Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria |
Serie: | Progetti di legge Numero: 56/1 |
Data: | 27/11/2018 |
Organi della Camera: | Assemblea |
Servizio Studi
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Dossier n. 75/1
Servizio Studi
Dipartimento Finanze
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Progetti di legge n. 56/1
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
Articolo 1 (emendamento 1.32) (Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione)
Articolo 2 (emendamento 2.28) (Definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento)
Articolo 2, comma 2-bis (emendamento 2.23 testo 3) (Proroga applicazione reverse charge a fini IVA)
Articolo 9 (Disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale)
Articolo 9-bis (emendamento 9.0.7 testo 2) (Disposizioni in materia di sanzioni per assegni senza clausola di trasferibilità)
Articolo 10 (Semplificazione per l’avvio della fatturazione elettronica)
Articolo 11 (Semplificazione in tema di emissione delle fatture)
Articolo 12 (Semplificazione in tema di annotazione delle fatture emesse)
Articolo 13 (Semplificazione in tema di registrazione degli acquisti)
Articolo 14 (Semplificazioni in tema di detrazione dell’IVA)
Articolo 16 (Giustizia tributaria digitale)
Articolo 16-bis (emendamento 16.0.100) (Servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia)
Articolo 16-bis (emendamento 16.0.200) (Servizi informatici Equitalia Giustizia)
Articolo 17 (Obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi)
Articolo 18 (emendamento 18.1 e 18.3 testo 2) (Rinvio lotteria dei corrispettivi)
Articolo 19 (emendamento 19.2) (Disposizioni in materia di accisa)
Articolo 20-bis (emendamento 20.0.5 testo 2) (Sistemi di tutela istituzionale)
Articolo 21 (Ferrovie dello Stato)
Articolo 22 (Fondo garanzia e FSC)
Articolo 22-bis (emendamento 22.0.100) (Proroga di adempimenti in materia di opere pubbliche )
Articolo 22-bis (emendamento 22.0.200) ( Disposizioni in materia di Autorità di sistema portuale)
Articolo 23 (emendamento 23.3) (Autotrasporto e portualità)
Articolo 23-bis (emendamento 23.0.200) (Disposizioni in materia di trasporto merci)
Articolo 24 (Missioni internazionali di pace)
Articolo 25 (Disposizioni in materia di CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale)
Articolo 25-bis (emendamento 9.1000) (Misure per il rilancio di Campione d'Italia)
Articolo 25-bis (emendamento 25.0.6 testo 2) (Finanziamenti in favore di alcune strutture sanitarie)
Articolo 25-bis (emendamento 25.0.39 testo 3) (Disposizioni in materia di mobilità in deroga)
Articolo 25-bis (emendamento 25.0.41) (Clausola di salvaguardia)
Articolo 26 (emendamento 26.1) (Disposizioni finanziarie)
Articolo 27 (Entrata in vigore)
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 01.1 (testo 2) che propone la modifica dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alla possibilità per le imprese che intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato di presentare all'Agenzia delle entrate un'istanza di interpello in merito al trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione.
Il testo vigente dell'articolo citato prevede due condizioni a limitare gli investimenti per i quali può essere effettuata l'istanza di interpello. In particolare, gli investimenti oggetto della stessa:
· devono risultare di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro e
· devono produrre ricadute occupazionali significative in relazione all'attività in cui avviene l'investimento e durature.
Il comma 1 dell'emendamento modifica la prima delle due condizioni, riducendo da trenta a venti milioni l'ammontare degli investimenti per i quali è possibile effettuare l'istanza.
Il comma 2 prevede che tale modifica sia applicata agli interpelli presentati a decorrere dal 1° gennaio 2019.
L’articolo 1 consente di definire con modalità agevolata i processi verbali di constatazione – PVC consegnati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame). In particolare, si consente di regolarizzare le somme accertate nei suddetti verbali effettuando un’apposita dichiarazione e versando la sola imposta autoliquidata, senza sanzioni o interessi, in un’unica soluzione o in un massimo di venti rate trimestrali, entro il 31 maggio 2019. Nel corso dell'esame in sede referente (emendamento 1.32) sono state proposte alcune disposizioni specifiche in merito ai termini e alla determinazione quantitativa delle rate successive alla prima.
I processi verbali di constatazione (PVC), di cui all’articolo 24 della legge n. 4 del 1929, sono i verbali coi quali, in caso di verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza. In tali verbali, che vanno consegnati al contribuente, sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.
L’articolo 1, comma 1, al fine di definire i PVC, pone anzitutto un adempimento dichiarativo a carico del contribuente, che deve presentare apposita dichiarazione per regolarizzare le violazioni constatate nel verbale.
La definizione agevolata è applicabile ai PVC consegnati in materia di:
§ imposte sui redditi e relative addizionali;
§ contributi previdenziali e ritenute;
§ imposte sostitutive;
§ IRAP;
§ imposta sul valore degli immobili all’estero – IVIE;
§ imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE
§ imposta sul valore aggiunto – IVA.
Sono definibili i PVC per i quali, al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), non è stato ancora notificato un avviso di accertamento o non è stato ricevuto un invito al contraddittorio (di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218).
L’ invito a comparire di cui al menzionato articolo 5 indica:
a) i periodi di imposta suscettibili di accertamento;
b) il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione;
c) le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti;
d) i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi di cui alla lettera c).
Il comma 2 indica i termini di presentazione delle dichiarazioni di regolarizzazione: esse vanno inoltrate entro il 31 maggio 2019, con le modalità stabilite da un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Condizione per l’inoltro è che riguardino violazioni relative ai periodi di imposta per i quali non sono scaduti i termini per l’accertamento ai fini delle imposte dirette (di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e dell’IVA (di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).
La norma chiarisce che, ai fini del calcolo dei termini di decadenza, occorre tenere conto del raddoppio dei termini previsto nel caso di omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (articolo 12, commi 2-bis e 2-ter del decreto-legge n. 78 del 2009), sia ai fini dell’accertamento, sia della contestazione di sanzioni.
Il comma 3 vieta di utilizzare nella dichiarazione, a scomputo del maggior imponibile dichiarato, le perdite (di cui agli articoli 8 e 84 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917 del 1986, che rispettivamente disciplinano le modalità di computo delle perdite e il relativo regime di riportabilità nel tempo), anche se ulteriori rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini.
La disposizione, come chiarisce la relazione illustrativa, trova applicazione anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione nel periodo di imposta oggetto di regolarizzazione.
Se il processo verbale è riferito a soggetti che producono redditi in forma associata (articolo 5 del richiamato TUIR) ovvero che hanno optato per il regime della trasparenza fiscale (articoli 115 e 116 TUIR: alle condizioni di legge, il reddito della società di capitali è imputato direttamente singoli soci “per trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone), il comma 4 consente anche i soci di presentare la propria dichiarazione per regolarizzare il reddito di partecipazione ad essi imputabile.
Ai sensi del comma 5, la regolarizzazione avviene versando le sole imposte autoliquidate nelle dichiarazioni presentate, relative a tutte le violazioni constatate per ciascun periodo d’imposta, nel termine del 31 maggio 2019.
Non sono applicate né le sanzioni collegate al tributo (irrogabili contestualmente all’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), né gli interessi,
Il richiamato articolo 17, comma 1 del D.Lgs. n. 472 del 1997 dispone che le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.
Fa eccezione alla regola del comma 5 l’ipotesi, di cui al successivo comma 6, di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.
Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.
L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.
Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.
Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.
Ai sensi del comma 7, la definizione si perfeziona tramite la presentazione della dichiarazione e il versamento, in un'unica soluzione o della prima rata del debito dilazionato, entro il 31 maggio 2019. Il debito è rateizzabile in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.
Con riferimento agli adempimenti successivi al pagamento della prima rata, il comma 7 rinvia ad alcune disposizioni contenute nell'articolo 8, del decreto legislativo n. 218 del 1997 in materia di attestazione dell’avvenuto perfezionamento e successiva attività di riscossione in caso di inadempimenti nel versamento delle rate.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 1.32, che introduce disposizioni specifiche in merito ai termini e alla determinazione quantitativa delle rate successive alla prima. In particolare, si viene a prevedere che tali rate siano versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre e che sul relativo importo siano applicati gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine della prima rata.
A seguito di tali integrazioni, l'emendamento propone l'eliminazione, nel secondo periodo del comma 7, del riferimento all'applicazione dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 218 del 1997, n. 218 relativo alle modalità di rateazione delle somme dovute. Rimane ferma l’applicazione dei successivi commi 3 e 4 del citato articolo 8, relativi rispettivamente alle quietanze ed al pagamento del dovuto tramite F24, nonché alle conseguenze dell’eventuale inadempimento.
Il richiamato comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione. Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento (comma 4) nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Per le somme così definite viene esplicitamente esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
In caso di mancato perfezionamento (comma 8; dunque in caso di mancata dichiarazione o di tempestivo versamento) non si producono gli effetti delle norme in esame e il competente ufficio procede alla notifica degli atti relativi alle violazioni constatate.
Nel caso di mancato perfezionamento delle violazioni constatate nei processi verbali per ciascun periodo di imposta, i competenti Uffici possono procedere all'ordinaria attività di controllo; in tal caso, i termini per l’accertamento, per i periodi di imposta fino al 2015 compreso, sono prorogati di due anni ai sensi del successivo comma 9, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del Contribuente (Legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie).
Il comma 10 infine affida ad uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, il compito di emanare le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme in esame.
L’articolo 2 consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, gli inviti al contraddittorio e gli accertamenti con adesione, mediante pagamento delle sole imposte in un’unica soluzione o in più rate; non sono dovuti sanzioni, interessi ed eventuali somme accessorie.
La Commissione in sede referente ha proposto alcune modifiche di carattere formale (emendamento 2.28) ed ha introdotto un comma 2-bis che proroga al 2022 l’applicazione del meccanismo di inversione contabile a fini IVA, per cui si rinvia alla relativa scheda di lettura (emendamento 2.23, testo 3).
In particolare, il comma 1 reca le modalità di definizione agevolata degli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).
Condizione per l’accesso alla definizione agevolata è che si tratti di atti non impugnati e ancora impugnabili alla predetta data.
La procedura si perfeziona mediante pagamento delle somme complessivamente dovute per le sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), o, se più ampio, entro il termine per la proposizione del ricorso (di cui all’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) che residua dopo la data del 24 ottobre 2018 (di entrata in vigore del decreto in parola).
Il comma 2 reca le modalità di definizione agevolata delle somme contenute negli inviti al contraddittorio relativi ad accertamenti delle imposte sui redditi e nell'imposta sul valore aggiunto, nonché delle altre imposte indirette (di cui agli articoli 5, comma 1, lettera c), e 11, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in commento).
Nelle predette ipotesi l'ufficio dell’Amministrazione finanziaria invia al contribuente un invito a comparire, nel quale è tra l’altro indicato l’importo delle maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti.
Si segnala peraltro che dal 1° gennaio 2016 l’istituto di adesione all’invito al contraddittorio è stato soppresso (comma 637, lettera c), punti 1, 2 e 3, dell’art.1 della legge n.190 del 2014). Tuttavia, questo istituto continua ad applicarsi agli inviti al contraddittorio notificati entro il 31 dicembre 2015 (comma 638 dello stesso articolo di legge).
Anche tali somme possono essere definiti con il pagamento delle sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento).
Il comma 3 si riferisce invece alla definizione agevolata degli accertamenti con adesione (di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) sottoscritti entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame).
L’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria; si tratta di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.
La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Con l’accertamento con adesione il contribuente può usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge. Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto premiale si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.
Il procedimento può essere attivato per iniziativa d’ufficio (che, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento) o a richiesta del contribuente, che può presentare una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione, prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire e dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.
La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni richieste dalla legge, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta.
Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione.
Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore.
Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti. L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso (articolo 9 del D.Lgs. n. 218 del 1997). Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può sempre presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio.
Dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione i termini restano sospesi per un periodo di 90 giorni, sia per un eventuale ricorso, sia per il pagamento delle imposte accertate. Anche l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate dall’ufficio è effettuata, ricorrendone i presupposti, dopo la scadenza del termine di sospensione. Al termine di questo arco di tempo il contribuente se non ha raggiunto l’accordo con l’Amministrazione può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.
Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.
Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:
§ in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;
§ in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.
Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.
Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24 (non è infatti possibile compensare i debiti che devono essere pagati con il modello F23).
Con il decreto-legge 35 del 2013 è stata introdotta la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all'invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.
Tali accertamenti possono essere perfezionati (ai sensi dell’articolo 9 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997) mediante il pagamento, entro il termine di venti giorni dalla redazione dell'atto (di cui all’ articolo 8, comma 1, del citato D.Lgs.), decorrente dal 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), delle sole imposte, senza dover corrispondere le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori.
Il comma 4 chiarisce che tutte le predette definizioni agevolate si perfezionano con il versamento delle somme dovute, in unica soluzione o della prima rata entro i termini relativi a ciascuna tipologia di atto che si intende definire.
Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 8, commi 2, 3, 4 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, con un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.
In sintesi, il richiamato comma 2 dispone le modalità di rateazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione; con riferimento alle l'importo della prima rata è versato entro venti giorni dalla redazione dell’atto, mentre le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
Il comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.
Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Per le somme così definite è esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241); in caso di mancato perfezionamento non si producono gli effetti del presente articolo e il competente ufficio prosegue le ordinarie attività, relative a ciascuno dei procedimenti di cui ai già commentati commi 1, 2 e 3.
Ai sensi del comma 5, fa eccezione alla regola dei commi precedenti l’ipotesi di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.
Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, anche gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.
L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.
Al momento di redazione del presente lavoro (24 ottobre 2018), si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.
Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.
Ai sensi del comma 6, sono esclusi dalla definizione gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167.
Detta norma ha introdotto nell'ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) in materia fiscale, che ha consentito ai soggetti che detengono attività e beni all'estero, omettendo di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario versando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Si rinvia per approfondimenti alla documentazione predisposta nel corso della XVII Legislatura.
Il comma 7 chiarisce che la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri.
Il comma 8 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione del presente articolo.
Durante l’esame in sede referente, la Commissione ha proposto l’introduzione del comma 2-bis (emendamento 2.23, testo 3) all’articolo 2. Detta disposizione intende prorogare al 30 giugno 2022 l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile facoltativa (cd. reverse charge) IVA, in coerenza con la più recente evoluzione della normativa europea.
Più in dettaglio, il comma 2-bis modifica l’articolo 17, comma 8 del DPR IVA (D.P.R. n. 633 del 1972) che nella sua attuale formulazione dispone che l’inversione contabile “facoltativa” IVA per alcune operazioni specifiche si applichi fino al 2018.
Occorre ricordare in questa sede che l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore.
Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri – secondo la Direttiva 2006/69/CE del 24 luglio 2006 – in deroga alla procedura normale di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario.
In particolare, per le operazioni indicate nell’articolo 199 della Direttiva 2006/112/CE (che disciplina il sistema comune dell’IVA in Europa), l’applicazione dell’inversione contabile può essere adottata dagli Stati membri senza la necessità di un’autorizzazione preventiva, essendo sufficiente una semplice comunicazione al Comitato IVA di cui all’articolo 398 della stessa Direttiva.
Il successivo articolo 199-bis della Direttiva 2006/112/CE ha stabilito una serie di nuove fattispecie rispetto alle quali, per finalità antifrode, gli Stati membri possono decidere di applicare il meccanismo dell’inversione contabile informando previamente il Comitato IVA. La norma comunitaria consente agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell’inversione contabile avvalendosi di una procedura semplificata (senza richiedere l’autorizzazione da parte del Consiglio UE, previa proposta della Commissione), ovvero con la comunicazione al Comitato IVA dell’adozione della deroga. Gli Stati devono altresì fornire informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo.
L’articolo 17, sesto comma del D.P.R. n. 633 del 1972, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) riporta le categorie di beni e servizi per le quali l’Italia ha inteso far uso della deroga, cioè:
- le cessioni di telefoni cellulari (“apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative”), con esclusione dei componenti e accessori per i telefoni cellulari;
- le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; da questa categoria vanno esclusi i computer quali beni completi e i loro accessori;
- le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop;
- i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra trasferibili (articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE);
- i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
- le cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore.
In precedenza, l’articolo 199-bis della direttiva IVA consentiva l’applicazione del meccanismo di inversione contabile cd. facoltativa fino al 31 dicembre 2018; tale disposizione è riprodotta dall’articolo 17, comma 8 del DPR IVA, su cui intervengono le norme in esame.
L’articolo 199-bis è stato recentemente modificato dalla Direttiva UE 2018/1695 del 6 novembre 2018, che ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022.
Le modifiche proposte con l’em. 2.23 (testo 3), in coerenza coi nuovi termini fissati in sede UE, modificano il richiamato comma 8 dell’articolo 17, per coordinare il termine ivi previsto con quello dell’articolo 199-bis. Si intende, dunque, prorogare l’applicazione facoltativa del reverse charge nei predetti settori al 30 giugno 2022, come anticipato in premessa.
L'articolo 3 reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017).
Durante l’esame in sede referente sono stati approvati alcuni emendamenti relativi:
- alle modalità di pagamento rateale degli importi dovuti (emendamento 3.17, testo 2) che sono state specificate in dettaglio;
- agli effetti della definizione agevolata sul rilascio del DURC (emendamento 3.100);
- alla mitigazione delle conseguenze per il tardivo versamento del dovuto (emendamento 3.32, testo 2).
-
Analogamente alle precedenti rottamazioni, il debitore beneficia dell'abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle sanzioni e somme aggiuntive. Rispetto alle passate rottamazioni:
§ si può effettuare il pagamento in cinque anni, a rate e con un tasso di interesse al 2 per cento;
§ è possibile avvalersi della compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti della PA;
§ col versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.
Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.
Le norme consentono l’accesso alla definizione agevolata anche a chi ha aderito alle precedenti “rottamazioni” con pagamento tempestivo del quantum dovuto per la restante parte del debito.
La definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione: la disciplina del decreto-legge n. 193 del 2016 e del decreto-legge n. 148 del 2017
L’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle).
Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.
Con l’adesione alla definizione agevolata al contribuente è stato consentito di pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione, senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali.
La procedura ha previsto la presentazione di una domanda (il cui termine di presentazione, ai sensi del decreto-legge n. 148 del 2017, è scaduto il 15 maggio 2018) e una successiva comunicazione di diniego o di accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate (che ha comunicato, entro il 30 giugno 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché delle relative rate e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse).
Sia il decreto-legge n. 193 del 2016, sia il decreto-legge n. 148 del 2017 hanno consentito al debitore aderente alla procedura di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione, ovvero a rate.
In particolare:
§ per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (articolo 1, comma 6 del decreto-legge n. 148 del 2017) il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione, oppure in un massimo di 5 rate di pari importo, la prima delle quali entro il 31 luglio 2018 e l’ultima entro il 28 febbraio 2019;
§ per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016 (articolo 1, comma 8, lettera b) del decreto-legge n. 148 del 2017), il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione o in un massimo di 3 rate, così suddivise:
- l’80 per cento delle somme dovute in due rate di pari ammontare, rispettivamente entro il 31 ottobre ed entro il 30 novembre 2018;
- il restante 20 per cento, in un’unica rata, entro il 28 febbraio 2019.
In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica rata o di ciascuna delle rate in cui è dilazionata la somma “rottamabile”, la Definizione agevolata non produce effetti e Agenzia delle entrate-Riscossione riprende le procedure di riscossione ordinarie.
Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono state escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016. Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata ha riguardato (articolo 6, comma 11 del decreto-legge n. 193 del 2016) i soli interessi sulle sanzioni amministrative.
Con la circolare 2/E dell’8 marzo 2017 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti relativi alla disciplina in esame.
Per una disamina più dettagliata dell’istituto si rinvia al dossier di documentazione redatto per il decreto-legge n. 148 del 2017, nonché alla sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate dedicata alla rottamazione delle cartelle.
Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 3 consente di definire con modalità agevolate i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.
Analogamente a quanto già previsto per le precedenti definizioni agevolate (in particolare dall’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 193 del 2016), ove si aderisca a tale procedura non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:
§ sanzioni comprese in tali carichi;
§ interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973).
Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi. La misura degli interessi di mora viene determinata annualmente dall’Agenzia delle Entrate, tenendo conto della media dei tassi bancari attivi stimati dalla Banca d’Italia. Dal 15 maggio 2018 sono pari al 3,01 per cento annuo;
§ sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).
Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.
Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:
§ ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;
§ la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);
§ le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).
La definizione agevolata si perfeziona col versamento delle somme dovute.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato approvato un emendamento (emendamento 3.17, testo 2) che intende modificare, nonché specificare con maggior dettaglio, la disciplina applicabile ai pagamenti rateali.
Il testo originario del decreto-legge prevede che la definizione si perfezioni versando integralmente, in unica soluzione entro il 31 luglio 2019, o nel numero massimo di dieci rate consecutive di pari importo:
a) le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi;
b) le somme maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.
Con le modifiche proposte dalla Commissione, si espunge dal comma 1 il riferimento alle modalità di pagamento e si sostituisce integralmente il comma 2.
Il novellato comma 2 mantiene ferma la possibilità di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2019. Per quanto riguarda il pagamento rateale, il numero massimo delle rate viene elevato da dieci a diciotto, eliminando la necessità che tali rate siano tutte di pari importo. Viene dunque precisato l’ammontare della prima e della seconda rata, che sono pari al dieci per cento delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione. È inoltre modificato il termine di scadenza delle rate; per la prima e la seconda rata rimane fermo il termine del 31 luglio e del 30 novembre dell'anno 2019. Con riferimento alle restanti rate, si chiarisce che esse sono di pari ammontare e scadono il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020.
Al riguardo si rammenta che il decreto-legge n. 193 del 2016 distribuiva le rate della rottamazione delle cartelle negli anni 2017 e 2018; successivamente, con la riapertura dei termini di cui al decreto-legge n. 148 del 2017, le rate sono state “spalmate” sino al 2019, come anticipato nel riquadro introduttivo.
Con riferimento alla lettera b) del comma 1, si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo. In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione. A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.
Tuttavia, il richiamato D.Lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, tra cui rientrano alcuni carichi interessati dalla definizione agevolata in commento. Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.
Per quanto invece riguarda gli interessi, si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 602 del 1973, comma 2, gli interessi di mora dal 15 maggio 2018 sono pari allo 3,01 per cento su base annua, come reso noto dall’Agenzia delle Entrate.
Si segnala che l’articolo 5 del provvedimento (alla cui scheda di lettura si rinvia) consente la definizione agevolata, con specifiche deroghe, dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, esclusi dalle precedenti “rottamazioni”.
Il comma 3 prevede che, in caso di pagamento rateale, gli interessi sono dovuti a decorrere dall' agosto 2019 nella misura del 2 per cento annuo.
Per la disciplina degli interessi legali e di mora, si veda il commento al comma 1 dell’articolo in esame.
Non si applica la disciplina generale della rateazione dei debiti tributari, prevista dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
In sintesi si ricorda che l’articolo 19, modificato dal già richiamato D.Lgs n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza. Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili. Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.
Il comma 4 pone a carico dell'agente della riscossione l'onere di fornire i dati necessari ad individuare i carichi definibili presso i propri sportelli e in apposita area del suo sito internet.
Ricalcando le procedure previste per le precedenti edizioni della definizione agevolata (articolo 6, comma 2 del decreto-legge n. 193 del 2016), il comma 5 stabilisce che il debitore, per aderire alla definizione, deve presentare entro i1 30 aprile 2019 una dichiarazione all'agente della riscossione - con le modalità e in conformità alla modulistica pubblicate dallo stesso agente sul proprio sito internet entro il 13 novembre 2018 (venti giorni dal 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) – in cui indica anche il numero di rate prescelto per l'eventuale pagamento dilazionato, nel limite massimo di dieci rate (come disposto dal comma 1).
Il comma 6 chiarisce che nella predetta dichiarazione il debitore assume l'impegno a rinunciare ad eventuali giudizi pendenti relativi ai carichi che intende definire.
Le disposizioni in commento chiariscono puntualmente le conseguenze della procedura di definizione agevolata sui giudizi pendenti. In particolare, il comma 6 chiarisce che tali giudizi sono sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, i1 giudizio si estingue a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se, invece, le somme dovute non sono integralmente pagate (e, quindi, ai sensi del comma 14, la definizione non si perfeziona), la sospensione de1 giudizio viene revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti.
Il comma 7 dispone che la dichiarazione già presentata ai sensi del comma 5 possa essere integrata entro i1 30 aprile 2019.
Il comma 8 stabilisce che, ai fini della determinazione dell'ammontare delle somme da versare per la definizione - a titolo di capitale e di interessi iscritti a ruolo, di aggio, di spese esecutive e di diritti di notifica della cartella di pagamento - si considerano unicamente gli importi già pagati allo stesso titolo e che il debitore, se ha già interamente versato le medesime somme con precedenti pagamenti parziali, deve comunque dichiarare la sua volontà di aderire alla definizione per beneficiare degli effetti di quest'ultima.
In base al comma 9, restano, comunque, definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate a qualunque titolo, relative ai debiti definibili, anche prima della definizione.
Ai sensi del comma 10 sono chiariti gli effetti della presentazione della dichiarazione di adesione procedura agevolata.
Essa, analogamente a quanto previsto dall’articolo 6, comma 5 del decreto-legge n. 193 del 2016:
§ sospende i termini di prescrizione e decadenza;
§ sospende gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di tale presentazione;
§ inibisce l'iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche, con salvezza di quelli già iscritti alla predetta data;
§ vieta l’avvio di nuove procedure esecutive e la prosecuzione di quelle già avviate, a meno che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.
Con alcune novità rispetto alla disciplina del 2016, il comma 10 in esame collega i seguenti, ulteriori effetti alla presentazione della domanda di rottamazione:
§ divieto di considerare “irregolare” il debitore nell'ambito della procedura di erogazione dei rimborsi d'imposta ex articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.
In estrema sintesi, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta;
§ divieto di considerare inadempiente il debitore ai fini della verifica della morosità da ruolo, ex articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, per un importo superiore a 5.000 euro, all’atto del pagamento, da parte delle Pubbliche Amministrazioni e delie società a totale partecipazione pubblica, di somme di ammontare pari almeno allo stesso importo.
Il richiamato articolo dispone che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, siano tenute a verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
La relazione illustrativa sul punto chiarisce che l'agente della riscossione, a seguito della presentazione della dichiarazione, anche se la predetta verifica ha già avuto luogo, è tenuto a non effettuare il pignoramento previsto dalla legge (combinato disposto degli articoli 48-bis e 72-bis del DPR n. 602/1973, nonché delle norme attuative dell’articolo 48-bis).
Nel corso dell’esame in Commissione, con l’approvazione dell’emendamento 3.100 (che inserisce la lettera f-bis) al comma 10), si propone di collegare alla definizione agevolata un ulteriore effetto relativo al rilascio del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva).
Con le modifiche in esame, si estende alla “nuova” definizione la norma (articolo 54 del D.L. n. 50 del 2017) che consente il rilascio del DURC a séguito della presentazione della domanda di definizione agevolata, purché sussistano gli altri requisiti di regolarità previsti dalla vigente disciplina - di cui all'articolo 3 del D.M. 30 gennaio 2015 - ai fini del rilascio del documento.
