Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Visita al quartier generale di Europol di una delegazione del Comitato Parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione - L'Aia, 8 e 9 aprile 2019
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 13
Data: 02/04/2019
Organi della Camera: Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, XIV Unione Europea

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

AUDIZIONI E INCONTRI

 

 

 

Visita al quartier generale di Europol di una delegazione del Comitato Parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

L’Aja, 8 e 9 aprile 2019

 

 

 

 

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n. 49

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

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INDICE

 

Schede di lettura.. 1

Il ruolo di Europol.. 3

Il Gruppo di controllo parlamentare congiunto sulle attività di Europol.. 7

La protezione dei dati personali nell’ambito delle attività di Europol.. 9

L’attuazione dell’Unione della sicurezza: le politiche UE in materia di sicurezza interna.. 13

L’approccio strategico alle questioni della sicurezza. 13

Le principali misure in materia di contrasto al terrorismo. 14

Radicalizzazione e linguaggio d’odio. 19

Frontiere UE e Spazio Schengen. 20

Scambio di informazioni 22

Le politiche UE in materia di cibersicurezza.. 25

L’approccio UE all’azione di contrasto al cybercrime. 25

Le minacce alle reti e ai sistemi informatici 25

L’uso dei sistemi informatici a fini criminali 26

L’impiego dei sistemi informatici per la diffusione di contenuti illegali: recenti iniziative. 27

Risorse finanziarie. 29

L’Agenda europea sulla migrazione.. 31

L'approccio UE alla politica di migrazione. 31

Dimensione interna di politica di migrazione: la riforma del Sistema europeo comune di asilo. 32

Gestione delle frontiere. 35

Il sostegno finanziario all'Italia e le linee future per il bilancio UE in materia di migrazione e frontiere. 36

Profili di azione esterna della politica di migrazione. 37

Iniziative in materia di politica dei visti 41

Riammissione. 41

Migrazione legale e integrazione. 42


Schede di lettura




Il ruolo di Europol

Entrata in funzione nel 1998 sulla base della Convenzione Europol del 1995, e più volte giuridicamente riformata, da ultimo, con il regolamento n. 2016/794, l’Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) assiste le autorità degli Stati membri incaricate dell’applicazione della legge fornendo una piattaforma per lo scambio e l’analisi di informazioni su una serie di attività criminali gravi e a carattere transnazionale.

Il raggio di azione dell’Agenzia, previsto dall’articolo 88, paragrafo, 1, del Trattato sul funzionamento dell’UE, ricomprende la prevenzione e la lotta contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell'Unione. In particolare, l’allegato I del regolamento citato specifica le tipologie di reato di competenza dell’Agenzia: terrorismo, criminalità organizzata, traffico di stupefacenti, attività di riciclaggio del denaro, criminalità nel settore delle materie nucleari e radioattive, organizzazione del traffico di migranti, tratta di esseri umani, criminalità connessa al traffico di veicoli rubati, omicidio volontario e lesioni personali gravi, traffico illecito di organi e tessuti umani, rapimento, sequestro e presa di ostaggi, razzismo e xenofobia, rapina e furto aggravato, traffico illecito di beni culturali, compresi gli oggetti d'antiquariato e le opere d'arte, truffe e frodi, reati contro gli interessi finanziari dell'Unione, abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato finanziario, racket e estorsioni, contraffazione e pirateria in materia di prodotti, falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi, falsificazione di monete e di altri mezzi di pagamento, criminalità informatica, corruzione, traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi, traffico illecito di specie animali protette, traffico illecito di specie e di essenze vegetali protette, criminalità ambientale, compreso l'inquinamento provocato dalle navi, traffico illecito di sostanze ormonali e altri fattori di crescita, abuso e sfruttamento sessuale, compresi materiale pedopornografico e adescamento di minori per scopi sessuali, genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.

Con sede a L’Aia (Paesi Bassi), l’Agenzia funge da:

·       centro di sostegno per le operazioni di contrasto;

·       centro di informazioni sulle attività criminali;

·       centro di competenze in tema di applicazione della legge.

Oltre alla raccolta, conservazione, trattamento, analisi e scambio di informazioni, l’Agenzia può sostenere e rafforzare le azioni delle autorità competenti degli Stati membri svolgendo attività di coordinamento, organizzazione e svolgimento di indagini e azioni operative comuni. Tuttavia, Europol non applica misure coercitive nello svolgimento dei suoi compiti, trattandosi di competenza esclusiva delle pertinenti autorità nazionali.

La struttura amministrativa e di gestione di Europol comprende: un consiglio di amministrazione; un direttore esecutivo; se del caso, altri organi consultivi istituiti dal consiglio di amministrazione. Il budget 2019 per l’Agenzia ammonta a oltre 138 milioni di euro.

La funzione di analisi delle attività criminali esercitata da Europol si traduce, tra l’altro, nella pubblicazione dei seguenti documenti periodici di valutazione:

·       la valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata e dalle forme gravi di criminalità nell’UE (SOCTA);

·       la relazione sulla situazione e sulle tendenze del terrorismo nell’UE (TE-SAT), recante un resoconto dettagliato dello stato del terrorismo nell’UE;

·       la relazione annuale dell’Agenzia, recante in linea di massima mezzi impiegati e risultati riconducibili alle attività di Europol.

L’Agenzia riveste un ruolo centrale per quanto riguarda la condivisione di informazioni tra Stati membri in materia di criminalità. Al riguardo, il quadro giuridico di Europol disciplina le modalità di interrogazione della banca dati gestita dall’Agenzia (normalmente alimentata da informazioni inserite dalle autorità di contrasto degli Stati membri).

Nel corso degli anni sono stati costituiti, in seno all’Agenzia, una serie di centri specializzati nell’approfondimento di tipologie criminali ritenute di prioritaria importanza. Sono riconducibili a tali organismi, tra l’altro:

·       il Centro europeo per il cybercrime (EC3), costituito nel 2013 per rafforzare la risposta di polizia alle forme di criminalità cibernetiche, con particolare riguardo alla protezione dei cittadini, delle imprese e degli apparati pubblici dai reati online;

·       il Centro europeo per il traffico di migranti, istituito all’inizio del 2016 a seguito della grave crisi dei flussi migratori, concernente in particolare la rotta del Mediterraneo orientale e dei Balcani occidentali. Tale organismo sostiene gli Stati membri nelle attività di individuazione e smantellamento delle reti internazionali che gestiscono i flussi irregolari migratori;

·       il Centro europeo antiterrorismo, istituito nel 2016, fornisce sostegno operativo richiesto delle autorità degli Stati membri nel settore delle indagini e del contrasto al fenomeno dei foreign fighters, delle forme di finanziamento del terrorismo, della propaganda terroristica ed estremistica online (avvalendosi della unità EU Internet Referral Unit), del traffico illegale di armi, cooperando altresì con le atre autorità antiterroristiche a livello internazionale;

·       l’Internet Referral Unit (EU IRU), costituita nel 2015 con il compito di ridurre il livello e l’impatto della propaganda online che inciti al terrorismo o all’estremismo violento. L’unità collabora a progetti in materia di individuazione e segnalazione di tali contenuti ai fornitori di servizi di Internet (ai fini della rapida cancellazione), sostenendo altresì gli Stati membri nelle analisi operative e strategiche concernenti di tale fenomeno;

·       in attuazione del documento di programmazione 2018-2020, è previsto nel corso del 2019 l’avvio delle attività di un organismo (l’Europol travel intelligence Centre - ETIC) specializzato per il sostegno agli Stati membri per quanto riguarda l’uso operativo e strategico delle informazioni e dell’intelligence in materia di viaggi forniti in base ai codici di prenotazione (PNR), e alle informazioni anticipate dei passeggeri (Advanced passengers information –API) e dal Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS).

Presso Europol sono, infine, istituite l’unità Intellectual Property Crime Coordinated Coalition (IPC3) e la rete Financial Intelligence Units – FIU.net, volte rispettivamente al contrasto al crimine contro la proprietà intellettuale, e al sostegno alle Unità di Informazione Finanziaria degli Stati membri in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.


 


 

Il Gruppo di controllo parlamentare congiunto sulle attività di Europol

Dando attuazione a quanto disposto dall’articolo 88, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con l’approvazione del regolamento (UE) 2016/794, dell'11 maggio 2016 recante il nuovo quadro giuridico di Europol è stato introdotto un meccanismo di controllo delle attività dell’Agenzia da parte del Parlamento europeo in associazione con i Parlamenti nazionali; tale meccanismo si è tradotto nella costituzione del Gruppo congiunto di controllo parlamentare, che ha avviato i suoi lavori nel 2017.

In particolare, il Gruppo esercita un monitoraggio politico delle attività di Europol nell'adempimento della sua missione, anche per quanto riguarda l'impatto di tali attività sui diritti e sulle libertà fondamentali delle persone fisiche.

Circa la costituzione del Gruppo:

·       ciascun Parlamento nazionale (limitatamente agli Stati membri che abbiano aderito al regolamento Europol) deve essere rappresentato da un numero di membri fino a 4. Nel caso di Parlamenti bicamerali, ciascuna Camera può nominare fino a due membri. Il Parlamento europeo deve essere rappresentato con un numero massimo di 16 membri;

·       il Gruppo è presieduto congiuntamente dal Parlamento del Paese che detiene la Presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea e dal Parlamento europeo.

Il Gruppo si riunisce normalmente due volte l'anno, alternativamente nel Parlamento del Paese che detiene la Presidenza di turno del Consiglio dell’UE e nel Parlamento europeo (a determinate condizioni, sono possibili riunioni straordinarie).

Il regolamento Europol disciplina una serie di attività nell’ambito del monitoraggio del Gruppo. In particolare:

a)     il presidente del consiglio di amministrazione dell’Agenzia, il direttore esecutivo o i loro supplenti compaiono dinanzi al Gruppo, su richiesta di quest'ultimo, per discutere questioni riguardanti le attività dell’Agenzia, compresi gli aspetti di bilancio di tali attività, l'organizzazione strutturale e l'eventuale istituzione di nuove unità e centri specializzati, tenendo conto degli obblighi di segreto e riservatezza. Il gruppo può decidere di invitare alle sue riunioni altre persone interessate, ove del caso;

b)    il Garante europeo per la protezione dei dati personali compare dinanzi al Gruppo, su richiesta di quest'ultimo, a cadenza almeno annuale per discutere le questioni generali relative alla protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare la protezione dei dati personali, nelle attività di Europol, tenendo conto degli obblighi di segreto e riservatezza;

c)     il Gruppo è consultato per quanto riguarda la programmazione pluriennale di Europol.

