Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 15 novembre 2017, n. 183, di attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti
Serie: Atti del Governo   Numero: 138
Data: 14/01/2020
Organi della Camera: VIII Ambiente


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 15 novembre 2017, n. 183, di attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti

14 gennaio 2020
Atti del Governo


Indice

Presupposti normativi|Contenuto|


Presupposti normativi

Lo schema di decreto in esame reca disposizioni integrative e correttive rispetto al quadro introdotto con il decreto legislativo 15 novembre 2017, n. 183, che ha disposto l'attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 e ha provveduto al riordino del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), con riferimento alla Parte Quinta, che disciplina il settore degli impianti e delle attività che producono emissioni in atmosfera.

La direttiva (UE) 201572193 stabilisce  norme per il controllo delle emissioni di biossido di zolfo (SO2), di ossidi di azoto (NOx) e di polveri, al fine di ridurle e di limitare i rischi potenziali per la salute umana e  per  l'ambiente. Disciplina inoltre il monitoraggio delle emissioni di monossido di carbonio (CO). Essa si applica agli impianti di combustione medi (con potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW), per ciascuno dei quali stabilisce, in via generale, l'obbligo di autorizzazione o registrazione.
La direttiva si applica agli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW («impianti di combustione medi»), indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato. Essa si applica inoltre a un insieme formato da nuovi impianti di combustione medi conformemente all'articolo 4 della Direttiva medesima, in materia di aggregazioni di impianti, anche qualora la potenza termica nominale totale di tale insieme sia pari o superiore a 50 MW, a meno che detto insieme non costituisca un impianto di combustione disciplinato dal capo III della direttiva 2010/75/UE. Il comma 3 dell'articolo 2 della citata Direttiva elenca le fattispecie esclude dall'ambito applicativo. La Direttiva definisce, tra l'altro, procedure per il monitoraggio e impone agli Stati membri l'obbligo di designare un'autorità competente per l'adempimento degli obblighi derivanti dalle disposizioni previste.

Il decreto legislativo 183/2017 ha recepito la direttiva (UE) 2015/2193 sulla base dei criteri di delega stabiliti dall'articolo 17 della legge 12 agosto 2016, n 170 (legge di delegazione europea 2015). Essi prevedevano che il Governo procedesse al riordino del quadro normativo degli stabilimenti aventi emissioni in atmosfera, in cui si colloca la disciplina degli impianti di combustione medi, provvedendo tra l'altro a:

  • aggiornare la disciplina generale relativa agli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale;
  • razionalizzare le procedure che riguardano l'autorizzazione degli stabilimenti, anche nell'ottica di garantire un coordinamento con le norme in materia di autorizzazione unica ambientale;
  • aggiornare l'Allegato I alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, riducendo i valori limite vigenti di emissione alla luce delle migliori tecnologie disponibili, con priorità per gli impianti di combustione e per la classificazione delle sostanze inquinanti;
  • riconoscere agli impianti di combustione medi esistenti un periodo di tempo sufficiente per adeguarsi sul piano tecnico alle nuove prescrizioni;
  • aggiornare il sistema delle sanzioni penali e amministrative previsto dalla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, in modo da assicurare l'effettività, la proporzionalità e la dissuasività delle misure sanzionatorie relative agli stabilimenti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale. È altresì previsto che si tenga conto delle sanzioni previste per violazioni di analoga natura commesse nell'esercizio degli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, nonché dello specifico impatto emissivo degli stabilimenti da disciplinare.

Più nel dettaglio, la norma di delega contenuta della citata legge di delegazione europea (nel cui allegato B è altresì contenuto il riferimento alla direttiva 2015/2193/UE, relativa alla limitazione delle emissioni in atmosfera di alcuni inquinanti originati da impianti di combustione medi), ha previsto che il Governo provveda al riordino del quadro normativo degli stabilimenti aventi emissioni in atmosfera in cui si colloca la disciplina degli impianti di combustione medi.

La norma pone, al comma 1, i seguenti principi e criteri direttivi specifici, in base ai quali il Governo è tenuto a:

 1) aggiornare la disciplina generale relativa agli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale. Si fa specifico riferimento alla modifica ed integrazione delle disposizioni contenute nella parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di installazione ed esercizio, procedure autorizzative, determinazione dei valori limite di emissione, controlli e azioni conseguenti ai controlli (lettera a).

La parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, contiene disposizioni sulla tutela dell'aria e sulla riduzione delle emissioni in atmosfera. Essa ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle installazioni che svolgono alcune attività specifiche che possono determinare danni ambientali significativi indicate nell'allegato VIII della Parte II, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46, recante attuazione della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali. 

 2) razionalizzare le procedure che riguardano l'autorizzazione degli stabilimenti, anche nell'ottica di garantire un coordinamento con le norme in materia di autorizzazione unica ambientale (lettera b);

 3) aggiornare l'Allegato I alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, riducendo i valori limite vigenti di emissione alla luce delle migliori tecnologie disponibili, con priorità per gli impianti di combustione e per la classificazione delle sostanze inquinanti (lettera c).

 4) riconoscere agli impianti di combustione medi esistenti un periodo di tempo sufficiente per adeguarsi sul piano tecnico alle nuove prescrizioni (lettera d);

    5) aggiornare il sistema delle sanzioni penali e amministrative previsto dalla parte V del  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in modo da assicurare l'effettività, la proporzionalità e la dissuasività delle misure sanzionatorie relative agli stabilimenti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale. È altresì previsto che si tenga conto delle sanzioni previste per violazioni di analoga natura commesse nell'esercizio degli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, nonché dello specifico impatto emissivo degli stabilimenti da disciplinare (lettera e).

Il comma 2 della delega specifica che dall'attuazione delle norme sopra citate non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

In questo quadro, lo schema di decreto in esame è stato predisposto ai sensi dell'articolo 31, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che prevede che i decreti adottati in attuazione di deleghe legislative possano essere seguiti, entro due anni, da disposizioni correttive ed integrative, nel rispetto dei criteri specifici di delega previsti dalla relativa legge di delegazione.

Le disposizioni correttive ed integrative proposte, come si legge nella Relazione illustrativa che accompagna lo schema in esame, sono volte a correggere alcune criticità segnalate da soggetti pubblici e privati nel primo anno di applicazione del decreto.

