Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati 5 maggio 2022 |
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Premessa|Contenuto| |
PremessaPrima di procedere all'esame del provvedimento appare opportuno dare conto, seppure sinteticamente, della normativa attualmente in vigore in materia di amianto. Per un ulteriore approfondimento di alcuni profili si rinvia alla scheda "La normativa in materia di amianto". La legge del 1992 e la normativa ambientale La principale norma nazionale in materia di prevenzione e gestione del rischio amianto è la legge n. 257 del 1992 che disciplina le modalità per la dismissione dalla produzione e dal commercio, per la cessazione dell'estrazione, dell'importazione, dell'esportazione e dell'utilizzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono; per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto; per la ricerca finalizzata alla individuazione di materiali sostitutivi e alla riconversione produttiva e per il controllo sull'inquinamento da amianto. Tale norma ha bandito l'amianto in Italia e ha previsto, all'art. 10, l'adozione di specifici Piani regionali di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto. I Piani regionali, in particolare, devono prevedere le rilevazioni sistematiche delle situazioni di pericolo, quali il censimento delle imprese che avevano utilizzato amianto nelle attività produttive e delle imprese che avevano svolto attività di smaltimento e di bonifica di materiali contenenti amianto, il censimento degli edifici, con priorità per "gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti" in cui tale materiale era presente in forma libera o in matrice friabile e il censimento dei siti estrattivi di pietre verdi che potevano contenere fibre di amianto. Con D.P.R. 8 agosto 1994 è stato emanato "Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni ed alle Province Autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione di Piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto". Al fine di pervenire ad una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale e di consentire la realizzazione degli interventi di bonifica urgenti, l'art. 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93 ha stanziato 22 miliardi di lire per il triennio 2000-2002 (pari a circa 11,4 milioni di euro). Le disposizioni del citato art. 20 sono state poi attuate con l'emanazione del D.M. Ambiente 18 marzo 2003, n. 101, che ha definito i soggetti, gli strumenti e le fasi per la realizzazione della mappatura, in particolare affidando alle regioni e alle province autonome il compito di procedere all'effettuazione della mappatura. Nel marzo 2013 il Governo ha approvato il Piano nazionale amianto. Il Piano, elaborato dai Ministeri della salute, dell'ambiente e del lavoro, effettua un'analisi che si muove in tre direzioni: tutela della salute (per i profili sanitari si veda più avanti in tutela sanitaria), tutela dell'ambiente e aspetti di sicurezza sul lavoro e previdenziali. Dal punto di vista ambientale, il Piano, nel definire gli obiettivi e le azioni contro l'amianto da intraprendere a tutti i livelli, sia nazionale che locale, individua tra le priorità la mappatura dei materiali contenenti amianto, l'accelerazione dei processi di bonifica, l'individuazione dei siti di smaltimento e la razionalizzazione della normativa di settore. Nella risposta all'interrogazione 5/03685, resa nella seduta del 25 novembre 2020, si legge che "con propria delibera n. 55/2016, il CIPE ha approvato il Piano Operativo «Ambiente» FSC 2014-2020" e "con la successiva delibera n. 11/2018, il CIPE ha approvato il II Addendum al predetto Piano Operativo, nel quale è prevista, tra l'altro, l'attuazione di un «Piano di bonifica da amianto» negli edifici pubblici finalizzato, in particolare, alla rimozione e allo smaltimento dello stesso negli edifici scolastici e ospedalieri", adottato, in data 6 dicembre 2019, con una dotazione finanziaria pari a circa 385 milioni di euro. Nella medesima risposta all'interrogazione 5/03685 viene però evidenziato che tale importo è stato ridotto in seguito ad una riprogrammazione delle risorse, ma con l'impegno di assicurare "il reperimento delle citate risorse corrispondenti nell'ambito del prossimo ciclo di programmazione 2021-2027". Per quanto riguarda gli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per l'Italia (PNRR), sebbene non siano previste misure specifiche a favore di interventi di bonifica di beni contaminati da amianto, si prevede in via generale un investimento di 500 milioni di euro da destinare alla bonifica dei siti orfani con l'obiettivo della loro riqualificazione (misura M2C4, investimento 3.4). Il PNRR prevede, in particolare, l'adozione di un Piano d'azione che individui i siti orfani di tutte le Regioni e le Province autonome e identifichi gli interventi specifici da intraprendere nonché la riqualificazione di almeno il 70 % della superficie del suolo dei siti orfani al fine di ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano (obiettivo da raggiungere entro il primo trimestre del 2026). La normativa a tutela dei lavoratori La disciplina a tutela della salute dei lavoratori esposti all'amianto è contenuta principalmente nel D.Lgs. 81/2008 (artt. 246-265). Preliminarmente, si ricorda che la cessazione dell'impiego dell'amianto è stata disposta dalla L. 257/1992, in attuazione della quale il DM 6 settembre 1994 ha delineato le procedure di accesso all'area di lavoro, le modalità e le tecniche di rimozione in sicurezza, di decontaminazione interne ed esterne all'area, le misure di sicurezza antinfortunistiche. Per quanto concerne gli obblighi del datore di lavoro, si è previsto che:
A favore dei lavoratori esposti all'amianto l'ordinamento prevede misure di sostegno previdenziali e norme dirette ad estendere la platea dei soggetti beneficiari, nonché a riconoscere facilitazioni agli ex lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata. Tale beneficio consiste nell'applicazione ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all'esposizione all'amianto di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche, con conseguente rivalutazione dell'importo della pensione erogata dall'INPS. In particolare, ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5; al periodo di esposizione all'amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall'INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5; all'intero periodo di esposizione all'amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25, utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. A decorrere dal 1° gennaio 2021 (come disposto, da ultimo, dalla legge di bilancio 2021), l'INAIL, attraverso il Fondo per le vittime dell'amianto - istituito presso l'Inail dalla L. 244/2007 – eroga ai soggetti già titolari di rendita erogata per una patologia asbesto-correlata, o, se deceduti, ai loro superstiti, una prestazione aggiuntiva pari al 15 per cento della rendita in godimento. Tale prestazione aggiuntiva è erogata unitamente al rateo di rendita corrisposto mensilmente ed è cumulabile con le altre prestazioni spettanti a qualsiasi titolo sulla base delle norme generali e speciali dell'ordinamento. Inoltre, sempre tramite il suddetto Fondo, per gli eventi accertati a decorrere dal 1° gennaio 2021 l'Inail eroga ai malati di mesotelioma, che abbiano contratto la patologia per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale, una prestazione di importo fisso pari a 10.000 euro da corrispondere in un'unica soluzione su istanza dell'interessato o degli eredi in caso di decesso, da presentarsi a pena di decadenza entro tre anni dalla data dell'accertamento della malattia. Per un approfondimento: INAIL, Bonifica da amianto: iter procedurali e figure professionali coinvolte. Istruzioni operative Inail per la tutela dei lavoratori e degli ambienti di vita, 2020 La tutela sanitaria Sotto il profilo della tutela sanitaria, il Ministero della salute, Direzione generale della prevenzione sanitaria, si è occupato di coordinare il nucleo tecnico preposto al monitoraggio e all'aggiornamento del Piano Nazionale amianto che si occupa dei diversi aspetti relativi alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione sia per i profili clinici, sia per quelli della sanità pubblica. Con l'Accordo della Conferenza Unificata 66/CU del 5 maggio 2016 è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio, un Tavolo interistituzionale concernente la gestione delle problematiche relative all'amianto ed il coordinamento dei diversi interventi del Piano relativi alla epidemiologia, alla valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria, alla ricerca di base e clinica ed al sistema delle cure e della riabilitazione. Con la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017, art. 1, comma 189) è stata modificata la disciplina del Fondo, facendovi rientrare anche i risarcimenti del danno, patrimoniale e non patrimoniale, come liquidati con verbale di conciliazione giudiziale, oltre che, come già previsto, quelli liquidati con sentenza esecutiva. Da ultimo, con Decreto MLPS-MEF del 10 dicembre del 2020, la prestazione aggiuntiva del Fondo per le vittime dell'amianto, relativa all'anno 2020, è stata fissata in misura pari al 20 per cento della rendita annua.
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ContenutoIl provvedimento in esame è diretto ad istituire una Commissione parlamentare di inchiesta (monocamerale) sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati. Essa si compone di 6 articoli. L'articolo 1 istituisce, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati, con il compito di accertare:
L'istituzione della Commissione di inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera, con atto non legislativo. Nella storia parlamentare si è però andata affermando la prassi di deliberare le inchieste anche con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, ovvero, in alcuni casi, con due delibere di identico contenuto adottate dalle rispettive assemblee con gli strumenti regolamentari. Nel primo caso viene istituita una vera e propria Commissione bicamerale, mentre nel secondo si hanno due distinte Commissioni che possono deliberare di procedere in comune nei lavori d'inchiesta, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti.
In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'articolo 140 Reg. Camera e l'articolo 162 Reg. Senato stabiliscono che per l'esame delle proposte di inchiesta si segue la procedura prevista per i progetti di legge. L'articolo 2 disciplina la composizione e la durata della Commissione prevedendo che sia formata da venti deputati nominati dal Presidente della Camera dei deputatati, in modo da rispecchiare la consistenza proporzionale di ciascun gruppo parlamentare e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo . Con gli stessi criteri e con la stessa procedura si provvede alle sostituzioni che si rendano necessarie in caso di dimissioni dalla Commissione o di cessazione del mandato parlamentare (comma 1).
Per quanto riguarda la nomina dei commissari, il secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità. Di conseguenza, si applicano l'articolo 56, comma 3, del Reg. Camera e l'articolo 25, comma 3, Reg. Senato, i quali stabiliscono che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai Gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi.
La durata dei lavori della Commissione è stabilita dal relativo atto istitutivo, che fissa la data di presentazione della relazione finale (che è atto conclusivo dell'attività, anche se il termine assegnato alla Commissione non è ancora scaduto) o assegna un termine finale ai lavori stessi, a partire dalla costituzione o dall'insediamento della Commissione ovvero dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva. Si ricorda che le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura mentre quelle istituite con legge possono essere prorogate con una nuova legge.
I poteri e limiti della Commissione sono disciplinati dall'articolo 3 che, al comma 1, chiarisce che la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, e precisa che non possono essere adottati provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'art. 133 c.p.p..
L'articolo 82, comma secondo, della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (c.d. principio del parallelismo). I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase "istruttoria" delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati, né irrogare sanzioni. La Commissione può quindi, salvo limitazioni disposte dalla legge, disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti. In particolare, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 - rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni - e 372 - falsa testimonianza - del codice penale, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria. La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'articolo 24 Cost., riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata.
Il comma 2 prevede la possibilità che la Commissione possa acquisire copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto (art. 329 c.p.p.), prevedendo contestualmente il mantenimento del regime di segretezza. Spetta inoltre alla Commissione stabilire quali atti non deveno essere divulgati, anche in relazione ad altre istruttorie o inchieste in corso (comma 4). Infine il comma 3 sottolinea che, nel caso in cui atti o documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale vincolo non possa essere opposto alla Commissione.
Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 26 del 2008, ha rilevato che i poteri di indagine spettanti, rispettivamente, alle Commissioni parlamentari di inchiesta e agli organi della magistratura requirente hanno ambiti e funzioni differenti, con la conseguenza che l'esercizio degli uni non può avvenire a danno degli altri, e viceversa. Infatti, il compito delle suddette Commissioni non è di "giudicare", ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere.
L'articolo 4 disciplina l'obbligo del segreto da parte dei componenti la Commissione e del personale di qualsiasi ordine e grado ad essa addetto. Più nel dettaglio la disposizione con riguardo agli atti e ai documenti (di cui all'articolo 3, commi 2 e 4), dei quali è vietata la divulgazione, impone l'obbligo del segreto ai seguenti soggetti:
L'art. 326. c.p. (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio) punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. In pena maggiore (reclusione da due a cinque anni) incorre ll pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete; se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.
Per quanto riguarda l'organizzazione dei lavori, l'articolo 5 demanda la disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione ad un apposito regolamento interno, da approvarsi prima dell'avvio dell'attività di inchiesta da parte della Commissione a maggioranza anche relativa dei suoi componenti. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari. Con riferimento all'organizzazione dei lavori, il comma 2 stabilisce la pubblicità delle sedute, salvo che la Commissione disponga diversamente. Inoltre, nell'espletamento della propria attività la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Il regolamento interno stabilisce il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione (comma 3). Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati (comma 4). |