Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Cultura |
Titolo: | Interventi in materia di sport |
Riferimenti: | AC N.1603-bis/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 111 |
Data: | 15/03/2019 |
Organi della Camera: | VII Cultura |
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Camera dei deputati |
XVIII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Interventi in materia di sport A.C. 1603-bis |
Schede di lettura |
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n. 111 |
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15 marzo 2019 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi Dipartimento Cultura ( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it -
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Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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File: CU0050.docx |
INDICE
Premessa 3
Capo I Disposizioni in materia di ordinamento sportivo
§ Articolo 1 (Delega per l’adozione di misure in materia di ordinamento sportivo) 7
§ Articolo 2 (Centri sportivi scolastici) 15
§ Articolo 3 (Disciplina del titolo sportivo) 19
Capo II Disposizioni in materia di professioni sportive
§ Articolo 4 (Delega per l’adozione di misure in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di rapporto di lavoro sportivo) 25
§ Articolo 5 (Delega per l’adozione di misure in materia di rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo) 35
Capo IV Disposizioni di semplificazione e sicurezza in materia di sport
§ Articolo 12 (Delega per l’adozione di misure in materia di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi, nonché di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi) 41
§ Articolo 13 (Delega per la semplificazione di adempimenti degli organismi sportivi 45
§ Articolo 14 (Delega in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali) 48
Provvedimenti all’esame delle istituzioni UE 53
Il disegno di legge in commento (A.C. 1603-bis) reca “Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione".
Esso risulta dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019, del Capo III (artt. 6-11, recanti disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive) del disegno di legge A.C. 1603, che il Governo aveva presentato come collegato alla legge di bilancio 2019 (L. 145/2018). L’A.C. 1603 era stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2019 e presentato alla Camera, in prima lettura, il 15 febbraio 2019.
Gli artt. 6-11 sono confluiti nell’A.C, 1603-ter.
Il testo è organizzato - al netto dello stralcio del Capo III - in 3 Capi, recanti, rispettivamente, disposizioni relative all’ordinamento sportivo (artt. 1-3), disposizioni in materia di professioni sportive (artt. 4-5), disposizioni di semplificazione e sicurezza in materia di sport (artt. 12-14).
Esso reca, anzitutto, una serie di deleghe al Governo, alcune delle quali qualificate come “riordino”, altre qualificate come “riordino e riforma”.
Si tratta di una differenza nominale che, come si vedrà nelle singole schede di lettura, non sempre corrisponde, in base ai principi e criteri direttivi enunciati, alla sostanza dell’intervento. In particolare, le deleghe riguardano, in base al testo:
· il riordino del Coni – anche tenendo conto delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2019 – e della disciplina in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organismi sportivi (art. 1);
· il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo (art. 4);
· il riordino delle disposizioni in materia di rapporti di rappresentanza di atleti e di società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo (art. 5);
· il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi (art. 12);
· il riordino delle disposizioni legislative relative agli oneri amministrativi e agli adempimenti burocratici e di natura contabile degli organismi sportivi (art. 13);
· l’adozione di misure in materia di discipline sportive invernali, al fine di garantire standard di sicurezza più elevati (art. 14).
In linea generale si evidenzia, peraltro, che, in vari casi, i principi e i criteri direttivi dovrebbero essere meglio specificati, avendo cura di distinguerli chiaramente dagli oggetti di delega, come richiesto dalla Lettera circolare sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi del 20 aprile 2001.
Al riguardo, si veda, a titolo di esempio, il parere espresso dal Comitato per la legislazione nella seduta del 24 ottobre 2017 (A.C. 4652, Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia).
Le deleghe devono essere esercitate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. E’ previsto, altresì, il previo parere della Conferenza Stato-regioni nel caso della delega concernente il riordino delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché del rapporto di lavoro sportivo, e quello della Conferenza unificata nel caso della delega per la riforma e il riordino delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi.
Al riguardo, in relazione alla suddivisione della competenza legislativa fra lo Stato e le regioni, si veda quanto osservato nelle schede di lettura.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, possono essere adottate, con la medesima procedura, disposizioni correttive o integrative.
Inoltre, il disegno di legge disciplina la costituzione di Centri sportivi scolastici (art. 2), nonché la cessione, il trasferimento o l’attribuzione del titolo sportivo (art. 3).
Articolo 1
(Delega per l’adozione di misure in materia di ordinamento sportivo)
L’articolo 1 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino del CONI e della disciplina di settore.
Come si vedrà illustrando i principi e i criteri direttivi, tuttavia, si prevedono anche alcune novità che meglio potrebbero essere qualificate quale intervento di “riforma e riordino” (espressione utilizzata, ad esempio, negli artt. 4 e 12).
Preliminarmente è utile ricordare che, ai sensi dell’art. 1 del D.L. 220/2003 (L. 280/2003), la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato olimpico internazionale (CIO)[1]. In particolare, i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo.
In tale contesto, la disciplina del CONI e di altri organismi sportivi facenti capo allo stesso CONI è recata innanzitutto dal d.lgs. 242/1999, come modificato, da ultimo, dalla L. 8/2018.
In base al d.lgs. 242/1999, il CONI, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, è la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali (FSN) e delle Discipline sportive associate (DSA) e si conforma ai principi dell’ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal CIO. L’ente cura l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali e internazionali.
Il CONI, in relazione al mutato assetto delle competenze in materia di sport derivante dall’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006), è attualmente sottoposto alla vigilanza (di cui all’art. 1 del d.lgs. 242/1999) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Gli organi del CONI – individuati dall’art. 3 del citato d.lgs. – sono il Consiglio nazionale, la Giunta nazionale, il Presidente, il Segretario generale, il Collegio dei revisori dei conti.
Qui lo statuto del CONI modificato, da ultimo – a seguito dell’adeguamento richiesto dalla L. 8/2018 – dal Consiglio nazionale il 26 ottobre 2018 con deliberazione n. 1615 e approvato con DPCM 21 dicembre 2018.
Le FSN e le DSA, invece, hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato (art. 15, co. 2). Fanno eccezione – pur qualificandosi come FSN – l'Aeroclub d'Italia, l'Automobile club d'Italia e l'Unione italiana tiro a segno, che, in virtù dell’art. 18, co. 6, dello stesso d.lgs., mantengono la personalità giuridica di diritto pubblico. Esse svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni delle Federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate nello statuto del CONI (v. scheda art. 13). Non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto dal d.lgs. 242/1999, alla disciplina recata dal codice civile. A fini sportivi, esse sono riconosciute dal Consiglio nazionale del CONI[2].
Ulteriori organismi sportivi sono disciplinati anche da altre fonti. In particolare, in base all’art. 32, co. 2, del DPR 157/1986, le organizzazioni polisportive d'importanza nazionale che svolgono attività di diffusione e promozione e le associazioni nazionali che svolgono attività a vocazione sportiva di notevole rilievo possono essere riconosciute dal CONI, rispettivamente, quali Enti di promozione sportiva (EPS) e associazioni benemerite.
In base al già citato statuto del CONI (artt. 26-28) e al Regolamento degli Enti di promozione sportiva, gli EPS – che non perseguono fini di lucro – si distinguono in enti nazionali ed enti su base regionale. In particolare, per il riconoscimento a livello nazionale è necessario avere una presenza organizzata in almeno quindici regioni e settanta province e un numero di società o associazioni sportive dilettantistiche affiliate non inferiore a 1.000, con un numero di iscritti tesserati non inferiore a 100.000.
Sempre in base allo statuto del CONI (art. 30), anche le associazioni benemerite non hanno fini di lucro. Qui il Regolamento delle associazioni benemerite.
In particolare, si stabiliscono i seguenti i principi e criteri direttivi:
§ definizione degli ambiti di attività del CONI, delle FSN e degli “organismi sportivi”, in coerenza con le novità introdotte dalla L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), con il ruolo proprio del CONI quale organo di indirizzo dell’attività sportiva e articolazione del Comitato olimpico internazionale, nonché con la sua funzione di governo dell’attività sportiva nazionale, limitatamente a quella olimpica.
Si valuti l’opportunità di esplicitare i soggetti rientranti fra gli “organismi sportivi”. Tale espressione, infatti, potrebbe ricomprendere – oltre che lo stesso CONI e le stesse FSN –, ad esempio, anche le DSA e gli enti di promozione sportiva, nonché i corrispondenti organismi paralimpici.
Al riguardo, si ricorda, anzitutto, che l’art. 1, co. 629-633, della L. 145/2018 ha modificato l’assetto organizzativo e il meccanismo di finanziamento statale dell'attività sportiva nazionale, attribuendo alla “Sport e salute Spa” – nuova denominazione della "CONI Servizi Spa", di cui, in base all'art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002), come modificato dall’art. 34-bis del D.L. 4/2006 (L. 80/2006), il CONI si avvale per l'espletamento dei suoi compiti – il compito di finanziare FSN, DSA, nonché enti di promozione sportiva (EPS), associazioni benemerite, gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato[3], in precedenza assicurato dallo stesso CONI. Conseguentemente, ha stabilito che, dal 2019, le risorse destinate al CONI e alla Sport e salute Spa sono complessivamente stabilite nella misura annua, comunque non inferiore a € 410 mln, del 32% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell’anno precedente derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività relativi a gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive[4]. Una quota non inferiore a € 368 mln annui di tale importo è destinata alla Sport e salute Spa, di cui una parte, inizialmente pari a non meno di € 280 mln annui, è riservata al finanziamento degli organismi sportivi sopra indicati.
Al CONI, invece, sono destinati € 40 mln annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana[5].
Si evidenzia, altresì che, dalle slide con tutti i dettagli della riforma presenti sul sito dell’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, si evincerebbe che la riforma riguardi anche in qualche misura la Sport e Salute Spa. In particolare, in base alle stesse, la nuova società:
· avrà il compito di incrementare la pratica sportiva, valorizzando il ruolo di territorio, scuola, volontariato, associazioni e società sportive dilettantistiche;
· subentrerà a tutti i contratti di CONI Servizi, compresi quelli di lavoro con il personale della società.
Tali aspetti, tuttavia, non sono esplicitamente ricompresi né tra i principi di delega, né tra le ulteriori disposizioni del disegno di legge in esame.
Qualora i decreti legislativi siano intesi a disciplinare anche profili inerenti la Sport e salute Spa, si valuti l’opportunità di citare espressamente quest’ultima, dal momento che essa non sembrerebbe rientrare propriamente nella definizione di “organismo sportivo” (in quanto non soggetta alla disciplina dell’ordinamento sportivo);
§ conferma dell’attribuzione al CONI, in coerenza con quanto disposto dalla Carta olimpica[6], del potere generale di determinazione e divulgazione dei principi fondamentali relativi alla disciplina delle attività sportive, al contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e violenza nello sport, e alla promozione e allo sviluppo dello sport.
In base all’art. 5, co. 2, lett. b), del d.lgs. 242/1999, il Consiglio nazionale del CONI stabilisce i principi fondamentali ai quali devono uniformarsi, allo scopo del riconoscimento ai fini sportivi, gli statuti delle FSN, delle DSA, degli EPS e delle associazioni e società sportive.
Qui i principi fondamentali per gli statuti di FSN e DSA approvati, da ultimo – anche in considerazione delle novità introdotte dalla L. 8/2018 –, con deliberazione del Consiglio nazionale del CONI n. 1613 del 4 settembre 2018.
In base all’art. 2, co. 1, del medesimo d.lgs. 242/1999, il CONI cura la promozione della massima diffusione della pratica sportiva per i normodotati e assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport.
Qui il Codice di comportamento sportivo, deliberato dal Consiglio nazionale del CONI nella riunione del 30 ottobre 2012, alla cui osservanza sono tenuti i tesserati alle FSN, alle DSA, agli EPS e alle associazioni benemerite, in qualità di atleti, tecnici, dirigenti, ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo, in eventuali altre qualifiche, comprese quelle di socio cui è riferibile direttamente o indirettamente il controllo delle società sportive. In particolare, l’art. 6 sancisce il divieto di ogni comportamento discriminatorio in relazione alla razza, all'origine etnica o territoriale, al sesso, all'età, alla religione, alle opinioni politiche e filosofiche;
§ previsione che il CONI eserciti poteri di controllo e intervento diretto nei confronti delle FSN, delle DSA, degli EPS e delle associazioni benemerite solo quando siano accertate gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi federali, nonché nel caso in cui non sia garantito il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive, ovvero in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi organi federali.
A legislazione vigente – e, nello specifico, in base all’art. 5, co. 2, lett. e) ed e-bis), del d.lgs. 242/1999 –, il Consiglio nazionale del CONI stabilisce i criteri e le modalità per l'esercizio dei controlli su FSN, DSA e EPS, nonché i criteri e le modalità di esercizio dei controlli da parte delle FSN sulle società sportive; allo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, il controllo sulle società sportive può essere svolto in via sostitutiva dallo stesso CONI in caso di verificata inadeguatezza dei controlli da parte della FSN.
