Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni 12 marzo 2019 |
Indice |
Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali| |
ContenutoIl provvedimento, dopo l'esame presso il Senato, si compone di 42 articoli, suddivisi in 3 Capi. Il Capo 1 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza) comprende gli articoli da 1 a 13. L'articolo 1 istituisce il reddito di cittadinanza, che assume la denominazione di "pensione di cittadinanza" nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, che ne abbiano i requisiti. L'articolo 2 riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza (Rdc) e alla Pensione di cittadinanza (con alcune espresse e limitate esclusioni), regolando, altresì, i rapporti tra il beneficio in esame ed altri strumenti di sostegno al reddito. L'articolo 3 disciplina le modalità di calcolo del reddito e della pensione di cittadinanza, la relativa durata e decorrenza, nonché gli effetti sul godimento del beneficio economico derivanti da eventuali variazioni della composizione del nucleo familiare o della situazione occupazionale. L'articolo 4 dispone che il Reddito di cittadinanza sia subordinato alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale. Le suddette condizioni non concernono (oltre che i minorenni) alcune categorie di soggetti, individuate dal comma 2; ulteriori ipotesi di esonero, di cui al comma 3, sono valutate da parte dei servizi competenti. L'articolo 5 individua le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione del Reddito di cittadinanza. L'articolo 6, come modificato presso il Senato, dispone l'istituzione di due piattaforme digitali, rispettivamente presso l'ANPAL e presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di consentire l'attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l'inclusione sociale, connessi al Reddito di cittadinanza, e per finalità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo del medesimo istituto del Reddito di cittadinanza e modifica la normativa riguardante i requisiti per l'autorizzazione all'esercizio di assistenza fiscale da parte dei centri di assistenza fiscale (CAF). L'articolo 7 stabilisce le cause di decadenza dal Reddito di cittadinanza, ovvero di riduzione del medesimo, e alcune sanzioni penali in materia, oltre a prevedere alcuni obblighi di comunicazione e di controllo da parte di pubbliche amministrazioni. Tra le altre cose, si prevede la reclusione da due a sei anni per le false dichiarazioni finalizzate ad ottenere indebitamete il Rdc; al riguardo si osserva che si tratta di una sanzione più elevata di quella prevista per le fattispecie di falso commesse da un pubblico ufficiale (cfr. gli articoli 476 e 479 del codice penale, relativi al falso materiale ed ideologico commessi da un pubblico ufficiale in atti pubblici). Potrebbe risultare opportuna una valutazione di tale profilo, considerato che le ipotesi di falso commesse da privati sono ordinariamente oggetto di sanzioni meno gravi rispetto alle corrispondenti ipotesi di falso commesse da pubblici ufficiali. L'articolo 7-bis, inserito al Senato, modifica la disciplina delle sanzioni previste in materia di infedele asseverazione o visto di conformità nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata effettuata mediante CAF o professionista. L'articolo 8 introduce alcuni incentivi a favore dei datori di lavoro che assumono, a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato, come specificato nel corso dell'esame al Senato, soggetti beneficiari del Reddito di cittadinanza; a favore degli enti di formazione accreditati, qualora questi concorrano all'assunzione dei suddetti beneficiari, nonché a favore dei beneficiari del Rdc che avviano un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del RdC. L'articolo 9 dispone che, fino al 31 dicembre 2021, il beneficiario del Rdc riceva l'Assegno di ricollocazione previsto dalla normativa vigente. L'articolo 9-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, interviene sulla disciplina in materia di istituti di patronato, modificando taluni limiti da cui dipende la costituzione o lo scioglimento degli istituti medesimi. L'articolo 10 attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la responsabilità del monitoraggio dell'attuazione del Reddito di cittadinanza e prevede che il medesimo Dicastero, sulla base delle informazioni rilevate nelle piattaforme di cui all'articolo 6, di quelle fornite dall'INPS e dall'ANPAL, nonché delle altre informazioni disponibili in materia, pubblichi un relativo Rapporto annuale. L'articolo 11 modifica il D.Lgs. n. 147/2017, Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, istitutivo del Reddito di inclusione; tale misura, ai sensi dell'articolo 13 del decreto in esame, non potrà più essere richiesta a decorrere dal mese di marzo 2019 e a decorrere dal successivo mese di aprile 2019 non sarà più riconosciuta. L'articolo 11-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua possano finanziare, in tutto o in parte, piani di formazione o di riqualificazione professionale previsti dal Patto di formazione di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto-legge in esame, integrando l'articolo 118, comma 1, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001), recante la disciplina dei suddetti fondi; inoltre, propone di includere tra le finalità generali dei fondi citati la promozione dei percorsi formativi o di riqualificazione professionale per i soggetti disoccupati o inoccupati. L'articolo 12 reca la quantificazione e la copertura delle maggiori spese derivanti dalle disposizioni che introducono il Reddito e la Pensione di cittadinanza e degli incentivi alle assunzioni di cui all'articolo 8 del provvedimento in esame, nonché dell'erogazione temporanea del Reddito di inclusione; inoltre, autorizza la spesa per il conferimento di incarichi di collaborazione con le professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del Rdc e la stabilizzazione di personale in favore di ANPAL SpA (commi 3 e 4), nonché per l'assunzione di personale da assegnare alle strutture dell'INPS e per l'adeguamento e della manutenzione dei sistemi informativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In particolare, il comma 4 prevede che ANPAL Spa possa procedere alla stabilizzazione di personale già dipendente con contratto a tempo determinato mediante l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami. Ai fini della valutazione di tale disposizione, si richiama la giurisprudenza costituzionale relativa all'applicazione dell'articolo 97, terzo comma, della Costituzione.
