Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Metodologia dei fabbisogni standard per il servizio di smaltimento rifiuti
Riferimenti: SCH.DEC N.199/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 199
Data: 04/11/2020
Organi della Camera: V Bilancio, COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE


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Metodologia dei fabbisogni standard per il servizio di smaltimento rifiuti

4 novembre 2020
Atti del Governo


Indice

Premessa|Il contenuto del provvedimento|La revisione della metodologia|


Premessa

Lo schema di D.P.C.M. in esame prevede l'adozione della nota metodologica aggiornata relativa ai fabbisogni standard dei comuni delle regioni a statuto ordinario per il servizio di smaltimento rifiuti.

La Nota metodologica di revisione dei fabbisogni standard per il servizio di smaltimento rifiuti - trasmessa da Sose S.p.A. al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze in data 13 luglio 2020 - è allegata allo schema di decreto e ne costituisce parte integrante.

In appendice allo schema sono riportati, per ciascuno dei 6.647 comuni delle regioni a statuo ordinario, i coefficienti di riparto dei fabbisogni standard, le tonnellate di rifiuti urbani, il costo standard totale, il costo standard per tonnellata e le sue componenti calcolate con riferimento ai dati del 2016.

Sullo schema di decreto in esame, la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali ha espresso parere favorevole il 15 ottobre 2020, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 216 del 2020.

 

La normativa vigente, di cui all'articolo 1, comma 6, del D.Lgs. n. 216/2010, prevede, nel caso di adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni standard, che decorsi quindici giorni dalla trasmissione alla Conferenza, lo schema venga trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario.

 

L'atto in esame è assegnato alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e alla Commissione Bilancio, che devono esprimere il proprio parere entro l'11 novembre 2020.

 

Decorsi quindici giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri.

Il Governo, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere una relazione con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri.

 

Si rammenta, in rapida sintesi, che i fabbisogni standard sono stati introdotti nell'ordinamento con il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, emanato in attuazione della delega in materia di federalismo fiscale disposta con la legge n. 42 del 2009. Essi costituiscono i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. I fabbisogni standard, inoltre, congiuntamente alle capacità fiscali, costituiscono i parametri sulla base dei quali è ripartita una quota perequativa del Fondo di solidarietà comunale.
In particolare, a partire dal 2018, le risultanze dei fabbisogni standard per il servizio smaltimento rifiuti sono utilizzate dai comuni per la determinazione dei costi del servizio ( art. 1, comma 653, della legge n. 147 del 2013).
Il D.Lgs. n. 216 del 2010 (determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) prevede che i fabbisogni standard siano calcolati relativamente alle seguenti funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario: funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; funzioni di polizia locale; funzioni di istruzione pubblica; funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente (tra cui il servizio smaltimento rifiuti); funzioni nel settore sociale. Si ricorda, infatti, che la legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale ha previsto che l'assegnazione delle risorse agli enti territoriale debba essere tale da coprire integralmente i costi derivanti dall'esercizio delle loro funzioni fondamentali. Per queste funzioni, tuttavia, l'entità dei costi deve essere determinata sulla base di criteri standardizzati, in modo da superare le distorsioni insite nella distribuzione delle risorse sulla base della spesa storica.
 
Il compito di predisporre la metodologia per la determinazione dei fabbisogni è assegnato alla SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A., con la collaborazione dell'Istituto per la finanza e per l'economia locale- IFEL.
Spetta a SOSE anche il compito di procedere al monitoraggio dei parametri di riferimento con cadenza annuale garantendo, allo stesso tempo, una revisione almeno triennale dell'intera metodologia, al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi locali ( art. 7 del D.Lgs. n. 216/2010).
La legge n. 208 del 2015 (articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, prevedendo a tal fine l'istituzione di una nuova commissione, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF). La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS), istituita con D.P.C.M. 23 febbraio 2016, agisce come organo tecnico collegiale con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard e di validare l'aggiornamento della base dati utilizzata.
La nota metodologica relativa alla procedura di calcolo dei fabbisogni e il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia sono adottati, anche distintamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze. Sullo schema di decreto è sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, mentre non è previsto per l'aggiornamento dei fabbisogni standard a metodologia invariata.

