Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | D.L. 91/2018 A.S. 717 - Proroga termini - Gli emendamenti approvati dalla 1a Commissione - Edizione provvisoria |
Riferimenti: | AC N.1117/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 18/1 |
Data: | 03/08/2018 |
Organi della Camera: | Assemblea |
Servizio Studi
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Dossier n. 48/1
Servizio Studi
Dipartimento Istituzioni
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Progetti di legge n. 18/1
La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi del Senato della Repubblica
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Articolo 1-bis (emendamento 1.0.7) (Spazi finanziari degli enti locali)
Articolo 4, comma 3-bis (identici emendamenti 4.15 e 4.16) (Misure sul trasporto pubblico locale)
Articolo 6, comma 1 (emendamento 6.1) (Abilitazione scientifica nazionale)
Articolo 8, comma 4-bis (emendamento 8.8 (testo 2)) (Medicinali omeopatici)
Articolo 9 (emendamento 9.1000) (Svolgimento anno scolastico nelle aree colpite dal sisma)
Articolo 9 (emendamento 9.44) (Proroga di termini in materia di interventi di immediata esecuzione)
Articolo 10, comma 1 (emendamento 10.2) (Gran Premio d'Italia presso autodromo di Monza)
Articolo 13 (emendamento 13.4 (testo 2)) (Spazi finanziari delle regioni)
Articolo 1, comma 2 (emendamento 1.10 (testo 2))
(Elezione dei presidenti di provincia e dei consiglieri provinciali)
L’articolo 1, comma 2, dispone che le elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali, il cui mandato sia in scadenza, si svolgano in una unica tornata. Nel corso dell'esame in sede referente è stato accolto l'emendamento 1.10 (testo 2) diretto a rendere eleggibili alla carica di presidente della Provincia anche i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di dodici mesi dalle elezioni.
Il comma in esame individua nel 31 ottobre la data dell'election day per il rinnovo degli organi provinciali. Ad essere interessati al rinnovo sono:
a) i presidenti di provincia e i consigli provinciali il cui mandato scade tra la data di entrata in vigore del decreto-legge (26 luglio 2018) e il 31 ottobre 2018. Di conseguenza la durata dei relativi mandati è prorogata alla medesima data;
b) i presidenti della medesima provincia in cui si tengono, ai sensi della lettera a), le elezioni o i consigli della stessa provincia in cui si svolgono elezioni ai sensi della lettera a), nel caso in cui il relativo mandato scada entro il 31 dicembre 2018.
· In altri termini, se, nella medesima provincia, uno dei due organi (presidente o consiglio) è in scadenza entro il 31 ottobre 2018 e l’altro successivamente (purché entro il 31 dicembre), le elezioni per il rinnovo del secondo sono anticipate e avvengono contestualmente al primo. In tal caso, la conclusione del mandato del secondo organo verrebbe anticipata al 31 ottobre.
La disposizione in esame prevede che la richiamata proroga delle cariche avvenga “anche in deroga” a quanto previsto dall’articolo 1, commi 65 e 69, della legge 56/2014.
Il comma 65 prevede che “il presidente della provincia decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco”; il comma 69 dispone che “il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere provinciale”.
Sebbene non specificato nel testo, la deroga al comma 69 appare inequivocabilmente riferita al terzo periodo.
La finalità perseguita dal Governo con l'elecion day, come si rinviene nella relazione illustrativa al provvedimento, è quella di semplificare e razionalizzare le procedure elettorali.
Quanto alla proroga dei mandati, l'intento è quello di assicurare continuità della governance dell'ente, che verrebbe meno se non si consentisse, con disposizione legislativa, ai presidenti della provincia e ai consiglieri provinciali di proseguire nel loro mandato anche in caso di cessazione, rispettivamente, dalla carica di sindaco e di consigliere comunale (sempre nell’ambito della finestra temporale su cui interviene la disposizione).
Nel corso dell'esame in sede referente erano stati presentati, ma non approvati, molteplici emendamenti volti a posticipare al 31 gennaio la data dell'election day (e contestualmente a prorogare la durata dei mandati degli organi in scadenza sino a quella data).
Si trattava di una richiesta avanzata dall’Unione delle province italiane (UPI) nel corso delle audizioni sul decreto-legge in esame, motivata con la finalità di ricomprendere nell'unica tornata elettorale gli ulteriori 43 consigli provinciali in scadenza entro la fine di gennaio 2019.
Sulla base dei dati forniti da UPI si evince che in 34 province il presidente verrebbe eletto il 31 ottobre, mentre il relativo consiglio a gennaio, in coincidenza con la sua scadenza naturale.
Il nuovo sistema elettorale delle province è disciplinato dalla legge Delrio (L. 56/2014) che ha riformato l’intero assetto degli enti locali prevedendo:
• l’istituzione delle città metropolitane;
• l’introduzione di una nuova disciplina delle province;
• la definizione di una disciplina organica delle unioni di comuni e la riforma dell’istituto della fusione di comuni.
Con la legge 56/2014, in particolare, le province sono state definite (così come le città metropolitane) enti di area vasta e i relativi organi – il presidente della provincia ed il consiglio provinciale - sono divenuti organi elettivi di secondo grado; analogo impianto è seguito per il consiglio nelle città metropolitane, con la differenza che il sindaco metropolitano coincide con il sindaco del comune capoluogo. La governance degli enti di area vasta si completa con l'assemblea dei sindaci, per le province, e la conferenza metropolitana, per le città metropolitane, che sono composte dai sindaci dei comuni dell'ente.
L'emendamento 1.10 (testo 2), approvato in sede referente, dispone che, in deroga alla disciplina vigente, per la tornata elettorale in commento, siano eleggibili alla carica di presidente della provincia anche i sindaci delle province il cui mandato scada non prima di dodici mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.
Con riferimento al sistema elettorale provinciale, si rammenta che ai sensi del riordino operato con la legge 56/2014:
- l’elezione del presidente della provincia è di secondo grado, essendo eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia;
- hanno diritto di elettorato passivo i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni.
L'emendamento in esame pertanto estende, limitatamente alla prossima tornata elettorale, l'elettorato passivo a tutti i sindaci il cui mandato scada nel periodo compreso fra i 12 e i 18 mesi prima dello svolgimento delle elezioni.
Ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato in base ad un indice di ponderazione, i cui criteri di determinazione sono fissati nell’allegato A della legge 56/2014, che tiene conto della popolazione legale di ciascun comune e del rapporto tra questa e la popolazione della provincia.
Il presidente della provincia dura in carica quattro anni e decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (art. 1, commi 58-65, L. 56/2014).
Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente:
– 16 consiglieri, se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti;
– 12 consiglieri, se la popolazione è compresa tra 300.000 e 700.000 abitanti;
– 10 consiglieri, se la popolazione è inferiore a 300.000 abitanti.
Per il consiglio provinciale hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. La durata del consiglio provinciale è più breve di quella del presidente della provincia, in quanto il consiglio resta in carica due anni (art. 1, commi 67-78, L. 56/2014). Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 (art. 23) ha introdotto, per l’elezione del consiglio provinciale, il voto di lista, con preferenza per uno dei candidati all’interno della lista, analogamente a quanto già previsto per le elezioni dei consigli metropolitani.
Dal 26 dicembre 2017 (cioè a 5 anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 215/2012 che ha introdotto disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali) trova inoltre applicazione la disposizione dell’art. 1, comma 71, della legge 56/2014, in base alla quale nelle liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento del numero dei candidati. La posticipazione dell'applicazione del comma 71 è stata disposta dal comma 72 dell'art.1 della legge Delrio.
Articolo 1, comma 2-bis (emendamento 1.23 (testo 2))
(Irrilevanza del mancato rispetto degli obiettivi intermedi dei piani di riequilibrio finanziari originari)
L'emendamento 1.23 (testo 2), approvato in sede referente, dispone che:
i) per l'anno 2018, nel caso in cui, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, gli enti locali abbiano rimodulato o riformulato il piano di riequilibrio finanziario, non rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano originario ai fini dell'accertamento (da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti) di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano, cui consegue la procedura di dissesto (comma 2-bis);
ii) non si applichino, nel 2018, le norme vigenti contrastanti con tale previsione normativa (comma 2-ter).
L'intervento normativo va inquadrato alla luce delle novità introdotte con la legge di bilancio per il 2018 (L.205/2017). Quest'ultima (all'art.1, commi 888-889) ha innovato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, disciplinata dai commi 243-bis e seguenti del TUEL, per gli enti locali che presentano squilibri strutturali del bilancio tali da provocare il dissesto finanziario.
In particolare, la legge di bilancio:
i) ha modificato il termine di durata del piano (che ora è compreso tra i 4 e i 20 anni, mentre in precedenza la durata massima del piano era di 10 anni);
ii) ha introdotto criteri per definirne la durata basati sul rapporto tra le passività da ripianare e l'ammontare degli impegni di spesa del rendiconto;
iii) ha consentito agli enti locali che hanno già presentato un piano di riequilibrio di rimodularlo o riformularlo al fine di poter beneficiare delle nuove disposizioni.
A tal fine, è prevista una specifica procedura e si dispone che alla adozione del nuovo piano si applichino le medesime procedure previste dall’articolo 243-bis del TUEL, nonché dall’articolo 243-quater del medesimo.
Il comma 889 dispone, nello specifico, che, per gli enti per i quali la Corte di conti abbia già accertato il grave mancato rispetto degli obiettivi intermedi del piano originario, un ulteriore mancato rispetto degli obiettivi del nuovo piano comporti per gli stessi enti, ai sensi del medesimo comma 7 dell’articolo 243-quater, l’avvio della procedura per deliberare lo stato di dissesto.
Le disposizioni introdotte con l'emendamento in esame tendono a neutralizzare l'effetto dell'accertamento del mancato rispetto degli obiettivi intermedi del piano originario. Qualora si registrasse un eventuale successivo accertamento del mancato rispetto degli obiettivi del nuovo piano, non potrebbe essere rilevato il reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi che, se ritenuto grave, potrebbe comportare l'applicazione della disposizione (di cui articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011) che impone al prefetto di assegnare al Consiglio dell'ente il termine (non superiore a venti giorni) per la deliberazione del dissesto.
Tale disposizione opera dunque una deroga implicita al citato art.1, comma 899, della legge di bilancio.
Il successivo comma 2-ter nello stabilire che non si applichino, nel 2018, le norme vigenti contrastanti con tale previsione normativa parrebbe limitare al solo 2018 tale effetto derogatorio.
Si valuti in proposito l'opportunità di riformulare la disposizione al fine di rendere esplicito il riferimento alle previsioni normative oggetto di deroga.
Con la specificazione recata al comma 2-ter (che limita al 2018 la mancata applicazione di norme contrastanti con quanto disposto al comma 2-bis), parrebbe che - a partire dal 2019 - un eventuale accertamento del mancato rispetto degli obiettivi intermedi del nuovo piano possa costituire reiterazione del mancato rispetto degli obiettivi ai sensi del comma 7 del citato articolo 243-quater qualora in precedenza si sia riscontrato il mancato rispetto degli obiettivi intermedi del vecchio piano.
L'intervento normativo di cui all'emendamento in esame recepisce una specifica richiesta avanzata da ANCI nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione affari costituzionali sul decreto-legge in esame. Nello specifico, ANCI ha chiesto la non applicazione della procedura di cui all'art.243-quater "con sospensione dell'efficacia degli eventuali atti già intrapresi" ritenendo "incongruo che, nelle more dell'esame del piano riformulato/rimodulato (...) l'esercizio del controllo si applichi al piano di riequilibrio originario e possa condurre alla richiesta di dissesto dell'ente locale sulla base di un quadro di riferimento evidentemente obsoleto".
Per completezza di informazione, nella medesima occasione ANCI ha sollecitato l'intervento normativo nell'ambito della più ampia richiesta di riapertura dei termini per la presentazione del nuovo piano di riequilibrio, segnalando che non tutti gli enti locali interessati dalla possibilità di riformulare o rimodulare il piano erano riusciti a rispettare i termini previsti dalla procedura delineata dal comma 889, ritenuti troppo ravvicinati rispetto all'entrata in vigore della legge di bilancio.
Articolo 1, comma 2-bis (emendamento 1.70)
(Termine per l'alienazione di partecipazioni in società a partecipazione pubblica)
L'emendamento 1.70, approvato dalla Commissione di merito, è diretto ad ampliare il termine entro cui le amministrazioni pubbliche sono tenute ad alienare le partecipazioni detenute in società che non possono essere mantenute in capo alle stesse amministrazioni sulla base della ricognizione prevista dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
L'articolo 24 del testo unico di cui al decreto legislativo n.175 del 2016 disciplina una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche. La razionalizzazione delle partecipazioni avviene attraverso dismissione, fusione, soppressione o messa in liquidazione, ove ricorrano i presupposti previsti dal testo unico.
L'articolo 24, comma 1, secondo periodo, impone a ciascuna amministrazione pubblica di effettuare una ricognizione complessiva delle partecipazioni detenute entro il 30 settembre 2017, individuando quelle da alienare.
Il successivo comma 4 stabilisce che l'alienazione avviene entro un anno dalla conclusione della ricognizione, termine che l'emendamento in esame amplia a due anni.
L'emendamento va incontro alla richiesta avanzata dall'ANCI in sede di audizione sul decreto-legge diretta "a consentire agli enti locali l'alienazione delle partecipazioni oggetto di razionalizzazione (...) in tempi maggiormente congrui rispetto alla complessità procedurale e considerata la fase di prima applicazione della riforma di cui trattasi".
Articolo 1, comma 2-bis (emendamento 1.88 (testo 2))
(Disapplicazione delle sanzioni dell'equilibrio di bilancio da parte degli enti di area vasta)
L'emendamento 1.88 (testo 2), approvato in sede referente, è volto a escludere l'applicazione delle sanzioni previste dall'art.1, comma 475, della n.232 del 2016 nei confronti delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna per il mancato rispetto, per l'anno 2017, del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.
L'art.1, comma 466, della legge di bilancio per il 2017 (L.232/2016) stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni sono tenuti, a decorrere dal 2017, a conseguire il saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 243).