Inoltre Europol trasmette al Gruppo, a titolo informativo, tra l’altro, i seguenti documenti, tenendo conto degli obblighi di segreto e riservatezza:

·       le valutazioni delle minacce, le analisi strategiche e i rapporti di situazione in relazione all'obiettivo di Europol, nonché i risultati degli studi e delle valutazioni commissionate da Europol;

·       le intese amministrative concluse ai sensi del regolamento di Europol

·       il documento contenente la programmazione pluriennale e il programma di lavoro annuale di Europol;

·       la relazione annuale di attività consolidata sulle attività di Europol;

·       la relazione di valutazione redatta dalla Commissione.

Il Gruppo di controllo parlamentare congiunto può redigere conclusioni sintetiche sul monitoraggio politico delle attività di Europol e presentarle al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali. Il Parlamento europeo le trasmette, a titolo informativo, al Consiglio, alla Commissione e a Europol.


 

La protezione dei dati personali nell’ambito delle attività di Europol

In considerazione della significativa massa di informazioni trattate e scambiate nell’ambito delle attività di Europol (cui partecipano autorità di Stati membri per finalità legate al contrasto del crimine), il rinnovato quadro giuridico dell’Agenzia include un apparato di disposizioni a tutela dei dati personali.

Tale regime, previsto al capo VI del richiamato regolamento (UE) 2016/794 (regolamento Europol), si basa sui principi contenuti nella Convenzione n. 108 del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale[1], e sulla raccomandazione n. R(87) del Comitato dei Ministri del medesimo organismo in materia di uso dei dati personali nel settore della polizia.

La disciplina è, inoltre, coerente con quanto stabilito a livello UE dalla direttiva (UE) 2016/680, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, nell’ambito di un disegno complessivo di riforma (caratterizzato da elevati standard di protezione armonizzati) che ha previsto anche l’adozione del nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati (regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE)[2].

In sintesi, il Capo VI del regolamento Europol stabilisce, tra l’altro: i principi generali in materia di protezione dei dati personali trattati dall’Agenzia (articolo 28), anche con riferimento a particolari categorie di dati (cosiddetti dati sensibili), e di soggetti interessati al trattamento (articolo 30); i termini per la conservazione e la cancellazione dei dati (31); le disposizioni che vincolano l’Agenzia a garantire sotto diversi profili la sicurezza dei dati (articoli 32 e 33); la notificazione di una violazione dei dati personali alle autorità di controllo (articolo 34), e la relativa comunicazione (compresi i limiti dovuti ad esigenze connesse alla peculiare attività dell’Agenzia di sostegno alle attività di tutela della sicurezza) agli interessati (articolo 35). Disposizioni particolari sono altresì previste con riguardo, tra l’altro, al diritto di accesso dell’interessato ai propri dati (articolo 36), e ai connessi diritti di rettifica, cancellazione e limitazione dell’accesso ai dati (articolo 37), il cui esercizio è circoscritto in funzione delle citate esigenze di tutela della sicurezza.

La disciplina delinea, inoltre, il quadro delle responsabilità in materia di protezione dei dati personali, ripartendole in linea di massima tra Europol e gli Stati membri (articolo 38); viene altresì individuato tra i membri del personale dell’Agenzia un responsabile della protezione, nominato dal consiglio di amministrazione dell’organismo (articolo 41).

Il regime include inoltre un articolato sistema di vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (articoli 41-45), che coinvolge significativamente il Garante europeo per la protezione dei dati personali e le autorità di controllo nazionali.

Da ultimo, è previsto un apparato di mezzi di ricorso e di responsabilità che, in estrema sintesi, prevede il diritto degli interessati di presentare reclamo al Garante citato e ricorso alla Corte di giustizia dell’UE, nonché il diritto al risarcimento, da parte di Europol o dello Stato membro (a seconda dei profili di responsabilità), del danno cagionato da un trattamento illecito di dati (articoli 47- 50).

La sorveglianza sulla protezione dei dati personali può altresì considerarsi inclusa nel monitoraggio politico dal Gruppo di controllo parlamentare congiunto delle attività di Europol anche per quanto riguarda l’impatto sui diritti e sulle libertà fondamentali delle persone fisiche.[3]

Il responsabile della protezione dei dati personali è nominato dal consiglio di amministrazione tra i membri del personale dell’Agenzia, dotato di specifiche garanzie di indipendenza, con il compito, tra l’altro di:

·       garantire l’applicazione delle disposizioni del regolamento Europol in materia di dati personali;

·       cooperare con il Garante europeo per la protezione dei dati personali;

·       tenere un registro delle violazioni dei dati.

Oltre al potere di accesso a tuti i dati trattati e tutti i locali dell’Agenzia, al responsabile è attribuita la facoltà di chiedere ai principali organi direttivi di Europol di porre rimedio alle violazioni delle regole sulla protezione dei dati, potendo altresì, in caso di diniego, rivolgersi direttamente al Garante citato (articolo 42).

Il Capo VI del regolamento Europol attribuisce al Garante europeo per la protezione dei dati personali (GEPD - in cooperazione con le autorità nazionali designate dagli Stati membri) le principali funzioni di sorveglianza sul legittimo trattamento dei dati personali nell’ambito delle attività dell’Agenzia.

Oltre ad un ruolo di tipo consultivo (di propria iniziativa o su richiesta di Europol, anche in via preventiva, rispetto a nuovi tipi di trattamento da effettuare), la disciplina conferisce a tale organismo poteri di indagine che il GEPD svolge, tra altro, esercitando il potere di accesso a tutti i dati personali e informazioni, nonché a tutti i locali di Europol.

Il GEPD può, tra l’altro:

·       ordinare che siano soddisfatte le richieste di esercizio di determinati diritti (accesso ai dati o modifiche nel trattamento);

·       ordinare a Europol di effettuare la rettifica, la limitazione dell'accesso, la cancellazione o la distruzione dei dati personali che sono stati trattati in violazione delle disposizioni sul trattamento dei dati personali e la notificazione di misure ai terzi ai quali tali dati sono stati comunicati;

·       vietare a titolo provvisorio o definitivo i trattamenti da parte di Europol che violano le disposizioni sul trattamento dei dati personali;

·       rivolgersi al Parlamento europeo, al Consiglio dell’UE e alla Commissione europea e adire la Corte di giustizia dell'Unione europea alle condizioni previste dal TFUE o intervenire nelle cause dinanzi alla stessa Corte (articolo 43).

La vigilanza del GEPD è svolta in collaborazione con le autorità nazionali designate, in particolare tramite il Consiglio di cooperazione, un forum cui sono attribuite funzioni consultive nel quale vengono principalmente discusse questioni di carattere comune e sviluppate linee guida e migliori pratiche (articolo 45). Da ultimo, si ricorda che le autorità nazionali svolgono la vigilanza sulla liceità del trasferimento, reperimento e comunicazione a Europol di dati personali da parte degli Stati membri interessati.

Il nuovo regime attribuisce all’interessato lo strumento del reclamo al GEPD ove si ritenga il trattamento dei dati non conforme alle disposizioni del regolamento Europol; su tale reclamo, a seconda dei casi, il GEPD decide autonomamente o in cooperazione con le autorità nazionali designate (articolo 47).

Avverso tali decisioni è possibile ricorrere innanzi alla Corte di giustizia dell’UE (articolo 48).

Infine, l’articolo 50 stabilisce che la persona fisica che subisca un danno cagionato da un trattamento illecito dei dati ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno da Europol, conformemente all'articolo 340 TFEU, o dallo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno, conformemente al diritto nazionale.

L'azione contro Europol è proposta dalle persone fisiche dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, mentre quella contro lo Stato membro è da esse proposta dinanzi all'autorità giurisdizionale competente di tale Stato membro.


 

L’attuazione dell’Unione della sicurezza: le politiche UE in materia di sicurezza interna

L’approccio strategico alle questioni della sicurezza

L’Unione europea ha definito un nuovo quadro strategico per la sua azione nel settore della sicurezza con l’adozione dell'Agenda europea sulla sicurezza nell’aprile 2015, prospettando linee di intervento tradotte in specifiche proposte legislative (v. paragrafi successivi).

Con la successiva Comunicazione sulla realizzazione dell'Unione della sicurezza (aprile 2016), la Commissione europea si è data precise scadenze per la realizzazione delle principali misure di prevenzione e di contrasto ai fenomeni del terrorismo, della criminalità organizzata e del cybercrime.

Inoltre, per rafforzare l’approccio a tali materie, la Presidenza Juncker della Commissione europea ha creato uno specifico portafoglio per l'Unione della sicurezza (attribuito al Commissario Julian King) coadiuvato da una task force trasversale che abbraccia numerose competenze all'interno dell'Esecutivo europeo, cui è stato attribuito il mandato di garantire l'attuazione delle iniziative previste nei documenti programmatici citati.

I principali temi approfonditi nell’ambito dell’Unione della sicurezza sono:

·       la revisione del quadro penale europeo in materia di terrorismo, con particolare riguardo al contrasto del fenomeno dei foreign fighters;

·       una serie di misure volte a sottrarre alle organizzazioni criminali e terroristiche gli strumenti necessari alle loro attività (accesso alle risorse finanziarie, alle armi, utilizzo di Internet e di documenti contraffatti);

·       le politiche in materia di prevenzione e contrasto ai processi di radicalizzazione;

·       il rafforzamento dei dispositivi di sicurezza impiegati nella gestione delle frontiere interne ed esterne dell'UE;

·       le misure di prevenzione e contrasto del cybercrime:

·       il miglioramento dei sistemi di scambio di informazioni tra autorità di contrasto (polizia e magistratura penale) e di intelligence tra Stati membri;

·       misure volte a rafforzare la protezione dei possibili obiettivi degli attacchi terroristici;

·       dimensione esterna della lotta contro il terrorismo.