 

La prima nota metodologica afferente, tra gli altri, il servizio smaltimento rifiuti, è stata approvata con il D.P.C.M.27 marzo 2015.

Tale metodologia è stata poi aggiornata nel 2016, ai sensi del D.Lgs. n. 216/2010, con il D.P.C.M. 29 dicembre 2016, attualmente vigente, che ha previsto la revisione della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard, nonché il conseguente aggiornamento dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard di tutte le funzioni fondamentali dei comuni delle regioni a statuto ordinario.

Per gli anni successivi, i fabbisogni standard dei comuni sono stati aggiornati, a metodologie invariate, con i D.P.C.M. 22 dicembre 2018, D.P.C.M. 18 aprile 2019 e, da ultimo, con il D.P.C.M. 5 marzo 2020.


Il contenuto del provvedimento

Lo schema di decreto provvede ad aggiornare la metodologia di calcolo dei fabbisogni standard relativi al Servizio smaltimenti rifiuti dei comuni delle regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 216 del 2010. Conseguentemente sono aggiornati i coefficienti di riparto e i componenti del costo standard per ogni comune considerato.

Il servizio smaltimento rifiuti – come si espone nella Nota metodologia predisposta da SOSE S.p.A. ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 216/2010, adottata dallo schema in esame - comprende il complesso delle attività che, direttamente o indirettamente, sono connesse alla raccolta, al trasporto, alla trasformazione, al recupero e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nonché alla gestione dei rifiuti speciali assimilati agli urbani e, unitamente a questi, avviati allo smaltimento. La nota metodologica ricomprende tra le attività del servizio rifiuti anche gli oneri legati al servizio di riscossione.

Nella nota si sottolinea che la raccolta e lo smaltimento di rifiuti è il servizio per il quale i comuni sostengono la spesa maggiore rispetto a tutte le altre funzioni (circa 9,1 miliardi nel 2016). A tale funzione dunque corrisponde anche il più ampio peso nel calcolo dei fabbisogni standard: 25,73% nei coefficienti di riparto fabbisogni standard approvati dal citato D.P.C.M. 5 marzo 2020.

 

Fonte: SOSE S.p.A., Nota metodologica 18 novembre 2019, annessa allo schema in esame

Si ricorda che il servizio smaltimento rifiuti è considerato attività autonoma del comune ed è escluso da interventi perequativi, dato che il suo finanziamento è interamente coperto da tariffe.

In particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232/2016, modificato dall'art. 57, co. 1, del D.L. n. 124/2019, i fabbisogni standard del servizio rifiuti, di fatto, non producono effetti perequativi ai fini del riparto delle risorse del Fondo di solidarietà comunale (FSC), in quanto - fermo restando il criterio perequativo di ripartizione del Fondo individuato nella differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard - la capacità fiscale TARI di ogni comune è posta pari al valore del fabbisogno in virtù del principio di copertura integrale del costo del servizio da parte dei cittadini residenti.

 