Nella relazione tecnico-normativa si evidenzia come lo schema si fondi su un'istruttoria svolta nell'ambito del coordinamento tra autorità statali, regionali e locali competenti in tema di emissioni in atmosfera, istituito dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 155 del 2010, nel cui ambito è stata assicurata la partecipazione dell'Istituto superiore di sanità.

Contenuto

L'articolo 1 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), modificato dal decreto legislativo n. 183/2017.

Le modifiche proposte si riferiscono alla Parte Quinta, recante norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame, alle lettere da a) a h), modifica il Titolo I della suddetta Parte che riguarda la prevenzione e la limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività.

La lettera a) modifica l'articolo 268, comma 1, recante le definizioni, aggiungendovi due lettere che recano le definizioni di "emissioni odorigene" (lettera f-bis) e di "solvente organico" (nuova lettera mm).  Come si legge nella Relazione che accompagna lo schema di decreto in esame, la prima modifica si è resa necessaria a seguito dell'introduzione della disciplina delle emissioni odorigene da parte del decreto legislativo n. 183/2017.

La seconda modifica, relativa ai solventi organici, allinea la vigente definizione di solvente organico a quella prevista dalla normativa europea, alla luce di quanto previsto dall'articolo 2 della direttiva 1999/13/CE.

La citata Direttiva definisce solvente organico qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti e che non subisca una trasformazione chimica al fine di dissolvere materie prime, prodotti o materiali di rifiuto, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità , correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante.
Sempre la richiamata Relazione aggiunge che la nuova definizione introduce delle specificazioni a seguito della modifica dell'articolo 275 del decreto legislativo n. 152/2006 ad opera del decreto legislativo n. 183/2017. Tale modifica riguardava le modalità di determinazione dei valori limite di emissione per le attività con utilizzo di solventi organici, senza però definirli.

La lettera b) modifica l'articolo 269 recante la disciplina delle autorizzazioni delle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti, allo scopo di semplificare e chiarire i procedimenti ivi previsti.

Nello specifico, al comma 4, lettera b) viene aggiunto un periodo volto a specificare che i valori limite di emissione identificati e riportati nell'autorizzazione rilasciata al gestore dello stabilimento devono riferirsi solo alle sostanze e ai parametri specificati nel ciclo produttivo dello stabilimento, unitamente al metodo di monitoraggio e non alle sostanze generiche.

Un'altra modifica riguarda il comma 8 che riguarda le autorizzazioni nel caso in cui il gestore intenda procedere alla modifica dello stabilimento. Si ricorda che tale comma distingue il caso di modifica sostanziale, soggetta ad una domanda di autorizzazione, e modifica non sostanziale, che prevede solo una preventiva comunicazione da parte del gestore alle autorità competenti. A tale riguardo la modifica proposta introduce una particolare ipotesi di modifica non sostanziale che riguarda la variazione del gestore dello stabilimento per la quale si rimanda alla specifica procedura prevista dal comma 11-bis anch'esso introdotto dallo schema in esame.

Sono aggiunti infatti il comma 11-bis e 11-ter finalizzati a regolare due particolari ipotesi di modifica non sostanziale dello stabilimento, ossia la variazione di gestore e il trasferimento di una parte dello stabilimento. Entrambi i casi non risultano ad oggi disciplinati, con conseguenti difformità di procedure da parte delle autorità competenti, come si legge nella Relazione illustrativa.

A tal fine, il comma 11-bis prevede quindi che in caso di variazione del gestore dello stabilimento il nuovo gestore ne dia comunicazione alle autorità competenti che provvedono all'aggiornamento dell'autorizzazione.

Il comma 11-ter prevede che nel caso di trasferimento di uno stabilimento il gestore cessionario richieda il rilascio dell'autorizzazione per la parte trasferita e che l'autorità proceda all'aggiornamento dell'autorizzazione della parte che rimane sotto la gestione del gestore cedente, sulla base di un'apposita comunicazione di modifica non sostanziale da parte di quest'ultimo. Il nuovo comma fa riferimento inoltre alla classificazione di stabilimento di cui all'art 268 comma 1, lett i) i-bis) i ter), che l'autorizzazione deve riportare.

La suddetta classificazione distingue gli stabilimenti in: anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi.  Per stabilimento anteriore al 1988 la lett i) intende uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. Per stabilimento anteriore al 2006 la lettera i-bis) intende uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 200. Infine, per stabilimento nuovo la lettera i-ter) intende uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis). Si ricorda che il richiamato Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, aveva stabilito l'obbligo di ottenere un'autorizzazione preventiva per le imprese che intendevano realizzare un impianto industriale o avviare un'attività produttiva dalle quali originasse inquinamento atmosferico. 
 Si richiamano di seguito, per maggiore dettaglio, le procedure autorizzative stabilite dal Codice dell'ambiente.

Le procedure autorizzative sono, come detto, disciplinate dall'articolo 269 (parte V) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il quale prevede un articolato regime autorizzatorio. Tale norma, recante Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti, come modificata da ultimo appunto dal citato D.Lgs. n. 183/2017 (di recepimento della direttiva (UE) 2015/2193), prevede che per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del Codice del'ambiente, che è rilasciata con riferimento allo stabilimento. La norma fa salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del medesimo articolo 269 e dall'articolo 272, commi 1 e 5 del Codice, inerenti rispettivamente: gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, per i quali  i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208  o nell'autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda del Codice; resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al Titolo III-bis della Parte Seconda, dato che per tali installazioni l'autorizzazione alle emissioni prevista dal Titolo I del Codice non è richiesta in quanto sostituita dall'autorizzazione integrata ambientale; gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti, i quali non sono sottoposti ad autorizzazione; gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del Codice, elenco che si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico, i quali non sono sottoposti ad autorizzazione.La norma reca la disciplina dell'iter autorizzatorio, prevedendo i presupposti e l'oggetto dell'autorizzazione  e gli strumenti procedurali.  L'autorizzazione può stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. L'autorizzazione stabilisce poi il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere trasmessi all'autorità competente i risultati delle misurazioni delle emissioni effettuate in un periodo rappresentativo delle condizioni di esercizio dell'impianto, decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare. L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato. L'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo in parola ha una durata di quindici anni e la domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere. L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni previste prima dei termini previsti se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni.

