Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria
Serie: Progetti di legge   Numero: 56
Data: 26/10/2018

 


 

Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria

D.L. 119/2018 - A.S. n. 886

 

26 OTTOBRE 2018

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

Dossier n. 75

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Finanze

Tel. 06 6760-9496 - st_finanze@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_finanze

Progetti di legge n. 56

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

 

Schede di lettura

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione) 7

Articolo 2 (Definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento) 11

Articolo 3 (Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione) 16

Articolo 4 (Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010) 28

Articolo 5 (Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell’Unione) 31

Articolo 6 (Definizione agevolata delle controversie tributarie) 34

Articolo 7 (Regolarizzazione con versamento volontario di periodi d’imposta precedenti) 38

Articolo 8 (Definizione agevolata delle imposte di consumo sui prodotti succedanei del tabacco e sui liquidi da inalazione) 40

Articolo 9 (Disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale) 43

Articolo 10 (Semplificazione per l’avvio della fatturazione elettronica) 48

Articolo 11 (Semplificazione in tema di emissione delle fatture) 51

Articolo 12 (Semplificazione in tema di annotazione delle fatture emesse) 53

Articolo 13 (Semplificazione in tema di registrazione degli acquisti) 54

Articolo 14 (Semplificazioni in tema di detrazione dell’IVA) 55

Articolo 15 (Disposizione di coordinamento in tema di fatturazione elettronica) 57

Articolo 16 (Giustizia tributaria digitale) 58

Articolo 17 (Obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi) 62

Articolo 18 (Rinvio lotteria dei corrispettivi) 65

Articolo 19 (Disposizioni in materia di accisa) 67

Articolo 20 (Estensione dell’istituto del gruppo IVA ai Gruppi Bancari Cooperativi) 69

Articolo 21 (Ferrovie dello Stato) 71

Articolo 22 (Fondo garanzia e FSC) 73

Articolo 23 (Autotrasporto e portualità) 78

Articolo 24 (Missioni internazionali di pace) 81

Articolo 25 (Disposizioni in materia di CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale) 82

Articolo 26 (Disposizioni finanziarie) 85

Articolo 27 (Entrata in vigore) 89

Allegato. 91

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione)

 

 

L’articolo 1 consente di definire con modalità agevolata i processi verbali di constatazione – PVC consegnati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

In particolare, si consente di regolarizzare le somme accertate nei suddetti verbali effettuando un’apposita dichiarazione e versando la sola imposta autoliquidata, senza sanzioni o interessi, in un’unica soluzione o in un massimo di venti rate trimestrali, entro il 31 maggio 2019.

 

I processi verbali di constatazione (PVC), di cui all’articolo 24 della legge n. 4 del 1929, sono i verbali coi quali, in caso di verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza. In tali verbali, che vanno consegnati al contribuente, sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.

 

L’articolo 1, comma 1, al fine di definire i PVC, pone anzitutto un adempimento dichiarativo a carico del contribuente, che deve presentare apposita dichiarazione per regolarizzare le violazioni constatate nel verbale.

 

La definizione agevolata è applicabile ai PVC consegnati in materia di:

§  imposte sui redditi e relative addizionali;

§  contributi previdenziali e ritenute;

§  imposte sostitutive;

§  IRAP;

§  imposta sul valore degli immobili all’estero – IVIE;

§  imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE

§  imposta sul valore aggiunto – IVA.

 

Sono definibili i PVC per i quali, al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), non è stato ancora notificato un avviso di accertamento o non è stato ricevuto un invito al contraddittorio (di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n.218).

 

L’ invito a comparire di cui al menzionato articolo 5 indica:

a)    i periodi di imposta suscettibili di accertamento;

b)   il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione;

c)    le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti;

d)   i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi di cui alla lettera c).

 

Il comma 2 indica i termini di presentazione delle dichiarazioni di regolarizzazione: esse vanno inoltrate entro il 31 maggio 2019, con le modalità stabilite da un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Condizione per l’inoltro è che riguardino violazioni relative ai periodi di imposta per i quali non sono scaduti i termini per l’accertamento ai fini delle imposte dirette (di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e dell’IVA (di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

La norma chiarisce che, ai fini del calcolo dei termini di decadenza, occorre tenere conto del raddoppio dei termini previsto nel caso di omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (articolo 12, commi 2-bis e 2-ter del decreto-legge n. 78 del 2009), sia ai fini dell’accertamento, sia della contestazione di sanzioni.

 

Il comma 3 vieta di utilizzare nella dichiarazione, a scomputo del maggior imponibile dichiarato, le perdite (di cui agli articoli 8 e 84 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917 del 1986, che rispettivamente disciplinano le modalità di computo delle perdite e il relativo regime di riportabilità nel tempo), anche se ulteriori rispetto a quelle già indicate nella dichiarazione presentata nei termini.

La disposizione, come chiarisce la relazione illustrativa, trova applicazione anche nel caso in cui il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione nel periodo di imposta oggetto di regolarizzazione.

 

Se il processo verbale è riferito a soggetti che producono redditi in forma associata (articolo 5 del richiamato TUIR) ovvero che hanno optato per il regime della trasparenza fiscale (articoli 115 e 116 TUIR: alle condizioni di legge, il reddito della società di capitali è imputato direttamente singoli soci “per trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone), il comma 4 consente anche i soci di presentare la propria dichiarazione per regolarizzare il reddito di partecipazione ad essi imputabile.

 

Ai sensi del comma 5, la regolarizzazione avviene versando le sole imposte autoliquidate nelle dichiarazioni presentate, relative a tutte le violazioni constatate per ciascun periodo d’imposta, nel termine del 31 maggio 2019.

Non sono applicate né le sanzioni collegate al tributo (irrogabili contestualmente all’avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), né gli interessi,

Il richiamato articolo 17, comma 1 del D.Lgs. n. 472 del 1997 dispone che le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.  

 

Fa eccezione alla regola del comma 5 l’ipotesi, di cui al successivo comma 6, di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.

L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.

Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.

Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

 

Ai sensi del comma 7 la definizione si perfeziona tramite la presentazione della dichiarazione e il versamento in un'unica soluzione o della prima rata del debito dilazionato, entro il 31 maggio 2019.

 

Il debito così dovuto è rateizzabile in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.

Con riferimento agli adempimenti successivi si rinvia, con alcune differenze, alle disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 8, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 in materia di rateazione, attestazione dell’avvenuto perfezionamento e successiva attività di riscossione in caso di inadempimenti nel versamento delle rate.

 

In sintesi, il comma 2 dispone le modalità di rateazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione; con riferimento all'importo della prima rata è versato entro venti giorni dalla redazione dell’atto (nel caso di specie, il PVC), mentre le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Il comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.

Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Per le somme così definite viene esplicitamente esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

 

In caso di mancato perfezionamento (comma 8; dunque in caso di mancata dichiarazione o di tempestivo versamento) non si producono gli effetti delle norme in esame e il competente ufficio procede alla notifica degli atti relativi alle violazioni constatate.

Nel caso di mancato perfezionamento delle violazioni constatate nei processi verbali per ciascun periodo di imposta, i competenti Uffici possono procedere all'ordinaria attività di controllo; in tal caso, i termini per l’accertamento, per i periodi di imposta fino al 2015 compreso, sono prorogati di due anni ai sensi del successivo comma 9, in deroga all'articolo 3, comma 1, dello Statuto del Contribuente (Legge n. 212 del 2000 che dispone l’irretroattività delle norme tributarie).

 

Il comma 10 infine affida ad uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, il compito di emanare le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme in esame.


Articolo 2
(
Definizione agevolata degli atti
del procedimento di accertamento)

 

 

L’articolo 2 consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, gli inviti al contraddittorio e gli accertamenti con adesione, mediante pagamento delle sole imposte in un’unica soluzione o in più rate; non sono dovuti sanzioni, interessi ed eventuali somme accessorie.

 

In particolare, il comma 1 reca le modalità di definizione agevolata degli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero, notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

Condizione per l’accesso alla definizione agevolata è che si tratti di atti non impugnati e ancora impugnabili alla predetta data.

La procedura si perfeziona mediante pagamento delle somme complessivamente dovute per le sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), o, se più ampio, entro il termine per la proposizione del ricorso (di cui all’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) che residua dopo la data del 24 ottobre 2018 (di entrata in vigore del decreto in parola).

 

Il comma 2 reca le modalità di definizione agevolata delle somme contenute negli inviti al contraddittorio relativi ad accertamenti delle imposte sui redditi e nell'imposta sul valore aggiunto, nonché delle altre imposte indirette (di cui agli articoli 5, comma 1, lettera c), e 11, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), notificati entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in commento).

 

Nelle predette ipotesi l'ufficio dell’Amministrazione finanziaria invia al contribuente un invito a comparire, nel quale è tra l’altro indicato l’importo delle maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti.

 

Si segnala peraltro che dal 1° gennaio 2016 l’istituto di adesione all’invito al contraddittorio è stato soppresso (comma 637, lettera c), punti 1, 2 e 3, dell’art.1 della legge n.190 del 2014). Tuttavia, questo istituto continua ad applicarsi agli inviti al contraddittorio notificati entro il 31 dicembre 2015 (comma 638 dello stesso articolo di legge).

 

Anche tali somme possono essere definiti con il pagamento delle sole imposte, senza le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori, entro il 23 novembre 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento).

 

Il comma 3 si riferisce invece alla definizione agevolata degli accertamenti con adesione (di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) sottoscritti entro il 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

L’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria; si tratta di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.

La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Con l’accertamento con adesione il contribuente può usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge. Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto premiale si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.

Il procedimento può essere attivato per iniziativa d’ufficio (che, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento) o a richiesta del contribuente, che può presentare una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione, prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire e dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.

La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni richieste dalla legge, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta.

Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione.

Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore.

Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti. L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso (articolo 9 del D.Lgs. n. 218 del 1997). Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può sempre presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio.

Dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione i termini restano sospesi per un periodo di 90 giorni, sia per un eventuale ricorso, sia per il pagamento delle imposte accertate. Anche l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate dall’ufficio è effettuata, ricorrendone i presupposti, dopo la scadenza del termine di sospensione. Al termine di questo arco di tempo il contribuente se non ha raggiunto l’accordo con l’Amministrazione può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.

Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:

§  in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;

§  in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.

Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.

Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24 (non è infatti possibile compensare i debiti che devono essere pagati con il modello F23).

Con il decreto-legge 35 del 2013 è stata introdotta la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all'invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.

 

Tali accertamenti possono essere perfezionati (ai sensi dell’articolo 9 del medesimo D.Lgs. n. 218 del 1997) mediante il pagamento, entro il termine di venti giorni dalla redazione dell'atto (di cui all’ articolo 8, comma 1, del citato D.Lgs.), decorrente dal 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), delle sole imposte, senza dover corrispondere le sanzioni, gli interessi e gli eventuali accessori.

Il comma 4 chiarisce che tutte le predette definizioni agevolate si perfezionano con il versamento delle somme dovute, in unica soluzione o della prima rata entro i termini relativi a ciascuna tipologia di atto che si intende definire.

Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 8, commi 2, 3, 4 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, con un massimo di venti rate trimestrali di pari importo.

 

In sintesi, il richiamato comma 2 dispone le modalità di rateazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione; con riferimento alle l'importo della prima rata è versato entro venti giorni dalla redazione dell’atto, mentre le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Il comma 3 dispone che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.

Il versamento delle somme dovute avviene mediante versamenti unitari (modello F24) e, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applica la disciplina generale di cui all'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Per le somme così definite è esclusa la compensazione (prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241); in caso di mancato perfezionamento non si producono gli effetti del presente articolo e il competente ufficio prosegue le ordinarie attività, relative a ciascuno dei procedimenti di cui ai già commentati commi 1, 2 e 3.

 

Ai sensi del comma 5, fa eccezione alla regola dei commi precedenti l’ipotesi di regolarizzazione dei debiti relativi alle risorse proprie tradizionali UE previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, ossia: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

Con riferimento alle predette somme il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal 1° maggio 2016, anche gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114.

L’articolo 114, par. 1 dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali.

Al momento di redazione del presente lavoro (24 ottobre 2018), si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.

Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

 

Ai sensi del comma 6, sono esclusi dalla definizione gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) di cui all’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167.

Detta norma ha introdotto nell'ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure) in materia fiscale, che ha consentito ai soggetti che detengono attività e beni all'estero, omettendo di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario versando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Si rinvia per approfondimenti alla documentazione predisposta nel corso della XVII Legislatura.

 

Il comma 7 chiarisce che la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri.

 

Il comma 8 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione del presente articolo.


Articolo 3
(
Definizione agevolata dei carichi affidati
all’agente della riscossione)

 

 

L'articolo 3 reca la disciplina della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (per i carichi affidati fino al 30 settembre 2017).

Analogamente alle precedenti rottamazioni, il debitore beneficia dell'abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle sanzioni e somme aggiuntive. Rispetto alle passate rottamazioni:

§  si può effettuare il pagamento in cinque anni, con un massimo di dieci rate consecutive di pari importo, con un tasso di interesse al 2 per cento;

§  è possibile avvalersi della compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti della PA;

§  col versamento della prima o unica rata delle somme dovute si estinguono le procedure esecutive già avviate.

Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

Le norme consentono l’accesso alla definizione agevolata anche a chi ha aderito alle precedenti “rottamazioni” con pagamento tempestivo del quantum dovuto per la restante parte del debito.

 

La definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione: la disciplina del decreto-legge n. 193 del 2016 e del decreto-legge n. 148 del 2017

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle).

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.

Con l’adesione alla definizione agevolata al contribuente è stato consentito di pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione, senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali.

La procedura ha previsto la presentazione di una domanda (il cui termine di presentazione, ai sensi del decreto-legge n. 148 del 2017, è scaduto il 15 maggio 2018) e una successiva comunicazione di diniego o di accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate (che ha comunicato, entro il 30 giugno 2018, l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché delle relative rate e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse).

Sia il decreto-legge n. 193 del 2016, sia il decreto-legge n. 148 del 2017 hanno consentito al debitore aderente alla procedura di pagare il quantum dovuto in un’unica soluzione, ovvero a rate.

In particolare:

§  per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (articolo 1, comma 6 del decreto-legge n. 148 del 2017) il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione, oppure in un massimo di 5 rate di pari importo, la prima delle quali entro il 31 luglio 2018 e l’ultima entro il 28 febbraio 2019;

§  per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016 (articolo 1, comma 8, lettera b) del decreto-legge n. 148 del 2017), il pagamento è stato effettuato in un’unica soluzione o in un massimo di 3 rate, così suddivise:

-     l’80 per cento delle somme dovute in due rate di pari ammontare, rispettivamente entro il 31 ottobre ed entro il 30 novembre 2018;

-     il restante 20 per cento, in un’unica rata, entro il 28 febbraio 2019.

In caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’unica rata o di ciascuna delle rate in cui è dilazionata la somma “rottamabile”, la Definizione agevolata non produce effetti e Agenzia delle entrate-Riscossione riprende le procedure di riscossione ordinarie.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono state escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016. Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata ha riguardato (articolo 6, comma 11 del decreto-legge n. 193 del 2016) i soli interessi sulle sanzioni amministrative.

Con la circolare 2/E dell’8 marzo 2017 l’Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti relativi alla disciplina in esame.

Per una disamina più dettagliata dell’istituto si rinvia al dossier di documentazione redatto per il decreto-legge n. 148 del 2017, nonché alla sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate dedicata alla rottamazione delle cartelle.

 

 

 

 

La nuova definizione agevolata

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 3 consente di definire con modalità agevolate i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.

Analogamente a quanto già previsto per le precedenti definizioni agevolate (in particolare dall’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 193 del 2016), ove si aderisca a tale procedura non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:

§  sanzioni comprese in tali carichi;

§  interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973).

Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi. La misura degli interessi di mora viene determinata annualmente dall’Agenzia delle Entrate, tenendo conto della media dei tassi bancari attivi stimati dalla Banca d’Italia. Dal 15 maggio 2018 sono pari al 3,01 per cento annuo;

§  sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);

§  le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

La definizione agevolata si perfeziona versando integralmente, in unica soluzione entro il 31 luglio 2019, o nel numero massimo di dieci rate consecutive di pari importo:

a)   le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi;

b)  le somme maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.

 

Con riferimento alla lettera b), si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo. In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione. A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Tuttavia, il richiamato D.Lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, tra cui rientrano alcuni carichi interessati dalla definizione agevolata in commento. Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.

Per quanto invece riguarda gli interessi, si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 602 del 1973, comma 2, gli interessi di mora dal 15 maggio 2018 sono pari allo 3,01 per cento su base annua, come reso noto dall’Agenzia delle Entrate.

 

Si segnala che l’articolo 5 del provvedimento (alla cui scheda di lettura si rinvia) consente la definizione agevolata, con specifiche deroghe, dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, esclusi dalle precedenti “rottamazioni”.

 

Ai sensi del comma 2, le rate scadono il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019. Si tratta dunque di una rateazione distribuita su cinque anni.

Al riguardo si rammenta che il decreto-legge n. 193 del 2016 distribuiva le rate della rottamazione delle cartelle negli anni 2017 e 2018; successivamente, con la riapertura dei termini di cui al decreto-legge n. 148 del 2017, le rate sono state “spalmate” sino al 2019, come anticipato nel riquadro introduttivo.

 

Il comma 3 prevede che, in caso di pagamento rateale, gli interessi sono dovuti a decorrere dall' agosto 2019 nella misura del 2 per cento annuo.

Per la disciplina degli interessi legali e di mora, si veda il commento al comma 1 dell’articolo in esame.

Non si applica la disciplina generale della rateazione dei debiti tributari, prevista dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

In sintesi si ricorda che l’articolo 19, modificato dal già richiamato D.Lgs n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.  Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili. Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

Il comma 4 pone a carico dell'agente della riscossione l'onere di fornire i dati necessari ad individuare i carichi definibili presso i propri sportelli e in apposita area del suo sito internet.

 

Ricalcando le procedure previste per le precedenti edizioni della definizione agevolata (articolo 6, comma 2 del decreto-legge n. 193 del 2016), il comma 5 stabilisce che il debitore, per aderire alla definizione, deve presentare entro i1 30 aprile 2019 una dichiarazione all'agente della riscossione - con le modalità e in conformità alla modulistica pubblicate dallo stesso agente sul proprio sito internet entro il 13 novembre 2018 (venti giorni dal 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) – in cui indica anche il numero di rate prescelto per l'eventuale pagamento dilazionato, nel limite massimo di dieci rate (come disposto dal comma 1).

 

Il comma 6 chiarisce che nella predetta dichiarazione il debitore assume l'impegno a rinunciare ad eventuali giudizi pendenti relativi ai carichi che intende definire.

Le disposizioni in commento chiariscono puntualmente le conseguenze della procedura di definizione agevolata sui giudizi pendenti. In particolare, il comma 6 chiarisce che tali giudizi sono sospesi dal giudice, fino al pagamento di quanto dovuto, dietro presentazione di copia della stessa dichiarazione. Successivamente, i1 giudizio si estingue a seguito della produzione, a cura di una delle parti, della documentazione attestante i versamenti eseguiti per perfezionare la definizione. Se, invece, le somme dovute non sono integralmente pagate (e, quindi, ai sensi del comma 14, la definizione non si perfeziona), la sospensione de1 giudizio viene revocata dal giudice su istanza di una delle predette parti.

 

Il comma 7 dispone che la dichiarazione già presentata ai sensi del comma 5 possa essere integrata entro i1 30 aprile 2019.

 

Il comma 8 stabilisce che, ai fini della determinazione dell'ammontare delle somme da versare per la definizione  - a titolo di capitale e di interessi iscritti a ruolo, di aggio, di spese esecutive e di diritti di notifica della cartella di pagamento - si considerano unicamente gli importi già pagati allo stesso titolo e che il debitore, se ha già interamente versato le medesime somme con precedenti pagamenti parziali, deve comunque dichiarare la sua volontà di aderire alla definizione per beneficiare degli effetti di quest'ultima.

 

In base al comma 9, restano, comunque, definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate a qualunque titolo, relative ai debiti definibili, anche prima della definizione.

 

Ai sensi del comma 10 sono chiariti gli effetti della presentazione della dichiarazione di adesione procedura agevolata.

Essa, analogamente a quanto previsto dall’articolo 6, comma 5 del decreto-legge n. 193 del 2016:

§  sospende i termini di prescrizione e decadenza;

§  sospende gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di tale presentazione;

§  inibisce l'iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche, con salvezza di quelli già iscritti alla predetta data;

§  vieta l’avvio di nuove procedure esecutive e la prosecuzione di quelle già avviate, a meno che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

 

Con alcune novità rispetto alla disciplina del 2016, il comma 10 in esame collega i seguenti, ulteriori effetti alla presentazione della domanda di rottamazione:

§  divieto di considerare “irregolare” il debitore nell'ambito della procedura di erogazione dei rimborsi d'imposta ex articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.

In estrema sintesi, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta;

§  divieto di considerare inadempiente il debitore ai fini della verifica della morosità da ruolo, ex articolo 48-bis del D.P.R. n. 602 del 1973, per un importo superiore a 5.000 euro, all’atto del pagamento, da parte delle Pubbliche Amministrazioni e delie società a totale partecipazione pubblica, di somme di ammontare pari almeno allo stesso importo.

Il richiamato articolo dispone che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, siano tenute a verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

La relazione illustrativa sul punto chiarisce che l'agente della riscossione, a seguito della presentazione della dichiarazione, anche se la predetta verifica ha già avuto luogo, è tenuto a non effettuare il pignoramento previsto dalla legge (combinato disposto degli articoli 48-bis e 72-bis del DPR n. 602/1973, nonché delle norme attuative dell’articolo 48-bis).

 

Al comma 11, analogamente a quanto previsto per le precedenti definizioni agevolate, si affida all'agente della riscossione, entro il 30 giugno 2019, il compito di comunicare ai debitori che hanno aderito alla definizione il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

 

Il comma 12 individua le modalità di pagamento delle somme dovute, che può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 5) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Con una novità rispetto alla rottamazione degli anni precedenti,  ove si scelga di pagare presso gli sportelli dell’agente della riscossione, il debitore può utilizzare in compensazione, ai fini della definizione agevolata, i crediti non  prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione (articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013; l’ efficacia di tale norma è stata estesa al 2018 dall’articolo 12-bis del decreto-legge n. 87 del 2018, cd. decreto dignità).

 

Il comma 13 disciplina le conseguenze della domanda di definizione agevolata sulle dilazioni di pagamento già in atto.

Alla lettera a) si stabilisce che, limitatamente ai debiti definibili ricompresi nella dichiarazione di adesione, alla data del 31 luglio 2019 le dilazioni sospese per effetto della presentazione della stessa dichiarazione di adesione siano automaticamente revocate e non possano essere accordate nuove dilazioni ai sensi della disciplina generale dell'articolo 19 del DPR n. 602i 1973.

La lettera b) permette al debitore che ha aderito alla definizione agevolata di ottenere, sempre limitatamente ai debiti definibili e a seguito del pagamento della prima o unica rata delle somme in parola, l’estinzione delle procedure esecutive avviate in precedenza, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.

La relazione illustrativa al riguardo chiarisce che rimane fermo, a fini antielusivi, la disciplina penale (articolo 11, comma 1, D.Lgs. n.74 del 2000) della sottrazione fraudolenta di beni alla procedura di riscossione coattiva.

 

Il comma 14 disciplina l’ipotesi di omesso, insufficiente o tardivo versamento di una sola rata (ovvero dell’unica soluzione) relativa alle somme “rottamate”. Analogamente a quanto prescritto per il passato, la definizione non produce effetti; i versamenti effettuati sono considerati semplici acconti delle somme complessivamente dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

In tale ipotesi l'agente della riscossione prosegue l'attività di recupero coattivo del debito residuo, il cui pagamento non può più essere rateizzato (cfr. anche articolo 6, comma 4 del decreto-legge n. 193 del 2016).

 

 Il comma 15 ricomprende nella definizione agevolata, analogamente a quanto disposto dall’articolo 6, commi 9-bis e 9-ter del decreto-legge n. 193 del 2016, anche i debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti avviati a seguito di istanze presentate dai debitori per l'accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore (ai sensi del capo II, sez. I, della legge n. 3 del 2012 in tema di crisi da sovraindebitamento).

I predetti debitori possono provvedere al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e lei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione dell'accordo o del piano del consumatore.

 

Il comma 16 ripropone le previsioni dell'art. 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016 in merito alle esclusioni dalla definizione agevolata:

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999);

b)  ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

c)   alle multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

d)  alle sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 11, comma 10-bis del decreto-legge n.8 del 2017 ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6, comma 10 del decreto-legge n. 193 del 2016, nella parte che ha escluso dalla procedura di definizione agevolata i carichi relativi alle altre sanzioni amministrative, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali. Si chiarisce in particolare che, ai fini dell'accesso alla definizione agevolata, non sono dovute le sanzioni irrogate per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi, anche nel caso in cui il debitore sia lo stesso ente previdenziale.

 

Ai sensi comma 17, riproducendo sostanzialmente l’articolo 6, comma 11 del citato decreto-legge n. 193 del 2016, per le sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada la definizione si applica limitatamente agli interessi, ivi compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 18, con riferimento ai soggetti in procedura concorsuale. riconosce la prededucibilità delle somme occorrenti per la definizione. Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

 

Il comma 19 stabilisce che, per effetto del pagamento delle somme dovute per la definizione, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato dell'importo residuo contenuto nei carichi definiti. La norma disciplina altresì le modalità operative da seguire per eliminare i carichi dalie scritture contabili degli enti creditori.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2024, l'elenco dei debitori che si sono avvalsi delle disposizioni di cui al presente articolo e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

 

In tale contesto sono apportate modifiche anche al termine di rendicontazione agli enti creditori, previsto per le precedenti definizioni agevolate, posponendolo dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2024 (a tal fine con una modifica di coordinamento all’articolo 6, comma 12 del decreto-legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 20 dispone lo slittamento dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dell'agente della riscossione, segnatamente novellando l'articolo 1, comma 684, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), già modificato dal decreto-legge n. 148 del 2017 in ragione dell’estensione della rottamazione delle cartelle al 2017.

Con le modifiche in esame, la presentazione delle comunicazioni deve avvenire, per i ruoli consegnati negli anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 (in luogo del 31 dicembre 2021) e, per quelli consegnati sino al 31 dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026 (in luogo del 2021).

Lo slittamento, come chiarisce la relazione illustrativa, è funzionale all'esigenza di attendere gli esiti della nuova procedura di definizione agevolata prevista dall'articolo in commento.

 

Coordinamento con le precedenti edizioni della definizione agevolata dei carichi (rottamazione 2016 e 2017)

 

I commi 21-25 recano disposizioni di coordinamento, che disciplinano il trattamento dei soggetti che hanno aderito alle precedenti definizioni agevolate.

 

In particolare, il comma 21 consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 (termine così differito dal comma in esame) il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.

In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.

Il versamento è effettuato in dieci rate consecutive di pari importo, con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, con interessi calcolati al tasso dello 0,3 per cento annuo a partire dal 1° agosto 2019 e, quindi, ad un tasso inferire rispetto a quello (2 per cento annuo) stabilito per i carichi ricompresi nella nuova definizione, prevista dal comma 1.

Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.

 

II comma 21 dispone, inoltre, l'applicazione anche ai debitori in parola:

§   della possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;

§  a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, della possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

La norma fa esplicitamente salvo quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 22 consente, in ogni caso, di procedere al pagamento in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019 (e, quindi, senza interessi), delle rate differite automaticamente ai sensi del comma 21.

Il comma 23 preclude l'accesso alla nuova definizione agevolata ai soggetti che non provvedano a versare le rate dovute per precedente definizione agevolata 2017 e che, secondo il comma 21 dell'articolo in esame, devono essere corrisposte entro il 7 dicembre 2018.

 

Anche il comma 23 fa salvo esplicitamente quanto previsto dall’articolo 4 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), che dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 24 reca specifiche norme di coordinamento con le precedenti definizioni agevolate, per i soggetti residenti in zone colpite dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 6, comma 13-ter del decreto-legge n. 193 del 2016 (inserito dal decreto-legge n.8 del 2017), ha prorogato di un anno, a favore dei soggetti colpiti dalle calamità naturali nel centro Italia nel corso del 2016 e del 2017 (a cui si applicano specifiche sospensioni di termini tributari), i termini e le scadenze previsti per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016.

Le norme in esame consentono ai predetti soggetti, colpiti dai sismi dell'Italia centrale degli anni 2016 e 2017, di effettuare il pagamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in dieci rate, con scadenza i1 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, sulle quali sono dovuti, dal 1° agosto 2019, gli interessi al tasso dello 0,3 per cento annuo. ). Resta salva la facoltà, per il debitore, di effettuare il pagamento di tali rate in unica soluzione entro il 31 luglio 2019.

La definizione agevolata opera per tutti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, indipendentemente dalle scadenze originariamente fissate dalle relative norme di riferimento.

Senza alcun adempimento a carico di tali debitori, l'agente della riscossione deve trasmettere entro il 30 giugno 2019 apposita comunicazione, nonché i bollettini precompilati per eseguire il versamento delle rate rideterminate.

Anche ai debitori in parola si applica:

-      la possibilità di pagare le somme dovute a titolo di definizione agevolata mediante compensazione con i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della PA;

-      a seguito del pagamento della prima delle predette rate differite, la possibilità di beneficiare dell'estinzione delle procedure esecutive pregresse, salvo che non si sia già tenuto il primo incanto con esito positivo.

 

Il comma 25 ammette alla nuova procedura di "rottamazione":

§  i soggetti che avevano avviato la definizione agevolata 2016 (ossia quella prevista dall'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) ma che non hanno perfezionato la procedura con l'integrale, tempestivo pagamento delle somme dovute;

§  coloro che, dopo aver aderito alla rottamazione 2017 (di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) non hanno provveduto al pagamento, entro il 31 luglio 2018, di tutte le rate dei piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, scadute al 31 dicembre 2016 (come disposto dall’articolo 1, comma 8, lettera b), n. l, del medesimo decreto-legge n. 148 del 2017).


Articolo 4
(
Stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti
della riscossione dal 2000 al 2010)

 

 

L'articolo 4 dispone l’annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dispone l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo (che, come specificato dalla relazione illustrativa, va calcolato al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto in esame) fino a mille euro; l’importo da considerare è comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.

Tali importi devono risultare dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per cui sia già stata richiesta la definizione agevolata (ai sensi dell’articolo 3 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).

L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili.

Ai fini del conseguente discarico, effettuato senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione è tenuto a trasmettere agli enti interessati l’elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica, in conformità alle specifiche tecniche di cui all’allegato 1 del decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 giugno 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 22 giugno 2015.

 

Detto decreto disciplina le modalità di trasmissione agli enti creditori, con riferimento ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, dell'elenco delle quote annullate e di quelle di rimborso agli agenti della riscossione delle spese esecutive sostenute per tali ruoli.  

 

Ai debiti oggetto di annullamento non si applicano le ordinarie procedure di discarico per inesigibilità (articoli 19 e 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) e, fatti salvi i casi di dolo, non si procede a giudizio di responsabilità amministrativo e contabile. A tal fine, la norma rinvia alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

 

Al riguardo si ricorda che l'articolo 1, comma 527, della legge 24 dicembre  2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) ha annullato automaticamente i crediti fino a duemila euro, importo comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999; ai fini del conseguente discarico ed eliminazione dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore, ha affidato alle norme secondarie il compito di fissare le modalità di trasmissione agli enti interessati dell'elenco delle quote annullate e di rimborso agli agenti della riscossione delle relative spese per le procedure esecutive poste in essere. Il successivo comma 528, per i crediti di importo superiore a duemila euro iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, ha disposto che, una volta esaurite le attività di competenza, l'agente della riscossione doveva provvedere a darne notizia all'ente creditore, anche in via telematica, con le medesime modalità.