Inoltre, in base all’art. 7, co. 2, lett. e) ed f), del medesimo d.lgs. – esplicitamente richiamato dall’art. 1, co. 633, lett. d), capoverso 4-quater, della L. 145/2018 – la Giunta nazionale del CONI esercita il potere di controllo su FSN, DSA e EPS in merito al regolare svolgimento delle competizioni, alla preparazione olimpica e all'attività sportiva di alto livello e all'utilizzo dei contributi finanziari, e propone al Consiglio nazionale il commissariamento delle FSN o delle DSA in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi, in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi, o nel caso in cui non siano stati ottemperati gli adempimenti regolamentari al fine di garantire il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali;
§ previsione che l’articolazione territoriale del CONI è riferita esclusivamente a funzioni di rappresentanza istituzionale.
Ai sensi dell’art. 2, co. 3, del d.lgs. 242/1999, l’organizzazione periferica del CONI è disciplinata dallo statuto (l’articolazione del CONI in organi centrali e periferici è stata confermata anche dall’art. 8, co.1, del D.L. 138/2002 – L. 178/2002).
Lo statuto del CONI stabilisce, nel titolo III (artt. 14-19), che l’organizzazione territoriale è costituita da comitati regionali (1 in ogni regione), delegati provinciali (1 in ogni provincia) ed (eventualmente) fiduciari locali.
Gli organi dei comitati regionali sono il Presidente, la Giunta regionale, il Consiglio regionale.
I comitati regionali, direttamente e tramite i delegati provinciali, rappresentano il CONI nel territorio di competenza e promuovono e curano i rapporti con le strutture territoriali delle FSN, delle DSA, degli EPS, con le amministrazioni pubbliche, statali e territoriali e con ogni altro organismo competente in materia sportiva. In caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi e ripetute violazioni dell’ordinamento, o di impossibilità di funzionamento, la Giunta nazionale delibera il commissariamento delle strutture territoriali. Queste ultime hanno autonomia gestionale per il perseguimento dei propri compiti e, allo stesso fine, si avvalgono dei servizi messi a disposizione dal CONI, anche tramite la “Sport e salute Spa”. Tutte le cariche dell’organizzazione territoriale sono esercitate a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese;
§ sostegno alla piena autonomia gestionale e contabile delle FSN, delle DSA, degli EPS e delle associazioni benemerite rispetto al CONI;
§ riordino della disciplina in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del CONI e degli “enti di cui alla legge 11 gennaio 2018, n. 8”, garantendo omogeneità nel computo degli stessi, prevedendo limiti allo svolgimento di più mandati consecutivi da parte del medesimo soggetto, nonché disciplinando un sistema di incompatibilità fra gli organi, al fine di prevenire situazioni di conflitto di interessi.
La L. 8/2018, modificando il d.lgs. 242/1999 e il d.lgs. 43/2017, ha ridisciplinato i limiti al numero dei mandati degli organi del CONI, delle FSN, delle DSA, degli EPS, del CIP, delle federazioni sportive paralimpiche (FSP), delle discipline sportive paralimpiche (DSP) e degli enti di promozione sportiva paralimpica (EPSP). In particolare, in base alla disciplina vigente, per tutte le realtà indicate, il numero massimo di mandati è fissato in 3.
Per il CONI e il CIP, il numero massimo di mandati si applica al Presidente e agli altri componenti della Giunta nazionale – ad eccezione dei membri italiani del Comitato olimpico internazionale (CIO) e dei membri italiani del Comitato paralimpico internazionale (IPC) – nonché ai Presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali.
Gli organi del CONI e del CIP restano in carica 4 anni. I componenti che assumono le funzioni nel corso del quadriennio restano in carica fino alla scadenza degli organi.
Anche gli organi delle FSN, delle DSA, degli EPS, delle FSP, delle DSP e degli EPSP restano in carica 4 anni. Per i medesimi organismi – nonché per i membri degli organi direttivi delle loro strutture territoriali – il limite di 3 mandati può essere abbassato dai singoli statuti (fatti salvi gli effetti delle disposizioni transitorie). In via transitoria, i Presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali di FSN, DSA, EPS, FSP, DSP e EPSP che erano in carica alla data di entrata in vigore della legge e che avevano già raggiunto il previsto limite di 3 mandati, possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato. Per il Presidente uscente, però, la rielezione è possibile solo se raggiunge una maggioranza non inferiore al 55% dei votanti[7].
Con riguardo alle incompatibilità, l’art. 8, co. 3-bis, del d.lgs. 242/1999 stabilisce che la carica di presidente del CONI è incompatibile con altre cariche sportive in seno alle FSN e DSA. L’art. 12, co. 3, del medesimo d.lgs. dispone che la carica di segretario generale del CONI è incompatibile con quella di componente del consiglio nazionale e con quella di componente degli organi delle FSN, delle DSA e degli EPS.
L’art. 7 dello statuto del CONI prevede, inoltre, che i componenti della Giunta Nazionale, qualora vengano a trovarsi in situazione di permanente conflitto di interessi, sono considerati incompatibili con la carica che rivestono, e debbono essere dichiarati decaduti. Nel caso il conflitto d’interessi sia limitato a singoli deliberazioni o atti, il soggetto interessato deve astenersi dal prendere parte alle une o agli altri.
L’art. 9, co. 4, del d.lgs. 43/2017 dispone che la carica di presidente del CIP è incompatibile con altre cariche sportive in seno alle FSP, alle FSNP, alle DSP ed alle DSAP. L’art. 11, co. 4, del medesimo d.lgs. stabilisce che la carica di segretario generale del CIP è incompatibile con quella di componente del consiglio nazionale e con quella di componente degli organi delle FSP, delle FSNP, delle DSP, delle DSAP e degli enti di promozione sportiva che svolgano attività paralimpica esclusiva o prevalente.
L’art. 6 dello statuto del CIP dispone, con riferimento ai componenti della Giunta nazionale in termini identici a quelli sopra esposti con riferimento al CONI.
Occorrerebbe dunque chiarire se il riferimento agli enti di cui alla L. 8/2018 includa anche CIP, Federazioni sportive paralimpiche, Discipline sportive paralimpiche ed Enti di promozione sportiva paralimpica.
Ulteriori principi e i criteri direttivi concernono, in particolare, l’organizzazione delle disposizioni per settori omogenei o per specifiche attività o gruppi di attività, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo e l’indicazione esplicita delle norme da abrogare, fatta salva comunque la c.d. abrogazione tacita prevista dall’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.
In base all’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale preliminari al c.c., la c.d. abrogazione tacita deriva dall’incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o dalla circostanza che la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore.
I decreti legislativi sono adottati, entro 12 mesi dalla data di entrata della legge, su proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (cd. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo si ricorda che, in precedenti analoghe circostanze, il Comitato per la legislazione ha segnalato l’opportunità di prevedere, in luogo dello scorrimento del termine di delega, termini certi entro i quali il Governo deve trasmettere alle Camere gli schemi dei decreti legislativi (quali ad esempio, trenta o sessanta giorni prima della scadenza della delega).
Da ultimo, si veda quanto evidenziato dal Comitato per la legislazione nella seduta del 9 ottobre 2018.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 2
(Centri sportivi scolastici)
L’articolo 2 prevede la possibilità, per le scuole di ogni ordine e grado, nel rispetto delle prerogative degli organi collegiali, di costituire Centri sportivi scolastici, con le modalità e nelle forme previste dal Codice del terzo settore (d.lgs. 117/2017).
Preliminarmente, si ricorda che la costituzione di Centri sportivi scolastici (C.S.S.) è stata prevista dalle Linee guida per le attività di educazione fisica, motoria e sportiva nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, emanate dal MIUR con nota prot. n. 4273 del 4 agosto 2009. Nello specifico, le linee guida – premesso che il naturale completamento delle ore di insegnamento curricolare di educazione fisica, motoria e sportiva è affidato alle ore aggiuntive di avviamento alla pratica sportiva, fino ad un massimo di sei settimanali e che tale istituto, tradizionalmente facente parte dello stato giuridico dei docenti di educazione fisica, era stato recepito dall’art. 87 del Contratto Nazionale di Lavoro del comparto scuola (art. 87 CCNL 2006-2009 comparto scuola) – hanno sottolineato che, per convogliare efficacemente le risorse finanziarie, occorre che le istituzioni scolastiche si dotino di una struttura organizzativa interna idonea a far nascere, accompagnare e sviluppare la pratica sportiva.
La costituzione dei C.S.S. è autonomamente deliberata dalle scuole e non è obbligatoria, ma – in base alle Linee guida – avrebbe dovuto essere condizione per l’accesso alle ore di avviamento alla pratica sportiva (ma, al riguardo, v. infra).
Compito dei C.S.S. è quello di programmare ed organizzare iniziative ed attività coerenti con le finalità e gli obiettivi del progetto nazionale, in funzione della propria realtà e delle proprie risorse.
Ai C.S.S. partecipano i docenti di educazione fisica, fra i quali il dirigente scolastico nomina quello incaricato del coordinamento.
Il responsabile del C.S.S., in collaborazione con gli altri docenti di educazione fisica, realizza un programma didattico-sportivo relativo a tutte le iniziative da proporre agli studenti durante l’anno scolastico.
Gli studenti manifestano la loro libera volontà di aderire alle attività proposte indicando le discipline sportive che intendono praticare. L’adesione alle attività rende gli studenti soggetti dell’associazione il cui funzionamento può essere oggetto di specifico regolamento autonomamente deliberato dalle scuole.
Le attività svolte devono favorire la partecipazione alle manifestazioni sportive studentesche nei vari livelli territoriali e il lavoro svolto dagli alunni deve essere certificato nel quadro delle competenze.
In seguito, il MIUR, con circolare prot. n. 845 del 6 febbraio 2013 – applicativa dell’intesa del 30 gennaio 2013, siglata con le OO.SS. – ha previsto che, dall’a.s. 2012/2013, la partecipazione delle scuole secondarie di primo e secondo grado ai Giochi Sportivi Studenteschi (ora Campionati studenteschi), organizzati dal MIUR, con la collaborazione del CONI, del CIP, delle Federazioni sportive e degli enti locali, è subordinata alla costituzione dei Centri Sportivi Scolastici previsti dalle Linee guida del 2009, fermo restando che attività di avviamento alla pratica sportiva possono essere comunque svolte anche dalle istituzioni scolastiche che non adottano tale formula organizzativa e che pertanto non partecipano ai Giochi Sportivi Studenteschi.
Dall’a.s. 2017/2018 (nota prot. 4897 del 5 ottobre 2017) il MIUR, nel confermare che l’adesione delle scuole ai Campionati Studenteschi è subordinata alla costituzione dei Centri Sportivi Scolastici, ha precisato che l’attività di avviamento alla pratica sportiva può essere comunque svolta anche dalle istituzioni scolastiche che non partecipano ai Campionati Studenteschi, purché aderiscano ad un progetto nazionale o a un progetto di attività motoria approvato dagli organi collegiali.
Per l’a.s. 2018/2019, si veda la nota prot. 614 dell’8 novembre 2018 che ha ricordato che il CCNI sul Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa 2018-2019, sottoscritto il 1° agosto 2018, con il quale sono stati definiti i valori unitari e i criteri utili per la ripartizione tra le istituzioni scolastiche ed in particolare per le attività complementari di educazione fisica (art. 87 CCNL 2006- 2009), ha previsto un finanziamento complessivo di € 18,1 mln attribuito in base al numero delle classi di istruzione secondaria di primo e di secondo grado in organico di diritto (si rinvia alla circolare del programma annuale 2018/2019 prot. DGRUF 19270 del 28/09/2018). Ha pertanto fatto presente che ogni istituzione scolastica poteva progettare l’attività nel limite delle risorse già assegnate con la citata circolare del programma annuale.
Si disciplina così a livello legislativo, estendendola alle scuole di ogni ordine e grado, una possibilità finora prevista a livello amministrativo nelle sole scuole secondarie.
Non sono, però, esplicitate a livello legislativo le finalità della costituzione dei Centri sportivi scolastici.
Al contempo, come si è visto, si prevede ora che i Centri sportivi scolastici siano costituiti secondo le modalità e nelle forme previste dal Codice del Terzo settore.
In base all’art. 4 del d.lgs. 117/2017, sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore (istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali: art. 45). In base all’art. 22, l’iscrizione nel registro determina l’acquisto della personalità giuridica, purchè, però, l’associazione disponga di un patrimonio minimo costituito da una somma liquida e disponibile non inferiore a € 15.000.
L’art. 5 dello stesso d.lgs. stabilisce che si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attività aventi ad oggetto, tra l’altro, educazione e istruzione, nonché organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche.
Gli enti del terzo settore sono tenuti ad alcuni adempimenti contabili e di bilancio (art. 13) e devono tenere alcuni libri sociali obbligatori (art. 15).
