Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Nota metodologica sui fabbisogni standard dei comuni delle Regioni a statuto ordinario
Riferimenti: SCH.DEC N.250/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 250
Data: 13/04/2021
Organi della Camera: V Bilancio, COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE


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Nota metodologica sui fabbisogni standard dei comuni delle Regioni a statuto ordinario

13 aprile 2021
Atti del Governo


Indice

Premessa|Contenuto|


Premessa

Lo schema di D.P.C.M. in esame reca l'adozione della nota metodologica con la revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni per il 2021 relativi alla funzione Viabilità e Territorio e alla funzione Settore sociale, nonché l'aggiornamento del fabbisogno standard complessivo per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario, da utilizzarsi per l'assegnazione del fondo di solidarietà comunale (FSC) per l'anno 2021.

 

Più in particolare, con lo schema in esame si provvede:

  • all'aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni di Istruzione pubblica, Gestione del territorio e dell'ambiente - servizio smaltimento rifiuti, Settore sociale-asili nido, Generali di amministrazione, di gestione e di controllo, Polizia locale e Trasporto pubblico locale;
  • alla revisione dell'impianto metodologico per la valorizzazione della spesa e dei fabbisogni standard relativi alle due funzioni Viabilità e Territorio e Settore sociale, al netto dei servizi asili nido.

 

La Nota metodologica di revisione dei fabbisogni standard dei comuni per il 2021 - trasmessa da Sose S.p.A. al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze in data 30 settembre 2020 - è allegata allo schema di decreto e ne costituisce parte integrante.

 

Si segnala che per la ripartizione del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2021 - sul cui schema è già stato raggiunto l'accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali in data 12 gennaio 2021 – il coefficiente di riparto adottato per la valorizzazione del fabbisogno standard è quello approvato dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard il 30 settembre 2020, con l'esclusione della componente rifiuti (cfr. al riguardo il Comunicato del Ministero dell'interno dell'11 febbraio 2021, che, a seguito dell'intesa raggiunta ed al fine di facilitare la programmazione e la gestione del bilancio 2021, rende disponibili, sul sito della Finanza locale, i dati relativi al Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2021 per ciascun comune).

Per un approfondimento del ruolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali nella ripartizione del Fondo di solidarietà comunale, si rinvia all'apposita sezione alla fine del presente dossier.

 

In appendice allo schema sono riportati, per ciascuno dei 6.565 comuni delle regioni a statuo ordinario, i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni Generali, Polizia locale, Istruzione pubblica, Rifiuti, TPL, Viabilità e territorio, Sociale, Asili nido. Per ogni comune il nuovo coefficiente di riparto complessivo è stato ottenuto dalla media ponderata dei coefficienti di riparto aggiornati di ogni singolo servizio.

 

Sullo schema di decreto in esame, la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali ha espresso parere favorevole il 25 marzo 2021, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 216 del 2020.

 

La normativa vigente, di cui all'articolo 1, comma 6, del D.Lgs. n. 216/2010, prevede, nel caso di adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni standard, che decorsi quindici giorni dalla trasmissione alla Conferenza, lo schema venga trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario.

L'atto in esame è assegnato alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e alla Commissione Bilancio, che devono esprimere il proprio parere entro il 21 aprile 2021.

 

Decorsi quindici giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri.

Il Governo, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere una relazione con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri.

Si rammenta, in rapida sintesi, che i fabbisogni standard sono stati introdotti nell'ordinamento con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, emanato in attuazione della delega in materia di federalismo fiscale disposta con la legge n. 42 del 2009. Essi costituiscono i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. I fabbisogni standard, inoltre, congiuntamente alle capacità fiscali, costituiscono i parametri sulla base dei quali è ripartita una quota perequativa del Fondo di solidarietà comunale.
Il D.Lgs. n. 216 del 2010 (determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) prevede che i fabbisogni standard siano calcolati relativamente alle seguenti funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario: funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; funzioni di polizia locale; funzioni di istruzione pubblica; funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente; funzioni nel settore sociale. Si ricorda, infatti, che la legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale ha previsto che l'assegnazione delle risorse agli enti territoriali debba essere tale da coprire integralmente i costi derivanti dall'esercizio delle loro funzioni fondamentali. Per queste funzioni, tuttavia, l'entità dei costi deve essere determinata sulla base di criteri standardizzati, in modo da superare le distorsioni insite nella distribuzione delle risorse sulla base della spesa storica.
 