Si ricorda che la previsione dell'art. 97, terzo comma, della Costituzione in base alla quale "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge" è stata in più occasioni oggetto di pronunce della Corte costituzionale che ha, in via generale, evidenziato come "il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito - costituisca la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni.
Con riferimento in particolare alla previsione di
concorsi pubblici con riserva integrale di posti, la Corte costituzionale ha ritenuto che la «natura comparativa e aperta della procedura è (…) elemento essenziale del concorso pubblico», sicché «procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall'esterno,
violano il "carattere pubblico" del concorso» (sentenza n. 100/2010; sentenza n. 293 del 2009).
La Corte ha dunque ritenuto che
le disposizioni le quali prevedono procedure concorsuali che escludono la possibilità di accesso dall'esterno, nonché quelle che, senza essere giustificate da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico, prevedono soltanto categorie di riservatari, contrastano con il principio del pubblico concorso aperto, di cui all'art. 97, terzo comma, Cost., e con i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.) che esso assicura. (sentenza n. 169/2010; nello stesso senso anche sentenza n. 137/2013). Per legittimare le deroghe non si può ritenere sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l'amministrazione, né la «personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione (sentenze n. 205/2006 e n. 81/2006). Così, secondo la Corte, l'accesso al concorso può essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell'ambito dell'amministrazione, ma ciò fino al limite oltre il quale possa dirsi che l'assunzione nell'amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere "pubblico" del concorso (sentenza n. 34 del 2004).
Si ricorda altresì che la giurisprudenza costituzionale meno recente ha ritenuto in passato ammissibili
procedure integralmente riservate (così sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002), comunque sempre in considerazione della specificità delle fattispecie che di volta in volta venivano in rilievo ed esigendo, inoltre, che le stesse fossero coerenti con il principio del buon andamento dell'amministrazione.
L'articolo 13 reca disposizioni di carattere transitorio circa l'applicazione del Reddito di inclusione per l'anno 2019. Il Capo II (Trattamento di pensione anticipata "Quota 100" e altre disposizioni pensionistiche) si compone degli articoli da 14 a 26-sexies.
