Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria
Riferimenti: AC N.1408/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 56/2
Data: 03/12/2018
Organi della Camera: VI Finanze

Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria

 

D.L. 119/2018 – A.C. n. 1408

 

3 dicembre 2018

 

 

 

 

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Dossier n. 75/2

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 56/2

 

 

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D18119b.docx


I N D I C E

Articolo 01 (Modifica della soglia di accesso all'interpello sui nuovi investimenti) 3

Articolo 1 (Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione) 5

Articolo 2 (Definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento) 10

Articolo 2, comma 2-bis (Proroga applicazione reverse charge a fini IVA) 15

Articolo 3 (Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione) 17

Articolo 4 (Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010) 32

Articolo 5 (Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell’Unione) 36

Articolo 6 (Definizione agevolata delle controversie tributarie) 40

Articolo 7 (Regolarizzazione con versamento volontario di periodi d’imposta precedenti) 46

Articolo 8 (Definizione agevolata delle imposte di consumo sui prodotti succedanei del tabacco e sui liquidi da inalazione) 48

Articolo 9 (Regolarizzazione di irregolarità formali) 52

Articolo 9-bis (Sanzioni per assegni senza clausola di trasferibilità) 55

Articolo 10 (Semplificazioni per l’avvio della fatturazione elettronica) 57

Articolo 10-bis (Fatturazione elettronica per gli operatori sanitari) 64

Articolo 10-ter (Fatturazione elettronica per i servizi di pubblica utilità) 65

Articolo 11 (Semplificazione in tema di emissione delle fatture) 66

Articolo 12 (Semplificazione in tema di annotazione delle fatture emesse) 68

Articolo 13 (Semplificazione in tema di registrazione degli acquisti) 69

Articolo 14 (Semplificazioni in tema di detrazione dell’IVA) 71

Articolo 15 (Coordinamento in tema di fatturazione elettronica) 73

Articolo 15-bis (Disposizione di armonizzazione in tema di fatturazione elettronica) 76

Articolo 16 (Giustizia tributaria digitale) 78

Articolo 16-bis (Servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia) 82

Articolo 16-ter (Servizi informatici Equitalia Giustizia) 84

Articoli da 16-quater (Disposizioni in materia di accesso all'archivio dei rapporti finanziari) 85

Articolo 16-quinquies (Attività ispettiva nei confronti dei soggetti di medie dimensioni) 87

Articolo 16 sexies (Disposizioni in materia di scambio automatico di informazioni) 88

Articolo 16-septies (Semplificazione in materia di provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie) 90

Articolo 17 (Obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi) 91

Articolo 18 (Rinvio lotteria dei corrispettivi) 96

Articolo 19 (Disposizioni in materia di accisa) 98

Articolo 20 (Estensione dell’istituto del gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi) 100

Articolo 20-bis (Sistemi di tutela istituzionale) 107

Articolo 20-ter (Disposizioni in materia di vigilanza cooperativa) 109

Articolo 20-quater (Sospensione temporanea delle minusvalenze nei titoli non durevoli) 110

Articolo 20-quinquies (Polizze e depositi dormienti) 112

Articolo 21 (Ferrovie dello Stato) 117

Articolo 21-bis (Criteri di riparto del Fondo per il trasporto pubblico locale) 119

Articolo 21-ter (Concessioni autostradali di cui all'art. 13-bis del D.L. 148/2017) 121

Articolo 22 (Fondo garanzia e FSC) 124

Articolo 22-bis (Disposizioni in materia di Autorità di sistema portuale) 130

Articolo 22-ter (Proroga di adempimenti in materia di opere pubbliche) 133

Articolo 22-quater (Disposizioni in materia di transazioni con le aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica) 134

Articolo 23 (Misure in materia di trasporto delle merci) 136

Articolo 23-bis (Disposizioni urgenti in materia di circolazione) 140

Articolo 23-ter (Misure per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga) 142

Articolo 23-quater, commi 1-3 (Assegno di natalità - Bonus bebè) 147

Articolo 23-quater, comma 4 (Finanziamento IRCCS delle reti oncologica e cardiovascolare del Ministero salute) 149

Articolo 23-quater, comma 5 (Ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche per riduzione delle liste di attesa prestazioni sanitarie) 151

Articolo 24 (Rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace) 152

Articolo 24-bis (Gestione della contabilità speciale unica della Difesa) 153

Articolo 24-ter (Modifiche al Codice del Terzo settore) 155

Articolo 24-quater (Fondo per gli investimenti delle Regioni e le Provincie autonome colpite da eventi calamitosi) 159

Articolo 25 (Disposizioni in materia di CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale) 162

Articolo 25-bis (Trattamenti di mobilità in deroga per le aree di Termini Imerese e di Gela) 165

Articolo 25-ter (Disposizioni in materia di mobilità in deroga) 167

Articolo 25-quater (Disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato) 169

Articolo 25-quinquies (Completamento ricostruzione sisma 2012 agricoltura e agroindustria) 172

Articolo 25-sexies (Finanziamento di specifici obiettivi connessi all’attività di ricerca, assistenza e cura relativi al miglioramento dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza) 174

Articolo 25-septies (Disposizioni in materia di commissariamenti delle regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario) 177

Articolo 25-octies (Misure per il rilancio di Campione d'Italia) 180

Articolo 25-novies (Imposta sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati dai cd. money transfer) 185

Articolo 25-decies (Disposizioni in materia di imposte di consumo ai sensi del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) 187

Articolo 25-undecies (Disposizioni in materia di determinazione del prezzo massimo di cessione ) 192

Articolo 26 (Disposizioni finanziarie) 198

Articolo 26-bis (Clausola di salvaguardia) 203

Articolo 27 (Entrata in vigore) 205

 

 


Articolo 01
(
Modifica della soglia di accesso
all'interpello sui nuovi investimenti
)

 

 

L’articolo 01, introdotto nel corso dell'esame al Senato, riduce da trenta a venti milioni di euro la soglia di investimenti per i quali è possibile presentare l’istanza di interpello per i nuovi investimenti di cui al decreto legislativo n. 147 del 2015 (in tema di internazionalizzazione delle imprese).

 

Come anticipato, le modifiche riguardano lo speciale interpello per le imprese che intendono effettuare nuovi investimenti nel territorio dello Stato, introdotto nell’ordinamento dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 147 del 2015 (recante misure in materia di crescita e di internazionalizzazione delle imprese, in attuazione della delega fiscale contenuta nella legge n. 23 del 2014). Detto interpello ha lo scopo di dare certezza al contribuente che investe nel territorio dello Stato in merito ai profili fiscali del proprio piano di investimento.

 

A tal fine si richiede che sia presentato un business plan in cui sono descritti, oltre alle caratteristiche e all’ammontare dell’investimento, anche l'incremento occupazionale in relazione alla attività in cui avviene l'investimento; sono dunque valutati i riflessi, anche in termini quantitativi, che l'investimento ha sul sistema fiscale italiano.

I soggetti destinatari della norma possono presentare all'Agenzia delle Entrate un'istanza di interpello in merito ai seguenti elementi:

§  trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione, ivi inclusa, ove necessaria, la valutazione circa l'esistenza o meno di un'azienda;

§  valutazione preventiva circa l'eventuale assenza di abuso del diritto fiscale o di elusione, sussistenza delle condizioni per la disapplicazione di disposizioni antielusive e accesso ad eventuali regimi o istituti previsti dall'ordinamento tributario.

L’Agenzia delle Entrate rende una risposta scritta e motivata entro centoventi giorni, prorogabili, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni, di ulteriori novanta giorni, che decorrono dalla data di acquisizione di dette informazioni. La risposta è basata sul piano di investimento e su tutti gli ulteriori elementi informativi fomiti dall'investitore, anche su richiesta dell'Agenzia delle Entrate, a seguito di interlocuzioni con la parte interessata. Ove necessario, l'Agenzia delle Entrate può accedere, previa intesa con il contribuente, presso le sedi di svolgimento dell'attività dell'impresa per prendere diretta cognizione di elementi informativi utili ai fini istruttori. Analogamente a quanto previsto dalle vigenti disposizioni in materia di interpello, ove l’Agenzia non risponda in termini, si intende che l'Amministrazione finanziaria concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente.

Il contenuto della risposta vincola l'Amministrazione finanziaria e resta valido finché restano invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali è stata resa o desunta la risposta. La sanzione per eventuale violazione di tale norma è la nullità di ogni atto di qualsiasi genere, anche di carattere impositivo o sanzionatorio, emanato dall'Amministrazione finanziaria in difformità a detto contenuto.

Il contribuente che dà esecuzione alla risposta, a prescindere dall'ammontare del suo volume d'affari o dei suoi ricavi, può accedere all'istituto dell'adempimento collaborativo, al ricorrere degli altri requisiti previsti dalla legge (istituito dal D.Lgs. n. 128 del 2015).

L'Agenzia verifica l'assenza di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini del rilascio della risposta, nonché e la corretta applicazione delle indicazione date nella stessa mediante l'utilizzo degli ordinari poteri istruttori, fermi restando gli ordinari poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria esclusivamente in relazione a questioni diverse da quelle oggetto del parere.

L’Agenzia delle Entrate pubblica annualmente la sintesi delle posizioni interpretative rese ai sensi del presente articolo che possano avere generale interesse. In attuazione della predetta normativa, sono stati emanati il D.M. 29 aprile 2016 e il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 20 maggio 2016. Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia.

 

Ai sensi delle norme vigenti (articolo 2, comma 1, del citato D.Lgs. n. 147 del 2015) l'istanza di interpello può essere effettuata se gli investimenti oggetto della stessa:

§  sono di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro e

§  producono ricadute occupazionali significative, in relazione all'attività in cui avviene l'investimento, e durature.

Con una prima modifica (articolo 01, comma 1, del provvedimento in esame) viene ridotto da trenta a venti milioni l'ammontare degli investimenti per i quali è possibile effettuare l'istanza. Inoltre, il comma 2 dispone l’applicazione della modifica agli interpelli presentati a decorrere dal 1° gennaio 2019.

Articolo 1
(Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione)

 

 

L’articolo 1 consente di definire con modalità agevolata i processi verbali di constatazione - PVC consegnati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame). In particolare, si consente di regolarizzare le somme accertate nei suddetti verbali effettuando un’apposita dichiarazione e versando la sola imposta autoliquidata, senza sanzioni o interessi, in un’unica soluzione o in un massimo di venti rate trimestrali, entro il 31 maggio 2019. Nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte disposizioni specifiche in merito ai termini e alla determinazione quantitativa delle rate successive alla prima.

 

I processi verbali di constatazione (PVC), di cui all’articolo 24 della legge n. 4 del 1929, sono i verbali coi quali, in caso di verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza. In tali verbali, che vanno consegnati al contribuente, sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.

 

L’articolo 1, comma 1, al fine di definire i PVC, pone anzitutto un adempimento dichiarativo a carico del contribuente, che deve presentare apposita dichiarazione per regolarizzare le violazioni constatate nel verbale.

 

La definizione agevolata è applicabile ai PVC consegnati in materia di:

§  imposte sui redditi e relative addizionali;

§  contributi previdenziali e ritenute;

§  imposte sostitutive;

§  IRAP;

§  imposta sul valore degli immobili all’estero – IVIE;

§  imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE;

§  imposta sul valore aggiunto – IVA.

 

Sono definibili i PVC per i quali, al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), non è stato ancora notificato un avviso di accertamento o non è stato ricevuto un invito al contraddittorio (di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218).

 

L’ invito a comparire di cui al menzionato articolo 5 indica:

a)    i periodi di imposta suscettibili di accertamento;

b)   il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione;

c)    le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti;

d)   i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi di cui alla lettera c).

 

Il comma 2 indica i termini di presentazione delle dichiarazioni di regolarizzazione: esse vanno inoltrate entro il 31 maggio 2019, con le modalità stabilite da un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Condizione per l’inoltro è che riguardino violazioni relative ai periodi di imposta per i quali non sono scaduti i termini per l’accertamento ai fini delle imposte dirette (di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e dell’IVA (di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

La norma chiarisce che, ai fini del calcolo dei termini di decadenza, occorre tenere conto del raddoppio dei termini previsto nel caso di omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (articolo 12, commi 2-bis e 2-ter del decreto-legge n. 78 del 2009), sia ai fini dell’accertamento, sia della contestazione di sanzioni.

 

Il comma 3 vieta di utilizzare nella dichiarazione, a scomputo del maggior imponibile dichiarato, le perdite (di cui agli articoli 8 e 84 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917 del 1986, che rispettivamente disciplinano le modalità di computo delle perdite e il relativo regime di riportabilità nel tempo), anche se ulteriori rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini.

La disposizione, come chiarisce la relazione illustrativa, trova applicazione anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione nel periodo di imposta oggetto di regolarizzazione.

 

Se il processo verbale è riferito a soggetti che producono redditi in forma associata (articolo 5 del richiamato TUIR) ovvero che hanno optato per il regime della trasparenza fiscale (articoli 115 e 116 TUIR: alle condizioni di legge, il reddito della società di capitali è imputato direttamente singoli soci “per trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone), il comma 4 consente anche ai soci di presentare la propria dichiarazione per regolarizzare il reddito di partecipazione ad essi imputabile.

 

Ai sensi del comma 5, la regolarizzazione avviene versando le sole imposte autoliquidate nelle dichiarazioni presentate, relative a tutte le violazioni constatate per ciascun periodo d’imposta, nel termine del 31 maggio 2019.

Non sono applicate né le sanzioni collegate al tributo (irrogabili contestualmente all’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), né gli interessi,

Il richiamato articolo 17, comma 1 del D.Lgs. n. 472 del 1997 dispone che le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.

 

Fa eccezione alla regola del comma 5 l’ipotesi, di cui al successivo comma 6, di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

 

Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.

L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.

Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.

Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

 

Ai sensi del comma 7, la definizione si perfeziona tramite la presentazione della dichiarazione e il versamento, in un'unica soluzione o della prima rata del debito dilazionato, entro il 31 maggio 2019. Il debito è rateizzabile in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.

Con riferimento agli adempimenti successivi al pagamento della prima rata, il comma 7 rinvia ad alcune disposizioni contenute nell'articolo 8, del decreto legislativo n. 218 del 1997 in materia di attestazione dell’avvenuto perfezionamento e successiva attività di riscossione in caso di inadempimenti nel versamento delle rate.

 

Nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte disposizioni specifiche in merito ai termini e alla determinazione quantitativa delle rate successive alla prima. In particolare, si viene a prevedere che tali rate siano versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre e che sul relativo importo siano applicati gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine della prima rata.

A seguito di tali integrazioni, viene eliminato, nel secondo periodo del comma 7, il riferimento all'applicazione dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 218 del 1997, n. 218 relativo alle modalità di rateazione delle somme dovute. Rimane ferma l’applicazione dei successivi commi 3 e 4 del citato articolo 8, relativi rispettivamente alle quietanze ed al pagamento del dovuto tramite F24, nonché alle conseguenze dell’eventuale inadempimento.

Il richiamato comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione. Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento (comma 4) nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Per le somme così definite viene esplicitamente esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

 

In caso di mancato perfezionamento (comma 8; dunque in caso di mancata dichiarazione o di tempestivo versamento) non si producono gli effetti delle norme in esame e il competente ufficio procede alla notifica degli atti relativi alle violazioni constatate.

Nel caso di mancato perfezionamento delle violazioni constatate nei processi verbali per ciascun periodo di imposta, i competenti Uffici possono procedere all'ordinaria attività di controllo; in tal caso, i termini per l’accertamento, per i periodi di imposta fino al 2015 compreso, sono prorogati di due anni ai sensi del successivo comma 9, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del Contribuente (legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie).

Il comma 10 infine affida ad uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, il compito di emanare le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme in esame.


 

Articolo 2
(
Definizione agevolata degli atti
del procedimento di accertamento)

 

 

L’articolo 2 consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, gli inviti al contraddittorio e gli accertamenti con adesione, mediante pagamento delle sole imposte in un’unica soluzione o in più rate; non sono dovuti sanzioni, interessi ed eventuali somme accessorie.

Oltre ad alcune modifiche di carattere formale, il Senato ha introdotto un nuovo comma 2-bis, alla cui scheda di lettura si rinvia, che proroga al 2022 l’applicazione del meccanismo di inversione contabile a fini IVA.

 

In particolare, il comma 1 reca le modalità di definizione agevolata degli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

Condizione per l’accesso alla definizione agevolata è che si tratti di atti non impugnati e ancora impugnabili alla predetta data.

La procedura si perfeziona mediante pagamento delle somme complessivamente dovute per le sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), o, se più ampio, entro il termine per la proposizione del ricorso (di cui all’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) che residua dopo la data del 24 ottobre 2018 (di entrata in vigore del decreto in parola).

 

Il comma 2 reca le modalità di definizione agevolata delle somme contenute negli inviti al contraddittorio relativi ad accertamenti delle imposte sui redditi e nell'imposta sul valore aggiunto, nonché delle altre imposte indirette (di cui agli articoli 5, comma 1, lettera c), e 11, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in commento).

 

Nelle predette ipotesi l'ufficio dell’Amministrazione finanziaria invia al contribuente un invito a comparire, nel quale è tra l’altro indicato l’importo delle maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti.

 

Si segnala peraltro che dal 1° gennaio 2016 l’istituto di adesione all’invito al contraddittorio è stato soppresso (comma 637, lettera c), punti 1, 2 e 3, dell’art.1 della legge n.190 del 2014). Tuttavia, questo istituto continua ad applicarsi agli inviti al contraddittorio notificati entro il 31 dicembre 2015 (comma 638 dello stesso articolo di legge).

 

Anche tali somme possono essere definiti con il pagamento delle sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento).

 

Il comma 3 si riferisce invece alla definizione agevolata degli accertamenti con adesione (di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) sottoscritti entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

L’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria; si tratta di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.

La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Con l’accertamento con adesione il contribuente può usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge. Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto premiale si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.

Il procedimento può essere attivato per iniziativa d’ufficio (che, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento) o a richiesta del contribuente, che può presentare una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione, prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire e dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.

La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni richieste dalla legge, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta.

Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione.

Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore.

Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti. L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso (articolo 9 del D.Lgs. n. 218 del 1997). Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può sempre presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio.

Dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione i termini restano sospesi per un periodo di 90 giorni, sia per un eventuale ricorso, sia per il pagamento delle imposte accertate. Anche l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate dall’ufficio è effettuata, ricorrendone i presupposti, dopo la scadenza del termine di sospensione. Al termine di questo arco di tempo il contribuente se non ha raggiunto l’accordo con l’Amministrazione può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.

Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:

§  in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;

§  in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.

Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.

Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24 (non è infatti possibile compensare i debiti che devono essere pagati con il modello F23).

Con il decreto-legge 35 del 2013 è stata introdotta la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all'invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.

 

Tali accertamenti possono essere perfezionati (ai sensi dell’articolo 9 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997) mediante il pagamento, entro il termine di venti giorni dalla redazione dell'atto (di cui all’ articolo 8, comma 1, del citato D.Lgs.), decorrente dal 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), delle sole imposte, senza dover corrispondere le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori.

Il comma 4 chiarisce che tutte le predette definizioni agevolate si perfezionano con il versamento delle somme dovute, in unica soluzione o della prima rata entro i termini relativi a ciascuna tipologia di atto che si intende definire.

Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 8, commi 2, 3, 4 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, con un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.

 

In sintesi, il richiamato comma 2 dispone le modalità di rateazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione; con riferimento alle l'importo della prima rata è versato entro venti giorni dalla redazione dell’atto, mentre le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Il comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.

Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Per le somme così definite è esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241); in caso di mancato perfezionamento non si producono gli effetti dell’articolo in esame e il competente ufficio prosegue le ordinarie attività, relative a ciascuno dei procedimenti di cui ai già commentati commi 1, 2 e 3.

 

Ai sensi del comma 5, fa eccezione alla regola dei commi precedenti l’ipotesi di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, anche gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.

L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.

Al momento di redazione del presente lavoro (24 ottobre 2018), si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.

Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

 

Ai sensi del comma 6, sono esclusi dalla definizione gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167.

Detta norma ha introdotto nell'ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) in materia fiscale, che ha consentito ai soggetti che detengono attività e beni all'estero, omettendo di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario versando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Si rinvia per approfondimenti alla documentazione predisposta nel corso della XVII Legislatura.

 

Il comma 7 chiarisce che la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri.

 

Il comma 8 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione del presente articolo.


 

Articolo 2, comma 2-bis
(Proroga applicazione
reverse charge a fini IVA)

 

 

L’articolo 2, comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, proroga al 30 giugno 2022 l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile facoltativa (cd. reverse charge) IVA, in coerenza con la più recente evoluzione della normativa europea.

 

Più in dettaglio, il comma 2-bis modifica l’articolo 17, comma 8 del D.P.R. IVA (D.P.R. n. 633 del 1972) che nella sua attuale formulazione dispone che l’inversione contabile “facoltativa” IVA per alcune operazioni specifiche si applichi fino al 2018.

Occorre ricordare in questa sede che l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore.

Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri – secondo la Direttiva 2006/69/CE – in deroga alla procedura normale di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario.

In particolare, per le operazioni indicate nell’articolo 199 della Direttiva 2006/112/CE (che disciplina il sistema comune dell’IVA in Europa), l’applicazione dell’inversione contabile può essere adottata dagli Stati membri senza la necessità di un’autorizzazione preventiva, essendo sufficiente una semplice comunicazione al Comitato IVA di cui all’articolo 398 della stessa Direttiva.

Il successivo articolo 199-bis della Direttiva IVA ha stabilito una serie di nuove fattispecie rispetto alle quali, per finalità antifrode, gli Stati membri possono decidere di applicare il meccanismo dell’inversione contabile informando previamente il Comitato IVA. La norma comunitaria consente agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell’inversione contabile avvalendosi di una procedura semplificata (senza richiedere l’autorizzazione da parte del Consiglio UE, previa proposta della Commissione), ovvero con la comunicazione al Comitato IVA dell’adozione della deroga. Gli Stati devono altresì fornire informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo.

L’articolo 17, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) riporta le categorie di beni e servizi per le quali l’Italia ha inteso far uso della deroga, cioè:

§  le cessioni di telefoni cellulari (apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative), con esclusione dei componenti e accessori per i telefoni cellulari;

§  le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità  centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; da questa categoria vanno esclusi i computer quali beni completi e i loro accessori;

§  le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop;

§  i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra trasferibili (articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE);

§  i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;

§  le cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore.

 

In precedenza, l’articolo 199-bis della direttiva IVA consentiva l’applicazione del meccanismo di inversione contabile cd. facoltativa fino al 31 dicembre 2018; tale disposizione è riprodotta dall’articolo 17, comma 8 del D.P.R. IVA, su cui intervengono le norme in esame.

L’articolo 199-bis è stato recentemente modificato dalla Direttiva UE 2018/1695 del 6 novembre 2018, che ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022.

 

Le modifiche in commento, in coerenza coi nuovi termini fissati in sede UE, modificano il richiamato comma 8 dell’articolo 17, per coordinare il termine ivi previsto con quello dell’articolo 199-bis.

Si intende, dunque, prorogare l’applicazione facoltativa del reverse charge nei predetti settori al 30 giugno 2022, come anticipato in premessa.


 

Articolo 3
(Definizione agevolata dei carichi affidati
all’agente della riscossione)

 

 

L'articolo 3 reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017). Durante l’esame al Senato sono state approvate alcune modifiche relative:

§  alle modalità di pagamento rateale degli importi dovuti, che sono state specificate in dettaglio;

§  agli effetti della definizione agevolata sul rilascio del DURC;

§  alla mitigazione delle conseguenze per tardivo versamento.

 

Analogamente alle precedenti rottamazioni, il debitore beneficia dell'abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle sanzioni e somme aggiuntive. Rispetto alle passate rottamazioni:

§  si può effettuare il pagamento in cinque anni, a rate e con un tasso di interesse al 2 per cento;

§  è possibile avvalersi della compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti della PA;

§  col versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.

Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

Le norme consentono l’accesso alla definizione agevolata anche a chi ha aderito alle precedenti “rottamazioni” con pagamento tempestivo del quantum dovuto per la restante parte del debito.

 

 

 

 

 

 

La definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione: la disciplina del decreto-legge n. 193 del 2016 e del decreto-legge n. 148 del 2017

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle).

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.

Con l’adesione alla definizione agevolata al contribuente è stato consentito di pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione, senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali.

La procedura ha previsto la presentazione di una domanda (il cui termine di presentazione, ai sensi del decreto-legge n. 148 del 2017, è scaduto il 15 maggio 2018) e una successiva comunicazione di diniego o di accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate (che ha comunicato, entro il 30 giugno 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché delle relative rate e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse).

Sia il decreto-legge n. 193 del 2016, sia il decreto-legge n. 148 del 2017 hanno consentito al debitore aderente alla procedura di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione, ovvero a rate.

In particolare:

§  per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (articolo 1, comma 6 del decreto-legge n. 148 del 2017) il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione, oppure in un massimo di 5 rate di pari importo, la prima delle quali entro il 31 luglio 2018 e l’ultima entro il 28 febbraio 2019;

§  per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016 (articolo 1, comma 8, lettera b) del decreto-legge n. 148 del 2017), il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione o in un massimo di 3 rate, così suddivise:

-     l’80 per cento delle somme dovute in due rate di pari ammontare, rispettivamente entro il 31 ottobre ed entro il 30 novembre 2018;

-     il restante 20 per cento, in un’unica rata, entro il 28 febbraio 2019.

In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica rata o di ciascuna delle rate in cui è dilazionata la somma “rottamabile”, la Definizione agevolata non produce effetti e Agenzia delle entrate-Riscossione riprende le procedure di riscossione ordinarie.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono state escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016. Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata ha riguardato (articolo 6, comma 11 del decreto-legge n. 193 del 2016) i soli interessi sulle sanzioni amministrative.

Con la circolare 2/E dell’8 marzo 2017 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti relativi alla disciplina in esame.

Per una disamina più dettagliata dell’istituto si rinvia al dossier di documentazione redatto per il decreto-legge n. 148 del 2017, nonché alla sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate dedicata alla rottamazione delle cartelle.

La nuova definizione agevolata

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 3 consente di definire con modalità agevolate i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.

Analogamente a quanto già previsto per le precedenti definizioni agevolate (in particolare dall’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 193 del 2016), ove si aderisca a tale procedura non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:

§  sanzioni comprese in tali carichi;

§  interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del D.P.R. n. 602 del 1973).

Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi. La misura degli interessi di mora viene determinata annualmente dall’Agenzia delle Entrate, tenendo conto della media dei tassi bancari attivi stimati dalla Banca d’Italia. Dal 15 maggio 2018 sono pari al 3,01 per cento annuo;

§  sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);

§  le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

La definizione agevolata si perfeziona col versamento delle somme dovute.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato approvata una disposizione che modifica e specifica la disciplina applicabile ai pagamenti rateali.

Il testo originario del decreto-legge prevede che la definizione si perfezioni versando integralmente, in unica soluzione entro il 31 luglio 2019, o nel numero massimo di dieci rate consecutive di pari importo:

a)    le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi;

b)    le somme maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

 

Con le modifiche approvate al Senato si espunge dal comma 1 il riferimento alle modalità di pagamento e si sostituisce integralmente il comma 2.

 

Il novellato comma 2 mantiene ferma la possibilità di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2019. Per quanto riguarda il pagamento rateale, il numero massimo delle rate viene elevato da dieci a diciotto, eliminando la necessità che tali rate siano tutte di pari importo. Viene dunque precisato l’ammontare della prima e della seconda rata, che sono pari al dieci per cento delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione.  È inoltre modificato il termine di scadenza delle rate; per la prima e la seconda rata rimane fermo il termine del 31 luglio e del 30 novembre dell'anno 2019. Con riferimento alle restanti rate, si chiarisce che esse sono di pari ammontare e scadono il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020.

 

Al riguardo si rammenta che il decreto-legge n. 193 del 2016 distribuiva le rate della rottamazione delle cartelle negli anni 2017 e 2018; successivamente, con la riapertura dei termini di cui al decreto-legge n. 148 del 2017, le rate sono state rideterminate fino al 2019, come anticipato nel riquadro introduttivo.

Con riferimento alla lettera b) del comma 1, si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo. In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione. A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Tuttavia, il richiamato D.Lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, tra cui rientrano alcuni carichi interessati dalla definizione agevolata in commento. Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.

Per quanto invece riguarda gli interessi, si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 602 del 1973, comma 2, gli interessi di mora dal 15 maggio 2018 sono pari allo 3,01 per cento su base annua, come reso noto dall’Agenzia delle Entrate.

 

Si segnala che l’articolo 5 del provvedimento (alla cui scheda di lettura si rinvia) consente la definizione agevolata, con specifiche deroghe, dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, esclusi dalle precedenti “rottamazioni”.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento prevede che, in caso di pagamento rateale, gli interessi sono dovuti a decorrere dal 1° agosto 2019 nella misura del 2 per cento annuo.

Non si applica la disciplina generale della rateazione dei debiti tributari, prevista dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

In sintesi si ricorda che l’articolo 19, modificato dal già richiamato D.Lgs. n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.  Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili. Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

Il comma 4 pone a carico dell'agente della riscossione l'onere di fornire i dati necessari ad individuare i carichi definibili presso i propri sportelli e in apposita area del suo sito internet.

 

Ricalcando le procedure previste per le precedenti edizioni della definizione agevolata (articolo 6, comma 2 del decreto-legge n. 193 del 2016), il comma 5 stabilisce che il debitore, per aderire alla definizione, deve presentare entro i1 30 aprile 2019 una dichiarazione all'agente della riscossione - con le modalità e in conformità alla modulistica pubblicate dallo stesso agente sul proprio sito internet entro il 13 novembre 2018 (venti giorni dal 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) – in cui indica anche il numero di rate prescelto per l'eventuale pagamento dilazionato, nel limite massimo di dieci rate (come disposto dal comma 1).

Il comma 6 prevede che nella predetta dichiarazione il debitore assume l'impegno a rinunciare ad eventuali giudizi pendenti relativi ai carichi che intende definire.

Le disposizioni in commento chiariscono puntualmente le conseguenze della procedura di definizione agevolata sui giudizi pendenti. In particolare, tali giudizi sono sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, i1 giudizio si estingue a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se, invece, le somme dovute non sono integralmente pagate (e, quindi, ai sensi del comma 14, la definizione non si perfeziona), la sospensione de1 giudizio viene revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti.

 

Il comma 7 dispone che la dichiarazione già presentata ai sensi del comma 5 possa essere integrata entro i1 30 aprile 2019.

 

Il comma 8 stabilisce che, ai fini della determinazione dell'ammontare delle somme da versare per la definizione - a titolo di capitale e di interessi iscritti a ruolo, di aggio, di spese esecutive e di diritti di notifica della cartella di pagamento - si considerano unicamente gli importi già pagati allo stesso titolo e che il debitore, se ha già interamente versato le medesime somme con precedenti pagamenti parziali, deve comunque dichiarare la sua volontà di aderire alla definizione per beneficiare degli effetti di quest'ultima.

 

In base al comma 9, restano, comunque, definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate a qualunque titolo, relative ai debiti definibili, anche prima della definizione.

 

Ai sensi del comma 10 sono chiariti gli effetti della presentazione della dichiarazione di adesione con procedura agevolata.

Essa, analogamente a quanto previsto dall’articolo 6, comma 5 del decreto-legge n. 193 del 2016:

§  sospende i termini di prescrizione e decadenza;

§  sospende gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di tale presentazione;

§  inibisce l'iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche, con salvezza di quelli già iscritti alla predetta data;

§  vieta l’avvio di nuove procedure esecutive e la prosecuzione di quelle già avviate, a meno che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

Con alcune novità rispetto alla disciplina del 2016, il comma 10 in esame collega i seguenti, ulteriori effetti alla presentazione della domanda di rottamazione:

§  divieto di considerare “irregolare” il debitore nell'ambito della procedura di erogazione dei rimborsi d'imposta ex articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.

In estrema sintesi, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta;

§  divieto di considerare inadempiente il debitore ai fini della verifica della morosità da ruolo, ex articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, per un importo superiore a 5.000 euro, all’atto del pagamento, da parte delle Pubbliche Amministrazioni e delie società a totale partecipazione pubblica, di somme di ammontare pari almeno allo stesso importo.

Il richiamato articolo dispone che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, siano tenute a verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

La relazione illustrativa sul punto chiarisce che l'agente della riscossione, a seguito della presentazione della dichiarazione, anche se la predetta verifica ha già avuto luogo, è tenuto a non effettuare il pignoramento previsto dalla legge (combinato disposto degli articoli 48-bis e 72-bis del D.P.R. n. 602/1973, nonché delle norme attuative dell’articolo 48-bis).

 

La nuova lettera f-bis) del comma 10, introdotta al Senato, collega alla definizione agevolata un ulteriore effetto relativo al rilascio del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva).

In particolare si estende alla “nuova” definizione la norma (articolo 54 del D.L. n. 50 del 2017) che consente il rilascio del DURC a séguito della presentazione della domanda di definizione agevolata, purché sussistano gli altri requisiti di regolarità previsti dalla vigente disciplina - di cui all'articolo 3 del D.M. 30 gennaio 2015 - ai fini del rilascio del documento.

 

Anche in tale fattispecie opera dunque una deroga al principio generale in base al quale, in caso di inadempimento degli obblighi di versamento dei contributi, il DURC è rilasciato solo successivamente all'adozione di un provvedimento di rateizzazione, adozione che, peraltro, secondo le determinazioni in materia dell'INPS, non si considera perfezionata prima del pagamento della prima rata (Cfr. la circolare INPS n. 126 del 26 giugno 2015), già applicata per le precedenti edizioni della definizione agevolata dei carichi.

 

In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una delle rate in cui sia stato dilazionato il pagamento delle somme dovute nell'àmbito della suddetta definizione agevolata, il DURC è annullato dagli enti preposti alla verifica. Questi ultimi rendono disponibile in apposita sezione del servizio "Durc On Line" l’elenco dei documenti annullati per tale motivo. La relativa informazione è consultabile da parte dei soggetti che abbiano posto la medesima richiesta di verifica di regolarità contributiva nonché da parte di ogni soggetto che, avendone interesse, avesse già consultato (con registrazione dei propri dati nel servizio "Durc On Line") il DURC in questione. Ai fini in oggetto, l’agente della riscossione comunica agli enti summenzionati il regolare versamento delle rate.

 

Al comma 11, analogamente a quanto previsto per le precedenti definizioni agevolate, si affida all'agente della riscossione, entro il 30 giugno 2019, il compito di comunicare ai debitori che hanno aderito alla definizione il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

 

Il comma 12 individua le modalità di pagamento delle somme dovute, che può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 5) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Con una novità rispetto alla rottamazione degli anni precedenti,  ove si scelga di pagare presso gli sportelli dell’agente della riscossione, il debitore può utilizzare in compensazione, ai fini della definizione agevolata, i crediti non  prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione (articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013; l’ efficacia di tale norma è stata estesa al 2018 dall’articolo 12-bis del decreto-legge n. 87 del 2018, cd. decreto dignità).

 

Il comma 13 disciplina le conseguenze della domanda di definizione agevolata sulle dilazioni di pagamento già in atto.

Alla lettera a) si stabilisce che, limitatamente ai debiti definibili ricompresi nella dichiarazione di adesione, alla data del 31 luglio 2019 le dilazioni sospese per effetto della presentazione della stessa dichiarazione di adesione siano automaticamente revocate e non possano essere accordate nuove dilazioni ai sensi della disciplina generale dell'articolo 19 del D.P.R. n. 602/1973.

La lettera b) permette al debitore che ha aderito alla definizione agevolata di ottenere, sempre limitatamente ai debiti definibili e a seguito del pagamento della prima o unica rata delle somme in parola, l’estinzione delle procedure esecutive avviate in precedenza, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.

La relazione illustrativa al riguardo chiarisce che rimane fermo, a fini antielusivi, la disciplina penale (articolo 11, comma 1, D.Lgs. n.74 del 2000) della sottrazione fraudolenta di beni alla procedura di riscossione coattiva.

 

Il comma 14 disciplina l’ipotesi di omesso, insufficiente o tardivo versamento di una sola rata (ovvero dell’unica soluzione) relativa alle somme “rottamate”. Analogamente a quanto prescritto per il passato, la definizione non produce effetti; i versamenti effettuati sono considerati semplici acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

In tale ipotesi l'agente della riscossione prosegue l'attività di recupero coattivo del debito residuo, il cui pagamento non può più essere rateizzato (cfr. anche articolo 6, comma 4 del decreto-legge n. 193 del 2016).

 

Il nuovo comma 14-bis, inserito al Senato, mitiga il regime del ritardato versamento. Ai sensi delle norme proposte, non si produce l’effetto di inefficacia della definizione (previsto dal comma 14) se il ritardo nel pagamento delle rate non supera i 5 giorni; né sono dovuti interessi.

 

Il comma 15 ricomprende nella definizione agevolata, analogamente a quanto disposto dall’articolo 6, commi 9-bis e 9-ter del decreto-legge n. 193 del 2016, anche i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti avviati a seguito di istanze presentate dai debitori per l'accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore (ai sensi del capo II, sez. I, della legge n. 3 del 2012 in tema di crisi da sovraindebitamento).

I predetti debitori possono provvedere al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e lei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione dell'accordo o del piano del consumatore.

Il comma 16 ripropone le previsioni dell'art. 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016 in merito alle esclusioni dalla definizione agevolata:

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999);

b)  ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

c)   alle multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

d)  alle sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 11, comma 10-bis del decreto-legge n.8 del 2017 ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016, nella parte che ha escluso dalla procedura di definizione agevolata i carichi relativi alle altre sanzioni amministrative, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali. Si chiarisce in particolare che, ai fini dell'accesso alla definizione agevolata, non sono dovute le sanzioni irrogate per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi, anche nel caso in cui il debitore sia lo stesso ente previdenziale.