 

Il comma 2 stabilisce le regole di imputazione e di acquisizione delle somme eventualmente versate, con riferimento ai debiti oggetto di annullamento.

Più in dettaglio, per i debiti oggetto di annullamento:

§  le somme versate anteriormente al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame) restano definitivamente acquisite;

§  le somme versate successivamente al 24 ottobre 2018 alla data di entrata in vigore del presente decreto sono imputate alle rate da corrispondersi per altri debiti eventualmente inclusi nella definizione agevolata anteriormente al versamento, ovvero, in mancanza, a debiti scaduti o in scadenza e, in assenza anche di questi ultimi, sono rimborsate.

 

L’eventuale rimborso avviene ai sensi dell’articolo 22, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112.

Le richiamate norme prevedono che l’agente della riscossione deve offrire la restituzione all'avente diritto notificandogli una comunicazione delle modalità di restituzione. Decorsi tre mesi dalla notificazione senza che l'avente diritto abbia accettato la restituzione, ovvero, per le somme inferiori a cinquanta euro, decorsi tre mesi dalla data del pagamento, l'agente della riscossione riversa le somme all'ente creditore ovvero, se tale ente non è identificato né facilmente identificabile, all'entrata del bilancio dello Stato, ad esclusione di una quota pari al 15 per cento, che affluisce ad apposita contabilità speciale. Il riversamento è effettuato il giorno 20 dei mesi di giugno e dicembre di ciascun anno. La restituzione ovvero il riversamento sono effettuati al netto dell'importo delle spese di notificazione, trattenute dall'agente della riscossione a titolo di rimborso delle spese sostenute per la notificazione. Resta fermo il diritto di chiedere, entro l'ordinario termine di prescrizione, la restituzione delle somme all'ente creditore ovvero allo Stato. In caso di richiesta allo Stato, le somme occorrenti per la restituzione sono prelevate da apposita contabilità speciale e riversate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

A tal fine, l’agente della riscossione presenta all’ente creditore richiesta di restituzione delle somme eventualmente riscosse dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2018, riversate ai sensi del richiamato articolo 22 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In caso di mancata erogazione nel termine di novanta giorni dalla richiesta, l'agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.

 

Il comma 3 disciplina il rimborso delle spese per le procedure esecutive poste in essere in relazione alle quote annullate ai sensi del comma 1 concernenti i carichi erariali e, limitatamente alle spese maturate negli anni 2000-2013, quelli dei comuni.

Per il rimborso l'agente della riscossione deve presentare, entro il 31 dicembre 2019, sulla base dei crediti risultanti dal proprio bilancio al 31 dicembre 2018, e fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, apposita richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il relativo rimborso è effettuato, a decorrere dal 30 giugno 2020, in venti rate annuali, a carico del bilancio dello Stato.

La relazione illustrativa chiarisce il rimborso è effettuato senza interessi.

Per i restanti carichi invece, la richiesta è presentata al singolo ente creditore, tenuto a provvedere direttamente al rimborso a proprio carico, ai predetti termini e condizioni. Sono fatte salve anche in questo caso le anticipazioni eventualmente ottenute.

 

Al riguardo, sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l’opportunità di individuare puntualmente nella norma primaria quali siano i “restanti carichi” per cui va presentata richiesta di rimborso direttamente all’ente creditore.

 

Il comma 4 precisa che le disposizioni in esame sull’annullamento delle cartelle non si applicano:

§   ai debiti relativi ai carichi di cui all'articolo 3, comma 16, lettere a), b) e c) del provvedimento in esame, vale a dire, le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato; i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti; le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

§  alle risorse proprie tradizionali UE (previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE) e all’IVA riscossa all’importazione.

Le risorse proprie tradizionali UE previste dalle richiamate norme europee sono: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato (ormai scaduto), che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.


Articolo 5
(Definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell’Unione)

 

 

L’articolo 5 estende la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione a quelli concernenti i dazi doganali, i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (risorse proprie tradizionali UE) nonché l'IVA sulle importazioni, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017. Si applica l'articolo 3, con alcune deroghe relative ai debiti concernenti specifiche tipologie di risorse proprie UE. Sono quindi fissate le scadenze delle rate dovute dai debitori ai fini della definizione agevolata e posti alcuni obblighi di comunicazione.

 

Si ricorda al riguardo che l'articolo 3 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia) riapre i termini per la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017, così collocandosi nel solco degli interventi previsti dal decreto-legge n. 193 del 2016 (in relazione ai carichi 2000-2016) e dal decreto-legge n. 148 del 2017 (anche per i altri carichi affidati fino al 31 dicembre 2017). Accanto ad alcune specifiche novità, le norme riproducono le procedure già utilizzate per le precedenti definizioni agevolate, disponendo che il contribuente presenti apposita dichiarazione all’agente della riscossione; a seguito dell’accoglimento della domanda, l’agente della riscossione comunica al contribuente il quantum dovuto, nonché, in caso di scelta del pagamento dilazionato, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna rata.

 

Con le finalità sopra ricordate, l'articolo 5 prevede l'applicazione della definizione agevolata ai debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 per le seguenti risorse proprie tradizionali UE: i dazi doganali e i contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero. La medesima disciplina si applica ai debiti relativi all’IVA riscossa all'importazione. Anche con riferimento a tali risorse e all'IVA all'importazione, quindi, il debitore può beneficiare dell'abbattimento di sanzioni comprese nel carico, interessi di mora e sanzioni e somme aggiuntive.

 

In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom (che ha sostituito la decisione 2007/436/CE) richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).

 

Si segnala preliminarmente che le risorse proprie tradizionali erano del tutto escluse dalle precedenti edizioni della definizione agevolata ai sensi dell'articolo 6, comma 10, del decreto-legge n. 193 del 2016.

Si rammenta, inoltre, che i tributi che costituiscono risorse proprie tradizionali UE sono esclusi dalla disciplina della mediazione (posta dall'art. 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, come novellato dal decreto-legge n. 50 del 2017), la quale estende l’ambito operativo dell’istituto del reclamo/mediazione nel contenzioso tributario alle controversie di valore sino a cinquantamila euro, innalzando detto ammontare dalla previgente soglia di ventimila euro. Tali norme si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

 

Per le sole risorse proprie UE (escludendo dunque l’IVA all’importazione), oltre alle somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi e a quelle maturate a titolo di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento (articolo 3, comma 1, lettere a) e b)), il debitore deve corrispondere:

§  dal 1° maggio 2016 al 31 luglio 2019, gli interessi di mora previsti dall’articolo 114, paragrafo 1, del Nuovo Codice Doganale Comunitario, di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013 fatto salvo quanto previsto ai paragrafi 3 e 4 dello stesso articolo 114 (comma 1, lettera a), n. 1 dell'articolo 5 in esame). L'importo di tale interesse di mora è determinato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli (lettera b)). A tal fine l'agente della riscossione trasmette, entro il 31 maggio 2019, anche in via telematica, l'elenco dei carichi compresi nelle dichiarazioni di adesione. Con le stesse modalità, entro il 15 giugno 2019, l'Agenzia comunica gli importi all'agente della riscossione.

Il citato articolo 114, par. 1, dispone che sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione sia applicato un interesse di mora dalla data di scadenza del termine prescritto fino alla data del pagamento. Per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, il tasso di interesse di mora è pari al tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, che la Banca centrale europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali. Al momento di redazione del presente lavoro, si ricorda che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono fissati rispettivamente in misura pari allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il par. 3 dell’articolo 114 consente alle autorità doganali di rinunciare ad applicare un interesse di mora quando è stabilito, sulla base di una valutazione documentata della situazione del debitore, che tale onere potrebbe provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale. Il par. 4 dispone che le autorità doganali rinunciano ad applicare un interesse di mora se l'importo per ciascuna è inferiore a 10 euro.

§  dal 1° agosto 2019, il debitore è tenuto a corrispondere gli interessi al tasso del 2% (lettera a), n. 2);

§  non si può effettuare (ai sensi della lettera e)) il pagamento delle somme dovute presso gli sportelli dell'agente della riscossione e dunque non si applica la compensazione (tale possibilità è prevista, in via generale, dall'articolo 3, comma 12 lettera c) del decreto-legge in esame).

 

Sia per le risorse proprie che per l’IVA all’importazione:

§  entro il 31 luglio 2019 l'agente della riscossione comunica l'ammontare di quanto dovuto complessivamente, delle singole rate e le relative scadenze (lettera c));

§  le rate di pagamento devono essere corrisposte entro il 30 settembre 2019 (unica o prima rata di pagamento), entro il 30 novembre 2019 (seconda rata), entro il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno successivo (le restanti rate) (lettera d));

§  ai fini della corretta valutazione delle somme destinate al bilancio dell'Unione europea, si pone in capo all'agente della riscossione l’onere di comunicare all'Agenzia dei monopoli e delle dogane se i debitori hanno effettuato i pagamenti dovuti specificando i codici tributo relativi ai pagamenti effettuati. Tale comunicazione è effettuata entro 60 giorni dalla richiesta di tali dati effettuata dall'Agenzia alle scadenze determinate dall'articolo 13 del Regolamento (UE) n. 609/2014 (concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e delle risorse proprie basate sull'IVA e sul reddito nazionale lordo, nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria) (lettera f)).

Tale articolo 13 riguarda gli importi irrecuperabili. In particolare, gli Stati membri sono dispensati dall'obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati considerati irrecuperabili (con decisione dell'autorità amministrativa competente) al più tardi dopo un periodo di cinque anni dalla data alla quale l'importo è stato accertato oppure, in caso di ricorso amministrativo o giudiziario, dalla pronuncia dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione definitiva. In caso di pagamento scaglionato, il periodo massimo di cinque anni inizia a decorrere dalla data dell'ultimo pagamento effettivo nella misura in cui quest'ultimo non saldi il debito. Nei tre mesi successivi alla decisione amministrativa o secondo la scadenza applicabile, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una comunicazione contenente gli elementi d'informazione che riguardano i casi il cui importo dei diritti accertati superi 100.000 euro. Entro sei mesi dalla comunicazione (prorogabili in caso di richiesta di informazioni supplementari) la Commissione comunica le sue osservazioni allo Stato membro interessato.

Il citato regolamento n. 609/2014, insieme alla decisione 2014/335 più volte richiamata e al regolamento n. 608/2014 (che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea) costituiscono un pacchetto di misure legislative collegate al quadro finanziario pluriennale (QFP) dell'Unione europea recante la disciplina delle risorse proprie per il 2014-2020.


Articolo 6
(
Definizione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 6 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti, anche in cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Le controversie possono essere definite con il pagamento della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

 

Secondo quanto emerge dalla Relazione sullo stato del contenzioso tributario per l’anno 2017, al 31 dicembre 2017 le controversie pendenti sono pari a 417.635 per un valore complessivo di circa 50,4 miliardi. Il 63% di esse (pari a 265.525 unità), è in giacenza da meno di 2 anni, il 27,4% (pari a 114.415 unità) è in giacenza da un periodo compreso tra 2 e 5 anni e solo il 9% (pari a 37.695 unità) è in giacenza da più di 5 anni.

Nel 2017 le liti pendenti si sono ridotte del 10,7% rispetto all’anno precedente. Al risultato ha contribuito la riduzione dell’8,8% rispetto al 2016, delle liti complessivamente pervenute alle Commissioni. In particolare, si è registrato un calo del 9,4% dei ricorsi presentati nel primo grado di giudizio e del 7,2% degli appelli presentati nel secondo grado di giudizio. Il numero delle controversie definite è stato pari a 261.820, in diminuzione del 10,7% rispetto al 2016. La riduzione è determinata dal calo delle decisioni di primo grado pari al 12,6%, mentre nel secondo grado le pronunce si sono ridotte del 3,5%.

 

Ai sensi del comma 1, possono quindi essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Per valore della controversia si intende, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

 

In deroga al comma 1, e per il solo caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), le controversie possono essere definite con il pagamento:

a)   della metà del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;

b)  di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado (comma 2).

 

Ai sensi del comma 3, le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018), e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.

 

Possono essere definite le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del presente decreto e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 4).

 

Sono invece escluse dalla definizione, ai sensi del comma 5, le controversie concernenti anche solo in parte:

a)   le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/335/UE e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

In particolare, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2014/335/UE/Euratom richiama le risorse proprie tradizionali costituite da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell'Unione sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato - ormai scaduto - che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. L'articolo 1, comma 819, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dà piena e diretta esecuzione a tale alla decisione, che fissa le norme relative all'attribuzione delle risorse proprie dell'Unione al fine di assicurare il finanziamento del bilancio annuale, conformemente all'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Essa stabilisce, tra l'altro, che dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 20% degli importi riscossi (in luogo del 25% previsto per il periodo 2007-2013).

 

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1 giugno 2019 alla data del versamento. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda (comma 6).

 

Nel caso in cui le somme interessate sono oggetto di definizione agevolata, il perfezionamento della definizione della controversia è subordinato al versamento entro il 7 dicembre 2018 delle somme ancora pendenti (comma 7).

 

Si ricorda che l’articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha consentito la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (cd. rottamazione delle cartelle). Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017 – oltre a prorogare il termine per il pagamento delle rate relative alla definizione 2016 - ha riaperto i termini per la definizione agevolata dei carichi, permettendo di estinguere con modalità agevolate anche i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 (cd. rottamazione 2017). Il citato provvedimento ha anche riaperto la definizione agevolata dei carichi 2000-2016 per i quali non fosse stata presentata tempestivamente la domanda, oppure ove il contribuente non avesse potuto accedere alla rottamazione 2016 per mancato pagamento tempestivo di precedenti piani di rateazione. Il decreto-legge n. 148 del 2017 ha rinviato, per quanto non espressamente derogato, alla procedura individuata dal richiamato decreto-legge n. 193.

Al riguardo, l’articolo 3, comma 21, del decreto in esame, consente ai debitori che hanno aderito alla definizione agevolata 2017 (di cui al richiamato articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) e che effettuano entro il 7 dicembre 2018 il pagamento delle rate dovute ai fini di tale definizione - in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 - di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini.

In sostanza, chi ha aderito alla definizione agevolata 2017 ed ha adempiuto esattamente ai pagamenti dovuti per l’anno 2018 può usufruire della disciplina di favore introdotta con le norme in esame per la restante parte del debito già “rottamato”.

 

Ai sensi del comma 8, in presenza di autonome controversie, occorrerà presentare una distinta domanda di definizione, entro il 31 maggio 2019, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

 

Il comma 9 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore del presente decreto (24 ottobre 2018).

 

Ai sensi del comma 10, le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Con il deposito, entro tale data, di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, si determina l'ulteriore sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020.

 

Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente decreto, vale a dire dal 24 ottobre 2018 fino al 31 luglio 2019 (comma 11).

In base al comma 12, l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.

Il processo si estingue, con decreto presidenziale, in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Si prevede quindi che le spese del giudizio estinto restino a carico della parte che le ha anticipate (comma 13).

 

Il comma 14 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

 

Il comma 15 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate le modalità di attuazione del presente articolo.

Infine, il comma 16 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2019, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente.


Articolo 7
(
Regolarizzazione con versamento volontario
di periodi d’imposta precedenti)

 

 

L'articolo 7 contiene disposizioni specifiche per le società e le associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI.

Queste possono avvalersi:

-        della dichiarazione integrativa speciale nel limite complessivo di 30.000 euro di imponibile annuo;

-        della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e della definizione agevolata delle liti pendenti, con alcune specificità.

