Relazione della Commissione europea sul rispetto da parte dell'Italia delle norme in materia di disavanzi eccessivi - Prima edizione 6 giugno 2019 |
Il
5 giugno 2019 la Commissione europea ha pubblicato una
relazione a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), per esaminare la
conformità dell'Italia nel 2018 al criterio del debito stabilito dal Trattato
(Vedi infra il paragrafo sulla regola del debito), tenendo conto del contesto economico e di altri fattori significativi.
Tale relazione costituisce la prima fase della procedura per i disavanzi eccessivi
(Vedi infra il paragrafo sulla procedura per disavanzi eccessivi), pur
non rappresentandone ancora l'apertura in senso formale.
Contestualmente, la Commissione europea ha anche pubblicato le
raccomandazioni specifiche per Paese, le quali, nell'ambito del ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dell'UE, il cosiddetto Semestre europeo, forniscono un'analisi della situazione economica di ciascuno Stato membro e raccomandano misure che ogni Paese dovrebbe adottare nei successivi dodici mesi. Si ricorda che le raccomandazioni sono redatte dalla Commissione europea una volta terminata la valutazione dei Programmi di riforma e dei Programmi di stabilità o di convergenza degli Stati membri; in seguito sono approvate dal Consiglio europeo di giugno e adottate, infine, dal Consiglio dell'UE in luglio.
Innanzitutto, secondo i dati della Commissione europea (
previsioni economiche di primavera 2019, che tengono conto del Programma di stabilità 2019 dell'Italia), il
disavanzo pubblico dell'Italia è
sceso al 2,1% del
PIL nel
2018 (dal 2,4% nel 2017), mentre il
debito è
salito al 132,2% del
PIL (dal 131,4% nel 2017). Inoltre, il
Programma di stabilità 2019 dell'Italia prevede un disavanzo al 2,4% nel 2019 e al 2,1% nel 2020 e un debito al 132,6% nel 2019 e al 131,3% nel 2020. La
Commissione europea prevede un disavanzo pari al 2,5% nel 2019 e al 3,5% nel 2020 (a politiche invariate, in particolare senza tener conto dell'eventuale applicazione delle clausole di salvaguardia) e anche un
aumento più marcato del debito, al 133,7% nel 2019 e al 135,2% nel 2020.
Alla luce di tali dati, secondo la Commissione europea, mentre l'Italia
rispetta attualmente il criterio del disavanzo (ma non per il 2020, a politiche invariate),
non ha, invece,
rispettato
il parametro di riduzione del debito nel 2018 (registrandosi uno scostamento del 7,6% del PIL)
né lo rispetterebbe, sulla base sia dei piani del Governo italiano sia delle previsioni della Commissione stessa, nel
2019 (con uno scostamento pari al 5,1% del PIL nelle previsioni del Governo e del 9% nelle previsioni della Commissione) e nel
2020 (con uno scostamento rispettivamente del 4,5% e del 9,2% del PIL)
(Si veda la tabella seguente).
La Commissione, ha quindi esaminato: 1) la posizione di bilancio a medio termine, compresa la valutazione della conformità con il necessario aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine e degli investimenti pubblici; 2) l'evoluzione a medio termine del debito pubblico, compresa la sua sostenibilità; 3) la posizione economica a medio termine, compreso lo stadio di attuazione delle riforme strutturali; 4) altri fattori considerati significativi dalla Commissione e quelli addotti dall'Italia.
Con riferimento alla
posizione di bilancio nel medio termine, la Commissione rileva la
non conformità dell'Italia con il
percorso di avvicinamento raccomandato all'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2018, anche tenendo conto del cosiddetto "margine di discrezionalità". Inoltre, per quanto riguarda il
2019, l'Italia è a
rischio di non conformità con il braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, anche tenendo conto della tolleranza concessa in via preliminare per eventi inconsueti. Secondo le
previsioni di primavera 2019 della Commissione, nell'ipotesi di politiche invariate, l'entità della
deviazione dal percorso di avvicinamento raccomandato all'obiettivo a medio termine
aumenterà ulteriormente nel 2020. Per quanto riguarda gli
investimenti pubblici, la Commissione osserva che, visto che essi sono
ampiamente diminuiti negli anni, non sembrano essere un fattore attenuante per giustificare la non conformità dell'Italia con il parametro per la riduzione del debito.