In base all’art. 21, l'atto costitutivo deve indicare, fra l’altro, le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite; l'attività di interesse generale che costituisce l'oggetto sociale; la sede legale; il patrimonio iniziale ai fini dell'eventuale riconoscimento della personalità giuridica; le norme sull'ordinamento, l'amministrazione e la rappresentanza dell'ente; i diritti e gli obblighi degli associati, ove presenti; i requisiti per l'ammissione di nuovi associati e la relativa procedura; la nomina dei primi componenti degli organi sociali obbligatori.
Lo statuto, contenente le norme relative al funzionamento dell'ente, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell'atto costitutivo.
L’ordinamento e l’amministrazione degli enti del terzo settore sono disciplinati dagli artt. 23-31 che, in particolare, prevedono il carattere aperto delle associazioni e la presenza di una assemblea e di un organo di amministrazione.
Per il regime fiscale agevolato di cui beneficiano gli enti del Terzo settore, si veda l’apposito approfondimento predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Rispetto a quanto previsto dal Codice del terzo settore, il testo in commento – prevedendo che dei Centri sportivi scolastici possono far parte il dirigente scolastico, i docenti, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), gli studenti frequentanti i corsi presso l’istituzione scolastica e i relativi genitori – affida la determinazione delle relative modalità di partecipazione ad un “regolamento”, che stabilisce anche la disciplina delle cariche associative e dell’attività del Centro.
Si valuti l’opportunità di chiarire se si debba trattare di un unico regolamento emanato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ovvero di un regolamento approvato da ogni istituzione scolastica, ovvero, ancora, da ogni singolo Centro sportivo scolastico.
Più in generale, si valuti l’opportunità di chiarire come si coordini questa previsione con quella in base alla quale i Centri sono costituiti “secondo le modalità e nelle forme previste dal Codice del terzo settore”.
In sede di contrattazione collettiva deve essere stabilito il numero di ore a disposizione di ogni istituzione scolastica, da riconoscere in favore dei docenti ai quali sono assegnati compiti di supporto al Centro sportivo scolastico.
Al riguardo, la relazione illustrativa evidenzia che, trattandosi di attività extracurriculare, si prevede che i docenti impegnati nell’attività di supporto al Centro sportivo scolastico possono beneficiare di una remunerazione, secondo la misura da prevedere nei diversi livelli contrattuali.
A sua volta, la relazione tecnica chiarisce che con contrattazione di istituto potrà essere stabilita la misura dell’accesso dei docenti coinvolti nelle attività del Centro sportivo scolastico al Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (ad es. con riferimento alla componente delle cosiddette funzioni strumentali).
Per il dirigente scolastico e per il personale ATA non si prevede alcuna remunerazione.
Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni richiamate nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, la relazione tecnica evidenzia che la disposizione comporta solo l’eventuale diverso utilizzo, in base alla contrattazione di sede, delle risorse già disponibili per la retribuzione accessoria del personale docente.
Articolo 3
(Disciplina del titolo sportivo)
L’articolo 3 concerne la cessione, il trasferimento o l’attribuzione del titolo sportivo, definendo lo stesso quale insieme delle condizioni che consentono la partecipazione di una società sportiva professionistica[8] a una determinata competizione nazionale.
Si introduce, così, nell’ordinamento normativo statale una definizione finora presente solo nell’ordinamento sportivo[9], in base al quale, però, il titolo sportivo è il diritto che una Federazione sportiva nazionale riconosce ad una società sportiva ad essa affiliata di partecipare alle competizioni nazionali, in quanto ricorrono determinate condizioni.
A titolo esemplificativo, si ricorda che, in base all’art. 52 delle Norme organizzative interne della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC), il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della Federazione delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato.
Lo stesso art. 52 dispone che il titolo sportivo non può essere in nessun caso oggetto di valutazione economica o di cessione.
Tuttavia, nel caso di una società cui venga revocata l’affiliazione alla Federazione a causa di dichiarazione e/o accertamento giudiziale dello stato di insolvenza (ai sensi dell’art. 16, co. 6), il titolo sportivo può essere attribuito, entro il termine della data di presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo, ad altra società, a condizione che la nuova società, con sede nello stesso comune della precedente, dimostri:
- di avere acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza;
- di avere ottenuto l’affiliazione alla Federazione;
- di essersi accollata e di avere assolto tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affiliazione, ovvero di averne garantito il pagamento mediante rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta;
- di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza;
- di aver depositato, per le società professionistiche, dichiarazione del legale rappresentante contenente l’impegno a garantire con fideiussione bancaria a prima richiesta le obbligazioni derivanti dai contratti con i tesserati e dalle operazioni di acquisizione di calciatori. Il deposito della fideiussione è condizione per il rilascio del visto di esecutività dei contratti.
Può essere altresì attribuito ad altra società anche il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione a causa della liquidazione della società stessa (ai sensi dell’art. 16, co. 7), a condizione che:
- la società in liquidazione appartenga alla Lega Dilettanti;
- la nuova aspirante al titolo si accolli ed assolva gli eventuali debiti di quella in liquidazione cui viene revocata l'affiliazione.
In caso di fusione tra più società, alla nuova società o alla incorporante è attribuito il titolo superiore tra quelli riconosciuti alle società che hanno dato luogo alla fusione.
In caso di scissione o conferimento in conto capitale dell’azienda sportiva in una società interamente posseduta dalla società conferente, il titolo sportivo della società scissa o della conferente è attribuito rispettivamente alla società derivante dalla scissione che prosegue l’attività sportiva ovvero alla conferitaria[10].
Definendo il titolo sportivo in senso analogo, anche l’art. 128 del Regolamento organico della Federazione italiana pallacanestro (FIP), stabilisce che esso non può essere in nessun caso oggetto di cessione o di valutazione economica.
Qualora si verifichi da parte di una Società sportiva la cessazione di appartenenza alla Federazione, quest’ultima delibererà l’assegnazione del titolo ad altra società sportiva affiliata secondo le norme federali.
In caso di radiazione, di insolvenza nei confronti della Federazione, di scioglimento o fallimento della società, di estromissione dai campionati federali per gravi motivi disciplinari, la Federazione può attribuire il titolo sportivo ad altra società appartenente alla stessa città o facente parte della medesima regione od area geografica.
In caso di rinuncia al titolo sportivo da parte di una società detentrice di tale diritto, la Federazione potrà assegnare il titolo medesimo, compatibilmente con il livello del Campionato di riferimento ed in presenza dei requisiti necessari, ad altra società affiliata appartenente alla stessa città o facente parte della medesima regione od area geografica.
Invece, per la Federazione italiana pallavolo (FIPAV), l’art. 16 del Regolamento affiliazione e tesseramento dispone che ciascun associato avente diritto a partecipare ad uno dei campionati di Serie A, B, C e D, fermo restando il limite di rappresentanza di una sola squadra per ciascun campionato di serie, può cedere ad altro associato il proprio diritto a disputare quel campionato.
In particolare, la cessione del diritto sportivo richiede:
- la regolare affiliazione di entrambi gli associati interessati alla cessione/acquisizione del diritto sportivo;
- la delibera di consenso alla cessione e quella di consenso all’acquisizione del diritto sportivo da parte dell’Organo statutario competente degli associati interessati;
- il parere motivato vincolante della Lega di riferimento sull’idoneità dell’associato cessionario ad essere ammesso al campionato (per i soli associati cedenti il diritto ai campionati nazionali di Serie A, maschili e femminili);
- il parere motivato obbligatorio dei Comitati regionali interessati nonché quello della Lega di riferimento (per i soli associati cedenti il diritto ai campionati nazionali di Serie B, maschili e femminili);
- il parere motivato obbligatorio del Comitato regionale di competenza (per i soli associati cedenti il diritto ai campionati nazionali di Serie C, maschili e femminili).
In particolare, l’articolo in commento stabilisce che la cessione, il trasferimento o l’attribuzione, a qualunque titolo, del titolo sportivo di una società sportiva professionistica – qualora questi siano ammessi dalle singole FSN – sono effettuati solo previa valutazione del valore economico del titolo medesimo tramite perizia giurata di un esperto nominato dal presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede la società cedente.
In caso di accertamento giudiziale dello stato di insolvenza di una società sportiva professionistica, la cessione, il trasferimento o l’attribuzione del titolo medesimo sono condizionati, oltre che al rispetto delle prescrizioni della singola FSN, anche al versamento del valore economico del titolo o alla prestazione di idonea garanzia approvata dall’autorità giudiziaria procedente.
L’articolo prevede, inoltre, che il CONI e le FSN adeguano i loro statuti ai principi introdotti.
Per l’adeguamento non è previsto un termine.
L’articolo 4 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché per la disciplina del rapporto di lavoro sportivo. La delega è finalizzata a garantire l’osservanza dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nel lavoro sportivo, sia nel settore dilettantistico che in quello professionistico.
Preliminarmente, si ricorda che nella legislazione italiana ci sono solo le definizioni di sportivi professionisti e di rapporto di lavoro sportivo professionistico, mentre non vi sono le definizioni di sportivi dilettanti e di rapporto di lavoro sportivo dilettantistico.
In particolare, in base all’art. 2 della L. 91/1981, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle stesse Federazioni con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
A sua volta, l'art. 5, co. 2, lett. d), del d.lgs. 242/1999 attribuisce al Consiglio nazionale del CONI il compito di stabilire, in armonia con l'ordinamento sportivo internazionale e nell'ambito di ciascuna Federazione sportiva nazionale o Disciplina sportiva associata, criteri per la distinzione dell'attività sportiva dilettantistica da quella professionistica.
Lo statuto del CONI prevede - all'art. 22, co. 1 - che gli statuti delle Federazioni sportive nazionali devono rispettare i principi fondamentali emanati dal Consiglio nazionale e devono in particolare ispirarsi al costante equilibrio di diritti e di doveri tra i settori professionistici e non professionistici, nonché tra le diverse categorie nell’ambito del medesimo settore.
In base ai principi fondamentali degli statuti delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate – approvati, da ultimo, come già indicato nella scheda relativa all’art.1 del disegno di legge in commento, con deliberazione del Consiglio nazionale n. 1613 del 4 settembre 2018 –, i criteri per la distinzione tra attività professionistica e non professionistica sono rimessi alla autonomia statutaria delle singole FSN, nel rispetto dei principi posti dalla L. 91/1981. Inoltre, l’istituzione del settore professionistico da parte di una FSN è possibile, mediante specifica previsione statutaria, in presenza di una notevole rilevanza economica del fenomeno e a condizione che l’attività in questione sia ammessa dalla rispettiva Federazione Internazionale.
In materia di rapporto di lavoro sportivo professionistico, gli artt. 3-9 della stessa L. 91/1981 dispongono che la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, a meno che, ricorrendo almeno uno dei seguenti requisiti, costituisca contratto di lavoro autonomo:
- l'attività è svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
- l'atleta non è contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;
- la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera 8 ore settimanali, oppure 5 giorni ogni mese, ovvero 30 giorni ogni anno.
Il contratto di lavoro subordinato (per il quale si richiede la forma scritta ad substantiam) può contenere l’apposizione di un termine risolutivo, non superiore a 5 anni dalla data di inizio del rapporto. E’ ammessa la successione di contratti a termine fra gli stessi soggetti. E’ ammessa, altresì, la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle Federazioni sportive nazionali.
Il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso, né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.
L'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo quanto disposto – sulla base dell’art. 7 della stessa L. 91/1981 – con DM 13 marzo 1995, come modificato dal DM 4 aprile 2001. In particolare, essa è subordinata al possesso da parte dell'atleta di una scheda sanitaria, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale, che attesta l'avvenuta effettuazione degli accertamenti sanitari prescritti.
L’art. 9 della stessa L. 91/1981 ha esteso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti – già riconosciuta con la L. 366/1973 ai giocatori e agli allenatori di calcio – a tutti gli sportivi professionisti, iscritti all'ex gestione ENPALS, confluita nell'INPS con la denominazione di Fondo Pensione Sportivi Professionisti (FPSP).
In particolare, sono quattro le FSN con obbligo di iscrizione al FPSP:
· Calcio: serie A, B, C1 e C2 maschile;
· Ciclismo: gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo;
· Golf;
· Pallacanestro: serie A1 e A2 maschile;
Infatti, si segnala che, rispetto a quanto indicato dal relativo sito INPS, il CONI, con delibere, rispettivamente, del 7 giugno 2011 e del 19 dicembre 2013, ha escluso la Federazione Motociclistica Italiana e la Federazione Pugilistica Italiana dall’elenco delle federazioni dotate di un settore professionistico.
Nello stesso sito INPS, si vedano invece le disposizioni per l’accesso ai trattamenti pensionistici, in base alle diverse situazioni.