 

L'articolo 7, comma 1, consente alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, iscritte nel Registro CONI, di avvalersi della dichiarazione integrativa speciale regolata dall'articolo 9 del decreto in esame per tutte le imposte dovute e per ciascun anno di imposta, nel limite complessivo di 30.000 euro di imponibile annuo. La relazione del Governo precisa che le società e associazioni suddette possono avvalersi della dichiarazione integrativa speciale nel limite di 30.000 euro per singola imposta e per periodo d'imposta.

Si segnala l'opportunità di chiarire in via esplicita nel provvedimento se il limite complessivo di 30.00 euro di imponibile annuo vada rapportato al cumulo delle imposte oggetto di dichiarazione integrativa, ovvero se sia riferibile a ciascuna di esse.

 

Oltre alla possibilità di avvalersi della dichiarazione integrativa speciale, le società e le associazioni sportive dilettantistiche possono, ai sensi del comma 2:

§  avvalersi della definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento prevista dall'articolo 2 del decreto in esame, versando per intero l'imposta sul valore aggiunto (IVA), un importo pari al 50 per cento delle maggiori imposte accertate e al 5 per cento delle sanzioni irrogate e degli interessi dovuti (lettera a));

§  avvalersi della definizione agevolata delle liti pendenti dinanzi alle commissioni tributarie di cui all'articolo 6 del decreto in esame (lettera b)).

 

Per la definizione agevolata delle liti pendenti sono previsti versamenti differenziati in ragione del grado di giudizio e dell'esito della eventuale pronuncia giurisdizionale resa in primo grado. In particolare, prendendo come riferimento la data di entrata in vigore del decreto in esame, la definizione della pendenza potrà essere effettuata con il versamento volontario del:

§  40 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati nel caso in cui questa penda ancora nel primo grado di giudizio (lettera b, numero 1);

§  10 per cento del valore della lite e 5 per cento delle sanzioni e degli interessi accertati, in caso di soccombenza in giudizio dell'amministrazione finanziaria nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva (lettera b, numero 2);

§  50 per cento del valore della lite e 10 per cento delle sanzioni e interessi accertati in caso di soccombenza in giudizio della società o associazione sportiva nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale resa e non ancora definitiva.

 

Il comma 3 precisa che la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento e delle liti pendenti, definita dal comma 2, è preclusa se l'ammontare delle sole imposte accertate o in contestazione, relativamente a ciascun periodo d'imposta, per il quale è stato emesso avviso d'accertamento o è pendente reclamo o ricorso, è superiore a 30.000 euro per ciascuna imposta, IRES o IRAP, accertata o contestata. In tali casi è possibile avvalersi delle definizioni agevolate degli atti di accertamento e delle liti pendenti di cui agli articoli 2 e 6 con le regole ivi previste.


Articolo 8
(
Definizione agevolata delle imposte di consumo sui prodotti succedanei del tabacco e sui liquidi da inalazione)

 

 

L’articolo 8 consente la definizione agevolata di debiti tributari maturati fino al 31 dicembre 2018 - per i quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato - relativi alle imposte di consumo su:

§  prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati (c.d. succedanei del tabacco)

§  prodotti liquidi da inalazione senza combustione costituiti da sostanze diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, contenenti o meno nicotina.

La definizione agevolata (di cui vengono fissate le scadenze temporali e le modalità) è ammessa con il versamento pari al 5 per cento degli importi dovuti. Non sono dovuti interessi e sanzioni.

 

Le imposte in oggetto sono previste dall'articolo 62-quater, commi 1 e 1-bis, del testo unico sulle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995). Trattandosi di prodotti diversi dal tabacco, essi sono assoggettati ad imposta di consumo e non ad accisa.

Al riguardo si ricorda che il comma 1 dell'articolo 62-quater, a decorrere dal 1° gennaio 2014, ha assoggettato i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo (c.d. sigarette elettroniche), sono stati assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico.

Successivamente il decreto legislativo n. 188 del 2014 (emanato in attuazione della delega fiscale, legge n. 23 del 2014 al fine di riformare l’imposizione gravante sui tabacchi lavorati):

-        ha sottratto dall'imposizione i suddetti dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio;

-        ha disciplinato l’imposizione sulle sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinate ad essere usati come medicinali (articolo 62-quater, comma 1-bis).

Con riferimento a tali ultime sostanze, la definizione dei beni costituenti la base imponibile dell'imposta (sostanze liquide da inalazione diverse dal tabacco, non destinati ad essere usati come medicinali, ai sensi del al comma 1-bis) si basa sulla loro destinazione d'uso e non sulla loro succedaneità. Ad essi si applica un'imposta pari al 50 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette e alla equivalenza di consumo convenzionale. Tali fattori sono determinati sulla base di apposite procedure tecniche, definite con specifico provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Si prevede inoltre che il soggetto obbligato al pagamento dell'imposta debba dichiarare, prima della commercializzazione, l'equivalenza del consumo del prodotto ad un chilogrammo convenzionale di sigarette.

Da ultimo, con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli 25 gennaio 2018, n. 11038/RU, l'imposta di consumo è stata fissata in misura pari a euro 0,3976 il millilitro. Il medesimo provvedimento ha sospeso il pagamento dell'imposta di consumo per i prodotti liquidi da inalazione non contenenti nicotina (articolo 62-quater, comma 1-bis), in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale a seguito delle ordinanze n. 139 e n. 140 del 2016 del Tar Lazio. Su tale questione è intervenuta la sentenza della Corte n. 240/2017, che ha dichiarato inammissibili o non fondate le censure sollevate relativamente.

 

Si ricorda che, con la sentenza n. 83/2015, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 62-quater, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 188 del 2014), nella parte in cui sottoponeva ad imposta di consumo la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, succedanei del tabacco (nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo).

La citata pronuncia n. 240/2017 ha, invece, considerato congrua l'imposizione prevista dal comma 1-bis dell'art. 62-quater, in quanto non vi è più l'equiparazione con l'accisa sulle sigarette tradizionali e vi è una differenziazione ragionevole tra sigarette elettroniche e sigarette tradizionali, fondata, nell’esercizio della discrezionalità legislativa, sul diverso processo di assunzione del fumo elettronico e del fumo da sigarette tradizionali, quest’ultimo ritenuto più dannoso per la salute del consumatore.

Richiamando di tale decisione, il TAR Lazio, Seconda Sezione, nella sentenza 30 luglio 2018 ha respinto un ricorso che prospettava l’illegittimità della sottoposizione al medesimo regime tributario i liquidi contenenti nicotina e quelli che ne sono privi, con riferimento alla disciplina di cui all'art. 62-quater, comma 1-bis.

 

Si segnala, inoltre, che l'articolo 8, comma 4-bis del decreto-legge n. 91 del 2018 (Proroga di termini di disposizioni legislative) ha sospeso fino al 18 dicembre 2018 i termini per il pagamento delle imposte di consumo dovute sui prodotti succedanei del tabacco e liquidi da inalazione in esame.

 

Riguardo alle scadenze temporali per l'adesione previste dal comma 2:

§  entro il 28 febbraio 2019 l'Agenzia delle dogane e dei monopoli pubblica sul proprio sito internet istituzionale la modulistica e le modalità per l'adesione alla definizione anticipata;

§  perentoriamente entro il 30 aprile 2019 il soggetto obbligato manifesta all'Agenzia medesima la propria intenzione di aderire alla definizione agevolata;

§  qualora la suddetta pubblicazione da parte dell'Agenzia non avvenga entro il 28 febbraio 2019, la dichiarazione di adesione dovrà essere inviata dal soggetto obbligato, perentoriamente, entro 60 giorno dalla pubblicazione.

 

Ai sensi del comma 3 nella dichiarazione deve essere indicato l'ammontare dell'imposta dovuta. La dichiarazione deve essere corredata, qualora il soggetto non abbia ottemperato a tali obblighi, dal prospetto riepilogativo che riporta, per ciascuna marca, il numero delle confezioni, la capacità unitaria, la quantità complessiva di prodotto liquido da inalazione e l'imposta complessiva distintamente per immissioni in consumo destinate ai punti di vendita e ai consumatori finali. L'articolo 6, comma 7, del D.M. 29 dicembre 2014 (recante "Disposizioni in materia di commercializzazione dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina") prescrive infatti che tale prospetto sia inviato, dal soggetto autorizzato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli all'istituzione e gestione di un deposito, entro cinque  giorni dal termine di ciascuna quindicina, all'Agenzia medesima. Ai sensi dell'articolo 1 del medesimo decreto, per deposito deve intendersi l'impianto in cui vengono fabbricati o introdotti i prodotti liquidi da inalazione destinati ad essere forniti agli esercizi che ne effettuano la vendita al pubblico, ai diretti consumatori, ad altri depositi, alla cessione in altri Stati membri dell'Unione europea o all'esportazione.

La presentazione della dichiarazione di adesione sospende per novanta giorni i termini per le impugnazioni dei provvedimenti impositivi e degli atti di riscossione, nonché delle sentenze pronunciate su tali atti. Quando l'impugnazione è proposta innanzi la giurisdizione tributaria, il processo è sospeso a domanda della parte diversa dell'Amministrazione tributaria fino al perfezionamento della definizione agevolata (comma 4), il quale avviene con il pagamento dell'interno importo oppure della prima rata entro 60 giorni della comunicazione (di cui al comma 6) da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (comma 5). Il citato comma 6 dispone, al riguardo, che la medesima Agenzia comunichi al debitore l'ammontare complessivo delle somme dovute entro 120 giorni dalla ricezione della dichiarazione di adesione. Entro 60 giorni da tale comunicazione il debitore è tenuto a pagare l'ammontare dovuto ovvero la prima rata (comma 7).

Ai sensi del comma 8, l'opzione per il pagamento rateale mensile è indicata dal debitore nella dichiarazione di adesione. Si può optare per un massimo di 120 rate mensili previa prestazione di una garanzia per almeno sei mensilità. La garanzia può essere prestata, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della legge n. 348 del 1982, alle condizioni ivi prescritte, mediante:

a)   reale e valida cauzione (ex art. 54 del regio decreto n. 827 del 1924);

b)  fidejussione bancaria;

c)   polizza assicurativa.

Il mancato pagamento di sei mensilità consecutive, determina la decadenza del beneficio del pagamento rateale nonché l'obbligo di versamento degli importi dovuti residui entro 60 giorni dalla scadenza dell'ultima rata non pagata.

Se l'Agenzia rileva, entro il termine di cui al comma 1 (31 dicembre 2018), la non veridicità dei dati comunicati dal debitore, la definizione agevolata perde di efficacia (comma 9).


Articolo 9
(
Disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale)

 

 

L’articolo 9 consente ai contribuenti, entro il 31 maggio 2019, di correggere errori od omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017, entro un duplice limite: uno relativo, pari al 30 per cento di quanto già dichiarato, e uno assoluto, pari a 100.000 euro di imponibile annuo. All’imponibile così integrato si applica un'aliquota al 20 per cento per le imposte dirette e i contributi, una aliquota media con riferimento all'IVA.

 

Il comma 1 consente ai contribuenti, entro il termine del 31 maggio 2019 di correggere errori od omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 con riferimento a:

§  imposte sui redditi e relative addizionali;

§  imposte sostitutive delle imposte sui redditi;

§  ritenute e contributi previdenziali;

§  imposta regionale sulle attività produttive;

§  imposta sul valore aggiunto (IVA).

 

La base imponibile di tali tributi può essere integrata nel rispetto di due limiti: uno relativo, pari al 30 per cento di quanto già dichiarato, e uno assoluto, pari a 100.000 euro di imponibile annuo.

 

Nel caso in cui la base imponibile originaria sia minore di 100.000 euro, nonché in caso di dichiarazione senza debito di imposta per perdite, l'integrazione è ammessa sino a 30.000 euro.

 

Il comma 2 dispone che al maggior imponibile integrato, per ciascun anno di imposta, venga applicata, senza sanzioni e altri oneri accessori:

§  un'aliquota pari al 20 per cento, inferiore alle minori delle aliquote ordinarie IRPEF e IRES, con riferimento alle imposte sui redditi e relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, alle ritenute (a titolo di sostituto di imposta) e ai contributi previdenziali e all'imposta regionale sulle attività produttive, determinando in tal modo l'imposta sostitutiva (lettere a) e b));

§  l'aliquota media con riferimento all'IVA, ovvero, nei casi in cui non sia possibile determinarla, l'aliquota ordinaria, attualmente pari al 22 per cento ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (Decreto IVA).

Per determinare l'aliquota media è necessario effettuare il rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato, tenendo conto dell'esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali (lettera c)).

 

Si valuti l'opportunità di chiarire in via esplicita se il limite complessivo di 100.000 euro di imponibile annuo vada rapportato al cumulo di imposte e contributi oggetto di dichiarazione integrativa, ovvero se sia riferibile a ciascuno di essi.

 

Il comma 3 stabilisce le modalità con cui devono essere integrate le dichiarazioni e corrisposti i relativi tributi.

 

In particolare, ai contribuenti è richiesto di inviare una dichiarazione integrativa speciale all'Agenzia delle entrate in via telematica (ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), per uno o più periodi d'imposta per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono scaduti i termini per l'accertamento (lettera a)).

Sia per le imposte sui redditi che per l'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e dell'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 tali termini sono riferiti al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. L'articolo richiama anche la disciplina generale sancita dall'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997 per la notifica di contestazioni relative alle violazioni delle norme tributarie, che devono essere effettuate entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi.

 

Dopo aver presentato la dichiarazione integrativa speciale, ai contribuenti è richiesto di provvedere spontaneamente al versamento di quanto dovuto senza avvalersi della compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Il versamento potrà essere:

§  effettuato in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019, ovvero

§  ripartito in dieci rate semestrali di pari importo. In tal caso, il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2019.

Il perfezionamento della procedura decorre dal momento del versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della prima rata (lettera b)).

 

Il comma 4 regola i casi in cui i dichiaranti non dovessero eseguire in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle somme dovute a seguito della dichiarazione integrativa speciale, tanto nel caso di pagamento in unica soluzione quanto nel caso di rateizzazione. Qualora si verifichi il mancato o incompleto versamento, la dichiarazione diviene titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati. Le somme non corrisposte sono iscritte a ruolo a titolo definitivo, trovando esplicitamente applicazione le disposizioni dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e sono altresì dovuti gli interessi legali e una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima.

 

Il comma 5 vieta l'utilizzo delle perdite di cui agli articoli 8 e 84 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) a scomputo dei maggiori imponibili inclusi nella dichiarazione integrativa speciale.

La dichiarazione integrativa speciale non può inoltre costituire titolo per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d'imposta precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste in precedenza, ovvero di detrazioni d'imposta diverse da quelle originariamente dichiarate.

Qualora dalla dichiarazione integrativa dovesse risultare un minor credito d'imposta rispetto a quello risultante dalla dichiarazione originaria, la differenza dovrà essere versata secondo le modalità sopra illustrate.

 

Il comma 6 prevede che ai soli elementi oggetto dell'integrazione si applichi l'articolo 1, comma 640, lettere a) e b), della legge n. 190 del 2014.

Pertanto:

§  i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;

§  i termini per l'accertamento delle imposte sui redditi e per gli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli elementi oggetto dell'integrazione.

Il comma 7 stabilisce che la dichiarazione integrativa speciale è irrevocabile e deve essere sottoscritta personalmente. Nei commi 7 e 8 vengono inoltre previste specifiche ipotesi in cui la procedura non è esperibile.

In particolare, la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa speciale è esclusa:

§  se il contribuente, essendone obbligato, non ha presentato le dichiarazioni fiscali anche solo per uno degli anni di imposta dal 2013 al 2016 (comma 7, lettera a));

§  se la richiesta è presentata dopo che il contribuente ha avuto formale conoscenza dell'inizio di attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all'ambito di applicazione della procedura in esame (comma 7, lettera b));

§  per l'emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, per i redditi prodotti in forma associata di cui all'articolo 5 del TUIR e dai contribuenti che hanno esercitato l'opzione per la trasparenza fiscale prevista dall’articolo 115 o per le società a ristretta base proprietaria di cui all’articolo 116 del TUIR stesso con riferimento alle imposte dovute sui maggiori redditi di partecipazione ad essi imputabili per i rilievi formulati a seguito di accessi, ispezioni, verifiche o di qualsiasi atto impositivo a carico delle società da essi partecipate.