 

Le principali misure in materia di contrasto al terrorismo

Riforma del quadro penale

Nel corso del 2017, l'Unione europea ha rafforzato le misure per il contrasto del terrorismo, tra l’altro, adottando:

·       una direttiva che amplia le fattispecie penali riconducibili ai reati di terrorismo, con particolare riguardo al fenomeno dei combattenti stranieri (ricomprendendovi i viaggi a fini terroristici; la partecipazione a un addestramento a fini terroristici; la fornitura o la raccolta di capitali, con l'intenzione o la consapevolezza che tali fondi saranno utilizzati per commettere reati di terrorismo e reati connessi);

·       una direttiva relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, volta ad impedirne l’accesso ai criminali e ai terroristi, attraverso una maggiore tracciabilità delle armi da fuoco, il divieto dell'uso civile delle armi da fuoco semiautomatiche più pericolose, nonché misure più severe riguardo all'acquisizione e alla detenzione delle armi da fuoco più pericolose[4].

Nell’ambito delle misure volte a neutralizzare gli strumenti impiegati dalle organizzazioni criminali e terroristiche, la Commissione europea ha presentato, nell’aprile del 2018:

·       una proposta di revisione e rafforzamento delle restrizioni attualmente previste dal regolamento (UE) n. 98/2013 relativo all’immissione sul mercato e all’uso di precursori di esplosivi, recante una serie di misure che limitano l’accesso dei privati a tali sostanze;

·       una proposta di regolamento volto a rafforzare la sicurezza delle carte d'identità rilasciate ai cittadini dell'Unione e dei titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari.

Parlamento europeo e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico su entrambe le proposte.

In occasione del Discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Jean-Claude Juncker del 12 settembre 2018, la Commissione europea ha inoltre proposto di estendere i compiti della Procura europea al fine di includervi la lotta contro i reati di terrorismo[5].

La Procura europea, la cui piena operatività è prevista entro la fine del 2020, è un Ufficio indipendente dell'Unione europea composto da magistrati aventi la competenza di individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori di reati a danno del bilancio dell'UE, come la frode, la corruzione o le gravi frodi transfrontaliere in materia di IVA. Attualmente partecipano alla Procura europea 22 Stati membri dell'UE: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia.

Il contrasto al finanziamento del terrorismo

Dando seguito al Piano di azione presentato dalla Commissione europea nel 2016, l’Unione europea ha messo in campo una serie di misure che hanno l’obiettivo specifico di rafforzare il contrasto al finanziamento del terrorismo.

Il Piano prevede due principali filoni d'azione: iniziative volte ad individuare i terroristi attraverso i loro movimenti finanziari e impedire loro di spostare fondi o altri beni; misure dirette allo smantellamento delle fonti di entrata usate dalle organizzazioni terroristiche, in primo luogo colpendo le capacità di raccolta fondi.

Devono ricomprendersi in tale ambito di intervento:

·       la V direttiva antiriciclaggio, del 30 maggio 2018, sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo;

·       la direttiva 2018/1673, volta a perseguire penalmente il riciclaggio dei proventi di reati;

·       il regolamento (UE) n. 2018/1672 relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell'Unione o in uscita dall'Unione;

·       il regolamento (UE) n. 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

Sono tuttora all’esame delle Istituzioni europee:

·       una proposta di regolamento relativa all’importazione di beni culturali (il testo è stato adottato in prima lettura dal Parlamento europeo il 12 marzo 2019);

·       una proposta di direttiva recante disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati (il 12 febbraio 2019 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico sulla proposta della Commissione).

In occasione del citato Discorso sullo Stato dell’Unione, la Commissione europea ha presentato nuove iniziative volte a lottare più efficacemente contro il riciclaggio di denaro a livello transfrontaliero.

Si tratta in particolare della proposta di regolamento COM(2018)646 diretta a concentrare le competenze in materia di antiriciclaggio in relazione al settore finanziario in seno all'Autorità bancaria europea (ABE) e a rafforzarne il mandato per garantire una vigilanza efficace e coerente sui rischi di riciclaggio di denaro da parte di tutte le autorità pertinenti e la cooperazione e lo scambio di informazioni tra queste autorità (sulla proposta Parlamento europeo e Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio il 21marzo 2019).

La Commissione europea ha presentato, inoltre, una strategia per migliorare lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità antiriciclaggio e quelle prudenziali, e ha invitato le autorità europee di vigilanza, e in particolare l'ABE, ad adottare linee guida per aiutare le autorità di vigilanza prudenziale ad integrare gli aspetti relativi all'antiriciclaggio nei loro diversi strumenti e ad assicurare la convergenza in materia di vigilanza (tale strategia è contenuta nella comunicazione COM(2018)645).

Il 4 dicembre 2018, il Consiglio ECOFIN ha adottato conclusioni su un Piano d'azione volto a contrastare meglio il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Le conclusioni delineano una serie di azioni non legislative a breve termine tese a conseguire 8 obiettivi fondamentali: individuare i fattori che hanno contribuito ai recenti casi di riciclaggio dei proventi nelle banche dell'UE, così da dare forma a eventuali ulteriori azioni a medio e lungo termine; repertoriare i pertinenti rischi relativi al riciclaggio dei proventi e al finanziamento del terrorismo nonché le migliori prassi in materia di vigilanza prudenziale per affrontarli; migliorare la convergenza in materia di vigilanza e prendere meglio in considerazione gli aspetti relativi all’antiriciclaggio nel processo di vigilanza prudenziale; garantire una cooperazione efficace tra le autorità di vigilanza prudenziale e le autorità di vigilanza in materia di riciclaggio; chiarire gli aspetti relativi alla revoca di un'autorizzazione alle banche in caso di gravi violazioni; migliorare la vigilanza e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti; condividere le migliori prassi e trovare un terreno di convergenza tra le autorità nazionali; migliorare la capacità delle autorità europee di vigilanza di sfruttare maggiormente gli strumenti e i poteri esistenti.

Il 10 gennaio 2019 è stato infine sottoscritto un accordo multilaterale sullo scambio di informazioni fra la Banca centrale europea (BCE) e le autorità degli Stati membri preposte a contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Misure restrittive nei confronti di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici

Dal 2001 l'Unione europea ha predisposto un elenco di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici e soggetti a misure restrittive, in attuazione delle risoluzioni dell’ONU in materia di contrasto al terrorismo. L'elenco, comprensivo di persone e gruppi attivi sia all'interno che all'esterno dell'UE, è riesaminato periodicamente, almeno ogni 6 mesi.

Le misure restrittive consistono in:

·       misure connesse al congelamento dei capitali e delle attività finanziarie;

·       misure connesse alla cooperazione di polizia e giudiziaria.

Nel settembre 2016, il Consiglio dell’UE ha rafforzato l’azione antiterroristica adottando un quadro giuridico che consente all'UE di applicare sanzioni in maniera autonoma nei confronti dell'ISIL/Da'esh e di Al Qaeda e di persone ed entità ad essi associate o che li sostengono, indipendentemente dalla presenza di tali persone ed entità in elenchi elaborati dalle Nazioni Unite o da Stati membri dell'UE agenti a titolo individuale. In particolare, con la decisione (PESC) 2016/1693 e il regolamento (UE) n. 2016/1686 l'UE ha imposto il divieto di viaggio nei confronti di persone identificate come associate all'ISIL (Da'esh)/Al Qaeda e il congelamento dei beni nei confronti di persone ed entità nella stessa situazione.

Per persone ed entità interessate si intendono quelle che hanno partecipato alla pianificazione o al compimento di attentati terroristici o hanno fornito all'ISIL (Da'esh)/Al Qaeda finanziamenti, petrolio o armi, o hanno ricevuto dagli stessi addestramento terroristico. Persone ed entità potrebbero inoltre essere inserite nell'elenco per attività quali reclutamento, istigazione o provocazione pubblica ad atti e attività a sostegno di tali organizzazioni, o coinvolgimento in gravi abusi dei diritti umani al di fuori dell'UE, tra cui sequestro, stupro, violenza sessuale, matrimonio forzato e riduzione in schiavitù. Le misure restrittive si estendono inoltre alle persone che viaggiano o cercano di recarsi sia al di fuori dell'UE che all'interno dell'UE allo scopo di sostenere l'ISIL (Da'esh)/Al Qaeda o di ricevere addestramento dagli stessi (combattenti stranieri).

Previo accordo sulle proposte di inserimento da parte degli Stati membri, le persone ed entità sono inserite nell'elenco tramite una decisione del Consiglio e un regolamento del Consiglio, adottati all'unanimità.

Misure per la protezione degli obiettivi degli atti terroristici

La Commissione europea sta procedendo in via prioritaria all’attuazione di un Piano di azione, presentato nell’ottobre del 2017, per migliorare la protezione degli spazi pubblici, recante, tra l’altro, lo stanziamento ad hoc di risorse finanziarie nell’ambito del bilancio UE.

Si tratta, in particolare, oltre ad iniziative nel campo della cooperazione e dello scambio di best practicies, dello stanziamento di 18 milioni di euro, nell’ambito del Fondo sicurezza interna, per sostenere progetti transnazionali volti a migliorare la protezione di tali spazi, e di ulteriori 100 milioni di euro per il 2018, nel quadro di azioni urbane innovative a sostegno delle città che investono in soluzioni in materia di sicurezza.

Da ultimo, a seguito delle discussioni nel quadro del "forum degli operatori", istituito dalla Commissione per promuovere i partenariati pubblico-privato nel settore della sicurezza, il 20 marzo 2019 è stato pubblicato un documento di lavoro dei Servizi della Commissione sulle "buone pratiche per rafforzare la sicurezza degli spazi pubblici" (SWD(2019)140).

La Commissione europea ha contestualmente presentato un Piano d’azione per rafforzare la preparazione contro i rischi per la sicurezza di natura chimica, biologica, radiologica e nucleare (CBRN), che prefigura una serie di misure destinate a ridurre l'accessibilità dei materiali CBRN, a eliminare le lacune nelle capacità di individuare tali materiali e a rafforzare la preparazione e la risposta agli incidenti di tipo CBRN.

La Commissione europea ha inoltre avviato un programma di azioni per migliorare la sicurezza dei passeggeri del trasporto ferroviario nell’UE, che prevede fra l'altro l’istituzione di una piattaforma volta a raccogliere informazioni pertinenti sulla sicurezza ferroviaria e fornire orientamenti sulle buone pratiche per gli Stati membri, nonché l’elaborazione di un metodo di valutazione comune dei rischi.

Radicalizzazione e linguaggio d’odio

Fin dagli attentati terroristici di Londra del 2005, l'UE ha avviato politiche in materia di contrasto alla radicalizzazione, basate su un approccio trasversale, che include strumenti sia di tipo reattivo (tra i quali il richiamato nuovo quadro giuridico in materia di terrorismo) sia di carattere preventivo (processi di integrazione e inclusione sociale, di reinserimento e deradicalizzazione delle persone considerate a rischio e degli stessi combattenti stranieri che fanno ritorno nei rispettivi Stati membri di provenienza).

Tra gli strumenti di prevenzione adottati a livello di Unione devono ricomprendersi il Gruppo di esperti di alto livello in materia di radicalizzazione, la Rete per la sensibilizzazione alla radicalizzazione (RAN), il Forum dell'UE su Internet, la Rete europea per le comunicazioni strategiche (ESCN) e l'unità IRU (Internet Referral Unit) istituita in seno ad Europol, l’Agenzia europea per la cooperazione di polizia.

Il Gruppo di esperti di alto livello in materia di radicalizzazione è stato istituito dalla Commissione europea nel luglio del 2017 con l'incarico di definire raccomandazioni in materia di contrasto e prevenzione del fenomeno con particolare riguardo al coordinamento e alla cooperazione tra tutti i portatori di interesse.

La RAN, recentemente rafforzata con l'istituzione al suo interno di un centro di eccellenza, è una piattaforma per scambiare esperienze, mettere in comune le conoscenze, identificare le migliori pratiche e sviluppare nuove iniziative per affrontare la radicalizzazione, cui partecipano diversi attori provenienti dagli Stati membri.

Il Forum dell'UE su Internet riunisce rappresentanti dell'industria, degli Stati membri, delle autorità di pubblica sicurezza e partner della società civile per esaminare il modo in cui affrontare le sfide poste dalla propaganda terroristica ed estremistica on line attraverso una cooperazione volontaria rafforzata.

L’IRU ha il compito di segnalare ai fornitori di servizi on-line interessati i contenuti volti alla propaganda terroristica o all'estremismo violento su Internet ai fini della loro rimozione.

Nel quadro degli interventi della Commissione europea per la prevenzione e il contrasto dei contenuti illeciti on-line devono ricomprendersi, inoltre, il Code of conduct siglato con le principali imprese operanti nel settore dei social media, recante l’impegno da parte di queste di eliminare i messaggi illegali di incitamento all’odio (maggio 2016); gli orientamenti politici per le piattaforme on-line al fine di intensificare la lotta contro i contenuti illeciti on line in cooperazione con le autorità nazionali (settembre 2017), nonché le raccomandazioni agli Stati membri recanti misure operative volte a garantire maggiore rapidità nella rilevazione e nella rimozione dei contenuti illegali on-line anche di stampo terroristico o riconducibili a reati di odio (marzo 2018). Nel caso di contenuti terroristici la Commissione europea chiede, in particolare, agli Stati membri la loro rimozione entro un’ora dai siti web, nonché l’impiego di meccanismi di rilevazione automatizzata di tali contenuti.

Da ultimo, si ricorda che, in occasione del citato Discorso sullo Stato dell’Unione, la Commissione europea ha presentato nuove regole per eliminare rapidamente i contenuti terroristici dal web (si tratta della proposta di regolamento COM(2018)640).

La nuova disciplina introduce un termine vincolante di un’ora per la rimozione dei contenuti di stampo terroristico a seguito di un ordine di rimozione emesso dalle autorità nazionali competenti. Sono altresì previsti: un quadro di cooperazione rafforzata tra prestatori di servizi di hosting, Stati membri ed Europol, per facilitare l'esecuzione degli ordini di rimozione; meccanismi di salvaguardia (reclami e ricorsi giurisdizionali) per proteggere la libertà di espressione su Internet e per garantire che siano colpiti esclusivamente i contenuti terroristici; un apparato sanzionatorio per i prestatori di servizi nel caso di mancato rispetto (o ancora, di omissione sistematica) degli ordini di rimozione.

 

Frontiere UE e Spazio Schengen

L'azione europea in tale settore si è anzitutto tradotta in misure volte al rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, da un lato, aumentando le verifiche in ingresso e uscita dai confini UE, dall'altro, proponendo nuovi meccanismi automatici di controllo dei transiti dei cittadini di Stati terzi nonché migliorando il funzionamento e l'accesso ai sistemi di informazione attualmente utilizzati dalle autorità di contrasto e di gestione delle frontiere.

Tra gli elementi chiave in tale settore, l'approvazione della riforma del Codice frontiere Schengen volta a rendere obbligatorie le verifiche sistematiche nelle banche dati di sicurezza di tutti i viaggiatori, compresi i cittadini dell'UE che attraversano le frontiere, misura resasi necessaria tra l'altro in considerazione della significativa componente di cittadini europei (le stime Europol riferiscono un volume assai approssimativo nel 2017, intorno alle 7 mila persone) espatriati per aderire alle milizie ISIS.

Il Codice frontiere Schengen è attualmente oggetto di una proposta di riforma volta ad ampliare i periodi di ripristino temporaneo dei controlli di frontiera alle frontiere interne tra Stati membri.

La proposta, originata da un lato dall’obiettivo di impedire i movimenti secondari dei migranti, dall’altro dall’intenzione di stringere le maglie dei controlli nei confronti degli spostamenti intra UE di possibili terroristi e foreign fighters, è tuttora all’esame delle Istituzioni legislative europee. Il Governo italiano, confermando riserve già manifestate nei confronti della proposta originaria della Commissione europea, ha individuato criticità anche con riferimento al testo che dovrebbe costituire la base per i negoziati interistituzionali tra Parlamento europeo e Consiglio[6].

Le iniziative istituite dall'UE per rafforzare gli strumenti di controllo degli ingressi alle frontiere esterne dell’UE includono:

·       un sistema di ingressi/uscite dell'UE (EES), volto a consentire la registrazione dei dati di ingresso e uscita dei cittadini dei Paesi terzi all'atto di attraversare le frontiere esterne;

·       un sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS), volto a consentire controlli di sicurezza su passeggeri che viaggiano in Europa in regime di esenzione del visto prima di arrivare alle frontiere UE.

Il 19 novembre 2018, il Consiglio dell’UE ha inoltre approvato tre proposte di regolamento volte a rafforzare il Sistema d’informazione Schengen (SIS), relativi all'uso del sistema d'informazione Schengen, rispettivamente, nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, delle verifiche di frontiera e per il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Il sistema di informazione Schengen è il sistema IT più ampiamente utilizzato nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell'UE. Il sistema contiene oltre 76 milioni di segnalazioni. Il nuovo regime consente l'inserimento nel sistema di alcune categorie di provvedimenti di Stati membri, come ad esempio il divieto di ingresso e l'ordine di rimpatrio dei cittadini di Stati terzi non legittimati ad entrare e rimanere sul territorio dell'UE.

È tuttora all’esame dell’Istituzioni legislative europee una proposta di aggiornamento del sistema d'informazione visti (VIS), la banca dati che contiene informazioni su coloro che chiedono visti Schengen (il 13 marzo 2019 il Parlamento europeo ha adottato la proposta in prima lettura).

Si ricorda infine che attiene alla gestione del controllo delle frontiere esterne dell’UE la proposta di regolamento COM(2018)631 volta a potenziare il sistema della Guardia di frontiera e costiera europea, tra l'altro prevedendo in seno all'Agenzia europea omonima (meglio conosciuta con il nome di Frontex) la costituzione di un corpo permanente di 10 mila unità operative, entro il 2020 (termine che il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo hanno convenuto di prorogare al 2027), abilitate a svolgere compiti che implicano competenze esecutive. La Commissione europea ha peraltro proposto di rafforzare il mandato dell'Agenzia prevedendo un suo maggior coinvolgimento nel sostegno alle procedure di rimpatrio effettuate dagli Stati membri e nella cooperazione con i Paesi terzi interessati.

Il 20 febbraio 2019, il Consiglio ha concordato la sua posizione negoziale sulla proposta della Commissione e, sulla base di tale mandato, il 28 marzo 2019 è stato raggiunto un accordo politico con il Parlamento europeo. Il 1° aprile 2019, tale accordo è stato confermato in sede di Consiglio. A tal proposito, si segnala che il Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari (in sede di audizione del 2 aprile 2019 presso le Commissioni Politiche dell’Unione europea del Senato e della Camera dei deputati) ha precisato che, in tale occasione, l’Italia, insieme alla Spagna e alla Slovenia, ha espresso voto contrario alla proposta, in quanto: la misura dell’istituzione del corpo permanente risulterebbe troppo onerosa (quantificata in circa 11 miliardi di euro, che secondo la Commissione potrebbero essere ridotti a 9 milardi); la proposta sottrarrebbe, pertanto, risorse nazionali necessarie agli Stati membri per la gestione delle rispettive frontiere; essa, peraltro, non risulterebbe efficace  per quanto riguarda la politica di rimpatrio.

 

Scambio di informazioni

L'Unione ha adottato una serie di misure volte a eliminare le lacune riscontrate in materia di scambio di informazioni tra autorità di contrasto (polizia e magistratura penale):

·       l'aggiornamento del quadro giuridico di Europol, trasformato in Agenzia europea con un mandato rafforzato per quanto riguarda l’assistenza alle autorità degli Stati membri nelle attività di contrasto delle forme gravi di criminalità internazionale e del terrorismo;

·       la direttiva sui codici di prenotazione dei viaggi aerei (codici PNR) da e verso l'Europa (voli extra UE, salva la facoltà per gli Stati membri di applicare la disciplina anche ai voli intra UE)[7].

Il miglioramento della condivisione delle informazioni è alla base altresì di una serie di iniziative normative, che interessano, tra l’altro:

·       la messa in rete dei casellari giudiziari, anche con riferimento a cittadini di Stati terzi (COM(2017)344) (la proposta è stata adottata in prima lettura dal Parlamento europeo il 19 marzo 2019);

·       la cosiddetta interoperabilità delle banche dati europee impiegate dalle autorità di contrasto e di gestione delle frontiere, che dovrebbe tradursi nella realizzazione di uno sportello unico in grado di interrogare simultaneamente i molteplici sistemi di informazione, potenziato da un unico sistema di confronto biometrico al fine di consentire alle autorità competenti di verificare, tramite le impronte digitali, identità false o multiple (COM(2017)793 e COM(2017)794) (su cui un accordo politico è stato raggiunto da Consiglio e Parlamento europeo il 13 febbraio 2019);

·       il potenziamento di EU-LISA, l’Agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà sicurezza e giustizia (l’iter si è concluso con l'adozione del regolamento (UE) 2018/1726).