Anche in tale fattispecie opera dunque una deroga al principio generale in base al quale, in caso di inadempimento degli obblighi di versamento dei contributi, il DURC è rilasciato solo successivamente all'adozione di un provvedimento di rateizzazione, adozione che, peraltro, secondo le determinazioni in materia dell'INPS, non si considera perfezionata prima del pagamento della prima rata (Cfr. la circolare INPS n. 126 del 26 giugno 2015), già applicata per le precedenti edizioni della definizione agevolata dei carichi.
In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una delle rate in cui sia stato dilazionato il pagamento delle somme dovute nell'àmbito della suddetta definizione agevolata, il DURC è annullato dagli enti preposti alla verifica. Questi ultimi rendono disponibile in apposita sezione del servizio "Durc On Line" l’elenco dei documenti annullati per tale motivo. La relativa informazione è consultabile da parte dei soggetti che abbiano posto la medesima richiesta di verifica di regolarità contributiva nonché da parte di ogni soggetto che, avendone interesse, avesse già consultato (con registrazione dei propri dati nel servizio "Durc On Line") il DURC in questione. Ai fini in oggetto, l’agente della riscossione comunica agli enti summenzionati il regolare versamento delle rate.
Al comma 11, analogamente a quanto previsto per le precedenti definizioni agevolate, si affida all'agente della riscossione, entro il 30 giugno 2019, il compito di comunicare ai debitori che hanno aderito alla definizione il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.
Il comma 12 individua le modalità di pagamento delle somme dovute, che può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 5) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.
Con una novità rispetto alla rottamazione degli anni precedenti, ove si scelga di pagare presso gli sportelli dell’agente della riscossione, il debitore può utilizzare in compensazione, ai fini della definizione agevolata, i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione (articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013; l’ efficacia di tale norma è stata estesa al 2018 dall’articolo 12-bis del decreto-legge n. 87 del 2018, cd. decreto dignità).
Il comma 13 disciplina le conseguenze della domanda di definizione agevolata sulle dilazioni di pagamento già in atto.
Alla lettera a) si stabilisce che, limitatamente ai debiti definibili ricompresi nella dichiarazione di adesione, alla data del 31 luglio 2019 le dilazioni sospese per effetto della presentazione della stessa dichiarazione di adesione siano automaticamente revocate e non possano essere accordate nuove dilazioni ai sensi della disciplina generale dell'articolo 19 del DPR n. 602i 1973.
La lettera b) permette al debitore che ha aderito alla definizione agevolata di ottenere, sempre limitatamente ai debiti definibili e a seguito del pagamento della prima o unica rata delle somme in parola, l’estinzione delle procedure esecutive avviate in precedenza, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.
La relazione illustrativa al riguardo chiarisce che rimane fermo, a fini antielusivi, la disciplina penale (articolo 11, comma 1, D.Lgs. n.74 del 2000) della sottrazione fraudolenta di beni alla procedura di riscossione coattiva.
Il comma 14 disciplina l’ipotesi di omesso, insufficiente o tardivo versamento di una sola rata (ovvero dell’unica soluzione) relativa alle somme “rottamate”. Analogamente a quanto prescritto per il passato, la definizione non produce effetti; i versamenti effettuati sono considerati semplici acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.
In tale ipotesi l'agente della riscossione prosegue l'attività di recupero coattivo del debito residuo, il cui pagamento non può più essere rateizzato (cfr. anche articolo 6, comma 4 del decreto-legge n. 193 del 2016).
Con l'approvazione dell'emendamento 3.1000 la Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale al presente comma
La Commissione, in sede referente, ha approvato un emendamento (emendamento 3.32 testo 2) che propone di inserire nel corpo dell’articolo il nuovo comma 14-bis, che mitiga il regime del ritardato versamento. Ai sensi delle norme proposte, non si produce l’effetto di inefficacia della definizione (previsto dal comma 14) se il ritardo nel pagamento delle rate non supera i 5 giorni; né sono dovuti interessi.
Il comma 15 ricomprende nella definizione agevolata, analogamente a quanto disposto dall’articolo 6, commi 9-bis e 9-ter del decreto-legge n. 193 del 2016, anche i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti avviati a seguito di istanze presentate dai debitori per l'accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore (ai sensi del capo II, sez. I, della legge n. 3 del 2012 in tema di crisi da sovraindebitamento).
I predetti debitori possono provvedere al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e lei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione dell'accordo o del piano del consumatore.
Il comma 16 ripropone le previsioni dell'art. 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016 in merito alle esclusioni dalla definizione agevolata:
In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:
a) alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999);
b) ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;
c) alle multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
d) alle sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.
Si ricorda in questa sede che l’articolo 11, comma 10-bis del decreto-legge n.8 del 2017 ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016, nella parte che ha escluso dalla procedura di definizione agevolata i carichi relativi alle altre sanzioni amministrative, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali. Si chiarisce in particolare che, ai fini dell'accesso alla definizione agevolata, non sono dovute le sanzioni irrogate per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi, anche nel caso in cui il debitore sia lo stesso ente previdenziale.
Ai sensi comma 17, riproducendo sostanzialmente l’articolo 6, comma 11 del citato decreto-legge n. 193 del 2016, per le sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada la definizione si applica limitatamente agli interessi, ivi compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689).
L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.
Il comma 18, con riferimento ai soggetti in procedura concorsuale. riconosce la prededucibilità delle somme occorrenti per la definizione. Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.
Il comma 19 stabilisce che, per effetto del pagamento delle somme dovute per la definizione, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo contenuto nei carichi definiti. La norma disciplina altresì le modalità operative da seguire per eliminare i carichi dalie scritture contabili degli enti creditori.
Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2024, l'elenco dei debitori che si sono avvalsi delle disposizioni di cui al presente articolo e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.
In tale contesto sono apportate modifiche anche al termine di rendicontazione agli enti creditori, previsto per le precedenti definizioni agevolate, posponendolo dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2024 (a tal fine con una modifica di coordinamento all’articolo 6, comma 12 del decreto-legge n. 193 del 2016).
Il comma 20 dispone lo slittamento dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dell'agente della riscossione, segnatamente novellando l'articolo 1, comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), già modificato dal decreto-legge n. 148 del 2017 in ragione dell’estensione della rottamazione delle cartelle al 2017.
Con le modifiche in esame, la presentazione delle comunicazioni deve avvenire, per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 (in luogo del 31 dicembre 2021) e, per quelli consegnati sino al 31 dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026 (in luogo del 2021).
Lo slittamento, come chiarisce la relazione illustrativa, è funzionale all'esigenza di attendere gli esiti della nuova procedura di definizione agevolata prevista dall'articolo in commento.
I commi 21-25 recano disposizioni di coordinamento, che disciplinano il trattamento dei soggetti che hanno aderito alle precedenti definizioni agevolate.
In particolare, il comma 21 consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 (termine così differito dal comma in esame) il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.
In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.
Il versamento è effettuato in dieci rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, con interessi calcolati al tasso dello 0,3 per cento annuo a partire dal 1° agosto 2019 e, quindi, ad un tasso inferire rispetto a quello (2 per cento annuo) stabilito per i carichi ricompresi nella nuova definizione, prevista dal comma 1.
Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.
II comma 21 dispone, inoltre, l'applicazione anche ai debitori in parola:
§ della possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;
§ a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, della possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.
La norma fa esplicitamente salvo quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.
Il comma 22 consente, in ogni caso, di procedere al pagamento in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019 (e, quindi, senza interessi), delle rate differite automaticamente ai sensi del comma 21.
Il comma 23 preclude l'accesso alla nuova definizione agevolata ai soggetti che non provvedano a versare le rate dovute per precedente definizione agevolata 2017 e che, secondo il comma 21 dell'articolo in esame, devono essere corrisposte entro il 7 dicembre 2018.
Anche il comma 23 fa salvo esplicitamente quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.
Il comma 24 reca specifiche norme di coordinamento con le precedenti definizioni agevolate, per i soggetti residenti in zone colpite dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 6, comma 13-ter del decreto-legge n. 193 del 2016 (inserito dal decreto-legge n.8 del 2017), ha prorogato di un anno, a favore dei soggetti colpiti dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016 e del 2017 (a cui si applicano specifiche sospensioni di termini tributari), i termini e le scadenze previsti per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016.
Le norme in esame consentono ai predetti soggetti, colpiti dai sismi dell'Italia centrale degli anni 2016 e 2017, di effettuare il pagamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in dieci rate, con scadenza i1 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, sulle quali sono dovuti, dal 1° agosto 2019, gli interessi al tasso dello 0,3 per cento annuo. ). Resta salva la facoltà, per il debitore, di effettuare il pagamento di tali rate in unica soluzione entro il 31 luglio 2019.
La definizione agevolata opera per tutti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, indipendentemente dalle scadenze originariamente fissate dalle relative norme di riferimento.
Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.
Anche ai debitori in parola si applica:
- la possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;
- a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, la possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.
Con il già citato emendamento 3.32 testo 2, approvato in sede referente, si propone di inserire nel corpo dell’articolo in commento un nuovo comma 24-bis, per mitigare il regime del ritardato versamento anche delle rate differite ai sensi dei già commentati commi 21-24, la quali siano in scadenza a decorrere dal 31 luglio 2019.
Anche per tali rate, dunque, l'effetto di inefficacia della definizione (previsto dal comma 14) non si produce nei casi di ritardo nel pagamento non superiore a 5 giorni e, in tal caso, non sono dovuti interessi.
Il comma 25 ammette alla nuova procedura di "rottamazione":
§ i soggetti che avevano avviato la definizione agevolata 2016 (ossia quella prevista dall'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) ma che non hanno perfezionato la procedura con l'integrale, tempestivo pagamento delle somme dovute;
coloro che, dopo aver aderito alla rottamazione 2017 (di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) non hanno provveduto al pagamento, entro il 31 luglio 2018, di tutte le rate dei piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, scadute al 31 dicembre 2016 (come disposto dall’articolo 1, comma 8, lettera b), n. l, del medesimo decreto-legge n. 148 del 2017).
L'articolo 4 dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.
Più in dettaglio, il comma 1 dispone l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo (che, come specificato dalla relazione illustrativa, va calcolato al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto in esame) fino a mille euro; l’importo da considerare è comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.
Tali importi devono risultare dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per cui sia già stata richiesta la definizione agevolata (ai sensi dell’articolo 3 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).
L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili.
Ai fini del conseguente discarico, effettuato senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione è tenuto a trasmettere agli enti interessati l’elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all’allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015.
Detto decreto disciplina le modalità di trasmissione agli enti creditori, con riferimento ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, dell'elenco delle quote annullate e di quelle di rimborso agli agenti della riscossione delle spese esecutive sostenute per tali ruoli.
Ai debiti oggetto di annullamento non si applicano le ordinarie procedure di discarico per inesigibilità (articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) e, fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativo e contabile. A tal fine, la norma rinvia alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Al riguardo si ricorda che l'articolo 1, comma 527, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) ha annullato automaticamente i crediti fino a duemila euro, importo comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999; ai fini del conseguente discarico ed eliminazione dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore, ha affidato alle norme secondarie il compito di fissare le modalità di trasmissione agli enti interessati dell'elenco delle quote annullate e di rimborso agli agenti della riscossione delle relative spese per le procedure esecutive poste in essere. Il successivo comma 528, per i crediti di importo superiore a duemila euro iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, ha disposto che, una volta esaurite le attività di competenza, l'agente della riscossione doveva provvedere a darne notizia all'ente creditore, anche in via telematica, con le medesime modalità.
Il comma 2 stabilisce le regole di imputazione e di acquisizione delle somme eventualmente versate, con riferimento ai debiti oggetto di annullamento.
Più in dettaglio, per i debiti oggetto di annullamento:
§ le somme versate anteriormente al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame) restano definitivamente acquisite;
§ le somme versate successivamente al 24 ottobre 2018 alla data di entrata in vigore del presente decreto sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nella definizione agevolata anteriormente al versamento, ovvero, in mancanza, a debiti scaduti o in scadenza e, in assenza anche di questi ultimi, sono rimborsate.
L’eventuale rimborso avviene ai sensi dell’articolo 22, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112.
Le richiamate norme prevedono che l’agente della riscossione deve offrire la restituzione all'avente diritto notificandogli una comunicazione delle modalità di restituzione. Decorsi tre mesi dalla notificazione senza che l'avente diritto abbia accettato la restituzione, ovvero, per le somme inferiori a cinquanta euro, decorsi tre mesi dalla data del pagamento, l'agente della riscossione riversa le somme all'ente creditore ovvero, se tale ente non è identificato né facilmente identificabile, all'entrata del bilancio dello Stato, ad esclusione di una quota pari al 15 per cento, che affluisce ad apposita contabilità speciale. Il riversamento è effettuato il giorno 20 dei mesi di giugno e dicembre di ciascun anno. La restituzione ovvero il riversamento sono effettuati al netto dell'importo delle spese di notificazione, trattenute dall'agente della riscossione a titolo di rimborso delle spese sostenute per la notificazione. Resta fermo il diritto di chiedere, entro l'ordinario termine di prescrizione, la restituzione delle somme all'ente creditore ovvero allo Stato. In caso di richiesta allo Stato, le somme occorrenti per la restituzione sono prelevate da apposita contabilità speciale e riversate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
A tal fine, l’agente della riscossione presenta all’ente creditore richiesta di restituzione delle somme eventualmente riscosse dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2018, riversate ai sensi del richiamato articolo 22 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In caso di mancata erogazione nel termine di novanta giorni dalla richiesta, l'agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.
Il comma 3 disciplina il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate ai sensi del comma 1 concernenti i carichi erariali e, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000-2013, quelli dei comuni.
Per il rimborso l'agente della riscossione deve presentare, entro il 31 dicembre 2019, sulla base dei crediti risultanti dal proprio bilancio al 31 dicembre 2018, e fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, apposita richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze.
Il relativo rimborso è effettuato, a decorrere dal 30 giugno 2020, in venti rate annuali, a carico del bilancio dello Stato.
La relazione illustrativa chiarisce il rimborso è effettuato senza interessi.
Per i restanti carichi invece, la richiesta è presentata al singolo ente creditore, tenuto a provvedere direttamente al rimborso a proprio carico, ai predetti termini e condizioni. Sono fatte salve anche in questo caso le anticipazioni eventualmente ottenute.
Al riguardo, sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di individuare puntualmente nella norma primaria quali siano i “restanti carichi” per cui va presentata richiesta di rimborso direttamente all’ente creditore.
Il comma 4 precisa che le disposizioni in esame sull’annullamento delle cartelle non si applicano:
§ ai debiti relativi ai carichi di cui all'articolo 3, comma 16, lettere a), b) e c) del provvedimento in esame, vale a dire, le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato; i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti; le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
§ alle risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE) e all’IVA riscossa all’importazione.
Le risorse proprie tradizionali UE previste dalle richiamate norme europee sono: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.
L’articolo 5 estende la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione a quelli concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Si applica l'articolo 3, con alcune deroghe relative ai debiti concernenti specifiche tipologie di risorse proprie UE. Sono quindi fissate le scadenze delle rate dovute dai debitori ai fini della definizione agevolata e posti alcuni obblighi di comunicazione.
La Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale con l'approvazione dell'emendamento 5.7.
Si ricorda al riguardo che l'articolo 3 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia) riapre i termini per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (anche per i altri carichi affidati fino al 31 dicembre 2017). Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.
Con le finalità sopra ricordate, l'articolo 5 prevede l'applicazione della definizione agevolata ai debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 per le seguenti risorse proprie tradizionali UE: i dazi doganali e i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero. La medesima disciplina si applica ai debiti relativi all’IVA riscossa all'importazione. Anche con riferimento a tali risorse e all'IVA all'importazione, quindi, il debitore può beneficiare dell'abbattimento di sanzioni comprese nel carico, interessi di mora e sanzioni e somme aggiuntive.
In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom (che ha sostituito la decisione 2007/436/CE) richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).
Si segnala preliminarmente che le risorse proprie tradizionali erano del tutto escluse dalle precedenti edizioni della definizione agevolata ai sensi dell'articolo 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016.
Si rammenta, inoltre, che i tributi che costituiscono risorse proprie tradizionali UE sono esclusi dalla disciplina della mediazione (posta dall'art. 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, come novellato dal decreto-legge n. 50 del 2017), la quale estende l’ambito operativo dell’istituto del reclamo/mediazione nel contenzioso tributario alle controversie di valore sino a cinquantamila euro, innalzando detto ammontare dalla previgente soglia di ventimila euro. Tali norme si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.
Per le sole risorse proprie UE (escludendo dunque l’IVA all’importazione), oltre alle somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi e a quelle maturate a titolo di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento (articolo 3, comma 1, lettere a) e b)), il debitore deve corrispondere:
§ dal 1° maggio 2016 al 31 luglio 2019, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114 (comma 1, lettera a), n. 1 dell'articolo 5 in esame). L'importo di tale interesse di mora è determinato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli (lettera b)). A tal fine l'agente della riscossione trasmette, entro il 31 maggio 2019, anche in via telematica, l'elenco dei carichi compresi nelle dichiarazioni di adesione. Con le stesse modalità, entro il 15 giugno 2019, l'Agenzia comunica gli importi all'agente della riscossione.
Il citato articolo 114, par. 1, dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali. Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.
§ dal 1° agosto 2019, il debitore è tenuto a corrispondere gli interessi al tasso del 2% (lettera a), n. 2);
§ non si può effettuare (ai sensi della lettera e)) il pagamento delle somme dovute presso gli sportelli dell'agente della riscossione e dunque non si applica la compensazione (tale possibilità è prevista, in via generale, dall'articolo 3, comma 12 lettera c) del decreto-legge in esame).
Sia per le risorse proprie che per l’IVA all’importazione:
§ entro il 31 luglio 2019 l'agente della riscossione comunica l'ammontare di quanto dovuto complessivamente, delle singole rate e le relative scadenze (lettera c));
§ le rate di pagamento devono essere corrisposte entro il 30 settembre 2019 (unica o prima rata di pagamento), entro il 30 novembre 2019 (seconda rata), entro il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno successivo (le restanti rate) (lettera d));
§ ai fini della corretta valutazione delle somme destinate al bilancio dell'Unione europea, si pone in capo all'agente della riscossione l’onere di comunicare all'Agenzia dei monopoli e delle dogane se i debitori hanno effettuato i pagamenti dovuti specificando i codici tributo relativi ai pagamenti effettuati. Tale comunicazione è effettuata entro 60 giorni dalla richiesta di tali dati effettuata dall'Agenzia alle scadenze determinate dall'articolo 13 del Regolamento (UE) n. 609/2014 (rectius regolamento (UE, Euratom) n. 609/2014, secondo la correzione proposta dall'emendamento 5.7 approvato in sede referente) concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e delle risorse proprie basate sull'IVA e sul reddito nazionale lordo, nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria (lettera f)).
Tale articolo 13 riguarda gli importi irrecuperabili. In particolare, gli Stati membri sono dispensati dall'obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati considerati irrecuperabili (con decisione dell'autorità amministrativa competente) al più tardi dopo un periodo di cinque anni dalla data alla quale l'importo è stato accertato oppure, in caso di ricorso amministrativo o giudiziario, dalla pronuncia dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione definitiva. In caso di pagamento scaglionato, il periodo massimo di cinque anni inizia a decorrere dalla data dell'ultimo pagamento effettivo nella misura in cui quest'ultimo non saldi il debito. Nei tre mesi successivi alla decisione amministrativa o secondo la scadenza applicabile, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una comunicazione contenente gli elementi d'informazione che riguardano i casi il cui importo dei diritti accertati superi 100.000 euro. Entro sei mesi dalla comunicazione (prorogabili in caso di richiesta di informazioni supplementari) la Commissione comunica le sue osservazioni allo Stato membro interessato.
Il citato regolamento n. 609/2014, insieme alla decisione 2014/335 più volte richiamata e al regolamento n. 608/2014 (che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea) costituiscono un pacchetto di misure legislative collegate al quadro finanziario pluriennale (QFP) dell'Unione europea recante la disciplina delle risorse proprie per il 2014-2020.
L’articolo 6 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
La Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale ('emendamento 6.25) e quattro modifiche sostanziali.
Queste ultime:
- modificano la percentuale del valore delle controversie pagando la quale le stesse possono essere definite (emendamento 6.9 testo 3);
- introducono regimi specifici per la definizione delle controversie per le quali il ricorso sia pendente nel primo grado di giudizio e per quelle pendenti innanzi alla Corte di Cassazione (emendamento 6.9 testo 3);
- introducono un regime specifico per i casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate (emendamento 6.100);
- concedono agli enti territoriali di applicare le norme sulla definizione agevolata in commento anche alle controversie tributarie che coinvolgono gli enti strumentali degli enti territoriali stessi (emendamento 6.30).
Secondo quanto emerge dalla Relazione sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2017, al 31 dicembre 2017 le controversie pendenti sono pari a 417.635 per un valore complessivo di circa 50,4 miliardi. Il 63% di esse (pari a 265.525 unità), è in giacenza da meno di 2 anni, il 27,4% (pari a 114.415 unità) è in giacenza da un periodo compreso tra 2 e 5 anni e solo il 9% (pari a 37.695 unità) è in giacenza da più di 5 anni.
Nel 2017 le liti pendenti si sono ridotte del 10,7% rispetto all’anno precedente. Al risultato ha contribuito la riduzione dell’8,8% rispetto al 2016, delle liti complessivamente pervenute alle Commissioni. In particolare, si è registrato un calo del 9,4% dei ricorsi presentati nel primo grado di giudizio e del 7,2% degli appelli presentati nel secondo grado di giudizio. Il numero delle controversie definite è stato pari a 261.820, in diminuzione del 10,7% rispetto al 2016. La riduzione è determinata dal calo delle decisioni di primo grado pari al 12,6%, mentre nel secondo grado le pronunce si sono ridotte del 3,5%.
Ai sensi del comma 1, possono quindi essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Per valore della controversia si intende, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 6.9 (testo 2), che propone l'introduzione di una specifica disposizione in relazione ai ricorsi pendenti iscritti nel primo grado, prevedendo che la controversia possa essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della stessa (nuovo comma 1-bis).
In deroga al comma 1, e per il solo caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) della metà del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (comma 2).
L' emendamento 6.9 (testo 2) propone di modificare tali quote, prevedendo che, in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado, la controversia possa essere definita con il pagamento del 40 per cento del valore della stessa mentre in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado, si propone che la definizione avvenga a seguito del pagamento del 15 per cento del valore della controversia.
L' emendamento 6.9 (testo 2) propone poi l'inserimento di un ulteriore comma relativo alle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, per le quali risulti soccombente l'Agenzia delle entrate in tutti i precedenti gradi di giudizio. In tali casi, si viene a prevedere che le controversie possano essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del relativo valore.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato, inoltre, approvato l'emendamento 6.100, che propone l'introduzione di una specifica disposizione in relazione ai casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate (nuovo comma 2-bis).
Per tali fattispecie, viene chiarito che è dovuto per intero l’importo del tributo relativo alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale, mentre per la parte di atto annullata viene applicata la misura ridotta, secondo le disposizioni del comma 2.
Ai sensi del comma 3, le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi.
In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.
Possono essere definite le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del presente decreto e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 4).
Sono invece escluse dalla definizione, ai sensi del comma 5, le controversie concernenti anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).
La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1 giugno 2019 alla data del versamento. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda (comma 6).
Nel caso in cui le somme interessate sono oggetto di definizione agevolata, il perfezionamento della definizione della controversia è subordinato al versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme ancora pendenti (comma 7). La Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale al presente comma con l'approvazione dell'emendamento 6.25.
Si ricorda che l’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle). Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.
Al riguardo, l’articolo 3, comma 21, del decreto in esame, consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.
In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.
Ai sensi del comma 8, in presenza di autonome controversie, occorrerà presentare una distinta domanda di definizione, entro il 31 maggio 2019, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.
Il comma 9 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018).
Ai sensi del comma 10, le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l'ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020.
Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente decreto, vale a dire dal 24 ottobre 2018 fino al 31 luglio 2019 (comma 11).
In base al comma 12, l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.
Il processo si estingue, con decreto presidenziale, in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Si prevede quindi che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate (comma 13).
Il comma 14 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.
Il comma 15 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate le modalità di attuazione del presente articolo.
Infine, il comma 16 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2019, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o – per effetto di quanto proposto dall’emendamento 6.30, approvato in sede referente – un suo ente strumentale.
L'articolo 7 contiene disposizioni specifiche per le società e le associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI.
Queste possono avvalersi:
- della dichiarazione integrativa speciale nel limite complessivo di 30.000 euro di imponibile annuo;
- della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e della definizione agevolata delle liti pendenti, con alcune specificità.
L'articolo 7, comma 1, consente alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI, di avvalersi della dichiarazione integrativa speciale regolata dall'articolo 9 del decreto in esame per tutte le imposte dovute e per ciascun anno di imposta, nel limite complessivo di 30.000 euro di imponibile annuo. La relazione del Governo precisa che le società e associazioni suddette possono avvalersi della dichiarazione integrativa speciale nel limite di 30.000 euro per singola imposta e per periodo d'imposta.
Si segnala l'opportunità di chiarire in via esplicita nel provvedimento se il limite complessivo di 30.00 euro di imponibile annuo vada rapportato al cumulo delle imposte oggetto di dichiarazione integrativa, ovvero se sia riferibile a ciascuna di esse.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 7.1000 che garantisce il coordinamento fra le modifiche proposte all'articolo 9 per effetto dell'approvazione dell'emendamento 9.1000 e relativi subemendamenti e il testo dell'articolo 7. In particolare, essendo stata proposta la soppressione della dichiarazione integrativa disciplinata dall'articolo 9, l'emendamento 7.1000 viene a proporre la soppressione del comma 1 che prevede la possibilità di avvalersi della medesima dichiarazione per le società e alle associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI.
Le stesse società e associazioni sportive dilettantistiche che alla data del 31 dicembre 2017 risultavano iscritte nel registro del CONI possono, ai sensi del comma 2:
§ avvalersi della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento prevista dall'articolo 2 del decreto in esame, versando per intero l'imposta sul valore aggiunto (IVA), un importo pari al 50 per cento delle maggiori imposte accertate e al 5 per cento delle sanzioni irrogate e degli interessi dovuti (lettera a));
§ avvalersi della definizione agevolata delle liti pendenti dinanzi alle commissioni tributarie di cui all'articolo 6 del decreto in esame (lettera b)).
Per la definizione agevolata delle liti pendenti sono previsti versamenti differenziati in ragione del grado di giudizio e dell'esito della eventuale pronuncia giurisdizionale resa in primo grado. In particolare, prendendo come riferimento la data di entrata in vigore del decreto in esame, la definizione della pendenza potrà essere effettuata con il versamento volontario del:
§ 40 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati nel caso in cui questa penda ancora nel primo grado di giudizio (lettera b, numero 1);
§ 10 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati, in caso di soccombenza in giudizio dell'amministrazione finanziaria nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva (lettera b, numero 2);
§ 50 per cento del valore della lite e 10 per cento delle sanzioni e interessi accertati in caso di soccombenza in giudizio della società o associazione sportiva nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva.
