Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
Titolo: | Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia |
Riferimenti: | AC N.2561/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 323 |
Data: | 27/07/2020 |
Organi della Camera: | XII Affari sociali |
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Camera dei deputati |
XVIII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia A.C. 2561 |
Schede di lettura |
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n. 323 |
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27 luglio 2020 |
Servizio responsabile: |
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Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali ( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it - - |
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File: AS0163 |
§ Contenuto del disegno di legge delega
§ Articolo 1 (Deleghe al Governo: oggetto, princìpi e criteri direttivi generali)
§ Articolo 3 (Delega al Governo per il riordino delle misure di sostegno all’educazione dei figli)
§ Articolo 4 (Delega al Governo per la disciplina dei congedi parentali e di paternità)
§ Articolo 6 (Delega al Governo per sostenere l’autonomia finanziaria dei giovani)
§ Articolo 7 (Procedimento per l’adozione dei decreti legislativi)
§ Articolo 8 (Disposizioni finanziarie)
§ Dati statistici e di contesto
Contenuto del disegno di legge delega
Il disegno di legge in esame, collegato alla legge di bilancio 2020, reca deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, incidendo su materie e ambiti diversi; il calendario delle deleghe viene esercitato con scadenze temporali differenti, a seconda dell’oggetto della delega.
Il provvedimento è composto da 8 articoli.
L’articolo 1 reca i princìpi e i criteri direttivi generali, ai quali il Governo deve attenersi nell’esercizio delle deleghe, poi precisati da ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici stabiliti dai successivi articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 8.
Fra i princìpi e i criteri direttivi generali che dovranno guidare l’azione del Governo, primo fra tutti è l’istituzione dell’assegno universale e il contestuale riordino delle misure vigenti di sostegno economico per i figli a carico (delega da esercitare entro 12 mesi). L’assegno, disegnato dai criteri direttivi specifici elencati dall’articolo 2, si ispira al princìpio universalistico contemperato dal criterio di progressività. E’ pertanto composto da un importo base attribuito a tutti i nuclei familiari con figli a carico, al quale può associarsi un importo variabile, determinato per scaglioni sulla base dell’ISEE, in ragione delle condizioni economiche del nucleo familiare di riferimento, tenendo altresì conto del numero dei figli a carico (per i figli successivi al secondo, l’importo è maggiorato del 20 per cento). L’assegno, riconosciuto dal settimo mese di gravidanza, è attribuito mensilmente mediante la corresponsione diretta di una somma di denaro ovvero mediante il riconoscimento di un credito da utilizzare in compensazione dei debiti di imposta. L’assegno è attribuito fino al limite di età determinato dal decreto legislativo delegato, che può prevederne la progressiva elevazione, ma comunque non oltre il diciottesimo anno, salvo che per i figli con disabilità, ai quali può essere attribuito oltre la maggiore età e con importi incrementati. L’assegno universale non concorre a formare il reddito complessivo.
Il secondo princìpio e criterio direttivo generale intende promuovere la parità tra i sessi all’interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile. A tal fine gli articoli 4 e 5 dettagliano gli interventi specifici a cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega (entro ventiquattro mesi). Più in particolare, si prevede di estendere la disciplina dei congedi parentali anche ai lavoratori autonomi (tenendo conto della specificità delle diverse attività professionali), di stabilire un periodo minimo (non inferiore ai due mesi) di congedo parentale non cedibile all’altro genitore, di introdurre modalità di lavoro flessibile nonché di estendere la possibilità di usufruire, previo preavviso, di un permesso retribuito di durata non inferiore alle cinque ore per anno, per consentire ai genitori lavoratori di partecipare ai colloqui scolastici. Con riferimento ai congedi di paternità, si intende stabilire il princìpio che tale diritto sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore, non sia subordinato a una determinata anzianità lavorativa e di servizio e che sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nei primi mesi dalla nascita del figlio, viene previsto un periodo di congedo obbligatorio non inferiore a dieci giorni lavorativi. L’articolo 5 specifica invece criteri e princìpi direttivi per incentivare il lavoro femminile e armonizzare i tempi vita/lavoro. A tal fine, si intende prevedere, tenendo conto dell’ISEE del nucleo familiare, una percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per addetti ai servizi domestici e all’assistenza di familiari, nonché una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli. Al fine di sostenere l’applicazione di modalità flessibili di lavoro, si prevede l’introduzione di incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti nazionali in materia. Infine, per sostenere l’occupazione femminile si riserva una quota del Fondo di garanzia per le piccole e le medie imprese all’avvio di nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per due anni. Per sostenere l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno non sono indicati interventi specifici, bensì il rafforzamento delle misure già a tal fine previste.