 

Il comma 9 stabilisce che chiunque si avvale fraudolentemente della procedura di cui all'articolo in esame al fine di far emergere attività finanziarie e patrimoniali o denaro contante o valori al portatore provenienti da reati diversi dai delitti di cui agli articoli 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) del decreto legislativo n. 74 del 2000 sui reati tributari, è punito con la medesima sanzione prevista per il reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero di cui all'articolo 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 (reclusione da un anno e sei mesi a sei anni).

Resta ferma l'applicabilità degli articoli:

§  648-bis (riciclaggio, punibile con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000);

§  648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, punibile con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000);

§  648-ter.1 (autoriciclaggio, punibile con la reclusione da reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500) del codice penale;

§  12-quinquies del decreto-legge n. 306 del 1992 (trasferimento fraudolento di valori, punibile con la reclusione da due a cinque anni e la confisca di denaro, beni o altre utilità).

 

Si valuti l’opportunità di chiarire gli effetti della dichiarazione integrativa ai fini dell’attività di accertamento relativa ai periodi di imposta oggetto di integrazione.

 

Ai sensi del comma 10, l'Agenzia delle entrate e gli altri organi dell'Amministrazione finanziaria concordano condizioni e modalità per lo scambio dei dati relativi alle procedure avviate e concluse.

 

Il comma 11 demanda a uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di presentazione della dichiarazione integrativa speciale e di pagamento dei relativi debiti tributari, nonché delle ulteriori disposizioni necessarie per l'attuazione delle norme in commento.

 

Infine, ai sensi del comma 12, le somme versate dai contribuenti a seguito della presentazione della dichiarazione integrativa speciale sono destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.

 

Nel predetto Fondo è altresì eventualmente iscritta una dotazione corrispondente al maggior gettito prevedibile, per ciascun esercizio finanziario, derivante dall'emersione di base imponibile indotta dalla presentazione della dichiarazione integrativa speciale, sulla base di valutazione effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento delle finanze. Nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza viene data adeguata evidenza del maggior gettito valutato nei predetti termini.


Articolo 10
(S
emplificazione per l’avvio della fatturazione elettronica)

 

 

L’articolo 10 prevede che per il primo semestre del periodo d’imposta 2019 non sono applicate al contribuente le sanzioni previste qualora emetta la fattura elettronica oltre il termine normativamente stabilito ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta ivi indicata alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale).

Le sanzioni sono, invece, contestabili, seppur ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.

Le attenuazioni previste dalla norma si applicano anche con riferimento al cessionario/committente che abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura ovvero non abbia proceduto alla regolarizzazione.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 dispone che in caso di emissione di fattura, tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con modalità diversa da quella prevista dal comma 3 del medesimo articolo, ovvero attraverso la predisposizione della fattura secondo il formato accettato dal Sistema di Interscambio, la fattura si ha per non emessa, con le conseguenti sanzioni.

Il secondo periodo del medesimo comma 6, prevede inoltre che anche il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell'altro contraente, è punito con una sanzione amministrativa sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione. 

La fatturazione elettronica è un sistema digitale di emissione, trasmissione e conservazione delle fatture che permette di abbandonare il supporto cartaceo e tutti i relativi costi di stampa, spedizione e conservazione.

L'articolo 1, comma 209, legge n. 244 del 2007, ha introdotto l'obbligo di invio elettronico delle fatture alla PA, mentre il successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 55 del 3 aprile 2013, entrato in vigore il 6 giugno 2013, ha dato attuazione all'obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, in un'ottica di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione della spesa pubblica: Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza, a partire dal 6 giugno 2014, non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. La stessa disposizione si applica, dal 31 marzo 2015, a tutte le altre pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali (articolo 25 del D.L. n. 66 del 2014). A partire dai tre mesi successivi a queste date, le PA non possono procedere al pagamento, neppure parziale, fino all'invio del documento in forma elettronica.

La legge di delega fiscale (articolo 9, legge n. 23 del 2014) ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica: in attuazione di tali norme è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, che consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.

Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata di quinquennio in quinquennio. In sostanza, ciò consente il superamento dell'obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali (art. 2, comma 1).

La legge di bilancio 2018, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, dal 1° gennaio 2019.

Nei confronti dei consumatori finali le fatture elettroniche sono rese disponibili dai servizi telematici dell'Agenzia delle entrate e da chi emette la fattura: i consumatori possono rinunciare alla copia elettronica o analogica della fattura. Sono esonerati dal predetto obbligo coloro che rientrano nel regime forfetario agevolato o che continuano ad applicare il regime fiscale di vantaggio. In caso di violazione dell'obbligo di fatturazione elettronica la fattura si considera non emessa e sono previste sanzioni pecuniarie. Si prevede, inoltre, la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle cessioni di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti in Italia, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche (legge n. 205 del 2017, commi 909, 915-917 e 928).

L'Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 30 aprile 2018, ha reso noto l'intento, per rendere agevole, efficiente e poco onerosa la fase di predisposizione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, di mettere a disposizione degli operatori una serie di servizi di ausilio per il processo di fatturazione elettronica.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1, prevede per il primo semestre dall’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica (1°gennaio 2019), la non applicabilità delle sanzioni previste per la violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, qualora la fattura elettronica non sia emessa contestualmente, ovvero entro le ore 24 dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio, ma comunque entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Si ricorda che l’articolo 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al comma 1, stabilisce che chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il centoottanta per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all'imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, un’imposta inferiore a quella dovuta. In questi casi, secondo il comma 4 del medesimo articolo, la sanzione comunque non può essere inferiore a euro 500. La sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

Il comma 3 dispone che se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato e comunque non inferiore a euro 500.

Il comma 8 prevede inoltre che anche il cessionario o il committente che abbia detratto l'imposta in assenza di una fattura elettronica è punito con una sanzione amministrativa pari al cento per cento dell'imposta, con un minimo di euro 250, sempreché non provveda a regolarizzare l'operazione.

Si ricorda, infine, che le disposizioni attualmente vigenti in tema di fatturazione elettronica non hanno in alcun modo derogato ai termini di emissione dei documenti, che restano ancorati al momento di effettuazione dell’operazione e di esigibilità dell’imposta, secondo la previsione degli articoli 6 e 21, comma 4, del DPR n. 633/1972- Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

 

A tale riguardo, si ricorda che già l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 13/E del 2 luglio 2018, si era espressa in questa direzione ritenendo che in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni, considerato anche il necessario adeguamento tecnologico richiesto alla platea di soggetti coinvolti e le connesse difficoltà organizzative, il file fattura, predisposto nel rispetto delle regole tecniche previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, ed inviato con un minimo ritardo, comunque tale da non pregiudicare la corretta liquidazione dell’imposta, non possa considerarsi una violazione punibile con sanzioni ai sensi dell’articolo 6, comma  5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

L’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 prevede, infatti, che non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo.

 

La lettera b) del comma 1, dispone che qualora la fattura si emessa ancora più tardivamente, ovvero entro il termine di effettuazione della liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto del periodo successivo, le sanzioni saranno applicabili, ma con una riduzione dell’80%.


Articolo 11
(S
emplificazione in tema di emissione delle fatture)

 

 

L’articolo 11 introduce una norma di valenza generale che consente, a decorrere dal 1° luglio 2019, 1'emissione delle fatture entro l0 giorni dall'effettuazione delle operazioni.  Chi si avvale della possibilità di emettere la fattura in una data diversa dalla data di effettuazione dell'operazione dovrà darne evidenza nel documento stesso, mentre il medesimo obbligo non ricorre per chi emette la fattura nello stesso giorno di effettuazione dell'operazione.

La norma non incide la disciplina dell'esigibilità dell'imposta e la conseguente liquidazione.

 

Si ricorda che attualmente, secondo la previsione dell’articolo 6, comma 4, del DPR n. 633 del 1972 - Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto - la fattura è emessa al momento dell'effettuazione dell'operazione, ovvero entro le ore 24 del giorno dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio.

 

In particolare la lettera a) del comma 1, in previsione del nuovo termine di 10 giorni per l’emissione della fattura, prevede, tra le indicazioni che devono essere contenute nella fattura, la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura.

La previgente disciplina, quindi, che imponeva l’emissione della fattura contestualmente all'effettuazione dell'operazione, non prevedeva la possibilità di inserire nell’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura una data di cessione di beni o di prestazione di servizi diversa da quella di emissione stessa.

L’articolo in esame, nello stabilire il nuovo termine di 10 giorni per l’emissione della fattura, provvede a inserire conseguentemente questa nuova ipotesi all’interno dell’elenco richiamato.

 

L’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce l’elenco delle indicazioni che devono essere contenute nella fattura:

a) data di emissione;

b) numero progressivo che la identifichi in modo univoco;

c) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;

d) numero di partita IVA del soggetto cedente o prestatore;

e) ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cessionario o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;

f) numero di partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell'Unione europea, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell'esercizio d'impresa, arte o professione, codice fiscale;

g) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione;

h) corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono di cui all'articolo 15, primo comma, n. 2 ;

i) corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;

l) aliquota, ammontare dell'imposta e dell'imponibile con arrotondamento al centesimo di euro;

m) data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi, di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

n) annotazione che la stessa è emessa, per conto del cedente o prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo.

 

La lettera b) dispone che la fattura è emessa entro dieci giorni dall’effettuazione dell’operazione di cessione del bene o di prestazione del servizio.

La fattura elettronica, pertanto, si considera emessa se risulta trasmessa attraverso il Sistema di Interscambio entro 10 giorni dalla data dell'effettuazione dell'operazione.

 

Il comma 2 dispone che le modifiche introdotte dall’articolo si applicano a decorrere dal 1°luglio 2019, ovvero dal momento in cui cessano le attenuanti introdotte in ambito sanzionatorio, previste per il primo semestre 2019 dall’articolo 10 del decreto in esame. La norma, quindi, stabilisce che l’applicazione del nuovo termine di 10 giorni per la trasmissione della fattura si applica allo scadere del periodo di vigenza del termine più favorevole previsto in fase di prima applicazione delle nuove disposizioni.

 

Si ricorda che in base al disposto dell’articolo 10 del decreto per i primi sei mesi del periodo d’imposta 2019 non sono applicate al contribuente le sanzioni previste qualora la fattura elettronica è emessa oltre il termine normativamente stabilito ma, comunque, nei termini per far concorrere l’imposta ivi indicata alla liquidazione di periodo (mensile o trimestrale). Le sanzioni sono, invece, contestabili, ma ridotte al 20 per cento, quando la fattura, emessa tardivamente, partecipa alla liquidazione periodica del mese o trimestre successivo.

 


Articolo 12
(
Semplificazione in tema di annotazione delle fatture emesse)

 

 

L’articolo 12 modifica i termini di annotazione delle fatture emesse: tutte le fatture emesse devono essere annotate in apposito registro entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

Per le cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente la fattura deve essere registrata entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione.

 

Si ricorda che l’attuale normativa, articolo 23 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, (decreto IVA), prevede che il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro. Le fatture cosiddette differite/riepilogative (ad esempio per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione), quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue, e quelle emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe, devono essere registrate entro il termine di emissione e con riferimento al mese di effettuazione delle operazioni.

In pratica, la legislazione vigente prevede l’annotazione nel registro delle fatture emesse deve avvenire nel caso di fatturazione immediata, entro 15 giorni dalla data di emissione della stessa; nel caso di fatturazione differita, entro la data di emissione, tuttavia con riferimento al mese di effettuazione.

 

 

Nello specifico l’articolo 12 dispone che tutte le fatture emesse (ossia quelle cosiddette immediate, quelle cosiddette differite/riepilogative, quelle emesse per documentare prestazioni di servizi rese verso soggetti Ue e emesse per documentare le prestazioni di servizi rese o ricevute da un soggetti extraUe) devono essere annotare in un apposito registro nell’ordine della loro numerazione entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni.

 

Viceversa, in caso di cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente le fatture sono registrate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione e con riferimento al medesimo mese.


Articolo 13
(
Semplificazione in tema di registrazione degli acquisti)

 

 

L’articolo 13 abroga l’obbligo di numerazione progressiva delle fatture nella registrazione degli acquisti, a tal fine modificando l’articolo 25 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina la registrazione degli acquisti.

 

L’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al comma 1, dispone che il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione, comprese quelle a cui sono tenuti i cessionari o committenti nei confronti alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti, e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.

Al comma 3 si prevede che dalla registrazione devono risultare la data della fattura o bolletta, il numero progressivo ad essa attribuito.

A tale riguardo l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n.1/E del 10 gennaio 2013 aveva chiarito che era compatibile con l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura.

Si ricorda, da ultimo, che la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, comma 909, in luogo del previgente regime opzionale, ha previsto sia nell'ambito dei rapporti tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazioni B2C, cioè Business to Consumer), l'obbligo di emettere soltanto fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni.

 

Considerata la natura non modificabile del documento elettronico inviato tramite Sistema di Interscambio (sistema obbligatorio a partire dal 1°gennaio 2019), si ritiene che tale adempimento sia automaticamente assolto. La tracciabilità della fattura rende, infatti, possibile il collegamento biunivoco tra il documento ricevuto e la registrazione contabile risultante dal registro degli acquisti.


Articolo 14
(
Semplificazioni in tema di detrazione dell’IVA)

 

 

L’articolo 14 interviene sulla disciplina della detrazione IVA, con riferimento alle liquidazioni mensili, integrando la disciplina concernente le dichiarazioni e i versamenti periodici IVA con la possibilità di detrarre l’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

 

Il testo finora vigente dell'articolo 1, comma 1, del D.P.R. n.  100 del 1998 (recante norme per la semplificazione e la razionalizzazione di alcuni adempimenti contabili in materia di imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l'ammontare complessivo dell'imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente (risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili) e quello dell'imposta (risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso) per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese, ai sensi dell'articolo 19 del "decreto IVA".

La novella in esame mantiene tale disciplina e stabilisce che, sempre entro il giorno 16 di ogni mese, può essere esercitato il diritto alla detrazione relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l'operazione. Tale disposizione non si applica alle operazioni effettuate nell'anno precedente.

Il diritto alla detrazione prescrive, infatti, la compresenza di due presupposti (v. infra):

§  il presupposto sostanziale dell’effettuazione dell’operazione;

§  il presupposto formale del possesso di una valida fattura d’acquisto.

 

Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, tenendo conto dei tempi di emissione della fattura, il requisito del possesso della fattura potrebbe arrecare al cessionario/committente un pregiudizio derivante dalla circostanza che la fattura possa essergli recapitata oltre il periodo in cui l'imposta diventa esigibile, con il conseguente rinvio della detrazione. La novella prevede quindi che si possa computare l'IVA addebitata in fattura del periodo in cui è stata effettuata l'operazione, a condizione che la fattura sia recapitata e quindi debitamente registrata entro i termini di liquidazione (il giorno 16 del mese successivo).

 

Il diritto alla detrazione è disciplinato dall’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). Esso stabilisce che dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate è detraibile l'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile (vale a dire nel momento di effettuazione dell’operazione) e può essere esercitato, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA (mese di aprile) relativa all’anno in cui il diritto è sorto. Inoltre, l’articolo 25, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di registrazione delle fatture d’acquisto, prevede anche in questo caso come termine ultimo quello di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno di ricezione del documento.

