Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Audizione del Capo negoziatore dell'Unione europea sulla Brexit, Michel Barnier - Roma, 12 novembre 2019
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 16
Data: 11/11/2019
Organi della Camera: III Affari esteri, XIV Unione Europea


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Audizione del Capo negoziatore dell'Unione europea sulla Brexit, Michel Barnier - Roma, 12 novembre 2019

11 novembre 2019


Indice

Quadro repilogativo|L'Accordo di recesso e la Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito approvati dal Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019|Possibili esiti|Preparativi dell'UE per una eventuale uscita del Regno Unito senza accordo|I temi di interesse italiano implicati dalla Brexit|I risultati del referendum del giugno 2016|


Quadro repilogativo

Il Consiglio europeo, sulla base della richiesta del Regno Unito, ha approvato il 28 ottobre  2019, con procedura scritta, la decisione con la quale si proroga ulteriormente il periodo ex art.50 del Trattato sull'Unione europea (TUE) dal 31 ottobre 2019 al 31 gennaio 2020, per consentire maggior tempo per la ratifica dell'Accordo di recesso da parte del Regno Unito. La decisione prevede che nel caso in cui l'Accordo di recesso sia stato ratificato da entrambe le parti, il recesso del Regno Unito possa anche avvenire prima del 1° febbraio 2020, nelle date del 1° dicembre 2019 o del 1° gennaio 2020.
Sempre il 28 ottobre, il Consiglio europeo ha approvato una dichiarazione che:

 

  • esclude la riapertura di negoziati sull'Accordo di recesso in futuro;
  • indica che fino alla data di recesso il Regno Unito rimane uno Stato membro dell'UE, con tutti i diritti e le obbligazioni, compresa quella di indicare un candidato per la carica di membro della Commissione europea (la Presidente eletta, Ursula von der Leyen, ha inviato  il  6 novembre scorso una lettera al Primo ministro, Boris Johnson, nella  quale  si  invita il Governo del Regno Unito a designare un candidato alla carica di membro della Commissione europea, possibilmente donna, per rispettare l'equilibrio di genere nella composizione della Commissione. Si ricorda che il Governo del Regno Unito aveva rinunciato a designare un candidato  per  la  Commissione  europea, nella convinzione di poter perfezionare il recesso dall'UE entro il 31 ottobre 2019, prima dell'insediamento della nuova Commissione europea, previsto il 1° novembre, ma attualmente  slittato almeno al 1° dicembre 2019, per il respingimento dei candidati di Francia, Romania e Ungheria da parte del Parlamento europeo);
  • impegna  il  Regno Unito  ad astenersi  da  misure  che  potrebbero  mettere in pericolo il raggiungimento dei compiti dell'UE, in particolare nel processo decisionale dell'UE.

 

Si ricorda che i nuovi testi dell' Accordo di recesso del Regno Unito dall'UE e della dichiarazione politica che definisce il quadro delle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito sono stati approvati - in esito alla riapertura di negoziati sui testi già in precedenza negoziati dal Governo del Regno Unito, presieduto da Theresa May,  e  dall'UE,  il 14 novembre 2018 - dal Consiglio  europeo del 17 e 18 ottobre 2019.
Il Primo Ministro del Regno Unito, Boris Johnson, aveva infatti presentato il 2 ottobre 2019 delle nuove proposte volte a sostituire la clausola di backstop relativa al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord ( che era stata concordata nell'Accordo di recesso del novembre 2018), che però presentavano vari profili problematici per l'UE, con particolare riferimento alla questione del confine doganale tra Irlanda e Irlanda del Nord ed al diritto di veto da parte dell'Assemblea dell'Irlanda del Nord sull'entrata in vigore e sul mantenimento delle norme volte a sostituire la clausola di backstop. I negoziati, dopo un iniziale stallo, si sono poi riaperti  grazie  ad una ulteriore modifica delle posizioni negoziali del Regno Unito ed al raggiungimento di un compromesso tra le parti. Si ricorda che, in precedenza, la House of Commons ha respinto tre volte il testo dell'Accordo di recesso che era stato negoziato dal Governo presieduto da Theresa May (il 15 gennaio, 12 e 29 marzo 2019).
 
