Disposizioni in materia di attività di ricerca e di reclutamento dei ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca 8 giugno 2021 |
PremessaIl testo unificato delle sette proposte di legge di iniziativa parlamentare – adottato come testo base dalla VII Commissione nella seduta del 27 aprile 2021 e ampiamente modificato nelle sedute del 19, 25 e 26 maggio 2021 – reca disposizioni in materia di svolgimento delle attività di ricerca nelle università e negli enti pubblici di ricerca, di modalità di selezione dei soggetti ad esse preposti e di pubblicità delle procedure pubbliche di selezione.
Preliminarmente si ricorda che, in base all'art. 18, co. 5, della
L. 240/2010, la
partecipazione ai
gruppi e ai
progetti di ricerca delle università, qualunque ne sia l'ente finanziatore, nonché lo svolgimento delle attività di ricerca presso le stesse, sono riservati esclusivamente:
a) ai
professori e ai
ricercatori universitari, anche a tempo determinato;
b) ai
titolari degli
assegni di ricerca;
c) agli
studenti dei corsi di
dottorato di ricerca, nonché a studenti di corsi di
laurea magistrale nell'ambito di specifiche attività formative;
d) ai
professori a contratto;
e) al
personale tecnico-amministrativo in servizio presso le università e a
soggetti esterni, purché in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca;
f) ai
dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di
enti pubblici o privati, di
imprese, ovvero a
titolari di borse di studio o di ricerca
banditi sulla base di specifiche convenzioni e senza oneri finanziari per l'università ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell'attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi.
In particolare, il testo unificato:
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ContenutoPreliminarmente, si evidenzia che il titolo del testo – "Norme in materia di reclutamento, dottorato di ricerca e personale delle università e degli enti pubblici di ricerca" – non appare propriamente corrispondente all'oggetto dell'intervento.
Si valuti, dunque, l'opportunità di modificare lo stesso (ad esempio, in "Disposizioni in materia di attività di ricerca e di reclutamento dei ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca").
Oggetto, definizioni e ambito di applicazione
L'articolo 1 riassume, anzitutto, l'oggetto dell'intervento (co. 1).
Dispone, inoltre, che, ai fini del testo in esame, si intendono:
In base al
d.lgs. 218/2016, gli enti pubblici di ricerca sono 20, di cui 14 vigilati dal MUR e 6 vigilati da altri Ministeri. Gli
enti vigilati dal MUR sono: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica "Francesco Severi" (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche "Enrico Fermi"; Stazione zoologica "Anton Dohrn"; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).
Gli
enti vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (
ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero della transizione ecologica).
Infine, prevede che le disposizioni si applicano, qualora compatibili, anche alle istituzioni che rilasciano diplomi di perfezionamento scientifico riconosciuti equipollenti al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell'art. 74, quarto comma, del DPR 382/1980 (co. 3).
L'
art. 74, quarto comma, del
DPR 382/1980 prevede che con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, su conforme parere del CUN, possono essere stabilite eventuali
equipollenze con il titolo di dottore di ricerca dei
diplomi di perfezionamento scientifico rilasciati dall'Istituto universitario europeo, dalla Scuola normale superiore di Pisa, dalla Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento di Pisa, dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste e da altre scuole italiane di livello post-universitario e che siano assimilabili ai corsi di dottorato di ricerca per strutture, ordinamento, attività di studio e di ricerca e numero limitato di titoli annualmente rilasciati.
La disciplina per il rilascio dei provvedimenti di equipollenza è stata emanata con
DM 6 agosto 1998.
Inoltre, il medesimo art. 74,
primo comma, prevede che coloro che hanno conseguito il titolo di dottore di ricerca o analoga certificazione accademica presso
università non italiane possono chiederne il riconoscimento.
Borse di ricerca post lauream
L'articolo 2 disciplina l'attribuzione da parte di università ed enti pubblici di ricerca di borse di ricerca post lauream per la formazione e per la collaborazione ad attività di ricerca.
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, in base all'art. 1 della
L. 398/1989, le
università e gli istituti di istruzione universitaria conferiscono
borse di studio per la frequenza:
- dei
corsi di perfezionamento e delle
scuole di specializzazione previsti dallo statuto;
- dei
corsi di perfezionamento all'estero;
- dei
corsi di dottorato di ricerca.
Lo stesso
art. 1 della L. 398/1989 aveva previsto anche la possibilità di conferire borse di studio per lo svolgimento di
attività di ricerca post dottorato. Tale tipologia di borsa di studio, tuttavia, è stata successivamente
soppressa dall'art. 29, co. 11, della
L. 240/2010 (che ha abrogato l'
art. 4 della L. 398/1989, senza tuttavia intervenire anche sull'art. 1 della stessa, né, come si vedrà
infra, sull'
art. 4, co. 3, della L. 210/1998).
Successivamente, l'art. 4, co. 3, secondo periodo, della già citata
L. 210/1998 ha disposto che, con
decreti del Ministro, sono
determinati annualmente i
criteri per la ripartizione tra gli atenei delle risorse disponibili per ciascuna delle tipologie di borse di studio sopra indicate,
nonché per le borse di studio per
attività di ricerca post laurea.
Da ultimo, l'art. 60, co. 1, del
D.L. 69/2013 (
L. 98/2013) ha disposto che dal 2014 le risorse "per le finalità di cui alla
legge 30 novembre 1989, n. 398, per le borse di studio universitarie post lauream" confluiscono, per la quota di rispettiva competenza, rispettivamente nel
Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO) e nel
contributo statale erogato alle
università non statali legalmente riconosciute ai sensi della
L. 243/1991.
Al riguardo, si ricorda che la relazione tecnica all'A.C.
1248, di conversione del
D.L. 69/2013, evidenziava che ci si riferiva alle risorse fino a quel momento allocate sul cap. 1686/PG 2 dello stato di previsione del MIUR-
Borse di studio per la formazione di corsi di dottorato di ricerca, di perfezionamento e di specializzazione presso università italiane e straniere a favore di laureati.
Pertanto, attualmente, i criteri per la ripartizione fra gli atenei delle risorse destinate alle borse di studio sono determinati annualmente con i decreti relativi al FFO e al contributo per le università non statali.