L'articolo 14 introduce, in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, il diritto a conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni (cosiddetta quota 100). L'articolo 14-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, interviene sulla disciplina vigente in materia di facoltà assunzionali delle regioni degli Enti locali di cui al decreto legge 24 giugno 2014, n. 90. L'articolo 14-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, amplia, rispetto a quanto attualmente previsto, la possibilità di utilizzo delle graduatorie concorsuali per l'accesso al pubblico impiego. L'articolo 15 opera una revisione della disciplina sui requisiti e sui termini di decorrenza della pensione anticipata rispetto al conseguimento dell'età anagrafica per il trattamento di vecchiaia. L'articolo 16 reca disposizioni concernenti l'istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne (cd. opzione donna), introdotto dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 243/2004, estendendone la fruizione per le lavoratrici interessate. L'articolo 17 prevede il blocco per uno specifico periodo temporale degli incrementi dell'età pensionabile per effetto dell'aumento della speranza di vita per i cd. lavoratori precoci, altresì prevedendo per questi il diritto al pensionamento trascorsi 3 mesi dalla maturazione degli specifici requisiti richiesti. L'articolo 18 proroga a tutto il 2019 la sperimentazione della cd. APE sociale. L'articolo 18-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, dispone la sospensione del pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia o anticipati, erogati dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, per alcuni soggetti condannati che si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena detentiva nonché per i soggetti evasi o latitanti. L'articolo 19 dispone la non applicazione fino al 31 dicembre 2021 dei termini di prescrizione contributiva riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria per i rapporti di lavoro subordinato con le amministrazioni pubbliche afferenti ai periodi di competenza fino al 31 dicembre 2014. L'articolo 20 introduce in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, con riferimento ad alcuni soggetti e fattispecie (rientranti nel sistema di calcolo contributivo integrale), la possibilità di riscattare, in tutto o in parte, nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, i periodi, precedenti la data di entrata in vigore del presente decreto, non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria né soggetti ad alcun obbligo contributivo. Il comma 6 modifica la disciplina del riscatto dei corsi di studio universitario, relativamente a periodi da valutare con il sistema contributivo, consentendo di accedere al riscatto fino al compimento del quarantacinquesimo anno di età. L'articolo 21 introduce la possibilità, per i dipendenti pubblici che prestino servizio in settori in cui non siano attive forme di previdenza complementare compartecipate dal datore di lavoro, di escludere l'applicazione del limite massimo di imponibile contributivo e di base di calcolo del trattamento pensionistico. L'articolo 22 istituisce una nuova tipologia di trattamento a carico dei fondi di solidarietà bilaterali, consistente in un assegno straordinario in attesa del conseguimento dei requisiti per la pensione anticipata di cui al precedente articolo 14; il comma 3 prevede, con riferimento ai lavoratori che accedano ad un qualsiasi assegno straordinario a carico di un fondo di solidarietà bilaterale, che quest'ultimo provveda, a suo carico e previo il versamento allo stesso fondo della relativa provvista finanziaria da parte del datore di lavoro, anche al versamento della contribuzione correlata a periodi, utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili; i commi 4 e 5 recano nuove norme sugli obblighi a carico dei datori nell'ambito degli accordi cosiddetti di isopensione e dei summenzionati istituti di assegno straordinario. L'articolo 23 prevede che i termini temporali per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici che accedano al pensionamento anticipato ai sensi del precedente articolo 14 (cosiddetta "quota 100") decorrano dal momento in cui il diritto al trattamento pensionistico sarebbe maturato in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all'articolo 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201; inoltre, per i soggetti che accedano a "quota 100" o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato, si prevede la possibilità di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, entro un determinato importo massimo. L'articolo 24 riduce l'imposta sul reddito delle persone fisiche sull'indennità di fine servizio (comunque denominata) per la cessazione dal rapporto di lavoro, in misura crescente rispetto al tempo trascorso fra la stessa, o, in caso di cessazione anteriore al 1° gennaio 2019, fra tale data e la corresponsione della relativa indennità. Tale riduzione si applica sull'imponibile dell'indennità non superiore a 50 mila euro. L'articolo 25 modifica la disciplina sull'ordinamento dell'INPS e dell'INAIL, prevedendo, tra l'altro, la reintroduzione del consiglio di amministrazione tra gli organi di tali enti; consente, inoltre, che, in fase di prima attuazione, si provveda con decreto ministeriale alla nomina di un soggetto che, nelle more del perfezionamento delle procedure di nomina del nuovo Presidente e del consiglio di amministrazione, assicuri il corretto dispiegarsi dell'attività amministrativa dei due enti dopo la scadenza, la decadenza o la cessazione del mandato del Presidente dell'Istituto. L'articolo 25-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, stabilisce l'applicabilità, in via transitoria, della disciplina prevista dai singoli ordinamenti degli enti ai giornalisti in servizio presso gli uffici stampa delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, fino a quando, in sede di contrattazione