Il compito di predisporre la metodologia per la determinazione dei fabbisogni è assegnato alla SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., con la collaborazione dell'Istituto per la finanza e per l'economia locale- IFEL.
Spetta a SOSE anche il compito di procedere al monitoraggio dei parametri di riferimento con cadenza annuale garantendo, allo stesso tempo, una revisione almeno triennale dell'intera metodologia, al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali (art. 7 del D.Lgs. n. 216/2010).
 
La legge n. 208 del 2015 (articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, prevedendo a tal fine l'istituzione di una nuova commissione, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF). La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), istituita con D.P.C.M. 23 febbraio 2016, agisce come organo tecnico collegiale con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard e di validare l'aggiornamento della base dati utilizzata.
La nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni e il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia sono adottati, anche distintamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze. Sullo schema di decreto è sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, mentre non è previsto per l'aggiornamento dei fabbisogni standard a metodologia invariata.
 
Le prime note metodologiche afferenti le funzioni fondamentali dei comuni sono state adottate con i seguenti tre provvedimenti: il D.P.C.M. 21 dicembre 2012 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard delle funzioni fondamentali di polizia locale per ciascun comune e dei servizi del mercato del lavoro per ciascuna provincia; il D.P.C.M. 23 luglio 2014 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per ciascun comune e provincia relativi alle funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo; il D.P.C.M. 27 marzo 2015 recante le note metodologiche ed i fabbisogni standard per i comuni relativi alle funzioni di istruzione pubblica, e campo della viabilità e dei trasporti, di gestione del territorio e dell'ambiente e del settore sociale (G.U. del 10 giugno 2015).

La metodologia è stata poi aggiornata, ai sensi del D.Lgs. n. 216/2010, con il D.P.C.M. 29 dicembre 2016 che ha previsto la revisione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché il conseguente aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard di tutte le funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario per il 2017.

Per gli anni successivi, i fabbisogni standard dei comuni sono stati aggiornati, a metodologie invariate, con i D.P.C.M. 22 dicembre 2017 per il 2018, con il D.P.C.M. 18 aprile 2019 per il 2019 e con il D.P.C.M. 5 marzo 2020 per il 2020.

Con il D.P.C.M. 11 dicembre 2020 è stata aggiornata la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi al servizio di smaltimento rifiuti dei comuni delle regioni a statuto ordinario.

Si evidenzia che il D.P.C.M. 11 dicembre 2020 non è citato nelle premesse del decreto in esame, al contrario degli altri D.P.C.M. summenzionati.


Contenuto

Lo schema di decreto in esame provvede, in primo luogo, all'aggiornamento delle variabili che concorrono alla stima del fabbisogno standard relativi alle funzioni Istruzione pubblica, Gestione del territorio e dell'ambiente (servizio smaltimento rifiuti), Settore sociale (servizi di asili nido), Generale di amministrazione, di gestione e di controllo, Polizia locale e Trasporto pubblico locale.

I coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali sono stati aggiornati all'annualità 2017, considerando le informazioni acquisite con il questionario FC40U alla data del 3 luglio 2020.

Lo schema di decreto provvede, inoltre, ad aggiornare la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi alla funzione Viabilità e Territorio e alla funzione relativa ai servizi del Settore sociale al netto del servizio asilo nido.

Le funzioni Viabilità e territorio comprendono il servizio di Viabilità, circolazione stradale e illuminazione pubblica, volto a garantire la fruibilità della rete stradale all'interno del comune e i servizi di Urbanistica e gestione del territorio, di Protezione civile e di Tutela ambientale del verde e altri servizi ad esso relativi.