 


 

Le politiche UE in materia di cibersicurezza

L’approccio UE all’azione di contrasto al cybercrime

Nel corso degli anni l’UE ha progressivamente rafforzato le misure volte a contrastare la criminalità informatica e gli attacchi informatici, articolando il proprio intervento con riferimento a tre principali categorie di illeciti:

·       gli attacchi alle reti e ai sistemi informatici;

·       la perpetrazione di reati di tipo comune (ad esempio, crimini essenzialmente predatori) tramite l'uso di sistemi informatici;

·       la diffusione di contenuti illeciti (ed esempio, pedopornografia, propaganda terroristica, hate speech/discorso di odio, etc.) per mezzo di sistemi informatici[8].

 

Le minacce alle reti e ai sistemi informatici

La prima categoria di illeciti è considerata di particolare rilievo, attesa la vitale importanza delle reti e dei sistemi informatici rispetto al funzionamento delle infrastrutture critiche (tra tutte, il sistema dei trasporti, le strutture ospedaliere, quelle energetiche), la cui sicurezza attiene peraltro al normale svolgimento della vita democratica di un Paese. L’intervento dell'UE al riguardo si è sviluppato su diversi piani, inclusa la politica estera, di sicurezza e di difesa europea, stante la natura di vera e propria minaccia ibrida[9] di alcune tipologie di attacchi informatici.

In tale ambito, si ricorda la direttiva, approvata nel luglio 2016, sulla sicurezza delle reti e dell'informazione (direttiva NIS)[10], con la quale l'Unione europea ha posto le basi per un miglioramento della cooperazione operativa tra Stati membri in caso di specifici incidenti di cibersicurezza e della condivisione delle informazioni sui rischi.

In particolare, la direttiva definisce obblighi di sicurezza per gli operatori di servizi essenziali (in settori critici come l'energia, i trasporti, l'assistenza sanitaria e la finanza) e i fornitori di servizi digitali (mercati online, motori di ricerca e servizi di cloud). Conformemente alla direttiva NIS, ogni Paese dell'UE è inoltre tenuto a designare una o più autorità nazionali, nonché a elaborare una strategia per affrontare le minacce informatiche.

L’UE ha rafforzato il quadro mediante un’ulteriore proposta di regolamento sulla cibersicurezza (cosiddetto cybercecurity act), recante una serie di disposizioni per il:

·       il rafforzamento dell’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA) che si intende trasformare nell’Agenzia UE per la cibersicurezza;

·       l’introduzione di sistemi europei di certificazione della cibersicurezza dei prodotti e dei servizi TIC nell’Unione (che consisterebbero in una serie di norme, requisiti tecnici e procedure).

La proposta è stata adottata in prima lettura dal Parlamento europeo il 12 marzo 2019.

Si ricorda, infine, che è tuttora in corso di esame legislativo la proposta di regolamento istitutiva di un centro europeo di ricerca e di competenza sulla cibersicurezza, affiancato da una rete di centri analoghi a livello di Stati membri (tra gli obiettivi chiave della proposta, il miglioramento del coordinamento dei finanziamenti disponibili per la cooperazione, la ricerca e l'innovazione in tale ambito).

L’uso dei sistemi informatici a fini criminali

È tuttora all’esame delle istituzioni legislative europee la riforma della normativa europea relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.

La riforma intende: ampliare la portata dei reati per includere, ad esempio, le transazioni mediante valute virtuali; armonizzare le definizioni di alcuni reati online, quali la pirateria informatica o il phishing; introdurre livelli minimi per le sanzioni più elevate per le persone fisiche; chiarire la competenza giurisdizionale riguardo le frodi transfrontaliere; migliorare la cooperazione in materia di giustizia penale, la prevenzione e le attività di sensibilizzazione per ridurre i rischi di frodi.

Il 13 marzo 2019 il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione in prima lettura sulla proposta della Commissione.

Nell’ambito degli strumenti per la cibersicurezza, la Commissione europea ha altresì presentato proposte legislative volte a migliorare l'acquisizione transfrontaliera di prove elettroniche per i procedimenti penali. Si tratta di una proposta di regolamento relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione di prove elettroniche nei procedimenti penali, e una proposta di direttiva che stabilisce norme armonizzate sulla nomina dei rappresentanti legali ai fini dell'acquisizione di prove nei procedimenti penali (su cui il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale l'8 marzo 2019).

L’impiego dei sistemi informatici per la diffusione di contenuti illegali: recenti iniziative

In occasione del discorso sullo Stato dell’Unione 2018, la Commissione europea ha avviato l’esame legislativo di nuove regole per eliminare rapidamente i contenuti terroristici dal web, in particolare con la proposta di regolamento COM(2018)640 (su cui vd. sopra).

La proposta segue, tra l’altro, le seguenti iniziative della Commissione europea: raccomandazioni del marzo 2018 agli Stati membri recanti misure operative volte a garantire maggiore rapidità nella rilevazione e nella rimozione dei contenuti illegali online anche di stampo terroristico o riconducibili a reati di odio; orientamenti politici del settembre 2017 per le piattaforme online al fine di intensificare la lotta contro i contenuti illeciti online in cooperazione con le autorità nazionali; Code of conduct del maggio 2016 per la prevenzione e il contrasto dei contenuti illeciti online siglato con le principali imprese operanti nel settore dei social media, recante l’impegno da parte di queste di eliminare i messaggi illegali di incitamento all’odio.

Iniziative per il contrasto alle attività di disinformazione

Il tema delle minacce informatiche è affrontato dall’UE anche con riferimento alle attività di disinformazione, ed in particolare alla propaganda di enti e organismi situati in Stati terzi volta a diffondere informazioni fuorvianti o palesemente false.

Il Consiglio europeo del 13-14 dicembre 2018, evidenziando preliminarmente che la diffusione della disinformazione intenzionale, sistematica e su larga scala, anche nel quadro della guerra ibrida, rappresenta una grave sfida strategica per i nostri sistemi democratici e richiede una risposta urgente che deve essere mantenuta nel tempo, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, ha: sottolineato la necessità di una risposta decisa che affronti la dimensione interna e quella esterna e che sia globale, coordinata e dotata di risorse adeguate sulla base di una valutazione delle minacce; chiesto l'attuazione tempestiva e coordinata del piano d'azione congiunto contro la disinformazione presentato dalla Commissione e dall'Alta rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, in modo da potenziare le capacità dell'UE, rafforzare le risposte coordinate e congiunte tra l'Unione e gli Stati membri, mobilitare il settore privato e accrescere la resilienza della società alla disinformazione; chiesto un intervento rapido e decisivo, a livello sia europeo sia nazionale, per assicurare elezioni europee e nazionali libere e regolari.

I più recenti strumenti proposti dalla Commissione europea in materia di disinformazione sono:

·       una serie di misure per garantire elezioni libere ed eque (presentate in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione del settembre 2018), che comprendono una maggiore trasparenza della pubblicità politiche online e la possibilità di imporre sanzioni per l'uso illegale di dati personali al fine di influenzare deliberatamente il risultato delle elezioni europee[11];

·       un Piano d'azione contro la disinformazione, articolato in quattro settori chiave.

Gli ambiti specifici sono: capacità di individuazione dei casi di disinformazione, in particolare tramite il rafforzamento delle task force di comunicazione strategica (vedi infra) e della cellula dell'UE per l'analisi delle minacce ibride del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE); risposta coordinata, in particolare dotando istituzioni UE e Stati membri di un sistema di allarme rapido per la condivisione e valutazione delle campagne di disinformazione; l’attuazione efficace da parte delle piattaforme online e dell’industria firmatarie degli impegni nell’ambito del codice di buone pratiche (vedi infra); campagne di sensibilizzazione e di responsabilizzazione dei cittadini in particolare mediante l’alfabetizzazione mediatica.

In tale settore si ricorda, inoltre, che, a seguito dell'invito del Consiglio europeo a contrastare le campagne di disinformazione da parte della Russia, nel 2015 è stata creata la Task force East StratCom, con il compito di sviluppare prodotti e campagne di comunicazione incentrate sulla spiegazione delle politiche dell'UE nella regione del partenariato orientale.

Sono incentrate su aree geografiche diverse: la Task Force StratCom per i Balcani occidentali e la Task Force South Med Stratcom per il mondo di lingua araba.

Si segnala infine che, con la comunicazione dell’aprile 2018 in materia di contrasto alla disinformazione online, si è tra l’altro avviato il codice di buone pratiche[12] dell'UE sulla disinformazione in regime di autoregolamentazione, firmato da grandi piattaforme online e dall'industria pubblicitaria.

Risorse finanziarie

A giugno 2018, la Commissione europea ha avanzato la proposta del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027. Fra le altre cose, la Commissione prefigura un Fondo per la Sicurezza Interna (proposta COM(2018)472, con una dotazione di 2,5 miliardi di euro) e il Programma Europa Digitale (proposta COM(2018)434, con una dotazione di 9,2 miliardi di euro).

In particolare, il Fondo Sicurezza Interna mira a garantire un elevato livello di sicurezza nell’UE, prestando attenzione al contrasto al terrorismo, alla radicalizzazione, alla criminalità organizzata, informatica e al cybercrime.

Col fondo sarà possibile finanziare anche l’acquisto e l’implementazione delle infrastrutture tecniche necessarie all’interoperabilità dei vari sistemi d’informazione Ue per la sicurezza, in sinergia col Programma Europa Digitale

Inoltre, il nuovo Programma Europa Digitale è volto a sostenere la trasformazione digitale delle società e delle economie europee mediante importanti investimenti nei settori del supercalcolo, dell’intelligenza artificiale, della cibersicurezza e delle competenze digitali avanzate. La Commissione europea propone di investire quasi 2 miliardi di euro per sostenere, insieme agli Stati membri, gli appalti di attrezzature, strumenti e infrastrutture di dati di grado avanzato, garantire un’ampia diffusione delle conoscenze e delle competenze nel campo della cibersicurezza in tutta l’economia e rafforzare il livello di sicurezza delle reti e dei sistemi informatici in tutta l’Unione europea.

 

 


 

L’Agenda europea sulla migrazione

L'approccio UE alla politica di migrazione

Negli ultimi anni le Istituzioni europee hanno riunito i diversi profili di politica migratoria in un complesso articolato di misure definito Agenda europea sulla migrazione, dal titolo del documento programmatico presentato dalla Commissione europea nel maggio del 2015 per affrontare la grave crisi migratoria che in quell'anno ha registrato più di un milione di sbarchi sulle coste degli Stati membri affacciati sul Mediterraneo.

Il trend dei flussi migratori verso gli Stati membri affacciati sul Mediterraneo si è progressivamente ridotto, passando - secondo i dati forniti dall'UNHCR - dai circa 363 mila del 2016, ai 172 mila del 2017, agli oltre 139 mila del 2018 (di cui 25 mila arrivati via terra: circa 7 mila in Spagna e 18 mila in Grecia). Nel 2019 (dati aggiornati al 1°aprile) gli sbarchi complessivi nell'UE si sono attestati a circa 11.200, di cui 524 in Italia, 4.866 in Grecia, e oltre 5.546 in Spagna; a tali dati devono aggiungersi oltre 1.200 arrivi via terra in Spagna e oltre 2.500 in Grecia.

Di seguito una tabella recante flussi migratori degli ultimi anni (2014-2018) verso gli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo: Dati UNHCR)

Anno

Grecia

Italia

Spagna

2018

50.510

(18 mila via terra)

23.370

65.383

(6.814 via terra)

2017

36.310

(6.592 via terra)

119.369

28.349

(6.246 via terra)

2016

177.234

(3.784 via terra)

181.436

14.605

(6.443 via terra)

2015

861.630

(4.907 via terra)

153.842

16.936

(11.624 via terra)

2014

43.318

(2.280 via terra)

170.100

12.037

(7.485 via terra)

 

Secondo l’EASO – l’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo, nel 2018 sono state registrate negli Stati membri circa 635 mila domande, di cui 593 mila in prima istanza, registrando un calo del 10 per cento rispetto al 2017. La Commissione europea rileva che nel 2018, per il sesto anno consecutivo, la Germania ha ricevuto il numero di domande più alto, più di 130 mila, seguita dalla Francia, con più di 116 mila domande; l’Italia ha ricevuto, nel 2018, circa 54 mila domande di asilo. Gli Stati membri hanno registrato nel mese di gennaio 2019 circa 59 mila domande di asilo, di cui 52.500 presentate per la prima volta. Secondo il Ministero dell’Interno, l’Italia ha ricevuto 3.409 e 2.926 domande rispettivamente nei mesi di gennaio e febbraio 2019. Secondo l’UNHCR, nel 2019 (al 1° aprile), sono 288 le persone morte o disperse nel Mediterraneo.

Le misure originariamente contenute nell'Agenda europea sulla migrazione e le successive iniziative che ne rappresentano il coerente sviluppo, sono ispirate al cosiddetto "approccio globale alla migrazione", che consiste in una combinazione di strumenti che riguardano: azioni nell'ambito della dimensione interna della politica di migrazione; le attività alle frontiere esterne dell'UE, il rafforzamento dell'azione esterna.

Dimensione interna di politica di migrazione: la riforma del Sistema europeo comune di asilo

È tuttora in corso di esame presso le Istituzioni legislative europee il pacchetto di riforma del Sistema europeo comune di asilo presentato dalla Commissione europea nel 2016[13].

Le questioni relative alla riforma del regolamento di Dublino, e alla correlata situazione delle operazioni di ricerca e salvataggio e di sbarco di migranti in porti sicuri nel Mediterraneo sono state peraltro discusse in occasione dei Consigli europei di giugno, ottobre e dicembre 2018.

In particolare, il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018 ha stabilito che, nel territorio dell'UE, coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria, lasciando impregiudicata la riforma di Dublino.

Da ultimo, il Consiglio europeo di dicembre 2018 ha stabilito che occorre compiere ulteriori sforzi per concludere i negoziati su tutte le parti del Sistema europeo comune di asilo, nel rispetto delle precedenti conclusioni del Consiglio europeo e in considerazione dei diversi gradi di progresso raggiunti per ciascuno dei fascicoli.

A più di due anni dalla presentazione del pacchetto asilo, le singole proposte normative che lo compongono registrano differenti stadi di avanzamento nel rispettivo iter legislativo. In particolare, permangono difficoltà per quanto riguarda l’esame in sede di Consiglio della proposta di regolamento istitutiva di una procedura unica di asilo, e criticità più significative con riferimento alla revisione del regolamento di Dublino (nonostante il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018 abbia sostenuto la necessità di trovare il consenso su tale riforma), che regola la competenza degli Stati membri in materia di gestione delle domande di asilo, atteso che gli Stati membri non sono riusciti ad individuare un soddisfacente punto di equilibrio tra i principi di responsabilità e di solidarietà[14].

La Commissione europea ha recentemente dichiarato che per le cinque proposte ritenute più avanti nell’esame legislativo non esiste alcun ostacolo tecnico o giuridico all'eventuale adozione separata delle singole proposte.

Alcune delle proposte ritenute dalla Commissione europea prossime all’approvazione contengono disposizioni sostanzialmente volte a rafforzare, in particolare, il rispetto del principio di responsabilità.

Inoltre, la Presidenza rumena del Consiglio dell’UE si è espressa sulla questione affermando che non sussistano prospettive realistiche di compiere grandi progressi sulla riforma di Dublino a breve termine, occorrendo, di conseguenza, concentrare gli sforzi principalmente sugli altri fascicoli relativi alla riforma dell'asilo affinché possano progredire il più possibile nel tempo a disposizione prima delle imminenti elezioni del Parlamento europeo.

Tali posizioni non trovano il sostegno di quegli Stati membri (tra i quali l’Italia) che propendono per l’approccio a pacchetto, in base al quale è opportuna un’adozione complessiva di tutte le proposte in esame.

In particolare, il Governo italiano ha sottolineato l’inscindibilità del legame tra tutte le proposte legislative che compongono il pacchetto sull’asilo in corso di negoziato ai fini del bilanciamento tra i principi di responsabilità e solidarietà, e la necessità di evitare possibili fughe in avanti su specifici aspetti della riforma che non tengano debitamente conto degli interessi nazionali. Nel merito della riforma del regolamento di Dublino, il Governo ha manifestato l'intenzione di sostenere la necessità di forme di redistribuzione obbligatorie dei richiedenti asilo e di un meccanismo ad hoc per quelli giunti via mare, rifiutando strumenti di solidarietà su base volontaria o che si estrinsechino solo in forme di sostegno finanziario, messa a disposizione di esperti e mezzi, senza contemplare il citato obbligo di accettare la redistribuzione dei richiedenti asilo.

Si ricorda, infine, che, come ricordato da ultimo dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, in occasione dell’audizione del 6 marzo 2019 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il Governo italiano ha più volte manifestato a livello di UE l’idea che le persone che vengono salvate in mare debbano essere sbarcate in “zone franche” rispetto all'applicazione delle regole di Dublino, cioè in porti o aree che non dovrebbero far scattare immediatamente tutti gli obblighi del regolamento di Dublino. Il Ministro ha quindi precisato la proposta (sulla quale tuttavia non vi è il consenso degli Stati membri) di una sorta di pre-distribuzione dei migranti fra gli Stati, in maniera che più Stati europei possano condividere l'onere di fare tutte le verifiche.

Da ultimo, la Commissione europea ha prefigurato, nelle more del completamento della riforma del Sistema europeo comune di asilo, la messa in campo di disposizioni temporanee che rappresenterebbero un approccio coordinato per gli sbarchi e altre situazioni di particolare pressione nell’UE.[15]

Tra gli elementi chiave di tali disposizioni, vi sarebbe la possibilità di sostenere uno Stato membro sotto pressione mediante misure di solidarietà che includerebbero, tra l’altro, meccanismi di ricollocazione dei migranti.

Gestione delle frontiere

Il tema della gestione delle frontiere marittime e del contrasto alle attività dei trafficanti di migranti è stato al centro del dibattito svolto dai leader degli Stati membri in occasione del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018, i quali hanno, tra l’altro, ha sottolineato la necessità di maggiori sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri Paesi, rivolgendo a tutte le navi operanti nel Mediterraneo il monito a rispettare le leggi applicabili e a non interferire con le operazioni della guardia costiera libica.

Le missioni UE

Sono quattro le operazioni UE nel Mediterraneo: le missioni Poseidon, Themis e Indalo dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera - Frontex, rispettivamente con la Grecia, l'Italia e la Spagna; l'operazione EUNAVFOR MED Sophia nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune.

Dal febbraio 2018, l'operazione Themis, in sostituzione della precedente Triton, opera nel Mediterraneo centrale assistendo l'Italia circa i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. L'operazione continua ad occuparsi della ricerca e del soccorso dei migranti in mare ma si concentra anche sul contrasto ad attività criminali e a minacce terroristiche. Il Governo italiano ha reso noto che la novità più importante nella sostituzione della missione riguarda il fatto che i migranti soccorsi devono essere fatti sbarcare nel porto più vicino al punto in cui è stato effettuato il salvataggio in mare.

Il mandato originario della missione navale militare EUNAVFOR MED Sophia, a partire dal giugno 2015, consiste nell’individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti nel Mediterraneo centromeridionale.

All’operazione sono stati progressivamente assegnati ulteriori compiti di sostegno: formare la guardia costiera e la marina libiche; contribuire all'attuazione dell’embargo dell'ONU sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche; svolgere attività di sorveglianza e raccolta di informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia.

Il Governo italiano, come ribadito - da ultimo - dal Ministro degli affari esteri nell’audizione citata, ha sollecitato una revisione del piano operativo di EUNAVFOR MED Sophia, nella parte in cui (tramite rinvio alle regole di ingaggio della non più in vigore missione Triton di Frontex) si prevede che lo sbarco di migranti eventualmente soccorsi debba avvenire in porti italiani.

Il 29 marzo 2019, il Consiglio dell'UE ha prorogato fino al 30 settembre 2019 il mandato di EUNAVFOR MED operazione SOPHIA. Il Consiglio dell’UE ha precisato che il comandante dell'operazione ha ricevuto istruzioni di sospendere temporaneamente, per motivi operativi, lo spiegamento delle forze navali dell'operazione per la durata di tale proroga, e che gli Stati membri dell'UE continueranno a lavorare, nelle sedi appropriate, a una soluzione al problema degli sbarchi nell'ambito del seguito da dare alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2018. Il Consiglio ha infine comunicato che l'operazione continuerà ad attuare opportunamente il suo mandato, aumentando la sorveglianza con mezzi aerei e rafforzando il sostegno alla guardia costiera e alla marina libiche nei compiti di contrasto in mare attraverso un monitoraggio potenziato, anche a terra, e continuando la formazione.

Il sostegno finanziario all'Italia e le linee future per il bilancio UE in materia di migrazione e frontiere

Alla fine del 2018, le risorse finanziarie dell'UE per l'Italia a titolo di assistenza in emergenza (a partire dall’inizio del 2015) si attestano a circa 226 milioni di euro (di cui circa 170 erogati); tali risorse si aggiungono ai fondi del bilancio UE 2014-2020 per i programmi nazionali nei settori della migrazione e degli affari interni (Fondo asilo, migrazione e integrazione - AMIF e dal Fondo sicurezza interna - ISF), che ammontano a circa 725 milioni di euro (190 erogati). Per i programmi di ricollocazione dall’Italia l’UE ha allocato circa 44 milioni di euro.

I dati relativi alla Grecia (aggiornati al febbraio 2019) indicano un impegno dell’UE di oltre 816 milioni in assistenza in emergenza per la crisi migratoria a partire dal 2015, che si aggiungono alle risorse previste nell’ambito del bilancio pluriennale UE 2014 -2020 (fondi AMIF e ISF) di oltre 613 milioni di euro.

Per il prossimo bilancio a lungo termine dell'UE (2021-2027), tuttora all’esame delle Istituzioni legislative europee, la Commissione europea propone di quasi triplicare i finanziamenti complessivi per la migrazione e per la gestione delle frontiere portandoli a 34,9 miliardi di euro, rispetto ai 13 miliardi del periodo precedente.

In particolare, la Commissione propone di assegnare 21,3 miliardi di euro per la gestione delle frontiere in generale, e di creare un nuovo Fondo per la gestione integrata delle frontiere (Integrated Border Management Fund - IBMF) per un valore di oltre 9,3 miliardi di euro; la proposta relativa al rinnovato Fondo Asilo e migrazione (Asylum and Migration Fund - AMF) si attesta a 10,4 miliardi di euro: tale fondo dovrebbe sostenere gli sforzi degli Stati membri in tre settori chiave: asilo, migrazione legale e integrazione, lotta alla migrazione illegale e rimpatrio.

Il 13 marzo 2019, il Parlamento europeo, adottando la propria posizione in prima lettura sul fondo AMF, ne ha confermato il budget complessivo.

Profili di azione esterna della politica di migrazione

Premessa

La dimensione esterna della politica di migrazione dell’UE si concentra su alcuni temi che in linea di principio hanno in comune l’obiettivo generale della riduzione delle cause profonde della migrazione, in particolare riguardo ai flussi irregolari provenienti dal continente africano. Tale politica attiene, da un lato, al sostegno agli Stati di origine e di transito per eliminare i principali fattori di instabilità economica, sociale, e politica, dall'altro, nell’approfondimento della cooperazione UE con gli Stati terzi riguardo il controllo delle rispettive frontiere, il contrasto alle reti del traffico di migranti e della tratta di esseri umani, infine, alle politiche in materia di rimpatrio dei migranti irregolarmente presenti nell’UE. Il sostegno UE riguarda anche il potenziamento dei sistemi di protezione internazionale al di fuori del territorio dell’Unione, tra l’altro, con riferimento alla situazione dei profughi interni o provenienti da zone esterne.

Il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa

In tale contesto, viene in considerazione il Fondo fiduciario europeo di emergenza per l'Africa (EU Emergency Trust Fund for Africa), istituito nel novembre del 2015 in occasione del Vertice di La Valletta UE – Africa, che ha raggiunto (al 19 marzo 2019) un volume di risorse pari a 4,2 miliardi di euro, di cui 3,7 miliardi provenienti dal Fondo europeo di sviluppo e da altri strumenti finanziari UE, mentre gli Stati membri ed altri Paesi donatori (Svizzera e Norvegia) vi contribuiscono per 492 milioni (finora ne sono stati versati 478). Gli Stati membri maggiori contributori al Fondo sono la Germania e l'Italia con un impegno, rispettivamente, per 182,5 e 112 milioni di euro.

Nell’ambito del fondo sono stati approvati 188 programmi per un valore di oltre 3,6 miliardi di euro.

L'assegnazione delle risorse del Fondo si articola in tre macroregioni: Sahel e Lago Ciad (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria and Senegal), Corno d'Africa (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenia, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda), e Nord Africa (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto).

Grazie al Fondo trovano finanziamenti programmi volti a: creazione di sviluppo economico e lavoro; supporto dei servizi di base per le popolazioni locali (sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, istruzione); rafforzamento della stabilità e della governance, in particolare promuovendo la prevenzione dei conflitti e il contrasto alle violazioni dei diritti umani, e il principio dello Stato di diritto; prevenzione dei flussi migratori irregolari e contrasto alle reti del traffico dei migranti.

Piano investimenti esterni

L'approccio seguito con l'accordo di La Valletta, e il Trust fund, è altresì alla base del Nuovo quadro di partenariato dell'UE, che si è tradotto in patti (migration compact) con Paesi terzi prioritari (Niger, Mali, Nigeria, Senegal ed Etiopia), e all’avvio del cosiddetto Piano di investimenti esterni. Quest’ultimo strumento finanziario, a partire dal 2017, stimola gli investimenti in Africa e nel vicinato dell'UE tramite sovvenzioni, prestiti, garanzie, e strumenti di condivisione dei rischi. Il contributo UE si attesta a circa 4,5 miliardi di euro, che secondo la Commissione dovrebbe determinare una leva finanziaria in grado di mobilitare fino a 44 miliardi di euro di investimenti privati per lo sviluppo sostenibile. La Commissione europea ha chiesto agli Stati membri un contributo di uguale entità al fine di raggiungere un volume di investimenti di quasi novanta miliardi di euro.

Secondo la Commissione europea, al 18 dicembre 2018, nell'ambito del piano, l'UE ha impegnato 3,7 miliardi di euro, realizzando una leva finanziaria che dovrebbe determinare investimenti in Africa per 37 miliardi.

Il nuovo QFP e altre iniziative per lo sviluppo e la stabilizzazione in Africa

La Risoluzione del 14 marzo 2018 del Parlamento europeo - L'avvio di un nuovo "Piano Marshall per l'Africa"

Nella risoluzione del 14 marzo 2018 "Preparazione della posizione del Parlamento in merito al Quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020, il Parlamento europeo ha approvato una serie di indicazioni con particolare riferimento all'azione esterna dell'UE concernente i Paesi terzi interessati ai flussi migratori, tra le quali un significativo aumento degli stanziamenti, tra l'altro con riferimento alle politiche di vicinato e di sviluppo.

La proposta è stata qualificata (in particolare, dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani) come iniziativa per un nuovo "Piano Marshall per l'Africa volto a dare speranza a milioni di africani pronti a partire per mancanza di alternative".

La proposta di Quadro finanziario pluriennale 2021 – 2027 - Valutazione del Parlamento europeo

Nel maggio del 2018, la Commissione europea ha presentato la proposta di Quadro finanziario pluriennale dell'UE per il periodo 2021-2027, che prevede, tra l'altro, uno strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dotato di 89,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 a prezzi correnti (ovvero che tengono conto di un tasso di inflazione del 2 per cento annuo), riservati in via prioritaria all'Africa e ai Paesi del vicinato.

Secondo la proposta, almeno 32 miliardi di euro sarebbero destinati all'Africa subsahariana, mentre 10,2 miliardi di euro costituirebbero la Riserva per le sfide e le priorità emergenti (come quelle ai confini dell’Unione o dei Paesi limitrofi, legate a situazioni di crisi e post-crisi o alla pressione migratoria).

Il 27 marzo 2019, il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura lo strumento citato, aumentando il budget complessivo a 93,154 miliardi di euro a prezzi correnti (circa 4 miliardi in più rispetto alla proposta della Commissione europea). Il Parlamento europeo ha altresì potenziato le risorse da destinare all’Africa subsahariana, portandole a 34,711 miliardi di euro a prezzi correnti.

Inoltre, ritenendo la promozione della democrazia, della pace e della sicurezza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani quali obiettivi centrali dell'azione esterna dell'UE, il Parlamento europeo ha emendato lo strumento nel senso di prevedere la sospensione totale o parziale del sostegno dell’UE nei confronti dei Paesi che non siano in grado di osservare i principi citati.

 

Nuova alleanza Africa- Europa

Con la comunicazione del settembre 2018 riguardante “una nuova alleanza Africa - Europa per gli investimenti e l'occupazione sostenibili: far avanzare allo stadio successivo il nostro partenariato per gli investimenti e l'occupazione", la Commissione europea ha proposto una serie di iniziative volte a promuovere l’imprenditoria, l’istruzione e la formazione, nonché l’integrazione economica (in particolare, sotto il profilo del libero scambio) nel continente africano.

Strumento europeo per la pace

Nel giugno 2018 l'Alto rappresentante, con il sostegno della Commissione, ha proposto di istituire lo strumento europeo per la pace, dotato di 10,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, al fine di rafforzare ulteriormente la collaborazione dell'UE con l'Africa per garantire in tutto il continente africano pace, sicurezza e stabilità, elementi determinanti per lo sviluppo economico.

Dichiarazione UE-Turchia

Nell’ambito degli accordi riconducibili alla cosiddetta Dichiarazione UE-Turchia del marzo 2016, è tuttora in vigore lo Strumento per i rifugiati in Turchia, istituito dall’Unione europea per il periodo 2016-2019 con una dotazione complessiva di 6 miliardi (in due tranche) di cui 3 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell'UE e 3 miliardi di euro dagli Stati membri.

Alla fine del 2017 l'UE ha impegnato e contrattualizzato complessivamente 3 miliardi di euro (prima tranche), erogandone effettivamente oltre 2 miliardi. L'UE sta attualmente mobilitando la seconda quota di finanziamento, impegnando 1,2 miliardi di euro, di cui 450 milioni di euro sono stati contrattualizzati e 150 milioni di euro effettivamente erogati.

I progetti finanziati nell’ambito dello strumento si concentrano su assistenza umanitaria, istruzione, sanità, infrastrutture municipali e sostegno socio-economico.

In particolare, secondo la Commissione europea, grazie a tali risorse: più di 635 mila minori siriani hanno accesso all’istruzione e 136 nuove scuole sono attualmente in costruzione; 5 milioni di prestazioni sanitarie di base sono state erogate e 650 mila bambini sono stati sottoposti a vaccinazione; un milioni e mezzo dei rifugiati siriani più vulnerabili ricevono mensilmente trasferimenti di denaro.

Misure relative alla situazione dei migranti bloccati in Libia

A partire dal secondo trimestre del 2016, l'Unione europea ha concentrato gli sforzi relativamente alla situazione dei migranti in Libia, mettendo in campo, tra l’altro, misure volte al sostegno delle comunità locali libiche interessate ai flussi, e al miglioramento delle condizioni delle strutture di accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo.

Sono complessivamente 338 i milioni di euro impegnati dall’UE per i progetti in Libia; in particolare, soltanto nell’ambito dell’UE Trust fund for Africa, le risorse sono articolate in programmi riguardanti: protezione e assistenza per migranti e rifugiati (134,7 milioni); stabilizzazione delle comunità locali (92); gestione delle frontiere (91,3).

Inoltre, nell’ambito della Task force trilaterale Unione africana - UE - Nazioni Unite (avviata nel novembre 2017) sono state intraprese iniziative con l'obiettivo di migliorare la situazione umanitaria dei migranti con il coinvolgimento dei principali organismi internazionali (l'UNHCR e l'OIM), e di potenziare i reinsediamenti e i rimpatri volontari assistiti e la reintegrazione nei Paesi di origine.

Grazie alla cooperazione, 37 mila persone hanno fatto ritorno nei rispettivi Paesi nell’ambito dei programmi di rimpatrio volontari assistito. L’UE sta infine facendo pressione per garantire accesso senza ostacoli e regolare alle organizzazioni umanitarie e alle agenzie UE nei centri di trattenimento, al fine di migliorarne le condizioni.

Iniziative in materia di politica dei visti

Nel marzo del 2018, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di iniziative, il cui fulcro è rappresentato da una proposta di regolamento recante modifiche al codice dei visti, volta, tra l'altro, ad introdurre un nuovo meccanismo per attivare condizioni più restrittive di trattamento dei visti quando un paese partner non collabora a sufficienza per la riammissione dei migranti in posizione irregolare nell’UE.

Sulla proposta il 20 febbraio 2019 è stato raggiunto un accordo fra Parlamento europeo e Consiglio.

Riammissione

Dal 2016 l'Unione europea ha stipulato sei accordi di riammissione (Afghanistan, Guinea, Bangladesh, Etiopia, Gambia e Costa d'Avorio). Sono complessivamente 23 gli accordi in vigore (oltre ai Paesi terzi citati, si tratta di accordi stipulati con Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Albania, Russia, Ucraina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Bosnia e Erzegovina, Montenegro, Serbia, Moldavia, Pakistan, Georgia, Armenia, Azerbaijan, Turchia e Capo Verde).

Sono, inoltre, in corso di negoziato accordi di riammissione relativi tra l'altro, alla Nigeria, alla Tunisia e alla Giordania. Nel novembre 2017, il Marocco ha accettato di rilanciare i negoziati sull'accordo di riammissione, in sospeso da tre anni.

Migrazione legale e integrazione

La Commissione europea ha preannunciato l’intenzione di presentare un vaglio di adeguatezza del quadro regolamentare UE in materia di migrazione legale. In particolare, è tuttora all’esame delle Istituzioni legislative europee (e, secondo la Commissione stessa, in fase d’impasse) una proposta di riforma della cosiddetta direttiva Carta blu, al fine di aumentare la capacità dell'UE di attirare e trattenere cittadini di paesi terzi altamente specializzati nonché a promuoverne la mobilità e la circolazione tra posti di lavoro in diversi Stati membri.

Il sostegno dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti regolarmente e delle persone provenienti dal contesto migratorio è altresì considerato elemento centrale nell’ambito del citato QFP 2021-2027. In particolare, tra le azioni sostenute nel quadro del nuovo bilancio, sono, tra l’altro, previsti: programmi di integrazione incentrati sull'istruzione e sulla formazione linguistica e di altro tipo (ad esempio corsi di educazione civica e orientamento professionale); centri di assistenza all'integrazione coordinati, quali sportelli unici; promozione degli scambi e del dialogo tra i cittadini di paesi terzi, la società di accoglienza e le autorità pubbliche, anche mediante la consultazione dei cittadini di paesi terzi, e del dialogo interculturale e interreligioso; promozione della la parità di accesso dei cittadini di paesi terzi ai servizi pubblici e privati.


 

 



[1] La Convenzione, approvata a Strasburgo nel 1981, è stata ratificata dall’Italia nel 1997.

[2] II pacchetto normativo, entrato in vigore nel maggio 2016, è diventato applicabile due anni dopo.

[3]   A tal proposito, merita ricordare che il diritto alla protezione dei dati di carattere personale è incluso nella Carta europea dei diritti fondamentali dell’UE (articolo 8) che, a seguito del Trattato di Lisbona, ha assunto il rango di diritto primario dell’Unione. al pari del Trattato sull’Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE).

[4] La direttiva è stata recepita con il D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 104.

[5] Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di estendere le competenze di tale organismo allo scopo di includere tra le sue attribuzioni i reati gravi che colpiscono più di uno Stato membro, mediante una decisione presa all'unanimità da tutti gli Stati membri partecipanti e dagli altri, previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.

[6] Il 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato emendamenti al testo della Commissione europea, rinviando la questione alla Commissione parlamentare competente per l'avvio di negoziati interistituzionali.

[7] Recepita in Italia con il Decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 53.

[8] Le politiche di contrasto alle attività illecite e dolose di natura informatica e basate sull'uso di sistemi informatici (comprese le iniziative in materia di disinformazione: vedi infra) sono state trattate nei più recenti Consigli europei, in occasione dei quali i leader dell’UE hanno, tra l’altro, chiesto la conclusione dei procedimenti legislativi dei principali strumenti normativi proposti dalla Commissione europea, e dato impulso a nuove iniziative nel campo della cibersicurezza (per approfondimenti si consigliano i temi web su: Consiglio europeo 28-29 giugno 2018, Consiglio europeo 17-18 ottobre 2018; Consiglio europeo 13-14 dicembre 2018.

[9] Per minacce ibride – nozione per la quale non esiste una definizione sul piano giuridico universalmente accettata – la Commissione europea intende una serie di attività che spesso combinano metodi convenzionali e non convenzionali e che possono essere realizzate in modo coordinato da soggetti statali e non statali pur senza oltrepassare la soglia di guerra formalmente dichiarata. Il loro obiettivo non consiste soltanto nel provocare danni diretti e nello sfruttare le vulnerabilità, ma anche nel destabilizzare le società e creare ambiguità per ostacolare il processo decisionale.

[10] Recepita in Italia con il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 65.

[11] Tali misure sono contenute in una serie di provvedimenti: una raccomandazione (C(2018)5949) relativa alle reti di cooperazione in materia elettorale, alla trasparenza online, alla protezione dagli incidenti di cibersicurezza e alla lotta contro le campagne di disinformazione; orientamenti sull'applicazione del diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati volti a aiutare le autorità nazionali e i partiti politici europei e nazionali ad applicare gli obblighi in materia di protezione dei dati derivanti dal diritto dell'UE nel contesto elettorale; una proposta di modifica del regolamento del 2014 relativo al finanziamento dei partiti politici europei, volta a consentire di infliggere sanzioni pecuniarie per le violazioni delle norme in materia di protezione dei dati commesse allo scopo di influenzare deliberatamente l'esito delle elezioni europee.

[12] Nell’ottobre del 2018 alcune tra le principali società online (Google, Facebook, Twitter e Mozilla) e associazioni che rappresentano il settore pubblicitario hanno firmato un codice di buone pratiche, impegnandosi ad attuare una serie di misura in previsione delle elezioni europee per affrontare efficacemente il problema dell'utilizzo delle nuove tecnologie e dei social media finalizzato a diffondere, mirare e amplificare la disinformazione. Il 29 gennaio 2019 la Commissione europea ha pubblicato le prime relazioni presentate dai firmatari del Codice.

[13]       Il pacchetto comprende: la proposta di regolamento relativo all'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo - EASO (COM 2016)271); la proposta di regolamento che istituisce l'Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento Dublino, per l'identificazione di cittadini di paesi terzi o apolidi il cui soggiorno è irregolare e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (COM(2016)272); la proposta di regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di paese terzo o da un apolide (riforma del regolamento di Dublino - COM(2016)270); la proposta di direttiva recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (COM(2016)465); la proposta di regolamento recante norme sull'attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta (COM(2016)466); la proposta di regolamento che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione (COM(2016)467), la proposta di regolamento recante quadro dell'Unione per il reinsediamento (COM(2016)468).

[14] La proposta di revisione del regolamento di Dublino reca, tra gli elementi qualificanti, un meccanismo correttivo per la redistribuzione delle domande di asilo tra Stati membri, da applicarsi a un Paese dell’UE il cui sistema di protezione internazionale subisca una pressione sproporzionata. La Commissione europea ha frequentemente precisato che il giusto bilanciamento dei due principi deve intendersi nel senso, che occorre, da un lato, assicurare che ogni Stato membro si occupi delle domande d'asilo di cui è responsabile, dall’altro, garantire un meccanismo di solidarietà strutturato e prevedibile, che faccia sì che nessuno Stato membro debba sopportare un onere sproporzionato

[15] Tale approccio, secondo la Commissione, replicherebbe lo sforzo di coordinamento prodotto tra una serie di Stati membri nel gennaio del 2019 per il caso della gestione dello sbarco della Sea Watch – 3.