collettiva, tali enti non abbiano definito una specifica disciplina in materia. L'articolo 25-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, formula un principio generale, in base al quale tutti gli enti erogatori di trattamenti pensionistici devono fornire ai soggetti percettori precisa e puntuale informazione circa eventuali trattenute relative alle quote associative sindacali e demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di attuazione. L'articolo 26 modifica la disciplina del Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo. L'articolo 26-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, rifinanzia per gli anni 2019 e 2020 le misure in materia di ammortizzatori sociali previste dall'articolo 22-bis del D.Lgs. n. 148 del 2015. L'articolo 26-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in presenza di determinate condizioni occupazionali e finanziarie, a disporre acconti sulla erogazione del trattamento di integrazione salariale al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori sospesi di aziende ricadenti in aree di crisi complessa con organico superiore a 500 unità lavorative. L'articolo 26-quater, introdotto nel corso dell'esame al Senato, concerne i termini temporali per la presentazione, da parte del datore di lavoro, dei dati necessari per il pagamento, da parte dell'INPS, dei trattamenti di integrazione salariale in deroga, con riferimento ai casi in cui tale pagamento debba essere operato direttamente dall'INPS ai lavoratori. L'articolo 26-quinquies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica il requisito anagrafico ed i termini di decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia delle seguenti categorie di dipendenti dell'Ente nazionale di assistenza al volo (ENAV): controllori del traffico aereo, piloti, operatori radiomisure, esperti di assistenza al volo ed esperti meteo. Il comma 4 reca la copertura finanziaria dei conseguenti oneri. L'articolo 26-sexies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, rifinanzia anche per l'anno 2019 le misure di sostegno al reddito dei lavoratori del settore dei call center previste dal comma 7 dell'articolo 44 del decreto legislativo n.148 del 2015. Il Capo III (Disposizioni finali) ricomprende gli articoli da 27 a 29. L'articolo 27 incide sulla disciplina in materia di giochi, aumentando la ritenuta sulle vincite di alcuni giochi e disponendo un aumento delle aliquote del prelievo erariale unico (PREU) applicabili agli apparecchi denominati new slot; inoltre, inasprisce le sanzioni contro l'organizzazione abusiva del gioco del lotto, delle scommesse e di concorsi a pronostico, introducendo, poi, una nuova sanzione per chi produca o gestisca apparecchi per il gioco non conformi ai requisiti previsti dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. L'articolo 28 contiene disposizioni finanziarie: prevede l'incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica e reca le norme per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del decreto-legge, a valere sul Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza e sul Fondo per la revisione del sistema pensionistico, nonché mediante utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal decreto-legge medesimo. Si prevede, altresì, il monitoraggio, da parte dell'INPS, delle domande di pensionamento relative a disposizioni del presente decreto-legge. L'articolo 29 prevede l'entrata in vigore del decreto nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLe disposizioni del Capo I in materia di reddito di cittadinanza appaiono riconducibili, in primo luogo, alla competenza esclusiva legislativa statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione). Assumono inoltre rilievo la competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro (articolo 117, terzo comma, della Costituzione: in tal senso si veda la sentenza n. 50 del 2005 della Corte costituzionale) nonché quella residuale regionale in materia di politiche sociali (art. 117, quarto comma). Alla luce di questo intreccio di competenze, emerge pertanto l'esigenza di individuare adeguate procedure concertative con le Regioni. In proposito il provvedimento prevede:
Ciò premesso, si ricorda che la Corte costituzionale, in più occasioni (ex multis si veda la sentenza n. 251 del 2016), ha affermato che in presenza di uno stretto intreccio di competenze tra Stato e regioni "la leale collaborazione costituisce principio-guida e l'intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione". Andrebbe dunque approfondita la possibilità di prevedere ulteriori forme di coinvolgimento delle regioni, alla luce dello stretto intreccio di competenze della materia in oggetto.
In particolare, nella
sentenza n. 50 del 2005, la Corte chiarisce che, a prescindere da quale che sia il completo contenuto che debba riconoscersi alla materia
tutela e sicurezza del lavoro, non si dubita che in essa rientri la disciplina dei servizi per l'impiego ed in specie quella del collocamento. Lo scrutinio delle norme impugnate dovrà quindi essere condotto applicando il criterio secondo cui spetta allo Stato la determinazione dei principî fondamentali ed alle Regioni l'emanazione delle altre norme comunemente definite di dettaglio; occorre però aggiungere che, essendo i servizi per l'impiego predisposti alla soddisfazione del diritto sociale al lavoro, possono verificarsi i presupposti per l'esercizio della potestà statale di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., come pure che la disciplina dei soggetti comunque abilitati a svolgere opera di intermediazione può esigere interventi normativi rientranti nei poteri dello Stato per la tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).
Al contempo, in più occasioni la Corte costituzionale ha evidenziato come la competenza residuale regionale in materia di
servizi sociali è destinata ad intrecciarsi con la competenza esclusiva statale in materia di "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale".