Si rammenta che le componenti della capacità fiscale dei comuni si riferiscono a due principali tipologie di entrata. Nella prima categoria (Imposte e tasse) rientrano l'IMU, la Tasi, l'addizionale comunale Irpef e le imposte e tasse minori (imposta di scopo, imposta sulla pubblicità, Tosap). Nella seconda categoria rientra la Tari.
Relativamente all'inserimento della Tari nel calcolo della capacità fiscale dei comuni, la Nota metodologica attualmente vigente relativa alla procedura di calcolo e la stima della capacità fiscale 2018 dei comuni delle regioni a statuto ordinario (adottata con il D.P.C.M. 16 novembre 2017) sottolinea che il gettito della tariffa per raccolta e smaltimento rifiuti non andrebbe incluso nel calcolo della capacità fiscale in quanto risulta a totale copertura del costo; tuttavia, poiché tale voce è inclusa nel calcolo dei fabbisogni standard, la sua esclusione dalla capacità fiscale avrebbe condotto ad una errata stima delle risorse perequabili. Al fine di sterilizzare la componente dei rifiuti nell'ambito della perequazione delle risorse assegnate attraverso il Fondo di solidarietà comunale, nel calcolo della capacità fiscale tale costo è considerato in misura pari al fabbisogno standard.
Con riferimento specifico alla ripartizione del Fondo di solidarietà comunale (si veda in proposito il box alla fine del dossier), si ricorda che l'articolo 57, comma 1, del D.L. n. 124/2019 ha richiesto alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard di introdurre una metodologia per la determinazione della differenza tra le capacità fiscali e il fabbisogno standard - che costituisce il criterio di riparto della quota perequativa del Fondo - ai fini della neutralizzazione della componente rifiuti, anche attraverso l'esclusione della predetta componente sia dai fabbisogni che dalle capacità fiscali standard.
Tale metodologia è stata recepita nel D.P.C.M. di ripartizione del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2020, secondo le decisioni della Commissione tecnica per i fabbisogni standard nella seduta del 15 ottobre 2019. In sostanza, per il calcolo della componente perequativa del FSC 2020, si è proceduto, in continuità con quanto applicato negli anni dal 2016 al 2019, a neutralizzare l'effetto in perequazione della componente "raccolta e smaltimento rifiuti", includendo tale voce sia nei fabbisogni standard sia nella capacità fiscale con il medesimo peso ( cfr. l' accordo dell'11 dicembre 2019, raggiunto in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali sui criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2020).
A tal fine, così come deciso dalla CTFS del 15 ottobre 2019, nella capacità fiscale complessiva, questa componente partecipa per una misura pari a 6.567,4 milioni di euro, ovvero pari al 25,73% del totale, percentuale che rappresenta anche il peso che il servizio smaltimento rifiuti ha sul fabbisogno standard totale delle funzioni/servizi fondamentali, approvati dalla CTFS il 24 luglio 2019.

 

Pur essendo neutrali ai fini perequativi, i fabbisogni standard per il servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti assumono inoltre importanza per l'individuazione delle tariffe TARI nell'ambito della predisposizione dei piani economico finanziari comunali. La legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 653, dispone infatti che nella determinazione dei costi del servizio rifiuti "il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard".

 

La tassa sui rifiuti - TARI

La tassa sui rifiuti (TARI) è il tributo destinato a finanziare - mediante copertura integrale dei costi - il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. In via transitoria, la superficie delle unità immobiliari assoggettabile alla TARI è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.

I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.

La TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 per sostituire il precedente tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2). La legge di bilancio per il 2020, nel ridisciplinare l'imposizione immobiliare locale, ha fatto salve la TARI e la relativa disciplina.

Per la determinazione della tariffa si applicano i criteri determinati con DPR 158 del 1999 (cd. metodo normalizzato) ovvero, in via transitoria, il comune può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 683, della citata legge di stabilità 2014, prevede che il consiglio comunale deve approvare, entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione, le tariffe della Tari in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal consiglio comunale o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia.

Il decreto legge n. 124 del 2019 ha prorogato di un anno tale modalità di commisurazione della tariffa sulla base del criterio medio-ordinario (in luogo dell'effettiva quantità di rifiuti prodotti). Il provvedimento ha disposto l'accesso a condizioni tariffarie agevolate alla fornitura del servizio di gestione integrato dei rifiuti urbani e assimilati per gli utenti domestici che si trovino in condizioni economico-sociali disagiate.

Si ricorda che la Legge di bilancio 2018 ha affidato ad ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) il compito di regolare il settore dei rifiuti, con riguardo al miglioramento del servizio agli utenti, all'omogeneità tra le aree del Paese, alla valutazione dei rapporti costo-qualità e all'adeguamento infrastrutturale. Con delibera 31 ottobre 2019 443/2019/R/rif l'ARERA ha quindi definito il nuovo metodo tariffario del servizio integrato di gestione dei rifiuti. In particolare, l'articolo 2 definisce le seguenti componenti tariffarie del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani:

a) costi operativi, intesi come somma dei costi operativi di gestione delle attività di spazzamento e di lavaggio, di raccolta e di trasporto di rifiuti urbani indifferenziati, di trattamento e di smaltimento, di raccolta e di trasporto delle frazioni differenziate, di trattamento e di recupero, nonché di oneri incentivanti il miglioramento delle prestazioni;

b) costi d'uso del capitale, intesi come somma degli ammortamenti delle immobilizzazioni, degli accantonamenti ammessi al riconoscimento tariffario, della remunerazione del capitale investito netto riconosciuto e della remunerazione delle immobilizzazioni in corso;

c) componente a conguaglio relativa ai costi delle annualità 2018 e 2019.

La determinazione delle componenti tariffarie è effettuata in conformità al predetto metodo tariffario, di cui all'Allegato A della delibera. Il nuovo metodo prevede l'uso del fabbisogno standard come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, in particolare allo scopo dell'individuazione dei coefficienti di gradualità per l'applicazione di alcune componenti tariffarie (art. 16).

Nelle Linee guida interpretative per l'applicazione del comma 653 dell'art. 1 della Legge n. 147 del 2013 e relativo utilizzo in base alla Delibera ARERA 31 ottobre 2019, n. 443, pubblicate dal Ministero dell'economia e delle finanze nel dicembre 2019, viene sottolineato che «i fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano un paradigma di confronto per permettere all'ente locale di valutare l'andamento della gestione del servizio. Di conseguenza, il richiamo alle "risultanze dei fabbisogni standard" operato dal comma 653 deve essere letto in coordinamento con il complesso procedimento di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico della TARI su ciascun contribuente. Per la concreta attuazione del comma 653 resta necessario, quindi, che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Va osservato, in proposito, che l'avvio del nuovo sistema di regolazione del servizio con l'emanazione della delibera ARERA n. 443/2019 modifica il quadro della discrezionalità riservato al comune in quanto responsabile del servizio rifiuti, orientandolo in primo luogo alla verifica del rispetto dei criteri innovati in materia di determinazione dei costi da parte dei gestori nell'ambito del Piano finanziario. Le risultanze dei fabbisogni standard del servizio rifiuti assumono, quindi, nel nuovo sistema di regolazione, un valore di riferimento obbligatorio ai fini del citato art. 16 dell'Allegato alla delibera ARERA, per ciò che riguarda l'applicazione della gradualità dell'adozione di alcune componenti tariffarie».

Nelle citate linee guida viene altresì ricordato che «le risultanze dei fabbisogni standard sono a oggi disponibili solo per le regioni a statuto ordinario. Pertanto, la norma recata dal comma 653 in questione non è applicabile nei confronti dei comuni delle regioni a statuto speciale».

Si ricorda infine che la Banca d'Italia, sul numero 474 della serie Questioni di economia e finanza (Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)?) analizza le caratteristiche della Tari sia in termini di efficienza che in termini di equità, avvalendosi di una simulazione sui dati dell'indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia. L'Istituto rileva che la Tari non discrimina adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti e presenta effetti redistributivi peculiari a sfavore dei nuclei con redditi più bassi; una riconfigurazione del prelievo in chiave tariffaria porterebbe quindi benefici non solo in termini di efficienza - per gli incentivi ad un utilizzo più responsabile delle risorse pubbliche e di quelle ambientali – ma anche in termini di equità, poiché rimuoverebbe i profili di regressività dell'attuale tariffa.


La revisione della metodologia

La revisione della metodologia dei fabbisogni standard per il servizio smaltimento rifiuti è stata realizzata dalla SOSE S.p.A. nel novembre 2019 in continuità con la metodologia precedente, che prevedeva la definizione dei rispettivi fabbisogni attraverso la stima statistica della funzione di costo.

Il modello basato sulla funzione di costo consente di misurare il fabbisogno standard come prodotto tra la quantità dei servizi offerti (determinata sulla base della domanda potenziale o effettiva) e i costi standard dei singoli servizi offerti. Tale modello è utilizzato quando la quantità del servizio offerto è misurabile in modo soddisfacente e le variabili di output che permettono di cogliere tutti gli aspetti fondamentali dell'attività svolta presentano un basso livello di endogeneità rispetto all'autonomia decisionale di spesa di ciascun ente; in assenza di valide variabili strumentali, la stima dei fabbisogni standard è effettuata, in modo robusto e consistente, utilizzando la funzione di spesa.

 

Il modello di funzione di costo ha come principale indicatore di output le tonnellate di Rifiuti urbani totali prodotti e come determinanti del costo standard per tonnellata un insieme di variabili relative alle seguenti caratteristiche del servizio offerto: la percentuale di raccolta differenziata; la tipologia e la distanza dagli impianti; le modalità di gestione (associata o diretta); il contesto comunale (demografia, morfologia e reddito), le modalità di raccolta; l'appartenenza del comune ad uno specifico cluster.

Gli elementi innovativi rispetto alla metodologa approvata nel 2016 riguardano essenzialmente la struttura delle determinanti del costo.

Di seguito, sono evidenziate le innovazioni introdotte rispetto alla metodologia precedente:

  • in primo luogo, la stima del fabbisogno standard è stata realizzata, diversamente dal passato, sulla base dei dati di quattro annualità: 2010, 2013, 2015 e 2016, in modo da utilizzare nelle stime tutte le informazioni raccolte sino ad oggi ai fini dell'elaborazione dei fabbisogni standard;
  • con riferimento alla dotazione impiantistica del territorio di riferimento - diversamente dalla precedente metodologia dove si consideravano solo il numero di impianti a livello provinciale – nel nuovo modello tale variabile è misurata sia in termini quantitativi (numero di impianti diversificando per tipologia) sia in termini qualitativi (considerando le percentuali di rifiuti trattati e smaltiti da ogni tipologia di impianto). Attraverso tale innovazione, si colgono in modo più preciso gli effetti esercitati dai governi regionali, esogeni alle scelte comunali, che comunque creano i differenziali del costo evitando la necessità di ricorrere all'introduzione delle dummy regionali. Si tratta di variabili utilizzate per misurare il valore medio di una variabile rispetto all'appartenenza ad un gruppo o ad una categoria specifica; le dummy regionali sono componenti inserite nei modelli di stima dei fabbisogni standard (in particolare nel settore dei rifiuti, nella previgente metodologia, e nei servizi sociali) con l'obiettivo di cogliere la presenza di differenze nei comportamenti di spesa dei comuni dovute alle politiche regionali e, quindi, indipendenti dalle scelte dei sindaci. L'impatto sul costo standard esercitato dalla raccolta differenziata è stato specificato in modo non lineare: la revisione della specificazione permette di cogliere meglio l'andamento del costo standard al variare del livello di raccolta differenziata, tenendo conto sia dei costi crescenti che sperimentano i comuni che partono da percentuali basse di raccolta sia i costi decrescenti di cui beneficiano i comuni quando raggiungono i livelli alti di raccolta differenziata. Nel modello sono state inoltre introdotte tre nuove variabili dicotomiche al fine di cogliere i differenziali di costo derivanti delle diverse modalità di raccolta di rifiuti (domiciliare, su chiamata, attraverso centri di raccolta) che generano importanti differenziali del costo;
  • infine, è stata rivista la metodologia di definizione dei gruppi omogenei dei comuni (cluster) sulla base di numerose caratteristiche comunali sia di carattere geografico, morfologico e demografico, sia attinenti al tessuto economico sociale del territorio. I cluster sono utilizzati trasversalmente nei fabbisogni standard per tutte quelle funzioni per le quali è possibile l'approccio della funzione di costo. Essi colgono i differenziali di costo che non derivano direttamente dalle modalità gestionali della funzione ma dalle caratteristiche strutturali dei comuni, esogene alle scelte comunali o che possono cambiare soltanto nel lungo periodo.

 

Il ruolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali nel Fondo di solidarietà comunale
Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega n. 42 del 2009 distingue le spese che investono i diritti fondamentali e le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si prevede l'integrale copertura dei fabbisogni finanziari - rispetto a quelle che, invece, vengono affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri della autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, ossia un finanziamento delle funzioni che tiene conto dei livelli di ricchezza differenziati dei territori.
Per le funzioni concernenti i diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza. Ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni. I fabbisogni standard, introdotti con il D.Lgs. n. 216/2010, costituiscono dunque i parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Le funzioni diverse da quelle fondamentali devono invece essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l'ordine delle rispettive capacità fiscali.
Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, delineato dalla legge n. 42/2009, è stato quindi incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull'attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale. I provvedimenti attuativi della legge delega sul federalismo fiscale hanno determinato quindi la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di generalità e permanenza e la loro sostituzione - ai fini del finanziamento delle funzioni degli enti locali - con entrate proprie e con risorse di carattere perequativo, dirette a ridurre le differenze tra le capacità fiscali.
Il Fondo di solidarietà comunale, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni, è finalizzato ad assicurare un'equa distribuzione delle risorse ai comuni, con funzioni sia di compensazione delle risorse attribuite in passato sia di perequazione, in un'ottica di progressivo abbandono della spesa storica.
I criteri di ripartizione del Fondo - definiti dal comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 e successive modificazioni - distinguono due diverse componenti del Fondo: a) una componente c.d. "ristorativa", costituita dalle risorse statali destinate a garantire ai comuni il ristoro del minor gettito derivante dalle esenzioni e agevolazioni IMU e TASI introdotte dalla legge di stabilità 2016, ripartita sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015; b) una componente "tradizionale", destinata al riequilibrio delle risorse storiche, un parte della quale viene annualmente accantonata e ripartita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO) secondo criteri di tipo perequativi, basati sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard.
L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo nella distribuzione delle risorse del Fondo è iniziata nel 2015 con l'assegnazione di quote via via crescenti del Fondo, in previsione del raggiungimento del 100% della perequazione nell'anno 2021. La progressione del meccanismo di perequazione è stata, tuttavia, sospesa nell'anno 2019 (art. 1, comma 921, legge n. 145/2018). Successivamente, con il D.L. n. 124 del 2019, si è giunti alla definizione di un percorso molto più graduale di applicazione del meccanismo perequativo, che prevede un incremento costante della quota percentuale del Fondo da distribuire su base perequativa del 5 per cento annuo a partire dalla percentuale applicata nel 2019 del 45 per cento (e, quindi, 50% nel 2020, 55% nel 2021, ecc.), sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2030. Anche l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle RSO, determinato fino al 2019 in misura pari al 50%, è previsto incrementare progressivamente del 5 per cento annuo a decorrere dal 2020, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dal 2019.  

In linea con quanto detto, la dotazione del Fondo di solidarietà per i comuni delle RSO per l'anno 2020 (componente tradizionale), pari a 1.880,3 milioni di euro, è stata ripartita in due quote, entrambe pari a circa 940,1 milioni, corrispondente al 50 per cento della dotazione: la prima, ripartita secondo il criterio della compensazione delle risorse storiche e la seconda, secondo il criterio perequativo, in base alla differenza tra capacità fiscale e fabbisogno standard.

Con l'avvio del sistema di perequazione, dunque, dal 2015 ai comuni delle regioni a statuto ordinario non è stata più assicurata l'invarianza delle risorse, avviandosi così il più volte teorizzato processo di allontanamento dalla spesa storica a favore dei fabbisogni standard. L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo comporta, per i comuni con i fabbisogni standard superiori alle capacità fiscali, un incremento della quota del fondo di solidarietà comunale ad essi spettante (ovvero, in caso di enti incapienti, una diminuzione delle somme da versare al fondo), mentre, per i comuni con fabbisogni standard inferiori alle capacità fiscali, una riduzione della quota del fondo (ovvero, in caso di incapienza, un incremento delle somme da versare). La maggiore gradualità nel percorso di perequazione, definita dalla legge di bilancio per il 2020, è anche dovuta al fatto che il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha comportato alcune distorsioni nella redistribuzione delle risorse del Fondo di solidarietà, che hanno di fatto richiesto, a più riprese, l'intervento del legislatore, con la previsione di meccanismi correttivi in grado di contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che si viene a determinare con l'applicazione del meccanismo della perequazione, soprattutto nei comuni di minori dimensioni.
Va sottolineato, infine, come l'istituzione del Fondo di solidarietà comunale costituisce, di fatto, una presa d'atto della perdurante difficoltà di effettiva applicazione dei principi originari della legge n. 42 del 2009, vale a dire dei livelli essenziali di prestazione, fabbisogni standard, entrate standard e fondo perequativo. Ciò in quanto la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) non consente, tuttora, di disciplinare i fondi perequativi nei termini indicati dalla citata legge n. 42/2009: in particolare, il Fondo di solidarietà comunale, ha assunto la natura di un fondo perequativo orizzontale, in quanto alimentato esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'imposta municipale propria, e non anche dalla fiscalità generale, come previsto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento al fondo perequativo per le funzioni fondamentali.