Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Principi generali in materia di rigenerazione urbana nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche
Riferimenti: AC N.113/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 88
Data: 28/01/2019
Organi della Camera: VIII Ambiente


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Principi generali in materia di rigenerazione urbana nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche

28 gennaio 2019
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

La proposta di legge, che si compone di sei articoli, persegue la finalità di dettare alcuni principi generali in materia di strumenti di pianificazione urbanistica, fornendo in particolare una disciplina di principio a livello nazionale degli istituti della perequazione, della compensazione e dell'incentivazione urbanistica volta a favorire (come chiarito nella relazione illustrativa) il superamento della centralità dello strumento del piano regolatore generale (PRG) e ad anticipare alcune linee di una più complessiva riforma organica della legge urbanistica nazionale (legge n. 1150 del 1942) in grado di porre rimedio alle stratificazioni normative succedutesi nel tempo e di assecondare le esigenze di trasformazione urbana e territoriale, anche al fine di evitare ulteriore consumo di suolo.


Finalità e ambito di applicazione (art. 1)

L'articolo 1 prevede che, nelle more dell'adozione di una normativa quadro in materia di governo del territorio, la presente legge, nel rispetto dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, detta principi fondamentali (che per la disposizione in esame devono caratterizzarsi per "particolare importanza e urgenza") al fine di garantire l'efficacia delle leggi regionali in materia di governo del territorio e la piena e completa applicazione degli istituti della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche, ai quali sono poi più specificamente dedicati gli articoli 3 3 e 4 della proposta di legge.

Si ricorda che  lo strumento della perequazione, "sebbene non contemplato a livello di legislazione nazionale, è stato progressivamente introdotto dalle legislazioni regionali cui è affidata la disciplina del territorio e persegue l'obiettivo di eliminare le disuguaglianze create dalla funzione pianificatoria, in particolare dalla zonizzazione e dalla localizzazione diretta degli standards, quanto meno all'interno di ambiti di trasformazione, creando le condizioni necessarie per agevolare l'accordo fra i privati proprietari delle aree incluse in essi e promuovere l'iniziativa privata" (TAR Veneto, Venezia, sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504; 10 gennaio 2011, n. 11). Nelle legislazioni regionali si rinvengono numerose  definizioni di perequazione urbanistica; un esempio tra i tanti è quello dell'art. 35, comma 1, della L.R. Veneto n. 11 del 2004, secondo cui "la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali". 
La perequazione si sta diffondendo nella pianificazione urbanistica come  soluzione pratica alla crisi del piano generale pubblicistico basato sull'esproprio e come strumento per rendere praticabile un interesse pubblico coinvolgendo positivamente soggetti privati.
L'obiettivo della perequazione è dunque il  pari trattamento delle proprietà immobiliari oggetto di trasformazione urbanistica, associato alla compensazione delle proprietà i cui beni servono per realizzare la "città pubblica", cioè la realizzazione di alloggi sociali, il miglioramento dell'efficienza energetica, la sicurezza, specie in zone a rischio idrogeologico e sismico, l'integrazione sociale, la riqualificazione dell'ambiente urbano e il recupero e riuso delle aree dismesse
Quanto al concetto di  compensazione, esso è strettamente collegato a quello di perequazione. Il meccanismo di compensazione rappresenta, infatti, metodo alternativo a quello classico dell'esproprio, che acquisisce terreni privati dietro la corresponsione di un indennizzo ai proprietari. Mediante questo meccanismo, si assegnano dei diritti edificatori privati a tutte le aree sottoposte a trasformazione, in cambio della cessione gratuita dei terreni per il verde e i servizi, in una quota anche superiore alla metà dei suoli in oggetto. Così facendo, si garantiscono gli standard senza ricorrere al meccanismo dell'esproprio (dai tempi lunghissimi e dai costi pubblici molto alti). Il meccanismo è compensativo quando la concessione dei diritti di edificazione è compensata dalla cessione gratuita dei terreni per i servizi. È perequato, quando la compensazione non è contrattata caso per caso, ma fissata per tutte le aree in trasformazione. Il modello perequativo-compensativo, rappresenta l'alternativa, oggi largamente utilizzata (come dimostrano tutte le leggi regionali e i piani regolatori generali più recenti di ultima generazione), rispetto alle tradizionali procedure espropriative.
Un particolare fattispecie di compensazione traslativa è disciplinata, poi, a livello nazionale, dal comma 21 dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004 con riferimento al caso in cui, per effetto di vincoli sopravvenuti diversi da quelli di natura urbanistica, non sia più esercitabile il diritto di edificare già acquisito. In tali casi, è facoltà del titolare chiedere al Comune di esercitare il diritto in altra area di cui abbia la disponibilità. La traslazione del diritto comporta la cessione a titolo gratuito al Comune dell'area. 

Strumenti di pianificazione locale e loro componenti (strutturale, operativa e regolamentare) (art. 2)

L'articolo 2, comma 1, introduce i seguenti tre livelli di pianificazione locale, comunale o intercomunale, affidandone la disciplina di dettaglio alle regioni:

a) pianificazione strutturale, relativa all'intero territorio comunale o intercomunale;

b) pianificazione operativa, relativa alle trasformazioni urbanistiche di rilievo;

c) pianificazione regolamentare, relativa ai sistemi insediativi esistenti, alle zone agricole e alle zone non soggette a trasformazione urbanistica.