In tale ambito sono intervenute le seguenti modifiche:

  • il cambio del client di riferimento (l'entità più rappresentativa della spesa per la funzione), maggiormente interessata dal fabbisogno standard. Il nuovo riferimento è rappresentato dalle unità immobiliari complessive (somma delle abitazioni, delle pertinenze e degli immobili non residenziali) e non più dalla popolazione, la quale si affianca, comunque, al nuovo client per identificare le situazioni di maggiore densità abitativa;
All'interno del modello è stata data evidenza della distinzione delle abitazioni per tipologia di utilizzo (principale, uso gratuito, a disposizione, locato ed altri utilizzi). Da un punto di vista prettamente economico, un comune potrebbe avere un aggravio in termini di spesa derivante da un maggior numero di persone che stazionano nel comune in determinati periodi dell'anno e che solo parzialmente viene rappresentato nel modello dal numero delle presenze turistiche, che registrano le sole presenze dei turisti che transitano per strutture ricettive alberghiere e similari. Nel modello è risultata significativa la quota di abitazioni a disposizione rispetto al totale delle unità immobiliari, in quanto cattura una reale differenziazione nel livello di spesa dei comuni (maggiore attenzione al turismo).
  • la funzione di riferimento è passata da una funzione di spesa a una funzione di spesa aumentata, permettendo di misurare servizi erogati attraverso un'informazione sintetica dei servizi effettivamente svolti sia per il territorio che per la viabilità.

Si ricorda al riguardo che i tre modelli utilizzati dal D.P.C.M. 29 dicembre 2016 per misurare i fabbisogni standard delle funzioni fondamentali sono basati sulla:

  • funzione di spesa; tale modello identifica le determinanti della spesa standard tra le variabili di contesto dell'offerta e della domanda, i prezzi dei fattori produttivi e, eventualmente, i fattori esogeni di carico. Tale modello è utilizzato quando non risulta possibile rilevare la quantità del servizio svolto, in quanto le misure di output disponibili non permettono di fotografare in modo completo l'attività dell'ente. Costituisce il modello utilizzato per le funzioni Generali di amministrazione, gestione e controllo, Polizia locale e, prima della nuova metodologia in esame, Viabilità e territorio;
  • funzione di costo; tale modello consente di misurare il fabbisogno standard come prodotto tra la quantità dei servizi offerti (determinata sulla base della domanda potenziale o effettiva) e i costi standard dei singoli servizi offerti. È utilizzato quando la quantità del servizio offerto è misurabile in modo soddisfacente e le variabili di output che permettono di cogliere tutti gli aspetti fondamentali dell'attività svolta presentano un basso livello di endogeneità rispetto all'autonomia decisionale di spesa di ciascun ente; in assenza di valide variabili strumentali, la stima dei fabbisogni standard è effettuata, in modo robusto e consistente, utilizzando la funzione di spesa. È utilizzato per la funzione Istruzione pubblica e per i servizi di Smaltimento rifiuti e di Asilo nido;
  • funzione di spesa aumentata; tale modello rappresenta un ibrido tra la funzione di spesa e la funzione di costo. In particolare, in questo modello alle tipiche variabili relative al contesto di domanda e offerta si aggiunge un nuovo nucleo di variabili volto a identificare la presenza del servizio e/o la tipologia di servizi svolti, lasciando che l'intensità rimanga misurata dalle variabili di contesto della domanda. In sostanza, tale modello tiene conto della presenza del servizio, senza però misurare i livelli delle prestazioni erogate. È utilizzato per le funzioni Trasporto pubblico locale, Settore sociale (al netto degli asili nido) e, a partire dal D.P.C.M. in esame, Viabilità e territorio.

La funzione relativa ai servizi del Settore sociale al netto del servizio di asili nido (servizi sociali) include una molteplicità di prestazioni rivolte al territorio comunale e che interessano numerose fasce di utenza: i minori, i giovani, gli anziani, le famiglie, le persone con disabilità, le persone dipendenti da alcol o droghe, le persone con problemi di salute mentale, gli immigrati e i nomadi, nonché gli adulti con disagio socio-economico. L'amministrazione comunale fornisce un insieme di prestazioni eterogenee a seconda dei bisogni territoriali, erogando i servizi tramite una gestione comunale o convenzionata con strutture private.

