Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento
Riferimenti: AC N.3532/XVIII
Serie: Documentazione per l'attività consultiva della I Commissione   Numero: 187
Data: 24/05/2022
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento

24 maggio 2022
Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale


Indice

Contenuto|Collegamento con lavori legislativi in corso|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|


Contenuto

La proposta di legge in esame (AC 3532), approvata dal Senato il 23 marzo 2022 (A.S. 2166), all'articolo 1 stabilisce la dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento, denominato anche  «Porta Aurea», sito in Benevento e simbolo della città.

Come subito si dirà, la dichiarazione di monumento nazionale è un particolare riconoscimento previsto dal diritto vigente, all'art. 10, comma 3, lettera d), del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.LGS. 42/2004) – cui la stessa relazione illustrativa del testo presentato al Senato fa esplicito riferimento – accordato all'esito del procedimento amministrativo per la dichiarazione d'interesse culturale. La presente proposta di legge, dunque, terrebbe luogo del relativo provvedimento amministrativo.

Il testo dispone inoltre, all'articolo 2 - con una clausola di invarianza finanziaria - che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Nel ricostruire il contesto in cui la presente proposta interviene, si ricorda in via generale che l'art. 10, comma 1, del Codice stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice – le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici – cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12. Peraltro, in base al comma 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c), della L. 124/2017 – tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni, sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale, fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.

La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.

Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).

Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale – al centro della presente proposta di legge – si ricorda che l'art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l'art. 10, comma 3, lettera d), del Codice, introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di "monumento nazionale". Prima dell'intervento del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura allo scopo, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" (cioè, anteriori al Codice) e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.

In particolare, il novellato art. 10, comma 3, lettera d) prevede che la dichiarazione di interesse culturale di cui all'art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di "bene culturale", la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche, su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale", qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale. Non sembrerebbe specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori o diversi rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale. Tale ultima questione, peraltro, era stata già posta in evidenza, prima della novella del 2017, dalla Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee dell'allora Mibac alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, la quale contiene una ampia disamina, anche di carattere storico-normativo, sulla dichiarazione di monumento nazionale.

Ad ogni modo, la dichiarazione di monumento nazionale tramite legge o atto avente forza di legge non è un unicum, ma è, anzi,  fattispecie con diversi precedenti. Si possono qui ricordare: la L. 64/2014, recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza; la L. 207/2016, recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza; la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine; la L. 65/2019, recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto "Ponte Vecchio di Bassano"; l'art. 1 del D.L. 103/2021, che ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia e, da ultimo, la L. 20/2022, recante la dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano. Fra i provvedimenti meno recenti possono poi ricordarsi il DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'isola di Santo Stefano. La quasi totalità dei provvedimenti richiamati conteneva clausole di neutralità finanziaria analoghe a quella presente nell'articolo 2 della proposta di legge in esame.


Collegamento con lavori legislativi in corso

Attualmente, risultano depositati (ma non ancora in esame) presso la Camera dei deputati i seguenti progetti di legge, di analogo tenore:

A.C. 736 Dichiarazione di monumento nazionale del sito di Gibellina;

A.C. 3606  Dichiarazione di monumento nazionale del Teatro Regio di Parma (trasmesso dal Senato l'11 maggio 2022);

A.C. 3162 Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia n. 65 di Altamura.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.

In particolare, l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. annovera la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., include la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente.

Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., devolve alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.

Nella sentenza 9/2004 la Corte costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".

Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, comma 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma 3). Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall'art. 118, terzo comma, Cost.

In generale, nelle sentenze 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura, nonché, per quanto qui interessa, la tutela dei beni culturali, corrispondono a finalità di interesse generale, "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.