Il testo dell'Accordo di recesso e della dichiarazione politica da ultimo negoziati dovranno essere approvati dal Parlamento del Regno Unito e, successivamente, dal Consiglio dell'UE, a maggioranza qualficata rafforzata ( almeno il 72% dei membri del Consiglio dell'UE che rappresentino almeno il 65 % della popolazione dell'UE) e dal Parlamento europeo.
Si ricorda che la House of Commons il 19 ottobre 2019 ha sospeso l'approvazione dell'Accordo di recesso fintanto che non sia stato addottato il Withdrawal bill, che è il disegno di  legge  volto rendere efficace l'Accordo di recesso nell'ordinamento del Regno Unito e, successivamente, il 22 ottobre, ha approvato in seconda lettura il Withdrawal Bill, ma ha respinto la mozione  del Governo volto ad accelerarne l'esame parlamentare in vista della scadenza del 31 ottobre. Il Governo del Regno Unito, valutata l'impossibilità di  concludere  l'esame parlamentare del Withdrawal Bill entro il 31 ottobre, ne ha chiesto la sospensione.
Infine, il 29 ottobre 2019 House of Commons ha approvato la mozione presentata  dal  Governo volta a indire le elezioni generali il 12 dicembre 2019.
Si ricorda che l' Accordo di recesso contiene norme volte a garantire una uscita  ordinata  del Regno  Unito dall'UE, e richiede per la sua entrata in vigore esclusivamente l'approvazione da  parte dell'UE (da parte del Consiglio dell'UE, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo) e del Regno Unito. La Dichiarazione sul quadro delle future relazioni è volta, invece, ad impegnare le parti nell'ambito dei negoziati di un futuro accordo sulle relazioni tra UE  e Regno Unito,  che potranno essere avviati solo dopo  che il  Regno Unito sarà diventato un Paese terzo e per la cui entrata in vigore, trattandosi di un accordo di natura mista, che riguarda non solo competenze dell'UE, ma anche  degli Stati membri dell'UE, sarà necessaria, a differenza dell'accordo di recesso, la ratifica di ciascuno Stato membro, secondo le rispettive norme costituzionali.
Michel Barnier, che ha presieduto in qualità di capo negoziatore la Task force per i negoziati relativi all'Accordo di recesso, è stato invitato a presiedere anche la Task force che sarà incaricata di coordinare i negoziati per il futuro accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito in quanto Stato terzo.
Ai sensi dell'art. 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE), il processo di uscita del Regno Unito dall'UE si sarebbe dovuto concludere entro due anni dalla notifica formale del processo di recesso dall'UE del Regno Unito avvenuta il 29 marzo 2017, e quindi, il 29 marzo 2019. L'articolo 50 del TUE prevede che, trascorso il periodo di due anni dalla notifica del recesso ovvero il periodo della proroga senza che  un  accordo di recesso sia entrato in vigore e in mancanza di un'ulteriore proroga, i Trattati cessino di essere applicati allo Stato recedente (scenario cd. no deal).
Il Consiglio europeo, avvalendosi della possibilità prevista dall'art. 50 del TUE, che non prevede limiti al numero e alla durata delle proroghe, aveva già concesso, su richiesta del Regno Unito, due proroghe del termine di due anni previsto dal sopracitato articolo. In particolare, il 21 marzo 2019 ha prorogato tale termine fino al 22 maggio 2019 il successivo 11 aprile 2019, ha concesso un'ulteriore proroga fino al 31 ottobre 2019.