Gli elementi di novità della metodologia di calcolo riguardano:

  • l'utilizzo di un modello di tipo panel a due stadi prendendo in considerazione tre annualità (2015, 2016 e 2017);
  • il modello della funzione di spesa aumentata che si arricchisce di una misura più precisa del numero dei servizi erogati, identificata dal numero di ore di assistenza per le strutture, dagli utenti della macro area utenti e servizi e della macro area contributi economici;
  • la sostituzione delle dummy regionali con quelle provinciali, in quanto si è ritenuto che queste ultime fossero più idonee a cogliere la differenziazione di spesa specifica della funzione. Le dummy  regionali sono variabili utilizzate per misurare il valore medio di una variabile rispetto all'appartenenza ad un gruppo o ad una categoria specifica; le dummy regionali sono componenti inserite nei modelli di stima dei fabbisogni standard (in particolare, nella previgente metodologia, nel settore dei rifiuti e nei servizi sociali) con l'obiettivo di cogliere la presenza di differenze nei comportamenti di spesa dei comuni dovute alle politiche regionali e, quindi, indipendenti dalle scelte dei sindaci).

Dall'analisi dei dati desunti dal questionario e dall'analisi dei differenti livelli di spesa per il Settore sociale sono emerse differenze sostanziali nell'erogazione dei servizi lungo l'intero territorio nazionale. In particolare, in molti comuni l'intensità dei servizi sociali è così bassa da apparire del tutto inadeguata a quanto richiesto per la tutela dei diritti civili e sociali. Ciò ha spinto la CTFS a scegliere delle regole di normalizzazione in fase di applicazione che avessero come riferimento il livello di servizi e i costi delle realtà più virtuose. Al fine di rendere più robusti i risultati, si è per la prima volta innovato il meccanismo metodologico scegliendo non più una sola provincia come riferimento bensì un gruppo di province "benchmark" ritenute particolarmente efficienti per aver offerto nel triennio di analisi un livello di servizi superiore alla media nazionale a fronte di una spesa inferiore alla media. Ciò è stato possibile utilizzando i risultati presenti in Opencivitas relativamente alle annualità 2015 − 2016, mentre per il 2017, annualità ancora non disponibile online, sono state attuate le stesse logiche previste dalla vecchia metodologia. Al tempo stesso, il livello dei servizi offerti da ciascun comune relativamente al numero delle ore di assistenza ("Strutture") e al numero di utenti presi in carico ("Interventi e servizi" e "Contributi economici") è stato adeguato ai valori provinciali (calcolati come aggregazione dei dati comunali) più elevati.

 

A seguito dell'aggiornamento metodologico il peso della funzione Viabilità e territorio nella composizione del fabbisogno standard complessivo è passato dal 13,54% all'11,93%, con una diminuzione di circa il 12 per cento.

Si evidenzia, invece, un aumento del peso della funzione Servizi sociali (+3,7 per cento) nella composizione del fabbisogno standard complessivo, salita al 14,22%, e del servizio Asili nido (circa +3 per cento) rispetto al precedente aggiornamento dei fabbisogni standard per il 2019 (cfr. pag. 131 della nota di aggiornamento della Sose).

Per quel che concerne in particolare la funzione Servizi sociali, si rammenta che la legge di bilancio per il 2021 (art. 1, commi 791-794, legge n. 178 del 2020) ha disposto l'incremento delle risorse del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per il miglioramento dei servizi sociali comunali e il potenziamento degli asili nido.