Per il conferimento delle
borse di studio post-lauream, i singoli atenei hanno emanato appositi regolamenti. A titolo di esempio, si vedano il
Regolamento dell'Università Alma Mater Studiorum di Bologna, emanato con D.R. Rep. n. 136/2020 del 5 febbraio 2020 e il
Regolamento dell'Università di Genova, emanato con D.R. 4143 del 1 ottobre 2019, modificato con D.R. 426 del 4 febbraio 2020.
Per quanto concerne gli
enti pubblici di ricerca, la disciplina per il conferimento delle
borse di studio post lauream –
non presente a livello normativo – è definita con delibere interne. A titolo di esempio, si vedano il
Regolamento approvato con Delibera del Consiglio di Amministrazione del CREA n. 80 del 26 ottobre 2018, e la
delibera del Consiglio di Presidenza del CNR n. 225 del 30 aprile 1998.
In particolare, l'articolo 2 dispone che le università e gli enti pubblici di ricerca possono conferire le borse di ricerca post lauream a soggetti in possesso di laurea magistrale, ovvero specialistica, o di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, o di titolo equipollente conseguito in Italia o all'estero, in discipline coerenti con l'attività di ricerca per cui è bandita la borsa. Non possono concorrere alle borse di ricerca i soggetti già in possesso del titolo di dottore di ricerca, i ricercatori a tempo determinato e il personale di ruolo delle università e degli enti pubblici di ricerca (co. 1 e 3).
Le borse sono collegate ad uno specifico progetto di ricerca e possono avere una durata compresa tra 6 e 12 mesi, prorogabili fino a 36 mesi laddove richiesto dalla tipologia del progetto di ricerca. La durata complessiva di fruizione delle borse di ricerca – anche se conferite da università o enti pubblici di ricerca diversi – non può superare in ogni caso i 36 mesi. Ai fini del calcolo della durata dei predetti rapporti, non rilevano i periodi di astensione dal lavoro per maternità, paternità o per gravi motivi di salute (co. 5).
Le procedure per il conferimento delle borse di ricerca sono disciplinate con regolamento dell'università o dell'ente pubblico di ricerca, che deve prevedere una valutazione comparativa, resa pubblica nel portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca (di cui all'art. 7), e la costituzione di una Commissione giudicatrice, composta dal responsabile del progetto di ricerca e da altri due membri designati dall'ateneo, ovvero dall'ente pubblico di ricerca. La Commissione, al termine della procedura di valutazione comparativa, elabora la graduatoria generale di merito con l'attribuzione a ciascun candidato del punteggio conseguito (co. 4).
Le borse di ricerca non danno luogo ad alcun rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell'università o dell'ente pubblico di ricerca, né danno alcun diritto in ordine all'accesso ai ruoli presso gli stessi (co. 6).
Alle borse di ricerca post lauream si applicano le disposizioni previste dall'art. 6, co. 1, 5, 6, 6-bis e 7 della L. 398/1989 (co. 2). Nello specifico:
Si tratta di previsioni in parte già presenti, limitatamente alle borse di studio per attività di ricerca post lauream erogate dalle università, nell'art. 4, co. 3, primo periodo, della L. 210/1998, che viene conseguentemente novellato, espungendo il relativo riferimento (co. 7, lett. a)).
Inoltre, si espunge anche dal secondo periodo del medesimo co. 3 dell'art. 4 della L. 210/1998 – che, come già accennato, affida a decreti del Ministro la determinazione annuale dei criteri per la ripartizione tra gli atenei delle risorse disponibili per il conferimento di borse di studio – il riferimento alle borse di studio per attività di ricerca post laurea, nonché alle borse di studio per attività di ricerca post dottorato (quest'ultima tipologia, come già detto, soppressa dall'art. 29, co. 11, della L. 240/2010) (co. 7, lett. b)).
Si valuti l'opportunità di sopprimere il riferimento alle borse di studio per attività di ricerca post dottorato anche nell'art. 1 della L. 398/1989.
A sua volta, l'articolo 8 introduce nell'art. 60, co. 1, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) la precisazione che tra le borse di studio universitarie post lauream cui sono destinate le risorse confluite nel FFO e nel contributo statale erogato alle università non statali legalmente riconosciute sono ricomprese anche le borse di ricerca (di cui all'art. 2) (co. 1). Inoltre, lo stesso articolo 8 stabilisce che, relativamente alle borse di ricerca, le università e gli enti pubblici di ricerca, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, adeguano i propri regolamenti alle disposizioni introdotte dall'art. 2 (co. 2). Dottorato di ricerca
L'articolo 3 interviene su alcuni aspetti della disciplina riguardante il dottorato di ricerca.
In particolare, anzitutto amplia le finalità formative dei corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca, all'evidente scopo di una maggiore spendibilità del titolo. A tal fine, novella l'art. 4, co. 1, della L. 210/1998.
In base all'
art. 4, co. 1, della
L. 210/1998, i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati,
attività di ricerca di alta qualificazione.
Nello specifico, dispone che i medesimi corsi forniscono le competenze necessarie anche ai fini dell'accesso alle carriere nelle pubbliche amministrazioni, nonché ai fini dell'integrazione di percorsi professionali di elevata innovatività (co. 1, lett. a)).
Al riguardo, si ricorda che il
Programma nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) inviato alla
Commissione europea prevede, nell'ambito dell'investimento M4-C1-I.4.1, allo scopo di aumentare l'efficacia delle azioni delle amministrazioni pubbliche, l'
attivazione
dal 2021,
in collaborazione con il Dipartimento della Funzione pubblica, di
tre cicli di
dottorati innovativi, per complessivi
3.000 dottorati innovativi, per un totale di
1.000 borse di studio ciascuno.
Inoltre, sopprime la possibilità che i corsi di dottorato di ricerca possano essere attivati da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. A tal fine, novella lo stesso art. 4, co. 2, primo e terzo periodo, della stessa L. 210/1998 (co. 1, lett. b)).
L'
art. 4, co. 2, primo periodo, della L. 210/1998 ha disposto che i corsi di dottorato di ricerca sono istituiti, previo accreditamento da parte del Ministro, su conforme parere dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), dalle università, dagli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale e da
qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. I corsi possono essere altresì istituiti da consorzi tra università o tra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione, fermo restando in tal caso il rilascio del relativo titolo accademico da parte delle istituzioni universitarie.