Infine, l’art. 6 del d.lgs. 38/2000 ha introdotto, dal 16 marzo 2000, per gli sportivi professionisti con contratto di lavoro subordinato l’obbligo assicurativo presso l’INAIL, che sussiste anche qualora vigano previsioni, contrattuali o di legge, di tutela con polizze privatistiche. Le retribuzioni ed i riferimenti tariffari per l'assicurazione antinfortunistica degli sportivi professionisti sono stati stabiliti con DM 28 marzo 2002.
L’assicurazione contro gli infortuni per gli sportivi dilettanti è stata introdotta, dal 1 luglio 2003, dall’art. 51 della L. 289/2002. In particolare, sono soggetti all'obbligo assicurativo gli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva[11].
Il DM 3 novembre 2010 ha definito le modalità tecniche per l'iscrizione all'assicurazione obbligatoria degli sportivi dilettanti, nonché la natura, l'entità delle prestazioni e i relativi premi assicurativi. Per espressa previsione del richiamato DM, sono indennizzabili le lesioni che abbiano nell'infortunio la loro causa diretta, esclusiva e provata e che producano, entro due anni dall'infortunio, la morte o l'invalidità permanente del soggetto assicurato.
Infine, si ricorda che l’art. 37 della L. 342/2000 ha disposto che i compensi erogati "nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche" sono qualificati come "redditi diversi" e come tali inseriti all'art. 67 (ex art. 81), c. 1, lett. m) del TUIR; ne consegue l'esclusione dal pagamento dei contributi previdenziali.
A differenza di quanto visto per gli sportivi e per il rapporto di lavoro, la legislazione italiana disciplina, invece, sia le società sportive professionistiche che quelle dilettantistiche.
La disciplina delle società sportive professionistiche è recata dagli artt. 10-13 della stessa L. 91/1981. In particolare, l’art. 10 (come modificato, da ultimo, dall’art. 8 del d.lgs. 37/2004) prevede che possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o società a responsabilità limitata (si tratta, dunque, di società di capitali). E’ comunque obbligatoria la nomina del collegio sindacale, in deroga a quanto previsto dall'art. 2477 c.c. (in base al quale il collegio sindacale è obbligatorio nelle società a responsabilità limitata solo in alcuni casi).
L’atto costitutivo deve prevedere che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad essa connesse o strumentali (ad es., realizzazione e/o gestione diretta di impianti sportivi, o commercializzazione dei prodotti a marchio).
Deve, inoltre, disporre che quota parte degli utili, non inferiore al 10%, sia destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.
Inoltre, l’atto costitutivo può sottoporre a speciali condizioni l’alienazione delle azioni (nel caso delle S.p.a) o delle quote (nel caso delle S.r.l.).
Ai sensi dell’art. 12 (come modificato dall’art. 4 del D.L. 485/1996) le società sportive professionistiche sono sottoposte ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle Federazioni sportive nazionali, al fine di verificarne l’equilibrio finanziario, al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi. A tale scopo, il CONI ha approvato, nel marzo del 2004, i criteri generali e le modalità dei controlli delle Federazioni sulle società.
La disciplina delle società e associazioni sportive dilettantistiche è recata, invece, dall’art. 90 della L. 289/2002, il cui co. 17 – come successivamente modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 (L. 128/2004) – specifica che esse possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica (artt. 36 e ss. c.c.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (DPR 361/2000); società sportiva di capitali o cooperativa senza scopo di lucro.
Il co. 18 – anch’esso modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 – dispone che lo statuto deve espressamente prevedere, tra l’altro, l'assenza di fini di lucro e che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette.
L’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche, ossia l’unico soggetto che può riconoscerle a fini sportivi, è il CONI, come confermato dall’art. 7 del D.L. 136/2004 (L. 186/2004).
A tal fine, nonché allo scopo di trasmettere annualmente all’Agenzia delle entrate l'elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute, il CONI ha istituito un registro telematico, soggetto a verifica annuale (si veda, da ultimo, il Regolamento di funzionamento del registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche approvato il 18 luglio 2017).
Al registro possono essere iscritte le associazioni e le società sportive dilettantistiche affiliate a Federazioni sportive nazionali o a Discipline sportive associate o a Enti di promozione sportiva.
In particolare, si stabiliscono i seguenti i principi e criteri direttivi:
§ riconoscimento del carattere sociale dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale;
§ riconoscimento del principio di specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo, come definito a livello nazionale e dell’Unione europea, e individuazione della figura del lavoratore sportivo – indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività sportiva svolta –, nonché definizione della relativa disciplina in materia di tutela assicurativa, fiscale e previdenziale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza.
Per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai fini dell’applicazione del diritto europeo, non rileva la distinzione tra attività sportive professionistiche e dilettantistiche, quanto piuttosto la natura economica o meno dell’attività svolta. Inoltre, la giurisprudenza europea ha chiarito che, ai fini della qualificazione di un’atleta quale professionista, è sufficiente che questi percepisca una retribuzione periodica a fronte di un obbligo di effettuare una prestazione sportiva in forma subordinata costituente la sua attività principale (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 8 maggio 2003, C-438/00) (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 11 aprile 2000, procedimenti riuniti C-51/96 e C191/97);
§ valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani. Nello specifico, la formazione è finalizzata a garantire la crescita anche culturale ed educativa e la preparazione professionale degli atleti, in modo da favorire l’accesso all’attività lavorativa anche al termine della loro carriera sportiva.
Al riguardo, il rappresentante del Governo, nell’audizione sulle linee programmatiche, resa il 1° agosto 2018, aveva sottolineato come esiste “un «dopo di noi» – chiamiamolo così – dell’attività ad alto livello, che riguarda gli aspetti previdenziali e l’acquisizione di una capacità lavorativa che non faccia di questi campioni o pseudocampioni dei disadattati”. Infatti, nel chiarire di aver usato questa parola “in maniera volutamente e deliberatamente provocatoria” aveva evidenziato che “un calciatore professionista di Lega Pro a 23 anni si sente un dio, ma a trent’anni può darsi che non sappia come sbarcare il lunario”;
§ disciplina dei rapporti di collaborazione di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale, per le prestazioni rese in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto anche del fine non lucrativo di queste ultime.
Al riguardo si ricorda che l'art. 13, co. 1, del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) ha abrogato i co. da 353 a 361 dell’art. 1 della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), che avevano disposto, tra l’altro, che le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate con scopo di lucro, e che i compensi derivanti da collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI erano da considerare fiscalmente: redditi diversi, se stipulati da società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI; redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, se stipulati dalle società dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI.
Trovano dunque applicazione gli artt. 67 e 69 del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR (DPR 917/1987), che, rispettivamente, inquadrano le prestazioni di carattere amministrativo-gestionali non professionali tra i redditi diversi e fissano una franchigia per le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di tali prestazioni: essi non concorrono a formare il reddito imponibile per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a € 10.000;
§ riordino della disciplina della mutualità nello sport professionistico.
I co. 1-3 dell'art. 22 del d.lgs. 9/2008 – come modificati dall’art. 14, co. 1-bis, del D.L. 193/2016 (L. 225/2016) –, recanti norme in tema di mutualità generale, stabiliscono che l'organizzatore delle competizioni calcistiche facenti capo alla Lega nazionale professionisti di serie A destina una quota del 10% delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi agli eventi della competizione, esclusivamente per lo sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e per l'utilizzo di calciatori convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili, per il sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e per lo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della FIGC.
Tale quota è destinata alla medesima FIGC, che determina i criteri e le modalità di erogazione secondo le finalità previste. Tali fondi sono destinati: nella misura del 6% alla Lega nazionale professionisti di serie B; nella misura del 2% alla Lega Italiana Calcio Professionistico-Lega Pro; nella misura dell'1% alla Lega nazionale dilettanti; nella misura dell'1% alla FIGC. La FIGC presenta al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero, se nominato, al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport, entro il 31 gennaio di ogni anno, una relazione sull'attività svolta nell'anno sportivo precedente;
§ “riconoscimento giuridico” della figura del laureato in scienze motorie di cui al d.lgs. 178/1998 e dei soggetti forniti di titoli equipollenti.
La previsione di “riconoscimento giuridico” - di cui occorre valutare l’opportunità di una esplicitazione - sembrerebbe ricollegarsi, in particolare, all’iniziativa legislativa attualmente in corso in materia di insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria, allo scopo, fra l’altro, di riservare lo stesso esclusivamente a insegnanti con titolo specifico.
Nello specifico, il 18 dicembre 2018 l'Assemblea della Camera ha approvato in prima lettura il testo unificato di distinte proposte di legge (A.C. 523, 784, 914, 1221 e 1222), che prevede il conferimento al Governo di una delega. Il testo è ora all’esame del Senato (A.S. 992).
Il d.lgs. 178/1998 ha disciplinato – in attuazione della delega recata dall'art. 17, co. 115, della L. 127/1997 – la trasformazione degli ISEF, ossia dell'Istituto superiore di educazione fisica statale di Roma e degli Istituti superiori di educazione fisica pareggiati ai sensi dell’art. 28 della L. 88/1958, nonché l'istituzione dei corsi di laurea (quadriennale) e di diploma (triennale) in scienze motorie.
Successivamente, a seguito della riforma degli ordinamenti didattici, avviata con il DM 509/1999, i corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti, sono stati raggruppati in classi di appartenenza. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale. Ai sensi del medesimo DM, è stata istituita la classe 33 – Scienze delle attività motorie e sportive.
La L. 136/2002 ha poi sancito l’equiparazione, ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi ed alle attività professionali, dei diplomi in educazione fisica rilasciati dagli ex ISEF alle lauree afferenti alla classe 33.
Ancora in seguito, il DM 16 marzo 2007, relativo alla determinazione delle classi delle lauree universitarie del nuovo ordinamento (ex DM 270/2004), ha istituito la classe L-22, Scienze delle attività motorie e sportive[12].
Nel prosieguo, la tab. 2 del D.I. 11 novembre 2011 ha equiparato alle lauree della classe L-22, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sia le lauree della classe 33 – Scienze delle attività motorie e sportive, istituita ai sensi del DM 509/1999, sia il diploma universitario in scienze motorie, istituito ai sensi della previgente L. 341/1990.
Con riguardo ai titoli conseguiti all’estero, si ricorda che l’equipollenza è una forma complessa di riconoscimento accademico che si basa sulla valutazione analitica di un titolo di istruzione superiore straniero con lo scopo di verificare se esso corrisponde in modo dettagliato per livello e contenuti a un analogo titolo universitario italiano tanto da poterlo definire equivalente e dargli così lo stesso peso giuridico definendolo “equipollente”.
La competenza relativa alla valutazione dei titoli conseguiti all’estero (in paesi UE ed extra-UE) è rimessa, in base agli artt. 2 e 3 della L. 148/2002 – con la quale è stata ratificata la Convenzione fatta a Lisbona l'11 aprile 1997 – alle singole università, che la esercitano nell'ambito della loro autonomia, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia. Qui maggiori informazioni;
§ revisione e trasferimento delle funzioni di vigilanza e covigilanza esercitate dal Ministero della difesa su enti sportivi e Federazioni sportive nazionali, in coerenza con la disciplina relativa agli altri enti sportivi e federazioni sportive, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire, e trasferimento all’Unione italiana tiro a segno delle funzioni connesse all’agibilità dei campi e degli impianti di tiro a segno esercitate attualmente dal Ministero della difesa, anche prevedendo forme di collaborazione con quest’ultimo, previa, anche in tal caso, puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire.
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che, in base al DPR 53/2013, Regolamento recante nuovo statuto Aero club d’Italia e nuovo statuto tipo Aero club locali federati, il Ministero della Difesa esercita funzioni di covigilanza sull’Aero Club d'Italia[13] che, come si è visto nella scheda relativa all’art. 1 del disegno di legge in commento, è una Federazione sportiva nazionale con personalità giuridica di diritto pubblico.
Esercita, inoltre, funzioni di vigilanza, ai sensi dell’art. 59 del DPR 90/2010, recante il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, sull’Unione Italiana tiro a segno, anch’essa Federazione sportiva nazionale con personalità giuridica di diritto pubblico. L’Unione italiana tiro a segno, oltre ad avere competenze in materia di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco individuale o con arma o strumento ad aria compressa, è titolare della funzione pubblica di rilascio dei certificati di idoneità al maneggio delle armi. In ragione di ciò, da un lato, coloro che prestano servizio armato presso enti pubblici o privati sono obbligati a iscriversi a una Sezione di tiro a segno nazionale e devono superare ogni anno un corso di lezioni regolamentari di tiro a segno (art. 251 del d.lgs. 66/2010 - Codice dell’ordinamento militare); dall’altro lato, l’iscrizione a una Sezione di TSN e la frequenza sono obbligatorie ai fini della richiesta del permesso di porto d’armi, per la caccia o per uso personale, per coloro che non hanno prestato o non prestano servizio presso le Forze armate dello Stato[14].