Il comma 3 precisa che la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e delle liti pendenti, definita dal comma 2, è preclusa se l'ammontare delle sole imposte accertate o in contestazione, relativamente a ciascun periodo d'imposta, per il quale è stato emesso avviso d'accertamento o è pendente reclamo o ricorso, è superiore a 30.000 euro per ciascuna imposta, IRES o IRAP, accertata o contestata. In tali casi è possibile avvalersi delle definizioni agevolate degli atti di accertamento e delle liti pendenti di cui agli articoli 2 e 6 con le regole ivi previste.
L’articolo 8 consente la definizione agevolata di debiti tributari maturati fino al 31 dicembre 2018 - per i quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato - relativi alle imposte di consumo su:
§ prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati (c.d. succedanei del tabacco)
§ prodotti liquidi da inalazione senza combustione costituiti da sostanze diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, contenenti o meno nicotina.
La definizione agevolata (di cui vengono fissate le scadenze temporali e le modalità) è ammessa con il versamento pari al 5 per cento degli importi dovuti. Non sono dovuti interessi e sanzioni.
La Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale al presente articolo con l'approvazione dell'emendamento 8.9.
Le imposte in oggetto sono previste dall'articolo 62-quater, commi 1 e 1-bis, del testo unico sulle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995). Trattandosi di prodotti diversi dal tabacco, essi sono assoggettati ad imposta di consumo e non ad accisa.
Al riguardo si ricorda che il comma 1 dell'articolo 62-quater, a decorrere dal 1° gennaio 2014, ha assoggettato i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche), sono stati assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico.
Successivamente il decreto legislativo n. 188 del 2014 (emanato in attuazione della delega fiscale, legge n. 23 del 2014 al fine di riformare l’imposizione gravante sui tabacchi lavorati):
- ha sottratto dall'imposizione i suddetti dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio;
- ha disciplinato l’imposizione sulle sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinate ad essere usati come medicinali (articolo 62-quater, comma 1-bis).
Con riferimento a tali ultime sostanze, la definizione dei beni costituenti la base imponibile dell'imposta (sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, ai sensi del al comma 1-bis) si basa sulla loro destinazione d'uso e non sulla loro succedaneità. Ad essi si applica un'imposta pari al 50 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette e alla equivalenza di consumo convenzionale. Tali fattori sono determinati sulla base di apposite procedure tecniche, definite con specifico provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si prevede inoltre che il soggetto obbligato al pagamento dell'imposta debba dichiarare, prima della commercializzazione, l'equivalenza del consumo del prodotto ad un chilogrammo convenzionale di sigarette.
Da ultimo, con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli 25 gennaio 2018, n. 11038/RU, l'imposta di consumo è stata fissata in misura pari a euro 0,3976 il millilitro. Il medesimo provvedimento ha sospeso il pagamento dell'imposta di consumo per i prodotti liquidi da inalazione non contenenti nicotina (articolo 62-quater, comma 1-bis), in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale a seguito delle ordinanze n. 139 e n. 140 del 2016 del Tar Lazio. Su tale questione è intervenuta la sentenza della Corte n. 240/2017, che ha dichiarato inammissibili o non fondate le censure sollevate relativamente.
Si ricorda che, con la sentenza n. 83/2015, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 62-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 188 del 2014), nella parte in cui sottoponeva ad imposta di consumo la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, succedanei del tabacco (nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo).
La citata pronuncia n. 240/2017 ha, invece, considerato congrua l'imposizione prevista dal comma 1-bis dell'art. 62-quater, in quanto non vi è più l'equiparazione con l'accisa sulle sigarette tradizionali e vi è una differenziazione ragionevole tra sigarette elettroniche e sigarette tradizionali, fondata, nell’esercizio della discrezionalità legislativa, sul diverso processo di assunzione del fumo elettronico e del fumo da sigarette tradizionali, quest’ultimo ritenuto più dannoso per la salute del consumatore.
Richiamando di tale decisione, il TAR Lazio, Seconda Sezione, nella sentenza 30 luglio 2018 ha respinto un ricorso che prospettava l’illegittimità della sottoposizione al medesimo regime tributario i liquidi contenenti nicotina e quelli che ne sono privi, con riferimento alla disciplina di cui all'art. 62-quater, comma 1-bis.
Si segnala, inoltre, che l'articolo 8, comma 4-bis del decreto-legge n. 91 del 2018 (Proroga di termini di disposizioni legislative) ha sospeso fino al 18 dicembre 2018 i termini per il pagamento delle imposte di consumo dovute sui prodotti succedanei del tabacco e liquidi da inalazione in esame.
Riguardo alle scadenze temporali per l'adesione previste dal comma 2:
§ entro il 28 febbraio 2019 l'Agenzia delle dogane e dei monopoli pubblica sul proprio sito internet istituzionale la modulistica e le modalità per l'adesione alla definizione anticipata;
§ perentoriamente entro il 30 aprile 2019 il soggetto obbligato manifesta all'Agenzia medesima la propria intenzione di aderire alla definizione agevolata;
§ qualora la suddetta pubblicazione da parte dell'Agenzia non avvenga entro il 28 febbraio 2019, la dichiarazione di adesione dovrà essere inviata dal soggetto obbligato, perentoriamente, entro 60 giorno dalla pubblicazione.
Ai sensi del comma 3 nella dichiarazione deve essere indicato l'ammontare dell'imposta dovuta. La dichiarazione deve essere corredata, qualora il soggetto non abbia ottemperato a tali obblighi, dal prospetto riepilogativo che riporta, per ciascuna marca, il numero delle confezioni, la capacità unitaria, la quantità complessiva di prodotto liquido da inalazione e l'imposta complessiva distintamente per immissioni in consumo destinate ai punti di vendita e ai consumatori finali. L'articolo 6, comma 7, del D.M. 29 dicembre 2014 (recante "Disposizioni in materia di commercializzazione dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina") prescrive infatti che tale prospetto sia inviato, dal soggetto autorizzato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli all'istituzione e gestione di un deposito, entro cinque giorni dal termine di ciascuna quindicina, all'Agenzia medesima. Ai sensi dell'articolo 1 del medesimo decreto, per deposito deve intendersi l'impianto in cui vengono fabbricati o introdotti i prodotti liquidi da inalazione destinati ad essere forniti agli esercizi che ne effettuano la vendita al pubblico, ai diretti consumatori, ad altri depositi, alla cessione in altri Stati membri dell'Unione europea o all'esportazione.
La presentazione della dichiarazione di adesione sospende per novanta giorni i termini per le impugnazioni dei provvedimenti impositivi e degli atti di riscossione, nonché delle sentenze pronunciate su tali atti. Quando l'impugnazione è proposta innanzi la giurisdizione tributaria, il processo è sospeso a domanda della parte diversa dell'Amministrazione tributaria fino al perfezionamento della definizione agevolata (comma 4), il quale avviene con il pagamento dell'interno importo oppure della prima rata entro 60 giorni della comunicazione (di cui al comma 6) da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (comma 5). Il citato comma 6 dispone, al riguardo, che la medesima Agenzia comunichi al debitore l'ammontare complessivo delle somme dovute entro 120 giorni dalla ricezione della dichiarazione di adesione. Entro 60 giorni da tale comunicazione il debitore è tenuto a pagare l'ammontare dovuto ovvero la prima rata (comma 7).
Ai sensi del comma 8, l'opzione per il pagamento rateale mensile è indicata dal debitore nella dichiarazione di adesione. Si può optare per un massimo di 120 rate mensili previa prestazione di una garanzia per almeno sei mensilità. La garanzia può essere prestata, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della legge n. 348 del 1982, alle condizioni ivi prescritte, mediante:
a) reale e valida cauzione (ex art. 54 del regio decreto n. 827 del 1924);
b) fidejussione bancaria;
c) polizza assicurativa.
Il mancato pagamento di sei mensilità consecutive, determina la decadenza del beneficio del pagamento rateale nonché l'obbligo di versamento degli importi dovuti residui entro 60 giorni dalla scadenza dell'ultima rata non pagata.
Se l'Agenzia rileva, entro il termine di cui al comma 1 (31 dicembre 2018), la non veridicità dei dati comunicati dal debitore, la definizione agevolata perde di efficacia (comma 9).
Nel corso dell'esame in sede referente sono stati approvati l'emendamento 9.1000 e i relativi subemendamenti 9.1000/5, 9.1000/8 (testo 2) e 9.1000/9 che propongono la soppressione dell'articolo 9 e l'introduzione di disposizioni sostitutive.
Il comma 1 prevede che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possano essere regolarizzate mediante la loro rimozione (comma 3) e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate (comma 2) di pari importo, la prima entro il 31 maggio 2019 e la seconda entro il 2 marzo 2020.
Tale procedura di regolarizzazione non può essere esperita:
· con riferimento agli atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni emessi nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all'articolo 5-quater del decreto legge n. 167 del 1990 (comma 4);
· per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato (comma 4-bis inserito con l'approvazione del subemendamento 9.1000/5);
· per le irregolarità e altre violazioni formali già contestate in atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore della disposizione in esame (comma 6).
Il comma 5 prevede che, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie), con riferimento alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015, oggetto del processo verbale di constatazione, i termini di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, sono prorogati di due anni.
Le modalità di attuazione dell'articolo in esame dovranno essere disciplinate con provvedimento del direttore della Agenzia delle entrate.
Il comma 8 propone un incremento di 101,67 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004, per agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il comma 8-bis, inserito con l'approvazione del subemendamento 9.1000/8 (testo 2), viene a prevedere una specifica destinazione per una quota del fondo appena citato, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2020. Tali risorse andranno a incrementare per la medesima annualità il Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività previsto dal comma 1091 dell'articolo 1, della legge 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).
Il Fondo è stato istituito per perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché per accrescere la competitività e la produttività del sistema economico, ed è destinato a finanziare:
· progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, nelle aree strategiche per lo sviluppo del capitale immateriale funzionali alla competitività del Paese;
· il supporto operativo ed amministrativo alla realizzazione dei progetti suddetti, al fine di valorizzarne i risultati e favorire il loro trasferimento verso il sistema economico produttivo.
Il comma 9 prevede che la copertura per gli oneri derivanti dall'articolo in esame derivi:
· per 101,67 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi da 1 a 7; e
· per 130 milioni di euro per l'anno 2021 mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).
Con l'approvazione del subemendamento 9.1000/9 è stato, infine, inserito il comma 9-bis dell'articolo 9, con il quale si viene a prevedere che siano erogati in via prioritaria i rimborsi relativi a versamenti risultati eccedenti rispetto alle relative imposte dovute richiesti entro i primi sei mesi solari di ciascun anno dai soggetti autorizzati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli all'adozione del sistema informatizzato di controllo di cui all'articolo 1 del regolamento adottato con il decreto del MEF n. 169 del 2009, titolari della licenza di esercizio, non sospesa o revocata, di cui all'articolo 23, comma 2, del testo unico delle accise approvato con il decreto legislativo n. 504 del 1995, rilasciata per la gestione di un deposito fiscale avente un parco serbatoi di stoccaggio di capacità non inferiore ai valori stabiliti dal comma 3 del medesimo articolo 23. Tali disposizioni trovano applicazione per i rimborsi erogabili a partire dalla data di conversione in legge del decreto in esame entro il limite complessivo di 10 milioni di euro annui per ciascun soggetto.
L’articolo 9 - di cui l'emendamento 9.1000 e i relativi subemendamenti 9.1000/5, 9.1000/8 (testo 2) e 9.1000/9 propongono l'integrale sostituzione, v. supra la relativa scheda - consente ai contribuenti, entro il 31 maggio 2019, di correggere errori od omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017, entro un duplice limite: uno relativo, pari al 30 per cento di quanto già dichiarato, e uno assoluto, pari a 100.000 euro di imponibile annuo. All’imponibile così integrato si applica un'aliquota al 20 per cento per le imposte dirette e i contributi, una aliquota media con riferimento all'IVA.
Il comma 1 consente ai contribuenti, entro il termine del 31 maggio 2019 di correggere errori od omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 con riferimento a:
§ imposte sui redditi e relative addizionali;
§ imposte sostitutive delle imposte sui redditi;
§ ritenute e contributi previdenziali;
§ imposta regionale sulle attività produttive;
§ imposta sul valore aggiunto (IVA).
La base imponibile di tali tributi può essere integrata nel rispetto di due limiti: uno relativo, pari al 30 per cento di quanto già dichiarato, e uno assoluto, pari a 100.000 euro di imponibile annuo.
Nel caso in cui la base imponibile originaria sia minore di 100.000 euro, nonché in caso di dichiarazione senza debito di imposta per perdite, l'integrazione è ammessa sino a 30.000 euro.
Il comma 2 dispone che al maggior imponibile integrato, per ciascun anno di imposta, venga applicata, senza sanzioni e altri oneri accessori:
§ un'aliquota pari al 20 per cento, inferiore alle minori delle aliquote ordinarie IRPEF e IRES, con riferimento alle imposte sui redditi e relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, alle ritenute (a titolo di sostituto di imposta) e ai contributi previdenziali e all'imposta regionale sulle attività produttive, determinando in tal modo l'imposta sostitutiva (lettere a) e b));
§ l'aliquota media con riferimento all'IVA, ovvero, nei casi in cui non sia possibile determinarla, l'aliquota ordinaria, attualmente pari al 22 per cento ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (Decreto IVA).
Per determinare l'aliquota media è necessario effettuare il rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato, tenendo conto dell'esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali (lettera c)).
Si valuti l'opportunità di chiarire in via esplicita se il limite complessivo di 100.000 euro di imponibile annuo vada rapportato al cumulo di imposte e contributi oggetto di dichiarazione integrativa, ovvero se sia riferibile a ciascuno di essi.
Il comma 3 stabilisce le modalità con cui devono essere integrate le dichiarazioni e corrisposti i relativi tributi.
In particolare, ai contribuenti è richiesto di inviare una dichiarazione integrativa speciale all'Agenzia delle entrate in via telematica (ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), per uno o più periodi d'imposta per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono scaduti i termini per l'accertamento (lettera a)).
Sia per le imposte sui redditi che per l'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e dell'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 tali termini sono riferiti al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. L'articolo richiama anche la disciplina generale sancita dall'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997 per la notifica di contestazioni relative alle violazioni delle norme tributarie, che devono essere effettuate entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi.
Dopo aver presentato la dichiarazione integrativa speciale, ai contribuenti è richiesto di provvedere spontaneamente al versamento di quanto dovuto senza avvalersi della compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Il versamento potrà essere:
§ effettuato in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019, ovvero
§ ripartito in dieci rate semestrali di pari importo. In tal caso, il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2019.
Il perfezionamento della procedura decorre dal momento del versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della prima rata (lettera b)).
Il comma 4 regola i casi in cui i dichiaranti non dovessero eseguire in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle somme dovute a seguito della dichiarazione integrativa speciale, tanto nel caso di pagamento in unica soluzione quanto nel caso di rateizzazione. Qualora si verifichi il mancato o incompleto versamento, la dichiarazione diviene titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati. Le somme non corrisposte sono iscritte a ruolo a titolo definitivo, trovando esplicitamente applicazione le disposizioni dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e sono altresì dovuti gli interessi legali e una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima.
Il comma 5 vieta l'utilizzo delle perdite di cui agli articoli 8 e 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) a scomputo dei maggiori imponibili inclusi nella dichiarazione integrativa speciale.
La dichiarazione integrativa speciale non può inoltre costituire titolo per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d'imposta precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste in precedenza, ovvero di detrazioni d'imposta diverse da quelle originariamente dichiarate.
Qualora dalla dichiarazione integrativa dovesse risultare un minor credito d'imposta rispetto a quello risultante dalla dichiarazione originaria, la differenza dovrà essere versata secondo le modalità sopra illustrate.
Il comma 6 prevede che ai soli elementi oggetto dell'integrazione si applichi l'articolo 1, comma 640, lettere a) e b), della legge n. 190 del 2014.
Pertanto:
§ i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;
§ i termini per l'accertamento delle imposte sui redditi e per gli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli elementi oggetto dell'integrazione.
Il comma 7 stabilisce che la dichiarazione integrativa speciale è irrevocabile e deve essere sottoscritta personalmente. Nei commi 7 e 8 vengono inoltre previste specifiche ipotesi in cui la procedura non è esperibile.
In particolare, la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa speciale è esclusa:
§ se il contribuente, essendone obbligato, non ha presentato le dichiarazioni fiscali anche solo per uno degli anni di imposta dal 2013 al 2016 (comma 7, lettera a));
§ se la richiesta è presentata dopo che il contribuente ha avuto formale conoscenza dell'inizio di attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all'ambito di applicazione della procedura in esame (comma 7, lettera b));
§ per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, per i redditi prodotti in forma associata di cui all'articolo 5 del TUIR e dai contribuenti che hanno esercitato l'opzione per la trasparenza fiscale prevista dall’articolo 115 o per le società a ristretta base proprietaria di cui all’articolo 116 del TUIR stesso con riferimento alle imposte dovute sui maggiori redditi di partecipazione ad essi imputabili per i rilievi formulati a seguito di accessi, ispezioni, verifiche o di qualsiasi atto impositivo a carico delle società da essi partecipate.
Il comma 9 stabilisce che chiunque si avvale fraudolentemente della procedura di cui all'articolo in esame al fine di far emergere attività finanziarie e patrimoniali o denaro contante o valori al portatore provenienti da reati diversi dai delitti di cui agli articoli 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) del decreto legislativo n. 74 del 2000 sui reati tributari, è punito con la medesima sanzione prevista per il reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero di cui all'articolo 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 (reclusione da un anno e sei mesi a sei anni).
Resta ferma l'applicabilità degli articoli:
§ 648-bis (riciclaggio, punibile con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000);
§ 648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, punibile con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000);
§ 648-ter.1 (autoriciclaggio, punibile con la reclusione da reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500) del codice penale;
§ 12-quinquies del decreto-legge n. 306 del 1992 (trasferimento fraudolento di valori, punibile con la reclusione da due a cinque anni e la confisca di denaro, beni o altre utilità).
Si valuti l’opportunità di chiarire gli effetti della dichiarazione integrativa ai fini dell’attività di accertamento relativa ai periodi di imposta oggetto di integrazione.
Ai sensi del comma 10, l'Agenzia delle entrate e gli altri organi dell'Amministrazione finanziaria concordano condizioni e modalità per lo scambio dei dati relativi alle procedure avviate e concluse.
Il comma 11 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di presentazione della dichiarazione integrativa speciale e di pagamento dei relativi debiti tributari, nonché delle ulteriori disposizioni necessarie per l'attuazione delle norme in commento.
Infine, ai sensi del comma 12, le somme versate dai contribuenti a seguito della presentazione della dichiarazione integrativa speciale sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.
Nel predetto Fondo è altresì eventualmente iscritta una dotazione corrispondente al maggior gettito prevedibile, per ciascun esercizio finanziario, derivante dall'emersione di base imponibile indotta dalla presentazione della dichiarazione integrativa speciale, sulla base di valutazione effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento delle finanze. Nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza viene data adeguata evidenza del maggior gettito valutato nei predetti termini.
La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalla Commissione con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 9.0.7 (testo 2) modifica gli articoli 63 e 65 del decreto legislativo n. 231 del 2007 concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
In particolare all'articolo 63, dopo il comma 1, è inserito un nuovo comma 1-bis che modifica la disciplina sanzionatoria per le violazioni di cui all'articolo 49, comma 5, relative alla mancata indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità in assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro. In tali casi e per importi inferiori a 30.000 euro, l'entità della sanzione minima è pari al 10 per cento dell'importo trasferito in violazione della predetta disposizione. La disposizione di cui al presente comma si applica qualora ricorrano le circostanze di minore gravità della violazione, accertate ai sensi dei criteri per l'applicazione delle sanzioni stabiliti dall'articolo 67 del decreto legislativo n. 231 del 2007. Tale disposizione si applica anche ai procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
L’articolo 10 prevede che per il primo semestre del periodo d’imposta 2019 non sono applicate al contribuente le sanzioni previste qualora emetta la fattura elettronica oltre il termine normativamente stabilito ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta ivi indicata alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale).
Le sanzioni sono, invece, contestabili, seppur ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.
Le attenuazioni previste dalla norma si applicano anche con riferimento al cessionario/committente che abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura ovvero non abbia proceduto alla regolarizzazione.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015, dispone che in caso di emissione di fattura, tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con modalità diversa da quella prevista dal comma 3 del medesimo articolo, ovvero attraverso la predisposizione della fattura secondo il formato accettato dal Sistema di Interscambio, la fattura si ha per non emessa, con le conseguenti sanzioni.
Il secondo periodo del medesimo comma 6, prevede inoltre che anche il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell'altro contraente, è punito con una sanzione amministrativa sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione.
La fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture che permette di abbandonare il supporto cartaceo e tutti i relativi costi di stampa, spedizione e conservazione.
L'articolo 1, comma 209, legge n. 244 del 2007, ha introdotto l'obbligo di invio elettronico delle fatture alla PA, mentre il successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55 del 3 aprile 2013, entrato in vigore il 6 giugno 2013, ha dato attuazione all'obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, in un'ottica di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione della spesa pubblica: Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. La stessa disposizione si applica, dal 31 marzo 2015, a tutte le altre pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali (articolo 25 del D.L. n. 66 del 2014). A partire dai tre mesi successivi a queste date, le PA non possono procedere al pagamento, neppure parziale, fino all'invio del documento in forma elettronica.
La legge di delega fiscale (articolo 9, legge n. 23 del 2014) ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica: in attuazione di tali norme è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, che consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.
Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata di quinquennio in quinquennio. In sostanza, ciò consente il superamento dell'obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali (art. 2, comma 1).
La legge di bilancio 2018, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, dal 1° gennaio 2019.
Nei confronti dei consumatori finali le fatture elettroniche sono rese disponibili dai servizi telematici dell'Agenzia delle entrate e da chi emette la fattura: i consumatori possono rinunciare alla copia elettronica o analogica della fattura. Sono esonerati dal predetto obbligo coloro che rientrano nel regime forfetario agevolato o che continuano ad applicare il regime fiscale di vantaggio. In caso di violazione dell'obbligo di fatturazione elettronica la fattura si considera non emessa e sono previste sanzioni pecuniarie. Si prevede, inoltre, la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle cessioni di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti in Italia, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche (legge n. 205 del 2017, commi 909, 915-917 e 928).
L'Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 30 aprile 2018, ha reso noto l'intento, per rendere agevole, efficiente e poco onerosa la fase di predisposizione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, di mettere a disposizione degli operatori una serie di servizi di ausilio per il processo di fatturazione elettronica.
Con provvedimento del 15 novembre 2018, il Garante per la protezione dei dati personali ha avvertito l’Agenzia delle entrate che il nuovo obbligo della fatturazione elettronica, così come è stato regolato dall’Agenzia delle entrate, presenta rilevanti criticità in ordine alla compatibilità con la normativa in materia di protezione dei dati personali. Per questo motivo ha chiesto all’Agenzia di far sapere con urgenza come intenda rendere conformi al quadro normativo italiano ed europeo i trattamenti di dati che verranno effettuati ai fini della fatturazione elettronica.
E’ la prima volta che il Garante esercita il nuovo potere correttivo di avvertimento, attribuito dall’articolo 58 del Regolamento europeo 2016/679, verso un provvedimento adottato senza che il Garante sia stato consultato preventivamente (articolo 36 del Regolamento richiamato).
In particolare, il Garante ha rilevato che non saranno archiviati solo i dati obbligatori a fini fiscali, ma la fattura vera e propria, che contiene di per sé informazioni di dettaglio ulteriori sui beni e servizi acquistati, come le abitudini e le tipologie di consumo, legate alla fornitura di servizi energetici e di telecomunicazioni (es. regolarità nei pagamenti, appartenenza a particolari categorie di utenti), o addirittura la descrizione delle prestazioni sanitarie o legali. Ulteriori problemi pone il ruolo assunto dagli intermediari delegabili dal contribuente per la trasmissione, la ricezione e la conservazione delle fatture, alcuni dei quali operano anche nei confronti di una moltitudine di imprese, accentrando enormi masse di dati personali con un aumento dei rischi, non solo per la sicurezza delle informazioni, ma anche relativi a ulteriori usi impropri, grazie a possibili collegamenti e raffronti tra fatture di migliaia di operatori economici. Anche le modalità di trasmissione attraverso lo SDI e gli ulteriori servizi offerti dall’Agenzia (come la conservazione dei dati) presentano criticità per quanto riguarda i profili di sicurezza, a partire dalla mancata cifratura della fattura elettronica, tanto più considerato l’utilizzo della PEC per lo scambio delle fatture, con la conseguente possibile memorizzazione dei documenti sui server di posta elettronica.
Da ultimo, nel rispondere all’interrogazione n. 5-00911 a risposta immediata in Commissione finanze alla Camera dei deputati, circa possibili problemi di violazione di segreti industriali e commerciali nonché di violazioni della privacy dei consumatori, il sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, Villarosa, ha precisato che tutte le modalità disponibili per la ricezione e per il successivo inoltro delle fatture elettroniche e delle relative ricevute rispettano i più aggiornati protocolli di sicurezza, in termini di autenticazione del trasmittente, riservatezza e disponibilità. I dati infatti sono crittografati e la consultazione sicura degli archivi informatici dell'Agenzia delle entrate è garantita da misure che prevedono un sistema di profilazione, identificazione, autenticazione dei soggetti abilitati alla consultazione, di tracciatura degli accessi effettuati con indicazione dei tempi e della tipologia delle operazioni svolte, nonché di conservazione di copie di sicurezza.
Il sottosegretario ha poi annunciato che comunque è stato attivato un tavolo tecnico congiunto Agenzia delle entrate e Autorità Garante finalizzato ad individuare soluzioni idonee a garantire il rispetto della normativa in materia di privacy.
In particolare, la lettera a) del comma 1, prevede per il primo semestre dall’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica (1°gennaio 2019), la non applicabilità delle sanzioni previste per la violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, qualora la fattura elettronica non sia emessa contestualmente, ovvero entro le ore 24 dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio, ma comunque entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto.
Si ricorda che l’articolo 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 1, stabilisce che chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il centoottanta per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all'imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, un’imposta inferiore a quella dovuta. In questi casi, secondo il comma 4 del medesimo articolo, la sanzione comunque non può essere inferiore a euro 500. La sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.
Il comma 3 dispone che se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato e comunque non inferiore a euro 500.
Il comma 8 prevede inoltre che anche il cessionario o il committente che abbia detratto l'imposta in assenza di una fattura elettronica è punito con una sanzione amministrativa pari al cento per cento dell'imposta, con un minimo di euro 250, sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione.
Si ricorda, infine, che le disposizioni attualmente vigenti in tema di fatturazione elettronica non hanno in alcun modo derogato ai termini di emissione dei documenti, che restano ancorati al momento di effettuazione dell’operazione e di esigibilità dell’imposta, secondo la previsione degli articoli 6 e 21, comma 4, del DPR n. 633/1972- Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.