Il comma 475, in linea con quanto previsto dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 243 del 2012, stabilisce una serie di sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466. In particolare:
a) l’ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato. In questa stessa misura sono assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali le province della Regione siciliana e della regione Sardegna. Gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. Le suddette riduzioni, in linea con quanto previsto dall'articolo 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012, devono essere recuperate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti per ciascun anno. In caso di incapienza, per uno o più anni del triennio di riferimento, gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue di ciascuna quota annuale, entro l'anno di competenza delle medesime quote. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228. Tale disposizione è stata censurata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 101 del 2018, nella parte in cui prevede che gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Friuli-Venezia Giulia siano tenuti a versare l'importo della sanzione per il mancato conseguimento dell'obiettivo di finanza pubblica al bilancio dello Stato anziché a quello delle suddette autonomie speciali. In proposito, la Corte ha fatto presente che alle autonomie speciali "è demandato, nell'ambito della propria competenza in materia di finanza locale, il finanziamento dei propri enti e la responsabilità dell'obiettivo macroeconomico assegnato";
b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma inadempiente è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, l'importo corrispondente ad un terzo dello scostamento registrato. Il versamento va effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello dell'inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale;
c) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegni effettuati nell’anno precedente ridotti dell'1 per cento. La sanzione si applica con riferimento agli impegni riguardanti le funzioni esercitate in entrambi gli esercizi. A tal fine, l’importo degli impegni correnti dell’anno precedente e quello dell’anno in cui si applica la sanzione sono determinati al netto di quelli connessi a funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi, nonché al netto degli impegni relativi ai versamenti al bilancio dello Stato effettuati come contributo alla finanza pubblica;
d) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restano esclusi i mutui già autorizzati e non ancora contratti. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento dell’obiettivo di cui al comma 466. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;
e) nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le città metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l’esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, ovvero nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
f) nell'anno successivo a quello di inadempienza il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.
La disposizione neutralizza le richiamate sanzioni nei riguardi delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna.
L'emendamento tiene conto delle richieste avanzate dall'UPI nel corso dell'audizione sul decreto-legge in esame (sebbene la proposta emendativa formulata da UPI mirasse a neutralizzare per il 2018 la sanzione prevista all'art.1, comma 723, lettera a), della legge 208/2015, consistente nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio nella misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato).
In quell'occasione, l'UPI ha rimarcato che le criticità di carattere finanziario delle province rendono necessario evitare l'applicazione delle sanzioni agli enti di area vasta che non hanno rispettato il predetto saldo anche nell'anno 2017. Ciò anche al fine di non vanificare le opportunità relative alla riorganizzazione degli enti a seguito dello sblocco del turn over.
Articolo 1-bis (emendamento 1.0.7)
(Spazi finanziari degli enti locali)
L'emendamento 1.0.7 - approvato in sede referente - introduce un articolo volto a consentire alle regioni e alle province autonome, per l'anno 2018, di rendere disponibili ulteriori spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio.
La cessione di ulteriori spazi finanziari è effettuata sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale (art. 10 della legge n. 243 del 2012).
Inoltre le regioni e le province autonome sono tenute a comunicare, entro il 30 settembre 2018, per il corrente anno:
ü agli enti locali interessati, i saldi obiettivo rideterminati;
ü al Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento del rispetto dell'equilibrio del di saldo non negativo fra entrate finali e spese finali (secondo quanto previsto all'articolo 9, comma 1, della legge n. 243 del 2012), dettagliati con riferimento a ciascun ente locale e alla stessa regione o provincia autonoma.
Detta comunicazione è effettuata attraverso il sistema web dedicato al pareggio di bilancio.
L'emendamento in esame prospetta, per l'anno 2018, una opportunità di messa a disposizione di spazi finanziari per gli enti locali ulteriore rispetto a quanto previsto, in via ordinaria, dalla procedura, già esaurita per il corrente anno, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 21 del 2017 (richiamato dall'emendamento in esame).
La procedura a regime per la cessione di spazi finanziari da parte delle regioni e delle province autonome agli enti locali del proprio territorio è disciplinata dall'art. 2 del citato regolamento.
Si tratta del regolamento che ha stabilito criteri e modalità di attuazione dell'articolo 10, comma 5, della legge n. 243 del 2012, in materia di ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali.
La procedura per giungere alle intese regionali prende avvio con la pubblicazione da parte di regioni e province autonome, entro il 15 gennaio di ogni anno, di apposito avviso sui propri siti istituzionali, contenente le modalità di presentazione delle domande di cessione e acquisizione degli spazi finanziari, e con la contestuale comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato l'avvio dell'iter attraverso il sistema web dedicato al pareggio di bilancio (art.2, comma 1).
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni comunicano le domande di cessione e acquisizione degli spazi finanziari entro il termine del 28 febbraio di ciascun anno.
Le intese per l'attribuzione degli spazi disponibili sono approvane con delibera di Giunta della regione o delle province autonome entro il termine del 31 marzo di ciascun anno, previo parere favorevole del Consiglio delle autonomie locali (e, ove non istituito, dei rappresentanti regionali delle autonomie locali) (art.2, comma 6).
L'art. 2, comma 8, stabilisce che la cessione di spazi finanziari, per i quali non è prevista la restituzione negli esercizi successivi, possa essere effettuata per uno o più esercizi successivi, con l'obiettivo di promuovere gli investimenti nei settori strategici del territorio regionale o della provincia autonoma.
Articolo 2, comma 3 (emendamenti 2.3 e 2.100)
(Proroga del termine per la cessazione del temporaneo ripristino delle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio)
L'emendamento 2.3 integra il comma 3 dell'articolo 2 del decreto legge in conversione, prorogando al 31 dicembre 2021 il termine per il temporaneo ripristino anche delle sezioni distaccate di Lipari e Portoferraio.
L'articolo 2, comma 3, nella formulazione vigente, proroga il termine per la cessazione del temporaneo ripristino, previsto dall'art. 10 del decreto correttivo della cd. geografia giudiziaria, della sola sezione distaccata di tribunale ad Ischia.
Il comma 3 dell'articolo 2, quindi come modificato dall'emendamento 2.3., modifica i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10 del D.lgs. n. 14 del 2014 (decreto correttivo della c.d. geografia giudiziaria).
Tali comma dispongono fino al 31 dicembre 2016 (termine prorogato dal decreto-legge n. 210 del 2015 al 31 dicembre 2018), il ripristino rispettivamente delle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio
Il comma 3 dell'articolo 2, come modificato dall'emendamento 2.3., inoltre interviene sul comma 13 dell'articolo 10 del decreto legislativo del 2014, il quale nella sua formulazione vigente prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017 le disposizioni del presente articolo cessano di avere efficacia e opera la tabella A dell'ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941) come modificata dalla tabella di cui all'allegato II del decreto legislativo del 2014. Il comma 3 in esame proroga, quindi, tale termine al 1° gennaio 2022.
L'emendamento 2.100, del relatore, inoltre modifica il comma 3 dell'articolo 2, introducendovi la clausola di invarianza finanziaria.
Articolo 2, comma 3-bis (emendamento 2.12)
(Modifica del termine per il versamento del contributo per l'assicurazione per la responsabilità civile dei notai)
L'emendamento 2.12, proponendo l'inserimento di un ulteriore comma all'articolo 2, anticipa al 26 febbraio di ciascun anno il termine - attualmente fissato al 28 febbraio- entro il quale deve essere riscosso dal Consiglio nazionale del notariato il contributo relativo alle forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile.
L'articolo 1, comma 139, lett. e), n. 1 della legge di stabilità 2016 (L. n. 208 del 2015) ha separato dalla contribuzione generale dei singoli notai al Consiglio nazionale del notariato la quota annuale destinata a coprire gli oneri dell'assicurazione professionale obbligatoria. La legge di stabilità 2016 ha quindi novellato l'articolo 19 della legge n. 89 del 2013 stabilendo per i notai l'obbligo di versare annualmente il contributo relativo alle forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile e prevedendo che detto contributo debba essere riscosso dal Consiglio nazionale del notariato per il tramite degli Archivi notarili, entro il 28 febbraio di ciascun anno.
E' opportuno ricordare che le altre contribuzioni cui sono tenuti i notai attraverso gli Archivi notarili (tassa archivio, contributi previdenziali e contributi ordinari) hanno come termine il giorno 26 di ogni mese.
La proposta emendativa approvata dalla Commissione quindi si limita ad uniformare il termine per il versamento del contributo relativo alle forme di collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile con quello previsto per gli altri versamenti agli Archivi notarili.
Articolo 2, comma 3-bis (identici emendamenti da 2.15 a 2.18)
(Disciplina transitoria per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato)
Gli identici emendamenti 2.15, 2.16, 2.17 e 2.18 modificando l'articolo 49 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di riforma della professione forense, differiscono di ulteriori due anni l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame di abilitazione. Le nuove modalità di svolgimento entreranno quindi in vigore a partire dalla sessione d'esame 2019 anziché dalla sessione 2017.
L’articolo 49 originario prevedeva un’applicazione graduale della nuova disciplina sull’esame di Stato, stabilendo che per i primi due anni dalla data di entrata in vigore della nuova legge l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato si dovesse effettuare, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti. Le nuove modalità di svolgimento sarebbero dovute quindi entrare in vigore a partire dalla sessione d'esame 2015. Così non è stato, in quanto il D.L. n. 192 del 2014 (come conv. dalla L. n. 11 del 2015) è intervenuto sulla disposizione differendo di ulteriori due anni l'entrata in vigore della disciplina.
E' appena il caso di ricordare che l'articolo 46 della succitata legge ha previsto una nuova articolazione dell'esame di Stato. Le prove scritte rimangono tre, ossia la redazione di un parere motivato in materia regolata dal codice civile il primo e in materia regolata dal codice penale il secondo, ma da scegliere tra due questioni; inoltre la terza prova scritta consiste nella redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto tra il diritto privato, il diritto penale ed il diritto amministrativo, in materia pure scelta dal candidato. La novità principale consiste nel fatto che le prove scritte dovranno essere svolte con il solo ausilio dei testi di legge senza codici commentati. La disposizione ha introdotto anche una nuova fattispecie di reato a carico di chiunque faccia pervenire ai candidati all’interno della sede d’esame testi relativi al tema proposto (reclusione fino a tre anni); gli stessi candidati destinatari dei testi sono denunciati al consiglio distrettuale di disciplina del distretto competente per il luogo di iscrizione al registro dei praticanti, per i provvedimenti di sua competenza; e va tenuto conto che nel caso di condanna disciplinare irrogata durante il periodo di pratica la pena va scontata anche una volta superato l'esame ed ottenuta l'iscrizione all'albo degli avvocati.
Per la prova orale (la disciplina antecedente alla riforma del 2012 indicava 5 materie a scelta tra 12, di cui almeno una processuale), oltre alle materie obbligatorie (ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale) aumentano le materie tra cui scegliere le ulteriori due da portare all'orale (diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto comunitario ed internazionale privato, diritto tributario, diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario e penitenziario). Novità rilevante appare l'obbligo, per la commissione d'esame, di motivazione del voto assegnato alle prove scritte (osservazioni scritte, positive e negative, su specifici punti degli elaborati). Ad un regolamento del ministro della giustizia, sentito il CNF, è demandata la disciplina dello svolgimento dell'esame di Stato e della valutazione delle prove, sulla base di specifici parametri.
Articolo 3, comma 1-bis (emendamento 3.15)
(Proroga di termini in materia di vendita di energia elettrica e gas naturale)
L'emendamento 3.15 - approvato nel corso dell'esame in sede referente - rinvia (dal 1° luglio 2019) al 1º luglio 2020:
- la cessazione del regime “di maggior tutela” nel settore del gas naturale;
Al riguardo si ricorda che l'articolo 1, comma 59, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ha disposto l'abrogazione, a partire dal 1° luglio 2019, della disciplina che prevede la definizione da parte dell’Autorità per l’energia delle tariffe del gas per i consumatori che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero. La data della cessazione del regime di “maggior tutela” nel settore del gas naturale è stata infatti fissata al 1° luglio 2019: è la data dell’abrogazione della disciplina transitoria che prevede la definizione amministrativa delle tariffe del gas naturale nella vendita ai consumatori domestici che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero.
- la cessazione del regime di “maggior tutela” nel settore dell’energia elettrica.
L'articolo 1, comma 60, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ha previsto l'abrogazione, a decorrere dal 1° luglio 2019, della disciplina transitoria che prevede la definizione amministrativa delle tariffe dell’energia elettrica nella vendita ai consumatori domestici e ai piccoli consumatori industriali. La disposizione citata ha inoltre introdotto un servizio di salvaguardia, regolato dall’Autorità di settore, attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero, al fine di garantire la continuità della fornitura a determinate tipologie di clienti che, al superamento del regime di maggior tutela si trovino senza fornitore.
Il comma 60 in esame era intervenuto sulle disposizioni di recepimento del c.d. “terzo pacchetto energia” (d.lgs. 93/2011), abrogando la norma (articolo 35, comma 2) che prevede la determinazione dei prezzi dell’energia elettrica da parte dell'Autorità per l'energia per:
· i clienti finali civili;
· le imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro;
· che non scelgano un fornitore sul mercato libero.
A tal fine novella i co. 59 e 60 dell'art. 1 della legge 124/2017.
Articolo 3, comma 1-bis (emendamento 3.16 (testo 3))
(Proroghe in materia di incentivazione degli impianti alimentati con fonti rinnovabili diverse dall'energia fotovoltaica)
L'emendamento 3.16 (testo 3) - approvato nel corso dell'esame in sede referente - proroga di 24 mesi il termine entro il quale - ai sensi dell'art. 11, co. 1, DI 23 giugno 2016 - gli impianti inclusi nelle graduatorie pubblicate dal GSE devono entrare in esercizio per l’accesso ai meccanismi di incentivazione previsti dal medesimo DI.
In particolare, la citata disposizione prevede i seguenti termini, decorrenti dalla data della comunicazione di esito positivo della procedura di registro:
|
Mesi |
Eolico onshore |
19 |
Idroelettrico (*) |
31 |
Geotermoelettrico |
51 |
Biomasse e biogas di cui all’articolo 8, comma 4, lettere a), b) e d), gas di depurazione e gas di discarica e bioliquidi sostenibili |
31 |
Oceanica (comprese maree e moto ondoso) |
39 |
Solare Termodinamico |
31 |
(*) Per impianti idroelettrici con lavori geologici in galleria finalizzati a migliorare l’impatto ambientale il termine è elevato a 39 mesi. |
L'emendamento in esame limita la proroga alle seguenti categorie:
· impianti geotermoelettrici, ivi inclusi quelli autorizzati dalle regioni o province delegate, che rispettano i requisiti stabiliti dall'art. 1, co. 3-bis, d.lgs. 22/2010.
Tale disposizione prevede che al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono altresì di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW. Gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale.
· impianti solari termodinamici, inseriti in posizione utile nelle graduatorie pubblicate dal GSE, a seguito delle procedure di registro disciplinate dagli artt. 9 e 10 del citato DI 23 giugno 2016.
Si osserva che, con disposizione legislativa, si proroga un termine previsto da una fonte subordinata.
Articolo 4, comma 1-bis (emendamento 4.2 e identici)
(Programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane)
Gli identici emendamenti 4.2, 4.3, 4.4, 4.5 e 4.6, approvati in sede referente, modificano l'articolo 1, comma 1078, della legge di bilancio per il 2018. A tale riguardo, si ricorda che i commi 1076-1078 di quella legge recano autorizzazioni di spesa per la realizzazione di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane. In particolare, il comma 1078 prevede che sia prodotta la certificazione dell’avvenuta realizzazione degli interventi in questione (da parte delle province e delle città metropolitane) entro il 31 marzo successivo all'anno di riferimento. Con la modifica in esame il termine del 31 marzo viene prorogato al 30 giugno successivo all'anno di riferimento.