I rapporti tra i due ambiti materiali sono messi a fuoco nella sentenza della Corte costituzionale n. 297 del 2012. Secondo la Corte, l'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che sancisce la competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, pone, in tema di livelli essenziali di assistenza socio-assistenziale (LIVEAS), una riserva di legge che deve ritenersi rinforzata (in quanto vincola il legislatore ad apprestare una garanzia uniforme sul territorio nazionale) e relativa (in quanto, considerata la complessità tecnica della determinazione dei livelli delle prestazioni, essi possono essere stabiliti anche in via amministrativa, purché in base alla legge). La determinazione dei LIVEAS non esclude peraltro che le Regioni e gli enti locali possano garantire, nell'àmbito delle proprie competenze, livelli ulteriori di tutela (sentenze n. 207 e n. 10 del 2010; n. 322 e n. 200 del 2009; n. 387 del 2007; n. 248 del 2006).
La forte incidenza della competenza in materia di determinazione dei livelli essenziali sull'esercizio delle competenze legislative ed amministrative delle regioni (sentenza n. 8 del 2011; n. 88 del 2003) è stata talora ritenuta tale da esigere che il suo esercizio si svolga attraverso moduli di leale collaborazione tra Stato e Regione (sentenze n. 330 e n. 8 del 2011; n. 309 e n. 121 del 2010; n. 322 e n. 124 del 2009; n. 162 del 2007; n. 134 del 2006; n. 88 del 2003), salvo che ricorrano ipotesi eccezionali in cui la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni «non permetta, da sola, di realizzare utilmente la finalità […] di protezione delle situazioni di estrema debolezza della persona umana», tanto da legittimare lo Stato a disporre in via diretta le prestazioni assistenziali, senza adottare forme di leale collaborazione con le Regioni (sentenza n. 10 del 2010, a proposito della social card, ricondotta ai LEP e messa in connessione con gli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost.). Proprio in ragione di tale impatto sulle competenze regionali, lo stesso legislatore statale, nel determinare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie o di assistenza sociale, ha in diverse occasioni predisposto strumenti di coinvolgimento delle Regioni (nella forma dell'«intesa») a salvaguardia delle competenze di queste.
In particolare, potrebbe essere opportuno approfondire se siano necessarie forme di coinvolgimento delle regioni:
Le disposizioni del Capo II appaiono invece riconducibili alla materia, di esclusiva competenza statale, attinente alla previdenza sociale (art. 117, secondo comma, lett. o). |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliAi fini dell'accesso al Reddito di cittadinanza l'articolo 2 stabilisce, tra gli altri, anche alcuni requisiti riferiti alla cittadinanza e alla residenza in Italia. In particolare, al comma 1 si prevede che il componente richiedente il beneficio deve essere - in modo cumulativo, come specificato nel corso dell'esame al Senato:
In proposito, si ricorda che i soggiornanti di lungo periodo sono equiparati ai cittadini dello Stato membro in cui si trovano ai fini, tra l'altro, del godimento dei servizi e prestazioni sociali (art. 11 della direttiva 2003/109/CE) e che si riconosce ai titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo di poter «usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale» (art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3).
In relazione al possesso dei requisiti di reddito e patrimonio previsti, il Senato ha introdotto un'ulteriore disposizione (co. 1-ter), in base alla quale i cittadini di Stati non appartenenti all'UE - fatte salve le eccezioni di cui al successivo co. 1-ter - devono produrre, ai fini del conseguimento del Reddito di cittadinanza, una certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare. La certificazione deve essere presentata in una versione tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana. La giurisprudenza costituzionale (si veda da ultimo la sentenza n. 106 del 2018) ha evidenziato come lo status di cittadino non sia di per sé sufficiente al legislatore per operare nei suoi confronti erogazioni privilegiate di servizi sociali rispetto allo straniero legalmente risiedente da lungo periodo. La Corte in diverse occasioni ha infatti rilevato che le politiche sociali ben possono richiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza (sentenza n. 432 del 2005; ordinanza n. 32 del 2008) ma ciò sempreché un tale più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi ai fini dell'accesso alle prestazioni in questione, sia contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli (sentenze nn. 222 del 2013, 133/2013 e 40/2011). In particolare, al legislatore, sia statale che regionale, sarebbe consentito attuare una disciplina differenziata per l'accesso a prestazioni eccedenti i limiti dell'essenziale, al fine di conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse economiche da destinare al maggior onere conseguente, purché i canoni selettivi adottati rispondano al principio di ragionevolezza, in quanto «è consentito [...] introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una "causa" normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria» (sentenza n. 432 del 2005).