In particolare, la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale è stata incrementata (comma 791):

  • per lo sviluppo dei servizi sociali, svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario, nella misura di 215,9 milioni di euro per l'anno 2021, 254,9 milioni per l'anno 2022, 299,9 milioni per l'anno 2023, 345,9 milioni per l'anno 2024, 390,9 milioni per l'anno 2025, 442,9 milioni per il 2026, 501,9 milioni per il 2027, 559,9 milioni per il 2028, 618,9 milioni per il 2029 e 650,9 milioni a decorrere dal 203;
  • per il potenziamento degli asili nido dei comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO) e delle regioni Siciliana e Sardegna, nella misura di 100 milioni di euro per l'anno 2022, 150 milioni di euro per l'anno 2023, 200 milioni di euro per l'anno 2024, 250 milioni di euro per l'anno 2025 e 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026.

La disciplina di riparto del Fondo di solidarietà comunale, contenuta al comma 449 della legge n. 232/2016, è stata pertanto modificata (dal comma 792) al fine di ricomprendervi i criteri di ripartizione delle quote incrementali del Fondo stanziate per servizi sociali e per il potenziamento degli asili nido (mediante l'inserimento al comma 449 delle lettere d-quinquies), d-sexies) e d-septies)).

In particolare, per i contributi destinati allo sviluppo dei servizi sociali svolti dai comuni delle RSO, se ne prevede la ripartizione in proporzione del rispettivo coefficiente di riparto del fabbisogno standard calcolato per la funzione "Servizi sociali" ed approvato dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS).

Gli obiettivi di servizio e le modalità di monitoraggio, per definire il livello dei servizi offerti e l'utilizzo delle risorse da destinare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali, saranno stabiliti entro il 30 giugno 2021 - e successivamente entro il 31 marzo dell'anno di riferimento - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base di un'istruttoria tecnica condotta dalla CTFS con il supporto di esperti del settore, senza oneri per la finanza pubblica, e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. In caso di mancata intesa oltre il quindicesimo giorno dalla presentazione della proposta nella Conferenza, il decreto può essere comunque emanato.

 

Nell'ambito della ripartizione del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2021 - sul cui schema è già stato raggiunto l'accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali in data 12 gennaio 2021 – il coefficiente per il riparto della dotazione del Fondo destinata ai servizi sociali, negli importi sopra indicati (215.923.000 euro), corrisponde al coefficiente di riparto dei Servizi sociali approvato dalla CTFS il 30 settembre 2020, ovvero quello adottato dal D.P.C.M. in esame.

 Per quel che concerne, invece, i contributi per il potenziamento degli asili nido nei comuni delle RSO e delle regioni Siciliana e Sardegna, assegnati al FSC negli importi sopra indicati, sono finalizzati ad incrementare l'ammontare dei posti disponili negli asili nido, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno, in proporzione alla popolazione con età compresa tra 0 e 2 anni nei comuni nei quali il predetto rapporto è inferiore ai LEP. Fino alla definizione dei LEP, o in assenza degli stessi, il livello di riferimento del rapporto è dato dalla media relativa alla fascia demografica del comune individuata dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard contestualmente all'approvazione dei fabbisogni standard per la funzione "Asili nido".

Tali contributi sono ripartiti su proposta della Commissione tecnica sui fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei fabbisogni standard per la funzione "Asili nido" approvati dalla stessa Commissione.

Il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, (in corso di conversione), all'articolo 31, comma 6 - nel modificare la lettera d-sexies) del citato comma 449 – ha precisato che le risorse destinate al potenziamento degli asili nido comunali sono ripartite, fermo restando la proposta della CTFS, anziché nell'ambito del DPCM di riparto del Fondo di solidarietà comunale, con apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il sud e la coesione territoriale e il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Con il medesimo decreto di ripartizione del Ministero dell'interno sono altresì disciplinati gli obiettivi di potenziamento dei posti di asili nido da conseguire con le risorse assegnate e le modalità di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse.

