto non più connesse allo svolgimento del corso-concorso relativo alla procedura concorsuale per dirigenti scolastici in atto, essendo prevista l'assunzione diretta dei candidati ammessi al corso, ma restano comunque finalizzate alle assunzioni di personale.
La legge n. 107 del 2015, all’articolo 1, comma 202, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca un «Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica», al cui riparto si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il comma 2-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, come modificato dal subemendamento 10.500/2 (testo 2), novella in più parti l’articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 relativo alle procedure di reclutamento dei dirigenti scolastici, stabilendo a regime una nuova modalità di reclutamento che non prevede più il corso-concorso, ma esclusivamente il concorso. Si riportano in dettaglio le modifiche apportate dal comma in esame all’articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2001, già modificato dalla legge n. 208 del 2015:
- la lett. a) sostituisce la modalità del corso-concorso selettivo di formazione con quella del concorso per titoli ed esami;
- la lett. b) sopprime il periodo relativo alla possibilità di ammettere al corso-concorso candidati in numero superiore a quello dei posti;
- la lett. c) modifica i requisiti per l’accesso al concorso (e non più al corso-concorso), specificando che i candidati devono avere un’anzianità complessiva di almeno cinque anni ed essere confermati in ruolo;
- la lett. d) sopprime il riferimento alle modalità di svolgimento del corso-concorso e alle relative spese di vitto e alloggio. Non è quindi più prevista la possibilità riduzione del carico didattico per i partecipanti, non essendo più obbligatorio frequentare il corso;
- la lett. e) sostituisce l’ultimo periodo dell’articolo 29, prevedendo l’adozione di uno o più decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca per la definizione delle modalità di svolgimento del concorso e dell’eventuale preselezione, le prove concorsuali, le relative valutazioni, nonché il periodo di formazione e di prova. Si ricorda che tali aspetti, a legislazione vigente, con riferimento al corso-concorso, sono disciplinati dal summenzionato D.M. 3 agosto 2017, n. 138;
- la lett. f) aggiunge un periodo all’articolo 29 relativo al primo concorso bandito successivamente al 1° gennaio 2019. In questa prima tornata concorsuale con la nuova disciplina, è assicurato un punteggio aggiuntivo in sede di valutazione dei titoli a quei concorrenti cui sia stata conferita, per almeno due interi anni scolastici, la qualifica di dirigente scolastico e che abbiano svolto le relative funzioni senza essere mai stati valutati negativamente. Tali soggetti sono ammessi direttamente alle prove scritte del concorso (senza quindi la preselezione). A coloro tra i medesimi soggetti che abbiano anche superato le prove sia scritte che orali di precedenti concorsi pubblici per dirigenti scolastici è riservato il 30 per cento dei posti.
Il comma 2-ter, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, autorizza il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per reclutare 50 dirigenti tecnici, fermo restando il limite dei posti vacanti e disponibili nel relativo organico. Si precisa che tale concorso è derogatorio rispetto alle normali procedure autorizzatorie e all'articolo 4, commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quinquies del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013, nonché in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 300, 302 e 344 della legge n. 145 del 2018.
Le norme che vengono derogate e che dunque non si applicano al concorso per dirigenti tecnici dispongono quanto segue:
- l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013, stabilisce che per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica:
a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza (tale norma risulta abrogata dal 1° gennaio 2019, ma non per il personale scolastico, inclusi i dirigenti, né per il personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica);
- l'articolo 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013, stabilisce che per la copertura di posti in organico, le amministrazioni effettuano prima le procedure in materia di trasferimento unilaterale del personale eccedentario;
- l'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, stabilisce che i vincitori e gli idonei di concorsi pubblici, una volta approvate le graduatorie, possono essere assunti anche da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate (tale norma risulta abrogata dal 1° gennaio 2019, ma non per il personale scolastico, inclusi i dirigenti, né per il personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. Nel comma 2-ter in esame si prevede un concorso per dirigenti tecnici del Ministero, che non dovrebbero rientrare nella categoria di personale scolastico, per cui la norma dovrebbe intendersi come abrogata: se così fosse, non andrebbe richiamata nel comma 2-ter);
- l'articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge n. 101 del 2013 e l'articolo 1, comma 300, della legge n. 145 del 2018, stabiliscono che il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche si svolge mediante concorsi pubblici unici, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento, organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- l'articolo 1, commi 302 e 344, della legge n. 145 del 2018, stabilisce che ciascuna amministrazione di cui al comma 301 (tra cui anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) trasmette, entro il 31 marzo di ciascuno anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze i dati concernenti le procedure concorsuali che intende avviare e quelli concernenti il personale dirigenziale di livello non generale e non dirigenziale da assumere, in relazione al fabbisogno e nell'ambito della propria dotazione organica, nonché la spesa annua lorda, per ciascuna annualità e a regime, effettivamente da sostenere per il trattamento economico complessivo, tenuto conto del costo unitario annuo per ciascuna qualifica di personale da assumere. All'esito delle verifiche operate dai predetti Dipartimenti, le amministrazioni sono autorizzate ad assumere.
Il comma 2-quater, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, differisce al 31 dicembre 2019 gli incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale nell’ambito del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previsti all’articolo 1, comma 94, della legge n. 107 del 2015. Tali incarichi, previsti per il triennio 2016-2018, hanno ad oggetto funzioni ispettive e hanno lo scopo sia di supportare le scuole sia di assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione.
La valutazione nelle scuole Si ricorda che il nucleo per la valutazione dei dirigenti scolastici è istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa. Il nucleo di valutazione può essere articolato con una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di valutazione. La valutazione è coerente con l'incarico triennale e con il profilo professionale ed è connessa alla retribuzione di risultato. Il sistema nazionale di valutazione (SNV) in materia di istruzione e formazione, in base al d.P.R. 28 marzo 2013, n. 80, è costituito da: - INVALSI: Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione; - INDIRE: Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa; - contingente ispettivo: contingente di dirigenti di seconda fascia con funzione tecnico-ispettiva, appartenenti alla dotazione organica dirigenziale del Ministero, che svolgono l'attività di valutazione nei nuclei. Concorrono, altresì, all'attività di valutazione: - la conferenza per il coordinamento funzionale dell'SNV, di cui all'articolo 2, comma 5, del d.P.R. 28 marzo 2013, n. 80; - i nuclei di valutazione esterna costituiti da un dirigente tecnico del contingente ispettivo e da due esperti scelti dall'elenco di cui all'articolo 3, comma 1, lettera f), del d.P.R. 28 marzo 2013, n. 80. |
I predetti incarichi possono essere conferiti nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti tecnici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, secondo le procedure di cui all'articolo 19, commi 5-bis, e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, anche in deroga, limitatamente alla loro durata, alle percentuali ivi previste per i dirigenti di seconda fascia.
L'articolo 19, comma 5-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 consente alle amministrazioni di conferire incarichi di funzioni dirigenziali anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23 (ossia di prima e seconda fascia), purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. Detti incarichi possono essere conferiti entro il limite del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e del 10 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. I suddetti limiti percentuali possono essere aumentati, rispettivamente, fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal comma 6. Quest'ultimo prevede che ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, può conferire incarichi a tempo determinato, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
Gli incarichi per le funzioni ispettive sono conferiti in base alla procedura pubblica di cui all'articolo 19, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 (pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, comunicazione del numero e della tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta), mediante valutazione comparativa dei curricula. Se alla scadenza della proroga non sono ancora stati immessi in ruolo i vincitori del concorso di cui al precedente comma 2-ter (cioè proprio i dirigenti tecnici del Ministero), possono essere conferiti nuovi incarichi con le stesse procedure richiamate dalla legge n. 107 del 2015, che comunque terminano con l’immissione in ruolo dei summenzionati vincitori del concorso.
Il comma 2-quinquies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, stabilisce che il reclutamento dei dirigenti tecnici, di cui al comma 2-ter, e gli incarichi temporanei di livello dirigenziale, di cui al comma 2-quater, si effettuano nel limite di una maggiore spesa di personale pari a 7,26 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mentre per il 2019 è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro per lo svolgimento del sopracitato concorso per dirigente tecnico.
Il comma 2-sexies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, novella l'articolo 8 del d.lgs. n. 62 del 2017 (Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107), prevedendo che ai presidenti delle commissioni d’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione è dovuto un compenso, nel limite di una maggiore spesa non superiore a 7,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. La misura individuale del compenso è definita in sede di contrattazione collettiva, tenendo conto del numero di classi per le quali è svolta la funzione del presidente. Nelle more della contrattazione, essa è definita con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
In base all'articolo 8 del d.lgs. n. 62 del 2017, le commissioni d'esame conclusivo del primo ciclo sono composte dai docenti del consiglio di classe. Per ogni istituzione scolastica svolge le funzioni di presidente il dirigente scolastico, o un docente collaboratore del dirigente in caso di assenza o impedimento o di reggenza di altra istituzione scolastica. Per ogni istituzione scolastica paritaria svolge le funzioni di presidente il coordinatore delle attività educative e didattiche.
La norma in commento mutua quanto previsto dall'articolo 1, capoverso "art.4", della legge n. 1 del 2007 per i compensi dei presidenti e dei commissari delle commissioni d'esame conclusivo della scuola secondaria di secondo grado, che sono differenziati in relazione alla funzione svolta e tenuto conto dei tempi di percorrenza dalla sede di servizio a quella di esame. La misura dei compensi è stabilita in sede di contrattazione collettiva del comparto del personale della scuola anche se, in mancanza di norme contrattuali al riguardo, si provvede con decreto del Ministro della pubblica istruzione, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Si veda in merito il D.M. 24 maggio 2007.
La differenza tra le commissioni d'esame conclusivo del primo ciclo di istruzione e le commissioni d'esame conclusivo della scuola secondaria di secondo grado risiede essenzialmente nel fatto che le prime sono formate da docenti e presidente interni alla scuola, mentre le seconde sono composte anche da docenti esterni e da un presidente sempre esterno alla scuola.
La modifica apportata dal comma 2-sexies in commento andrebbe raccordata con quanto previsto dall'articolo 40, comma 12, della legge n. 449 del 1997 che ha abolito i compensi giornalieri ai componenti delle commissioni di esami di licenza media.
Il comma 2-septies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, incrementa di 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2020 il Fondo di funzionamento di cui all’articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006.
La corretta dizione del Fondo è "Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche".
Il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, unitamente al "Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato" è stato istituito a decorrere dall'anno 2007, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse dei due Fondi.
Il comma 2-octies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, precisa l’ambito di applicazione del vincolo di cui all’articolo 13, comma 3, terzo periodo, del d.lgs. n. 59 del 2017 (Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera b), della legge 13 luglio 2015, n. 107).
Detto d.lgs. n. 59 del 2017 è stato oggetto di numerose modifiche ad opera dell'articolo 1, comma 792, della legge n. 145 del 2018 che ha ridefinito il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno. In particolare, il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) è stato sostituito con un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui si continua ad accedere previo superamento di un concorso, all’esito del quale, però, si consegue già l’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui si è partecipato e si è immessi in ruolo. La disciplina originaria del d.lgs. n. 59 del 2017 non aveva ancora trovato attuazione, fatta eccezione per uno dei concorsi previsti nella fase transitoria, riservato a docenti già in possesso di titolo abilitante all'insegnamento o di specializzazione per il sostegno nella scuola secondaria.
Per quanto riguarda il concorso riservato a docenti già abilitati, le cui modalità di espletamento sono state definite con D.M. 15 dicembre 2017 e il cui bando è stato pubblicato nella GU-IV serie speciale del 16 febbraio 2018, l'articolo 1, comma 795, della legge n. 145 del 2018 ha disposto che ai soggetti che sono già stati avviati al percorso FIT nell’a.s. 2018-2019 continuano ad applicarsi le previsioni originarie, come in vigore alla data del 31 dicembre 2018, salva la possibilità – ora introdotta – di ripetere il percorso annuale per una sola volta (in caso di valutazione negativa). Invece, i soggetti che non sono stati ancora avviati al percorso FIT, saranno ammessi al nuovo percorso annuale di formazione e prova e, dunque, saranno immessi in ruolo.
Il comma 2-octies in commento stabilisce quindi che il personale docente ed educativo di ogni ordine e grado di istruzione, qualunque sia la procedura utilizzata per il reclutamento, una volta confermato in ruolo nella scuola dove ha svolto il periodo di prova è tenuto a rimanervi, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni, salvo in caso di soprannumero o esubero, ovvero in caso di persona con disabilità gravi o che assista familiari con disabilità gravi (art. 33, co. 5 e 6, della legge n. 104 del 1992), limitatamente a fatti sopravvenuti dopo il termine di presentazione della domanda per la partecipazione al concorso.
Il comma 2-nonies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, modifica l’articolo 1, comma 10-bis del decreto-legge n. 210 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 21 del 2016, nell’ottica di ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle scuole fino all’immissione in ruolo dei vincitori del concorso per dirigenti scolastici di cui al comma 1. In dettaglio:
- si proroga dall’anno scolastico 2018-2019 all’anno scolastico 2019-2020 il termine per l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, già aggiornate per il triennio 2014-2017;
- si rendono omogenei i termini per l’aggiornamento delle graduatorie di istituto, non più differenziati in base alla prima, alla seconda e alla terza fascia, stabilendo che tutte le predette graduatorie siano aggiornate dall’anno scolastico 2019-2020 per il triennio successivo.
In questo modo, si sposta in avanti l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento allineandolo a quello già previsto per le graduatorie di istituto, dalla prima alla terza fascia.
In base all'articolo 1, comma 605, lett. c), della legge n. 296 del 2006 le graduatorie permanenti sono state trasformate ad esaurimento (GAE). Nelle GAE sono iscritti i docenti in possesso di abilitazione all'insegnamento. Le graduatorie sono strutturate su base provinciale, sono aggiornate con cadenza triennale in relazione alla posizione degli iscritti ma sono chiuse all'inserimento di nuovi aspiranti. Le graduatorie ad esaurimento sono utilizzate per l’assunzione in ruolo nel limite del 50 per cento dei posti conferibili annualmente autorizzati nonché per l’attribuzione dei contratti a tempo determinato (supplenze annuali o temporanee).
Le graduatorie di istituto, distinte per singola scuola e per tipologia di posto sono distinte in tre fasce:
- prima fascia: comprende gli aspiranti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento per il medesimo posto o classe di concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto;
- seconda fascia: comprende gli aspiranti non inseriti nella corrispondente graduatoria ad esaurimento forniti di specifica abilitazione o di specifica idoneità a concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto;
- terza fascia: comprende gli aspiranti forniti di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento richiesto.
Le graduatorie della prima fascia hanno validità temporale correlata alle cadenze di aggiornamento delle corrispondenti graduatorie ad esaurimento e vengono riformulate a seguito di ciascuna fase di aggiornamento delle predette graduatorie. Le graduatorie della seconda e terza fascia hanno validità biennale. Si veda il D.M. 13 giugno 2007, n. 131, integrato dal D.M. 4 giugno 2015, n. 326.
Il comma 2-decies, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell’emendamento 10.500, reca la copertura finanziaria delle nuove disposizioni summenzionate. In particolare, all’onere derivante dal reclutamento dei dirigenti tecnici e dalla proroga degli incarichi temporanei (comma 2-quinquies), pari a 7,76 milioni di euro per il 2019 e a 7,26 milioni di euro a decorrere dal 2020, e a all'onere derivante dall'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (comma 2-septies), pari a 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2020, si provvede in pari misura a valere sui risparmi di spesa recati dai commi 1 e 2-bis (ossia l'eliminazione del corso-concorso per i dirigenti scolastici). All’onere derivante dall'attribuzione di compensi ai presidenti delle commissioni d'esame, di cui al comma 2-sexies, pari a 7,1 milioni di euro a decorrere dal 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui alla legge n. 440 del 1997.