Ai sensi dell’art. 60, co. 4, del DPR 90/210, il presidente nazionale, eletto dall'assemblea nazionale dell'Unione italiana tiro a segno, è nominato, su proposta del Ministro della difesa, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Ha la rappresentanza legale dell'ente, del cui funzionamento è responsabile nei confronti del Ministero della difesa, del Comitato olimpico nazionale italiano e dell'assemblea nazionale, in base ai compiti stabiliti nello statuto di cui all'art. 62. È coadiuvato da un vicepresidente nazionale, designato dal consiglio direttivo tra i propri consiglieri e nominato con decreto del Ministro della difesa.
Con riferimento all’agibilità dei campi e degli impianti di tiro a volo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 250 del d.lgs. 66/2010, i campi di tiro a segno impiantati a spese dello Stato:
§ sono compresi tra gli immobili demaniali militari;
§ l'esecuzione tecnica dei lavori relativi all'impianto, alla sistemazione e alla manutenzione è affidata alla vigilanza del Ministero della difesa;
§ sono dati in uso, a titolo gratuito, alle sezioni di tiro a segno, senza ulteriori oneri a carico dello Stato.
In relazione al tema dell’agibilità dei campi di tiro a segno, si segnala che il Tar del Lazio con la sentenza N. 16400/2014 (REG.RIC. Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Bis) ha rilevato come l’Unione Italiana tiro a segno non ha alcuna legittimazione a certificare l’agibilità dei poligoni. Nella sentenza, infatti, si ribadisce che la competenza relativa all’accertamento dell’agibilità dei poligoni (anche di prima categoria) e relative prescrizioni, competono in via esclusiva al ministero della Difesa e al Genio militare. Il 28 Settembre 2015 lo Stato Maggiore dell’Esercito, tramite il Dipartimento delle Infrastrutture – Ufficio Studi e Normativa, in seguito alla sentenza del Tar del Lazio, ha dichiarato ufficialmente l’Unione Italiana tiro a segno incompetente a rilasciare le abilitazioni per gli stand di tiro di prima categoria, ha disposto che i comandi di zona (Nord, Centro e Sud) procedano nel più breve tempo possibile a verificarne l’agibilità.
Si valuti l’opportunità di definire in maniere più dettagliata i contenuti della delega relativa al trasferimento delle funzioni di vigilanza del Ministero della difesa sull’Unione italiana tiro a segno, titolare della funzione pubblica di rilascio dei certificati di idoneità al maneggio delle armi.
Infine, si prevede quale principio direttivo residuale, il riordino e il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni legislative vigenti, compresa la L. 91/1981, apportando le modifiche e le integrazioni necessarie per garantire il rispetto delle norme di diritto internazionale e della normativa dell’Unione europea e la conformità ai principi riconosciuti del diritto sportivo, nonché ai consolidati orientamenti della giurisprudenza.
Al riguardo, si ricorda, in particolare che, nella scorsa legislatura, il rappresentante del Governo allora in carica, nell’audizione sulle linee programmatiche, resa il 24 gennaio 2017, aveva reso nota l’intenzione di riformare la L. 91/1981, con il triplice obiettivo di “mettere ordine nel rapporto tra professionismo e dilettantismo, introdurre un nuovo regime fiscale ed elaborare una disciplina coerente con i principi del diritto comune”, facendo anche un accenno al superamento della disparità di trattamento nell’ambito del professionismo femminile. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, lo stesso rappresentante del Governo, rispondendo il 30 marzo 2017 all’interrogazione a risposta immediata 5-10986, nell’evidenziare che in Italia soltanto 6 delle 45 Federazioni riconosciute dal CONI qualificavano i propri atleti come professionisti, escludendo tuttavia le donne, aveva ritenuto “indispensabile ripensare e ridisegnare l’intero ordinamento sportivo nel senso del superamento di ogni forma di discriminazione tra i sessi”.
A sua volta, nell’attuale legislatura, il rappresentante del Governo, nella già citata audizione sulle linee programmatiche resa il 1° agosto 2018, aveva preannunciato la necessità di riformare la L. 91/1981, “in quanto oggi essa fotografa una realtà totalmente superata dello sport professionistico, limitata ad alcune discipline”, osservando peraltro che “esiste tutto un mondo sportivo, che non è professionistico ma che riceve compensi significativi e che, in qualche modo, deve essere ricondotto alla normalità”.
I decreti legislativi – che devono essere emanati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – sono adottati su proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché, limitatamente ai criteri relativi al riconoscimento del carattere sociale dell’attività sportiva e alla valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, rispettivamente con il Ministro della salute e con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni.
Per la parte dei decreti legislativi riguardanti le materie “professioni” e “formazione professionale”, affidate, rispettivamente, alla potestà legislativa concorrente e a quella regionale, si valuti l’opportunità di un maggior coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni, attraverso lo strumento dell’intesa.
Al riguardo, si ricorda che, nella sentenza n. 251 del 2016, la Corte costituzionale ha sottolineato che “Il parere come strumento di coinvolgimento delle autonomie regionali e locali non può non misurarsi con la giurisprudenza di questa Corte che, nel corso degli anni, ha sempre più valorizzato la leale collaborazione quale principio guida nell’evenienza, rivelatasi molto frequente, di uno stretto intreccio fra materie e competenze e ha ravvisato nell’intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione (di recente, sentenze n. 21 e n. 1 del 2016)”.
Ha, inoltre, evidenziato che, "È pur vero che questa Corte ha più volte affermato che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo. Là dove, tuttavia, il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessità del ricorso all’intesa.
Quest’ultima si impone, dunque, quale cardine della leale collaborazione anche quando l’attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale è rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell’art. 76 Cost.
Tali decreti, sottoposti a limiti temporali e qualitativi, condizionati quanto alla validità a tutte le indicazioni contenute non solo nella Costituzione, ma anche, per volontà di quest’ultima, nella legge di delegazione, finiscono, infatti, con l’essere attratti nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze”.
I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo si veda quanto osservato con riferimento all’art. 1.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega si prevede, anzitutto, che non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al contempo, tuttavia, si dispone, – in conformità con quanto prevede l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 –, che, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno o mediante utilizzo delle risorse del Fondo da destinare a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, gli stessi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
Il Fondo da destinare a interventi a favore delle società sportive dilettantistiche è stato costituito dall’art. 13, co. 5, del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini del trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, con una dotazione di € 3,4 mln nel 2018, € 11,5 mln nel 2019, € 9,8 mln nel 2020, € 10,2 mln nel 2021, € 10,3 mln nel 2022, € 5,6 mln nel 2023 ed € 5,2 mln annui a decorrere dal 2024.
Successivamente, l’art. 1, co. 628, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha ridotto la dotazione del Fondo di € 4,4 mln per il 2019, € 9,8 mln per il 2020, € 9,3 mln per il 2021 ed € 4,9 mln per il 2022.
Il fondo è allocato sul cap. 2092.
L’articolo 5 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni in materia di rapporti di rappresentanza di atleti e di società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo.
Come nel caso dell’art. 1, anche in questo caso, tuttavia, come si vedrà illustrando i principi e i criteri direttivi, si prevedono anche alcune novità che meglio potrebbero essere qualificate quale intervento di “riordino e riforma” (espressione utilizzata, ad esempio, negli artt. 4 e 12).
Preliminarmente si ricorda che l’art. 1, co. 373, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto l’istituzione presso il CONI del Registro nazionale degli agenti sportivi, al quale deve essere iscritto chi, sulla base di un incarico scritto, mette in relazione due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dallo stesso CONI, ai fini della conclusione di un contratto di prestazione sportiva professionistica, del trasferimento di tale prestazione, o del tesseramento presso una Federazione sportiva professionistica.
Per l’iscrizione al Registro sono necessari la cittadinanza italiana o di altro Stato membro dell'Unione europea, il pieno godimento dei diritti civili, l’assenza di condanne per delitti non colposi nell'ultimo quinquennio, il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado e il superamento di una prova abilitante, nonché il pagamento di un’imposta di bollo annuale di € 250.
Gli sportivi professionisti e le società affiliate a una FSN professionistica non possono avvalersi di soggetti non iscritti al Registro, a pena di nullità dei contratti.
La definizione delle modalità di svolgimento delle prove abilitative, della composizione e delle funzioni delle commissioni giudicatrici, delle modalità di tenuta e degli obblighi di aggiornamento del Registro, nonché dei parametri per la determinazione dei compensi è stata demandata ad un DPCM, da emanare sentito il CONI, mentre è stato affidato direttamente al CONI il compito di definire i casi di incompatibilità, fissando il conseguente regime sanzionatorio sportivo.
In attuazione, è intervenuto, anzitutto, il DPCM 23 marzo 2018 che, in particolare, ha previsto che l’esame di abilitazione si articola in:
- una prova generale organizzata dal CONI in almeno due sessioni annue e che consiste nella verifica scritta e/o orale della conoscenza del diritto dello sport e degli istituti fondamentali del diritto privato e del diritto amministrativo;
- una prova speciale, a cui accede chi ha superato la prova generale, organizzata dalle Federazioni sportive nazionali professionistiche in almeno due sessioni l’anno e che consiste nella verifica scritta e/o orale della conoscenza della normativa federale in materia di tesseramenti[15].
Il soggetto che supera le prove può chiedere alla Federazione sportiva nazionale presso la quale ha svolto la prova speciale di essere iscritto al Registro federale degli agenti sportivi. La Federazione sportiva provvede a ciò e rilascia al soggetto il certificato di avvenuta iscrizione. Ricevuto il certificato, il soggetto chiede al CONI di essere iscritto al Registro nazionale degli agenti sportivi.
Gli agenti sportivi hanno un obbligo di aggiornamento annuale.
Nel Registro nazionale degli agenti sportivi, una apposita sezione riguarda i cittadini dell’UE abilitati in altro Stato membro.
E’ stata fatta salva la validità dei titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015. I titoli abilitativi rilasciati fra il 31 marzo 2015 e il 31 dicembre 2017 conservavano la propria validità fino al 31 dicembre 2018.
Inoltre, con deliberazione n. 1596 del 10 luglio 2018, il Consiglio Nazionale del CONI ha approvato il Regolamento degli agenti sportivi, che disciplina i requisiti e le modalità di iscrizione al Registro nazionale degli agenti sportivi.
Qui la pagina dedicata sul sito del CONI.
Al riguardo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella Relazione relativa al 2017, trasmessa alla Presidenza della Camera l’11 aprile 2018 (Doc. XLV n. 1), aveva sottolineato che la previsione della legge di bilancio 2018 introduceva una nuova area di riserva e di esclusiva, che riduceva il livello della concorrenza nel relativo mercato.
In particolare, si stabiliscono i seguenti i principi e criteri direttivi, finalizzati, sostanzialmente, a disciplinare con norma legislativa primaria alcune delle questioni attualmente disciplinate nel citato Regolamento degli agenti sportivi. Si tratta di:
§ previsione dei principi di autonomia, trasparenza e indipendenza cui deve attenersi l’agente sportivo nello svolgimento della sua professione.
In base all’art. 17 del Regolamento degli agenti sportivi, gli agenti sportivi devono svolgere la loro attività con autonomia, trasparenza e indipendenza, nel rispetto delle leggi, delle norme statutarie, dei regolamenti, delle direttive e delle decisioni del CONI, degli organismi sovraordinati, delle Federazioni sportive nazionali professionistiche e internazionali nell’ambito delle quali prestano la propria attività professionale. Gli agenti sportivi, inoltre, devono operare nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza, probità, dignità, diligenza e competenza;
§ disciplina del conflitto di interessi, in modo da garantire l’imparzialità e la trasparenza nei rapporti “tra gli atleti e le società sportive”, anche nel caso in cui l’attività di agente sportivo sia esercitata in forma societaria.
Quanto al regime delle incompatibilità, l’art. 18 del citato Regolamento dispone che gli agenti sportivi non possono essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici. Essi non possono avere interessi diretti o indiretti in imprese, associazioni o società operanti nel settore sportivo.
Inoltre, l’esercizio dell’attività di agente sportivo è incompatibile: con la qualità di atleta professionista; con la qualità di atleta agonista, tesserato nel settore sportivo in cui abbia conseguito il titolo abilitativo; con cariche sociali, incarichi dirigenziali, responsabilità tecnico?sportive, rapporti di lavoro autonomo o subordinato con il CIO, il CONI, le Federazioni Sportive Internazionali, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate, gli Enti di Promozione Sportiva e comunque con associazioni o società sportive, italiane o estere, operanti nel settore sportivo per il quale abbia conseguito il titolo abilitativo; con ogni altra carica sociale e/o incarico rilevante per l’ordinamento sportivo; è in ogni caso fatto divieto di instaurare o mantenere rapporti, di qualsiasi altro genere, anche di fatto, che comportino un’influenza rilevante sulle associazioni o società sportive, italiane o estere, operanti nel settore sportivo per il quale abbia conseguito il titolo abilitativo.