A tale riguardo, si ricorda che già l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 13/E del 2 luglio 2018, si era espressa in questa direzione ritenendo che in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative, il file fattura, predisposto nel rispetto delle regole tecniche previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, ed inviato con un minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta liquidazione dell’imposta, non possa considerarsi una violazione punibile con sanzioni ai sensi dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
L’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 prevede, infatti, che non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo.
La lettera b) del comma 1, dispone che qualora la fattura si emessa ancora più tardivamente, ovvero entro il termine di effettuazione della liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto del periodo successivo, le sanzioni saranno applicabili, ma con una riduzione dell’80%.
Nel corso dell'esame in sede referente sono stati approvati gli emendamenti 10.100 (testo 2) e 10.20 (testo 2). Il primo propone di premettere al comma 1 un nuovo comma 01, che emenda l’articolo 1, comma 3, ultimo periodo, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015, n. 127, per includere fra coloro che sono esonerati dalle relative disposizioni, che impongono per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi l'emissione esclusiva di fatture elettroniche, anche i soggetti che applicano il regime forfettario (opzionale) di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398 e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000. Poiché il citato regime forfettario opzionale si applica ad associazioni sportive dilettantistiche che conseguono proventi derivanti da attività commerciali non superiori alla soglia di 400.000 euro che sono, tra l'altro esonerati dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili, viene introdotta una specifica norma per coloro che hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali un importo superiore a 65.000 euro, prevedendo che gli stessi debbano assicurare che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta.
Il comma 01-bis dispone in ordine agli obblighi di fatturazione e registrazione relativi a contratti di sponsorizzazione e pubblicità dai medesimi soggetti di cui al precedente comma (che applicano il regime forfettario opzionale di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398), prevedendo che gli stessi, nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, siano adempiuti dai cessionari.
L'emendamento 10.20 (testo 2) propone di aggiungere, dopo il comma 1, il comma 1-bis che sostituisce il primo periodo dell’articolo 1, comma 6-bis, del citato decreto legislativo n. 127 del 2015, disponendo che, per il servizio di conservazione delle fatture elettroniche reso disponibile gratuitamente dall'Agenzia delle entrate, il partner tecnologico di quest'ultima (la Sogei S.p.A.) non può avvalersi di soggetti terzi.
Con l'approvazione dell'emendamento 10.0.100 la Commissione in sede referente propone l'introduzione di un nuovo articolo in materia di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari, prevedendo l'esonero dall'obbligo di fatturazione elettronica -per il periodo d'imposta 2019 - per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria.
La norma si applica ai soggetti tenuti all'invio dei dati, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell'articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 175 del 2014 (recante "Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata")
Il comma 3 sopra richiamato elenca i seguenti soggetti: le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Essi sono tenuti ad inviare al Sistema tessera sanitaria i dati relativi alle prestazioni erogate dal 2015, con alcune esclusioni, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi Le specifiche tecniche e le modalità operative relative alla trasmissione telematica dei dati, sono rese disponibili sul sito internet del Sistema tessera sanitaria.
Quanto al comma 4, esso demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione di termini e modalità per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi a talune spese che danno diritto a deduzioni dal reddito (diverse da quelle indicate dal comma 3). In attuazione di quanto disposto dal suddetto comma 4 sono stati emanati decreti ministeriali concernenti le seguenti tipologie di spese: universitarie, funebri, per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per interventi volti alla riqualificazione energetica; relative alle rette per la frequenza di asili nido, per le erogazioni liberali.
Si ricorda che le modalità di invio di dati di natura sanitaria nell'ambito del Sistema pubblico di connettività sono state stabilite con il d.P.C.M. 26 marzo 2008. Inoltre, con decreto 27 aprile 2018, emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze, sono state fissate le "specifiche tecniche e modalità operative del Sistema tessera sanitaria per consentire la compilazione agevolata delle spese sanitarie e veterinarie sul sito dell'Agenzia delle entrate, nonché la consultazione da parte del cittadino dei dati delle proprie spese sanitarie, in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 175/2014".
Con l'approvazione dell'emendamento 10.0.200, la Commissione in sede referente propone l'introduzione di un nuovo articolo in materia di fatturazione elettronica da parte dei soggetti passivi IVA con riferimento alle operazioni effettuate nei settori delle telecomunicazioni e dei servizi connessi alla gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione.
Finalità della disposizione è quella "di preservare i servizi di pubblica utilità".
La disposizione si riferisce ai servizi regolamentati dal decreto ministeriale 24 ottobre 2000, n. 366 ("Applicazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni effettuate nel settore delle telecomunicazioni"), e dal decreto ministeriale 24 ottobre 2000, n. 370 ("Regolamento recante particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati ed il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta").
La norma demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle regole tecniche per l'emissione tramite il Sistema di interscambio delle fatture elettroniche da parte dei suddetti soggetti passivi IVA, nei confronti di persone fisiche che non operano nell'ambito di attività d'impresa, arte e professione. Tali regole tecniche si applicano solamente alle fatture elettroniche riferite a contratti stipulati con i consumatori finali precedentemente al 1° gennaio 2005, ove non sia stato possibile identificare il codice fiscale degli stessi, anche a seguito dell'utilizzo dei servizi di verifica offerti dall'Agenzia delle entrate.
L’articolo 11 introduce una norma di valenza generale che consente, a decorrere dal 1° luglio 2019, 1'emissione delle fatture entro l0 giorni dall'effettuazione delle operazioni. Chi si avvale della possibilità di emettere la fattura in una data diversa dalla data di effettuazione dell'operazione dovrà darne evidenza nel documento stesso, mentre il medesimo obbligo non ricorre per chi emette la fattura nello stesso giorno di effettuazione dell'operazione.
La norma non incide la disciplina dell'esigibilità dell'imposta e la conseguente liquidazione.
Si ricorda che attualmente, secondo la previsione dell’articolo 6, comma 4, del DPR n. 633 del 1972 - Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto - la fattura è emessa al momento dell'effettuazione dell'operazione, ovvero entro le ore 24 del giorno dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio.
In particolare la lettera a) del comma 1, in previsione del nuovo termine di 10 giorni per l’emissione della fattura, prevede, tra le indicazioni che devono essere contenute nella fattura, la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura.
La previgente disciplina, quindi, che imponeva l’emissione della fattura contestualmente all'effettuazione dell'operazione, non prevedeva la possibilità di inserire nell’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura una data di cessione di beni o di prestazione di servizi diversa da quella di emissione stessa.
L’articolo in esame, nello stabilire il nuovo termine di 10 giorni per l’emissione della fattura, provvede a inserire conseguentemente questa nuova ipotesi all’interno dell’elenco richiamato.
L’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce l’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura:
a) data di emissione;
b) numero progressivo che la identifichi in modo univoco;
c) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;
d) numero di partita IVA del soggetto cedente o prestatore;
e) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cessionario o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;
f) numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell'Unione europea, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell'esercizio d'impresa, arte o professione, codice fiscale;
g) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione;
h) corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono di cui all'articolo 15, primo comma, n. 2 ;
i) corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;
l) aliquota, ammontare dell'imposta e dell'imponibile con arrotondamento al centesimo di euro;
m) data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi, di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
n) annotazione che la stessa è emessa, per conto del cedente o prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo.
La lettera b) dispone che la fattura è emessa entro dieci giorni dall’effettuazione dell’operazione di cessione del bene o di prestazione del servizio.
La fattura elettronica, pertanto, si considera emessa se risulta trasmessa attraverso il Sistema di Interscambio entro 10 giorni dalla data dell'effettuazione dell'operazione.
Il comma 2 dispone che le modifiche introdotte dall’articolo si applicano a decorrere dal 1°luglio 2019, ovvero dal momento in cui cessano le attenuanti introdotte in ambito sanzionatorio, previste per il primo semestre 2019 dall’articolo 10 del decreto in esame. La norma, quindi, stabilisce che l’applicazione del nuovo termine di 10 giorni per la trasmissione della fattura si applica allo scadere del periodo di vigenza del termine più favorevole previsto in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni.
Si ricorda che in base al disposto dell’articolo 10 del decreto per i primi sei mesi del periodo d’imposta 2019 non sono applicate al contribuente le sanzioni previste qualora la fattura elettronica è emessa oltre il termine normativamente stabilito ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta ivi indicata alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale). Le sanzioni sono, invece, contestabili, ma ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.
L’articolo 12 modifica i termini di annotazione delle fatture emesse: tutte le fatture emesse devono essere annotate in apposito registro entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
Per le cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente la fattura deve essere registrata entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione.
Si ricorda che l’attuale normativa, articolo 23 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, (decreto IVA), prevede che il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro. Le fatture cosiddette differite/riepilogative (ad esempio per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione), quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue, e quelle emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe, devono essere registrate entro il termine di emissione e con riferimento al mese di effettuazione delle operazioni.
In pratica, la legislazione vigente prevede l’annotazione nel registro delle fatture emesse deve avvenire nel caso di fatturazione immediata, entro 15 giorni dalla data di emissione della stessa; nel caso di fatturazione differita, entro la data di emissione, tuttavia con riferimento al mese di effettuazione.
Nello specifico l’articolo 12 dispone che tutte le fatture emesse (ossia quelle cosiddette immediate, quelle cosiddette differite/riepilogative, quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue e emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe) devono essere annotare in un apposito registro nell’ordine della loro numerazione entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni.
Viceversa, in caso di cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente le fatture sono registrate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione e con riferimento al medesimo mese.
L’articolo 13 abroga l’obbligo di numerazione progressiva delle fatture nella registrazione degli acquisti, a tal fine modificando l’articolo 25 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina la registrazione degli acquisti.
L’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al comma 1, dispone che il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione, comprese quelle a cui sono tenuti i cessionari o committenti nei confronti alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti, e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
Al comma 3 si prevede che dalla registrazione devono risultare la data della fattura o bolletta, il numero progressivo ad essa attribuito.
A tale riguardo l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n.1/E del 10 gennaio 2013 aveva chiarito che era compatibile con l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura.
Si ricorda, da ultimo, che la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, comma 909, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni.
Considerata la natura non modificabile del documento elettronico inviato tramite Sistema di Interscambio (sistema obbligatorio a partire dal 1°gennaio 2019), si ritiene che tale adempimento sia automaticamente assolto. La tracciabilità della fattura rende, infatti, possibile il collegamento biunivoco tra il documento ricevuto e la registrazione contabile risultante dal registro degli acquisti.
L’articolo 14 interviene sulla disciplina della detrazione IVA, con riferimento alle liquidazioni mensili, integrando la disciplina concernente le dichiarazioni e i versamenti periodici IVA con la possibilità di detrarre l’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Il testo finora vigente dell'articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 100 del 1998 (recante norme per la semplificazione e la razionalizzazione di alcuni adempimenti contabili in materia di imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l'ammontare complessivo dell'imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente (risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili) e quello dell'imposta (risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso) per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese, ai sensi dell'articolo 19 del "decreto IVA".
La novella in esame mantiene tale disciplina e stabilisce che, sempre entro il giorno 16 di ogni mese, può essere esercitato il diritto alla detrazione relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l'operazione. Tale disposizione non si applica alle operazioni effettuate nell'anno precedente.
Il diritto alla detrazione prescrive, infatti, la compresenza di due presupposti (v. infra):
§ il presupposto sostanziale dell’effettuazione dell’operazione;
§ il presupposto formale del possesso di una valida fattura d’acquisto.
Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, tenendo conto dei tempi di emissione della fattura, il requisito del possesso della fattura potrebbe arrecare al cessionario/committente un pregiudizio derivante dalla circostanza che la fattura possa essergli recapitata oltre il periodo in cui l'imposta diventa esigibile, con il conseguente rinvio della detrazione. La novella prevede quindi che si possa computare l'IVA addebitata in fattura del periodo in cui è stata effettuata l'operazione, a condizione che la fattura sia recapitata e quindi debitamente registrata entro i termini di liquidazione (il giorno 16 del mese successivo).
Il diritto alla detrazione è disciplinato dall’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). Esso stabilisce che dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate è detraibile l'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile (vale a dire nel momento di effettuazione dell’operazione) e può essere esercitato, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA (mese di aprile) relativa all’anno in cui il diritto è sorto. Inoltre, l’articolo 25, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di registrazione delle fatture d’acquisto, prevede anche in questo caso come termine ultimo quello di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno di ricezione del documento.
Su tale disciplina ha fornito chiarimenti la circolare dell'Agenzia delle entrate, specificando che ai termini temporali sopra ricordati si aggiunge l'ulteriore requisito per la detrazione, costituito dal possesso da parte del cliente della fattura di acquisto. La circolare n. 1/E del 2018 richiama le norme europee in materia, ricordando che l’art. 179 della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE) stabilisce che il diritto alla detrazione va esercitato nel periodo in cui è sorto, ossia nel periodo in cui l’imposta è divenuta esigibile. Tale diritto, in ogni caso, è esercitato “secondo quanto previsto all’articolo 178”, il quale indica le condizioni formali per l’esercizio del diritto, tra cui, il possesso della fattura. Tale circostanza è confermata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. causa C-152/2002 – Terra BauBwdarf – Handel GmbH), richiamata dalla circolare in esame. Secondo la sentenza della Corte di Giustizia, infatti, “il diritto alla [detrazione] deve essere esercitato con riguardo al periodo di imposta nel corso del quale ricorrono i due requisiti prescritti da tale disposizione, vale a dire che la cessione dei beni o la prestazione dei servizi abbia avuto luogo e che il soggetto d’imposta sia in possesso della fattura o del documento che possa considerarsi equivalente secondo i criteri fissati dallo Stato membro interessato”.
L’articolo 15 reca una disposizione di coordinamento tra il testo del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e la decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018, che ha autorizzato l’Italia a disporre l'uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano.
Nella Decisione di esecuzione si fa riferimento ai soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano, mentre nel decreto legislativo il riferimento in tema di obbligo della fatturazione elettronica è ai soggetti stabiliti o identificati nel territorio dello Stato.
Al fine di coordinare le due norme, l’articolo in esame espunge la parola “identificati”, dal testo del decreto legislativo n. 127 del 2015.
Nello specifico, l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, prevede che al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio.
La decisione di esecuzione (UE) 2018/593, articolo 1, stabilisce che l'Italia è autorizzata ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano diversi dai soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 15.2 (testo 2) che propone l'integrale sostituzione dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 127 del 2015, relativo alle semplificazioni amministrative e contabili connesse alla introduzione della fatturazione elettronica.
In primo luogo si viene a prevedere che, a partire dalle operazioni IVA relative all'anno 2020, l'Agenzia delle entrate, nell'ambito di un programma di assistenza online basato sui dati dalla stessa acquisiti, metta a disposizione di tutti i soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata, le bozze relative a:
· il registro delle fatture emesse;
· il registro delle fatture e delle bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati;
· la liquidazione periodica dell'IVA;
· la dichiarazione annuale dell'IVA.
Per i soggetti passivi IVA che convalidano ovvero integrano nel dettaglio i dati proposti nelle bozze dei documenti appena citati, viene meno l'obbligo di tenuta dei registri delle fatture emesse e degli acquisti (previsti dagli articoli 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972).
L'articolo proposto fa salva la tenuta dei registri dei ricavi percepiti e delle spese sostenute nell'esercizio previsti dall'articolo 18, comma 2, del D.P.R n. 600 del 1973. Il comma 5 di tale ultimo articolo prevede inoltre un regime opzionale di contabilità semplificata per le imprese minori, le quali possono scegliere, rimanendo vincolate a tale opzione per un triennio, di tenere i registri ai fini dell'IVA senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l'obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta. Per i soggetti che optano per tali modalità, l'emendamento in esame prevede che permanga l'obbligo di tenuta dei registri ai fini dell'IVA.
L'emendamento propone, infine, che le disposizioni necessarie per l'attuazione delle disposizioni in esso contenute siano adottate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 15.0.1 (testo 2) che propone l'inserimento del nuovo articolo 15-bis, che modifica l'articolo 1, comma 213, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008).
Con tale modifica si prevede che, con decreto del MEF possano essere definite le cause che possono consentire alle amministrazioni destinatarie delle fatture elettroniche di rifiutare le stesse, nonché le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto al cedente/prestatore, anche al fine di evitare rigetti impropri e di armonizzare tali modalità con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica tra privati.
L’articolo 16 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, volte a estendere le possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, agevolare le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, rendere possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica.
In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame reca: a) alcune modifiche all'articolo 16-bis (Comunicazioni e notificazioni per via telematica) del decreto legislativo n. 546 del 1992; b) l'aggiunta, al medesimo decreto legislativo, dell'articolo 25-bis.
a) Le modifiche dell'articolo 16-bis riguardano:
1) l'integrazione della rubrica con il riferimento ai depositi telematici, cosicché la nuova rubrica recita: “Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici”;
2) la sostituzione del quarto periodo del comma 1 in modo che la comunicazione si intenda perfezionata con la ricezione avvenuta nei confronti di almeno uno dei difensori della parte;
3) la sostituzione del comma 2 in modo tale che nelle ipotesi di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte ed ove lo stesso non sia reperibile da pubblici elenchi, ovvero nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni siano eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria (come già previsto dalla formulazione originaria) e che le notificazioni siano eseguite ai sensi dell’articolo 16.
Si ricorda che l'articolo 16 del decreto legislativo n. 546 del 1992 prevede, al comma 2, che le notificazioni siano fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall' art. 17, secondo cui le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all' atto della sua costituzione in giudizio.
Il comma 3 prevede che le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale.
Il comma 4 specifica che gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali), provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria.
4) la sostituzione del comma 3 in modo da prevedere che le notificazioni e i depositi di atti processuali, documenti e provvedimenti giurisdizionali siano fatti esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione, mentre nella precedente formulazione la trasmissione telematica rappresentava una facoltà. Si aggiunge, inoltre, che, in casi eccezionali, il Presidente della Commissione tributaria o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento motivato possano autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche;
5) l'inserimento del comma 3-bis, in base al quale i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica ai sensi dell’articolo 12, comma 2, hanno facoltà di utilizzare, per le notifiche e i depositi, le modalità telematiche indicate nel comma 3, previa indicazione nel ricorso o nel primo atto difensivo dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni;
b) il comma 1 dell'articolo 16 dispone altresì l'inserimento, dopo l’articolo 25, dell'art. 25-bis riguardante il potere di certificazione della conformità, i cui 5 commi prevedono, nell'ordine:
1. che, al fine del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nel citato Albo per la riscossione degli enti locali (articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997), attestino la conformità della copia al predetto atto secondo le modalità del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005);
2. che analogo potere di attestazione di conformità sia esteso, anche per l'estrazione di copia analogica, agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria della Commissione tributaria ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria. Detti atti e provvedimenti, presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria, equivalgono all'originale anche se privi dell'attestazione di conformità all'originale da parte dell'ufficio di segreteria;
3. che la copia informatica o cartacea munita dell'attestazione di conformità ai sensi dei commi precedenti equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico;
4. che l'estrazione di copie autentiche ai sensi del presente articolo esonera dal pagamento dei diritti di copia;
5. che nel compimento dell'attestazione di conformità i soggetti di cui al presente articolo assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali.
Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che l'articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall'avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche.
Il comma 3 dispone che in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo per la riscossione degli enti locali, provvedano ai sensi dell’articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, n. 53 ? in base ai quali l'avvocato può estrarre copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale.
Il comma 4 consente la partecipazione a distanza delle parti all’udienza pubblica di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Con uno o più provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale, sono individuate le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l’udienza pubblica a distanza. Almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.
Il comma 5 prevede che le disposizioni di cui alla lettera a), numeri 4) e 5), del comma 1 si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019.
Il comma 6, infine, rinvia all'articolo 26 per l'individuazione delle risorse a copertura degli oneri derivanti dal comma 1, capoverso art. 25-bis, comma 4, valutati in 165.000 euro annui a decorrere dal 2019.
La disposizione, la cui introduzione è proposta con l’emendamento 16.0.100, interviene sulla disciplina relativa alla istituzione del registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliare, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi.
Più nel dettaglio l’articolo modifica il comma 7 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 59 del 2016 (conv. Legge n. 119 del 2016) eliminando il riferimento al comma 515 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015.
L’articolo 3 del decreto-legge n. 59 prevede l’istituzione presso il Ministero della giustizia di un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi. Il comma 7 dell’articolo in particolare dispone che il Ministero della giustizia, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, commi 513 e 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita? 2016), possa avvalersi della Società? di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge 24 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la Società? provvederà?, tramite Consip S.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti.
I commi da 512 a 520 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015 puntano a rafforzare l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività?, prevedendo, con la finalità? di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società? inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Le Regioni sono state autorizzate ad assumere personale per assicurare la funzionalità? di tali soggetti aggregatori, in deroga ai vincoli previsti dalla normativa vigente.
In particolare, il comma 513 richiamato prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) predisponga il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che e? approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato. Il Piano recherà?, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l'elenco dei beni e servizi informatici e di connettività? e dei relativi costi e individuerà? beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica.
Il comma 515 - anch’esso specificamente richiamato - definisce l’obiettivo di risparmio di spesa annuale posto in relazione ai precedenti commi. Tale obiettivo, pari al 50%, rispetto alla spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015 - al netto dei canoni per servizi di connettività? e della spesa effettuata tramite Consip o i soggetti aggregatori documentata nel Piano triennale predisposto dall'Agid - e? posto per la fine del triennio 2016-2018.
La Società? di cui all'articolo 83, comma 15, del D.L. n. 112/2008 e? la societa? di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria.
L’articolo, la cui introduzione è stata proposta dalla Commissione con l’emendamento 16.0.200, prevede che i servizi di natura informativa in favore di Equitalia Giustizia s.p.a. continuino ad essere forniti dalla societa? di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria.
Più nel dettaglio l’articolo inserisce un ulteriore periodo all’articolo 1, comma 11, lettera b) del decreto-legge n. 193 del 2016 (conv. L. n. 225 del 2016), in base al quale i servizi di natura informativa in favore di Equitalia Giustizia s.p.a. continuano ad essere forniti dalla società di cui all’articolo 83, comma 15 del decreto- legge n. 112 del 2008.
L’articolo 1 del decreto-legge n. 193 dispone - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Il comma 11 dell’articolo, poi, autorizza l’Agenzia delle entrate ad acquistare, al valore nominale, le azioni di Equitalia detenute dall’Inps (lettera a), mentre le azioni di Equitalia Giustizia sono cedute a titolo gratuito al Ministero dell’economia e delle finanze. Essa continua a occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (lettera b).
La Societa? di cui all'articolo 83, comma 15, del D.L. n. 112/2008 e? la società? di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 16.0.300 (testo 3), che propone una serie di articoli volti a rafforzare il contrasto all'evasione fiscale. Conseguentemente, il Capo II, nel quale tali norme vengono incise, viene rinominato "disposizioni in materia di semplificazione fiscale e di innovazione del processo tributario, nonché di contrasto all'evasione fiscale".
L'articolo 16-bis reca disposizioni in materia di accesso all’anagrafe dei rapporti finanziari e modifica l'articolo 11, commi 3, 4 e 4-bis, del decreto legge n. 201 del 2011.
Al comma 3, in relazione alle comunicazioni all’anagrafe finanziaria delle transazioni finanziarie da parte di banche, Poste italiane Spa, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, si chiarisce che la conservazione di tali dati non può superare i dieci anni.
Il comma 4 prevede che le predette comunicazioni, effettuate ai sensi dell'articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, siano utilizzate dall'Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione, per la semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione. Il comma 1, lettera a) dell'articolo 16-bis inserisce un nuovo periodo in cui viene specificato che le stesse informazioni sono altresì utilizzate dalla Guardia di finanza, anche in coordinamento con l’Agenzia delle entrate, per i medesimi fini e per la prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni tributarie, finanziarie e, in generale, connesse a ogni altro interesse economico-finanziario nazionale o dell'Ue, nonché dal Dipartimento delle finanze, ai fini della valutazione di impatto e della quantificazione e del monitoraggio dell'evasione fiscale.
Il comma 4-bis del decreto legge n. 201 del 2011 stabilisce che l'Agenzia delle entrate trasmetta annualmente alle Camere una relazione con la quale sono comunicati i risultati relativi all'emersione dell'evasione a seguito dell'utilizzo delle comunicazioni all'anagrafe tributaria. Il comma 1, lettera b) dell'articolo 16-bis specifica che la relazione deve presentare anche i risultati relativi all’attività svolta dalla Guardia di finanza utilizzando le medesime informazioni.
L'articolo 16-ter reca disposizioni in materia di attività ispettiva nei confronti dei soggetti di medie dimensioni e modifica l'articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2010, relativo al contrasto al fenomeno delle imprese in perdita sistemica, sostituendo integralmente il comma 2. La nuova formulazione della disposizione prevede che nei confronti dei contribuenti non soggetti agli indici sintetici di affidabilità né a tutoraggio, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza realizzino piani di intervento annuali coordinati sulla base di analisi di rischio sviluppate mediante l’utilizzo delle banche dati nonché di elementi e circostanze emersi nell’esercizio degli ordinari poteri istruttori e d’indagine.
L'articolo 16-quater reca disposizioni in materia di scambio automatico d’informazioni e prevede che l’Agenzia delle entrate comunichi alla Guardia di finanza, previa la stipula di un'apposita convenzione, le informazioni ricevute ai sensi dell’articolo 1, commi 145 e 146, della n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), nonché quelle ricevute nell’ambito dello scambio automatico di informazioni per finalità fiscali, previsto dalla direttiva 2011/16/UE e da accordi tra l’Italia e gli Stati esteri.
Il comma 145 della legge di stabilità 2016 prevede che le società controllanti, residenti nel territorio dello Stato ai sensi del TUIR, che hanno l'obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato conseguito dal gruppo di imprese multinazionali di almeno 750 milioni di euro e che non sono a loro volta controllate da soggetti diversi dalle persone fisiche, presentino annualmente all'Agenzia delle entrate una rendicontazione Paese per Paese che riporti l'ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e maturate, insieme con altri elementi indicatori di un'attività economica effettiva. Tali obblighi informativi derivano dall'attuazione di direttive emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In caso di omessa presentazione della rendicontazione o di invio dei dati incompleti o non veritieri è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Il successivo comma 146 estende gli obblighi suddetti alle società controllate, residenti nel territorio dello Stato, nel caso in cui la società controllante che redige il bilancio consolidato sia residente in uno Stato che non ha introdotto l'obbligo di presentazione della rendicontazione Paese per Paese, non abbia in vigore con l'Italia un accordo che consenta lo scambio delle informazioni relative alla rendicontazione Paese per Paese o, ancora, sia inadempiente rispetto all'obbligo di scambio delle medesime informazioni.
La direttiva 2011/16/UE stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto di uno Stato membro o delle ripartizioni territoriali o amministrative di uno Stato membro, comprese le autorità locali. Dall'ambito di applicazione vengono, tuttavia, escluse l’imposta sul valore aggiunto, i dazi doganali e le accise oggetto di altri atti normativi dell’Unione europea in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri. Sono inoltre esclusi dall'ambito di applicazione i contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o a una ripartizione dello stesso o agli organismi di previdenza sociale di diritto pubblico.