L'Accordo di recesso e la Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito approvati dal Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019

Le modifiche all'Accordo di recesso
Rispetto al testo dell'Accordo di recesso negoziato da UE e Regno Unito il 14 novembre 2018 ed approvato dal Consiglio europeo il 25 novembre 2018, le modifiche sostanziali hanno riguardato esclusivamente il Protocollo relativo all'Irlanda e l'Irlanda del Nord, che prevede una soluzione giuridicamente operativa volta ad evitare una frontiera fisica sull'isola d'Irlanda, tutelando l'economia dell'intera isola e l'accordo del Venerdì santo (accordo di Belfast) e al tempo stesso salvaguardardando l'integrità del mercato unico dell'UE.
Gli altri elementi dell'Accordo di recesso ( in particolare le disposizioni sui diritti dei cittadini, la liquidazione finanziaria dovuta dal Regno Unito e quelle relative al periodo transitorio fino  al 31  dicembre 2020) restano inalterati, riprendendo le disposizioni  dell'Accordo di recesso già concordato  tra UE e Regno Unito nel novembre 2018.
 
In particolare il nuovo Accordo di recesso reca le seguenti modifiche:
  • le disposizioni relative al confine tra Irlanda del Nord e Irlanda, contenute nel protocollo sull'Irlanda e l'Irlanda del Nord prevedono che dopo il periodo transitorio (fino al 31 dicembre 2020, ma prolungabile su accordo tra le parti una sola volta, per un periodo massimo di altri due anni) per 4 anni l'Irlanda del Nord rimarrà allineata agli standard comunitari per quanto  riguarda la legislazione sulle merci, le norme sanitarie  e  fitosanitarie  ("norme  SPS"), le norme sulla produzione/commercializzazione dei prodotti agricoli, sull'IVA e sulle accise sulle merci e le norme in materia di aiuti di Stato, mentre a livello doganale  resterà  parte  del territorio doganale del Regno Unito. Al termine di tale periodo di  4 anni, l' Assemblea  dell'Irlanda del Nord potrà decidere se mantenere di volta in volta in vigore tale regime  oppure no per  altri 4 anni (a maggioranza semplice) o per altri 8 anni (con la maggioranza "cross-community" cioè di tutte e due le comunità dell'Assemblea dell'Irlanda del Nord,  quella  unionista  e quella  nazionalista). Nel caso in cui l'Assemblea parlamentare dell'Irlanda del Nord si esprima contro il proseguimento di tale regime le disposizioni del Protocollo continueranno comunque ad applicarsi per altri 2 anni. Nel caso in cui l'Assemblea parlamentare non fosse,  invece,  in  grado  di  deliberare, poiche sospesa (come attualmente) si continuerebbero comunque ad applicare le disposizioni del Protocollo.  Sostanzialmente,  tale  modifiche  sostituiscono  quelle, precedentemente negoziate, relative alla clausola di backstop - che si sarebbero applicate in assenza e fintanto che la questione del confine tra Irlanda e Irlanda del Nord non fosse stata altrimenti disciplinata nell'ambito del futuro accordo che regoli le relazioni tra UE e Regno Unito -  con un sistema che sarà immediatamente operativo a partire dalla fine del periodo transitorio e resterà in vigore, in modo permanente (la clausola di backstop aveva invece natura temporanea) fintanto che abbia il consenso dell'Assemblea dell'Irlanda del  Nord  e  comunque  per almeno  6 anni (4 + 2 di applicazione in caso di opposizione) dopo la fine del periodo transitorio;
  • al fine di evitare controlli doganali tra Irlanda e Irlanda del Nord, tutte le merci che entrano nel territorio dell'Irlanda del Nord saranno soggette al codice doganale dell'UE, ma i dazi  doganali europei si applicheranno alle merci in ingresso dal Regno Unito o da paesi terzi nell'Irlanda del nord solo se tali merci rischiano di entrare nel mercato unico dell'UE. La valutazione del sopracitato rischio delle merci in transito in Irlanda del Nord sarà affidata ad un Comitato misto EU-Regno Unito (Joint Commitee). Nel caso  in  cui  il  dazio  doganale europeo sia superiore a quello del Regno unito è previsto un sistema di rimborso da parte del Regno Unito agli operatori dell'Irlanda  del  Nord. I controlli sul rispetto del diritto dell'UE per le merci in ingresso  in Irlanda del Nord da altre parti del Regno Unito saranno esercitati dalle autorità del Regno Unito con un meccanismo di supervisione da parte dell'UE;
  • in materia di IVA viene stabilito che sarà l'autorità britannica (HMCR) a modificare le aliquote del proprio sistema in Irlanda del Nord per allinearle a quelle europee relativamente ai soli beni, e saranno le autorità britanniche responsabili della riscossione dell'imposta. Inoltre, esenzioni e aliquote ridotte in vigore in Irlanda potranno essere applicate anche in Irlanda del Nord al fine di "evitare distorsioni" del regime fiscale sull'isola irlandese;
  • le disposizioni che impegnavano a  mantenere il cosiddetto "level  playing field", ossia  il rispetto  di standard comuni in materia di aiuto di stato, ambienti, diritti dei lavoratori, diritti dei consumatori per una corretta ed equilibrata concorrenza sono state eliminate dall'Accordo di recesso e richiamate nella dichiarazione politica quali condizioni per un futuro  accordo  di libero scambio  tra UE e Regno Unito (v. infra).