Il comma 2 stabilisce che le componenti operativa e regolamentare della pianificazione possono essere oggetto di uno solo o di distinti strumenti di pianificazione. La disposizione sembra pertanto voler precisare che le componenti operativa e regolamentare non costituiscono nuove tipologie di strumenti di pianificazione urbanistica bensì logiche pianificatorie di diversa intensità ed efficacia conformativa suscettibili di informare trasversalmente i contenuti degli strumenti di pianificazione già previsti dall'ordinamento,

Ai sensi del comma 3, nella componente strutturale della pianificazione locale:

  • sono recepiti i vincoli ricognitivi previsti da leggi e piani di settore e possono essere individuati altri valori territoriali meritevoli di tutela, anche ai fini della eventuale proposta agli enti competenti per il riconoscimento di ulteriori vincoli;
Per vincoli ricognitivi si intendono le diverse forme di tutela previste da discipline legislative di settore diverse dalla legislazione urbanistica, per intere categorie di beni ritenuti patrimonio della collettività, e che per tale loro natura non sono indennizzabili e hanno validità illimitata (come nel caso dei vincoli idrogeologici, dei vincoli boschivi, dei vincoli paesaggistici, dei vincoli aeroportuali etc.).
  • sono indicate le scelte di assetto del territorio e di tutela dell'ambiente, nonchè le principali trasformazioni urbanistiche e le necessarie dotazioni infrastrutturali, perseguendo i seguenti obiettivi:
    • contenimento dell'uso del suolo non urbanizzato;
    • riqualificazione del patrimonio edilizio esistente;
    • rinnovo urbano.

Si valuti l'opportunità di introdurre una definizione di rigenerazione urbana, considerato che i suddetti obiettivi sembrano riferirsi a tale nozione, già richiamata nel titolo della pdl in esame.

Nella componente strutturale della pianificazione sono altresì indicati gli aspetti relativi alle scelte fondamentali relative al sistema insediativo, alle infrastrutture da tutelare e valorizzare e ai carichi insediativi minimi e massimi da rispettare in sede di pianificazione operativa e sono indicate le regole generali della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche di cui al successivo art. 3 e le relative modalità applicative. 

Il comma 4 prevede che le previsioni della componente strutturale della pianificazione non hanno efficacia conformativa della proprietà e degli altri diritti reali a fini edificatori e non determinano alcuna condizione di edificabilità anche ai fini fiscali.

Ai sensi del comma 5, alla componente operativa della pianificazione è attribuito il compito di individuare:

  • in conformità alle previsioni della componente strutturale, le aree e gli interventi di trasformazione del territorio da promuovere in un arco temporale delimitato che non deve risultare superiore alla durata quinquennale del mandato del sindaco; trascorso tale termine senza che sia stata almeno stipulata la convenzione relativa all'intervento di trasformazione da effettuare, si prevede che le conformazioni edificatorie e gli eventuali vincoli ablativi perdano ogni efficacia; 
  • anche in relazione alle scelte relative alla programmazione delle opere pubbliche, gli interventi relativi alle necessarie dotazioni territoriali di opere e servizi, impostando i vincoli, anche ablativi, conseguenti a tale individuazione.

La tripartizione del nuovo modello pianificatorio proposto dalla pdl in esame sembra ispirarsi alle numerose esperienze delle legislazioni regionali in materia urbanistica degli ultimi due decenni. Come si legge nella " Guida normativa per l'Amministrazione Locale - 2017", Maggioli Editore, Parte 56, " Urbanistica e pianificazione territoriale" di Silvia Viviani , "La progressiva complessità degli aspetti da affrontare con il Piano regolatore, dalle grandi infrastrutture agli ampliamenti edilizi, la necessità di intervenire sulla città esistente, non più e non solo sull'espansione urbana, la difficoltà di utilizzare l'esproprio per l'acquisizione dei suoli, il blocco della rendita fondiaria, la crescente attenzione ai temi ambientali, le ricadute territoriali dei piani di settore funzionali alle politiche specialistiche (sociali, infrastrutturali, agricole, abitative, industriali), la distribuzione di competenze in vari e diversi soggetti (enti territoriali, organi preposti alla gestione delle risorse), la mutevolezza delle condizioni economiche e la variegata composizione della società, l'inefficacia dei Piani regolatori tradizionali, soggetti a tempi lunghissimi di formazione e a continue varianti, sono alcuni dei principali aspetti che inducono alla definizione di un nuovo modello di pianificazione". In ragione di tale evoluzione, il modello adottato in diverse legislazioni regionali - che la proposta di legge in esame punta a trasferire a livello nazionale - riconduce la prescrittività delle scelte dei piani urbanistici solo al momento della concreta emersione degli interessi alla trasformazione urbanistica delle aree. In tale nuova ottica, la fase strutturale della pianificazione diviene separata dalla fase operativa e solo a quest'ultima è riconosciuta efficacia conformativa della proprietà immobiliare (anche attraverso il ricorso a strumenti negoziali), mentre alla componente strutturale della pianificazione viene riservato il compito di definire gli elementi strategici che configurano i tratti essenziali di un territorio, da intendersi preferibilmente come territorio di area vasta".

 

Gli ambiti di competenza rimessi alla componente regolamentare della pianificazione sono individuati dal comma 6 nella disciplina dei tessuti urbani esistenti (ivi inclusi gli interventi, anche di completamento, in essi ammissibili), delle aree agricole da conservare e delle altre aree non interessate da trasformazioni urbanistiche. La componente regolamentare, pertanto, viene configurata come segmento della pianificazione rivolto essenzialmente ad una regolamentazione a fini prevalentemente conservativi e di consolidamento dei tessuti urbani esistenti, con la conseguente efficacia conformativa a fini edificatori delle relative previsioni fino a nuove diverse conformazioni, e dunque senza limiti temporali prefissati (a differenza di quanto previsto dal comma 5, lettera b) in merito all'efficacia conformativa temporalmente delimitata degli interventi di trasformazione previsti dalla componente operativa della pianificazione). 

Si valuti l'opportunità di un coordinamento dell'articolo 2 con le disposizioni della legge n. 1150/1942, al fine di evitare incertezze interpretative e consentire una piena attuazione delle disposizioni concernenti i livelli di pianificazione introdotte dal provvedimento in esame.