L'articolo 16-quinquies reca disposizioni di semplificazione in materia di provvedimenti cautelari amministrativi per violazioni tributarie e modifica l'articolo 22 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
Il comma 1 del suddetto articolo, che disciplina gli istituti dell'ipoteca e del sequestro conservativo, stabilisce l'ufficio o l'ente che ha formalmente notificato l'atto di contestazione, il provvedimento di irrogazione della sanzione o il processo verbale di constatazione, quando ha il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l'autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l'azienda.
L'articolo 16-quinquies, per rafforzare le misure poste a garanzia del credito erariale e a sostegno delle relative procedure di riscossione, prevede che le istanze appena citate possano essere inoltrate dal comandante provinciale della Guardia di finanza, in relazione ai processi verbali di constatazione rilasciati dai reparti dipendenti. Il comandante informa dell'istanza la direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, che comunica le proprie eventuali osservazioni al presidente della commissione tributaria provinciale, nonché al comandante stesso, entro venti giorni dal ricevimento dell’istanza in argomento. Trascorso tale termine, che si interrompe in caso di richiesta di chiarimenti o di ogni ulteriore elemento alla Guardia di finanza, si intende acquisito il conforme parere dell’Agenzia.
L’articolo 17 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA volte a rendere obbligatoria la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi.
In sede referente, la Commissione propone la sostituzione, al comma 1, lettera c), del capoverso 6-quater (emendamento 17.6 (testo 2)), delle modifiche di carattere formale (emendamento 17.11) e l'inserimento del comma 1-bis (emendamento 17.15 (testo 2)).
Si ricorda che, in attuazione delle norme per l'incentivazione dell'uso della fatturazione elettronica contenute nella legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014), il decreto legislativo n. 127 del 2015 consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.
Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni delle stesse, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende di quinquennio in quinquennio, ove non revocata.
In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015:
a) il comma 1 è sostituito in modo da rendere obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri per i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). La nuova formulazione dispone inoltre che la memorizzazione elettronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all'articolo 24, comma 1, del suddetto decreto n. 633 del 1972. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad euro 400.000. Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere previsti specifici esoneri dai predetti adempimenti in ragione della tipologia di attività esercitata;
Si ricorda che l'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, riguardante il commercio al minuto e le attività assimilate, fa riferimento alle seguenti operazioni:
- cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;
- prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica;
- prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito;
- prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell'abitazione dei clienti;
- prestazioni di custodia e amministrazione di titoli e altri servizi resi da aziende o istituti di credito e da società finanziarie o fiduciarie;
- operazioni esenti indicate ai nn. da 1) a 5) e ai nn. 7), 8), 9), 16) e 22) dell'art. 10;
- attività di organizzazione di escursioni, visite della città, giri turistici ed eventi similari, effettuata dalle agenzie di viaggi e turismo;
- prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.
b) di conseguenza, al comma 6 le parole “optano per” sono sostituite dalla seguente: “effettuano”;
c) sono inoltre aggiunti all'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015 i commi da 6-ter a 6-quinquies:
- il comma 6-ter introduce una deroga a quanto disposto dalla riformulazione del comma 1 prevedendo che le predette operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 effettuate nelle zone individuate con decreto del MEF di concerto con il MiSE possano essere documentate mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all'articolo 8 della legge n. 249 del 1976, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge n. 18 del 1983;
- il comma 6-quater, come sostituito dall'emendamento 17.6 (testo 2) approvato in sede referente, prevede che i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (decreto legislativo n. 175 del 2014) possano adempiere all'obbligo di cui al comma 1 mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi ai tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria. I dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria possono essere utilizzati solo dalle Pubbliche Amministrazioni per finalità istituzionali. Il comma dispone inoltre che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la Pubblica Amministrazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definiti, nel rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali, anche con riferimento agli obblighi di cui all'articolo 32 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati), i termini e gli ambiti di utilizzo dei predetti dati e i relativi limiti, nonché le modalità tecniche di trasmissione;
- il comma 6-quinquies dispone la concessione di un contributo, negli anni 2019 e 2020, per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali effettuare la memorizzazione e la trasmissione in commento. Il contributo è complessivamente pari al 50 per cento della spesa sostenuta, per un massimo di euro 250 in caso di acquisto e di euro 50 in caso di adattamento, per ogni strumento. Il contributo è anticipato dal fornitore sotto forma di sconto sul prezzo praticato ed è a questo rimborsato sotto forma di credito d'imposta di pari importo, da utilizzare in compensazione. Al credito d'imposta non si applica il limite annuale di 250.000 euro (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007) né il limite all’utilizzo in compensazione pari a 700.000 euro ('articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388). Il comma rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione delle modalità attuative, comprese le modalità per usufruire del credito d'imposta, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione e per il rispetto del limite di spesa previsto. Il comma fissa inoltre il limite di spesa in euro 36,3 milioni per l’anno 2019 e in euro 195,5 milioni per l’anno 2020.
Il comma 1-bis, aggiunto con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 17.15 (testo 2), estende anche al registro dei corrispettivi la deroga già prevista per il registro delle fatture e quello degli acquisti dall'articolo 7, comma 4-quater, del decreto legge n. 357 del 1994. In base a tale deroga, la tenuta di quei registri con sistemi elettronici è, in ogni caso, considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge se, in sede di accesso, ispezione o verifica, gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti e in loro presenza.
Il comma 2 apporta ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 fissandone la decorrenza dal 1° gennaio 2020. In particolare:
a) dispone l'abrogazione dell’articolo 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015;
Si ricorda che l'ultimo periodo dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015 esclude dall'applicazione della riduzione del termine di decadenza per la notificazione degli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti i soggetti che effettuano anche operazioni di cui all'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 che non abbiano esercitato l'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica.
b) dispone inoltre le seguenti modificazioni all’articolo 4:
1. al comma 1 è soppresso il riferimento all'esercizio dell'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi;
2. al comma 2 si dispone il mantenimento dell'obbligo di tenuta del registro dei ricavi e delle spese di cui all’articolo 18, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, per i soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata. Si stabilisce inoltre che l’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto permane per i soggetti che optano per la tenuta dei registri secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, cioè senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti.
Il comma 3 rinvia all'articolo 26 del decreto legge in esame per la definizione delle coperture finanziarie degli oneri derivanti dal presente articolo.
L’articolo 18 dispone il rinvio al 1° gennaio 2020 del termine di decorrenza della lotteria nazionale dei corrispettivi, precedentemente fissato al 1° gennaio 2018.
Con l'approvazione dell'emendamento 18.3 (testo 2), la Commissione in sede referente propone l'inserimento di due nuovi commi. Vi si prevede che gli enti del terzo settore possano effettuare lotterie al fine di finanziare progetti filantropici. Inoltre, la Commissione propone una modifica di carattere formale con l'approvazione dell'emendamento 18.1.
In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016):
a) il comma 540 viene sostituito in modo da rinviare al 1° gennaio 2020 la decorrenza della lotteria dei corrispettivi precedentemente prevista decorrere dal 1° gennaio 2018. Il comma introduce inoltre la limitazione dell'ambito di applicazione ai soli contribuenti persone fisiche maggiorenni. Rimangono fermi i requisiti previsti dalla formulazione precedente: contribuenti residenti nel territorio dello Stato, che effettuano acquisti di beni o servizi, fuori dall’esercizio di attività di impresa, arte o professione, presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015. Per partecipare all’estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell’acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all’esercente e che quest’ultimo trasmetta all’Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione;
b) viene abrogato il comma 543, che, nelle more dell'attuazione delle misure di cui al comma 540, disponeva l'attuazione in via sperimentale, a decorrere dal 1° novembre 2017, della lotteria nazionale senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e limitatamente agli acquisti di beni o servizi, fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, effettuati dai contribuenti, persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, mediante strumenti che consentono il pagamento con carta di debito e di credito;
c) il comma 544 è sostituito. Nella nuova formulazione si rinvia a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, d’intesa con l’Agenzia delle entrate, (anziché a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) la disciplina delle modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria. La nuova formulazione del comma prevede inoltre che il divieto di pubblicità per giochi e scommesse, previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018 non si applichi alla lotteria.
Il comma 2, al fine di garantire le risorse finanziarie necessarie per l’attribuzione dei premi e le spese amministrative connesse alla gestione della lotteria, dispone l'istituzione di un Fondo iscritto nello stato di previsione del MEF con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021. Si fa quindi rinvio all'articolo 26 per la definizione delle relative coperture finanziarie.
L'emendamento 18.3 (testo 2) propone di inserire i commi 2-bis e 2-ter. Il comma 2-bis stabilisce che gli enti del terzo settore possano effettuare lotterie finalizzate a sollecitare donazioni di importo non inferiore a euro 500. Le lotterie possono essere organizzate anche con l'intervento degli intermediari finanziari che gestiscono il patrimonio dei soggetti partecipanti. Il ricavato derivante dalle lotterie filantropiche è destinato ad alimentare i fondi dei citati enti per la realizzazione di progetti sociali. Il successivo comma 2-ter demanda ad un decreto - di natura non regolamentare - del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione delle modalità tecniche di realizzazione delle lotterie, con riferimento, in particolare, alle modalità di estrazione e di controllo. La vincita è costituita unicamente dal diritto di scegliere un progetto sociale, tra quelli da realizzare, cui associare il nome del vincitore, con relativo riconoscimento pubblico.
L’articolo 19 detta i criteri per determinare, attraverso la fissazione di appositi consumi specifici convenzionali, la quantità di prodotto energetico necessaria a produrre una data quantità di elettricità, con l’obiettivo di definire il riferimento giuridico necessario per la tassazione dei combustibili impiegati negli impianti di cogenerazione, al momento rimesso alla normativa secondaria (non emanata).
La Commissione in sede referente propone una modifica di carattere formale con l'approvazione dell'emendamento 19.2.
L'articolo 19, comma 1 introduce al punto 11 della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo Unico delle Accise), un prospetto che riporta i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore, valevole ai fini del calcolo della relativa accisa.
La determinazione dei quantitativi di combustibile consumato per la produzione combinata di energia elettrica e calore era oggetto di un regime transitorio previsto fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012. Tale regime transitorio prevedeva l'applicazione di consumi specifici individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (ora rinominata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA) con deliberazione n. 16 del 1998, ridotti del 12 per cento.
Dal 1° gennaio 2018 avrebbe dovuto trovare applicazione un nuovo regime, in cui era prevista l'individuazione dei coefficienti moltiplicativi di aliquote di accisa, cui assoggettare la produzione combinata di energia elettrica e calore, mediante l'adozione di un apposito decreto da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale adozione non è tuttavia intervenuta.
La relazione illustrativa del Governo specifica che, in fase di predisposizione del decreto, sono emerse forti criticità in relazione agli effetti che sarebbero derivati dalla concreta attuazione del nuovo criterio di tassazione previsto dal citato articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012.
Ad esito di tali considerazioni, mediante l'intervento in esame:
§ vengono definiti - al punto 11 della tabella A allegata al Testo Unico delle Accise - i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore (comma 1), rendendo strutturale il richiamato regime transitorio;
§ conseguentemente, si elimina il rinvio alla normativa secondaria per la definizione dei consumi specifici convenzionali; a tal fine viene abrogato l’articolo 3-bis, comma 1, del decreto legge n. 16 del 2012 (comma 2, lettera a));
§ al fine di non interrompere la continuità applicativa tra le nuove norme e quelle previgenti, viene prorogato il regime transitorio di 11 mesi, estendendo la sua vigenza fino al 30 novembre 2018, vale a dire fino all’adozione della tabella introdotta con l’articolo in commento (comma 2, lettera b)).
L’articolo 20 disciplina l’istituto del gruppo IVA con riferimento ai gruppi bancari cooperativi.
Per effetto delle norme in esame si chiarisce che il vincolo finanziario, la cui esistenza è presupposto per la costituzione del gruppo IVA, si considera sussistente anche tra i partecipanti al gruppo bancario cooperativo.
La disciplina del gruppo IVA
La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha introdotto nel D.P.R. n. 633 del 1972 il Titolo V-bis che disciplina il gruppo IVA, in recepimento dell’art. 11 della direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea possono considerare come un unico soggetto passivo d’imposta le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.
La costituzione del gruppo IVA determina, tra l'altro, le seguenti conseguenze:
§ le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra partecipanti del gruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA;
§ le operazioni effettuate da un soggetto passivo membro del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA;
§ le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA.
Gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA sorgono direttamente in capo al gruppo IVA e sono, rispettivamente, adempiuti ed esercitati dal rappresentante di gruppo.
In questa sede si ricorda inoltre che la costituzione del gruppo IVA presuppone l'esistenza di un vincolo finanziario, costituito da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, che richiede alla controllante di disporre della maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria della società controllata.
Il gruppo bancario cooperativo, disciplinato all'articolo 37-bis del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993, TUB), si caratterizza per una struttura peculiare, in cui l'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento sulle banche aderenti non si basa su un vincolo finanziario, in quanto la capogruppo non dispone della maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie delle aderenti, bensì su un vincolo contrattuale. Il contratto di coesione, tuttavia, come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, configura una situazione assimilabile al controllo come definito dal codice civile, anche in coerenza con le linee guida della Commissione europea sulle modalità di attuazione del gruppo IVA.
Per quanto riguarda la riforma delle banche di credito cooperativo, si rinvia alla relativa documentazione web: si ricorda in questa sede che da ultimo l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2018 ha innalzato da 90 a 180 il numero dei giorni utili per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo; ha fissato la quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti in almeno il 60 per cento e ha disposto che i componenti dell'organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano almeno la metà più due. Ha inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.
In considerazione di quanto esposto, il comma 1 integra il D.P.R. n. 633 del 1972 prevedendo che:
§ il vincolo finanziario si considera altresì sussistente tra i soggetti passivi, stabiliti nel territorio dello Stato, partecipanti ad un gruppo bancario cooperativo (nuovo comma 1-bis dell'articolo 70-ter del citato D.P.R.);
§ il rappresentante di gruppo è la società capogruppo (nuovo ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 70-ter).
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 20.1 (testo 2) che inserisce all'articolo fra le disposizioni speciali e di attuazione previste dall'articolo 70-duodecies del D.P.R. n. 633 del1972 un nuovo comma 6-bis. Per effetto del quale, in caso di adesione al regime dell'adempimento collaborativo (Titolo III del decreto legislativo n. 128 del 2015) da parte di uno dei soggetti passivi che abbia costituito il Gruppo IVA, esercitato l'opzione di cui all'articolo 70-quater, il predetto regime si estende obbligatoriamente a tutte le società partecipanti al Gruppo. Tale estensione si verifica anche nel caso in cui l'opzione per il Gruppo IVA venga esercitata da un soggetto che abbia già aderito al regime.
Il comma 2 dell'articolo 20 stabilisce che, per l'anno 2019, la dichiarazione per la costituzione del gruppo IVA da parte dei partecipanti ad un Gruppo Bancario Cooperativo, ha effetto se presentata entro il 31 dicembre 2018 e se a tale data è stato sottoscritto il contratto di coesione di cui al comma 3 dell'articolo 37-bis del testo unico bancario sopra citato.
L'emendamento 20.1 (testo 2), approvato in sede referente, modifica anche il comma 2, modificando tale ultima indicazione. In particolare, si viene a prevedere che il vincolo finanziario si considera sussistente se a tale data (31 dicembre 2018) il Gruppo bancario cooperativo è iscritto nell'albo dei gruppi bancari cooperativi previsto dal TUB. Per i Gruppi bancari cooperativi iscritti nell'albo dei gruppi bancari nel 2019, in deroga all'articolo 70-quater, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, l'opzione di costituzione del Gruppo IVA ha effetto dal 1º luglio 2019 se la dichiarazione di cui al comma 2 del predetto articolo 70-quater è presentata entro il 30 aprile 2019.
L'emendamento 20.1 (testo 2) prevede inoltre l'inserimento di un nuovo comma, dopo il comma 2, che modifica il decreto legislativo 38 del 2005 recante la disciplina nazionale relativa all'esercizio delle opzioni previste dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali. La norma in esame prevede l'introduzione, dopo l'articolo 2 del citato decreto legislativo, relativo al suo ambito di applicazione, un articolo 2-bis (Facoltà di applicazione). Tale articolo prevede che i soggetti di cui al precedente articolo 2, i cui titoli non siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, abbiano la facoltà di applicare i principi contabili internazionali.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato poi approvato l'emendamento 20.10 (testo 2) che propone di inserire un comma 2-bis; esso incide sulla prestazione dei servizi di investimento, con riferimento alle azioni emesse da banche di credito cooperativo e da banche qualificate come operatori di finanza etica e sostenibile ai sensi dell'articolo 111-bis del TUB.
Per l'offerta e la consulenza aventi a oggetti tali tipologie di strumenti finanziari, l'emendamento prevede che non siano applicati gli articoli 21, 23, e 24-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza, TUF). Tale disapplicazione viene tuttavia limitata ai casi in cui la sottoscrizione o l'acquisto risulti di valore nominale non superiore a 1.000 euro o, se superiore, rappresenti la quota minima stabilita nello statuto della banca per diventare socio purché la stessa non ecceda il valore nominale di 2.500 euro, tenendo conto, ai fini dei limiti suddetti, delle operazioni effettuate nei 24 mesi precedenti.
L'articolo 21 del TUF detta i criteri generali relativi allo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, a tutela degli investitori, imponendo ai soggetti abilitati al loro esercizio debbano, tra l'altro, di:
· comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
· acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
· utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;
· disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività;
· identificare e gestire i conflitti di interesse e, ove le disposizioni adottate non sino sufficienti ad assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, informarli chiaramente, prima di agire per loro conto, sui medesimi conflitti;
· realizzare strumenti finanziari per la vendita facendo sì che essi soddisfino le esigenze di un determinato mercato di riferimento (cosiddetta product governance);
· conoscere gli strumenti finanziari offerti o raccomandati e valutarne la compatibilità con le esigenze della clientela.
L'articolo 23 del TUF è volto a tutelare i clienti dei soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento prevedendo, in particolare, che i relativi contratti siano redatti per iscritto a pena di nullità (che può essere fatta valere solo dal cliente), in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE (cosiddetta MiFID 2), e che un esemplare sia consegnato ai clienti. Il comma 6, inoltre, stabilisce che nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta (inversione dell'onere della prova).
L'articolo 24-bis del TUF detta disposizioni specifiche relative alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti prevedendo, al comma 1, una serie di obblighi di informazione rafforzati rispetto agli altri servizi di investimento. In particolare, è previsto che le banche e gli altri soggetti abilitati informino i clienti, anche di quanto segue:
· se la consulenza è fornita su base indipendente o meno (il comma 2 dell'articolo 24-bis chiarisce poi quali sono le regole che permettono di qualificare la consulenza su base indipendente);
· se la consulenza è basata su un’analisi del mercato ampia o più ristretta delle varie tipologie di strumenti finanziari, e in particolare se la gamma è limitata agli strumenti finanziari emessi o forniti da entità che hanno con il prestatore del servizio stretti legami o altro stretto rapporto legale o economico, come un rapporto contrattuale talmente stretto da comportare il rischio di compromettere l’indipendenza della consulenza prestata;
· se verrà fornita ai clienti la valutazione periodica dell’adeguatezza degli strumenti finanziari raccomandati.
Le richiamate norme del TUF derivano dal recepimento della direttiva 2007/39/UE (cosiddetta MiFID 1), per effetto dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 164 del 2007, e sono state successivamente modificate e integrate per garantire il recepimento della direttiva 2014/65/UE (cosiddetta MiFID 2), da cui derivano anche un regolamento (n. 600 del 2014, cosiddetto MiFIR) e numerosi atti delegati di natura tecnica direttamente applicabili.
La direttiva MiFID 2 prevede, all'articolo 3, che gli Stati membri abbiano la facoltà di non applicare le relative disposizioni a specifiche categorie di soggetti, purché gli stessi non siano autorizzati a prestare servizi di investimento, fatta eccezione per la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d’investimento collettivo e/o attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari.
Si segnala che tra le esenzioni facoltative consentite dall’articolo 3 della direttiva non rientrano - in quanto tali - né le banche di credito cooperativo né le banche qualificate come operatori di finanza etica e sostenibile. Inoltre, la modifica approvata sembra consentire la disapplicazione della suddetta disciplina, relativa agli obblighi di trasparenza, correttezza e diligenza, a specifici servizi o attività di investimento e non, come previsto dalla direttiva, a specifici soggetti; la direttiva non prevede tra l’altro soglie quantitative di esenzione.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato altresì approvato l'emendamento 20.7 (testo 2) che incide sulla disciplina delle banche popolari, prorogando dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 il termine previsto dal decreto legge n. 3 del 2015 per l’adeguamento ai requisiti di attivo delle banche popolari stabilito dall'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario - TUB).
Secondo l'articolo 29 del TUB, l’attivo di una banca popolare non può superare la soglia di 8 miliardi di euro e, trascorso un anno dal superamento di tale limite, ove lo stesso non sia stato ridotto al di sotto della soglia né sia stata deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, vengono previsti rilevanti poteri di intervento da parte dell'autorità di vigilanza, che può proporre la revoca dell'autorizzazione e la liquidazione coatta amministrativa della banca.
Il termine era stato già oggetto di proroga, per effetto dell'articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 91 del 2018 che al termine di adeguamento precedentemente indicato (18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia il 9 giugno 2015, ai sensi dell'articolo 29 del TUB) aveva sostituito la data del 31 dicembre 2018. L'emendamento 20.7 (testo 2) propone una ulteriore proroga, sostituendo la vigente data del 31 dicembre 2018 con quella del 31 dicembre 2019.
Sul punto si ricorda che il decorso della riforma è stato sospeso, con effetti erga omnes, dal Consiglio di Stato con decreto 15 dicembre 2016, n. 5571, confermato con ordinanza 13 gennaio 2017, n. 111, fino alla pubblicazione dell’ordinanza di Sezione che concluderà la seconda fase dell’incidente cautelare all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione ad essa rimessa.
La trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi è stata attuata da otto delle dieci banche interessate dalla riforma del 2015. Per le due rimanenti (Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari) il termine per la trasformazione è stato sospeso, in attesa delle decisioni della Corte costituzionale in ordine a una questione sollevata dal Consiglio di Stato.
In particolare, con ordinanza del 15 dicembre 2016, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad alcune prescrizioni della riforma delle banche popolari, tra cui la facoltà concessa alle banche, su autorizzazione della Banca d’Italia anche in deroga alle norme del codice civile, di limitare il rimborso degli strumenti di capitale al socio che ha esercitato il recesso, alle condizioni di legge.
La questione è stata rimessa dunque alla Corte Costituzionale che con sentenza n. 99 del 21 marzo 2018 si è pronunciata sulle predette questioni di costituzionalità ritenendole infondate e confermando la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza per il decreto legge. Inoltre, la Consulta ha affermato che la normativa impugnata la quale, in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali, prevede la possibilità per le banche di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio, non lede il diritto di proprietà. Ha affermato infine che, quanto ai poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, essi rientrano nei limiti di quanto consentito dalla Costituzione. La riforma era stata già sottoposta all'attenzione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 287 del 2016, aveva dichiarato manifestamente inammissibili e non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale riferite alla riforma delle banche popolari.
Nonostante la pronuncia della Consulta la VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza del 18 ottobre 2018, ha ritenuto necessario disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, con particolare riferimento alle norme che impongono la soglia di attivo al di sopra della quale la banca popolare è obbligata a trasformarsi in società per azioni (fissando tale limite in 8 miliardi di euro) e consentono alla banca di differire o limitare, anche per un tempo indeterminato, il rimborso delle azioni del socio recedente.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 20.0.3 (testo 2 corretto) volto ad estendere la vigilanza dell'autorità governativa anche alle società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi.
In particolare, l'articolo 20-bis, comma 1, lettera a), modifica la rubrica dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 220 del 2002, in materia di vigilanza, estendendone il riferimento anche alle società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi.
L'articolo 20-bis, comma 1, lettera b) aggiunge al comma 1 del medesimo articolo 18 del d.lgs. n. 220 del 2002 una disposizione volta ad assoggettare alla disciplina dei controlli sugli enti cooperativi attribuiti all'autorità governativa anche le società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi di cui all'articolo 37-bis del decreto legislativo n. 385 del 1993. I controlli devono essere finalizzati a verificare che l'esercizio del ruolo e delle funzioni di capogruppo risulti coerente con le finalità mutualistiche delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo. In caso di difformità, Banca d'Italia, su segnalazione dell'autorità governativa, potrà assumere adeguati provvedimenti di vigilanza. L'articolo rinvia quindi a un decreto, da adottare entro il 31 marzo 2019, del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentita Banca d'Italia, per l'emanazione di disposizioni per l'attuazione del presente articolo in cui siano definite modalità, soggetti abilitati e modelli di verbale.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 20.0.5 (testo 2) che propone di una serie di modifiche al TUB, volte ad accrescere la solidità delle banche credito cooperativo preservando l'autonomia gestionale e giuridica dei singoli enti creditizi.
In particolare, all'articolo 33, comma 1-bis, TUB, per effetto del quale l'adesione a un gruppo bancario cooperativo è condizione per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo, viene aggiunto un ultimo periodo che fa salvo quanto previsto all'articolo 37-bis, comma 1-bis.
Il nuovo comma 1-bis prevede che le banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle provincie autonome di Trento e Bolzano abbiano la facoltà di adottare, in alternativa alla costituzione del gruppo bancario cooperativo, sistemi di tutela istituzionale, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 113, paragrafo 7 del Regolamento (UE) n. 575 del 2013 (Capital Requirements Regulation, CRR).
Secondo la definizione fornita nel citato regolamento sui requisiti patrimoniali, un sistema di tutela istituzionale (institutional protection schemes, IPS) è un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge, stipulato da un gruppo di banche, che tutela gli enti partecipanti e soprattutto ne garantisce la liquidità e la solvibilità. Il riconoscimento di un IPS comporta che alcuni requisiti prudenziali previsti per le singole banche non si applichino agli enti che sono membri dell’IPS, secondo modalità analoghe a quelle adottate nel trattamento dei soggetti appartenenti a un gruppo bancario consolidato. Tale trattamento può giustificarsi soltanto se sono soddisfatti i requisiti elencati dall'articolo 13, paragrafo 7, del CRR, ad esempio riguardo alla capacità dell’IPS di fornire supporto ai membri in situazione di difficoltà.
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 20.0.32 che propone l'adozione di una disciplina contabile speciale per i soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali.
In particolare, al comma 1 si prevede che nell'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame, tali soggetti possano valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato anziché al valore desumibile dall'andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. Tale misura, in relazione all'evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, può essere estesa agli esercizi successivi con decreto del MEF.
Per le imprese di assicurazione e di riassicurazione che hanno sede legale nel territorio della Repubblica e non utilizzano i principi contabili internazionali, il comma 2 prevede che le modalità attuative delle precedenti disposizioni siano stabilite dall'IVASS con regolamento. Alle imprese di assicurazione e di riassicurazione che si avvalgono del criterio di valutazione consentito dal comma 1, il comma 3 impone di destinare a riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla differenza tra i valori di iscrizione in bilancio e i valori di mercato, al netto del relativo onere fiscale. In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della citata differenza, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili o, in mancanza, mediante utili degli esercizi successivi.