Il finanziamento dei servizi sociali e asili nido
Tra le funzioni fondamentali dei Comuni è stata compresa la funzione sociale, che il D.Lgs n. 216 del 2010 ha scorporato in due ambiti trattati separatamente dal punto di vista metodologico:
  • il settore sociale al netto del servizio di Asili nido (servizi sociali) che include una molteplicità di prestazioni rivolte al territorio comunale e che interessano diverse fasce di utenza tra cui i minori, i giovani, gli anziani, le famiglie, i disabili, le persone dipendenti da alcol o droghe, le persone con problemi di salute mentale, gli immigrati e i nomadi, nonché gli adulti con disagio socio-economico;
  • il settore asili nido che comprende il servizio rivolto alla prima infanzia a favore dei bambini con età compresa tra zero e due anni.
Preme qui ricordare che, oltre le risorse perequative inserite nel Fondo di solidarietà comunale, gli asili nido e i servizi sociali godono di altre importanti linee di finanziamento.
Gli asili nidi, istituiti in Italia nel 1971 come "servizi sociali di interesse pubblico" (legge n. 1044 del 1971), sono stati finanziati in un primo tempo attraverso le risorse stanziate dalla legge finanziaria 2007 per un Piano per lo Sviluppo del Sistema Territoriale dei Servizi Socio-educativi per la prima infanzia. Il Piano si proponeva di costruire una rete integrata, estesa, qualificata e differenziata in tutto il territorio nazionale, relativa agli asili nido, ai servizi integrativi e ai servizi innovativi nei luoghi di lavoro, volta a promuovere il benessere e lo sviluppo sociale ed educativo dei bambini, il sostegno del ruolo genitoriale, la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura tenendo conto della necessità di assicurare un adeguato livello di copertura della domanda dei servizi socio-educativi, stabilito nella misura media nazionale del 13% e, all'interno del sistema integrato di ciascuna Regione, in misura non inferiore al 6%.
Successivamente, la riforma della "Buona scuola" (legge n. 107 del 2015) ha sottratto gli asili nido dall'ambito assistenziale e ha integrato i servizi educativi per l'infanzia (zero/tre anni) e le scuole dell'infanzia (tre/sei anni) in un unico "Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni", disciplinato dal D. Lgs. n. 65 del 2017 che ha istituito un Fondo dedicato nel quale confluiscono le risorse del Piano di azione pluriennale indirizzate a:
  1. interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione, messa in sicurezza, risparmio energetico di edifici pubblici che accolgono scuole e servizi per l'infanzia;
  2. finanziamento di spese di gestione delle scuole e dei servizi educativi per l'infanzia, per abbassarne i costi per le famiglie e migliorarne l'offerta;
  3. interventi di formazione continua in servizio del personale educativo e docente e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.
Il rapporto Nidi e servizi educativi per l'infanzia del giugno 2020, curato dal Dipartimento politiche per la famiglia e l'Istat, chiarisce come il tradizionale ruolo del nido d'infanzia come servizio assistenziale e di sostegno al lavoro femminile ha fatto sì che la diffusione dei servizi per la prima infanzia fosse guidata dal grado di sviluppo economico dei territori. Il risultato è una forte eterogeneità dell'offerta pubblica e privata sul territorio, dettagliatamente illustrata nel report, sulla quale si riflettono anche le scelte operate nel corso di decenni dalle amministrazioni regionali e comunali, che crea forti iniquità nelle opportunità di accesso a sfavore del Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi pubblici e privati non raggiungono mediamente il 15% del potenziale bacino di utenza, costituito dai bambini fino a 3 anni di età, contro una media italiana del 24,7% (per la diffusione territoriale e i costi per l'utenza, si rinvia al Report Istat Offerta di asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia | anno educativo 2018/2019occorre in premessa ricordare che ). La carenza di investimenti pubblici e di spese correnti da parte dei Comuni è spesso associata ad una scarsa diffusione anche dei servizi privati. Il rapporto sottolinea inoltre come i contributi statali introdotti con la legge n. 232 del 2016, erogati a partire dal 2017 (" bonus nido"), hanno dato un impulso positivo allo sviluppo del sistema, contribuendo probabilmente all'aumento della domanda e dei tassi di utilizzo dei servizi registrati negli anni più recenti.
Per quanto riguarda i servizi sociali, occorre in premessa ricordare che l' assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o perfino del comune di riferimento, anche perché le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di governo (Stato, Regioni e Comuni), secondo dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci.
