Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali
Titolo: Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza
Riferimenti: AC N.1972/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 438
Data: 11/05/2021
Organi della Camera: XII Affari sociali


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Interventi per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza

11 maggio 2021
Schede di lettura


Indice

Premessa|Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Premessa

Gli attuali programmi e gli interventi di prevenzione e di lotta all'AIDS sono raccolti nella Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS) . L'ultima Relazione (Doc. XCVII, n. 2) , trasmessa a dicembre 2020, si riferisce al 2018. Nella relazione, i programmi e gli interventi di prevenzione e di lotta all'AIDS sono raccolti in due capitoli nei quali sono riportate, rispettivamente, le attività svolte dal Ministero della salute e quelle effettuate dall'Istituto superiore di sanità. Le attività svolte dal Ministero sono illustrate con riferimento ai settori della informazione, della prevenzione, della diagnosi, della terapia, dell'assistenza e dell'attuazione di progetti di ricerca. Sono, inoltre, riportate le attività svolte dal Comitato tecnico sanitario (CTS): Sezione per la lotta contro l'AIDS e Sezione del volontariato per la lotta contro l'AIDS. Per quanto riguarda l'attività svolta dall'Istituto superiore di sanità, sono riportate le iniziative svolte in tema di sorveglianza dell'infezione da HIV/AIDS, di ricerca, di formazione e di consulenza telefonica (Telefono Verde AIDS e IST).

Si ricorda che l'HIV è un virus dell'immunodeficienza umana che attacca e distrugge, in particolare, un tipo di globuli bianchi, i linfociti CD4, responsabili della risposta immunitaria dell'organismo. Il sistema immunitario viene in tal modo indebolito fino ad annullare la risposta contro altri virus, batteri, protozoi, funghi e tumori. L'AIDS è una sindrome che può manifestarsi nelle persone con HIV anche dopo diversi anni dall'acquisizione dell'infezione, quando le cellule CD4 del sistema immunitario calano drasticamente e l'organismo perde la sua capacità di combattere anche le infezioni più banali. La terapia antiretrovirale (ART) è oggi riconosciuta di indubbio beneficio per la persona con HIV, per bloccare la replicazione virale, prevenire le complicanze ed evitare l'AIDS, garantendo così una prospettiva di vita a lungo termine del paziente, ma anche come strumento efficace per ridurre notevolmente la possibilità di trasmettere l'infezione. In conseguenza, anche se al momento non è possibile eradicare l'infezione da HIV (ossia guarire definitivamente da essa), la diagnosi tempestiva di HIV e la presa in carico dei pazienti da parte delle strutture competenti, oltre che servire alla cura dei pazienti stessi, rappresentano un intervento di sanità pubblica in grado di ridurre la trasmissione del virus. La ART oggi è basata su un'ampia scelta di farmaci e regimi, che vanno dalle molecole di nuova generazione ai farmaci già in uso da tempo ancora attivi, cui, dopo la scadenza brevettuale, si aggiungono i farmaci equivalenti. Per essere efficace ed evitare/ridurre il rischio d'insorgenza di resistenze, deve essere non solo condotta nel rispetto dei principi che ne garantiscano un'efficacia duratura, ma anche personalizzata a seconda delle caratteristiche cliniche, sociali e comportamentali del paziente.

Per quanto riguarda i dati 2019 dell'epidemia di HIV registrati nelle diverse regioni del mondo, il Report UNAIDS 2020 esprime tutta la preoccupazione per la situazione attuale e per l'eterogeneità dei risultati nella lotta a HIV/AIDS, in particolare nell'implementazione dell'accesso ai trattamenti. Nonostante la disponibilità di trattamenti efficaci, infatti, nel 2019, a livello globale, sono 690.000 i decessi legati all'AIDS  e 1.7 milioni le nuove infezioni, dati che confermano il non raggiungimento degli obiettivi intermedi 2020 che miravano ad una riduzione sia dei decessi legati all'AIDS, sia delle nuove infezioni a meno di 500.000. Dei 38 milioni di persone che vivono con l'HIV, 25.4 milioni sono le persone in trattamento, pertanto sono ben 12.6 milioni le persone che non hanno ancora accesso alle terapie salva-vita. Dal 2010, il numero delle nuove infezioni è calato del 23%, soprattutto grazie al significativo calo del 38% nei paesi dell'Africa orientale e meridionale. Sono stati registrati cali anche nelle isole caraibiche (29%), in Africa centrale e occidentale (25%), nei paesi dell'Europa centrale e occidentale e nord America (15%), in Asia e nel Pacifico (12%). Per contro l'epidemia è cresciuta altrove, con un aumento delle nuove infezioni del 72% nei paesi dell'est Europa e Asia centrale, del 22% in Medio Oriente e nord Africa e del 21% in America latina.

In Italia, nel 2019 sono state effettuate 2.531 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 4,2 nuovi casi per 100.000 residenti (lievemente al di sotto della media dei Paesi dell'Unione Europea di 4,7 casi per 100.000 residenti). L'incidenza più elevata si riscontra nella fascia di età 25-29 anni. Diversamente dagli anni precedenti, in cui la modalità di trasmissione più frequente era attribuita a rapporti eterosessuali, nel 2019, per la prima volta, la quota di nuove diagnosi HIV riferibili a maschi che hanno rapporti con maschi (MSM) è pari a quella attribuibile a rapporti eterosessuali. Purtroppo, dal 2017 aumenta la quota di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l'infezione da Hiv; un terzo delle persone con nuova diagnosi Hiv nel 2019 scopre di essere HIV positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate con Hiv. Sempre in Italia, nel 2019, sono stati registrati 571 i nuovi casi di Aids (0,9 nuovi casi per 100.000 residenti) ed è diminuita la proporzione di persone con nuova diagnosi di Aids che scopre di essere Hiv positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di Aids. Il numero di decessi in persone con Aids negli ultimi anni è rimasto stabile ed è pari a poco più di 500 casi per anno (Notiziario Istisan volume 33, n. 11 - novembre 2020).