In merito all'
evoluzione del debito pubblico a medio termine, la Commissione evidenzia che l'elevato debito pubblico rappresenta una notevole fonte di vulnerabilità per l'economia italiana, sottolineando come, a suo avviso, le «
misure di recente adozione, insieme alle
tendenze demografiche avverse,
invertono parzialmente gli effetti positivi delle passate riforme delle pensioni e indeboliscono la sostenibilità di bilancio a lungo termine del paese. La sostenibilità di bilancio è stata inoltre ostacolata dall'aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato osservato nel 2018 e nei primi mesi del 2019». In tale ambito, la Commissione evidenzia, inoltre, gli
scarsi risultati ottenuti finora con le
privatizzazioni tanto da limitarne fortemente l'impatto nelle sue previsioni.
Con riferimento alle
riforme strutturali, nonostante i progressi compiuti in alcuni ambiti di riforma (ad esempio mercato del lavoro e pubblica amministrazione, lotta all'evasione fiscale, risanamento dei bilanci delle banche), ad avviso della Commissione, il retaggio della crisi e le persistenti debolezze strutturali continuano a pesare sul potenziale di crescita dell'Italia, tanto che il
tasso di crescita medio annuo dell'Italia è stato dello 0,1% nel periodo 2004-2018
rispetto all'1,5% della zona euro esclusa l'Italia.
Le
ragioni di tale
gap sono, ad avviso della Commissione, ampiamente spiegate da
fattori strutturali che ostacolano un'allocazione efficiente delle risorse e costituiscono un
freno alla produttività. La Commissione rileva quindi che la crescita dell'occupazione è stata favorita dalle riforme del mercato del lavoro e dagli incentivi all'assunzione, ma è stata in gran parte determinata da contratti a tempo determinato, mentre persistono
elevati livelli di disoccupazione di lunga durata e giovanile che gravano sulle future prospettive di crescita economica. Il contesto in cui operano le imprese continua a frenare l'imprenditorialità, anche a causa di
carenze nella pubblica amministrazione e di procedimenti giudiziari civili e penali molto lunghi.
Dopo avere richiamato l'
adozione dei due decreti-legge destinati a incentivare gli investimenti (i cosiddetti "Crescita" e "Sblocca cantieri"), la Commissione sottolinea tuttavia come il
bilancio 2019 e il decreto-legge che attua il
nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 abbiano «segnato un passo indietro per quanto riguarda alcuni elementi delle passate riforme del sistema pensionistico,
peggiorando la sostenibilità delle finanze pubbliche a medio termine, e siano destinati a incrementare ulteriormente la spesa pensionistica nel medio termine». In proposito, si osserva in particolare come l'elevata spesa pubblica per le pensioni di vecchiaia imponga un contenimento di altre spese sociali e di altri elementi di spesa a favore della crescita, come l'istruzione e gli investimenti, e limiti i margini disponibili per ridurre la forte pressione fiscale complessiva e l'alto debito pubblico. Inoltre, in un contesto in cui l'Italia è già al di sotto della media dell'UE per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori più anziani (55 - 64) al mercato del lavoro, l'ampliamento delle possibilità di pensionamento anticipato potrebbe avere, ad avviso della Commissione, «un impatto negativo sull'offerta di lavoro e in tal modo ostacolare la crescita potenziale e peggiorare la sostenibilità del debito pubblico».
Ad avviso della Commissione, la
strategia dell'Italia per incentivare la crescita continua a fare affidamento soprattutto su trasferimenti sociali (ad esempio il reddito di cittadinanza) e in
misura minore sulla riduzione degli oneri fiscali e sul rilancio degli investimenti pubblici.
Peraltro, la Commissione sottolinea che il
programma nazionale di riforma dell'Italia
affronta soltanto
parzialmente le questioni strutturali sollevate dalle raccomandazioni specifiche per paese 2018. In particolare, secono la Commissione esso: «i)
non prevede nuove misure atte a favorire un
alleggerimento della pressione sui fattori produttivi; il programma nazionale di riforma introduce invece una nuova possibilità di estinguere i debiti fiscali pregressi senza sanzioni per le imprese, misura che potrebbe incidere negativamente sull'adempimento degli obblighi fiscali; ii)
non contiene nuovi impegni di rilievo nel settore della giustizia ma si limita essenzialmente a confermare i precedenti, quali la riforma del processo civile e penale tuttora in sospeso; iii)
non prevede ulteriori interventi nel settore della concorrenza e nel settore bancario oltre al proseguimento degli sforzi per sostenere la riduzione dei crediti deteriorati e al completamento delle riforme in corso (ad esempio delle banche di credito cooperativo); iv) si concentra sul completamento dell'attuazione del reddito di cittadinanza e dell'introduzione di un salario minimo, mentre
i riferimenti a misure di promozione della
partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono limitati e mancano i dettagli sul modo di incentivare l'istruzione professionale».
La Commissione europea procede, inoltre, all'analisi dei
fattori significativi indicati dal Governo italiano nella lettera del 31 maggio 2019 e nell'allegato Rapporto
(Vedi infra). In particolare:
Alla luce dei richiamati dati e delle considerazioni sopra riportate,
al fine di valutare se sia
giustificabile l'avvio di una procedura per i disavanzi eccessivi, la Commissione rileva conclusivamente che «l'analisi contenuta nella relazione comprende la
valutazione di tutti i fattori significativi, vale a dire:
La relazione conclude che il
criterio del debito, come definito nel Trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997, debba considerarsi come
non rispettato e che, pertanto, una
procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito sia giustificata.
|
Interlocuzione tra la Commissione europea e il Governo italiano precedente all'adozione della Relazione del 5 giugno 2019
Con
lettera del 29 maggio 2019 la Commissione europea aveva annunciato al Governo italiano di
considerare la preparazione di una relazione a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE, poiché, sulla base dei dati notificati per il 2018,
l'Italia non avrebbe compiuto sufficienti progressi verso il rispetto del criterio del debito nel 2018.
La Commissione europea aveva chiesto, inoltre, all'Italia di
rispondere
entro il 31 maggio 2019 illustrando, come previsto dal Patto di stabilità e crescita (articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) 1467/1997),
i fattori ritenuti
significativi al fine di valutare complessivamente in termini qualitativi l'eccesso del rapporto debito/PIL rispetto al valore di riferimento.
Il Governo ha
risposto con
lettera del
31 maggio 2019, allegando un
Rapporto sui fattori rilevanti che influenzano la dinamica del debito pubblico italiano.
Nella
lettera, il Governo ha illustrato la sua posizione in merito all'andamento del disavanzo e del debito nel 2018, nonché alle relative prospettive per l'anno in corso e ai programmi per il bilancio 2020-2022.
Per quanto concerne
l'aumento del
disavanzo e del
debito nel
2018, il Governo ha in particolare:
Per quanto riguarda le
prospettive per l'anno in corso, il Governo ha in particolare:
Per quanto concerne lo
scenario programmatico fino al 2022, il Governo ha segnalato, in particolare, che intende:
Il
Rapporto specifica ulteriormente i
fattori rilevanti che influenzano la dinamica del debito pubblico italiano. In particolare il Governo ha segnalato:
|
I precedenti |
Le relazioni del 2018 a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE
Nel corso del
2018 la Commissione europea aveva già presentato nei confronti dell'Italia
due relazioni a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE.
La prima
relazione (
23 maggio 2018) era stata presentata in considerazione della non conformità
prima facie dell'Italia con il parametro per la riduzione del debito nel 2016 e nel 2017. In quel caso la Commissione europea, esaminati tutti i fattori significativi e, in particolare, la conformità dell'Italia al braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, aveva
concluso che il
criterio del debito stabilito dal Trattato e dal regolamento (CE) n. 1467/1997 era da
considerarsi come rispettato in quella fase.
In seguito, la Commissione europea aveva presentato una seconda
relazione (
21 novembre 2018) per l'inosservanza
prima facie nel 2017 del parametro di riferimento relativo all'adeguamento del rapporto debito/PIL da parte dell'Italia, poiché che nei piani di bilancio dell'Italia per il 2019 aveva riscontrato
un'inosservanza particolarmente grave della raccomandazione indirizzata all'Italia dal Consiglio dell'UE il 13 luglio 2018.
Tale inosservanza, a giudizio della Commissione europea, modificava in maniera sostanziale i fattori significativi analizzati nella relazione del 23 maggio 2018, giustificandone quindi un
aggiornamento.
La Commissione europea, analizzati tutti i fattori significativi, era giunta alla conclusione che
non fosse rispettato il criterio del debito definito nel Trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997 e che, pertanto, fosse
giustificato l'avvio di una procedura per disavanzo eccessivo.
Il 29 novembre 2018 il Comitato economico e finanziario aveva confermato le conclusioni della Commissione europea; il 3 dicembre 2018 anche l'Eurogruppo aveva condiviso la valutazione della Commissione europea, raccomandando all'Italia di adottare le misure necessarie per conformarsi al Patto di stabilità e crescita.
All'esito di un confronto con la Commissione europea, il Governo italiano aveva presentato alcune
modifiche ai piani di bilancio per il 2019, poi adottate definitivamente dal Parlamento il 30 dicembre 2018. La Commissione europea aveva, quindi, valutato che i
piani di bilancio dell'Italia per il 2019 non rappresentavano più un caso di inosservanza particolarmente grave dei requisiti del Patto di stabilità e crescita e che, di conseguenza,
non fosse più giustificato in quella fase
l'avvio di una procedura per disavanzo eccessivo basata sul debito.
|
La procedura per disavanzo eccessivo a carico dell'Italia nel periodo 2009-2013
Il 2 dicembre 2009 il Consiglio, con
decisione 2010/286/UE, aveva stabilito, ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 6, del TFUE, che in Italia esisteva un disavanzo eccessivo e, sulla base di una raccomandazione della Commissione, aveva adottato una raccomandazione al fine di porre termine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2012.
Il Consiglio osservava che il disavanzo programmato delle pubbliche amministrazioni per il 2009 era pari al 5,3% del PIL e pertanto superava il valore di riferimento del 3% previsto dal Trattato, mentre era previsto un debito pubblico lordo pari al 115,1% del PIL per il 2009, quindi al di sopra del valore di riferimento del 60% del PIL previsto dal Trattato.
Il Consiglio specificava, altresì, di non aver tenuto conto dei fattori significativi nella sua valutazione poiché l'Italia non aveva soddisfatto la duplice condizione a tal fine richiesta e, cioè, che il valore del disavanzo fosse prossimo al valore di riferimento e che comunque lo scostamento avesse una durata temporanea.
In seguito, con decisione
2013/314/UE, il Consiglio ha stabilito che il disavanzo eccessivo in Italia era stato corretto ed ha pertanto abrogato la suddetta decisione 2010/286/UE, chiudendo in tal modo la procedura.
|
La regola del debito
Il nuovo quadro di riforma della
governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 mediante il c.d.
six pack, e richiamato nel
Fiscal compact, rafforza il
controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una
regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60% del PIL.
La regola stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al livello del 60%, il
tasso di riduzione debba essere pari a 1/20 all'anno nella media dei
tre precedenti eserciz
i (versione
backward-looking della regola sul debito).
La regola è considerata soddisfatta, altresì, se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60% si verificherà, in base alle previsioni della Commissione europea, nel periodo di
tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si hanno dati disponibili (versione
forward-looking della regola sul debito). Va anche verificato se lo scostamento dal
benchmark di riferimento può essere attribuito agli effetti del ciclo economico.
Solo se nessuna di queste
condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo)
viene soddisfatta, la regola del debito è considerata
non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di una relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del
benchmark anche dopo l'aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all'anno di riferimento),
la Commissione
europea
redige una relazione ex articolo 126 TFUE nella quale, tuttavia, al
benchmark numerico
si aggiungono
valutazioni qualitative relative a un certo insieme di "
altri fattori rilevanti", tra cui: la struttura delle scadenze del debito, le garanzie prestate e, in particolare, quelle collegate al settore finanziario, nonché le passività implicite legate all'invecchiamento della popolazione ed al debito privato, nella misura in cui queste possano rappresentare potenziali passività implicite per le amministrazioni pubbliche.
|
La procedura per i disavanzi eccessivi
La
procedura per disavanzi eccessivi (
PDE) è definita dall'articolo 126 del TFUE e ulteriormente specificata dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, che fa parte del Patto di stabilità e crescita (PSC). Il regolamento (UE) n. 473/2013 contiene, inoltre, disposizioni specifiche per gli Stati membri della zona euro soggetti a una procedura per i disavanzi eccessivi.
La PDE sostiene il cosiddetto
braccio correttivo del PSC dell'UE. I Paesi dell'UE devono dimostrare una solida finanza pubblica e
soddisfare due criteri:
Se
uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati,
la Commissione europea prepara una
relazione (art. 126, par. 3, TFUE).
La relazione tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e di tutti gli altri
fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. Tiene in debita ed esplicita considerazione anche tutti gli altri fattori che, secondo lo Stato membro interessato, sono significativi per valutare complessivamente l'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito e che tale Stato membro ha sottoposto al Consiglio e alla Commissione.
La Commissione europea può, inoltre, preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.
Sulla relazione della Commissione europea è chiamato ad esprimersi, entro due settimane, il Comitato economico e finanziario (art. 126, par. 4, TFUE e 3, par. 1, reg. n.1467/1997).
Acquisito il parere del Comitato, la Commissione europea, se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo, trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.
Il
Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare,
decide, dopo una valutazione globale,
se esiste un disavanzo eccessivo (articolo 126, paragrafo 6, TFUE). In tal caso,
il Consiglio adotta, su raccomandazione della Commissione europea, le
raccomandazioni allo Stato membro al fine di far cessare tale situazione entro un determinato periodo (art. 126, paragrafo 7, TFUE). Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1467/1997, la raccomandazione del Consiglio dispone un
termine massimo di sei mesi entro il quale lo Stato membro interessato deve darvi seguito effettivo. Se la gravità delle circostanze lo giustifica, il termine
può essere ridotto a tre mesi. Entro tale termine, lo Stato membro interessato presenta una
relazione al Consiglio e alla Commissione circa il seguito dato alla raccomandazione.
Ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (UE) n. 473/2013, lo Stato membro interessato è chiamato a presentare alla Commissione europea e al Consiglio anche un
programma di partenariato economico che indichi gli interventi e le riforme strutturali necessari per garantire una correzione effettiva e duratura del disavanzo eccessivo e che sviluppi il programma nazionale di riforma nonché il programma di stabilità, tenendo pienamente conto delle raccomandazioni del Consiglio relative all'attuazione degli orientamenti integrati per le politiche economiche e occupazionali dello Stato membro interessato. Il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione europea, adotta un parere sul programma di partenariato economico. Le misure del programma di partenariato economico possono essere incluse nel piano d'azione correttivo di cui all'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1176/2011.
Ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 473/2013, è, altresì, previsto un
monitoraggio più rigoroso da parte della Commissione europea per gli Stati membri sottoposti a una procedura per disavanzo eccessivo, che si concreta in ulteriori obblighi informativi da parte degli Stati membri su richiesta della Commissione.
Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest'ultimo può decidere di
intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le
misure volte alla riduzione del disavanzo che il Consiglio ritiene necessarie per correggere la situazione (articolo 126, paragrafo 9, TFUE), chiedendogli, altresì, di presentare relazioni.
Ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (UE) 473/2013, se sussiste un rischio di non osservanza del termine per correggere il disavanzo eccessivo, la Commissione europea rivolge una raccomandazione allo Stato membro interessato affinché attui pienamente le misure richieste dal Consiglio. La Commissione presenta la raccomandazione al
Parlamento dello Stato membro interessato, su richiesta di quest'ultimo.
Se persiste l'inadempimento da parte dello Stato membro, il Consiglio può:
In proposito, l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 1173/2011 relativo all'effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro prevede che l'importo del
deposito infruttifero sia pari allo
0,2% del PIL, mentre il successivo articolo 6 prevede che, in caso di persistente inadempimento, il deposito si possa convertire in
un'ammenda pari allo
0,2% del PIL. Tali ammende potranno arrivare nei casi più gravi fino allo 0,5% del PIL sulla base di quanto disposto dall'articolo 12 del regolamento n. 1467/1997, come modificato dal regolamento n. 1177/2011.
Si ricorda, inoltre, che sulla base delle modifiche introdotte dal
six pack nel 2011, le decisioni riguardanti la maggior parte delle sanzioni contemplate dalla PDE sono prese a
maggioranza qualificata inversa. Ciò significa che un'ammenda si considera approvata a meno che il Consiglio non decida di respingerla a maggioranza qualificata.
Inoltre, i 25 Paesi che hanno firmato il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla
governance, il cosiddetto
Fiscal compact, hanno acconsentito ad applicare la votazione a maggioranza qualificata inversa in una fase iniziale della procedura, ad esempio quando si decide se un Paese dell'UE debba essere sottoposto a una PDE.
Si segnala, infine, che ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1303/2013 sui
fondi strutturali, la Commissione europea può, inoltre, rivolgere al Consiglio una proposta di
sospendere parzialmente o totalmente gli
impegni o i
pagamenti relativi ai programmi di uno Stato membro se il Consiglio decide, a norma dell'articolo 126, paragrafo 8, o dell'articolo 126, paragrafo 11, TFUE, che lo Stato membro interessato non ha realizzato azioni efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo. La proposta della Commissione europea si ritiene adottata dal Consiglio a meno che esso non decida, tramite un atto di esecuzione, di respingere la proposta a maggioranza qualificata entro un mese della presentazione della proposta della Commissione europea. La sospensione degli impegni si applica agli impegni dai fondi SIE per lo Stato membro interessato a partire dal 1
o gennaio dell'anno successivo alla decisione di sospensione.
|