 

Le modifiche alla Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni
Rispetto al testo approvato a dicembre 2008 il nuovo testo della Dichiarazione negoziata da UE e Regno Unito a dicembre 2018, la modifica principale della dichiarazione politica riguarda il futuro delle relazioni economiche tra l'UE e il Regno Unito, aspetto per il quale il Regno Unito ha optato per un modello basato su un accordo di libero scambio.
La dichiarazione politica prevede, infatti, l'impegno comune da parte dell'UE e del Regno Unito a negoziare un accordo di libero scambio ambizioso, senza dazi né contingenti tra l'UE e il Regno Unito.  La Dichiarazione afferma che impegni per la parità di condizioni ( level playing field) dovranno garantire una concorrenza aperta e leale. La natura esatta di tali impegni sarà commisurata all'ambizione dei futuri rapporti e terrà conto dell'interconnessione economica e della prossimità geografica del Regno Unito. E' stato, inoltre, inserito un impegno delle parti alla non  regressione degli impegni in materia ambientale, sociale e del lavoro e un richiamo  ai  principi  ed  agli  impegni previsti nell'ambito dell' Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Possibili esiti

Al momento si prospettano i seguenti scenari:
  • approvazione dell'Accordo di recesso e della Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito, approvati dal Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019, da parte del nuovo Parlamento che si insedierà successivamente alle elezioni generali del 12 dicembre 2019 ;
  • uscita del Regno Unito dall'UE senza accordo il 31 gennaio 2020. Michel Barnier - che presiederà anche la Task force incaricata di negoziare il futuro accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito - ha indicato lo scorso 30 ottobre  che,  anche  nell'eventualità  della ratifica dell'Accordo di recesso del Regno Unito entro il prossimo 31  gennaio,  il periodo transitorio  (previsto dall'entrata in vigore dell'Accordo di recesso fino al 31 dicembre 2020) potrebbe essere insufficente per negoziare un accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito e - nel caso in cui il Governo del Regno Unito fosse contrario ad una sua estensione (possibile  con  accordo  tra le parti una sola volta, per un periodo massimo di altri due anni) si potrebbe  riproporre allo scadere del periodo transitorio il 31 dicembre 2020 una  situazione  sostanzialmente analoga a quella  di  una uscita del Regno Unito senza accordo;
  • eventuale ulteriore proroga del termine ex art. 50, da parte del Consiglio europeo (da conseguire all'unanimità) rispetto alla scadenza del 31 gennaio 2020, per consentire eventuale convocazione di un secondo referendum nel Regno Unito ( per il quale  è  stimato  un  tempo  minimo di 12 settimane per la sua organizzazione);
  • revoca unilaterale da parte del Regno Unito della decisione di recedere dall'UE  in caso di  esito del referendum favorevole al remain.

La Corte di giustizia dell'UE, nell'ambito del procedimento C-621/18, ha emesso il 10 dicembre 2018 una sentenza con la quale ha stabilito che il Regno Unito può decidere, unilateralmente,  di revocare la  sua decisione di recedere dall'Unione europea, prima dell'entrata in vigore dell'accordo  di  recesso  o prima della scadenza dei due anni prevista dall'art. 50 del Trattato sull'Unione europea o di  una sua  eventuale proroga. La Corte ha previsto che tale revoca deve essere decisa sulla base di un processo democratico e in accordo con le norme costituzionali nazionali.