La vigente legislazione in materia urbanistica.
La pianificazione urbanistica in ambito comunale e la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale rientrano tra le funzioni fondamentali espressamente attribuite dalla legge ai comuni. I comuni sono competenti per la formazione del Piano Regolatore Generale (PRG) quale strumento principale di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano, da attuare attraverso piani attuativi predisposti dai comuni medesimi.
La legge che oggi reca la disciplina più organica della materia urbanistica a livello nazionale risale al 1942 (legge n. 1150) e, nonostante l'incompleta attuazione (a partire dal regolamento di esecuzione, mai emanato) e l'impianto centralizzatore, ha rappresentato la principale fonte di riferimento per l'individuazione dei princìpi fondamentali della materia, princìpi ai quali ha dovuto comunque uniformarsi la legislazione regionale di dettaglio sorta a partire dal 1970, sulla base della competenza concorrente riconosciuta in materia urbanistica dall'art. 117 della Costituzione, prima della riforma del Titolo V.
La legge n. 1150/1942 (c.d. legge urbanistica nazionale, d'ora in poi indicata con l'acronimo LUN) ha previsto, in estrema sintesi, l'istituzione di un Piano Regolatore Generale (PRG) quale strumento principale, affidato alla responsabilità del Comune, di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano, da attuare attraverso Piani Particolareggiati Esecutivi (PPE) redatti dal Comune medesimo (artt. 7-17 LUN). Di particolare importanza a livello comunale è anche il Piano Esecutivo Convenzionato (PEC), denominazione aggiornata del c.d. piano di lottizzazione convenzionato previsto dall'art. 28 LUN, che viene proposto dai privati in attuazione del PRG. Sempre a livello di pianificazione comunale rilevano quali fonti del diritto urbanistico anche i regolamenti di attuazione della c.d. legge ponte (L. 765/1967) con cui sono stati introdotti i cosiddetti "standard urbanistici", cioè la quantità minima di spazio che ogni PRG deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli e tra gli edifici, nonché ai lati delle strade ( D.M. 1444/1968; D.M. 1404/1968).
A livello territoriale più ampio, la stessa legge ha istituito il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC), finalizzato ad orientare e coordinare l'attività urbanistica di aree vaste e vincolante per i piani subordinati (artt. 5-6 LUN). Tali piani territoriali, nella legislazione regionale, sono denominati Piano Territoriale Regionale (PTR) e Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) e costituiscono il primo livello di pianificazione urbanistica, con efficacia di orientamento e indirizzo, in una logica gerarchica di pianificazione del territorio: i piani comunali devono rispettare i piani provinciali, che a loro volta devono rispettare quelli regionali. I piani territoriali rappresentano quindi il quadro di riferimento per la valutazione della compatibilità degli atti di governo del territorio e indicano, ciascuno nella propria scala di influenza, gli obiettivi generali di sviluppo socioeconomico e infrastrutturale del territorio, nonché i criteri operativi per la salvaguardia dell'ambiente e gli ambiti destinati all'attività agricola e/o oggetto di tutela paesaggistica, garantendo quindi il coordinamento con gli atti di pianificazione settoriale (a mero titolo di esempio si ricordano i piani paesaggistici).
Le leggi regionali adottate negli ultimi anni hanno introdotto novità in termini di istituti, strumenti e modalità di pianificazione per rispondere alle esigenze dei territori e adeguarsi all'evoluzione dell'assetto istituzionale.
La disciplina contenuta nella LUN (legge n. 1150/1942) riguarda inoltre due materie strettamente connesse e compenetrate nella normativa urbanistica: la regolazione dell'attività costruttiva edilizia (successivamente confluita nel Testo unico in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/2001) e la disciplina degli espropri (successivamente confluita nel Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al D.P.R. 327/2001).
Gli interventi legislativi in materia di riqualificazione e rigenerazione urbana.