Sotto una diversa angolatura ed in riferimento a differenti misure di carattere assistenziale, deve essere richiamata anche la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo la quale, nei casi in cui si versi in tema di provvidenze destinate a fronteggiare esigenze di sostentamento della persona, qualsiasi discriminazione tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondata su requisiti diversi dalle condizioni soggettive per essere ammessi, «finirebbe per risultare in contrasto con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo», per come in più occasioni interpretato dalla Corte di Strasburgo (sentenza n. 187 del 2010). Con una serie di pronunce la Corte ha affrontato il tema di misure destinate a fronteggiare esigenze di sostentamento della persona e discriminazioni tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (ex plurimis, le sentenze nn. 230/2015; 22/2015; 40/2013; 329/2011, 187/2010, 11/2009 e 306/2008). In queste sentenze, la Corte ricorda che «qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all'art. 14 della CEDU» (sentenza n. 40 del 2013). Nella sentenza n. 4 del 2013, in relazione a provvidenze a tutela dei non autosufficienti, la Corte ha affermato che «non è possibile presumere in modo aprioristico che stranieri non autosufficienti, titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo - in quanto già presenti in precedenza sul territorio nazionale in base a permesso di soggiorno protratto per cinque anni - versino in stato di bisogno o disagio maggiore rispetto agli stranieri che, sebbene anch'essi regolarmente presenti nel territorio nazionale, non possano vantare analogo titolo legittimante». Pertanto, secondo la Corte «mentre è possibile subordinare, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni sociali, non dirette a rimediare a gravi situazioni di urgenza, alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero alla permanenza nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata, una volta che il diritto a soggiornare alle predette condizioni non sia in discussione, l'accesso a una misura sociale non può essere differenziato in ragione della "necessità di uno specifico titolo di soggiorno" o di "particolari tipologie di residenza volte ad escludere proprio coloro che risultano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che un siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale"». Con la sentenza n. 22 del 2015, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la disposizione di cui all'art. 80, comma 19, della legge n. 388/2000 (Legge finanziaria 2001), nella parte in cui subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di cui all'art. 8 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili) e dell'indennità in favore dei ciechi parziali, di cui all'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre 1988, n. 508, osservando che la specificità dei connotati invalidanti delle persone non vedenti rendeva ancora più arduo, rispetto alle altre invalidità, subordinare la fruizione del beneficio al possesso della carta di soggiorno, cioè a un requisito di carattere meramente temporale, del tutto incompatibile con la indifferibilità e la pregnanza dei relativi bisogni. Ancora, la sentenza n. 230 del 2015 ha dichiarato incostituzionale in parte qua l'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, che condizionava la concessione agli stranieri, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, della pensione di invalidità civile per sordi e della relativa indennità di comunicazione al requisito della titolarità della carta di soggiorno. La Corte ha ritenuto che tale requisito fosse censurabile sotto una pluralità di profili. L'erogazione condizionata allo straniero di «prestazioni economiche peculiari, che si fondano sull'esigenza di assicurare (…) un ausilio in favore di persone svantaggiate, in quanto affette da patologie o menomazioni fortemente invalidanti per l'ordinaria vita di relazione e, di conseguenza, per le capacità di lavoro e di sostentamento», a un requisito come quello di soggiorno di lunga durata nel territorio dello Stato, è risultata in contrasto anzitutto con il principio di uguaglianza sostanziale, perché frustrava le «esigenze di tutela che, proprio in quanto destinate al soddisfacimento di bisogni primari delle persone invalide, appaiono per sé stesse indifferenziabili e indilazionabili sulla base di criteri meramente estrinseci o formali». La norma, inoltre, comprometteva anche i doveri di solidarietà sociale, che in una prospettiva costituzionalmente orientata sono inderogabili; la tutela del diritto alla salute, «anche nel senso dell'accessibilità ai mezzi più appropriati per garantirla»; nonché una «protezione sociale più ampia e sostenibile». La Corte ha invece confermato la legittimità della scelta di condizionare l'erogazione della pensione di invalidità in esame alla «presenza di condizioni reddituali limitate, tali, perciò, da configurare la medesima come misura di sostegno per le indispensabili necessità di una vita dignitosa», nonché all'accertamento che il soggiorno dello straniero «risulti, oltre che regolare, non episodico né occasionale». |