Su tale disciplina ha fornito chiarimenti la circolare dell'Agenzia delle entrate, specificando che ai termini temporali sopra ricordati si aggiunge l'ulteriore requisito per la detrazione, costituito dal possesso da parte del cliente della fattura di acquisto. La circolare n. 1/E del 2018 richiama le norme europee in materia, ricordando che l’art. 179 della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE) stabilisce che il diritto alla detrazione va esercitato nel periodo in cui è sorto, ossia nel periodo in cui l’imposta è divenuta esigibile. Tale diritto, in ogni caso, è esercitato “secondo quanto previsto all’articolo 178”, il quale indica le condizioni formali per l’esercizio del diritto, tra cui, il possesso della fattura. Tale circostanza è confermata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (v. causa C-152/2002 – Terra BauBwdarf – Handel GmbH), richiamata dalla circolare in esame. Secondo la sentenza della Corte di Giustizia, infatti, “il diritto alla [detrazione] deve essere esercitato con riguardo al periodo di imposta nel corso del quale ricorrono i due requisiti prescritti da tale disposizione, vale a dire che la cessione dei beni o la prestazione dei servizi abbia avuto luogo e che il soggetto d’imposta sia in possesso della fattura o del documento che possa considerarsi equivalente secondo i criteri fissati dallo Stato membro interessato”.


Articolo 15
(
Disposizione di coordinamento in tema
di fatturazione elettronica)

 

 

L’articolo 15 reca una disposizione di coordinamento tra il testo del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che disciplina la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e la decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018 che ha autorizzato l’Italia a disporre l'uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano.

 

Nella Decisione di esecuzione si fa riferimento ai soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano, mentre nel decreto legislativo il riferimento in tema di obbligo della fatturazione elettronica è ai soggetti stabiliti o identificati nel territorio dello Stato.

Al fine di coordinare le due norme l’articolo in esame espunge la parola “identificati”, dal testo del decreto legislativo n. 127 del 2015.

 

Nello specifico, l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, prevede che al fine di razionalizzare il procedimento di fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio.

La decisione di esecuzione (UE) 2018/593, articolo 1, stabilisce che l'Italia è autorizzata ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano diversi dai soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese.


Articolo 16
(Giustizia tributaria digitale)

 

 

L’articolo 16 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, volte a estendere le possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, agevolare le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, rendere possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame reca: a) alcune modifiche all'articolo 16-bis (Comunicazioni e notificazioni per via telematica) del decreto legislativo n. 546 del 1992; b) l'aggiunta, al medesimo decreto legislativo, dell'articolo 25-bis.

 

a) Le modifiche dell'articolo 16-bis riguardano:

1)  l'integrazione della rubrica con il riferimento ai depositi telematici, cosicché la nuova rubrica recita: “Comunicazioni, notificazioni e depositi telematici”;

2)  la sostituzione del quarto periodo del comma 1 in modo che la comunicazione si intenda perfezionata con la ricezione avvenuta nei confronti di almeno uno dei difensori della parte;

3)  la sostituzione del comma 2 in modo tale che nelle ipotesi di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte ed ove lo stesso non sia reperibile da pubblici elenchi, ovvero nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni siano eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria (come già previsto dalla formulazione originaria) e che le notificazioni siano eseguite ai sensi dell’articolo 16.

 

Si ricorda che l'articolo 16 del decreto legislativo n. 546 del 1992 prevede, al comma 2, che le notificazioni siano fatte secondo le norme degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall' art. 17, secondo cui le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all' atto della sua costituzione in giudizio.

Il comma 3 prevede che le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale.

Il comma 4 specifica che gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali), provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall'amministrazione finanziaria.

 

4)  la sostituzione del comma 3 in modo da prevedere che le notificazioni e i depositi di atti processuali, documenti e provvedimenti giurisdizionali siano fatti esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e nei successivi decreti di attuazione, mentre nella precedente formulazione la trasmissione telematica rappresentava una facoltà. Si aggiunge, inoltre, che, in casi eccezionali, il Presidente della Commissione tributaria o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, ovvero il collegio se la questione sorge in udienza, con provvedimento motivato possano autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche;

5)  l'inserimento del comma 3-bis, in base al quale i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica ai sensi dell’articolo 12, comma 2, hanno facoltà di utilizzare, per le notifiche e i depositi, le modalità telematiche indicate nel comma 3, previa indicazione nel ricorso o nel primo atto difensivo dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni;

 

b) il comma 1 dell'articolo 16 dispone altresì l'inserimento, dopo l’articolo 25, dell'art. 25-bis riguardante il potere di certificazione della conformità, i cui 5 commi prevedono, nell'ordine:

1.     che, al fine del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, il difensore e il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nel citato Albo per la riscossione degli enti locali (articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997), attestino la conformità della copia al predetto atto secondo le modalità del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005);

2.     che analogo potere di attestazione di conformità sia esteso, anche per l'estrazione di copia analogica, agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, formato dalla segreteria della Commissione tributaria ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria. Detti atti e provvedimenti, presenti nel fascicolo informatico o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dell'ufficio di segreteria, equivalgono all'originale anche se privi dell'attestazione di conformità all'originale da parte dell'ufficio di segreteria;

3.     che la copia informatica o cartacea munita dell'attestazione di conformità ai sensi dei commi precedenti equivale all'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico;

4.     che l'estrazione di copie autentiche ai sensi del presente articolo esonera dal pagamento dei diritti di copia;

5.     che nel compimento dell'attestazione di conformità i soggetti di cui al presente articolo assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che l'articolo 16-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo vigente antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si interpreta nel senso che le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n. 163, e dai relativi decreti attuativi, indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall'avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche.

 

Il comma 3 dispone che in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo per la riscossione degli enti locali, provvedano ai sensi dell’articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, n. 53 ? in base ai quali l'avvocato può estrarre copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del Codice dell'amministrazione digitale. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale.

 

Il comma 4 consente la partecipazione a distanza delle parti all’udienza pubblica di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Con uno o più provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale, sono individuate le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l’udienza pubblica a distanza. Almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

 

Il comma 5 prevede che le disposizioni di cui alla lettera a), numeri 4) e 5), del comma 1 si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato a decorrere dal 1° luglio 2019.

 

Il comma 6, infine, rinvia all'articolo 26 per l'individuazione delle risorse a copertura degli oneri derivanti dal comma 1, capoverso art. 25-bis, comma 4, valutati in 165.000 euro annui a decorrere dal 2019.


Articolo 17
(Obbligo di memorizzazione e trasmissione
telematica dei corrispettivi)

 

 

L’articolo 17 reca alcune modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA volte a rendere obbligatoria la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi.

 

Si ricorda che, in attuazione delle norme per l'incentivazione dell'uso della fatturazione elettronica contenute nella legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014), il decreto legislativo n. 127 del 2015 consente ai contribuenti di usare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate dal 1° luglio 2016.

Dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha messo a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA il Sistema di Interscambio per la trasmissione e la ricezione delle fatture elettroniche e di eventuali variazioni delle stesse, relative a operazioni che intercorrono tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, secondo il formato della fattura. Dalla stessa data, chi effettua cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) può trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende di quinquennio in quinquennio, ove non revocata.

 

In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015:

a)   il comma 1 è sostituito in modo da rendere obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri per i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA). La nuova formulazione dispone inoltre che la memorizzazione elettronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all'articolo 24, comma 1, del suddetto decreto n. 633 del 1972. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad euro 400.000. Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere previsti specifici esoneri dai predetti adempimenti in ragione della tipologia di attività esercitata;

 

 

 

Si ricorda che l'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, riguardante il commercio al minuto e le attività assimilate, fa riferimento alle seguenti operazioni:

-          cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;

-          prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica;

-          prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito;

-          prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell'abitazione dei clienti;

-          prestazioni di custodia e amministrazione di titoli e altri servizi resi da aziende o istituti di credito e da società finanziarie o fiduciarie;

-          operazioni esenti indicate ai nn. da 1) a 5) e ai nn. 7), 8), 9), 16) e 22) dell'art. 10;

-          attività di organizzazione di escursioni, visite della città, giri turistici ed eventi similari, effettuata dalle agenzie di viaggi e turismo;

-          prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.

 

b)  di conseguenza, al comma 6 le parole “optano per” sono sostituite dalla seguente: “effettuano”;

c)   sono inoltre aggiunti all'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015 i commi da 6-ter a 6-quinquies:

-      il comma 6-ter introduce una deroga a quanto disposto dalla riformulazione del comma 1 prevedendo che le predette operazioni di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 effettuate nelle zone individuate con decreto del MEF di concerto con il MiSE possano essere documentate mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all'articolo 8 della legge n. 249 del 1976, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge n. 18 del 1983;

-      il comma 6-quater prevede che i soggetti che effettuano cessioni di farmaci, tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (decreto legislativo n. 175 del 2014), possano adempiere all’obbligo mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria. I dati fiscali trasmessi possono essere utilizzati dall’Agenzia delle entrate anche per finalità diverse dall’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata;

-      il comma 6-quinquies dispone la concessione di un contributo, negli anni 2019 e 2020, per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali effettuare la memorizzazione e la trasmissione in commento. Il contributo è complessivamente pari al 50 per cento della spesa sostenuta, per un massimo di euro 250 in caso di acquisto e di euro 50 in caso di adattamento, per ogni strumento. Il contributo è anticipato dal fornitore sotto forma di sconto sul prezzo praticato ed è a questo rimborsato sotto forma di credito d'imposta di pari importo, da utilizzare in compensazione. Al credito d'imposta non si applica il limite annuale di 250.000 euro (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007) né il limite all’utilizzo in compensazione pari a 700.000 euro ('articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388). Il comma rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione delle modalità attuative, comprese le modalità per usufruire del credito d'imposta, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione e per il rispetto del limite di spesa previsto. Il comma fissa inoltre il limite di spesa in euro 36,3 milioni per l’anno 2019 e in euro 195,5 milioni per l’anno 2020.

 

Il comma 2 apporta ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 127 del 2015 fissandone la decorrenza dal 1° gennaio 2020. In particolare:

a)   dispone l'abrogazione dell’articolo 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 127 del 2015;

 

Si ricorda che l'ultimo periodo dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015 esclude dall'applicazione della riduzione del termine di decadenza per la notificazione degli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti i soggetti che effettuano anche operazioni di cui all'articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 che non abbiano esercitato l'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica.

 

b)  dispone inoltre le seguenti modificazioni all’articolo 4:

1.  al comma 1 è soppresso il riferimento all'esercizio dell'opzione per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi;

2.  al comma 2 si dispone il mantenimento dell'obbligo di tenuta del registro dei ricavi e delle spese di cui all’articolo 18, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, per i soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata. Si stabilisce inoltre che l’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto permane per i soggetti che optano per la tenuta dei registri secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, cioè senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti.

 

Il comma 3 rinvia all'articolo 26 del decreto legge in esame per la definizione delle coperture finanziarie degli oneri derivanti dal presente articolo.


Articolo 18
(
Rinvio lotteria dei corrispettivi)

 

 

L’articolo 18 dispone il rinvio al 1° gennaio 2020 del termine di decorrenza della lotteria nazionale dei corrispettivi, precedentemente fissato al 1° gennaio 2018.

 

In particolare, il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016):

a)   il comma 540 viene sostituito in modo da rinviare al 1° gennaio 2020 la decorrenza della lotteria dei corrispettivi precedentemente prevista decorrere dal 1° gennaio 2018. Il comma introduce inoltre la limitazione dell'ambito di applicazione ai soli contribuenti persone fisiche maggiorenni. Rimangono fermi i requisiti previsti dalla formulazione precedente: contribuenti residenti nel territorio dello Stato, che effettuano acquisti di beni o servizi, fuori dall’esercizio di attività di impresa, arte o professione, presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015. Per partecipare all’estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell’acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all’esercente e che quest’ultimo trasmetta all’Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione;

b)  viene abrogato il comma 543, che, nelle more dell'attuazione delle misure di cui al comma 540, disponeva l'attuazione in via sperimentale, a decorrere dal 1° novembre 2017, della lotteria nazionale senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e limitatamente agli acquisti di beni o servizi, fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, effettuati dai contribuenti, persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, mediante strumenti che consentono il pagamento con carta di debito e di credito;

c)   il comma 544 è sostituito. Nella nuova formulazione si rinvia a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, d’intesa con l’Agenzia delle entrate, (anziché a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) la disciplina delle modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria. La nuova formulazione del comma prevede inoltre che il divieto di pubblicità per giochi e scommesse, previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018 non si applichi alla lotteria.

 

Il comma 2, al fine di garantire le risorse finanziarie necessarie per l’attribuzione dei premi e le spese amministrative connesse alla gestione della lotteria, dispone l'istituzione di un Fondo iscritto nello stato di previsione del MEF con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021. Si fa quindi rinvio all'articolo 26 per la definizione delle relative coperture finanziarie.

 


Articolo 19
(
Disposizioni in materia di accisa)

 

 

L’articolo 19 detta i criteri per determinare, attraverso la fissazione di appositi consumi specifici convenzionali, la quantità di prodotto energetico necessaria a produrre una data quantità di elettricità, con l’obiettivo di definire il riferimento giuridico necessario per la tassazione dei combustibili impiegati negli impianti di cogenerazione, al momento rimesso alla normativa secondaria (non emanata).

 

L'articolo 19, comma 1 introduce al punto 11 della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo Unico delle Accise), un prospetto che riporta i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore, valevole ai fini del calcolo della relativa accisa.

 

La determinazione dei quantitativi di combustibile consumato per la produzione combinata di energia elettrica e calore era oggetto di un regime transitorio previsto fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012. Tale regime transitorio prevedeva l'applicazione di consumi specifici individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (ora rinominata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA) con deliberazione n. 16 del 1998, ridotti del 12 per cento.

 

Dal 1° gennaio 2018 avrebbe dovuto trovare applicazione un nuovo regime, in cui era prevista l'individuazione dei coefficienti moltiplicativi di aliquote di accisa, cui assoggettare la produzione combinata di energia elettrica e calore, mediante l'adozione di un apposito decreto da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tale adozione non è tuttavia intervenuta.

La relazione illustrativa del Governo specifica che, in fase di predisposizione del decreto, sono emerse forti criticità in relazione agli effetti che sarebbero derivati dalla concreta attuazione del nuovo criterio di tassazione previsto dal citato articolo 3-bis del decreto legge n. 16 del 2012.

 

Ad esito di tali considerazioni, mediante l'intervento in esame:

§  vengono definiti - al punto 11 della tabella A allegata al Testo Unico delle Accise - i consumi specifici convenzionali da utilizzare per il calcolo dei quantitativi dei combustibili impiegati per la produzione di energia elettrica e calore (comma 1), rendendo strutturale il richiamato regime transitorio;

§  conseguentemente, si elimina il rinvio alla normativa secondaria per la definizione dei consumi specifici convenzionali; a tal fine viene abrogato l’articolo 3-bis, comma 1, del decreto legge n. 16 del 2012 (comma 2, lettera a));

§  al fine di non interrompere la continuità applicativa tra le nuove norme e quelle previgenti, viene prorogato il regime transitorio di 11 mesi, estendendo la sua vigenza fino al 30 novembre 2018, vale a dire fino all’adozione della tabella introdotta con l’articolo in commento (comma 2, lettera b)).


Articolo 20
(
Estensione dell’istituto del gruppo IVA
ai Gruppi Bancari Cooperativi)

 

 

L’articolo 20 disciplina l’istituto del gruppo IVA con riferimento ai gruppi bancari cooperativi.

Per effetto delle norme in esame si chiarisce che il vincolo finanziario, la cui esistenza è presupposto per la costituzione del gruppo IVA, si considera sussistente anche tra i partecipanti al gruppo bancario cooperativo.

 

La disciplina del gruppo IVA

 

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha introdotto nel D.P.R. n. 633 del 1972 il Titolo V-bis che disciplina il gruppo IVA, in recepimento dell’art. 11 della direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea possono considerare come un unico soggetto passivo d’imposta le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

La costituzione del gruppo IVA determina, tra l'altro, le seguenti conseguenze:

§  le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra partecipanti del gruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA;

§  le operazioni effettuate da un soggetto passivo membro del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA;

§  le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA.

Gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA sorgono direttamente in capo al gruppo IVA e sono, rispettivamente, adempiuti ed esercitati dal rappresentante di gruppo.