Se l'obiettivo della LUN era quello di regolare lo sviluppo edilizio-urbanistico del territorio, a partire dalla fine degli anni '70 l'obiettivo della legislazione nazionale è stato anche quello di recuperare e riqualificare aree degradate del tessuto urbano. I primi strumenti urbanistici indirizzati a questa specifica finalità sono stati i "piani di recupero" istituiti dalla legge 5 agosto 1978, n. 457. Successivamente, sono stati introdotti altri strumenti urbanistici finalizzati al recupero e alla riqualificazione urbana. Nel corso della XVI legislatura con i cosiddetti "piani casa" e "piani città", avviati con l'art. 5 del D.L. 70/2011 e con l'art. 12 del D.L. 83/2012, sono stati introdotti, rispettivamente, una normativa nazionale quadro per la riqualificazione delle aree urbane degradate e una procedura per il finanziamento di contratti di valorizzazione urbana proposti dai Comuni e selezionati da un'apposita Cabina di regia.
Anche nel corso della XVII legislatura la riqualificazione urbana ha rappresentato una delle tematiche in primo piano. I commi 431-434 della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014), hanno, infatti, previsto la predisposizione e il finanziamento (per un importo di 200 milioni di euro nel triennio 2015-2017) di un Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate nel cui ambito i comuni elaborano progetti di riqualificazione costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto socio-ambientale. Nella medesima legge viene disposto (comma 271) che le misure incentivanti e premiali, previste dalle norme per la riqualificazione delle aree urbane degradate di cui ai commi 9 e 14 dell'art. 5 del D.L. 70/2011 (c.d. Piano per la città), prevalgono sulle disposizioni dei piani regolatori generali (PRG) anche relative a piani particolareggiati o attuativi. Si tratta di premialità che prevedono, tra l'altro, il riconoscimento di volumetrie aggiuntive e la cui attuazione spetta alle regioni.
La legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) ha previsto la predisposizione di un "Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia" (commi 974-978). Per il finanziamento del programma è stata prevista l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016.
Ulteriori finanziamenti, diretti ai programmi e piani citati, sono stati disposti dalle leggi di bilancio 2017 e 2018, anche attraverso la destinazione di una quota delle risorse del c.d. fondo investimenti istituito dal comma 140 della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016), per un totale di circa 1,76 miliardi di euro. La legge di bilancio 2018 (commi 853-862) ha inoltre previsto, per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per il triennio 2018-2020, a favore dei comuni che non risultano beneficiare delle risorse connesse al "Programma straordinario" di cui al citato comma 974 della L. 208/2015), l'assegnazione di contributi nel limite complessivo di 850 milioni di euro per il triennio 2018-2020. Per un approfondimento si rinvia alla scheda web " Urbanistica" tratta dal dossier di inizio della XVIII legislatura.
Anche la legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 134-138 della legge n. 145/2018), al fine di fronteggiare le situazioni di dissesto e rischio idrogeologico del territorio nazionale, ha previsto l'attribuzione, per il periodo 2021-2033, di contributi alle regioni a statuto ordinario e ai comuni, per un importo complessivo di 8,1 miliardi di euro, per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. L'art. 1, comma 100, della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) - al fine di favorire il completamento dei programmi di riqualificazione urbana (PRiU) di cui al  decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 settembre 2015, a valere sui finanziamenti di cui all'art 2, co. 2, della legge n. 179/1992 - ha, inoltre, disposto la proroga del termine di ultimazione delle opere pubbliche e private già avviate e per le quali vi sia stata una interruzione delle attività di cantiere determinata da eventi di forza maggiore, disponendo che la proroga abbia durata pari a quella del "fermo cantiere" (art. 1, comma 100).
Con riferimento, poi, al tema della rigenerazione urbana, si segnala che nella XVII legislatura lo stesso costituiva oggetto del disegno di legge A.C. 2039, concernente il contenimento del consumo del suolo e il riuso del suolo edificato, approvato dalla Camera ma il cui iter non si è tuttavia concluso al Senato (A.S. 2383). L'art. 2, comma 1, lettera e) del citato disegno di legge, nel testo approvato dalla Camera, forniva la seguente definizione di rigenerazione urbana: "un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socio-economici nelle aree urbanizzate, compresi gli interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana, quali orti urbani, orti didattici, orti sociali e orti condivisi, che persegua gli obiettivi della sostituzione, del riuso e della riqualificazione dell'ambiente costruito in un'ottica di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo, di localizzazione dei nuovi interventi di trasformazione nelle aree già edificate, di innalzamento del potenziale ecologico-ambientale, di riduzione dei consumi idrici ed energetici e di realizzazione di adeguati servizi primari e secondari".
Sempre in materia di contenimento del consumo di suolo, si segnala che nella corrente legislatura, nella seduta del 10 ottobre 2018, è iniziato al Senato presso le Commissioni riunite 9 a agricoltura e 13 a territorio,ambiente, beni ambientali l'esame in sede referente degli abbinati disegni di legge di iniziativa parlamentare A.S. 86 ("Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo nonché delega al Governo in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate", a prima firma della sen. De Petris) e A.S. 164 ("Disposizioni per l'arresto del consumo di suolo, di riuso del suolo edificato e per la tutela del paesaggio", a prima firma della sen. Nugnes). Nel corso dell'esame le Commissioni stanno procedendo ad un ciclo di audizioni informali durante le quali i soggetti auditi hanno depositato documenti e memorie.
Nel settore in oggetto, rileva inoltre quanto previsto nel Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50 del 2016), attraverso gli interventi di sussidiarietà orizzontale (art. 189) per la gestione negli enti locali di aree riservate al verde pubblico urbano e di immobili di origine rurale, riservati alle attività collettive sociali e culturali di quartiere, con esclusione degli immobili ad uso scolastico e sportivo, e il baratto amministrativo (art. 190) per la stipula, con delibera comunale, di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale per la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade.
Numerose norme in materia di urbanistica sono state inoltre introdotte nell'ambito di provvedimenti di urgenza emanati nel corso della XVII legislatura. In particolare, si tratta di misure di carattere puntuale comprese in pacchetti di norme aventi come finalità precipua la semplificazione in materia edilizia. E' il caso ad esempio del comma 3- bis dell'art. 30 (rubricato "Semplificazioni in materia edilizia") del D.L. 69/2013, che ha prorogato di 3 anni il "termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012".
Più numerose le disposizioni di carattere urbanistico contenute nell' art. 17 del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia), tra le quali si ricorda la lettera b) del comma 1, che introduce la definizione di "interventi di conservazione". La norma stabilisce che lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e che, in tal caso, l'amministrazione comunale può favorire, in alternativa all'espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso compensazioni incidenti sull'area interessata e senza aumento della superficie coperta. Rilevante è altresì la disposizione di cui alla lettera q) del comma 1, che introduce la disciplina del permesso di costruire convenzionato, nonché le norme dettate dai successivi commi 3-4, che prevedono che la legislazione regionale assicuri l'attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini assegnati ai comuni per l'adozione, da parte degli stessi, dei piani (urbanistici) attuativi, e che consentono l'attuazione per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti delle convenzioni di lottizzazione previste dall'art. 28 LUN o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale.
Ulteriori norme sono contenute nella legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale) e vanno dall'art. 22 (che inserisce nel novero dei diritti che possono essere intavolati o prenotati nel libro fondiario anche i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale) all'art. 74, che disciplina l'espropriabilità dei beni gravati da uso civico.
Di rilievo, infine, anche le norme contenute nella legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni. 

Disciplina della compensazione, della perequazione e delle incentivazioni urbanistiche (art. 3)

L' articolo 3 disciplina, sotto forma di principi fondamentali per la legislazione concorrente delle regioni, gli istituti della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche. 
   
La perequazione urbanistica 

   Il comma 1 stabilisce che la perequazione urbanistica trova applicazione in sede di attuazione delle previsioni della pianificazione operativa relativa alle aree di trasformazione, anche non contigue, per le quali è previsto il ricorso a piani o programmi urbanistici esecutivi, al fine di garantire un'equa ripartizione dei costi e degli oneri tra tutti i proprietari interessati all'edificabilità delle aree oggetto di conformazione, nonchè per garantire il raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico, anche attraverso la cessione gratuita al comune di aree e di opere occorrenti per le dotazioni territoriali. 

Per perequazione urbanistica si intende, più in particolare, il  pari trattamento delle proprietà di beni immobili che si trovano in analoghe condizioni di fatto e di diritto, da realizzare attraverso l'equa distribuzione, tra le proprietà immobiliari, dei diritti edificatori che essi attribuiscono e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali, compresa la cessione gratuita delle aree necessarie all'attuazione degli obiettivi di piano. 
Nelle normative regionali si rinvengono numerose definizioni di perequazione urbanistica; si cita ad esempio quella recata dall'art. 35, comma 1, della L.R. Veneto n. 11 del 2004, secondo cui "la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali."