A sua volta, il terzo periodo dello stesso co. 2 ha affidato le modalità di individuazione delle sopra indicate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, su proposta dell'ANVUR.
Al riguardo, l'art. 2, co. 3, del regolamento attuativo emanato con
DM 45/2013 ha disposto che la qualificazione delle citate istituzioni è accertata, ferme restando le procedure di accreditamento dei corsi e delle sedi, sulla base dei seguenti criteri:
a) espressa citazione nello statuto, fra i compiti istituzionali dell'ente, di formazione e ricerca;
b) assenza di scopo di lucro nel perseguimento dei propri fini istituzionali;
c) documentato svolgimento di attività di didattica e di ricerca di livello universitario per almeno 5 anni continuativi immediatamente precedenti la richiesta di accreditamento, secondo elevati standard di qualità almeno pari a quelli richiesti per la didattica e ricerca universitaria, e specializzazione nel settore in cui si intende attivare il corso di dottorato;
d) requisiti organizzativi e disponibilità di risorse finanziarie atti a garantire la razionale organizzazione e l'effettiva sostenibilità dei corsi di dottorato per tutto il periodo necessario al conseguimento del titolo;
e) aver partecipato all'ultimo esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) effettuato dall'ANVUR, fino a conclusione della procedura e con esito positivo, per tutte le strutture di ricerca appartenenti all'istituzione.
Al contempo, lo stesso articolo 3 include tra i soggetti che possono attivare corsi di dottorato di ricerca anche le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).
Al riguardo, si segnala che l'intenzione di attivare i dottorati di ricerca anche all'interno delle istituzioni AFAM è stata annunciata nell'
atto di indirizzo politico istituzionale per il 2021 del Ministero dell'università e della ricerca.
In particolare, i "corsi di formazione alla ricerca" in campo artistico e musicale, di cui all'art. 2, co. 5, della L. 508/1999, vengono ora ridenominati, con novella, "corsi di dottorato di ricerca" in campo artistico e musicale (co. 2, lett. a)). Inoltre, dispone che le istituzioni AFAM possono attivare i corsi di dottorato a decorrere dall'a.a. successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge. Entro 6 mesi dalla medesima data, il Ministro dell'università e della ricerca definisce, con proprio decreto, le modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi. A tal fine, si introduce nel medesimo art. 2 della L. 508/1999 il co. 5-bis (co. 2, lett. b)). Al contempo, l'articolo 8 prevede che, entro 3 mesi dalla medesima data di entrata in vigore della legge, il Governo adegua conseguentemente il regolamento emanato, a norma dell'art. 2 della L. 508/1999, con DPR 212/2005, recante la disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle Istituzioni AFAM (co. 6).
Al riguardo si ricorda che, in base all'art. 3, co. 6, del regolamento emanato con
DPR 212/2005, il corso di formazione alla ricerca ha l'obiettivo di fornire le competenze necessarie per la programmazione e la realizzazione di attività di ricerca di alta qualificazione.
Il titolo finale è equiparato al dottorato di ricerca universitario.
L'art. 5, co. 4, ha, a sua volta, stabilito che, fino all'adozione del regolamento che deve disciplinare i criteri generali per l'istituzione e l'attivazione dei corsi (art. 2, co. 7, lett.
h), della
L. 508/1999), i
corsi di formazione alla ricerca sono attivati esclusivamente in
via sperimentale,
su proposta delle istituzioni, con decreto del Ministro che verifica gli obiettivi formativi e l'adeguatezza delle risorse umane, finanziarie e strumentali, sentito il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM).
Qui le linee guida redatte nel 2011 dal CNAM per l'attivazione dei corsi di formazione alla ricerca.
Infine, l'art. 7, co. 5, del medesimo regolamento ha disposto che per essere ammessi ad un corso di formazione alla ricerca occorre essere in possesso di
diploma accademico di secondo livello o di laurea magistrale, ovvero di altro titolo di studio conseguito all'estero e riconosciuto idoneo.
Il requisito per l'accesso a tali corsi è, dunque, analogo a quello previsto per l'accesso ai corsi di dottorato di ricerca attivati dalle università (v. art. 6, co. 5, del regolamento emanato con DM 270/2004).
Ancora, l'articolo 3 interviene sull'art. 35 del d.lgs. 165/2001, che disciplina il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni.
Al riguardo, si ricorda, in particolare, che la
lett. e-ter) del
co. 3 dell'
art. 35 del d.lgs. 165/2001 –; come modificata, da ultimo, dall'art. 3-
ter, co. 2, lett.
a), del
D.L. 1/2020 (
L. 12/2020) – prevede, quale principio al quale le procedure di reclutamento delle pubbliche amministrazioni devono conformarsi, la
possibilità di richiedere, tra i
requisiti indicati per specifici profili o livelli di inquadramento, il titolo di dottore di ricerca, che deve essere
prioritariamente valutato, ove pertinente, fra i titoli rilevanti ai fini del concorso.
A sua volta, il
co. 3-quater dello stesso art. 35 – introdotto dall'art. 3-
ter, co. 2, lett.
b), del
D.L. 1/2020 (
L. 12/2020) – ha demandato ad un
regolamento da emanare con
DPCM, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca, della salute e della giustizia, ai sensi dell'
art. 17, co. 3, della L. 400/1988, la
disciplina dei criteri di valutazione del
dottorato di ricerca e degli
altri titoli di studio e di abilitazione professionale, anche con riguardo, rispettivamente, alla durata dei relativi corsi e alle modalità di conseguimento, nonché alla loro pertinenza ai fini del concorso.
Si rammenta, altresì, che, specificamente per i
concorsi ordinari per l'accesso all
'insegnamento nella scuola secondaria, l'art. 1, co. 18-
octies, del
D.L. 126/2019 (
L. 159/2019) ha previsto che, ai soggetti in possesso di
dottorato di ricerca, è attribuito un
punteggio non inferiore al 20% del punteggio complessivamente attribuibile ai titoli.