In questa sede si ricorda inoltre che la costituzione del gruppo IVA presuppone l'esistenza di un vincolo finanziario, costituito da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, che richiede alla controllante di disporre della maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria della società controllata

 

Il gruppo bancario cooperativo, disciplinato all'articolo 37-bis del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993, TUB), si caratterizza per una struttura peculiare, in cui l'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento sulle banche aderenti non si basa su un vincolo finanziario, in quanto la capogruppo non dispone della maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie delle aderenti, bensì su un vincolo contrattuale. Il contratto di coesione, tuttavia, come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, configura una situazione assimilabile al controllo come definito dal codice civile, anche in coerenza con le linee guida della Commissione europea sulle modalità di attuazione del gruppo IVA.

 

Per quanto riguarda la riforma delle banche di credito cooperativo, si rinvia alla relativa documentazione web: si ricorda in questa sede che da ultimo l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2018 ha innalzato da 90 a 180 il numero dei giorni utili per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo; ha fissato la quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti in almeno il 60 per cento e ha disposto che i componenti dell'organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano almeno la metà più due. Ha inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.

 

In considerazione di quanto esposto, il comma 1 integra il D.P.R. n. 633 del 1972 prevedendo che:

§  il vincolo finanziario si considera altresì sussistente tra i soggetti passivi, stabiliti nel territorio dello Stato, partecipanti ad un gruppo bancario cooperativo (nuovo comma 1-bis dell'articolo 70-ter del citato D.P.R.);

§  il rappresentante di gruppo è la società capogruppo (nuovo ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 70-ter).

 

Il comma 2 dell'articolo 20 stabilisce che, per l'anno 2019, la dichiarazione per la costituzione del gruppo IVA da parte dei partecipanti ad un Gruppo Bancario Cooperativo, ha effetto se presentata entro il 31 dicembre 2018 e se a tale data è stato sottoscritto il contratto di coesione di cui al comma 3 dell'articolo 37-bis del testo unico bancario sopra citato. 


Articolo 21
(
Ferrovie dello Stato)

 

 

L’articolo 21 autorizza il trasferimento di risorse a Rete ferroviaria italiana per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa e del contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa.

 

In particolare è autorizzata la spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte servizi 2016-2021 (comma 1) e di 600 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento del contratto di programma - parte investimenti 2017 - 2021.

I rapporti tra concessionario della rete (RFI S.p.A.) e concedente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sono regolati da uno o più contratti di programma, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015.  I contratti di programma sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sono sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare da rendersi entro 30 giorni dalla presentazione. Tali pareri erano originariamente resi dalle Camere sia sul testo dei contratti di programma che dei relativi aggiornamenti. Il decreto-legge n. 148 del 2017 (art. 15, comma 1-bis) ha però limitato il parere parlamentare ai contratti di programma e ai soli aggiornamenti che contengano modifiche sostanziali. Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento.

Il Contratto di programma - parte servizi è lo strumento che disciplina il finanziamento delle attività di manutenzione, straordinaria e ordinaria della Rete ferroviaria nazionale e delle attività di Safety, Security e Navigazione ferroviaria.

Con riferimento alla parte servizi il vigente contratto di programma (2016-2021) è stato oggetto dell’esame parlamentare nella XVII legislatura. Nel citato documento, nell’ambito del prospetto delle fonti e degli impieghi delle risorse per competenza, si segnalava per l’anno 2018 un fabbisogno di 43 milioni di euro sostanzialmente coperto dal contributo assegnato attraverso la disposizione all’esame.

 

Con riferimento alla parte investimenti lo schema di contratto di programma 2017-2021, parte investimenti, tra Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato esaminato dalle Commissioni parlamentari che hanno espresso il proprio parere rispettivamente nella giornata del 24 ottobre 2018 (Senato) e del 25 ottobre 2018 (Camera dei deputati).

Il contratto di programma, parte investimenti è finalizzato a regolare la programmazione degli investimenti di sviluppo e potenziamento della rete ferroviaria, nonché gli interventi relativi alla sicurezza della rete e all'adeguamento della stessa agli obblighi di legge, in coerenza con gli indirizzi strategici della programmazione economico-finanziaria nazionale e comunitaria.

Lo schema di contratto di programma, parte investimenti prevede nuovi finanziamenti contrattualizzati, per un importo pari a 13.925 milioni di euro, cui vanno sottratti definanziamenti per 666 milioni di euro. Pertanto si registra un saldo incrementale nel contratto pari a circa 13.259 milioni di euro.

Per approfondimenti sui contenuti e sulla struttura del contratto di programma si rinvia al relativo dossier di documentazione.

 

Il comma 3 disciplina la copertura finanziaria, stabilendo che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 26 (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 


Articolo 22
(
Fondo garanzia e FSC)

 

 

L’articolo 22 assegna al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014. La rimanente quota, pari a 435 milioni è coperta ai sensi dell'articolo 26.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.a., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche – garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore delle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:

§  rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

§  rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero

§  sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.

 

In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.

Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.

Quanto alla disciplina relativa alle modalità operative del Fondo, questa è stata oggetto nel tempo di varie modifiche, finalizzate in sostanza a ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti attraverso di esso, dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.

Il D.L. n. 69/2013 ha in particolare posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo, simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring e dunque per una rimodulazione delle percentuali di garanzia del Fondo in funzione della rischiosità del prenditore e della durata e tipologia di operazione finanziaria[1]. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa (si vedano in particolare i seguenti DD.MM. attuativi della riforma allo stato adottati: D.M. 29 settembre 2015, il D.M. 7 dicembre 2016 il D.M. 6 marzo 2017 ed il D.M. 21 dicembre 2017[2]).

Il Fondo, costituito, come detto, presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore del Fondo stesso, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018. Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti. Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo.

Quanto alle modalità di finanziamento del Fondo, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 - Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

Il Fondo, istituito presso il Mediocredito centrale MCC, opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale.

Il Fondo opera inoltre attraverso più sezioni, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste (la disciplina, istitutiva delle sezioni, è sia di rango primario che secondario).

In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

 

Il Fondo, nel corso degli anni, è stato più volte rifinanziato. L’articolo 1, comma 53 della legge di stabilità 2014 (Legge n. 147/2013), come modificato dall’articolo 8-bis, comma 2, del D.L. n. 3/2015, ha previsto l’assegnazione al Fondo di 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, mediante riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, e in coerenza con le relative finalità. Ha altresì previsto che con apposita delibera del CIPE siano assegnati al Fondo, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni di euro.

In attuazione di tale previsione, la Delibera CIPE n. 94 del 22 dicembre 2017 ha disposto l’assegnazione al Fondo di quota parte dell’importo autorizzato dalla testé citata norma, pari a 300 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione FSC 2014-2020. L’assegnazione è stata imputata per 28 milioni di euro all’annualità 2014, per 85,5 milioni di euro all’annualità 2015, per 186,5 milioni di euro all’annualità 2016. L’utilizzo delle risorse è nel rispetto del criterio di riparto percentuale dell’80 per cento al Mezzogiorno e del 20 per cento al Centro-Nord. Dunque, con la norma qui in esame, le residue risorse del FSC destinate ai sensi del comma 53 al Fondo di garanzia PMI, pari a 300 milioni di euro, vengono interamente imputate ope legis all’annualità 2018.

 

Inoltre, il Fondo, nell’ultimo biennio, è stato anche rifinanziato:

§  dal D.L. n. 193/2016 (articolo 13, comma 1), collegato alla manovra finanziaria 2017, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016, e per ulteriori 100 milioni a valere sugli stanziamenti del Programma Operativo Nazionale (PON) "Imprese e competitività 2014-2010", a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico (cfr. delibera CIPE del 1 dicembre 2016 e D.M. 13 marzo 2017)

§  dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 192, ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 per il sostegno alle imprese sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, disponendo che quota parte di tali risorse – pari a 3 milioni di euro - confluisca direttamente in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cfr. D.M. attuativo 4 novembre 2016); la legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016), all’articolo 1, commi 612, ha poi autorizzato per le medesime finalità sopra indicate l'ulteriore somma di 3 milioni per l'anno 2019;

§  dalla legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 650, della ha stanziato 10 milioni per l’anno 2016 in favore della Sezione speciale per l'autotrasporto istituita nell'ambito del Fondo con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 luglio 2009;

§  ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 5, del DL n. 5/2009, sono stati assegnato al Fondo 100 milioni per l’anno 2016;

§  ai sensi del comma 5 ter, articolo 1 del DL 21giugno2013, n. 69 è stato riassegnato nel 2016  al cap. 7345/MISE un importo pari a 5,7 milioni di euro e nel 2017 l’importo di 3,6 milioni: si tratta di somme provenienti dalle somme versate all’entrata a titolo di contributi su base volontaria per interventi destinati alla Sezione del Fondo per la micro imprenditorialità;

§  dalla legge n. 220/2016, di disciplina del cinema e dell’audiovisivo, che, all’articolo 30, ha stanziato 5 milioni di euro nell'anno 2017 per la Sezione per il cinema e l'audiovisivo istituita nell'ambito del Fondo dalla stessa legge;

§  dal D.L. n. 148/2017 , il quale all’articolo 9, ha incrementato la dotazione del Fondo di 300 milioni per l'anno 2017 e di 200 milioni di euro per l'anno 2018 e ha disposto la riassegnazione al Fondo stesso per l'anno 2017 delle entrate incassate nell'ultimo bimestre 2016 relative alle sanzioni Antitrust al Fondo di garanzia, nel limite di 23 milioni di euro.

§  con D.M. del 13 marzo 2017 è stata poi istituita la Sezione speciale del Fondo denominata “Riserva PON IC” alimentata con risorse del Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» FESR 2014-2020 e destinata a interventi di garanzia nelle regioni del Mezzogiorno. A tale Sezione sono stati destinati 200 milioni rivenienti dal suddetto PON, in attuazione dell’Azione 3.6.1 (al 31 dicembre 2017, rileva la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, sono stati già trasferiti materialmente al Fondo 51,3 milioni).

 

Quanto all’operatività del Fondo, la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali - anno 2018, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, evidenzia come nel 2017, il Fondo abbia rilasciato garanzie su 119.935 operazioni (+4,8% rispetto al 2016), per un importo complessivo di nuovi finanziamenti garantiti pari a € 17,5 miliardi (+4,9% rispetto al 2016), con un corrispondente importo massimo garantito di € 12,3 miliardi (+6,3% rispetto al 2016).

Per il triennio 2018-2020, sulla base dei flussi finanziari in entrata e in uscita la Relazione evidenzia che per il 2018 non sono necessarie risorse aggiuntive. Per assicurare, tuttavia, la piena operatività del Fondo fino al 31 dicembre 2020 la Relazione considera necessario un fabbisogno finanziario aggiuntivo per un ammontare complessivo pari a € 2,7 mld, di cui € 1,1 mld per il 2019 e € 1,6 mld per il 2020.


Articolo 23
(Autotrasporto e portualità)

 

 

L'articolo 23, oltre ad aumentare la dotazione finanziaria relativa alle agevolazioni per interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto, incrementa le risorse del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti da assegnare all'autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale.

 

Il comma 1 dell'articolo 23- al fine di favorire gli interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto- incrementa di 26,4 milioni per l’anno 2018 lo stanziamento per le agevolazioni che rientrano nel quadro delle politiche a sostegno dell'autotrasporto. Tali agevolazioni consistono nella deduzione forfettaria delle spese non documentate.

 

Come precisa la relazione illustrativa tale intervento, che mira a favorire principalmente le imprese di trasporto meno strutturate, che appartengono essenzialmente al settore artigiano, si rende necessaria in quanto la deduzione effettuata per l'anno in corso pari a 38 euro a viaggio nell'ambito del territorio regionale, inferiore di 13 euro, rispetto all'anno precedente non consente alle imprese artigiane di fare fronte ai costi creando una grave sperequazione tra imprese che possono dedurre i costi effettivi e le imprese meno strutturate.

 

Il comma 106 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) estende, solo per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 (successivamente prorogato), la deduzione forfetaria di spese non documentate di cui all’articolo 66, comma 5, del TUIR n. 917 del 1986 (recante norme per le imprese minori), prevista per gli autotrasportatori di cose per conto terzi; in particolare, l’estensione della deduzione spetta anche per i trasporti effettuati direttamente dall’imprenditore all’interno del comune in cui ha sede l’azienda. La norma in esame autorizza uno stanziamento pari a 120 mln per l’anno 2006. È opportuno ricordare che il comma 652 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha introdotto una riduzione delle deduzioni forfetarie relative alle spese non documentate riconosciute agli autotrasportatori. A tal fine la disposizione ha stabilito che esse spettino in un’unica misura (rispetto all’attuale distinzione tra trasporti regionali ed extra regionali) per i trasporti effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa e nella misura del 35% di tale importo per i trasporti effettuati all’interno del comune.

 

La copertura di tali oneri è assicurata:

§  per 10,4 milioni di euro per l’anno 2018 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

 

Il comma 1230 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) autorizza, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, a decorrere dall'anno 2007, la spesa di 190 milioni di euro. Tali risorse sono assegnate alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata. E' opportuno ricordare che l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto legge Genova) al fine di garantire, in via d'urgenza, idonee misure a sostegno del trasporto pubblico locale, favorendo strutturalmente la mobilità cittadina e regionale, stanzia a favore della Regione Liguria risorse straordinarie nella misura di 500.000 euro per l'anno 2018 e 23.000.000 di euro per il 2019 da destinare al finanziamento dei servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti all'evento, per l'efficientamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale già attivati nonché per garantire l'integrazione tariffaria tra le diverse modalità di trasporto nel territorio della città metropolitana di Genova. E ai relativi oneri si provvede quanto a euro 500.000 per l'anno 2018 ai sensi dell'articolo 45 e quanto a euro 23 milioni per l'anno 2019 mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

§  per 16 milioni di euro a mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate provenienti dalla maggiorazione delle tariffe della motorizzazione (articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 2), da riassegnare allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, versate nel 2018, sono acquisite nel predetto limite di 16 milioni, definitivamente al bilancio dello Stato.

 

L'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 2 del 2013 (recante modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 18 aprile 2011, n. 59 e 21 novembre 2005, n. 286, nonché attuazione della direttiva 2011/94/UE recante modifiche della direttiva 2006/126/CE, concernente la patente di guida) prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono incrementate le tariffe applicabili alle operazioni in materia di motorizzazione. Il maggior gettito derivante dal predetto incremento affluisce ad apposito capitolo/articolo di entrata del bilancio dello Stato ed è riassegnato per la parte eccedente l'importo di euro 13.074.000 per l'anno 2018, di euro 15.380.000 per l'anno 2019 e di euro 17.686.000 a decorrere dall'anno 2020, ai sensi dell'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per essere destinato agli adempimenti connessi all'attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, come modificato dal presente decreto.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede, in relazione all’articolo 9 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, un incremento del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti di cui all’articolo 18-bis, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2018 da assegnare all’autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale.

 

L’articolo 9 del decreto-legge n. 109 del 2018 (decreto-legge Genova) incrementa la quota di riparto del Fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti a favore dell’Autorità di sistema portuale del Mar ligure occidentale.

 

Il comma 3 reca la copertura del comma precedente. A tale onere si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 15 novembre 2018, delle somme destinate agli interventi di cui agli articoli 1,2,3,4 e 5 della legge n. 454 del 1997 non utilizzate al termine del periodo di operatività delle misure agevolative e giacenti sui conti correnti n. 211390 e 211389 accesi presso la Bnl S.p.A..


Articolo 24
(
Missioni internazionali di pace)

 

 

L'articolo 24 reca il rifinanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace per 130 milioni di euro per il 2018 al fine di garantire la prosecuzione delle missioni per l'ultimo trimestre del 2017.

 

In particolare, il comma 1 dispone l'incremento di 130 milioni di euro per l'anno 2018 del Fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (c.d. legge quadro sulle missioni internazionali. Per approfondimenti si veda il temaweb dedicato).