In base alla normativa vigente, il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all'autorità competente o, se la modifica è sostanziale, presenta una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione. L'iter procedurale si differenzia a seconda che la modifica sia sostanziale, ovvero non sostanziale. Se la modifica è sostanziale l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. Se la modifica - invece - non è sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere successivamente, comportando il rinnovo dell'autorizzazione, a differenza dell'aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli stabilimenti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione. Il gestore fornisce a tale autorità la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento e analisi e raccolta di dati e informazioni, funzionali all'accertamento del rispetto delle disposizioni della parte quinta del presente decreto. Il gestore assicura in tutti i casi l'accesso in condizioni di sicurezza, anche sulla base delle norme tecniche di settore, ai punti di prelievo e di campionamento.

Si ricorda altresì che le norme in materia di autorizzazione unica ambientale sono contenute nell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, come successivamente modificato (disposizioni poi attuate con il DPR 13 marzo 2013, n. 59, recante il regolamento che disciplina l'autorizzazione unica ambientale (AUA) e la semplificazione degli adempimenti amministrativi) che prevede procedure semplificate per le piccole e medie imprese.

Con la lettera b) dello schema in esame viene poi aggiunto il nuovo comma 11-quater che specifica che le spese che riguardano l'istruttoria relativa al regime delle autorizzazioni (rilievi, sopralluoghi, accertamenti, verifiche) sono a carico del richiedente, sulla base di tariffari adottati dalle autorità competenti.

La lettera c) introduce modifiche formali all'articolo 270, relativo all'individuazione degli impianti e al convogliamento delle emissioni. Nello specifico, al comma 8 vengono eliminati i richiami ai commi da 1 a 4 dell'articolo 281, recante disposizioni transitorie e finali, al quale l'articolo 270 rimanda, poiché i primi due commi sono stati abrogati dal decreto legislativo n. 183/2017 e per quanto riguarda gli ultimi due sono decorsi i relativi termini, rendendo quindi opportuno un richiamo generico a tale articolo.

Inoltre al comma 8-bis si sostituisce il riferimento alle "ulteriori disposizioni" con quello a "specifiche disposizioni", al fine di assicurare un più preciso coordinamento tra le norme di aggregazione degli impianti previste dall'articolo 270 e altre disposizioni contenute nella Parte Quinta, come le norme speciali di aggregazione per gli impianti di combustione.

 La lettera d) reca modifiche all'articolo 271, relativo ai valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività, introducendo semplificazioni e chiarimenti sulle modalità di definizione, controllo e monitoraggio dei suddetti valori limite di emissione negli stabilimenti.

Nello specifico, dopo il comma 7 che disciplina l'istruttoria autorizzativa, inserisce il comma 7-bis che introduce una norma di principio in base alla quale le emissioni delle sostanze più pericolose per la salute debbono essere limitate il più possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio e tali sostanze, assieme a quelle classificate come preoccupanti dal regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH), debbono essere sostituite non appena possibile dai cicli produttivi che generano le emissioni.

Il suddetto regolamento, che reca disposizioni in materia di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, all'allegato XIV elenca le sostanze considerate estremamente preoccupanti. Si tratta delle sostanze che rispondono alla classificazione nella classe di pericolo di cancerogenicità, mutagenicità sulle cellule germinali, tossicità per la riproduzione, quelle che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche, quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino e quelle con probabilità scientificamente comprovata di arrecare gravi effetti sulla salute umana.
Il regolamento prevede quindi che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide. A tale fine, tutti i fabbricanti, importatori e utilizzatori a valle che richiedono autorizzazioni analizzano la disponibilità di alternative e ne considerano i rischi ed esaminano la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione (art. 55).
Per quanto riguarda le sostanze pericolose, esse sono definite sulla base della normativa vigente in materia di classificazione, ossia il Regolamento (CE)1272/2008) in qualche modo complementare al Regolamento REACH.
I codici richiamati nel proposto comma 7- bis, ossia H340, H350, H360, si riferiscono rispettivamente a sostanze che possono provocare mutazioni genetiche, sostanze cancerogene e tossiche per la riproduzione.

Sempre il comma 7-bis prevede che le autorità competenti verifichino il rispetto della suddetta norma di principio in sede di istruttoria autorizzativa. Come si legge nella menzionata Relazione che accompagna lo schema in esame, non viene inserito un termine predefinito per la sostituzione delle sostanze pericolose dai cicli produttivi poiché si intende lasciare alle autorità competenti la facoltà di declinare caso per caso la tempistica di tale adempimento alla luce di un esame delle specifiche situazioni dei singoli impianti e delle relative possibilità sul piano tecnico e dell'esercizio.

Ai commi 14 e 18, la lettera d) provvede a correggere due refusi, mentre al comma 17, che riguarda le attività di controllo e di monitoraggio, inserisce un periodo in base al quale tali attività si dovranno riferire solo alle sostanze e ai parametri per i quali l'autorizzazione prevede dei limiti di emissione o prescrizioni. Come specificato nella Relazione, tale modifica si ricollega al principio sancito nella già illustrata modifica dell'articolo 269, comma 4, per cui l'autorizzazione deve riferire i valori limiti di emissioni solo alle sostanze specifiche pertinenti con il ciclo produttivo dello stabilimento.

Al comma 20, che disciplina i casi in cui si verifica un superamento dei valori limite di emissione prescritti sulla base delle difformità accertate dalle autorità competenti, viene sostituito l'ultimo periodo con una formulazione che si riferisce alle difformità accertate nei casi di monitoraggio di competenza del gestore relative ai singoli valori che concorrono alla valutazione del rispetto dei valori limite previsti su base media o percentuale. Ancora una volta la Relazione precisa che data l'eterogeneità di situazioni è stata riservata all'autorizzazione la scelta e la definizione dei casi in cui vi sia un obbligo di comunicazione all'autorità.

La lettera e) modifica l'articolo 272, relativo agli impianti e alle attività in deroga.

Nello specifico, al comma 1 viene corretto un refuso, mentre al comma 4 la norma in esame intende limitare i casi in cui si vieta il ricorso alle autorizzazioni di carattere generale. Il comma vigente infatti, facendo riferimento ai commi 2 e 3, che disciplinano il rilascio di autorizzazioni di carattere generale per alcune tipologie di impianti ed attività, dispone un divieto per gli impianti ed attività che utilizzano sostanze pericolose. La modifica introdotta al suddetto comma 4 limita tale divieto nel caso in cui tali sostanze siano utilizzate nei cicli produttivi in cui si generano le emissioni, piuttosto che essere semplicemente utilizzate nello stabilimento.

La lettera f) introduce modifiche all'articolo 273-bis del Codice dell'ambiente, in materia di medi impianti di combustione.

Tale norma oggetto di novelle prevede al vigente comma 6 che, ai fini dell'adeguamento alle disposizioni del suddetto articolo 6 del codice, il gestore di stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, presenta una domanda autorizzativa almeno due anni prima delle date previste al comma 5 della medesima norma. L'adeguamento può essere altresì previsto nelle ordinarie domande di rinnovo periodico dell'autorizzazione presentate prima di tale termine di due anni. L'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata ai medi impianti di combustione esistenti o la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. In caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5 il gestore comunica tale condizione all'autorità competente quantomeno due anni prima delle date previste dal comma 5.

Rispetto alla vigente disciplina, si specifica che la possibilità che l'adeguamento che può essere previsto nelle ordinarie domande di rinnovo periodico dell'autorizzazione sia anche su richiesta delle autorità competenti.

Inoltre, al comma 10 della norma del Codice dell'ambiente novellata, viene aggiunta una nuova lettera q)-bis): in base a questa viene aggiunta all'elenco attualmente previsto di fattispecie che non costituiscono medi impianti di combustione anche la fattispecie degli impianti di combustione aventi potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW, per effetto delle norme dì aggregazione previste dall'articolo 270 o 272, comma 1, salvo il caso in cui sia previsto l'effettivo convogliamento in punti di emissione comuni (punto 2) della lett.f) dello schema in esame).

Si ricorda che in base al comma 10 dell'articolo 273- bis del Codice dell'ambiente non costituiscono attualmente medi impianti di combustione:a) impianti in cui i gas della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali;b) impianti di postcombustione, ossia qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;c) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;d) turbine a gas e motori a gas e diesel usati su piattaforme off-shore;e) impianti di combustione utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni di uno stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro;f) dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico;g) dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;h) reattori utilizzati nell'industria chimica;i) batterie di forni per il coke;l) cowpers degli altiforni;m) impianti di cremazione;n) medi impianti di combustione alimentati da combustibili di raffineria, anche unitamente ad altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas;o) caldaie di recupero nelle installazioni di produzione della pasta di legno;p) impianti di combustione disciplinati dalle norme europee in materia di motori o combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali;q) impianti di incenerimento o coincenerimento previsti al titolo III-bis alla Parte Quarta del Codice.

Con il punto 3) della lettera f), è inoltre inserito un nuovo comma 10-bis all'articolo 273-bis, in base al quale agli impianti previsti dal comma 10, nuova lettera q-bis) - introdotto dallo schema in esame - si applicano:

- i valori limite di emissione previsti per impianti aventi potenza termica nominale inferiore a 1 mW;

- e le norme sui controlli previste dall'articolo 272, comma 1-bis) del Codice, relativo agli impianti ed attività in deroga non sottoposti ad autorizzazione.

In base all'articolo 272, comma 1-bis) richiamato, per gli impianti ed attività in deroga, non sottoposti ad autorizzazione, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili, la legislazione regionale di cui all'articolo 271, comma 3, individua i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni da utilizzare nei controlli e possono imporre obblighi di monitoraggio di competenza del gestore. Per gli impianti di combustione in tale categoria, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili , l'autorità competente per il controllo può decidere di non effettuare o di limitare i controlli sulle emissioni se il gestore dispone di una dichiarazione di conformità dell'impianto rilasciata dal costruttore che attesta la conformità delle emissioni ai valori limite e se, sulla base di un controllo documentale, risultano regolarmente applicate le apposite istruzioni tecniche per l'esercizio e per la manutenzione previste dalla dichiarazione. La decisione dell'autorità competente per il controllo è ammessa solo se la dichiarazione riporta le istruzioni tecniche per l'esercizio e la manutenzione dell'impianto e le altre informazioni necessarie a rispettare i valori limite, quali le configurazioni impiantistiche e le modalità di gestione idonee, il regime di esercizio ottimale, le caratteristiche del combustibile ed i sistemi di regolazione.
In base a quanto riportato nell'allegato testo a fronte recato nella tabella di concordanza allo schema in esame, la modifica al comma 10 e l'introduzione del comma 10-bis operate con lo schema in esame sarebbero finalizzate a restituire migliore aderenza a quanto disposto dalla direttiva sui medi impianti di combustione.
Si ricorda, al riguardo, che l'articolo 4 della direttiva 2015/2193 prevede, in materia di aggregazione, che l'insieme formato da due o più nuovi impianti di combustione medi è considerato un unico impianto di combustione medio ai fini della direttiva e la loro potenza termica nominale è sommata ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale dell'impianto se:
-gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi sono emessi attraverso un camino comune
-o tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi potrebbero, a giudizio dell'autorità competente, essere emessi attraverso un camino comune.
La relazione AIR allegata allo schema sostiene che le modifiche introdotte in materia di norme di aggregazione all'articolo 273-bis del codice dell'ambiente 'non possono essere qualificate come eliminazione di Gold plating in quanto, in conformità a quanto previsto dalla direttiva 2015/2193, si propongono di chiarire un effetto già insito nel decreto legislativo 183/2017, ossia che nel caso di presenza di più impianti di combustione di potenza termica inferiore al mega watt, la loro aggregazione non costituisce medio impianto di combustione'.
Si segnala che la citata normativa europea appare fare riferimento ad una valutazione da parte dell'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, circa la possibilità che gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi, a giudizio della suddetta autorità competente, possano essere emessi attraverso un camino comune, ai fini della valenza delle norme sulla aggregazione. Tale valutazione in concreto non sembra essere prevista nella formulazione proposta dalle disposizioni dello schema in esame, laddove queste introducono la fattispecie degli impianti di cui ai punti 2) e 3) della lettera f) dell'articolo 1 dello schema.
Si valuti di acquisire chiarimenti in relazione alle disposizioni recate dai punti 2)  e 3) della lettera f) dello schema in esame, anche ai fini della verifica di compatibilità con il quadro europeo.

La lettera f) provvede infine a correggere taluni refusi.

La lettera g) reca modifiche all'articolo 279, commi 1, 3 e 4. Secondo la Relazione illustrativa che accompagna lo schema, le modifiche mirano ad aggiornare il sistema delle sanzioni relative agli stabilimenti, in modo da assicurare effettività, proporzionalità e a dissuadere da violazioni delle norme di legge, in linea con i già richiamati criteri di delega dettati dall'articolo 17, comma 1, lettera e) della legge n. 170/2016.

 Rispetto al vigente comma 1 dell'articolo 279, laddove si prevedono sanzioni penali o pecuniarie per chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza di autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata, per mezzo di espliciti richiami agli articoli 269 e 272 del medesimo Codice dell'ambiente vengono individuati gli atti autorizzativi imprescindibili cui si riferiscono i reati da punire. Le autorizzazioni in questione riguardano le emissioni in atmosfera da parte degli stabilimenti nonché gli impianti e le attività, presenti negli stabilimenti stessi, le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Inoltre, nel quadro delle sanzioni per chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista, si afferma che il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo; di conseguenza, il trasferimento comporterà la necessità di nuove autorizzazioni.

Le sanzioni previste dal comma 1 dell'articolo 279 restano invariate. Si ricorda che esse puniscono con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro coloro i quali iniziano a installare o eserciscono uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continuano l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata, nonché chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza autorizzazione. In caso di modifica non sostanziale eseguita senza darne comunicazione, scatta una sanzione amministrativa pecuniaria che può andare da 300 euro a 1.000 euro. 

In secondo luogo, si interviene sul comma 3 dell'articolo 279. Sono modificate innanzi tutto le sanzioni a carico di chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato le comunicazioni prescritte ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, del Codice dell'ambiente. Per effetto di queste nuove disposizioni i responsabili di tali reati non saranno più passibili di arresto fino ad un anno, ma le sanzioni pecuniarie saliranno dall'attuale massimo di 1.032 euro ad una fascia tra i 2.000 e 20.000 euro. Altre modifiche sanzionatorie interessano le violazioni dell'articolo 273-bis (concernente i medi impianti di combustione), comma 6 e comma 7, lettere c) e d); le attuali sanzioni amministrative pecuniarie da 500 euro a 2.500 euro, alla cui irrogazione provvedono le Regioni o le Province autonome o diversa autorità individuata dalla normativa regionale, riguarderanno non soltanto chi non effettua una delle comunicazioni previste dal citato l'articolo 273-bis, comma 6 e comma 7, lettere c) e d), ma anche chi non presenta entro i tempi prescritti la domanda autorizzativa ai fini dell'adeguamento di stabilimenti già dotati di un'autorizzazione in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti. 

In terzo luogo, modificando il comma 4 dell'articolo 279 del Codice, sono modificate le sanzioni previste per le mancate comunicazioni all'autorità competente dei dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, ovvero dei risultati delle misurazioni delle emissioni effettuate in un periodo rappresentativo delle condizioni di esercizio dell'impianto, decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonché il numero dei campionamenti da realizzare. Le mancate comunicazioni non saranno più sanzionabili con l'arresto fino a sei mesi, mentre resteranno sanzioni pecuniarie.

Si ricorda che a legislazione vigente le sanzioni pecuniarie sono alternative rispetto alla sanzione penale. Tali sanzioni, che attualmente arrivano ad un massimo di 1.032 euro, vengono previste da 1000 a 10.000 euro.
In materia di riordino delle sanzioni, si ricorda che la delega di cui al citato art. 17 della legge di delegazione europea sopra richiamata (si veda la Premessa) prevedeva lo specifico criterio di aggiornare il sistema delle sanzioni penali e amministrative previsto dalla parte V del  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in modo da assicurare l'effettività, la proporzionalità e la dissuasività delle misure sanzionatorie relative agli stabilimenti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale. Viene ivi altresì previsto che si tenga conto delle sanzioni previste per violazioni di analoga natura commesse nell'esercizio degli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, nonché dello specifico impatto emissivo degli stabilimenti da disciplinare (lettera e) della delega).

A tale riguardo, si ricorda che il titolo III-bis della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 è dedicato alla autorizzazione integrata ambientale ed il sistema di sanzioni che vi è delineato consiste in:

  • sanzioni amministrative interdittive (articolo 29-decies, comma 1), comminate in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione. In questo caso l'Autorità competente può procedere a diffida. In caso di situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente, la diffida può essere accompagnata da contestuale sospensione dell'attività o può essere disposta la chiusura dell'installazione;
  • sanzioni amministrative pecuniarie (articolo 29-quatordecies) in caso di esercizio di attività in assenza di AIA (comma 1), mancata osservanza delle sue prescrizioni (commi 2-4), modifica dell'installazione senza autorizzazione (commi 5-6), mancate comunicazioni alle autorità competenti (commi 7, 8, 10);
  • sanzioni penali: l'articolo 29-quatordecies prevede, tra l'altro, la pena dell'arresto: per chi eserciti l'attività essendo privo dell'AIA o continui l'esercizio dopo l'ordine di chiusura dell'installazione (comma 1); in caso di grave inosservanza delle prescrizioni relative all'autorizzazione (comma 4),
  • qualora vengano forniti dati falsificati o alterati nell'effettuare le comunicazioni dei dati relativi alle misurazioni delle emissioni (comma 9).

Si ricorda inoltre che l'articolo 32, comma 1, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, detta norme specifiche per l'introduzione di sanzioni penali o amministrative nella legislazione nazionale di attuazione delle norme UE. Tale norma stabilisce che le sanzioni penali siano previste, in via alternativa o congiunta, "solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti". In caso contrario si ricorre a sanzioni amministrative. Sanzioni accessorie, penali o amministrative, sono ipotizzabili "ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi".

Si rammenta, infine, in materia di reati contro l'ambiente l'introduzione nell'ordinamento della legge 22 maggio 2015, n. 68, recante disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente.

La relazione illustrativa allo schema, nel richiamare i principi di effettività, proporzionalità e dissuasività delle misure sanzionatorie, afferma che i commi 3 e 4 sono volti ad introdurre una sanzione amministrativa pecuniaria, in luogo della vigente sanzione penale, in relazione a due fattispecie di illecito di tipo formale, relative alla ommissione di comunicazione di dati ed informazioni, meno rilevanti rispetto all'illecito già depenalizzato dal decreto legislativo n. 183 del 2017 in base all'articolo 279, comma 2-bis del Codice.

La lettera h) aggiunge un nuovo comma, 10-bis, all'articolo 281 del D.Lgs. n. 152/2006. Si tratta di una disposizione transitoria, così come le altre contenute nel suddetto articolo 281 del citato decreto legislativo.

Il comma 10-bis si applica a stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Fino al 19 dicembre 2017, ai sensi dell'articolo 272, comma 1 del Codice ambientale, tali impianti e attività non erano sottoposti ad autorizzazione, ma in seguito il decreto legislativo n. 183/2017 - in attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il  riordino del  quadro  normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell'atmosfera - aveva posto fine alla deroga che li riguardava, in quanto aveva introdotto l'obbligo autorizzativo per tutti gli impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 1 MW. Ora, la lettera h) applica agli impianti prima esclusi e poi assoggettati ad obbligo autorizzativo la normativa sulle tempistiche di adeguamento e sulle procedure di rilascio, rinnovo o riesame dell'autorizzazione previsti per i medi impianti di combustione, vale a dire gli impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW.

In proposito, si ricorda che le tempistiche di adeguamento e le procedure per i medi impianti di combustione sono indicate dall'articolo 273-bis del D.Lgs. n. 152/2006.

 
   La lettera i) novella l'articolo 283, comma 1, lettere i) e m), del D.Lgs. N. 152/2006. L'articolo novellato reca definizioni che riguardano gli impianti termici, le parti che li compongono, le eventuali modifiche cui essi possono essere sottoposti, i valori-soglia, nonché taluni soggetti chiamati ad occuparsene.
   Segnatamente, il comma 1, lettera i) dell'articolo novellato definisce l'autorità competente che è responsabile di controlli, accertamenti e ispezioni previsti dalle vigenti norme di riferimento -alle quali, correggendo un refuso, se ne aggiunge un'altra, vale a dire il decreto attuativo concernente l'aggiornamento delle modalità di progettazione, installazione, esercizio, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici- nonché requisiti professionali e criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza di esperti e di organismi a cui affidare l'attestazione della prestazione energetica degli edifici, ispezioni degli impianti e realizzazione di un sistema informativo coordinato.

La lettera l) interviene sull'articolo 284 del Codice ambientale.

   Con una prima modifica, si stabilisce che in caso di modifica di impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia che sono ormai fuori produzione, l'installatore dichiarerà che il libretto di centrale è stato integrato da un atto secondo cui l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche previste dalle norme di legge ed è idoneo a rispettare i valori limite da esse fissate.
La seconda dispone che i medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 siano preventivamente iscritti nell'apposito registro autorizzativo e che a tal fine i relativi dati siano trasmessi all'autorità titolare del registro, entro un termine non inferiore a sessanta giorni prima dell'installazione o della modifica dell'impianto. Tuttavia, il suddetto termine di sessanta giorni può essere ridotto qualora sussista un'urgenza imprevedibile e che il responsabile dell'esercizio e della manutenzione è tenuto a dichiarare l'urgenza in un atto allegato. Prevedendo si corregge un refuso sostituendo il riferimento alla Parte V con quello alla Parte IV del Codice dell'ambiente.

La lettera m) sostituisce il comma 1 dell'articolo 294 del D.Lgs. n. 152/2006, in materia di prescrizione per il rendimento di combustione.

Il nuovo comma 1 dell'articolo 294, rispetto alla norma vigente, prevede che gli impianti in questione devono essere dotati di un sistema di controllo della combustione - il quale consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile - soltanto ove ciò sia tecnicamente possibile.

La condizione secondo cui l'utilizzo di un certo tipo di sistema di controllo della combustione deve essere imposto ove tecnicamente possibile si giustificherebbe - secondo la relazione illustrativa allegata allo schema - in quanto solo le istruttorie autorizzative possono stabilire caso per caso, alla luce di un esame degli aspetti impiantistici e tecnologici, la possibilità tecnica di tale adempimento. Si tratta di un aspetto, quello del controllo della combustione - afferma sempre la Relazione illustrativa - che non è preso in esame dalla direttiva comunitaria e che rientra nel complesso delle prescrizioni operative previste da molti anni dalla normativa nazionale per tutti gli impianti di combustione.

Al riguardo, si ricorda che la Direttiva, nel disciplinare all'articolo 8 la materia dei controlli di conformità, prevede che gli Stati membri provvedono affinché i valori per le emissioni monitorate non superino i valori limite di emissione stabiliti, organizzando un 'sistema efficace', basato su ispezioni ambientali o altre misure, per accertare la conformità ai requisiti.

Si valuti di acquisire un chiarimento circa la formulazione proposta alla lettera m), volta a prevedere una limitazione dell'obbligo di dotare gli impianti di un sistema di controllo della combustione, anche in considerazione del quadro europeo.

Inoltre, la nuova versione del comma 1 dell'articolo 294, prevede che non si applichino più le norme di aggregazione dell'articolo 272, comma 1, del Codice, in base alle quali, attualmente, al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria.

La relazione illustrativa afferma che la modifica al comma 1 dell'articolo 294 risulterebbe finalizzata a precisare che l'obbligo di dotare gli impianti produttivi di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica della rapporto aria combustibile è derogato per gli impianti esclusi dall'autorizzazione e che, nell'individuazione degli impianti oggetto di tale deroga, non si applicano le norme di aggregazione dell'articolo 272, vale a dire norme che imporrebbero di considerare come unità più impianti della stessa tipologia presenti nello stesso stabilimento. La stessa relazione evidenzia che in assenza di tale modifica anche gli impianti non soggetti ad autorizzazione, ai sensi dell'articolo 272, comma 1, le cui emissioni sono considerate scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico, sarebbero sottoposti all'obbligo di dotarsi di un sistema di controllo della combustione.
Le norme di aggregazione, di cui all'articolo 272, comma 1, richiamato nella nuova formulazione prevista dallo schema di provvedimento in esame, prevedono, in materia di impianti in deroga, che non sono sottoposti ad autorizzazione  gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normativa in materia. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta  si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. L'articolo 272 specifica che gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X alla parte quinta del Codice, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali combustibili nella parte III II, dell'Allegato I alla parte quinta del  Codice. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione considera solo gli impianti esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento, dovendo il gestore di uno stabilimento comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione. L'autorità competente può altresì prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Infine, il comma 1 prevede che gli elenchi contenuti nell'allegato IV alla parte quinta possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità previste, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive

Si ricorda che l'articolo 294 vigente stabilisce, al comma  1, che, al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del Codice (Titolo relativo alla prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività, e che disciplina gli impianti ad uso produttivo ed il relativo regime autorizzatorio, già sopra richiamato) - eccettuati quelli previsti dall'allegato IV, parte I, alla stessa parte quinta del Codice, relativamente agli impianti ed attività in deroga - devono essere dotati di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Sono esclusi gli impianti elencati nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW.

Si prevede, al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, che gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del Codice, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, o di potenza termica nominale complessiva superiore a 1,5 MW e dotati di singoli focolari di potenza termica nominale non inferiore a 0,75 MW, devono essere dotati di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.

Si valuti di chiarire la disposizione di cui alla lettera m), con particolare riferimento alla prevista disapplicazione dell'articolo 272, comma 1 del Codice ivi introdotta, atteso che tale disposizione reca un complesso di disposizioni, tra cui  la materia delle soglie di produzione e consumo oltreché di potenze termiche nonché relativamente agli impianti che utilizzano combustibili, di cui appare opportuno valutare la portata in termini derogatori.

Viene poi aggiunto un nuovo comma 3-bis all'articolo 294: esso riguarda il sistema di controllo della combustione. Il comma prescrive che il sistema di controllo garantisca il mantenimento dei valori di rendimento anche in presenza di variazioni chimico-fisiche dell'aria o del combustibile, per mezzo di una regolazione automatica che preveda misurazioni continue. I dispositivi di misura saranno compatibili con le norme europee e saranno tarati conformemente alle modalità e alle periodicità indicate nelle istruzioni tecniche rilasciate dal produttore.

Il comma 2 dell'articolo 1 modifica in taluni punti gli Allegati IV, VI e IX alla Parte Quinta del Codice dell'ambiente.

L'Allegato IV (Impianti e attività in deroga), nella sua prima parte, elenca una serie di impianti e di attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico e perciò possono essere presenti e avere luogo negli stabilimenti senza bisogno di autorizzazione. In base alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame, all'elenco si aggiungeranno le turbine a gas e i motori a gas usati su piattaforme off-shore, inclusi gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW se alimentati a metano o a GPL, inferiore o uguale a 3 MW se alimentati a biogas (nuova lettera kk-sexies)).

Nella sua parte seconda, invece, l'Allegato IV elenca impianti e attività che possono essere oggetto di autorizzazioni di carattere generale da parte dell'autorità competente riferite a stabilimenti oppure a categorie di impianti e attività, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. La lettera b) del comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame apporta una modifica all'elenco contenuto nella seconda parte dell'Allegato IV. Mentre quest'ultimo elenco comprendeva gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10-50 MW, a seguito della modifica rientreranno nell'elenco gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10 MW, anziché inferiore a 10-50 MW come stabilisce la norma vigente.

L'Allegato VI alla Parte Quinta del decreto legislativo n. 152/2006 reca Criteri per i controlli e per il monitoraggio delle emissioni. Il paragrafo 2.3 del suddetto Allegato VI concerne la concentrazione di emissioni, le relative misurazioni discontinue, i campionamenti e le autorizzazioni dei prelievi in funzione di questi ultimi. La lettera c) del comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame indica nel dettaglio i nuovi criteri da adottare nei campionamenti e i parametri di valutazione in base ai quali le emissioni convogliate saranno ritenute conformi ai valori limite.

La nuova disposizione recata all'allegato VI del Codice, dal paragrafo 2.3 prevede che, salvo quanto diversamente previsto dal Codice, in caso di misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano conforme ai valori limite se, nel corso di una misurazione, la concentrazione calcolata come media dei valori analitici di almeno tre campioni consecutivi ciascuno della durata di almeno un'ora, effettuati secondo le prescrizioni dei metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione e che siano rappresentativi del funzionamento dell'impianto, non supera il valore limite di emissione. Nel caso in cui i metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione prevedano, per specifiche sostanze, un periodo minimo di campionamento superiore alle tre ore, l'autorizzazione può stabilire di utilizzare un unico campione ai fini della valutazione di conformità delle missioni ai valori limite (mentre la norma vigente fa riferimento alla possibilità in via generale, in relazione a tale fattispecie, senza recare specifico riferimento al provvedimento di autorizzazione). L'ultimo periodo della previsione ricalcando la norma vigente prevede che l'autorizzazione può stabilire che per ciascun prelievo, se effettuato un numero di campioni ossia individuata una sequenza temporale differente rispetto a quanto previsto dal punto 2.3 in parola nei casi in cui, per necessità di natura analitica e per la durata e le caratteristiche del ciclo da cui deriva l'emissione, non sia possibile garantirne l'applicazione. La relazione recata nella tabella di concordanza afferma che la modifica è volta a meglio specificare i criteri per la determinazione della conformità ai valori limite stabiliti nell'autorizzazione.

L'Allegato IX (Impianti termici civili) alla Parte Quinta del decreto legislativo n. 152/2006 è formato da moduli, tabelle nonché da indicazioni di requisiti termici e costruttivi e di valori di emissione. Le modifiche apportate dall'articolo 1, comma 2, lettera d) e lettera e) dello schema in esame, in materia di valori limite per impianti che utlizzano biomasse, estendono agli impianti fino a 3 MW gli attuali valori limite già previsti per gli impianti termici civili di potenza compresa fra 1 e 3 MW e correggono taluni refusi presenti nelle tabelle.

 

L'articolo 2 stabilisce che l'Allegato I, Parte III, alla Parte Quinta del D.Lgs. 152/2006, in materia di emissione per specifiche tipologie di impianti, è modificato sulla base dell'Allegato I dello schema in esame.

Si tratta di interventi su parti di tabelle relative a varie tipologie di medi impianti di combustione, ivi compresi impianti di combustione costituti da motori fissi e da turbine a gas.

La Relazione illustrativa di accompagnamento rileva che le suddette modifiche sono introdotte con norma primaria in quanto ciò è espressamente previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera a) e lettera c) della legge-delega (legge n. 170 del 12 agosto 2016, legge di delegazione europea 2015) mentre successivi aggiornamenti saranno attuati mediante procedimento amministrativo.

L'articolo 3 reca le norme transitorie e finali.

Si prevede, al comma 1, che in caso di impianti in esercizio al 19 dicembre 2017, l'adeguamento alle disposizioni dell'articolo 294 del Codice dell'ambiente, in materia di prescrizione per il rendimento di combustione, come modificato dal presente decreto (si veda la lettera m) dello schema in esame), sia effettuato:

- sulla base del primo rinnovo dell'autorizzazione dello stabilimento

- o, in caso di impianti disciplinati dal titolo II della Parte Quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo gli impianti termici civili, entro il 1° gennaio 2025.

 

La relazione illustrativa afferma che, in base al comma 1 dell'articolo 3, le nuove norme in materia di prescrizione per il rendimento di combustione introdotte dal decreto legislativo n. 183/2017 - per le quali non era previsto un periodo transitorio - applicheranno gli impianti produttivi esistenti sulla base del primo rinnovo dell'autorizzazione, applicandosi poi agli impianti civili esistenti, non soggetti ad autorizzazione, entro il 1 gennaio 2025, in base a quanto previsto dalla norma in esame. In particolare,  per quanto riguarda gli impianti soggetto al titolo II del Codice dell'ambiente non soggetti al filtro autorizzativo, la norma correttiva sarebbe finalizzata ad 'evitare impatti insostenibile su impianti esistenti' (che la relazione illustrativa definisce 'impossibilitati ad un adeguamento immediato'). In tutti casi - conclude la Relazione allegata - il controllo della combustione è un aspetto che non è preso in esame dalla direttiva e che rientra nel complesso delle prescrizioni operative previste da molti anni dalla normativa nazionale per tutti gli impianti di combustione.
Si ricorda che in base all'art. 5 della citata Direttiva gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché nessun nuovo impianto di combustione medio sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato nonché affinché a decorrere dal 1° gennaio 2024 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale superiore a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato, mentre gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché a decorrere dal 1° gennaio 2029 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale inferiore o pari a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato; l'articolo 6 della Direttiva in materia di valori limite di emissione detta le decorrenze (si veda al riguardo il par. 2) e stabilisce i presupposti con riferimento ai possibili esoneri.
In materia del controllo di conformità, l'articolo 8 d ella direttiva prevede poi che gli Stati membri provvedono affinché i valori per le emissioni monitorate (a norma dell'allegato III alla direttiva) non superino i valori limite di emissione fissati nell'allegato II, organizzando un sistema efficace, basato su ispezioni ambientali o altre misure, per accertare la conformità ai requisiti della presente direttiva. In caso di non conformità, oltre alle misure adottate dal gestore a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, gli Stati membri garantiscono infatti che l'autorità competente imponga al gestore di adottare ogni misura necessaria per assicurare il tempestivo ripristino della conformità. Se la non conformità comporta un significativo peggioramento della qualità dell'aria locale, si prevede financo che il funzionamento dell'impianto di combustione medio risulti sospeso fino a che la conformità non viene ripristinata.
Si valuti di acquisire chiarimenti in relazione alla disposizione di cui al comma 1, con particolare riguardo alla scansione temporale ivi prevista, anche al fine di verificarne la compatibilità in relazione al quadro europeo.

In ordine al comma 2 dell'articolo 3, in relazione alle disposizioni sostitutive di sanzioni penali con sanzioni amministrative nella Parte Quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 si prevede l'applicazione della procedura prevista dagli articoli 8, commi 1 e 2, e 9, del decreto legislativo n. 8 del 2016, che ha disciplinato la procedura applicata a fattispecie di depenalizzazioni.

La relazione tecnica che accompagna lo schema di decreto in esame fa riferimento, in ordine all'introduzione del principio dell'applicazione retroattiva delle più favorevoli sanzioni amministrative in luogo di quelle originarie penali, a ricadute positive sul carico dei procedimenti giurisdizionali.
Nel dettaglio, l'art. 8 del D. L.gs n. 8 del 2016 (recante Disposizioni in materia di depenalizzazione), disciplina la applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse. Il comma 1 prevede che le disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto in parola, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. In base al comma 2, se i procedimenti penali per i reati depenalizzati sono stati definiti, prima della entrata in vigore delle nuove disposizioni, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell'esecuzione provvede con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale, in base al quale il giudice dell'esecuzione provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato.
L'art. 9 del medesimo D. Lgs, anch'esso richiamato nella norma dello schema in esame, in materia di trasmissione degli atti all'autorità amministrativa prevede che nei casi previsti dall'articolo 8, comma 1, l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in parola, dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.  Se l'azione penale non è stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero che, in caso di procedimento già iscritto, annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato. Se il reato risulta estinto per qualsiasi causa, il pubblico ministero richiede l'archiviazione a norma del codice di procedura penale; la richiesta ed il decreto del giudice che la accoglie possono avere ad oggetto anche elenchi cumulativi di procedimenti. Si stabiliscono poi norme procedurali e per il pagamento in misura ridotta, pari alla metà della sanzione, oltre alle spese del procedimento, richiamando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
In base alla RT le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, trattandosi di sanzioni eventuali e, quindi, di entrate non certe.
 Si dispone inoltre  al comma 3 che negli allegati alla Parte Quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, il riferimento agli ‘‘ossidi di azoto" sia sostituito con il riferimento ad "ossidi di azoto (NOx)".

L'articolo 4 reca disposizioni finanziarie, prevedendo una clausola di invarianza finanziaria e stabilendo che le amministrazioni pubbliche provvedono agli adempimenti derivanti dal provvedimento in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

L'Allegato I dello schema in esame modifica l'Allegato I, Parte III, alla Parte Quinta del D.Lgs. 152/2006, con riguardo alla Parte III inerente ai valori di emissione per specifiche tipologie di impianti.

Rispetto ai valori attualmente previsti dal Codice dell'ambiente, si segnala che viene modificato il valore relativo agli ossidi di azoto (NOX), attualmente previsto a 300 mg/Nm , che viene indicato a 400 (lettera a) dell'allegato I allo schema in esame). Inoltre, la lettera d) dell'Allegato I interviene, al par. 1.3 e alla relativa tabella, in materia di composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori, prevedendo il primo valore a 30, anziché i 50 attualmente previsti, mg/Nm3; infine, con la lettera f), vengono modificati a 150 mg/Nm3 rispetto ai 180 attualmente previsti, i valori della Tabella relativa a turbine a gas costituenti medi impianti di combustione alimentati a combustibili liquidi.

Il provvedimento è munito di relazione tecnico-finanziaria, analisi tecnico-normativa (ATN) e relazione di analisi di impatto della regolamentazione (AIR) nonché di una tabella di concordanza in relazione alle novelle recate.