La certificazione avviene mediante apposita comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In caso di mancata o parziale realizzazione degli interventi, le corrispondenti risorse assegnate alle singole province o città metropolitane sono versate ad apposito capitolo dello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito dal comma 140 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016). La norma, in particolare, richiama il comma 1072 della legge in esame, che rifinanzia tale fondo.
Articolo 4, comma 3-bis (identici emendamenti 4.15 e 4.16)
(Misure sul trasporto pubblico locale)
Gli identici emendamenti 4.15 e 4.16 approvati in sede referente propongono una modifica all'articolo 27, comma 2, lett. d) del decreto-legge n. 50 del 2017. Tale comma 2 reca nuovi criteri per il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario.
La disciplina recata dalla lettera d) interviene ai fini di incentivare, a regime, l’affidamento con procedura ad evidenza pubblica attraverso una penalizzazione economica a forme di affidamento diretto a società in house, nonché di promuovere il rispetto delle misure adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti in materia di estensione dei bacini di gara, schemi di bandi di gara e convenzioni da inserire nei capitolati di gara, nomina delle commissioni aggiudicatrici, contratti di servizio stipulati con società affidatarie in house del servizio di TPL, insussistenza di condizioni discriminatorie nei bandi di gara relativi al trasporto ferroviario regionale. A tal fine la citata lettera d), prevede, quale penalizzazione, una riduzione in ciascun anno delle risorse del Fondo da trasferire alle regioni.
La riduzione non si applica ai contratti di servizio affidati alla data del 30 settembre 2017 in conformità alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia), sino alla loro scadenza, nonché per i servizi ferroviari regionali nel caso di avvenuta pubblicazione alla medesima data ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del medesimo regolamento. Quest'ultimo reca disposizioni relative ai contenuti della pubblicazione che deve essere effettuata, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, almeno un anno prima dell'inizio della procedura di gara o un anno prima dell'aggiudicazione diretta del contratto.
Con la modifica in esame si stabilisce che la riduzione non si applichi per i servizi ferroviari regionali in caso di pubblicazione dell'avviso entro il 2 dicembre 2018.
Articolo 4, comma 3-bis (emendamenti 4.18)
(Trasferimenti regionali a province e città metropolitane per funzioni conferite)
L'emendamento 4.18, approvato in sede referente, rende meno stringenti le condizioni, stabilite dall'articolo 39, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017, per il riconoscimento alle regioni di una quota del 20 per cento del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale.
In particolare, si rammenta che l'articolo 39, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo) dispone, per finalità di coordinamento della finanza pubblica, che per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20 per cento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale è riconosciuta alla regione a condizione che la stessa, entro il 30 giugno di ciascun anno, abbia certificato - mediante intesa in sede di Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno - l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite, in conformità alla legge regionale di attuazione dell’Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell’11 settembre 2014 (per ulteriori informazioni sul Fondo in questione si rinvia al dossier sul decreto-legge n. 50 del 2017).
L'emendamento in esame rende meno stringente tale condizione limitandone la cogenza al solo anno 2017, anziché al quadriennio 2017-2020. Conseguentemente, è sufficiente che la regione abbia ottemperato all'obbligo di certificare l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana del proprio territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite entro il 30 giugno del 2017, per potersi vedere riconoscere l'intera quota ad essa spettante del Fondo in questione.
Articolo 4-bis (emendamento 4.0.2 (testo 2))
(Proroga di termini in materia di emittenti radiotelevisive locali)
L'emendamento 4.0.2 (testo 2) proroga alcuni termini in materia di emittenti radiofoniche e televisive.
Più nel dettaglio la disposizione modifica il comma 2 dell'articolo 4 del d.P.R. n. 146 del 2017, il quale, in attuazione di quanto previsto dal comma 163 dell'articolo 1, della legge n. 208 del 2015, detta i requisiti di ammissione delle emittenti locali ai contribuiti per esse stanziati.
Il comma 2 dell'articolo 4 prevede che sono ammesse ad usufruire dei contributi le emittenti radiofoniche che abbiano un numero minimo di 2 dipendenti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali sulla base di apposite attestazioni rilasciate dagli enti previdenziali interessati nei trenta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda, occupati con contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato, con almeno un giornalista. Sono inclusi nel calcolo di cui al presente comma i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato. Per i dipendenti in cassa integrazione, con contratto di solidarietà e per quelli a tempo parziale si deve tener conto della percentuale dell'impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. Per il presente requisito si prende in considerazione il numero medio dei dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando che tale requisito deve essere posseduto alla data di presentazione della domanda. In via transitoria, precisa la norma, per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prende in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda.
L'emendamento 4.0.2 interviene proprio sul regime transitorio prevedendo che esso sia esteso anche all'anno 2019 precisando che per le domande presentate in tale anno si debbano prendere in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell'esercizio precedente, fermo restando che tale requisito dovrà essere posseduto anche all'atto di presentazione della domanda. Della nuova disciplina transitoria si dovrà quindi tenere conto al momento dell'assegnazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione destinate - ai fini della realizzazione di obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative- alle emittenti televisive commerciali
Comma 160
In vigore dal 24 giugno 2017
160. Per gli anni dal 2016 al 2018, le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per l'anno 2016 sono riversate all'Erario per una quota pari al 33 per cento del loro ammontare per l'anno 2016 e del 50 per cento per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per essere destinate: a) all'ampliamento sino ad euro 8.000 della soglia reddituale prevista dall'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ai fini della esenzione dal pagamento del canone di abbonamento televisivo in favore di soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni; b) al finanziamento, fino ad un importo massimo di 125 milioni di euro in ragione d'anno, del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze; c) al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni. Le somme di cui al presente comma sono ripartite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che stabilisce altresì le modalità di fruizione dell'esenzione di cui alla lettera a), ferma restando l'assegnazione alla società RAI-Radiotelevisione italiana Spa della restante quota delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento. Le quote delle entrate del canone di abbonamento già destinate dalla legislazione vigente a specifiche finalità sono attribuite sulla base dell'ammontare delle predette somme iscritte nel bilancio di previsione per l'anno 2016, ovvero dell'ammontare versato al predetto titolo nell'esercizio di riferimento, se inferiore alla previsione per il 2016. Le somme di cui al presente comma non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo.
Comma 163
In vigore dal 1 gennaio 2016
163. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo di cui alla lettera b) del comma 160, da assegnare in favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali per la realizzazione di obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione dell'uso di tecnologie innovative. (66)
(66) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 23 agosto 2017, n. 146.
Art. 4. Requisiti di ammissione
1. Sono ammesse ad usufruire dei contributi le emittenti televisive di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a):
a) che, per ogni marchio/palinsesto e per ogni regione per cui viene richiesto il contributo, abbiano un numero di dipendenti compresi i giornalisti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali sulla base di apposite attestazioni rilasciate dagli enti previdenziali interessati nei trenta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda, effettivamente applicati all'attività di fornitore dei servizi media audiovisivi nella medesima regione e per il medesimo marchio/palinsesto, a tempo indeterminato e determinato, rapportato alla popolazione residente del territorio in cui avvengono le trasmissioni, secondo gli scaglioni di seguito indicati. Sono inclusi nel calcolo i lavoratori part time e quelli con contratto di apprendistato; per i dipendenti in cassa integrazione guadagni, con contratti di solidarietà e per quelli a tempo parziale si deve tener conto delle percentuali di impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. In via transitoria, per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prende in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda; per le domande inerenti all'anno 2019, si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell'esercizio precedente, fermo restando che il presente requisito dovrà essere posseduto anche all'atto della presentazione della domanda; per le domande a partire dall'anno 2020, si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando che il presente requisito dovrà essere posseduto anche all'atto della presentazione della domanda:
1) pari ad almeno 14 dipendenti di cui almeno 4 giornalisti se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia più di 5 milioni di abitanti;
2) pari ad almeno 11 dipendenti di cui almeno 3 giornalisti se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia tra 1,5 e 5 milioni di abitanti;
3) pari ad almeno 8 dipendenti di cui almeno 2 giornalisti se il territorio nell'ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia fino a 1,5 milioni di abitanti;
b) che, a partire dalla domanda relativa all'anno 2018, per i soli marchi/palinsesti per i quali presentano la domanda, assumano l'impegno di non trasmettere programmi di televendita nella fascia oraria 7-24, in quantità superiore ai seguenti limiti:
1) 40 per cento relativamente alla domanda per l'anno 2018;
2) 30 per cento relativamente alla domanda per l'anno 2019;
3) 20 per cento a partire dalla data di presentazione della domanda per l'anno 2020;
c) che aderiscono al codice di autoregolamentazione in materia di televendite, approvato dalla Commissione per l'assetto del sistema radiotelevisivo il 14 maggio 2002 e sottoscritto dalle emittenti e dalle associazioni firmatarie il 4 giugno 2002, al codice di autoregolamentazione sulla tutela dei minori in TV, approvato dalla Commissione per l'assetto del sistema radiotelevisivo il 5 novembre 2002 e sottoscritto dalle emittenti e dalle associazioni firmatarie il 29 novembre 2002 e al Codice di autoregolamentazione delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 21 gennaio 2008, n. 36;
d) a partire dalla domanda relativa all'anno 2019, che per i marchi/palinsesti per i quali presentano la domanda siano state trasmesse, nell'anno solare precedente a quello della presentazione della domanda, almeno due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale nella fascia oraria 7 - 23.
2. Sono ammesse ad usufruire dei contributi le emittenti radiofoniche di cui alle lettere b) e c) dell'articolo 3 che abbiano un numero minimo di 2 dipendenti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali sulla base di apposite attestazioni rilasciate dagli enti previdenziali interessati nei trenta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda, occupati con contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis, lettera a), del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, con almeno un giornalista. Sono inclusi nel calcolo di cui al presente comma i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato. Per i dipendenti in cassa integrazione, con contratto di solidarietà e per quelli a tempo parziale si deve tener conto della percentuale dell'impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. Per il presente requisito si prende in considerazione il numero medio dei dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando che tale requisito deve essere posseduto alla data di presentazione della domanda. In via transitoria, per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prende in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda.
3. I soggetti beneficiari di cui all'articolo 3 sono ammessi ad usufruire dei contributi a condizione che, dai controlli effettuati dal Ministero, non emerga la non veridicità del contenuto delle dichiarazioni presentate negli ultimi tre anni nell'ambito di procedure per la concessione del medesimo contributo, anche ai sensi della previgente disciplina e, qualora si tratti degli stessi soggetti che svolgono anche l'attività di operatore di rete televisiva in ambito locale, pur in regime di separazione contabile, che risultino in regola con il versamento di contributi annuali e diritti amministrativi nei confronti del Ministero.
Articolo 6, comma 1 (emendamento 6.1)
(Abilitazione scientifica nazionale)
Il comma 1 proroga al 31 ottobre 2018 il termine entro il quale la commissione esaminatrice per il conferimento dell'Abilitazione scientifica nazionale (ASN) deve concludere la valutazione delle domande relative al V quadrimestre della tornata ASN 2016-2018. L'emendamento 6.1 (che assorbe l'em. 6.2) - approvato nel corso dell'esame in sede referente - specifica che la proroga in esame si riferisce, in via transitoria, solo alle procedure di abilitazione ancora pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Nella relazione illustrativa si precisa che la disposizione in oggetto intende prorogare dal 6 agosto 2018 al 30 ottobre 2018 (presumibilmente per effetto di un refuso, essendo il termine di scadenza della proroga fissato al 31 ottobre 2018) il termine per il completamento delle attività riferite al V quadrimestre della tornata ASN 2016-2018, in considerazione del fatto che, con riferimento al predetto quadrimestre, è stato registrato il più alto numero complessivo di domande rilevato nell’ambito della tornata 2016-2018, ossia 21749 domande a fronte di 20369 del I quadrimestre, 4768 del II quadrimestre, 3824 del III quadrimestre, 7621 del IV quadrimestre.
La disposizione in oggetto, peraltro, così come formulata all'articolo 6, comma 1, del decreto legge n. 91 del 2018, può ingenerare l'equivoco che il termine oggetto di proroga sia quello ordinario relativo all'articolo 8, comma 3, del DPR 95/2016, che ha previsto che la valutazione debba concludersi entro 3 mesi, decorrenti dalla scadenza del quadrimestre nel corso del quale è stata presentata la domanda. Su tale previsione è intervenuto l'articolo 4, comma 5-sexies, del decreto legge 244/2016 - aggiunto dalla legge di conversione 24/2007 - che ha prorogato tale termine di 30 giorni.
L'emendamento in oggetto opportunamente specifica che la proroga si riferisce solo alle procedure pendenti, eliminando dubbi ermeneutici sul versante applicativo.
Con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1532, è stata definita, per il primo biennio, la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale. In base all'art. 2 del D.D. 1532/2016, la domanda di partecipazione doveva essere presentata, ai sensi di quanto disposto dall'art. 3 del DPR 95/2016, durante tutto l'anno, con modalità telematiche e secondo i seguenti termini:
§ I quadrimestre: a decorrere dalla data della pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale (GU 4? Serie Speciale -n. 61 del 2 agosto 2016) ed entro le ore 15.00 del 2 dicembre 2016;
§ II quadrimestre: a decorrere dal 3 dicembre 2016 ed entro le ore 15.00 del 3 aprile 2017;
§ III quadrimestre: a decorrere dal 4 aprile 2017 ed entro le ore 15.00 del 4 agosto 2017;
§ IV quadrimestre: a decorrere dal 5 agosto 2017 ed entro le ore 15.00 del 5 dicembre 2017;
§ V quadrimestre: a decorrere dal 6 dicembre 2017 ed entro le ore 15.00 del 6 aprile 2018.
Per ulteriori approfondimenti sulla tematica si veda il Focus del Servizio Studi della Camera su "La disciplina per il reclutamento dei professori e per il conferimento di contratti per ricercatore universitario".
Articolo 6, commi 3-bis e 3-ter (emendamento 6.4)
(Adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici ed asili nido)
L'emendamento 6. 4 - approvato nel corso dell'esame in sede referente - aggiunge i commi 3-bis e 3-ter all'articolo 6 del decreto legge n. 91 del 2018, recante proroga di termini in materia di istruzione ed università. Con il comma 3-bis, si differisce (dal 31 dicembre 2017) al 31 dicembre 2018 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio, nei casi in cui a ciò non si sia già proceduto.
Con il comma 3-ter si differisce (dal 31 dicembre 2017) al 31 dicembre 2018 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici e locali adibiti ad asilo nido, nei casi in cui a ciò non si sia già provveduto.