Preparativi dell'UE per una eventuale uscita del Regno Unito senza accordo

La Commissione europea ha promosso preparativi per adeguarsi a tutte le implicazioni possibili a livello di Istituzioni dell'UE, Istituzioni nazionali, regionali e locali e soprattutto da parte degli operatori economici e dei soggetti privati.
Su proposta della  Commissione europea,  l'UE  ha già adottato una serie di proposte legislative volte  a fare fronte ad una eventuale uscita senza accordo nelle  seguenti  aree  prioritarie:  disposizioni relativi ai diritti di residenza dei cittadini e agli obblighi  di  vistoservizi  finanziari;  trasporti  aerei; dogane e regolamentazione sanitaria e fitosanitaria; clima.
La Commissione ha indicato che, in caso di uscita senza accordo, il Regno Unito diventerà un Paese terzo senza regime transitorio. Da quel momento tutto  il  diritto  primario  e  derivato  dell'UE cesserà di applicarsi al Regno Unito e non vi sarà il periodo di transizione previsto dall'accordo di recesso, il che ovviamente causerà notevoli disagi ai cittadini e alle imprese.
In questo scenario, le relazioni del Regno Unito con l'UE saranno  disciplinate  dal diritto  pubblico internazionale generale, che comprende le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio.
L'UE sarà tenuta ad applicare immediatamente la propria normativa e le proprie tariffe alle frontiere con il Regno Unito, inclusi i controlli e le verifiche del rispetto delle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie e la verifica di conformità alle  norme dell'UE.  Nonostante  i  preparativi delle autorità doganali degli Stati membri, i controlli potrebbero causare importanti  ritardi  alla  frontiera. Inoltre, i soggetti del Regno Unito non potranno più essere ammessi a beneficiare delle sovvenzioni dell'UE e a partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti dell'UE secondo le attuali modalità.
Analogamente, i cittadini britannici non saranno più cittadini dell'Unione  europea,  e saranno  sottoposti a controlli supplementari quando  attraversano  le  frontiere nell'UE. Anche in questo ambito  gli Stati membri hanno effettuato importanti preparativi nei porti e negli aeroporti per garantire la maggiore efficienza possibile dei controlli, ma potranno comunque verificarsi dei ritardi.
Il 4 settembre 2019  la Commissione ha presentato una nuova comunicazione  sui preparativi per la Brexit, nella quale esorta tutti i portatori di interesse  dell'UE  a  prepararsi per un'uscita senza accordo e ha pubblicato una lista di controllo dettagliata  per aiutare le imprese che commerciano  con il Regno Unito a ultimare i preparativi.  Inoltre,  la  Commissione  ha  proposto al Parlamento europeo e al Consiglio di apportare adeguamenti tecnici alla durata delle misure di emergenza dell'UE in caso di mancato accordo  nel settore dei trasporti  ed  ha  altresì  proposto di riproporre nel 2020 le attuali misure disposizioni di emergenza per il settore della pesca per il 2019 e per  l'eventuale partecipazione del Regno Unito al bilancio dell'UE per il 2020. Infine, la Commissione ha proposto di mettere a disposizione il Fondo europeo di solidarietà e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere le imprese, i lavoratori e gli Stati membri più colpiti a seguito di un'uscita senza accordo. Queste proposte sono state gia approvate  dal Parlamento europeo in prima lettura nell'ambito della sessione del 21-24 ottobre 2019 e sono attualmente all'esame del Consiglio dell'UE.

I temi di interesse italiano implicati dalla Brexit

L'Italia ha partecipato al negoziato all'interno del fronte europeo, che ha manifestato coerenza e compattezza. Le questioni di maggiore rilevanza nazionale sono:
  • le garanzie per i diritti degli italiani residenti nel Regno Unito (circa 700.000 persone) e la semplicità nelle procedure burocratiche che a tal fine  dovranno  essere  affrontate dai cittadini italiani (a tutela delle categorie più vulnerabili o meno colte, vi è interesse a che queste procedure siano accessibili e non siano esclusivamente digitalizzate);
Con specifico riferimento ai cittadini italiani (e comunitari), Londra si è impegnata a garantire tutti i diritti attuali agli europei che già risiedono nel Regno Unito. Gli italiani che vorranno garantirsi lo status di residenti e l'accesso a sanità pubblica e sicurezza sociale, dovranno chiedere un permesso di permanenza e dovranno avere vissuto nel Regno Unito per almeno cinque anni. La libera circolazione delle persone, secondo quanto previsto dall'Accordo di recesso, dovrebbe terminare il 31 dicembre 2020, fino a tale data dovrebbe essere in vigore l'accordo di transizione, in virtù del quale sarà ancora possibile stabilirsi e lavorare nel Regno Unito senza permessi particolari. Ci sarà tempo fino al giugno 2021 per presentare la domanda e chi non ha ancora raggiunto i 5 anni di residenza godrà comunque di un " presettled status", che diventerà settled status, cioé residenza definitiva, una volta maturati i cinque anni. Va ricordato come il Regno Unito, a differenza dell'Italia, non abbia un sistema di registrazione dei cittadini europei residenti nel suo territorio (certificato di residenza) e abbia per questo motivo dovuto avviare una procedura specifica, già disciplinata in parte nell'Accordo di recesso.
  • la tutela delle indicazioni geografiche nell'agro-alimentare, visto che l'Italia è il paese con il più alto numero di indicazioni geografiche protette in ambito UE. Tutela che, nel testo dell'Accordo recesso, appare garantita per l'intero periodo di transizione, e potenzialmente anche nella  prospettiva delle future relazioni commerciali;
  • il mantenimento di un forte rapporto con il Regno Unito sia in  materia  di  sicurezza e  difesa, sia in materia di sicurezza interna e contrasto al terrorismo;
  • un'uscita ordinata che non pregiudichi il livello dei rapporti commerciali esistenti fra i due paesi.

 

Per seguire e coordinare le attività inerenti la Brexit, il Governo italiano ha istituito una Task Force per la Brexit.
I preparativi italiani si iscrivono nel contesto del piano collettivo europeo e hanno l'obiettivo principale di garantire, anche con misure legislative:
  • la tutela dei diritti dei cittadini italiani che vivono nel Regno Unito e dei cittadini  britannici  che vivono in Italia;
  • la tutela della stabilità finanziaria e della continuità operativa dei mercati e dei settori  bancario, finanziario e assicurativo (sia localizzati  in Italia, sia  nel  Regno  Unito),  anche al fine di evitare rischi di liquidità e di garantire certezza delle transazioni, nonché la protezione di depositanti, investitori e assicurati;
  • la promozione di un'adeguata preparazione delle imprese e la gestione di emergenze relative ad alcuni ambiti settoriali come, ad esempio, trasporti, dogane, sanità, agricoltura, ricerca, istruzione e altri settori in cui dovessero essere necessari interventi.
Il 25 marzo 2019 il Governo ha adottato il c.d. Decreto Brexit  (DL  25 marzo 2019, n.22 convertito in Legge del 20 maggio 2019 n.41) per assicurare la stabilità finanziaria  e  integrità dei mercati, la tutela dei diritti dei cittadini britannici residenti in Italia, nonché il rafforzamento della rete consolare nel Regno Unito e dell'assistenza nei confronti della comunità italiana ivi residente.

I risultati del referendum del giugno 2016

I risultati del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'UE tenutosi il 23 giugno 2016, hanno visto la vittoria del Leave (con il 51,9% dei voti) contro il Remain (con il 48,1% dei voti), con un'affluenza alle urne del 71,8% dell'elettorato (oltre 30 milioni di persone).
Il Paese è risultato molto diviso. A favore del Remain sono stati la Scozia (62%), Londra (59,9%), l'Irlanda del Nord (55,8%) ed il territorio d'Oltremare di Gibilterra (95,9%).
Il voto è apparso anche molto diviso demograficamente, con i giovani tra i 18-24 e i 25-34 anni che hanno votato rispettivamente per il 73% ed il 62% per rimanere in Europa.