La situazione di incompatibilità viene meno decorsi sei mesi dalla data della cessazione di ciascuno dei citati rapporti. Per gli atleti, la situazione di incompatibilità cessa al termine della stagione sportiva nella quale gli stessi hanno concluso l’attività agonistica.
E’ fatto, altresì, divieto all’agente sportivo, o alla società di cui l’agente è socio, di avviare trattative o stipulare contratti con una società sportiva in cui il coniuge, un parente o affine entro il secondo grado detenga partecipazioni anche indirettamente, ricopra cariche sociali, incarichi dirigenziali o tecnico?sportivi. Il medesimo divieto trova applicazione anche per la stipula dei contratti che abbiano ad oggetto il trasferimento e il tesseramento di un atleta verso la suddetta società o presso quest’ultima.
Fatto salvo il corrispettivo dovuto, è fatto divieto all’agente sportivo di avere interesse diretto o indiretto nel trasferimento di un atleta e/o di assumere cointeressenze o partecipazioni nei diritti economici relativi al trasferimento di un atleta.
Sembrerebbe, dunque, che il riferimento debba essere ai rapporti degli agenti con gli atleti e le società sportive.
Si valuti l’opportunità di un chiarimento;
§ individuazione, anche in ragione dell’entità del compenso, di modalità di svolgimento delle transazioni economiche che ne garantiscano regolarità, trasparenza e conformità alla normativa vigente, comprese previsioni di carattere fiscale e previdenziale.
Ai sensi dell’art. 21 del citato Regolamento, un agente sportivo può curare gli interessi di un atleta o di una società professionistica solo dopo aver ricevuto un incarico scritto. A pena di nullità, il contratto deve essere redatto in forma scritta e contenere, tra l’altro, il corrispettivo dovuto all’agente sportivo e il soggetto tenuto al pagamento, nonché le modalità e le condizioni di pagamento, che dovrà essere effettuato esclusivamente dal soggetto o dai soggetti che hanno conferito il mandato. Tuttavia, dopo la conclusione del suo contratto con una società, l’assistito può fornire il suo consenso scritto autorizzando la società fruitrice a pagare direttamente l’agente sportivo per suo conto secondo le modalità e nei termini stabiliti nel contratto. E’ delegata a ciascuna Federazione sportiva nazionale professionistica, tra l’altro, la disciplina relativa ai compensi. In particolare, le Federazioni sportive nazionali professionistiche hanno la facoltà di introdurre un tetto ai compensi espresso in termini percentuali sul valore della transazione o sul reddito lordo complessivo dell’atleta risultante dal contratto di prestazione sportiva sottoscritto;
§ introduzione di una disciplina finalizzata a garantire la tutela dei minori, con specifica definizione dei limiti e delle modalità della loro rappresentanza da parte degli agenti sportivi.
L’art. 21, co. 7, lett. f), del Regolamento stabilisce che è delegata a ciascuna Federazione sportiva nazionale professionistica la disciplina dei contratti stipulati per conto di atleti minori di età.
Ulteriori principi e criteri direttivi concernono l’organizzazione delle disposizioni per settori omogenei, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo e l’indicazione esplicita delle norme da abrogare, fatta salva comunque, anche in questo caso, l'applicazione dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (si veda scheda art. 1).
I decreti legislativi sono adottati, entro 12 mesi dalla data di entrata della legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo si veda quanto osservato con riferimento all’art. 1.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 12 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi, nonché della disciplina relativa alla costruzione di nuovi impianti sportivi, alla ristrutturazione e al ripristino di quelli già esistenti.
In particolare, si stabiliscono i seguenti principi e criteri direttivi:
§ ricognizione, coordinamento e armonizzazione delle norme in materia di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi, comprese quelle di natura sanzionatoria, apportando le opportune modifiche volte a garantire o migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e ad adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo.
Si ricorda che con il DM Interno 18 marzo 1996 sono state dettate le norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi sia di nuova costruzione che esistenti, nei quali si svolgono manifestazioni e/o attività sportive regolate dal CONI e dalle Federazioni Sportive Nazionali riconosciute dal CONI, ove è prevista la presenza di spettatori in numero superiore a 100. L’art. 20 di tale decreto disciplina altresì i complessi e gli impianti con capienza non superiore a 100 spettatori o privi di spettatori.
Tale decreto è stato modificato ed integrato con il DM Interno 6 giugno 2005, soprattutto con riferimento alla realizzazione nell'àmbito degli impianti sportivi di spazi e servizi ad uso del pubblico non strettamente funzionali all'attività sportiva e per la gestione della sicurezza degli impianti sportivi con capienza superiore a 10.000 (se all’aperto) o 4.000 (se al chiuso) spettatori. Con un altro decreto del Ministero dell’interno, emanato nella stessa data, sono state dettate disposizioni specifiche per l'installazione di sistemi di videosorveglianza negli impianti sportivi di capienza superiore alle diecimila unità, in occasione di competizioni sportive riguardanti il gioco del calcio.
Per prevenire e contrastare i fenomeni di violenza durante lo svolgimento di manifestazioni sportive connesse con il gioco del calcio, diverse misure di adeguamento degli impianti sportivi e degli accessi agli stessi sono state successivamente disposte con il D.L. 24 febbraio 2003, n. 28.
L’art. 10 del D.L. 8 febbraio 2007, n. 8 (recante “Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive”) ha integrato le disposizioni del citato D.L. 28/2003 stabilendo che all’adeguamento degli impianti sportivi calcistici di capienza superiore alle 7.500 unità possono provvedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le società utilizzatrici degli impianti stessi. La stessa norma ha disciplinato il procedimento per il rilascio degli eventuali titoli abilitativi necessari per l’adeguamento.
§ semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative e riduzione dei termini procedurali previsti dall’art. 1, co. 304, della L. 147/2013, e dall’art. 62 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017).
L’art. 1, co. 304-305, della L. di stabilità 2014 (L. 147/2013) – come modificato e integrato dall’art. 62 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) - ha semplificato la procedura amministrativa per l’ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, stabilendo, altresì, che gli interventi sono realizzati prioritariamente mediante recupero di impianti esistenti o relativamente ad impianti localizzati in aree già edificate.
La nuova procedura prevede, innanzitutto, la presentazione, al comune, di uno studio di fattibilità – che rappresenta il progetto preliminare –, corredato di un piano economico-finanziario (PEF) e dell'accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici dell'impianto in via prevalente.
Ai fini del raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa o della valorizzazione del territorio, lo studio di fattibilità può comprendere la costruzione di immobili con destinazioni d'uso diverse da quella sportiva, complementari o funzionali al finanziamento o alla fruibilità dell'impianto sportivo, comunque in aree contigue. E', comunque, esclusa la realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale[16].
Inoltre, in caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, lo studio di fattibilità può contemplare la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto delle aree o degli impianti, rispettivamente, per non più di 90 e 30 anni[17].
Il comune convoca una conferenza di servizi preliminare sullo studio di fattibilità, al fine di dichiarare, entro 90 giorni dalla sua presentazione, l'eventuale pubblico interesse della proposta. Se la fase preliminare si conclude positivamente, il soggetto proponente presenta al comune il progetto definitivo, che comprende, ove necessaria, la documentazione prevista per i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale (VIA). Il progetto definitivo è corredato di un piano economico-finanziario e di una bozza di convenzione.
Il comune – o la regione, se il progetto comporta atti di competenza regionale – convoca una conferenza di servizi decisoria con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e delibera in via definitiva sul progetto. La procedura deve concludersi entro 120 giorni – o entro 180 giorni, nel caso di atti di competenza regionale – dalla presentazione del progetto.
Il verbale conclusivo di approvazione del progetto costituisce, nel caso di impianti sportivi che anche in parte ricadono su aree pubbliche, dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell'opera, comprendente anche gli immobili complementari o funzionali, con eventuali oneri espropriativi a carico del soggetto promotore. Costituisce, altresì, verifica di compatibilità ambientale e variante allo strumento urbanistico comunale.
Nel caso di impianti sportivi privati, costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all'approvazione del consiglio comunale.
Qualora non siano rispettati i termini relativi alla dichiarazione di pubblico interesse o alla delibera definitiva di approvazione del progetto, sono previsti interventi sostitutivi, diversi a seconda delle dimensioni dell'impianto.
Nel caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, sul progetto approvato si svolge una procedura ad evidenza pubblica, che deve essere conclusa entro 90 giorni dalla sua approvazione.
In tal caso, il proponente deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dall'art. 183, co. 8, del Codice dei contratti pubblici, in materia di finanza di progetto, associando o consorziando altri soggetti laddove si tratti della società o dell'associazione sportiva utilizzatrice dell'impianto. Laddove il proponente non risulti aggiudicatario, questi può esercitare il diritto di prelazione, divenendo aggiudicatario se dichiara di assumere la migliore offerta presentata;
§ individuazione di criteri progettuali e gestionali orientati alla sicurezza, anche strutturale, alla fruibilità e alla redditività degli interventi e della gestione economico-finanziaria degli impianti sportivi, cui gli operatori pubblici e privati devono attenersi, in modo che sia garantita, nell'interesse della collettività, la sicurezza degli impianti sportivi, anche al fine di prevenire i fenomeni di violenza all'interno e all'esterno dei medesimi, e di migliorare, a livello internazionale, l'immagine dello sport, nel rispetto della normativa vigente;
§ individuazione di un sistema che preveda il preventivo accordo con la società o associazione sportiva utilizzatrice e la possibilità di un affidamento diretto dell’impianto già esistente alla società o associazione utilizzatrice, in presenza di predeterminati requisiti;
§ individuazione di strumenti economico-finanziari da affidare alla gestione e al coordinamento dell’Istituto per il Credito Sportivo.
Ulteriori principi e i criteri direttivi concernono, in particolare, l’organizzazione delle disposizioni per settori omogenei o per specifiche attività o gruppi di attività e l’indicazione esplicita delle norme da abrogare, fatta salva comunque, anche in questo caso, l’applicazione dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (si veda scheda art. 1).
I decreti legislativi – che devono essere emanati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere della Conferenza Unificata.
I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo si veda quanto osservato con riferimento all’art. 1.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega si prevede, anzitutto, che non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al contempo, tuttavia, si dispone, – in conformità con quanto prevede l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 –, che, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno o mediante utilizzo delle risorse del Fondo da destinare a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche (si veda scheda art. 4), gli stessi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
Articolo 13
(Delega per la semplificazione di adempimenti degli organismi sportivi
L’articolo 13 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni legislative relative agli adempimenti e agli oneri amministrativi e di natura contabile a carico di Federazioni sportive nazionali (FSN), Discipline sportive associate (DSA), Enti di promozione sportiva (EPS), associazioni benemerite, nonché alle loro affiliate, riconosciuti dal CONI.
In particolare, il primo principio e criterio direttivo è costituito dalla semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi e dei conseguenti oneri, anche nei confronti delle unità istituzionali facenti parte del settore della amministrazioni pubbliche, tenendo conto della natura giuridica degli enti e delle finalità istituzionali perseguite dagli stessi.
Sul punto è utile ricordare, anzitutto, come anticipato nella scheda di lettura relativa all’art. 1, che – oltre alle FSN che hanno mantenuto la personalità giuridica di diritto pubblico – alcune attività delle FSN, individuate nello statuto del CONI, hanno valenza pubblicistica. In particolare, in base all’art. 23 dello statuto vigente, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica le attività delle FSN relative: all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping. Hanno, altresì, valenza pubblicistica le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici. Nell’esercizio delle attività a valenza pubblicistica, le FSN si conformano agli indirizzi e ai controlli del CONI ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza. La valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse.
Inoltre, l’ISTAT ha incluso alcune FSN nell’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato adottato ai sensi dell’art. 1, co. 3 della L. 196/2009, all’interno delle “Amministrazioni centrali”, tra gli “Enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali”.
In particolare, nell’elenco 2018 risultano incluse Federazione ciclistica italiana (FCI), Federazione ginnastica d’Italia (FGDI), Federazione italiana badminton (FIBA), Federazione italiana baseball softball (FIBS), Federazione italiana bocce (FIB), Federazione italiana canoa kayak (FICK), Federazione italiana canottaggio (FIC), Federazione italiana cronometristi (FICR), Federazione italiana danza sportiva (FIDS), Federazione italiana di atletica leggera (FIDAL), Federazione italiana di tiro con l’arco (FITARCO), Federazione italiana discipline armi sportive da caccia (FIDASC), Federazione italiana giuoco handball (FIGH), Federazione italiana giuoco squash (FIGS), Federazione italiana golf (FIG), Federazione italiana hockey (FIH), Federazione italiana sport rotellistici (FISR)[18].
L’inserimento nell’elenco ISTAT comporta non solo conseguenze economiche, ma anche l’applicazione di normative specifiche da cui discendono numerosi adempimenti amministrativi, quali, tra gli altri, l’obbligo di fatturazione elettronica (art. 1, co. 209-214, L. 244/2007), la predisposizione del budget economico delle Amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica (D.M. 27 marzo 2013), gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni (D.lgs. 33/2013), la pubblicazione dei procedimenti di scelta del contraente (art. 1, co. 32, L. 190/2012), l’attuazione del protocollo informatico (art. 53 DPR 445/2000), l’adesione alla piattaforma per la certificazione dei crediti (DD.MM. 22 maggio 2012 e 25 giugno 2012).
Infine, dapprima l’ANAC (delibera n. 372 del 23 marzo 2016) e, più di recente, la giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, Sez. I-ter, sentenza n. 1400 del 13 aprile 2018) hanno ritenuto che le Federazioni sportive possano essere qualificate come “organismi di diritto pubblico” ai fini dell’applicazione alle stesse della disciplina contenuta nel Codice degli appalti pubblici (D.lgs. 50/2016) e che, conseguentemente, siano soggette anche agli obblighi sulla tracciabilità dei flussi finanziari.
Inoltre, si prevede l’indicazione esplicita delle norme da abrogare, fatta salva, anche in tal caso, la c.d. abrogazione tacita prevista dall’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (v. scheda relativa all’art. 1).
I decreti legislativi sono adottati, entro 12 mesi dalla data di entrata della legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione. I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo, si veda quanto osservato con riferimento all’art. 1.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega si prevede, anzitutto, che non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Al contempo, tuttavia, si dispone – in conformità con quanto prevede l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 – che, qualora uno o più decreti legislativi determinano nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno, gli stessi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
L’articolo 14 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di discipline sportive invernali, al fine di garantire standard di sicurezza più elevati.
In via preliminare, è utile ricordare che la materia della sicurezza nella pratica degli sport invernali non agonistici da discesa e da fondo è disciplinata dalla L. 363/2003, che ha dettato i principi fondamentali per la gestione in sicurezza delle aree sciabili. In particolare, il capo II (artt. 2-7) è dedicato alla gestione delle aree sciabili attrezzate, mentre il capo III (artt. 8-19) stabilisce le norme di comportamento degli utenti delle aree sciabili.
Perno della legge è la definizione delle aree sciabili attrezzate che sono distinte tra:
- aree sciabili, comprendenti le piste e gli impianti di risalita, di norma riservate alla pratica dello sci;
- aree a specifica destinazione per la pratica di attività quali la slitta ed altri sport della neve, nonché aree interdette alla pratica dello snowboard (art. 2).
Le aree sono individuate dalle regioni. I gestori delle aree attrezzate provvedono alla messa in sicurezza delle piste, secondo quanto stabilito dalle regioni. Inoltre, devono assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste (art. 3). Con esclusione delle aree dedicate allo sci di fondo, essi sono civilmente responsabili della regolarità e della sicurezza dell’esercizio delle piste, e non possono consentirne l’apertura al pubblico senza avere previamente stipulato apposito contratto di assicurazione ai fini della responsabilità civile per danni agli utenti e ai terzi per fatti derivanti da responsabilità del gestore in relazione all’uso di dette aree. Il rilascio delle autorizzazioni per la gestione di nuovi impianti è subordinato alla stipula del contratto di assicurazione (art. 4).
Devono provvedere, in particolar modo, alla ordinaria e straordinaria manutenzione delle aree, secondo quanto stabilito dalle regioni, all’installazione della segnaletica (determinata dal Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 20 dicembre 2005) per la presenza di ostacoli o pericoli e per le condizioni del fondo. Le segnalazioni riguardanti lo stato della pista o la chiusura della stessa – in caso di pericolo o non agibilità – devono essere poste in modo ben visibile al pubblico all’inizio della pista, nonché presso le stazioni di valle degli impianti di trasporto a fune (artt. 6 e 7). Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono però responsabili degli incidenti che si verificano nei percorsi fuori pista sebbene serviti dagli impianti stessi (art. 17).
Nell'ambito dei principi fondamentali previsti dalla L. 363/2003, molte regioni sono successivamente intervenute con proprie leggi a disciplinare la gestione e la fruizione in sicurezza delle aree sciabili e di sviluppo montano, nonché la sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo. Si cfr., ad esempio: L.R. Piemonte 2/2009, recante Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport montani invernali ed estivi e disciplina dell'attività di volo in zone di montagna, L.R. Lombardia 26/2014, Norme per la promozione e lo sviluppo delle attività motorie e sportive, dell'impiantistica sportiva e per l'esercizio delle professioni sportive inerenti alla montagna; L.R. Friuli-Venezia Giulia n. 27/2006, Norme in materia di gestione delle aree sciabili attrezzate e pratica degli sport sulla neve, in attuazione della legge n. 363/2003; L.R. Valle d'Aosta n. 11/2014, Modificazioni alla legge regionale 17 marzo 1992, n. 9 (Norme in materia di esercizio ad uso pubblico di piste di sci).
In particolare, si stabiliscono i seguenti principi e criteri direttivi:
§ revisione della disciplina giuridica applicabile agli impianti e ai relativi provvedimenti di autorizzazione o concessione, che tenga conto della durata del rapporto e dei parametri di ammortamento degli investimenti.
§ revisione delle norme in materia di sicurezza recate dalla citata L. 363/2003, prevedendo in particolare:
- l’individuazione dei criteri generali di sicurezza per la pratica dello sci-alpinismo e delle altre attività sportive praticate nelle aree sciabili attrezzate, con la previsione di adeguate misure, anche sanzionatorie, che garantiscano il rispetto degli obblighi e dei divieti, senza nuovi o maggiori oneri a carico dei gestori.
Attualmente, la L. 363/2003 stabilisce, anzitutto, direttamente alcune norme generali di comportamento degli utenti delle aree sciabili.
In particolare, gli sciatori devono tenere una condotta che, in relazione alle caratteristiche della pista e alla situazione ambientale, non costituisca pericolo per l'incolumità altrui. Nello specifico, la velocità deve esser moderata in presenza di situazioni che richiedono particolare cautela, come, ad esempio, in caso di nebbia, in prossimità di fabbricati od ostacoli, negli incroci (art. 9).
Sono previste regole relative alla precedenza e al sorpasso (artt. 10-12), al caso di stazionamento lungo le piste (art. 13), ai casi di transito e risalita (art. 15), all’utilizzo dei mezzi meccanici sulle piste da sci (art. 16). Inoltre, in capo ai soggetti che praticano lo sci-alpinismo è stabilito l’obbligo di munirsi, laddove sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso (art. 17). Nel caso di omissione di soccorso, è prevista la sanzione amministrativa da € 250 a € 1.000 (art. 14).
Le regioni e i comuni possono adottare ulteriori prescrizioni per garantire la sicurezza e il migliore utilizzo delle piste e degli impianti. Inoltre, le regioni determinano l'ammontare delle sanzioni amministrative da applicare in caso di violazione degli obblighi di informazione e di predisposizione della segnaletica a cura dei gestori, nonché di violazione delle regole di condotta degli sciatori, da stabilire tra un minimo di € 20 e un massimo di € 250 (art.18);
- l’estensione dell’obbligo di utilizzo del casco ”che, ai sensi della legislazione vigente, è disposto soltanto per i minori di quattordici anni”.
L’art. 8 della L. 363/2003 prevede attualmente l’obbligo di indossare un casco protettivo nell'esercizio della pratica dello sci alpino e dello snowboard per i soggetti di età inferiore ai quattordici anni. Chi viola tale obbligo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 30 a € 150. Le caratteristiche tecniche dei caschi protettivi obbligatori sono state stabilite nel decreto del Ministro della salute 2 marzo 2006.
L’art. 2 della stessa legge prevede, inoltre, che, all’interno delle aree sciabili, aventi più di 3 piste, servite da almeno 3 impianti di risalita, i comuni individuano, nelle giornate in cui non si svolgono manifestazioni agonistiche, i tratti di pista da riservare, a richiesta, agli allenamenti di sci e snowboard agonistico. Tutti coloro che frequentano tali aree devono essere muniti di casco protettivo omologato, ad eccezione dell’allenatore. Dispone, altresì, che nelle medesime aree aventi più di 20 piste, servite da almeno 10 impianti di risalita, i comuni individuano le aree da riservare alla pratica di evoluzioni acrobatiche con lo sci e lo snowboard (snowpark). Tutti coloro che frequentano tali aree devono essere muniti di casco protettivo omologato.
Poiché, come si è visto, l’obbligo di utilizzo del casco è attualmente previsto anche in ipotesi ulteriori rispetto a quella citata, occorre adeguare la formulazione del testo;
- obbligo per i gestori delle aree sciabili di dotare le stesse di un defibrillatore semiautomatico, assicurando la presenza di personale formato per il suo utilizzo.
Attualmente, l'obbligo di dotazione e impiego di defibrillatori semiautomatici sussiste per le società sportive sia professionistiche che dilettantistiche presso cui viene svolta attività sportiva non agonistica o amatoriale in forza dell'art. 7, co. 11, del D.L. 158/2012 (L. 189/2012), a seguito del quale è stato emanato il decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport 24 aprile 2013.
L’art. 5 del D.I. stabilisce che le società sportive - con eccezione di alcune società dilettantistiche con ridotto impegno cardiocircolatorio - con oneri a proprio carico, devono dotarsi dei defibrillatori in base alle specifiche linee guida previste nell’All. E. In particolare, tali linee guida stabiliscono anche le modalità di gestione dei defibrillatori semiautomatici da parte di personale formato allo scopo.
L’obbligo è tuttavia entrato effettivamente in vigore il 1° luglio 2017, dopo essere stato differito[19] dai decreti del Ministro della salute 11 gennaio 2016 e 19 luglio 2016 (rispettivamente, al 20 luglio 2016 e al 30 novembre 2016), nonché sospeso fino alla data del 30 giugno 2017 dall'art. 48, co. 18, del D.L. 189/2016 (L. 229/2016)[20].
Considerato peraltro che vi sono state diverse difficoltà interpretative riguardo le indicazioni di cui al sopra richiamato All. E, con specifico riferimento sia alle modalità di assolvimento degli oneri di dotazione e manutenzione, sia all'obbligo di garantire la presenza di operatori debitamente formati all'utilizzo dello stesso nel corso delle gare, è intervenuto il DM 26 giugno 2017 prescrivendo in materia nuove linee guida su specifici aspetti attuativi;
- rafforzamento sia delle attività di vigilanza e controllo dei servizi di sicurezza e di ordine pubblico, con la determinazione di un adeguato regime sanzionatorio, sia delle attività informative e formative per la prevenzione degli incidenti, anche con riferimento allo sci fuori pista e allo sci-alpinismo.
In proposito, la L. 363/2003 individua i soggetti legittimati al controllo dell’osservanza delle disposizioni della legge stessa e all’irrogazione delle relative sanzioni nella Polizia di Stato, nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo della guardia di finanza, nonché nei corpi di polizia locali che vi provvedono nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche (art. 21). La disposizione ha fatto salva la normativa già in vigore nelle regioni.
Inoltre, ha previsto uno stanziamento di € 500.000 annui, a decorrere dal 2003, per il finanziamento di campagne informative, a cadenza annuale, volte a promuovere la sicurezza nell'esercizio degli sport invernali[21]. Il 20% delle risorse è destinato ad iniziative volte alla diffusione della conoscenza delle classificazioni delle piste, della segnaletica e delle regole di condotta, secondo modalità definite, anche sulla base di apposite convenzioni, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con la Federazione sportiva nazionale competente in materia di sport invernali riconosciuta dal CONI. I gestori delle aree sciabili attrezzate sono obbligati ad esporre documenti relativi alle classificazioni delle piste, alla segnaletica e alle regole di condotta previste dalla legge, garantendone un'adeguata visibilità (art. 5).
I decreti legislativi sono adottati, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Presidente del Consiglio di ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I relativi schemi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”).
Al riguardo, si veda quanto osservato con riferimento all’art. 1.
Per l’adozione dei decreti legislativi – che riguarderanno ambiti di competenza concorrente, quali “ordinamento sportivo”, “governo del territorio” e “tutela della salute” – non è prevista alcuna forma di coinvolgimento delle regioni.
Al riguardo, si rinvia a quanto illustrato nella scheda relativa all’art. 4.
Entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Dall’attuazione della delega si prevede, anzitutto, che non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Al contempo, tuttavia, si dispone anche in tal caso – in conformità con quanto prevede l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 – che, qualora uno o più decreti legislativi determinano nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno, gli stessi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
Provvedimenti all’esame delle istituzioni UE
(Scheda a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Nel 2009 con il trattato di Lisbona, l'Unione europea ha acquisito una competenza specifica (art. 6, lettera e) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE) potendo svolgere azioni intese a sostenere o completare l'azione degli Stati membri nel settore dello sport. L'articolo 165, paragrafo 1, del TFUE stabilisce che l'Unione «contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa». Il successivo paragrafo 2 stabilisce che l’Unione mira a «sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l'equità e l'apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l'integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi».
Grazie alla competenza specifica assegnatale dai Trattati, l’UE persegue gli obiettivi di una maggiore equità e apertura nelle competizioni sportive e di una maggiore tutela dell'integrità morale e fisica di chi pratica sport.
Lo sport è parte integrante del programma Erasmus+, che assegna l'1,8 per cento del proprio bilancio annuale a partenariati collaborativi ed eventi sportivi europei senza scopo di lucro. Il 30 maggio 2018 la Commissione ha pubblicato una proposta di regolamento COM(2018)367, approvata il 20 febbraio 2019 dalla commissione CULT del Parlamento europeo e la cui discussione in plenaria presso lo stesso Parlamento è prevista indicativamente per il 16 aprile 2019. La proposta rinnova il programma Erasmus per gli anni 2021-2027 raddoppiandone la dotazione finanziaria e confermando lo stanziamento dell'1,8 per cento del suo bilancio complessivo al settore sportivo. Le risorse finanziarie proposte per il programma negli anni 2021-2027, raddoppiate rispetto al programma vigente, ammontano a 30 miliardi, di cui 550 milioni assegnati allo sport.
Il capitolo Sport nella citata proposta di regolamento relativa al programma Erasmus mira a sostenere partenariati europei sullo sport di base con i seguenti obiettivi:
· contrastare le minacce all'integrità dello sport, come il doping, le partite truccate e la violenza, nonché tutti i tipi di intolleranza e discriminazione;
· promuovere e sostenere il buon governo nello sport e la doppia carriera degli atleti;
· promuovere le attività di volontariato nello sport, unitamente all'inclusione sociale, alle pari opportunità e alla promozione dell'attività fisica, attraverso una maggiore partecipazione e un accesso equo allo sport per tutti.
Il 13 marzo 2019, il Parlamento in seduta plenaria ha approvato una proposta di regolamento per il “proseguimento delle attività di mobilità in corso ai fini dell'apprendimento a titolo del programma Erasmus+ nel quadro del recesso del Regno Unito dall'Unione europea” (COM(2019)65). Il testo, riferito alle attività del vigente Erasmus+ 2014-2020, mira a dare continuità alle attività del programma per un anno in caso di una Brexit senza accordo, prevedendo che tutte le attività di mobilità avviate prima del 30 marzo 2019 (il primo giorno della separazione tra UE e UK) saranno finanziate fino al completamento (per un massimo di 12 mesi).
Tra la iniziative sostenute da Erasmus+ ed Erasmus figura anche la settimana europea dello sport, proposta nella risoluzione del 2012 del Parlamento europeo e promossa ogni anno a livello dell’Unione, nazionale, regionale e locale per incoraggiare i cittadini europei a praticare un'attività fisica.
[1] L’art. 2 dello stesso D.L. 220/2003 dispone che, in applicazione del principio di autonomia, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
In tali materie, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del CONI e delle FSN gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo.
L’art. 3 dispone, a sua volta, che, esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle Federazioni sportive nazionali (FSN), non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, è disciplinata dal codice del processo amministrativo.
Al riguardo, l’art. 1, co. 647-650, della L. 145/2018 ha introdotto previsioni attinenti le controversie connesse a provvedimenti di ammissione o esclusione dalle competizioni delle società o associazioni sportive professionistiche o comunque incidenti sulla partecipazione a competizione professionistiche. In particolare, ha previsto: l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; l'esercizio di siffatta giurisdizione da parte unicamente del TAR del Lazio, sede di Roma; la “sopravvivenza”, rispetto a tale giudizio, di un previo giudizio sportivo, a tassativa condizione che la sua disciplina (da parte di statuto e regolamenti del CONI e delle FSN) risponda ad alcune condizioni, ossia unicità di grado, decisione anche nel merito, definitività entro 30 giorni (dalla pubblicazione dell'atto impugnato); l'applicazione al giudizio amministrativo sopra detto di un rito abbreviato; l'applicazione di tale novero di disposizioni anche alle controversie in corso.
[2] Qui l’elenco delle 44 Federazioni sportive nazionali. Qui l’elenco delle 19 Discipline sportive associate.
[3] I gruppi sportivi militari sono sezioni delle diverse Forze armate e di polizia che competono nello sport e sono solitamente affiliati alle FSN riconosciute dal CONI.
I gruppi sportivi militari sono presenti presso lo Stato Maggiore della Difesa, l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica, l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza e il Consiglio internazionale dello sport militare (C.I.S.M.).
Nei gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato rientrano i gruppi sportivi della Polizia di Stato (Fiamme Oro), della Polizia Penitenziaria (Fiamme Azzurre) e dei Vigili del Fuoco (Fiamme Rosse). Il compito istituzionale dei gruppi è quello di agevolare la pratica dell'attività sportiva come elemento di formazione professionale del personale, nonché quello di mantenere e promuovere, anche tra i giovani, l'attività sportiva a livello agonistico, per accrescere il patrimonio sportivo nazionale.
[4] L’importo può essere rimodulato annualmente in relazione alle entrate effettive.
[5] Infine, un’ulteriore quota (pari a € 2 mln annui) è destinata alla copertura degli oneri derivanti dalla riforma dei concorsi pronostici sportivi (di cui all’art. 1, co. 634- 639, della stessa L. 145/2018). In sede di prima applicazione, la ripartizione degli importi indicati può essere rimodulata.
Per l'anno 2019 sono confermati nel loro ammontare gli importi già comunicati dal CONI a tutti gli organismi sportivi sopra indicati ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione.
[6] La Carta olimpica è la codificazione dei principi fondamentali dell’olimpismo, delle regole e degli statuti adottati dal CIO. Essa regola l’organizzazione, le azioni e il funzionamento del Movimento olimpico e fissa le condizioni per la celebrazione dei Giochi Olimpici.
[7] Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 1-quaterdecies, del D.L. 135/2018 (L. 12/2019) ha prorogato il termine previsto per l’adeguamento degli statuti delle FSN, delle DSA e degli EPS alle modifiche introdotte dalla L. 8/2018 in materia di limiti al rinnovo dei mandati. In particolare, il termine di 4 mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie da parte del CONI è stato rideterminato in 6 mesi dalla medesima data.
Il termine di 4 mesi dalla data di approvazione delle modifiche statutarie da parte del CIP per l'adeguamento degli statuti delle FSP, delle DSP e degli EPSP non è stato, invece, prorogato.
[8] Per la disciplina delle società sportive professionistiche, si veda la scheda relativa all’articolo 4.
[9] Per completezza, si ricorda che, nell’ordinamento nazionale, un riferimento al titolo sportivo è presente nell’art. 1, primo comma, secondo periodo, del D.L. 367/1978 (L. 430/1978) che, tuttavia, non ne reca la definizione. In particolare, la disposizione citata prevede che gli atti relativi all'acquisto ed al trasferimento del titolo sportivo dei giocatori di calcio o degli atleti praticanti altri sport, nonché le assunzioni dei tecnici da parte di società od associazioni sportive, devono intendersi non assoggettati alla disciplina in materia di collocamento prevista dalla L. 264/1949, in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati.
[10] E’ fatto salvo quanto dispone l’art. 20, co. 6, delle medesime Norme organizzative interne, in base al quale, in ambito dilettantistico, è consentita la scissione mediante trasferimento dei singoli rami dell’azienda sportiva comprensivi del titolo sportivo, in più società di cui soltanto una conserva l’anzianità di affiliazione.
[11] Si precisa che, in seguito alla soppressione nel 2007 della Cassa di previdenza per l’assicurazione degli Sportivi (SPORTASS), è stata trasferita all’INAIL la competenza esclusiva nella gestione dei relativi rapporti assicurativi in essere anche degli sportivi dilettanti..
[12] In base al medesimo DM, i principali sbocchi occupazionali previsti dai corsi di laurea della classe L-22 sono costituiti da attività di professionista delle attività motorie e sportive nelle strutture pubbliche e private, nelle organizzazioni sportive e dell'associazionismo ricreativo e sociale, con particolare riferimento a: conduzione, gestione e valutazione di attività motorie individuali e di gruppo a carattere compensativo, adattativo, educativo, ludico-ricreativo, sportivo finalizzate al mantenimento del benessere psico-fisico mediante la promozione di stili di vita attivi; conduzione, gestione e valutazione di attività del fitness individuali e di gruppo.
[13] In particolare, l'Aero Club d'Italia è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero della difesa, del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze.
[14] https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/000/225/IUTS_-_UNIONE_ITALIANA_TIRO_A_SEGNO.pdf
[15] Per il 2018, è stata prevista una sola prova generale e una sola prova speciale.
[16] Se l’impianto ha una capienza superiore a 5.000 posti, possono essere realizzati anche alloggi di servizio strumentali alle esigenze degli atleti e dei dipendenti della società o dell'associazione sportiva utilizzatrice, nel limite del 20% della superficie utile. Tali immobili, nel caso di impianti sportivi pubblici, sono acquisiti al patrimonio pubblico comunale.
[17] Nell'ipotesi di impianti sportivi pubblici omologati per una capienza superiore a 5.000 posti, lo studio di fattibilità può prevedere che, da 5 ore prima dell'inizio delle gare ufficiali e fino a 3 ore dopo la loro conclusione, entro 150 metri – o entro 300 metri, nel caso di una capienza superiore a 16.000 posti – dal perimetro dell'area riservata, l'occupazione di suolo pubblico per attività commerciali è consentita solo all'associazione o alla società sportiva utilizzatrice dell'impianto.
Infine, in caso di ristrutturazione o di nuova costruzione di impianti sportivi con una capienza inferiore a 500 posti al coperto o a 2.000 posti allo scoperto, è consentito destinare all’interno dell’impianto sportivo, in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti delle regioni e degli enti locali:
- fino a 200 mq della superficie utile ad attività di somministrazione di alimenti e bevande, aperta al pubblico nel corso delle manifestazioni sportive ufficiali;
- fino a 100 mq della superficie utile al commercio di articoli e prodotti strettamente correlati alla disciplina sportiva praticata.
[18] L’inserimento delle FSN nell’elenco ISTAT è stato oggetto in più occasioni di ricorsi presentati dalle singole Federazioni. Da ultimo, le sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte dei Conti, giudice competente in materia, con la sentenza 27/2018/RIS del 27 novembre 2018, sul ricorso per l’annullamento dell’Elenco ISTAT 2018, avanzata da alcune Federazioni, hanno chiarito che è “vero (…) che il nuovo SEC 2010 non prevede più la necessità di un ‘finanziamento pubblico prevalente’ per poter qualificare una istituzione privata senza fine di lucro come ‘amministrazione pubblica’, ma ciò allo scopo di ottenere un ampliamento dell’ambito dei soggetti rientranti nel settore pubblico (S13), dimodoché, oltre alle Federazioni ricorrenti, anche altre Federazioni sportive con margini di autonomia finanziaria maggiore potrebbero oggi rientrare nel novero delle Pubbliche amministrazioni, se suffragate da specifici indicatori sintomatici di un potere di indirizzo pubblicistico sulle istituzioni private, tra i quali, comunque, figura ‘il grado di finanziamento’”, che si distingue, a sua volta, in “finanziamento ‘principale’ e finanziamento ‘prevalente’”, per cui “solo in presenza di un finanziamento pubblico ‘principale’ (…) sarebbe ancora possibile per l’ente dimostrare di conservare una significativa capacità di determinazione della propria politica generale o del programma di attività istituzionale nonostante i possibili condizionamenti pubblici esterni”. La Corte ha dunque concluso che “in presenza di un finanziamento pubblico ‘prevalente’ (ovverosia maggioritario o preponderante), sarebbe assai difficile per l’ente negare di dipendere, sul piano finanziario, dall’Amministrazione pubblica e conservare concreti margini di manovra per portare a termine, in autonomia, la propria politica istituzionale”.
[19] Il termine di attuazione dell’obbligo era stato originariamente previsto dal DM 24 aprile 2013 rispettivamente in 6 mesi per le società professionistiche e 30 mesi per le società dilettantistiche dall’entrata in vigore del medesimo decreto.
[20] La sospensione dell’obbligo, in particolare, è stata prevista per consentire ai comuni della Regione Abruzzo colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 e del 26 e 30 ottobre 2016 il completamento delle attività di formazione degli operatori del settore dilettantistico circa il corretto utilizzo dei defibrillatori semiautomatici.
[21] Le campagne informative sono definite e predisposte, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione sportiva nazionale competente in materia di sport invernali riconosciuta CONI, dal Ministro per gli affari regionali, d'intesa con il Ministro della salute. Le campagne provvedono alla più ampia informazione dei praticanti gli sport invernali, anche mediante la diffusione della conoscenza delle classificazioni delle piste, della segnaletica e delle regole di condotta previste dalla legge.