L’articolo 21 autorizza il trasferimento di risorse a Rete ferroviaria italiana per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa e del contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa.
In particolare è autorizzata la spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 (comma 1) e di 600 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte investimenti 2017 - 2021.
I rapporti tra concessionario della rete (RFI S.p.A.) e concedente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sono regolati da uno o più contratti di programma, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015. I contratti di programma sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sono sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare da rendersi entro 30 giorni dalla presentazione. Tali pareri erano originariamente resi dalle Camere sia sul testo dei contratti di programma che dei relativi aggiornamenti. Il decreto-legge n. 148 del 2017 (art. 15, comma 1-bis) ha però limitato il parere parlamentare ai contratti di programma e ai soli aggiornamenti che contengano modifiche sostanziali. Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento.
Il Contratto di programma - parte servizi è lo strumento che disciplina il finanziamento delle attività di manutenzione, straordinaria e ordinaria della Rete ferroviaria nazionale e delle attività di Safety, Security e Navigazione ferroviaria.
Con riferimento alla parte servizi il vigente contratto di programma (2016-2021) è stato oggetto dell’esame parlamentare nella XVII legislatura. Nel citato documento, nell’ambito del prospetto delle fonti e degli impieghi delle risorse per competenza, si segnalava per l’anno 2018 un fabbisogno di 43 milioni di euro sostanzialmente coperto dal contributo assegnato attraverso la disposizione all’esame.
Con riferimento alla parte investimenti lo schema di contratto di programma 2017-2021, parte investimenti, tra Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato esaminato dalle Commissioni parlamentari che hanno espresso il proprio parere rispettivamente nella giornata del 24 ottobre 2018 (Senato) e del 25 ottobre 2018 (Camera dei deputati).
Il contratto di programma, parte investimenti è finalizzato a regolare la programmazione degli investimenti di sviluppo e potenziamento della rete ferroviaria, nonché gli interventi relativi alla sicurezza della rete e all'adeguamento della stessa agli obblighi di legge, in coerenza con gli indirizzi strategici della programmazione economico-finanziaria nazionale e comunitaria.
Lo schema di contratto di programma, parte investimenti prevede nuovi finanziamenti contrattualizzati, per un importo pari a 13.925 milioni di euro, cui vanno sottratti definanziamenti per 666 milioni di euro. Pertanto si registra un saldo incrementale nel contratto pari a circa 13.259 milioni di euro.
Per approfondimenti sui contenuti e sulla struttura del contratto di programma si rinvia al relativo dossier di documentazione.
Il comma 3 disciplina la copertura finanziaria, stabilendo che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 26 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
L'articolo, la cui introduzione è proposta dalla Commissione con l'approvazione dell'emendamento 21.0.2 (testo 3) apporta modifiche ai criteri di riparto del Fondo per il trasporto pubblico locale.
Più nel dettaglio la disposizione interviene sulla lett. d) del comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 (conv. L. n. 96 del 2017) prevedendo che la penalizzazione in termini di riduzione delle risorse del Fondo si applica a decorrere dall'anno 2021. La modifica introdotta aggiunge inoltre che tale disposizione non si applica con riguardo ai contratti di servizio affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 e alle disposizioni normative nazionali vigenti.
Il comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 detta i criteri per il riparto del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale. La disposizione prevede che, a decorrere dal 2018, il riparto del Fondo sia effettuato, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata. Qualora detta intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri può provvedere con deliberazione motivata, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997 (recante “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali”). Il comma 2 esplicita, inoltre, i criteri per il riparto del Fondo.
Tra questi, la lett. d) prevede una penalizzazione in termini di riduzione delle risorse - in sede di ripartizione delle risorse fra le regioni - nei casi in cui, entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riparto, i servizi di trasporto pubblico locale e regionale non siano affidati con procedure di evidenza pubblica ovvero non risulti pubblicato alla medesima data il bando di gara. La medesima decurtazione è contemplata qualora siano bandite gare non conformi alle misure adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti, qualora bandite successivamente all’adozione delle predette misure. Tale disposizione non si applica - però - ai contratti vigenti al 30 settembre 2017 (per tutto il periodo della loro vigenza), a condizione che siano affidati in conformità alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia), nonché per i servizi ferroviari regionali, nel caso di avvenuta pubblicazione alla medesima data ai sensi dell'art. 7, co. 2, del medesimo Regolamento (CE).
La riduzione si applica a decorrere dall'anno 2021. In ogni caso non si applica ai contratti di servizio affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 e alle disposizioni normative nazionali vigenti
L’articolo 22 assegna al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014. La rimanente quota, pari a 435 milioni è coperta ai sensi dell'articolo 26.
Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.a., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche – garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore delle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).
Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:
§ rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché
§ rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero
§ sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.
In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.
Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.
Quanto alla disciplina relativa alle modalità operative del Fondo, questa è stata oggetto nel tempo di varie modifiche, finalizzate in sostanza a ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti attraverso di esso, dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.
Il D.L. n. 69/2013 ha in particolare posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo, simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring e dunque per una rimodulazione delle percentuali di garanzia del Fondo in funzione della rischiosità del prenditore e della durata e tipologia di operazione finanziaria[1]. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa (si vedano in particolare i seguenti DD.MM. attuativi della riforma allo stato adottati: D.M. 29 settembre 2015, il D.M. 7 dicembre 2016 il D.M. 6 marzo 2017 ed il D.M. 21 dicembre 2017[2]).
Il Fondo, costituito, come detto, presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore del Fondo stesso, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018. Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti. Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo.
Quanto alle modalità di finanziamento del Fondo, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 - Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Il Fondo, istituito presso il Mediocredito centrale MCC, opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale.
Il Fondo opera inoltre attraverso più sezioni, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste (la disciplina, istitutiva delle sezioni, è sia di rango primario che secondario).
In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).
Il Fondo, nel corso degli anni, è stato più volte rifinanziato. L’articolo 1, comma 53 della legge di stabilità 2014 (Legge n. 147/2013), come modificato dall’articolo 8-bis, comma 2, del D.L. n. 3/2015, ha previsto l’assegnazione al Fondo di 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, mediante riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, e in coerenza con le relative finalità. Ha altresì previsto che con apposita delibera del CIPE siano assegnati al Fondo, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni di euro.
In attuazione di tale previsione, la Delibera CIPE n. 94 del 22 dicembre 2017 ha disposto l’assegnazione al Fondo di quota parte dell’importo autorizzato dalla testé citata norma, pari a 300 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione FSC 2014-2020. L’assegnazione è stata imputata per 28 milioni di euro all’annualità 2014, per 85,5 milioni di euro all’annualità 2015, per 186,5 milioni di euro all’annualità 2016. L’utilizzo delle risorse è nel rispetto del criterio di riparto percentuale dell’80 per cento al Mezzogiorno e del 20 per cento al Centro-Nord. Dunque, con la norma qui in esame, le residue risorse del FSC destinate ai sensi del comma 53 al Fondo di garanzia PMI, pari a 300 milioni di euro, vengono interamente imputate ope legis all’annualità 2018.
Inoltre, il Fondo, nell’ultimo biennio, è stato anche rifinanziato:
§ dal D.L. n. 193/2016 (articolo 13, comma 1), collegato alla manovra finanziaria 2017, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016, e per ulteriori 100 milioni a valere sugli stanziamenti del Programma Operativo Nazionale (PON) "Imprese e competitività 2014-2010", a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico (cfr. delibera CIPE del 1 dicembre 2016 e D.M. 13 marzo 2017)
§ dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 192, ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 per il sostegno alle imprese sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, disponendo che quota parte di tali risorse – pari a 3 milioni di euro - confluisca direttamente in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cfr. D.M. attuativo 4 novembre 2016); la legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016), all’articolo 1, commi 612, ha poi autorizzato per le medesime finalità sopra indicate l'ulteriore somma di 3 milioni per l'anno 2019;
§ dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 650, della ha stanziato 10 milioni per l’anno 2016 in favore della Sezione speciale per l'autotrasporto istituita nell'ambito del Fondo con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 luglio 2009;
§ ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 5, del DL n. 5/2009, sono stati assegnato al Fondo 100 milioni per l’anno 2016;
§ ai sensi del comma 5 ter, articolo 1 del DL 21giugno2013, n. 69 è stato riassegnato nel 2016 al cap. 7345/MISE un importo pari a 5,7 milioni di euro e nel 2017 l’importo di 3,6 milioni: si tratta di somme provenienti dalle somme versate all’entrata a titolo di contributi su base volontaria per interventi destinati alla Sezione del Fondo per la micro imprenditorialità;
§ dalla legge n. 220/2016, di disciplina del cinema e dell’audiovisivo, che, all’articolo 30, ha stanziato 5 milioni di euro nell'anno 2017 per la Sezione per il cinema e l'audiovisivo istituita nell'ambito del Fondo dalla stessa legge;
§ dal D.L. n. 148/2017 , il quale all’articolo 9, ha incrementato la dotazione del Fondo di 300 milioni per l'anno 2017 e di 200 milioni di euro per l'anno 2018 e ha disposto la riassegnazione al Fondo stesso per l'anno 2017 delle entrate incassate nell'ultimo bimestre 2016 relative alle sanzioni Antitrust al Fondo di garanzia, nel limite di 23 milioni di euro.
§ con D.M. del 13 marzo 2017 è stata poi istituita la Sezione speciale del Fondo denominata “Riserva PON IC” alimentata con risorse del Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» FESR 2014-2020 e destinata a interventi di garanzia nelle regioni del Mezzogiorno. A tale Sezione sono stati destinati 200 milioni rivenienti dal suddetto PON, in attuazione dell’Azione 3.6.1 (al 31 dicembre 2017, rileva la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, sono stati già trasferiti materialmente al Fondo 51,3 milioni).
Quanto all’operatività del Fondo, la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali - anno 2018, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, evidenzia come nel 2017, il Fondo abbia rilasciato garanzie su 119.935 operazioni (+4,8% rispetto al 2016), per un importo complessivo di nuovi finanziamenti garantiti pari a € 17,5 miliardi (+4,9% rispetto al 2016), con un corrispondente importo massimo garantito di € 12,3 miliardi (+6,3% rispetto al 2016).
Per il triennio 2018-2020, sulla base dei flussi finanziari in entrata e in uscita la Relazione evidenzia che per il 2018 non sono necessarie risorse aggiuntive. Per assicurare, tuttavia, la piena operatività del Fondo fino al 31 dicembre 2020 la Relazione considera necessario un fabbisogno finanziario aggiuntivo per un ammontare complessivo pari a € 2,7 mld, di cui € 1,1 mld per il 2019 e € 1,6 mld per il 2020.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 22.0.1 - concerne la procedura per la definizione delle transazioni con le aziende farmaceutiche relative ai contenziosi sul ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per gli anni 2013, 2014 e 2015.
Il nuovo articolo specifica che le suddette transazioni sono valide, per la parte pubblica, con la sola sottoscrizione dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalla Commissione con l'emendamento 22.0.100, interviene sulla disciplina relativa alla revoca dei finanziamenti di opere pubbliche attuate.
In particolare l'articolo modifica il comma 3-bis dell'articolo 3 del decreto- legge n. 133 del 2014 (cd. “Sblocca Italia”). Tale comma, introdotto dal decreto- legge n. 185 del 2015, prevede, ai fini della revoca dei finanziamenti per interventi non attuati, che le condizioni di appaltabilità e di cantierabilità degli interventi si realizzano quando i relativi adempimenti, previsti dai decreti interministeriali di assegnazione delle risorse, "sono compiuti entro il 31 dicembre dell'anno dell'effettiva disponibilità delle risorse necessarie ai fini rispettivamente corrispondenti". La disposizione prevede che le condizioni si realizzano quando i relativi adempimenti sono compiuti entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla effettiva disponibilità delle risorse.
Il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 133 ha previsto l'istituzione di un Fondo c.d. “sblocca cantieri”, le cui risorse sono volte a consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori.
Il comma 2 ha demandato a uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'assegnazione delle risorse occorrenti. Con riguardo alle modalità di assegnazione sempre il comma 2, nell'elencare gli specifici interventi da finanziare, li suddivide in tre categorie e a disporre che, per gli interventi compresi nelle opere di cui alle lettere a) e b), i decreti vengano adottati entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, mentre, per gli interventi inclusi nella lettera c), vengano adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La norma non precisa l'entità delle risorse che verranno destinate ai singoli interventi in quanto l'assegnazione delle risorse è demandata ai decreti interministeriali; una stima indicativa dei fabbisogni è indicata nella relazione tecnica. L'unico vincolo nella destinazione delle risorse fissato nella norma è quello stabilito nel comma 3, che riserva 100 milioni di euro agli interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di competenza dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche.
E' opportuno ricordare che ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge sblocca Italia il mancato rispetto delle condizioni fissate dal comma 3-bis determina la revoca del finanziamento assegnato. La destinazione delle risorse revocate è individuata dal successivo comma 6.
La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalla Commissione con l'emendamento 22.0.200, prevede l'istituzione della nuova Autorità portuale dello Stretto.
Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo modifica l'articolo 6 della legge di riordino della legislazione in materia portuale (Legge n.84 del 1994) prevedendo:
· l'istituzione della Autorità portuale dello Stretto. La competenza sullo Stretto è quindi sottratta alla attuale Autorità portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio e dello Stretto (lett. a) e b));
· che non possano essere previste riduzioni del numero di Autorità portuali (il numero potrà quindi essere solo aumentato) (lett. c)).
Il comma 2 dell'articolo interviene sull'Allegato A della legge n. 84, il quale indica i porti rientranti nell'ambito di competenza di ciascuna Autorità portuale. La disposizione modifica (lett. a) la competenza dell'Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Ionio e dello Stretto (la cui nomenclatura come detto è modificata dal comma 1 dell'articolo) attribuendo la competenza sui porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni e Reggio Calabria alla istituenda Autorità di sistema portuale dello Stretto (lett.b).
In proposito è opportuno ricordare che, in coerenza con quanto previsto dal Piano strategico della portualità e della logistica è stato realizzato con il decreto legislativo n. 169 del 2016 un riordino del sistema portuale, che ha previsto in particolare:
1) il superamento della logica dell'autorità portuale intesa come struttura amministrativa per lo più coincidente con una singola struttura portuale (monoscalo) e, pertanto, la sostituzione delle vecchie autorità portuali con nuove Autorità di sistema portuale (AdSP) alle quali fanno capo più porti;
2) la conseguente riduzione del numero delle autorità portuali che sono state portate da 24 a 15, accorpando 57 porti italiani (con la possibilità di ulteriori riduzioni di strutture sulla base del monitoraggio della riforma, da effettuare dopo tre anni dall'entrata in vigore della stessa). E' previsto che le Regioni possono chiedere l'inserimento nelle Autorità di Sistema di ulteriori porti di rilevanza regionale o nazionale. Si prevede che nei porti nei quali aveva sede un'autorità portuale soppressa sia istituito un Ufficio territoriale
portuale;
3) una nuova programmazione degli investimenti portuali e una nuova procedura per i piani regolatori portuali;
4) la previsione del Piano dell'organico del porto dei lavoratori delle imprese portuali;
5) la riarticolazione della governance;
Di seguito sono indicate le 15 nuove Autorità di sistema portuale, il porto sede dell'Autorità (in grassetto) e gli altri porti che ne fanno parte:
- Mare Ligure occidentale: Genova, Savona, Vado Ligure;
- Mare Ligure orientale: La Spezia, Marina di Carrara;
- Mar Tirreno settentrionale: Livorno, Capraia, Piombino, Portoferraio, Rio Marina e Cavo;
- Mar Tirreno centro-settentrionale: Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta;
- Mar Tirreno centrale: Napoli, Salerno, Castellamare di Stabia;
- Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto: Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo); Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria;
- Mare di Sardegna: Cagliari, Foxi-Sarroch, Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano, Portoscuso- Portovesme e Santa Teresa di Gallura (solo banchina commerciale);
- Mare di Sicilia occidentale: Palermo, Termini Imerese, Porto Empedocle, Trapani;
- Mare di Sicilia orientale: Augusta, Catania;
- Mare Adriatico meridionale: Bari, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Monopoli;
- Mare Ionio: Taranto;
- Mare Adriatico centrale: Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto (esclusa darsena turistica), Ortona;
- Mare Adriatico centro-settentrionale: Ravenna;
- Mare Adriatico settentrionale: Venezia, Chioggia;
- Mare Adriatico orientale: Trieste, Monfalcone[3].
Con riferimento alle modifiche dei porti che fanno parte delle diverse Adsp, la riforma prevede che con regolamento, da adottare, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti possono essere apportate, su richiesta motivata del Presidente della Regione interessata, modifiche all'allegato A (che indica i porti appartenenti a ciascuna Adsp) per consentire sia l'inserimento di un porto di rilevanza economica regionale - o di un porto di rilevanza economica nazionale la cui gestione è stata trasferita alla regione- all'interno del sistema dell'AdSP territorialmente competente sia il trasferimento di un porto a una diversa AdSP, previa intesa con la Regione nel cui territorio ha sede l'AdSP di destinazione.
Inoltre con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previo parere della Conferenza unificata possono essere modificati i limiti territoriali di ciascuna delle istituite Autorità di sistema portuale.
Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della riforma, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, valutate le interazioni fra le piattaforme logistiche e i volumi di traffico, può essere ridotto il numero delle Autorità di sistema portuale.
Con particolare riguardo alla Autorità di Sistema portuale della quale la disposizione in esame propone l'istituzione è opportuno segnalare che con un comunicato del 7 settembre 2018 il Ministero delle infrastrutture e trasporti aveva annunciato la costituzione, come sedicesima Autorità di Sistema portuale, dell'Autorità dello Stretto di Messina, alla quale fanno capo i porti di Messina, Milazzo, Reggio Calabria e Villa San Giovanni.
I porti che sono stati individuati come sede dell'Autorità fanno parte della rete centrale transeuropea (c.d. core). Il Regolamento UE n. 1315/2013 definisce la rete europea dei trasporti indicando una rete centrale ("core") che
consiste di quelle parti della rete che rivestono la più alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e, pertanto, da completare entro il 2030, e una rete
"globale" ("comprehensive") connessa alla rete centrale, di cui costituisce l'articolazione primaria, che è costituita da tutte le infrastrutture di trasporto, esistenti e pianificate, della rete transeuropea dei trasporti, nonché da misure che ne promuovono l'uso efficiente e sostenibile sul piano sociale e ambientale, da completarsi entro il 2050. Nelle reti sono indicati collegamenti ferroviari, portuali, aeroportuali, di navigazione interna, stradali e intermodali interconnessi per assicurare una mobilità efficiente nel continente europeo.
Il comma 3 inserisce un ulteriore periodo al comma 6 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 91 del 2017 (conv. L. n. 123 del 2017), il quale ha istituito le Zone Economiche Speciali (ZES). In base al nuovo periodo nell'ipotesi in cui i porti inclusi nell'area ZES rientrino nella competenza territoriale di una autorità di sistema portuale con sede in altra regione, il Presidente del comitato di indirizzo è individuato nel Presidente dell'Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione dove è istituita l'area ZES.
Le zone economiche speciali (ZES) sono state previste dall'articolo 4 del decreto legge n. 91 (cd. decreto mezzogiorno) al fine di creare condizioni economiche, finanziarie e amministrative che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Vengono così disciplinate le procedure e le condizioni per l'istituzione – affidata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M., 25 gennaio 2018) - in alcune aree del Paese di zone economiche speciali, che vengono definite come aree geograficamente delimitate e chiaramente identificate, situata entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e comprendenti almeno un'area di sistema portuale. Quanto alla gestione dell'area ZES si prevede che essa sia affidata ad un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione – o delle regioni, nel caso di ZES interregionale – e da un rappresentante rispettivamente della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture. In particolare il comma 6 dell'articolo 4 prevede che la regione, o le regioni nel caso di ZES interregionali, formulano la proposta di istituzione della ZES, specificando le caratteristiche dell'area identificata. Il soggetto per l'amministrazione dell'area ZES è identificato in un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione, o delle regioni nel caso di ZES interregionale, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Ai membri del Comitato non spetta alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza o rimborsi per spese di missione. Il Comitato di indirizzo si avvale del Segretario generale dell'Autorità di sistema portuale per l'esercizio delle funzioni amministrative gestionali.
L'articolo 23, oltre ad aumentare la dotazione finanziaria relativa alle agevolazioni per interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto, incrementa le risorse del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti da assegnare all'autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale.
La Commissione in sede referente propone modifiche di carattere formale con l'approvazione dell'emendamento 23.3.
Il comma 1 dell'articolo 23- al fine di favorire gli interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto- incrementa di 26,4 milioni per l’anno 2018 lo stanziamento per le agevolazioni che rientrano nel quadro delle politiche a sostegno dell'autotrasporto. Tali agevolazioni consistono nella deduzione forfettaria delle spese non documentate.
Come precisa la relazione illustrativa tale intervento, che mira a favorire principalmente le imprese di trasporto meno strutturate, che appartengono essenzialmente al settore artigiano, si rende necessaria in quanto la deduzione effettuata per l'anno in corso pari a 38 euro a viaggio nell'ambito del territorio regionale, inferiore di 13 euro, rispetto all'anno precedente non consente alle imprese artigiane di fare fronte ai costi creando una grave sperequazione tra imprese che possono dedurre i costi effettivi e le imprese meno strutturate.
Il comma 106 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) estende, solo per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 (successivamente prorogato), la deduzione forfetaria di spese non documentate di cui all’articolo 66, comma 5, del TUIR n. 917 del 1986 (recante norme per le imprese minori), prevista per gli autotrasportatori di cose per conto terzi; in particolare, l’estensione della deduzione spetta anche per i trasporti effettuati direttamente dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’azienda. La norma in esame autorizza uno stanziamento pari a 120 mln per l’anno 2006. È opportuno ricordare che il comma 652 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha introdotto una riduzione delle deduzioni forfetarie relative alle spese non documentate riconosciute agli autotrasportatori. A tal fine la disposizione ha stabilito che esse spettino in un’unica misura (rispetto all’attuale distinzione tra trasporti regionali ed extra regionali) per i trasporti effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa e nella misura del 35% di tale importo per i trasporti effettuati all’interno del comune.
La copertura di tali oneri è assicurata:
§ per 10,4 milioni di euro per l’anno 2018 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
Il comma 1230 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) autorizza, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, a decorrere dall'anno 2007, la spesa di 190 milioni di euro. Tali risorse sono assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata. E' opportuno ricordare che l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto legge Genova) al fine di garantire, in via d'urgenza, idonee misure a sostegno del trasporto pubblico locale, favorendo strutturalmente la mobilità cittadina e regionale, stanzia a favore della Regione Liguria risorse straordinarie nella misura di 500.000 euro per l'anno 2018 e 23.000.000 di euro per il 2019 da destinare al finanziamento dei servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti all'evento, per l'efficientamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale già attivati nonché per garantire l'integrazione tariffaria tra le diverse modalità di trasporto nel territorio della città metropolitana di Genova. E ai relativi oneri si provvede quanto a euro 500.000 per l'anno 2018 ai sensi dell'articolo 45 e quanto a euro 23 milioni per l'anno 2019 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
§ per 16 milioni di euro a mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate provenienti dalla maggiorazione delle tariffe della motorizzazione (articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 2), da riassegnare allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, versate nel 2018, sono acquisite nel predetto limite di 16 milioni, definitivamente al bilancio dello Stato.
L'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 2 del 2013 (recante modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 18 aprile 2011, n. 59 e 21 novembre 2005, n. 286, nonché attuazione della direttiva 2011/94/UE recante modifiche della direttiva 2006/126/CE, concernente la patente di guida) prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono incrementate le tariffe applicabili alle operazioni in materia di motorizzazione. Il maggior gettito derivante dal predetto incremento affluisce ad apposito capitolo/articolo di entrata del bilancio dello Stato ed è riassegnato per la parte eccedente l'importo di euro 13.074.000 per l'anno 2018, di euro 15.380.000 per l'anno 2019 e di euro 17.686.000 a decorrere dall'anno 2020, ai sensi dell'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per essere destinato agli adempimenti connessi all'attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, come modificato dal presente decreto.
Il comma 2 dell'articolo in esame prevede, in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2018 da assegnare all’autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale.
L’articolo 9 del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto-legge Genova) incrementa la quota di riparto del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti a favore dell’Autorità di sistema portuale del Mar ligure occidentale.
Il comma 3 reca la copertura del comma precedente. A tale onere si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 15 novembre 2018, delle somme destinate agli interventi di cui agli articoli 1,2,3,4 e 5 della legge n. 454 del 1997 non utilizzate al termine del periodo di operatività delle misure agevolative e giacenti sui conti correnti n. 211390 e 211389 accesi presso la Bnl S.p.A..
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 9.1000 ed i subemendamenti 9.1000/13 e 9.1000/14 - dispone: la prosecuzione per l'anno 2019 dell'istituto dell'assegno di natalità e di adozione, con una modifica della relativa disciplina; due misure di finanziamento, per il 2020, relative, rispettivamente, ad alcuni Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ed ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie.
Più in particolare, il comma 1 prevede il riconoscimento del suddetto assegno con riferimento ai figli nati o adottati nel corso del 2019, secondo la medesima normativa valida per quelli nati o adottati nel corso del 2018[4], ad eccezione della previsione - posta dal presente comma 1 per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 e che siano relative a figli successivi al primo - di un incremento della misura dell'assegno nella misura del 20 per cento.
Si ricorda che l'assegno è corrisposto fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione, a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente ad un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui. Qualora quest'ultimo valore sia inferiore o pari a 7.000 euro, l'importo dell'assegno è riconosciuto in misura doppia. L'importo dell'assegno è erogato mensilmente ed è pari - nella misura ordinaria - a 960 euro annui.
Il comma 2 del nuovo articolo - in conformità alla disciplina vigente dell'istituto in esame per il 2018 - prevede il monitoraggio finanziario da parte dell'INPS e dei Ministeri e Dipartimenti interessati ed un'eventuale procedura di rideterminazione (con decreto ministeriale) della misura dell'assegno e dei relativi limiti massimi di ISEE per il caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa. Queste ultime sono pari a 204 milioni di euro per il 2019 ed a 240 milioni per il 2020. Alla copertura finanziaria dei medesimi oneri provvede il comma 3, mediante impiego di parte delle maggiori entrate ivi richiamate.
Il presente articolo dispone, inoltre:
- un finanziamento, per il 2020, nella misura di 5 milioni di euro per gli Istituti di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS) della ''Rete oncologica'' del Ministero della salute, impegnati nello sviluppo delle nuove tecnologie antitumorali CAR-T, e di 5 milioni di euro per gli IRCCS della ''Rete cardiovascolare'' del Ministero della salute, impegnati nei programmi di prevenzione primaria cardiovascolare. Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica;
- uno stanziamento, per il 2020, pari a 50 milioni di euro, per l'implementazione e l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie. Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
La disposizione, della quale la Commissione ha proposto l'inserimento con l'approvazione dell'emendamento 23.0.200, incrementa di cinque milioni di euro lo stanziamento da corrispondere - per il 2018- alle imprese ferroviarie per l'incentivazione del trasporto delle merci.