Su quest'ultimo profilo si ricorda che, in base all'art. 8, co. 2, del
DPR 487/1994, recante il regolamento sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, nel caso di concorso per titoli ed esami,
ai titoli non può essere attribuito un punteggio complessivo superiore a 10/30 o equivalente; il bando indica i titoli valutabili ed il punteggio massimo agli stessi attribuibile singolarmente e per categorie di titoli.
Da ultimo, l'art. 10, co. 1, lett.
c-bis), del
D.L. 44/2021 (
L. 76/2021) ha confermato a livello legislativo che, nei concorsi per l'accesso al pubblico impiego, i titoli (e l'eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio), possono concorrere alla formazione del punteggio finale in
misura non superiore a un terzo.
Rispetto al quadro descritto, si dispone ora, novellando l'art. 35, co. 3, lett. e-ter), del d.lgs. 165/2001, che le pubbliche amministrazioni possono richiedere fra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso di un titolo di dottore di ricerca "ove pertinente"- rectius: pertinente (con il posto messo a concorso). La pertinenza è valutata avendo a riferimento le 14 Aree, individuate ai sensi dell'art. 17, co. 99, della L. 127/1999, in cui sono raggruppati i settori scientifico-disciplinari (co. 3, lett. a)).
Si tratta delle 14 Aree individuate, da ultimo, dall'Allegato A del
DM 4 ottobre 2000.
Al riguardo, si ricorda che il citato art. 17, co. 99, della
L. 127/1999 ha disposto che con decreti del Ministro dell'università e della ricerca, su proposta del Consiglio universitario nazionale (CUN), si procede, secondo criteri di affinità scientifica e didattica, all'accorpamento e al successivo aggiornamento dei
settori scientifico-disciplinari, nell'ambito dei quali sono raggruppati gli insegnamenti, anche al fine di stabilire la pertinenza della titolarità ai medesimi settori, nonché i raggruppamenti concorsuali.
Successivamente, l'art. 15 della
L. 240/2010 ha disposto che con decreto del Ministro, sentito il CUN, devono essere definiti, secondo criteri di affinità, i
settori concorsuali in relazione ai quali si svolgono le procedure per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN). I
settori concorsuali sono raggruppati in
macro-settori concorsuali.
Ciascun settore concorsuale può essere articolato in settori scientifico-disciplinari, che sono utilizzati esclusivamente per la chiamata dei professori, per il conferimento di assegni di ricerca, per la stipula di contratti per attività di insegnamento, ovvero di contratti di ricerca a tempo determinato, e per la definizione degli ordinamenti didattici.
In attuazione, è intervenuto, da ultimo, il
DM 30 ottobre 2015 n. 855 – come modificato dal
DM 22 giugno 2016, n. 494 – che continua a far riferimento alle Aree individuate dal DM 4 ottobre 2000.
Inoltre, sostituendo il co. 3-quater del d.lgs. 165/2001, l'articolo 3 dispone che (evidentemente, in fase di valutazione dei titoli) al titolo di dottore di ricerca pertinente (rispetto al posto messo a concorso) – si richiama infatti, "il titolo di dottore di ricerca di cui alla lettera e-ter del comma 3" – è riconosciuto un punteggio aggiuntivo, comunque non inferiore:
Assegni di ricerca
L'articolo 4 modifica alcuni aspetti della disciplina relativa agli assegni di ricerca, inerenti, in particolare, ai requisiti per l'attribuzione e alla durata degli stessi. A tal fine, novella l'art. 22, co. 2, 3, e 9, della L. 240/2010 e abroga l'art. 6, co. 2-bis, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015).
L'
art. 22 della
L. 240/2010 – come, da ultimo, modificato dall'art. 19, co.1, lett.
e), del
D.L. 76/2020 (
L.120/2020) – dispone che le
università, le istituzioni e gli
enti pubblici di ricerca e sperimentazione, nonché le istituzioni che rilasciano
diplomi di perfezionamento scientifico riconosciuti
equipollenti al titolo di dottore di ricerca ai sensi del già citato
art. 74, quarto comma, del DPR 382/1980,
nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire
assegni per lo svolgimento di attività di ricerca (co. 1), che non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli (co. 8).
Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di
curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con
esclusione del personale di ruolo dei soggetti
ante indicati. I soggetti che emanano i bandi per l'attribuzione degli assegni di ricerca possono stabilire che il
dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all'estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato di una adeguata produzione scientifica, costituiscono
requisito obbligatorio per l'ammissione al bando. In assenza di tale disposizione, i suddetti titoli costituiscono
titolo preferenziale (co. 2).
Le modalità di conferimento sono stabilite con apposito
regolamento dai soggetti che intendono conferire i medesimi assegni di ricerca, secondo le seguenti procedure:
a)
pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse del soggetto conferente, seguito dalla presentazione, da parte dei candidati, dei progetti di ricerca, corredati dei titoli e delle pubblicazioni. I progetti sono valutati da parte di un'unica commissione, che può avvalersi di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;
b)
pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto conferente (co. 4).
I soggetti che intendono conferire gli assegni
possono
riservare, con proprio regolamento,
una quota di assegni di ricerca a
studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il
dottorato di ricerca, o titolo equivalente,
all'estero ovvero a
studiosi stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca
in Italia (co. 5).
Gli assegni possono avere una
durata compresa tra 1 e 3 anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. Gli assegni possono essere rinnovati per una durata anche inferiore a 1 anno, ma non inferiore a 6 mesi, esclusivamente per lo svolgimento di progetti di ricerca la cui scadenza non consente di conferire assegni di durata annuale. La durata complessiva degli assegni, compresi gli eventuali rinnovi,
non può comunque essere superiore (per effetto della modifica non testuale operata dall'art. 6, co. 2-
bis, del
D.L. 192/2014-
L.11/2015)
a 6 anni,
nei quali non viene conteggiato il periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso. La titolarità dell'assegno
non è
compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale,
dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche (co. 3).
La
durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di ricerca e dei
contratti di ricercatore a tempo determinato (di cui all'art. 24), intercorsi, anche con atenei o enti pubblici di ricerca diversi, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i
12 anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente (co. 9).
L'
importo degli assegni di ricerca è
determinato dal soggetto che intende conferire gli assegni medesimi, sulla base di un
importo minimo stabilito con
decreto del Ministro (co. 7).