Con riferimento al comma 3-bis dell'articolo 6, si ricorda che l’art. 10-bis del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha previsto che le vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi per l'edilizia scolastica dovevano essere attuate entro il 31 dicembre 2015 e che con decreto del Ministro dell'interno – che doveva essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – dovevano essere definite e articolate, con scadenze differenziate, le prescrizioni per l'attuazione.
Successivamente, l’art. 4, co. 2, del D.L. 210/2015 (convertito in L. 21/2016) ha disposto che l’adeguamento delle strutture scolastiche dovesse essere completato entro 6 mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale di cui all’art. 10-bis del D.L. 104/2013, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Il decreto del Ministro dell’interno è stato adottato, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in data 12 maggio 2016 (D.I. 12 maggio 2016).
Il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alla normativa antincendio è stato prorogato, nei casi in cui a ciò non si fosse già provveduto, al 31 dicembre 2017 dall'art. 4, co. 2, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) oggetto di novella con la proposta emendativa in oggetto.
Con D.I. 21 marzo 2018 sono state adottate le disposizioni applicative della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido.
Il comma 3-ter dell'articolo 6 novella invece il comma 2-bis dell'articolo 4 del D.L. 244/2016 (L.19/2017), prorogando al 31 dicembre 2018 il termine di adeguamento della normativa antincendio per edifici e locali adibiti ad asili nido, inizialmente fissato al 31 dicembre 2017.
A tale riguardo si ricorda che il predetto comma 2-bis dell'articolo 4 - introdotto in sede di conversione del decreto legge n. 244/2016 (convertito poi in L. 19/2017) - ha stabilito al 31 dicembre 2017 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici ed i locali adibiti ad asilo nido, per i quali, alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, non si fosse ancora provveduto all'adeguamento antincendio previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera a) del decreto del Ministero dell'interno 16 luglio 2014, in relazione agli adempimenti richiesti dalla medesima lettera a). Tali adempimenti - quali stabiliti nella disposizione richiamata - concernono le caratteristiche costruttive degli asili nido esistenti con più di 30 persone presenti (riguardo a separazioni e comunicazioni, resistenza al fuoco, scale, numero di uscite ed altre disposizioni).
Restano fermi i termini indicati per gli altri adempimenti previsti (dalle lettere b) e c) dell'articolo 6, comma 1, del DM citato).
Successivamente è stato adottato il citato D.I. 21 marzo 2018, recante applicazione della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido.
Articolo 6, comma 3-bis (emendamenti 6.10 e 6.11)
(Effetti delle violazioni degli obblighi di vaccinazione relativi ai minori)
Gli emendamenti identici 6.10 e 6.11, approvati in sede referente, propongono di differire al calendario annuale per i servizi educativi per l'infanzia per il 2019-2020 e all'anno scolastico 2019-2020 l'applicazione del divieto di accesso ai servizi educativi per l'infanzia ed alle scuole dell'infanzia (o cosiddette materne), divieto relativo ai minori per i quali non siano stati adempiuti gli obblighi di vaccinazione previsti dalla normativa.
Si ricorda che gli obblighi in oggetto sono stati ridefiniti dal D.L. 7 giugno 2017, n. 73 (convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2017, n. 119). Quest'ultima disciplina prevede, in caso di mancato adempimento degli obblighi ivi contemplati, il divieto di accesso, con esclusivo riferimento ai servizi educativi ed alle scuole suddetti, mentre per le scuole di ordine e grado successivo l'effettuazione delle vaccinazioni non costituisce requisito di accesso (ferme restando le eventuali sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei soggetti responsabili, a conclusione delle procedure amministrative ivi previste).
Articolo 6, comma 3-bis (emendamento 6.13)
(Verifiche sulle vulnerabilità sismiche degli edifici scolastici)
L'emendamento 6.13 - che assorbe gli emendamenti 9.71, 9.73 e 9.74 e approvato nel corso dell'esame in sede referente - prevede la proroga (dal 31 agosto 2018) al 31 dicembre 2018 il termine entro il quale deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2, con priorità per quelli situati nelle quattro regioni del centro-Italia colpite dal sisma del 24 agosto 2016 e del 26 e 30 ottobre 2016. A tal fine, novellando l'articolo 20-bis, comma 4, del D.L. 8/2017 (convertito in L. 45/2017) viene aggiunto il comma 3-bis all'articolo 6 del decreto legge n. 91 del 2018, recante proroga di termini in materia di istruzione ed università.
Il citato art. 20-bis, co. 4, stabilisce che, entro il 31 agosto 2018, ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone sismiche 1 e 2, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati 1 e 2 del D.L. 189/2016, dovesse essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica.
Qui la pagina dedicata alle verifiche sismiche sulle scuole e agli interventi di adeguamento strutturale e antisismico presente sul sito del Dipartimento della Protezione civile.
L'art. 20-bis del D.L. 8/2017 – come modificato, da ultimo, dall'art. 11-ter, co. 3, D.L. 91/2017 (convertito in L. 123/2017) – ha destinato alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici situati nelle zone sismiche 1 e 2, nonché alla progettazione dei relativi eventuali interventi di adeguamento antisismico, le risorse non utilizzate di cui all'art. 1, co. 161 della L. 107/2015, come accertate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, disponendo che almeno il 20% delle risorse debba essere riservato alle quattro regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 (Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria). Ha inoltre stabilito che, entro il 31 agosto 2018, ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone sismiche 1 e 2 deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica.
Il MIUR, con D.M. 8 agosto 2017, ha accertato economie per 105.112.190,27 euro.
A sua volta, l'art. 41, co. 3, D.L. 50/2017 (convertito in L. 96/2017), istituendo nello stato di previsione del MEF un Fondo da ripartire per accelerare le attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017, ha disposto che le risorse dello stesso siano destinate, fra l'altro, al finanziamento delle verifiche di vulnerabilità degli edifici scolastici di cui all'art. 20-bis, co. 4, del D.L. 8/2017, situati nei comuni di cui all'art. 1, D.L. 189/2016, nonché di edifici scolastici situati nei Comuni della zona sismica 1, e alla realizzazione di progetti di ripristino e adeguamento antisismico.
Conseguentemente, con nota Prot. 8008 del 28 marzo 2018, è stato pubblicato dal MIUR l'avviso con il quale sono state rese disponibili le risorse stanziate ed è stata successivamente approvata la graduatoria con D.D. n. 363 del 18 luglio 2018. I suddetti atti sono consultabili sul sito Internet del MIUR.
Articolo 8, comma 4-bis (emendamento 8.4 (testo 3))
(Imposte di consumo su prodotti succedanei dei prodotti da fumo)
L'emendamento 8.4 (testo 3), approvato in sede referente, propone di sospendere fino al 18 dicembre 2018 i termini per il pagamento delle imposte di consumo dovute su alcuni prodotti succedanei dei prodotti da fumo.
La sospensione concerne le imposte di consumo (di cui all'art. 62-quater, commi 1 e 1-bis, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) su: i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo; i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali.
Articolo 8, comma 4-bis (emendamento 8.8 (testo 2))
(Medicinali omeopatici)
L'emendamento 8.8 (testo 2), approvato in sede referente, propone di differire dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 la scadenza della possibilità, per i medicinali omeopatici prodotti in un Paese dell'Unione europea e presenti sul mercato italiano alla data del 31 dicembre 1992, di essere mantenuti in commercio in base alla precedente autorizzazione e senza previo rinnovo della medesima.
Articolo 8-bis (emendamento 8.0.2)
(Riapertura dei termini di notifica degli stabilimenti all'autorità sanitaria)
L'emendamento 8.0.2, approvato in sede referente, propone di riaprire, limitatamente ai produttori artigianali, il termine per la comunicazione all'autorità sanitaria territorialmente competente degli stabilimenti che eseguono le attività di cui al regolamento n. 2023/2006/CE, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.
La riapertura del termine riguarda esclusivamente i produttori artigianali che già operino.
In base alla disciplina vigente, il termine di comunicazione, a carico dei produttori (anche non artigianali) già operanti nelle attività suddette, è scaduto il 31 luglio 2017.
Articolo 9, comma 2 (emendamento 9.5 (testo 2))
(Minori riduzioni del Fondo di solidarietà
per i comuni colpiti dal sisma)
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 9.5 (testo 2), che propone la riformulazione dell’articolo 9, comma 2, rideterminando la percentuale di partecipazione alla riduzione di risorse a titolo di Fondo di solidarietà comunale, introdotta per finalità di contenimento della spesa pubblica dalla legge di stabilità 2015, da applicare nell’anno 2019 e 2020 nei confronti di alcuni comuni colpiti da eventi sismici che erano stati esentati dal taglio del Fondo negli anni 2015 e 2016.
Rispetto alla normativa vigente, la percentuale da applicare nel 2019 si riduce dal 75 al 50 per cento dell'importo della riduzione non applicata negli anni 2015-2016, mentre la percentuale da applicare nel 2020 si riduce dal 100 al 75 per cento.
Viene, inoltre, specificato che a decorrere dall'anno 2021 la percentuale da applicare sarà pari al 100 per cento dell'importo della riduzione non applicata.
A tal fine, è novellato il comma 436-bis dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).
Si ricorda che l’articolo 1, comma 435, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) ha definito il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica stabilendo una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015[1].
In base al successivo comma 436 (modificato prima dal decreto-legge n. 78 del 2015 e poi dalla legge n. 208 del 2015), per gli anni 2015 e 2016 la riduzione dei trasferimenti a titolo di Fondo di solidarietà - fermo restando l’obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l’intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni - è stata:
- esclusa per i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), individuati dalle lettere a) e b) del citato comma 436;
- applicata nella misura del 50 per cento per i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 nel territorio delle province di Lucca e Massa Carrara, di cui alla lettera c) del comma 436.
Con il decreto-legge n. 113 del 2016 (articolo 2) – che ha introdotto due nuovi commi 436-bis e 436-ter alla legge di stabilità n. 190 del 2014 – era stata disposta una applicazione graduale, a partire dal 2017, della riduzione a valere sul Fondo di solidarietà comunale nei confronti dei comuni che fino al 2016 erano stati esentati dal taglio, in misura pari al:
- 25 per cento nel 2017,
- 50 per cento nel 2018,
- 75 per cento nel 2019,
- 100 per cento a decorrere dal 2020 dell’importo della riduzione non applicata (comma 436-bis).
Era stato altresì definito un incremento graduale della misura a carico di quei comuni nei confronti dei quali la riduzione del Fondo di solidarietà è stata applicata, fino al 2016, nel limite del 50 per cento, in misura pari al 60 per cento nel 2017, 80 per cento nel 2018 e del 100 per cento a decorrere dal 2019 (comma 436-ter).
Con la modifica introdotta dal comma in esame alle lettere c) e d) del comma 436-bis, e con l'introduzione della lettera d-bis), la percentuale di partecipazione alla riduzione del Fondo di solidarietà comunale da applicare nell’anno 2019 e nell'anno 2020 ai comuni esentati dal taglio nel biennio 2015-2016 viene rideterminata, riducendosi dunque dal 75 al 50 per cento dell'importo della riduzione non applicata per il 2019 e dal 100 per cento al 75 per cento per il 2020.
La norma riguarda, come sopra ricordato, i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo).
Articolo 9 (emendamento 9.1000)
(Svolgimento anno scolastico nelle aree colpite dal sisma)
La proposta emendativa 9.1000 - approvata in sede referente - inserendo un nuovo comma 2-bis all'articolo 2, interviene sull'articolo 18-bis del D.L. n. 189 del 2016, recante misure urgenti per lo svolgimento dell'anno scolastico 2016/2017, cui apporta una serie di novelle.
- Applica anche all'anno scolastico 2018-2019, le previsioni - già previste per l'anno 2017-2018, per i dirigenti degli Uffici scolastici regionali: si ricorda che questi, con riferimento alle istituzioni scolastiche ed educative i cui edifici, siti nelle aree colpite dagli eventi sismici a far data dall'agosto 2016, sono stati dichiarati parzialmente o totalmente inagibili, a quelle ospitate in strutture temporanee di emergenza e a quelle che ospitano alunni sfollati, al fine di consentire la regolare prosecuzione delle attività didattiche e amministrative, possono derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola, dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 (lett. a).
- Inoltre, estende anche all'anno scolastico 2018-2019 la facoltà prevista per i dirigenti di istituire con loro decreti, previa verifica delle necessità aggiuntive, ulteriori posti di personale, da attivare sino al termine dell'attività didattica dell'anno scolastico nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) (lett. b);
- Per l'adozione di tali misure, il comma 2 della norma novellata autorizza - nella legge vigente - la spesa di euro 5 milioni nell'anno 2016, euro 10 milioni nell'anno 2017 ed euro 5 milioni nell'anno 2018. Con l'emendamento si innalza di ulteriori 3 milioni la spesa per l'anno 2018 (che passa a 8 milioni) e si prevede una nuova spesa di 4,5 milioni nel 2019, introducendo il riferimento a quest'anno. Analoga modifica viene apportata anche al comma 5 della norma novellata, recante la copertura (lettere c) e d) della proposta).
- Con un intervento al comma 5 della norma novellata, si modifica quindi la relativa copertura, inserendo due nuove lettere b-bis e b-ter, che prevedono le corrispettive riduzioni di spesa dell'autorizzazione di cui all'articolo 1, comma 123, della legge n. 107 del 2015, e dell'articolo 1, comma 601 della legge n. 296 del 2006 (lettera e) della proposta).
Il comma 123 della legge 107 del 2015 le finalità di cui al comma 121 della medesima legge autorizza la spesa di euro 381,137 milioni annui a decorrere dall'anno 2015.
Il comma 121 prevede al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, recandone la relativa disciplina.
Il comma 601 prevede invece, a decorrere dall'anno 2007, al fine di aumentare l'efficienza e la celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, in apposita unità previsionale di base, dei seguenti fondi: «Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato» e «Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche». Ai predetti fondi affluiscono gli stanziamenti dei capitoli iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione «Strutture scolastiche» e «Interventi integrativi disabili», nonché gli stanziamenti iscritti nel centro di responsabilità «Programmazione ministeriale e gestione ministeriale del bilancio» destinati ad integrare i fondi stessi nonché l'autorizzazione di spesa di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, quota parte pari a 15,7 milioni dei fondi destinati all'attuazione del piano programmatico di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 28 marzo 2003, n. 53, l'autorizzazione di spesa di cui al comma 634 del presente articolo, salvo quanto disposto dal comma 875. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse di cui al comma in parola nonché per la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione. Al fine di avere la completa conoscenza delle spese effettuate da parte delle istituzioni scolastiche a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla costituzione dei predetti fondi, il Ministero della pubblica istruzione procede a una specifica attività di monitoraggio
- Si introduce un nuovo comma 5-bis nella norma novellata, prevedendo che il fondo di funzionamento di cui all'articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006 sia incrementato di 600.000 € nell'anno 2018, con copertura mediante corrispondente riduzione del fondo di cui dell'articolo 1, comma 123, della legge 107 del 2015 (lettera f) della proposta).