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l'opportunità di riformulare la disposizione in esame configurandola più chiaramente come norma definitoria del concetto di perequazione urbanistica, trattandosi di un istituto di nuova introduzione a livello nazionale, anche al fine di fornire una base normativa certa alle scelte pianificatorie della componente strutturale.

   Il comma 2 prevede che i proprietari delle aree, anche non contigue, oggetto di trasformazione sono chiamati ad associarsi, nelle forme previste dall'ordinamento civile, per proporre ai comuni i progetti dei piani e dei programmi urbanistici esecutivi e per darvi attuazione dopo la loro approvazione. La disposizione aggiunge che, a tal fine, è sufficiente l'adesione dei proprietari che rappresentano la maggioranza assoluta del valore degli immobili compresi nell'area di trasformazione calcolato in base all'imponibile catastale.

Viene, inoltre, disciplinata la procedura per l'eventuale adesione al programma degli altri proprietari non associati (comma 2, terzo, quarto e quinto periodo), che si articola nelle seguenti fasi:

  • in seguito alla presentazione da parte dei proprietari associati della proposta di piano o programma urbanistico, il comune assegna ai proprietari non associati un termine di 60 giorni per comunicare la loro adesione;
  • qualora tale termine decorra infuttuosamente, il procedimento è comunque attuato e dopo la sua conclusione, in caso di approvazione del programma, i proprietari non associati sono nuovamente invitati dal comune a dare la loro adesione entro l'ulteriore termine di 40 giorni;
  • in caso di infruttuoso decorso anche di tale secondo termine, i proprietari associati, successivamente alla stipulazione della convenzione urbanistica, hanno titolo a conseguire mediante espropriazione la proprietà degli immobili dei proprietari non aderenti al programma.
    La disposizione in esame sembra pertanto configurare un meccanismo obbligatorio di associazione di tipo consortile analogo a quello già previsto dall'art. 870 c.c. e dall'art. 23 LUN per i comparti edificatori e alla cui attivazione fa seguito, in caso di mancata adesione di proprietari non associati, una procedura espropriativa a vantaggio dei proprietari privati che abbiano aderito al programma.
Si ricorda che l'art. 1, comma 1, del DPR n. 327/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) dispone che il medesimo Testo unico disciplina l'espropriazione "anche a favore di privati" dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Fermo restando che in base al principio di legalità di cui all'art. 2 del TU, l'espropriazione dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili può essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi e dai regolamenti, l'art. 3 del citato TU - fornendo le definizioni dei soggetti del procedimento ablatorio reale - prevede  anche il privato come possibile beneficiario dell'espropriazione, ovvero il soggetto in favore del quale a conclusione del procedimento viene emesso il decreto di esproprio del bene immobile (comma 1, lett. c). Il beneficiario può quindi non coincidere con l'autorità pubblica espropriante e, come soggetto che acquisisce i beni oggetto del decreto con conseguente incremento patrimoniale nella sua sfera giuridica, è  tenuto a corrispondere l'indennità d'esproprio. Oltre che soggetto espropriato o beneficiario, il privato può, inoltre, essere "promotore dell'espropriazione" in quanto soggetto richiedente nonché "autorità espropriante" (ove tale titolarità sia stato attribuita in base ad una norma).
Il comparto edificatorio, previsto dall'art. 870 cod. civ. e già disciplinato dall'art. 23 della legge n. 1150/1942, costituisce mezzo di attuazione del piano regolatore particolareggiato e rende possibile l'edificazione privata attraverso la formazione di consorzi tra proprietari che rappresentino almeno i tre quarti del valore dell'intero comparto, nonché l'espropriazione delle aree appartenenti ai proprietari non aderenti.  In particolare, l'art. 870 del codice civile stabilisce che, quando è prevista la formazione di comparti, costituenti unità fabbricabili con speciali modalita' di costruzione e di adattamento, gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare i loro reciproci rapporti in modo da rendere possibile l'attuazione del piano, potendo anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere. In mancanza di accordo, puo' procedersi all'espropriazione a norma delle leggi in materia. Si ricorda peraltro che l'art. 23 della legge n. 1150/1942 è stato abrogato, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione, dall'art. 58, comma 1, n. 62), del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, a decorrere dal 30 giugno 2003.
   La compensazione e le incentivazioni urbanistiche

   Il comma 3 riconosce ai comuni la facoltà di ricorrere all'istituto della compensazione e ad altre forme di incentivazioni urbanistiche ai fini, rispettivamente, di dare attuazione alle previsioni relative alla realizzazione di attrezzature e servizi pubblici e di promuovere interventi di riqualificazione e rinnovo urbano e di edilizia sociale nonchè finalizzati a porre rimedio a problemi derivanti da precedenti scelte di pianificazione.

 

 Analogamente a quanto osservato per l'istituto della perequazione, si valuti l'opportunità di riformulare la disposizione in esame configurandola più chiaramente come norma definitoria dei concetti di compensazione e incentivazione urbanistica, trattandosi di istituti di nuova introduzione a livello nazionale, anche al fine di fornire una base normativa certa alle scelte pianificatorie della componente strutturale.

Il comma 3, in particolare, finalizza l'applicazione della compensazione all'attuazione delle previsioni degli strumenti pianificatori relative alla realizzazione di attrezzature e servizi pubblici.

Si valuti l'opportunità di chiarire se la nozione "attrezzature e servizi pubblici" coincida con quella di "standard urbanistici" di cui al DM 1444/1968.

   La disposizione prevede che il ricorso da parte del comune alla compensazione può aver luogo mediante:

  • attribuzione alle aree assoggettate da vincoli ablativi di edificabilità suscettibile di trasferimento in altri ambiti edificabili, previa cessione delle aree stesse all'amministrazione;
  • ulteriori forme di compensazione (che tuttavia la pdl in esame non provvede ad esplicitare)

   Si prevede che il comune possa applicare forme di incentivazione consistenti nell'attribuzione di premialità con il trasferimento dell'edificabilità in altre aree, ai seguenti fini:

  • incentivare interventi di riqualificazione urbana, di rinnovo urbano e di edilizia sociale;
  • risolvere problemi derivanti da precedenti scelte di pianificazione.