In attuazione è intervenuto il
DM 9 marzo 2011, n. 102, che ha fissato l'
importo minimo lordo annuo degli assegni di ricerca in
€ 19.367. In particolare, la premessa del DM ha ribadito che agli oneri derivanti dall'attuazione dell'
art. 22 della L. 240/2010 si fa fronte con le
ordinarie disponibilità finanziarie dei bilanci delle università e delle istituzioni di ricerca ivi contemplate.
In particolare, l'articolo 4: - richiede, quale presupposto obbligatorio per il conferimento degli assegni di ricerca, il possesso del titolo di dottore di ricerca o di titolo equivalente conseguito all'estero, ovvero, per i settori interessati, di titolo di specializzazione di area medica (co. 1, lett. a)). Conseguentemente, esclude dal computo della durata massima complessiva degli assegni il periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca (co. 1, lett. b)); - estende il divieto di conferire assegni di ricerca anche al personale assunto a tempo determinato dalle istituzioni che emanano i bandi (co. 1, lett. a)); - come conseguenza dell'incompatibilità disposta dall'art. 5 tra titolarità di assegni di ricerca e contratti per ricercatore a tempo determinato, sopprime il limite massimo di durata complessiva dei rapporti, intercorsi, anche con atenei o enti pubblici di ricerca diversi, instaurati con i titolari degli assegni di ricerca e i titolari dei contratti di ricercatore a tempo determinato (co. 1, lett. c)). Al riguardo, l'articolo 8 stabilisce che tale ultima disposizione non si applica a chi, alla data di entrata in vigore della legge, ha già instaurato rapporti ai sensi dell'art. 22 della L. 240/2010. Pertanto, a tali soggetti, continua ad applicarsi il limite di durata (fra assegni di ricerca e contratti di ricercatore a tempo determinato) complessivamente non superiore a 12 anni (co. 3); - riduce a 4 anni la durata massima complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di ricerca (co. 2).
Si segnala che, a seguito delle modifiche proposte, la disciplina relativa alla durata massima pari a 4 anni dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di ricerca risulterebbe distribuita fra il co. 3 e il co. 9 dell'art. 22 della L. 240/2010.
Si valuti l'opportunità di riportare la disciplina indicata in un unico comma.
Ricercatori universitari a tempo determinato
L'articolo 5 modifica la disciplina per il conferimento di contratti di ricercatore universitario a tempo determinato.
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l'
art. 24 della
L. 240/2010 – modificato, da ultimo, dall'art. 5, co. 5-
bis, del
D.L. 76/2020 (
L. 120/2020) – dispone che le università, al fine di svolgere attività di
ricerca, di
didattica, di
didattica integrativa e di
servizio agli studenti, possono stipulare,
nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, contratti di lavoro subordinato per
ricercatore a tempo determinato di due tipologie (ai sensi dell'
art. 29, co. 1, della medesima
L. 240/2010 –; che ha, così, anticipato la messa ad esaurimento, già prevista dalla
L. 230/2005 a decorrere dal 30 settembre 2013, della figura di ricercatore a tempo indeterminato – si tratta degli unici contratti per ricercatore universitario che possono essere attivati) (co. 1).
La prima tipologia di contratti (ricercatore a tempo determinato di
tipo A) ha
durata triennale, prorogabile per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con
DM 242/2011) (co. 3, lett.
a)).
La seconda tipologia (ricercatore a tempo determinato di
tipo B) prevede
contratti triennali riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti a tempo determinato di
tipo A, o che hanno conseguito l'
ASN, o che sono in possesso del titolo di
specializzazione medica, ovvero che, per almeno 3 anni anche non consecutivi, hanno usufruito di
assegni di ricerca o di
borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell'
art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all'
art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (co. 3, lett.
b)).
I destinatari dei contratti sono scelti mediante
procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università con
regolamento, nel rispetto dei principi enunciati nella
Carta europea dei ricercatori, di cui alla
Raccomandazione 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005
, e specificamente dei criteri indicati dallo stesso art. 24, tra i quali, per quanto qui più interessa:
I contratti di ricercatore di tipo A e di tipo B non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari, ma costituiscono
titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni (co. 9).
Nel
terzo anno
del contratto di ricercatore a tempo determinato di
tipo B, l'università, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione,
valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l'
ASN, ai fini della
chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha
esito positivo, il titolare del contratto,
alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato (co. 5). In base all'
art. 18, co. 2, della stessa
L. 240/2010, la programmazione triennale assicura la
copertura finanziaria degli oneri derivanti.
Qualora, peraltro, l'università abbia le necessarie risorse nella propria programmazione e nei limiti delle risorse assunzionali disponibili per l'inquadramento nella qualifica di professore associato, può consentire il passaggio del ricercatore a tempo determinato di tipo B nel ruolo dei professori associati
già dopo il primo anno di contratto, fermo restando il previo esito positivo della valutazione, che, in tal caso, comprende anche lo svolgimento di una prova didattica nell'ambito del settore scientifico-disciplinare di appartenenza del titolare del contratto (co. 5-
bis).
In particolare, l'articolo 5 riconduce a unità le due tipologie di contratto (tipo A e tipo B) previste a legislazione vigente e innova il meccanismo c.d. di tenure track.
Al riguardo, si ricorda che il già citato PNRR prevede, quale misura di riforma "Attuazione di misure di sostegno alla R&S per promuovere la semplificazione e la mobilità (M4-C2-R.1.1)", un intervento sul percorso di carriera dei ricercatori, anche unificando le figure dei ricercatori a tempo determinato di tipo A e B.
In via transitoria, l'articolo 8 dispone, tuttavia, che le disposizioni di cui all'art. 24, co. 3, lett. a) e b), 4, 5-bis, 8, 9 e 9-bis della L. 240/2010, "nella formulazione vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi alle procedure pubbliche di selezione poste in essere (…) entro i dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge". Si valuti l'opportunità di chiarire se si intenda consentire l'emanazione di nuovi bandi per la selezione di ricercatori di tipo A e di tipo B (secondo la disciplina vigente) per 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, si valuti l'opportunità di esplicitare se si tratti di una possibilità o di un obbligo per gli atenei e di chiarire se gli stessi, nel periodo indicato, potranno anche indire procedure per la selezione di ricercatori in base alla nuova disciplina. Si segnala, inoltre, che nel richiamo dei commi occorrerebbe inserire anche i co. 5 e 9-ter, mentre non dovrebbe essere inserito il co. 9-bis dell'art. 24 della L. 240/2010 , che non è novellato dal testo in esame. Al riguardo, in ogni caso, potrebbe essere utile fare riferimento al complesso dell'art. 24 della L. 240/2010 e non a singoli commi.
