Riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura 14 aprile 2022 |
Indice |
Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali| |
Il provvedimento all'esame della Commissione contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare e introduce nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Si tratta del testo risultante dall'esame in Commissione Giustizia del disegno di legge C. 2681, presentato dal Governo Conte II nel settembre 2020, e degli emendamenti presentati dal Governo Draghi nel febbraio scorso.
ContenutoIl disegno di legge è articolato in sei Capi. |
Capo I - Delega per la riforma ordinamentale della magistraturaIl Capo I del disegno di legge (articoli da 1 a 5) prevede una "delega al Governo per la riforma ordinamentale della magistratura". In particolare, l'Oggetto e procedimentoarticolo 1 del disegno di legge prevede la delega e le procedure per il suo esercizio (da realizzare entro un anno dall'entrata in vigore della legge) e definisce l'oggetto dell'intervento riformatore. In particolare, la delega mira alla riforma dei criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, alla revisione del numero degli incarichi semidirettivi, alla revisione dei criteri di accesso alle funzioni di legittimità, del procedimento di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudicanti e al riordino della disciplina del collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili. L'articolo 2 del provvedimento presenta un triplice contenuto. Il Assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivicomma 1 detta principi e criteri direttivi per la revisione, secondo principi di trasparenza e di valorizzazione del merito, dei criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi. Il disegno di legge detta principi per lo svolgimento delle procedure comparative per l'attribuzione degli incarichi (dalla pubblicità delle stesse, al divieto per ciascun magistrato di presentare contemporaneamente più di due domande, all'ordine di definizione dei procedimenti, alle audizioni dei candidati) e interviene sulla valutazione delle attitudini e del merito dei candidati. In particolare, il legislatore delegato dovrà tenere conto delle specifiche competenze richieste per l'incarico al quale il candidato aspira, considerando le esperienze fatte in posizione di fuori ruolo solo se idonee a favorire l'acquisizione di competenze coerenti con le funzioni direttive e semidirettive. In caso di parità di valutazione degli indicatori del merito e delle attitudini, subentrano due criteri residuali: anzitutto il criterio del genere meno rappresentato (se a livello nazionale e distrettuale emerge nella copertura dei posti direttivi o semidirettivi, una significativa sproporzione tra i generi) e, infine, il criterio dell'anzianità. Ulteriori principi sono dettati per la conferma dei magistrati che già svolgono le funzioni direttive e semidirettive e, infine, il Governo è delegato a ridurre il numero degli incarichi semidirettivi. Il Tabelle di organizzazione degli ufficicomma 2 detta principi e criteri direttivi per la riforma del procedimento di approvazione delle tabelle organizzative degli uffici giudiziari, disciplinando la documentazione che il presidente della Corte d'appello dovrà allegare al progetto inviato al CSM e semplificando le successive fasi di approvazione. Il Conferimento delle funzioni di legittimitàcomma 3 individua principi e criteri direttivi per la revisione dei criteri di accesso alle funzioni di consigliere di Cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il provvedimento, in primo luogo, consente l'accesso alle funzioni di legittimità dopo 10 anni di esercizio effettivo delle funzioni di merito (in luogo degli attuali 16). Inoltre, detta criteri per la valutazione delle specifiche attitudini e del merito richiesto per l'accesso a queste funzioni e specifica i parametri dei quali dovrà tenere conto la Commissione tecnica chiamata a valutare la capacità scientifica e di analisi delle norme dei magistrati che aspirano alle funzioni di legittimità. L'Valutazione di professionalità dei magistratiarticolo 3 attiene alla valutazione di professionalità dei magistrati e contiene principi e criteri direttivi in merito:
L'Accesso in magistraturaarticolo 4 interviene sulla disciplina dell'accesso in magistratura, dettando principi e criteri direttivi volti ad abbandonare l'attuale modello del concorso di secondo grado, così da ridurre i tempi che intercorrono tra la laurea dell'aspirante magistrato e la sua immissione in ruolo. Il Governo è altresì delegato:
L'Collocamento fuori ruoloarticolo 4-bis detta principi e criteri direttivi per il riordino della disciplina del fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili.
Si rileva che questa delega non coinvolge anche i magistrati militari, che sono invece considerati dal Capo III del disegno di legge, ai fini dell'eleggibilità e del ricollocamento.