- Conseguentemente, con il comma 2-ter della proposta, si modifica la rubrica dell'articolo 18-bis novellato, che viene ad indicare anche gli anni scolastici 2017-2018 (cui già la norma, nell'articolato, fa riferimento, senza tuttavia ve ne sia menzione nell'attuale rubrica vigente) e 2018-2019.
- Infine, si prevede l'applicazione dell'articolo 18-bis anche ai comuni colpiti dal sisma di Ischia del 21 agosto 2017.
Si ricorda che sull'articolo 18-bis oggetto di novella è intervenuto l'art. 15-octies del D.L. 20/06/2017, n. 91, dettando un'interpretazione autentica in base alla quale l'articolo 18-bis, comma 1, lettera a), interpreta nel senso che per necessità aggiuntive si intendono sia quelle derivanti dall'esigenza di garantire la regolare prosecuzione delle attività didattiche per gli alunni delle istituzioni scolastiche di cui al medesimo articolo 18-bis, comma 1, sia quelle derivanti dalla necessità di garantire una nuova sede di servizio al personale docente ed ATA coinvolto negli eventi sismici, come disciplinata con i contratti collettivi integrativi regionali di cui al medesimo articolo 18-bis, comma 1, lettera b).
Articolo 9 (emendamento 9.44)
(Proroga di termini in materia di interventi di immediata esecuzione)
La proposta emendativa 9.44 - approvata in sede referente - inserisce un co. 2-bis all’art. 9, con il quale si novella l'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, in materia di interventi di immediata esecuzione.
In particolare si proroga:
- al 30 giugno 2019 il termine - attualmente al 31 dicembre 2018 - previsto dal primo periodo della norma novellata, entro il quale gli interessati devono presentare agli Uffici speciali per la ricostruzione la documentazione richiesta secondo le modalità stabilite negli appositi provvedimenti commissariali di disciplina dei contributi per la ricostruzione privata (lettera a) della proposta).
- e al 31 dicembre 2019 il termine - attualmente al 31 luglio 2019 - previsto dal secondo periodo della norma novellata, entro il quale con ordinanza il Commissario straordinario può essere differito il termine previsto dall'esaminato primo periodo (la lettera b della proposta).
Si ricorda che l'articolo 8. Co. 4, prevede, al primo periodo, che entro sessanta giorni dalla data di comunicazione dell'avvio dei lavori e comunque - nel testo vigente - non oltre la data del 31 dicembre 2018, gli interessati devono presentare agli Uffici speciali per la ricostruzione la documentazione richiesta secondo le modalità stabilite negli appositi provvedimenti commissariali di disciplina dei contributi.
Al secondo periodo, prevede che con ordinanza il Commissario straordinario può disporre il differimento del termine previsto dal primo periodo, comunque non oltre - nella norma vigente - il 31 luglio 2019.
Articolo 9, comma 2-bis (emendamento 9.79 (testo 2))
(Estensione di sospensioni di pagamenti al sisma di Ischia)
La proposta emendativa 9.79 (testo 2), approvata in sede referente, inserisce un co. 2-bis all’art. 9, con il quale si estende anche ai comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio di Ischia l'applicazione delle proroghe dei termini di scadenza per il pagamento di fatture, previsti dalle disposizioni di cui all'articolo 2-bis, comma 24, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, in ragione degli eventi sismici nell'isola di Ischia verificatisi il 21 agosto 2017.
In base alla norma richiamata, limitatamente ai soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, della casa di abitazione, dello studio professionale o dell'azienda, è differita alla data del 1° gennaio 2019 la sospensione prevista dall'articolo 48, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, come prorogato dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.
L'articolo 48, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 ha previsto che, con riferimento ai settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate, nonché per i settori delle assicurazioni e della telefonia, la competente autorità di regolazione, con propri provvedimenti, introduce norme per la sospensione temporanea, per un periodo non superiore a 6 mesi a decorrere dal 24 agosto 2016 con riferimento ai Comuni colpiti dal sisma del Centro Italia, dei termini di pagamento delle fatture emesse o da emettere nello stesso periodo, anche in relazione al servizio erogato a clienti forniti sul mercato libero. Si ricorda che con l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, il termine di cui all'articolo 48, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, è stato prorogato di ulteriori 6 mesi, limitatamente ai soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, casa di abitazione, studio professionale o azienda; la proroga è concessa con le modalità di cui al medesimo articolo 48, comma 2.
Articolo 9, comma 2-bis (emendamento 9.86 (testo 2))
(Proroga dei termini di sospensione dal pagamento delle fatture relative ai servizi energetici ed idrici, assicurazioni e telefonia)
L'emendamento 9.86 (testo 2) incide sul termine posto dall'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 55 del 2018 recante "Ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016".
In breve, la novella pospone i termini di sospensione del pagamento delle fatture relative ai servizi energetici ed idrici, assicurazioni e telefonia di cui all’articolo 48, comma 2 del 'decreto-legge sisma' n. 189 del 2016.
Tale posticipazione (prevista al 1° gennaio 2019 dal citato comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 55) è prevista qui al 1° gennaio 2020.
Essa concerne il pagamento delle fatture emesse da società operanti nei settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate, nonché per i settori delle assicurazioni e della telefonia, limitatamente ai soggetti danneggiati che dichiarino l’inagibilità del fabbricato, dell'abitazione, dello studio professionale o dell'azienda, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.
La sospensione di tali termini, inizialmente prevista dall’articolo 48, comma 2, del decreto-legge n. 189 del 2016, è stata più volte posticipata da provvedimenti precedenti a quello in esame, da ultimo il citato comma del decreto-legge n. 55 del 2018, su cui appunto interviene l'emendamento 9.86 (testo 2).
Il comma 2 dell’articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 ha previsto la sospensione dei termini di pagamento delle fatture relative alle utenze localizzate nei comuni colpiti dal sisma, come individuati nell’Allegato 1 del decreto legge per un periodo massimo di 6 mesi a decorrere dal 24 agosto 2016 (dunque fissando la sospensione fino al 24 febbraio 2017), come individuati dall’Allegato 2 a decorrere dal 26 ottobre 2016 (dunque fissando la sospensione fino al 26 aprile 2017), come individuati dall'allegato 2-bis (introdotto dal decreto-legge n. 8 del 2017) a decorrere dal 18 gennaio 2017 (dunque fino al 18 luglio 2018).
In particolare, il comma ha demandato alle Autorità di regolazione competenti (dunque, l’AEEGSI, ora ARERA, per i servizi energetici e idrici) di provvedere a: a) disciplinare, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, le modalità di rateizzazione delle fatture i cui pagamenti sono stati sospesi; b) introdurre agevolazioni anche di natura tariffaria, a favore delle utenze situate nei comuni interessati; c) individuare, contestualmente, anche le modalità per la copertura dell’onere derivante da tali agevolazioni, attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo.
Successivamente, è intervenuto il decreto-legge n. 244 del 2016, che, all’articolo 14, comma 2, ha prorogato di ulteriori 6 mesi il termine in questione (portandolo dunque, per i comuni di cui Allegato 1, al 24 agosto 2017, per quelli di cui all’Allegato 2, al 24 ottobre 2017, limitatamente ai soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, casa di abitazione, studio professionale o azienda, disponendo che la proroga venisse concessa con le modalità di cui al citato articolo 48, comma 2).
La sospensione dei termini di pagamento delle fatture relative ai servizi di energia
elettrica, acqua e gas, assicurazioni e telefonia, come prorogata, è stata poi differita al 31 maggio 2018 dall’articolo 2-bis, comma 24 del decreto-legge n. 148 del 2017, limitatamente ai soggetti di cui sopra. Tale norma ha disposto che non si faccia luogo al rimborso o alla restituzione delle somme già versate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 148 (6 dicembre 2017).
In seguito, il comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 55 del 2018 ha differito la sospensione dei termini di pagamento fino al 1° gennaio 2019.
Articolo 9, comma 2-bis (emendamento 9.91)
(Estensione di una proroga relativa alla comunicazione dei dati circa i danni subiti per effetto degli eventi sismici in Abruzzo)
L'emendamento 9.91 mira ad estendere ad una particolare fattispecie l'applicazione di una disposizione del decreto-legge n. 55 del 2018, quale modificata (per il termine in essa prevista) dal medesimo decreto-legge n. 91 del 2018 che qui si va a convertire in legge.
Si tratta dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 55, secondo il quale i dati relativi all'ammontare dei danni subiti per effetto degli eventi sismici verificatisi nella Regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 (nonché le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite) devono essere presentati - a pena di decadenza - entro trecento giorni (termine posticipato dal presente decreto-legge, rispetto alla previsione originaria di centottanta giorni recata dal decreto-legge n. 55 del 2018) dalla comunicazione di avvio del procedimento di recupero ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 2018).
Ebbene, l'emendamento 9.91 prevede che tale (ampliato) termine di trecento giorni valga anche per i contribuenti per i quali i termini di comunicazione dei dati siano scaduti precedentemente al giorno di entrata in vigore del decreto-legge n. 91 del 2018 (giorno che è il 26 luglio 2018).
Il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017, ha disposto la nomina del commissario straordinario per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali e la procedura per l'attuazione della decisione della Commissione europea C (2015) 5549 del 14 agosto 2015.
Nell'ambito di tale procedura, è previsto che il Commissario straordinario provveda a dare notizia ai beneficiari di agevolazioni fiscali, previdenziali ed assicurative, identificati sulla base delle informazioni fornite dalle amministrazioni o agli enti che le hanno concesse, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990, dell’avvio del procedimento di recupero.
La comunicazione di avvio del procedimento indica quali sono, in linea generale ed esemplificativa, i costi ammissibili per i danni materiali ed economici provocati dalle calamità naturali, sulla base di quanto stabilito dalla normativa rilevante in materia; indica quali sono i mezzi di prova a disposizione dei beneficiari e invita a presentare, a pena di decadenza, entro centoventi giorni (quello il termine come previsto nel d.P.C.m. in commento) dalla comunicazione di avvio del procedimento, i dati relativi all'ammontare dei danni subiti per effetto del sisma del 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017 dispone anche che, durante il periodo concesso per l’invio dei dati e delle osservazioni, resta sospeso il termine assegnato al Commissario straordinario per l’adozione del provvedimento di recupero.
L'articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 91 del 2018, amplia il termine per l'invio dei dati e delle osservazioni (già esteso da trenta a centoventi giorni per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2018) a trecento giorni.
Trascorso il termine, il Commissario straordinario quantifica, entro i successivi venticinque giorni, l’importo degli aiuti da recuperare, determinato come differenza tra il totale delle agevolazioni complessivamente concesse e l’importo dei danni ammissibili subiti da ciascun beneficiario.
Articolo 9-bis (emendamento 9.0.2 (testo 2))
(Proroghe di termini in materia di strutture turistico ricettive - rifugi alpini)
L’articolo 9-bis - oggetto dell'emendamento 9.0.2 (testo 2) - prevede, limitatamente ai rifugi alpini, la proroga al 31 dicembre 2019 del termine di cui all'articolo 38, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69.
L'articolo 38 in parola ha previsto disposizioni in materia di norme di prevenzione degli incendi.
Al comma 1, si prevede che gli enti e i privati indicati sono esentati dalla presentazione dell'istanza preliminare di cui all'articolo 3 del citato decreto qualora già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio, rilasciati dalle competenti autorità. Si tratta gli enti e i privati indicati dall'articolo 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi. In base alla normativa, gli enti e i privati responsabili delle nuove attività introdotte all'Allegato I (recante a sua volta l'elenco delle attivita' soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi, esistenti alla data di pubblicazione del medesimo regolamento), devono espletare i prescritti adempimenti entro due anni dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso. In base all'art. 3 del citato D.P.R., in materia di valutazione dei progetti, gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. I progetti di cui al comma 1 sono corredati dalla documentazione prevista dal decreto medesimo. Si stabilisce poi la relativa procedura di esame del progetto.
In particolare, in base al comma 2 dell'articolo 38, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69- norma espressamente indicata dalla proposta emendativa in esame - fermo restando quanto previsto al comma 1 (già sopra richiamato), i soggetti di cui al medesimo comma presentano l'istanza preliminare di cui all'articolo 3 e l'istanza di cui all'articolo 4 del D.P.R. entro il 7 ottobre 2017.
Su tale disposizione, era già intervenuta una proroga del termine, limitatamente ai rifugi alpini, con l'art. 5, comma 11-quinquies, del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244 (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2017, n. 19), ove si era previsto, appunto per i soli rifugi alpini, che il termine di cui all'articolo 38, comma 2, citato fosse prorogato al 31 dicembre 2017.
Si segnala che la proroga sembra operare su un termine già decorso.
Articolo 9-bis (emendamento 9.0.100)
(Disposizioni in materia di interventi edilizi eseguiti per immediate esigenze abitative a seguito di eventi sismici)
L’articolo 9-bis - oggetto dell'emendamento 9.0.100 - modifica la disciplina in materia di interventi eseguiti senza titolo abilitativo per immediate esigenze abitative, al fine di garantire la temporaneità delle nuove opere e di prevedere ulteriori casi di esclusione della disciplina sanzionatoria nei termini previsti dalla normativa.
L’articolo apporta una serie di modifiche alla disciplina (contenuta nell’art. 8-bis del D.L. 189/2016, come recentemente riscritto dall’art. 07 del D.L. 55/2018) relativa agli interventi edilizi eseguiti per immediate esigenze abitative a seguito degli eventi sismici che hanno colpito l’Italia centrale a partire dal 24 agosto 2016, al fine precipuo di porre rimedio alle criticità evidenziate dal Presidente della Repubblica in seguito alla promulgazione della legge di conversione del D.L. 55/2018
L’art. 8-bis, comma 1, del decreto-legge 189/2016 fa rientrare nell’attività edilizia libera - per la quale quindi non è necessario nessuno dei titoli abilitativi previsti dal testo unico dell’edilizia di cui al D.P.R. 380/2001 - le opere o i manufatti o le strutture (che nel seguito, per brevità, saranno indicati con il termine generico di “installazioni”) realizzati o acquistati autonomamente dai proprietari (o loro parenti entro il terzo grado), usufruttuari o titolari di diritti reali di godimento su immobili distrutti o gravemente danneggiati dagli eventi sismici e dichiarati inagibili.
Nell’assoggettare tali installazioni all’attività edilizia libera, la norma fa riferimento all’art. 6, comma 1, lettera e-bis) del D.P.R. 380/2001. In base a tale richiamata disposizione, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.
Il secondo periodo del comma 1 della norma novellata detta, con riferimento alle nuove installazioni, una serie di condizioni aggiuntive per l’assoggettamento (disposto dal periodo precedente) al regime di edilizia libera.
La norma richiede infatti che le predette opere o manufatti o strutture:
- consistano nell'installazione, in area di proprietà privata, di opere, di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili
- che siano utilizzati come abitazioni
- che siano amovibili e diretti a soddisfare esigenze contingenti e meramente temporanee;
Tale condizione è finalizzata a rendere l’ambito di applicazione il più aderente possibile al testo unico dell’edilizia. Vengono infatti richiamate le “esigenze contingenti e temporanee” e l’amovibilità dell’installazione a cui fa riferimento l’art. 6, comma 1, lettera e-bis) del D.P.R. 380/2001.
- siano realizzati in sostituzione, temporanea 'o parziale', di un immobile di proprietà o in usufrutto o in possesso a titolo di altro diritto reale o di godimento, destinato ad abitazione principale e dichiarato inagibile.
L'emendamento 9.0.100, con la lettera a), interviene su quest'ultima richiamata condizione, stabilendo che le opere o manufatti o strutture dalla norma assoggettati all'edilizia libera siano realizzati "in sostituzione temporanea, anche se parziale", definendo quindi il necessario carattere temporaneo dell'intervento edilizio per tale fattispecie.
Con la lettera b) dell'emendamento, si operano poi due novelle al comma 2 dell'art. 8-bis:
1) si amplia il novero delle sanzioni di cui si prevede la non applicabilità. Infatti, la fattispecie, come novellata, oltre ad escludere l'applicazione delle sanzioni previste dall’art. 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (come già previsto a testo vigente), esclude altresì l'applicazione delle sanzioni:
- di cui all'art. 44 del TU edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001).
Si ricorda che questo reca le sanzioni penali:
§ per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive, in quanto applicabili, in materia di agibilità degli edifici (di cui al Titolo III del medesimo testo unico) nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
§ per i casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
§ nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, nonché nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
- nonché le sanzioni previste per la violazione di 'ogni altra disposizione in materia edilizia o paesaggistica'.
Si ricorda che l’art. 181, comma 1, del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), dispone che chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall'articolo 44, lettera c), del D.P.R. 380/2001, vale a dire con l’arresto fino a due anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290.
Si ricorda che in base alla norma novellata resta fermo l’obbligo di demolizione o rimozione delle strutture e il ripristino dello stato dei luoghi disposto dal comma 1.
2) si interviene, poi, sull'ambito temporale in cui non si applicano le sanzioni indicate dalla norma: l'ambito di non applicazione delle sanzioni riguarda infatti:
- il periodo di emergenza
- e comunque non può superare il novantesimo giorno dall'emanazione dell'ordinanza di agibilità dell'edificio distrutto o danneggiato.
- ovvero, secondo l'emendamento in esame, non può superare il novantesimo giorno dall'assegnazione di altra soluzione abitativa da parte dell'autorità competente.
Si ricorda che, in ordine alla disposizione qui novellata, il Presidente della Repubblica aveva formulato rilievi critici nella lettera inviata al presidente del Consiglio in occasione dell'emanazione del testo del decreto -legge n. 55 del 2018, come convertito in legge.
In particolare, in relazione al comma 2, si osservava in tale lettera che: "Nel comma 2 si stabilisce una inedita sospensione della punibilità, testualmente riferita solo alle sanzioni penali di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004, mentre nulla si prevede in riferimento ad altre fattispecie (in materia di edilizia, urbanistica e tutela di aree protette) che sovente ricorrono nelle ipotesi di realizzazione di opere in assenza delle prescritte autorizzazioni in zone soggette a vincoli. Pertanto, la ratio dell’intervento, volta a consentire l’utilizzo temporaneo di tali manufatti, potrebbe essere vanificata dalla possibile configurabilità di altre responsabilità penali non precluse da questa norma. Inoltre, la opportuna limitazione temporale dell’inapplicabilità delle sanzioni prevede quale termine finale il “novantesimo giorno dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’edificio distrutto o danneggiato”. Tale evento, tuttavia, potrebbe non verificarsi mai, come ad esempio nel caso di assegnazione di una diversa soluzione abitativa rispetto a quella originaria, determinando, di fatto, la protrazione della inapplicabilità sine die e il conseguente utilizzo perpetuo dell’immobile “abusivo”, che diverrebbe, in tal modo, una seconda abitazione. La disciplina andrebbe quindi opportunamente rivista al fine di escludere le conseguenze prima esposte".
L'emendamento in esame intervien interviene infine sul comma 3 dell'articolo 8-bis in materia inefficacia dei provvedimenti di demolizione e sequestro finora emanati.
Il comma 3 infatti stabilisce l'inefficacia delle ordinanze di demolizione e restituzione in pristino e delle misure di sequestro preventivo emanate fino alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, per i lavori e le opere che rispettino le condizioni indicate dal comma 1. Con la novella proposta, espungendo il riferimento al "sequestro preventivo", si limita l'inefficacia prevista dalla norma alle sole ordinanze di demolizione e restituzione in pristino, e non si fa più riferimento alle misure di sequestro preventivo.
Inoltre, con l'aggiunta di un nuovo periodo, si prevede - per i lavori e le opere che rispettino le condizioni previste dalla normativa - la revoca dei provvedimenti di sequestro, sia probatorio che preventivo, per la violazione delle norme edilizie e paesaggistiche. La revoca si applica ai provvedimenti adottati fino al 25 luglio 2018 ed avviene a norma delle disposizioni del codice di procedura penale.
Anche sul punto, la novella interviene su punti oggetto di rilievo nella citata lettera inviata dal Presidente della Repubblica al presidente del Consiglio in occasione dell'emanazione del testo del decreto -legge n. 55 del 2018, come convertito in legge.
Le disposizioni in materia di misure cautelari reali (sequestro conservativo e sequestro preventivo) sono contenute negli articoli 316-325 del codice di procedura penale
Si ricorda infine, per completezza, che le disposizioni dell'articolo 8-bis del decreto legge n. 55 del 2018 non novellate dall'emendamento in esame riguardano la disciplina applicabile dopo la riparazione degli immobili danneggiati dal sisma (comma 1, terzo periodo, e comma 4) e le norme volte a garantire l’esecuzione delle demolizioni (commi 5 e 6).
In estrema sintesi, il testo vigente dell’art. 8-bis del D.L. 189/2016 - c.d. norma “salva nonna Peppina” -, come recentemente riscritto dall’art. 07 del D.L. 55/2018, consente l’installazione senza alcun titolo abilitativo (cioè come “attività di edilizia libera”) di opere o manufatti o strutture realizzati o acquistati autonomamente dai proprietari, o loro parenti entro il terzo grado, usufruttuari o titolari di diritti reali di godimento su immobili distrutti o gravemente danneggiati dagli eventi sismici in questione e dichiarati inagibili, in luogo di soluzioni abitative di emergenza consegnate dalla protezione civile, nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 e il 25 luglio 2018 (data di entrata in vigore dell’art. 07 succitato).
Tale disposizione si applica a condizione che le predette opere o manufatti o strutture consistano nell'installazione, in area di proprietà privata, di opere, di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, che siano utilizzati come abitazioni, che siano amovibili e diretti a soddisfare esigenze contingenti e meramente temporanee, anche se non preceduti dalla comunicazione di avvio lavori.
Si tratta di una disciplina che ha quindi la finalità di garantire la temporaneità delle nuove opere e – tramite la previsione della prestazione di apposite garanzie, sotto forma di cauzioni o fideiussioni – la loro demolizione una volta completata la ricostruzione degli immobili danneggiati dagli eventi sismici in questione.
La disciplina in questione è inoltre finalizzata a “mettere al riparo”, nelle more del processo di ricostruzione, il soggetto che ha effettuato le installazioni temporanee citate da eventuali sanzioni penali e da eventuali ordinanze di demolizione/restituzione in pristino e dalle misure di sequestro[2].
Articolo 10, comma 1 (emendamento 10.2)
(Gran Premio d'Italia presso autodromo di Monza)
L'emendamento 10.2 propone di aggiungere un nuovo comma, che obbliga ACI-Automobile Club d'Italia e gli Automobile Club ad esso federati ad adeguarsi entro il 31 dicembre 2018, con propri regolamenti, ai principi generali desumibili dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 in materia di società a partecipazione pubblica, con esplicito riferimento all'organizzazione del tradizionale Gran Premio d'Italia di Formula 1 che si svolge ogni anno presso l'autodromo di Monza.
L'Automobile Club d'Italia, che ha oltre un secolo di vita e attualmente conta circa un milione di soci, è un ente pubblico non economico senza scopo di lucro, che istituzionalmente rappresenta e tutela gli interessi generali dell'automobilismo italiano, del quale promuove e favorisce lo sviluppo. Strutturalmente, l'ACI è una federazione composta da 103 Automobile Club. Tra le sue molteplici attività, l'ACI promuove eventi sportivi sul territorio italiano ed è riconosciuto dal CONI quale Federazione Sportiva Automobilistica Italiana. A livello internazionale, ACI è riconosciuto dalla FIA (Fédération Internationale de l’Automobile) come l’unica Autorità nazionale in Italia per lo sport automobilistico e gestisce manifestazioni di primario rilievo.
Per quanto riguarda specificamente il Gran Premio di Formula 1 di Monza, l’articolo 1, comma 341, della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), in considerazione dell'importanza del Gran Premio d'Italia di Formula 1 presso l'autodromo di Monza riveste per il settore sportivo, turistico ed economico, nonché per l'immagine del Paese in ambito internazionale, ha autorizzato la Federazione sportiva nazionale - ACI a sostenere la spesa per costi di organizzazione e gestione della manifestazione per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti di organizzazione e promozione del campionato mondiale di Formula 1 a valere sulle risorse complessivamente iscritte nel proprio bilancio, anche attivando adeguate misure di contenimento dei costi generali di gestione e senza pregiudizio per gli equilibri di bilancio. Nel 2017 ACI ha fatto un accordo di servizio con la società Autodromo Nazionale Monza Sias S.p.a., la quale in virtù della Convenzione sottoscritta con il Comune di Milano ed il Comune di Monza, avente scadenza il 31 dicembre 2026, detiene i diritti di concessione delle aree e dei fabbricati costituenti l’Autodromo Nazionale di Monza e relative pertinenze. L'accordo 2017 tra ACI e la società Sias autorizza il conferimento a quest'ultima - mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera b, punti 2 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 - dei servizi tecnico-sportivi connessi allo svolgimento del Gran Premio d’Italia di Formula 1 presso l’Autodromo di Monza. L'accordo in parola concerne le edizioni 2017, 2018 e 2019 del Gran Premio di Monza.
L'articolo 6 del decreto legislativo n. 175/2016, cui si riferisce l'emendamento 10.2, prevede che, fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto, le società a controllo pubblico valutino l'opportunità di integrare, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell'attività svolta, gli strumenti di governo societario con altri strumenti, tra cui regolamenti interni volti a garantire la conformità dell'attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale.
Ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 101/2013, gli enti aventi natura associativa con propri regolamenti, si adeguano, tenendo conto delle relative peculiarità, ai principi generali di razionalizzazione e contenimento della spesa, in quanto non gravanti sulla finanza pubblica.
Articolo 11 (emendamento 11.6 (testo 2))
(Proroga di termini in materia di banche popolari e gruppi bancari cooperativi)
L’articolo 11 modifica alcuni termini relativi ai processi di riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo (BCC) avviati, rispettivamente con il decreto-legge n. 3 del 2015 e con il decreto-legge n. 18 del 2016.
In primo luogo è stabilito il termine del 31 dicembre 2018 per adeguare l’attivo delle banche popolari alla soglia di 8 miliardi di euro o per deliberare la trasformazione in società per azioni.
Con riguardo alle BCC sono invece aumentati da 90 a 180 i giorni per la stipula del contratto di coesione e per l’adesione al gruppo bancario cooperativo. La quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti è fissata almeno al 60 per cento e i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo sono almeno la metà più due. È inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.
Con riferimento alle banche popolari, il comma 1 modifica il termine previsto in sede di prima applicazione del decreto-legge n. 3 del 2015 per adeguarsi a quanto stabilito dall'articolo 29, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario - TUB), originariamente pari a 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia il 9 giugno 2015.
Secondo l'articolo 29 del TUB l’attivo di una banca popolare non può superare la soglia di 8 miliardi di euro e, trascorso un anno dal superamento di tale limite, ove lo stesso non sia stato ridotto al di sotto della soglia né sia stata deliberata la trasformazione in società per azioni o la liquidazione, vengono previsti rilevanti poteri di intervento da parte dell'autorità di vigilanza, che può proporre la revoca dell'autorizzazione e la liquidazione coatta amministrativa della banca.
L'articolo 11, comma 1, del decreto in esame sostituisce al termine di adeguamento precedentemente indicato (18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell'articolo 29 del TUB) la data del 31 dicembre 2018.
La relazione illustrativa del Governo evidenzia che il decorso della riforma è stato sospeso, con effetti erga omnes, dal Consiglio di Stato con decreto 15 dicembre 2016, n. 5571, confermato con ordinanza 13 gennaio 2017, n. 111, fino alla pubblicazione dell’ordinanza di Sezione che concluderà la seconda fase dell’incidente cautelare all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione ad essa rimessa. La questione risulta tuttora pendente, nonostante la sentenza della Corte del 21 marzo 2018 (vedi oltre).
La trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi è stata attuata da otto delle dieci banche interessate dalla riforma del 2015. Per le due rimanenti (Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari) il termine per la trasformazione è stato sospeso, in attesa delle decisioni della Corte costituzionale in ordine a una questione sollevata dal Consiglio di Stato.
In particolare, con ordinanza del 15 dicembre 2016, il Consiglio di Stato ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad alcune prescrizioni della riforma delle banche popolari, tra cui il diritto di recesso per i soci e la facoltà concessa alle banche, su autorizzazione della Banca d’Italia anche in deroga alle norme del codice civile, di sospenderlo o di rimborsarlo solo in parte, nel caso in cui il pagamento andasse a indebolire i coefficienti patrimoniali.
La questione è stata rimessa dunque alla Corte Costituzionale che con sentenza n. 99 del 21 marzo 2018 si è pronunciata sulle predette questioni di costituzionalità ritenendole infondate e confermando la sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza per il decreto legge. Inoltre, la Consulta ha affermato che la normativa impugnata la quale, in attuazione di quella europea sui requisiti prudenziali, prevede la possibilità per le banche di introdurre limitazioni al rimborso in caso di recesso del socio, non lede il diritto di proprietà. Ha affermato infine che, quanto ai poteri normativi affidati alla Banca d’Italia, essi rientrano nei limiti di quanto consentito dalla Costituzione.
La riforma era stata già sottoposta all'attenzione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 287 del 2016, aveva dichiarato manifestamente inammissibili e non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale riferite alla riforma delle banche popolari.
In tale contesto, la proroga del termine fino al 31 dicembre 2018, disposta dalle norme in esame, intende assicurare la continuità dell’attività bancaria per i tempi tecnici occorrenti al completamento di quanto previsto dalla normativa vigente, nelle more della pronuncia del Consiglio di Stato.
Con riferimento alla riforma delle BCC, l'articolo 2 del decreto-legge n. 18 del 2016 ha previsto, in fase di prima applicazione, un termine di 18 mesi dall'entrata in vigore delle norme attuative del Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) e della Banca d'Italia (di cui all'art. 37-bis, commi 7 e 7-bis del TUB) per l'invio alla stessa Banca d'Italia, da parte della potenziale banca capogruppo, della documentazione di legge richiesta per costituire il gruppo bancario cooperativo.
La Banca d'Italia ha provveduto a emanare le disposizioni di attuazione della riforma con il 19° Aggiornamento, del 2 novembre 2016, alle Disposizioni di vigilanza (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013). Come precisato dalla Banca d'Italia in apposita comunicazione, la presentazione alla Banca d'Italia delle istanze di costituzione dei nuovi gruppi bancari è stata possibile entro il termine massimo di 18 mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative, ovvero entro il 4 maggio 2018.
Le disposizioni di attuazione della riforma regolano, tra l'altro, i requisiti organizzativi della capogruppo e la composizione del gruppo, con riferimento sia al gruppo bancario cooperativo sia al gruppo provinciale, nonché il contenuto minimo del contratto di coesione che disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo sul gruppo bancario cooperativo, al quale le singole BCC aderiscono per mezzo del citato contratto.
In particolare, la banca che intende assumere il ruolo di capogruppo di un gruppo bancario cooperativo deve presentare alla Banca d’Italia un’istanza accompagnata da:
- lo schema del contratto di coesione, che deve contenere, tra l'altro, un accordo di garanzia in solido tra la capogruppo e le banche affiliate,
- l’elenco delle BCC che intendono aderire al gruppo bancario cooperativo e delle altre società che farebbero parte del gruppo,
- gli schemi di statuto della capogruppo e delle banche del gruppo e un piano delle modifiche da apportare agli statuti delle banche affiliate.
La Banca d'Italia si pronuncia entro 120 giorni dalla presentazione dell'istanza di costituzione del gruppo, sentita la Banca centrale europea ove emerga che il costituendo gruppo bancario cooperativo sarebbe significativo ai fini del Meccanismo di Vigilanza Unico.
L'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 18 del 2016 prevedono che il contratto di coesione sia stipulato entro 90 giorni dal rilascio del provvedimento di accertamento dei requisiti richiesti per l'autorizzazione. Il contratto stipulato è trasmesso alla Banca d'Italia, che provvede all'iscrizione del gruppo nell'albo dei gruppi. Successivamente, si dà corso all'iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 2497-bis, secondo comma, del codice civile. Entro 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese, una banca di credito cooperativo può chiedere di aderire a un gruppo costituito ai sensi dell'articolo 37-bis alle medesime condizioni previste per gli aderenti originari.
In tale quadro, l'articolo 11, comma 1 del decreto-legge in esame estende entrambi i termini, consentendo che la stipula del contratto di adesione avvenga entro 180 giorni dal rilascio del suddetto provvedimento e che una BCC possa richiedere di aderire a un gruppo entro 180 giorni dall'iscrizione del medesimo al registro delle imprese (in luogo dell’originario termine di 90 giorni previsto per entrambi gli adempimenti).
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 11.6 (testo 2), che propone l'introduzione del nuovo comma 1-bis, con il quale si intende incidere sull'articolo 1, comma 1107, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018). Il comma appena citato stabiliva che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio fosse adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Mef, per stabilire requisiti, modalità e condizioni necessarie all'attuazione del Fondo di ristoro, istituito dal comma 1106 della medesima legge, per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori. In particolare, tali misure sono destinate ai risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 210 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima della data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018.
Il Fondo opera entro i limiti della dotazione finanziaria di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019, 2020 e 2021 e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione dell'istanza corredata di idonea documentazione.
Alla luce del fatto che il decreto attuativo di tali disposizioni non risulta adottato pur essendo trascorsi i novanta giorni previsti a tale scopo, viene fissato un nuovo termine per la sua adozione che, sulla base delle modifiche proposte, dovrà avvenire entro il 31 ottobre 2018.
L'articolo 11, comma 2 del decreto-legge in esame modifica la disciplina del gruppo bancario cooperativo contenuta nell'articolo 37-bis del TUB.
La lettera a) interviene sul comma 1 del citato articolo, ai sensi del quale il gruppo bancario cooperativo è composto in primo luogo da una società capogruppo, costituita in forma di società per azioni e autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, fissando la quota di capitale detenuta dalle BCC appartenenti al gruppo in misura almeno pari al sessanta per cento.
Il decreto in esame rafforza, dunque, quanto già previsto in via di principio, aumentando la quota minima di capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti dalla maggioranza semplice al sessanta per cento.
La lettera b) del comma 2 inserisce un nuovo comma 2-bis nell'articolo 37-bis del TUB. Il comma 2 prevede che lo statuto della capogruppo indichi il numero massimo delle azioni con diritto di voto che possono essere detenute da ciascun socio, direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 22, comma 1 del TUB. Il comma 2-bis introduce un ulteriore vincolo legislativo alla redazione dello statuto della capogruppo prevedendo che lo stesso stabilisca che i componenti dell’organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo siano pari alla metà più due del numero complessivo dei consiglieri di amministrazione.
Le lettere c) e d) del comma 2 modificano il comma 3 dell'articolo 37-bis del TUB, contenente alcuni elementi che devono essere necessariamente indicati nel contratto di coesione. In particolare, esso deve indicare i poteri della capogruppo, da esercitare nel rispetto delle finalità mutualistiche e, ai sensi dell'articolo, 11, comma 2, lettera c) del decreto in esame, anche del carattere localistico delle banche di credito cooperativo.
Fra i poteri che il contratto deve necessariamente indicare con riferimento alla capogruppo vi sono l’individuazione e l’attuazione degli indirizzi strategici ed obiettivi operativi del gruppo, nonché gli altri poteri necessari per l’attività di direzione e coordinamento, proporzionati alla rischiosità delle banche aderenti, ivi compresi i controlli ed i poteri di influenza sulle banche aderenti volti ad assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali e delle altre disposizioni in materia bancaria e finanziaria applicabili al gruppo e ai suoi componenti. L'articolo, 11, comma 2, lettera d) del decreto in esame integra tale previsione specificando che l’individuazione e l’attuazione degli indirizzi strategici e degli obiettivi operativi del gruppo deve tenere conto di quanto previsto dal nuovo comma 3-bis dell'articolo 37-bis del TUB, introdotto dalla successiva lettera e).
Tale disposizione prevede che, con atto della capogruppo venga disciplinato il processo di consultazione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo in materia di strategie, politiche commerciali, raccolta del risparmio ed erogazione del credito nonché riguardo al perseguimento delle finalità mutualistiche. Al fine di tener conto delle specificità delle aree interessate, la consultazione si prevede che sia organizzata mediante assemblee territoriali delle banche di credito cooperativo, i cui pareri non sono tuttavia vincolanti per la capogruppo.
La medesima lettera e) prevede inoltre il nuovo comma 3-ter dell'articolo 37-bis del TUB, per effetto del quale, le banche del gruppo che, sulla base del sistema di classificazione del rischio adottato dalla capogruppo, si collocano nelle classi di rischio migliori sono dotate di un maggior grado di autonomia. In particolare, le BCC meno rischiose:
- definiscono in autonomia i propri piani strategici e operativi, nel quadro degli indirizzi impartiti dalla capogruppo e sulla base delle metodologie da quest’ultima definite;
- comunicano tali piani alla capogruppo che ne verifica la coerenza con i citati indirizzi;
- nominano i componenti dei propri organi di amministrazione e controllo e, in caso di mancato gradimento della capogruppo, sottopongono alla stessa, ai fini della sostituzione di ogni componente non gradito, una lista di tre candidati diversi da quelli già indicati nella medesima procedura di nomina, fermi restando i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, e gli ulteriori criteri di cui al decreto del MEF adottato ai sensi dell’articolo 26 del TUB.
Si ricorda che, in base alle disposizioni di attuazione della riforma adottate dalla Banca d'Italia, il contratto di coesione deve prevedere che l'attività di controllo della capogruppo sulle affiliate sia basata su un sistema di indicatori di “early warning” che consenta di verificare il rispetto delle disposizioni emanate dalla capogruppo, classificare il livello di rischio delle banche del gruppo, fornire gli elementi istruttori a supporto degli interventi e delle misure sanzionatorie attivabili dalla capogruppo in conformità del contratto di coesione e attivare tempestivamente le appropriate misure di sostegno intra-gruppo previste dall’accordo di garanzia.
Il contratto di coesione deve, inoltre, attribuire alla capogruppo il potere di approvare preventivamente le operazioni delle banche affiliate che abbiano rilievo strategico sul piano patrimoniale o finanziario per il gruppo o per le singole banche affiliate, ivi comprese le operazioni di fusione, scissione, cessione o acquisto di beni e rapporti giuridici di rilievo strategico, acquisto di partecipazioni (diverse da quelle rientranti nell’esclusiva responsabilità della capogruppo) e immobili, apertura di succursali in Italia e all’estero, prestazione all’estero di servizi senza stabilimento di succursali.
Il contratto di coesione deve attribuire, altresì, alla capogruppo il compito di emanare disposizioni vincolanti concernenti l’articolazione territoriale e la rete distributiva (anche fuori sede) delle banche del gruppo, volti a coordinare e razionalizzare la presenza nel territorio mediante succursali e altri canali distributivi in un’ottica di efficienza ed eliminazione delle duplicazioni. In tale ambito, la capogruppo predispone un piano di sviluppo territoriale per l’intero gruppo, raccogliendo e coordinando le proposte delle banche affiliate.
Con riferimento ai processi di nomina e revoca dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle banche affiliate, l'articolo 37-bis del TUB prevede che il contratto di coesione indichi "i casi, comunque motivati, in cui la capogruppo può, rispettivamente, nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle società aderenti al gruppo e le modalità di esercizio di tali poteri".
In attuazione di tale norma, le disposizioni di vigilanza della Banca d'Italia stabiliscono che nel contratto di adesione e negli statuti delle banche affiliate siano individuati "i casi e le modalità di esercizio dei poteri della capogruppo di nomina e revoca degli organi delle banche affiliate [...] ispirandosi al principio per cui la nomina degli organi di amministrazione e controllo spetta, di norma, all’assemblea dei soci, salvo che i soggetti proposti per tali cariche siano ritenuti dalla capogruppo inadeguati rispetto alle esigenze di unitarietà della governance del gruppo o di efficacia dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo oppure inidonei ad assicurare la sana e prudente gestione della banca avendo riguardo in particolare al merito individuale comprovato dalle capacità dimostrate e dai risultati conseguiti come esponente aziendale. In tali casi, sulla base di motivate considerazioni, la capogruppo esercita il potere di nominare o revocare direttamente i componenti degli organi delle banche affiliate, fino alla maggioranza degli stessi".
Per favorire l'accordo preventivo fra capogruppo e banche affiliate, limitando gli interventi di natura successiva, le disposizioni di vigilanza prevedono che la capogruppo definisca regolamenti e procedimenti elettorali delle banche affiliate con cui:
"a) si prevede una fase di consultazione della capogruppo sui candidati per gli organi di amministrazione e controllo delle banche affiliate, da svolgere con congruo anticipo rispetto alla data prevista per la riunione dell’organo competente alla nomina;
b) si assicura che gli organi sociali eletti dall’assemblea dei soci (o altro organo competente) della banca affiliata siano composti in maggioranza da soggetti su cui la capogruppo si è espressa favorevolmente nella precedente fase di consultazione;
c) nell’eventualità che, in esito alle fasi b) e c), il numero di candidati valutati favorevolmente dalla capogruppo sia insufficiente per la formazione di organi completi e regolarmente funzionanti, si attribuisce esclusivamente alla capogruppo il potere di opporsi alla nomina degli esponenti ritenuti non idonei e/o di nominare, per via extra-assembleare (in base al combinato disposto dell’art. 33, comma 3, e dell’art. 37-bis, comma 3, lettera b), n. 2, del TUB), i componenti mancanti, fino a raggiungere (insieme ai candidati su cui la capogruppo ha eventualmente espresso parere favorevole) la maggioranza dei componenti dell’organo.
Il contratto di coesione attribuisce alla capogruppo anche la facoltà di revocare uno o più componenti degli organi di amministrazione e controllo di una banca affiliata, motivandone l’esercizio avendo riguardo alle esigenze di unitarietà della governance del gruppo o all’efficacia dell’attività di direzione e coordinamento della capogruppo oppure alla sana e prudente gestione della banca; ove sia necessaria la sostituzione del componente revocato e questi sia determinante per conseguire la maggioranza dell’organo, la capogruppo indica la persona da eleggere al posto del componente cessato. Sulla richiesta della capogruppo, gli organi competenti della banca affiliata provvedono nel più breve tempo possibile e, comunque, non oltre il termine massimo previsto nel contratto; qualora tale termine trascorra senza che si sia provveduto, la capogruppo provvede direttamente e ne dà notizia all’autorità competente informando sui motivi per i quali ha richiesto la revoca o la sostituzione.
Per favorire l’efficace ed efficiente esercizio delle prerogative della capogruppo, il contratto di coesione può consentire che la capogruppo, a propria discrezione e ferma restando la propria responsabilità per il corretto esercizio dei propri poteri, disponga semplificazioni del procedimento di nomina degli esponenti in singole banche affiliate.
Anche quando il contratto di coesione contempli la semplificazione del procedimento di nomina sopra indicata, resta fermo che i poteri di opposizione, nomina e revoca sono esercitabili dalla capogruppo incondizionatamente nei confronti di ogni banca affiliata, indipendentemente dalla sua rischiosità, fermo restando l’obbligo di motivazione previsto dalla legge".
Le lettere f) e g) del comma 2, infine, modificano il comma 7 dell'articolo 37-bis del TUB, che contiene una serie di elementi sui quali il MEF, al fine di assicurare l’adeguatezza dimensionale e organizzativa del gruppo bancario cooperativo, può intervenire con proprio decreto, sentita la Banca d’Italia. Fra questi, era inclusa la possibilità di definire una diversa soglia di partecipazione delle BCC al capitale della società capogruppo rispetto a quella indicata al comma 1, lettera a).
Il decreto in esame rafforza il procedimento necessario per modificare di tale soglia, prevedendo che l'adozione debba avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del MEF, sentita la Banca d’Italia.
Secondo quanto riferito nella Relazione Annuale della Banca d'Italia sul 2017 (29 maggio 2018) ICCREA, Cassa Centrale Banca e Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige hanno presentato istanza per divenire capogruppo di tre gruppi bancari cooperativi. Sulla base delle intenzioni finora manifestate, 144 BCC aderiranno al gruppo ICCREA, 95 a quello Cassa Centrale Banca e 39 al gruppo Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige.
La Banca d'Italia sottolinea inoltre che, una volta completato il processo di costituzione, la struttura del sistema bancario italiano si modificherà in modo rilevante; questo sarà infatti composto da 52 gruppi (inclusi i tre cooperativi) e 67 banche non appartenenti a gruppi (a fronte di 60 gruppi e 347 banche operanti alla fine dello scorso anno).
Il gruppo Cassa Centrale Banca avrà un attivo di bilancio consolidato superiore a 30 miliardi e sarà classificato, insieme al gruppo ICCREA che già supera questa soglia, tra quelli sottoposti alla vigilanza diretta della Banca centrale europea; il gruppo Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige sarà vigilato dalla Banca d'Italia.
Considerando i dati di fine 2017, i gruppi ICCREA e Cassa Centrale Banca, che opereranno sull'intero territorio nazionale, diverranno nell'ordine il sesto e il decimo gruppo bancario italiano per quota di mercato dei prestiti (5,3 e 2,7 per cento rispettivamente). Il gruppo cooperativo provinciale Cassa Centrale Raiffeisen dell'Alto Adige, a fronte di una quota del mercato nazionale dei prestiti pari allo 0,6 per cento, risulterà tra i principali istituti di credito della regione Trentino-Alto Adige (22 per cento dei prestiti).
Si segnala, infine, che la Banca d'Italia, ad esito di un processo di consultazione pubblica dei soggetti interessati, ha nuovamente aggiornato le disposizioni di vigilanza il 24 maggio 2018, disponendo alcune norme necessarie a qualificare le BCC come banche mutualistiche a carattere locale, tra cui:
- le categorie di soci e di azioni;
- la zona di competenza territoriale nella quale le BCC possono raccogliere soci e svolgere l'attività;
- l'obbligo di operare prevalentemente con i soci e i limiti all'operatività fuori della zona di competenza;
- le attività esercitabili e le partecipazioni detenibili.
Articolo 11-bis (emendamento 11.0.1 (testo 2))
(Proroga termini in materia di sospensione della quota capitale dei mutui e finanziamenti)
Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato l'emendamento 11.0.1 (testo 2), che propone la proroga delle iniziative già previste dall'articolo 1, comma 246 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) per consentire di allungare il piano di ammortamento dei mutui e dei finanziamenti per le famiglie e le piccole e medie imprese.
A tal fine, il Mef e il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni a decorrere dal 1° ottobre 2018, previo accordo con l'Associazione bancaria italiana e con le associazioni dei rappresentanti delle imprese e dei consumatori, concordano, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, tutte le misure necessarie al fine di sospendere il pagamento della quota capitale delle rate per gli anni dal 2018 al 2020.
Con riferimento alle misure di natura convenzionale già adottate in passato sulla base della formulazione originale del comma 246 della legge di stabilità 2015, relativa alla sospensione dei pagamenti per gli anni dal 2015 al 2017, si segnala l'Accordo per il credito stipulato nel 2015 tra l'Associazione bancaria italiana (Abi) e le associazioni d'impresa, volta a sostenere le piccole e medie imprese, poi prorogato al 31 luglio 2018.
L'Accordo ha previsto tre iniziative:
· imprese in ripresa, che ha consentito alle piccole e medie imprese in bonis di sospendere la quota capitale delle rate di mutui e leasing, e di allungare il piano di ammortamento dei mutui e le scadenze del credito a breve termine e del credito agrario;
· imprese in sviluppo, che ha consentito alle banche aderenti di costituire dei plafond individuali destinati al finanziamento dei progetti imprenditoriali delle piccole e medie imprese;
· imprese e pubbliche amministrazioni, volto ad accelerare i pagamenti di queste ultime nei confronti delle piccole e medie imprese.
Nel marzo 2015, è stata inoltre avviata una moratoria a favore delle famiglie che ha interessato, fino ad ottobre 2017, 16.642 famiglie che hanno potuto sospendere rate per un controvalore complessivo di 475 milioni di euro (dati Abi). La maggior liquidità messa a disposizione nei 12 mesi di sospensione è stata pari a 118 milioni di euro.
Anche in questo caso, l'Accordo fra Abi e le associazioni dei consumatori sulla “sospensione della quota capitale dei crediti alle famiglie” per il biennio 2015-2017 era stato prorogato al 31 luglio 2018.
Articolo 11-bis (emendamento 11.0.3)
(Proroga di termini in materia di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti esercitanti le attività di agente e rappresentante di commercio)
L'emendamento 11.0.3 - approvato nel corso dell'esame in sede referente - dispone la "riapertura" - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione e sino al 31 dicembre 2018 - dei termini per l'iscrizione e l'aggiornamento della posizione dei soggetti esercitanti le attività di agente e rappresentante di commercio nel registro delle imprese e nel REA, di cui al DM 26 ottobre 2011.
Si osserva che, con disposizione legislativa, si interviene su un termine previsto da una fonte subordinata.
Articolo 11-bis (emendamento 11.0.100)
(Proroga partecipazione italiana a banche e fondi multilaterali)
L'emendamento 11.0.100 prevede la proroga per tutto il 2018 della partecipazione italiana all'aumento di capitale della Banca africana di sviluppo, al fine di consentire la conclusione del sesto aumento generale di capitale.
Il finanziamento della partecipazione italiana agli aumenti di capitale nelle Banche Multilaterali di sviluppo è disciplinato dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 214, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che disponeva il versamento della somma di 226 milioni di euro per il periodo 2012-2017.
All'onere derivante dall'articolo 11-bis si provvede a valere sulle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 22 giugno 2016, n. 110, di ratifica ed esecuzione dell'Accordo istitutivo della Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture, che stanziava, per l'esecuzione dell'Accordo medesimo, una somma pari a 206 milioni per il 2016 e di 103 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019.
Si ricorda che la Banca africana di sviluppo è stata creata nel 1963 per contribuire allo sviluppo economico e al progresso sociale dei Paesi africani. Il Gruppo della Banca africana di sviluppo consta, oltre che della Banca stessa, del Fondo africano di sviluppo (ADF) e del Fondo fiduciario della Nigeria. Consta attualmente di 77 paesi membri, dei quali 27 non africani. Oltre all'Italia, gli Stati membri dell'UE che partecipano alla Banca africana di sviluppo sono Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia
Articolo 13 (emendamento 13.2 (testo 2))
(Fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese)
L'emendamento 13.2 (testo 2), approvato in sede referente, modifica la disciplina dei criteri di utilizzo del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Il Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese è stato istituito dalla legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016, articolo 1, comma 140) per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in determinati settori di spesa, tra cui i trasporti, le infrastrutture, la ricerca, la difesa del suolo, l'edilizia pubblica, la riqualificazione urbana. A tali finalità sono stati destinati oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale[3].
Con la successiva legge di bilancio (legge n. 205/2017, articolo 1, comma 1072), il Fondo è stato rifinanziato per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033. In particolare, il rifinanziamento disposto è così ripartito nel periodo considerato: 800 milioni di euro per l'anno 2018, 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, 2.480 milioni per il 2024 e a 2.500 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033.
Per quanto riguarda la procedura di ripartizione delle risorse, il citato comma 1072 ha mantenuto fermo quanto previsto dalla norma istitutiva del Fondo (al secondo, terzo e quarto periodo del comma 140), che prevede il riparto tramite uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al parere parlamentare e al contenuto dei decreti, introducendo però un termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio (dunque dal 1° gennaio 2018) per la sua emanazione.
In particolare, l'emendamento in esame integra l’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, istitutivo del Fondo, prevedendo che, fermo restando che i decreti di utilizzo del Fondo, nella parte in cui individuano interventi rientranti nelle materie di competenza regionale o delle provincie autonome, e limitatamente agli stessi, sono adottati previa intesa con gli enti territoriali interessati, ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, per gli interventi rientranti nelle suddette materie individuati con i decreti adottati anteriormente alla data del 18 aprile 2018 l’intesa può essere raggiunta anche successivamente alla adozione degli stessi decreti. Restano in ogni caso fermi i procedimenti di spesa in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto nei termini indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale 13 aprile 2018 n. 74.
L'emendamento dispone inoltre che l’efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell’articolo 1, comma 141, della legge n. 232 del 2016, sia differita all’anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo sviluppo e coesione.
Le disposizioni di cui al comma precedente comportano effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto - quantificati in 140 milioni di euro per l’anno 2018, 320 milioni di euro per l’anno 2019, 350 milioni di euro per l’anno 2020 e 220 milioni di euro per l’anno 2021. Tali risorse sono destinate a un Fondo, istituito dall'emendamento in esame nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da utilizzare per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.
L'emendamento, dispone quindi un coordinamento formale dell'articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017, modificato come sopra, con il testo dell'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016.
L'emendamento conferma, infine, la proroga di otto mesi, dal 1° marzo 2018 al 31 ottobre 2018, disposta dal testo iniziale dell'articolo 13 del decreto-legge in esame, del termine per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Articolo 13 (emendamento 13.4 (testo 2))
(Spazi finanziari delle regioni)
L'emendamento 13.2 (testo 2), approvato in sede referente, modifica la disciplina dei criteri di utilizzo del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale.
In particolare, l'emendamento aggiunge all'articolo in esame il comma 1-bis, il quale a sua volta aggiunge il comma 495-ter all'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, prevedendo che per gli anni 2018 e 2019 gli spazi finanziari di cui al comma 495 siano ripartiti tra le regioni a statuto ordinario sulla base, rispettivamente, delle tabelle 1 e 2 di seguito riportate.
Il comma 495 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 è volto a favorire gli investimenti, da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito mediante l'assegnazione alle regioni di spazi finanziari nell'ambito dei patti nazionali di cui all'articolo 10, comma 4, della legge n. 243 del 212.
Gli spazi finanziari di cui alla tabella 1 devono essere utilizzati dalle regioni per effettuare nuovi investimenti in ciascuno degli anni dal 2018 al 2022 e gli spazi finanziari di cui alla tabella 2 devono essere utilizzati dalle regioni per effettuare nuovi investimenti per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023. A tal fine, entro il 31 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019, le medesime regioni adottano gli atti finalizzati all’impiego delle risorse, assicurando almeno l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno di riferimento per la quota di competenza di ciascuna regione, come indicata per ciascun anno nelle tabelle 1 e 2 di seguito riportate.
L’utilizzo degli spazi finanziari di cui alla tabella 2 è disposto dal bilancio di previsione 2019-2021 attraverso l’iscrizione di stanziamenti di spesa riguardanti gli investimenti finanziati dal risultato di amministrazione presunto o dal ricorso al debito, in misura almeno corrispondente agli importi indicati nella tabella 2. Gli stanziamenti riguardanti le spese di investimento iscritti nel bilancio di previsione 2019-2021 relativamente all’esercizio 2019 risultano incrementati rispetto alle previsioni definitive del bilancio di-previsione 2018-2020 riguardanti il medesimo esercizio in misura almeno corrispondente agli importi indicati nella tabella 2.
L'emendamento specifica i criteri per considerare come nuovi gli investimenti effettuati dalle regioni. Essi devono infatti essere effettuati a seguito di una variazione del bilancio di previsione che incrementa gli stanziamenti riguardanti gli investimenti diretti e indiretti per la quota di rispettiva competenza, come indicata nelle tabelle di seguito riportate, e devono essere verificati attraverso il sistema di monitoraggio opere pubbliche della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP MOP) ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011. A tal fine le regioni debbono provvedere alla trasmissione delle informazioni riguardanti i propri investimenti diretti effettuati a valere degli spazi assegnati, e assumere le iniziative necessarie affinché le Pubbliche amministrazioni beneficiarie dei propri contributi erogati a valere degli spazi finanziari effettuino la trasmissione delle informazioni riguardanti gli investimenti realizzati con tali risorse. Le Regioni certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti di cui alle tabelle 1 e 2 di seguito riportate entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, mediante apposita comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016.
L'emendamento provvede quindi ad abrogare la precedente disciplina sulle modalità di utilizzo degli spazi finanziari contenuta all'articolo 1, commi da 497 a 500 della legge n. 232 del 2016.
L'emendamento aggiunge inoltre il comma 1-ter all'articolo 13, prorogando anche per l’anno 2018 le disposizioni, di cui all’articolo 15-sexies del decreto-legge n. 91 del 2017, il quale prevede che, in sede di prima applicazione, nell'anno 2017, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano rendere disponibili ulteriori spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 febbraio 2017, n. 21, disciplinandone le modalità.
L'emendamento aggiunge inoltre all'articolo 13 il comma 1-quater, il quale estende al 2020 le disposizioni, contenute nell'articolo 6-bis, del decreto legge n. 91 del 2017, che autorizzavano, per le regioni che rendono disponibili spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio nell'ambito delle intese territoriali di cui all'articolo 10 della legge n. 243 del 2012, lo svincolo di destinazione delle somme alle stesse spettanti dallo Stato nel limite del doppio degli spazi finanziari resi disponibili, purché non esistano obbligazioni sottostanti già contratte ovvero purché le suddette somme non siano relative ai livelli essenziali delle prestazioni, per le quali rimane l'obbligo a carico della regione di farvi fronte.
L'emendamento in esame aggiunge, infine, all'articolo 13 il comma 1-quinquies, il quale proroga al 2 dicembre 2018 la data entro cui è necessario affidare i servizi finanziari regionali al fine di evitare la riduzione delle risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale alle regioni, prevista dall'articolo 27, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 50 del 2017.
Articolo 13-bis (identici emendamenti 13.0.14 e 13.0.15)
(Proroga di termini in materia di controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi)
Gli identici emendamenti 13.0.14 e 13.0.15 intervengono sulla disciplina transitoria dettata dall'articolo 16 del DM 19 maggio 2017, di recepimento della direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE.
Le proposte emendative inseriscono all'articolo 16 un ulteriore comma, il quale dispone che le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, primo periodo, del DM stesso, si applicano a decorrere dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative ministeriali ivi previste.
L'articolo 13, comma 1, primo periodo prevede che i controlli tecnici eseguiti presso centri di controllo privati debbano essere effettuati da ispettori autorizzati che soddisfano i requisiti minimi di competenza e formazione, fissati dall'Allegato IV al decreto stesso, e di quanto previsto dal codice della strada e dal suo Regolamento di attuazione e dalle disposizioni attuative del Ministero.
[1] Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale, disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con quota parte del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365).
[2] Per un approfondimento delle disposizioni citate si rinvia al commento dell’art. 07 del D.L. 55/2018, contenuto nel dossier n. 22/2 del 4 luglio 2018.
[3] Per approfondimenti si veda il Tema dell’attività parlamentare sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, sul sito della Camera dei Deputati relativo alla XVII legislatura.