Si segnala anzitutto che il Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui alla legge n. 440 del 1997, è confluito nel Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato» e nel «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche», di cui all'articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006. Sarebbe dunque più corretto richiamare l'articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006. Qualora si volesse mantenere l'indicazione alla legge n. 440 del 1997, occorre valutare la congruità del riferimento normativo, perché l’articolo 3 della citata legge n. 440 di riferisce al riparto del Fondo per le iniziative che coinvolgono gli enti locali (cosiddetti “progetti integrati”) e non alla istituzione del Fondo, previsto dall'articolo 1. Sarebbe dunque più corretto riferirsi all'articolo 1 della legge n. 440.
Il comma 2-bis, introdotto dall’emendamento 10.600, reca la definizione di un piano triennale di interventi per il periodo 2019-2021 per semplificare e razionalizzare le procedure di adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico.
Tale comma dispone che sia elaborato un piano triennale di interventi 2019-2021 utilizzando le risorse destinate ai settori di spesa del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017. Tale piano triennale è definito nell'ambito della programmazione triennale nazionale in materia di edilizia scolastica.
La programmazione unica triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica è stata introdotta nell'ordinamento – con riferimento al triennio 2015-2017 - con il decreto interministeriale 23 gennaio 2015 (MEF-MIUR-MIT), emanato al fine di dare attuazione all'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 128 del 2013, che ha autorizzato le regioni, per interventi di edilizia scolastica, a stipulare mutui, fra gli altri, con la Banca europea per gli investimenti. Da ultimo, la programmazione unica triennale 2018-2020 è stata adottata con il D.M. n. 615 del 2018.
Si ricorda che l’articolo 10-bis del decreto-legge n. 104 del 2013 (convertito, con modificazioni dalla legge n. 128 del 2013) aveva previsto che le vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica dovevano essere attuate entro il 31 dicembre 2015 e che con decreto del Ministro dell'interno – che doveva essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – dovevano essere definite e articolate, con scadenze differenziate, le prescrizioni per l'attuazione. Successivamente, l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 210 del 2015 (convertito, con modificazioni dalla legge n. 21 del 2016) aveva disposto che l’adeguamento delle strutture scolastiche dovesse essere completato entro sei mesi dalla data di adozione del citato decreto ministeriale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Il decreto del Ministro dell’interno è stato adottato, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in data 12 maggio 2016 (D.I. 12 maggio 2016).
Occorrerebbe specificare a quale soggetto spetti la definizione di tale piano triennale di interventi 2019-2021, che dovrebbe razionalizzare e semplificare le procedure di adeguamento alla normativa antincendio. Occorre altresì specificare con quale atto tale piano viene adottato.
Le risorse necessarie per il piano triennale di interventi 2019-2021 sono attinte dalla quota parte spettante al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del Fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, rifinanziato dall'articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017. Si tratta di un Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ripartito tra i seguenti settori di spesa:
a) trasporti e viabilità;
b) mobilità sostenibile e sicurezza stradale;
c) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione;
d) ricerca;
e) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche;
f) edilizia pubblica, compresa quella scolastica e sanitaria;
g) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni;
h) digitalizzazione delle amministrazioni statali;
i) prevenzione del rischio sismico;
j) investimenti in riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie;
k) potenziamento infrastrutture e mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso;
l) eliminazione delle barriere architettoniche.
L'utilizzo del suddetto Fondo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell'assegnazione; decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza del predetto parere.
Nelle more dell’attuazione del piano triennale di interventi 2019-2021, vengono differiti:
- dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2021 il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola (già prorogato dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 ad opera dell'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge n. 91 del 2018);
- dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido (già prorogato dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 ad opera dell'articolo 6, comma 3-ter, del decreto-legge n. 91 del 2018).
Con D.I. 21 marzo 2018 sono state adottate le disposizioni applicative della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido.
L'articolo 10-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 10.0.12, reca modifiche alla legge n. 240 del 2010 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario) in materia di durata dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN).
Il comma 1 novella l'articolo 16, comma 1, della legge n. 240 del 2010 allungando da sei a nove anni la durata dell'abilitazione scientifica nazionale, necessaria per l'accesso al ruolo di professore di prima o di seconda fascia.
In base alla legge in vigore, l'abilitazione ha durata di sei anni e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia; essa attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori. Il conseguimento dell'abilitazione scientifica non costituisce comunque titolo di idoneità né dà alcun diritto relativamente al reclutamento in ruolo o alla promozione presso un'università al di fuori delle procedure previste dagli articoli 18 (chiamata diretta dei professori universitari da parte degli atenei) e 24, commi 5 (chiamata nel ruolo di professore associato per i ricercatori di tipo b) e 6 (chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell'università medesima), della legge n. 240 del 2010.
Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione sono svolte per settori concorsuali, raggruppati in macrosettori concorsuali. Ciascun settore concorsuale può essere articolato a sua volta in settori scientifico-disciplinari (articolo 15, legge n. 240 del 2010).
L'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2014 aveva già novellato le norme sull'abilitazione scientifica nazionale, stabilendo tra l'altro che la sua durata passasse da quattro a sei anni e allineando a sei anni anche la durata dell'abilitazione già conseguita nelle tornate 2012 e 2013. In quella sede era stata modificata anche la periodicità della procedura, tenuto conto che inizialmente l'abilitazione scientifica nazionale aveva una cadenza annuale, mentre ora è diventata una procedura senza soluzione di continuità ("a sportello") che si svolge durante tutti i mesi dell’anno, con determinate scadenze per la presentazione delle domande. L'ultimo bando è stato emanato con decreto direttoriale n. 2176/2018 e prevede che la domanda di partecipazione possa essere presentata dal 10 settembre 2018 al 14 maggio 2020 con cadenze quadrimestrali.
Il comma 2 stabilisce che anche l'abilitazione scientifica nazionale conseguita nelle tornate 2012, 2013 e 2016-2018 dura nove anni, allineando così la durata dell'abilitazione scientifica nazionale acquisita nelle precedenti tornate alle nuove previsioni stabilite dal comma 1.
Con l'approvazione degli identici emendamenti 10.0.17 e 10.0.18, le Commissioni in sede referente propongono l'introduzione dell'articolo 10-bis.
Tale norma è finalizzata a consentire agli Atenei una migliore organizzazione degli esami di Stato per conseguire l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo.
A tal fine si rinvia alla sessione di esami del mese di marzo 2021 il termine di applicazione del decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58, che ha innovato la disciplina applicabile all'esame medesimo abolendo il previgente decreto ministeriale 19 ottobre 2001, n. 445 (Regolamento concernente gli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo).
Il decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58, reca "Regolamento recante gli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo". Disciplina ex novo: l'accesso all'esame (articolo 1), le sedi (articolo 2), lo svolgimento e le finalità del tirocinio pratico-valutativo (articolo 3), la prova dell'esame di Stato (articolo 4), la Commissione giudicatrice (articolo 5) e la valutazione delle prove (articolo 6). L'articolo 7, comma 2, nella versione vigente, prevede l'entrata in vigore delle norme medesime "a decorrere dalla sessione di esame del mese di luglio 2019".
In virtù della proroga introdotta dal testo in esame, alle prove di esame relative agli anni 2019-2020 continueranno ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto ministeriale 19 ottobre 2001, n. 445.
Tra le più rilevanti differenze introdotte dalla nuova disciplina si ricordano:
1) un tirocinio formativo trimestrale, non più parte integrante dell'esame ma requisito per l'accesso ad esso ed anticipato durante gli studi universitari (articoli 1 e 3 del decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58);
2) la previsione, quale prova di esame, di un unico test a risposta multipla (articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58);
3) l'introduzione di tre sessioni d'esame annuali (articolo 4, comma 6, del decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58).
La proroga non riguarda - per espressa previsione del testo in esame - l'applicazione delle norme relative al tirocinio pratico-valutativo (articolo 3 del decreto ministeriale 9 maggio 2018, n. 58). Ciò implica che già a partire dalla sessione di esame del luglio 2019 il tirocinio avrà durata complessiva di tre mesi, sarà espletato durante i corsi di studio e sarà organizzato secondo quanto stabilito dagli ordinamenti e dai regolamenti didattici di ciascun corso di studi.
Articolo 10-bis (em. 10.0.31 (testo 3))
(Misure per il Ministero dell'interno)
L’articolo - del quale le Commissioni riunite referenti propongono l'introduzione - dispone in materia di:
ü vestiario del personale della Polizia di Stato;
ü buoni pasto;
ü Corpo nazionale dei vigili del fuoco, quanto a: retribuzione del personale volontario; soglia complessiva di spesa per l'impiego del medesimo personale volontario; durata (qui ridotta di tre mesi) del corso di formazione per allievi vigili del fuoco, nel periodo 2019-2020;
ü incrementi della retribuzione di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia e del personale dirigenziale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'interno.
Il comma 1 destina alla dotazione per il vestiario del personale della Polizia di Stato:
2 milioni per il 2019;
4,5 milioni annui, per il periodo 2020-2026.
Il comma 2 dispone circa i buoni pasto per il personale dirigenziale del Comparto sicurezza e difesa.
In particolare, determina, per il buono pasto spettante ai dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate, un importo pari a 7 euro.
È disposizione (decorrente dal 1° marzo 2019) transitoria, finché non siano adottati l'accordo sindacale per i dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile per l'area negoziale relativa agli istituti normativi in materia di rapporto di lavoro e di trattamenti accessori, ed un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri estensivo di quelle pattuizioni al personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e a quello delle Forze armate. Sono atti previsti dal decreto legislativo n. 95 del 2017 che ha disposto circa la revisione dei ruoli delle Forze di polizia (in esercizio della delega legislativa recata dall'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015) al suo articolo 46, commi 3 e 6, al fine di assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti dei dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Gli oneri conseguenti alla disposizione (inclusi gli effetti valevoli per il personale dirigenziale della Polizia penitenziaria) sono quantificati in:
746.360 euro per il 2019;
895.632 euro a decorrere dal 2020.
Per la copertura si attinge alle complessive risorse destinate all'attuazione del citato articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017.
Quelle risorse sono state determinate - per le diverse Forze di polizia e per le Forze armate - dal d.p.C.m. del 21 marzo 2018 (all'articolo 3, comma 1), e sono state incrementate dall'articolo 1, comma 442, lettera a) della legge di bilancio n. 145 del 2018 - incremento che equivale a duplicazione, per ciascuna Forza di polizia e per le Forze armate, rispetto all'importo previsto per l'anno 2020 da quel medesimo d.P.C.m.
Il comma 3 reca disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
La lettera a) contiene una duplice previsione.
Essa incrementa gli stanziamenti per la retribuzione del personale volontario del Corpo.
L'incremento è così determinato:
444.370 euro per il 2019;
407.329 euro per il 2020;
1.362.890 euro per il 2021;
1.500.000 euro dal 2022.
Al contempo è stabilita una soglia complessiva di spesa per l'impiego del personale volontario del Corpo.
Siffatto 'tetto' di spesa è quantificato in: 27,52 milioni per il 2019; 21,57 milioni per il 2020; 22,53 milioni per il 2021; 22,67 milioni dal 2022.
La lettera b) reca invece alcune novelle al decreto legislativo n. 127 del 2018[13].
In particolare, abbrevia a sei mesi (di cui almeno un mese di applicazione pratica) la durata del corso di formazione per allievi vigili del fuoco.
Diversamente la durata del corso è prevista di nove mesi (di cui sei mesi di formazione teorico-pratica e tre mesi di applicazione pratica) dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 217 del 2005 (come modificato dal citato decreto legislativo n. 127 del 2018).
La deroga che viene ora qui prevista è intesa come transitoria, ossia valevole per il periodo 2019-2020.
È prevista un'autorizzazione di spesa per l'attuazione dei corsi per: 350.630 euro per il 2019; 592.671 euro per il 2020; 137.110 euro per il 2021.
Le altre novelle contenute in questa medesima lettera b) sono di coordinamento normativo.
Il comma 4 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo per incrementi della retribuzione di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia e del personale dirigenziale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'interno.
Le risorse qui determinate (da ripartirsi con successivo decreto ministeriale) per questo incremento - secondo la lettera a) - ammontano a:
1,5 milioni per il 2019;
2,5 milioni per il 2020;
6 milioni a decorrere dal 2021.
A tale ammontare è previsto - dalla lettera b) - possa aggiungersi un ulteriore incremento, in caso di risparmi strutturali di spesa corrente ulteriori a quelli già 'prenotati' ai sensi dell'articolo 1, comma 152 della legge di bilancio n. 145 del 2018 (che ha previsto di attingere ai risparmi derivanti dall'ottimizzazione e dalla razionalizzazione dei settori di spesa relativi all'acquisizione dei servizi di noleggio e assicurazione degli automezzi del programma « Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica » nell'ambito della missione « Ordine pubblico e sicurezza », iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno).
Siffatti risparmi ulteriori sono del pari da individuare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 aprile 2019.
Ebbene, in caso di (corrispettivi, dovrebbe intendersi) risparmi ulteriori di spesa corrente, è previsto un incremento ulteriore del Fondo di nuova istituzione, qui considerato.
Questo incremento ulteriore può giungere fino a 1,5 milioni, a decorrere dal 2019.
Il comma 5 incrementa il Fondo da ripartire nel corso della gestione per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese (iscritto nello stato del Ministero dell'interno, è da intendersi) di:
5 milioni per ciascun anno del periodo 2019-2026;
9,5 milioni dal 2027.
Delle disposizioni fin qui ricordate di questo articolo aggiuntivo, alcune determinano oneri di spesa.
La complessiva quantificazione è recata dal comma 6, nei seguenti termini:
8,8 milioni per il 2019;
12,5 milioni per il 2020;
14,5 milioni a decorrere dal 2021.
Il medesimo comma 6 individua la copertura finanziaria, mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il triennio 2019-2021 (programma: "fondi di riserva e speciali).
L'articolo, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite attraverso l'approvazione dell'emendamento 10.0.1000 e dei relativi sub 10.0.1000/6 e 10.0.000/7, modificano la disciplina del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea, relativa ai servizi di noleggio con conducente (NCC), definita dalla legge n. 21 del 1992, introducendo alcuni requisiti e caratteristiche da rispettare nello svolgimento del servizio.