Lo stesso articolo 8 dispone, inoltre, che, fino al 31 dicembre del terzo anno successivo alla data di entrata in vigore della legge, possono partecipare alle procedure di selezione per ricercatore a tempo determinato anche i soggetti in possesso dell'ASN (co. 5).
Nello specifico, l'articolo 5 stabilisce, anzitutto, che il contratto per ricercatore universitario a tempo determinato – che, come già accennato, ora diverrebbe di un'unica tipologia – ha una durata complessiva di 7 anni e non è rinnovabile. Ai fini della durata, non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità, paternità o per motivi di salute. Il conferimento del contratto è incompatibile:
A tal fine, novella l'art. 24, co. 3, della L. 240/2010 (co. 1, lett. f)).
Più in generale, l'articolo 5 dispone che ogni università, nell'ambito della programmazione triennale, vincola risorse corrispondenti ad almeno un terzo dei posti disponibili in favore di candidati che, per almeno 36 mesi, anche cumulativamente, abbiano frequentato corsi di dottorato di ricerca o svolto attività di ricerca sulla base di formale attribuzione di incarichi, escluse le attività a titolo gratuito, presso atenei o istituti di ricerca, italiani o stranieri, diversi da quello che ha emanato il bando. A tal fine, introduce nell'art. 24 della L. 240/2010 il co. 1-bis (co. 1, lett. a)). Per quanto concerne i bandi, l'articolo 5 dispone che negli stessi deve essere specificato il macro-settore concorsuale e che vi può essere l'indicazione di un profilo scientifico sulla base dell'attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti da svolgere in uno o più settori concorsuali ricompresi nel medesimo macro-settore (anziché dover essere specificato il settore concorsuale e un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari). Le previsioni appaiono finalizzate a garantire una maggiore flessibilità. A tal fine, novella l'art. 24, co. 2, lett. a), della L. 240/2010 (co. 1, lett. c)).
Inoltre, introduce una disciplina per la nomina della commissione giudicatrice nell'ambito delle procedure di selezione. A tal fine, inserisce la lett. b-bis) nel co. 2 dell'art. 24 della L. 240/2010 (co. 1, lett. d)). In particolare, dispone che la commissione giudicatrice è formata da professori di prima o seconda fascia, ovvero da dirigenti di ricerca e da primi ricercatori in possesso di ASN (professionalità presenti negli enti pubblici di ricerca), in numero compreso fra 3 e 5. La maggioranza dei membri della commissione è in ogni caso costituita da professori di ruolo presso università, italiane o straniere, diverse da quella che ha bandito la procedura. I membri della Commissione sono scelti con sorteggio operato dall'ateneo sul già citato portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca (di cui all'art. 7), nell'ambito di una banca dati formata, per ciascun macro-settore concorsuale, sulla base delle liste contenenti i nominativi:
Sono esclusi:
Lo stesso articolo 5 stabilisce che l'"ateneo" delibera la chiamata del vincitore al termine dei lavori della commissione giudicatrice e che la stipula del contratto deve avvenire entro 90 giorni dal termine delle procedure di selezione. A tal fine, sostituisce la lett. d) del co. 2 dell'art. 24 della L. 240/2010 (co. 1, lett. e)). Si valuti l'opportunità di indicare a quale organo dell'ateneo spetti la competenza a deliberare la chiamata del vincitore. Dispone, poi, che il ricercatore universitario che ha conseguito l'ASN in un settore concorsuale diverso da quello di riferimento del contratto può richiedere di modificare, nell'ambito del proprio contratto, il settore concorsuale di riferimento, purché rientrante nello stesso macro-settore concorsuale. Su tale richiesta, l'ateneo si esprime motivatamente entro 3 mesi dalla ricezione. A tal fine, inserisce il co. 5-ter) nell'art. 24 della L. 240/2010 (co. 1, lett. l)).
Quanto al trattamento economico del ricercatore a tempo determinato, si conferma quello che è attualmente previsto per il ricercatore di tipo B, ossia che esso è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo indeterminato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30%. A tal fine, novella il co. 8, secondo periodo, dell'art. 24 della L. 240/2010 (co. 1, lett. m), num. 2).
In base all'art. 24, co. 8, della
L. 240/2010, il
trattamento economico spettante ai ricercatori a tempo determinato di tipo A è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato – ovvero al ricercatore assunto in base alla normativa previgente la
L. 240/2010 e soggetto alla conferma in ruolo 3 anni dopo l'immissione (
art. 31, DPR 382/1980) –, a seconda del regime di impegno. Per i ricercatori a tempo determinato di tipo B, il trattamento annuo lordo omnicomprensivo è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30%.
Al contempo, l'
art. 8 della stessa
L. 240/2010 ha previsto l'adozione di regolamenti di delegificazione per la
revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari.
E', dunque, intervenuto il
regolamento emanato con
DPR 232/2011, che ha definito il trattamento economico dei professori e dei ricercatori assunti secondo il regime previgente e quello dei professori e dei ricercatori a tempo determinato assunti ai sensi della stessa
L. 240/2010. In particolare, con riferimento ai professori e ricercatori già in servizio alla data di entrata in vigore della
L. 240/2010, nonché ai vincitori di concorsi indetti fino alla medesima data, l'
art. 2 del DPR 232/2011 ha trasformato la progressione biennale per classi e scatti di stipendio (di cui agli artt. 36, 38 e 39 del
DPR 382/1980) in
progressione triennale articolata per classi, secondo la tabella di corrispondenza di cui all'all. 1.
In base all'art. 3, il trattamento economico dei nuovi professori è stato articolato in una progressione triennale per classi secondo le tabelle di cui all'all. 2.
Da ultimo, il regime di progressione stipendiale per classi dei professori e dei ricercatori universitari è stato poi trasformato nuovamente da triennale
in biennale, con decorrenza dalla classe stipendiale successiva a quella triennale che era in corso di maturazione al 31 dicembre 2017 – e, dunque, con effetto economico a decorrere dal 2020 – dall'art. 1, co. 629 e 631, della legge di bilancio 2018 (
L. 205/2017).
Con riferimento al meccanismo del c.d. tenure track, lo stesso art. 5 dispone che la valutazione del titolare del contratto che abbia conseguito l'ASN ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato – che, si specifica, avviene anche sulla base di una prova didattica – è possibile a partire dal terzo anno di titolarità del contratto e in ciascuno dei successivi anni, sempre nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione. L'inquadramento come professore associato avviene sempre all'esito positivo della valutazione, ma non più (necessariamente) alla scadenza del contratto. In caso di valutazione negativa, l'università deve fornire adeguata motivazione sulla base del curriculum e della produzione scientifica del titolare del contratto e può procedere nuovamente alla valutazione per ciascuno dei successivi anni di titolarità del contratto. A tal fine, novella il co. 5 e abroga il co. 5-bis dell'art. 24 della L. 240/2010 (co. 1, lett. h) e i)). Infine, si dispone che l'attività didattica e scientifica svolta dai ricercatori a tempo determinato concorre alla valutazione delle politiche di reclutamento, svolta dall'ANVUR, ai fini dell'accesso alla quota di finanziamento premiale a valere sul FFO. A tal fine, si introduce nell'art. 24 della L. 240/2010 il co. 9-quater (co. 1, lett. p)).
Al riguardo, qui si ricorda solo che l'art. 2 del
D.L. 180/2008 (
L. 1/2009) ha previsto che, a decorrere dal 2009, una quota del FFO – inizialmente fissata in misura non inferiore al 7% del Fondo, con progressivi incrementi negli anni successivi –, è ripartita tra le università in relazione alla qualità dell'offerta formativa e dei risultati dei processi formativi, alla qualità della ricerca scientifica, alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche (c.d. quota premiale).
Da ultimo, l'art. 60, co. 01, del
D.L. 69/2013 (
L. 98/2013) ha stabilito che la quota premiale è determinata in misura non inferiore al 16% per l'anno 2014, al 18% per l'anno 2015 e al 20% per l'anno 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2% e fino ad un massimo del 30% del FFO, e che di tale quota, almeno 3/5 devono essere ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella Valutazione della qualità della ricerca (VQR) – effettuata dall' ANVUR – e
1/5 sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento.
Più ampiamente, si veda l'apposito
FOCUS curato dal Servizio Studi della Camera.
Conseguentemente, a fini di coordinamento, l'articolo 5 novella le seguenti altre disposizioni della L. 240/2010:
Non sono modificate, invece, le disposizioni della L. 240/2010 che prevedono che:
Reclutamento di ricercatori e tecnologi presso gli enti pubblici di ricerca e mobilità tra enti pubblici di ricerca e università
L'articolo 6 introduce una nuova disciplina per la trasformazione di contratti per ricercatore o tecnologo a tempo determinato attivati dagli enti pubblici di ricerca in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. A tal fine, introduce l'art. 12-ter nel d.lgs. 218/2016.
Tale disciplina si aggiunge a quella recata dall'art. 12-bis dello stesso d.lgs. 216/2018, che riguarda anch'essa i contratti di ricerca a tempo determinato, nonché gli assegni di ricerca.
In particolare, l'art. 12
-bis del
d.lgs. 218/2016 – introdotto dall'art. 6, co. 1-
bis, del
D.L. 126/2019 (
L. 159/2019) – ha disposto che, qualora la stipulazione di
contratti a tempo determinato o il conferimento di
assegni di ricerca abbiano avuto ad oggetto lo svolgimento di
attività di ricerca e tecnologiche, l'ente,
previa procedura selettiva per titoli e colloquio, può trasformare gli stessi contratti o assegni in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in relazione alle medesime attività svolte e nei limiti stabiliti del fabbisogno di personale,
dopo il completamento di 3 anni, anche non continuativi, negli ultimi 5 (co. 1)
.
Al fine di garantire l'adeguato accesso dall'esterno ai ruoli degli enti, alla procedura selettiva è destinato il 50% delle risorse disponibili per le assunzioni nel medesimo livello, indicate nel piano triennale di attività di cui all'art. 7 del medesimo d.lgs. (co. 2).
Inoltre, al fine di completare le procedure per il superamento del precariato poste in atto dagli enti,
in via transitoria, alla trasformazione si può provvedere (anziché mediante l'apposita procedura selettiva)
attingendo alle graduatorie, ove esistenti, del personale risultato idoneo nelle
procedure concorsuali riservate di cui all'
art. 20, co. 2, del d.lgs. 75/2017 (co. 3).
Al riguardo, si ricorda che l'
art. 20, co. 2, del d.lgs. 75/2017 ha disposto che nel triennio 2018-2020 – ampliato, per gli enti pubblici di ricerca,
fino al 31 dicembre 2021 dall'art. 6, co. 1, del già citato
D.L. 126/2019 (
L. 159/2019), che a tal fine ha inserito il co. 4-
quater nell'
art. 12 del d.lgs. 218/2016 –; le pubbliche amministrazioni possono bandire, ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno,
procedure concorsuali riservate, in misura
non superiore al 50% dei posti disponibili, al personale non dirigenziale in possesso di determinati requisiti.