In particolare, il legislatore delegato dovrà individuare tra i vari incarichi extragiudiziari, quelli che determinano obbligatoriamente il collocamento fuori ruolo e quelli che possono invece essere svolti ponendosi in aspettativa, e dovrà dettare una regolamentazione specifica per gli incarichi da svolgere a livello internazionale. La riforma dovrà essere volta a un complessivo ridimensionamento dell'istituto del collocamento fuori dal ruolo organico, riducendo il numero dei magistrati che possono accedervi e contenendo tanto la durata del periodo quanto la tipologia degli incarichi che i magistrati potranno assumere. In particolare, il Governo dovrà:
L'Coordinamento con le disposizioni vigentiarticolo 5 chiude il Capo I del disegno di legge, relativo alla riforma di specifici profili ordinamentali della magistratura, delegando il Governo a provvedere anche al coordinamento delle disposizioni vigenti con quelle introdotte in sede di riforma. |
Capo II - Modifiche all'ordinamento giudiziarioIl Capo II del disegno di legge (articoli da 6 a 11) novella alcune disposizioni dell'ordinamento giudiziario. DIversamente dal Capo I, quindi, su alcuni specifici argomenti il disegno di legge non procede con una delega al Governo, ma modifica direttamente le norme in vigore. In particolare, l'Ufficio del massimario e del ruolo della Cassazionearticolo 6 riscrive l'art. 115 del regio decreto n. 12 del 1941, relativo ai magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di Cassazione. Il nuovo articolo 115, nel confermare l'attuale pianta organica dell'ufficio, che prevede 67 magistrati, interviene sui requisiti che devono possedere i magistrati chiamati a comporlo richiedendo che essi:
La riforma sopprime la disposizione che attualmente consente al Primo Presidente della Cassazione di destinare, anno per anno, fino a trenta magistrati dell'ufficio del massimario alle sezioni della Corte con compiti di assistente di studio. La metà dei componenti dell'ufficio potranno infatti essere destinati dal Primo Presidente alle sezioni della Corte per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali di legittimità. La riforma sul punto modifica la disciplina vigente, che già attualmente consente lo svolgimento di tali funzioni da parte dei componenti dell'ufficio del massimario, prevedendo: L'Tabelle, incompatibilità e tramutamenti di sedearticolo 7 introduce ulteriori modifiche all'ordinamento giudiziario in materia di organizzazione degli uffici di giurisdizione, di incompatibilità di sede per ragioni di parentela o coniugio e di tramutamenti ad altra sede o ufficio. Più nel dettaglio, la disposizione:
L'Aspettativa per infermità e trasferimento d'ufficioarticolo 8 interviene sul regio decreto legislativo n. 511 del 1946 (Legge sulla guarentigie della magistratura), ampliando i casi di collocamento in aspettativa dei magistrati, attraverso l'inserimento dell'ipotesi in cui al magistrato sia stato già accertato uno stato di infermità incompatibile con lo svolgimento delle funzioni giudiziarie, malgrado non sia ancora concluso il procedimento volto alla verifica della natura permanente dell'infermità ai fini della dispensa dal servizio. L'Corsi di formazione funzioni semidirettivearticolo 8-bis modifica il d.lgs. n. 26 del 2006, relativo alle funzioni della Scuola superiore della magistratura. Attraverso alcune novelle all'articolo 26-bis del decreto legislativo, in tema di corsi di formazione per il conferimento degli incarichi direttivi, è esteso il campo d'applicazione della disposizione, riferendola anche al conferimento degli incarichi semidirettivi e dettagliando le caratteristiche dei corsi di formazione, che dovranno avere una durata non inferiore a 3 settimane e prevedere una prova finale. Illeciti disciplinariL'articolo 9 apporta una serie di modifiche al d.lgs. n. 109 del 2006, in materia di illeciti disciplinari dei magistrati. Sono, in particolare, oggetto di intervento:
L'articolo introduce inoltre, nel predetto decreto legislativo, due nuovi istituti:
L'articolo 10 modifica il d.lgs. n. 160 del 2006, intervenendo sulle disposizioni in materia di:
L'Progetto organizzativo della Procuraarticolo 10-bis modifica l'art. 1 del d.lgs. n. 106 del 2006, in tema di attribuzioni del Procuratore della Repubblica, per definire i contenuti necessari del progetto organizzativo della Procura e l'iter per la sua adozione. Sostituendo i commi 6 e 7 dell'art. 1, il provvedimento prevede che il progetto debba necessariamente contenere:
Quanto al procedimento, la riforma prevede che il Progetto abbia una durata di 4 anni (potendo essere variato i corso di esercizio, per sopravvenute esigenze d'ufficio) e debba essere adottato sulla base di criteri previamente dettati dal CSM. Il Procuratore predisporrà il progetto dopo aver sentito il dirigente dell'ufficio giudicante corrispondente e il presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati. Successivamente trasmetterà il progetto organizzativo al consiglio giudiziario - che formulerà un parere - e al Ministero della giustizia - che potrà formulare osservazioni. Infine, l'approvazione competerà al CSM. L'Misure per l'efficienza del sistema giudiziarioarticolo 11 apporta una serie di modifiche all'articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011, recante disposizioni per l'efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie. In particolare, il disegno di legge specifica che nel programma annuale che deve redigere il capo dell'ufficio giudiziario dovranno essere indicati, per ciascuna sezione o, in assenza, per ciascun magistrato, dei risultati attesi, e si dovrà dare altresì conto del conseguimento degli obiettivi prefissati l'anno precedente. La disposizione, inoltre, prevede puntuali obblighi per i capi degli uffici per assicurare la funzionalità degli uffici stessi e lo smaltimento degli eventuali procedimenti arretrati. In particolare, inserendo nell'art. 37 tre nuovi commi il disegno di legge:
|
Capo III - Eleggibilità e ricollocamento dei magistrati al termine del mandato o dell'incaricoIl Capo III del disegno di legge, composto dagli articoli da 12 a 19, interviene con disposizioni puntuali - e immediatamente precettive - sulla disciplina dello status dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, con particolare riferimento alla loro eleggibilità, all'assunzione di incarichi di governo e al loro ricollocamento al termine del mandato. In particolare, l'Eleggibilità dei magistratiarticolo 12 detta disposizioni in materia di eleggibilità dei magistrati realizzando una più accentuata separazione tra politica e magistratura. Il disegno di legge, infatti (comma 1):
Il provvedimento, inoltre, specifica che l'ineleggibilità non opera per i magistrati che da almeno 3 anni prestino servizio presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale nazionale; per coloro che svolgono tale servizio da meno di 3 anni si deve valutare, ai fini dell'ineleggibilità, la sede presso ha quale hanno svolto le precedenti funzioni (comma 2). La disciplina dell'ineleggibilità si applica anche ai magistrati in posizione di fuori ruolo, avendo anche in questo caso riguardo alla sede in cui hanno prestato servizio in precedenza (comma 3). La riforma richiede in ogni caso al magistrato che intenda candidarsi di trovarsi al momento dell'accettazione della candidatura in aspettativa senza assegni (comma 4). Infine, il comma 5 dell'art. 12 esclude l'eleggibilità a parlamentare nazionale ed europeo, a consigliere regionale o presidente di regione (o di provincia autonoma), a sindaco o consigliere comunale, nonché l'assunzione dell'incarico di assessore e di sottosegretario regionale e di assessore comunale, al magistrato che alla data di indizione delle elezioni sia componente del CSM, o lo sia stato nei 2 anni precedenti. L'Aspettativa per incarichi di governoarticolo 13 prescrive che i magistrati - ordinari, amministrativi, contabili e militari - non possano assumere l'incarico di componente del Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, vicepresidente del Consiglio dei ministri, ministro, viceministro, sottosegretario di Stato), o di sottosegretario o assessore regionale, o di assessore comunale, se non siano collocati in aspettativa senza assegni all'atto dell'assunzione dell'incarico. L'Status dei magistrati in costanza di mandato o incaricoarticolo 14 stabilisce che durante il mandato elettivo – tanto nazionale quanto locale – e durante lo svolgimento di incarichi di governo – tanto nazionali quanto locali – il magistrato deve obbligatoriamente trovarsi in aspettativa, in posizione di fuori ruolo. Quanto al trattamento economico, il disegno di legge prevede che il magistrato possa scegliere tra la conservazione del trattamento economico in godimento in magistratura, senza possibile cumulo con altra indennità, e la corresponsione della sola indennità di carica, salvo, in entrambi i casi, il rispetto dei limiti di reddito attualmente previsti per i componenti del Governo. La possibilità di optare per la conservazione del trattamento economico in godimento in magistratura è peraltro esclusa per i magistrati che assumono una delle cariche previste dall'art. 81 del TU enti locali (sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti dei consigli circoscrizionali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, membri delle giunte di comuni e province). L'Ricollocamento dei magistrati non elettiarticolo 15 disciplina il ricollocamento in ruolo dei magistrati che si siano candidati alle elezioni europee, politiche, regionali o amministrative, senza essere stati eletti, prevedendo che essi non possano, per i successivi 3 anni, essere ricollocati in ruolo:
Per quanto riguarda i magistrati in servizio presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, spetterà agli organi di autogoverno individuare attività non giurisdizionali alle quali destinare tali magistrati per i 3 anni successivi alla candidatura. L'Ricollocamento alla cessazione del mandato o dell'incaricoarticolo 16 disciplina il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che abbiano svolto il mandato elettorale al Parlamento europeo o al Parlamento nazionale ovvero abbiano ricoperto la carica di componente del Governo, di consigliere regionale o provinciale nelle Province autonome di Trento e Bolzano, di Presidente o assessore nelle giunte delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano, di sindaco o di consigliere comunale, a prescindere dalla durata del mandato o dell'incarico. Il disegno di legge prevede che, alla cessazione del mandato o dell'incarico, i magistrati possano essere:
La nuova disciplina è destinata a trovare applicazione unicamente con riguardo alle cariche assunte dai magistrati successivamente all'entrata in vigore della riforma. Gli articoli 17 e 18 dell'originario disegno di legge sono stati soppressi nel corso dell'esame in Commissione Giustizia.
L'Ricollocamento alla cessazione degli incarichi apicali e di governo non elettivi articolo 19 disciplina il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi politico-amministrativi apicali a livello nazionale o regionale e incarichi di governo non elettivi. In particolare, per quanto riguarda i magistrati che hanno svolto incarichi politico-amministrativi apicali (capo e vicecapo dell'ufficio di gabinetto; segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri o di un Ministero; capo e vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri; capo e vicecapo di dipartimento presso i consigli e le giunte regionali) il provvedimento prevede due alternative (comma 1):
Anche i magistrati che abbiano svolto incarichi di governo non elettivi (componente del Governo; assessore regionale o nelle giunte delle province autonome; assessore comunale) hanno a disposizione due possibilità (comma 2):
Le disposizioni sul ricollocamento non si applicano se l'incarico è cessato prima che sia trascorso un anno dall'assunzione, sempre che la cessazione non dipenda da dimissioni volontarie non conseguenti a ragioni di sicurezza, motivi di salute o altra giustificata ragione (comma 3). Si valuti l'opportunità di specificare quali siano le ragioni di sicurezza che consentono in caso di dimissioni di derogare alla disciplina sul ricollocamento. Una norma transitoria (comma 4) prevede l'applicazione della riforma solo agli incarichi assunti dopo l'entrata in vigore della legge. |
Capo IV - Modifiche alla disciplina sulla costituzione e il funzionamento del CSMIl Capo IV del disegno di legge, composto dagli articoli da 20 a 38, contiene disposizioni immediatamente precettive, con le quali il Governo modifica la legge n. 195 del 1958, recante Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura. Si tratta di un intervento organico che investe tutti i Capi della suddetta legge, incidendo sulla composizione ed organizzazione, sulle attribuzioni e sul funzionamento del CSM, sul sistema elettorale per la nomina dei componenti togati nonché sulla sul loro ricollocamento al termine del mandato. In particolare, l'Numero dei componenti del CSMarticolo 20 contiene modifiche al numero dei componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura (art. 1 della legge n. 195 del 1958), che vengono portati dagli attuali 24 a 30, di cui 20 magistrati ordinari (in luogo degli attuali 16) e 10 eletti dal Parlamento (in luogo degli attuali 8). L'Composizione delle commissioniarticolo 21 interviene sulla composizione delle commissioni del Consiglio superiore (art. 3 della legge n. 195 del 1958), prevedendo:
L'Commissione disciplinarearticolo 22 modifica la composizione della sezione disciplinare del CSM (art. 4 della legge n. 195 del 1958), portando da 4 a 5 il numero dei componenti supplenti e specificando che la presidenza della sezione dura per l'intera durata della consiliatura. Si riconosce, inoltre, la possibilità di eleggere ulteriori supplenti nel caso in cui sia impossibile formare il collegio. Infine, il disegno di legge demanda al CSM la determinazione dei criteri per la sostituzione dei componenti della sezione (esclusivamente in caso di incompatibilità, astensione o altro impedimento motivato) e demanda invece al Presidente della sezione disciplinare (vice presidente del CSM) la determinazione dei criteri per l'assegnazione degli affari tra i componenti effettivi della sezione stessa. L'Quorum per deliberarearticolo 23 reca modifiche alla disciplina del quorum per la validità delle deliberazioni del Consiglio superiore (art. 5 della legge n. 195 del 1958), in conseguenza dell'aumento del numero dei componenti del Consiglio (v. sopra): per la validità delle deliberazioni del Consiglio sarà necessaria la presenza di almeno 14 togati (invece degli attuali 10) e di 7 laici (in luogo degli attuali 5). L'Segreteria del CSMarticolo 24 interviene sull'art. 7 della legge n. 195 del 1958 in merito alla segreteria del Consiglio superiore della magistratura, ponendola alle dipendenze funzionali del Comitato di presidenza del CSM e ponendo al suo vertice un magistrato con funzioni di segretario generale (in carica per massimo 6 anni), coadiuvato, ed eventualmente sostituito, da un vicesegretario generale. L'Contratti di collaborazione continuativaarticolo 24-bis sostituisce l'art. 3 del d.lgs. n. 37 del 2000, in materia di contratti di collaborazione continuativa presso il CSM. Il provvedimento prevede che tali contratti possano essere stipulati:
Con l'Ufficio studi e documentazionearticolo 25 incide sulla disciplina dell'ufficio studi del CSM (art. 7-bis della legge n. 195 del 1958), introducendo la possibilità di stipulare contratti di collaborazione con personale esterno (massimo 12 unità, selezionate tramite una specifica procedura di valutazione, affidata a una apposita commissione). I magistrati assegnati all'ufficio dovranno essere collocati in posizione di fuori ruolo e potranno svolgere l'incarico per massimo 6 anni. Con l'articolo 26 viene coordinato il disposto dell'art. 10-bis della legge n. 195 del 1958 che si occupa del procedimento di approvazione delle tabelle degli uffici, con la disposizione che ha elevato la durata di efficacia delle tabelle a quattro anni (v. sopra). L'articolo 27, originariamente dedicato alla composizione della commissione competente per il conferimento degli incarichi direttivi, è stato soppresso nel corso dell'esame in Commissione Giustizia. La stessa Commissione ha inserito l'Regolamento generalearticolo 27-bis che, intervenendo sull'art. 20 della legge n. 195 del 1958, demanda al CSM l'adozione di un regolamento generale per disciplinare la propria organizzazione e il proprio funzionamento. Componenti laiciL'articolo 28 interviene in materia di eleggibilità dei membri laici, di cui all'articolo 22 della legge n. 195 del 1958. In particolare, nel modificare il quarto comma dell'articolo 22, si afferma che il Parlamento, nella scelta dei componenti da eleggere, dovrà tenere conto degli articoli 3 e 51 della Costituzione, per quanto riguarda il rispetto della parità di genere, e dell'art. 104, per quanto riguarda i titoli che devono possedere professori universitari e avvocati. Gli Sistema elettoralearticoli da 29 a 33 delineano il nuovo sistema per eleggere i 20 componenti togati del CSM, attualmente disciplinato dagli articoli da 23 a 27 della legge n. 195 del 1958. In particolare, l'Articolazione dei collegiarticolo 29 individua una nuova articolazione dei collegi elettorali, così delineata:
La composizione dei collegi territoriali - formati in modo tale da essere composti, tendenzialmente, dal medesimo numero di elettori – è effettuata con decreto del Ministro della giustizia, sentito il CSM, mediante estrazione a sorte tra tutti i distretti di corte di appello, in modo tale che i distretti di corte di appello siano distribuiti in quattro collegi per i magistrati giudicanti e in due collegi per i magistrati requirenti. E' demandata ad un decreto del Ministro della giustizia, sentito il CSM la determinazione delle modalità delle estrazioni a sorte. In ogni collegio devono esserci almeno sei candidati, e ogni genere deve essere rappresentato in misura non inferiore alla metà dei candidati effettivi. L'Elettorato attivo e passivoarticolo 30 interviene in materia di elettorato attivo, per modificarne la disciplina in conseguenza dell'introduzione del nuovo sistema elettorale, e in materia di elettorato passivo dei membri togati del CSM, modificando la causa di ineleggibilità relativa all'anzianità di servizio che viene collegata al mancato conseguimento della terza valutazione di professionalità e introducendo nuove cause di ineleggibilità, tra cui quella relativa ai magistrati che, alla data di inizio del mandato, non assicurino almeno quattro anni di servizio prima della data di collocamento a riposo. L'Procedimento elettoralearticolo 31 disciplina la convocazione delle elezioni, la costituzione degli uffici elettorali e la verifica delle candidature, apportando significative modifiche all'art. 25 della legge n. 195 del 1958. In particolare, per la presentazione delle candidature non è richiesta alcuna sottoscrizione ed essa può avvenire anche con modalità telematiche (si ricorda che sul punto della sottoscrizione delle candidature è pendente un referendum abrogativo giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale con la sent. n. 60 del 2022). Inoltre, le candidature devono essere espresse in un numero non inferiore a 6 per ciascun collegio, nonché rispecchiare la rappresentanza paritaria tra generi. Viene quindi introdotto un meccanismo di integrazione delle candidature quando le stesse sono in numero inferiore a sei oppure non è rispettato il rapporto tra i generi, che consiste nell'estrazione a sorte delle candidature mancanti tra tutti i magistrati che sono eleggibili e che non abbiano previamente manifestato la loro indisponibilità alla candidature. Nei collegi territoriali per i magistrati giudicanti di merito è inoltre previsto che le candidature possano essere individuali ovvero collegate con quelle di altri: per l'ipotesi di candidature collegate si specifica che ciascun candidato non può appartenere a più di un gruppo e che il collegamento opera soltanto ove intercorra tra tutti i candidati del medesimo gruppo (reciprocità) e se è garantita - all'interno del gruppo - la rappresentanza di genere. La scelta concernente la dichiarazione di collegamento non rileva ai fini dell'assegnazione degli 8 seggi dei collegi territoriali maggioritari, ma rileva ai fini dell'accesso al riparto proporzionale, su base nazionale, dei 5 seggi assegnati nel collegio unico nazionale. L'Operazioni di votoarticolo 32 interviene sulla disciplina delle operazioni di voto di cui all'art. 26 della legge n. 195 del 1958, modificandola per adeguarla al nuovo sistema elettorale. Al riguardo la riforma:
L'Assegnazione dei seggiarticolo 33 interviene sulla disciplina dello scrutinio e dell'assegnazione dei seggi di cui all'art. 27 della legge n. 195 del 1958. Le novelle delineano, in combinato disposto con le modifiche dell'art. 29, il nuovo sistema elettorale del CSM prevedendo un meccanismo maggioritario a turno unico, caratterizzato dall'elezione immediata di due candidati per ogni collegio e dai seguenti correttivi:
L'articolo 34, originariamente relativo allo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura, è stato soppresso dalla Commissione di merito. L'Sostituzione dei togatiarticolo 35 modifica l'art. 39 della legge n. 195 del 1958, in materia di sostituzione dei componenti eletti dai magistrati, in caso di cessazione degli stessi dalla carica, per qualsiasi ragione, prima della scadenza del Consiglio. L'Tetto retributivoarticolo 36 interviene sull'art. 40 della legge 195/1958, che stabilisce il diritto ad alcune indennità a favore dei membri del Consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento. La modifica concerne l'applicazione anche ai componenti del CSM del limite massimo retributivo omnicomprensivo di 240.000 euro annui, fissato dall'art. 13 del decreto-legge 66/2014. L'Ricollocamento dei componenti togati del CSMarticolo 37 novella la disciplina del ricollocamento in ruolo dei componenti togati del CSM alla cessazione dell'incarico intervenendo sulle disposizioni di attuazione della legge sul funzionamento del CSM (art. 30 del DPR n. 916 del 1958), per escludere che tali magistrati possano:
La disposizione precisa che le nuove restrizioni non si applicano ai membri togati che facciano parte del C.S.M. prima dell'entrata in vigore della riforma. L'Norma transitoriaarticolo 38 detta disposizioni per lo svolgimento delle prime elezioni del CSM che si terranno dopo l'entrata in vigore della riforma prevedendo che il decreto con il quale il Ministro della giustizia determina i collegi elettorali debba essere emanato entro un mese dall'entrata in vigore della legge. La disposizione prevede inoltre la riduzione di alcuni termini relativi al procedimento elettorale. |
Capo V - Delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario militareIl Capo V, recante la delega al Governo per il riassetto delle norme dell'ordinamento giudiziario militare, si compone del solo articolo 39, nel quale sono indicati i principi e i criteri direttivi cui il Governo deve conformarsi nell'esercizio della delega, da esercitarsi entro 2 anni dall'entrata in vigore della legge. Nell'esercizio della delega, il Governo dovrà adeguare la disciplina concernente i magistrati militari a quella dei magistrati ordinari di grado corrispondente, nei limiti di compatibilità tra i due ordinamenti di riferimento, in particolare in materia di accesso alla magistratura, stato giuridico, conferimento di funzioni e requisiti per la nomina, progressione nella valutazione di professionalità. Inoltre, il Governo è delegato:
|
Capo VI - Disposizioni finanziarie e finaliIl Capo VI contiene, rispettivamente all'articolo 40 e all'articolo 41, le disposizioni finali e finanziarie. L'articolo 42 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. |
Relazioni allegate o richiesteL'originario disegno di legge C. 2681 era accompagnato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dall'analisi tecnico-normativa. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl disegno di legge contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e dell'ordinamento giudiziario militare oltre a disposizioni immediatamente precettive in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati, nonché disposizioni sulla costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Si tratta di materie di esclusiva competenza legislativa statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera f) (organi dello Stato e relative leggi elettorali) e lettera l) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) della Costituzione. |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliPer quanto riguarda le disposizioni del Capo III del disegno di legge, si ricorda che l'articolo 51 della Costituzione afferma che «Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge» (primo comma, primo periodo).
La Costituzione afferma dunque il
diritto di accesso alle cariche elettive - che è "diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilità (ex art. 2 della Costituzione)" (Corte costituzionale, sentenza n. 288 del 2007, la quale aggiunge: "pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale"). E per inciso, la medesima Corte costituzionale ha più volte affermato che le
cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse (ricollegantisi alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate: sentenze n. 306 del 2003, n. 132 del 2001, n. 141 del 1996).
Per quanto riguarda i
magistrati, in linea di principio essi hanno i medesimi diritti, circa la manifestazione del pensiero e l'accesso agli uffici pubblici nonché alle cariche elettive, garantiti dalla Costituzione ad ogni altro cittadino. Tuttavia, l'esercizio dei diritti spettanti ai magistrati incontra alcuni limiti, connessi alla funzione che essi esercitano. Nelle parole della Corte costituzionale: «deve riconoscersi – e non sono possibili dubbi in proposito – che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino e che quindi possono, com'è ovvio, non solo condividere un'idea politica, ma anche espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo. Ma deve, del pari, ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale (sentenza n. 100 del 1981). Per la natura della loro funzione, la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto particolare, contenuta nel titolo IV della parte II (artt. 101 e ss.): questa disciplina, da un lato, assicura una posizione peculiare, dall'altro, correlativamente, comporta l'imposizione di speciali doveri. I magistrati, per dettato costituzionale (artt. 101, secondo comma, e 104, primo comma, Cost.), debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità».
E «nel disegno costituzionale, l'estraneità del magistrato alla politica dei partiti e dei suoi metodi è un valore di particolare rilievo e mira a salvaguardare l'indipendente ed imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie, dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attività del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte politica». Tutto questo «si correla ad un
dovere di imparzialità e questo grava sul magistrato, coinvolgendo anche il suo operare da semplice cittadino, in ogni momento della sua vita professionale». Così la sentenza n. 224 del 2009.
Per questo riguardo, la medesima Corte costituzionale ha ribadito in tempo successivo di avere "già affermato che, in linea generale, i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino, ma ha al contempo precisato che le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale, al fine di stabilire i limiti che possono essere opposti all'esercizio di quei diritti (sentenze n. 224 del 2009 e n. 100 del 1981). Tali limiti sono giustificati sia dalla particolare qualità e delicatezza delle funzioni giudiziarie, sia dai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 108, secondo comma, Cost.) che le caratterizzano". «I principi costituzionali appena richiamati, del resto, vanno tutelati non solo con specifico riferimento all'esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche quali criteri ispiratori di regole deontologiche da osservarsi in ogni comportamento di rilievo pubblico, al fine di evitare che dell'indipendenza e imparzialità dei magistrati i cittadini possano fondatamente dubitare». E si tratta qui, «oltre che dell'indipendenza e dell'imparzialità, anche della apparenza di queste ultime: sostanza e apparenza di principi posti alla base della fiducia di cui deve godere l'ordine giudiziario in una società democratica». E «va preservato il significato dei principi di indipendenza e imparzialità, nonché della loro apparenza, quali requisiti essenziali che caratterizzano la figura del magistrato in ogni aspetto della sua vita pubblica». Così la sentenza n. 170 del 2018.
Ancora la Corte costituzionale (sentenza n. 197 del 2018) ha avuto modo di rilevare come «i magistrati, ai quali è affidata in ultima istanza la tutela dei diritti di ogni consociato, [...] per tale ragione sono tenuti – più di ogni altra categoria di funzionari pubblici – non solo a conformare oggettivamente la propria condotta ai più rigorosi standard di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio nell'esercizio delle funzioni, secondo quanto prescritto dall'art. 1 del d.lgs. n. 109 del 2006 [recante "Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati"], ma anche ad apparire indipendenti e imparziali agli occhi della collettività, evitando di esporsi a qualsiasi sospetto di perseguire interessi di parte nell'adempimento delle proprie funzioni. E ciò per evitare di minare, con la propria condotta, la fiducia dei consociati nel sistema giudiziario, che è valore essenziale per il funzionamento dello Stato di diritto». Lo stesso articolo 51 della Costituzione, al terzo comma, stabilisce che «Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro».
In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 6 del 1960 ha affermato che "conservare il posto" vuol dire soltanto mantenere il rapporto di lavoro o di impiego, ma non già continuare nell'esercizio delle funzioni espletate dall'impiegato interessato. Tale pronuncia, a ben vedere, riguardava il caso del trasferimento al termine del mandato elettivo (ma perdurando il rapporto di lavoro) e non la costituzione obbligatoria di un nuovo rapporto presso un diverso corpo.
Infine, si ricorda che il tema delle possibili limitazioni alla partecipazione alla vita politica dei magistrati è trattato dall'articolo 98, terzo comma della Costituzione, il quale prevede: «si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero».
Per quanto concerne i magistrati, siffatta limitazione si concreta nell'
articolo 3, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 109 del 2006, il quale configura quale illecito disciplinare – accanto al coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato – l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa del magistrato a partiti politici". Tale disposizione di legge è uscita indenne dal vaglio di costituzionalità condotto dal giudice delle leggi in due occasioni (cfr. le sopra citate sentenze della Corte costituzionale n. 224 del 2009 e n. 170 del 2018), su questione di legittimità sollevata dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (e calibrata nel primo caso sulla situazione di un magistrato fuori ruolo perché addetto ad una consulenza parlamentare, nel secondo caso di un magistrato fuori ruolo perché in aspettativa per motivi elettorali).
Citando qui solo dalla sentenza del 2018, la Corte costituzionale – nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale – ha rilevato che per i magistrati "un conto è l'iscrizione o comunque la partecipazione sistematica e continuativa alla vita di un partito politico, che la fattispecie disciplinare vieta, altro è l'accesso alle cariche elettive e agli uffici pubblici di natura politica che, a determinate condizioni (sentenza n. 172 del 1982), la legislazione vigente consente loro. Non è irragionevole, come opina [invece] la sezione disciplinare rimettente, operare una distinzione tra le due ipotesi, e perciò considerare non solo lecito, ma esercizio di un diritto fondamentale la seconda ipotesi, mantenendo al contempo quale illecito disciplinare la prima. Tanto più in un contesto normativo che consente al magistrato di tornare alla giurisdizione, in caso di mancata elezione oppure al termine del mandato elettivo o dell'incarico politico, va preservato il significato dei principi di indipendenza e imparzialità, nonché della loro apparenza, quali requisiti essenziali che caratterizzano la figura del magistrato in ogni aspetto della sua vita pubblica. Di tali principi il divieto disciplinare in questione è saldo presidio, e come tale esso non può che dirigersi nei confronti di ogni magistrato, in qualunque posizione egli si trovi. [...] Questa Corte è altresì consapevole della circostanza che, anche a prescindere dalle caratteristiche del sistema elettorale di volta in volta rilevante, nessun cittadino, nemmeno il cittadino-magistrato, si candida "da solo". E, così come avviene per la candidatura alle elezioni politiche, amministrative od europee, anche l'assunzione di incarichi negli organi esecutivi di vario livello presuppone necessariamente un collegamento del nominato con i partiti politici. [...] Questi doverosi rilievi, tuttavia, non spostano i termini della questione e non depongono per l'accoglimento delle censure sollevate dalla sezione disciplinare rimettente. Al contrario, per il magistrato, deve restar fermo che il riconoscimento della particolare natura della competizione e della vita politica, alla quale gli è consentito a certe condizioni di partecipare, non può tradursi nella liceità né della sua iscrizione, né della sua partecipazione stabile e continuativa all'attività di un determinato partito [...]".
|