Nella più recente legislazione regionale si rinvengono diversi esempi di disciplina delle premialità urbanistiche connessa a finalità di rigenerazione urbana: a mero titolo esemplificativo, tra le leggi regionali di più recente approvazione si segnalano la legge regionale Umbria 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico sul governo del territorio e materie correlate), la legge regionale Lazio 18 luglio 2017, n. 7 (Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio), la legge regionale Emilia-Romagna 21 dicembre 2017, n. 24 ( Disciplina regionale sulla tutela e l'uso del territorio) e la legge regionale Piemonte 4 ottobre 2018, n. 16 ( Misure per il riuso, la riqualificazione dell'edificato e la rigenerazione urbana).
Con riferimento al fenomeno della circolazione e del trasferimento dei diritti edificatori (espressione di quella che in dottrina è stata definita la "dematerializzazione dello jus aedificandi") si ricorda che l' art. 5, comma 3, del D.L. n. 70/2011 ha introdotto nell'art. 2643, primo comma, del Codice civile il numero 2- bis, che, a fini di certezza dei diritti edificatori, assoggetta all'obbligo di trascrizione i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale. La norma sostanzialmente offre copertura legislativa al modello perequativo-compensativo. Al riguardo, nel ricordare che su tale materia si sono succedute nel tempo decisioni talvolta contrastanti della giurisprudenza amministrativa, si segnala che la sent.  n. 4545 del 13 luglio 2010 del Consiglio di Stato, riguardante il Piano regolatore di Roma Capitale, ha, tra l'altro, evidenziato "l'opportunità che lo Stato intervenga a disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica, nell'ambito di una legge generale sul governo del territorio la cui adozione appare quanto mai auspicabile alla luce dell'inadeguatezza della normativa pregressa a fronte delle profonde innovazioni conosciute negli ultimi decenni dal diritto amministrativo e da quello urbanistico". Nella medesima sentenza il Consiglio di Stato ha ritenuto che le tecnica di pianificazione ispirata al principio perequativo conferisce al PRG una dimensione "dinamica", idonea a prevedere la possibile evoluzione futura dell'assetto del territorio comunale, con ciò risultando espressione della potestà amministrativa di governo del territorio, alla quale è connaturata la facoltà di porre condizioni e limiti al godimento del diritto di proprietà non di singoli individui, ma di intere categorie e tipologie di immobili identificati in termini generali e astratti.
In merito all' edilizia sociale si ricordano le norme introdotte dai commi 258-259 dell'art. 1 della L. 244/2007 (legge finanziaria 2008). Il comma 258, fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, ha previsto che, in aggiunta agli standard di cui al D.M. 1444/1968 e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale. Il successivo comma 259 ha disposto che, ai fini dell'attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al comma 258. La dottrina ha evidenziato, in termini critici, "che la normativa in commento non individua, come per gli altri standard urbanistici (verde pubblico attrezzato, parcheggi etc.), una misura minima dello standard di edilizia sociale, prevedendone l'esistenza ma lasciando alla contrattazione pubblico-privato la sua quantificazione nei diversi ambiti" ( G. Sabbato, La perequazione urbanistica, 2010). Alle disposizioni citate si affiancano quelle recate dalla legge 8 febbraio 2007, n. 9 ("Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali"), che ha affidato al Ministro delle Infrastrutture la definizione di "alloggio sociale", cui si è pervenuti con il decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008- L'art. 1, comma 5, del citato DM definisce l'alloggio sociale come "l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato". Il comma 5 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che "l'alloggio sociale, in quanto servizio di interesse economico generale, costituisce standard urbanistico aggiuntivo da assicurare mediante cessione gratuita di aree o di alloggi, sulla base e con le modalità stabilite dalle normative regionali".

Perequazione territoriale in ambito sovracomunale (art. 4)

L'articolo 4 della pdl fissa i principi in materia di perequazione territoriale per le operazioni di trasformazione coinvolgenti ambiti di rilievo sovracomunale, rimettendone l'attuazione alle leggi regionali.

Il comma 1 stabilisce che nell'ambito degli strumenti di governo e di programmazione del territorio di competenza dei diversi enti possono essere previsti meccanismi di perequazione territoriale al fine di attuare interventi  di interesse sovracomunale volti a conseguire il coordinato assetto dei territori. La norma precisa che detti meccanismi perequativi devono essere previsti avendo cura di garantire un'equa ripartizione tra le diverse comunità interessate dei vantaggi e degli svantaggi che tali interventi comportano.

Analogamente a quanto osservato per gli altri istituti disciplinati dalla pdl in esame, si valuti l'opportunità di riformulare la disposizione configurandola più chiaramente come norma definitoria dell'istituto della perequazione territoriale.

   Il comma 2 demanda la disciplina della perequazione territoriale alle leggi regionali, le quali devono garantire, per gli ambiti di trasformazione di rilevanza sovracomunale, la ripartizione tra i comuni interessati degli oneri e dei contributi dovuti e del gettito della fiscalità comunale in misura differenziata in ragione degli impatti ambientali e delle diverse implicazioni per i bilanci comunali.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l'opportunità di precisare l'esatta natura degli oneri e dei contributi ai quali la disposizione fa riferimento e se, in particolare, si tratti degli oneri di urbanizzazione e del contributo sul costo di costruzione.


Legislazione regionale (art. 5)

L'articolo 5 detta i principi fondamentali ai quali sono chiamate ad attenersi le leggi regionali nella materia oggetto della pdl in esame.

In particolare, il comma 1 prevede che le leggi regionali dettino disposizioni relative alla perequazione e alla compensazione urbanistica nel rispetto dei princìpi di cui alla presente legge, ferma restando la possibilità di esproprio in attuazione dei vincoli ablativi confermati o istituiti dalla pianificazione.

Il comma 2 stabilisce che le regioni disciplinano, altresì, le forme di pubblicità alle quali sono soggetti i trasferimenti di previsioni edificatorie disciplinate dalla pdl in esame.