I servizi sociali vengono dunque sostenuti a livello nazionale attraverso le risorse che affluiscono nei fondi dedicati alle politiche sociali (qui un approfondimento sui fondi rivolti al sociale).
Un loro specifico rafforzamento è stato previsto a partire dalla legge legge 33/2017 "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali", collegata alla legge di bilancio 2016, che ha istituito il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (c.d. Fondo povertà) e delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti l'introduzione di: una misura nazionale di contrasto alla povertà e dell'esclusione sociale e il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.
Il D.Lgs. n. 147 del 2017, istitutivo del Reddito di inclusione, ha poi dedicato il Capo IV al rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, inoltre all'interno del Fondo Povertà è stata prevista una "Quota servizi" destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali indirizzati ai nuclei familiari beneficiari prima del Reddito di inclusione, poi del Reddito di cittadinanza
Successivamente, il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà ha inteso fornire indirizzi programmatici a livello nazionale per un rafforzamento dei servizi sociali. Inoltre, il Piano ha fornito le priorità per l'utilizzo delle risorse assegnate alla Quota servizi del Fondo povertà; priorità definite nella logica degli obiettivi di servizio, intesi come strumento per avviare il riconoscimento di livelli essenziali delle prestazioni a livello di servizi rivolti alla lotta alla povertà e all'inclusione, tenuto conto delle risorse disponibili.
La pubblicazione Istat, La spesa dei Comuni per i servizi sociali, del febbraio 2020, valuta, nel 2017, la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, a circa 7 miliardi 234 milioni di euro, corrispondenti allo 0,41% del Pil nazionale (dati provvisori). La spesa di cui beneficia mediamente un abitante in un anno è pari a 119 euro a livello nazionale, con differenze territoriali molto ampie. La spesa sociale del Sud rimane molto inferiore rispetto al resto dell'Italia: 58 euro contro valori che superano i 115 euro annui in tutte le altre ripartizioni, toccando il massimo nel Nord-est con 172 euro.
Il ruolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali nella ripartizione del Fondo di solidarietà comunale
Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega n. 42 del 2009 distingue le spese che investono i diritti fondamentali e le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si prevede l'integrale copertura dei fabbisogni finanziari - rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, ossia un finanziamento delle funzioni che tiene conto dei livelli di ricchezza differenziati dei territori.
Per le funzioni concernenti i diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza. Ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni. I fabbisogni standard, introdotti con il D.Lgs. n. 216/2010, costituiscono dunque i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Le funzioni diverse da quelle fondamentali devono invece essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l'ordine delle rispettive capacità fiscali.
Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, delineato dalla legge n. 42/2009, è stato quindi incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale. I provvedimenti attuativi della legge delega sul federalismo fiscale hanno determinato quindi la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di generalità e permanenza e la loro sostituzione - ai fini del finanziamento delle funzioni degli enti locali - con entrate proprie e con risorse di carattere perequativo, dirette a ridurre le differenze tra le capacità fiscali.
Il Fondo di solidarietà comunale, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni, è finalizzato ad assicurare un'equa distribuzione delle risorse ai comuni, con funzioni sia di compensazione delle risorse attribuite in passato sia di perequazione, in un'ottica di progressivo abbandono della spesa storica. I criteri di ripartizione del Fondo - definiti dal comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 e successive modificazioni - distinguono due diverse componenti del Fondo: a) una componente c.d. "ristorativa", costituita dalle risorse statali destinate a garantire ai comuni il ristoro del minor gettito derivante dalle esenzioni e agevolazioni IMU e TASI introdotte dalla legge di stabilità 2016, ripartita sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015; b) una componente "tradizionale", destinata al riequilibrio delle risorse storiche, un parte della quale viene annualmente accantonata e ripartita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO) secondo criteri di tipo perequativi, basati sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard.