Il Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV e il Registro Nazionale AIDS (RNAIDS) costituiscono due basi di dati dinamiche che vengono permanentemente aggiornate dall'afflusso continuo delle segnalazioni inviate dalle Regioni e dai centri segnalatori al Centro Operativo AIDS (COA) dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Allo stato attuale il registro delle nuove diagnosi HIV e il registro nazionale AIDS non sono unificabili né compatibili in quanto il flusso informativo, la scheda di raccolta dati e l'identificativo individuale sono diversi. In Italia, la raccolta sistematica dei dati sui casi di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) è iniziata nel 1982 e nel giugno 1984 è stata formalizzata in un Sistema di sorveglianza nazionale attraverso il quale vengono segnalati i casi di malattia diagnosticati. Con il Decreto Ministeriale del 28 novembre 1986, l'AIDS è divenuta in Italia una malattia infettiva a notifica obbligatoria. Dal 1987, il Sistema di sorveglianza è gestito dal COA. In collaborazione con le Regioni, il COA provvede alla raccolta e all'archiviazione nel Registro Nazionale AIDS (RNAIDS), all'analisi periodica dei dati e alla pubblicazione e alla diffusione di un rapporto annuale. I criteri di diagnosi di AIDS adottati sono stati, fino al 1993, quelli della definizione di caso del WHO/Centers for Disease Control and Prevention (CDC) del 1987. A partire dal 1° luglio 1993, la definizione di caso adottata in Italia si attiene alle indicazioni del Centro Europeo del WHO. La sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV, che riporta i dati relativi alle persone che risultano positive al test HIV per la prima volta, è stata istituita con D.M. del 31 marzo 2008 e dal 2012 ha copertura nazionale. Il decreto ha provveduto ad aggiungere l'infezione da HIV all'elenco della Classe III delle malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria.


La proposta di legge in commento intende aggiornare i contenuti della legge n. 135 del 1990, che ha segnato l'indirizzo operativo della lotta all'Aids in Italia: alcuni contenuti della legge n. 135 vengono aggiornati, mentre altri vengono eliminati per tener conto della mutata situazione, ma mantenendo comunque fermi il contrasto dello stigma sociale, l'accesso omogeneo alle cure, l'assoluta garanzia della riservatezza, la specializzazione nell'approccio terapeutico. All'attività legislativa, inizialmente finalizzata ad individuare una serie di interventi mirati a contrastare la diffusione dell'infezione da HIV mediante politiche di prevenzione e di idonea assistenza alle persone affette da AIDS, si è affiancata nel corso del tempo una altrettanto articolata attività regolatoria (Per approfondire, ISS, La normativa italiana in materia di Hiv, Aids e Infezioni sessualmente trasmesse, Rapporti Istisan 12/8). Si ricorda che una revisione della legge è stata considerata necessaria già nell'Intesa Stato-Regioni del 2017 sul Piano Nazionale AIDS (sul punto si veda anche infra nel paragrafo "Contenuto").

Come ricordato dal Ministro della salute il 5 giugno 2020 in occasione dei 30 anni dall'approvazione della legge n. 135, gli obiettivi da questa fissati sono stati, nella maggior parte, raggiunti, restano invece aspetti non ancora risolti, primo fra tutti il persistere della diffusione dell'infezione e lo stigma che colpisce le persone affette da queste patologie. Inoltre, risultano ancora scarse le informazioni in molti ambiti specifici, in particolare in quello preventivo con uno scarsissimo ricorso al Test HIV e conseguente tardivo accertamento della patologia.


Gli interventi volti a promuovere la diagnosi tempestiva, l'accesso rapido e il mantenimento in cura delle persone con infezione da HIV nelle strutture sanitarie specializzate sono divenute negli ultimi anni un aspetto centrale delle strategie di controllo dell'infezione da HIV, rilevanti sia per la prognosi della singola persona che per limitare la trasmissione di HIV a livello di comunità. Nel triennio 2017-2019 l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (INMI) "L. Spallanzani" insieme ad un gruppo di Associazioni di lotta all'HIV ha condotto il Progetto di Ricerca Linkage to care in HIV. Primi dati sullo studio (in Delta - Rivista di informazioni sull'HIV, n. 87, primavera 2020, pagg. 4-6) che ha inteso quantificare il fenomeno del mancato/ritardato Linkage to Care (LtC) in Italia e analizzare i determinanti partendo da punti di vista diversi: centri di malattie infettive che osservano il paziente recentemente diagnosticato e ne raccolgono la storia, servizi che propongono il test ed avviano le persone positive ai centri di cura, persone con diagnosi recente di infezione da HIV. Il primo risultato del progetto di ricerca è che il test rapido per HIVST non è prontamente disponibile in molte farmacie italiane, in particolare al di fuori dei capoluoghi di provincia, soprattutto nel Centro e Sud Italia. E' inoltre possibile che sulla bassa domanda di acquisto di autotest in farmacia incida la persistenza dello stigma che ancora grava sull'HIV (in particolare nelle piccole città e al di fuori dei capoluoghi). Per aumentare ulteriormente il contributo dell'HIVST come strumento per affrontare la diagnosi tempestiva dell'HIV, i ricercatori invitano ad attuare attività concertate di sanità pubblica coinvolgendo attivamente anche le farmacie pubbliche.


Per rispondere a questa ultima problematica e allo scopo di garantire alla popolazione la possibilità di sottoporsi ai test di screening per HIV e altre malattie sessualmente trasmesse (IST), senza ritardi dovuti allo stato di emergenza Covid-19, il decreto del Ministro della salute del 17 marzo 2021 Misure urgenti per l'offerta anonima e gratuita di test rapidi HIV e per altre IST in ambito non sanitario alla popolazione durante l'emergenza COVID-19 ha attuato quanto affermato nel Piano nazionale prevenzione 2020-2025 (PNP2020-2025), che definisce come punto centrale della strategia per la lotta contro HIV e AIDS, la rimozione delle barriere di accesso al test HIV e ai test per IST attraverso il ricorso a strategie parallele, secondo il modello fondato sui Counselling e test volontari in sedi associative (CBVCT), che promuovono l'esecuzione del Test HIV e del counseling nelle popolazioni chiave (MSM: uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini; Persone che utilizzano sostanze; Detenuti; Lavoratori e lavoratrici del sesso (sex workers); Persone Transgender; Persone che afferiscono ai Centri IST) ad opera di operatori adeguatamente formati, in contesti non sanitari. I test rapidi non si configurano come test diagnostici, ma di screening, il cui risultato preliminarmente positivo deve essere confermato con metodica tradizionale su prelievo ematico. Allo scopo di mantenere e diversificare il livello di offerta di test rapidi HIV e per altre IST sul territorio nazionale, in contesti con comprovata esperienza CBVCT di enti del terzo settore o organizzazioni della società civile, l'esecuzione e la comunicazione dell'esito preliminare dei test rapidi, salivari e su sangue da prelievo capillare, potranno essere effettuate anche da operatori non appartenenti alle professioni sanitarie opportunamente formati.


Le donne rappresentano un gruppo di popolazione a rilevante rischio di contrarre le malattie sessualmente trasmesse, per questo nel periodo dicembre 2017 - settembre 2018 sono state svolte due indagini rivolte alle donne che accedono al Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse (TV AIDS e IST) - 800 861061 e al sito "Uniti contro l'AIDS", Servizi collocati all'interno dell'Unità Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione  del Dipartimento di Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità. L'obiettivo è stato quello di rilevare le caratteristiche socio-anagrafiche e comportamentali delle donne che afferiscono a entrambi i Servizi. I risultati conseguiti mostrano che le donne coinvolte non utilizzano costantemente il preservativo, manifestando una bassa percezione del rischio. Risulta, quindi, prioritario individuare interventi preventivi specifici che possano favorire una maggiore salvaguardia della salute della donna lungo l'intero arco della sua vita, dall'adolescenza all'età matura.


Contenuto

Come sopra già ricordato la proposta di legge A.C. 1972 è finalizzata a revisionare ed aggiornare la disciplina in materia di prevenzione e lotta contro la sindrome da immunodeficienza acquisita, contenuta nella legge n. 135 del 1990. Essa è composta da 7 articoli. Si procederà in via preliminare ad un'illustrazione sintetica del contenuto dell'articolato, seguita da un'esposizione più dettagliata delle singole disposizioni.

L'articolo 1 prevede l'adozione, con decreto del Ministro della salute, di un Piano nazionale strategico per la lotta contro l'infezione da HIV e AIDS, di durata triennale, aggiornabile nel corso del triennio. Il Piano definisce e specifica i seguenti interventi:

  • interventi di carattere pluriennale su: prevenzione, informazione, ricerca, sorveglianza epidemiologica e sostegno dell'attività del volontariato;
  • manutenzione e adeguamento dei reparti di ricovero per malattie infettive e la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno nonché l'adeguamento e potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia ad essi connessi;
  • mantenimento degli organici relativi al personale medico e infermieristico delle strutture di ricovero per malattie infettive e dei laboratori nonché del personale laureato non medico e del personale tecnico occorrente per gli stessi laboratori;
  • attività di formazione e di aggiornamento professionale del personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati AIDS;
  • potenziamento dei servizi territoriali per le malattie sessualmente trasmissibili e dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti;
  • rafforzamento delle funzioni dell'ISS in materia di sorveglianza, raccolta di dati epidemiologici e presidio di nuove emergenze infettive.

Per quanto riguarda i modelli assistenziali, si stabilisce che:

- i servizi per il trattamento a domicilio (ADI) delle persone affette da HIV o AIDS e patologie correlate vengono erogati nei casi in cui, superata la fase del ricovero, è possibile la prosecuzione della cura presso il domicilio dei pazienti, presso le residenze collettive o presso le case alloggio; viene inoltre fornita la cornice normativa di riferimento (partecipazione delle associazioni di volontariato ed indirizzi regionali). Le modalità di accreditamento e le forme di convenzione sono demandate ad un decreto del Ministro della salute, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ;

- gli spazi per l'attività di ospedale diurno vengono funzionalmente aggregati alle unità operative di degenza, nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari, equivalenti per fabbisogno e standard di personale. Nel caso in cui gli spazi per l'attività di ospedale diurno non siano stati istituiti, le aziende sanitarie locali realizzano, negli ospedali, posti di assistenza a ciclo diurno, collegati funzionalmente ai reparti per malattie infettive (comma 4).

Il finanziamento degli interventi (di cui al provvedimento in esame) è posto a carico di quote del fondo sanitario nazionale di parte corrente (come già previsto dalla legge n. 135, le cui risorse finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato sono fatte salve dall'articolo 7 del provvedimento in commento) e, ove necessario, con specifici stanziamenti vincolati allo scopo. In aggiunta, se necessario, gli interventi del Piano nazionale strategico possono essere finanziati con operazioni di mutuo con fondi: della Banca europea per gli investimenti; della società Cassa depositi e prestiti SpA e degli istituti e aziende di credito a ciò abilitati, secondo modalità e procedure stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. I finanziamenti sono iscritti in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della salute.

L'articolo 2 disciplina la modalità di attuazione degli interventi necessari al rafforzamento della rete assistenziale ospedaliera a seguito della recrudescenza o dell'evoluzione dell'epidemia di HIV e di AIDS, o di altre patologie infettive con analoghe caratteristiche di immediato rischio sanitario per la popolazione. Rispetto agli articoli 2 e 3 della legge n. 135, l'articolo registra le novità intervenute a seguito del versamento, dal 2015, delle quote per i programmi di lotta all'AIDS nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale (assenza di una deliberazione  e di un  decreto di riparto specifici) e delle novità introdotte dal D.Lgs n. 127/2016 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124) in tema di conferenza di servizi.

Per quanto riguarda i corsi di formazione e di aggiornamento professionali per il personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS, si impegnano le aziende sanitarie locali ad organizzare annualmente corsi di formazione, con specifico riferimento ai problemi tecnico-sanitari connessi con l'attività di assistenza, ai problemi psicologici e sociali e a quelli derivanti dal collegamento funzionale nel trattamento a domicilio. L'istituzione e l'effettuazione dei corsi, nonché le modalità di erogazione dell'assegno da corrispondere ai partecipanti sono disciplinati con decreto del Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità.

L'articolo 4, sull'accertamento dell'infezione da HIV, riproduce quasi alla lettera il contenuto dell'art. 5 della legge n.135 ad eccezione della disposizione recata dal comma 4 relativa al libero accesso per i c.d. grandi minori (16-17 anni) ai test diagnostici per l'accertamento dell'infezione da HIV senza il consenso dei soggetti esercenti la potestà genitoriale.

L'articolo 5 sui divieti a carico dei datori di lavoro riproduce alla lettera il contenuto dell'art. 6 della legge n. 135.

L'articolo 6 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la lotta contro le malattie infettive, l'infezione da HIV e l'AIDS. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un suo delegato. Del Comitato fanno parte i Ministri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della difesa, della giustizia, dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti. Il Comitato interministeriale coordina gli interventi per l'attuazione del Piano nazionale strategico e indica le misure necessarie per adattare gli interventi e le risorse finanziarie alle evoluzioni dell'epidemia da HIV. Come avviene a legislazione vigente, il Governo è tenuto a presentare annualmente alle Camere una Relazione sullo stato di attuazione degli interventi per la lotta contro l'infezione da HIV e l'AIDS.

L'articolo 7 abroga la legge n. 135 del 1990.

Articolo 1 Piani di interventi contro l'AIDS

L'articolo 1  aggiorna e consolida i contenuti dell'art.1 della proposta di legge n. 135 del 1990. Più in particolare, allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da virus dell'immunodeficienza umana (HIV), il comma 2 dell'articolo in commento prevede l'adozione di un  Piano nazionale strategico per la lotta contro l'infezione da HIV e AIDS. Il Piano, adottato con decreto del Ministro della salute, ha durata triennale e può essere aggiornato, ove occorra, nel corso del triennio.

Si valuti l'opportunità di stabilire espressamente il coinvolgimento delle Regioni, nell'adozione del Piano, mediante la previsione di un'intesa in sede di  Conferenza Stato-regioni.

In risposta a quanto previsto dalla legge n. 135 del 1990, sono stati varati piani organici di intervento, fra i quali si ricorda il D.P.R. 8 marzo 2000 "Approvazione del progetto obiettivo AIDS 1998-2000". Sull'ultimo dei piani organici proposti dal Ministero della salute  è stata sancita Intesa il 26 ottobre 2017 in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS) del 2017 pianifica l'attuazione degli interventi nel triennio 2017-2019 su prevenzione, informazione, ricerca, sorveglianza epidemiologica e sostegno dell'attività del volontariato e si propone di delineare il miglior percorso possibile, segnalando le criticità presenti, per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (ECDC, UNAIDS, OMS), rendendoli praticabili anche in Italia. Tra questi, in particolare: - la definizione e realizzazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; - l'accesso facilitato ad una diagnosi precoce; - la garanzia di cure a tutte le persone con HIV; - il mantenimento in cura dei pazienti; - il miglioramento dello stato di salute e di benessere delle persone che vivono con l'HIV; - il coordinamento dei piani di intervento sul territorio nazionale; - la tutela dei diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con l'HIV; - la promozione della lotta allo stigma; - promozione dell' empowerment e del coinvolgimento attivo della popolazione chiave. L' Intesa sul Piano ha stabilito che:
- il Ministero, in collaborazione con le Regioni, promuove iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori coinvolti nella cura e nell'assistenza nei luoghi di cura e nella assistenza sul territorio delle persone con infezione da virus HIV e con sindrome da AIDS, nonché definisce strategie di informazione in favore della popolazione generale e delle persone con comportamenti a rischio (popolazioni chiave);
- il Ministero e le Regioni si impegnano a costituire un gruppo di lavoro con il compito di predisporre un'unica scheda di segnalazione uniforme per tutte le Regioni, da utilizzare sia per la prima diagnosi di HIV che per la prima diagnosi di AIDS;
- concordano sulla necessità di procedere a una revisione della legge n. 135/1990 e dei relativi decreti attuativi.
- le Regioni si impegnano a:
- delineare e realizzare progetti finalizzati alla definizione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni;
- facilitare l'accesso al test e l'emersione del sommerso;
- garantire a tutti l'accesso alle cure;
- favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento;
- migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone che vivono con l'HIV;
- tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con l'HIV;
- promuovere la lotta allo stigma;
- promuovere l'empowerment e il coinvolgimento attivo delle popolazioni chiave.

Allo scopo di contrastare la diffusione delle infezioni da HIV, il Piano definisce e specifica i seguenti interventi (comma 1):

a) interventi di carattere pluriennale relativi a: prevenzione, informazione, ricerca, sorveglianza epidemiologica e sostegno dell'attività del volontariato, attuati con le modalità previste e periodicamente aggiornate dal Piano nazionale strategico;

b) manutenzione e adeguamento dei reparti di ricovero per malattie infettive delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli IRCCS pubblici, compresi le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno e l'adeguamento e potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia ad essi connessi;

c) mantenimento degli organici relativi al personale medico e infermieristico delle strutture di ricovero per malattie infettive e dei laboratori di cui alla lettera b) nonché del personale laureato non medico e del personale tecnico occorrente per gli stessi laboratori;

d) attività di formazione e di aggiornamento professionale del personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Tali attività,  adattate alle attuali esigenze di cura della patologia, sono da tenersi fuori dell'orario di servizio, con obbligo di frequenza e con corresponsione di un assegno di studio, riservando particolare attenzione al tema della pluripatologia e alla gestione delle comorbilità legate al progressivo invecchiamento della popolazione delle persone affette da HIV o AIDS;

e) potenziamento dei servizi territoriali per le malattie sessualmente trasmissibili, loro adeguamento alle esigenze sanitarie emergenti e potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti;

A questo proposito, la legge n. 135 ha previsto il potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, fino ad una spesa complessiva annua di 38 miliardi di lire a regime.

  

f) rafforzamento delle funzioni dell'Istituto superiore di sanità - ISS in materia di sorveglianza, raccolta di dati epidemiologici e presidio di nuove emergenze infettive.

La legge n. 135 ha anche provveduto al potenziamento dei ruoli del personale dell'ISS, pertanto attualmente al relativo onere si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'adeguamento del costo delle tariffe dei servizi a pagamento resi a terzi dall'ISS. Attualmente, le attività dell'ISS, come previsto dalla legge n. 135, possono essere raggruppate in tre aree:
I. Attività di sorveglianza e di servizio, in stretto coordinamento con istituzioni internazionali, nazionali e regionali del SSN o gestite e realizzate direttamente dall'ISS con la collaborazione, ove richiesta, di Centri esterni; II. Attività di ricerca, attuata mediante finanziamenti di origine internazionale e nazionale (fondi del Ministero della Salute, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di Istituzioni private italiane, dei Progetti della Comunità Europea, dell'OMS, del Global Fund, della Global Vaccine Enterprise, di Fondazioni private); III. Attività di formazione con erogazione di crediti formativi, nonché attività di consulenza e di controllo con supporto tecnico/scientifico, teorico e pratico, a Centri ed Istituti italiani.

  
  Il comma 3 fornisce la cornice normativa per l'organizzazione  dei servizi per il trattamento a domicilio delle persone affette da HIV o AIDS e patologie correlate. Le aziende sanitarie locali, sulla base di indirizzi regionali, assicurano la funzionalità e l'adeguatezza dei servizi domiciliari delle persone affette da HIV o AIDS e patologie correlate, finalizzati a garantire idonea e qualificata assistenza nei casi in cui, superata la fase del ricovero, sia possibile la prosecuzione della cura presso il domicilio dei pazienti con l'obiettivo di garantire una buona qualità della vita correlata allo stato di salute. Il trattamento a domicilio è eseguito mediante il servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI), secondo le indicazioni terapeutiche e assistenziali fornite dalla struttura di ricovero per malattie infettive che ha in cura il paziente. Il servizio di cura domiciliare assicura la partecipazione all'assistenza del medico di medicina generale, e la collaborazione, quando possibile, del personale infermieristico e tecnico dei servizi territoriali o il coinvolgimento delle associazioni di volontariato. Il trattamento a domicilio può essere attuato anche presso residenze collettive o case alloggio, con il ricorso ad associazioni di volontariato o ad organizzazioni assistenziali accreditate, o a personale infermieristico convenzionato che opera secondo le indicazioni dei responsabili del reparto ospedaliero (per un approfondimento si rinvia alla pagina del sito istituzionale del Ministero della salute dedicato alle Cure intermedie). Le modalità di accreditamento e le forme di convenzione sono definite con decreto del Ministro della salute, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il successivo comma 4 prevede che gli spazi per l'attività di ospedale diurno siano funzionalmente aggregati alle unità operative di degenza, nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari, equivalenti per fabbisogno e standard di personale. Nel caso in cui gli spazi per l'attività di ospedale diurno non siano stati istituiti, le aziende sanitarie locali realizzano, negli ospedali, posti di assistenza a ciclo diurno, collegati funzionalmente ai reparti per malattie infettive.

Il modello assistenziale previsto dalla legge n. 135 è articolato in:
- ricovero ospedaliero in degenza e diurno ( Day hospital) per pazienti con quadri clinici acuti. I posti in Day hospital sono determinati nel rapporto di un posto di assistenza a ciclo diurno per ogni cinque posti di degenza ordinari;
- ambulatorio per pazienti con infezione cronica stabile;
- assistenza domiciliare integrata (ADI) e case alloggio per pazienti che necessitano di supporto sia per motivi clinici sia economico-sociali. L'assistenza domiciliare per le persone con AIDS è garantita da associazioni di volontariato e organizzazioni assistenziali anche presso  residenze collettive o case alloggio, le cui modalità di convenzionamento sono state definite con il D.M. 13 settembre 1991, che ha approvato gli schemi tipo per la disciplina dei rapporti sul trattamento a domicilio dei soggetti affetti da AIDS e patologie correlate. Il quasi contemporaneo D.P.R. del 14 settembre 1991 Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l'attivazione dei servizi per il trattamento a domicilio dei soggetti affetti da AIDS e patologie correlate ha definito l'articolazione dei servizi,   la destinazione delle risorse finanziarie, nonché il collegamento, il controllo e la rilevazione dati. Le Case Alloggio per persone con Aids sono state riconosciute dalla legge n. 135 e, prima ancora di costituirsi in un Coordinamento (Cica), si sono date nel 1994 una carta etica, la Carta di Sasso Marconi (per maggiori informazioni Coordinamento italiano case alloggio/AIDS - CICA).
In ultimo si ricorda che il D.p.c.m. 12 gennaio 2017 c.d Nuovi LEA ha confermato le previsioni della legge n. 135 del 1990 e del Progetto obiettivo AIDS dell'8 marzo 2000.

Per quanto riguarda l'adeguamento degli organici nelle singole regioni e province autonome, la cui quantità è stabilita dal Piano nazionale strategico, si conferma quanto già stabilito dalla legge n. 135, ovvero viene data facoltà di realizzare l'adeguamento degli organici anche in reparti diversi da quelli di ricovero per malattie infettive (comma 5), a condizione che gli stessi siano impegnati prevalentemente nell'assistenza ai casi di infezione da HIV e di AIDS (per oggettive e documentate condizioni epidemiologiche, e in osservanza dei piani regionali).
  

Il finanziamento degli interventi supra illustrati (di cui al provvedimento in esame) è posto a carico di quote del fondo sanitario nazionale di parte corrente (come già previsto dalla legge n. 135, le cui risorse finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato sono fatte salve dall'articolo 7 del provvedimento in commento)  e, ove necessario, con specifici stanziamenti vincolati allo scopo. In aggiunta, se necessario, gli interventi del Piano nazionale strategico possono essere finanziati con operazioni di mutuo con fondi: della Banca europea per gli investimenti; della società Cassa depositi e prestiti SpA e degli istituti e aziende di credito a ciò abilitati, secondo modalità e procedure stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. I finanziamenti sono iscritti in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della salute (commi 6 e 7).

Dal 2015 (ai sensi dell'art. 1, comma 560, della legge n. 190 del 2014), le quote per il "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS" sono confluite nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale, e non sono ripartite tra le regioni e le province autonome con un riparto specifico, bensì con i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard. In relazione ai finanziamenti, si rammenta che la legge n. 135 ha autorizzato la costruzione e ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, comprese le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno e l'istituzione o il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia negli ospedali, nonché negli IRCCS, per un ammontare complessivo massimo 2.100 miliardi di lire, con priorità per le opere di ristrutturazione e con graduale realizzazione delle nuove costruzioni. In relazione al personale dedicato, la legge n.135 ha disposto l'assunzione di personale medico e infermieristico a completamento degli organici delle strutture di ricovero di malattie infettive e dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia, e del personale laureato non medico e tecnico occorrente per gli stessi laboratori negli ospedali, nonché nelle cliniche ed istituti universitari, per una spesa complessiva annua 120 miliardi di lire, a regime, e 80 miliardi di lire per il 1990. Infine, la legge n. 135 ha anche disposto il potenziamento dei servizi di assistenza ai tossicodipendenti mediante la graduale assunzione di unità di personale sanitario e tecnico, da ripartire tra le regioni e le province autonome in proporzione alle rispettive esigenze, fino ad una spesa complessiva annua  38 miliardi di lire a regime e  20 miliardi di lire per il 1990.

Articolo 2 Interventi in caso di epidemia

L'articolo 2 disciplina la modalità di attuazione degli interventi necessari al rafforzamento della rete assistenziale ospedaliera a seguito della recrudescenza o dell'evoluzione dell'epidemia di HIV e di AIDS, o di altre patologie infettive con analoghe caratteristiche di immediato rischio sanitario per la popolazione. Rispetto agli articoli 2 e 3 della legge n. 135, l'articolo in commento registra le novità intervenute a seguito del versamento delle quote per i programmi di lotta all'AIDS nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale (vedi supra)  e delle novità introdotte dalla legge n. 124 del 2015 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) e dal D.Lgs n. 127 del 2016, (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124) in tema di conferenza di servizi.
All'attuazione degli interventi necessari, si provvede con le seguenti modalità:

- il Ministero della salute dichiara l'urgenza eccezionale di interventi in materia di strutture ospedaliere per malattie infettive e trasmette le indicazioni tecniche necessarie;

- le regioni e le province autonome determinano e comunicano al Ministro della salute, entro il termine perentorio di trenta giorni, la distribuzione e la localizzazione degli interventi necessari per contrastare l'epidemia in atto. In caso di mancata osservanza del termine, il Ministro della salute provvede in via sostitutiva ad individuare  la distribuzione e localizzazione degli interventi necessari;

- il Ministro della salute, per consentirne l'immediata realizzazione degli interventi regionali, promuove, d'intesa con ciascuna regione,  una conferenza di servizi alla quale partecipano i responsabili degli uffici competenti delle amministrazioni e degli enti statali, regionali e locali comunque tenuti ad assumere atti di intesa, pareri, autorizzazioni, approvazioni, concessioni e nulla osta previsti da leggi statali e regionali.

La conferenza di servizi, modalità organizzativa procedimentale che garantisce la cooperazione tra le varie amministrazioni, è disciplinata dall'art. 14 della legge n. 241 del 1990, come in ultimo modificata  dal D. Lgs. n. 127 del 2016 (cd. Riforma Madia). A seconda della fase procedimentale in cui viene utilizzata e, dello scopo per cui è posta in essere, vi sono tre tipi di conferenza di servizi: istruttoria, decisoria e preliminare.
La conferenza istruttoria è sempre facoltativa, in quanto può essere indetta dall'amministrazione procedente quando ritenga opportuno effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo o in più procedimenti amministrativi connessi (riguardanti medesime attività o risultati). Le forme in cui si svolge tale conferenza sono quelle previste per la conferenza semplificata o, in alternativa, possono essere definite direttamente dall'amministrazione procedente (art. 14, co. 1).
La conferenza decisoria è sempre obbligatoria quando la conclusione positiva del procedimento, ovvero lo svolgimento di un'attività privata, è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comuque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.
Si prevede inoltre che possa essere indetta la conferenza di servizi preliminare per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi. La peculiarità di questa conferenza è di essere convocata su richiesta del soggetto interessato, corredata da uno studio di fattibilità, al fine di verificare, prima della presentazione di un'istanza o di un progetto definitivo, quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di assenso. La conferenza preliminare si svolge secondo le disposizioni che regolano la conferenza semplificata, con abbreviazione dei termini fino alla metà .
Per tutte le tipologie di conferenza è introdotta la regola in base alla quale l'indizione della conferenza è comunicata ai soggetti già destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, ai quali è riconosciuta la facoltà di intervenire nel procedimento. (Per un approfondimento si rinvia al paragrafo Conferenza dei servizi del Tema web Interventi sul procedimento amministrativo, consultabile sul Portale documentazione del sito istituzionale della Camera dei Deputati).

- la conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità dei progetti con le esigenze ambientali, territoriali, paesaggistiche e culturali ed entro quindici giorni dalla convocazione si esprime su di essi nella seduta a tal fine convocata. L'approvazione espressa all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, le concessioni e i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali. In mancanza di unanimità e su motivata richiesta del Ministro della salute, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo. Tale decreto sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, le concessioni e i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali.
 Il comma 7 specifica che non sono comunque derogabili le norme del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al D. Lgs. n. 159 del 2011, nonché i vincoli di inedificabilità e le prescrizioni sostanziali derivanti da vincoli previsti dalle leggi in materia paesaggistica, ambientale e storico-monumentale.

Articolo 3 Norme in materia di personale

L'articolo 3 prevede che si provveda mediante pubbliche selezioni per il mantenimento di livelli di dotazione organica adeguati alle esigenze di cura, alla copertura di posti vacanti di personale medico e laureato nelle strutture di ricovero per malattie infettive, nelle strutture di continuità assistenziale ad esse funzionalmente connesse e nei laboratori. In caso di emergenze sanitarie di carattere infettivo, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono ricorrere a selezioni pubbliche integrative straordinarie.
  Per quanto riguarda i corsi di formazione e di aggiornamento professionali per il personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS, il comma 2 impegna le aziende sanitarie locali ad organizzare annualmente corsi di formazione, con specifico riferimento ai problemi tecnico-sanitari connessi con l'attività di assistenza, ai problemi psicologici e sociali e a quelli derivanti dal collegamento funzionale nel trattamento a domicilio. Il Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità, con proprio decreto disciplina l'istituzione e l'effettuazione dei corsi, nonché le modalità di erogazione dell'assegno da corrispondere ai partecipanti.

 

Il Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS) del 2017 ha segnalato che gli interventi formativi previsti dalla legge n. 135 e dai decreti attuativi "… meritano una revisione ed un significativo adeguamento alle nuove necessità…", sia in termini di contenuto che organizzativi, al fine di superare le criticità ed i limiti che il decorso del tempo ha posto in rilievo. Il medesimo Piano indica per tale ambito una serie di proposte, tra le quali preliminarmente la "Conferma, implementazione e adeguamento degli interventi di formazione previsti dalla legge 135/90 per le categorie professionali direttamente coinvolte nell'assistenza clinica delle persone con infezione da HIV, che dovrà essere preceduta da una revisione della programmazione e durata dei corsi rivolti alle diverse specificità professionali e dalla definizione degli indicatori di efficacia...con il coinvolgimento di tutte le professionalità coinvolte e degli operatori anche non appartenenti alle professioni sanitarie della rete CBVCT ( Counselling e test volontari in sedi associative). Inoltre, le esperienze formative previste ex lege 135/90 non hanno potuto raggiungere un carattere di sistematicità e di omogeneità in tutte le Regioni e le Province Autonome e sono state ridimensionate fino alla completa sospensione in varie aree del paese".

Articolo 4 Accertamento dell'infezione da HIV

L'articolo  4  riproduce quasi alla lettera il contenuto dell'art. 5 della legge n.135 ad eccezione della disposizione recata dal comma 4 relativa al libero accesso per i c.d. grandi minori (16-17 anni) ai test diagnostici per l'accertamento dell'infezione da HIV senza il consenso dei soggetti esercenti la potestà genitoriale.

In sintesi, confermando quando disposto in materia dalla legge n. 135, l'articolo 4 prevede:
- adozione di tutte le misure necessarie per la tutela della riservatezza della persona assistita da parte degli operatori sanitari che, nell'esercizio della loro professione, vengono a conoscenza di un caso di AIDS ovvero di un caso di infezione da HIV, anche non accompagnato da stato morboso;
- effettuazione della rilevazione statistica dell'infezione da HIV con modalità che non consentano l'identificazione della persona. La disciplina per le rilevazioni epidemiologiche e statistiche deve prevedere modalità differenziate per i casi di AIDS e i casi di sieropositività al HIV; 
-  espressione del consenso consapevole per tutte le analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV, salvo che per motivi di necessità clinica, nell'interesse di un soggetto impossibilitato a prestare il consenso. Sono consentite analisi per l'accertamento dell'infezione da HIV, nell'ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di identificazione delle persone interessate;
- comunicazione dei risultati di esami diagnostici per l'accertamento dell'infezione da HIV soltanto al diretto interessato; 
- non discriminazione dei soggetti con accertata infezione da HIV, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive o per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro.

Come chiarito supra, allo stato attuale, l'ordinamento non consente al minore di accedere al test senza il consenso dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o l'autorizzazione del giudice tutelare appositamente adito. Nel 2019, l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha risposto positivamente alla richiesta di parere formulata dal Ministro della salute sulla liceità e opportunità di una legge che permettesse ai minorenni di sottoporsi al test per la diagnosi di Hiv e altre infezioni a trasmissione sessuale anche senza il consenso dei genitori o del tutore. Nel suo parere l'Autorità sottolinea la necessità di rispettare tre condizioni: accesso ai test in un contesto protetto e dedicato nell'ambito del Servizio sanitario nazionale; coinvolgimento dei genitori o del tutore in caso di positività ai test  per garantire alla persona di minore età un adeguato supporto affettivo nella gestione della notizia e della terapia; promozione capillare della cultura della prevenzione e educazione all'affettività e alle emozioni. Nella prospettiva delineata dal Garante assume particolare rilievo la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia che, all'art. 24, afferma il diritto del minore alla salute e alla possibilità di beneficiare del servizio sanitario. Il comma 4 dell'articolo in commento recepisce le condizioni poste dal Garante nel parere del 2019. Più precisamente, le strutture sanitarie pubbliche e le strutture sanitarie private accreditate per la cura delle malattie infettive vengono autorizzate a effettuare le analisi per l'accertamento dell'infezione da HIV su richiesta del minorenne che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, senza necessità di autorizzazione dell'esercente la responsabilità genitoriale. La comunicazione al minore dello stato di sieropositività o della necessità di ulteriori accertamenti deve essere effettuata con la presenza di un medico infettivologo e di uno psicologo. Ove possibile e ritenuto opportuno, la struttura sanitaria fornisce al minore assistenza e sostegno psicologico per la comunicazione dello stato di sieropositività ai familiari o alle altre persone adulte di riferimento.  

Articolo 5 Divieti a carico dei datori di lavoro

L'articolo 5 riproduce alla lettera il contenuto dell'art. 6 della legge n. 135, in particolare stabilisce:

  - il divieto per i datori di lavoro pubblici e privati di svolgere indagini volte ad accertare l'esistenza di uno stato di sieropositività nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro.

Sul tema, il Ministero della salute e il Ministero del lavoro hanno emanto, il 12 aprile 2013, in forma congiunta, la circolare Tutela della salute nei luoghi di lavoro: Sorveglianza sanitaria – Accertamenti pre-assuntivi e periodici sieropositività HIV - Condizione esclusione divieto effettuazione. Ai sensi della circolare, il test Hiv non può essere richiesto indiscriminatamente a tutti i lavoratori. Eventuali norme specifiche di settore, che richiedano l'accertamento della negatività all'Hiv come condizione di idoneità ad uno specifico servizio (ad esempio presso le forze militari), devono essere motivate da una effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi. Per evitare possibili abusi, tale rischio deve essere verificabile, avvalorato dalle conoscenze scientifiche più avanzate e valutato caso per caso anche in relazione alla qualifica professionale e alle condizioni di salute del singolo lavoratore. Per un approfondimento del trattamento dei dati sensibili relativi all'infezione da HIV e il rispetto della privacy: Dati blindati in caso di Hiv, come si esercita la "maggior tutela".


  - le sanzioni previste dall'art. 38 della legge  n. 300 del 1970 per la violazione di tale divieto.

L'art. 5 della legge n. 300 del 1970 vieta accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il divieto è rafforzato da quanto disposto dalla legge n. 135. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha la facoltà di far controllare l'idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico. La violazione dell'art. 5, è punita, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da euro 154 a euro 1.549 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.

Articolo 6 Comitato interministeriale per la lotta contro le malattie infettive, l'infezione da HIV e l'AIDS

L'articolo 6 istituisce il Comitato interministeriale per la lotta contro le malattie infettive, l'infezione da HIV e l'AIDS. Il Comitato è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un suo delegato. Del Comitato fanno parte i Ministri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della difesa, della giustizia, dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti. Il Comitato interministeriale coordina gli interventi per l'attuazione del Piano nazionale strategico  e indica le misure necessarie per adattare gli interventi e le risorse finanziarie alle evoluzioni dell'epidemia da HIV. 

Il comma 2 dell'articolo in commento impegna il Governo a presentare annualmente alle Camere una Relazione sullo stato di attuazione degli interventi per la lotta contro l'infezione da HIV e l'AIDS.

L'art. 8 della legge n. 135 è dedicato al Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS, organo successivamente soppresso dall'art. 1, comma 21, della legge n. 537 del 1993 " Interventi correttivi di finanza pubblica". Le funzioni svolte dal Comitato, sono state attribuite al Ministro della sanità (ai sensi dall'art. 8 del  D.P.R. n. 373 del 1994 " Regolamento recante devoluzione delle funzioni dei Comitati interministeriali soppressi e per il riordino della relativa disciplina") che le ha trasferite alla Sezione per la lotta contro l'AIDS e alla Sezione del volontariato per la lotta contro l'AIDS del Comitato tecnico sanitario (a sua volta istituito dal D.P.R. n. 44 del 2013 al quale sono state trasferite le funzioni già esercitate da precedenti organismi operanti presso il Ministero della salute). Il Comitato tecnico sanitario è attualmente articolato in 11 sezioni. Il Comitato, in seduta plenaria, è presieduto dal Ministro della salute o da suo delegato. L'organismo ha durata triennale decorrente dalla data di insediamento.

  

Articolo 7 Disposizioni finali

L'articolo 7 dispone l'entrata in vigore del provvedimento in esame il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il comma 2 abroga la legge 5 giugno 1990, n. 135, ma fa salve le disposizioni adottate e le risorse finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato ai sensi della suddetta legge.

Nei riparti del Fondo sanitario nazionale ante 2015, quando le risorse per la prevenzione dell'AIDS erano ancora a destinazione vincolata e programmata e quindi quantificate, il loro valore si aggirava intorno ai 50 milioni di euro, da destinarsi per circa un terzo alle spese di organizzazione dei corsi di formazione e di aggiornamento del personale dei reparti di ricovero per malattie infettive e degli altri reparti che ricoverano ammalati di AIDS e per circa due terzi  per l'attivazione di servizi per il trattamento domiciliare a favore dei soggetti affetti da AIDS.

Relazioni allegate o richieste

Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

La proposta di legge in esame è finalizzata ad aggiornare e revisionare la disciplina in tema di prevenzione e contrasto della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) attualmente contenuta nella legge n- 135 del 5 giugno 1990 (Programma di interventi urgenti per la prevcenzione e la lotta contro l'AIDS) della quale si dispone contestualmente l'abrogazione. Si giustifica pertanto l'utilizzazione dello strumento legislativo.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge detta norme in tema di prevenzione e contrasto alla sindrome da immunodeficianza acquisita. La definizione degli interventi previsti è in parte rimessa al Piano nazionale strategico per la lotta contro l'infezione da HIV e l'AIDS adottato con decreto del Ministro della salute. Va ricordato inoltre che le prescrizioni della legge n. 135 del 1990 che attualmente disciplina la materia vengono espressamente richiamate dall'articolo 57 del D.P.C.M. 12 gennaio 2017, recante Definizione ed aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. La materia trattata, pertanto, può essere ricondotta sia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale), che alla "tutela della salute", oggetto di potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117. comma 3 Cost..