 

Si ricorda che il fabbisogno finanziario delle missioni per l'intero esercizio 2018 è pari a 1.419 milioni di euro. Le risorse disponibili sul Fondo sono pari a 1.014 milioni di euro, cui vanno aggiunte le somme iscritte sul Fondo consumi intermedi dello stato di previsione del Ministero della Difesa, pari a 275 milioni di euro. Pertanto, l'ulteriore fabbisogno da coprire per l'ultimo trimestre del 2018 è pari a 130 milioni di euro.

 

Si ricorda che in data 2 marzo 2018 è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 145 del 2016, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la ripartizione delle risorse del richiamato fondo pari a circa 1 miliardo di euro (A.G. n. 523).

Il provvedimento, presentato alla Camere nel corso dello scioglimento della XVII legislatura, non è stato esaminato dalle competenti commissioni parlamentari ed è stato pertanto adottato dal governo una volta scaduti i termini previsti dal comma 2 dell'articolo 4 della medesima legge.

 

Il comma 2 rinvia all'articolo 26 per la definizione della relativa copertura finanziaria.

 


Articolo 25
(Disposizioni in materia di CIGS per
riorganizzazione o crisi aziendale)

 

 

L’articolo 25 reca disposizioni in materia di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).

 

In particolare, modificando l’articolo 22-bis del D.Lgs. n.148/2015:

§  si sopprime il limite minimo dimensionale dell'organico dell'impresa (limite pari a 101 unità lavorative) richiesto per la concessione della proroga della CIGS - per riorganizzazione o crisi aziendale - oltre i limiti massimi di durata previsti dalla normativa generale. Resta fermo che la proroga in deroga può essere concessa solo negli anni 2018 e 2019 e restano ferme le altre condizioni relative ad essa. Queste ultime concernono, tra l'altro, la presentazione di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - e la circostanza che il programma o il piano - sottostanti la concessione del trattamento in oggetto - non siano attuabili entro i limiti generali di durata del trattamento (cfr., più in dettaglio, infra);

§  si prevede, secondo le stesse condizioni poste per la concessione della proroga suddetta e nell’ambito delle medesime risorse disponibili, la possibilità di concedere la proroga in deroga anche della CIGS relativa alla causale contratto di solidarietà, sino al limite massimo di 12 mesi, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo collettivo che costituisce il contratto di solidarietà.

Come accennato, per tutte le deroghe in oggetto si provvede mediante le risorse di cui al citato articolo 22-bis del D.Lgs. n.148, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

 

L’articolo 22-bis del D.Lgs. n. 148/2015 (introdotto dall’articolo 1, comma 133, della L. 205/2017) ha consentito, per il biennio 2018-2019, con riferimento alle imprese con organico superiore a 100 unità lavorative, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).

La deroga è ammessa per le imprese suddette che presentino una rilevanza economica strategica, anche a livello regionale, e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale. In tale ambito, la deroga è subordinata sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

§  il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario;

§  il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

§  il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le prime due ipotesi, prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi. Per il complesso delle proroghe in esame è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro annui, per il biennio 2018-2019. Al relativo onere finanziario si provvede a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

 

È utile ricordare che i limiti di durata della CIGS (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. n. 148/2015, articoli 4 e 22, commi 3 e 5) sono, per ogni unità produttiva, pari a:

§  24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale;

§  12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a 2/3 di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo).

Ai fini del computo dei limiti relativi al quinquennio mobile, non si tiene conto dei ratei di trattamenti di integrazione salariale inerenti al periodo precedente il 24 settembre 2015.

 

Si ricorda che per contratti di solidarietà si intendono gli accordi collettivi aziendali stipulati con i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, aventi ad oggetto una diminuzione dell'orario di lavoro finalizzata o ad evitare o limitare in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale (cd. contratti di solidarietà difensivi, che possono essere di tipo A[3] o tipo B[4]), oppure per favorire nuove assunzioni (cd. contratti di solidarietà espansivi). Attualmente, i contratti di solidarietà espansivi sono disciplinati dall’articolo 41 del D.Lgs. n. 148/2015 (la previgente normativa, contenuta nell’articolo 2 del D.L. n. 726/1984, è stata contestualmente abrogata dall’articolo 46 del medesimo D.Lgs. n. 148/2015). Il richiamato articolo 41 riconosce la concessione, ai datori di lavoro, nel caso in cui per incrementare gli organici, i contratti collettivi aziendali.

L’articolo 21 del D.Lgs. n. 148/2015 ha trasferito i contratti di solidarietà difensivi nell’ambito di applicazione della CIGS, anche in relazione alla misura delle prestazioni e alla contribuzione a carico dell’impresa.


Articolo 26
(
Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 26 reca le disposizioni relative alla quantificazione degli oneri derivanti dal decreto legge e alla corrispondente copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 1 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all'articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) di 390,335 milioni di euro per l'anno 2019, 1.639,135 milioni per l'anno 2020, 2.471,935 milioni per l'anno 2021, 2.303,135 milioni per l'anno 2022, 2.354,735 milioni per l'anno 2023, 1.292,735 milioni per l'anno 2024, 1.437,735 milioni per l'anno 2025, 1.579,735 milioni per l'anno 2026, 1.630,735 milioni per l'anno 2027 e 1.648,735 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale al fine di renderne più flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.

 

Il comma 2 dispone l'incremento, al fine del raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, di 700 milioni di euro per l'anno 2020, di 900 milioni per l'anno 2021, di 1.050 milioni per l'anno 2022 e di 1.150 milioni per l'anno 2023.

 

Il comma 3 stabilisce che agli oneri derivanti dagli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 9, 16, comma 4, 17, 18, 20, 21, 22, 24, e dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli effetti derivanti dalle disposizioni di cui alla lettera a) del presente comma, pari a 1.323 milioni di euro per l'anno 2018, a 462,500 milioni per l'anno 2019, a 1.872,500 milioni per l'anno 2020, a 2.512,800 milioni per l'anno 2021, a 2.385,700 milioni per l'anno 2022, a 2.395, 600 milioni per l'anno 2023, a 1.458,600 milioni per l'anno 2024, a 1.544, 600 per l'anno 2025, a 1.642,600 milioni per l'anno 2026, 1.677,600 milioni per l'anno 2027 e a 1.689,600 milioni annui a decorrere dall'anno 2028 e, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a 1.743.544.737 euro per l'anno 2018, a 481.170.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro per ciascuno degli anni dal 2025, al 2027, si provvede:

a)   quanto a 589.305.117 euro per l'anno 2018, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 818.805.117 euro per l'anno 2018 e a 20.500.000 euro per l'anno 2019, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco 1 allegato al presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le suddette somme. Entro venti giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri competenti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, gli accantonamenti di spesa possono essere rimodulati nell'ambito dei pertinenti stati di previsione della spesa, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa realizzati in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui;

b)  quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite, definitivamente al bilancio dello Stato;

 

Si ricorda che l'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000) stabilisce che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

c)   quanto a 70 milioni di euro per l'anno 2018, mediante utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013 destinati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per una quota di 35 milioni e al Ministero dello sviluppo economico per una quota di 35 milioni, versate all'entrata del bilancio dello Stato, che restano acquisite definitivamente all'erario. I decreti di cui al comma 3 dell'articolo 19 del citato decreto legislativo n. 30 del 2013 dispongono negli esercizi successivi gli opportuni conguagli, al fine di assicurare complessivamente il rispetto delle proporzioni indicate nel predetto articolo 19 e del vincolo di destinazione a investimenti con finalità ambientali derivante dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009;

d)  quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 848 del 1957. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provvede agli adempimenti eventualmente necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell’accordo internazionale concernente la determinazione del contributo all’organismo delle Nazioni Unite, per un importo pari a 20 milioni di euro per l'anno 2018;

 

Si ricorda che la legge n. 848 del 1957 dispone l'esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945. In particolare, il comma 2 reca l'autorizzazione al Ministro per il tesoro ad adottare i provvedimenti di carattere finanziario richiesti dall'esecuzione dello Statuto suddetto per il pagamento:

a)     del contributo annuale del Governo italiano alle spese delle Nazioni Unite con effetto dal 14 dicembre 1955;

b)     della quota di partecipazione del Governo italiano al fondo di esercizio delle Nazioni Unite.

Si segnala che il contributo ordinario per l’anno 2018 è pari a circa 91,1 milioni di dollari.

 

e)   quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, mediante le somme di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legge n. 195 del 2009, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario;

 

Si ricorda che l'articolo 7 del decreto legge n. 195 del 2009 dispone che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantiene la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto ed è autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo reca una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinvia all'articolo 18 del medesimo decreto legge per la definizione della copertura.

 

f)    quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

g)  quanto a 462.500.000 euro per l'anno 2019, a 1.872.500.000 euro per l'anno 2020, a 2.512.800.000 euro per l'anno 2021, a 2.385.700.000 euro per l'anno 2022, a 2.395.600.000 euro per l'anno 2023, a 1.731.600.000 euro per l'anno 2024 e a 1.689.600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 41.225.000 di euro per l'anno 2018, a 460.670.390 euro per l'anno 2019, a 2.585.752.875 euro per l'anno 2020, a 3.423.888.078 euro per l'anno 2021, a 3.444.868.857 euro per l'anno 2022, a 3.551.176.417 euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente decreto;

h)  quanto a 23.943.052 euro per l'anno 2018, mediante corrispondente utilizzo delle somme derivanti dal riaccertamento straordinario dei residui iscritte nel conto dei residui del fondo di conto capitale dello stato di previsione del MEF ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 66 del 2014, che sono versate, nell’anno 2018, all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario;

i)    quanto a 16,614 milioni di euro per l’anno 2018, mediante utilizzo delle somme relative ai rimborsi corrisposti dall’organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell’ambito delle operazioni internazionali di pace, di cui all’articolo 8, comma 11, del decreto-legge n. 78 del 2010, che alla data di entrata in vigore, del presente decreto-legge non sono ancora riassegnate al fondo di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 145 del 2016 (Fondo per il finanziamento delle missioni internazionali) e che restano acquisite all’entrata del bilancio dello Stato;

l)    quanto a 300 milioni per l’anno 2018 mediante riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 di cui alla legge all’articolo 1, comma 6 della legge n. 47 del 2013;

m)quanto a 300 milioni di euro per l’anno 2018, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 relativa al Fondo per le esigenze indifferibili. Conseguentemente, le risorse del fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, accantonate ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 99 del 2017, pari a 300 milioni di euro per l’anno 2018, sono rese disponibili a seguito della modifica intervenuta del trattamento contabile ai fini dell’indebitamento netto dell’operazione relativa alla Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A..

 

Il comma 4, infine, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.

 


Articolo 27
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 24 ottobre 2018.

 

 

 

 



Allegato


 

Allegato

 



[1]     In particolare, il D.L. n. 69/2013 ha previsto:

·     all’articolo 1, un aggiornamento dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo e una semplificazione delle procedure e delle modalità di presentazione delle richieste, nonché

·     all’articolo 2, comma 6, come sostituito dall’articolo 18, comma 9-bis, del D.L. n. 91/2014 - che i finanziamenti agevolati concessi nell'ambito della misura di sostegno "Nuova Sabatini"( di cui all’art. 2, del D.L. n. 69/2013), possano essere assistiti dalla garanzia del Fondo nella misura massima dell'80 per cento dell'ammontare del finanziamento e che, ai fini dell'accesso alla garanzia stessa, la valutazione economico-finanziaria e del merito creditizio dell'impresa sia demandata al soggetto richiedente nel rispetto di limiti massimi di rischiosità dell'impresa finanziata, misurati in termini di probabilità di inadempimento da definirsi con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[2]     Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.

Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.

In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017, pubblicato in G.U. del 7 luglio 2017, il quale disciplina le condizioni e i termini per l'estensione del modello di valutazione delle imprese - già applicato alle richieste di garanzia relative ai finanziamenti agevolati a valere sulla "Nuova Sabatini" ai sensi dei sopra indicati decreti - a tutte le operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo.

Le disposizioni del decreto non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.

In data 12 gennaio 2018 è stato pubblicato, in Gazzetta Ufficiale n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Il D.M. approva le nuove disposizioni operative del Fondo stesso, relativamente alle cause di inefficacia, riportate nell’allegato che costituisce parte integrante del decreto. Le nuove condizioni si applicano – per espressa previsione contenuta nel Decreto - a partire dalla data che indicata nella Circolare del gestore del Fondo di garanzia per le PMI, Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. Tale circolare è stata adottata il 19 luglio 2018 (Circolare n. 10/2018). La Circolare ha disposto che le misure di semplificazione della disciplina in materia di condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo entrino in vigore a partire dal 15 ottobre 2018. Il D.M. 29 settembre 2015 concerne le modalità di valutazione - ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia - dei finanziamenti agevolati attraverso la misura della c.d. "Nuova sabatini" (art. 2 del D.L. n. 69/2013) per l'acquisto di beni strumentali per le PMI.

Il D.M. del 2015 (articolo 4) ha demandato ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina delle condizioni e dei termini per l'estensione della modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull'utilizzo della probabilità di inadempimento alle altre operazioni finanziarie ammissibili all'intervento del Fondo. In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto interministeriale 6 marzo 2017. Le disposizioni del Decreto interministeriale 6 marzo 2017 non hanno trovato applicazione immediata, ma la loro applicabilità - ai sensi di quanto previsto dall’articolo 12 dello stesso D.M. - è stata prevista a decorrere dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni di ammissibilità e delle disposizioni di carattere generale del Fondo.

Il D.M. ha in particolare previsto che tale ulteriore decreto venisse emanato non prima del 1° gennaio 2018, a conclusione di un congruo periodo di sperimentazione nell'applicazione del nuovo modello di valutazione con riferimento alle richieste di garanzia sui finanziamenti nuova Sabatini, previa verifica della compatibilità con gli equilibri di finanza pubblica, alla luce della apposita relazione presentata dal Consiglio di gestione del Fondo.

Il D.M. ha fatto eccezione per le disposizioni inerenti le operazioni a rischio tripartito, per le quali l’adozione delle relative condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale è stata consentita antecedentemente al 1° gennaio 2018.

In data 12 gennaio 2018 è stato dunque pubblicato, in G.U n. 9, il comunicato di adozione del Decreto ministeriale 21 dicembre 2017 di approvazione delle modificazioni e integrazioni delle condizioni generali di ammissibilità del Fondo per la riduzione e semplificazione degli oneri informativi in capo ai soggetti richiedenti e il riordino della disciplina delle condizioni e cause di inefficacia della garanzia del Fondo. Le nuove condizioni hanno trovato applicazione a partire dal 15 ottobre 2018. La piena operatività della riforma è affidata ad un successivo decreto ministeriale.

[3]     I contratti di solidarietà difensivi di tipo A riguardano gli operai, i quadri, gli impiegati, i lavoratori soci e non soci delle cooperative di produzione e lavoro, gli assunti a termine non stagionali, i lavoratori part time. Sono invece esclusi gli apprendisti, gli stagionali, i dirigenti e i lavoratori a domicilio. Nell’accordo deve essere stabilita la rotazione dei lavoratori il cui orario deve essere ridotto, in forma giornaliera, settimanale o mensile, con una durata del contratto di norma non inferiore a 12 mesi e non superiore a 24. La riduzione oraria media non può superare il 60% dell’orario contrattuale dei lavoratori coinvolti.

[4]     I contratti di solidarietà difensivi di tipo B non sono più attivabili dal 1° luglio 2016. Per le aziende non destinatarie della CIGS è stato previsto un nuovo sistema, basato su fondi di solidarietà bilaterali e, per i non aderenti, sul FIS, il Fondo di integrazione salariale INPS al quale sono obbligate ad aderire, versando un contributo addizionale pari allo 0,5%, le aziende che non aderiscono a un fondo di solidarietà bilaterale con più di 5 dipendenti. Anche in questo caso è richiesto un accordo collettivo aziendale finalizzato a evitare o ridurre le eccedenze di personale.