Più nel dettaglio si propone l'inserimento di un ulteriore disposizione con la quale si prevede che le risorse di cui all'articolo 1, comma 294 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) da corrispondere alle imprese finanziarie per l'incentivazione del trasporto delle merci, sono incrementate di 5 milioni di euro per l'anno 2018. Alla copertura si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200 della medesima legge di stabilità.
Il comma 294 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, come modificato dal decreto-legge n. 185 del 2015 (conv. L. n. 9 del 2016) prevede che a partire dall’annualità 2015 le risorse destinate agli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto di merci su ferro non possano essere superiori a 100 milioni di euro annui.
Tali risorse sono attribuite al gestore dell’infrastruttura ferroviaria RFI S.p.A. che provvede a destinarle alla compensazione dei costi per il traghettamento ferroviario delle merci, e ai servizi ad esso connessi, sostenuti dal trasporto ferroviario delle merci, dei servizi ad esso connessi e del canone di utilizzo dell'infrastruttura dovuto dalle imprese ferroviarie per l'effettuazione di trasporti delle merci, compresi quelli transfrontalieri, aventi origine o destinazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia.
La compensazione viene determinata proporzionalmente ai treni/km sviluppati dalle imprese ferroviarie da e per le destinazioni sopraindicate;
La disciplina delle modalità di calcolo e di attuazione di tali misure è demandata ad a un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma prevede infine che il contratto di programma -parte servizi e le relative tabelle- tra Ministero e RFI S.p.A. siano conseguentemente aggiornati per tenere conto sia delle risorse destinate a RFI Spa per la compensazione degli oneri di servizio pubblico nel trasporto ferroviario merci che da quelle fissate dalla presente legge.
Il Contratto di programma Parte Servizi 2016-2021 tra RFI e Ministero delle infrastrutture e trasporti è stato approvato con Delibera CIPE n. 13 del 3 marzo 2017 e quindi definitivamente sottoscritto il 14 giugno 2017 e reso operativo dal 02/10/2017 a seguito della registrazione da parte della Corte dei Conti del DM, dopo l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari.
Il comma 200 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 reca invece l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione. Il Fondo – anch’esso istituito presso il MEF (cap. 3076) - è ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
La disposizione, la cui introduzione è proposta dalla Commissione con l'approvazione dell'emendamento 23.0.300, reca misure volte a potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga.
Tale intervento si pone in linea di continuità con quanto previsto dall'Agenda digitale europea di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010)245 definitivo/2, del 26 agosto 2010.
Il 3 marzo 2015, il Governo italiano ha approvato, in coerenza con l’Agenda Europea 2020, la Strategia Italiana per la banda ultralarga con la quale si intende coprire, entro il 2020, l’85% della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari e superiori a 100Mbps garantendo al contempo al 100% dei cittadini l’accesso alla rete internet ad almeno 30Mbps.
Nell’ambito di tale strategia, il Governo promuove lo sviluppo della banda ultralarga attraverso la semplificazione del quadro normativo, la creazione di nuovi driver di sviluppo, l’utilizzo di incentivi fiscali, la riduzione dei costi di installazione. Un'azione sinergica ed a 360° con la quale si intende fare dell’Italia un paese più veloce, più agile, meno burocratico, più moderno.
La strategia per la banda ultralarga è solo il primo tassello di un progetto più ampio che ingloba gli obiettivi dell’Agenda digitale europea. È il punto di appoggio di una nuova visione dell’Italia che investe in infrastrutture a prova di futuro e grazie allo sviluppo dei servizi si trasforma in una società digitalizzata pienamente inclusiva.
La Strategia Italiana per la banda ultralarga ha come obiettivo generale quello di sviluppare una infrastruttura di telecomunicazioni a prova di futuro sull’intero territorio nazionale.
In particolare la strategia intende portare:
Gli strumenti della strategia sono:
Le fonti di finanziamento sono:
Al fine di assicurare, nel solco tracciato dalla Agenda digitale, la crescita digitale del Paese, la disposizione apporta modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259.
La lett. a) del comma 1 dell'articolo modifica l'articolo 50-bis, in materia di separazione funzionale.
La disposizione interviene in primo luogo sul comma 1 dell'articolo, il quale prevede che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può, a titolo di misura eccezionale, imporre alle imprese verticalmente integrate l'obbligo di collocare le attività relative alla fornitura all'ingrosso di determinati prodotti di accesso in un'entità commerciale operante in modo indipendente.
L'Autorità può esercitare tale facoltà solo qualora concluda che gli obblighi appropriati imposti ai sensi degli articoli da 46 a 50 (si tratta nell'ordine degli obblighi di: trasparenza; di non discriminazione; di separazione contabile; in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete e in materia di controllo dei prezzi e di contabilità dei costi) si sono rivelati inefficaci per conseguire un'effettiva concorrenza e che esistono importanti e persistenti problemi di concorrenza o carenze del mercato individuati in relazione ai mercati per la fornitura all'ingrosso di determinati prodotti di accesso.
La disposizione inserita dalla Commissione precisa che la valutazione circa "l'effettiva concorrenza" debba essere effettuata anche in relazione al livello di autonomia dei concorrenti rispetto all'infrastruttura di rete dell'impresa verticalmente integrata avente significativo potere di mercato e che "le carenze di mercato" possano anche riguardare le inefficienze derivanti dalla eventuale duplicazione di investimenti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga.
La disposizione modifica poi il comma 3 dell'articolo 50-bis.
Tale comma, a legislazione vigente, prevede che, nel caso in cui intenda imporre un obbligo di separazione funzionale, l'Autorità deve sottoporre una proposta alla Commissione europea fornendo, fra le altre, anche una motivata valutazione che attesti che le prospettive di concorrenza a livello delle infrastrutture sono scarse o assenti in un lasso di tempo ragionevole.
L'articolo in esame modifica il comma 3 citato prevedendo che la motivata valutazione debba attestare che le prospettive di concorrenza sostenibile a livello di infrastrutture siano scarse o assenti in un lasso di tempo ragionevole anche in relazione al livello di autonomia dei concorrenti rispetto all'infrastruttura di rete dell'impresa verticalmente integrata avente significativo potere di mercato
La disposizione inserisce poi un'ulteriore lettera (la lett. c-bis) al comma 4 dell'articolo 50-bis, con la quale si inserisce fra gli elementi necessari del progetto di misura anche i tempi di realizzazione dell'opera di separazione.
Infine la lett. a) del comma 1 dell'articolo in commento inserisce sempre all'articolo 50-bis un ulteriore comma, il quale prevede che nell'ambito del procedimento di imposizione, mantenimento, modifica o revoca degli obblighi, l'Autorità può altresì indicare uno schema di eventuale aggregazione volontaria dei beni relativi alle reti di accesso appartenenti a diversi operatori in un soggetto giuridico non verticalmente integrato, volto a massimizzare lo sviluppo di investimenti efficienti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga, con le migliori tecnologie disponibili, comunque in grado di fornire connessioni stabili, anche tenuto conto delle possibili inefficienze derivanti dall'eventuale duplicazione di investimenti. In caso di attuazione dello schema da parte degli operatori, l'Autorità determina gli adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito.
La lett. b) del comma 1 dell'articolo apporta modifiche invece all'articolo 50-ter del codice delle comunicazioni elettroniche, relativo alla separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata.
La modifica proposta dalla Commissione reca l'introduzione di un ulteriore comma, il quale prevede che al fine di favorire lo sviluppo di investimenti efficienti in infrastrutture nuove e avanzate a banda ultralarga, qualora il trasferimento dei beni relativi alla rete di accesso appartenenti a diversi operatori sia finalizzato all'aggregazione volontaria dei medesimi beni in capo a un soggetto giuridico non verticalmente integrato e appartenente a una proprietà diversa o sotto controllo di terzi, indipendenti ossia diversi da operatori di rete verticalmente integrati, l'Autorità, nell'imporre, modificare o revocare gli obblighi specifici di cui al comma 4, determina adeguati meccanismi incentivanti di remunerazione del capitale investito, tenendo conto anche del costo storico degli investimenti effettuati in relazione alle reti di accesso trasferite, della forza lavoro dei soggetti giuridici coinvolti e delle migliori pratiche regolatorie europee e nazionali adottate in altri servizi e industrie a rete.
Il comma 4 dell'articolo 50-ter prevede che qualora intenda cedere tutte le sue attività nelle reti di accesso locale, o una parte significativa di queste, a un'entità giuridica separata appartenente ad una proprietà diversa, l'impresa designata informa preventivamente e tempestivamente l'Autorità per permetterle di valutare l'effetto della transazione prevista sulla fornitura dell'accesso in postazione fissa e sulla fornitura dei servizi telefonici.
L'articolo 24 reca il rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace per 130 milioni di euro per il 2018 al fine di garantire la prosecuzione delle missioni per l'ultimo trimestre del 2018.
In particolare, il comma 1 dispone l'incremento di 130 milioni di euro per l'anno 2018 del Fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (c.d. legge quadro sulle missioni internazionali. Per approfondimenti si veda il temaweb dedicato).
Si ricorda che il fabbisogno finanziario delle missioni per l'intero esercizio 2018 è pari a 1.419 milioni di euro. Le risorse disponibili sul Fondo sono pari a 1.014 milioni di euro, cui vanno aggiunte le somme iscritte sul Fondo consumi intermedi dello stato di previsione del Ministero della Difesa, pari a 275 milioni di euro. Pertanto, l'ulteriore fabbisogno da coprire per l'ultimo trimestre del 2018 è pari a 130 milioni di euro.
Si ricorda che in data 2 marzo 2018 è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 145 del 2016, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la ripartizione delle risorse del richiamato fondo pari a circa 1 miliardo di euro (A.G. n. 523).
Il provvedimento, presentato alla Camere nel corso dello scioglimento della XVII legislatura, non è stato esaminato dalle competenti commissioni parlamentari ed è stato pertanto adottato dal governo una volta scaduti i termini previsti dal comma 2 dell'articolo 4 della medesima legge.
Il comma 2 rinvia all'articolo 26 per la definizione della relativa copertura finanziaria.
La disposizione, la cui introduzione è stata proposta dalla Commissione con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 9.100, istituisce presso il Ministero dell'economia un Fondo in relazione agli eventi calamitosi di settembre e ottobre 2018, fondo di cui si prevede il successivo trasferimento alla Presidenza del Consiglio. La dotazione iniziale prevista è di 474,6 milioni di euro per il 2019 e 50 milioni per l'anno 2020.
Con un nuovo articolo 24-bis, il comma 1, al fine di far fronte alle esigenze derivanti dagli eventi calamitosi verificatisi nei mesi di settembre e ottobre del 2018, viene istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze un fondo: la sua dotazione iniziale prevista è di:
- 474,6 milioni di euro per l'anno 2019
- e 50 milioni di euro per l'anno 2020.
Si stabilisce in norma il successivo trasferimento del fondo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In ordine al previsto successivo trasferimento del Fondo alla Presidenza del Consiglio, potrebbero essere acquisiti chiarimenti, posto che la formulazione della disposizione prevede una iniziale costituzione del fondo presso il MEF, con la previsione in norma del successivo passaggio alla Presidenza del Consiglio.
Il comma 2 stabilisce che il fondo è destinato alle esigenze per investimenti delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano di cui alla disposizione, in particolare indicando i seguenti settori di spesa: l'edilizia pubblica, comprese le manutenzioni e la sicurezza, la manutenzione della rete viaria, il dissesto idrogeologico; mentre il comma 3 rinvia ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i ministri competenti, previa intesa da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per l'individuazione di: enti destinatari, risorse per ciascun settore, comparti, criteri di riparto, importi da destinare a ciascun beneficiario e modalità di utilizzo, di monitoraggio, di rendicontazione e verifica, nonché modalità di recupero e di eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.
In relazione al comma 3, potrebbe essere chiarita l'indicazione dei ministri competenti, dei quali viene previsto il concerto.
In relazione al monitoraggio, si fa riferimento anche al criterio dell'effettivo utilizzo delle risorse assegnate e comunque al sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.
Si ricorda che il citato D.Lgs reca l'attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.
Si prevede il termine del 31 gennaio 2019 per l'adozione dei decreti in parola.
Il comma 4 reca la copertura finanziaria, stabilendo a valere:
- per l'anno 2019, per 13 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento del Ministero medesimo;
- e, per 461,6 milioni di euro per l'anno 2019 e 50 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 9, commi da 1 a 7, del decreto-legge in esame, in materia di dichiarazione integrativa speciale, cui si rinvia.
L’articolo 25 reca disposizioni in materia di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).
In particolare, modificando l’articolo 22-bis del D.Lgs. n.148/2015:
§ si sopprime il limite minimo dimensionale dell'organico dell'impresa (limite pari a 101 unità lavorative) richiesto per la concessione della proroga della CIGS - per riorganizzazione o crisi aziendale - oltre i limiti massimi di durata previsti dalla normativa generale. Resta fermo che la proroga in deroga può essere concessa solo negli anni 2018 e 2019 e restano ferme le altre condizioni relative ad essa. Queste ultime concernono, tra l'altro, la presentazione di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - e la circostanza che il programma o il piano - sottostanti la concessione del trattamento in oggetto - non siano attuabili entro i limiti generali di durata del trattamento (cfr., più in dettaglio, infra);
§ si prevede, secondo le stesse condizioni poste per la concessione della proroga suddetta e nell’ambito delle medesime risorse disponibili, la possibilità di concedere la proroga in deroga anche della CIGS relativa alla causale contratto di solidarietà, sino al limite massimo di 12 mesi, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo collettivo che costituisce il contratto di solidarietà.
Come accennato, per tutte le deroghe in oggetto si provvede mediante le risorse di cui al citato articolo 22-bis del D.Lgs. n.148, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.
L’articolo 22-bis del D.Lgs. n. 148/2015 (introdotto dall’articolo 1, comma 133, della L. 205/2017) ha consentito, per il biennio 2018-2019, con riferimento alle imprese con organico superiore a 100 unità lavorative, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).
La deroga è ammessa per le imprese suddette che presentino una rilevanza economica strategica, anche a livello regionale, e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale. In tale ambito, la deroga è subordinata sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:
§ il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;
§ il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;
§ il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.
Per le prime due ipotesi, prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi. Per il complesso delle proroghe in esame è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro annui, per il biennio 2018-2019. Al relativo onere finanziario si provvede a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.
È utile ricordare che i limiti di durata della CIGS (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. n. 148/2015, articoli 4 e 22, commi 3 e 5) sono, per ogni unità produttiva, pari a:
§ 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale;
§ 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a 2/3 di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).
Ai fini del computo dei limiti relativi al quinquennio mobile, non si tiene conto dei ratei di trattamenti di integrazione salariale inerenti al periodo precedente il 24 settembre 2015.
Si ricorda che per contratti di solidarietà si intendono gli accordi collettivi aziendali stipulati con i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, aventi ad oggetto una diminuzione dell'orario di lavoro finalizzata o ad evitare o limitare in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale (cd. contratti di solidarietà difensivi, che possono essere di tipo A[5] o tipo B[6]), oppure per favorire nuove assunzioni (cd. contratti di solidarietà espansivi). Attualmente, i contratti di solidarietà espansivi sono disciplinati dall’articolo 41 del D.Lgs. n. 148/2015 (la previgente normativa, contenuta nell’articolo 2 del D.L. n. 726/1984, è stata contestualmente abrogata dall’articolo 46 del medesimo D.Lgs. n. 148/2015). Il richiamato articolo 41 riconosce la concessione, ai datori di lavoro, nel caso in cui per incrementare gli organici, i contratti collettivi aziendali.
L’articolo 21 del D.Lgs. n. 148/2015 ha trasferito i contratti di solidarietà difensivi nell’ambito di applicazione della CIGS, anche in relazione alla misura delle prestazioni e alla contribuzione a carico dell’impresa.
Con l'approvazione dell'emendamento 9.1000 la Commissione in sede referente propone, tra l'altro, l'inserimento di un nuovo articolo 25-bis. Tale articolo prevede:
§ la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio, di un commissario straordinario incaricato di valutare la sussistenza delle condizioni per l'individuazione di un nuovo soggetto giuridico per la gestione della casa da gioco nel comune di Campione d'Italia (commi da 1 a 3);
§ alcune novelle alla disciplina sulla riduzione forfetaria della base imponibile ai fini IRPEF delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici comune di Campione d'Italia e del valore della produzione netta a fini IRAP derivante da attività esercitate nel medesimo comune (commi da 4 a 6);
§ la copertura degli oneri derivanti dalla suddetta agevolazione (comma 7).
Il comma 1 prevede la nomina del Commissario straordinario - "nelle more della revisione della disciplina dei giochi" con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'interno e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il d.P.C.M. di nomina dovrà essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Come sopra accennato, il Commissario straordinario dovrà valutare la sussistenza delle condizioni per l'individuazione di mi nuovo soggetto giuridico per la gestione della casa da gioco nel Comune di Campione d'Italia. Ai sensi del comma 2, il Commissario è chiamato a predisporre, entro 45 giorni, un piano degli interventi da realizzare, anche in raccordo con gli enti locali e territoriali della regione Lombardia, al fine di superare la crisi sociale e occupazione del territorio. Al Commissario non spettano compensi, gettoni o altri emolumenti (comma 3).
Il comma 4 novella l'articolo 188-bis del TUIR (di cui al d.P.R. n. 917 del 1986). Tale articolo prevede riduzione forfetaria della base imponibile ai fini IRPEF - pari al 30 per cento - per i redditi (delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia) prodotti in franchi svizzeri nel territorio del comune di Campione d'Italia, limitatamente ad un importo massimo pari a 200.000 franchi svizzeri. Con la novella in esame si propone di sopprimere tale limite.
Si prevede che tali redditi sono computati in euro sulla base del cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti.
Con la novella in esame, inoltre:
§ si specifica che tale disciplina si applica ai redditi delle persone fisiche diversi da quelli d'impresa;
§ si prevede l'applicazione della medesima disciplina ai redditi di lavoro autonomo di professionisti e con studi nel Comune di Campione d'Italia.
Il nuovo comma 1-bis, introdotto dall'emendamento in esame, detta specifica disciplina relativa ai redditi d'impresa, realizzati dalle imprese individuali, dalle società di persone e da società ed Enti di cui all'articolo 73, comma 1 lettere a), b) e c) dello stesso TUIR.
Si tratta delle seguenti tipologie di società ed enti, iscritti alla Camera di Commercio di Como e aventi la Sede Sociale operativa, o una Unità Locale, nel Comune di Campione d'Italia:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee (di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001) e le società cooperative europee (di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato.
Anche con riferimento a tali società o enti, si prevede che i redditi siano computati in euro sulla base del cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti.
Si stabilisce che le imprese che svolgono attività anche al di fuori del Comune di Campione d'Italia devono tenere apposita contabilità separata ai fini della determinazione delle agevolazioni in oggetto. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio dell'attività svolta nel Comune di Campione d'Italia e al di fuori di esso concorrono alla formazione del reddito prodotto nel citato Comune per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi o compensi e altri proventi che concorrono a formare il reddito prodotto dall'impresa nel territorio di Campione d'Italia e l'ammontare complessivo dei ricavi o compensi e degli altri proventi.
I redditi prodotti in euro concorrono a formare il reddito complessivo al netto di una riduzione pari alla percentuale di abbattimento calcolata per i redditi in franchi svizzeri, con un abbattimento minimo di euro 26.000.
Le agevolazioni sono concesse nel rispetto delle disposizioni europee in materia di aiuti de minimis.
Il comma 5 modifica l'articolo 17 del decreto legislativo n. 446 del 1997 ai fini della determinazione il valore della produzione netta in franchi svizzeri ai fini IRAP. Sono dettate le disposizioni per il computo in euro. Analogamente a quanto sopra previsto, trova applicazione la riduzione forfetaria del 30 per cento e l'abbattimento minimo di 26.000 euro. Anche con riferimento a tale disciplina, si richiede la compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti de minimis.
Il comma 6 adegua il contenuto del comma 632 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) riguardo alla percentuale applicabile per la riduzione forfetaria. Per effetto del citato comma 632 si consente di aumentare o ridurre la predetta percentuale, in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra l’euro e il franco svizzero, mediante provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare, su conforme parere della Banca d'Italia, entro il 15 febbraio di ciascun anno. Essa non può comunque essere inferiore - secondo il testo vigente - al 20 per cento, secondo il testo vigente. Con la novella in esame si propone che essa non possa essere inferiore al 30 per cento.
Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dall’agevolazione in esame in 7,4 milioni di euro per l'anno 2019, a 11,33 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10,53 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. Ad essi si provvede, per il 2019 e il 2020 mediante corrispondente riduzione, per gli stessi anni, di quota parte delle maggiori entrate derivante dall'articolo 9, commi da 1 a 7 (alla cui scheda si rinvia). A decorrere dal 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Per quel che concerne il Fondo ISPE, si ricorda che esso, istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 25.0.6 (testo 2) - reca finanziamenti per il 2018 in favore di alcune strutture sanitarie, negli stessi termini già stabiliti per il 2017.
Gli stanziamenti sono disposti a valere sulle risorse per il medesimo anno 2018 destinate al finanziamento di progetti relativi agli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale nel settore sanitario.
In particolare, gli stanziamenti concernono:
- nella misura di 9 milioni di euro, strutture, anche private accreditate, riconosciute di rilievo nazionale ed internazionale per le caratteristiche di specificità e innovatività nell’erogazione di prestazioni pediatriche, con particolare riferimento alla prevalenza di trapianti di tipo allogenico;
- nella misura di 12,5 milioni, strutture, anche private accreditate, che costituiscono centri di riferimento nazionale per l’adroterapia, eroganti trattamenti per specifiche neoplasie maligne mediante l’irradiazione con ioni carbonio;
- nella misura di 11 milioni, strutture, anche private accreditate, riconosciute di rilievo nazionale per il settore delle neuroscienze, eroganti programmi di alta specialità neuro-riabilitativa, di assistenza a elevato grado di personalizzazione delle prestazioni e di attività di ricerca scientifica traslazionale per i deficit di carattere cognitivo e neurologico.
L'individuazione delle strutture beneficiarie è effettuata con decreto del Ministro della salute, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
L'attivazione degli stanziamenti in esame è subordinata alla sottoscrizione, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, dell'intesa sul riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno di riferimento (per il 2018, l'intesa è stata già sancita il 1° agosto 2018).
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 25.0.7 - precisa che, con riferimento alle aree di crisi industriale complessa di Termini Imerese e di Gela, le disposizioni sulla possibilità di concessione di un trattamento di mobilità in deroga si applicano anche ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 2016 risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga (oltre che, come già previsto, a quelli che risultino beneficiari di uno dei suddetti due trattamenti alla data del 1° gennaio 2017).
La disposizione in esame fa riferimento all'articolo 53-ter del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, che ha consentito la destinazione, da parte delle regioni, di alcune risorse finanziarie alla corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga.
I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa (riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico) e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.
La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga di cui al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473.
La regione può destinare al fine in oggetto le risorse finanziarie stanziate per il 2016 ed il 2017 per la concessione di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, come già ripartite tra le regioni e nei limiti della quota non ancora utilizzata.
L'articolo in esame è stato introdotto durante l'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 25.0.12.
Esso inserisce un comma 4-bis nell'art. 3-bis del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), intervenendo sulle modalità di erogazione dei finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali - ubicate nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 - di cui ai provvedimenti dei Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto adottati ai sensi dell'art. 3, co. 1, D.L. 74/2012 (L. 122/2012).
In base alla disposizione citata, per soddisfare le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012 nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, d'intesa fra loro, stabiliscono, con propri provvedimenti adottati sulla base dei danni effettivamente verificatisi, priorità, modalità e percentuali entro le quali possono essere concessi contributi, anche in modo tale da coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate, fatte salve le peculiarità regionali.
Si vedano, rispettivamente, gli appositi siti tematici per l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto.
I finanziamenti agevolati sono erogati dalle banche (in deroga a quanto previsto dal co. 4 dello stesso art. 3-bis, D.L. 95/2012) sul conto corrente bancario vincolato intestato al beneficiario, in una unica soluzione entro il 31 dicembre 2018, e posti in ammortamento a decorrere dalla data di erogazione.
Per il co. 1 dell'art. 3-bis, D.L. 95/2012, i contributi - di cui all'art. 3, co. 1, lettere a), b) ed f), del D.L. 74/2012 (L. 122/2012) - sono destinati ad interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, nonché al risarcimento dei danni subiti dai beni mobili strumentali all'attività ed alla ricostituzione delle scorte danneggiate e alla delocalizzazione temporanea delle attività danneggiate dal sisma al fine di garantirne la continuità produttiva, e dei danni subiti da prodotti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 (successivamente abrogato e sostituito dal regolamento UE n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari), relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari.
Tali contributi sono alternativamente concessi, su apposita domanda del soggetto interessato, con le modalità del finanziamento agevolato.
A tal fine, i soggetti autorizzati all'esercizio del credito operanti nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 possono contrarre finanziamenti, secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione con l'ABI, assistiti dalla garanzia dello Stato, al fine di concedere finanziamenti agevolati assistiti da garanzia dello Stato ai soggetti danneggiati dagli eventi sismici, nel limite massimo di 6 miliardi di euro.
In base al co. 4 del medesimo art. 3-bis, i finanziamenti agevolati, di durata massima venticinquennale, sono erogati e posti in ammortamento sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori, alle prestazioni di servizi e alle acquisizioni di beni necessari all'esecuzione degli interventi ammessi a contributo.
Alla stessa data di erogazione, matura in capo al beneficiario del finanziamento il credito di imposta, che è contestualmente ceduto alla banca finanziatrice e calcolato sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese una tantum strettamente necessarie alla gestione del finanziamento.
Le somme depositate sui predetti conti vincolati sono utilizzabili sulla base degli stati di avanzamento lavori entro la data di scadenza indicata nei provvedimenti adottati dai Presidenti delle Regioni interessate e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2020.
Le somme non utilizzate entro la predetta data di scadenza ovvero entro la data antecedente in cui siano eventualmente revocati i contributi, in tutto o in parte, con provvedimento delle autorità competenti, sono restituite in conformità a quanto previsto dalla suddetta convenzione con l'ABI, anche in compensazione del credito di imposta già maturato.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 25.0.30 (testo 2) - prevede l'istituzione di un Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e dispone una rimodulazione finanziaria del Fondo nazionale per le politiche migratorie e del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Il Tavolo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la composizione prevista dai commi 1 e 2.
Si demanda ad un decreto ministeriale la definizione dell'organizzazione e del funzionamento del Tavolo e di eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.
Il Tavolo opera per tre anni dalla sua costituzione e può essere prorogato per un ulteriore triennio.
Il Tavolo si avvale del supporto di una segreteria, costituita nell'ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La partecipazione ai lavori del Tavolo dà diritto esclusivamente a rimborsi per spese di viaggio e di soggiorno.