In particolare, la nuova disciplina è raffrontabile, mutatis mutandis, con il meccanismo del c.d. tenure track già previsto per il passaggio dei ricercatori universitari di tipo B nel ruolo dei professori associati. Innanzitutto, il comma 1 del nuovo art. 12-ter del d.lgs. 218/2016 stabilisce che, ferme restando le vigenti disposizioni normative e contrattuali per le assunzioni a tempo determinato, gli enti possono indire – con le medesime modalità previste per l'accesso all'impiego a tempo indeterminato – procedure concorsuali, alle quali è dedicata un'apposita sezione del piano di fabbisogno, finalizzate alla stipula di contratti per ricercatore o tecnologo a tempo determinato con durata di 7 anni, non rinnovabili.. Possono partecipare alle procedure concorsuali i soggetti che sono in possesso del titolo di dottore di ricerca attinente all'attività richiesta dal bando, ovvero che hanno svolto per un triennio attività di ricerca: - presso università o qualificati enti, organismi o centri di ricerca pubblici o privati; - nell'àmbito di un contratto a tempo determinato per specifici progetti di ricerca, attivato con chiamata diretta per la durata del progetto e, comunque, non superiore a 5 anni, rivolto a ricercatori o tecnologi italiani o stranieri, con documentata produzione scientifica di eccellenza, o documentata attività di ricerca in enti di ricerca o imprese private o in atenei stranieri o in istituzioni di ricerca internazionali; - nell'ambito di assegni di ricerca banditi dall'ente. Si tratta dei medesimi requisiti richiesti per l'accesso a tempo indeterminato nel livello iniziale di ricercatore o tecnologo presso il Consiglio nazionale delle ricerche (art. 20, co. 4, del d.lgs. 127/2003, richiamato dal testo). A partire dal terzo anno di titolarità del contratto, e per ciascuno degli anni successivi, l'ente valuta il ricercatore o tecnologo a tempo determinato, ai fini dell'inquadramento a tempo indeterminato con la qualifica di primo ricercatore o primo tecnologo.La valutazione deve svolgersi in conformità agli standard qualitativi internazionali individuati con decreto del Ministro, sentiti la Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e l'ANVUR.
Inoltre, si introduce un meccanismo di mobilità, in base al quale:
Portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca
L'articolo 7 prevede, anzitutto, che le università e gli enti pubblici di ricerca devono pubblicare nel portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca, a pena di invalidità della procedura, nel rispetto dei principi di trasparenza e celerità, entro un ragionevole termine, comunque non inferiore al ventesimo giorno antecedente la scadenza dei termini di presentazione delle domande, le procedure di selezione relative alle borse di ricerca di cui all'art. 2, ai dottorati di ricerca, agli assegni di ricerca, ai contratti per ricercatore a tempo determinato, e ai ruoli di professore di prima o seconda fascia (co. 1, primo periodo).
Sempre a pena di invalidità della procedura, le università e gli enti pubblici di ricerca devono pubblicare nel portale anche le informazioni e le comunicazioni relative alle procedure di valutazione in corso o scadute, ai fini dell'osservanza dei principi di pubblicità e trasparenza e nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali. La tipologia e le modalità di pubblicazione dei dati sono stabilite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (co. 3). Si valuti l'opportunità di approfondire se il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e il decreto del Ministro non debbano riguardare anche le previsioni recate dal co. 1 dell'art. 7.
Il portale è accessibile dal sito internet del Ministero dell'università e della ricerca ed è indicizzato in base alla procedura di selezione, al settore scientifico di riferimento e all'istituzione di appartenenza. Nell'ambito del portale è prevista una sezione nella quale è possibile sorteggiare i componenti delle commissioni giudicatrici per il conferimento di contratti di ricercatore universitario a tempo determinato (di cui all'art. 5) (co. 2).
Infine, si prevede che le modalità di adeguamento delle funzionalità "del portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca" sono determinate con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (co. 1, secondo periodo).
Il riferimento sembrerebbe essere all'
apposito sito, alimentato dal MUR – ma
non definito a livello normativo come "portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca" – che (sulla base di quanto disposto dagli artt. 18, 22, 24 e 24-bis della
L. 240/2010, nonché dall'art. 8, co. 2, del DM 8 febbraio 2013, n. 94) fornisce tutte le informazioni relative ai bandi per dottorati, tecnologi, assegni di ricerca, ricercatori a tempo determinato e per le chiamate dei professori
comunicati dalle università, dalle istituzioni e dagli enti pubblici di ricerca.
Si valuti l'opportunità di prevedere esplicitamente l'istituzione del portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca. |
Relazioni allegate o richiesteLe proposte di legge erano corredate di relazione illustrativa. |
Collegamento con lavori legislativi in corsoNon risultano lavori legislativi in corso sulla materia. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa materia università non è espressamente citata nell'art. 117 della Costituzione. In materia, tuttavia, l'art. 33, sesto comma, stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22/1996, l'autonomia di cui all'art. 33 Cost. non attiene allo stato giuridico dei docenti universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo Stato e sono di conseguenza soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene di adottare. Tale orientamento è stato confermato, in tempi più recenti, con sentenza n. 310/2013.
In particolare, le disposizioni relative ai docenti universitari sono riconducibili, trattandosi di dipendenti dello Stato il cui rapporto di lavoro è disciplinato con norme pubblicistiche, alla materia "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali", di cui all'art. 117, secondo comma, lett. g), Cost., affidata alla competenza esclusiva statale. Alla medesima materia è stata ricondotta dalla dottrina anche l'organizzazione del sistema della ricerca in enti.
Cfr. G. Endrici,
La ricerca scientifica, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano, Giuffrè, 2003, pag. 1443.
Per completezza, si ricorda anche che la ricerca scientifica è ricompresa tra gli ambiti di competenza concorrente, di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Al riguardo, tuttavia, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 423/2004, ha evidenziato che essa "deve essere considerata non solo una ‘materia', ma anche un ‘valore' costituzionalmente protetto (artt. 9 e 33 della Costituzione), in quanto tale in grado di rilevare a prescindere da ambiti di competenze rigorosamente delimitati". Infatti, la Corte ha ritenuto, anzitutto, che "un intervento ‘autonomo' statale è ammissibile in relazione alla disciplina delle «istituzioni di alta cultura, università ed accademie», che «hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato» (art. 33, sesto comma, Cost.). Detta norma ha, infatti, previsto una ‘riserva di legge' statale (sentenza n. 383 del 1998), che ricomprende in sé anche quei profili relativi all'attività di ricerca scientifica che si svolge, in particolare, presso le strutture universitarie". |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliL'art. 9 della Costituzione affida alla Repubblica il compito di promuovere la ricerca scientifica e tecnica. |
Attribuzione di poteri normativiSi prevede l'emanazione di quattro decreti del Ministro dell'università e della ricerca e di un DPR, per i quali si rimanda al par. Contenuto. |