Sotto il profilo della formulazione del testo, si valuti l'opportunità di fare riferimento al concetto di "diritti edificatori" piuttosto che a quello, più generico, di "previsioni edificatorie".

Principi in materia di contributi straordinari (art. 5, comma 3)

Il comma 3 dispone che le leggi regionali, in applicazione del principio della funzione sociale della proprietà di cui all'articolo 42 della Costituzione, prevedono la possibilità per i comuni di ottenere in sede di attuazione dei loro piani urbanistici, dai proprietari delle aree di trasformazione interessate da previsioni conformative a fini edificatori, contributi straordinari per le seguenti finalità:

  • elevazione delle dotazioni di servizi pubblici maggiori di quelli ordinariamente prescritti;
  • oneri di urbanizzazione e realizzazione di opere pubbliche primarie e secondarie, anche in misura maggiore di quanto stabilito dalle specifiche deliberazioni degli enti competenti;
  • contributi alla soluzione dei problemi di edilizia residenziale pubblica anche in forma di cessione gratuita di aree o di porzioni concordate di edilizia libera residenziale.

 

   La disposizione è finalizzata a consentire alle leggi regionali di prevedere l'incremento degli oneri di urbanizzazione e del contributo per il costo di costruzione rispetto alle misure ordinariamente previste, autorizzando con norma legislativa nazionale l'imposizione di contributi straordinari, a vantaggio delle amministrazioni pubbliche e a fini sociali, a carico dei soggetti privati che beneficino delle misure connesse al ricorso alle tecniche della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche. 
Si ricorda che il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione" (art. 16, comma 1, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Ai sensi dell'art. 10 del D.P.R n. 380/2001 (Testo unico edilizia) sono soggetti a permesso di costruire: 1) gli interventi di nuova costruzione; 2) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; 3) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso. Come sostenuto dalla giurisprudenza, gli oneri di urbanizzazione sono dovuti "in ragione dell'obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio" (Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2006, n. 159). Tali oneri - il cui importo è definito con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione ai parametri definiti dal comma 4 del citato art. 16 - si distinguono in:
  • oneri di urbanizzazione primaria, ovvero relativi a realizzazione di strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, cavedi multiservizi e cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni;
  • oneri di urbanizzazione secondaria, finalizzati alla realizzazione di asili nido e scuole, mercati di quartiere, delegazioni comunali, edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie.
Ai sensi del citato art. 16 del D.P.R. 380/2001 la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio del permesso di costruire, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, e sulla base degli importi definiti periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata.
L'istituto del contributo straordinario è già oggetto di disciplina da parte deIl' art. 16, co. 4. lettera d-ter, del DPR 380/2001, a seguito di una novella disposta  dal DL n. 133/2014 (c.d sblocca cantieri), che, tra i parametri ai quali le regioni devono attenersi nella determinazione delle tabelle parametriche per l'incidenza degli oneri di urbanizzazione, ha inserito anche il criterio di calcolo secondo cui gli oneri di urbanizzazione sono determinati anche in relazione "alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso". La citata disposizione aggiunge che tale "maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata e da quest'ultima versato al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche ". La citata disposizione prevede, inoltre, che sono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali con riferimento al valore di tale contributo. Al riguardo, si segnala altresì che con la sent. n. 68 del 2016 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Regione Veneto in riferimento all'art. 17, comma 1, lettera g) del DL n. 133/2014, nella parte in cui ha introdotto nel DPR 380/2001 (art. 16, comma 4, lettera d- ter e comma 4- bis) un criterio per la determinazione del maggior valore generato da operazioni di trasformazione urbanistica ed edilizia in variante, in deroga o con mutamento d'uso (cd. contributo straordinario). La regione Veneto nel ricorso proposto alla Corte costituzionale aveva impugnato la suddetta disposizione contestandone la legittimità sotto molteplici profili (violazione degli articoli 3, 23, 117, terzo e quarto comma, 118, 119, 120 Cost.) contestando, in particolare, che il contributo straordinario sarebbe determinato autoritativamente, senza possibilità di contrattazione da parte del privato, assegnando ai Comuni un'ampia discrezionalità nell'individuazione della percentuale da ripartire, in contrasto con la competenza concorrente regionale in materia di governo del territorio e che la norma sarebbe contraria al principio di ragionevolezza in quanto afferma che il contributo straordinario attesta l'interesse pubblico sovrapponendo lo stesso allo specifico ''interesse pubblico urbanistico'' con possibili compromissioni sul piano ambientale, paesaggistico ed idrogeologico. La Corte costituzionale, con la citata sentenza, ha tuttavia respinto le censure sollevate dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale in quanto la contestata discrezionalità assegnata alle amministrazioni locali nel determinare la quota di plusvalenza da suddividere tra la stessa e la parte privata non incide sulle competenze legislative regionali considerato che nulla impedisce alle regioni di introdurre, eventualmente, specifiche regole che modulino l'attribuzione della stessa in termini percentuali ritenuti coerenti con le realtà locali ed affermando altresì che gli interessi urbanistici non sono compromessi dalle vicende relative alla corresponsione del contributo in quanto la norma non fornisce prescrizioni cogenti e la regione è comunque libera di assumere proprie determinazioni ''di dettaglio''.
Ciò premesso, si valuti l'opportunità di un coordinamento tra la disposizione in esame e l'articolo 16, commi 4, lettera d-ter, e 4-bis del DPR n. 380/2001.

Principio dell'adeguatezza dei valori immobiliari e patrimoniali conseguiti dai comuni in conseguenza dell'applicazione degli istituti perequativi, compensativi e di incentivazione urbanistica (art. 5, comma 4) 

Il comma 4 affida alle leggi regionali il compito di indirizzare i comuni facenti parte del territorio di riferimento affinchè gli strumenti perequativi, compensativi ed incentivanti siano esercitati garantendo alle amministrazioni il conseguimento di valori patrimoniali o immobiliari commisurato e adeguato ai valori attribuiti ai proprietari delle aree di trasformazione interessate da previsioni conformative. A tal fine, le regioni si dotano di strumenti in grado di fornire ai comuni adeguati supporti tecnico.estimativi per la valutazione delle operazioni immobiliari.

Si valuti l'opportunità di chiarire la portata normativa della disposizione in commento, in particolare precisando se essa intenda stabilire il principio fondamentale per la legislazione regionale secondo cui deve essere garantito un nesso di proporzionalità tra i valori immobiliari e patrimoniali conseguiti dai comuni in esito all'applicazione dei contributi straordinari di cui al comma 3 ed il valore dei diritti edificatori premiali riconosciuti ai privati mediante il ricorso alle tecniche perequative e compensative.  

Principio dell'aggregazione della piccola proprietà immobiliare a fini di recupero urbanistico (art. 5, comma 5)

Il comma 5 prevede che le leggi regionali favoriscono l'aggregazione della piccola proprietà immobiliare in consorzi unitari al fine di agevolare interventi di recupero urbanistico e di sostituzione edilizia:

  • nelle aree urbane degradate;
  • nelle aree soggette a rischio dal punto di vista della stabilità edilizia;
  • nelle aree altrimenti prive delle dotazioni minime di standard urbanistici per il verde e per i servizi. 

Incentivazione della qualità architettonica (art. 6)

L'articolo 6 dispone che, al fine di garantire un elevato livello delle prestazioni architettoniche e tecnologiche delle trasformazioni urbanistiche e edilizie e in particolare dell'inserimento paesaggistico e ambientale degli edifici, le regioni possono prevedere incentivazioni urbanistiche, volumetriche o di superficie, in presenza di iniziative private condotte attraverso la procedura del concorso internazionale di architettura, d'intesa con gli ordini professionali territorialmente competenti.

E' affidata ai comuni, nel rispetto della pianificazione urbanistica strutturale, la determinazione dell'entità delle suddette incentivazioni.

Gli articoli 152 e seguenti del Codice dei contratti pubblici ( D.Lgs. 50/2016) disciplinano lo svolgimento, da parte di un'amministrazione aggiudicatrice, del concorso di progettazione.
Secondo la definizione data dall'art. 3, comma 2, lettera ddd), del Codice, i concorsi di progettazione sono le procedure intese a fornire alle stazioni appaltanti (in una serie di settori elencati dalla norma stessa, tra cui quelli dell'architettura, dell'ingegneria, della pianificazione urbanistica e territoriale) un piano o un progetto (selezionato da una commissione giudicatrice in base a una gara, con o senza assegnazione di premi) con un livello di approfondimento che, di norma (v. art. 152, comma 4) è pari a quello di un progetto di fattibilità tecnica ed economica.
La disciplina dettata dal Codice per i concorsi di progettazione si applica, in base all'art. 156, anche ai concorsi di idee finalizzati all'acquisizione di una proposta ideativa da remunerare con il riconoscimento di un congruo premio.
Relativamente alla prevista intesa con gli ordini professionali competenti, si segnala che il  Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori  (CNAPPC) offre, a titolo gratuito (previa sottoscrizione di un protocollo di intesa con il CNAPPC o con gli ordini degli APPC competenti per territorio, che abbiano sottoscritto un atto di intesa con lo stesso Consiglio Nazionale), l'uso di una piattaforma tecnologica dedicata alle amministrazioni pubbliche o ai soggetti privati che intendano bandire un concorso di progettazione.

Necessità dell'intervento con legge

Nel corso della XVI legislatura la Camera aveva esaminato alcune proposte di legge (nn. 438 - che riproduceva il testo dell'A.C. 3860 approvato dalla Camera nel corso della XIV legislatura - e abbinate) volte ad introdurre una nuova legge quadro sull'urbanistica e a definire i principi fondamentali in materia di governo del territorio, nel rispetto delle competenze regionali, il cui esame non si era tuttavia concluso presso l'altro ramo del Parlamento. Nel corso delle audizioni informali svolte dalla Commissione VIII (Ambiente) nell'ambito dell'esame delle citate proposte di legge, era emersa la necessità di chiarire il quadro delle competenze e delle responsabilità di Stato, regioni ed enti locali e si era espressa una preferenza per gli atti negoziali rispetto agli atti autoritativi previsti nel campo della pianificazione urbanistica.

La necessità di un intervento con legge appare in ogni caso giustificata dall'esigenza di apprestare un quadro normativo nazionale di riferimento per le numerose leggi regionali in materia di governo del territorio approvate a seguito dell'entrata in vigore della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha ricompreso la materia "governo del territorio" tra le materie di legislazione concorrente, la quale comprende la materia dell'urbanistica, come ripetutamente chiarito dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 303 e 307 del 2003.

In conseguenza della riforma del Titolo V, è stata adottata una nuova generazione di leggi regionali in materia di urbanistica, caratterizzate dall'introduzione di modelli (in primis quello perequativo) non contemplati dalla legislazione nazionale e per uniformare i quali appare dunque opportuno un intervento legislativo nazionale che ne fissi i principi fondamentali in ossequio al riparto costituzionale di competenze, e ciò tenuto altresì conto che, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sent. n. 121/2010, le previsioni relative al trasferimento ed alla cessione dei diritti edificatori incidono sulla materia "ordinamento civile", di competenza esclusiva dello Stato.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia "governo del territorio" è ricompresa nel novero delle materie di legislazione concorrente, di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione. In tale materia rientrano i profili tradizionalmente appartenenti all'urbanistica e all'edilizia (sentenze n. 303 e 362 del 2003 della Corte costituzionale) e, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività (sentenza n. 307 del 2003 Corte cost.). 

Si tratta, peraltro, di una materia su cui la Corte è ripetutamente intervenuta nel corso degli anni a motivo della sua ampiezza e della difficoltà di tracciare una sua precisa delimitazione, in quanto suscettibile di intrecciarsi ad altri ambiti materiali riconducibili a competenze legislative diverse, quali, tra l'altro, la tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Inoltre, rileva altresì in materia il tema della tutela del paesaggio, di cui all'articolo 9 della Costituzione, quale valore primario che rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali (sentenza n. 367 del 2007 della Corte costituzionale).

Relativamente a singole disposizioni rileva, infine, la materia dell'"ordinamento civile", assegnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione.