Modifiche al codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018) e altre norme in materia di gestione delle emergenze di rilievo nazionale 28 gennaio 2020 |
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Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
ContenutoLa proposta di legge in esame si propone di accelerare e di semplificare gli interventi necessari al superamento della fase emergenziale e quelli di ricostruzione attraverso, in particolare, la riscrittura degli articoli da 24 a 27 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018), d'ora in avanti indicato come "Codice". Si fa notare che numerose modifiche al Codice sono previste dall'atto del governo n. 137 (Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, recante "Codice della protezione civile"). Al fine di facilitare la comprensione delle modifiche operate dalla proposta di legge in esame al testo vigente del Codice e di consentire nel contempo un confronto con le disposizioni correttive recate dal citato schema n. 137, al presente dossier è allegato un testo a fronte.
Finalità (art. 1)L'articolo 1 individua le finalità della presente proposta di legge, che sono quelle di accelerare e di semplificare gli interventi necessari al superamento della fase emergenziale e quelli di ricostruzione, contenendo i tempi della gestione straordinaria. Per il perseguimento di tali finalità, la proposta di legge in esame reca disposizioni per la gestione unitaria e coordinata delle emergenze di rilievo nazionale.
L'articolo in esame richiama infatti le emergenze di cui all'art. 7, comma 1, lettera c), del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018).
L'art. 7 del Codice individua le tipologie degli eventi emergenziali di protezione civile. In particolare, la lettera c) del comma 1 fa riferimento alle "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo".
Riscrittura della disciplina della gestione delle emergenze - Modifiche principali (artt. 2-5)In particolare, gli articoli da 2 a 5 – che insieme all'articolo 1 compongono il capo I della proposta di legge in esame, intitolato "Gestione dell'emergenza e ricostruzione" – provvedono alla riscrittura degli articoli da 24 a 27 del Codice della protezione civile. Di seguito si illustrano le principali modifiche recate dalla riscrittura in esame, rinviando al testo a fronte allegato per un'analisi di dettaglio (si fa notare che le disposizioni attualmente contenute negli articoli 24 e 25 del Codice vengono riunite, con le modifiche del caso, nel nuovo testo dell'art. 24; il testo vigente dell'art. 25 viene pertanto abrogato). Tali principali modifiche sono così riassumibili:
La relazione illustrativa sottolinea che in tal modo viene eliminato "il vacuum temporale che attualmente intercorre già solo per procedere alla nomina dell'eventuale commissario straordinario".
Si osserva peraltro che il testo vigente dispone unicamente che "per coordinare l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, con i medesimi provvedimenti (di protezione civile) possono essere nominati commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale". Tale facoltà di nominare commissari delegati viene mantenuta, per il Capo del Dipartimento della protezione civile, dal nuovo testo dell'art. 24, comma 6, del Codice.
Il testo vigente stabilisce invece che l'ordinanza in questione è volta a favorire e regolare il proseguimento dell'esercizio delle funzioni commissariali in via ordinaria nel coordinamento degli interventi, conseguenti all'evento, pianificati e non ancora ultimati.
Occorre inoltre segnalare che non vengono riprodotte le parti del vigente comma 1 dell'art. 26 ove si stabilisce che le norme derogatorie dettate con l'ordinanza in questione devono comunque rispettare i principi generali dell'ordinamento giuridico e le norme dell'UE, nonché ove si consente all'ordinanza stessa di disporre in merito alla riduzione di termini analiticamente individuati e all'eventuale rimodulazione del piano degli interventi nei limiti delle risorse disponibili.
Si fa altresì notare che, nel testo vigente, il rientro nell'ordinario è disciplinato dal comma 6 dell'art. 24 (il cui testo non viene riprodotto nella nuova formulazione risultante dalla novella), secondo cui "alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti ... subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti...", con la precisazione che tali disposizioni trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i commissari delegati "siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati".
Viene altresì stabilito (dal nuovo testo del comma 2 dell'art. 26) che l'ordinanza in questione dispone la chiusura della contabilità speciale intestata al Capo del Dipartimento della protezione civile e delle contabilità speciali intestate ai commissari delegati, laddove istituiti, a meno che non si tratti di sindaci dei comuni colpiti dall'emergenza. Le risorse residue giacenti sulle suddette contabilità speciali sono riassegnate al bilancio dello Stato e successivamente trasferite a contabilità speciali intestate ai sindaci dei comuni colpiti dall'emergenza per gli interventi ancora da realizzare nei rispettivi territori.
Ciò a differenza di quanto previsto dal testo vigente (art. 26, comma 2) ove si consente di autorizzare il soggetto titolare della contabilità speciale a proseguire nella gestione della medesima contabilità in qualità di autorità ordinariamente competente fino alla scadenza dell'eventuale proroga (prevista dall'articolo 27, comma 5).
Si osserva peraltro che non è oggetto di novella il comma 5 dell'art. 27, che contempla la possibilità di prorogare la durata della contabilità speciale.
La relazione illustrativa sottolinea che "affidare la gestione ai sindaci, muniti ovviamente di poteri in deroga su specifiche materie, consente di metterla (l'emergenza) in capo ai soggetti che meglio di chiunque altro conoscono i territori e le loro peculiarità, permettendo di adottare iniziative specifiche differenziate che possano tenere nel debito conto tali particolarità, secondo una logica di concretezza e di speditezza che nessun altro potrebbe garantire in modo simile".
Riscrittura della disciplina della gestione delle emergenze - Ulteriori modifiche (artt. 2-5)Una modifica degna di nota è quella che elimina la parte del testo vigente del comma 1 dell'art. 24 del Codice ove si prevede che, al verificarsi della calamità, la proposta di deliberare lo stato di emergenza è preceduta da una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate. Relativamente alla richiesta di deliberare lo stato di emergenza, a differenza del testo vigente del medesimo comma 1, che prevede che la stessa possa essere avanzata sia dal Presidente della Regione che della Provincia autonoma interessata, il nuovo testo sopprime il riferimento alle province autonome e prevede quindi che la richiesta possa essere avanzata solo dal Presidente della Regione. Il coinvolgimento delle Province autonome viene allo stesso modo eliminato dal procedimento di emanazione delle ordinanze di protezione civile che, in virtù del nuovo testo dell'art. 24, comma 3, sono emanate acquisita la sola intesa delle Regioni territorialmente interessate e non anche delle province autonome. Nel nuovo testo dell'art. 24, come riscritto dalla proposta di legge in esame, non è più contemplata la disposizione contenuta nel vigente comma 7 che prevede l'emanazione di una direttiva volta a disciplinare le procedure istruttorie propedeutiche all'adozione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome e del Capo del Dipartimento della protezione civile. Viene altresì eliminata la disposizione contenuta nel testo vigente del comma 2 che prevede che, a seguito della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento calamitoso, effettuata congiuntamente dal Dipartimento della protezione civile e dalle Regioni e Province autonome interessate, sulla base di una relazione del Capo del Dipartimento della protezione civile, il Consiglio dei ministri individua, con propria deliberazione, le ulteriori risorse finanziarie necessarie per il completamento delle attività della "prima fase di emergenza" (vale a dire quelle elencate dalle lettere a)-d) del comma 2 del vigente art. 25, corrispondenti alle lettere a)-d) del comma 3 del nuovo testo dell'art. 24. Un'ulteriore modifica consiste nell'abrogazione della disposizione che esclude dal controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti (previsto dall'art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) le ordinanze di protezione civile.
Si ricorda che il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercita esclusivamente su una serie di atti non aventi forza di legge indicati espressamente dall'art. 3 citato. Si tratta di:
Ulteriori disposizioni che non vengono riprodotte nel testo novellato sono quelle di cui ai commi 8 e 9 dell'art. 24 che, rispettivamente, disciplinano la proposta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per le emergenze prodotte da inquinamento marino, e prevedono che le Regioni, nei limiti della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti per la gestione delle emergenze di carattere regionale (di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del Codice). Una disposizione analoga, sempre relativa alla gestione delle emergenze di carattere regionale e che non viene riprodotta nel testo novellato è quella recata dal testo vigente dell'art. 25, comma 11.
L'art. 7, comma 1, lettera b), fa riferimento alle "emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che per loro natura o estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni, e debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo, disciplinati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nell'esercizio della rispettiva potestà legislativa".
Relativamente ai contenuti delle ordinanze, attualmente contemplati dalle lettere a)-f) del comma 2 dell'art. 25, la proposta di legge in esame ne prevede la disciplina nelle corrispondenti lettere del comma 3 dell'art. 24 del nuovo testo. Una prima differenza risiede nel fatto che nel nuovo testo della lettera b) non viene più contemplata, tra le attività disciplinate dalle ordinanze, quella di "gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea". Viene altresì soppressa, con riferimento agli interventi per la riduzione del rischio residuo, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, la precisazione che gli stessi interventi devono essere effettuati in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti. Nel nuovo testo viene ribadito, in ogni lettera, che le ordinanze devono sempre disporre entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili. Relativamente alle modalità di emanazione delle ordinanze di protezione civile, nel nuovo testo del comma 4 dell'art. 26 non si fa più riferimento alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale e alle forme di pubblicità previste dall'art. 42 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Inoltre, non viene più contemplata la trasmissione delle stesse ordinanze alle Regioni o Province autonome interessate. Il nuovo testo introduce altresì una precisazione volta a chiarire che la trasmissione delle ordinanze al Ministero dell'economia e delle finanze avviene "affinché questi comunichi gli esiti della loro verifica al Presidente del Consiglio dei ministri". Si valuti l'opportunità di specificare le forme di pubblicità delle ordinanze di protezione civile.
Il nuovo testo del comma 5 dell'art. 24 introduce, poi, una disposizione, che non trova corrispondenza nel testo vigente, volta a consentire al Presidente del Consiglio dei ministri di emanare ulteriori ordinanze finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni alle persone o alle cose. Sono diverse le disposizioni del vigente art. 25 che non vengono riprodotte nel testo come novellato dalla proposta di legge in esame: - il primo periodo del comma 7, che dispone che per coordinare l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, con i medesimi provvedimenti possono essere nominati commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale, successivamente alla quale curano, fino alla chiusura della contabilità speciale, la prosecuzione delle attività in regime ordinario; - il comma 8, che disciplina i compensi per l'esercizio delle funzioni attribuite con le ordinanze di protezione civile; - il comma 9, in base al quale la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le ordinanze di protezione civile e i consequenziali provvedimenti commissariali nonché altri atti da emanarsi ai sensi dell'art. 25 è disciplinata dal codice del processo amministrativo; - il comma 10, che prevede l'emanazione di una direttiva volta a disciplinare un sistema di monitoraggio e di verifica dell'attuazione, anche sotto l'aspetto finanziario, delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile nonché dei provvedimenti adottati in attuazione delle medesime e delle ispezioni; - il comma 11 (di cui si è già detto in precedenza) che prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti con finalità analoghe a quanto previsto dall'art. 25 in relazione alle emergenze di carattere regionale. Nel nuovo testo del comma 3 dell'art. 26 viene introdotta una disposizione (che ricalca, in buona parte, quella prevista dall'art. 27, comma 4, che rimane sostanzialmente immutato ad eccezione della modifica di un termine temporale, v. infra) finalizzata a disciplinare, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la rendicontazione di tutte le entrate e di tutte le spese, riguardanti gli interventi delegati, da parte dei sindaci e dei commissari delegati titolari di contabilità speciali, entro il quarantacinquesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico. Tale rendicontazione deve avvenire indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema definito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Ulteriori disposizioni contenute nel comma 3 in esame (che si ritrovano sostanzialmente anche nel comma 4 dell'art. 27, così come accade per le altre disposizioni del comma 3 fin qui commentate) sono quelle che prescrivono che: - il rendiconto contiene anche una sezione dimostrativa della situazione analitica dei crediti, distinguendo quelli certi ed esigibili, e dei debiti derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate assunte a qualsiasi titolo dai commissari delegati, con l'indicazione della relativa scadenza; - nei rendiconti sono consolidati, anche i dati relativi agli interventi delegati dal commissario a uno o più soggetti attuatori; - in caso di omessa o tardiva presentazione del rendiconto, si applica l'articolo 337 del R.D. n. 827 del 1924, come peraltro già previsto dalla norma vigente, che prevede l'applicazione di una pena pecuniaria, con decreto emesso dal capo dell'amministrazione centrale; - al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione, sono vietati girofondi tra le contabilità speciali. Rispetto all'art. 27, comma 4, nella disciplina della rendicontazione prevista dal nuovo comma 3 dell'art. 26 sono inoltre introdotte disposizioni volte a prevedere che i rendiconti: - sono trasmessi, corredati della documentazione giustificativa nonché degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, per il tramite delle ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nonché, per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile, alle Camere per l'invio alle competenti Commissioni parlamentari e al Ministero dell'interno; - sono pubblicati nel sito internet istituzionale del Dipartimento della protezione civile; - sono inoltrati, dalle ragionerie territoriali, anche con modalità telematiche e senza la documentazione di corredo, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti. La riscrittura dell'art. 27, che disciplina le contabilità speciali, fa registrare modifiche molto limitate. Una prima modifica (che si rinviene al comma 2) risiede nella precisazione che le contabilità speciali oggetto di disciplina sono quelle intestate al Capo del Dipartimento della protezione civile e quelle eventualmente intestate ai commissari delegati. Una seconda modifica eleva da 40 a 45 giorni il termine (decorrente dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o dell'incarico) entro il quale i commissari delegati titolari di contabilità speciali devono presentare il rendiconto di tutte le entrate e di tutte le spese riguardanti gli interventi di cui coordinano l'attuazione. Una terza modifica risiede nella soppressione dei commi 9, 10 e 11 che non disciplinano le contabilità speciali.
Tali commi dettano, rispettivamente, disposizioni in materia di: divieto di devoluzione delle controversie a collegi arbitrali; nullità dei compromessi e delle clausole compromissorie inserite nei contratti; termine per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali emessi a seguito delle controversie relative all'esecuzione di interventi ed attività derivanti dal Codice.
Disposizioni per agevolare la ripresa economica e produttiva (artt. 6-9)Il capo II della presente proposta di legge (costituito dagli articoli 6-9) non riguarda la fase emergenziale e gli interventi di ricostruzione, ma reca disposizioni per agevolare la ripresa economica e produttiva nei territori colpiti. L'articolo 6, al fine di evitare fenomeni di spopolamento dei territori in cui si sono verificati eventi calamitosi di rilievo nazionale, riconosce in favore dei medesimi una moratoria decennale sulla riorganizzazione dei servizi essenziali prevista da norme di legge in funzione della densità abitativa degli enti locali interessati.
L'articolo 7 reca misure a sostegno dei lavoratori prevedendo innanzitutto, al comma 1, la concessione di un'indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, con la relativa contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo, dipendenti da imprese, o da soggetti diversi dalle imprese, operanti in uno dei comuni colpiti dal medesimo evento e per i quali non trovano applicazione le vigenti disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro: a) impossibilitati a prestare l'attività lavorativa, in tutto o in parte, a seguito dell'evento calamitoso; b) impossibilitati a recarsi al lavoro, anche perché impegnati nella cura dei familiari con loro conviventi, per infortunio o malattia conseguenti all'evento calamitoso. Il comma 2 disciplina il calcolo della suddetta indennità, specificando che questa è riconosciuta, con riferimento alla fattispecie di cui alla precedente lettera a), limitatamente al settore agricolo, per le ore di riduzione o sospensione dell'attività nei limiti ivi previsti e, per la fattispecie di cui alla precedente lettera b), per un numero massimo di trenta giornate di retribuzione. Il comma 3 riconosce invece un'indennità una tantum pari a 5.000 euro in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi, compresi i titolari di attività di impresa e professionali, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa dell'evento calamitoso e che operino esclusivamente o, nel caso degli agenti e rappresentanti, prevalentemente in uno dei comuni colpiti dal medesimo evento. La disposizione precisa che il riconoscimento di tale indennità avviene nel rispetto della normativa dell'UE in materia di aiuti di Stato di cui all'art. 50 del regolamento (UE) n. 651/2014. In base al comma 4, le succitate indennità (disciplinate dai commi 1 e 3) sono autorizzate dalle regioni interessate e sono riconosciute ed erogate dall'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale). I commi 5 e 7 esonerano i datori di lavoro che presentano domanda di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, nonché di assegno ordinario o di solidarietà (assegni inerenti ai fondi di solidarietà bilaterali, i quali concernono i settori che non rientrano nell'ambito di applicazione dei suddetti trattamenti ordinari e straordinari), in conseguenza dell'evento calamitoso:
L'art. 5 del D.Lgs. 148/2015 dispone che tale contribuzione addizionale sia pari: al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate relativamente ai periodi di CIGO o CIGS fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; al 12% della retribuzione globale oltre il limite di 52 e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile; al 15% della retribuzione globale oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.
In base al comma 6, i periodi di integrazione salariale ordinaria e straordinaria concessi in conseguenza dell'evento calamitoso non sono computati ai fini dell'applicazione dei limiti di durata previsti per i suddetti trattamenti (di cui agli artt. 4, 15 e 22 del D.Lgs. 148/2015).
Si ricorda che, in linea generale, l'art. 4 del richiamato D.Lgs. 148/2015 dispone che il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale, per ciascuna unità produttiva, non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile (elevati a 30 mesi per le imprese dell'edilizia e affini e per alcune imprese del settore lapideo). Sono previsti poi limiti specifici massimi di durata del trattamento ordinario e di quello straordinario, posti, rispettivamente, dall'art. 12 e dall'art. 22 del citato D.Lgs. 148/2015.
L'articolo 8 elenca, al comma 1, le agevolazioni che possono essere concesse, a seguito della deliberazione dello stato di emergenza, a favore delle imprese che presentano rilevanti difficoltà finanziarie ai fini della continuazione delle attività produttive e del mantenimento dei livelli occupazionali. L'articolo richiama il rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. Per taluni benefici elencati, quali i finanziamenti agevolati a tasso zero per il ripristino delle attività economiche già presenti nei territori colpiti e per sostenere la nascita nei medesimi territori di nuove realtà imprenditoriali, sono indicate le percentuali di copertura dell'investimento ammesse a beneficio:
Si valuti la compatibilità con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato delle previsioni contenute nell'articolo 8, comma 1, lettere a) e b) della proposta di legge in esame, le quali richiamano genericamente la coerenza con la disciplina europea suddetta, fissando nella sostanza l'entità dell'aiuto ammissibile (sebbene in via programmatica, posta l'assenza di risorse finanziarie destinate a tal fine, cfr. comma 2 dell'articolo in esame). In particolare, si valuti la compatibilità con i limiti e le condizioni previste dalla normativa europea ad hoc che esenta, secondo criteri e soglie predeterminate, dall'obbligo di notifica alla Commissione europea, gli aiuti destinati ad ovviare a danni arrecati da calamità naturali (articolo 50 del Regolamento (UE) n.651/2014, cd. GBER), nonché con la normativa europea applicabile nel caso di aiuti di Stato più generalmente destinati al mantenimento e alla ripresa economica del tessuto economico delle aree colpite, quali la disciplina degli aiuti di Stato in regime "de minimis" (Regolamento (UE) n. 1407/2013, e per il settore agricolo, Regolamento (UE) n. 1408/2013 e ss. mod e int.), ovvero i regimi di esenzione riguardanti le piccole e medie imprese (art. 17 e ss. del Regolamento (UE) n.651/2014), ovvero, se territorialmente applicabile, il regime di esenzione degli aiuti a finalità regionale (decisione della Commissione C(2014) 6424 final del 16 settembre 2014 e ss. mod. e int. e artt. 14 del Regolamento GBER).
Si ricorda in proposito che l'art. 107, par. 2, lett.
b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevede che «gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali» siano compatibili con il mercato interno. Il
Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (
General Block Exemption Regulations (GBER), applicabile fino al 31 dicembre 2020, esenta dall'obbligo di notifica alla Commissione, tra l'altro, agli aiuti destinati a ovviare ai
danni arrecati da determinate calamità naturali, alle condizioni fissate dall'articolo 50 del medesimo Regolamento GBER. L'articolo citato dispone, nel dettaglio, che i regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati (tra gli altri) da
terremoti sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino le seguenti condizioni:
a) le autorità pubbliche competenti di uno Stato membro hanno riconosciuto formalmente il carattere di calamità dell'evento; e
b) esiste un nesso causale diretto tra i danni provocati dalla calamità naturale e il danno subito dall'impresa.
I
regimi di aiuti connessi a una determinata calamità sono adottati nei tre anni successivi alla data dell'evento.
Gli aiuti devono essere concessi entro quattro anni dall'evento.
I costi ammissibili non sono predeterminati nell'importo, ma vanno calcolati sulla base dei danni diretti subiti come conseguenza della calamità naturale (valutati da un esperto indipendente riconosciuto dall'autorità nazionale competente o da un'impresa di assicurazione). Tra i danni vi sono quelli, materiali ad attivi (ad esempio danni ad immobili, attrezzature, macchinari, scorte). Sono ammissibili anche i danni indiretti, come la
perdita di reddito dovuta alla sospensione totale o parziale dell'attività per un periodo massimo di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento. La disciplina europea fissa specifici criteri per il calcolo dei danni materiali e della perdita di reddito. L'aiuto e tutti gli altri pagamenti ricevuti a copertura dei danni, compresi i pagamenti nell'ambito di polizze assicurative, arrivano fino al
100% dei costi ammissibili, come determinati ai sensi della normativa europea.
Laddove dunque non vi siano le condizioni fissate dall'articolo 50 del GBER, al fine di mantenere in vita il tessuto produttivo delle aree colpite ovvero di sostenerlo, il medesimo Regolamento GBER contempla, a date condizioni ed entro date soglie e limiti di cumulo, ulteriori regimi di esenzione:
Fanno inoltre comunque eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati sulla base dei regolamenti di esenzione,
gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE
"de minimis", i quali si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd.
de minimis, il
Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in
tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è
di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.
Per gli aiuti cd.
de minimis nel
settore agricolo opera, invece,
il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316. L'importo totale degli aiuti «
de minimis» concessi a un'impresa unica non può superare
25.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.
Infine, per gli aiuti "
de minimis" nel settore della
pesca e dell'
acquacoltura opera il Reg. (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi dallo Stato a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare i 30 mila euro nell'arco di tre esercizi finanziari.
L'articolo 8 della proposta di legge in esame elenca, inoltre, quali benefici concedibili, i finanziamenti di progetti di riconversione e riqualificazione industriale, in base al regime di aiuto previsto per le aree industriali in crisi di cui alla L. n. 181/1989 e all'articolo 27 del D.L. n. 181/1989; nonché un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi, anche mediante contratto di locazione finanziaria, riguardanti macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive operanti nei territori dei comuni colpiti. Si deve trattare di strutture produttive già esistenti o di nuova localizzazione insediate nel territorio, purché gli investimenti facciano parte di un progetto di investimento iniziale. A tale ultimo fine viene richiamata la definizione di investimento iniziale e di investimento iniziale a favore di una nuova attività economica contenuto nella disciplina degli aiuti di stato di cui al Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER) (articolo 2, numeri 49 e 51) e la misura dell'investimento consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 approvata con decisione della Commissione C(2014) 6424 final del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C (2016) 5938 final del 23 settembre 2016. Si valuti in generale l'opportunità di precisare, attraverso un elenco, le tipologie di aiuti ammissibili, le quali, nelle forme e nell'entità debbono valutarsi caso per caso, anche ai sensi della disciplina europea suddetta. Quanto alla compatibilità con la disciplina europea, si rinvia all'osservazione sopra formulata Infine, l'articolo 8 in esame, al comma 2, demanda a successivi provvedimenti legislativi, tenuto conto anche della gravità dell'evento calamitoso e del suo impatto sul tessuto economico-sociale, di provvedere all'attivazione delle misure di sostegno di cui al comma 1 e all'individuazione delle relative coperture finanziarie e dei criteri e delle modalità di accesso alle misure medesime L'articolo 9 prevede (al comma 1) l'istituzione di zone franche urbane nel territorio dei comuni colpiti dall'evento calamitoso, ai sensi dell'art. 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il comma 2 del medesimo articolo dispone che nelle zone franche urbane così istituite: - si applica la disciplina prevista; - i benefìci economici e occupazionali previsti dai citati commi 340-343 sono riconosciuti, oltre che alle imprese di nuova apertura, anche a quelle insediate nei territori successivamente colpiti dagli eventi calamitosi.
Al riguardo si segnala che le norme in esame non recano una definizione univoca delle imprese di "nuova apertura" e di quelle "insediate nei territori successivamente colpiti dagli eventi calamitosi". Al fine di individuare con precisione i destinatari dei benefici, occorrerebbe pertanto precisare le predette locuzioni.
Le
Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree
urbane
caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse.
Per quanto riguarda la normativa italiana, l'istituzione delle ZFU è stata inizialmente prevista dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006, il quale ha istituito un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. La legge finanziaria 2008 (L. 244/2008, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e ha definito in maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, oggi, trovano la loro definizione all'interno del decreto interministeriale 10 aprile 2013 in attuazione di quanto previsto dall'art. 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179.
L'individuazione delle
Zone
Franche
Urbane
prevede agevolazioni fiscali e previdenziali per rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle micro e piccole imprese localizzate all'interno dell'Obiettivo Convergenza (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), nonché nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia - Iglesias.
Tali agevolazioni consistono in:
Si ricorda che la prima ZFU ad essere effettivamente costituita è stata quella de L'Aquila, a seguito del sisma del 2009. L'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 ha affidato al CIPE il compito di individuare, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e sentita la Regione Abruzzo, delle
zone
franche
urbane
nell'ambito dei territori interessati dal sisma del 2009, alle quali applicare le agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legge n. 296 del 2006. Il CIPE, con deliberazione n. 39 del 13 maggio 2010, ha individuato e perimetrato la "Zona franca urbana de L'Aquila" nonché disposto l'assegnazione delle relative risorse. Le disposizioni attuative sono state, quindi, dettate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2012, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con la
circolare n. 39/E del 2013 l'Agenzia delle entrate, in condivisione con il MISE e con l'INPS, ha chiarito alcuni aspetti della disciplina agevolativa rivolta alle imprese localizzate nella zona franca del comune dell'Aquila.
Si ricorda, inoltre, che il D.L. n. 78 del 2015 ha previsto l'istituzione di una zona franca urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena, in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, e nel territorio colpito dall'alluvione del 18-19 novembre 2013 dei comuni della regione Sardegna, che la legge di stabilità 2016 ha istituito
zone
franche in alcuni comuni della Lombardia colpiti dal sisma del 2012, e che il
D.L. n. 109 del 2018
ha istituito nel territorio della Città metropolitana di Genova una zona franca urbana.
Si fa presente, infine, che sul piano europeo l'efficacia dell'istituzione delle
zone
franche
urbane
(ZFU) è
subordinata all'approvazione da parte della Commissione europea, approvazione che può essere richiesta solo a seguito della concreta individuazione delle ZFU. Il procedimento di approvazione è disciplinato dagli
articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'UE, in materia di divieto di aiuti di Stato, i quali prevedono la possibile concessione di deroghe.
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Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa proposta di legge in esame interviene sulla materia "protezione civile" attribuita alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Sulla materia della protezione civile la giurisprudenza costituzionale ha, da una parte, evidenziato le strette connessioni con la competenza esclusiva statale della tutela dell'ambiente; dall'altra parte, ha ritenuto lo Stato legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i "principi fondamentali" quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria anche mediante l'adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie. La Corte ha infatti ritenuto che le previsioni in materia di stati di emergenza e potere di ordinanza sono «espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale» (sentenza n. 284 del 2006).
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