Il comma 1 apporta in dettaglio una serie di modifiche agli articoli 3, 10 e 11 dalla legge n. 21 del 1992, che si riferiscono ai servizi di noleggio con conducente, prevedendo che:
· la richiesta del servizio NCC possa essere effettuata presso la sede oltre che presso la rimessa dell'esercente il servizio, anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici;
· si richiede che oltre alla sede operativa del vettore, almeno una rimessa debba essere situata nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione. E' possibile inoltre per il vettore disporre di ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni predetti e salvo diversa intesa raggiunta in Conferenza unificata entro il 28 febbraio 2019. Peraltro, fino alla data di adozione delle deliberazioni della Conferenza unificata e comunque per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'inizio di un nuovo servizio, fermo l'obbligo di prenotazione, può avvenire senza il rientro in rimessa anche quando il servizio è svolto in esecuzione di un contratto concluso in forma scritta tra il vettore ed il cliente, avente data certa sino a 15 giorni antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge e debitamente registrato, da tenere a bordo o in sede e da esibire in caso di controlli. In ragione delle specificità territoriali e delle carenze infrastrutturali è prevista una disciplina derogatoria per le sole Regioni Sicilia e Sardegna. Con riguardo a tali Regioni l'autorizzazione rilasciata in un Comune della regione è valida sull'intero territorio regionale, entro il quale devono essere situate sede operativa e almeno una rimessa;
· si prevede che i titolari di licenza per l’esercizio del servizio di taxi o di autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente di autovettura ovvero di natante, in caso di malattia, invalidità, sospensione della patente, perdita dell’abilitazione professionale alla guida dei veicoli o di conduzione dei natanti, intervenuti successivamente al rilascio della licenza o dell’autorizzazione, possono mantenere la titolarità della licenza o dell’autorizzazione, a condizione che siano sostituiti alla guida dei veicoli o alla conduzione dei natanti per l’intero periodo di durata malattia, invalidità, sospensione della patente o perdita dell’abilitazione professionale, da persone in possesso dei requisiti professionali e morali previsti dalla normativa vigente. Si prevede inoltre che il rapporto con un sostituto alla guida può essere regolato o con contratto di lavoro stipulato in base alle norme vigenti ovvero anche in base ad un contratto di gestione;
· si consente l'utilizzo per le prenotazioni, effettuate presso la rimessa o la sede, di strumenti tecnologici e si dispone che l'inizio e il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente debba avvenire presso una delle rimesse, con ritorno alle stesse. Il prelevamento e l'arrivo a destinazione dell'utente possono avvenire anche al di fuori della Provincia o dell'area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato l'autorizzazione. Sull'obbligo di rientro in rimessa dopo ogni servizio innova peraltro il nuovo comma 4-bis dell'art. 11 che consente di iniziare un nuovo servizio anche senza il rientro in rimessa nel caso di più prenotazioni, oltre la prima, che risultino dal foglio di servizio. Con riguardo alle regioni Sicilia e Sardegna, partenze e destinazioni possono ricadere entro l'intero territorio regionale. Con riguardo alla disciplina del foglio di servizio si introduce l'obbligo di tenerlo in formato elettronico. La definizione delle specifiche del foglio di servizio elettronico viene demandata ad un successivo decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi di concerto con il Ministero dell'interno, da adottarsi, entro il 30 giugno 2019 (comma 2). Fino all'adozione di tale decreto il foglio di servizio elettronico è sostituito da una versione cartacea, caratterizzata da numerazione progressiva delle singole pagine da compilare, avente i medesimi contenuti di quello elettronico e da tenere in originale a bordo del veicolo per un periodo non inferiore a 15 giorni, per essere esibito agli organi di controllo, con copia conforme depositata in rimessa. Il foglio di servizio elettronico dovrà riportare la targa veicolo; il nome del conducente; la data, luogo e km. di partenza e arrivo; l'orario di inizio servizio, la destinazione e l'orario di fine servizio nonché i dati del fruitore del servizio;
· viene in ogni caso consentita la fermata degli NCC sul suolo pubblico durante l'attesa del cliente che ha effettuato la prenotazione del servizio e nel corso dell'effettiva prestazione del servizio stesso.
Il comma 3 prevede l'istituzione presso il Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza per il servizio taxi effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante e di quelle di autorizzazione per il servizio di autonoleggio con conducente (NCC) effettuato con autovettura, motocarrozzetta e natante. Non sono compresi nel registro i servizi effettuati con velocipedi (biciclette e veicoli assimilati), autobus, quadricicli e veicoli a trazione animale. La definizione delle specifiche tecniche per l'attuazione e le modalità con le quali le imprese dovranno registrarsi è rimessa ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Per l'implementazione e l'adeguamento dei sistemi informatici del Centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si autorizza la spesa di un milione di euro per l'anno 2019 mentre alla gestione del registro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dovrà provvedere con le risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
A decorrere dalla data in vigore del decreto-legge e fino alla piena operatività del registro informatico è vietato il rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del solo servizio di noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante (comma 6); la norma non fa riferimento alle licenze taxi.
Le sanzioni previste dall'articolo 11-bis della legge n. 21 del 1992 per l'inosservanza degli articoli 3 e 11 della stessa legge, come modificati dalle norme del decreto, si applicano a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto e rimangono sospese per la stessa durata di 90 giorni le sanzioni amministrative previste per i titolari di autorizzazione per l'esercizio del servizio NCC, dall'articolo 85, comma 4 e 4 bis del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285 del 1992), relative all'esercizio dell'attività senza ottemperare alle norme vigenti o alle condizioni dell'autorizzazione (comma 4).
Il comma 8 rinvia ad un successivo provvedimento di natura regolamentare la disciplina dell'attività delle piattaforme tecnologiche che intermediano tra domanda ed offerta di autoservizi pubblici non di linea.
Conseguentemente alla nuova disciplina per gli NCC che viene qui delineata, il comma 5 dispone l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010 ed il comma 7 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'abrogazione dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 5 del 2009, cioè della norma che aveva disposto la sospensione fino al 31 marzo 2010 dell'operatività dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (per tali due abrogazioni si veda la ricostruzione della disciplina vigente fino al 31 dicembre 2018 contenuta nel box di approfondimento riportato a seguire).
Si prevede infine l'abrogazione del decreto legge n. 143 del 2018, recante disposizioni aventi il medesimo contenuto delle norme in esame. Si prevede, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
La disciplina fino al 31/12/2018
La legge n. 21 del 1992, è stata oggetto dieci anni fa di una importante modifica, ad opera dell'art. 29, comma 1-quater del DL 30 dicembre 2008, n. 207, che ha ridisegnato in larga parte la disciplina dello svolgimento dei servizi NCC prevedendo l'introduzione di una serie di vincoli a tale attività.
L'efficacia di tale disciplina è però stata sospesa, dapprima dall'articolo 7-bis del decreto-legge n.5 (e da successivi decreti legge di proroga) fino al marzo 2010 e, successivamente, in termini espliciti dal primo gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2018 (a seguito delle previsioni dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 244 del 2016 e dell'articolo 1, comma 1136 della legge n. 205 del 2017).
Nel periodo compreso tra il primo aprile 2010 ed il 31 dicembre 2016 i limiti dell'efficacia di tali disposizioni sono stati rimessi a pronunce della magistratura.
A seguito dell'ultima sospensione dell'efficacia di tali norme, la legge n. 21/1992 è stata quindi applicata, fino al 31 dicembre 2018, nella versione precedente alle modifiche del 2008 apportate dall'art. 29, comma 1-quater.
L'esigenza di adeguare le disposizioni della legge n. 21 del 1992 ha caratterizzato le ultime legislature in considerazione innanzi tutto di problematiche relative al rapporto tra i servizi di taxi e di noleggio con conducente, anche per l'esigenza di rispondere a queste nuove realtà economiche, anche al fine di superare i dubbi riguardanti la loro legittimità. La legge annuale per la concorrenza (legge 124 del 2017, art. 1, commi 179-182) conteneva la delega per l'emanazione di un decreto legislativo di riordino del settore taxi e NCC, da esercitare entro il 29 agosto 2018, che non è stata esercitata.
Conseguentemente alla nuova disciplina per gli NCC che viene delineata dal D.L. in commento, si dispone l'abrogazione del comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010.
Si tratta della norma che prevedeva l'adozione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, di disposizioni per impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia e per definire gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi. Il termine per l'emanazione di tale decreto interministeriale, è stato differito 12 volte, da ultimo al 31 dicembre 2018 dall'art. art. 1, co. 1136, lettera b), della legge n. 205 del 2017, che ha anche confermato la sospensione dell'efficacia, per l'anno 2018, delle disposizioni del D.L. n. 207/2008.
Analogamente, si dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'abrogazione dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 5 del 2009, cioè della norma che aveva disposto la sospensione fino al 31 marzo 2010 dell'operatività dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207.
Le caratteristiche del trasporto NCC e Taxi
Il trasporto pubblico non di linea assicura il trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea. La legge 15 gennaio 1992, n. 21 "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea" disciplina espressamente soltanto i servizi di taxi e di noleggio con conducente. Il regime dell'accesso al mercato nelle due tipologie di servizio, taxi e NCC, è assai differente in quanto, benché le due tipologie di servizio siano effettuati a richiesta dei trasportati, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta (definizioni queste stabilite dall'art. 1, co. 1 della legge n. 21/1992), il servizio di taxi si rivolge ad un'utenza indifferenziata, mentre il servizio di noleggio con conducente si rivolge all'utenza specifica che avanza, presso la sede o la rimessa, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio.
Il servizio di NCC inoltre non è soggetto ad obblighi di servizio pubblico, a differenza del servizio di taxi che è soggetto a tale obblighi, rientrando tra i servizi di trasporto pubblico locale, sia pure non di linea.
Dalla natura pubblica degli obblighi del servizio taxi discendono pertanto:
· la doverosità delle prestazioni;
· la capillarità territoriale e sociale della fornitura e l'accessibilità del servizio di taxi sotto il profilo economico;
· l'obbligatorietà del servizio e la sua offerta indifferenziata a chiunque ne faccia richiesta;
· la determinazione pubblica delle tariffe e delle modalità di svolgimento del servizio;
· la previsione che lo stazionamento dei taxi avvenga in luogo pubblico e che il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengano all'interno dell'area comunale o comprensoriale di riferimento.
Nel dare esecuzione alla legge n. 21/1992, le regioni hanno individuato, con proprie leggi regionali, i criteri cui devono attenersi i comuni nei regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea e hanno delegato agli enti locali le relative funzioni amministrative. La regolamentazione comunale ha ad oggetto il numero di soggetti autorizzati ad operare, i corrispettivi richiesti per il servizio, i turni quotidiani, l'orario di lavoro, le regole di comportamento nonché le condizioni di sicurezza. In concreto i comuni individuano:
· il numero ed il tipo di veicoli da adibire ad ogni singolo servizio;
· i requisiti e condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi.
· le modalità per lo svolgimento del servizio;
· i criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi.
Accanto a tali servizi tuttavia si sono sviluppate negli ultimi anni, attraverso le nuove tecnologie, nuove forme di servizi di trasporto in taluni casi di natura non commerciale (ad esempio il car pooling), in altri casi come specifiche applicazioni dei servizi di noleggio con conducente realizzati sulla base di piattaforme informatiche, ovvero attraverso forme ibride di trasporto effettuato da autisti non professionisti.
L'emendamento reca misure di interesse degli enti locali relative: alla posticipazione del termine a partire dal quale diviene obbligatoria la gestione associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni (comma 1); al differimento al 28 febbraio del termine riguardante determinati adempimenti a carico degli enti locali (comma 2); all'ampliamento della possibilità di contrarre mutui, anche per gli enti in dissesto, per finanziare le spese di investimento strettamente funzionali ai progetti e interventi cofinanziati dalla Ue o da altre amministrazioni o enti, pubblici o privati (comma 3); alla sottrazione delle risorse aggiuntive destinate agli incrementi del trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa conseguenti al CCNL 2016-2019 del comparto funzioni locali ai tetti di spesa previsti dalla normativa vigente (comma 4); all'istituzione di un tavolo tecnico-politico presso il Ministero dell'economia, incaricato di formulare proposte per la ristrutturazione del debito gravante sugli enti locali (comma 5); all'utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali per finanziare le quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari (comma 6); alla disciplina del Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti (comma 7); al riparto in 5 annualità dell'eventuale disavanzo derivante dallo stralcio dei crediti fino a mille euro (comma 8); alla proroga del termine ultimo per il rimborso da parte degli enti territoriali delle anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti commerciali (comma 9); all'incremento, per un ammontare pari a 110 milioni di euro per l'anno 2019, del contributo attribuito ai comuni a titolo di ristoro del mancato gettito conseguente all'introduzione della TASI (comma 10), nonché alla quantificazione e copertura dei relativi oneri finanziari (comma 11); al contrasto di fenomeni di fraudolenti in materia di IVA nell'ambito di transazioni commerciali di determinati beni elettronici effettuate tramite piattaforme commerciali online (commi dal 12 al 17); al monitoraggio delle opere realizzate con il contributo di 190 milioni di euro ex art.1, comma 845, della legge di bilancio 2019 (comma 18); all'installazione di sistemi di videosorveglianza, a cui sono destinate ulteriori risorse per il 2019 (commi 19-21).
Il comma 1 dell'emendamento in esame, proposto dalle Commissioni riunite, dispone la proroga dal 30 giugno 2019 al 31 dicembre 2019 del termine a partire dal quale diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni.
Il termine viene prorogato nelle more della conclusione dei lavori del tavolo tecnico-politico per la redazione di linee guida finalizzate all'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane, al superamento dell'obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplificazione degli oneri amministrativi e contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni, di cui all'articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge n. 91 del 2018.
A partire dal 31 dicembre 2019 i piccoli comuni (cioè i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane) sono tenuti ad esercitare obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali comunali (articolo 14, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010). Sono esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia.
Il termine per l’esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni in questione era stato fissato inizialmente al 1° gennaio 2014 dal D.L. 95 del 2012 (articolo 19, comma 1, lettera e), che ha sostituito l'originario comma 31 dell’articolo 14 del D.L. 78 del 2010 con i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater).
Il comma 31-ter del D.L. 78 del 2010 prevede, invero, non un unico termine, bensì scadenze differenti in relazione al numero di funzioni da svolgere in forma associata:
§ 1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali (lettera a);
§ 30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali (lettera b);
§ 31 dicembre 2014 – termine in precedenza fissato al 1° gennaio 2014 (originaria lettera b) e più volte oggetto di proroga - al complesso delle funzioni (lettera b-bis).
I termini sono stati prorogati una prima volta al 31 dicembre 2014 dall'articolo 1, comma 530, della legge n. 147 del 2013 e successivamente al 31 dicembre 2015 dal D.L. 192/2014 (art. 4, comma 6-bis)), al 31 dicembre 2016 dal D.L. 210/2015 (art. 4, comma 4), al 31 dicembre 2017 dal D.L. 244/2016 (art. 5, comma 6), al 31 dicembre 2018 dalla L. 205/2018 (art. 1, comma 1120, lett. a), al 30 giugno 2019 dal D.L. n. 91 del 2018 (articolo 1, comma 2-bis) e, con la disposizione in commento, al 31 dicembre 2019.
Il comma 2-ter del decreto-legge n.91 del 2018, richiamato dall'emendamento in esame, ha istituito un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali con il compito di definire le linee guida di revisione della disciplina degli enti locali con particolare riferimento alle seguenti finalità:
• l’avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e città metropolitane (legge 56/2014) che ha, fra l'altro, istituito le città metropolitane e ridefinito il sistema delle province;
• il superamento dell’obbligo di gestione associata di funzioni;
• la semplificazione degli oneri amministrativi e contabili in capo ai comuni, e principalmente di quelli di piccole dimensioni.
Il comma 2 differisce al 28 febbraio il termine relativo ai seguenti adempimenti a carico degli enti locali:
§ l’obbligo di comunicazione al Garante delle telecomunicazioni delle spese pubblicitarie effettuate nel corso di ogni esercizio finanziario, con deposito di riepilogo analitico (di cui all’articolo 5, commi 4 e 5, della legge n.67/1987);
§ l’obbligo di adozione, ai fini del contenimento delle spese di funzionamento, di piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo delle dotazioni strumentali che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio, delle autovetture di servizio, dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio (articolo 2, comma 594, della legge n.244/2007);
§ l’obbligo di contenere le spese di missione (che non possono superare il 50% della spesa sostenuta nel 2009 e il 30% della spesa sostenuta nel 2011) e le spese per acquisto, manutenzione e noleggio di autovetture (che non possono superare l’80% della spesa sostenuta nel 2009) (articolo 6, commi 12 e 14, del decreto-legge n. 78/2010 e articolo 5, comma 2, del decreto-legge n.95/2012);
§ l’obbligo di attestare con idonea documentazione, da parte del responsabile del procedimento, che gli acquisti di immobili siano indispensabili e non dilazionabili (articolo 12, comma 1-ter, del decreto-legge n.98/2011);
§ specifici obblighi volti a ridurre, anche attraverso il recesso contrattuale, le spese per locazione e manutenzione di immobili (articolo 24 del decreto-legge n.66/2014).
La finalità della disposizione in esame è quella di "semplificare gli adempimenti previsti per gli enti locali" e di tener conto del "decreto 7 dicembre 2018[14]" che ha differito al 28 febbraio il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2019/2021 degli enti locali.
Si ricorda al riguardo che l'art. 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL (di cui al d.lgs. n.267/2000), nel fissare al 31 dicembre il termine per la deliberazione da parte degli enti locali del bilancio di previsione dispone che detto termine possa essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
Si rammenta altresì che l'art.1, comma 905, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) prevede che ai comuni (e alle loro forme associative) che approvano i bilanci entro i termini previsti dal TUEL (che sono, per il bilancio consuntivo il 30 aprile dell’anno successivo e per il bilancio preventivo il 31 dicembre dell'anno precedente all’esercizio di riferimento), non si applichino, a decorrere dal 2019, i medesimi obblighi richiamati dalla norma in esame.
Il comma 3 interviene al fine di modificare in più punti il TUEL, con riferimento:
§ alla disciplina per l'attivazione di mutui da parte dei comuni che fanno ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (art.243-bis). Nello specifico, viene modificato il comma 9-bis, che nella formulazione vigente consente a tali comuni di contrarre mutui, in deroga ai limiti di cui al comma 1 dell'articolo 204, necessari alla copertura di spese di investimento relative a progetti e interventi che garantiscano l'ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio medesimo, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell'esercizio precedente. L'emendamento attribuisce ai medesimi comuni altresì la facoltà di contrarre mutui per la copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all'ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall'Unione europea o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati;
§ alla disciplina sui limiti alla facoltà di contrarre nuovi mutui prevista all'art.249 TUEL. Viene, in particolare, introdotta un'ulteriore deroga al divieto di contrarre mutui che decorre dalla data della deliberazione di dissesto (e sino all'emanazione del decreto del Ministro dell'interno che riconosce l'avvenuto riequilibrio stabile del bilancio). Gli enti locali, ai sensi dell'emendamento in esame, ancorché in dissesto potranno comunque continuare a contrarre mutui per la finalità commentata al punto precedente (ovvero "per la copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all'ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall'Unione europea o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati");
Il comma 4 dispone che per i comuni privi di posizioni dirigenziali non si applichi al trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa (di cui all'art.13 e seguenti del CCNL 2016-2019 del comparto funzioni locali) il limite di spesa annuale per il trattamento accessorio del personale. L'art.23, comma 2, del d.lgs. n.75 del 2017, esplicitamente richiamato nell'emendamento in esame, dispone in via generale che - a decorrere dal 1° gennaio 2017 - l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche non possa superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.
Ai sensi del comma in esame, la mancata applicazione del suddetto tetto di spesa è limitato agli aumenti del salario accessorio conseguenti agli incrementi disposti ai sensi dell'art.15, commi 2 e 3, del richiamato CCNL. La norma richiama infatti il differenziale fra gli importi per trattamento accessorio erogato alla data di entrata in vigore del richiamato CCNL e gli importi per l'eventuale maggior trattamento che gli enti locali riconosceranno al personale.
I conseguenti maggiori costi saranno posti a valere sui risparmi connessi con il minor utilizzo delle risorse destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.
La disposizione in commento fa comunque salve le norme riguardanti l'obbligo di riduzione delle spese di personale previsto dall'art.1, commi 557-quater e 562, della legge n.296/2006.
Il comma 557-quater stabilisce che a decorrere dall'anno 2014 gli enti territoriali assicurano, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Il comma 562 dispone che, per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008. Inoltre, prevede che tali enti possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.
Il comma 5 istituisce un tavolo tecnico-politico presso il Ministero dell'economia, incaricato di formulare proposte per la ristrutturazione del debito gravante sugli enti locali. Le proposte dovranno essere formulate in modo da non prevedere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e dovranno tener conto della durata delle posizioni debitorie e dell'andamento degli attuali tassi di interesse praticati "nel mercato del credito rivolto agli enti locali".
Del tavolo fanno parte rappresentanti di Anci, "tecnici" del Dipartimento del Tesoro e della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia, nonché del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno.
Si valuti la possibilità di chiarire la portata del termine "tecnici" che la disposizione riferisce ai (soli) rappresentanti del Governo, ed in particolare se sia finalizzato ad escludere la presenza di rappresentanti politici, ovvero a richiedere il possesso di specifiche competenze, ad esempio in materia di debito pubblico e credito.
Per i partecipanti del tavolo non sono previsti gettoni di presenza né emolumenti.
Il comma 6 interviene sulla disposizione di cui all'art.1, comma 866, della legge n.205/2017 che consente agli enti locali, a determinate condizioni, di avvalersi della possibilità di utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali per finanziare le quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari in ammortamento nell'anno o in anticipo rispetto all'originario piano di ammortamento. La norma, che nel testo vigente è circoscritta al periodo 2018-2020, con l'emendamento in esame - che fa venir meno ogni riferimento temporale - perde il carattere sperimentale e viene messa a regime.
Il comma 7 interviene sulla disciplina (di cui all'articolo 4 del D.L. 113 del 2016) del Fondo per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti, istituito presso il Ministero dell'interno, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2019.
Nello specifico viene sostituito il comma 2, recante la procedura per il riparto del fondo. In sintesi, le novità rispetto alla norma vigente riguardano:
L'emendamento stabilisce che:
§ i comuni interessati siano tenuti a comunicare al Ministero dell'interno entro il 20 dicembre 2019 (e non entro il 31 marzo del medesimo anno) la sussistenza di spese dovute a sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali, o ad accordi transattivi ad esse collegate, di ammontare complessivo superiore al 50 per cento della spesa corrente sostenuta come risultante dalla media degli ultimi tre rendiconti approvati;
§ le richieste siano soddisfatte per l'intero importo delle spese (e non già per un massimo del 90% delle stesse).
Il comma 8 autorizza gli enti locali a ripartire l'eventuale disavanzo derivante dallo stralcio dei crediti fino a mille euro in un numero massimo di 5 annualità, a quote costanti.
Lo stralcio dei crediti è quello disposto ai sensi dell'art.4 del D.L. n.119/2018 che ha disposto l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.
L'emendamento stabilisce che l'importo del disavanzo oggetto del ripiano non può essere in ogni caso superiore alla sommatoria dei residui attivi cancellati per effetto dell'operazione di stralcio al netto dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione.
Il comma 9 proroga al 30 dicembre 2019, in luogo del 15 dicembre 2019, il termine ultimo originariamente previsto dall'articolo 1, comma 855, della legge di bilancio 2019 per il rimborso delle anticipazioni di liquidità ottenute dagli enti territoriali ai sensi dei commi 849 e seguenti del medesimo articolo.
Si ricorda, in particolare, che i commi da 849 a 857 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 ampliano le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. I commi disciplinano, inoltre, il limite di ammontare, le garanzie, i termini per la richiesta e per il rimborso delle anticipazioni.
Il comma 10 dispone l'incremento, limitatamente all'anno 2019 e per un importo di 110 milioni di euro, del contributo attribuito ai comuni interessati dalla legge di bilancio 2019, a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili. Per effetto della modifica proposta il contributo complessivo relativo all'anno 2019 ammonta pertanto a 300 milioni di euro.
Si ricorda che l'articolo 1, comma 892, della legge di bilancio 2019 ha disposto l'assegnazione ai comuni interessati di un contributo nell’importo complessivo di 190 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale.
Il riparto avverrà tramite decreto del Ministro dell’interno, in proporzione alla ripartizione dei contributi già effettuata nei due anni precedenti.
Tali contributi dovranno essere monitorati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.
L'emendamento in esame non modifica la finalizzazione del contributo disposta dalla formulazione originaria del comma 892 né l'importo del contributo per gli anni dal 2020 al 2033.
Il comma 11 reca innanzitutto la quantificazione dell'onere derivante dal comma 11, pari a 110 milioni di euro per l'anno 2019. Le lettere a), b) e c) del comma indicano le fonti di copertura.
In particolare:
a) Quanto a 90 milioni di euro si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il reddito di cittadinanza di cui all'articolo 1, comma 22, della legge di bilancio 2019.
Il Fondo per il reddito di cittadinanza è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine dell’introduzione nell’ordinamento degli istituti della pensione di cittadinanza e del reddito di cittadinanza. La dotazione del Fondo ammonta a 7,1 miliardi di euro per il 2019, 8,055 per il 2020 e 8,317 per il 2021.
Il terzo periodo del comma 255 dispone la prosecuzione delle prestazioni del Reddito di inclusione (ReI) di cui al decreto-legislativo n. 147 del 2017, fino alla piena operatività delle nuove misure. Se ne confermano, pertanto, i limiti di spesa disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.
A tal fine, le risorse destinate all'erogazione economica del ReI, nei suddetti limiti di spesa, sono trasferite ed accantonate nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza, riducendo, conseguentemente, a decorrere dal 2019, le relative risorse del Fondo povertà previste per la misura.
Per l’anno 2019, si ricorda, il limite di spesa previsto per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione (ReI) è stato determinato, all'articolo 20, comma 1, del decreto-legislativo n. 147 del 2017, in 2.198 milioni.
Con riferimento alla dotazione del Fondo per il reddito di cittadinanza, il successivo comma 258 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 dispone che parte delle risorse ad esso destinate siano vincolate a specifici obiettivi, e precisamente, nell’importo fino ad 1 miliardo di euro annui per il biennio 2019-2020 al potenziamento dei centri per l’impiego e un importo fino a 10 milioni di euro per il 2019 al finanziamento del contributo di funzionamento di ANPAL Servizi S.p.A..
b) Quanto a 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE), di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.
c) Quanto a 10 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del fondo derivante dal riaccertamento dei residui passivi di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 66 del 2014, iscritto nello Stato di previsione del MEF.
Il comma 11 incrementa il fondo per l’attuazione del programma di Governo (di cui all'art.1, comma 748, della legge di bilancio per il 2019).
Si ricorda che il comma 748 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per l’attuazione del programma di Governo, con una dotazione di euro 44.380.452 euro per l’anno 2019, di 16.941.452 euro per l’anno 2020, di 58.493.452 euro per l’anno 2021, di 29.962.452 euro per l’anno 2022, di 29.885.452 euro per l’anno 2023, di 39.605.452 euro per l’anno 2024, di 39.516.452 euro per l’anno 2025, di 34.279.452 euro per l’anno 2026, di 37.591.452 euro per l’anno 2027 , di 58.566.452 euro per l’anno 2028, di 58.566.452 euro per l’anno 2029 e di 58.566.452 di euro annui a decorrere dall’anno 2028, da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri.
Gli incrementi sono pari a 71,8 milioni di euro per il 2019, 86,1 milioni a decorrere dal 2020 e sono assicurati attraverso quota parte delle maggiori entrate derivanti dal maggior gettito IVA conseguente alle disposizioni introdotte dai successivi cinque commi.
La norma in esame dispone che tali incrementi siano disposti "nelle more dell'Intesa di cui al punto 5 dell'Accordo" sottoscritto fra il Governo e la Regione Friuli Venezia Giulia.
I commi dal 12 al 17 introducono una disciplina che parrebbe diretta a contrastare fenomeni di elusione ed evasione IVA nell'ambito di transazioni commerciali, effettuate tramite piattaforme commerciali online, di determinati beni elettronici (telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e laptop).
I soggetti che gestiscono piattaforme online, oltre a vendere direttamente siffatti beni (in riferimento ai quali il versamento dell' IVA è disciplinato dal meccanismo dell'inversione contabile, v. infra), mettono sovente a disposizione le proprie strutture per favorire la vendita di beni di altri soggetti dai quali ricevono una parte del ricavo derivante dalla transazione.
Per comprendere la portata dei commi dal 12 al 17 appare opportuno richiamare il meccanismo dell'inversione contabile, già previsto nell'ordinamento italiano per i medesimi beni contenuti nell'emendamento.
Per inversione contabile o reverse charge si intende il trasferimento di una serie di obblighi relativi alle modalità con cui viene assolta l' IVA all'acquirente di beni e servizi (in deroga alla disciplina generale che li demanda al cedente).
L'acquirente risulta al contempo creditore e debitore del tributo, con obbligo di registrare la fattura sia nel registro degli acquisti che in quello delle fatture. Si tratta di un meccanismo ritenuto particolarmente efficace nella prevenzione delle frodi IVA in quanto il cedente, che potrebbe tenere comportamenti a rischio di frode, riceve dall'acquirente esclusivamente l'importo imponibile del bene ceduto (o della prestazione eseguita), con la conseguenza che non si determina in capo ad esso l'obbligo di versare l' IVA dell'operazione eseguita, che, come detto, spetta all'acquirente.
Tale meccanismo è previsto dall'ordinamento italiano (DPR 633 del 1972, art.17, commi 5 e 6) e dall'ordinamento dell'Unione europea (fra le altre direttiva 2010/23/UE, art.199-bis).
Il richiamato art.17, comma 6, include fra le operazioni assoggettabili al meccanismo dell'inversione contabile le cessioni di telefoni cellulari (lettera b)) e le "cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale" (lettera c)). Tali disposizioni si applicano alle operazioni effettuate fino al 30 giugno 2022[15].
Esse sono in linea con l'art.199-bis della citata direttiva, che autorizza gli Stati membri ad adottare tale sistema, fra le altre, alle cessioni di console di gioco, di tablet PC, di laptop e "di telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo".
Le cessioni per le quali l'ordinamento italiano prevede inversione contabile (fra cui quelle relative a telefoni cellulari, console da gioco, tablet, PC e laptop) sono quelle effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio.
Nel caso in cui la vendita avvenga dunque nei confronti del consumatore finale, a tali cessioni si applica il regime ordinario[16].
I commi in esame dettano una disciplina che riguarda cessioni che siano facilitate da soggetti passivi che mettono a disposizione di terzi "l'uso di un'interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi". Tali soggetti non sono parti della transazione (ciò che presupporrebbe una prima acquisizione e una successiva cessione al consumatore finale) e ad essi, ai sensi della normativa richiamata, non si applica l'istituto dell'inversione contabile.
La novità normativa recata nell'emendamento in esame è che i soggetti passivi che favoriscono le vendite o le cessioni a distanza dei richiamati beni elettronici si considerano come soggetti che hanno ricevuto e successivamente ceduto tali beni (commi 13 e 14).
Nello specifico, si dispone che nel caso in cui un soggetto passivo facilita come detto le vendite a distanza dei suddetti beni importati da territori o paesi terzi, di valore intrinseco non superiore a 150 euro (comma 13) o le cessioni dei medesimi beni effettuate "nella Comunità" (da intendersi nell'accezione di Stati membri) da un soggetto passivo non stabilito nella Comunità a una persona che non è soggetto passivo (comma 14), si considera che lo stesso soggetto passivo che favorisce (le vendite o) la cessione abbia "ricevuto e ceduto detti beni".
Il comma 15 stabilisce che, ai fini dell'applicazione dei due commi appena richiamati, si presume che la persona che vende i beni tramite l'interfaccia elettronica sia un soggetto passivo e la persona che acquista tali beni non sia un soggetto passivo.
Il comma 16, con il fine di agevolare le azioni di contrasto di fenomeni fraudolenti, pone in capo al soggetto passivo che facilita le vendite a distanza l'onere di conservare la documentazione di tali vendite e di metterla a disposizione delle amministrazioni fiscali degli Stati membri (s'intende dell'Unione europea) in cui dette cessioni sono imponibili.
Nello specifico, dispone che la documentazione debba essere sufficientemente dettagliata sì da consentire la verifica in ordine alla corretta contabilizzazione dell' IVA; che sia a richiesta disponibile in formato elettronico; e che sia conservata per un periodo di 10 anni a decorrere dal 31 dicembre dell'anno in cui l'operazione è stata effettuata.
Ai sensi del comma 17, il soggetto passivo che facilita le vendite a distanza, nel caso in cui stabilito in un paese che non ha sottoscritto alcun accordo di assistenza reciproca con l'Italia, ha l'obbligo di designare un intermediario che agisce in suo nome e per suo conto.
Si valuti l'opportunità di esplicitare se anche per l'intermediario siano richiesti quanto meno gli stessi obblighi di stabilimento previsti per il soggetto passivo che non ricorre ad un intermediario.
Il comma 18 sopprime l'art.1, comma 845, della legge di bilancio per il 2019 che riguarda le modalità di monitoraggio delle opere pubbliche finalizzate alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale realizzate con il contributo complessivo di 190 milioni di euro annui[17] (di cui ai commi da 892 a 893). La disposizione prevede che il monitoraggio sia effettuato dai comuni beneficiari attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.
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Il comma 19 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2019 le risorse destinate all'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni.
L'installazione di tali sistemi è fra misure di contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, che costituisce l'obiettivo dei Patti per la sicurezza urbana disciplinati dal decreto-legge n. 14 del 2017[18]. Si tratta di atti sottoscritti tra il prefetto ed il sindaco (nel rispetto di linee guida adottate, su proposta del Ministro dell'interno, con accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali) in cui possono essere individuati, in relazione alla specificità dei contesti, interventi per la sicurezza urbana.
Ai fini dell'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni, nel D.L. n.14 del 2017 è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro per l'anno 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Con il D.L. n.113 del 2018[19] tale autorizzazione di spesa è stata incrementata di 10 milioni di euro per l'anno 2019, di 17 milioni di euro per l'anno 2020, di 27 milioni di euro per l'anno 2021 e di 36 milioni di euro per l'anno 2022.
Con l'emendamento in esame, per il 2019, l'importo complessivo a disposizione dei comuni per tale finalità è pari a 45 milioni di euro.
Per la relativa copertura finanziaria si provvede (ai sensi del comma 20) con le risorse iscritte per l'anno 2019 nel fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente.
Si tratta del fondo in cui confluiscono le risorse, di parte corrente, attribuite agli enti locali in conseguenza degli effetti recati dal D.Lgs. n. 112/1998, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali
Ai sensi del comma 21, le modalità per la presentazione delle domande e per il riparto delle risorse (contenute nei richiamati provvedimenti legislativi) destinate al finanziamento di sistemi di videosorveglianza sono definite, dal Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo di ciascun anno di riferimento.
L'emendamento reca disposizioni in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, prevedendo l'approvazione - con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente - di un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), volto ad offrire un quadro di riferimento per lo svolgimento delle attività di prospezione e ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, nella valorizzazione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.
Si fissa, per l'approvazione di tale Piano, il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.
Il comma 2 stabilisce i contenuti del Piano, mentre il comma 3 disciplina le modalità di adozione del Piano stesso, adottato previa valutazione ambientale strategica. Limitatamente alle aree su terraferma, si prevede la previa intesa con la Conferenza unificata, stabilendone le modalità.
Il comma 4 stabilisce che nelle more dell'adozione del Piano siano sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi sono sospesi, facendo salvi taluni procedimenti.
Il comma 4-bis specifica che la sospensione non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.
Il comma 5 sospende - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e fino all'adozione del Piano - i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione. Resta fermo l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.
Il comma 6 stabilisce che viene sospeso anche il decorso temporale dei permessi di prospezione e di ricerca, ai fini del computo della loro durata; correlativamente, per lo stesso periodo di sospensione, non è dovuto il pagamento del relativo canone. Si indica in relazione a tale sospensione l'onere di 134.000 euro in ragione d'anno, cui si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate di cui al comma 8.
Il comma 7 disciplina le fattispecie di ripresa d'efficacia, ovvero di rigetto e revoca, in relazione alla compatibilità o meno con il Piano.
In casi di mancata adozione del Piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della disposizione, i permessi di prospezione e di ricerca sospesi riprendono la loro istruttoria ovvero la loro efficacia.
Per quanto attiene la fattispecie di attività di coltivazione, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ancorché in regime di proroga, ove risultanti incompatibili con le previsioni del Piano se ne prevede il mantenimento di efficacia sino alla loro scadenza ma non sono ammesse nuove istanze di proroga.
Il comma 8 ridetermina - a decorrere dal 1º giugno 2019 - i canoni annui per le concessioni di coltivazione e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana; il comma 9 ridetermina i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca, stabilendo che al venir meno della sospensione di cui al comma 5 - relativa ai permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere - essi siano determinati come previsto dalla nuova norma.
Il comma 10 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, da iscrivere su capitolo dello stato di previsione del MISE, per far fronte agli oneri per la predisposizione del Piano.
Il comma 11 istituisce, per far fronte agli oneri, nello stato di previsione del MISE un Fondo con la dotazione di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020, prevedendo il versamento delle maggiorazioni dei canoni di superficie previste dalla norma in esame ad apposito capitolo delle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo, con decreto del MEF, per gli importi eccedenti 1 milione per l’anno 2019, 21 milioni per l’anno 2020 e 20 milioni a decorrere dall’anno 2021. Si demanda ad un decreto del MEF di concerto con il MISE l'indicazione delle modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni.
Si demanda ad un decreto del MISE di concerto con il MEF la rimodulazione dei canoni annui nel caso in cui le risorse disponibili sul fondo per un esercizio finanziario non risultino sufficienti a far fronte agli oneri della disposizione in esame.
Il comma 12 esclude le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi svolte nell’ambito di titoli minerari rilasciati a seguito di istanze presentate dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame dall'applicazione della normativa vigente che le considera di pubblica utilità. Resta invece fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.
Il comma 1 della disposizione prevede l'approvazione - con decreto del MISE, di concerto con il Ministro dell'ambiente - di un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), al fine di offrire un quadro di riferimento per lo svolgimento delle attività di prospezione e ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.
Si fissa, per l'approvazione di tale Piano il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.
Il comma 2 stabilisce che il piano deve tener conto di tutte le caratteristiche del territorio, sociali, industriali urbanistiche e morfologiche con particolare riferimento all’assetto idrogeologico ed alle vigenti pianificazioni. Inoltre, con riferimento alle aree marine, il piano deve considerare i possibili effetti sull’ecosistema, nonché tenere conto dell’analisi delle rotte marittime, della pescosità delle aree e della possibile interferenza sulle coste. Nel piano devono altresì essere indicati i tempi e modi di dismissione e rimessa in pristino dei luoghi da parte delle relative installazioni che abbiano cessato la loro attività.
La formulazione potrebbe essere chiarita, atteso che la rimessa in pristino viene prevista da parte delle 'installazioni', valutando un chiarimento in ordine al soggetto cui la rimessa in pristino inerisca.
Il comma 3 disciplina le modalità di adozione del Piano. Si prevede che esso sia adottato previa valutazione ambientale strategica. Limitatamente alle aree su terraferma, si prevede la previa intesa con la Conferenza unificata.
Limitatamente alle aree su terraferma, qualora per le aree su terraferma l'intesa non è raggiunta entro 60 giorni dalla prima seduta, la Conferenza unificata è convocata in seconda seduta su richiesta del Ministro dello sviluppo economico entro 30 giorni ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Si ricorda che, in base alla norma vigente (art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 281 del 1997) richiamata dalla stessa disposizione in esame, la Conferenza unificata è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno. Con la disposizione qui in esame la facoltà di convocazione viene rimessa al Ministro dello sviluppo economico anziché al Presidente del Consiglio.
In caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro il termine di 120 giorni dalla seconda seduta, ovvero in caso di espresso e motivato dissenso della Conferenza unificata, il PTESAI è adottato con riferimento alle sole aree marine.
Il comma 4 stabilisce che nelle more dell'adozione del Piano siano sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi sono sospesi. Si fa riferimento in norma a finalità di salvaguardia e miglioramento della sostenibilità ambientale e sociale. Rispetto a tale sospensione, sono invece fatti salvi una serie di procedimenti quali quelli relativi alle istanze di:
a) proroga di vigenza delle concessioni di coltivazione di idrocarburi;
b) rinuncia a titoli dei titoli minerari vigenti o alle relative proroghe;
c) sospensione temporale della produzione per le concessioni in essere;
d) riduzione dell'area, di variazione dei programmi lavori e delle quote di titolarità.
Il comma 4-bis specifica che la sospensione non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione.
Il comma 5 sospende - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino all'adozione del Piano - i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione. Resta fermo l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.
Il comma 6 stabilisce che la sospensione di cui al comma 5 sospende anche il decorso temporale dei permessi di prospezione e di ricerca; ai fini del computo della loro durata; correlativamente, per lo stesso periodo di sospensione, non è dovuto il pagamento del relativo canone. Si indica in relazione a tale sospensione l'onere di 134.000 euro in ragione d'anno, cui si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate di cui al comma 8 che restano acquisite all'erario.
Il comma 7 disciplina due fattispecie:
Ø successivamente alla approvazione del Piano, nelle aree in cui le attività di prospezione e di ricerca e di coltivazione risultino compatibili con le previsioni del Piano stesso, si stabilisce la ripresa di efficacia dei permessi di prospezione e di ricerca, sospesi ai sensi del comma 5;
Ø nelle aree invece non compatibili, si dispone che il Ministero dello sviluppo economico rigetti le istanze relative a procedimenti sospesi ai sensi del comma 4 e revochi, anche parzialmente, i permessi di prospezione e di ricerca in essere. In caso di revoca, si prevede in capo al titolare del permesso di prospezione e di ricerca comunque l'obbligo al completo ripristino dei siti interessati.
La norma disciplina la fattispecie di mancata adozione del Piano, stabilendo che in caso di mancata adozione del Piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, i permessi di prospezione e di ricerca sospesi ai sensi del comma 4 riprendono la loro istruttoria, mentre quelli sospesi ai sensi del comma 5 riprendono la loro efficacia.
Per quanto attiene la fattispecie di attività di coltivazione (vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, anche in regime di proroga) risultanti incompatibili con le previsioni del piano, alla data di adozione del piano stesso, se ne prevede il mantenimento di efficacia sino alla loro scadenza ma non sono ammesse nuove istanze di proroga.
La norma in parola (comma 7, ultimo periodo) appare prevedere tale mantenimento di efficacia per le attività di coltivazione, senza riferimento alle attività di prospezione e ricerca.
Il comma 8 ridetermina - a decorrere dal 1º giugno 2019 - i canoni annui per le concessioni di coltivazione e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana; essi sono così determinati:
a) concessione di coltivazione: 1.481,25,00 euro per chilometro quadrato;
b) concessione di coltivazione in proroga: 2.221,75,00 euro per chilometro quadrato;
c) concessione di stoccaggio insistente sulla relativa concessione di coltivazione: 14,81 euro per chilometro quadrato;
d) concessione di stoccaggio in assenza di relativa concessione di coltivazione: 59,25 euro per chilometro quadrato.
In base al comma 9 ridetermina i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca, stabilendo che al venir meno della sospensione di cui al comma 5 - relativa ai permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione -, essi siano così determinati:
a) permesso di prospezione: 92,50 euro per chilometro quadrato;
b) permesso di ricerca: 185,25 euro per chilometro quadrato;
c) permesso di ricerca in prima proroga: 370,25 euro per chilometro quadrato;
d) permesso di ricerca in seconda proroga: 740,50 euro per chilometro quadrato.
Le maggiori risorse derivanti dalle disposizioni in materia di canoni di superficie di cui al presente comma sono riassegnate dal Ministero dell'economia e delle finanze ad apposito Fondo da istituire presso il Ministero dello sviluppo economico, destinato in misura pari a 1 milione di euro per gli anni 2020 e 2021 alla copertura degli oneri connessi all'attuazione della presente norma.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 625 del 1996 reca l'attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. In particolare, l'art. 18. Recante Armonizzazione delle disposizioni sui canoni dispone che a decorrere dal 1° gennaio 1997, i canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sono così determinati:
a) permesso di prospezione: 5000 lire per chilometro quadrato;
b) permesso di ricerca: 10000 lire per chilometro quadrato;
c) permesso di ricerca in prima proroga: 20000 lire per chilometro quadrato;
d) permesso di ricerca in seconda proroga: 40000 lire per chilometro quadrato;
e) concessione di coltivazione: 80000 lire per chilometro quadrato;
f) concessione di coltivazione in proroga: 120000 lire per chilometro quadrato;
g) concessione di stoccaggio insistente sulla relativa concessione di coltivazione: 20000 lire per chilometro quadrato;
h) concessione di stoccaggio in assenza di relativa concessione di coltivazione: 80000 lire per chilometro quadrato.
Il comma 2 prevede, nel caso di titoli minerari ricadenti nel territorio delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e Bolzano, che i canoni di cui al comma 1 sono dovuti alla regione o provincia autonoma. In base al comma 3, i canoni sono aggiornati con decreto del Ministro delle finanze di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del tesoro.
Si segnala che la norma in esame, nel rideterminare i canoni, non novella la disposizione vigente, che non risulta abrogata.
Il comma 10 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 202, da iscrivere su capitolo dello stato di previsione del MISE, per far fronte agli oneri per la predisposizione del Piano.
Il comma 11 istituisce, per far fronte agli oneri, nello stato di previsione del MISE un Fondo con la dotazione di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020. Si prevede il versamento delle maggiorazioni dei canoni di superficie previste dalla norma in esame (e derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 8 e 9 della stessa) ad apposito capitolo delle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo in parola, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per gli importi eccedenti 1 milione per l’anno 2019, 21 milioni per l’anno 2020 e 20 milioni a decorrere dall’anno 2021.
Si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico l'indicazione delle modalità di versamento delle maggiorazioni dei canoni.
Nel caso in cui le risorse disponibili sul fondo per un esercizio finanziario non risultino sufficienti a far fronte agli oneri della disposizione in esame, si demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia la corrispondente rimodulazione dei canoni annui di cui alla norma vigente, nell'indicata finalità di assicurare un maggior gettito corrispondente ai maggiori oneri.
Il comma 12 stabilisce che alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi svolte nell’ambito di titoli minerari rilasciati a seguito di istanze presentate dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame, non si applichi l’articolo 38 comma 1 del decreto-legge n. 133 del 2014, norma quest'ultima che ha stabilito che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilità.
L'art. 38 comma 1 citato in norma prevede che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilità. Stabilisce che i relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità. Si ricorda che, in base al comma 2 di tale norma, qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazione degli strumenti urbanistici, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica.
Resta fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.
L'articolo 11-bis - introdotto nel corso dell'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 11.0.95 (testo 3) - interviene sulla disciplina relativa alle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche.
Al fine di definire una disciplina efficiente e coerente con le disposizioni dell'ordinamento comunitario in tema di assegnazione delle concessioni di- grandi derivazioni idroelettriche, l'articolo in esame novella l'articolo 12 del d.lgs. 79/1999 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), relativo alle concessioni idroelettriche.
Il nuovo comma 1 stabilisce che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e nei casi di decadenza o rinuncia, tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell'acqua, le condotte forzate ed i canali di scarico (art. 25, comma 1, del Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici - R.D. 1775/1933), passano, senza compenso, in proprietà delle regioni, in stato di regolare funzionamento. In caso di esecuzione da parte del concessionario, a proprie spese e nel periodo di validità della concessione, di investimenti sui predetti beni, purché previsti dall'atto di concessione o comunque autorizzati dal concedente, alla riassegnazione della concessione secondo le procedure di cui ai commi seguenti, si applica, per la parte di bene non ammortizzato, un indennizzo al concessionario uscente pari al valore non ammortizzato e fatti salvi gli oneri di straordinaria manutenzione sostenuti dallo Stato nei casi previsti dall'articolo 26 del R.D. 1775/1933.
Per i beni diversi da quelli prima indicati resta ferma la disciplina stabilita dall'articolo 25, secondo comma e seguenti del R.D. 1775/1933, con corresponsione del prezzo da quantificare al netto dei beni ammortizzati, sulla base del successivo comma 1-ter, intendendosi sostituiti gli organi statali ivi indicati con i corrispondenti organi della Regione.
L'articolo 25 prevede che al termine dell'utenza e nei casi di decadenza o rinuncia, nelle grandi derivazioni per forza motrice, passano in proprietà dello Stato, senza compenso, tutte le opere di raccolta, di regolazione e di derivazione, principali e accessorie, i canali adduttori dell'acqua, le condotte forzate ed i canali di scarico, il tutto in istato di regolare funzionamento.
Lo Stato ha anche facoltà di immettersi nell'immediato possesso di ogni altro edificio, macchinario, impianto di utilizzazione, di trasformazione e di distribuzione inerente alla concessione (ossia quelli che trasportano prevalentemente energia prodotta dall'impianto cui si riferisce la concessione), corrispondendo agli aventi diritto un prezzo uguale al valore di stima del materiale in opera, calcolato al momento dell'immissione in possesso, astraendo da qualsiasi valutazione del reddito da esso ricavabile. In mancanza di accordo la controversia è deferita ad un collegio arbitrale costituito di tre membri, di cui uno nominato dal Ministro dei lavori pubblici, uno dall'interessato, il terzo d'accordo tra le parti, o in mancanza di accordo, dal presidente del Tribunale delle acque. Per esercitare la facoltà di immissione nel possesso, lo Stato deve preavvisare gli interessati tre anni prima del termine dell'utenza. Nel caso di decadenza o rinuncia non occorre tale preavviso.
In base la nuovo comma 1-bis, le regioni, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, possono assegnare le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, previa verifica di requisiti di capacità tecnica, finanziaria e organizativa di cui al comma 1-ter, lettera d) a: operatori economici individuati attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pabblica; mediante forme di partenariato pubblico privato.
L'affidamento a società partecipate deve comunque avvenire nel rispetto delle disposizioni del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. 175/2016).
Come previsto dal comma 1-ter, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione Europea e degli accordì internazionali, nonché dei princìpi fondamentali dell'ordinamento statale e delle disposizioni di cui all'articolo oggetto di novella, le regioni disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare:
a) le modalità per lo svolgimento delle procedure di assegnazione di cui al comma 1-bis;
b) i termini di avvio delle procedure di cui al comma 1-bis;
c) i criteri di ammissione e di assegnazione;
d) i requisiti di capacità finanziaria, organizzativa e tecnica adeguata all'oggetto della concessione richiesti ai partecipanti e i criteri di valutazione delle proposte progettuali, prevedendo quali requisiti minimi:
ü ai fini della dimostrazione di adeguata capacità organizzativa e tecnica l'attestazione di avvenuta gestione, per un periodo di almeno 5 anni, di impianti idroelettrici aventi una potenza nominale media pari ad almeno 3 MW;
ü ai fini della dimostrazione di adeguata capacità economica la referenza di due istituiti di credito o società di servizi iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari che attestino che il partecipante ha la possibilità di accedere al credito per un importo almeno pari a quello del progetto proposto nella procedura di assegnazione, ivi comprese le somme da corrispondere per i beni di cui alla lettera k);
e) i termini di durata delle nuove concessioni, comprese tra 20 e 40 anni; il termine massimo può essere incrementato fino ad un massimo di 10 anni, in relazione alla complessità dello proposta progettuale presentata e all'importo dell'investimento;
j) gli obblighi o le limitazioni gestionali, subordinatamente ai quali sono ammissibili i progetti di sfruttamento e utilizzo delle opere e delle acque, compresa la possibilità di utilizzare l'acqua invasata per scopi idroelettrici perfronteggiare situazioni di crisi idrica o per la laminazione delle piene;
g) i miglioramenti minimi in termini energetici, di potenza di generazione e di producibilifà da raggiungere nel complesso delle opere di derivazione, adduzione, regolazione e condotta dell'acqua e degli impianti di generazione, trasformazione e connessione elettrica con riferimento agli obiettivi strategici nazionali in materia di sicurezza energetica e fonti energetiche rinnovabili, compresa la possibilità di dotare le infrasfrutture di accumulo idrico per favorire l'integrazione delle stesse energie rinnovabili nel mercato dell'energia e nel rispetto di quanto previsto dal Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete elettrica;
h) i livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, in coerenza con gli strumenti di pianificazione a scala di distretto idrografico in attuazione della Direttiva 2000/60/CE, determinando obbligatoriamente una quota degli introiti derivanti dall'assegnazione, da destinare al finanziamento delle misure dei Piani di gestione distrettuali o dei piani di tutela finalizzate alla tutela e al ripristino ambientale dei corpi idrici interessati dalla derivazione;
i) le misure di compensazione ambientale e territoriale, anche a carattere finanziario, da destinarsi ai territoritori dei comuni interessati dalla presenza delle opere e della derivazione compresi tra i punti di presa e di restituzione delle acque garantendo l'equilibrio economico finanziario del progetto di concessione;
j) le modalità di valutazione, da parte dell'amministrazione competente, dei progetti presentati in esito alle procedure di assegnazione, che avverrà nell'ambito di un procedimento unico ai fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene luogo della verifica o valutazione di impatto ambientale, della valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati nonché dell'autorizzazione paesaggistica, nonché di ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato, previsto dalla normativa nazionale, regionale o locale; a tal fine, alla valutazione delle proposte progettuali partecipano, ove necessario, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dei beni e delle attività culturali e gli enti gestori delle aree naturali protette; per gli aspetti connessi alla sicurezza degli invasi di cui al D.L 507/1994 (Misure urgenti in materia di dighe - L. 584/1994), e all'articolo 6, comma 4-bis, della L. 166/2002 (Disposizioni relative al Registro italiano dighe) al procedimento valutativo partecipa il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
k) l'utilizzo dei beni di cui all'articolo 25, comma secondo, del R.D. 1775/1933, nel rispetto del codice civile, secondo i seguenti criteri:
1) per i beni mobili di cui si prevede l'utilizzo nel progetto di concessione, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo, in termini di valore residuo, determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata; in caso di mancata previsione di utilizzo nel progetto di concessione, per tali beni si procede alla rimozione e allo smaltimento secondo le norme vigenti a cura ed onere del proponente;
2) per i beni immobili, per i quali il progetto proposto ne prevede l'utilizzo, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo il cui valore è determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata sulla base di attività negoziale fra le parti;
3) i beni immobili per i quali il progetto proposto non prevede l'utilizzo restano di proprietà degli aventi diritto;
1) previsione, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato;
m) le specifiche modalità procedimentali da seguire in caso di grandi derivazioni idroelettriche che interessano il territorio di due o più regioni, in termini di gestione delle derivazioni, vincoli amministrativi e ripartizione dei canoni, da definire d'intesa fra le Regioni interessate; le funzioni amministrative per l'assegnazione della concessione sono di competenza della Regione sul cui territorio insiste la maggior portata di derivazione d'acqua in concessione.
Secondo il , le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono avviate entro due anni dall'entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1-ter. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro il 31 dicembre 2021, sono individuate le modalità e le procedure di assegnazione applicabili nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata, delle procedure di cui al primo periodo; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti procede in via sostitutiva, sulla base della predetta disciplina, all'assegnazione delle concessioni, prevedendo che il 10% dell'importo dei canoni concessori resti acquisita al patrimonio statale. Restano in ogni caso ferme le competenze statali previste a legislazione vigente.
Il comma 1-quinquies prevede che i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche corrispondono semestralmente alle regioni un canone, determinato con legge regionale, sentita l'ARERA, articolato in una componente fissa, legata alla potenza nominale media di concessione, e in una componente variabile, calcolata come percentuale dei ricavi normalizzati, sulla base del rapporto fra la produzione dell'impianto, al netto dell'energia fornita alla regione, ed il prezzo zonale dell'energia elettrica. Il compenso unitario varia proporzionalmente alle variazioni, non inferiori al 5 per cento, dell'indice ISTAT relativo al prezzo industriale per la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica. Il canone così determinato è destinato per almeno il 60% alle Province il cui territorio è interessato dalle derivazioni. Nelle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l'obbligo per i concessionari di fornire annualmente e gratuitamente alle stesse regioni, 220 kWh per ogni kWdi potenza nominale media di concessione, per almeno il 50% destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni.
Il comma 1-sexies dispone che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto, disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della nuova disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità, le condizioni la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure dì assegnazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.
Per il comma 1-septies, fino all'assegnazione della concessione, il concessionario scaduto è tenuto a fornire su richiesta della regione energia nella misura e con le modalità previste dal comma 1-quinquies e a riversare alla regione un canone aggiuntivo, rispetto al canone demaniale, da corrispondere per l'esercizio degli impianti nelle more dell'assegnazione; tale canone aggiuntivo è destinato per un importo non inferiore al 60% alle Province il cui territorio è interessato dalle derivazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'ARERA) e previo parere della conferenza Stato-Regioni sono determinati il valore minimo della componente fissa del canone e il valore minimo del canone aggiuntivo; in caso di mancata adozione del decreto entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, fermi restando predetti i criteri di ripartizione, le regioni possono determinare l'importo dei canoni in misura non inferiore a € 30 per la componente fissa del canone e a € 20 per il canone aggiuntivo per ogni kW di potenza nominale media diconcessione per ogni annualità.
Il comma 1-octies fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Sono di conseguenza abrogati i commi 2, 4, 8-bis e 11 dell'articolo 12 del d.lgs.79/1999 nonché i commi 5, 6 e 7 dell'art. 37 del D.L. 83/2012 (L. 134/2012) relativi alle concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico.
Con l'approvazione dell'emendamento 11.0.1000 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 11-bis il quale reca una disposizione di interpretazione autentica volta ad ovviare alle incertezze applicative in ordine alla ineleggibilità degli avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi. La disposizione inoltre contempla una proroga di sei mesi per il rinnovo dei consigli degli ordini circondariali forensi scaduti il 31 dicembre 2018.
L'articolo 11-bis reca, al comma 1, una norma di interpretazione autentica al fine di superare le incertezze applicative relative alla ineleggibilità di avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi, come stabilito dalla legge 12 luglio 2017, n. 113. L'articolo 3, comma 3, secondo periodo, della legge n. 113 del 2017 prevede, infatti, che i consiglieri degli ordini forensi non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi. In base a quanto previsto dall'articolo in commento, tale disposizione, deve interpretarsi nel senso che, ai fini del rispetto del divieto di ricandidatura per coloro che hanno già svolto due mandati esecutivi, si tiene conto dei mandati espletatati, anche solo in parte, prima della sua entrata in vigore, compresi quelli iniziati anteriormente all'entrata in vigore della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di riforma dell'ordinamento forense. La disposizione fa salvo quanto previsto dall'articolo 3, commi 3, terzo periodo, e 4, della legge 12 luglio 2017, n. 113, in ordine rispettivamente alla possibilità di ricandidarsi quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato e all'irrilevanza dei mandati di durata inferiore ai due anni.
Il comma 2 dell'articolo dispone, poi, con riguardo al rinnovo dei consigli degli ordini circondariali degli avvocati scaduti il 31 dicembre 2018, una proroga del termine di cui all'articolo 27, comma 4 della legge n. 247 del 2012, stabilendo che l'assemblea per l'elezione del consiglio si svolge entro il mese di luglio 2019.
Alla approvazione dell'emendamento consegue l'abrogazione del decreto legge n. 2 del 2019, recante disposizioni aventi il medesimo contenuto delle norme in esame. Si prevede, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
La legge n. 247 del 2012 ha riformato organicamente la disciplina della professione di avvocato, risalente alla legge professionale del 1933.
In particolare, la disciplina degli organi e delle funzioni degli ordini forensi è contenuta nel titolo III della legge n. 247, agli articoli da 24 a 39.
L’ordine forense è costituito dall'insieme degli iscritti negli albi degli avvocati ed è articolato nel Consiglio nazionale forense e negli ordini circondariali, definiti "enti pubblici non economici" (art. 24), soggetti alla vigilanza del Ministero della giustizia.
Gli ordini circondariali sono costituiti presso ciascun tribunale. Gli ordini circondariali, ai quali è attribuita in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell’Avvocatura a livello locale (art. 25), sono articolati nei seguenti organi:
- assemblea degli iscritti, costituita dagli avvocati iscritti all’albo circondariale e negli elenchi speciali: ad essa spettano, oltre che funzioni consultive, anche l’elezione dei componenti del consiglio e l’approvazione dei bilanci;
- consiglio dell’ordine;
- presidente;
- segretario;
- tesoriere;
- collegio dei revisori.
In base all’articolo 28 della legge del 2012 i consigli dell’ordine circondariale hanno un numero di componenti che varia in funzione del numero di avvocati iscritti (comma 1). All’ordine circondariale devono essere iscritti tutti gli avvocati aventi il principale domicilio professionale nel circondario del tribunale.
Avvocati iscritti all’ordine circondariale |
Consiglieri dell’ordine
|
Da 0 a 100 |
5 |
Da 101 a 200 |
7 |
Da 201 a 500 |
9 |
Da 501 a 1.000 |
11 |
Da 1.001 a 2.000 |
15 |
Da 2.001 a 5.000 |
21 |
Oltre 5.000 |
25 |
La riforma demandava ad una un regolamento (il successivo DM 10 novembre 2014, n. 170) la disciplina delle modalità di elezione dei componenti del consiglio dell’ordine, fissando i seguenti principi:
?elettorato attivo: possono votare tutti gli avvocati che, il giorno antecedente al voto, risultano iscritti nell’albo, nell’elenco dei dipendenti degli enti pubblici, nell’elenco dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione;
?elettorato passivo: possono essere eletti tutti coloro che hanno l’elettorato attivo e che, nei 5 anni precedenti, non hanno riportato una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. Il mandato può essere svolto al massimo due volte, ma non consecutivamente. Per ripresentare la propria candidatura, infatti, l’avvocato deve attendere che sia trascorso un numero di anni uguale a agli anni nei quali ha già svolto il mandato.
?sistema elettorale: con voto segreto; sistema maggioritario plurinominale, con candidature individuali o tramite liste concorrenti e voto di preferenza; possibilità per ciascun elettore di esprimere un numero di preferenze non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondato per difetto; possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi; rispetto dell’equilibrio tra i generi con garanzia che il genere meno rappresentato ottenga almeno 1/3 dei consiglieri eletti e, in caso di sostituzione in corso di mandato, che tale rapporto sia comunque garantito; attribuzione del posto in consiglio dell’ordine a coloro che hanno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è eletto il più anziano per iscrizione e, in caso di parità, il più anziano d’età; subentro, in caso di morte, dimissioni, decadenza, impedimento permanente, del primo dei non eletti – nel rispetto dell’equilibrio di genere – entro 30 giorni dall’evento.
?contenzioso: contro i risultati delle elezioni ciascun avvocato iscritto nell'albo può proporre reclamo al CNF, entro 10 giorni dalla proclamazione; il reclamo non sospende l'insediamento del nuovo consiglio.
?incompatibilità: la carica di consigliere dell’ordine è incompatibile con quella di membro del CNF, del consiglio di amministrazione e del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nonché di membro di un consiglio distrettuale di disciplina. Quando l’incompatibilità è sopravvenuta, l’interessato deve optare per uno degli incarichi entro 30 giorni, pena la decadenza dal primo incarico assunto; ai consiglieri dell’ordine, durante il mandato, non possono essere conferiti incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario.
Nella scorsa legislatura, sulla questione relativa alle elezioni degli ordini forensi, il legislatore è nuovamente intervenuto con la legge n. 113 del 2017. In particolare l'articolo 3 della legge n. 113 ha ridisciplinato l’elettorato attivo e passivo, sostanzialmente sostituendosi ai commi da 2 a 5 dell’articolo 28 della legge, che vengono abrogati dalla stessa legge del 2017.
Ai sensi dell’articolo 3 sono stati così disciplinati i seguenti aspetti:
?elettorato attivo: è stata confermata la disciplina prevista dalla legge del 2012, infatti possono votare tutti gli avvocati che, il giorno antecedente il voto, risultano iscritti nell’albo, nell’elenco dei dipendenti degli enti pubblici, nell’elenco dei docenti e ricercatori universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della professione (comma 2).
?elettorato passivo: possono essere eletti tutti coloro che hanno l’elettorato attivo e che, nei 5 anni precedenti, non hanno riportato una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. Il mandato può essere svolto al massimo per due volte consecutive (comma 3). Per ripresentare la propria candidatura l’avvocato dovrà attendere che sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali ha già svolto il mandato. Ai fini del rispetto del divieto di svolgere più di due mandati consecutivi, non si tiene conto dei mandati di durata inferiore ai due anni (comma 4).
Proprio con riguardo all'articolo 3, della legge del 2017 e alla interpretazione di tale disposizione nella parte in cui prevede l'ineleggibilità degli avvocati che hanno già svolto due mandati consecutivi (comma 3, secondo periodo), sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la Sentenza 19 dicembre 2018, n.32781. La Suprema Corte - in sede di impugnazione di una pronuncia del CNF - ha ritenuto che la disposizione si intende riferita anche ai mandati espletati anche solo in parte prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che, a far tempo dall'entrata in vigore di detta legge (21 luglio 2017) e fin dalla sua prima applicazione in forza del comma terzo del suo articolo 17, non sono eleggibili gli avvocati che abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli della durata inferiore al biennio ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 3 della legge n. 113 del 2017) di componente dei Consigli dell'ordine, pure se anche solo in parte sotto il regime anteriore alle riforme di cui alle leggi 31 dicembre 2012, n. 247 e 12 luglio 2017 n. 113. Secondo la Suprema Corte la norma deve essere letta tenuto conto delle rationes della normativa ovverosia garantire la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini professionali favorendo l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice evitando la 'sclerotizzazione' delle compagini potenzialmente dannosa.
Da ultimo sulla materia è intervenuto il decreto-legge 11 gennaio 2019, n.2, del quale, la disposizione in commento reca l'abrogazione, prevedendo, nel contempo, che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge.
Con l'approvazione dell'emendamento 11.0.2000 le Commissioni riunite in sede referente propongono di introdurre l’articolo 11-bis il quale prevede che l'ammontare delle risorse, costituite dai rimborsi e dagli utili netti derivanti dalle operazioni di prestito e di investimenti effettuati nei paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico a valere sulle risorse del Fondo europeo di sviluppo potranno affluire annualmente all'entrata del bilancio dello Stato in misura non superiore al 70 per cento delle risorse residue nel conto nell'anno considerato.
L'articolo 12, comma 1 della legge n. 246 del 2007 (recante disposizioni sulla Partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali) dispone che, a "decorrere dall'anno 2006, una parte delle disponibilità finanziarie di pertinenza dell'Italia esistenti sui conti speciali CEE, costituite dai rimborsi e dagli utili netti derivanti dalle operazioni di prestito e di investimenti effettuate nell'ambito delle Convenzioni di Yaoundé e Lomé dalla Banca europea per gli investimenti nei Paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico, a valere sulle risorse del Fondo europeo di sviluppo, alimentato da contributi già erogati dallo Stato a fondo perduto, potranno affluire annualmente all'entrata del bilancio dello Stato". Lo stesso comma indica quali finalità delle suddette risorse finanziarie il finanziamento di iniziative di cooperazione allo sviluppo di tipo multilaterale e nell'ambito delle Istituzioni finanziarie internazionali.
Il comma 2 del medesimo articolo, di cui si propone la modifica, specifica che l'esatto ammontare delle risorse di cui al comma 1 debba essere deciso ogni anno dal Ministro dell'economia e delle finanze entro il tetto massimo di 15 milioni di euro.
L'articolo in esame, inserito con un emendamento del Governo durante l'esame in sede referente, dispone che l'ammontare delle risorse che potranno affluire all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge n. 246 sarà deciso ogni anno fino al 70 per cento delle risorse residue nel conto nell'anno considerato (anziché entro il tetto massimo di 15 milioni di euro).
Secondo la relazione tecnica, tale modifica consente di determinare l'ammontare delle risorse in base all'effettiva disponibilità, contribuendo ad aumentare la percentuale dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dell'Italia senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
Il Fondo europeo di sviluppo (FES) rappresenta il principale strumento finanziario per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), nonché con i paesi e territori d'oltremare (PTOM). Il FES è stato istituito dal trattato di Roma del 1957 per la concessione di aiuti tecnici e finanziari inizialmente diretti ai paesi africani con i quali alcuni Stati europei avevano legami storici.
Il FES non rientra ancora nel bilancio generale dell’UE, anche se, su richiesta del Parlamento europeo, è riservato ad esso un titolo nel bilancio fin dal 1993. Il FES è stato istituito da un accordo interno dei rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio ed è gestito da un comitato specifico. La Commissione europea è responsabile dell'esecuzione finanziaria delle operazioni effettuate con risorse del FES. Il FES dispone di regole finanziarie proprie ed è diretto da un comitato specifico. Sebbene il Fondo rimanga al di fuori del bilancio dell'UE, le negoziazioni sui diversi elementi dell'11° ciclo sono state condotte in parallelo con quelle riguardanti gli strumenti esterni finanziati dal bilancio in modo da assicurarne la coerenza.
Ciascun FES abbraccia un periodo di diversi anni. Dalla conclusione della prima convenzione di partenariato nel 1964, i cicli del FES seguono, in generale, quelli degli accordi/convenzioni di partenariato.
1° FES: 1959-1964
2° FES: 1964-1970 (Convenzione di Yaoundé I)
3° FES: 1970-1975 (Convenzione di Yaoundé II)
4° FES: 1975-1980 (Convenzione di Lomé I)
5° FES: 1980-1985 (Convenzione di Lomé II)
6° FES: 1985-1990 (Convenzione di Lomé III)
7° FES: 1990-1995 (Convenzione di Lomé IV)
8° FES: 1995-2000 (Convenzione di Lomé IV e sua revisione IV bis)
9° FES: 2000-2007 (Accordo di Cotonou)
10° FES: 2008-2013 (Accordo di Cotonou riveduto)
11° FES: 2014-2020 (Accordo di Cotonou riveduto).
L'11° FES, quello attualmente operante, è stato creato da un accordo intergovernativo tra i paesi dell'UE nel giugno del 2013 nell'ambito dell'accordo di partenariato di Cotonou. L'11° FES è diventato operativo il 1° marzo 2015, dopo essere stato ratificato da tutti gli Stati membri e dispone di una dotazione di 30,5 miliardi di euro, mentre altri 2,6 miliardi di euro sono resi disponibili dai fondi della Banca europea per gli investimenti (BEI).
Nel quadro dell'accordo di partenariato ACP-UE è stato istituito lo Strumento per gli investimenti. Lo Strumento per gli investimenti è gestito dalla BEI e viene utilizzato per sostenere lo sviluppo del settore privato nei paesi ACP, finanziando essenzialmente — ma non esclusivamente — gli investimenti privati. Lo Strumento per gli investimenti è concepito come un fondo rinnovabile, cosicché i rimborsi dei prestiti possono essere reinvestiti in altre operazioni, dando così luogo a uno strumento che si rinnova automaticamente ed è finanziariamente indipendente.
Il bilancio dell'UE è annuale e, secondo il principio dell'annualità, le spese e le entrate sono programmate e autorizzate per il periodo di un anno. A differenza del bilancio dell'UE, il FES è un fondo che opera su base pluriennale. Ogni FES stabilisce un fondo complessivo destinato all'attuazione della cooperazione allo sviluppo per un periodo che solitamente dura cinque anni. Il fatto che il bilancio non sia impostato su base annuale è evidenziato nella relazione di bilancio, dove l'esecuzione del bilancio dei FES è misurata in relazione al totale dei fondi.
Le risorse del FES sono contributi "ad hoc" forniti dagli Stati membri dell'Unione europea. Ogni cinque anni circa, i rappresentanti degli Stati membri si incontrano a livello intergovernativo per decidere l'importo complessivo che sarà assegnato al fondo e per sovrintenderne l'esecuzione, dopodiché la Commissione gestisce il fondo conformemente alla politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione. Poiché gli Stati membri perseguono politiche proprie in materia di sviluppo e di aiuti, in parallelo a quella dell'Unione, per garantirne la complementarità devono coordinarle con l'UE.
Oltre ai suddetti contributi, gli Stati membri possono anche stipulare accordi di cofinanziamento o fornire contributi finanziari volontari al FES.
La tabella seguente, tratta dai Conti annuali del Fondo europeo di sviluppo 2017[20], riporta il capitale del fondo totale e la quota non richiamata.
Il capitale del Fondo rappresenta l'importo totale dei contributi che gli Stati membri versano al pertinente FES, secondo quanto definito da ciascun accordo interno. I fondi non richiamati rappresentano la dotazione iniziale non ancora richiesta agli Stati membri. Il capitale del Fondo richiamato costituisce la parte di dotazione iniziale che gli Stati membri sono stati invitati a versare sui conti di tesoreria.
La tabella seguente, tratta dalla medesima Comunicazione della Commissione europea, riporta invece i contributi, il capitale richiamato e quello non richiamato, dei singoli paesi.
L'emendamento 11.0.600, approvato durante l’esame referente dalle Commissioni riunite, propone di introdurre l’articolo 11-bis con il quale si modifica la normativa riguardante l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, stabilendo che gli esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità chiamati ad integrare la composizione dell’Osservatorio devono essere comunque pari a cinque.
Nel corso dell’esame è stato inoltre approvato il subemendamento 11.0.600/1 (testo 2), con il quale sono state disposte alcune agevolazioni per l’accesso al lavoro nel settore pubblico per i soggetti rimasti orfani a seguito dell’evento di Rigopiano (comma 2 dell’articolo 11-bis).
L’articolo 11-bis, la cui introduzione nella legge di conversione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 11.0.600, stabilisce che gli esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità che integrano la composizione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità devono essere comunque pari a cinque.
Infatti, la normativa vigente attualmente prevede che l’'Osservatorio sia integrato da esperti in un numero non superiore a cinque.
L’Osservatorio dura in carica tre anni ed è prorogabile con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la medesima durata (qui il DPCM di proroga per ulteriori 3 anni a decorrere dal 22 ottobre 2016) e pertanto dovrebbe scadere il 21 ottobre 2019.
Si ricorda che il D.I. 6 luglio 2010, n. 167 ne ha disciplinato l’attività come organismo consultivo e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità, presso la sede del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a Roma. Successivamente, il Decreto MLPS del 30 novembre 2010 (qui il contenuto del Decreto) ne ha disposto la composizione in base al citato articolo 3 della legge n. 18/2009. Qui l’ultima Relazione triennale (2014-2016) che contiene, tra l’altro, un elenco delle attività realizzate e dei risultati raggiunti.
Il comma 2 (oltre ad aggiungere alla rubrica dell’articolo in esame il testuale riferimento agli orfani di Rigopiano) prevede che siano considerati orfani, a seguito del richiamato evento, tutti coloro i cui genitori (o anche uno solo di essi ovvero la persona che li aveva a proprio totale o principale carico) siano deceduti, dispersi o divenuti inabili in modo permanente a qualsiasi proficuo lavoro a causa dell’evento medesimo.
Al riguardo, appare opportuno, sotto il profilo della formulazione del testo, analogamente a quanto previsto dalla normativa generale in materia di collocamento obbligatorio (l. 68/1999, art. 18), distinguere gli orfani dai soggetti ad essi equiparati in ragione del differente criterio, adottato dal testo dell’emendamento, che fa riferimento alla “persona che li aveva a proprio totale o principale carico”.
In relazione a ciò, sono riconosciute le seguenti agevolazioni per l’accesso al lavoro nel settore pubblico:
· attribuzione, agli orfani di uno o entrambi i genitori, della quota di riserva di cui all’articolo 7, comma 2, della L. 68/1999, che disciplina le modalità delle assunzioni obbligatorie a cui sono tenuti i datori di lavoro pubblici. Tale agevolazione, quindi, non sembrerebbe operare nei confronti dei soggetti totalmente o principalmente a carico della persona deceduta (lettera a));
· riconoscimento della condizione di orfano quale titolo di preferenza nella valutazione dei requisiti richiesti per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici non attuate tramite concorso (lettera b)). Agli stessi si applicano, inoltre, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, della L. 407/1998[21], relativamente all’iscrizione negli elenchi al collocamento obbligatorio per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
In materia di collocamento obbligatorio, si ricorda che le pubbliche amministrazione (nonché agli enti pubblici economici) sono tenute ad assumere persone con disabilità nella quota d'obbligo prevista dalla normativa generale[22], nonché ad osservare precisi vincoli per effettuare le assunzioni in conformità a quanto previsto dall'articolo 35 del D.Lgs. 165/2001 (in tema di procedure per le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni).
Le persone con disabilità in età lavorativa (cioè che abbiano compiuto i 18 anni e che non abbiano raggiunto l'età pensionabile) e disoccupate possono essere assunte presso i datori di lavoro pubblici purché appartenenti a specifiche categorie (quali invalidi civili con invalidità superiore al 45%, percettori dell’assegno di invalidità; invalidi del lavoro con un riconoscimento di invalidità superiore al 33%; non vedenti - con cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi -; sordi; invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio).
Più specificamente, i soggetti con disabilità possono essere assunti nella Pubblica Amministrazione:
- tramite concorsi pubblici che devono essere espletati per i profili professionali per i quali è previsto il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado e/o laurea; la persona da assumere deve essere individuata tramite concorso pubblico gestito direttamente dall'ente che deve assumere (articolo 35 del D.Lgs.165/2001);
- tramite avviamento da parte del Centro per l'impiego con chiamata numerica (per i profili per i quali è necessario il solo requisito della scuola dell'obbligo);
- tramite le convenzioni per l'inserimento lavorativo (ex articolo 11 della L. 68/1999[23]), procedendo, quindi, solo in questo caso, con chiamata nominativa.
Per le assunzioni che non richiedono il concorso le Pubbliche Amministrazioni procedono con chiamata numerica, con verifica della compatibilità dell'invalidità con le mansioni da svolgere.
Per le assunzioni per le quali è richiesta la prova selettiva (concorso pubblico) le persone disabili iscritte nelle liste speciali, hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al 50% dei posti messi a concorso (articolo 7, comma 2, della L. 68/1999). La quota d'obbligo è calcolata sulla scopertura dell'organico.
L'articolo 11-bis, la cui introduzione è proposta dalle Commissioni riunite con l'approvazione dell'emendamento 11.0.700, interviene in materia di auto di servizio con basse emissioni di carbonio, esentando dall'applicazione della norma in materia di massimo di cilindrata per le c.d. auto blu, le auto il cui valore di emissione sia pari o inferiore a 160 grammi/KM.
La disposizione modifica l'articolo 2 del decreto-legge n. 98 del 2011, esentando dall'applicazione della norma in parola le auto il cui valore di emissione sia pari o inferiore a 160.
Si ricorda che l'articolo 2 del decreto-legge n. 98 del 2011 qui oggetto di novella ha previsto un limite di cilindrata per le c.d. "auto blu", pari a 1600 (cc), stabilendo una serie di eccezioni.
Nel dettaglio, l’articolo 2 vigente prevede che la cilindrata delle auto di servizio non può superare i 1600 cc. Fanno eccezione le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Corte costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza. Il comma 3 stabilisce che le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite. Il comma 4 rinvia a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per stabilire modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo.
A tale riguardo, si ricorda che norme di attuazione sono state adottate dapprima con il D.P.C.M. 3 agosto 2011, poi modificato dal D.P.C.M. 12/01/2012 recante Modifiche agli articoli 1, 4 e 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 agosto 2011, concernente l'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni.
La novella - della quale le Commissioni riunite referenti propongono l'introduzione - prevede che quel limite di cilindrata non valga per i veicoli il cui valore di emissione di biossido di carbonio (espresso in grammi per chilometro), come riportato nella carta di circolazione, sia uguale o inferiore a 160.
La carta di circolazione ("libretto di circolazione") è il documento necessario alla circolazione del veicolo che il conducente deve sempre portare nel veicolo per poter circolare. È rilasciata dall'ufficio provinciale della Motorizzazione Civile (UMC) e riporta i dati relativi alle caratteristiche tecniche del veicolo. La proposta fa riferimento al punto V.7 della stessa.
Articolo 11-bis (em. 11.0.800)
(Riparto di un Fondo per le Forze di polizia)
Il Fondo di cui qui si tratta è quello destinato alle qualifiche di vice questore aggiunto e di vice questore (e qualifiche e gradi corrispondenti), ai sensi dell’articolo 45, comma 11 del decreto legislativo n. 95 del 2017 (di revisione dei ruoli delle Forze di polizia).
Tale Fondo è stato incrementato di 7,5 milioni, a decorrere dal 2019, dalla legge di bilancio ultima (articoli 1, comma 442, lettera b) della legge n. 145 del 2018).
Ebbene, tale incremento di 7,5 milioni non era, dalla disposizione di bilancio citata, ripartita con maggior dettaglio tra le Forze di polizia.
A tale ripartizione provvede la disposizione (che invero avrebbe meglio figurato come novella al citato comma 442 della legge di bilancio) in commento.
Siffatta ripartizione vi risulta come segue:
· 2,85 milioni per la Polizia di Stato;
· 2,55 milioni per l’Arma dei Carabinieri;
· 1,8 milioni per il Corpo della Guardia di finanza;
· 300.00 per la Polizia penitenziaria.
Si ricorda che il comma 442 della legge di bilancio 2019 (n. 145 del 2018) ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2019, un incremento di risorse per il personale del comparto sicurezza e difesa, per complessivi 19.066.908 euro. La disposizione fa riferimento alla specificità delle funzioni e delle responsabilità dirigenziali connesse alle esigenze in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di immigrazione, di tutela economico-finanziaria, di difesa nazionale e di soccorso pubblico.
Tale incremento è posto in deroga al vincolo (imposto dall'articolo 23, comma 2 del decreto legislativo n. 75 del 2017) secondo cui - nelle more della convergenza e armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle pubbliche amministrazioni - l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale (anche di livello dirigenziale) di ciascuna amministrazione pubblica non può eccedere il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.
Le complessive risorse sopra ricordate (dunque circa 19 milioni a decorrere dal 2019) si ripartiscono nel modo che segue:
- circa 9,4 milioni per l'attuazione dell'articolo 46, commi 3 e 6 del decreto legislativo n. 95 del 2017.
Qui rileva la ripartizione delle risorse di cui all'articolo 1, comma 680, della legge n. 205 del 2017, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019 e 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020, e destinate ai Fondi per i servizi istituzionali del personale del comparto sicurezza-difesa, ai Fondi per il trattamento accessorio del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché all'attuazione di quanto previsto dall'articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017. Quest’ultimo articolo ha disposto, per i dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile, l’istituzione di un'area negoziale, limitata agli istituti normativi in materia di rapporto di lavoro e ai trattamenti accessori, nel rispetto del principio di sostanziale perequazione dei trattamenti dei dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ha quindi previsto disposizioni volte ad assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti economici accessori e degli istituti normativi dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate con quelli dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile.
La ripartizione delle risorse prevista è intervenuta con il d.P.C.m. del 21 marzo 2018.
Rispetto a tale ripartizione, la disposizione ha allocato ulteriori 9,4 milioni per l'attuazione dell'articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017 - in particolare per l'attuazione dei suoi commi 3 e 6 - sì da incrementare per il 2019 e per il 2020 l'importo sopra esposto per ciascuna Forza di polizia e per le Forze armate, secondo un incremento che deve corrispondere all'importo previsto per il 2020 per ciascuna appunto dal d.P.Cm. citato.
- 7,5 milioni per il Fondo finalizzato a fronteggiare specifiche esigenze di carattere operativo o valorizzare l'attuazione di specifici programmi o il raggiungimento di qualificati obiettivi, destinato alle qualifiche di vice questore aggiunto e di vice questore e qualifiche e gradi corrispondenti (per Polizia di Stato, Arma dei carabinieri; Corpo della guardia di finanza; Corpo della polizia penitenziaria), ai sensi dell'articolo 45, comma 11 del decreto legislativo n. 95 del 2017. Su questa parte interviene la disposizione in esame;
- 300.000 euro per i Fondi per la retribuzione di rischio e posizione dei dirigenti di livello non generale e per la retribuzione di risultato dei dirigenti di livello generale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (ai sensi degli articoli 8 e 9 del d.P.R. n. 42 del 2018);
- circa 1,8 milioni per il Fondo per la retribuzione, di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia (di cui all'articolo 22 del d.P.R. n. 66 del 2018, atto che ha dato recepimento per quella carriera all'accordo sindacale per il triennio economico e giuridico 2016-2018).
Articolo 11-bis (em. 11.0.900 e 11.0.900/1 (testo 2))
(Dotazione organica del Ministero dell'interno. Promozioni del personale della Polizia di Stato)
L'articolo consente, innanzitutto, di incrementare la dotazione organica del Ministero dell'interno di 1 posto di funzione dirigenziale di livello generale da assegnare al personale dell'Area delle Funzioni centrali.
I maggiori oneri derivanti da tale incremento sono compensati - al fine di assicurare l'invarianza finanziaria - con la contestuale soppressione di un numero di posti di funzione dirigenziale di livello non generale di equivalente valore finanziario.
Le previste modifiche della dotazione organica sono attuate con regolamento di riorganizzazione da adottare ai sensi della legislazione vigente.
L'articolo interviene inoltre sulla disciplina delle promozioni previste per il personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato dal decreto legislativo n. 334 del 2000.
Finalità della disposizione di cui al comma 1, evidenziata nel testo, è quella di assicurare una maggiore funzionalità delle attività economico-finanziarie derivanti dalla riorganizzazione dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno prevista dall'art. 32 del decreto-legge n. 113 del 2018.
La modifica della dotazione organica in questione è pertanto consentita successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento di organizzazione che il Ministro dell'interno è tenuto ad adottare ai sensi dell'art. 32, comma 4.
La dotazione organica del Ministero dell'interno è incrementata di 1 posto di funzione dirigenziale di livello generale da assegnare al personale dell'Area delle Funzioni centrali.
Contestualmente, è soppresso un numero di posti di funzione dirigenziale di livello non generale equivalente sul piano finanziario ai maggiori oneri derivanti dal predetto incremento.
L’organizzazione del Ministero dell’interno a livello centrale, con particolare riferimento agli Uffici di livello dirigenziale generale, è contenuta nel DPR n. 398/2001 e successive modificazioni e integrazioni.
Tale Amministrazione è composta da n. 5 Dipartimenti, istituiti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, i quali si articolano in Uffici di livello dirigenziale generale affidati a prefetti o a dirigenti dell’Area 1 di prima fascia.
Le cinque strutture di primo livello in cui è articolato il Ministero dell'interno sono:
a) Dipartimento per gli affari interni e territoriali;
b) Dipartimento della pubblica sicurezza;
c) Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione;
d) Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;
e) Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie.
La tabella 1, allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2015, n. 217, emanato in attuazione del citato D.L. 95/2012, determina le dotazioni organiche del personale appartenente alla carriera prefettizia, alle qualifiche dirigenziali di prima e di seconda fascia dell'Area I comparto Ministeri, nonché del personale delle aree I, II e III del Ministero dell'interno. In particolare in riferimento alle dotazioni dei dirigenti di I e II fascia assegnati al ministero dell’interno la citata tabella dispone quanto segue:
Dirigenti Ministero Interno |
|
Dirigenti I Fascia |
4 |
Dirigenti II Fascia |
197 |
Totale |
201 |
Aree |
|
Terza Area |
8.356 |
Seconda Area |
10.883 |
Prima Area |
1.310 |
Totale |
20.549 |
Da ultimo, sulla dotazione organica del Ministero dell’interno è intervenuto l’articolo 32 del decreto-legge n. 113 del 2018 (in materia di sicurezza e immigrazione), che ha disposto la riduzione di 29 posti di livello dirigenziale generale del Ministero dell’interno in ottemperanza alle prescrizioni previste dal decreto-legge n. 95/2012 (c.d. decreto spending review) al fine di garantire gli obiettivi complessivi di economicità e di revisione della spesa previsti dalla legislazione vigente. Le riduzioni hanno riguardato la dotazione dei prefetti facendo salve le dotazioni degli altri ruoli.
Al comma successivo, l'articolo interviene sulla disciplina delle promozioni previste per il personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato dal decreto legislativo n. 334 del 2000 (in particolare, dagli articoli 7, 9, 34, 36, 49 e 51).
La disposizione inserisce nel decreto legislativo n. 334 un articolo 58-bis.
Si prevede che, per l'anno 2019, le promozioni di cui agli articoli richiamati siano conseguite mediante scrutinio per merito comparativo, cui è ammesso il personale con anzianità di effettivo servizio nella qualifica prevista dalla legislazione vigente, maturata entro le date del 30 giugno e del 31 dicembre 2019.
Le promozioni sono conseguite nel limite dei posti disponibili entro le medesime date del 30 giugno e del 31 dicembre 2019 e hanno effetto, rispettivamente, dal 1° luglio e dal 1° gennaio successivi.
Il Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza provvede ad individuare, con proprio decreto, i posti disponibili al 30 giugno 2019 in relazione alle vacanze di organico alla medesima data.
Alle promozioni decorrenti dal 1° luglio 2019 si applicano i criteri di valutazione dei titoli previsti dall'art. 62 del d.P.R. n. 335 del 1982, il quale prescrive - per il personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia con qualifica inferiore a vice questore aggiunto e qualifiche equiparate - la redazione di rapporti informativi che tengano conto di determinati parametri di giudizio (competenza professionale; capacità di risoluzione; capacità organizzativa; qualità dell'attività svolta; altri elementi di giudizio) a ciascuno dei quali è attribuito un punteggio.
Gli oneri derivanti dalle promozioni in argomento sono quantificati in un limite massimo di 500.000 euro, alla cui copertura si provvede mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti relativi al Ministero dell'interno.
[1] Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti.
Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo
[2] La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività” (a sua volta alimentato da risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento). Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico
[3] In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).
[4] legge 147/2013, articolo 1, comma 46 che ha introdotto il comma 8-quater nell’articolo 5 del D.L. n. 269/2003.
[5] Per maggiori dettagli si veda il Dossier dei Servizi Studi della Camera e del Senato n. 75/2 del 3 dicembre 2018.
[6] Si ricorda al riguardo che con le bollette dell'energia elettrica, oltre ai servizi di vendita, ai servizi di rete e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi. Il gettito raccolto dall'applicazione degli oneri generali (differenziato a seconda delle finalità cui è preposto, attraverso l’individuazione di specifiche “componenti” della bolletta) è trasferito su appositi conti di gestione istituiti dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali per ciascuna componente; fanno eccezione la componente A3 (gettito da bolletta finalizzato alla copertura degli incentivi per le fonti rinnovabili) che affluisce per circa il 98% direttamente al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e la componente As (finalizzato a far fronte agli oneri per il cd. bonus elettrico), per la quale i distributori versano alla Cassa solo la differenza tra il gettito raccolto e i costi sostenuti per il riconoscimento del bonus (se la differenza è negativa, viene riconosciuta al distributore). L'utilizzo e la gestione di questi fondi è disciplinata dall'Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) che aggiorna trimestralmente le aliquote sulla base del fabbisogno. Nell’anno 2016 il gettito derivante dagli oneri generali di sistema è stato pari a 14,2 miliardi circa, di cui 12,4 da componente A3.
Nel corso degli ultimi anni varie norme – tra cui l’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 98/2016, per quanto concerne il prestito ad ILVA S.p.A,, hanno provveduto alla compensazione degli oneri in termini di fabbisogno da esse recati mediante la previsione di un versamento, su conti correnti fruttiferi appositamente aperti presso la tesoreria centrale – remunerati secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica – delle somme gestite presso il sistema bancario dal Gestore dei Servizi energetici ed ambientali. In proposito va rammentato che in sede di istruttoria al citato D.L. n. 98/2016 la CSEA, audita il 23 giugno 2016 presso le Commissioni riunite VIII e X ha avuto modo di evidenziare che “qualora il prelievo sulle somme iscritte presso i propri conti divenga permanente, ciò può comportare la necessità di un corrispondente successivo aumento delle aliquote delle componenti tariffarie riscosse presso operatori interessati”.
[7] Il certificato di agibilità è uno strumento volto ad assicurare una tutela rafforzata per i lavoratori appartenenti a determinate categorie artistiche e tecniche dello spettacolo, considerate le specificità che caratterizzano lo svolgimento delle prestazioni lavorative in tale settore. Il certificato di agibilità deve essere richiesto dalle imprese dello spettacolo all’INPS ai sensi degli artt. 6, 9 e 10 del D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947. L’obbligo di richiesta è volto a consentire il preventivo controllo della regolarità contributiva dell’impresa richiedente che, in caso di esito negativo, preclude il rilascio del certificato. La richiesta del certificato di agibilità deve essere effettuata entro cinque giorni dalla stipulazione dei relativi contratti di lavoro (art. 9, comma 3, D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947) e, comunque, prima dello svolgimento della prestazione lavorativa. Alle imprese di nuova costituzione/operatività, all’atto del rilascio della prima agibilità, viene richiesto il versamento di una somma a titolo di deposito cauzionale pari al 10% del carico contributivo stimato per un periodo di tre mesi. In alternativa l’impresa può produrre una fidejussione bancaria o assicurativa per lo stesso importo.
[8] In generale la disciplina vigente dispone, per quanto riguarda i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, che l’impresa sia esentata dall’obbligo di richiesta del certificato qualora i lavoratori, per i quali le imprese effettuano regolari versamenti contributivi presso l'INPS, siano utilizzati nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento;
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, l’impresa ha l’obbligo di richiedere il rilascio del certificato di agibilità: per lavoratori con contratto di prestazione d'opera di durata superiore a 30 giorni e contrattualizzati per specifici eventi, di durata limitata nell'arco di tempo della complessiva programmazione dell'impresa, singolari e non ripetuti rispetto alle stagioni o cicli produttivi; per lavoratori autonomi la cui prestazione venga resa nei locali di proprietà delle imprese committenti, o di cui esse abbiano un diritto personale di godimento.
[9] Recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
[10] Recante Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
[11] Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi pluriminorati"
[12] "Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE".
[13] Intitolato: "Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, riguardante «Disposizioni recanti modifiche al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, concernente l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e altre norme per l'ottimizzazione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229» e al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante «Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252»".
[14] Il riferimento è al decreto del ministro dell'interno recante "Differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2019/2021 degli enti locali dal 31 dicembre 2018 al 28 febbraio 2019".
[15] Ai sensi dell'art.2, comma 2-bis, del D.L. n.119 del 2018 che ha così prorogato la vigenza della disposizione precedentemente prevista sino al 31 dicembre 2018 dal D.lgs. n.24 del 2016 (Attuazione delle direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE del Consiglio, del 22 luglio 2013, che istituiscono un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA e prevedono l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile a determinate operazioni a rischio frodi).
[16] Si vedano in proposito le circolari dell'Agenzia delle entrate n.59/E/2010 e n. 21/E del 25 maggio 2016.
[17] Si ricorda che il contributo è riconosciuto a ristoro del minor gettito per i comuni derivante in conseguenza della sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili.
[18] Recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città.
[19] Recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
[20] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti sui Conti annuali del Fondo europeo di sviluppo 2017, COM(2018) 519 final, Bruxelles, 27.6.2018.
[21] L’articolo 1, comma 2, della L. 407/1998 dispone che i soggetti che abbiano subito un’invalidità permanente a seguito di azioni di terrorismo e di criminalità organizzata, nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi, in generale godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli.
[22] l’articolo 3 della L. 68/99 prevede che i datori di lavoro, pubblici, come quelli privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori invalidi nella seguente misura:
-7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
-2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
-1 lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
[23] Tale articolo stabilisce la possibilità di stipulare specifiche convenzioni con i Centri per l'Impiego, con le quali si prevede un programma mirante all'inserimento lavorativo della persona disabile. I datori di lavoro pubblici che vogliano adempire all'obbligo tramite la richiamata convenzione devono inoltrare la richiesta entro 60 giorni dalla trasmissione di una proposta di convenzione. La possibilità di effettuare assunzioni con chiamata nominativa è limitata al caso di stipula della convenzione.