 

Ai sensi comma 17, riproducendo sostanzialmente l’articolo 6, comma 11 del citato decreto-legge n. 193 del 2016, per le sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada la definizione si applica limitatamente agli interessi, ivi compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 18, con riferimento ai soggetti in procedura concorsuale. riconosce la prededucibilità delle somme occorrenti per la definizione. Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

Il comma 19 stabilisce che, per effetto del pagamento delle somme dovute per la definizione, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo contenuto nei carichi definiti. La norma disciplina altresì le modalità operative da seguire per eliminare i carichi dalle scritture contabili degli enti creditori.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2024, l'elenco dei debitori che si sono avvalsi delle disposizioni di cui al presente articolo e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

 

In tale contesto sono apportate modifiche anche al termine di rendicontazione agli enti creditori, previsto per le precedenti definizioni agevolate, posponendolo dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2024 (a tal fine con una modifica di coordinamento all’articolo 6, comma 12 del decreto-legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 20 dispone lo slittamento dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dell'agente della riscossione, segnatamente novellando l'articolo 1, comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), già modificato dal decreto-legge n. 148 del 2017 in ragione dell’estensione della rottamazione delle cartelle al 2017.

Con le modifiche in esame, la presentazione delle comunicazioni deve avvenire, per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 (in luogo del 31 dicembre 2021) e, per quelli consegnati sino al 31 dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026 (in luogo del 2021).

Lo slittamento, come chiarisce la relazione illustrativa, è funzionale all'esigenza di attendere gli esiti della nuova procedura di definizione agevolata prevista dall'articolo in commento.

Coordinamento con le precedenti edizioni della definizione agevolata dei carichi (rottamazione 2016 e 2017)

I commi 21-25 recano disposizioni di coordinamento, che disciplinano il trattamento dei soggetti che hanno aderito alle precedenti definizioni agevolate.

 

In particolare, il comma 21 consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 (termine così differito dal comma in esame) il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.

In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.

Il versamento è effettuato in dieci rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, con interessi calcolati al tasso dello 0,3 per cento annuo a partire dal 1° agosto 2019 e, quindi, ad un tasso inferire rispetto a quello (2 per cento annuo) stabilito per i carichi ricompresi nella nuova definizione, prevista dal comma 1.

Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.

 

II comma 21 dispone, inoltre, l'applicazione anche ai debitori in parola:

§   della possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;

§  a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, della possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

La norma fa esplicitamente salvo quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 22 consente, in ogni caso, di procedere al pagamento in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019 (e, quindi, senza interessi), delle rate differite automaticamente ai sensi del comma 21.

Il comma 23 preclude l'accesso alla nuova definizione agevolata ai soggetti che non provvedano a versare le rate dovute per precedente definizione agevolata 2017 e che, secondo il comma 21 dell'articolo in esame, devono essere corrisposte entro il 7 dicembre 2018.

 

Anche il comma 23 fa salvo esplicitamente quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 24 reca specifiche norme di coordinamento con le precedenti definizioni agevolate, per i soggetti residenti in zone colpite dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 6, comma 13-ter del decreto-legge n. 193 del 2016 (inserito dal decreto-legge n.8 del 2017), ha prorogato di un anno, a favore dei soggetti colpiti dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016 e del 2017 (a cui si applicano specifiche sospensioni di termini tributari), i termini e le scadenze previsti per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016.

Le norme in esame consentono ai predetti soggetti, colpiti dai sismi dell'Italia centrale degli anni 2016 e 2017, di effettuare il pagamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in dieci rate, con scadenza i1 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, sulle quali sono dovuti, dal 1° agosto 2019, gli interessi al tasso dello 0,3 per cento annuo. ). Resta salva la facoltà, per il debitore, di effettuare il pagamento di tali rate in unica soluzione entro il 31 luglio 2019.

La definizione agevolata opera per tutti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, indipendentemente dalle scadenze originariamente fissate dalle relative norme di riferimento.

Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.

Anche ai debitori in parola si applica:

-      la possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;

-      a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, la possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

 

Con le modifiche approvate al Senato è stato introdotto un nuovo comma 24-bis, che mitiga il regime del ritardato versamento anche delle rate differite ai sensi dei già commentati commi 21-24, la quali siano in scadenza a decorrere dal 31 luglio 2019.

Anche per tali rate, dunque, l'effetto di inefficacia della definizione (previsto dal comma 14) non si produce nei casi di ritardo nel pagamento non superiore a 5 giorni e, in tal caso, non sono dovuti interessi.

 

Il comma 25 ammette alla nuova procedura di "rottamazione":

§  i soggetti che avevano avviato la definizione agevolata 2016 (ossia quella prevista dall'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) ma che non hanno perfezionato la procedura con l'integrale, tempestivo pagamento delle somme dovute;

§  coloro che, dopo aver aderito alla rottamazione 2017 (di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) non hanno provveduto al pagamento, entro il 31 luglio 2018, di tutte le rate dei piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, scadute al 31 dicembre 2016 (come disposto dall’articolo 1, comma 8, lettera b), n. l, del medesimo decreto-legge n. 148 del 2017).


 

Articolo 4
(
Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti
della riscossione dal 2000 al 2010)

 

 

L'articolo 4 dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dispone l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo (che, come specificato dalla relazione illustrativa, va calcolato al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto in esame) fino a mille euro; l’importo da considerare è comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.

Tali importi devono risultare dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per cui sia già stata richiesta la definizione agevolata (ai sensi dell’articolo 3 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).

L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili.

Ai fini del conseguente discarico, effettuato senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione è tenuto a trasmettere agli enti interessati l’elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all’allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015.

 

Detto decreto disciplina le modalità di trasmissione agli enti creditori, con riferimento ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, dell'elenco delle quote annullate e di quelle di rimborso agli agenti della riscossione delle spese esecutive sostenute per tali ruoli.

 

Ai debiti oggetto di annullamento non si applicano le ordinarie procedure di discarico per inesigibilità (articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) e, fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativo e contabile. A tal fine, la norma rinvia alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

Al riguardo si ricorda che l'articolo 1, comma 527, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) ha annullato automaticamente i crediti fino a duemila euro, importo comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999; ai fini del conseguente discarico ed eliminazione dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore, ha affidato alle norme secondarie il compito di fissare le modalità di trasmissione agli enti interessati dell'elenco delle quote annullate e di rimborso agli agenti della riscossione delle relative spese per le procedure esecutive poste in essere. Il successivo comma 528, per i crediti di importo superiore a duemila euro iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, ha disposto che, una volta esaurite le attività di competenza, l'agente della riscossione doveva provvedere a darne notizia all'ente creditore, anche in via telematica, con le medesime modalità.

 

Il comma 2 stabilisce le regole di imputazione e di acquisizione delle somme eventualmente versate, con riferimento ai debiti oggetto di annullamento.

Più in dettaglio, per i debiti oggetto di annullamento:

§  le somme versate anteriormente al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame) restano definitivamente acquisite;

§  le somme versate successivamente al 24 ottobre 2018 alla data di entrata in vigore del presente decreto sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nella definizione agevolata anteriormente al versamento, ovvero, in mancanza, a debiti scaduti o in scadenza e, in assenza anche di questi ultimi, sono rimborsate.

 

L’eventuale rimborso avviene ai sensi dell’articolo 22, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112.

Le richiamate norme prevedono che l’agente della riscossione deve offrire la restituzione all'avente diritto notificandogli una comunicazione delle modalità di restituzione. Decorsi tre mesi dalla notificazione senza che l'avente diritto abbia accettato la restituzione, ovvero, per le somme inferiori a cinquanta euro, decorsi tre mesi dalla data del pagamento, l'agente della riscossione riversa le somme all'ente creditore ovvero, se tale ente non è identificato né facilmente identificabile, all'entrata del bilancio dello Stato, ad esclusione di una quota pari al 15 per cento, che affluisce ad apposita contabilità speciale. Il riversamento è effettuato il giorno 20 dei mesi di giugno e dicembre di ciascun anno. La restituzione ovvero il riversamento sono effettuati al netto dell'importo delle spese di notificazione, trattenute dall'agente della riscossione a titolo di rimborso delle spese sostenute per la notificazione. Resta fermo il diritto di chiedere, entro l'ordinario termine di prescrizione, la restituzione delle somme all'ente creditore ovvero allo Stato. In caso di richiesta allo Stato, le somme occorrenti per la restituzione sono prelevate da apposita contabilità speciale e riversate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

A tal fine, l’agente della riscossione presenta all’ente creditore richiesta di restituzione delle somme eventualmente riscosse dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2018, riversate ai sensi del richiamato articolo 22 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In caso di mancata erogazione nel termine di novanta giorni dalla richiesta, l'agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.

 

Il comma 3 disciplina il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate ai sensi del comma 1 concernenti i carichi erariali e, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000-2013, quelli dei comuni.

Per il rimborso l'agente della riscossione deve presentare, entro il 31 dicembre 2019, sulla base dei crediti risultanti dal proprio bilancio al 31 dicembre 2018, e fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, apposita richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il relativo rimborso è effettuato, a decorrere dal 30 giugno 2020, in venti rate annuali, a carico del bilancio dello Stato.

La relazione illustrativa chiarisce il rimborso è effettuato senza interessi.

Per i restanti carichi invece, la richiesta è presentata al singolo ente creditore, tenuto a provvedere direttamente al rimborso a proprio carico, ai predetti termini e condizioni. Sono fatte salve anche in questo caso le anticipazioni eventualmente ottenute.

 

Al riguardo, sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di individuare puntualmente nella norma primaria quali siano i “restanti carichi” per cui va presentata richiesta di rimborso direttamente all’ente creditore.

 

Il comma 4 precisa che le disposizioni in esame sull’annullamento delle cartelle non si applicano:

§  ai debiti relativi ai carichi di cui all'articolo 3, comma 16, lettere a), b) e c) del provvedimento in esame, vale a dire, le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato; i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti; le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

§  alle risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE) e all’IVA riscossa all’importazione.

Le risorse proprie tradizionali UE previste dalle richiamate norme europee sono: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.


 

Articolo 5
(Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell’Unione)

 

 

L’articolo 5 estende la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione a quelli concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Si applica l'articolo 3, con alcune deroghe relative ai debiti concernenti specifiche tipologie di risorse proprie UE. Sono quindi fissate le scadenze delle rate dovute dai debitori ai fini della definizione agevolata e posti alcuni obblighi di comunicazione.

 

Si ricorda al riguardo che l'articolo 3 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia) riapre i termini per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (anche per i altri carichi affidati fino al 31 dicembre 2017). Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

 

Con le finalità sopra ricordate, l'articolo 5 prevede l'applicazione della definizione agevolata ai debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 per le seguenti risorse proprie tradizionali UE: i dazi doganali e i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero. La medesima disciplina si applica ai debiti relativi all’IVA riscossa all'importazione. Anche con riferimento a tali risorse e all'IVA all'importazione, quindi, il debitore può beneficiare dell'abbattimento di sanzioni comprese nel carico, interessi di mora e sanzioni e somme aggiuntive.

 

In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom (che ha sostituito la decisione 2007/436/CE) richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).

 

Si segnala preliminarmente che le risorse proprie tradizionali erano del tutto escluse dalle precedenti edizioni della definizione agevolata ai sensi dell'articolo 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016.

Si rammenta, inoltre, che i tributi che costituiscono risorse proprie tradizionali UE sono esclusi dalla disciplina della mediazione (posta dall'art. 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, come novellato dal decreto-legge n. 50 del 2017), la quale estende l’ambito operativo dell’istituto del reclamo/mediazione nel contenzioso tributario alle controversie di valore sino a cinquantamila euro, innalzando detto ammontare dalla previgente soglia di ventimila euro. Tali norme si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

 

Per le sole risorse proprie UE (escludendo dunque l’IVA all’importazione), oltre alle somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi e a quelle maturate a titolo di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento (articolo 3, comma 1, lettere a) e b)), il debitore deve corrispondere:

§  dal 1° maggio 2016 al 31 luglio 2019, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114 (comma 1, lettera a), n. 1 dell'articolo 5 in esame). L'importo di tale interesse di mora è determinato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli (lettera b)). A tal fine l'agente della riscossione trasmette, entro il 31 maggio 2019, anche in via telematica, l'elenco dei carichi compresi nelle dichiarazioni di adesione. Con le stesse modalità, entro il 15 giugno 2019, l'Agenzia comunica gli importi all'agente della riscossione.

Il citato articolo 114, par. 1, dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali. Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

§  dal 1° agosto 2019, il debitore è tenuto a corrispondere gli interessi al tasso del 2% (lettera a), n. 2);

§  non si può effettuare (ai sensi della lettera e)) il pagamento delle somme dovute presso gli sportelli dell'agente della riscossione e dunque non si applica la compensazione (tale possibilità è prevista, in via generale, dall'articolo 3, comma 12 lettera c) del decreto-legge in esame).

 

Sia per le risorse proprie che per l’IVA all’importazione:

§  entro il 31 luglio 2019 l'agente della riscossione comunica l'ammontare di quanto dovuto complessivamente, delle singole rate e le relative scadenze (lettera c));

§  le rate di pagamento devono essere corrisposte entro il 30 settembre 2019 (unica o prima rata di pagamento), entro il 30 novembre 2019 (seconda rata), entro il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno successivo (le restanti rate) (lettera d));

§  ai fini della corretta valutazione delle somme destinate al bilancio dell'Unione europea, si pone in capo all'agente della riscossione l’onere di comunicare all'Agenzia dei monopoli e delle dogane se i debitori hanno effettuato i pagamenti dovuti specificando i codici tributo relativi ai pagamenti effettuati. Tale comunicazione è effettuata entro 60 giorni dalla richiesta di tali dati effettuata dall'Agenzia alle scadenze determinate dall'articolo 13 del Regolamento (UE) n. 609/2014 (concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e delle risorse proprie basate sull'IVA e sul reddito nazionale lordo, nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria) (lettera f)).

Tale articolo 13 riguarda gli importi irrecuperabili. In particolare, gli Stati membri sono dispensati dall'obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati considerati irrecuperabili (con decisione dell'autorità amministrativa competente) al più tardi dopo un periodo di cinque anni dalla data alla quale l'importo è stato accertato oppure, in caso di ricorso amministrativo o giudiziario, dalla pronuncia dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione definitiva. In caso di pagamento scaglionato, il periodo massimo di cinque anni inizia a decorrere dalla data dell'ultimo pagamento effettivo nella misura in cui quest'ultimo non saldi il debito. Nei tre mesi successivi alla decisione amministrativa o secondo la scadenza applicabile, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una comunicazione contenente gli elementi d'informazione che riguardano i casi il cui importo dei diritti accertati superi 100.000 euro. Entro sei mesi dalla comunicazione (prorogabili in caso di richiesta di informazioni supplementari) la Commissione comunica le sue osservazioni allo Stato membro interessato.

Il citato regolamento n. 609/2014, insieme alla decisione 2014/335 più volte richiamata e al regolamento n. 608/2014 (che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea) costituiscono un pacchetto di misure legislative collegate al quadro finanziario pluriennale (QFP) dell'Unione europea recante la disciplina delle risorse proprie per il 2014-2020.


 

Articolo 6
(
Definizione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 6 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

Durante l’esame al Senato sono state apportate alcune modifiche che:

§  incidono sulla percentuale del valore delle controversie pagando la quale le stesse possono essere definite;

§  introducono regimi specifici per la definizione delle controversie per le quali il ricorso sia pendente nel primo grado di giudizio e per quelle pendenti innanzi alla Corte di Cassazione;

§  introducono un regime specifico per i casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate;

§  concedono agli enti territoriali la facoltà di applicare le norme sulla definizione agevolata in commento anche alle controversie tributarie che coinvolgono i loro enti strumentali.

 

Secondo quanto emerge dalla Relazione sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2017, al 31 dicembre 2017 le controversie pendenti sono pari a 417.635 per un valore complessivo di circa 50,4 miliardi. Il 63% di esse (pari a 265.525 unità), è in giacenza da meno di 2 anni, il 27,4% (pari a 114.415 unità) è in giacenza da un periodo compreso tra 2 e 5 anni e solo il 9% (pari a 37.695 unità) è in giacenza da più di 5 anni.

Nel 2017 le liti pendenti si sono ridotte del 10,7% rispetto all’anno precedente. Al risultato ha contribuito la riduzione dell’8,8% rispetto al 2016, delle liti complessivamente pervenute alle Commissioni. In particolare, si è registrato un calo del 9,4% dei ricorsi presentati nel primo grado di giudizio e del 7,2% degli appelli presentati nel secondo grado di giudizio. Il numero delle controversie definite è stato pari a 261.820, in diminuzione del 10,7% rispetto al 2016. La riduzione è determinata dal calo delle decisioni di primo grado pari al 12,6%, mentre nel secondo grado le pronunce si sono ridotte del 3,5%.

 

Ai sensi del comma 1, possono quindi essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Per valore della controversia si intende, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

Nel corso dell'esame al Senato, è stata introdotta una specifica disposizione sui ricorsi pendenti iscritti nel primo grado, prevedendo che la controversia possa essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa (nuovo comma 1-bis).

 

In deroga al comma 1, e per il solo caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), le controversie possono essere definite con il pagamento di una quota parte del valore della controversia:

a)   per effetto delle modifiche introdotte al Senato, del 40 per cento del valore della controversia (in luogo della metà, come previsto dal testo originario del decreto-legge) in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;

b)  sempre per effetto delle modifiche del Senato, del 15 per cento del valore (in luogo di un quinto) in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (comma 2).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto il nuovo comma 2-bis relativo alle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, per le quali risulti soccombente l'Agenzia delle entrate in tutti i precedenti gradi di giudizio. In tali casi, si viene a prevedere che le controversie possano essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del relativo valore.

 

Nella medesima sede parlamentare è stato introdotto il nuovo comma 2-ter che reca disposizioni applicabili ai casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate.

Per tali fattispecie, viene chiarito che è dovuto per intero l’importo del tributo relativo alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale, mentre per la parte di atto annullata viene applicata la misura ridotta, secondo le disposizioni del comma 2, sopra illustrate.

 

Ai sensi del comma 3, le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.

 

Possono essere definite le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del presente decreto e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 4).

 

Sono invece escluse dalla definizione, ai sensi del comma 5, le controversie concernenti anche solo in parte:

a)   le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1 giugno 2019 alla data del versamento. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda (comma 6).

 

Nel caso in cui le somme interessate sono oggetto di definizione agevolata, il perfezionamento della definizione della controversia è subordinato al versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme ancora pendenti (comma 7).

 

Si ricorda che l’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle). Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.

Al riguardo, l’articolo 3, comma 21, del decreto in esame, consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.

In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.

 

Ai sensi del comma 8, in presenza di autonome controversie, occorrerà presentare una distinta domanda di definizione, entro il 31 maggio 2019, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

 

Il comma 9 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018).

 

Ai sensi del comma 10, le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l'ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020.

 

Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente decreto, vale a dire dal 24 ottobre 2018 fino al 31 luglio 2019 (comma 11).

In base al comma 12, l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.

Il processo si estingue, con decreto presidenziale, in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Si prevede quindi che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate (comma 13).

 

Il comma 14 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

 

Il comma 15 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate le modalità di attuazione del presente articolo.

 

Infine, il comma 16 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2019, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o – per effetto delle modifiche apportate dal Senato  – un suo ente strumentale.


 

Articolo 7
(
Regolarizzazione con versamento volontario
di periodi d’imposta precedenti)

 

 

L'articolo 7 contiene disposizioni specifiche per le società e le associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI.

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stata eliminata la possibilità per tali enti di avvalersi della dichiarazione integrativa speciale per la regolarizzazione dei periodi d’imposta precedenti, in quanto nella medesima sede parlamentare la disciplina della dichiarazione integrativa è stata soppressa.

Resta fermo che le società e le associazioni sportive dilettantistiche possono avvalersi della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e della definizione agevolata delle liti pendenti, con alcune specificità.

 

Più in dettaglio, nel corso dell'esame al Senato è stato soppresso il comma 1 dell’articolo in commento, con finalità di coordinamento alle modifiche apportate all'articolo 9 (alla cui scheda di lettura si rinvia), che eliminano dal provvedimento le norme in tema di dichiarazione integrativa speciale.

Il comma 1, nella formulazione originaria del decreto-legge, consente alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI, di avvalersi della medesima dichiarazione per regolarizzare tutte le imposte dovute e per ciascun anno di imposta, nel limite complessivo di 30.000 euro di imponibile annuo.

 

Resta fermo che dette stesse società e associazioni sportive dilettantistiche che alla data del 31 dicembre 2017 risultavano iscritte nel registro del CONI possono, ai sensi del comma 2:

§  avvalersi della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento prevista dall'articolo 2 del decreto in esame, versando per intero l'imposta sul valore aggiunto (IVA), un importo pari al 50 per cento delle maggiori imposte accertate e al 5 per cento delle sanzioni irrogate e degli interessi dovuti (lettera a));

§  avvalersi della definizione agevolata delle liti pendenti dinanzi alle commissioni tributarie di cui all'articolo 6 del decreto in esame (lettera b)).

 

Per la definizione agevolata delle liti pendenti sono previsti versamenti differenziati in ragione del grado di giudizio e dell'esito della eventuale pronuncia giurisdizionale resa in primo grado. In particolare, prendendo come riferimento la data di entrata in vigore del decreto in esame, la definizione della pendenza potrà essere effettuata con il versamento volontario del:

§  40 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati nel caso in cui questa penda ancora nel primo grado di giudizio (lettera b, numero 1);

§  10 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati, in caso di soccombenza in giudizio dell'amministrazione finanziaria nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva (lettera b, numero 2);

§  50 per cento del valore della lite e 10 per cento delle sanzioni e interessi accertati in caso di soccombenza in giudizio della società o associazione sportiva nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva.

 

Il comma 3 precisa che la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e delle liti pendenti, definita dal comma 2, è preclusa se l'ammontare delle sole imposte accertate o in contestazione, relativamente a ciascun periodo d'imposta, per il quale è stato emesso avviso d'accertamento o è pendente reclamo o ricorso, è superiore a 30.000 euro per ciascuna imposta, IRES o IRAP, accertata o contestata. In tali casi è possibile avvalersi delle definizioni agevolate degli atti di accertamento e delle liti pendenti di cui agli articoli 2 e 6 con le regole ivi previste.


 

Articolo 8
(
Definizione agevolata delle imposte di consumo sui prodotti succedanei del tabacco e sui liquidi da inalazione)

 

 

L’articolo 8 consente la definizione agevolata di debiti tributari maturati fino al 31 dicembre 2018 - per i quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato - relativi alle imposte di consumo su:

§  prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati (c.d. succedanei del tabacco)

§  prodotti liquidi da inalazione senza combustione costituiti da sostanze diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, contenenti o meno nicotina.

La definizione agevolata (di cui vengono fissate le scadenze temporali e le modalità) è ammessa con il versamento pari al 5 per cento degli importi dovuti. Non sono dovuti interessi e sanzioni.

 

Le imposte in oggetto sono previste dall'articolo 62-quater, commi 1 e 1-bis, del testo unico sulle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995). Trattandosi di prodotti diversi dal tabacco, essi sono assoggettati ad imposta di consumo e non ad accisa.

Al riguardo si ricorda che il comma 1 dell'articolo 62-quater, a decorrere dal 1° gennaio 2014, ha assoggettato i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche), sono stati assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico.

Successivamente il decreto legislativo n. 188 del 2014 (emanato in attuazione della delega fiscale, legge n. 23 del 2014 al fine di riformare l’imposizione gravante sui tabacchi lavorati):

§  ha sottratto dall'imposizione i suddetti dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio;

§  ha disciplinato l’imposizione sulle sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinate ad essere usati come medicinali (articolo 62-quater, comma 1-bis).

Con riferimento a tali ultime sostanze, la definizione dei beni costituenti la base imponibile dell'imposta (sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, ai sensi del al comma 1-bis) si basa sulla loro destinazione d'uso e non sulla loro succedaneità. Ad essi si applica un'imposta pari al 50 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette e alla equivalenza di consumo convenzionale. Tali fattori sono determinati sulla base di apposite procedure tecniche, definite con specifico provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si prevede inoltre che il soggetto obbligato al pagamento dell'imposta debba dichiarare, prima della commercializzazione, l'equivalenza del consumo del prodotto ad un chilogrammo convenzionale di sigarette.

Da ultimo, con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli 25 gennaio 2018, n. 11038/RU, l'imposta di consumo è stata fissata in misura pari a euro 0,3976 il millilitro. Il medesimo provvedimento ha sospeso il pagamento dell'imposta di consumo per i prodotti liquidi da inalazione non contenenti nicotina (articolo 62-quater, comma 1-bis), in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale a seguito delle ordinanze n. 139 e n. 140 del 2016 del Tar Lazio. Su tale questione è intervenuta la sentenza della Corte n. 240/2017, che ha dichiarato inammissibili o non fondate le censure sollevate relativamente.

 

Si ricorda che, con la sentenza n. 83/2015, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 62-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 188 del 2014), nella parte in cui sottoponeva ad imposta di consumo la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, succedanei del tabacco (nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo).

La citata pronuncia n. 240/2017 ha, invece, considerato congrua l'imposizione prevista dal comma 1-bis dell'art. 62-quater, in quanto non vi è più l'equiparazione con l'accisa sulle sigarette tradizionali e vi è una differenziazione ragionevole tra sigarette elettroniche e sigarette tradizionali, fondata, nell’esercizio della discrezionalità legislativa, sul diverso processo di assunzione del fumo elettronico e del fumo da sigarette tradizionali, quest’ultimo ritenuto più dannoso per la salute del consumatore.

Richiamando di tale decisione, il TAR Lazio, Seconda Sezione, nella sentenza 30 luglio 2018 ha respinto un ricorso che prospettava l’illegittimità della sottoposizione al medesimo regime tributario i liquidi contenenti nicotina e quelli che ne sono privi, con riferimento alla disciplina di cui all'art. 62-quater, comma 1-bis.

 

Si segnala, inoltre, che l'articolo 8, comma 4-bis del decreto-legge n. 91 del 2018 (Proroga di termini di disposizioni legislative) ha sospeso fino al 18 dicembre 2018 i termini per il pagamento delle imposte di consumo dovute sui prodotti succedanei del tabacco e liquidi da inalazione in esame.

 

Riguardo alle scadenze temporali per l'adesione previste dal comma 2:

§  entro il 28 febbraio 2019 l'Agenzia delle dogane e dei monopoli pubblica sul proprio sito internet istituzionale la modulistica e le modalità per l'adesione alla definizione anticipata;

§  perentoriamente entro il 30 aprile 2019 il soggetto obbligato manifesta all'Agenzia medesima la propria intenzione di aderire alla definizione agevolata;

§  qualora la suddetta pubblicazione da parte dell'Agenzia non avvenga entro il 28 febbraio 2019, la dichiarazione di adesione dovrà essere inviata dal soggetto obbligato, perentoriamente, entro 60 giorno dalla pubblicazione.

 

Ai sensi del comma 3 nella dichiarazione deve essere indicato l'ammontare dell'imposta dovuta. La dichiarazione deve essere corredata, qualora il soggetto non abbia ottemperato a tali obblighi, dal prospetto riepilogativo che riporta, per ciascuna marca, il numero delle confezioni, la capacità unitaria, la quantità complessiva di prodotto liquido da inalazione e l'imposta complessiva distintamente per immissioni in consumo destinate ai punti di vendita e ai consumatori finali. L'articolo 6, comma 7, del D.M. 29 dicembre 2014 (recante "Disposizioni in materia di commercializzazione dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina") prescrive infatti che tale prospetto sia inviato, dal soggetto autorizzato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli all'istituzione e gestione di un deposito, entro cinque giorni dal termine di ciascuna quindicina, all'Agenzia medesima. Ai sensi dell'articolo 1 del medesimo decreto, per deposito deve intendersi l'impianto in cui vengono fabbricati o introdotti i prodotti liquidi da inalazione destinati ad essere forniti agli esercizi che ne effettuano la vendita al pubblico, ai diretti consumatori, ad altri depositi, alla cessione in altri Stati membri dell'Unione europea o all'esportazione.

La presentazione della dichiarazione di adesione sospende per novanta giorni i termini per le impugnazioni dei provvedimenti impositivi e degli atti di riscossione, nonché delle sentenze pronunciate su tali atti. Quando l'impugnazione è proposta innanzi la giurisdizione tributaria, il processo è sospeso a domanda della parte diversa dell'Amministrazione tributaria fino al perfezionamento della definizione agevolata (comma 4), il quale avviene con il pagamento dell'interno importo oppure della prima rata entro 60 giorni della comunicazione (di cui al comma 6) da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (comma 5). Il citato comma 6 dispone, al riguardo, che la medesima Agenzia comunichi al debitore l'ammontare complessivo delle somme dovute entro 120 giorni dalla ricezione della dichiarazione di adesione. Entro 60 giorni da tale comunicazione il debitore è tenuto a pagare l'ammontare dovuto ovvero la prima rata (comma 7).

Ai sensi del comma 8, l'opzione per il pagamento rateale mensile è indicata dal debitore nella dichiarazione di adesione. Si può optare per un massimo di 120 rate mensili previa prestazione di una garanzia per almeno sei mensilità. La garanzia può essere prestata, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della legge n. 348 del 1982, alle condizioni ivi prescritte, mediante:

a)   reale e valida cauzione (ex art. 54 del regio decreto n. 827 del 1924);

b)  fidejussione bancaria;

c)   polizza assicurativa.

Il mancato pagamento di sei mensilità consecutive, determina la decadenza del beneficio del pagamento rateale nonché l'obbligo di versamento degli importi dovuti residui entro 60 giorni dalla scadenza dell'ultima rata non pagata.

Se l'Agenzia rileva, entro il termine di cui al comma 1 (31 dicembre 2018), la non veridicità dei dati comunicati dal debitore, la definizione agevolata perde di efficacia (comma 9).


 

Articolo 9
(
Regolarizzazione di irregolarità formali)

 

 

Il nuovo articolo 9, interamente sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possano essere regolarizzate mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2019 e la seconda entro il 2 marzo 2020.

 

Si ricorda, preliminarmente, che nella formulazione del decreto-legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, l’articolo 9 consente ai contribuenti, entro il 31 maggio 2019, di correggere errori od omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017, entro un duplice limite: uno relativo, pari al 30 per cento di quanto già dichiarato, e uno assoluto, pari a 100.000 euro di imponibile annuo. All’imponibile così integrato si applica un'aliquota al 20 per cento per le imposte dirette e i contributi, una aliquota media con riferimento all'IVA. Per ulteriori informazioni si veda il dossier predisposto sull’A.S. 886.

 

Il nuovo comma 1 dell’articolo 9 prevede quindi che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possano essere regolarizzate mediante la loro rimozione (comma 3) e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate (comma 2) di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2019 e la seconda entro il 2 marzo 2020.

 

Tale procedura di regolarizzazione non può essere esperita:

§  con riferimento agli atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni emessi nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all'articolo 5-quater del decreto legge n. 167 del 1990 (comma 4);

§  per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato (comma 5);

§  per le irregolarità e altre violazioni formali già contestate in atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore della disposizione in esame (comma 7).

 

Il comma 6 prevede che, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie), con riferimento alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015, oggetto del processo verbale di constatazione, i termini di prescrizione (cinque anni) previsti all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, sono prorogati di due anni.

Le modalità di attuazione dell'articolo in esame dovranno essere disciplinate con provvedimento del direttore della Agenzia delle entrate(comma 8).

 

Il comma 9 prevede un incremento di 101,67 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004, per agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, mentre il comma 10 destina una quota del fondo a, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2020, al Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività previsto dal comma 1091 dell'articolo 1, della legge 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

Tale ultimo Fondo è stato istituito per perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché per accrescere la competitività e la produttività del sistema economico, ed è destinato a finanziare:

§  progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, nelle aree strategiche per lo sviluppo del capitale immateriale funzionali alla competitività del Paese;

§  il supporto operativo ed amministrativo alla realizzazione dei progetti suddetti, al fine di valorizzarne i risultati e favorire il loro trasferimento verso il sistema economico produttivo.

 

Il comma 11 prevede che la copertura per gli oneri derivanti dall'articolo in esame derivi:

§  per 101,67 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi da 1 a 7; e

§  per 130 milioni di euro per l'anno 2021 mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).

 

Il comma 12, concede, a specifiche condizioni, la priorità nei rimborsi ai titolari di depositi fiscali di prodotti energetici che si avvalgono di un sistema informatizzato di controllo dei prodotti medesimi.

In particolare, la norma introdotta dispone che siano erogati in via prioritaria i rimborsi relativi a versamenti eccedenti rispetto alle rispettive imposte, richiesti entro i primi sei mesi solari di ciascun anno, dovute dai titolari di depositi fiscali di prodotti energetici soggetti ad accisa, a specifiche condizioni.

La prima condizione è che i destinatari siano titolari di deposito fiscale autorizzati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli al sistema informatizzato di controllo dei prodotti, di cui all'articolo 1 del regolamento adottato con il decreto del MEF n. 169 del 2009.

Il citato articolo 1 stabilisce che nelle raffinerie, negli stabilimenti di produzione e negli impianti petrolchimici, nei quali i prodotti energetici sono utilizzati in combinazione come combustibile per riscaldamento e in altre operazioni rientranti individuate dalla legge, i dati necessari per la determinazione quantitativa e qualitativa dei prodotti sono rilevati direttamente dal depositario autorizzato, qualora disponga di un idoneo sistema informatizzato di controllo dei dati medesimi, che consenta la connessione al sistema stesso da parte dell'Agenzia delle dogane in modo autonomo e diretto.

Per ottenere priorità nei rimborsi, inoltre, i soggetti autorizzati al sistema informatizzato di controllo devono anche essere titolari della licenza di esercizio, non sospesa o revocata, di depositi fiscali di prodotti energetici (di cui all'articolo 23, comma 2, del testo unico delle accise approvato con il decreto legislativo n. 504 del 1995).

Infine, detta licenza deve essere rilasciata per la gestione di un deposito fiscale con specifiche caratteristiche quantitative: il parco serbatoi di stoccaggio deve essere di capacità non inferiore a 400 metri cubi per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti, e per i depositi commerciali di altri prodotti energetici, non inferiore a 10.000 metri cubi (ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 23).

La priorità trova applicazione per i rimborsi erogabili a partire dalla data di conversione in legge del decreto in esame ed entro il limite complessivo di 10 milioni di euro annui per ciascun soggetto.


 

Articolo 9-bis
(
Sanzioni per assegni senza clausola di trasferibilità)

 

 

L’articolo 9-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica le sanzioni applicabili nel caso di violazione degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio in materia di assegni, ove dette violazioni siano di minore gravità e riguardino importi inferiori a 30.000 euro.

 

Si ricorda che è all’esame della VI Commissione della Camera dei deputati l’A.C. 1074 in tema - tra l’altro - di semplificazioni fiscali, che all’articolo 19 reca modifiche alla disciplina sanzionatoria in tema di assegni: l’articolo 19 modifica la misura minima edittale delle sanzioni ed introduce una serie di criteri, applicabili obbligatoriamente o discrezionalmente, volti a modulare la sanzione concretamente irrogabile.

 

Con una prima modifica (comma 1) si inserisce all'articolo 63 del D.Lgs. n. 231 del 2007 un nuovo comma 1-bis, che introduce una specifica disciplina sanzionatoria per le violazioni (di cui all'articolo 49, comma 5, del medesimo decreto) relative alla mancata indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità, in assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro, ove ricorrano specifiche circostanze.

 

Ai sensi della disciplina vigente, per tali violazioni si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000 euro.

Per effetto delle modifiche proposte, se la violazione riguarda importi inferiori a 30.000 euro, l'entità della sanzione minima è pari al 10 per cento dell'importo trasferito in violazione della predetta disposizione.

Inoltre la disposizione si applica qualora ricorrano le circostanze di minore gravità della violazione, accertate ai sensi dei criteri per l'applicazione delle sanzioni stabiliti dall'articolo 67 del decreto legislativo n. 231 del 2007.

Il richiamato articolo 67 individua le circostanze rilevanti per l’applicazione delle sanzioni in tema di antiriciclaggio, irrogate dal MEF e dalle competenti autorità di vigilanza.

Le autorità competenti a irrogare le sanzioni devono prendere in considerazione ogni circostanza rilevante e, in particolare, tenuto conto del fatto che il destinatario della sanzione sia una persona fisica o giuridica (comma 1):

a) la gravità e durata della violazione;

b) il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica;

c) la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile;

d) l'entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate per effetto della violazione, nella misura in cui siano determinabili;

e) l'entità del pregiudizio cagionato a terzi per effetto della violazione, nella misura in cui sia determinabile;

f) il livello di cooperazione con le autorità prestato della persona fisica o giuridica responsabile;

g) l'adozione di adeguate procedure di valutazione e mitigazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, commisurate alla natura dell'attività svolta e alle dimensioni dei soggetti obbligati;

h) le precedenti violazioni delle disposizioni di cui al presente decreto.

Il comma 2 dell’articolo 67 chiarisce che, a fronte di violazioni ritenute di minore gravità, in applicazione dei predetti criteri, le sanzioni pecuniarie per l’inosservanza degli obblighi di adeguata verifica, dell'obbligo di astensione e degli obblighi di conservazione possono essere ridotte.

 

Ai sensi del comma 2, le norme introdotte si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso al 24 ottobre 2018, ossia alla data di entrata in vigore del decreto legge.


 

Articolo 10
(S
emplificazioni per l’avvio della fatturazione elettronica)

 

 

L’articolo 10, modificato al Senato, include fra coloro che sono esonerati dalla fattura elettronica le associazioni sportive dilettantistiche che applicano il regime forfettario opzionale. A specifiche condizioni, gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità sono adempiuti dai cessionari.

L’articolo prevede inoltre che per il primo semestre del periodo d’imposta 2019 non sono applicate le sanzioni previste qualora la fattura elettronica sia emessa oltre il termine di legge ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale). Le sanzioni sono, invece, contestabili, seppur ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo. Le attenuazioni previste si applicano anche con riferimento al cessionario/committente che abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura ovvero non abbia proceduto alla regolarizzazione. Per i soli contribuenti che effettuano la liquidazione periodica Iva con cadenza mensile, la riduzione al 20 per cento si applica fino al 30 settembre 2019.

Si dispone, infine, che per il servizio di conservazione delle fatture elettroniche reso disponibile gratuitamente dall'Agenzia delle entrate Sogei non può avvalersi di soggetti terzi.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015, dispone che in caso di emissione di fattura, tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con modalità diversa da quella prevista dal comma 3 del medesimo articolo, ovvero attraverso la predisposizione della fattura secondo il formato accettato dal Sistema di Interscambio, la fattura si ha per non emessa, con le conseguenti sanzioni.

Il secondo periodo del medesimo comma 6 prevede inoltre che anche il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell'altro contraente, è punito con una sanzione amministrativa sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione.

La fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture che permette di abbandonare il supporto cartaceo e tutti i relativi costi di stampa, spedizione e conservazione.

L'articolo 1, comma 209, legge n. 244 del 2007, ha introdotto l'obbligo di invio elettronico delle fatture alla PA, mentre il successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55 del 3 aprile 2013, entrato in vigore il 6 giugno 2013, ha dato attuazione all'obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, in un'ottica di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione della spesa pubblica: Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. La stessa disposizione si applica, dal 31 marzo 2015, a tutte le altre pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali (articolo 25 del D.L. n. 66 del 2014). A partire dai tre mesi successivi a queste date, le PA non possono procedere al pagamento, neppure parziale, fino all'invio del documento in forma elettronica.

La legge di delega fiscale (articolo 9, legge n. 23 del 2014) ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica: in attuazione di tali norme è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, che consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.

Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata di quinquennio in quinquennio. In sostanza, ciò consente il superamento dell'obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali (art. 2, comma 1).

La legge di bilancio 2018, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, dal 1° gennaio 2019.

Nei confronti dei consumatori finali le fatture elettroniche sono rese disponibili dai servizi telematici dell'Agenzia delle entrate e da chi emette la fattura: i consumatori possono rinunciare alla copia elettronica o analogica della fattura. Sono esonerati dal predetto obbligo coloro che rientrano nel regime forfetario agevolato o che continuano ad applicare il regime fiscale di vantaggio. In caso di violazione dell'obbligo di fatturazione elettronica la fattura si considera non emessa e sono previste sanzioni pecuniarie. Si prevede, inoltre, la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle cessioni di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti in Italia, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche (legge n. 205 del 2017, commi 909, 915-917 e 928).

L'Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 30 aprile 2018, ha reso noto l'intento, per rendere agevole, efficiente e poco onerosa la fase di predisposizione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, di mettere a disposizione degli operatori una serie di servizi di ausilio per il processo di fatturazione elettronica.

Con provvedimento del 15 novembre 2018, il Garante per la protezione dei dati personali ha avvertito l’Agenzia delle entrate che il nuovo obbligo della fatturazione elettronica, così come è stato regolato dall’Agenzia delle entrate, presenta rilevanti criticità in ordine alla compatibilità con la normativa in materia di protezione dei dati personali. Per questo motivo ha chiesto all’Agenzia di far sapere con urgenza come intenda rendere conformi al quadro normativo italiano ed europeo i trattamenti di dati che verranno effettuati ai fini della fatturazione elettronica.

E’ la prima volta che il Garante esercita il nuovo potere correttivo di avvertimento, attribuito dall’articolo 58 del Regolamento europeo 2016/679, verso un provvedimento adottato senza che il Garante sia stato consultato preventivamente (articolo 36 del Regolamento richiamato).

In particolare, il Garante ha rilevato che non saranno archiviati solo i dati obbligatori a fini fiscali, ma la fattura vera e propria, che contiene di per sé informazioni di dettaglio ulteriori sui beni e servizi acquistati, come le abitudini e le tipologie di consumo, legate alla fornitura di servizi energetici e di telecomunicazioni (es. regolarità nei pagamenti, appartenenza a particolari categorie di utenti), o addirittura la descrizione delle prestazioni sanitarie o legali. Ulteriori problemi pone il ruolo assunto dagli intermediari delegabili dal contribuente per la trasmissione, la ricezione e la conservazione delle fatture, alcuni dei quali operano anche nei confronti di una moltitudine di imprese, accentrando enormi masse di dati personali con un aumento dei rischi, non solo per la sicurezza delle informazioni, ma anche relativi a ulteriori usi impropri, grazie a possibili collegamenti e raffronti tra fatture di migliaia di operatori economici. Anche le modalità di trasmissione attraverso lo SDI e gli ulteriori servizi offerti dall’Agenzia (come la conservazione dei dati) presentano criticità per quanto riguarda i profili di sicurezza, a partire dalla mancata cifratura della fattura elettronica, tanto più considerato l’utilizzo della PEC per lo scambio delle fatture, con la conseguente possibile memorizzazione dei documenti sui server di posta elettronica.

Da ultimo, nel rispondere all’interrogazione n. 5-00911 a risposta immediata in Commissione finanze alla Camera dei deputati, circa possibili problemi di violazione di segreti industriali e commerciali nonché di violazioni della privacy dei consumatori, il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Villarosa, ha precisato che tutte le modalità disponibili per la ricezione e per il successivo inoltro delle fatture elettroniche e delle relative ricevute rispettano i più aggiornati protocolli di sicurezza, in termini di autenticazione del trasmittente, riservatezza e disponibilità. I dati infatti sono crittografati e la consultazione sicura degli archivi informatici dell'Agenzia delle entrate è garantita da misure che prevedono un sistema di profilazione, identificazione, autenticazione dei soggetti abilitati alla consultazione, di tracciatura degli accessi effettuati con indicazione dei tempi e della tipologia delle operazioni svolte, nonché di conservazione di copie di sicurezza.

Il sottosegretario ha poi annunciato che comunque è stato attivato un tavolo tecnico congiunto Agenzia delle entrate e Autorità Garante finalizzato ad individuare soluzioni idonee a garantire il rispetto della normativa in materia di privacy.

Esonero delle società sportive dilettantistiche dalla fattura elettronica

In particolare, il comma 01, introdotto al Senato, modifica l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 127 del 2015, introducendo un nuovo periodo volto a includere tra coloro che sono esonerati dalle disposizioni sull’obbligo di fatturazione elettroniche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi anche i soggetti che applicano il regime forfettario opzionale di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398. Si tratta delle associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche, e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015, n. 127 esonera dall’obbligo della fattura elettronica i soggetti passivi che rientrano nel cosiddetto regime di vantaggio e quelli che applicano il regime forfettario.

Si ricorda, inoltre, che i commi 54 e 55 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 hanno istituito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l'aliquota del 15 per cento.

Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfetario agevolato del Portale della documentazione, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.

 

Poiché il citato regime forfettario opzionale si applica ad associazioni sportive dilettantistiche che conseguono proventi derivanti da attività commerciali non superiori alla soglia di 400.000 euro che sono, tra l'altro esonerati dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili, viene introdotta una specifica norma per coloro che hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali un importo superiore a 65.000 euro, prevedendo che gli stessi debbano assicurare che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta.

 

Si ricorda che gli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, che disciplinano il richiamato regime forfettario opzionale si riferiscono alle associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore soglia di 400.000 euro (importo modificato, da ultimo, dall'art. 90, comma 2, L. 27 dicembre 2002, n. 289).

 

Il comma 02 dispone, inoltre, in ordine agli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità relativi alle medesime società sportive dilettantistiche (che applicano il regime forfettario opzionale), prevedendo che gli stessi, nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, siano adempiuti dai cessionari.

Disapplicazione di sanzioni in materia di fatturazione elettronica

L’articolo prevede, inoltre, (comma 1, lettera a)) che per il primo semestre dall’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica (1°gennaio 2019) non si applicano le sanzioni per la violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette a IVA, qualora la fattura elettronica non sia emessa contestualmente, ovvero entro le ventiquattro ore dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio, ma comunque entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Si ricorda che l’articolo 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 1, stabilisce che chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il centoottanta per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all'imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, un’imposta inferiore a quella dovuta. In questi casi, secondo il comma 4 del medesimo articolo, la sanzione comunque non può essere inferiore a euro 500. La sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

Il comma 3 dispone che se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato e comunque non inferiore a euro 500.

Il comma 8 prevede che anche il cessionario o il committente che abbia detratto l'imposta in assenza di una fattura elettronica è punito con una sanzione amministrativa pari al cento per cento dell'imposta, con un minimo di euro 250, sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione.

Si ricorda, infine, che le disposizioni attualmente vigenti in tema di fatturazione elettronica non hanno derogato ai termini di emissione dei documenti, che restano ancorati al momento di effettuazione dell’operazione e di esigibilità dell’imposta, secondo la previsione degli articoli 6 e 21, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA).

 

A tale riguardo, si ricorda che già l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 13/E del 2 luglio 2018, si era espressa in questa direzione ritenendo che in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative, il file fattura, predisposto nel rispetto delle regole tecniche previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, ed inviato con un minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta liquidazione dell’imposta, non possa considerarsi una violazione punibile con sanzioni ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

L’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 prevede, infatti, che non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo.

 

La lettera b) del comma 1 dispone che qualora la fattura si emessa ancora più tardivamente, ovvero entro il termine di effettuazione della liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto del periodo successivo, le sanzioni saranno applicabili, ma con una riduzione dell’80%.

 

Il secondo periodo del comma 1, introdotto al Senato, dispone che per i contribuenti che effettuano la liquidazione periodica dell'imposta sul valore aggiunto con cadenza mensile le deroghe richiamate nel primo periodo, non applicabilità delle sanzioni e riduzione dell’80%, si applicano fino al 30 settembre 2019.

Servizio di conservazione delle fatture elettroniche

Il nuovo comma 1-bis, introdotto al Senato, inserisce un nuovo periodo all’articolo 1, comma 6-bis, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015, disponendo che, per il servizio di conservazione delle fatture elettroniche reso disponibile gratuitamente dall'Agenzia delle entrate, il partner tecnologico di quest'ultima (la Sogei S.p.A.) non può avvalersi di soggetti terzi.

Si ricorda che il comma 6-bis dispone che gli obblighi di conservazione previsti, si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio e memorizzati dall'Agenzia delle entrate.

Si ricorda, infine, che la Sogei - Società Generale d'Informatica S.p.A. - è una società di Information Technology posseduta al 100% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che opera sulla base del modello organizzativo dell'in house providing.


 

Articolo 10-bis
(Fatturazione elettronica per gli operatori sanitari)

 

 

L’articolo 10-bis introdotto al Senato prevede che per il periodo d'imposta 2019 sono esonerati dall'obbligo di fatturazione elettronica i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

 

Nello specifico, la norma si applica ai soggetti tenuti all'invio dei dati, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell'articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 175 del 2014 che ha introdotto la dichiarazione dei redditi precompilata.

Il comma 3 sopra richiamato elenca i soggetti interessati dalla norma:

le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

Essi sono tenuti ad inviare al Sistema tessera sanitaria i dati relativi alle prestazioni erogate dal 2015, con alcune esclusioni, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi. Le specifiche tecniche e le modalità operative relative alla trasmissione telematica dei dati, sono rese disponibili sul sito internet del Sistema tessera sanitaria.

In attuazione di quanto disposto dal suddetto comma 4 sono stati emanati decreti ministeriali concernenti le tipologie di spese che danno diritto a deduzioni dal reddito: universitarie, funebri, per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per interventi volti alla riqualificazione energetica; relative alle rette per la frequenza di asili nido, per le erogazioni liberali.

 

Si ricorda che le modalità di invio di dati di natura sanitaria nell'ambito del Sistema pubblico di connettività sono state stabilite con il D.P.C.M. 26 marzo 2008. Inoltre, con decreto 27 aprile 2018, emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze, sono state fissate le specifiche tecniche e modalità operative del Sistema tessera sanitaria per consentire la compilazione agevolata delle spese sanitarie e veterinarie sul sito dell'Agenzia delle entrate, nonché la consultazione da parte del cittadino dei dati delle proprie spese sanitarie.

 


 

Articolo 10-ter
(Fatturazione elettronica per i servizi di pubblica utilità)

 

 

L’articolo 10-ter, introdotto al Senato, dispone la definizione di specifiche regole tecniche per l'emissione tramite il Sistema di Interscambio delle fatture elettroniche da parte dei soggetti passivi IVA con riferimento alle operazioni effettuate nei settori delle telecomunicazioni e dei servizi connessi alla gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta.

Finalità dichiarata della disposizione è quella di preservare i servizi di pubblica utilità.

 

La disposizione si riferisce ai servizi regolamentati dal decreto ministeriale 24 ottobre 2000, n. 366 in materia di Iva nel settore delle telecomunicazioni, e dal decreto ministeriale 24 ottobre 2000, n. 370 (che prevede particolari modalità di applicazione dell'Iva nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati ed il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta).

Si ricorda che con provvedimento del 15 novembre 2018, il Garante per la protezione dei dati personali ha rilevato che con l’entrata in vigore dell’obbligo della fatturazione elettronica non saranno archiviati solo i dati obbligatori a fini fiscali, ma la fattura vera e propria, che contiene di per sé informazioni di dettaglio ulteriori sui beni e servizi acquistati, come le abitudini e le tipologie di consumo, legate alla fornitura di servizi energetici e di telecomunicazioni (es. regolarità nei pagamenti, appartenenza a particolari categorie di utenti).

 

In particolare, l’articolo introduce un nuovo comma, il 6-quater, all'articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati.

La norma demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle regole tecniche per l'emissione tramite il Sistema di interscambio delle fatture elettroniche da parte degli operatori che offrono servizi di pubblica utilità, nei confronti di persone fisiche che non operano nell'ambito di attività d'impresa, arte e professione.

Tali regole tecniche si applicano solamente alle fatture elettroniche riferite a contratti stipulati con i consumatori finali precedentemente al 1° gennaio 2005, ove non sia stato possibile identificare il codice fiscale degli stessi, anche a seguito dell'utilizzo dei servizi di verifica offerti dall'Agenzia delle entrate.

 


 

Articolo 11
(S
emplificazione in tema di emissione delle fatture)

 

 

L’articolo 11 introduce una norma di valenza generale che consente, a decorrere dal 1° luglio 2019, 1'emissione delle fatture entro 10 giorni dall'effettuazione delle operazioni. Chi si avvale della possibilità di emettere la fattura in una data diversa dalla data di effettuazione dell'operazione dovrà darne evidenza nel documento stesso, mentre il medesimo obbligo non ricorre per chi emette la fattura nello stesso giorno di effettuazione dell'operazione. La norma non incide sulla disciplina dell'esigibilità dell'imposta e la conseguente liquidazione.

 

Si ricorda che secondo la previsione dell’articolo 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972 - Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto - la fattura è emessa al momento dell'effettuazione dell'operazione, ovvero entro le ore 24 del giorno dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio.

 

In particolare la lettera a) del comma 1 introduce, tra le indicazioni che devono essere contenute nella fattura, la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura.

La previgente disciplina, infatti, che imponeva l’emissione della fattura contestualmente all'effettuazione dell'operazione, non prevedeva la possibilità di inserire nell’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura una data di cessione di beni o di prestazione di servizi diversa da quella di emissione stessa.

L’articolo in esame, nello stabilire il nuovo termine di 10 giorni per l’emissione della fattura, provvede a inserire conseguentemente questa nuova ipotesi all’interno dell’elenco richiamato.

 

L’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce l’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura:

a) data di emissione;

b) numero progressivo che la identifichi in modo univoco;

c) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;

d) numero di partita IVA del soggetto cedente o prestatore;

e) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cessionario o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;

f) numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell'Unione europea, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell'esercizio d'impresa, arte o professione, codice fiscale;

g) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione;

h) corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;

i) corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;

l) aliquota, ammontare dell'imposta e dell'imponibile con arrotondamento al centesimo di euro;

m) data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi;

n) annotazione che la stessa è emessa, per conto del cedente o prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo.

 

La lettera b) dispone che la fattura è emessa entro dieci giorni dall’effettuazione dell’operazione di cessione del bene o di prestazione del servizio. A tal fine è modificato dell’articolo 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972.

La fattura elettronica, pertanto, si considera emessa se risulta trasmessa attraverso il Sistema di Interscambio entro 10 giorni dalla data dell'effettuazione dell'operazione.

 

Il comma 2 dispone che le modifiche introdotte dall’articolo si applicano a decorrere dal 1°luglio 2019, ovvero dal momento in cui cessano le attenuanti introdotte in ambito sanzionatorio, previste per il primo semestre 2019 dall’articolo 10 del decreto in esame. La norma, quindi, stabilisce che l’applicazione del nuovo termine di 10 giorni per la trasmissione della fattura si applica allo scadere del periodo di vigenza del termine più favorevole previsto in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni.

 

Si ricorda che in base al disposto dell’articolo 10 del decreto-legge in esame per i primi sei mesi del periodo d’imposta 2019 non sono applicate al contribuente le sanzioni previste qualora la fattura elettronica è emessa oltre il termine normativamente stabilito ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta ivi indicata alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale). Le sanzioni sono, invece, contestabili, ma ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.

Articolo 12
(
Semplificazione in tema di annotazione delle fatture emesse)

 

 

L’articolo 12 modifica i termini di annotazione delle fatture emesse: tutte le fatture emesse devono essere annotate in apposito registro entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

Per le cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente la fattura deve essere registrata entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione.

 

Si ricorda che l’attuale normativa, articolo 23 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, (decreto IVA), prevede che il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro. Le fatture cosiddette differite/riepilogative (ad esempio per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione), quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue, e quelle emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe, devono essere registrate entro il termine di emissione e con riferimento al mese di effettuazione delle operazioni.

In pratica, la legislazione vigente prevede l’annotazione nel registro delle fatture emesse deve avvenire nel caso di fatturazione immediata, entro 15 giorni dalla data di emissione della stessa; nel caso di fatturazione differita, entro la data di emissione, tuttavia con riferimento al mese di effettuazione.

 

 

Nello specifico l’articolo 12 dispone che tutte le fatture emesse (ossia quelle cosiddette immediate, quelle cosiddette differite/riepilogative, quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue e emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe) devono essere annotare in un apposito registro nell’ordine della loro numerazione entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni.

 

Viceversa, in caso di cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente le fatture sono registrate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione e con riferimento al medesimo mese.


 

Articolo 13
(
Semplificazione in tema di registrazione degli acquisti)

 

 

L’articolo 13 abroga l’obbligo di numerazione progressiva delle fatture nella registrazione degli acquisti. Tale adempimento risulta automaticamente assolto per le fatture elettroniche inviate tramite Sistema di interscambio.

 

L’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al comma 1, dispone che il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione, comprese quelle a cui sono tenuti i cessionari o committenti nei confronti alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti, e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.

Al comma 3 si prevede che dalla registrazione devono risultare la data della fattura o bolletta, il numero progressivo ad essa attribuito.

A tale riguardo l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n.1/E del 10 gennaio 2013 aveva chiarito che era compatibile con l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura.

Si ricorda, da ultimo, che la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, comma 909, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni.

 

In particolare, il comma 1 modifica il descritto articolo 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, abrogando l’obbligo di numerazione progressiva delle fatture nella registrazione degli acquisti.

 

Considerata la natura non modificabile del documento elettronico inviato tramite Sistema di Interscambio (sistema obbligatorio a partire dal 1°gennaio 2019), si ritiene che tale adempimento sia automaticamente assolto. La tracciabilità della fattura rende, infatti, possibile il collegamento biunivoco tra il documento ricevuto e la registrazione contabile risultante dal registro degli acquisti.


 

Articolo 14
(
Semplificazioni in tema di detrazione dell’IVA)

 

 

L’articolo 14 interviene sulla disciplina della detrazione IVA, con riferimento alle liquidazioni mensili, integrando la disciplina concernente le dichiarazioni e i versamenti periodici IVA con la possibilità di detrarre l’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

 

Al riguardo, si ricorda che il testo finora vigente dell'articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 100 del 1998 (recante norme per la semplificazione e la razionalizzazione di alcuni adempimenti contabili in materia di imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l'ammontare complessivo dell'imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente (risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili) e quello dell'imposta (risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso) per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese, ai sensi dell'articolo 19 del "decreto IVA".

La novella in esame mantiene tale disciplina e stabilisce che, sempre entro il giorno 16 di ogni mese, può essere esercitato il diritto alla detrazione relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l'operazione. Tale disposizione non si applica alle operazioni effettuate nell'anno precedente.

Il diritto alla detrazione prescrive, infatti, la compresenza di due presupposti (v. infra):

§  il presupposto sostanziale dell’effettuazione dell’operazione;

§  il presupposto formale del possesso di una valida fattura d’acquisto.

 

Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, tenendo conto dei tempi di emissione della fattura, il requisito del possesso della fattura potrebbe arrecare al cessionario/committente un pregiudizio derivante dalla circostanza che la fattura possa essergli recapitata oltre il periodo in cui l'imposta diventa esigibile, con il conseguente rinvio della detrazione. La novella prevede quindi che si possa computare l'IVA addebitata in fattura del periodo in cui è stata effettuata l'operazione, a condizione che la fattura sia recapitata e quindi debitamente registrata entro i termini di liquidazione (il giorno 16 del mese successivo).

 

Il diritto alla detrazione è disciplinato dall’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). Esso stabilisce che dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate è detraibile l'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile (vale a dire nel momento di effettuazione dell’operazione) e può essere esercitato, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA (mese di aprile) relativa all’anno in cui il diritto è sorto. Inoltre, l’articolo 25, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di registrazione delle fatture d’acquisto, prevede anche in questo caso come termine ultimo quello di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno di ricezione del documento.

Su tale disciplina ha fornito chiarimenti la circolare dell'Agenzia delle entrate, specificando che ai termini temporali sopra ricordati si aggiunge l'ulteriore requisito per la detrazione, costituito dal possesso da parte del cliente della fattura di acquisto. La circolare n. 1/E del 2018 richiama le norme europee in materia, ricordando che l’art. 179 della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE) stabilisce che il diritto alla detrazione va esercitato nel periodo in cui è sorto, ossia nel periodo in cui l’imposta è divenuta esigibile. Tale diritto, in ogni caso, è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178, il quale indica le condizioni formali per l’esercizio del diritto, tra cui, il possesso della fattura. Tale circostanza è confermata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. causa C-152/2002 – Terra BauBwdarf – Handel GmbH), richiamata dalla circolare in esame. Secondo la sentenza della Corte, infatti, il diritto deve essere esercitato con riguardo al periodo di imposta nel corso del quale ricorrono i due requisiti prescritti da tale disposizione, vale a dire che la cessione dei beni o la prestazione dei servizi abbia avuto luogo e che il soggetto d’imposta sia in possesso della fattura o del documento che possa considerarsi equivalente secondo i criteri fissati dallo Stato membro interessato.


 

Articolo 15
(
Coordinamento in tema di fatturazione elettronica)

 

 

L’articolo 15 reca una disposizione di coordinamento tra il testo del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la fatturazione elettronica e la decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018, che ha autorizzato l’Italia a disporre l'uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano.

Il nuovo comma 1-bis, introdotto al Senato, stabilisce inoltre che, a partire dalle operazioni IVA relative al 2020, nell'ambito di un programma di assistenza online, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione in un’apposita area riservata, le bozze relative al registro delle fatture emesse, al registro delle fatture e delle bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati, alla liquidazione periodica dell'IVA e alla dichiarazione annuale dell'IVA.

 

Si ricorda che la Decisione di esecuzione richiamata al comma 1 fa riferimento ai soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano, mentre nel decreto legislativo il riferimento in tema di obbligo della fatturazione elettronica è ai soggetti stabiliti o identificati nel territorio dello Stato.

Al fine di coordinare le due norme, l’articolo in esame espunge la parola “identificati”, dal testo del decreto legislativo n. 127 del 2015.

 

L’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, prevede che al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio.

La decisione di esecuzione (UE) 2018/593, articolo 1, stabilisce che l'Italia è autorizzata ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano diversi dai soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese.

 

Il nuovo comma 1-bis, inserito al Senato, sostituisce integralmente l'articolo 4 del decreto legislativo n. 127 del 2015, relativo alle semplificazioni amministrative e contabili connesse alla introduzione della fatturazione elettronica.

 

Si ricorda che l’attuale articolo 4 prevede che nell'ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, ai soggetti passivi dell'IVA esercenti arti e professioni e alle imprese ammesse al regime di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, compresi coloro che hanno esercitato l'opzione di cui all'articolo 2, comma 1, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione:

a) gli elementi informativi necessari per la predisposizione dei prospetti di liquidazione periodica dell'IVA;

b) una bozza di dichiarazione annuale dell'IVA e di dichiarazione dei redditi, con i relativi prospetti riepilogativi dei calcoli effettuati;

c) le bozze dei modelli F24 di versamento recanti gli ammontari delle imposte da versare, compensare o richiedere a rimborso.

2. Per i soggetti di cui al comma 1 che si avvalgono degli elementi messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, viene meno l'obbligo di tenuta dei registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono emanate le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente articolo.

 

In primo luogo si viene a prevedere che, a partire dalle operazioni IVA relative all'anno 2020, l'Agenzia delle entrate, nell'ambito di un programma di assistenza online basato sui dati dalla stessa acquisiti, metta a disposizione di tutti i soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata, le bozze relative a:

§  il registro delle fatture emesse;

§  il registro delle fatture e delle bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati;

§  la liquidazione periodica dell'IVA;

§  la dichiarazione annuale dell'IVA.

 

Per i soggetti passivi IVA che convalidano ovvero integrano nel dettaglio i dati proposti nelle bozze dei documenti appena citati, viene meno l'obbligo di tenuta dei registri delle fatture emesse e degli acquisti (previsti dagli articoli 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972).

L'articolo proposto fa salva la tenuta dei registri dei ricavi percepiti e delle spese sostenute nell'esercizio previsti dall'articolo 18, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973. Il comma 5 di tale ultimo articolo prevede inoltre un regime opzionale di contabilità semplificata per le imprese minori, le quali possono scegliere, rimanendo vincolate a tale opzione per un triennio, di tenere i registri ai fini dell'IVA senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l'obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta. Per i soggetti che optano per tali modalità, la norma in esame stabilisce che permanga l'obbligo di tenuta dei registri ai fini dell'IVA.

Si prevede, infine, che le disposizioni necessarie per l'attuazione delle disposizioni in esso contenute siano adottate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.


 

Articolo 15-bis
(
Disposizione di armonizzazione in tema
di fatturazione elettronica)

 

 

Il nuovo articolo 15-bis dispone che con decreto del MEF sono definite le cause che consentono alle amministrazioni pubbliche destinatarie di rifiutare le fatture elettroniche, nonché le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto.

 

A tal fine è modificato l'articolo 1, comma 213, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), cui è aggiunta una nuova lettera g-ter).

 

Si ricorda che il vigente articolo 1, comma 213, della legge n. 244 del 2007 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, sono definite, in conformità a quanto previsto dagli standard del Sistema pubblico di connettività (SPC):

a) le regole di identificazione univoca degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni destinatari della fatturazione;

b) le regole tecniche relative alle soluzioni informatiche da utilizzare per l’emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche e le modalità di integrazione con il Sistema di interscambio;

c) le linee guida per l’adeguamento delle procedure interne delle amministrazioni interessate alla ricezione ed alla gestione delle fatture elettroniche;

d) le eventuali deroghe agli obblighi connessi alla fatturazione elettronica, limitatamente a determinate tipologie di approvvigionamenti;

e) la disciplina dell’utilizzo, tanto da parte degli operatori economici, quanto da parte delle amministrazioni interessate, di intermediari abilitati, ivi compresi i certificatori accreditati allo svolgimento delle attività informatiche necessarie all’assolvimento degli obblighi connessi alla fatturazione elettronica;

f) le eventuali misure di supporto, anche di natura economica, per le piccole e medie imprese;

g) la data a partire dalla quale decorrono gli obblighi di cui al comma 209 e i divieti di cui al comma 210, con possibilità di introdurre gradualmente il passaggio al sistema di trasmissione esclusiva in forma elettronica;

g-bis) le regole tecniche idonee a garantire l'attestazione della data, l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto della fattura elettronica, di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per ogni fine di legge.

 

La nuova lettera g-ter) stabilisce che, con decreto del MEF, sono definite le cause che possono consentire alle amministrazioni pubbliche destinatarie di rifiutare le fatture elettroniche, nonché le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto al cedente/prestatore, anche al fine di evitare rigetti impropri e di armonizzare tali modalità con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica tra privati.


 

Articolo 16
(Giustizia tributaria digitale)

 

 

L’articolo 16 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, volte a estendere le possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, agevolare le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, rendere possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame reca: a) alcune modifiche all'articolo 16-bis (Comunicazioni e notificazioni per via telematica) del decreto legislativo n. 546 del 1992; b) l'aggiunta, al medesimo decreto legislativo, dell'articolo 25-bis.

 

a)   Le modifiche dell'articolo 16-bis riguardano:

1)  l'integrazione della rubrica con il riferimento ai depositi telematici, cosicché la nuova rubrica recita: “Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici”;

2)  la sostituzione del quarto periodo del comma 1 in modo che la comunicazione si intenda perfezionata con la ricezione avvenuta nei confronti di almeno uno dei difensori della parte;

3)  la sostituzione del comma 2 in modo tale che nelle ipotesi di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte ed ove lo stesso non sia reperibile da pubblici elenchi, ovvero nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni siano eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria (come già previsto dalla formulazione originaria) e che le notificazioni siano eseguite ai sensi dell’articolo 16.

 

Si ricorda che l'articolo 16 del decreto legislativo n. 546 del 1992 prevede, al comma 2, che le notificazioni siano fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall' art. 17, secondo cui le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all' atto della sua costituzione in giudizio.

Il comma 3 prevede che le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale.

Il comma 4 specifica che gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali), provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria.

 

4)  la sostituzione del comma 3 in modo da prevedere che le notificazioni e i depositi di atti processuali, documenti e provvedimenti giurisdizionali siano fatti esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione, mentre nella precedente formulazione la trasmissione telematica rappresentava una facoltà. Si aggiunge, inoltre, che, in casi eccezionali, il Presidente della Commissione tributaria o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento motivato possano autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche;

5)  l'inserimento del comma 3-bis, in base al quale i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica ai sensi dell’articolo 12, comma 2, hanno facoltà di utilizzare, per le notifiche e i depositi, le modalità telematiche indicate nel comma 3, previa indicazione nel ricorso o nel primo atto difensivo dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni;

 

b)  il comma 1 dell'articolo 16 dispone altresì l'inserimento, dopo l’articolo 25, dell'art. 25-bis riguardante il potere di certificazione della conformità, i cui 5 commi prevedono, nell'ordine:

1.  che, al fine del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nel citato Albo per la riscossione degli enti locali (articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997), attestino la conformità della copia al predetto atto secondo le modalità del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005);

2.  che analogo potere di attestazione di conformità sia esteso, anche per l'estrazione di copia analogica, agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria della Commissione tributaria ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria. Detti atti e provvedimenti, presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria, equivalgono all'originale anche se privi dell'attestazione di conformità all'originale da parte dell'ufficio di segreteria;

3.  che la copia informatica o cartacea munita dell'attestazione di conformità ai sensi dei commi precedenti equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico;

4.  che l'estrazione di copie autentiche ai sensi del presente articolo esonera dal pagamento dei diritti di copia;

5.  che nel compimento dell'attestazione di conformità i soggetti di cui al presente articolo assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che l'articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall'avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche.

 

Il comma 3 dispone che in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo per la riscossione degli enti locali, provvedano ai sensi dell’articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, n. 53 ? in base ai quali l'avvocato può estrarre copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale.

 

Il comma 4 consente la partecipazione a distanza delle parti all’udienza pubblica di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Con uno o più provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale, sono individuate le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l’udienza pubblica a distanza. Almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

 

Il comma 5 prevede che le disposizioni di cui alla lettera a), numeri 4) e 5), del comma 1 si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019.

 

Il comma 6, infine, rinvia all'articolo 26 per l'individuazione delle risorse a copertura degli oneri derivanti dal comma 1, capoverso art. 25-bis, comma 4, valutati in 165.000 euro annui a decorrere dal 2019.


 

Articolo 16-bis
(Servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia)

 

 

L’articolo 16-bis elimina il riferimento agli specifici obiettivi di risparmio di spesa annuale - posti per il triennio 2016-2018 - relativi all’implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia.

 

L’articolo 16-bis, introdotto nel corso dell’esame in Senato, interviene sulla disciplina relativa all’implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia, affidata (dall’art. 3, comma 7, del decreto-legge n. 59 del 2016) al Ministero della Giustizia, il quale può avvalersi della società di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.

L’articolo 3 del decreto-legge n. 59 del 2016, ha previsto l’istituzione presso il Ministero della giustizia di un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi. Il comma 7 dell’articolo in particolare dispone che il Ministero della giustizia, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, commi 513 e 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita? 2016), possa avvalersi della Società? di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria. Si prevede inoltre che ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la Società? provvederà?, tramite Consip S.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti.

 

La modifica incide in particolare sul richiamato Piano triennale di cui all'articolo 1, commi 513 e 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita? 2016), eliminando il riferimento al comma 515, ossia il riferimento alle disposizioni che definiscono gli specifici obiettivi di risparmio di spesa annuale posti in relazione alle previsioni (commi da 512 a 520 dell’articolo 1 della citata legge n. 208/2015) che impongono l’obbligo a carico delle amministrazioni pubbliche di approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori per l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività?. Tale obiettivo, pari al 50%, rispetto alla spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015 era posto per la fine del triennio 2016-2018.

In particolare, il comma 513 prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) predisponga il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che e? approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato. Il Piano recherà?, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l'elenco dei beni e servizi informatici e di connettività? e dei relativi costi e individuerà? beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica.

Il comma 515 definisce l’obiettivo di risparmio di spesa annuale posto in relazione ai precedenti commi.


 

Articolo 16-ter
(Servizi informatici Equitalia Giustizia)

 

 

L’articolo 16-ter prevede che i servizi di natura informativa in favore di Equitalia Giustizia S.p.A. continuino ad essere forniti dalla societa? che gestisce il sistema informativo del Ministero dell’economia.

 

 

L’articolo 16-ter , introdotto nel corso dell’esame al Senato, aggiunge un ulteriore periodo all’articolo 1, comma 11, lettera b) del decreto-legge 193 del 2016 (legge 225 del 2016), in base al quale i servizi di natura informativa in favore di Equitalia-Giustizia S.p.A. continuano ad essere forniti dalla società (Sogei, di cui all'articolo 83, comma 15, del D.L. n. 112/2008) che gestisce le analoghe attività presso il Ministero dell’economia e delle finanze (manutenzione, conduzione e sviluppo del sistema informativo).

L’articolo 1 del citato decreto-legge n. 193 ha disposto - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento delle società del gruppo Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Il comma 11 dell’articolo 1, poi, autorizza l’Agenzia delle entrate ad acquistare, al valore nominale, le azioni di Equitalia detenute dall’Inps (lettera a), mentre le azioni di Equitalia-Giustizia sono cedute a titolo gratuito al MEF.

Equitalia-Giustizia continua ad occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (cd. FUG) quindi ad attività diverse dalla riscossione (lettera b).

Si ricorda che Equitalia Giustizia:

§  gestisce il citato Fondo unico, istituito dall’art. 61, comma 23, del decreto-legge 112/2008 (L. 133/2008), in cambio di un aggio del 5% sul rendimento annuo della gestione stessa (al netto delle spese); il Fondo è alimentato principalmente con i proventi derivanti dai sequestri penali e dall’applicazione di misure di prevenzione nonchè con le risorse derivanti dai beni confiscati definitivamente negli stessi procedimenti; la gestione del Fondo deriva dal contenuto dell’art. 2 del decreto-legge 143/2008 (legge 181/2008);

§  provvede alle attività di acquisizione dei dati dei debitori e di quantificazione dei crediti in materia di spese di giustizia e sulla base di una convenzione con il Ministero della Giustizia (v. Convenzione 28 dicembre 2017), in attuazione dell’art. 1, commi 367 ss., della legge finanziaria 2008.


 

Articoli da 16-quater
(Disposizioni in materia di accesso all'archivio dei rapporti finanziari)

 

 

Il nuovo articolo 16-quater, introdotto al Senato, reca disposizioni in materia di archivio dei rapporti finanziari: si stabilisce un termine di conservazione dei dati di dieci anni, si consente l’accesso ai dati alla Guardia di finanza, nonché, ai fini della valutazione di impatto e della quantificazione e del monitoraggio dell'evasione fiscale, al Dipartimento delle finanze.

 

Si ricorda che l'articolo 11, del decreto legge n. 201 del 2011, ha introdotto l’obbligo, a partire dal 1° gennaio 2012, per gli operatori finanziari di comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria, ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro.

Il comma 3 demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità della comunicazione, estendendo l'obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni relative ai rapporti strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali. Il provvedimento deve altresì prevedere adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Provvedimento 25 marzo 2013.

Ai sensi del comma 4, le predette comunicazioni sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione, per la semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione.

Il comma 4-bis stabilisce che l'Agenzia delle entrate trasmetta annualmente alle Camere una relazione con la quale sono comunicati i risultati relativi all'emersione dell'evasione a seguito dell'utilizzo delle comunicazioni all'anagrafe tributaria.

 

Le modifiche introdotte dall’articolo in commento riguardano le procedure contenute nei commi 3, 4 e 4-bis del predetto articolo 11. In particolare, il comma 1, lettera a), che sostituisce l’ultimo periodo del comma 3, chiarisce che la conservazione dei dati trasmessi non può superare i dieci anni.

 

Il comma 1, lettera b) inserisce un nuovo periodo al comma 4, volto a specificare che le stesse informazioni sono utilizzate dalla Guardia di finanza, anche in coordinamento con l’Agenzia delle entrate, nonché dal Dipartimento delle finanze, ai fini della valutazione di impatto e della quantificazione e del monitoraggio dell'evasione fiscale.

 

Il comma 1, lettera c) modifica il comma 4-bis specificando che la relazione che l'Agenzia delle entrate trasmette annualmente alle Camere deve presentare anche i risultati relativi all’attività svolta dalla Guardia di finanza utilizzando le informazioni in commento. A tal fine, la Guardia di finanza comunica i dati all'Agenzia delle entrate secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate e del Comandante generale della Guardia di finanza.


 

Articolo 16-quinquies
(Attività ispettiva nei confronti dei soggetti di medie dimensioni)

 

 

Il nuovo articolo 16-quinquies, introdotto al Senato, disciplina l’attività ispettiva dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza nei confronti dei soggetti di medie dimensioni, non soggetti agli indici sintetici di affidabilità né a tutoraggio.

 

In particolare, l’articolo modifica l'articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2010, relativo al contrasto al fenomeno delle imprese in perdita sistemica, sostituendo integralmente il comma 2.

 

Si ricorda che l’attuale comma 2 dell’articolo 24 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede che nei confronti dei contribuenti non soggetti agli studi di settore né a tutoraggio, l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di finanza realizzano piani di intervento annuali coordinati, elaborati sulla base di analisi di rischio a livello locale che riguardino almeno un quinto della platea di riferimento.

 

La nuova formulazione della disposizione prevede che nei confronti dei contribuenti non soggetti agli indici sintetici di affidabilità né a tutoraggio, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza realizzino piani di intervento annuali coordinati sulla base di analisi di rischio sviluppate mediante l’utilizzo delle banche dati nonché di elementi e circostanze emersi nell’esercizio degli ordinari poteri istruttori e d’indagine.

E’ quindi eliminato l’obbligo che tali piani riguardino ogni anno almeno un quinto della platea di riferimento.


 

Articolo 16 sexies
(Disposizioni in materia di scambio automatico di informazioni)

 

 

L’articolo 16-sexies, introdotto al Senato, disciplina lo scambio automatico di informazioni per attività di controllo tributario o per finalità di analisi del rischio di evasione fiscale tra l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, previa stipula di un'apposita convenzione.

 

In particolare, il comma 1 prevede che l’Agenzia delle entrate comunichi, su richiesta, alla Guardia di finanza, per l'esecuzione delle attività di controllo tributario o per finalità di analisi del rischio di evasione fiscale, previa la stipula di un'apposita convenzione, le informazioni riguardanti la rendicontazione Paese per Paese delle imprese internazionali obbligate ai sensi del comma 145 della legge n. 208 del 2015, nonché quelle ricevute nell’ambito dello scambio automatico di informazioni per finalità fiscali, previsto dalla direttiva 2011/16/UE e da accordi tra l’Italia e gli Stati esteri.

 

Si ricorda che il comma 145 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) prevede che le società controllanti, residenti nel territorio dello Stato ai sensi del TUIR, che hanno l'obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato conseguito dal gruppo di imprese multinazionali di almeno 750 milioni di euro e che non sono a loro volta controllate da soggetti diversi dalle persone fisiche, presentino annualmente all'Agenzia delle entrate una rendicontazione Paese per Paese che riporti l'ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e maturate, insieme con altri elementi indicatori di un'attività economica effettiva. Tali obblighi informativi derivano dall'attuazione di direttive emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In caso di omessa presentazione della rendicontazione o di invio dei dati incompleti o non veritieri è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Il successivo comma 146 estende gli obblighi suddetti alle società controllate, residenti nel territorio dello Stato, nel caso in cui la società controllante che redige il bilancio consolidato sia residente in uno Stato che non ha introdotto l'obbligo di presentazione della rendicontazione Paese per Paese, non abbia in vigore con l'Italia un accordo che consenta lo scambio delle informazioni relative alla rendicontazione Paese per Paese o, ancora, sia inadempiente rispetto all'obbligo di scambio delle medesime informazioni.

La direttiva 2011/16/UE stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto di uno Stato membro o delle ripartizioni territoriali o amministrative di uno Stato membro, comprese le autorità locali. Dall'ambito di applicazione vengono, tuttavia, escluse l’imposta sul valore aggiunto, i dazi doganali e le accise oggetto di altri atti normativi dell’Unione europea in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri. Sono inoltre esclusi dall'ambito di applicazione i contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o a una ripartizione dello stesso o agli organismi di previdenza sociale di diritto pubblico.

 

Il comma 2 prevede cha a tal fine, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza stipulano una convenzione per la definizione dei termini e delle modalità di comunicazione dei predetti elementi ed elaborazioni, in coerenza con le condizioni e i limiti che disciplinano la cooperazione amministrativa tra Stati nel settore fiscale.


 

Articolo 16-septies
(Semplificazione in materia di provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie)

 

 

Il nuovo articolo16-septies, introdotto al Senato, semplifica la procedura di avvio dei provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie, a tal fine modificando l'articolo 22 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

Si ricorda che il comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che disciplina gli istituti dell'ipoteca e del sequestro conservativo, stabilisce che l'ufficio o l'ente che ha formalmente notificato l'atto di contestazione, il provvedimento di irrogazione della sanzione o il processo verbale di constatazione, quando ha il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale, l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l'autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l'azienda.

 

Per rafforzare le misure poste a garanzia del credito erariale e a sostegno delle relative procedure di riscossione, il comma 1 dell’articolo in commento introduce all'illustrato articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il nuovo comma 1-bis, prevedendo che le istanze relative ai processi verbali di constatazione rilasciati dai reparti dipendenti possano essere inoltrate direttamente dal comandante provinciale della Guardia di finanza all’Agenzia delle entrate ai fini dell’acquisizione del relativo parere.

 

Il comandante informa tempestivamente la direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, che esamina l'istanza e comunica le proprie eventuali osservazioni al presidente della commissione tributaria provinciale, nonché al comandante stesso, entro venti giorni dal ricevimento dell’istanza in argomento. Trascorso tale termine, che si interrompe, per una sola volta, in caso di richiesta di chiarimenti o di ogni ulteriore elemento alla Guardia di finanza, il parere si intende acquisito (nuovo comma 1-ter).


 

Articolo 17
(Obbligo di memorizzazione e trasmissione
telematica dei corrispettivi)

 

 

L’articolo 17 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA volte a rendere obbligatoria la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi.

L’articolo prevede, inoltre, che tale obbligo risulta soddisfatto per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri, nonché estende al registro dei corrispettivi la deroga, in difetto di trascrizione su supporti cartacei, già prevista per il registro delle fatture e per quello degli acquisti.

 

Si ricorda che, in attuazione delle norme per l'incentivazione dell'uso della fatturazione elettronica contenute nella legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014), il decreto legislativo n. 127 del 2015 consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.

Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni delle stesse, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende di quinquennio in quinquennio, ove non revocata.

 

In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015:

a)   il comma 1 è sostituito in modo da rendere obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri per i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). La nuova formulazione dispone inoltre che la memorizzazione elettronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all'articolo 24, comma 1, del suddetto decreto n. 633 del 1972. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad euro 400.000. Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere previsti specifici esoneri dai predetti adempimenti in ragione della tipologia di attività esercitata;

 

Si ricorda che l'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, riguardante il commercio al minuto e le attività assimilate, fa riferimento alle seguenti operazioni:

§ cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;

§ prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica;

§ prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito;

§ prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell'abitazione dei clienti;

§ prestazioni di custodia e amministrazione di titoli e altri servizi resi da aziende o istituti di credito e da società finanziarie o fiduciarie;

§ operazioni esenti indicate ai nn. da 1) a 5) e ai nn. 7), 8), 9), 16) e 22) dell'art. 10;

§ attività di organizzazione di escursioni, visite della città, giri turistici ed eventi similari, effettuata dalle agenzie di viaggi e turismo;

§ prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.

 

b)  di conseguenza, al comma 6 le parole “optano per” sono sostituite dalla seguente: “effettuano”;

c)   sono inoltre aggiunti all'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015 i commi da 6-ter a 6-quinquies:

§  il comma 6-ter introduce una deroga a quanto disposto dalla riformulazione del comma 1 prevedendo che le predette operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 effettuate nelle zone individuate con decreto del MEF di concerto con il MiSE possano essere documentate mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all'articolo 8 della legge n. 249 del 1976, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge n. 18 del 1983;

§  il comma 6-quater, come sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (decreto legislativo n. 175 del 2014) possano adempiere all'obbligo di cui al comma 1 mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria. I dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria possono essere utilizzati solo dalle Pubbliche Amministrazioni per finalità istituzionali. Il comma dispone inoltre che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la Pubblica Amministrazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definiti, nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali, anche con riferimento agli obblighi di cui all'articolo 32 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati), i termini e gli ambiti di utilizzo dei predetti dati e i relativi limiti, nonché le modalità tecniche di trasmissione;

 

L’articolo 32 del Regolamento (UE) 2016/679 dispone che tenendo conto dello stato dell'arte e dei costi di attuazione, nonché della natura, dell'oggetto, del contesto e delle finalità del trattamento, come anche del rischio di varia probabilità e gravità per i diritti e le libertà delle persone fisiche, il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento mettono in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, che comprendono, tra le altre, se del caso: la pseudonimizzazione e la cifratura dei dati personali; la capacità di assicurare su base permanente la riservatezza, l'integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento; la capacità di ripristinare tempestivamente la disponibilità e l'accesso dei dati personali in caso di incidente fisico o tecnico; una procedura per testare, verificare e valutare regolarmente l'efficacia delle misure tecniche e organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento.

Nel valutare l'adeguato livello di sicurezza, si tiene conto in special modo dei rischi presentati dal trattamento che derivano in particolare dalla distruzione, dalla perdita, dalla modifica, dalla divulgazione non autorizzata o dall'accesso, in modo accidentale o illegale, a dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati.

L'adesione a un codice di condotta approvato di cui all'articolo 40 o a un meccanismo di certificazione approvato di cui all'articolo 42 può essere utilizzata come elemento per dimostrare la conformità ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

Il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento fanno sì che chiunque agisca sotto la loro autorità e abbia accesso a dati personali non tratti tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento, salvo che lo richieda il diritto dell'Unione o degli Stati membri.

§  il comma 6-quinquies dispone la concessione di un contributo, negli anni 2019 e 2020, per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali effettuare la memorizzazione e la trasmissione in commento. Il contributo è complessivamente pari al 50 per cento della spesa sostenuta, per un massimo di euro 250 in caso di acquisto e di euro 50 in caso di adattamento, per ogni strumento. Il contributo è anticipato dal fornitore sotto forma di sconto sul prezzo praticato ed è a questo rimborsato sotto forma di credito d'imposta di pari importo, da utilizzare in compensazione. Al credito d'imposta non si applica il limite annuale di 250.000 euro (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007) né il limite all’utilizzo in compensazione pari a 700.000 euro ('articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388). Il comma rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione delle modalità attuative, comprese le modalità per usufruire del credito d'imposta, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione e per il rispetto del limite di spesa previsto. Il comma fissa inoltre il limite di spesa in euro 36,3 milioni per l’anno 2019 e in euro 195,5 milioni per l’anno 2020.

 

Il comma 1-bis, introdotto al Senato, estende al registro dei corrispettivi la deroga già prevista per il registro delle fatture e quello degli acquisti dall'articolo 7, comma 4-quater, del decreto legge n. 357 del 1994. In base a tale deroga, la tenuta di quei registri con sistemi elettronici è, in ogni caso, considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge se, in sede di accesso, ispezione o verifica, gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti e in loro presenza.

 

Si ricorda che l'articolo 7, comma 4-quater, del decreto legge n. 357 del 1994 già prevede che la tenuta dei registri delle fatture e degli acquisti con sistemi elettronici è, in ogni caso, considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge, se in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti ed in loro presenza.

 

Il comma 2 apporta ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 fissandone la decorrenza dal 1° gennaio 2020. In particolare:

a)   dispone l'abrogazione dell’articolo 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015;

Si ricorda che l'ultimo periodo dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015 esclude dall'applicazione della riduzione del termine di decadenza per la notifica degli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti i soggetti che effettuano anche le illustrate operazioni di cui all'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 che non abbiano esercitato l'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica.

 

b)  dispone inoltre le seguenti modificazioni all’articolo 4:

1.  al comma 1 è soppresso il riferimento all'esercizio dell'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi;

2.  al comma 2 si dispone il mantenimento dell'obbligo di tenuta del registro dei ricavi e delle spese di cui all’articolo 18, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, per i soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata. Si stabilisce inoltre che l’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto permane per i soggetti che optano per la tenuta dei registri secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, cioè senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti.

 

Il comma 3 rinvia all'articolo 26 del decreto legge in esame per la definizione delle coperture finanziarie degli oneri derivanti dal presente articolo.


 

Articolo 18
(
Rinvio lotteria dei corrispettivi)

 

 

L’articolo 18 rinvia al 1° gennaio 2020 il termine di decorrenza della lotteria nazionale dei corrispettivi, precedentemente fissato al 1° gennaio 2018. Con le modifiche apportate al Senato sono state introdotte norme che consentono agli enti del terzo settore di effettuare lotterie al fine di finanziare progetti filantropici.

 

Si ricorda che i commi 540-544 della legge 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) prevedono l’istituzione dal 2018 di una lotteria nazionale per i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Al fine di incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori, la probabilità di vincita dei premi è aumentata del 20 per cento, rispetto alle transazioni effettuate mediante denaro contante, per le transazioni effettuate attraverso strumenti che consentano il pagamento con carta di debito e di credito.

 

In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modifiche all’articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016):

a)   il comma 540 viene sostituito in modo da rinviare al 1° gennaio 2020 la decorrenza della lotteria dei corrispettivi precedentemente prevista decorrere dal 1° gennaio 2018. Il comma introduce inoltre la limitazione dell'ambito di applicazione ai soli contribuenti persone fisiche maggiorenni. Rimangono fermi i requisiti previsti dalla formulazione precedente: contribuenti residenti nel territorio dello Stato, che effettuano acquisti di beni o servizi, fuori dall’esercizio di attività di impresa, arte o professione, presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi;

b)  viene abrogato il comma 543, che, nelle more dell'attuazione delle misure di cui al comma 540, disponeva l'attuazione in via sperimentale, a decorrere dal 1° novembre 2017, della lotteria nazionale senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e limitatamente agli acquisti di beni o servizi, fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, effettuati dai contribuenti, persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, mediante strumenti che consentono il pagamento con carta di debito e di credito;

c)   il comma 544 è sostituito. Nella nuova formulazione si rinvia a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, d’intesa con l’Agenzia delle entrate, (anziché a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) la disciplina delle modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria. La nuova formulazione prevede inoltre che il divieto di pubblicità per giochi e scommesse, previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018 non si applichi alla lotteria.

 

Il comma 2, al fine di garantire le risorse finanziarie necessarie per l’attribuzione dei premi e le spese amministrative connesse alla gestione della lotteria, dispone l'istituzione di un Fondo iscritto nello stato di previsione del MEF con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021. Si fa quindi rinvio all'articolo 26 per la definizione delle relative coperture finanziarie.

 

Il comma 2-bis, inserito al Senato, stabilisce che gli enti del terzo settore possano effettuare lotterie finalizzate a sollecitare donazioni di importo non inferiore a euro 500. Le lotterie possono essere organizzate anche con l'intervento degli intermediari finanziari che gestiscono il patrimonio dei soggetti partecipanti. Il ricavato derivante dalle lotterie filantropiche è destinato ad alimentare i fondi dei citati enti per la realizzazione di progetti sociali.

 

Il successivo comma 2-ter, anch’esso introdotto al Senato, demanda ad un decreto - di natura non regolamentare - del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione delle modalità tecniche di realizzazione delle lotterie degli enti del terzo settore, con riferimento, in particolare, alle modalità di estrazione e di controllo. La vincita è costituita unicamente dal diritto di scegliere un progetto sociale, tra quelli da realizzare, cui associare il nome del vincitore, con relativo riconoscimento pubblico.


 

Articolo 19
(
Disposizioni in materia di accisa)

 

 

L’articolo 19 detta i criteri per determinare, attraverso la fissazione di appositi consumi specifici convenzionali, la quantità di prodotto energetico necessaria a produrre una data quantità di elettricità, con l’obiettivo di definire il riferimento giuridico necessario per la tassazione dei combustibili impiegati negli impianti di cogenerazione, al momento rimesso alla normativa secondaria (non emanata).

 

L'articolo 19, comma 1 introduce al punto 11 della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo Unico delle Accise), un prospetto che riporta i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore, valevole ai fini del calcolo della relativa accisa.

 

La determinazione dei quantitativi di combustibile consumato per la produzione combinata di energia elettrica e calore era oggetto di un regime transitorio previsto fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012. Tale regime transitorio prevedeva l'applicazione di consumi specifici individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (ora rinominata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA) con deliberazione n. 16 del 1998, ridotti del 12 per cento.

 

Dal 1° gennaio 2018 avrebbe dovuto trovare applicazione un nuovo regime, con l'individuazione dei coefficienti moltiplicativi di aliquote di accisa, cui assoggettare la produzione combinata di energia elettrica e calore, mediante l'adozione di un apposito decreto da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale adozione non è tuttavia intervenuta.

La relazione illustrativa del Governo specifica che, in fase di predisposizione del decreto, sono emerse forti criticità in relazione agli effetti che sarebbero derivati dalla concreta attuazione del nuovo criterio di tassazione previsto dal citato articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012.

 

Ad esito di tali considerazioni, mediante l'intervento in esame:

§  vengono definiti - al punto 11 della tabella A allegata al Testo Unico delle Accise - i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore (comma 1), rendendo strutturale il richiamato regime transitorio;

§  conseguentemente, si elimina il rinvio alla normativa secondaria per la definizione dei consumi specifici convenzionali; a tal fine viene abrogato l’articolo 3-bis, comma 1, del decreto legge n. 16 del 2012 (comma 2, lettera a));

§  al fine di non interrompere la continuità applicativa tra le nuove norme e quelle previgenti, viene prorogato il regime transitorio di 11 mesi, estendendo la sua vigenza fino al 30 novembre 2018, vale a dire fino all’adozione della tabella introdotta con l’articolo in commento (comma 2, lettera b)).


 

Articolo 20
(
Estensione dell’istituto del gruppo IVA
ai Gruppi Bancari Cooperativi)

 

 

L’articolo 20 disciplina l’istituto del gruppo IVA con riferimento ai gruppi bancari cooperativi. Per effetto delle norme in esame si chiarisce che il vincolo finanziario, la cui esistenza è presupposto per la costituzione del gruppo IVA, si considera sussistente anche tra i partecipanti al gruppo bancario cooperativo.

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che in caso di adesione al regime dell'adempimento collaborativo da parte di uno dei soggetti passivi che abbia costituito il gruppo IVA, il predetto regime si estende obbligatoriamente a tutte le società partecipanti al gruppo.

Inoltre, sono state approvate alcune disposizioni che:

§  esentano dagli obblighi di trasparenza, correttezza e diligenza, nonché  dagli obblighi informativi previsti dal Testo Unico Finanziario i servizi e le attività di investimento prestati dalle banche di credito cooperativo e dagli operatori di finanza etica, purché non superino specifiche soglie;

§  prorogano dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 il termine, disposto dal decreto legge n. 3 del 2015, per l’adeguamento delle banche popolari ai requisiti di attivo richiesti dal Testo Unico Bancario.

 

La disciplina del gruppo IVA

 

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha introdotto nel D.P.R. n. 633 del 1972 il Titolo V-bis che disciplina il gruppo IVA, in recepimento dell’art. 11 della direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea possono considerare come un unico soggetto passivo d’imposta le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

La costituzione del gruppo IVA determina, tra l'altro, le seguenti conseguenze:

§  le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra partecipanti del gruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA;

§  le operazioni effettuate da un soggetto passivo membro del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA;

§  le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA.

Gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA sorgono direttamente in capo al gruppo IVA e sono, rispettivamente, adempiuti ed esercitati dal rappresentante di gruppo.

In questa sede si ricorda inoltre che la costituzione del gruppo IVA presuppone l'esistenza di un vincolo finanziario, costituito da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, che richiede alla controllante di disporre della maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria della società controllata.

 

Il gruppo bancario cooperativo, disciplinato all'articolo 37-bis del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993, TUB), si caratterizza per una struttura peculiare, in cui l'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento sulle banche aderenti non si basa su un vincolo finanziario, in quanto la capogruppo non dispone della maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie delle aderenti, bensì su un vincolo contrattuale. Il contratto di coesione, che disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo sul gruppo, tuttavia, come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, configura una situazione assimilabile al controllo come definito dal codice civile, anche in coerenza con le linee guida della Commissione europea sulle modalità di attuazione del gruppo IVA.

 

Per quanto riguarda la riforma delle banche di credito cooperativo, si rinvia alla relativa documentazione web: si ricorda in questa sede che da ultimo l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2018 ha innalzato da 90 a 180 il numero dei giorni utili per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo; ha fissato la quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti in almeno il 60 per cento e ha disposto che i componenti dell'organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano almeno la metà più due. Ha inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.

 

In considerazione di quanto esposto, il comma 1 integra il D.P.R. n. 633 del 1972 prevedendo che:

§  il vincolo finanziario si considera altresì sussistente tra i soggetti passivi, stabiliti nel territorio dello Stato, partecipanti ad un gruppo bancario cooperativo (nuovo comma 1-bis dell'articolo 70-ter del citato D.P.R.);

§  il rappresentante di gruppo è la società capogruppo (nuovo ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 70-ter).

 

Con le modifiche apportate al Senato è inserita la lettera b-bis) al comma 1 dell’articolo in esame.

Detta lettera integra l'articolo 70-duodecies del D.P.R. n. 633 del 1972, che contiene le disposizioni speciali e di attuazione della disciplina del gruppo IVA, introducendovi un nuovo comma 6-bis per effetto del quale, in caso di adesione al regime dell'adempimento collaborativo (di cui al titolo III del decreto legislativo n. 128 del 2015) da parte di uno dei soggetti passivi che abbia costituito il gruppo IVA esercitando la relativa opzione, il predetto regime si estende obbligatoriamente a tutte le società partecipanti al gruppo. Tale estensione si verifica anche nel caso in cui l'opzione per il gruppo IVA venga esercitata da un soggetto che abbia già aderito al regime.

 

Il regime di adempimento collaborativo è stato istituito con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128. Possono aderirvi i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura fiscale o in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario. Per instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente, che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti, sono stabilite forme di interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. E’ un istituto che prevede l’adesione volontaria del contribuente, qualora sia in possesso di alcuni requisiti soggettivi ed oggettivi: aderendo a tale regime il contribuente accede a specifiche misure premiali, tra cui una procedura abbreviata di interpello preventivo, l’applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo edittale, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell’accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente, laddove l'Agenzia delle entrate non condivida la posizione dell’impresa; gli aderenti all’adempimento collaborativo sono inoltre esonerati dal presentare garanzie per i rimborsi delle imposte dirette ed indirette per tutto il periodo di permanenza nel regime. Si veda la scheda dell’Agenzia delle Entrate per ulteriori informazioni.

 

Inoltre, nelle more del perfezionamento del procedimento di adesione al regime da parte di tutti i partecipanti al Gruppo IVA, l'esclusione del regime dell’adempimento collaborativo per la perdita dei requisiti di legge o per l’inosservanza dei relativi adempimenti (articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 128 del 2015) non può essere dichiarata per cause connesse all'estensione ai soggetti appartenenti al gruppo IVA.

 

Il comma 2 dell'articolo 20 stabilisce che, per l'anno 2019, la dichiarazione per la costituzione del gruppo IVA da parte dei partecipanti ad un Gruppo Bancario Cooperativo, ha effetto se presentata entro il 31 dicembre 2018 e se a tale data sussistono i vincoli finanziario, economico e organizzativo richiesti dalla legge (articolo 70-ter del D.P.R. n. 633 del 1972). Il vincolo finanziario sussiste se al 31 dicembre 2018 è stato sottoscritto il contratto di coesione.

 

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la dichiarazione per la costituzione del Gruppo IVA ha effetto dal 1° luglio 2019, se presentata da parte dei partecipanti ad un gruppo bancario cooperativo, previa sottoscrizione del contratto di coesione, successivamente al 31 dicembre 2018 ed entro il 30 aprile 2019.

 

Nel corso dell'esame al Senato sono state approvate modifiche che incidono sulla disciplina delle banche popolari, prorogando (nuovo comma 2-bis) dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019  il termine previsto dal decreto legge n. 3 del 2015 (articolo 1, comma 2) per l’adeguamento ai requisiti di attivo delle banche popolari stabilito dall'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario - TUB).

Secondo l'articolo 29 del TUB, l’attivo di una banca popolare non può superare la soglia di 8 miliardi di euro e, trascorso un anno dal superamento di tale limite, ove lo stesso non sia stato ridotto al di sotto della soglia né sia stata deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, vengono previsti rilevanti poteri di intervento da parte dell'autorità di vigilanza, che può proporre la revoca dell'autorizzazione e la liquidazione coatta amministrativa della banca.

 

Il termine era stato già oggetto di proroga, per effetto dell'articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 91 del 2018 che al termine di adeguamento precedentemente indicato (18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia il 9 giugno 2015, ai sensi dell'articolo 29 del TUB) aveva sostituito la data del 31 dicembre 2018. L'emendamento 20.7 (testo 2) propone una ulteriore proroga, sostituendo la vigente data del 31 dicembre 2018 con quella del 31 dicembre 2019.

Sul punto si ricorda che il decorso della riforma è stato sospeso, con effetti erga omnes, dal Consiglio di Stato con decreto 15 dicembre 2016, n. 5571, confermato con ordinanza 13 gennaio 2017, n. 111, fino alla pubblicazione dell’ordinanza di Sezione che concluderà la seconda fase dell’incidente cautelare all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione ad essa rimessa.

La trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi è stata attuata da otto delle dieci banche interessate dalla riforma del 2015. Per le due rimanenti (Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari) il termine per la trasformazione è stato sospeso, in attesa delle decisioni della Corte costituzionale in ordine a una questione sollevata dal Consiglio di Stato.

In particolare, con ordinanza del 15 dicembre 2016, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad alcune prescrizioni della riforma delle banche popolari, tra cui la facoltà concessa alle banche, su autorizzazione della Banca d’Italia anche in deroga alle norme del codice civile, di limitare il rimborso degli strumenti di capitale al socio che ha esercitato il recesso, alle condizioni di legge.

La questione è stata rimessa dunque alla Corte Costituzionale che con sentenza n. 99 del 21 marzo 2018 si è pronunciata sulle predette questioni di costituzionalità ritenendole infondate e confermando la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza per il decreto legge. Inoltre, la Consulta ha affermato che la normativa impugnata la quale, in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali, prevede la possibilità per le banche di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio, non lede il diritto di proprietà. Ha affermato infine che, quanto ai poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, essi rientrano nei limiti di quanto consentito dalla Costituzione. La riforma era stata già sottoposta all'attenzione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 287 del 2016, aveva dichiarato manifestamente inammissibili e non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale riferite alla riforma delle banche popolari. Nonostante la pronuncia della Consulta la VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza del 18 ottobre 2018, ha ritenuto necessario disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, con particolare riferimento alle norme che impongono la soglia di attivo al di sopra della quale la banca popolare è obbligata a trasformarsi in società per azioni (fissando tale limite in 8 miliardi di euro) e consentono alla banca di differire o limitare, anche per un tempo indeterminato, il rimborso delle azioni del socio recedente.

 

Nel corso dell'esame al Senato è stato introdotto il comma 2-ter; esso incide sulla prestazione dei servizi di investimento, con riferimento alle azioni emesse da banche di credito cooperativo e da banche qualificate come operatori di finanza etica e sostenibile ai sensi dell'articolo 111-bis del TUB.

Per l'offerta e la consulenza aventi a oggetti tali tipologie di strumenti finanziari, l'emendamento prevede che non siano applicati gli articoli 21, 23, e 24-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza, TUF). Tale disapplicazione viene tuttavia limitata ai casi in cui la sottoscrizione o l'acquisto risulti di valore nominale non superiore a 1.000 euro o, se superiore, rappresenti la quota minima stabilita nello statuto della banca per diventare socio purché la stessa non ecceda il valore nominale di 2.500 euro, tenendo conto, ai fini dei limiti suddetti, delle operazioni effettuate nei 24 mesi precedenti.

L'articolo 21 del TUF detta i criteri generali relativi allo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, a tutela degli investitori, imponendo ai soggetti abilitati al loro esercizio debbano, tra l'altro, di:

§  comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;

§  acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

§  utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;

§  disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività;

§  identificare e gestire i conflitti di interesse e, ove le disposizioni adottate non sino sufficienti ad assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, informarli chiaramente, prima di agire per loro conto, sui medesimi conflitti;

§  realizzare strumenti finanziari per la vendita facendo sì che essi soddisfino le esigenze di un determinato mercato di riferimento (cosiddetta product governance);

§  conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandati e valutarne la compatibilità con le esigenze della clientela.

 

L'articolo 23 del TUF è volto a tutelare i clienti dei soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento prevedendo, in particolare, che i relativi contratti siano redatti per iscritto a pena di nullità (che può essere fatta valere solo dal cliente), in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE (cosiddetta MiFID 2), e che un esemplare sia consegnato ai clienti. Il comma 6, inoltre, stabilisce che nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta (inversione dell'onere della prova).

 

L'articolo 24-bis del TUF detta disposizioni specifiche relative alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti prevedendo, al comma 1, una serie di obblighi di informazione rafforzati rispetto agli altri servizi di investimento. In particolare, è previsto che le banche e gli altri soggetti abilitati informino i clienti, anche di quanto segue:

§  se la consulenza è fornita su base indipendente o meno (il comma 2 dell'articolo 24-bis chiarisce poi quali sono le regole che permettono di qualificare la consulenza su base indipendente);

§  se la consulenza è basata su un’analisi del mercato ampia o più ristretta delle varie tipologie di strumenti finanziari, e in particolare se la gamma è limitata agli strumenti finanziari emessi o forniti da entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o altro stretto rapporto legale o economico, come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di compromettere l’indipendenza della consulenza prestata;

§  se verrà fornita ai clienti la valutazione periodica dell’adeguatezza degli strumenti finanziari raccomandati.

 

Le richiamate norme del TUF derivano dal recepimento della direttiva 2007/39/UE (cosiddetta MiFID 1), per effetto dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 164 del 2007, e sono state successivamente modificate e integrate per garantire il recepimento della direttiva 2014/65/UE (cosiddetta MiFID 2), da cui derivano anche un regolamento (n. 600 del 2014, cosiddetto MiFIR) e numerosi atti delegati di natura tecnica direttamente applicabili.

La direttiva MiFID 2 prevede, all'articolo 3, che gli Stati membri abbiano la facoltà di non applicare le relative disposizioni a specifiche categorie di soggetti, purché gli stessi non siano autorizzati a prestare servizi di investimento, fatta eccezione per la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d’investimento collettivo e/o attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari.

 

Si segnala che tra le esenzioni facoltative consentite dall’articolo 3 della direttiva non rientrano - in quanto tali - né le banche di credito cooperativo né le banche qualificate come operatori di finanza etica e sostenibile. Inoltre, la modifica approvata sembra consentire la disapplicazione della suddetta disciplina, relativa agli obblighi di trasparenza, correttezza e diligenza, a specifici servizi o attività di investimento e non, come previsto dalla direttiva, a specifici soggetti; la direttiva non prevede tra l’altro soglie quantitative di esenzione.


 

Articolo 20-bis
(
Sistemi di tutela istituzionale)

 

 

Il nuovo articolo 20-bis, introdotto al Senato, modifica la disciplina delle banche di credito cooperativo costituite nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, consentendo loro di costituire, in alternativa al gruppo bancario cooperativo previsto dal Testo Unico Bancario, un sistema di tutela istituzionale, vale a dire un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge, stipulato da un gruppo di banche, che tutela gli enti partecipanti e soprattutto ne garantisce la liquidità e la solvibilità.

 

In particolare, con il comma 1, lettera b), viene aggiunto un nuovo periodo alla fine dell’articolo 37-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) che reca la disciplina della creazione dei gruppi bancari cooperativi nelle Province Autonome di Trento e Bolzano

Il richiamato comma 1-bis dispone che le banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle province autonome di Trento e di Bolzano possono rispettivamente costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima provincia autonoma e che comunque non abbiano più di due sportelli siti in province limitrofe, tra cui la corrispondente banca capogruppo, la quale adotta la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata (di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a)). Il requisito minimo di patrimonio netto è stabilito dalla Banca d’Italia.

Per effetto delle modifiche in esame si concede alle banche cooperative costituite a Trento e Bolzano la facoltà di adottare, in alternativa alla costituzione del gruppo bancario cooperativo, sistemi di tutela istituzionale, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 113, paragrafo 7 del Regolamento (UE) n. 575 del 2013 (Capital Requirements Regulation, CRR).

 

Secondo la definizione fornita nel citato regolamento sui requisiti patrimoniali, un sistema di tutela istituzionale (institutional protection schemes, IPS) è un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge, stipulato da un gruppo di banche, che tutela gli enti partecipanti e soprattutto ne garantisce la liquidità e la solvibilità. Il riconoscimento di un IPS comporta che alcuni requisiti prudenziali previsti per le singole banche non si applichino agli enti che sono membri dell’IPS, secondo modalità analoghe a quelle adottate nel trattamento dei soggetti appartenenti a un gruppo bancario consolidato. Tale trattamento può giustificarsi soltanto se sono soddisfatti i requisiti elencati dall'articolo 13, paragrafo 7, del CRR, ad esempio riguardo alla capacità dell’IPS di fornire supporto ai membri in situazione di difficoltà.

 

Ai sensi del predetto comma 1, le norme in parola sono esplicitamente volte ad accrescere la solidità delle banche credito cooperativo, preservando l'autonomia gestionale e giuridica dei singoli enti creditizi.

 

Le modifiche del comma 1, lettera a), aggiungono un periodo all'articolo 33, comma 1-bis, TUB, per effetto del quale l'adesione a un gruppo bancario cooperativo è condizione per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo. Con finalità di coordinamento viene aggiunto a tale comma un ultimo periodo che fa salvo quanto previsto all'articolo 37-bis, comma 1-bis, come modificato dalle norme in esame.


 

Articolo 20-ter
(Disposizioni in materia di vigilanza cooperativa)

 

 

L’articolo 20-ter, introdotto al Senato, estende la vigilanza dell'autorità governativa anche alle società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi.

 

In particolare, l'articolo 20-bis, comma 1, lettera a), modifica la rubrica dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 220 del 2002, in materia di vigilanza, estendendone il riferimento anche alle società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi.

 

Inoltre la lettera b) aggiunge al comma 1 del medesimo articolo 18 del d.lgs. n. 220 del 2002 una disposizione ai sensi della quale l'autorità governativa assoggetta a controlli anche le società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi, di cui all'articolo 37-bis del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385.

Tali controlli devono essere finalizzati a verificare che l'esercizio del ruolo e delle funzioni di capogruppo risulti coerente con le finalità mutualistiche delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo.

In caso di difformità, Banca d'Italia, su segnalazione dell'autorità governativa, potrà assumere adeguati provvedimenti di vigilanza. L'articolo rinvia quindi a un decreto, da adottare entro il 31 marzo 2019, del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentita Banca d'Italia, per l'emanazione di disposizioni per l'attuazione del presente articolo in cui siano definite modalità, soggetti abilitati e modelli di verbale.


 

Articolo 20-quater
(
Sospensione temporanea delle minusvalenze
nei titoli non durevoli)

 

 

L’articolo 20-quater, introdotto al Senato, consente - temporaneamente - ai soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali di valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, in luogo del valore di mercato.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che, nel solo esercizio in corso al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame), i predetti soggetti possano valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato, anziché al valore desumibile dall'andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole.

La norma affida a un decreto del MEF il compito di estendere tale misura agli esercizi successivi, in relazione all'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari.

 

Si ricorda al riguardo che la normativa europea (articolo 4 del regolamento UE 1606/2002) dispone che le società quotate applichino i principi contabili internazionali. In particolare, la norma comunitaria dispone che le società soggette al diritto di uno Stato membro redigano i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro.

Viene fatta salva la possibilità (successivo articolo 5) che gli Stati membri estendano l'applicazione di detti principi anche ad altre società, benché non quotati. L’Italia (articolo 2 del D. Lgs. n. 38 del 2005) ha esercitato detta opzione scegliendo di applicare i principi contabili internazionali alle scritture di una platea più ampia delle sole società quotate.

Ai sensi del richiamato D.Lgs. n. 38 del 2005 tra i soggetti obbligati alla redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali vi sono, oltre alle società quotate (cioè che emettono strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell'Unione europea):

§  le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, sebbene non quotati in mercati regolamentati;

§  le banche, le società finanziarie italiane e le società di partecipazione finanziaria mista italiane che controllano banche o gruppi bancari; le SIM, le SGR, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;

§  le società consolidate da quelle per le quali vige l'obbligo di adozione dei principi contabili, fatta eccezione per le società minori che possono redigere il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell'art. 2435-bis del codice civile.

Con specifico riferimento alle imprese di assicurazione, l’applicazione dei principi contabili internazionali è esclusa per la redazione del bilancio d’esercizio individuale delle società non quotate, che continuano a redigere il predetto documento secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173 sui conti annuali e consolidati delle imprese assicurative ed ai relativi provvedimenti secondari, nonché secondo quanto disposto dal Codice delle Assicurazioni Private (D.Lgs. n. 209 del 2005).

I principi contabili internazionali IAS/IFRS sono adottati nel bilancio di esercizio delle imprese di assicurazioni quotate su mercati regolamentati, le quali non redigono il bilancio consolidato, nonché  nel bilancio consolidato del gruppo assicurativo (articolo 95 codice della assicurazioni private, D:Lgs. 209 del 2005). Ad essi si applica anche il relativo provvedimento IVASS (ex ISVAP) n. 3 del 13 luglio 2007, come successivamente modificato nel tempo.

 

Di conseguenza l’ambito applicativo della norma in esame riguarda tutte le società escluse dall’applicazione obbligatoria dei principi internazionali, ivi comprese le imprese assicurative che redigono il bilancio individuale e non sono quotate su mercati regolamentate.

 

Per le imprese di assicurazione e di riassicurazione che non utilizzano i principi contabili internazionali, ove abbiano sede legale nel territorio della Repubblica, il comma 2 prevede che le modalità attuative delle disposizioni introdotte siano stabilite dall'IVASS con regolamento.

Alle imprese di assicurazione e di riassicurazione che si avvalgono del criterio di valutazione consentito dal comma 1, il comma 3 impone di destinare a riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla differenza tra i valori di iscrizione in bilancio e i valori di mercato, al netto del relativo onere fiscale.

In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della citata differenza, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili o, in mancanza, mediante utili degli esercizi successivi.


 

Articolo 20-quinquies
(
Polizze e depositi dormienti)

 

 

L’articolo 20-quinquies, introdotto al Senato, reca disposizioni per la ricognizione e l’attivazione delle polizze e dei depositi dormienti, ponendo a carico degli intermediari i relativi adempimenti e introducendo sanzioni amministrative per la mancata ottemperanza agli stessi.

 

La norma introdotta appare connessa con quanto rilevato da Salvatore Rossi, presidente dell’IVASS, nelle considerazioni svolte in occasione della presentazione della  Relazione annuale dell’Istituto sull’anno 2017.

Il Presidente ha rilevato come l’IVASS negli ultimi due anni sia stato impegnato sul fronte delle polizze vita “dormienti”, ovvero polizze “entrate in una specie di limbo dopo la morte del sottoscrittore”, o perché questa non è nota alla compagnia assicurativa o perché i beneficiari stessi della polizza non sanno di essere tali, ovvero polizze che gli assicurati trascurano di riscuotere alla scadenza e che le compagnie lasciano impropriamente pendenti.

Più in dettaglio la Relazione riferisce che dall’indagine su un campione di polizze, pubblicata ad agosto 2017, è emerso un esteso fenomeno di polizze potenzialmente dormienti (circa 4 milioni) per le quali le imprese hanno dichiarato di non essere in grado di accertare il decesso o l’esistenza in vita dell’assicurato. Dall’indagine è inoltre emerso l’ampio utilizzo della designazione dei beneficiari con formule generiche (ad es. eredi legittimi, figli nati e nascituri) e carenze nelle informazioni raccolte per poterli contattare.

A seguito della richiesta di IVASS di procedere a verifiche più approfondite sui 4 milioni di polizze, al 31 maggio 2018 ne sono state “risvegliate” 187.493 per un totale di 3.535 milioni di euro, già pagate o in corso di pagamento ai legittimi beneficiari. Di queste, 71.437 polizze (38%) sono risultate da pagare per decesso dell’assicurato, per un ammontare di 1.970 milioni di euro e 116.056 (62%) per intervenuta scadenza, per un importo di 1.566 milioni di euro.

L’Istituto sottolinea come il numero elevato di polizze giunte a scadenza e non riscosse da assicurati ancora in vita evidenzi quanto sia concreto il rischio che gli stessi assicurati possano, per la ragioni più varie, trascurare la riscossione delle somme dovute. In questi casi, essendo nota alle imprese la data di scadenza della polizza e il sorgere dell’obbligo al pagamento, reputa necessario che le imprese si attivino autonomamente e velocemente di fronte alla mancata richiesta di pagamento da parte dell’avente diritto, cercando un contatto diretto.

Per altri 3 milioni di polizze potenzialmente dormienti le imprese hanno invece accertato la correttezza dello status della polizza, riscontrando, tra l’altro, casi di decessi avvenuti fuori dalla vigenza contrattuale e di storni della polizza per mancato pagamento delle annualità minime.

Dunque l’istituto ha reso noto che rimangono circa 900 mila polizze da indagare ulteriormente.

Le verifiche condotte sono state rese possibili anche grazie alla collaborazione tra IVASS e Agenzia delle Entrate, che ha consentito di incrociare i codici fiscali degli assicurati con i dati dei decessi nell’Anagrafe Tributaria e di restituire tali informazioni alle imprese.

Per cercare soluzioni più strutturali al fenomeno delle polizze dormienti, l’IVASS ha chiesto alle imprese, con lettera al mercato del 29 dicembre 201781, di definire entro il 1° aprile 2018 un piano d’azione da attuarsi entro settembre 2018, con opportune iniziative per verificare periodicamente i decessi degli assicurati e rintracciare i beneficiari. Nella lettera, per orientare le imprese e i loro intermediari a migliorare i processi sono state indicate possibili linee di azione e best practices.

Dall’esame dei primi piani sono emerse significative necessità di rafforzamento delle azioni, che sono state portate all’attenzione dei consigli di amministrazione delle imprese.

Si segnala infine che l’IVASS ha messo a disposizione sul sito un’area informativa sulle polizze vita dormienti, con consigli da seguire in sede di designazione dei beneficiari nella stipulazione di una polizza di assicurazione sulla vita e per verificare se un familiare deceduto ha sottoscritto tali polizze. Tutte le imprese hanno inoltre reso disponibile sul sito, dal 1° aprile 2018, un punto di contatto per le richieste di informazione dei possibili beneficiari sulla esistenza di polizze vita a loro favore.

 

Le norme in esame introducono i commi da 1-bis a 1-sexies nell’articolo 3 del D.P.R. n. 116 del 2007 (regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di depositi dormienti), norma che disciplina gli obblighi degli intermediari in materia di conti, polizze e depositi dormienti.

In particolare, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 3 prevede che le imprese di assicurazione operanti in Italia (di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), punto 3, del medesimo regolamento del 2007) sono tenute a verificare, entro il 31 dicembre di ciascun anno, tramite un servizio di cooperazione informatica con l'Agenzia delle entrate ed esclusivamente per i dati strettamente necessari, l'esistenza in vita degli assicurati delle polizze vita, contro gli infortuni e titolari di prodotti di investimento assicurativi (come definiti dall'articolo 1, comma 1, lettera ss-bis), del codice delle assicurazioni private, decreto legislativo 7 settembre 2005, n 209).

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, lettera ss-bis) del richiamato codice delle assicurazioni private rinvia, per la definizione di “prodotti di investimento assicurativi” alla relativa individuazione da parte dell'articolo 4, paragrafo 1, numero 2), del regolamento (UE) n. 1286/2014 (cd. regolamento PRIIPS, relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati), e cioè i prodotti assicurativi che presentano una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato.

La definizione, per espressa previsione del Codice, non include:

1.   i prodotti assicurativi non vita elencati all'allegato I della direttiva 2009/138/CE (Rami dell'assicurazione non vita);

2.   i contratti assicurativi vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità;

3.   i prodotti pensionistici che, ai sensi del diritto nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo precipuo di offrire all'investitore un reddito durante la pensione e che consentono all'investitore di godere di determinati vantaggi;

4.   i regimi pensionistici aziendali o professionali ufficialmente riconosciuti che rientrano nell'ambito di applicazione delle relative direttive UE;

5.   i singoli prodotti pensionistici per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro e nei quali il lavoratore o il datore di lavoro non può scegliere il fornitore o il prodotto pensionistico.

 

Una volta effettuata la verifica, nel caso di corrispondenza tra il codice fiscale dell'assicurato e della persona deceduta, l'impresa di assicurazione attiva la procedura per la corresponsione della somma assicurata al beneficiario, inclusa la ricerca del beneficiario ove non sia espressamente indicato in polizza.

Le imprese di assicurazione riferiscono all'IVASS entro il 31 marzo dell'anno successivo sui pagamenti effettuati ai beneficiari.

 

Il nuovo comma 1-ter pone specifici obblighi di attivazione in capo agli intermediari diversi dalle imprese di assicurazione.

Destinatari degli obblighi sono gli intermediari individuati dall’articolo 1, comma 1, lettera a), punti 1,2,4,5,6 del richiamato regolamento del 2007 e, in particolare:

§  le banche italiane e le succursali in Italia di banche comunitarie ed extracomunitarie;

§  gli intermediari finanziari;

§   le società di intermediazione mobiliare e le succursali in Italia di imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie;

§  le società di gestione del risparmio e le succursali in Italia delle società di gestione armonizzate;

§  la società Poste italiane - Divisione Bancoposta.

 

Le norme introdotte sono di tenore simile a quelle del comma 1-bis: i menzionati intermediari sono tenuti a verificare, entro il 31 dicembre di ciascun anno, tramite servizio di cooperazione informatica con l'Agenzia delle entrate ed esclusivamente per i dati strettamente necessari, l'esistenza in vita dei titolari dei rapporti contrattuali “dormienti” (depositi di somme di denaro, di strumenti finanziari e contratti di assicurazione; articolo 2 del decreto n. 116 del 2007).

In caso di corrispondenza tra il codice fiscale del titolare del rapporto contrattuale e la persona deceduta, l'intermediario invia al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all'ultimo indirizzo di residenza o di domicilio comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati, l'invito ad impartire disposizioni da parte di possibili legittimi eredi.

 

Il comma 1-quater affida all’IVASS e alla Banca d'Italia, per quanto di competenza, il compito di riscontrare periodicamente che le imprese di assicurazione e gli intermediari intestatari dei suesposti obblighi abbiano effettuato le relative. A tal fine possono essere attivate opportune modalità di cooperazione, anche informatica, tra le predette autorità e l'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 1-quinquies dispone che, a seguito del completamento dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) (di cui all'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82), le imprese di assicurazione italiane, al fine di verificare l'intervenuto decesso degli assicurati di polizze vita e procedere al pagamento a favore dei beneficiari, accedono gratuitamente alla ANPR e la consultano obbligatoriamente almeno una volta all'anno.

 

Infine il comma 1-sexies individua le sanzioni per la mancata ottemperanza agli obblighi introdotti con le norme in esame.

 

In particolare, la violazione da parte delle assicurazioni delle norme in tema di polizze dormienti (di cui al comma 1-bis) viene punita con le sanzioni previste dal Titolo XVIII, Capo II, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n 209, dedicato alle sanzioni amministrative pecuniarie ed altre misure per violazioni non riguardanti la distribuzione assicurativa.

Si osserva che il riferimento all’intero capo II appare generico: le norme ivi contenute disciplinano diverse misure sanzionatorie, ciascuna connessa ad una o più violazioni. Non sembra dunque possibile individuare univocamente le misure applicabili nel caso di violazione degli obblighi di cui al comma 1-bis.

 

Con riferimento agli obblighi degli intermediari sui depositi dormienti (di cui al nuovo comma 1-ter), le norme in commento dispone che la violazione degli stessi sia sanzionata dalla Banca d'Italia in base agli articoli 144, comma 1, 144-bis, 144-ter, 144-quater e 145 del Testo Unico Bancario (decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385) e  all'articolo 195 del Testo Unico Finanziario (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58).

 

Il richiamato articolo 144, al comma 1 dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 euro fino al 10 per cento del fatturato nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, delle rispettive capogruppo e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti. Nei confronti degli istituti di pagamento e degli istituti di moneta elettronica e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti, fino al massimale di 5 milioni di euro ovvero fino al 10 per cento del fatturato, quando tale importo è superiore a 5 milioni e il fatturato è disponibile e determinabile.

L’articolo 144-bis riguarda le violazioni connotate da scarsa offensività o pericolosità, per cui l’autorità può ordinare in alternativa alla sanzione di porre termine alle violazioni; l’articolo 144-ter disciplina le altre sanzioni amministrative agli esponenti o al personale, applicabili nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, nonché del personale, quando l'inosservanza è conseguenza della violazione di doveri propri o dell'organo di appartenenza e ricorrono una o più condizioni specificate dalla legge. L’articolo 144-quater individua i Criteri per la determinazione delle sanzioni e l’articolo 145 individua la procedura sanzionatoria.


 

Articolo 21
(
Ferrovie dello Stato)

 

 

L’articolo 21 autorizza il trasferimento di risorse a Rete ferroviaria italiana per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa e del contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) S.p.A.

 

In particolare è autorizzata la spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 (comma 1) e di 600 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte investimenti 2017 - 2021.

I rapporti tra concessionario della rete (RFI S.p.A.) e concedente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sono regolati da uno o più contratti di programma, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015.  I contratti di programma sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sono sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare da rendersi entro 30 giorni dalla presentazione. Tali pareri erano originariamente resi dalle Camere sia sul testo dei contratti di programma che dei relativi aggiornamenti. Il decreto-legge n. 148 del 2017 (art. 15, comma 1-bis) ha però limitato il parere parlamentare ai contratti di programma e ai soli aggiornamenti che contengano modifiche sostanziali. Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento.

Il Contratto di programma - parte servizi è lo strumento che disciplina il finanziamento delle attività di manutenzione, straordinaria e ordinaria della Rete ferroviaria nazionale e delle attività di Safety, Security e Navigazione ferroviaria.

Con riferimento alla parte servizi il vigente contratto di programma (2016-2021) è stato oggetto dell’esame parlamentare nella XVII legislatura. Nel citato documento, nell’ambito del prospetto delle fonti e degli impieghi delle risorse per competenza, si segnalava per l’anno 2018 un fabbisogno di 43 milioni di euro sostanzialmente coperto dal contributo assegnato attraverso la disposizione all’esame.

 

Con riferimento alla parte investimenti lo schema di contratto di programma 2017-2021, parte investimenti, tra Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato esaminato dalle Commissioni parlamentari che hanno espresso il proprio parere rispettivamente nella giornata del 24 ottobre 2018 (Senato) e del 25 ottobre 2018 (Camera dei deputati).

Il contratto di programma, parte investimenti è finalizzato a regolare la programmazione degli investimenti di sviluppo e potenziamento della rete ferroviaria, nonché gli interventi relativi alla sicurezza della rete e all'adeguamento della stessa agli obblighi di legge, in coerenza con gli indirizzi strategici della programmazione economico-finanziaria nazionale e comunitaria.

Si ricorda peraltro che il disegno di legge di bilancio per il 2019, prevede per l’anno 2019 una riduzione dei contributi in conto impianti per rete ferroviaria italiana pari a 600 milioni di euro sul (cap. 7122/2).

Lo schema di contratto di programma, parte investimenti prevede nuovi finanziamenti contrattualizzati, per un importo pari a 13.925 milioni di euro, cui vanno sottratti definanziamenti per 666 milioni di euro. Pertanto si registra un saldo incrementale nel contratto pari a circa 13.259 milioni di euro.

Per approfondimenti sui contenuti e sulla struttura del contratto di programma si rinvia al relativo dossier di documentazione.

 

Il comma 3 disciplina la copertura finanziaria, stabilendo che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 26 (alla cui scheda di lettura si rimanda).


 

Articolo 21-bis
(Criteri di riparto del Fondo per il trasporto pubblico locale)

 

 

L'articolo 21-bis , introdotto nel corso dell’esame al Senato, differisce al 2021 la riduzione dei trasferimenti delle risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, nel caso di mancato affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale attraverso procedure di evidenza pubblica, prevedendo altresì che la riduzione non si applichi ai contratti di servizio affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 e alle disposizioni normative nazionali vigenti.

 

A tale scopo la disposizione novella il secondo periodo della lettera d) del comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 (convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 2017).

 

Il comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 detta i criteri per il riparto del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale. La disposizione prevede che, a decorrere dal 2018, il riparto del Fondo sia effettuato, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata. Il comma 2 esplicita, inoltre, i criteri per il riparto del Fondo.

Tra questi, la lett. d) prevede una penalizzazione in termini di riduzione delle risorse - in sede di ripartizione delle risorse fra le regioni - nei casi in cui, entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riparto, i servizi di trasporto pubblico locale e regionale non siano affidati con procedure di evidenza pubblica ovvero non risulti pubblicato alla medesima data il bando di gara. La medesima decurtazione è contemplata qualora siano bandite gare non conformi alle misure adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti, qualora bandite successivamente all’adozione delle predette misure.

Il secondo periodo della lettera d), novellato dalle norme in commento, prevede che tale disposizione non si applichi ai contratti vigenti al 30 settembre 2017 (per tutto il periodo della loro vigenza), a condizione che siano affidati in conformità alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia), nonché per i servizi ferroviari regionali, nel caso di avvenuta pubblicazione, entro il 2 dicembre 2018, dell’avviso ai sensi dell'art. 7, co. 2, del medesimo Regolamento (CE).

In conseguenza della novella la riduzione si applica, nei casi previsti dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 27 del decreto-legge n. 50 a decorrere dall'anno 2021 e si esclude in ogni caso tale riduzione per i contratti di servizio affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 e alle disposizioni normative nazionali vigenti.

 

Si rileva che l’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 109 del 2018, convertito, con modificazioni dalla legge n. 130 del 2018, ha previsto che “per la Regione Liguria, il termine del 30 settembre 2017, di cui all'articolo 27, comma 2, lettera d), del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, è differito al 31 dicembre 2019”.

Quest’ultima norma faceva riferimento alle disposizioni modificate dal presente intervento con l’intendimento di assicurare alla regione Liguria termini più ampi rispetto a quelli previsti in via generale per l’effettuazione delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale.

La nuova previsione prevede tuttavia un termine ancora più ampio per ottemperare agli obblighi di cui al comma 2, lettera d) dell’articolo 27 del decreto-legge n. 50, e comunque successivo a quello individuato dal citato articolo 5, comma 4.

Alla luce di ciò andrebbe valutata l’opportunità di coordinare quanto indicato dall’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 109 del 2018 con quanto previsto dalla norma in commento.

 

Per un approfondimento delle disposizioni concernenti l’affidamento dei contratti di servizio previste dal regolamento (CE) n. 1370/2007 e dalle disposizioni normative nazionali vigenti si rinvia all’apposito tema.


 

Articolo 21-ter
(Concessioni autostradali di cui all'art. 13-
bis del D.L. 148/2017)

 

 

L’articolo 21-ter, approvato al Senato, introduce puntualmente il termine “concessionari” per definire il ruolo delle Regioni e degli enti locali nella stipula con il Ministero delle infrastrutture delle convenzioni di concessione per le infrastrutture autostradali A22 Brennero-Modena e A4 Venezia-Trieste, A28 Portogruaro-Pordenone e per il raccordo Villesse Gorizia.

 

L’articolo 21-ter modifica il comma 1, lettera b) dell'art. 13-bis del D.L. 148/2017 che disciplina una delle modalità per assicurare il coordinamento tra i soggetti istituzionali che hanno stipulato i protocolli di intesa del 14 gennaio 2016 riguardanti le infrastrutture autostradali A22 Brennero-Modena e A4 Venezia-Trieste, A28 Portogruaro-Pordenone e il raccordo Villesse Gorizia.

In data 14 gennaio 2016 sono stati sottoscritti due Protocolli di intesa tra il Ministro  delle infrastrutture e dei trasporti ed i rappresentanti delle Amministrazioni dei  territori attraversati dalla tratta autostradale A22 Brennero-Modena, attualmente  gestita dalla Società Autostrada del Brennero S.p.A., la cui concessione è scaduta il  30 aprile 2014, e dalla tratta autostradale A4 Venezia-Trieste, attualmente gestita dalla Società Autovie Venete S.p.A., la cui concessione è scaduta il 31 marzo 2017. 

 

Nello specifico, l'art. 13-bis, comma 1, del D.L. 148/2017 prevede che:

§  le funzioni di concedente sono svolte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (lettera a);

§  la convenzione di concessione, di durata trentennale, è stipulata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con le Regioni e gli Enti locali che hanno sottoscritto il Protocollo di intesa del 14 gennaio 2016, che potranno anche avvalersi di società in house, esistenti o appositamente costituite, nel cui capitale non figurino privati (lettera b).

 

Con la modifica introdotta dall’articolo  21-ter in esame viene esplicitato  che le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle convenzioni previste dai citati protocolli del 14 gennaio 2016, rivestono il ruolo di soggetti concessionari e, come previsto, potranno anche avvalersi di società in house, esistenti o appositamente costituite.

In tale modo, tra il Ministero delle infrastrutture (MIT) e le Regioni e gli Enti locali si definisce chiaramente un rapporto di concessione, in cui il MIT è il soggetto concedente e le Regioni e gli Enti locali i soggetti concessionari.

Su tale questione si è pronunciato anche il Consiglio di Stato, nel parere n. 1645 del 26 giugno 2018, il quale, in merito all’interpretazione dell’articolo 13-bis del D.L. 148/2017 ha statuito  che: “ … non vi è dubbio che le ‘convenzioni di concessioni’ (precedute dai protocolli dai intesa del 14 gennaio  2016) tra il Ministero e gli enti territoriali richiamino l’istituto dell’accordo, ex art. 15 L.. 241/90, e vedono contrapposti, da un lato, il Ministero nella qualità di ente concedente e, dall’altro lato, le regioni e gli altri enti pubblici nella veste di soggetto concessionario […] con la semplice possibilità per questi ultimi di utilizzare  una ‘società in house’ […] per gestire la concessione senza che però quest’ultima divenga sub-concessionaria”.

Il parere del Consiglio di Stato fa riferimento inoltre all’applicazione dell’articolo 192 del Codice dei contratti pubblici (che regola il regime speciale degli affidamenti in house), nel caso in cui il consorzio concessionario intenda avvalersi della facoltà, prevista dal citato articolo 13-bis, comma 1, lettera b), di costituire una propria società in house, quale società strumentale del medesimo consorzio per la gestione della convenzione. A tal proposito il Consiglio di Stato sottolinea che “il  rapporto di concessione intercorre (…) tra il Ministero – che dalla legge viene  definito “concedente” – e gli enti territoriali concessionari, mentre la società in house, costituita o costituenda, non viene in rilievo quale ‘affidataria diretta’ né da parte del Ministero né da parte delle Regioni e degli Enti locali concessionari”  e che “[l]a facoltà per gli enti territoriali di avvalersi della società c.d. in house (…) ha lo scopo di risolvere i problemi di tipo organizzativo, legati alla gestione della concessione, che gravano sugli enti territoriali concessionari”.

 

In tale ambito rileva inoltre quanto previsto dall’art. 13-bis, comma 4, del D.L. n. 148/2017 che prevede che gli atti convenzionali di concessione sono stipulati, previa acquisizione del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti sullo schema di convenzione, dopo l’approvazione del CIPE e comunque, con riferimento all'infrastruttura autostradale A22 Brennero-Modena, entro il 30 novembre 2018.

Nella seduta del 28 novembre 2018 il CIPE ha approvato lo schema di Accordo di Cooperazione relativo all’affidamento della tratta autostradale A22 Brennero – Modena, così come modificato dalle prescrizioni e osservazioni contenute nel parere n. 10 del 22 novembre 2018 dell’Autorità di  regolazione dei trasporti (ART) e nel parere n. 6 del 26 novembre 2018 del NARS. L’accordo prevede investimenti per 4,14 miliardi di euro nei trent’anni di durata della concessione (2019-2048). L’accordo sarà firmato dal MIT, da 16 enti territoriali  esclusivamente pubblici (Regione Trentino–Alto Adige, Provincie autonome di  Bolzano e Trento, Provincie di Verona, Mantova, Reggio Emilia e Modena, Comuni e Camere di Commercio di Bolzano, Trento, Verona e Mantova, Azienda dei trasporti di  Reggio Emilia), che si avvalgono della società BrennerCorridor S.p.A. quale società  strumentale in house degli Enti Territoriali. Il sistema tariffario di pedaggio, individuato dall’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) è basato sul metodo del price cap e con determinazione dell'indicatore di produttività X a cadenza quinquennale.


 

Articolo 22
(
Fondo garanzia e FSC)

 

 

L’articolo 22 assegna al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014. La rimanente quota, pari a 435 milioni è coperta ai sensi dell'articolo 26.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.A., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche – garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore delle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:

§  rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

§  rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero

§  sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.

 

In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.

Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.

Quanto alla disciplina relativa alle modalità operative del Fondo, questa è stata oggetto nel tempo di varie modifiche, finalizzate in sostanza a ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti attraverso di esso, dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.

Il D.L. n. 69/2013 ha in particolare posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo, simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring e dunque per una rimodulazione delle percentuali di garanzia del Fondo in funzione della rischiosità del prenditore e della durata e tipologia di operazione finanziaria[1]. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa (si vedano in particolare i seguenti DD.MM. attuativi della riforma allo stato adottati: D.M. 29 settembre 2015, il D.M. 7 dicembre 2016 il D.M. 6 marzo 2017 ed il D.M. 21 dicembre 2017[2]).

Il Fondo, costituito, come detto, presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore del Fondo stesso, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018. Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti. Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo.

Quanto alle modalità di finanziamento del Fondo, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 - Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.A., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

Il Fondo, istituito presso il Mediocredito centrale MCC, opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale.

Il Fondo opera inoltre attraverso più sezioni, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste (la disciplina, istitutiva delle sezioni, è sia di rango primario che secondario).

In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE[3]) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale S.p.A.).

 

Il Fondo, nel corso degli anni, è stato più volte rifinanziato. L’articolo 1, comma 53 della legge di stabilità 2014 (Legge n. 147/2013), come modificato dall’articolo 8-bis, comma 2, del D.L. n. 3/2015, ha previsto l’assegnazione al Fondo di 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, mediante riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, e in coerenza con le relative finalità. Ha altresì previsto che con apposita delibera del CIPE siano assegnati al Fondo, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni di euro.

In attuazione di tale previsione, la Delibera CIPE n. 94 del 22 dicembre 2017 ha disposto l’assegnazione al Fondo di quota parte dell’importo autorizzato dalla testé citata norma, pari a 300 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione FSC 2014-2020. L’assegnazione è stata imputata per 28 milioni di euro all’annualità 2014, per 85,5 milioni di euro all’annualità 2015, per 186,5 milioni di euro all’annualità 2016. L’utilizzo delle risorse è nel rispetto del criterio di riparto percentuale dell’80 per cento al Mezzogiorno e del 20 per cento al Centro-Nord. Dunque, con la norma qui in esame, le residue risorse del FSC destinate ai sensi del comma 53 al Fondo di garanzia PMI, pari a 300 milioni di euro, vengono interamente imputate ope legis all’annualità 2018.

 

Inoltre, il Fondo, nell’ultimo biennio, è stato anche rifinanziato:

§  dal D.L. n. 193/2016 (articolo 13, comma 1), collegato alla manovra finanziaria 2017, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016, e per ulteriori 100 milioni a valere sugli stanziamenti del Programma Operativo Nazionale (PON) "Imprese e competitività 2014-2010", a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico (cfr. delibera CIPE del 1 dicembre 2016 e D.M. 13 marzo 2017)

§  dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 192, ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 per il sostegno alle imprese sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, disponendo che quota parte di tali risorse – pari a 3 milioni di euro - confluisca direttamente in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cfr. D.M. attuativo 4 novembre 2016); la legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016), all’articolo 1, commi 612, ha poi autorizzato per le medesime finalità sopra indicate l'ulteriore somma di 3 milioni per l'anno 2019;

§  dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 650, della ha stanziato 10 milioni per l’anno 2016 in favore della Sezione speciale per l'autotrasporto istituita nell'ambito del Fondo con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 luglio 2009;

§  ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 5, del D.L. n. 5/2009, sono stati assegnato al Fondo 100 milioni per l’anno 2016;

§  ai sensi del comma 5 ter, articolo 1 del D.L. 21giugno2013, n. 69 è stato riassegnato nel 2016 al cap. 7345/MISE un importo pari a 5,7 milioni di euro e nel 2017 l’importo di 3,6 milioni: si tratta di somme provenienti dalle somme versate all’entrata a titolo di contributi su base volontaria per interventi destinati alla Sezione del Fondo per la micro imprenditorialità;

§  dalla legge n. 220/2016, di disciplina del cinema e dell’audiovisivo, che, all’articolo 30, ha stanziato 5 milioni di euro nell'anno 2017 per la Sezione per il cinema e l'audiovisivo istituita nell'ambito del Fondo dalla stessa legge;

§  dal D.L. n. 148/2017 , il quale all’articolo 9, ha incrementato la dotazione del Fondo di 300 milioni per l'anno 2017 e di 200 milioni di euro per l'anno 2018 e ha disposto la riassegnazione al Fondo stesso per l'anno 2017 delle entrate incassate nell'ultimo bimestre 2016 relative alle sanzioni Antitrust al Fondo di garanzia, nel limite di 23 milioni di euro.

§  con D.M. del 13 marzo 2017 è stata poi istituita la Sezione speciale del Fondo denominata “Riserva PON IC” alimentata con risorse del Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» FESR 2014-2020 e destinata a interventi di garanzia nelle regioni del Mezzogiorno. A tale Sezione sono stati destinati 200 milioni rivenienti dal suddetto PON, in attuazione dell’Azione 3.6.1 (al 31 dicembre 2017, rileva la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, sono stati già trasferiti materialmente al Fondo 51,3 milioni).

 

Quanto all’operatività del Fondo, la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali - anno 2018, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, evidenzia come nel 2017, il Fondo abbia rilasciato garanzie su 119.935 operazioni (+4,8% rispetto al 2016), per un importo complessivo di nuovi finanziamenti garantiti pari a € 17,5 miliardi (+4,9% rispetto al 2016), con un corrispondente importo massimo garantito di € 12,3 miliardi (+6,3% rispetto al 2016).

Per il triennio 2018-2020, sulla base dei flussi finanziari in entrata e in uscita la Relazione evidenzia che per il 2018 non sono necessarie risorse aggiuntive. Per assicurare, tuttavia, la piena operatività del Fondo fino al 31 dicembre 2020 la Relazione considera necessario un fabbisogno finanziario aggiuntivo per un ammontare complessivo pari a € 2,7 mld, di cui € 1,1 mld per il 2019 e € 1,6 mld per il 2020.


 

Articolo 22-bis
(Disposizioni in materia di Autorità di sistema portuale)

 

 

La disposizione, introdotta nel corso dell’esame in Senato, prevede l'istituzione della nuova Autorità di sistema portuale dello Stretto.

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo modifica l'articolo 6 della legge di riordino della legislazione in materia portuale (Legge n.84 del 1994) prevedendo:

§  l'istituzione della Autorità di sistema portuale dello Stretto. La competenza sullo Stretto è quindi sottratta all’attuale Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto (lett. a) e b));

§  che entro tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo di riforma del sistema portuale (n. 169 del 2016) il numero di Autorità di sistema portuali potrà essere modificato, (anziché ridotto, come previsto dalla legislazione vigente) valutate le interazioni fra le piattaforme logistiche e i volumi di traffico, (lett. c)).

La nuova formulazione della citata disposizione consente quindi anche di aumentare il numero della Autorità di sistema portuale.

 

Il comma 2 dell'articolo interviene, in via consequenziale, sull'Allegato A della legge n. 84 del 1994, il quale indica i porti rientranti nell'ambito di competenza di ciascuna Autorità portuale.

La disposizione modifica (lett. a) la competenza dell'Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Ionio e dello Stretto (la cui nomenclatura come detto è modificata dal comma 1 dell'articolo), rinominandola Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio ed attribuendo la competenza sui porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni e Reggio Calabria alla istituenda Autorità di sistema portuale dello Stretto (lett. b).

 

Con riferimento alle modifiche dei porti che fanno parte delle diverse Autorità di sistema portuale, la riforma prevede che:

§  con regolamento, da adottare, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti possono essere apportate, su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata, modifiche all'allegato A (che indica i porti appartenenti a ciascuna Autorità di sistema portuale) per consentire sia l'inserimento di un porto di rilevanza economica regionale - o di un porto di rilevanza economica nazionale la cui gestione è stata trasferita alla regione - all'interno dell' Autorità di sistema portuale territorialmente competente sia il trasferimento di un porto a una diversa Autorità di sistema portuale, previa intesa con la Regione nel cui territorio ha sede l' Autorità di sistema portuale di destinazione;

§  con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere della Conferenza unificata, possano essere modificati i limiti territoriali di ciascuna delle istituite Autorità di sistema portuale.

 

Si segnala che la materia portuale rientra tra quelle di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni e che la Corte costituzionale si è pronunciata recentemente in merito ai limiti di competenza dello Stato con la sentenza n. 261/2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 29, comma 1, del D.L. n. 133 del 2014, che disciplinava la procedura di formazione del Piano nazionale della portualità e della logistica, nella parte in cui non ha previsto alcuna forma di coinvolgimento delle regioni nella procedura di predisposizione del Piano. In accoglimento della sentenza della Corte Costituzionale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha quindi trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, su cui è stata raggiunta l'intesa nella seduta del 31 marzo 2016.

Si segnala che con riferimento agli schemi di decreto legislativo avente ad oggetto la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali (A.G. 303 e A.G. 455), esaminati dal Parlamento nel corso della XVII legislatura, è stato acquisito dal Governo il parere della Conferenza Unificata.

 

Con particolare riguardo alla Autorità di Sistema portuale della quale la disposizione in esame propone l'istituzione è opportuno segnalare che con un comunicato del 7 settembre 2018 il Ministero delle infrastrutture e trasporti aveva annunciato l’intenzione di costituire, come sedicesima Autorità di Sistema portuale, l'Autorità dello Stretto di Messina, alla quale avrebbero fatto capo i porti di Messina, Milazzo, Reggio Calabria e Villa San Giovanni.

Si ricorda inoltre che l’Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto è l’unica Autorità di sistema portuale per la quale non si è proceduto alla nomina del presidente e che pertanto non è mai subentrata nella gestione dei porti precedentemente sede di Autorità portuale.

 

Il comma 3 inserisce un ulteriore periodo al comma 6 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 91 del 2017 (convertito dalla legge n.123 del 2017), il quale ha istituito le Zone Economiche Speciali (ZES).

In base al nuovo periodo nell'ipotesi in cui i porti inclusi in un'area ZES rientrino nella competenza territoriale di una Autorità di sistema portuale con sede in altra regione, il Presidente del comitato di indirizzo è individuato nel Presidente dell'Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione dove è istituita l'area ZES.

 

Le zone economiche speciali (ZES) sono state previste dall'articolo 4 del decreto legge n. 91 (cd. decreto mezzogiorno) al fine di creare condizioni economiche, finanziarie e amministrative che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Vengono così disciplinate le procedure e le condizioni per l'istituzione – affidata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M., 25 gennaio 2018) - in alcune aree del Paese di zone economiche speciali, che vengono definite come aree geograficamente delimitate e chiaramente identificate, situata entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e comprendenti almeno un'area di sistema portuale. Quanto alla gestione dell'area ZES si prevede che essa sia affidata ad un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione – o delle regioni, nel caso di ZES interregionale – e da un rappresentante rispettivamente della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture. In particolare il comma 6 dell'articolo 4 prevede che la regione, o le regioni nel caso di ZES interregionali, formulano la proposta di istituzione della ZES, specificando le caratteristiche dell'area identificata. Il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES è identificato in un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità di sistema portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione, o delle regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Ai membri del Comitato non spetta alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza o rimborsi per spese di missione. Il Comitato di indirizzo si avvale del Segretario generale dell'Autorità di sistema portuale per l'esercizio delle funzioni amministrative gestionali.

 

Per approfondimenti in merito agli interventi di riforma in materia di Autorità di sistema portuale e con riferimento alle Zone economiche speciali si rinvia al relativo tema.


 

Articolo 22-ter
(Proroga di adempimenti in materia di opere pubbliche)

 

 

L’articolo 22-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina relativa alla revoca dei finanziamenti di opere pubbliche non attuate.

 

In particolare l'articolo modifica il comma 3-bis dell'articolo 3 del decreto- legge n. 133 del 2014 (cd. “Sblocca Italia”). Tale comma, introdotto dal decreto-legge n. 185 del 2015, prevede, ai fini della revoca dei finanziamenti per interventi non attuati, che le condizioni di appaltabilità e di cantierabilità degli interventi si realizzano quando i relativi adempimenti, previsti dai decreti interministeriali di assegnazione delle risorse, "sono compiuti entro il 31 dicembre dell'anno dell'effettiva disponibilità delle risorse necessarie ai fini rispettivamente corrispondenti". La disposizione in esame prevede invece che le condizioni si realizzano quando i relativi adempimenti sono compiuti entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla effettiva disponibilità delle risorse.

 

Il comma 1 dell'articolo 3 del DL n. 133/2014 ha previsto l'istituzione di un Fondo c.d. sblocca cantieri”, le cui risorse sono volte a consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori.

Il comma 2 ha demandato a uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'assegnazione delle risorse occorrenti. Con riguardo alle modalità di assegnazione sempre il comma 2, nell'elencare gli specifici interventi da finanziare, li suddivide in tre categorie e dispone che, per gli interventi compresi nelle opere di cui alle lettere a) e b), i decreti vengano adottati entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, mentre, per gli interventi inclusi nella lettera c), vengano adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. La norma non precisa l'entità delle risorse che verranno destinate ai singoli interventi in quanto l'assegnazione delle risorse è demandata ai decreti interministeriali; una stima indicativa dei fabbisogni è indicata nella relazione tecnica. L'unico vincolo nella destinazione delle risorse fissato nella norma è quello stabilito nel comma 3, che riserva 100 milioni di euro agli interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di competenza dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche.

Si ricorda che, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge c.d. “Sblocca Italia”, il mancato rispetto delle condizioni fissate dal comma 3-bis determina la revoca del finanziamento assegnato. La destinazione delle risorse revocate è individuata dal successivo comma 6.


 

Articolo 22-quater
(Disposizioni in materia di transazioni con le aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica)

 

 

L’articolo 22-quater , introdotto al Senato, stabilisce che per la validità delle transazioni relative al ripiano della spesa farmaceutica, già previste dalla Legge di bilancio 2018, per gli anni 2013, 2014 e 2015, e ancora pendenti al 31 dicembre 2017, sia sufficiente la sola sottoscrizione dell’AIFA, relativamente alla parte pubblica. Lo scopo della norma è di snellire la procedura di chiusura delle predette transazioni che attualmente prevedono a garanzia anche la sottoscrizione dei Ministeri dell’economia e finanze e della Salute.

 

L’articolo 22-quater è finalizzato a semplificare la procedura per la definizione delle transazioni relative al ripiano della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera, previste dall’art. 1, co. 390, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), con riferimento agli anni 2013, 2014 e 2015, non ancora concluse al 31 dicembre 2017, consentendo alla sola Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) la sottoscrizione delle medesime transazioni che diventerebbero così efficaci a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Attualmente, infatti, la disciplina prevede a garanzia anche le sottoscrizioni del MEF e del Ministero della salute, rese necessarie in via amministrativa per non riferire ad un unico soggetto istituzionale l’eventuale responsabilità per danno erariale derivante dalla chiusura delle transazioni con le aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa regionale per farmaci oltre i limiti prefissati (cd. payback).

La misura consentirebbe di erogare alle regioni in tempi più contenuti la quota attualmente ancora in sospeso a titolo di payback riferita al triennio 2013-2015 (stimata intorno ai 370 milioni di euro), oltre ad avere effetti sulle risorse da erogare alla regioni a tale titolo riferite agli anni successivi (ulteriori 130 milioni).

 

Il comma 390, art. 1, della legge di Bilancio 2018 ha autorizzato l'AIFA a concludere, entro 120 giorni dal 1° gennaio 2018, le transazioni con le aziende farmaceutiche riguardanti i contenziosi (ancora non risolti a fine 2017) sull'applicazione delle norme di ripiano della spesa, per gli anni 2013, 2014 e 2015, oltre i limiti prefissati per la farmaceutica territoriale e per quella ospedaliera, così come stabilito dall’articolo 21, commi 2 e 8, del citato DL. 113/2016 (L. 160/2016). Tali norme hanno definito dettagliatamente come determinare le quote a carico delle aziende farmaceutiche per il superamento di entrambi i limiti in esame nell'anno 2013 e nell'anno 2015 e del solo limite per la spesa farmaceutica ospedaliera per il 2014 (anno in cui non si è verificato un superamento dell'altro limite). In particolare, il citato comma 2 ha previsto la pubblicazione, da parte dell’AIFA, sul proprio sito Internet, dell'elenco relativo agli importi dovuti a titolo di ripiano, per ciascuno anno del triennio in considerazione, da parte delle aziende farmaceutiche titolari dell’AIC del farmaco oggetto del payback, provvisoriamente determinati sulla base dei flussi informativi utilizzati a legislazione vigente (vale a dire il flusso OsMed per la spesa farmaceutica territoriale e flussi NSIS per quella ospedaliera). Entro quindici giorni da tale pubblicazione, le aziende farmaceutiche sono state tenute a corrispondere provvisoriamente al Fondo per il payback 2013-2014-2015 la quota di ripiano a proprio carico per ciascuno degli anni 2013, 2014 nella misura del 90 per cento e per l'anno 2015 nella misura dell'80 per cento degli importi definiti per le stesse dall’AIFA, salvo il conguaglio rispetto agli importi definitivi fissati con determina dall’AIFA entro il 15 settembre 2016.

La procedura di transazione con la singola azienda farmaceutica può concludersi a condizione che la stessa sia in regola con l'eventuale versamento delle quote di ripiano fissate a suo carico con determina dell’AIFA per l’anno 2016.


 

Articolo 23
(Misure in materia di trasporto delle merci)

 

 

L'articolo 23, modificato nel corso dell’esame al Senato, aumenta la dotazione finanziaria relativa alle agevolazioni a sostegno dell'autotrasporto, incrementa le risorse del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti da assegnare all'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale ed integra le risorse per l'incentivazione del trasporto delle merci, previste dalla legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

Il comma 1 dell'articolo 23- al fine di favorire gli interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto- incrementa di 26,4 milioni per l’anno 2018 lo stanziamento per le agevolazioni che rientrano nel quadro delle politiche a sostegno dell'autotrasporto. Tali agevolazioni consistono nella deduzione forfettaria delle spese non documentate.

 

Come precisa la relazione illustrativa tale intervento, che mira a favorire principalmente le imprese di trasporto meno strutturate, che appartengono essenzialmente al settore artigiano, si rende necessaria in quanto la deduzione effettuata per l'anno in corso pari a 38 euro a viaggio nell'ambito del territorio regionale, inferiore di 13 euro, rispetto all'anno precedente non consente alle imprese artigiane di fare fronte ai costi creando una grave sperequazione tra imprese che possono dedurre i costi effettivi e le imprese meno strutturate.

 

Il comma 106 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) estende, solo per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 (successivamente prorogato), la deduzione forfetaria di spese non documentate di cui all’articolo 66, comma 5, del TUIR n. 917 del 1986 (recante norme per le imprese minori), prevista per gli autotrasportatori di cose per conto terzi; in particolare, l’estensione della deduzione spetta anche per i trasporti effettuati direttamente dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’azienda. La norma in esame autorizza uno stanziamento pari a 120 mln per l’anno 2006. È opportuno ricordare che il comma 652 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha introdotto una riduzione delle deduzioni forfetarie relative alle spese non documentate riconosciute agli autotrasportatori. A tal fine la disposizione ha stabilito che esse spettino in un’unica misura (rispetto all’attuale distinzione tra trasporti regionali ed extra regionali) per i trasporti effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa e nella misura del 35% di tale importo per i trasporti effettuati all’interno del comune.

 

La copertura di tali oneri è assicurata:

§  per 10,4 milioni di euro per l’anno 2018 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

 

Il comma 1230 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) autorizza, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, a decorrere dall'anno 2007, la spesa di 190 milioni di euro. Tali risorse sono assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata. E' opportuno ricordare che l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto legge Genova) al fine di garantire, in via d'urgenza, idonee misure a sostegno del trasporto pubblico locale, favorendo strutturalmente la mobilità cittadina e regionale, stanzia a favore della Regione Liguria risorse straordinarie nella misura di 500.000 euro per l'anno 2018 e 23.000.000 di euro per il 2019 da destinare al finanziamento dei servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti all'evento, per l'efficientamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale già attivati nonché per garantire l'integrazione tariffaria tra le diverse modalità di trasporto nel territorio della città metropolitana di Genova. E ai relativi oneri si provvede quanto a euro 500.000 per l'anno 2018 ai sensi dell'articolo 45 e quanto a euro 23 milioni per l'anno 2019 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

§  per 16 milioni di euro mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate provenienti dalla maggiorazione delle tariffe della motorizzazione (articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 2), da riassegnare allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, versate nel 2018, sono acquisite nel predetto limite di 16 milioni, definitivamente al bilancio dello Stato.

 

L'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 2 del 2013 (recante modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 18 aprile 2011, n. 59 e 21 novembre 2005, n. 286, nonché attuazione della direttiva 2011/94/UE recante modifiche della direttiva 2006/126/CE, concernente la patente di guida) prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono incrementate le tariffe applicabili alle operazioni in materia di motorizzazione. Il maggior gettito derivante dal predetto incremento affluisce ad apposito capitolo/articolo di entrata del bilancio dello Stato ed è riassegnato per la parte eccedente l'importo di euro 13.074.000 per l'anno 2018, di euro 15.380.000 per l'anno 2019 e di euro 17.686.000 a decorrere dall'anno 2020, ai sensi dell'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per essere destinato agli adempimenti connessi all'attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, come modificato dal presente decreto.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede, in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2018 da assegnare all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale.

 

L’articolo 9 del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto-legge Genova) incrementa la quota di riparto del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti a favore dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale.

 

Il comma 3 reca la copertura del comma precedente. A tale onere si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 15 novembre 2018, delle somme destinate agli interventi di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della legge n. 454 del 1997 non utilizzate al termine del periodo di operatività delle misure agevolative e giacenti sui conti correnti n. 211390 e 211389 accesi presso la Bnl S.p.A..

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, incrementa lo stanziamento da corrispondere - per il 2018- alle imprese ferroviarie per l'incentivazione del trasporto delle merci.

Più nel dettaglio si prevede che le risorse di cui all'articolo 1, comma 294 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) da corrispondere alle imprese finanziarie per l'incentivazione del trasporto delle merci, sono incrementate di 5 milioni di euro per l'anno 2018.

Alla copertura si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della medesima legge di stabilità.

 

Il comma 294 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, come modificato dal decreto-legge n. 185 del 2015 (convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 2016) prevede che a partire dall’annualità 2015 le risorse destinate agli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto di merci su ferro non possano essere superiori a 100 milioni di euro annui.

Tali risorse sono attribuite al gestore dell’infrastruttura ferroviaria RFI S.p.A. che provvede a destinarle alla compensazione dei costi  per il traghettamento ferroviario delle merci, e ai servizi ad esso connessi, sostenuti dal trasporto ferroviario delle merci, dei servizi ad esso connessi e del canone di utilizzo dell'infrastruttura dovuto dalle imprese ferroviarie per l'effettuazione di trasporti delle merci, compresi quelli transfrontalieri, aventi origine o destinazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia.

La compensazione viene determinata proporzionalmente ai treni/km sviluppati dalle imprese ferroviarie da e per le destinazioni sopraindicate;

La disciplina delle modalità di calcolo e di attuazione di tali misure è demandata ad a un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il comma prevede infine che il contratto di programma - parte servizi e le relative tabelle- tra Ministero e RFI S.p.A. siano conseguentemente aggiornati per tenere conto sia delle risorse destinate a RFI Spa per la compensazione degli oneri di servizio pubblico nel trasporto ferroviario merci che da quelle fissate dalla presente legge.

Il Contratto di programma Parte Servizi 2016-2021 tra RFI e Ministero delle infrastrutture e trasporti è stato approvato con Delibera CIPE n. 13 del 3 marzo 2017 e quindi definitivamente sottoscritto il 14 giugno 2017 e reso operativo dal 02/10/2017 a seguito della registrazione da parte della Corte dei Conti del D.M., dopo l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari.

Il comma 200 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 reca invece l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione. Il Fondo – anch’esso istituito presso il MEF (cap. 3076) - è ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.


 

Articolo 23-bis
(Disposizioni urgenti in materia di circolazione
)

 

 

L’articolo 23-bis, introdotto al Senato, modifica l’art.193 del Codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992), inasprendo le sanzioni, sia pecuniarie che accessorie, per la violazione dell’obbligo di assicurazione di responsabilità civile dei veicoli.

Si tratta di tre ordini di modifiche, che incidono sull’entità delle sanzioni pecuniarie e sulla decurtazione dei punti patente, e che introducono sanzioni accessorie in caso di recidiva:

§  la lettera a) del comma 1, raddoppia la sanzione amministrativa pecuniaria nei casi previsti dal nuovo comma 2-bis che viene introdotto dalla successiva lettera b), cioè i casi di recidiva nella circolazione senza copertura assicurativa del veicolo. Per la circolazione senza assicurazione la sanzione attualmente prevista dal comma 2 è pari ad una somma da 849 a 3.396 euro;

§  la lettera b) del comma 1, introduce, come detto, un nuovo comma 2-bis all’art. 193, che prevede la sanzione accessoria della sospensione della patente, da uno a due mesi, per chi incorra per almeno due volte, in un periodo di due anni, nella violazione consistente nella circolazione senza copertura assicurativa; la sospensione viene applicata all'ultima infrazione. Viene altresì previsto che in tali casi di recidiva, anche qualora si usufruisca del pagamento nella misura minima (come possibile per tale tipo di violazione, effettuandolo entro 60 giorni) e venga corrisposto il premio di assicurazione per almeno sei mesi, il veicolo non viene immediatamente restituito, in deroga a quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 193, ma è sottoposto alla sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo per 45 giorni, decorrenti dal giorno del pagamento della sanzione. La restituzione del veicolo è in ogni caso subordinata al pagamento delle spese di prelievo, trasporto e custodia sostenuto per il sequestro del veicolo e per il successivo fermo, se ricorrenti, limitatamente al caso in cui il conducente coincide con il proprietario del veicolo;

§  la lettera c) del comma 1, modifica poi l’entità della riduzione della sanzione pecuniaria, che è attualmente prevista dal comma 3 dell’articolo 193, qualora l'assicurazione RC sia resa operante nei quindici giorni successivi al termine previsto dall'art. 1901, secondo comma, del codice civile (cioè il quindicesimo giorno dalla scadenza della rata, a partire dal quale l’assicurazione viene sospesa), ovvero qualora l'interessato entro trenta giorni dalla contestazione della violazione provveda alla demolizione e alle formalità di radiazione del veicolo: la lett. c) prevede che in questi casi la sanzione pecuniaria sia ridotta solo alla metà, anziché ad un quarto.

 

Viene infine modificata la tabella della decurtazione dei punti patente introducendo la decurtazione di 5 punti patente nel caso di circolazione senza copertura assicurativa.


 

Articolo 23-ter
(Misure per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga)

 

 

L’articolo 23-ter, introdotto al Senato, modifica i criteri, previsti dal codice delle comunicazioni elettroniche, in base ai quali l’AGCOM ha la facoltà di ordinare alle imprese verticalmente integrate la separazione funzionale, in un'entità indipendente, delle attività relative alla fornitura all'ingrosso (wholesale) di determinati prodotti di accesso. E’ inoltre oggetto di modifica la disciplina della separazione volontaria della rete di cui all’articolo 50-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche con l’introduzione del principio secondo il quale l’AGCOM nell'imporre, modificare o revocare gli obblighi specifici di cui al comma 4 dell’articolo 50, preveda anche meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito nell’ipotesi in cui il trasferimento dei beni relativi alla rete di accesso appartenenti a diversi operatori sia finalizzato all'aggregazione volontaria dei medesimi beni in capo a un soggetto giuridico non verticalmente integrato e appartenente a una proprietà diversa o sotto controllo di terzi.

La norma è finalizzata al potenziamento degli investimenti in reti a banda ultralarga.

 

I poteri dell’AGCOM, l’Autorità di regolamentazione del settore delle comunicazioni, in materia di accesso alle reti e interconnessione sono definiti negli articoli da 40 a 52 del Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259 del 2003), che stabiliscono in particolare una serie di obblighi a carico degli operatori, che possono essere imposti dall’Autorità, e di procedure. Tra questi vi sono l’obbligo della separazione funzionale stabilito all’art. 50-bis e la disciplina della separazione volontaria (art. 50-ter), da parte di un'impresa verticalmente integrata, entrambi oggetto di modifica da parte della disposizione in commento.

La separazione funzionale
(art. 50-bis del Codice delle Comunicazioni elettroniche)

La lett. a) del comma 1 dell'articolo 23-ter apporta quattro modifiche all’articolo 50-bis del Codice, che ampliano i poteri dell’AGCOM consentendole, qualora ricorrano le eccezionali circostanze ivi previste, di promuovere la creazione di un’entità commerciale indipendente per garantire pari condizioni di accesso wholesale agli operatori di telecomunicazioni, secondo criteri di concorrenza.

Il primo intervento è sul comma 1 dell’art. 50-bis, il quale prevede attualmente che l’AGCOM possa, a titolo di misura eccezionale, imporre alle imprese verticalmente integrate la separazione funzionale, cioè l'obbligo di collocare in un’impresa commerciale indipendente, le attività relative alla fornitura all'ingrosso di determinati prodotti di accesso. Tale facoltà può essere esercitata solo qualora l’AGCOM concluda che gli obblighi specifici imposti alle imprese ai sensi degli articoli da 46 a 50 (si tratta nell'ordine degli obblighi di: trasparenza; di non discriminazione; di separazione contabile; in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete e in materia di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi), si siano rivelati inefficaci per conseguire un'effettiva concorrenza e che esistano importanti e persistenti problemi di concorrenza o carenze del mercato, individuati in relazione ai mercati per la fornitura all'ingrosso di determinati prodotti di accesso.

La lett. a) del comma 1 modifica la norma, ampliando i criteri per la valutazione della mancanza di "effettiva concorrenza": questa deve essere effettuata anche in relazione al livello di autonomia dei concorrenti rispetto all'infrastruttura di rete dell'impresa verticalmente integrata avente significativo potere di mercato; inoltre, le carenze di mercato possono anche riguardare le inefficienze derivanti dalla eventuale duplicazione di investimenti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga.

In secondo luogo, la lettera a) del comma 1 modifica il comma 3 dell'articolo 50-bis, che attualmente prevede che l’AGCOM qualora proponga la separazione funzionale, debba sottoporre la proposta alla Commissione europea, fornendo una serie di elementi informativi, tra cui una motivata valutazione che attesti le scarse o assenti prospettive di concorrenza a livello delle infrastrutture in un lasso di tempo ragionevole. In base alla modifica qui apportata, tale motivata valutazione deve attestare la scarsità di prospettive di concorrenza sostenibile, anche in relazione al livello di autonomia dei concorrenti rispetto all'infrastruttura di rete dell'impresa verticalmente integrata avente significativo potere di mercato.

Tra gli elementi che devono essere compresi nel progetto della misura che l’AGCOM intende imporre, vengono poi aggiunti (nuova lettera c-bis dell’art. 50-bis) i tempi di realizzazione dell'opera di separazione funzionale.

 

Infine la lett. a) del comma 1 inserisce all'articolo 50-bis un nuovo comma 5-bis, il quale prevede che nell'ambito del procedimento, di imposizione, mantenimento, modifica o revoca degli obblighi, su cui si è espressa la Commissione europea, l'Autorità possa altresì indicare uno schema di eventuale aggregazione volontaria dei beni relativi alle reti di accesso appartenenti a diversi operatori in un soggetto giuridico non verticalmente integrato e wholesale appartenente a una proprietà diversa o sotto controllo di terzi indipendenti ossia diversi da operatori di rete verticalmente integrati, volto a massimizzare lo sviluppo di investimenti efficienti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga, con le migliori tecnologie disponibili, comunque in grado di fornire connessioni stabili, anche tenuto conto delle possibili inefficienze derivanti dall'eventuale duplicazione di investimenti. Si prevede che in caso di attuazione dello schema da parte degli operatori, l'Autorità debba determinare gli adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito, di cui all'articolo 50-ter, comma 4-bis, che viene anch’esso introdotto dalla norma in commento (vedi sub).

 

Si ricorda che l'accesso alla rete locale in rame consiste nella fornitura da parte di Telecom Italia - l'operatore identificato quale avente significativo potere di mercato nel mercato dell'accesso all'ingrosso (fisico) alla rete locale fissa - di una serie di servizi tesi a consentire agli operatori alternativi di offrire agli utenti finali servizi vocali e di trasmissione dati.

La fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica è assoggettata ad un'autorizzazione generale (art. 25 del Codice) che dà anche il diritto alle imprese in questione di negoziare l'interconnessione con altri fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, titolari anch’essi di un'autorizzazione generale, nonché di poter essere designate quali fornitori di una o più prestazioni che rientrano negli obblighi di servizio universale in tutto il territorio nazionale o in una parte di esso.

In generale si prevede che l'Autorità incoraggi e garantisca forme adeguate di accesso, interconnessione e interoperabilità dei servizi, esercitando le proprie competenze in modo da promuovere l'efficienza economica e una concorrenza sostenibile, investimenti efficienti e l'innovazione e recare il massimo vantaggio agli utenti finali. In dettaglio l’Autorità, oltre alle misure nei confronti degli operatori che detengono un significativo potere di mercato, può imporre, sempre rispettando  in modo obiettivo, trasparente, proporzionato e non discriminatorio:

a) l'obbligo agli operatori che controllano l'accesso agli utenti finali, compreso, in casi giustificati, e qualora non sia già previsto, l'obbligo di interconnessione delle rispettive reti, nella misura necessaria a garantire l'interconnessione da punto a punto e valutati i servizi intermedi già resi disponibili;

a-bis) in casi giustificati e nella misura necessaria, gli obblighi per le imprese che controllano l'accesso degli utenti finali, onde rendere interoperabili i propri servizi;

b) l'obbligo agli operatori di garantire l'accesso alle altre risorse di cui all'allegato n. 2, parte II, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, nella misura necessaria a garantire l'accesso degli utenti finali ai servizi radiofonici e televisivi digitali.

E’ inoltre conferito all’autorità un potere di intervenire, ove giustificato, di propria iniziativa, in materia di accesso e interconnessione per garantire il conseguimento degli obiettivi generali previsti all'articolo 13 del Codice.

La separazione volontaria
(art. 50-ter del Codice)

La lett. b) del comma 1 dell'articolo aggiunge un nuovo comma 4-bis all'articolo 50-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche, in materia di separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata.

 

L’art. 50-ter prevede attualmente che le imprese che abbiano un significativo potere di mercato debbano preventivamente e tempestivamente informare l’AGCOM, al fine di una sua valutazione, quando intendano trasferire i loro beni relativi alle reti di accesso, o una parte significativa degli stessi, a un soggetto giuridico separato sotto controllo di terzi, o qualora intendano istituire un'entità commerciale separata per fornire a tutti i fornitori al dettaglio, comprese le sue divisioni al dettaglio, prodotti di accesso pienamente equivalenti. Le imprese devono inoltre informare l'Autorità in merito ad eventuali cambiamenti di tale intenzione, nonché del risultato finale del processo di separazione. L'Autorità valuta l'effetto della transazione prevista sugli obblighi normativi del Codice e conduce, a tal fine, un'analisi coordinata dei vari mercati relativi alla rete d'accesso. Sulla base della sua valutazione impone, mantiene, modifica o revoca gli obblighi specifici. L’obbligo di informare l’AGCOM vale anche per la cessione di tutte le attività nelle reti di accesso locale a un'entità giuridica separata appartenente a una proprietà diversa e la valutazione AGCOM riguarda in questo caso ovvero la fornitura dell'accesso in postazione fissa e la fornitura dei servizi telefonici.

 

Il nuovo comma 4-bis prevede che qualora il trasferimento dei beni relativi alla rete di accesso appartenenti a diversi operatori sia finalizzato all'aggregazione volontaria dei medesimi beni in capo a un soggetto giuridico non verticalmente integrato e appartenente a una proprietà diversa o sotto controllo di terzi, indipendenti ossia diversi da operatori di rete verticalmente integrati, l'Autorità determini adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito, nell'imporre, modificare o revocare gli obblighi specifici di cui al comma 4,  tenendo conto anche dei seguenti fattori:

§  il costo storico degli investimenti effettuati in relazione alle reti di accesso trasferite;

§  la forza lavoro dei soggetti giuridici coinvolti;

§  le migliori pratiche regolatorie europee e nazionali adottate in altri servizi e industrie a rete.

 

Si ricorda che l'AGCOM ha comunicato l'avvio del progetto di separazione volontaria della rete di accesso fissa da parte di TIM, in base al progetto approvato il 6 marzo 2018 dal CdA di TIM , di cui ha il MISE ha preso atto con comunicato del 27 marzo 2018. Con tale notifica ha avuto avvio l'iter (secondo l'art. 50 ter del Codice delle Comunicazioni Elettroniche), del procedimento che porterà alla separazione volontaria da TIM della rete di accesso fisso, con la creazione di una società separata (Netco), controllata da TIM al 100%. La società sarà proprietaria della rete di accesso (dalla centrale alla casa dei clienti) e di tutta l'infrastruttura (edifici, apparati elettronici e sistemi IT).

Con comunicato del 6 giugno 2018 l’AGCOM ha reso noto che il progetto di separazione legale della rete di accesso possiede i requisiti di ammissibilità (in relazione alla non manifesta irragionevolezza) richiesti dal BEREC (Organismo europei dei regolatori) per l’avvio della procedura di analisi di mercato coordinata, prevista dall’art. 50 ter del Codice delle comunicazioni elettroniche. L’Autorità, rinviando ogni valutazione relativa alla idoneità della proposta di migliorare le condizioni di concorrenza, ha reso noto che sottoporrà a consultazione pubblica nazionale uno schema unitario di provvedimento di analisi del mercato dell’accesso, che include il progetto di separazione della rete TIM, contenente i rimedi relativi al ciclo regolatorio 2018 – 2021. Le tariffe dei servizi di accesso alla rete saranno decise nell’analisi di mercato del nuovo ciclo 2018-2021.


 

Articolo 23-quater, commi 1-3
(Assegno di natalità -
Bonus bebè)

 

 

I commi 1-3 dell’articolo 23-quater, introdotti al Senato con l’em. 9.10000 della Commissione, dispongono la prosecuzione per il 2019 dell'assegno di natalità (cd. Bonus bebè) per i figli nati o adottati tra il 1º gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019. Il beneficio è erogato con le stesse modalità stabilite per i nati o adottati nel corso del 2018, con l’unica differenza di un incremento del 20 per cento dell’importo dell’assegno per le nascite e adozioni di figli successivi al primo, intervenute nel corso del 2019.

 

L’articolo 23-quater, al comma 1, dispone la prosecuzione, anche per il 2019, dell'istituto dell'assegno di natalità (cd. Bonus bebè) per i figli nati o adottati tra il 1º gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019. L’assegno è erogato con le stesse modalità stabilite per i nati o adottati nel corso del 2018, con la modifica sostanziale, posta al medesimo comma, che prevede l’incremento del 20 per cento dell’importo dell'assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relative a figli successivi al primo.

Attualmente, e pertanto anche per la prosecuzione prevista per il 2019, la misura dell’assegno di natalità dipende dall'ISEE minorenni del minore per il quale si richiede l’assegno. Con ISEE minorenni inferiore ai 7.000 euro la misura è di 1.920 euro annuali. Con ISEE minorenni compreso tra 7.000 euro e 25.000 euro annui la misura è di 960 euro.

In presenza dei requisiti richiesti, l'assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo – è corrisposto dall'INPS, su domanda del genitore, con cadenza mensile. Come già detto, la misura qui proposta prevede, dal secondo figlio in poi, un aumento del 20% per ogni nato, più precisamente 2.304 euro fino a 7mila euro e 1.152 euro tra 7 e 25 mila euro.

 

Come specificato dalla Circolare INPS n. 50 del 19 marzo 2018, “dal 1° gennaio 2018, l’assegno di natalità trova la sua disciplina in due distinte leggi: la legge n. 205/2017, relativa agli eventi che si verificheranno nel corso del 2018, che prevede un assegno di durata massima annuale, e la legge n. 190/2014, entrata in vigore il 1° gennaio 2015, riferita agli eventi verificatisi nel triennio 2015-2017, che prevede un assegno di durata massima triennale e, proprio per tale specifico motivo, ancora in corso di applicazione”.

 

Il comma 2 - in conformità alla disciplina dell’assegno di natalità vigente per il 2018 - prevede il monitoraggio finanziario da parte dell'INPS, con invio di relazioni mensili ai Ministeri interessati, ed una eventuale procedura di rideterminazione (con decreto interministeriale economia e finanze/famiglia e disabilità/lavoro e politiche sociali/salute) della misura dell'assegno e dei relativi limiti massimi di ISEE per il caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

Queste ultime sono pertanto previste al comma 3 come limite di spesa, quantificate in 204 milioni per il 2019 e 240 milioni per il 2020, con copertura a valere sulla quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 9, commi da 1 a 7 in materia di dichiarazioni integrative speciali (v. ante).

 

Per quanto riguarda le risorse stanziate per la misura attualmente applicata, la legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 128 della legge 190/2014) ha previsto, per gli eventi (nascite od adozioni) verificatesi tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, le seguenti coperture: 202 milioni di euro per il 2015; 607 milioni per il 2016; 1.012 milioni per il 2017; 1.012 milioni per il 2018; 607 milioni per il 2019; 202 milioni per il 2020.

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 249 della legge 205/2017) ha invece previsto, quale limite di spesa: 185 milioni di euro per il 2018 e 218 milioni di euro per l'anno 2019.


 

Articolo 23-quater, comma 4
(Finanziamento IRCCS delle reti oncologica
e cardiovascolare del Ministero salute)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 23-quater, introdotto al Senato, dispone, per il 2020, due finanziamenti di 5 milioni di euro ciascuno per due reti di ricerca sanitaria del Ministero della salute, la Rete oncologica e la Rete cardiovascolare, cui fanno parte Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico (IRCCS) impegnati, rispettivamente, nello sviluppo di nuove tecnologie antitumorali CAR-T e nella prevenzione primaria cardiovascolare.

 

Il comma 4 dell’articolo 23-quater dispone un finanziamento, per il 2020, di 5 milioni di euro per gli Istituti di ricovero e cura di carattere scientifico della ''Rete oncologica'' del Ministero della salute, impegnati nello sviluppo delle nuove tecnologie antitumorali CAR-T (Terapia cellulare per i tumori), e di 5 milioni di euro per gli IRCCS della ''Rete cardiovascolare'' del Ministero della salute, impegnati nei programmi di prevenzione primaria cardiovascolare.

 

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10 comma 5 del DL. n. 282/2004 (L. 307/2004) come rifinanziato ai sensi dell'articolo 9, comma 9, del presente decreto-legge (v. ante).

 

Nel giugno 2018, l’EMA (European Medicines Agency - Agenzia Europea del Farmaco) ha raccomandato l’autorizzazione all’immissione in commercio per i primi due farmaci antigene chimerico Car-T,  prodotti d’immunoterapia cellulare che prevedono l’utilizzo dei linfociti T del paziente modificati geneticamente. Si ricorda inoltre che l’Alleanza Contro il Cancro (ACC), fondata nel 2002 dal Ministero della Salute, è attualmente formata da 25 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Le aree di interesse primario in cui ACC opera sono tre: ricerca di base e clinica oncologica, diagnosi e terapia dei tumori e istruzione e informazione in oncologia.

Per quanto riguarda la ''Rete cardiologica'' del Ministero della salute, questa consente di mettere in comune le risorse presenti negli IRCCS in termini di competenze scientifiche cliniche, sperimentali e biotecnologiche, di tecnologie avanzate –– terapie innovative anche cellulari e geniche - casistiche e registri di malattia - per ottimizzare l’impiego delle risorse per rafforzare la posizione italiana in Europa in termini di ricerca e cura in ambito cardiovascolare.

Tra le reti della ricerca sanitaria del Ministero della salute è ricompresa anche la Rete Neurologica cui partecipano IRCCS impegnati nella ricerca sulle neuroscienze.


 

Articolo 23-quater, comma 5
(Ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche
per
riduzione delle liste di attesa prestazioni sanitarie)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 23-quater, introdotto al, dispone uno stanziamento, per il 2020, pari a 50 milioni di euro per l'implementazione e l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie, nell’ottica della riduzione dei tempi di attesa nell'erogazione delle prestazioni.

 

Il comma 5 dell’articolo in esame, ai fini dell'attivazione di interventi volti a ridurre i tempi di attesa nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, dispone uno stanziamento, per il 2020, pari a 50 milioni di euro, per l'implementazione e l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie.

Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10 comma 5 del D.L. n. 282/2004 (L. 307/2004) come rifinanziato ai sensi dell'articolo 9, comma 9, del presente decreto-legge (v. ante).

 

Si ricorda che 1’art. 39 del disegno di legge di bilancio 2019 nel testo originario (A.C. 1334) autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021, per l’attivazione di interventi volti a ridurre, anche secondo le indicazioni del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2010-2012, i tempi di attesa nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, secondo il principio dell’appropriatezza clinica, organizzativa e prescrittiva. A tale scopo vengono perseguiti l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle prestazioni sanitarie, come previsto dall’articolo 47-bis del decreto legge n. 5/2012 che promuove il sostegno, nei piani sanitari nazionale e regionali, di sistemi di prenotazione a gestione elettronica.


 

Articolo 24
(Rifinanziamento del Fondo per le m
issioni
internazionali di pace)

 

 

L'articolo 24 reca il rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace per 130 milioni di euro per il 2018 al fine di garantire la prosecuzione della partecipazione italiana alle missioni per l'ultimo trimestre del 2018.

 

In particolare, il comma 1 dispone l'incremento di 130 milioni di euro per l'anno 2018 del Fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (c.d. legge quadro sulle missioni internazionali. Per approfondimenti si veda il temaweb dedicato).

 

Si ricorda che il fabbisogno finanziario delle missioni per l'intero esercizio 2018 è pari a 1.419 milioni di euro. Le risorse disponibili sul Fondo sono pari a 1.014 milioni di euro, cui vanno aggiunte le somme iscritte sul Fondo consumi intermedi dello stato di previsione del Ministero della Difesa, pari a 275 milioni di euro. Pertanto, l'ulteriore fabbisogno da coprire per l'ultimo trimestre del 2018 è pari a 130 milioni di euro.

 

Con la delibera del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2017, concernente sia la partecipazione dell'Italia a nuove missioni internazionali nel 2018, Doc. CCL, n. 3, sia la relazione analitica delle missioni internazionali svolte nel 2017, anche ai fini della loro prosecuzione, Doc. CCL-bis, n. 1, è stato delineato il quadro della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali per i primi nove mesi del 2018.

In data 2 marzo 2018 è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 145 del 2016, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la ripartizione delle risorse del richiamato fondo pari a circa 1 miliardo di euro (A.G. n. 523).

Il provvedimento, presentato alla Camere nel corso dello scioglimento della XVII legislatura, non è stato esaminato dalle competenti commissioni parlamentari ed è stato pertanto adottato dal governo una volta scaduti i termini previsti dal comma 2 dell'articolo 4 della medesima legge.

 

Il comma 2 rinvia all'articolo 26 per la definizione della relativa copertura finanziaria.


 

Articolo 24-bis
(
Gestione della contabilità speciale unica della Difesa)

 

 

L’articolo 24- bis, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, novella il decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare) al fine di inserirvi il nuovo articolo 2195-ter in materia di contabilità speciale unica della difesa.

 

In estrema sintesi si ricorda che l’articolo 11-bis del decreto legislativo n. 90 del 2016 (Completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, in attuazione dell'articolo 40, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196) ha previsto l’apertura, in via transitoria per le amministrazioni dotate di fondi scorta, di un'unica contabilità speciale per ciascun ministero per la gestione del fondo scorta. In particolare, la richiamata disposizione ha consentito al Ministero dell'economia e delle finanze di autorizzare, con apposito decreto e per la sola durata del primo esercizio successivo alla chiusura delle gestioni di tesoreria operata ai sensi all'articolo 44-ter, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, l'apertura di un'unica contabilità speciale per ciascun Ministero, alimentata esclusivamente dalle risorse destinate alle esigenze fronteggiabili con il fondo scorta, secondo quanto previsto dal regolamento di organizzazione e contabilità dell'amministrazione, o da una quota parte delle stesse, e dai relativi reintegri effettuati a valere sulle pertinenti unità elementari del bilancio. La predetta richiesta deve essere inviata almeno trenta giorni prima del termine previsto per la chiusura delle gestioni esistenti.

 

Al riguardo la nuova disposizione, oltre a stabilire che la Direzione di amministrazione interforze è ridenominata Direzione di amministrazione generale della Difesa, stabilisce che la medesima:

 

1.   è collocata nell'ambito dello Stato maggiore della difesa;

2.   per le funzioni connesse all'accreditamento agli enti, alla rendicontazione e al controllo, si avvale delle esistenti direzioni di amministrazione delle Forze armate.

Attualmente la Direzione di Amministrazione Interforze (Diraminter) assicura il finanziamento degli Enti amministrativamente dipendenti, attraverso la disponibilità dei fondi accreditati dall'amministrazione centrale sulle apposite contabilità speciali, e la resa dei conti relativi;  svolge funzioni di natura giuridico-amministrativa assegnate in base alla normativa vigente; esercita l'azione di controllo amministrativo nei confronti degli Enti amministrativamente dipendenti sia in sede ispettiva, sia in sede di revisione degli atti di gestione per conto anche dell'Ufficio Centrale del Bilancio (ex Ragioneria Centrale) presso il Ministero della Difesa. E' posta alle dirette dipendenze del Capo del 2° Reparto di Segredifesa. (per un approfondimento https://www.difesa.it/SGD-DNA/Staff/Reparti/II/DIRAMINTER/Pagine/default.aspx)

 

Restano salve le disposizioni del Testo unico delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 ( Testo unico delle disposizioni  regolamentari in materia di ordinamento militare) che recano norme in materia di contabilità speciali.

 

Al riguardo si ricorda, in particolare, che ai sensi dell’articolo 508 del richiamato TUOM il fondo scorta di cui all'articolo 551 del codice dell’ordinamento militare è utilizzato per fronteggiare momentanee deficienze di cassa presso i corpi, istituti e stabilimenti militari delle Forze armate e dell’Arma dei Carabinieri. All'inizio dell'anno, con decreto ministeriale, si provvede a ripartire fra gli enti lo stanziamento. Le somme così ripartite sono accreditate sulla contabilità speciale delle direzioni di amministrazione, per la successiva somministrazione agli enti stessi. Con decreto sono disposte le variazioni eventualmente necessarie durante l'anno. Le Direzioni di amministrazione, contestualmente alla ricezione della nuova assegnazione, se non hanno già provveduto, restituiscono le dotazioni del fondo scorta dell'anno precedente attribuite agli enti amministrativamente dipendenti. Se, nel corso dell'anno, sono disposte variazioni nella dotazione di fondo scorta, gli enti interessati restituiscono o ricevono la differenza dalla Direzione di amministrazione. Gli enti possono assegnare ai distaccamenti amministrativamente dipendenti parte della propria dotazione di fondo scorta per consentire di provvedere direttamente alle richiamate esigenze.


 

Articolo 24-ter
(Modifiche al Codice del Terzo settore)

 

 

L’articolo 24-ter interviene su alcune norme del Codice del terzo settore, decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.

Le modifiche riguardano la disciplina per il rimborso spese delle organizzazioni di volontariato, l’applicazione del regime dei titoli di solidarietà a tutti gli enti del Terzo settore, l'acquisto di titoli di Stato italiani per le somme raccolte con l'emissione dei titoli e non impiegate a favore degli enti del Terzo settore e l’abrogazione del richiamo al decreto attuativo.

L’articolo, inoltre, fornisce un nuovo criterio per la determinazione della natura commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore e interviene sulla disciplina per le deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore.

 

Per una panoramica dettagliata sulla disciplina del Terzo settore si rinvia alla lettura delle schede di approfondimento del tema Riforma del Terzo settore pubblicate dal Servizio studi della Camera dei deputati.

 

In particolare, il comma 1, modifica il comma 3, dell’articolo 33, del Codice che prevede che le organizzazioni di volontariato possono ricevere dai diretti beneficiari o da terzi, a titolo di corrispettivo per l’attività di interesse generale prestata, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.

Il comma conferma la disciplina previgente del rimborso spese per l'attività di interesse generale prestata, ma prevede una deroga al limite del solo rimborso delle spese per le attività svolte come attività secondarie e strumentali.

 

Si ricorda che l’articolo 6 del Codice prevede che gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di interesse generale (perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale), a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, tenendo conto dell'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all'insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale.

 

Il comma 2, modifica l’articolo 77 del Codice ovvero la disciplina dei cosiddetti titoli di solidarietà emessi dagli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia e rivolti a favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo settore non commerciali.

La lettera a) elimina il riferimento ai soli enti del Terzo settore non commerciali  quali soggetti che possono usufruire del sostegno dei titoli di solidarietà previsto al comma 1 dell’articolo 77 ed estende, quindi, l’applicazione dell’istituto a tutti gli enti del Terzo settore.

 

Si ricorda che l’articolo 77, comma 1, Titoli di solidarietà, dispone che al fine di favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di interesse generale, svolte dagli enti del Terzo settore non commerciali, iscritti al Registro, gli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia, in osservanza delle previsioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, possono emettere specifici «titoli di solidarietà», su cui gli emittenti non applicano le commissioni di collocamento.

 

La lettera b) del comma 2, attraverso una modifica formale al comma 5 dell’articolo 77, che fa riferimento agli enti richiamati al comma 1, a sua volta modificato dalla lettera a), lascia inalterata la possibilità per gli emittenti di erogare a titolo di liberalità una somma commisurata all'ammontare nominale collocato dei titoli ad uno o più enti del Terzo settore non commerciali per il sostegno di attività di interesse generale ritenute meritevoli sulla base di un progetto predisposto dagli enti destinatari della liberalità.

 

Il comma 5 stabilisce che gli emittenti possono erogare, a titolo di liberalità, una somma commisurata all'ammontare nominale collocato dei titoli, ad uno o più enti del Terzo settore di cui al comma 1, per il sostegno di attività di cui interesse generale, ritenute meritevoli dagli emittenti sulla base di un progetto predisposto dagli enti destinatari della liberalità. Qualora tale somma sia almeno pari allo 0,60 per cento del predetto ammontare agli emittenti spetta il credito d'imposta pari al 50 per cento delle erogazioni liberali.

 

Viene inserito un  nuovo periodo al comma 6 che dispone che le somme raccolte con l'emissione dei titoli e non impiegate a favore degli enti del Terzo settore entro dodici mesi dal loro collocamento sono utilizzate per la sottoscrizione o per l'acquisto di titoli di Stato italiani aventi durata pari a quella originaria dei relativi titoli.

Viene abrogato, infine, il comma 15 che prevede che le modalità attuative delle richiamata disciplina dei titoli di solidarietà sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il comma 3, inserisce il nuovo comma 2-bis all’articolo 79 in materia di imposte sui redditi, il quale dispone che le attività di interesse generale, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche, l'Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi d'imposta consecutivi.

Il comma 4 sopprime la parola “denaro” in tutto il comma 1 dell’articolo 83, disponendo quindi che le detrazioni previste dalla norma valgano per tutte le categorie di erogazioni liberali.

 

Si ricorda che l’articolo 83, comma 1, prevede che dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 30.000 euro. L'importo è elevato al 35 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, qualora l'erogazione liberale in denaro sia a favore di organizzazioni di volontariato. La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Il comma 5 stabilisce che la disciplina prevista dal nuovo comma 2-bis dell’articolo 79, e dall’articolo 77,  è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare alla Commissione europea i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica.

Fanno poi eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Infine, il comma 6 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, a valere sul Fondo nazionale per il servizio civile e sul Fondo destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale degli enti del Terzo settore, già finanziati dal Codice.

 


 

Articolo 24-quater
(
Fondo per gli investimenti delle Regioni
e le Provincie autonome colpite da eventi calamitosi)

 

 

L’articolo 24-quater, introdotto al Senato, istituisce un Fondo con una dotazione iniziale prevista di 474,6 milioni di euro per il 2019 e 50 milioni per l'anno 2020, per gli eventi calamitosi di settembre e ottobre 2018. Il fondo, da ripartire tra gli enti destinatari con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, è destinato alle esigenze per investimenti delle regioni e delle provincie autonome, in particolare per l'edilizia pubblica, comprese le manutenzioni e la sicurezza, la manutenzione della rete viaria, il dissesto idrogeologico.

 

Il comma 1 istituisce, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione iniziale di 474,6 milioni di euro per l'anno 2019 e 50 milioni di euro per l'anno 2020, al fine di far fronte alle esigenze derivanti dagli eventi calamitosi verificatisi nei mesi di settembre e ottobre del 2018.

Per quanto riguarda eventi calamitosi avvenuti nel mese di ottobre 2018, con la delibera del consiglio dei ministri dell’8 novembre 2018 è stato dichiarato per dodici mesi lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal giorno 2 ottobre 2018 nei territori delle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Successivamente, con l’ordinanza n. 558 del 15 novembre 2018 sono stati disposti i primi interventi urgenti di protezione civile attraverso la nomina dei presidenti delle regioni interessate a commissari delegati e l’intervento diretto delle Province autonome, individuando altresì le risorse necessarie, le norme in deroga ad ogni disposizione vigente e l’apertura delle contabilità speciali, per la realizzazione delle attività previste dalla medesima ordinanza.

Si sottolinea che in riferimento ad eventi calamitosi avvenuti nel mese di settembre 2018, citati nella disposizione in esame, non risultano pubblicate delibere riguardanti la dichiarazione dello stato di emergenza, per eventi calamitosi di rilievo nazionale che presentano i requisiti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c), prevista dall’art. 24 del Codice della protezione civile (D.Lgs. n. 1 del 2018).

 

Si stabilisce, inoltre, il successivo trasferimento del medesimo fondo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Il comma 2 specifica che il fondo è destinato alle esigenze per investimenti delle regioni e delle provincie autonome, indicando i seguenti settori di spesa: l'edilizia pubblica, comprese le manutenzioni e la sicurezza, la manutenzione della rete viaria, il dissesto idrogeologico.

Il comma 3 rinvia ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i ministri competenti, previa intesa da sancire in sede di Conferenza Stato- Regioni per l'individuazione degli enti destinatari, delle risorse per ciascun settore, dei comparti, dei criteri di riparto, degli importi da destinare a ciascun beneficiario e delle modalità di utilizzo, di monitoraggio, di rendicontazione e verifica, nonché delle modalità di recupero e di eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

In relazione al monitoraggio, si fa riferimento anche al criterio dell'effettivo utilizzo delle risorse assegnate e comunque al sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.

Si ricorda che il citato D.Lgs. reca l'attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.

Si prevede infine il termine del 31 gennaio 2019 per l'adozione dei suddetti decreti.

In tale ambito si ricorda che l’art. 25 del Codice di protezione civile (D.Lgs. n. 1 del 2018) stabilisce che le ordinanze di protezione civile dispongono, tra l’altro, ai sensi del comma 2 lettera e), la ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza.

Si valuti l’opportunità di un coordinamento della norma in esame con quanto disposto dagli articoli 25 e 44 del Codice di protezione civile relativi, rispettivamente, alla ricognizione dei fabbisogni per gli eventi calamitosi, attraverso l’emanazione di ordinanze di protezione civile, e all’utilizzo delle risorse previste nel Fondo per le emergenze nazionali.

 

Il comma 4 reca la copertura finanziaria, stabilendo a valere:

§  per l'anno 2019, per 13 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento del Ministero medesimo;

§  e, per 461,6 milioni di euro per l'anno 2019 e 50 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 9, commi da 1 a 7, del decreto-legge in esame, in materia di dichiarazione integrativa speciale, cui si rinvia.


 

Articolo 25
(Disposizioni in materia di CIGS per
riorganizzazione o crisi aziendale)

 

 

L’articolo 25 reca disposizioni in materia di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).

 

In particolare, modificando l’articolo 22-bis del D.Lgs. n.148/2015:

§  si sopprime il limite minimo dimensionale dell'organico dell'impresa (limite pari a 101 unità lavorative) richiesto per la concessione della proroga della CIGS - per riorganizzazione o crisi aziendale - oltre i limiti massimi di durata previsti dalla normativa generale. Resta fermo che la proroga in deroga può essere concessa solo negli anni 2018 e 2019 e restano ferme le altre condizioni relative ad essa. Queste ultime concernono, tra l'altro, la presentazione di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - e la circostanza che il programma o il piano - sottostanti la concessione del trattamento in oggetto - non siano attuabili entro i limiti generali di durata del trattamento (cfr., più in dettaglio, infra);

§  si prevede, secondo le stesse condizioni poste per la concessione della proroga suddetta e nell’ambito delle medesime risorse disponibili, la possibilità di concedere la proroga in deroga anche della CIGS relativa alla causale contratto di solidarietà, sino al limite massimo di 12 mesi, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo collettivo che costituisce il contratto di solidarietà.

Come accennato, per tutte le deroghe in oggetto si provvede mediante le risorse di cui al citato articolo 22-bis del D.Lgs. n.148, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

 

L’articolo 22-bis del D.Lgs. n. 148/2015 (introdotto dall’articolo 1, comma 133, della L. 205/2017) ha consentito, per il biennio 2018-2019, con riferimento alle imprese con organico superiore a 100 unità lavorative, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).

La deroga è ammessa per le imprese suddette che presentino una rilevanza economica strategica, anche a livello regionale, e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale. In tale ambito, la deroga è subordinata sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

§  il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;

§  il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

§  il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le prime due ipotesi, prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi. Per il complesso delle proroghe in esame è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro annui, per il biennio 2018-2019. Al relativo onere finanziario si provvede a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

 

È utile ricordare che i limiti di durata della CIGS (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. n. 148/2015, articoli 4 e 22, commi 3 e 5) sono, per ogni unità produttiva, pari a:

§  24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale;

§  12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a 2/3 di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).

 

Ai fini del computo dei limiti relativi al quinquennio mobile, non si tiene conto dei ratei di trattamenti di integrazione salariale inerenti al periodo precedente il 24 settembre 2015.

 

Si ricorda che per contratti di solidarietà si intendono gli accordi collettivi aziendali stipulati con i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, aventi ad oggetto una diminuzione dell'orario di lavoro finalizzata o ad evitare o limitare in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale (cd. contratti di solidarietà difensivi, che possono essere di tipo A[4] o tipo B[5]), oppure per favorire nuove assunzioni (cd. contratti di solidarietà espansivi). Attualmente, i contratti di solidarietà espansivi sono disciplinati dall’articolo 41 del D.Lgs. n. 148/2015 (la previgente normativa, contenuta nell’articolo 2 del D.L. n. 726/1984, è stata contestualmente abrogata dall’articolo 46 del medesimo D.Lgs. n. 148/2015). Il richiamato articolo 41 riconosce la concessione, ai datori di lavoro, nel caso in cui per incrementare gli organici, i contratti collettivi aziendali.

L’articolo 21 del D.Lgs. n. 148/2015 ha trasferito i contratti di solidarietà difensivi nell’ambito di applicazione della CIGS, anche in relazione alla misura delle prestazioni e alla contribuzione a carico dell’impresa.


 

Articolo 25-bis
(Trattamenti di mobilità in deroga
per le aree di Termini Imerese e di Gela)

 

 

Il presente articolo, introdotto nel corso dell’esame al Senato, precisa che, con esclusivo riferimento alle aree di crisi industriale complessa di Termini Imerese e di Gela, le disposizioni sulla possibilità di concessione di un trattamento di mobilità in deroga, previste dall’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, si applicano anche ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 2016 risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga (oltre che, come già previsto, a quelli che risultino beneficiari di uno dei suddetti due trattamenti alla data del 1° gennaio 2017) (comma 1).

 

Agli oneri derivanti dalla richiamata disposizione si provvede (comma 2) mediante le risorse finanziarie di cui all’articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, come ripartite tra le regioni con i decreti interministeriali 12 dicembre 2016 n. 1 e 5 aprile 2017 n. 12.

 

L'articolo 53-ter del D.L. 50/2017 ha consentito la destinazione, da parte delle regioni, di alcune risorse finanziarie alla corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga.

I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa (riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico) e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.

La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga di cui al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473.

La regione può destinare al fine in oggetto le risorse finanziarie stanziate per il 2016 ed il 2017 per la concessione di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, come già ripartite tra le regioni e nei limiti della quota non ancora utilizzata.

 

L'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto la possibilità di concedere un ulteriore intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga (sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa), entro un limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per il 2016 e di 117 milioni di euro per il 2017. Il trattamento può essere concesso, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta alla data dell'8 ottobre 2016. Per essere ammessa all'ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa ha l'obbligo di presentare un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, con contestuale dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni presenti nello stesso D.Lgs. 148/2015 né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Con i decreti interministeriali 1/2015 e 12/2017 le risorse sono state proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste, entro il limite massimo complessivo di spesa in precedenza richiamato. È previsto, infine, il monitoraggio da parte dell'INPS.


 

Articolo 25-ter
(Disposizioni in materia di mobilità in deroga)

 

 

L’articolo 25-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, amplia la platea di lavoratori, già occupati in imprese operanti in aree di crisi industriale complessa, ai quali può essere concessa, ricorrendo determinate condizioni, la mobilità in deroga.

 

Più nel dettaglio, l'articolo estende la concessione della mobilità in deroga, prevista dall’articolo 1, comma 142, della L. 205/2017, anche ai lavoratori, già occupati in imprese operanti in aree di crisi industriale complessa, che abbiano cessato o cessino la mobilità (ordinaria o in deroga) nei periodi dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2017 e dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2018 (per i casi di cessazione nel periodo dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018 il medesimo trattamento è riconosciuto dal richiamato articolo 1, comma 142, della L. n. 205/2017, cfr. infra). Il suddetto trattamento viene concesso per 12 mesi e a condizione che a tali lavoratori siano contestualmente applicate misure di politica attiva (individuate con apposito piano regionale) (comma 1); si prevede altresì che il lavoratore decada dal beneficio qualora trovi nuova occupazione a qualsiasi titolo.

 

Il richiamato articolo 1, comma 142, della L. n. 205/2017 ha disposto la concessione della mobilità in deroga alle medesime condizioni, per una durata massima di 12 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 per i lavoratori che cessino la mobilità (ordinaria o in deroga) nel semestre 1° gennaio 2018-30 giugno 2018.

 

All’applicazione della suddetta misura si provvede con le risorse - pari complessivamente a 34 milioni di euro per il 2018 - già stanziate (per il periodo dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018) dall’articolo 1, comma 143, della citata L. n. 205/2017 (comma 2) nonché mediante le riduzioni, nel complesso pari a 32,2 milioni di euro per l'anno 2019, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (per un importo pari a 18 milioni di euro) e del Fondo sociale per occupazione e formazione (per un importo pari a 14,2 milioni di euro (comma 3).

 

Si ricorda che l’articolo 53-ter del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ha consentito la destinazione, da parte delle regioni, di alcune risorse finanziarie alla corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga. I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.

La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473[6]. In particolare, la regione può destinare al fine in oggetto le risorse finanziarie stanziate per il 2016 ed il 2017 per la concessione di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, come già ripartite tra le regioni e nei limiti della quota non ancora utilizzata.


 

Articolo 25-quater
(Disposizioni in materia di contrasto del fenomeno del caporalato)

 

 

L’articolo 25-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede l'istituzione di un Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura (di seguito Tavolo), disponendo altresì una rimodulazione finanziaria del Fondo nazionale per le politiche migratorie e del Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

Il Tavolo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (o da un suo delegato) ed è formato da un numero di componenti[7] non superiore 15.

La definizione dell'organizzazione e del funzionamento del Tavolo e di eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità è demandata ad uno specifico decreto interministeriale, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame (commi 1 e 2).

 

La rete del lavoro agricolo di qualità è stata istituita dall'articolo 6 del D.L. 91/2014 (come modificato dall'articolo 8, comma 1, della L. 199/2016).

Il testo attualmente vigente prevede l'istituzione di tale rete presso l'INPS, alla quale possono partecipare le imprese agricole di cui all’articolo 2135 c.c. in possesso di specifici requisiti (quali non aver riportato condanne penali per violazioni in determinate normative; non essere state destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative, ancorché non definitive, per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse; essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi; applicare i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali; non essere controllate o collegate a soggetti che non siano in possesso dei requisiti indicati).

Alla Rete del lavoro agricolo di qualità possono aderire, attraverso la stipula di apposite convenzioni, gli sportelli unici per l'immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l'impiego, gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura, nonché i soggetti autorizzati alle attività di intermediazione nel mercato del lavoro e le agenzie per il lavoro.

Alla Rete del lavoro agricolo di qualità sovraintende una cabina di regia composta da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, dell'Ispettorato nazionale del lavoro a far data dalla sua effettiva operatività, dell'Agenzia delle entrate, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro a far data dalla sua effettiva operatività, dell'INPS e della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Fanno parte della cabina di regia anche tre rappresentanti dei lavoratori subordinati delle imprese agricole e un rappresentante dei lavoratori subordinati delle cooperative agricole e tre rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi dell'agricoltura e un rappresentante delle associazioni delle cooperative agricole firmatarie di contratti collettivi nazionali del settore agricolo nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali su designazione delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale maggiormente rappresentative. La cabina di regia è presieduta dal rappresentante dell'INPS[8].

Si prevede, inoltre, che le imprese che intendono partecipare alla suddette rete presentino istanza in via telematica. Entro trenta giorni dall'insediamento la cabina di regia definisce con apposita determinazione gli elementi essenziali dell'istanza.

Si segnala, poi, che l’articolo 9 della citata L. 199/2016 prevede la predisposizione di un piano di interventi contenente misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, nonché idonee forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (anche per la realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale).

 

Il Tavolo opera per tre anni dalla sua costituzione e può essere prorogato per un ulteriore triennio (comma 3).

 

Il Tavolo si avvale del supporto di una segreteria, costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 4).

 

La partecipazione ai lavori del Tavolo dà diritto esclusivamente a rimborsi per spese di viaggio e di soggiorno (comma 5).

 

Infine (comma 6), gli oneri relativi al funzionamento del Tavolo sono posti a valere sul Fondo nazionale per le politiche migratorie, mentre, per gli interventi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali concernenti il medesimo Fondo, si prevede che, a decorrere dal 2019, 7 milioni di euro annui siano trasferiti dal Fondo nazionale per le politiche sociali ad appositi capitoli di spese obbligatorie (nello stato di previsione del suddetto Ministero)[9]. In ogni caso, La spesa complessiva relativa agli oneri di funzionamento del Tavolo è a valere sul richiamato Fondo nazionale per le politiche migratorie.

 


 

Articolo 25-quinquies
(Completamento ricostruzione sisma 2012
agricoltura e agroindustria)

 

 

L'articolo 25-quinquies introdotto al Senato, inserisce un comma 4-bis nell'art. 3-bis del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), intervenendo sulle modalità di erogazione dei finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali - ubicate nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 - di cui ai provvedimenti dei Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto adottati ai sensi dell'art. 3, co. 1, D.L. 74/2012 (L. 122/2012).

 

In base alla disposizione citata, per soddisfare le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012 nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, d'intesa fra loro, stabiliscono, con propri provvedimenti adottati sulla base dei danni effettivamente verificatisi, priorità, modalità e percentuali entro le quali possono essere concessi contributi, anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate, fatte salve le peculiarità regionali.

Si vedano, rispettivamente, gli appositi siti tematici per l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto.

 

I finanziamenti agevolati sono erogati dalle banche (in deroga a quanto previsto dal co. 4 dello stesso art. 3-bis, D.L. 95/2012) sul conto corrente bancario vincolato intestato al beneficiario, in una unica soluzione entro il 31 dicembre 2018, e posti in ammortamento a decorrere dalla data di erogazione.

 

Per il co. 1 dell'art. 3-bis, D.L. 95/2012, i contributi - di cui all'art. 3, co. 1, lettere a), b) ed f), del D.L. 74/2012 (L. 122/2012) - sono destinati ad interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, nonché al risarcimento dei danni subiti dai beni mobili strumentali all'attività ed alla ricostituzione delle scorte danneggiate e alla delocalizzazione temporanea delle attività danneggiate dal sisma al fine di garantirne la continuità produttiva, e dei danni subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 (successivamente abrogato e sostituito dal regolamento UE n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari), relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari.

Tali contributi sono alternativamente concessi, su apposita domanda del soggetto interessato, con le modalità del finanziamento agevolato.

A tal fine, i soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 possono contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'ABI, assistiti dalla garanzia dello Stato, al fine di concedere finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici, nel limite massimo di 6 miliardi di euro.

 

In base al co. 4 del medesimo art. 3-bis, i finanziamenti agevolati, di durata massima venticinquennale, sono erogati e posti in ammortamento sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo.

 

Alla stessa data di erogazione, matura in capo al beneficiario del finanziamento il credito di imposta, che è contestualmente ceduto alla banca finanziatrice e calcolato sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese una tantum strettamente necessarie alla gestione del finanziamento.

Le somme depositate sui predetti conti vincolati sono utilizzabili sulla base degli stati di avanzamento lavori entro la data di scadenza indicata nei provvedimenti adottati dai Presidenti delle Regioni interessate e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2020.

Le somme non utilizzate entro la predetta data di scadenza ovvero entro la data antecedente in cui siano eventualmente revocati i contributi, in tutto o in parte, con provvedimento delle autorità competenti, sono restituite in conformità a quanto previsto dalla suddetta convenzione con l'ABI, anche in compensazione del credito di imposta già maturato.


 

Articolo 25-sexies
(Finanziamento di specifici obiettivi connessi all’attività di ricerca, assistenza e cura relativi al miglioramento dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza)

 

 

L’articolo 25-sexies, introdotto al Senato, per un totale pari a 32,5 milioni di risorse da vincolare a valere sul Fondo sanitario nazionale, già previsto per il 2017, a favore di strutture, anche private accreditate (da individuare con decreto del Ministero della salute) che svolgano particolari attività di ricerca, assistenza e cura nel campo dei trapianti, neoplasie e neuroriabilitazione.

 

L'articolo 25- sexies prevede, mediante novelle testuali all’articolo 18 del DL. 148/2017 (L. 172/2017), che sia effettuato anche nel 2018 l'accantonamento di risorse, già previsto per l'anno 2017, di 32,5 milioni complessivi, a valere sulle somme stanziate per il Fondo sanitario nazionale, da destinare a specifiche strutture sanitarie, anche private accreditate, come segue:

§  9 milioni a soggetti di rilievo nazionale ed internazionale, per riconosciute specificità e innovatività nell'erogazione di prestazioni pediatriche, con specifica prevalenza di trapianti di tipo allogenico;

§  12,5 milioni a soggetti che erogano, come centri di riferimento nazionale per l'adroterapia, trattamenti con irradiazione di ioni carbonio per specifiche neoplasie maligne;

§  11 milioni a soggetti riconosciuti di rilievo nazionale per il settore delle neuroscienze, che erogano programmi di alta specialità neuro-riabilitativa, di assistenza ad elevato grado di personalizzazione delle prestazioni e di attività di ricerca scientifica traslazionale per i deficit di carattere cognitivo e neurologico.

Il comma 2 precisa che il termine entro il quale deve essere adottato il decreto con il quale il Ministro della salute è chiamato all’individuazione delle strutture citate, è di 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, d’Intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Si ricorda che per il 2017 il termine di adozione del decreto è stato fissato in 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del richiamato DM 148/2017 (6 dicembre 2017) ed il previsto decreto del Ministero della salute è stato poi emanato il 16 febbraio 2018 (DM 5339/2018).

L’accantonamento di risorse in esame è comunque subordinato alla sottoscrizione, in sede di Conferenza Stato-regioni, di un'intesa sul riparto delle risorse vincolate a valere sulle disponibilità finanziarie per il SSN nel 2018 per la realizzazione di specifici obiettivi connessi ad attività di ricerca, assistenza e cura volti al miglioramento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Esso, pertanto, non produce effetti onerosi per la finanza pubblica, in quanto a valere su risorse del FSN già stanziate per il 2018.

La previsione di vincolare talune disponibilità del FSN al fine del miglioramento dei LEA è da ricondurre alla legislazione vigente di cui all'art. 1, comma 34 della legge n. 662 del 1996 (collegato fiscale alla legge finanziaria per il 1997) che prevede la possibilità per il CIPE, su proposta del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e province autonome, di accantonare determinate quote del Fondo sanitario nazionale, al fine, tra l’altro, di realizzare specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con determinate priorità volte a migliorare l'erogazione dei LEA.

 

Il (DM 5339/2018) adottato in attuazione dell’art. 18 del DL. 148/2017 ha individuato le seguenti strutture come destinatarie pro-quota dell’importo complessivo di 32,5 milioni di euro a valere sul Fondo sanitario nazionale:

§  l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù con sede a Roma per 9 milioni.

§  L’OPBG è un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) che svolge trapianti allogenici a carattere anche internazionale, con una quota trapianti sul territorio nazionale del 53,3%;

§  il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO)[10] con sede a Pavia, per 12,5 milioni.

§  La Fondazione CNAO è un centro di ricerca e trattamento dei casi tumorali non pediatrici che rientrano nei protocolli clinici autorizzati dal Ministero della Salute. L'adroterapia è una forma non invasiva di radioterapia per la lotta contro i tumori non aggredibili chirurgicamente perché localizzati in sedi anatomiche complicate da organi vitali, che utilizza particelle pesanti o adroni (protoni o ioni di carbonio).

§  la Fondazione Santa Lucia con sede a Roma, per 11 milioni.

Si tratta di un IRCCS che sulla base dei dati SDO (schede di dimissione ospedaliera) si contraddistingue per la contestuale prevalenza dei ricoveri nella neuroriabilitazione e della ricerca scientifica traslazionale nel settore delle neuroscienze.


 

Articolo 25-septies
(Disposizioni in materia di commissariamenti delle regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario)

 

 

L’articolo 25-septies, introdotto al Senato, modifica la disciplina in materia di commissariamenti delle regioni inadempienti e in situazione di piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, in particolare riaffermando il principio della incompatibilità del commissario ad acta con qualsiasi incarico istituzionale.

 

L’articolo 25-septies, al comma 1, mediante due novelle all’articolo 1, comma 395, della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016), in materia di criteri per la nomina del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, determina i seguenti effetti normativi:

 

§  lett. a): sopprimendo il primo periodo del predetto comma 395, si riafferma il principio che, nei casi di commissariamento della regione mediante nomina del commissario ad acta, precipuamente per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, il medesimo incarico di commissario deve intendersi incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi altro incarico istituzionale presso la medesima regione (e pertanto anche con l'incarico di Presidente della regione), come previsto dalla normativa vigente di cui al comma 569, art. 1, della L. 190/2014.

 

In base alla procedura regolamentata dall'articolo 4, comma 2, del D.L. n. 159/2007, qualora dopo formale diffida, la regione risulti inadempiente alle azioni indicate e previste dai Piani di rientro in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, viene prevista la nomina del commissario ad acta , per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro. Si ricorda che il Commissario ad acta è nominato da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Si ricorda che in base al tale normativa, il commissario deve inoltre possedere un curriculum che attesti "qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti";

 

§  lett. b): reca un coordinamento formale con la precedente novella che sopprime il riferimento alle regioni soggette a commissariamento in base alla procedura di cui al sopra citato art. 4, comma 2, del D.L. n. 159/2007; viene pertanto indicato che si riferisce a tali regioni la relazione predisposta dal Comitato permanente per la verifica dei LEA ed il Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti da presentare, semestralmente, ai Ministri della salute ed economia e finanze, e da trasmettere al Consiglio dei ministri, in ordine al monitoraggio dell’equilibrio del bilancio e dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

 

Le lett. a) e c) del comma 2 recano anch’esse novelle di coordinamento formale, intervenendo, rispettivamente:

§  sul primo periodo del comma 569, della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014), aggiungendo il caso del commissariamento regionale mediante commissario ad acta di nomina governativa - ai sensi dell’art. 4, comma 2, del D.L. 159/2007 (v. ante) - tra gli incarichi incompatibili con qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento finalizzato al riequilibrio finanziario;

§  sulla lett. d) del citato comma 569, abrogandone l’intera disposizione, che prevedeva, in caso di impedimento del Presidente della regione nominato commissario ad acta, la nomina, da parte del Consiglio dei ministri, di un altro commissario ad acta con determinati poteri, fino alla cessazione della causa di impedimento del commissario sostituito.

 

La lettera b) del comma 2, invece, novellando il secondo e terzo periodo del citato comma 569, modifica sostanzialmente i requisiti del commissario ad acta ai fini della sua nomina per attuare il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario. La disposizione precisa che sono necessari - oltre al possesso di qualificate e comprovate professionalità – una specifica esperienza di gestione sanitaria (in luogo di una più generale “esperienza di gestione sanitaria”) e l’aver ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessità, anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalità. Inoltre, la novella in esame sopprime implicitamente la disposizione del terzo periodo del citato comma 569 che prevede l’incompatibilità del commissario ad acta applicarsi solo alle nomine effettuate successivamente all’entrata in vigore della L. 190/2014 che l’ha disposta.

 

Conseguentemente, il comma 3 specifica che le novelle sopra descritte hanno efficacia anche con riferimento ai commissari ad acta già nominati, a qualunque titolo, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per i casi in cui il commissario già nominato ricada nella suddetta incompatibilità, il Consiglio dei Ministri provvede, entro il termine di 90 giorni, in base alla procedura di cui all’articolo 2, comma 79, della legge 191/2009, alla nomina di un altro commissario. In ogni caso, il commissario precedente resta in carica fino al perfezionarsi della nuova nomina.

La citata procedura di cui al comma 79 prevede, tra l’altro, che in caso di riscontro negativo del piano di rientro della regione in squilibrio finanziario, ovvero in caso di mancata presentazione del piano, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta per la predisposizione dello stesso e per la sua attuazione per la sua intera durata.

 

Viene infine modificato il titolo II del decreto-legge in esame, aggiungendo la specifica che le disposizioni trattate nell’ambito di tale titolo ineriscono anche la materia sanitaria.


 

Articolo 25-octies
(Misure per il rilancio di Campione d'Italia)

 

 

L’articolo 25-octies, introdotto al Senato, reca numerose misure volte al rilancio di Campione d’Italia.

 

In particolare si prevede:

§  la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di un commissario straordinario incaricato di valutare la sussistenza delle condizioni per l'individuazione di un nuovo soggetto giuridico per la gestione della casa da gioco nel comune di Campione d'Italia (commi da 1 a 3);

§  numerose modifiche al regime fiscale di persone fisiche e società di Campione d'Italia, cui sono concesse specifiche agevolazioni (che consistono nella riduzione delle imposte sui redditi e dell’IRAP) (commi da 4 a 6);

§  la copertura degli oneri derivanti dalle suddette agevolazioni (comma 7).

 

Il comma 1 dispone la nomina del Commissario straordinario - con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il D.P.C.M. di nomina dovrà essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Detta nomina viene disposta nelle more della revisione della disciplina dei giochi.

Il Commissario straordinario deve valutare la sussistenza delle condizioni per l'individuazione di un nuovo soggetto giuridico per la gestione della casa da gioco nel Comune di Campione d'Italia.

 

Ai sensi del comma 2, il Commissario è chiamato a predisporre, entro 45 giorni, un piano degli interventi da realizzare, anche in raccordo con gli enti locali e territoriali della regione Lombardia, al fine di superare la crisi sociale e occupazione del territorio. Al Commissario non spettano compensi, gettoni o altri emolumenti (comma 3).

 

Il comma 4 novella l'articolo 188-bis del TUIR (di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) in tema di redditi prodotti a Campione d’Italia in valuta estera e assoggettati a tassazione secondo le regole nazionali.

Il vigente articolo 188-bis prevede che, a fini IRPEF, i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune, per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi sono computati in euro sulla base del cambio (ai sensi delle norme generali sui redditi prodotti in valuta estera di cui all'articolo 9, comma 2), ridotto forfetariamente del 30 per cento. Tale percentuale, maggiorata o ridotta in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra le due valute, è stabilita con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate e non può comunque essere inferiore al 20 per cento (articolo 1, comma 632 della legge n. 147 del 2013). Da ultimo l’Agenzia delle Entrate, con provvedimento dell’8 febbraio 2018, ha fissato l’importo della riduzione forfetaria del cambio nella misura del 28,02 per cento. I predetti soggetti assolvono il loro debito d'imposta in euro.

Si considerano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d'Italia, sono iscritte nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica.  A fini IRPEF, i redditi di pensione e di lavoro prodotti in euro dai soggetti di cui al presente articolo concorrono a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 6.700 euro (cd. franchigia).

 

Con la novella in esame (novellato comma 1 dell’articolo 118-bis):

§  si chiarisce che i redditi IRPEF per cui vale la riduzione forfettaria del cambio sono quelli diversi dai redditi d’impresa;

§  si includono nell’agevolazione i redditi di lavoro autonomo di professionisti e con studi nel Comune di Campione d’Italia;

§  viene soppresso il limite dei 200.000 franchi per cui opera la deduzione forfettaria del cambio, rendendola dunque applicabile all’intero ammontare dei menzionati redditi.

 

Il nuovo comma 2 dell’articolo 188-bis detta una specifica disciplina relativa ai redditi d'impresa realizzati dalle imprese individuali, dalle società di persone e da società ed Enti IRES (di cui all'articolo 73, comma 1 lettere a), b) e c) dello stesso TUIR) aventi sede a Campione d’Italia.

 

In particolare, destinatarie della norma sono le seguenti tipologie di società ed enti, iscritti alla Camera di Commercio di Como e aventi la sede sociale operativa, o una unità locale, nel Comune di Campione d'Italia:

a)   le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee (di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001) e le società cooperative europee (di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) residenti nel territorio dello Stato;

b)  gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c)   gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato.

 

Per i summenzionati soggetti, i redditi prodotti in franchi svizzeri sono computati in euro sulla base del cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti (ai sensi dell’articolo 9, comma 2 TUIR); tale cambio è ridotto forfetariamente del 30 per cento. A tal fine le imprese che svolgono attività anche al di fuori del Comune di Campione d'Italia devono tenere apposita contabilità separata.

Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio dell'attività svolta nel Comune di Campione d'Italia e al di fuori di esso concorrono alla formazione del reddito prodotto nel citato Comune per parte del loro importo: tale parte corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi o compensi e altri proventi che concorrono a formare il reddito prodotto dall'impresa nel territorio di Campione d'Italia e l'ammontare complessivo dei ricavi o compensi e degli altri proventi.

 

I commi 3 e 4 del novellato articolo 188-bis riproducono quanto attualmente previsto dalle vigenti norme, rispettivamente ai commi 2 e 3 (relativi all’assolvimento dell’imposta in euro ed al trattamento degli iscritti all’AIRE).

 

Il nuovo comma 5 dell’articolo 188-bis introduce una ulteriore agevolazione, valida per i soggetti IRPEF e IRES summenzionati, ai sensi della quale i redditi prodotti in euro concorrono a formare il reddito complessivo al netto di una riduzione; tale riduzione è pari alla percentuale di abbattimento calcolata per i redditi in franchi svizzeri (ai sensi dei nuovi commi 1 e 3), con un abbattimento minimo di 26.000 euro.

Le agevolazioni sono concesse nel rispetto delle disposizioni europee in materia di aiuti de minimis, ivi compresi quelli nel settore agricolo.

 

Conseguentemente all’introduzione delle agevolazioni in esame, le norme non riproducono la cd. franchigia IRPEF prevista dal vigente articolo 188-bis.

 

Il comma 5 dell’articolo 25-octies in commento modifica l'articolo 17 del decreto legislativo n. 446 del 1997, per chiarire i criteri di calcolo della base imponibile IRAP (valore della produzione IRAP) con riferimento alla parte prodotta in franchi svizzeri a Campione d’Italia (nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’articolo 17).

Di conseguenza, a fini IRAP, il valore della produzione netta espressa in franchi svizzeri (calcolato secondo le ordinarie modalità di legge) è computato in euro sulla base del già menzionato cambio (di cui all'articolo 9, comma 2) e, per tali importi, il cambio è ridotto forfetariamente del 30 per cento.

Al valore della produzione netta espressa in euro si applica la medesima riduzione calcolata per i franchi svizzeri, in base a quanto previsto nel primo periodo, con un abbattimento minimo di 26.000 euro.

Nel caso in cui l'impresa svolga la propria attività anche al di fuori del territorio di Campione d'Italia, ai fini dell'individuazione della quota di valore della produzione netta per cui è possibile beneficiare delle predette agevolazioni di  si applicano le disposizioni generali IRAP relative all’individuazione territoriale della base imponibile (valevole per il caso in cui l’attività sia esercitata nel territorio di più regioni: articolo 4, comma 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997).

Anche con riferimento a tale disciplina, si richiede la compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti de minimis.

 

Il comma 6 adegua il contenuto del comma 632 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) riguardo alla percentuale applicabile per la riduzione forfetaria del cambio (cfr. supra) applicabile ai soggetti iscritti all’anagrafe di Campione d’Italia, a fini IRPEF.

Con le norme in esame resta ferma la possibilità in capo all’Agenzia delle Entrate di aumentare o ridurre la predetta percentuale, in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra l’euro e il franco svizzero: con le modifiche in esame si prevede che detta percentuale  non possa comunque essere inferiore al 30 per cento, in luogo del vigente 20 per cento.

 

Si segnala che per effetto delle norme in esame la manovrabilità della riduzione dei cambi sussiste solo con riferimento all’IRPEF, dal momento che l’articolo 1, comma 632 della legge di stabilità 2014 si riferisce a percentuale di cui all'articolo 188-bis, comma 1 TUIR.

 

Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dall’agevolazione in esame in 7,4 milioni di euro per l'anno 2019, a 11,33 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10,53 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. Ad essi si provvede, per il 2019 e il 2020, mediante corrispondente riduzione, per gli stessi anni, di quota parte delle maggiori entrate derivante dall'articolo 9, commi da 1 a 8 (alla cui scheda si rinvia; si tratta degli introiti per la regolarizzazione degli errori formali). A decorrere dal 2021, agli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Per quel che concerne il Fondo ISPE, si ricorda che esso, istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.


 

Articolo 25-novies
(Imposta sui trasferimenti di denaro all'estero
effettuati dai cd.
money transfer)

 

 

L’articolo 25-novies, introdotto al Senato, istituisce dal 1º gennaio 2019 un'imposta sui trasferimenti di denaro effettuati verso Paesi non appartenenti all'Unione Europea, dai cd. money transfer, ovvero gli istituti di pagamento che offrono il servizio di rimessa di somme di denaro.

 

L’imposta, che non si applica ai trasferimenti di denaro per transazioni commerciali, è istituita sui trasferimenti effettuati dagli istituti di pagamento (disciplinati dall'articolo 114-decies del TUB) che offrono il servizio di rimessa di somme di denaro, come definito dall'articolo 1, comma 1, lettere b) ed n) del decreto legislativo n. 11 del 2010.

 

Per rimessa di denaro o “money transfer” si intende il servizio di trasferimento effettuato senza far transitare i fondi su rapporti di conto intestati all’ordinante o al beneficiario. La richiamata lettera n) chiarisce, più in dettaglio, che la rimessa di denaro consiste nel servizio di pagamento in cui, senza l'apertura di conti di pagamento a nome del pagatore o del beneficiario, il prestatore di servizi di pagamento riceve i fondi dal pagatore, con l'unico scopo di trasferire un ammontare corrispondente, espresso in moneta avente corso legale, al beneficiario o a un altro prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario, e/o dove tali fondi sono ricevuti per conto del beneficiario e messi a sua disposizione.

 

Nel silenzio delle disposizioni in esame, che rimettono a provvedimenti di rango secondario l’individuazione delle modalità di versamento e riscossione dell’imposta, non appare chiaro se il soggetto passivo è l’istituto di pagamento che effettua il servizio ovvero i clienti degli istituti di pagamento medesimi.

 

L'imposta è dovuta in misura pari all'1,5 per cento del valore di ogni singola operazione effettuata, a partire da un importo minimo di 10 euro (comma 2).

 

Il MEF, d'intesa con l'Agenzia delle Entrate, sentita la Banca d'Italia, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, emana uno o più provvedimenti per determinare le modalità di riscossione e di versamento dell'imposta sulle rimesse di somme di denaro (comma 3).

Si chiarisce che nel pieno rispetto delle vigenti normative antiriciclaggio, tali trasferimenti di denaro sono perfezionati esclusivamente su canali di operatori finanziari che consentono la piena tracciabilità dei flussi.

 

Si segnala inoltre che per la complessità ed i profili di rischio attinenti ai predetti servizi (si veda il rapporto UIF sul 2017 e l’Audizione della UIF presso la VI Commissione Finanze della Camera dell’aprile 2016) la normativa antiriciclaggio prevede norme più stringenti con riferimento a tale servizio.

In deroga ai generali limiti per l’uso del contante (articolo 49, comma 1 del D.Lgs. 231/2007) che vietano di trasferire denaro contante o titoli al portatore per somme maggiori o uguali a 3.000 euro, per il servizio di money transfer la soglia per l’uso del contante è invece fissata a 1.000 euro (articolo 49, comma 2, del D.Lgs.n. 231 del 2007).

Inoltre, i soggetti convenzionati e gli agenti di cui si avvalgono i servizi di pagamento per la propria attività in Italia, in caso di operazioni occasionali di rimessa di denaro, devono comunicare all’intermediario o al punto di contatto centrale i dati acquisiti dal cliente prima dell’esecuzione dell’ordine, quale che sia l'importo dell'operazione. Ciò avviene in deroga alla generale disciplina che prevede che tale comunicazione sia effettuata 20 giorni dall'effettuazione dell'operazione.


 

Articolo 25-decies
(Disposizioni in materia di imposte di consumo ai sensi del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504)

 

 

L’articolo 25-decies reca una complessiva riforma delle imposte gravanti sui succedanei dei prodotti da fumo e sulla disciplina relativa alla loro commercializzazione.

In sintesi, viene abrogata l'imposta di consumo per i succedanei dei tabacchi lavorati; sono ridotte l’imposta sui prodotti da inalazione senza combustione e l’accisa gravante sui tabacchi da inalazione senza combustione. Sono rese più stringenti le norme in tema di commercializzazione di tali prodotti.

 

Il comma 1 abroga l'attuale imposta di consumo per i succedanei dei tabacchi lavorati, di cui al comma 1 dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo Unico Accise – TUA).

Tali norme assoggettano i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze, idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati, ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico.

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 1, comma 8 del D.Lgs. n. 188 del 2014 (che, in ottemperanza alla legge di delega fiscale n. 23 del 2014, ha riformato le accise sui tabacchi), i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che consentono il consumo di tali prodotti, si intendono sottratti all'imposizione.

Sono dunque apportate le relative modifiche di coordinamento (comma 2) all’articolo 62-quater.

 

Viene poi alleggerito (comma 3, lettera a)) il regime di imposizione dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina (esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219), di cui al comma 1-bis dell'articolo 62-quater del TUA.

Per effetto del citato decreto legislativo n. 188 del 2014, detti prodotti da inalazione senza combustione sono stati assoggettati ad imposta di consumo in misura pari al 50 per cento dell’accisa gravante sull’equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale.

Le modifiche in esame riducono tale percentuale dal 50 al 10 per cento, per i prodotti contenenti nicotina, e al 5 per cento per i prodotti che non la contengono.

 

La lettera b) del comma 2 apporta modifiche di coordinamento.

 

Si ricorda che il pagamento delle imposte di consumo di cui all'art. 62-quater, commi 1 e 1-bis, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 è stato sospeso fino al 18 dicembre 2018 dall’articolo 8, comma 4-bis del decreto-legge cd. proroga termini (decreto-legge n. 91 del 2018).

 

Il comma 4 chiarisce la decorrenza delle norme del novellato articolo 62-quater, che si applicano dal 1° gennaio 2019.

 

Il comma 5 modifica l'articolo 21, comma 11, del decreto legislativo n. 6 del 2016 (provvedimento che ha recepito la direttiva 2014/40/UE sulla lavorazione, la presentazione e la vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati).

Il richiamato articolo 21 disciplina le sigarette elettroniche, vietando al comma 11 la vendita a distanza di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, ai consumatori che acquistano nel territorio dello Stato.

Con le modifiche in esame si chiarisce:

§  che il divieto di vendita è valido anche su base transfrontaliera;

§  che la vendita a distanza dei prodotti da inalazione senza combustione (indicati al comma 1-bis dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995) nel territorio nazionale è consentita solo ai soggetti che siano stati autorizzati alla istituzione e alla gestione di un deposito di prodotti liquidi da inalazione (ai sensi dell'articolo 62-quater, comma 2, del predetto decreto e delle relative norme di attuazione);

§  che restano comunque fermi i divieti e le restrizioni di vendita ai soggetti minori di età (di cui all'articolo 24 del R.D. 2316 del 1934), i quali vengono estesi, in via precauzionale, anche ai prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide non contenenti nicotina.

Ai sensi del richiamato articolo 24, chiunque vende prodotti del tabacco o sigarette elettroniche o contenitori di liquido di ricarica, con presenza di nicotina o prodotti del tabacco di nuova generazione ha l'obbligo di chiedere all'acquirente, all'atto dell'acquisto, l'esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età dell'acquirente sia manifesta. A chiunque vende o somministra ai minori di anni diciotto i prodotti del tabacco o sigarette elettroniche o contenitori di liquido di ricarica, con presenza di nicotina o prodotti del tabacco di nuova generazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500,00 a euro 3.000,00 e la sospensione per quindici giorni della licenza all'esercizio dell'attività. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000,00 a euro 8.000,00 e la revoca della licenza all'esercizio dell'attività.

 

Il comma 6 modifica l'articolo 25, comma 4 del decreto legislativo n. 6 del 2016, al fine di estendere la disciplina sanzionatoria ivi prevista per le sigarette elettroniche anche alle fattispecie che riguardano il liquido di ricarica delle sigarette elettroniche.

Più in dettaglio, l’articolo 25 reca la disciplina sanzionatoria applicabile al fabbricante ed all'importatore che (salvo che il fatto costituisca reato) producono, importano o immettono sul mercato sigarette elettroniche senza rispettare le prescrizioni di legge, o che svolgono comunicazioni commerciali o compiono forme di contributi pubblici o privati in violazione dei divieti di pubblicità (di cui all'articolo 21, comma 10 del medesimo provvedimento). A tali ipotesi  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 30.000,00 a euro 150.000,00.

Inoltre, salvo che il fatto costituisca reato, al soggetto distributore o al rivenditore che vende sigarette elettroniche in violazione: delle disposizioni sui requisiti dei liquidi contenenti nicotina (di cui all’articolo 21, comma 6); si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500,00 a euro 5.000,00.

 

Il comma 7 modifica l’articolo 1, comma 50-bis, lettera a) della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), che consente all’Agenzia delle Dogane, tra l’altro, di inibire siti web contenenti l’offerta di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina, ove si difetti di apposita autorizzazione; con le modifiche in esame si chiarisce che la predetta autorizzazione è riferita all’istituzione e alla gestione di un deposito di prodotti liquidi da inalazione (ai sensi dell’articolo 62-quater, comma 2 del TUA e relative norme di attuazione).

 

Il comma 8 integra l’articolo 2, lettera s) del richiamato D.Lgs. n. 6 del 2016, al fine di estendere la definizione di “contenitori di liquido di ricarica” ai flaconi che contengono un liquido contenente nicotina utilizzabile per ricaricare una sigaretta elettronica, anche ove vaporizzabile solo a seguito di miscelazione con altre sostanze.

 

Il comma 9 introduce nell’articolo 62-quater TUA un nuovo comma 7-ter, ai sensi del quale l'ambito di applicazione del regime fiscale ivi previsto (nonché l’intero contenuto dell’articolo medesimi) è esteso anche ai prodotti da inalazione senza combustione contenenti nicotina utilizzabili per ricaricare una sigaretta elettronica, anche ove vaporizzabili solo a seguito di miscelazione con altre sostanze.

 

Il comma 10 inserisce nell’articolo 32 del D.Lgs. n. 6 del 2016 un nuovo comma 17-bis, per effetto del quale si vieta l'immissione sul mercato di prodotti contenenti nicotina utilizzabili per ricaricare sigarette elettroniche, anche ove vaporizzabili solo a seguito di miscelazione con altre sostanze, diversi da quelli disciplinati dal medesimo articolo 21.

 

Il comma 11 affida all’ISTAT, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, le Camere di Commercio, le Associazioni di categoria del settore sigarette elettroniche maggiormente rappresentative e gli enti preposti, il compito di istituire, entro il 24 gennaio 2019 (tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto-legge in esame) il codice principale Ateco per il settore delle sigarette elettroniche e liquidi da inalazione nonché i vari sottocodici.

 

A partire dal 1° gennaio 2008 l’Istat ha adottato la classificazione delle attività economiche Ateco 2007, che costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea Nace Rev. 2, pubblicata sull’Official Journal il 20 dicembre 2006 (Regolamento (CE) n.1893/2006 del PE e del Consiglio del 20/12/2006). L’Ateco 2007 è stata definita ed approvata da un Comitato di gestione appositamente costituito che prevede la partecipazione, oltre all’Istat che lo coordina, di alcune figure istituzionali: i Ministeri interessati, gli Enti che gestiscono le principali fonti amministrative sulle imprese (mondo fiscale e camerale, enti previdenziali ecc.) e le principali associazioni imprenditoriali.

Ciò consente alla statistica ufficiale, al settore fiscale e quello camerale di adottare la stessa classificazione delle attività economiche.

 

Il comma 12 modifica l'articolo 39-terdecies, comma 3, del decreto legislativo 504 del 1995 al fine di ridurre l’accisa gravante sui tabacchi da inalazione senza combustione (prodotti del tabacco non da fumo che possono essere consumati senza processo di combustione).

Detti prodotti sono attualmente sottoposti ad accisa in misura pari al cinquanta per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette, e alla equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche chiarite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli secondo specifiche condizioni di legge.

Per effetto delle modifiche in esame, si riduce l’accisa sui tabacchi da inalazione senza combustione dal 50 al 25 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette.

 

Il comma 13 prevede che alla copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 70 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provveda:

§  quanto a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e per 63 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 9, commi da 1 a 7 (sulle irregolarità formali), e 25-novies (imposta sui cd. money transfer, alla cui scheda di lettura si rinvia);

§  quanto a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014;

§  quanto a 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004.


 

Articolo 25-undecies
(Disposizioni in materia di determinazione
del prezzo massimo di cessione
)

 

 

L’articolo 25-undecies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene, in novella all'articolo 31 della legge n. 449/1998, sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo per la cessione del diritto di proprietà ovvero del diritto di superficie delle singole unità abitative e loro pertinenze edificate in regime di edilizia residenziale convenzionata. La disposizione prevede che il vincolo del prezzo massimo di cessione può essere rimosso con atto pubblico o scrittura privata autenticata, a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile (e non più, come attualmente previsto, mediante convenzione in forma pubblica stipulabile con il Comune solo da parte del singolo proprietario), dietro il pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo. Si prevede inoltre che:

§  i Comuni possono concedere dilazioni di pagamento di tale corrispettivo;

§  in pendenza della rimozione dei vincoli, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato;

§  l'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza si estingue con la rimozione dei vincoli;

§  la nuova disciplina si applichi anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame.

 

Con l’espressione “Edilizia residenziale convenzionata” si fa riferimento a quegli interventi di edilizia residenziale pubblica (ERP) posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di concessioni da parte dell’Amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti l’urbanizzazione delle aree e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati.

Nell’ambito della “Edilizia residenziale convenzionata” rientrano le seguenti tipologie di convenzioni:

§  la convenzione di attuazione di un Piano di Edilizia Economico Popolare (P.E.E.P.), disciplinata dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971 che ha definito procedimento di edilizia residenziale pubblica;

§  la convenzione per la riduzione del contributo concessorio al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire; questa convenzione è disciplinata dall'art. 18 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (T.U. in materia edilizia).

 

La disposizione in commento interviene sulla disciplina introdotta con il decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, che ha modificato (attraverso l’inserimento dei commi 49-bis e 49-ter all’art. 31 della legge n.  448 del 1998) la disciplina dettata con riguardo ad entrambe le suddette convenzioni, al dichiarato fine di “agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari”. In particolare, con tali commi aggiuntivi si è disposto che i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e delle singole pertinenze, nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni previste dall'art. 35 della legge 865/1971 sull’ERP – "stipulate per la cessione del diritto di proprietà precedentemente alla legge n. 179 del 1992" o per la cessione del diritto di superficie – possono essere rimossi dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione dietro corrispettivo.

Tali norme si applicano anche alle convenzioni-tipo previste dall'art. 18 del D.P.R. n. 380 del 2001 (TU edilizia) che la regione deve approvare ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli interventi di edilizia abitativa convenzionata (comma 49-ter).

 

Il comma 1, lettera a), della disposizione in esame, sostituendo interamente il comma 49-bis dell’art. 31 della L. 448/1998:

§  prevede che il vincolo per la cessione del diritto di proprietà o di superficie può essere rimosso - dopo che siano trascorsi cinque anni dalla data del primo trasferimento - "con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri immobiliari. Tali atti sono quindi soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari (la norma vigente prevede, invece, la rimozione mediante convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione);

Rispetto alla disciplina attualmente vigente, la disposizione in esame sembra, pertanto, finalizzata a consentire anche al venditore non più proprietario di sanare a posteriori il trasferimento dell'immobile effettuato a prezzo di mercato, liberando, cioè, ex post l'alloggio dal vincolo del prezzo massimo di cessione attraverso la stipula non più di una convenzione in forma pubblica con il comune, bensì di un atto pubblico o scrittura privata autenticata soggetta a trascrizione ed il correlato versamento dell'importo previsto dalla legge.

Si ricorda che, in materia, la Corte di cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015 ha stabilito che il vincolo del prezzo massimo di cessione dell'immobile in regime di edilizia agevolata, qualora non sia intervenuta la convenzione di affrancazione (ex art. 31, comma 49-bis, della l. n. 448 del 1998), segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita. In particolare, la Corte di cassazione, nella citata sentenza, ha affermato il principio secondo cui "il vincolo del prezzo massimo di cessione di immobili realizzati nell'ambito dell'edilizia economica e popolare ex art. 35, L. n. 865/1971 non spiega efficacia limitata al primo trasferimento, quello, cioè, intervenuto tra il costruttore ed il primo avente causa, ma segue l'immobile, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà”, precisando che “Tale soluzione interpretativa evita che le agevolazioni concesse a soggetti in precarie condizioni economiche per acquistare la proprietà, piena o superficiaria, di alloggi costruiti con il contributo dello Stato, si trasformino in uno strumento di speculazione, eludendo così gli scopi perseguiti dalla normativa di settore". Peraltro, la citata sentenza della Cassazione (il cui principio di diritto è stato, da ultimo, ribadito dalla sentenza della Cassazione civile, Sez. II, 28 maggio 2018, n. 13345) non è valsa a dissipare del tutto le incertezze interpretative, come dimostrato dalla recente ordinanza del Tribunale di Roma del 17 aprile 2018 con la quale è stata respinta la domanda di un acquirente che chiedeva la restituzione della somma eccedente il prezzo massimo di cessione, limitando la condanna del venditore esclusivamente alle assai più contenute somme necessarie per ottenere la cosiddetta affrancazione dell'immobile, e ciò al fine di scongiurare la c.d. "speculazione inversa" posta in essere dall'acquirente il quale "una volta ottenuta in giudizio l'intera somma di prezzo eccedente dal venditore, suo dante causa, proceda subito dopo, quale proprietario, alla liberazione del vincolo di prezzo massimo ai sensi del comma 49-bis" (ossia mediante atto pubblico di affrancazione soggetto a trascrizione).

La disposizione in commento stabilisce che chiunque abbia interesse possa affrancare gli immobili in questione e che, dunque, non più i soli attuali proprietari, ma anche i venditori hanno diritto di chiedere direttamente la c.d. affrancazione al Comune competente. Ulteriori elementi di agevolazione della procedura di rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione sono rappresentati, inoltre, dal fatto che l’affrancazione potrà essere stipulata anche con scrittura privata autenticata e che l’eventuale pretesa di rimborso della differenza del prezzo si estingue con l’affrancazione, alla quale peraltro si riconosce anche l’effetto di rimuovere i vincoli soggettivi (quali quelli di natura reddituale), oltre che quello del prezzo massimo di cessione (per tali ulteriori profili v. infra il commento al comma 1, lettera b). La ratio della disposizione in commento sembra, dunque, essere quella di estendere le fattispecie di applicazione della procedura di rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione, consentendo che di tale facoltà possano avvalersi, oltre che gli attuali proprietari, anche i venditori non più titolari di diritti reali sul bene immobile in questione, configurando l’eventuale pagamento dell’onere dell’affrancazione da parte del venditore non più come oggetto di una transazione contrattuale tra le parti bensì come l’esecuzione di un adempimento legale. Per i contratti di compravendita stipulati prima dell’entrata in vigore della presente disposizione (alla sanatoria dei cui effetti la disposizione in commento appare preordinata), il richiamato adempimento (cioè il versamento del corrispettivo per l’affrancazione) per i venditori non è, peraltro, configurato dalla disposizione in esame in termini di obbligo, bensì quale facoltà di richiesta, con la conseguenza che, ove il venditore non più titolare di diritti reali sul bene immobile non dovesse spontaneamente provvedere ad avanzare richiesta di rimozione del vincolo relativo all’immobile da lui già alienato, a tale adempimento, e al connesso onere di versamento al Comune del corrispettivo dell’affrancazione, dovrebbe provvedere la parte acquirente convenzionata.

Ciò premesso, si valuti l’opportunità di precisare, tenuto conto della clausola di retroattività di cui al comma 2, che, per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del presente articolo, l’onere di fare richiesta di rimozione del vincolo e di provvedere al versamento del corrispettivo di affrancazione ricade anzitutto sulle persone fisiche non più titolari di diritti reali sul bene immobile.

 

§  sopprime il riferimento, ora contenuto nel vigente comma 49-bis del citato art. 31, alle sole convenzioni stipulate precedentemente alla legge n. 179 del 1992 (entrata in vigore il 15 marzo 1992) per la delimitazione dell’ambito di applicazione della disciplina in materia di rimozione dei vincoli per la cessione del diritto di proprietà ovvero per la cessione del diritto di superficie;

A tale proposito si ricorda che l'originaria formulazione dell'articolo 35 della legge n. 865 del 1971 non prevedeva limiti di prezzo per il trasferimento del diritto di proprietà, bensì una serie di limiti all'alienabilità degli immobili (commi da 15 a 17 dell'art. 35) il cui mancato rispetto avrebbe comportato la nullità del contratto di cessione (comma 19 del medesimo articolo). Tali commi sono stati quindi abrogati dall'art. 23 della citata legge n. 179 del 1992: gli immobili edificati secondo le convenzioni P.E.E.P. precedentemente al 15 marzo 1992, quindi, non erano soggetti a vincoli di prezzo massimo ma a limitazioni dell'alienabilità. L'art. 20 della stessa legge, come modificato dall'art. 3, comma 1, della legge n. 85 del 1994, stabiliva che dal 15 marzo 1992, gli alloggi di edilizia agevolata potevano essere alienati o locati, nei primi cinque anni decorrenti dall'assegnazione o dall'acquisto e previa autorizzazione della regione, qualora sussistessero gravi, sopravvenuti e documentati motivi;

§  precisa che le disposizioni di cui al novellato comma 49-bis dell’art. 31 della L. 448/1998 non si applicano agli immobili in regime di locazione ai sensi degli articoli da 8 a 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 in materia di edilizia residenziale pubblica, ricadenti nei piani di zona convenzionati;

Si ricorda che la legge n. 179/1992, in materia di edilizia residenziale pubblica, reca, all'art. 8, disposizioni in materia di locazioni (Abitazioni in locazione o assegnate in godimento), all'art. 9 norme per le abitazioni in locazione con proprietà differita, e all'art. 10 norme sui criteri di priorità.

§  stabilisce che i Comuni possano stabilire forme di dilazione di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo, con modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;

Si ricorda che a tale decreto, già previsto dal vigente comma 49-bis, è demandata la fissazione della quota millesimale posta a parametro per la definizione del corrispettivo per l'affrancazione dai vincoli. A tale riguardo si ricorda che sul punto è poi intervenuto l’articolo 29, comma 16-undecies, del D.L. n. 216/2011 (Proroga termini) che ha stabilito che, a decorrere dal 1º gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (ERP), nonché del canone massimo di locazione, di cui al comma 49-bis dell'art. 31 della legge n. 448/1998, è stabilita dai Comuni.

 

Il comma 1, lettera b), della disposizione in esame introduce un nuovo comma 49-quater all'art. 31 della legge n. 448 del 1998, il quale stabilisce che, in pendenza della rimozione dei vincoli di cui ai commi 49-bis e 49-ter, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. Si stabilisce, inoltre, che l'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza, a qualunque titolo richiesta, si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità di cui ai commi 49-bis e 49-ter e che la rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione comporta altresì la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva.

 

Il comma 2 dispone che le disposizioni in novella di cui al comma 1 si applicano anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame.

Con riferimento alla efficacia retroattiva della nuova disciplina, si valuti l’opportunità di prevedere, in ossequio ai principi di tutela dell'affidamento e sicurezza giuridica, una clausola di salvaguardia per le controversie già definite con pronunce dell'autorità giudiziaria passate in giudicato.

 

Il comma 3 prevede, infine, che il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.


 

Articolo 26
(
Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 26 reca le disposizioni relative alla quantificazione degli oneri derivanti dal decreto legge e alla corrispondente copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 1 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) di 390,335 milioni di euro per l'anno 2019 (secondo la correzione proposta dall'emendamento 26.1), 1.639,135 milioni per l'anno 2020, 2.471,935 milioni per l'anno 2021, 2.303,135 milioni per l'anno 2022, 2.354,735 milioni per l'anno 2023, 1.292,735 milioni per l'anno 2024, 1.437,735 milioni per l'anno 2025, 1.579,735 milioni per l'anno 2026, 1.630,735 milioni per l'anno 2027 e 1.648,735 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.

 

Il comma 2 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, di 700 milioni di euro per l'anno 2020, di 900 milioni per l'anno 2021, di 1.050 milioni per l'anno 2022 e di 1.150 milioni per l'anno 2023.

 

Il comma 3 stabilisce che agli oneri derivanti dagli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 9, 16, comma 6 (secondo la correzione proposta dall'emendamento 26.1), 17, 18, 20, 21, 22, 24, e dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli effetti derivanti dalle disposizioni di cui alla lettera a) del presente comma, pari a 1.323 milioni di euro per l'anno 2018, a 462,500 milioni per l'anno 2019, a 1.872,500 milioni per l'anno 2020, a 2.512,800 milioni per l'anno 2021, a 2.385,700 milioni per l'anno 2022, a 2.395, 600 milioni per l'anno 2023, a 1.458,600 milioni per l'anno 2024, a 1.544, 600 per l'anno 2025, a 1.642,600 milioni per l'anno 2026, 1.677,600 milioni per l'anno 2027 e a 1.689,600 milioni annui a decorrere dall'anno 2028 e, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a 1.743.544.737 euro per l'anno 2018, a 481.170.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro per ciascuno degli anni dal 2025, al 2027, si provvede:

a)   quanto a 589.305.117 euro per l'anno 2018, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 818.805.117 euro per l'anno 2018 e a 20.500.000 euro per l'anno 2019, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco 1 allegato al presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le suddette somme. Entro venti giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri competenti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, gli accantonamenti di spesa possono essere rimodulati nell'ambito dei pertinenti stati di previsione della spesa, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa realizzati in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui;

b)  quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite, definitivamente al bilancio dello Stato;

 

Si ricorda che l'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000) stabilisce che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

c)   quanto a 70 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013 destinati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per una quota di 35 milioni e al Ministero dello sviluppo economico per una quota di 35 milioni, versate all'entrata del bilancio dello Stato, che restano acquisite definitivamente all'erario. I decreti di cui al comma 3 dell'articolo 19 del citato decreto legislativo n. 30 del 2013 dispongono negli esercizi successivi gli opportuni conguagli, al fine di assicurare complessivamente il rispetto delle proporzioni indicate nel predetto articolo 19 e del vincolo di destinazione a investimenti con finalità ambientali derivante dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009;

d)  quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 848 del 1957. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provvede agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione del contributo all’organismo delle Nazioni Unite, per un importo pari a 20 milioni di euro per l'anno 2018;

 

Si ricorda che la legge n. 848 del 1957 dispone l'esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945. In particolare, il comma 2 reca l'autorizzazione al Ministro per il tesoro ad adottare i provvedimenti di carattere finanziario richiesti dall'esecuzione dello Statuto suddetto per il pagamento:

a)     del contributo annuale del Governo italiano alle spese delle Nazioni Unite con effetto dal 14 dicembre 1955;

b)     della quota di partecipazione del Governo italiano al fondo di esercizio delle Nazioni Unite.

Si segnala che il contributo ordinario per l’anno 2018 è pari a circa 91,1 milioni di dollari.

 

e)   quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, mediante le somme di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legge n. 195 del 2009, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario;

 

Si ricorda che l'articolo 7 del decreto legge n. 195 del 2009 dispone che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto ed è autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo reca una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinvia all'articolo 18 del medesimo decreto legge per la definizione della copertura.

 

f)    quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

g)  quanto a 462.500.000 euro per l'anno 2019, a 1.872.500.000 euro per l'anno 2020, a 2.512.800.000 euro per l'anno 2021, a 2.385.700.000 euro per l'anno 2022, a 2.395.600.000 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 41.225.000 di euro per l'anno 2018, a 460.670.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente decreto;

h)  quanto a 23.943.052 euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo delle somme derivanti dal riaccertamento straordinario dei residui iscritte nel conto dei residui del fondo di conto capitale dello stato di previsione del MEF ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 66 del 2014, che sono versate, nell’anno 2018, all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario;

i)    quanto a 16,614 milioni di euro per l’anno 2018, mediante utilizzo delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall’organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell’ambito delle operazioni internazionali di pace, di cui all’articolo 8, comma 11, del decreto-legge n. 78 del 2010, che alla data di entrata in vigore, del presente decreto-legge non sono ancora riassegnate al fondo di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (Fondo per il finanziamento delle missioni internazionali) e che restano acquisite all’entrata del bilancio dello Stato;

l)    quanto a 300 milioni per l’anno 2018 mediante riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 di cui alla legge all’articolo 1, comma 6 della legge n. 47 del 2013;

m)quanto a 300 milioni di euro per l’anno 2018, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 relativa al Fondo per le esigenze indifferibili. Conseguentemente, le risorse del fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, accantonate ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 99 del 2017, pari a 300 milioni di euro per l’anno 2018, sono rese disponibili a seguito della modifica intervenuta del trattamento contabile ai fini dell’indebitamento netto dell’operazione relativa alla Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A..

 

Il comma 4, infine, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.


 

Articolo 26-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

Nel corso dell'esame in prima lettura il Senato ha inserito l'articolo 26-bis. Esso prevede che le disposizioni del decreto-legge si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

 

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

 

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[11].

L'articolo in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.


 

Articolo 27
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione  nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2018. Il decreto-legge, nella sua formulazione originaria, è dunque vigente dal 24 ottobre 2018.

 

 

 

 



[1]     In particolare, il D.L. n. 69/2013 ha previsto:

§  all’articolo 1, un aggiornamento dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo e una semplificazione delle procedure e delle modalità di presentazione delle richieste, nonché

§  all’articolo 2, comma 6, come sostituito dall’articolo 18, comma 9-bis, del D.L. n. 91/2014 - che i finanziamenti agevolati concessi nell'ambito della misura di sostegno "Nuova Sabatini"( di cui all’art. 2, del D.L. n. 69/2013), possano essere assistiti dalla garanzia del Fondo nella misura massima dell'80 per cento dell'ammontare del finanziamento e che, ai fini dell'accesso alla garanzia stessa, la valutazione economico-finanziaria e del merito creditizio dell'impresa sia demandata al soggetto richiedente nel rispetto di limiti massimi di rischiosità dell'impresa finanziata, misurati in termini di probabilità di inadempimento da definirsi con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[2]     Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.

      Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.

      In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017, pubblicato in G.U. del 7 luglio 2017, il quale disciplina le condizioni e i termini per l'estensione del modello di valutazione delle imprese - già applicato alle richieste di garanzia relative ai finanziamenti agevolati a valere sulla "Nuova Sabatini" ai sensi dei sopra indicati decreti - a tutte le operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.

      Le disposizioni del decreto non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.

      In data 12 gennaio 2018 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Il D.M. approva le nuove disposizioni operative del Fondo stesso, relativamente alle cause di inefficacia, riportate nell’allegato che costituisce parte integrante del decreto. Le nuove condizioni si applicano – per espressa previsione contenuta nel Decreto - a partire dalla data che indicata nella Circolare del gestore del Fondo di garanzia per le PMI, Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. Tale circolare è stata adottata il 19 luglio 2018 (Circolare n. 10/2018). La Circolare ha disposto che le misure di semplificazione della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo entrino in vigore a partire dal 15 ottobre 2018. Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.

      Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo. In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017. Le disposizioni del Decreto interministeriale 6 marzo 2017 non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.

Il D.M. ha in particolare previsto che tale ulteriore decreto venisse emanato non prima del 1° gennaio 2018, a conclusione di un congruo periodo di sperimentazione nell'applicazione del nuovo modello di valutazione con riferimento alle richieste di garanzia sui finanziamenti nuova Sabatini, previa verifica della compatibilità con gli equilibri di finanza pubblica, alla luce della apposita relazione presentata dal Consiglio di gestione del Fondo.

      Il D.M. ha fatto eccezione per le disposizioni inerenti le operazioni a rischio tripartito, per le quali l’adozione delle relative condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale è stata consentita antecedentemente al 1° gennaio 2018.

      In data 12 gennaio 2018 è stato dunque pubblicato, in G.U n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina delle condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Le nuove condizioni hanno trovato applicazione a partire dal 15 ottobre 2018. La piena operatività della riforma è affidata ad un successivo decreto ministeriale.

[3]     A DLB 2019-2021, il cap. 7345/MISE espone uno stanziamento di 3 milioni per l’anno 2019.

[4]     I contratti di solidarietà difensivi di tipo A riguardano gli operai, i quadri, gli impiegati, i lavoratori soci e non soci delle cooperative di produzione e lavoro, gli assunti a termine non stagionali, i lavoratori part time. Sono invece esclusi gli apprendisti, gli stagionali, i dirigenti e i lavoratori a domicilio. Nell’accordo deve essere stabilita la rotazione dei lavoratori il cui orario deve essere ridotto, in forma giornaliera, settimanale o mensile, con una durata del contratto di norma non inferiore a 12 mesi e non superiore a 24. La riduzione oraria media non può superare il 60% dell’orario contrattuale dei lavoratori coinvolti.

[5]     I contratti di solidarietà difensivi di tipo B non sono più attivabili dal 1° luglio 2016. Per le aziende non destinatarie della CIGS è stato previsto un nuovo sistema, basato su fondi di solidarietà bilaterali e, per i non aderenti, sul FIS, il Fondo di integrazione salariale INPS al quale sono obbligate ad aderire, versando un contributo addizionale pari allo 0,5%, le aziende che non aderiscono a un fondo di solidarietà bilaterale con più di 5 dipendenti. Anche in questo caso è richiesto un accordo collettivo aziendale finalizzato a evitare o ridurre le eccedenze di personale.

[6]     Tale decreto ha disciplinato i criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente. In particolare, si stabilisce che la CIG in deroga possa essere concessa ai lavoratori in possesso di un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi dalla data di inizio del periodo di intervento della stessa CIG in deroga, che siano sospesi dal  lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto per contrazione o sospensione dell'attività produttiva per: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; situazioni aziendali determinate da situazioni temporanee di mercato; crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione.

[7]     Il tavolo è composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero della Giustizia, del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ANPAL, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS, del Comando Carabinieri per la tutela del Lavoro, della Guardia di Finanza, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, dell'ANCI.

[8]     Si ricorda, inoltre, che la Rete del lavoro agricolo di qualità si articola in sezioni territoriali, a cui possono aderire i soggetti che hanno stipulato le convenzioni, con sede presso la commissione provinciale integrazione salari operai agricoli. Le sezioni promuovono a livello territoriale le iniziative previste dalla suddetta lettera e), svolgono compiti di promozione di modalità sperimentali di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo, in stretta collaborazione con l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e con la Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, al fine di garantire una modulazione a livello territoriale dei servizi all'impiego. Le sezioni territoriali promuovono altresì iniziative per la realizzazione di funzionali ed efficienti forme di organizzazione del trasporto dei lavoratori fino al luogo di lavoro, anche mediante la stipula di convenzioni con gli enti locali

[9]     Programma 4.1 ''Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate'', nell'ambito della missione 4 ''Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti''.

[10]   Il Centro è stato istituito sulla base delle previsioni di cui all'art. 92, co. 1, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) quale ente non commerciale dotato di personalità giuridica di diritto privato con la partecipazione di enti di ricerca, individuati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il MIUR, e soggetti pubblici e privati. La legge di stabilità 2015 (Legge n. 190/2014, art. 1, commi 602-603) ha autorizzato un contributo per il CNAO per un ammontare fino a 15 milioni di euro per il 2015, fino a 10 milioni per il 2016 e fino a 5 milioni per il 2017, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici, a valere sul programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico per interventi di edilizia sanitaria di cui all'art. 20 della legge 67/1988 (legge finanziaria 1988). Inoltre, ha previsto l'integrazione della composizione del Consiglio di indirizzo del CNAO con un membro nominato dal Ministero della Salute, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

[11]   Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.