L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo nella distribuzione delle risorse del Fondo è iniziata nel 2015 con l'assegnazione di quote via via crescenti del Fondo, in previsione del raggiungimento del 100% della perequazione nell'anno 2021. La progressione del meccanismo di perequazione è stata, tuttavia, sospesa nell'anno 2019 (art. 1, comma 921, legge n. 145/2018). Successivamente, con il D.L. n. 124 del 2019, si è giunti alla definizione di un percorso molto più graduale di applicazione del meccanismo perequativo, che prevede un incremento costante della quota percentuale del Fondo da distribuire su base perequativa del 5 per cento annuo a partire dalla percentuale applicata nel 2019 del 45 per cento (e, quindi, 50% nel 2020, 55% nel 2021, ecc.), sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030. Anche l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle RSO, determinato fino al 2019 in misura pari al 50%, è previsto incrementare progressivamente del 5 per cento annuo a decorrere dal 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dal 2029.
Si segnala, infine, che l'articolo 57, comma 1, del D.L. n. 124/2019 ha richiesto alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) di introdurre una metodologia per la neutralizzazione della componente rifiuti, nella determinazione della differenza tra le capacità fiscali e il fabbisogno standard.
In linea con quanto detto, per l'anno 2021, l'applicazione del meccanismo standard di riparto per i comuni delle RSO considera una percentuale di applicazione della componente standard pari al 55% ed un target perequativo pari al 60%. La dotazione del Fondo di solidarietà (componente tradizionale), pari a 1.880,3 milioni di euro, è stata pertanto ripartita in due quote, la prima, corrispondente al 45% della dotazione, ripartita secondo il criterio della compensazione delle risorse storiche, e la seconda corrispondente al 55% della dotazione, secondo il criterio perequativo in base alla differenza tra capacità fiscale e fabbisogno standard.
Per il riparto del Fondo 2021, si è inoltre proceduto alla neutralizzazione completata degli effetti generati dalla componente rifiuti secondo quanto deciso con parere unanime dalla CTFS nella seduta del 13 ottobre 2020, che prevede che la funzione rifiuti sia esclusa, contemporaneamente sia dalla composizione del coefficiente di riparto dei fabbisogni standard che dalla composizione del coefficiente di riparto della capacità fiscale complessiva.
Con l'avvio del sistema di perequazione, dal 2015, ai comuni delle regioni a statuto ordinario non è stata più assicurata l'invarianza delle risorse, avviandosi così il più volte teorizzato processo di allontanamento dalla spesa storica a favore dei fabbisogni standard. L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo comporta, per i comuni con i fabbisogni standard superiori alle capacità fiscali, un incremento della quota del fondo di solidarietà comunale ad essi spettante (ovvero, in caso di enti incapienti, una diminuzione delle somme da versare al fondo), mentre, per i comuni con fabbisogni standard inferiori alle capacità fiscali, una riduzione della quota del fondo (ovvero, in caso di incapienza, un incremento delle somme da versare). La maggiore gradualità nel percorso di perequazione, definita dalla legge di bilancio per il 2020, è anche dovuta al fatto che il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato alcune distorsioni nella redistribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà, che hanno di fatto richiesto, a più riprese, l'intervento del legislatore, con la previsione di meccanismi correttivi in grado di contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che si viene a determinare con l'applicazione del meccanismo della perequazione, soprattutto nei comuni di minori dimensioni (disciplinati dal comma 449, lett. da d-bis) a d-quater), della legge n. 232/2016).
Va sottolineato, infine, come l'istituzione del Fondo di solidarietà comunale costituisce, di fatto, una presa d'atto della perdurante difficoltà di effettiva applicazione dei principi originari della legge n. 42 del 2009, vale a dire dei livelli essenziali di prestazione, fabbisogni standard, entrate standard e fondo perequativo. Ciò in quanto la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) non consente, tuttora, di disciplinare i fondi perequativi nei termini indicati dalla citata legge n. 42/2009: in particolare, il Fondo di solidarietà comunale, ha assunto la natura di un fondo perequativo orizzontale, in quanto alimentato esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'imposta municipale propria, e non anche dalla fiscalità generale, come previsto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento al fondo perequativo per le funzioni fondamentali.