Il terzo principìo e criterio direttivo - affermare il valore sociale delle attività educative e di apprendimento formale e non formale dei figli - viene declinato dall’articolo 3 (delega da esercitare entro 12 mesi) tramite il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo. A tal fine, si intende razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo anche nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l’educazione formale (acquisto dei libri scolastici, di beni e servizi informatici per i figli a carico che non beneficiano di altre forme di sostegno) e l’educazione non formale dei figli (iscrizione/abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte e di musica; biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali). D’altra parte, si intende intervenire per garantire in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l’istituzione e il sostegno dei servizi socio-educativi e dei servizi educativi per l’infanzia, e, al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità per la crescita dei figli, si prevedono contributi destinati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi e delle scuole per l’infanzia. Per i figli affetti da patologie fisiche e non fisiche, comprese la diagnosi e la cura di disturbi specifici dell’apprendimento, la delega indica la necessità di introdurre misure di sostegno, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado.
Il quarto criterio generale che il Governo è chiamato ad esercitare è la messa a punto di misure organizzative, di comunicazione e di semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e l’individuazione dei medesimi.
Infine il quinto criterio generale intende garantire il finanziamento degli interventi necessari per l’attuazione delle deleghe. A tal fine, l’articolo 8 individua le risorse finanziarie necessarie qualificandole come limite massimo di spesa. Tali risorse, che non vengono quantificate nel loro complesso (nemmeno dalle Relazioni al provvedimento, che non forniscono indicazioni neanche sulla platea dei destinatari), corrispondono a capitoli di spesa già stanziati ed attualmente destinati ad una serie di benefici, che, nel corso dell’attuazione della delega, si intende abolire o modificare. Più precisamente, all’attuazione delle deleghe si provvede nei limiti del complesso delle seguenti risorse:
· autorizzazione di spesa del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dalla legge di bilancio 2020;
· risorse derivanti dalla modificazione o abolizione di: assegno per il nucleo familiare dei Comuni, assegno di natalità; premio alla nascita; bonus asilo nido; fondo di sostegno alla natalità;
· risorse derivanti dalla modificazione o dall’abolizione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, di: detrazioni fiscali per minori a carico; assegno per il nucleo familiare; detrazione delle spese documentabili per contratti di locazione stipulati da studenti universitari.
Qualora tali risorse non siano sufficienti all’esercizio delle deleghe, i decreti delegati che determinano nuovi o maggiori oneri privi di compensazione al loro interno o mediante l’utilizzo delle risorse sopra esposte, possono essere adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi recanti le necessarie coperture finanziarie.
Si ricorda inoltre che l’articolo 6 reca la delega (da esercitare entro 24 mesi) a sostenere l’autonomia finanziaria dei giovani attraverso detrazioni e agevolazioni per spese documentate per la locazione di abitazioni per figli maggiorenni iscritti a corsi universitari e in favore di giovani coppie (meno di trentacinque anni).
Il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi delegati è regolamentato dall’articolo 7.
Articolo 1
(Deleghe al Governo: oggetto, princìpi e criteri direttivi generali)
Il disegno di legge in esame, collegato alla legge di bilancio 2020, reca deleghe al Governo per sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani, nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare, con il lavoro femminile[1].
In premessa si ricorda che l’art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo denominato "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia", con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. La norma non specifica quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, ma indica che, dal 2021, vi sono trasferite le risorse dedicate alla copertura finanziaria dell'assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e del Bonus asilo nido.
Inoltre, il provvedimento intende ricondurre in una cornice unitaria e sistemica le misure in favore delle famiglie con figli a carico (materia oggetto di molteplici aggiustamenti modificativi o integrativi) con la finalità, fra le altre, di ampliare la portata degli interventi agli incapienti e agli autonomi, assicurando al contempo agli attuali beneficiari lo stesso livello di prestazioni.
Incidendo su materie e ambiti diversi, il calendario delle deleghe viene esercitato con scadenze temporali differenti, a seconda dell’oggetto della delega. Più precisamente:
- entro 12 mesi la delega per: istituzione dell’assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico (art. 2); riordino delle misure di sostegno per l’educazione dei figli (art. 3);
- entro 24 mesi la delega per: disciplina dei congedi parentali e di paternità (art. 4); incentivazione del lavoro femminile e armonizzazione dei tempi di vita e lavoro (art. 5); autonomia finanziaria dei giovani (art. 6). Di tali interventi si prevede l’attuazione anche in forma progressiva.
L’articolo 1 reca i princìpi e i criteri direttivi, ai quali il Governo deve attenersi nell’esercizio delle deleghe, poi precisati da ulteriori princìpi e criteri direttivi specifici stabiliti dai successivi articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 8.
Si elencano a seguire princìpi e criteri direttivi generali:
a) assicurare l’applicazione universale di benefìci economici ai nuclei familiari con figli a carico, secondo criteri di progressività basati sull’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo altresì conto del numero dei figli a carico;
ISEE
L'ISEE è l'indicatore utilizzato per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere, ai diversi livelli di governo, una prestazione sociale agevolata (in moneta o servizi). In tal modo, possono essere applicate tariffe differenziate per la compartecipazione al costo di alcune prestazioni oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non e? ammesso l’accesso alle prestazioni. La situazione economica e? valutata tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (valorizzato al 20%) e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione del nucleo familiare (numero dei componenti e loro caratteristiche). Il parametro della scala di equivalenza e? maggiorato in presenza di alcune caratteristiche del nucleo che assumono rilievo in tale contesto: presenza nel nucleo familiare di più di due figli a carico; genitori lavoratori e figli minorenni, in particolare se con meno di tre anni; nuclei monogenitoriali e presenza di disabili.
L’ISEE, utilizzato dal 1998, è stato ridisciplinato dal D.p.c.m. 159/2013 che ha introdotto varie tipologie di ISEE (ISEE universitario, ISEE sociosanitario, ISEE socio sanitario per residenze, ISEE minorenni) e l’ISEE corrente, ovvero un ISEE aggiornato ai redditi e trattamenti degli ultimi 12 mesi qualora si siano verificate rilevanti variazioni del reddito o criticità quali la perdita del lavoro o l' interruzione dei trattamenti.
Il nuovo ISEE è entrato in vigore nel 2015, dopo l’emanazione del decreto 7 novembre 2014, di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE (DSU).
Successivamente, sono intervenute ulteriori modifiche, prima fra tutte quella introdotta dall’art. 10, comma 1, del D. Lgs. 147/2017[2], che, al fine di agevolare l’utente nell’inserimento dei dati utili al calcolo dell’ISEE, ha introdotto la Dichiarazione Sostitutiva Unica precompilata, caratterizzata dalla coesistenza di dati autodichiarati da parte del cittadino con dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS (c.d. dati precompilati). Resta fermo che e? comunque sempre possibile, a scelta del dichiarante, presentare la DSU nella modalità già in uso non precompilata.
In seguito, l’art. 28-bis del decreto legge 34/2019 (c.d. decreto Crescita), ha modificato l’art. 10 del D.lgs 147/2017, estendendo il periodo di validita? dell’ISEE corrente e ampliando le fattispecie in cui può essere richiesto. Attualmente, per poter richiedere l’ISEE corrente, è sufficiente che si sia verificata una delle due seguenti:
- una variazione della situazione lavorativa, per almeno un componente del nucleo;
- una variazione della situazione reddituale complessiva del nucleo superiore al 25% rispetto alla situazione reddituale individuata nell’ISEE calcolato ordinariamente.
Viene inoltre introdotta la possibilita? di presentare l’ISEE corrente nel caso in cui per almeno un componente si verifichi un’interruzione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF (in quest’ultimo caso, l’ISEE corrente può essere aggiornato a 2 mesi).
Dal 1° gennaio 2020, il messaggio 20 settembre 2019, n. 3418 dell’INPS ha specificato che la validità delle DSU coincide con l’anno solare (quindi fino al 31 dicembre) e che i redditi e i patrimoni della DSU “sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente (quindi, nel 2020 il riferimento è al 2018 sia per redditi che per patrimoni). Inoltre, dal 2020 la validità dell’ISEE corrente è di 6 mesi, ma con l’obbligo del cittadino di aggiornarlo prima della scadenza se qualcuno del nucleo cambia la situazione occupazionale o se inizia a ricevere prestazioni assistenziali/previdenziali/indennitarie.
b) promuovere la parità tra i sessi all’interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile, anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro agile o flessibile volti ad armonizzare i tempi familiari di lavoro (sul punto si veda quanto illustrato nella scheda relativa all’art. 5) e a incentivare il lavoro del secondo soggetto percettore di reddito;
La legislazione fiscale italiana attualmente non contempla la figura del "secondo percettore di reddito" che, di conseguenza, andrebbe puntualmente definito.
La locuzione sembra comunemente riferirsi al soggetto che all'interno del nucleo familiare percepisce il secondo reddito più alto (ovvero, nel caso di due soli percettori di reddito, il membro della famiglia con reddito inferiore). La nozione di secondary earner è infatti utilizzata in dottrina e, comunque, in numerosi studi condotti a livello internazionale (cfr. