Comunicazione del 3 luglio 2019 con la quale la Commissione europea ha stabilito di non proporre al Consiglio l'apertura di una procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti dell'Italia 4 luglio 2019 |
Con la
comunicazione al Consiglio dell'UE del
3 luglio 2019, la Commissione europea ha concluso che le
misure che il Governo italiano propone di adottare per il miglioramento dei saldi di finanza pubblica sono
sufficienti a impedire,
in questa fase, l'avvio di una procedura per mancata osservanza della regola del debito pubblico del 2018.
Le misure proposte dal Governo, come specificato, peraltro, in una
lettera trasmessa alla Commissione europea il 2 luglio 2019, che saranno adottate con la legge di assestamento del 2019, comporteranno una
correzione del saldo di bilancio pari a
7,6 miliardi di euro (0,42% del PIL) in termini nominali, corrispondente a 8,2 miliardi di euro (0,45% del PIL) in termini strutturali.
La differenza è dovuta a minori entrate
una tantum, rispetto alle previsioni, in relazione alle misure di "rottamazione" per circa 0,6 miliardi di euro. Tali minori entrate peggiorano l'indebitamento netto in termini nominali, ma avendo natura
una tantum non sono conteggiate ai fini del calcolo dell'indebitamento netto strutturale.
Ciò contribuirà all'osservanza del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita del 2019.
Si tratta, in particolare, di
maggior gettito rispetto alle previsioni per circa
6,2 miliardi di euro, dovuto a maggiori entrate fiscali per 2,9 miliardi di euro, maggiori contributi per 0,6 miliardi di euro, e ad altre entrate relative a maggiori dividenti dalla Banca d'Italia e dalla Cassa Depositi e Prestiti per 2,7 miliardi di euro.
Le maggiori entrate fiscali per 2,9 miliardi includono maggior gettito IRPEF per 0,4 miliardi, maggior gettito IVA per 0,35 miliardi, maggiori entrate per giochi e lotterie per 0,2 miliardi, entrate relative alla definizione di una lite tributaria del gruppo Kering-Gucci per 1 miliardo di euro e altre entrate per circa 0,95 miliardi di euro.
Alla correzione di bilancio contribuiscono inoltre i
risparmi attesi nel 2019 dal minor utilizzo delle risorse iscritte in bilancio per l'attuazione delle disposizioni relative all'introduzione del reddito di cittadinanza e al trattamento di pensione anticipata "quota 100". A salvaguardia dell'effettivo realizzo di tali risparmi per un importo almeno pari a
1,5 miliardi di euro nel 2019, con il decreto-legge n. 61 del 2019 il Governo ha disposto l'accantonamento di un corrispondente importo delle dotazioni di bilancio in termini di competenza e cassa indicate nell'allegato 1 al decreto medesimo.
L'assestamento di bilancio e le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 61 del 2019 assicurano che le maggiori entrate e le minori spese realizzate finora siano impiegate per la riduzione dell'indebitamento netto e del debito pubblico e che non siano destinate ad altre misure nel corso del 2019. A tal fine, la normativa in materia di reddito di cittadinanza e di "quota 100" è stata modificata in modo da impedire il riutilizzo delle eventuali economie relative ai due programmi di spesa.
Per effetto di tali misure,
l'indebitamento netto nominale per il 2019 è stimato pari al 2,04% del PIL, in riduzione rispetto al 2,5% previsto in primavera dalla Commissione europea, consentendo pertanto il rispetto dell'obiettivo contenuto nella legge di bilancio 2019 nonostante il peggioramento delle prospettive di crescita registrato finora.
Ciò corrisponde a un
miglioramento del saldo strutturale di bilancio pari allo 0,2% del PIL (a fronte di un peggioramento dello 0,2% del PIL stimato in primavera dalla Commissione europea).
Nella richiamata lettera, il Governo stima il conseguente aggiustamento strutturale di bilancio pari a
oltre 0,3 punti percentuali di PIL.
Lo sforzo di bilancio richiesto per il 2019 nell'ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita risulta pertanto compiuto. Il miglioramento è inoltre tale da compensare parzialmente il deterioramento del saldo di bilancio strutturale registrato nel 2018.
Per quanto riguarda l'anno
2020, il Governo italiano si è impegnato con la citata lettera alla Commissione europea del 2 luglio a conseguire un miglioramento del saldo di bilancio strutturale tale da ottemperare al Patto di stabilità e crescita. Nelle intenzioni del Governo l'incremento delle aliquote IVA previsto dalle clausole di salvaguardia verrà evitato attraverso la revisione della spesa, ivi inclusa quella fiscale, per un importo corrispondente.
Il Governo si è inoltre impegnato ad adottare delle riforme mirate ad accrescere il potenziale di crescita dell'economia italiana in conformità con le raccomandazioni specifiche per paese proposte dalla Commissione il 5 giugno 2019 nell'ambito del Semestre europeo. Tali riforme dovranno in particolare migliorare l'efficienza delle amministrazioni pubbliche e il sistema legale, oltre che accrescere il capitale umano e la produttività.
La
Commissione europea manterrà la propria sorveglianza sull'effettiva adozione di queste misure, sia monitorando la gestione del bilancio nel 2019 sia verificando la conformità del Documento programmatico di bilancio 2020 con il Patto di stabilità e crescita. La Commissione valuterà inoltre i progressi nell'adozione delle riforme strutturali nell'ambito delle procedure previste dal Semestre europeo.
|
Relazione della Commissione europea sul rispetto da parte dell'Italia delle norme in materia di disavanzi eccessivi
Il
5 giugno 2019 la Commissione europea ha pubblicato una
relazione a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), per esaminare la
conformità dell'Italia nel 2018 al criterio del debito stabilito dal Trattato
(Vedi infra il paragrafo sulla regola del debito), tenendo conto del contesto economico e di altri fattori significativi.
Tale relazione costituisce la prima fase della procedura per i disavanzi eccessivi
(Vedi infra il paragrafo sulla procedura per disavanzi eccessivi), pur
non rappresentandone ancora l'apertura in senso formale.
Contestualmente, la Commissione europea ha anche pubblicato le
raccomandazioni specifiche per Paese, le quali, nell'ambito del ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dell'UE, il cosiddetto Semestre europeo, forniscono un'analisi della situazione economica di ciascuno Stato membro e raccomandano misure che ogni Paese dovrebbe adottare nei successivi dodici mesi. Si ricorda che le raccomandazioni sono redatte dalla Commissione europea una volta terminata la valutazione dei Programmi di riforma e dei Programmi di stabilità o di convergenza degli Stati membri; in seguito sono approvate dal Consiglio europeo di giugno e adottate, infine, dal Consiglio dell'UE in luglio.
Innanzitutto, secondo i dati della Commissione europea (
previsioni economiche di primavera 2019, che tengono conto del Programma di stabilità 2019 dell'Italia), il
disavanzo pubblico dell'Italia è
sceso al 2,1% del
PIL nel
2018 (dal 2,4% nel 2017), mentre il
debito è
salito al 132,2% del
PIL (dal 131,4% nel 2017). Inoltre, il
Programma di stabilità 2019 dell'Italia prevede un disavanzo al 2,4% nel 2019 e al 2,1% nel 2020 e un debito al 132,6% nel 2019 e al 131,3% nel 2020. La
Commissione europea prevede un disavanzo pari al 2,5% nel 2019 e al 3,5% nel 2020 (a politiche invariate, in particolare senza tener conto dell'eventuale applicazione delle clausole di salvaguardia) e anche un
aumento più marcato del debito, al 133,7% nel 2019 e al 135,2% nel 2020.
Alla luce di tali dati, secondo la Commissione europea, mentre l'Italia
rispetta attualmente il criterio del disavanzo (ma non per il 2020, a politiche invariate),
non ha, invece,
rispettato
il parametro di riduzione del debito nel 2018 (registrandosi uno scostamento del 7,6% del PIL)
né lo rispetterebbe, sulla base sia dei piani del Governo italiano sia delle previsioni della Commissione stessa, nel
2019 (con uno scostamento pari al 5,1% del PIL nelle previsioni del Governo e del 9% nelle previsioni della Commissione) e nel
2020 (con uno scostamento rispettivamente del 4,5% e del 9,2% del PIL)
(Si veda la tabella seguente).
La Commissione, ha quindi esaminato: 1) la posizione di bilancio a medio termine, compresa la valutazione della conformità con il necessario aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine e degli investimenti pubblici; 2) l'evoluzione a medio termine del debito pubblico, compresa la sua sostenibilità; 3) la posizione economica a medio termine, compreso lo stadio di attuazione delle riforme strutturali; 4) altri fattori considerati significativi dalla Commissione e quelli addotti dall'Italia.
Con riferimento alla
posizione di bilancio nel medio termine, la Commissione rileva la
non conformità dell'Italia con il
percorso di avvicinamento raccomandato all'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2018, anche tenendo conto del cosiddetto "margine di discrezionalità". Inoltre, per quanto riguarda il
2019, l'Italia è a
rischio di non conformità con il braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, anche tenendo conto della tolleranza concessa in via preliminare per eventi inconsueti. Secondo le
previsioni di primavera 2019 della Commissione, nell'ipotesi di politiche invariate, l'entità della
deviazione dal percorso di avvicinamento raccomandato all'obiettivo a medio termine
aumenterà ulteriormente nel 2020. Per quanto riguarda gli
investimenti pubblici, la Commissione osserva che, visto che essi sono
ampiamente diminuiti negli anni, non sembrano essere un fattore attenuante per giustificare la non conformità dell'Italia con il parametro per la riduzione del debito.
In merito all'
evoluzione del debito pubblico a medio termine, la Commissione evidenzia che l'elevato debito pubblico rappresenta una notevole fonte di vulnerabilità per l'economia italiana, sottolineando come, a suo avviso, le «
misure di recente adozione, insieme alle
tendenze demografiche avverse,
invertono parzialmente gli effetti positivi delle passate riforme delle pensioni e indeboliscono la sostenibilità di bilancio a lungo termine del paese. La sostenibilità di bilancio è stata inoltre ostacolata dall'aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato osservato nel 2018 e nei primi mesi del 2019». In tale ambito, la Commissione evidenzia, inoltre, gli
scarsi risultati ottenuti finora con le
privatizzazioni tanto da limitarne fortemente l'impatto nelle sue previsioni.
Con riferimento alle
riforme strutturali, nonostante i progressi compiuti in alcuni ambiti di riforma (ad esempio mercato del lavoro e pubblica amministrazione, lotta all'evasione fiscale, risanamento dei bilanci delle banche), ad avviso della Commissione, il retaggio della crisi e le persistenti debolezze strutturali continuano a pesare sul potenziale di crescita dell'Italia, tanto che il
tasso di crescita medio annuo dell'Italia è stato dello 0,1% nel periodo 2004-2018
rispetto all'1,5% della zona euro esclusa l'Italia.
Le
ragioni di tale
gap sono, ad avviso della Commissione, ampiamente spiegate da
fattori strutturali che ostacolano un'allocazione efficiente delle risorse e costituiscono un
freno alla produttività. La Commissione rileva quindi che la crescita dell'occupazione è stata favorita dalle riforme del mercato del lavoro e dagli incentivi all'assunzione, ma è stata in gran parte determinata da contratti a tempo determinato, mentre persistono
elevati livelli di disoccupazione di lunga durata e giovanile che gravano sulle future prospettive di crescita economica. Il contesto in cui operano le imprese continua a frenare l'imprenditorialità, anche a causa di
carenze nella pubblica amministrazione e di procedimenti giudiziari civili e penali molto lunghi.
Dopo avere richiamato l'
adozione dei due decreti-legge destinati a incentivare gli investimenti (i cosiddetti "Crescita" e "Sblocca cantieri"), la Commissione sottolinea tuttavia come il
bilancio 2019 e il decreto-legge che attua il
nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 abbiano «segnato un passo indietro per quanto riguarda alcuni elementi delle passate riforme del sistema pensionistico,
peggiorando la sostenibilità delle finanze pubbliche a medio termine, e siano destinati a incrementare ulteriormente la spesa pensionistica nel medio termine». In proposito, si osserva in particolare come l'elevata spesa pubblica per le pensioni di vecchiaia imponga un contenimento di altre spese sociali e di altri elementi di spesa a favore della crescita, come l'istruzione e gli investimenti, e limiti i margini disponibili per ridurre la forte pressione fiscale complessiva e l'alto debito pubblico. Inoltre, in un contesto in cui l'Italia è già al di sotto della media dell'UE per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori più anziani (55 - 64) al mercato del lavoro, l'ampliamento delle possibilità di pensionamento anticipato potrebbe avere, ad avviso della Commissione, «un impatto negativo sull'offerta di lavoro e in tal modo ostacolare la crescita potenziale e peggiorare la sostenibilità del debito pubblico».
Ad avviso della Commissione, la
strategia dell'Italia per incentivare la crescita continua a fare affidamento soprattutto su trasferimenti sociali (ad esempio il reddito di cittadinanza) e in
misura minore sulla riduzione degli oneri fiscali e sul rilancio degli investimenti pubblici.
Peraltro, la Commissione sottolinea che il
programma nazionale di riforma dell'Italia
affronta soltanto
parzialmente le questioni strutturali sollevate dalle raccomandazioni specifiche per paese 2018. In particolare, secono la Commissione esso: «i)
non prevede nuove misure atte a favorire un
alleggerimento della pressione sui fattori produttivi; il programma nazionale di riforma introduce invece una nuova possibilità di estinguere i debiti fiscali pregressi senza sanzioni per le imprese, misura che potrebbe incidere negativamente sull'adempimento degli obblighi fiscali; ii)
non contiene nuovi impegni di rilievo nel settore della giustizia ma si limita essenzialmente a confermare i precedenti, quali la riforma del processo civile e penale tuttora in sospeso; iii)
non prevede ulteriori interventi nel settore della concorrenza e nel settore bancario oltre al proseguimento degli sforzi per sostenere la riduzione dei crediti deteriorati e al completamento delle riforme in corso (ad esempio delle banche di credito cooperativo); iv) si concentra sul completamento dell'attuazione del reddito di cittadinanza e dell'introduzione di un salario minimo, mentre
i riferimenti a misure di promozione della
partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono limitati e mancano i dettagli sul modo di incentivare l'istruzione professionale».
La Commissione europea procede, inoltre, all'analisi dei
fattori significativi indicati dal Governo italiano nella lettera del 31 maggio 2019 e nell'allegato Rapporto
(Vedi infra). In particolare:
Alla luce dei richiamati dati e delle considerazioni sopra riportate,
al fine di valutare se sia
giustificabile l'avvio di una procedura per i disavanzi eccessivi, la Commissione rileva conclusivamente che «l'analisi contenuta nella relazione comprende la
valutazione di tutti i fattori significativi, vale a dire:
La relazione conclude che il
criterio del debito, come definito nel Trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997, debba considerarsi come
non rispettato e che, pertanto, una
procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito sia giustificata.
Si segnala che l'11 giugno 2019 si è espresso il Comitato economico e finanziario confermando la posizione della Commissione europea. Nello stesso senso si è espresso anche l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 invitando l'Italia ad adottare le misure necessarie per garantire il rispetto del Patto di stabilità e crescita. |
Interlocuzione tra la Commissione europea e il Governo italiano precedente all'adozione della Relazione del 5 giugno 2019
La relazione ex articolo 126, paragrafo 3, era stata anticipata dalla Commissione europea con una
lettera del 29 maggio 2019 in cui si evidenziava che, sulla base dei dati notificati per il 2018,
l'Italia non ha compiuto sufficienti progressi verso il rispetto del criterio del debito nel 2018.
La Commissione europea ha chiesto, inoltre, all'Italia di
rispondere
entro il 31 maggio 2019 illustrando, come previsto dal Patto di stabilità e crescita (articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) 1467/1997),
i fattori ritenuti
significativi al fine di valutare complessivamente in termini qualitativi l'eccesso del rapporto debito/PIL rispetto al valore di riferimento.
In risposta alla Commissione europea, il 31 maggio il Ministro dell'economia e delle finanze ha inviato alla Commissione europea il
Rapporto sui fattori rilevanti relativi all'andamento del debito pubblico redatto dal Dipartimento del Tesoro ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE. Nella
lettera di accompagnamento, dopo aver richiamato l'approccio prudente e responsabile seguito dal Governo italiano nella redazione della legge di bilancio 2019 seguita all'
interlocuzione con la Commissione europea del dicembre 2018 (
cfr. anche Ufficio parlamentare di bilancio, "La finanza pubblica dopo l'accordo con la Commissione europea", Flash n. 3, dicembre 2018), il Ministro ha evidenziato innanzitutto gli incoraggianti risultati ottenuti nel 2018 in termini di indebitamento netto (2,1% del PIL, in discesa rispetto al 2,4% del 2017), di avanzo primario (1,6% del PIL, in aumento rispetto all'1,4% del 2017) e di spesa per interessi (3,7%, in discesa rispetto al 3,8% del 2017). Il peggioramento dell'indebitamento netto strutturale, che secondo le stime della Commissione europea sarebbe aumentato nel 2018 di un decimo di punto percentuale rispetto al 2017, è riconducibile, secondo il Ministro, alla metodologia di calcolo dell'output gap usato dalla Commissione (
per output gap si intende la differenza tra livello del PIL reale effettivo e quello potenziale dell'economia. L'output gap fornisce quindi una misura della posizione dell'economia nel ciclo economico). Si riconosce invece, per il
2018, l'aumento del rapporto debito/PIL, che viene ricondotto in parte all'aumento della liquidità di tesoreria dovuta alla previsione di elevati rimborsi di titoli all'inizio del 2019. Il calo del commercio internazionale e della produzione manifatturiera, oltre al persistere di un elevato tasso di disoccupazione e di un basso tasso di inflazione, hanno tuttavia sconsigliato l'adozione di misure di bilancio restrittive.
Quanto al
2019, le stime della Commissione europea indicherebbero per l'Italia il rischio di una deviazione significativa del saldo di bilancio strutturale dal percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine, richiedendo un miglioramento di 0,42 punti percentuali, pur tenendo conto della flessibilità concessa per le spese straordinarie relative alle condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse, alla manutenzione straordinaria delle infrastrutture e alla mitigazione del rischio idrogeologico. Secondo le stime del Governo contenute nel Programma di stabilità 2019, tuttavia, il saldo di bilancio strutturale peggiorerebbe nel 2019 di soli 0,1 punti percentuali, indicando pertanto uno scostamento non significativo.
Il Ministro sottolinea inoltre che le stime aggiornate sull'indebitamento netto, contenute nel rapporto sul debito allegato alla lettera, indicano per l'anno in corso un valore inferiore alle attese a causa di un miglioramento dell'andamento economico e del gettito fiscale, in particolare relativo alle entrate non tributarie. Le spese relative alle nuove politiche di
welfare dovrebbero essere inoltre inferiori a quanto stimato nel Programma di stabilità 2019, contribuendo a un indebitamento netto nominale e strutturale inferiore alle attese.
Il Ministro ha quindi ribadito che il
bilancio 2020 sarà conforme al Programma di stabilità 2019 e che il Parlamento ha invitato il Governo a riformare l'imposta sul reddito delle persone fisiche e ad evitare gli aumenti delle imposte indirette previsti dalla legislazione vigente. Il Governo sta quindi elaborando un programma complessivo di revisione della spesa corrente comprimibile e delle entrate, anche non tributarie, in vista dell'approvazione del Documento programmatico di bilancio 2020.
Nel
rapporto allegato alla lettera vengono quindi illustrati nel dettaglio tutti i
fattori ritenuti significativi ai fini della valutazione complessiva del mancato rispetto della regola da parte della Commissione europea. Tali fattori possono essere sintetizzati come segue.
Successivamente, in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha inviato una
lettera indirizzata ai rappresentanti degli altri 27 Paesi membri dell'UE, al Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, e al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, anche a seguito della discussione svoltasi in seno all'Eurogruppo del 13 giugno.
In particolare, il Presidente del Consiglio rileva la necessità, alla luce degli esiti delle ultime elezioni europee, di
aprire una "fase costituente" «per ridisegnare le regole di governo» dell'Unione, riconsiderando modelli di sviluppo e di crescita «che si sono rivelati inadeguati di fronte alle sfide» che si sono presentate negli ultimi anni.
Pur evidenziando la necessità di una riforma dei
vincoli europei, il Presidente conferma la
volontà del Governo di non sottrarsi ai medesimi, né «l'intenzione di reclamare deroghe o concessioni».
Con riferimento all'interlocuzione relativa all'eventuale apertura di una procedura di infrazione per disavanzi eccessivi, il Capo del Governo, nel riaffermare l'intenzione di mantenere aperto il dialogo, precisa le
ragioni della discrepanza tra le previsioni della Commissione e quelle del Governo, riprendendo le argomentazioni esposte anche dal Ministro dell'economia e delle finanze nella richiamata lettera del 31 maggio 2019.
In particolare, per il 2019 il Presidente evidenzia che, «anche grazie alle misure adottate per accrescere la fedeltà fiscale,
le entrate sono migliori del previsto» e parimenti si registra, per le spese, «
una dinamica più moderata di quella originariamente prevista».
Per il 2020, il Governo ribadisce che intende conseguire un miglioramento di 0,2 punti percentuali nel saldo strutturale di bilancio, ricordando che, in linea con la legislazione vigente, il Programma di stabilità prevede un aumento delle imposte indirette pari a quasi l'1,3 per cento del PIL, che entrerebbe in vigore nel gennaio 2020. Con riferimento a tale ultima misura, il Presidente del Consiglio ricorda che il Parlamento ha invitato il Governo ad individuare misure alternative pur confermando l'obiettivo di riduzione strutturale del deficit.
Il Presidente del Consiglio sottolinea inoltre come «l'ossessione dei conti in ordine spinge alcuni Paesi a una
accentuata concorrenza fiscale, che, come la stessa Commissione ha di recente riconosciuto, mina la capacità degli altri Stati di conseguire sane politiche di bilancio».
Ad avviso del Governo, l'Italia è tra i Paesi più fortemente danneggiati: lo sforzo nel ridurre il proprio debito risulta compromesso nella misura in cui
altri partner europei, ai quali dovrebbero legarci vincoli di solidarietà,
si adoperano per attrarre base fiscale.
Inoltre, il Presidente del Consiglio sottolinea che l'Italia, con la sua forte specializzazione per la manifattura, risulta «danneggiata negli sforzi compiuti per crescere a un ritmo più sostenuto che possa garantire un rapido declino del suo debito, se le
politiche macroeconomiche di
alcuni grandi partner sono prevalentemente dirette a
conseguire ampi surplus di parte corrente e di bilancio, piuttosto che ad attivare politiche di investimento, di innovazione, di protezione sociale e di tutela ambientale».
Infine il Presidente del Consiglio illustra le
principali proposte del Governo per l'auspicato processo di riforma dell'Unione. Ad avviso del Governo occorrerebbe, in particolare:
|
I precedenti |
Le relazioni del 2018 a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE
La Commissione europea ha già adottato in passato delle relazioni ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE, da ultimo il
21 novembre 2018 nell'ambito del pacchetto di autunno che decreta l'
avvio del semestre europeo. In quell'occasione, la Commissione indicava che la dinamica del
debito pubblico italiano in rapporto al PIL, prospettata nella versione rivista del Documento programmatico di bilancio per il 2019,
non rispettava la regola del debito, ritenendo che ciò giustificasse l'avvio di una procedura per disavanzo eccessivo.
Il
Documento programmatico di bilancio (DPB) per il 2019, presentato dal Governo italiano il 16 ottobre 2018, ha fissato un percorso di avvicinamento all'obiettivo per il saldo di bilancio strutturale che è stato ritenuto dalla Commissione, in un'
opinione pubblicata il 23 ottobre, seriamente divergente rispetto alla raccomandazione del Consiglio. Sulla scorta di tale opinione, il Governo ha presentato, il 13 novembre scorso, una
versione rivista del DPB per il 2019 in cui sono stati
modificati alcuni dati relativi, soprattutto, al previsto
gettito delle privatizzazioni (1% del PIL nel 2019 in luogo dello 0,3% programmato nella prima versione).
La Commissione ha ritenuto tuttavia tali modifiche insufficienti a dissipare i dubbi di significativa deviazione rispetto al percorso di aggiustamento del saldo di bilancio strutturale sia nel 2018 sia nel 2019 e quindi a modificare la valutazione emessa nel maggio 2018 in merito al mancato rispetto della regola del debito per il 2017. Il
Documento programmatico di bilancio del 2019, nella versione rivista, rappresenta pertanto il
fatto nuovo ("
a material change in the relevant factors" nel linguaggio della relazione) che ha portato la Commissione a esaminare nuovamente i fattori significativi e a rivedere il proprio giudizio del maggio 2018 secondo il quale la regola del debito per l'anno 2017 poteva ritenersi rispettata.
Il 29 novembre 2018, il Comitato economico finanziario dell'Unione europea ha espresso un parere favorevole, ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 4, del TFUE, sulla relazione della Commissione europea e quindi sull'avvio di una procedura per disavanzo eccessivo dell'Italia.
Il 4 dicembre 2018, l'Eurogruppo ha fatto proprie le valutazioni espresse dalla Commissione europea nella relazione ex articolo 126, paragrafo 3, del TFUE del 21 novembre 2018, invitando l'Italia ad adottare le misure necessarie per il rispetto del Patto di stabilità e crescita e invitando, allo stesso tempo, le autorità Italiane a proseguire il dialogo con quelle europee.
All'esito di una interlocuzione prolungatasi per alcuni giorni, la manovra di bilancio è stata modificata secondo linee concordate dal Governo con la Commissione europea.
La negoziazione è stata favorita dalla richiesta, avanzata dal Governo, di riconoscere la flessibilità di bilancio per l'anno 2019 in misura pari a circa lo 0,2% del PIL. Tale richiesta si è basata sul carattere eccezionale delle spese per interventi di contrasto al dissesto idrogeologico e di messa in sicurezza delle infrastrutture della rete stradale quali viadotti, ponti e gallerie.
Con una
lettera del 19 dicembre 2018, la Commissione europea ha preso atto dell'
esito del negoziato con il Governo italiano e delle modifiche corrispondentemente apportate al disegno di legge di bilancio del 2019, con particolare riferimento agli accantonamenti di specifici stanziamenti a salvaguardia dei saldi di finanza pubblica. La Commissione ha quindi concluso che non sussistessero più le condizioni per aprire
la procedura per disavanzo eccessivo a carico dell'Italia. Ha infine specificato che gli sviluppi della finanza pubblica italiana, e in particolare l'attuazione della legge di bilancio 2019, sarebbero stati strettamente monitorati dalla Commissione stessa.
Precedentemente, la Commissione aveva già adottato una
relazione ex articolo 126, paragrafo 3, del TFUE il 23 maggio 2018 in merito all'assenza,
prima facie, di progressi sufficienti nella riduzione del debito da parte dell'Italia nel 2017. Tra i fattori significativi esaminati, tuttavia, la Commissione evidenziava che sia il criterio della spesa sia l'aggiustamento di bilancio strutturale per il 2017 si erano rivelati
ex post migliori di quanto previsto. Riconosceva inoltre all'Italia alcuni progressi nell'adottare e attuare delle riforme strutturali favorevoli alla crescita, in linea con le raccomandazioni specifiche del Consiglio dell'Unione europea. In quell'occasione concludeva quindi che la regola potesse considerarsi rispettata tenuto conto in particolare della conformità
ex post dell'Italia con i requisiti del braccio preventivo nel 2017, evidenziando tuttavia il rischio di una deviazione significativa dal percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine per il 2019.
Successivamente, il 13 luglio 2018, il Consiglio adottava una
serie di raccomandazioni all'Italia che recepivano le indicazioni della Commissione in materia di politica di bilancio e di riforme strutturali.
|
La procedura per disavanzo eccessivo a carico dell'Italia nel periodo 2009-2013
Il 2 dicembre del 2009, sulla scorta di una raccomandazione della Commissione, il Consiglio dell'Unione europea adottava la
decisione 2010/286/UE che dichiarava l'esistenza di un disavanzo eccessivo in Italia e che decretava l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. La decisione veniva adottata sulla base dell'osservazione che l'indebitamento netto della PA era programmato per il 2009 al 5,3% del PIL, superiore pertanto al livello soglia del 3%, e che il debito pubblico lordo era pari al 115,1% del PIL, superiore al livello soglia del 60%. Il Consiglio non aveva tenuto in considerazione ulteriori fattori significativi in quanto non era soddisfatta la duplice condizione prevista dall'articolo 2, paragrafo 4, del regolamento(CE) 1467/97 secondo cui il disavanzo è comunque prossimo al valore soglia, e lo scostamento presenta natura temporanea. Nessuna di queste condizioni era rispettata.
Contestualmente, sempre sulla scorta di una raccomandazione della Commissione, il Consiglio indirizzava all'Italia una raccomandazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 7, del TFUE e dell'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento(CE) 1467/97 al fine di porre fine al disavanzo eccessivo entro il 2012.
I dati statistici per le valutazioni inerenti l'applicazione della procedura sono stati forniti, ai sensi dell'articolo 4 del Protocollo relativo allegato ai trattati, dalla Commissione europea, che a sua volta ha ricevuto a tal fine i dati sul disavanzo e sul debito della pubblica amministrazione dall'Italia due volte all'anno, entro il 1° aprile e il 1° ottobre.
Con la decisione 2013/314/UE del 21 giugno 2013, il Consiglio abrogava la decisione del 2 dicembre 2009 sull'esistenza del disavanzo eccessivo. Tale decisione rappresentava un esito dovuto ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 12, del TFUE, in quanto il disavanzo si riteneva corretto.
Tale decisione derivava dalla valutazione del processo di consolidamento di finanza pubblica compiuto dall'Italia negli anni precedenti e programmato per gli anni successivi.
Dopo aver toccato il picco del 5,5% del PIL nel 2009, il disavanzo delle PA italiane si è costantemente ridotto fino 3% nel 2012, rispettando quindi la scadenza posta dal Consiglio. Il risultato è stato raggiunto per effetto di un considerevole consolidamento di bilancio, che ha più che controbilanciato l'aumento della spesa per interessi e il debole gettito fiscale dovuto al rallentamento dell'attività economica. Nello stesso periodo 2009-2012, il saldo di bilancio strutturale era migliorato in termini cumulativi di 2,75 punti percentuali di PIL, mentre il rapporto debito/PIL era aumentato di 10,6 punti percentuali fino a raggiungere il 127%, anche per effetto del contributo italiano all'assistenza finanziaria a favore degli Stati membri della zona euro.
Il Programma di stabilità per il periodo 2013-2017, approvato dal Governo italiano il 10 aprile 2013 e su cui il Parlamento aveva poi votato una risoluzione favorevole il 7 maggio, prevedeva un calo del disavanzo al 2,9% nel 2013 e in ulteriore calo nel 2014. La dinamica veniva confermata dalla Commissione europea in base alle proprie previsioni a politiche invariate. Il saldo di bilancio strutturale era previsto in ulteriore miglioramento nel 2013. Il rapporto debito/PIL era inoltre previsto in aumento oltre il 131,4% per del PIL nel 2013, anche a causa del pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione e di ulteriori contributi all'assistenza finanziaria a favore degli Stati membri della zona euro. La Commissione prevedeva inoltre il compimento da parte dell'Italia di progressi adeguati verso il rispetto del criterio relativo alla crescita della spesa pubblica.
|
La regola del debito
Il nuovo quadro di riforma della
governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 mediante il c.d.
six pack, e richiamato nel
Fiscal compact, rafforza il
controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una
regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL.
La regola stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60%, il
tasso di riduzione debba essere pari a 1/20 all'anno nella media dei
tre precedenti esercizi (versione
backward-looking della regola sul debito).
La regola è considerata soddisfatta, altresì, se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60% si verificherà, in base alle previsioni della Commissione europea, nel periodo di
tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si hanno dati disponibili (versione
forward-looking della regola sul debito). Va anche verificato se lo scostamento dal
benchmark di riferimento può essere attribuito agli effetti del ciclo economico.
Solo se nessuna di queste
condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo)
viene soddisfatta, la regola del debito è considerata
non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di una relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del
benchmark anche dopo l'aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all'anno di riferimento),
la Commissione
europea
redige una relazione ex articolo 126 TFUE nella quale, tuttavia, al
benchmark numerico
si aggiungono
valutazioni qualitative relative a un certo insieme di "
altri fattori rilevanti", tra cui: la struttura delle scadenze del debito, le garanzie prestate e, in particolare, quelle collegate al settore finanziario, nonché le passività implicite legate all'invecchiamento della popolazione ed al debito privato, nella misura in cui queste possano rappresentare potenziali passività implicite per le amministrazioni pubbliche.
|
La procedura per i disavanzi eccessivi
La
procedura per disavanzi eccessivi (
PDE) è definita dall'articolo 126 del TFUE e ulteriormente specificata dal
Protocollo n. 12 del TFUE e dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, che fa parte del Patto di stabilità e crescita (PSC) (
Cfr. il dossier dei Servizi del bilancio della Camera e del Senato "Finanza pubblica e regole europee. Guida alla lettura e sintesi dei dati principali", Documentazione di finanza pubblica n. 1, aprile 2018, per una illustrazione della governance economica europea). Il regolamento (UE) n. 473/2013 contiene, inoltre, disposizioni specifiche per gli Stati membri della zona euro soggetti a una procedura per i disavanzi eccessivi.
La disciplina e le prassi applicative del PSC sono presentate e aggiornate con cadenza annuale dalla Commissione europea nel
Vademecum, un manuale che raccoglie tutti gli elementi necessari all'applicazione - e alla comprensione - del PSC (
L'ultima edizione del Vade Mecum è stata pubblicata in aprile: Commissione europea, "Vade Mecum on the Stability & Growth Pact" − 2019 Edition, Institutional Paper 101, aprile 2019).
Una peculiarità della procedura, messa in evidenza anche nel Vademecum, è che la parola "disavanzo" è usata con riferimento a una situazione sia di indebitamento sia di debito eccessivo. L'articolo 126, infatti, fa riferimento alla disciplina di bilancio declinata in termini di ottemperanza a limiti quantitativi (specificati nel Protocollo n. 12) riguardanti sia l'indebitamento netto (deficit) sia il debito, entrambi in percentuale del PIL ed entrambi riferiti al complesso della pubblica amministrazione.
La PDE sostiene il cosiddetto
braccio correttivo del PSC dell'UE. I Paesi dell'UE devono dimostrare una solida finanza pubblica e
soddisfare due criteri:
Se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione europea prepara una relazione (art. 126, par. 3, TFUE).
La relazione tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e di tutti gli altri
fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. Tiene in debita ed esplicita considerazione anche tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare complessivamente l'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito e che tale Stato membro ha sottoposto al Consiglio e alla Commissione.
La Commissione europea può, inoltre, preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.
Sulla relazione della Commissione europea è chiamato ad esprimersi, entro due settimane, il Comitato economico e finanziario (art. 126, par. 4, TFUE e 3, par. 1, reg. n.1467/1997).
Acquisito il parere del Comitato, la Commissione europea, se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo, trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
Il
Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare,
decide, dopo una valutazione globale,
se esiste un disavanzo eccessivo (articolo 126, paragrafo 6, TFUE). In tal caso,
il Consiglio adotta, su raccomandazione della Commissione europea, le
raccomandazioni allo Stato membro al fine di far cessare tale situazione entro un determinato periodo (art. 126, paragrafo 7, TFUE). Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1467/1997, la raccomandazione del Consiglio dispone un
termine massimo di sei mesi entro il quale lo Stato membro interessato deve darvi seguito effettivo. Se la gravità delle circostanze lo giustifica, il termine
può essere ridotto a tre mesi. Entro tale termine, lo Stato membro interessato presenta una
relazione al Consiglio e alla Commissione circa il seguito dato alla raccomandazione.
Ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (UE) n. 473/2013, lo Stato membro interessato è chiamato a presentare alla Commissione europea e al Consiglio anche un
programma di partenariato economico che indichi gli interventi e le riforme strutturali necessari per garantire una correzione effettiva e duratura del disavanzo eccessivo e che sviluppi il programma nazionale di riforma nonché il programma di stabilità, tenendo pienamente conto delle raccomandazioni del Consiglio relative all'attuazione degli orientamenti integrati per le politiche economiche e occupazionali dello Stato membro interessato. Il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione europea, adotta un parere sul programma di partenariato economico. Le misure del programma di partenariato economico possono essere incluse nel piano d'azione correttivo di cui all'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1176/2011.
Ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 473/2013, è, altresì, previsto un
monitoraggio più rigoroso da parte della Commissione europea per gli Stati membri sottoposti a una procedura per disavanzo eccessivo, che si concreta in ulteriori obblighi informativi da parte degli Stati membri su richiesta della Commissione.
Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest'ultimo può decidere di
intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le
misure volte alla riduzione del disavanzo che il Consiglio ritiene necessarie per correggere la situazione (articolo 126, paragrafo 9, TFUE), chiedendogli, altresì, di presentare relazioni.
Ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (UE) 473/2013, se sussiste un rischio di non osservanza del termine per correggere il disavanzo eccessivo, la Commissione europea rivolge una raccomandazione allo Stato membro interessato affinché attui pienamente le misure richieste dal Consiglio. La Commissione presenta la raccomandazione al
Parlamento dello Stato membro interessato, su richiesta di quest'ultimo.
Se persiste l'inadempimento da parte dello Stato membro, il Consiglio può:
In proposito, l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 1173/2011 relativo all'effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro prevede che l'importo del
deposito infruttifero sia pari allo
0,2% del PIL, mentre il successivo articolo 6 prevede che, in caso di persistente inadempimento, il deposito si possa convertire in
un'ammenda pari allo
0,2% del PIL. Tali ammende potranno arrivare nei casi più gravi fino allo 0,5% del PIL sulla base di quanto disposto dall'articolo 12 del regolamento n. 1467/1997, come modificato dal regolamento n. 1177/2011.
Si ricorda, inoltre, che sulla base delle modifiche introdotte dal
six pack nel 2011, le decisioni riguardanti la maggior parte delle sanzioni contemplate dalla PDE sono prese a
maggioranza qualificata inversa. Ciò significa che un'ammenda si considera approvata a meno che il Consiglio non decida di respingerla a maggioranza qualificata.
Inoltre, i 25 Paesi che hanno firmato il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla
governance, il cosiddetto
Fiscal compact, hanno acconsentito ad applicare la votazione a maggioranza qualificata inversa in una fase iniziale della procedura, ad esempio quando si decide se un Paese dell'UE debba essere sottoposto a una PDE.
Si segnala, infine, che ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1303/2013 sui
fondi strutturali, la Commissione europea può, inoltre, rivolgere al Consiglio una proposta di
sospendere parzialmente o totalmente gli
impegni o i
pagamenti relativi ai programmi di uno Stato membro se il Consiglio decide, a norma dell'articolo 126, paragrafo 8, o dell'articolo 126, paragrafo 11, TFUE, che lo Stato membro interessato non ha realizzato azioni efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo. La proposta della Commissione europea si ritiene adottata dal Consiglio a meno che esso non decida, tramite un atto di esecuzione, di respingere la proposta a maggioranza qualificata entro un mese della presentazione della proposta della Commissione europea. La sospensione degli impegni si applica agli impegni dai fondi SIE per lo Stato membro interessato a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla decisione di sospensione.
|