Gli oneri relativi al funzionamento del Tavolo sono posti a valere sul Fondo nazionale per le politiche migratorie, mentre, per gli interventi di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali concernenti il medesimo Fondo, si prevede che, a decorrere dal 2019, 7 milioni di euro annui siano trasferiti dal Fondo nazionale per le politiche sociali ad appositi capitoli di spese obbligatorie (nello stato di previsione del suddetto Ministero).
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 25.0.39 (testo 3) - amplia la platea di lavoratori, già occupati in imprese operanti in aree di crisi industriale complessa, ai quali può essere concessa, ricorrendo determinate condizioni, la mobilità in deroga.
Più nel dettaglio, l'articolo estende la concessione della mobilità in deroga, prevista dall’articolo 1, comma 142, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, anche ai lavoratori, già occupati in imprese operanti in aree di crisi industriale complessa, che abbiano cessato o cessino la mobilità (ordinaria o in deroga) nei periodi dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2017 e dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2018 (per i casi di cessazione nel periodo dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018 il medesimo trattamento è riconosciuto dal richiamato articolo 1, comma 142, della L. n. 205, cfr. infra). Il suddetto trattamento viene concesso per 12 mesi e a condizione che a tali lavoratori siano contestualmente applicate misure di politica attiva (individuate con apposito piano regionale) (comma 1); si prevede altresì che il lavoratore decada dal beneficio qualora trovi nuova occupazione a qualsiasi titolo.
Il richiamato articolo 1, comma 142, della L. n. 205 ha disposto la concessione della mobilità in deroga alle medesime condizioni, per una durata massima di 12 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 per i lavoratori che cessino la mobilità (ordinaria o in deroga) nel semestre 1° gennaio 2018-30 giugno 2018.
All’applicazione della suddetta misura si provvede con le risorse - pari complessivamente a 34 milioni di euro per il 2018 - già stanziate (per il periodo dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018) dall’articolo 1, comma 143, della citata L. n. 205 (comma 2) nonché mediante le riduzioni disposte dal comma 3, per l'anno 2019, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali e del Fondo sociale per occupazione e formazione.
Si ricorda che l’articolo 53-ter del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ha consentito la destinazione, da parte delle regioni, di alcune risorse finanziarie alla corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga. I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.
La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473[7]. In particolare, la regione può destinare al fine in oggetto le risorse finanziarie stanziate per il 2016 ed il 2017 per la concessione di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, come già ripartite tra le regioni e nei limiti della quota non ancora utilizzata.
Con l'approvazione dell'emendamento 25.0.41, la Commissione in sede referente propone l'introduzione di un nuovo articolo 25-bis. Esso prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).
La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[8].
Il comma in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".
Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 25.0.100 - modifica la disciplina in materia di commissariamenti delle regioni inadempienti ed in situazione di piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario.
In particolare, la novella di cui al comma 1, lettera a), estende a tutti i casi di commissariamento per la suddetta fattispecie il principio secondo cui la nomina come commissario ad acta (per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario) è incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento (quindi, anche con l'incarico di presidente della regione). La norma vigente (oggetto della novella soppressiva) esclude da tale principio i commissariamenti disposti ai sensi della disciplina di cui all'articolo 4, comma 2, del D.L. 1º ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222, e successive modificazioni.
Le novelle di cui al comma 1, lettera b), e al comma 2, lettere a) e c), recano interventi di mero coordinamento (in relazione alla novella di cui al comma 1, lettera a)).
La novella di cui al comma 2, lettera b), modifica, sempre con riferimento a tutte le fattispecie di commissariamento della regione in piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, i requisiti ai fini della nomina come commissario ad acta, prevedendo - oltre al possesso di qualificate e comprovate professionalità - che il soggetto abbia ricoperto incarichi di amministrazione o direzione di strutture, pubbliche o private, aventi attinenza con quella sanitaria ovvero di particolare complessità, anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione e della tutela della legalità - in alternativa al requisito della specifica esperienza di gestione sanitaria (requisito previsto anche dalla disciplina vigente) -.
Il comma 3 specifica che le novelle summenzionate hanno efficacia anche con riferimento ai commissari ad acta già nominati. Per i casi in cui il commissario già nominato ricada nella suddetta incompatibilità, il Consiglio dei Ministri provvede, entro il termine posto dal medesimo comma, alla nomina di un altro commissario; il commissario precedente resta comunque in carica fino alla nuova nomina.
L'emendamento 25.0.100 modifica anche il titolo del decreto-legge, in relazione alla materia così introdotta.
Con l'approvazione dell'emendamento 25.0.200, come subemendato dalla proposta 25.0.200/2 (testo 2), la Commissione in sede referente propone l'introduzione di un nuovo articolo 25-bis. Tale articolo interviene sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione degli immobili edificati in regime di edilizia residenziale convenzionata, novellando l'articolo 31 della legge n. 449 del 1998. Si fa riferimento alla cessione del diritto di proprietà ovvero - secondo quanto specificato con il subemendamento 25.0.200/2 (testo 2) - alla cessione del diritto di superficie. Si prevede che i vincoli al prezzo massimo di cessione possano essere rimossi con atto pubblico o scrittura privata autenticata, da chiunque vi abbia interesse, anche se non più titolare di diritti reali sul bene immobile (in luogo della convenzione in forma pubblica a richiesta del singolo proprietario), dietro corrispettivo di affrancazione del vincolo. Inoltre, i Comuni possono concedere dilazioni di pagamento di tale corrispettivo secondo modalità e criteri fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Si stabilisce che in pendenza della rimozione dei vincoli, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato, e che l'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità previste. Le disposizioni si applicano anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame, come previsto dal nuovo comma 1-bis introdotto con il subemendamento 25.0.200/2 (testo 2).
Con l’espressione “Edilizia residenziale convenzionata” si fa riferimento a quegli interventi di edilizia residenziale pubblica (ERP) posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di concessioni da parte dell’Amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti l’urbanizzazione delle aree e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati.
Nell’ambito della “Edilizia residenziale convenzionata” rientrano le seguenti tipologie di convenzioni:
- la convenzione di attuazione di un Piano di Edilizia Economico Popolare (P.E.E.P.), disciplinata dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971 che ha definito procedimento di edilizia residenziale pubblica;
- la convenzione per la riduzione del contributo concessorio al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire; questa convenzione è disciplinata dall'art. 18 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (T.U. in materia edilizia).
In materia è intervenuto il decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70, che ha modificato (attraverso l’inserimento di due nuovi commi, 49-bis e 49-ter, all’art. 31 della legge n. 448 del 1998) la disciplina dettata con riguardo ad entrambe le suddette convenzioni, al dichiarato fine di “agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari”. In particolare, con tali commi aggiuntivi si è disposto che i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e delle singole pertinenze, nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni previste dall'art. 35 della legge 865/1971 sull’ERP - "stipulate per la cessione del diritto di proprietà precedentemente alla legge n. 179 del 1982" o per la cessione del diritto di superficie - possono essere rimossi dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione dietro corrispettivo.
Tali norme si applicano anche alle convenzioni-tipo previste dall'art. 18 del d.P.R. n. 380 del 2001 (TU edilizia) che la regione deve approvare ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli interventi di edilizia abitativa convenzionata (comma 49-ter).
L'emendamento in esame:
§ quanto alla rimozione dei vincoli per la cessione del diritto di proprietà - ovvero per la cessione del diritto di superficie, come specificato con il subemendamento 25.0.200/2 (testo 2) - sopprime il riferimento alle convenzioni stipulate precedentemente alla legge n. 179 del 1992 (entrata in vigore il 15 marzo 1992). A tale proposito si ricorda che l'originaria formulazione dell'articolo 35 della legge n. 865 del 1971 non prevedeva limiti di prezzo per il trasferimento del diritto di proprietà, bensì una serie di limiti all'alienabilità degli immobili (commi da 15 a 17 dell'art. 35) il cui mancato rispetto avrebbe comportato la nullità del contratto di cessione (comma 19 del medesimo articolo). Tali commi sono stati quindi abrogati dall'articolo 23 della citata legge n. 179 del 1992: gli immobili edificati secondo le convenzioni P.E.E.P. precedentemente al 15 marzo 1992, quindi, non erano soggetti a vincoli di prezzo massimo ma a limitazioni dell'alienabilità. L'art. 20 della stessa legge, come modificato dall'art. 3, comma 1, della legge n. 85 del 1994, stabiliva che dal 15 marzo 1992, gli alloggi di edilizia agevolata potevano essere alienati o locati, nei primi cinque anni decorrenti dall'assegnazione o dall'acquisto e previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi, sopravvenuti e documentati motivi; decorso tale termine, gli alloggi stessi possono essere alienati o locati;
§ prevede che il vincolo per la cessione del diritto di proprietà o di superficie può essere rimosso - dopo che siano trascorsi cinque anni dalla data del primo trasferimento - "con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri immobiliari, secondo quanto previsto con il subemendamento 25.0.200/2 (testo 2). Tali atti sono quindi soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari (la norma vigente prevede la rimozione mediante convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione). Con il citato subemendamento, è stata espunta la previsione che tali disposizioni si applicassero anche ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge n. 448 del 1998, vale a dire il 1° gennaio 1999 (si veda, al riguardo, l'introduzione di un nuovo comma 1-bis nell'articolo in esame, ad opera del citato sub-emendamento, di seguito esaminato);
§ Al capoverso 49-bis, è stato aggiunto infine, con il subemendamento 25.0.200/2 (testo 2), un nuovo periodo, in base al quale le disposizioni di cui al comma non si applicano agli immobili in regime di locazione ai sensi degli articoli da 8 a 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 in materia di edilizia residenziale pubblica, ricadenti nei piani di zona convenzionati;
Si ricorda che la legge in parola, in materia di edilizia residenziale pubblica, reca, all'art. 8, disposizioni in materia di locazioni (Abitazioni in locazione o assegnate in godimento), all'art. 9 norme per le abitazioni in locazione con proprietà differita, e all'art. 10 norme sui Criteri di priorità.
§ stabilisce che i Comuni possano stabilire forme di dilazione di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo, con modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; tale decreto - ai sensi del comma 2 dell'articolo 25-bis di cui si propone qui l'introduzione - deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Si ricorda che a tale decreto, già previsto nella formulazione vigente, è demandata la fissazione della quota millesimale posta a parametro per la definizione del corrispettivo per l'affrancazione dai vincoli. A tale riguardo si ricorda che sul punto è poi intervenuto l’articolo 29, comma 16-undecies, del D.L. 216/2011 (Proroga termini) che ha stabilito che, a decorrere dal 1º gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (ERP), nonché del canone massimo di locazione, di cui al comma 49-bis dell'art. 31 della legge n. 448/1998, è stabilita dai Comuni.
§ introduce un nuovo comma 49-quater all'articolo 31 della legge n. 448 del 1998, il quale stabilisce - con l'approvazione del subemendamento 25.0.200/2 (testo 2) - che in pendenza della rimozione dei vincoli di cui ai commi 49-bis e 49-ter, il contratto di trasferimento dell'immobile non produce effetti limitatamente alla differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo vincolato. Si stabilisce che l'eventuale pretesa di rimborso della predetta differenza, a qualunque titolo richiesta, si estingue con la rimozione dei vincoli secondo le modalità di cui ai commi 49-bis e 49-ter. La rimozione del vincolo di prezzo massimo di cessione comporta altresì la rimozione di qualsiasi vincolo di natura soggettiva.
§ È stato aggiunto, infine, con l'approvazione del subemendamento 25.0.200/2 (testo 2) in sede referente, un nuovo comma 1-bis, in base al quale le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche agli immobili oggetto dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame.
Si ricorda che, in materia, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015, ha stabilito che il vincolo del prezzo massimo di cessione dell'immobile in regime di edilizia agevolata (ex art. 35 della l. n. 865 del 1971), qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione (ex art. 31, comma 49-bis, della l. n. 448 del 1998), segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita. Peraltro, con un'ordinanza del 17 aprile 2018 il Tribunale di Roma ha respinto la domanda di un acquirente che chiedeva la restituzione della parte eccedente il prezzo massimo di cessione, limitando la condanna del venditore esclusivamente alle somme necessarie per ottenere la cosiddetta affrancazione dell'immobile, pari alla ben più contenuta somma di 10 mila euro. Il tribunale di Roma, infatti, ha stabilito che "la richiesta sarebbe pienamente legittima ove l'ordinamento non concedesse altri rimedi per liberare il bene e pertanto il vincolo del prezzo massimo fosse destinato a seguire il bene - quale onere reale - per tutti i trasferimenti futuri come affermato dalle Sezioni Unite. In realtà così non è in quanto è riconosciuto al proprietario (ma non a colui che ha venduto) di procedere all'affrancazione del bene pagando un prezzo", appunto con riferimento all'affrancazione del bene.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 9.1000 - modifica la disciplina in materia di imposte sui trasferimenti all'estero effettuati per mezzo di istituti che offrono servizi di pagamento caratterizzati da operatività transfrontaliera.
In particolare, viene istituita, a decorrere dal 1º gennaio 2019, un'imposta sui trasferimenti di denaro, ad esclusione delle transazioni commerciali, effettuati, verso Paesi non appartenenti all'Unione Europea, da istituti di pagamento disciplinati dall'articolo 114-decies del TUB, che offrono il servizio di rimessa di somme di denaro, come definito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), punto 6, e lettera n) del decreto legislativo n. 11 del 2010. Nel pieno rispetto delle vigenti normative antiriciclaggio, si prevede inoltre che tali trasferimenti di denaro siano perfezionati esclusivamente su canali di operatori finanziari che consentono la piena tracciabilità dei flussi.
L'imposta è dovuta in misura pari all'1,5 per cento del valore di ogni singola operazione effettuata, a partire da un importo minimo di 10 euro.
Il MEF, d'intesa con l'Agenzia delle Entrate, sentita la Banca d'Italia, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, emana uno o più provvedimenti per determinare le modalità di riscossione e di versamento dell'imposta sulle rimesse di somme di denaro.
Il presente articolo - di cui la 6a Commissione propone l'inserimento con l'emendamento 9.1000 - modifica la disciplina in materia di imposte sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo.
Il comma 1 sopprime l'attuale regime d'imposta per i prodotti succedanei dei prodotti da fumo di cui al comma 1 dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995, che prevede i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, siano assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico.
Viene altresì modificato il regime di imposta dei prodotti di cui al comma 1-bis dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995, prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219. Per tali prodotti l'imposta di consumo viene ridotta dal 50 per cento al 10 per cento, per i prodotti contenenti nicotina, e al 5 per cento per i prodotti che non la contengono.
Il medesimo articolo viene integrato con un nuovo comma 8 ai sensi del quale l'ambito di applicazione viene esteso anche ai prodotti da inalazione senza combustione contenenti nicotina utilizzabili per ricaricare una sigaretta elettronica, anche ove vaporizzabili solo a seguito di miscelazione con altre sostanze.
Il comma 4 interviene a modificare l'articolo 21, comma 11, del decreto legislativo n. 6 del 2016, che disciplina le sigarette elettroniche, prevedendo che la vendita a distanza di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, ai consumatori che acquistano nel territorio dello Stato sia vietata anche su base transfrontaliera. Viene inoltre specificato che la vendita a distanza dei citati prodotti indicati al comma 1-bis dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995, effettuata nel territorio nazionale è consentita solo ai soggetti che siano stati autorizzati alla istituzione e alla gestione di un deposito di prodotti liquidi da inalazione ai sensi dell'articolo 62-quater, comma 2, del predetto decreto e delle relative norme di attuazione. Restano comunque fermi i divieti di cui all'articolo 24, comma 3 del decreto legislativo n. 6 del 2016, che sono estesi, in via precauzionale, anche ai prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide non contenenti nicotina'.
Il comma 5 modifica l'articolo 25, comma 4 del decreto legislativo n. 6 del 2016, relativa alla disciplina sanzionatoria applicabile alla vendita di prodotti del tabacco e prodotti correlati generalizzando il riferimento alle sigarette elettroniche a tutti i contenitori di liquido di ricarica. Il comma 9 popone l'integrazione del medesimo articolo con un nuovo comma 18 per effetto del quale non è consentita l'immissione sul mercato di prodotti contenenti nicotina utilizzabili per ricaricare sigarette elettroniche, anche ove vaporizzabili solo a seguito di miscelazione con altre sostanze, diversi da quelli disciplinati dal medesimo articolo 25 del decreto legislativo n. 6 del 2016.
Il comma 11 modifica l'articolo 39-terdecies, comma 3, del decreto legislativo 504 del 1995 che prevede per tabacchi da inalazione senza combustione (prodotti del tabacco non da fumo che possono essere consumati senza processo di combustione) una riduzione dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette dal 50 per cento al 25 per cento.
Il comma 12 prevede che la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 70 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede:
· quanto a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e per 63 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 9, commi da 1 a 7, e 25-ter;
· quanto a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014;
· quanto a 7 milioni di euro annui a decorrere dal 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004.
L’articolo 26 reca le disposizioni relative alla quantificazione degli oneri derivanti dal decreto legge e alla corrispondente copertura finanziaria.
La Commissione in sede referente propone modifiche di carattere formale con l'approvazione dell'emendamento 26.1.
In particolare, il comma 1 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) di 390,335 milioni di euro per l'anno 2019 (secondo la correzione proposta dall'emendamento 26.1), 1.639,135 milioni per l'anno 2020, 2.471,935 milioni per l'anno 2021, 2.303,135 milioni per l'anno 2022, 2.354,735 milioni per l'anno 2023, 1.292,735 milioni per l'anno 2024, 1.437,735 milioni per l'anno 2025, 1.579,735 milioni per l'anno 2026, 1.630,735 milioni per l'anno 2027 e 1.648,735 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028.
Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.
Il comma 2 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, di 700 milioni di euro per l'anno 2020, di 900 milioni per l'anno 2021, di 1.050 milioni per l'anno 2022 e di 1.150 milioni per l'anno 2023.
Il comma 3 stabilisce che agli oneri derivanti dagli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 9, 16, comma 6 (secondo la correzione proposta dall'emendamento 26.1), 17, 18, 20, 21, 22, 24, e dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli effetti derivanti dalle disposizioni di cui alla lettera a) del presente comma, pari a 1.323 milioni di euro per l'anno 2018, a 462,500 milioni per l'anno 2019, a 1.872,500 milioni per l'anno 2020, a 2.512,800 milioni per l'anno 2021, a 2.385,700 milioni per l'anno 2022, a 2.395, 600 milioni per l'anno 2023, a 1.458,600 milioni per l'anno 2024, a 1.544, 600 per l'anno 2025, a 1.642,600 milioni per l'anno 2026, 1.677,600 milioni per l'anno 2027 e a 1.689,600 milioni annui a decorrere dall'anno 2028 e, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a 1.743.544.737 euro per l'anno 2018, a 481.170.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro per ciascuno degli anni dal 2025, al 2027, si provvede:
a) quanto a 589.305.117 euro per l'anno 2018, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 818.805.117 euro per l'anno 2018 e a 20.500.000 euro per l'anno 2019, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco 1 allegato al presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le suddette somme. Entro venti giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri competenti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, gli accantonamenti di spesa possono essere rimodulati nell'ambito dei pertinenti stati di previsione della spesa, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa realizzati in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui;
b) quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite, definitivamente al bilancio dello Stato;
Si ricorda che l'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000) stabilisce che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
c) quanto a 70 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013 destinati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per una quota di 35 milioni e al Ministero dello sviluppo economico per una quota di 35 milioni, versate all'entrata del bilancio dello Stato, che restano acquisite definitivamente all'erario. I decreti di cui al comma 3 dell'articolo 19 del citato decreto legislativo n. 30 del 2013 dispongono negli esercizi successivi gli opportuni conguagli, al fine di assicurare complessivamente il rispetto delle proporzioni indicate nel predetto articolo 19 e del vincolo di destinazione a investimenti con finalità ambientali derivante dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009;
d) quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 848 del 1957. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provvede agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione del contributo all’organismo delle Nazioni Unite, per un importo pari a 20 milioni di euro per l'anno 2018;
Si ricorda che la legge n. 848 del 1957 dispone l'esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945. In particolare, il comma 2 reca l'autorizzazione al Ministro per il tesoro ad adottare i provvedimenti di carattere finanziario richiesti dall'esecuzione dello Statuto suddetto per il pagamento:
a) del contributo annuale del Governo italiano alle spese delle Nazioni Unite con effetto dal 14 dicembre 1955;
b) della quota di partecipazione del Governo italiano al fondo di esercizio delle Nazioni Unite.
Si segnala che il contributo ordinario per l’anno 2018 è pari a circa 91,1 milioni di dollari.
e) quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, mediante le somme di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legge n. 195 del 2009, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario;
Si ricorda che l'articolo 7 del decreto legge n. 195 del 2009 dispone che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto ed è autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo reca una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinvia all'articolo 18 del medesimo decreto legge per la definizione della copertura.
f) quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
g) quanto a 462.500.000 euro per l'anno 2019, a 1.872.500.000 euro per l'anno 2020, a 2.512.800.000 euro per l'anno 2021, a 2.385.700.000 euro per l'anno 2022, a 2.395.600.000 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 41.225.000 di euro per l'anno 2018, a 460.670.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente decreto;
h) quanto a 23.943.052 euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo delle somme derivanti dal riaccertamento straordinario dei residui iscritte nel conto dei residui del fondo di conto capitale dello stato di previsione del MEF ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 66 del 2014, che sono versate, nell’anno 2018, all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario;
i) quanto a 16,614 milioni di euro per l’anno 2018, mediante utilizzo delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall’organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell’ambito delle operazioni internazionali di pace, di cui all’articolo 8, comma 11, del decreto-legge n. 78 del 2010, che alla data di entrata in vigore, del presente decreto-legge non sono ancora riassegnate al fondo di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (Fondo per il finanziamento delle missioni internazionali) e che restano acquisite all’entrata del bilancio dello Stato;
l) quanto a 300 milioni per l’anno 2018 mediante riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 di cui alla legge all’articolo 1, comma 6 della legge n. 47 del 2013;
m)quanto a 300 milioni di euro per l’anno 2018, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 relativa al Fondo per le esigenze indifferibili. Conseguentemente, le risorse del fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, accantonate ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 99 del 2017, pari a 300 milioni di euro per l’anno 2018, sono rese disponibili a seguito della modifica intervenuta del trattamento contabile ai fini dell’indebitamento netto dell’operazione relativa alla Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A..
Il comma 4, infine, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
Articolo 27
(Entrata in vigore)
L'articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 24 ottobre 2018.
[1] In particolare, il D.L. n. 69/2013 ha previsto:
· all’articolo 1, un aggiornamento dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo e una semplificazione delle procedure e delle modalità di presentazione delle richieste, nonché
· all’articolo 2, comma 6, come sostituito dall’articolo 18, comma 9-bis, del D.L. n. 91/2014 - che i finanziamenti agevolati concessi nell'ambito della misura di sostegno "Nuova Sabatini"( di cui all’art. 2, del D.L. n. 69/2013), possano essere assistiti dalla garanzia del Fondo nella misura massima dell'80 per cento dell'ammontare del finanziamento e che, ai fini dell'accesso alla garanzia stessa, la valutazione economico-finanziaria e del merito creditizio dell'impresa sia demandata al soggetto richiedente nel rispetto di limiti massimi di rischiosità dell'impresa finanziata, misurati in termini di probabilità di inadempimento da definirsi con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
[2] Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.
Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.
In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017, pubblicato in G.U. del 7 luglio 2017, il quale disciplina le condizioni e i termini per l'estensione del modello di valutazione delle imprese - già applicato alle richieste di garanzia relative ai finanziamenti agevolati a valere sulla "Nuova Sabatini" ai sensi dei sopra indicati decreti - a tutte le operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.
Le disposizioni del decreto non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.
In data 12 gennaio 2018 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Il D.M. approva le nuove disposizioni operative del Fondo stesso, relativamente alle cause di inefficacia, riportate nell’allegato che costituisce parte integrante del decreto. Le nuove condizioni si applicano – per espressa previsione contenuta nel Decreto - a partire dalla data che indicata nella Circolare del gestore del Fondo di garanzia per le PMI, Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. Tale circolare è stata adottata il 19 luglio 2018 (Circolare n. 10/2018). La Circolare ha disposto che le misure di semplificazione della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo entrino in vigore a partire dal 15 ottobre 2018. Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.
Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo. In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017. Le disposizioni del Decreto interministeriale 6 marzo 2017 non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.
Il D.M. ha in particolare previsto che tale ulteriore decreto venisse emanato non prima del 1° gennaio 2018, a conclusione di un congruo periodo di sperimentazione nell'applicazione del nuovo modello di valutazione con riferimento alle richieste di garanzia sui finanziamenti nuova Sabatini, previa verifica della compatibilità con gli equilibri di finanza pubblica, alla luce della apposita relazione presentata dal Consiglio di gestione del Fondo.
Il D.M. ha fatto eccezione per le disposizioni inerenti le operazioni a rischio tripartito, per le quali l’adozione delle relative condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale è stata consentita antecedentemente al 1° gennaio 2018.
In data 12 gennaio 2018 è stato dunque pubblicato, in G.U n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina delle condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Le nuove condizioni hanno trovato applicazione a partire dal 15 ottobre 2018. La piena operatività della riforma è affidata ad un successivo decreto ministeriale.
[3] L'inserimento nell'Autorità portuale del Mare Adriatico orientale del porto di Monfalcone è avvenuta con DPR 29 marzo 2018, n. 57 (in vigore dal 14 giugno 2018).
[4] Cfr. l'articolo 1, commi da 125 a 129, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, del D.P.C.M. 27 febbraio 2015 e dell'articolo 1, commi 248 e 249, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.
[5] I contratti di solidarietà difensivi di tipo A riguardano gli operai, i quadri, gli impiegati, i lavoratori soci e non soci delle cooperative di produzione e lavoro, gli assunti a termine non stagionali, i lavoratori part time. Sono invece esclusi gli apprendisti, gli stagionali, i dirigenti e i lavoratori a domicilio. Nell’accordo deve essere stabilita la rotazione dei lavoratori il cui orario deve essere ridotto, in forma giornaliera, settimanale o mensile, con una durata del contratto di norma non inferiore a 12 mesi e non superiore a 24. La riduzione oraria media non può superare il 60% dell’orario contrattuale dei lavoratori coinvolti.
[6] I contratti di solidarietà difensivi di tipo B non sono più attivabili dal 1° luglio 2016. Per le aziende non destinatarie della CIGS è stato previsto un nuovo sistema, basato su fondi di solidarietà bilaterali e, per i non aderenti, sul FIS, il Fondo di integrazione salariale INPS al quale sono obbligate ad aderire, versando un contributo addizionale pari allo 0,5%, le aziende che non aderiscono a un fondo di solidarietà bilaterale con più di 5 dipendenti. Anche in questo caso è richiesto un accordo collettivo aziendale finalizzato a evitare o ridurre le eccedenze di personale.
[7] Tale decreto ha disciplinato i criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente. In particolare, si stabilisce che la CIG in deroga possa essere concessa ai lavoratori in possesso di un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi dalla data di inizio del periodo di intervento della stessa CIG in deroga, che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto per contrazione o sospensione dell'attività produttiva per: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; situazioni aziendali determinate da situazioni temporanee di mercato; crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione.
[8] Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.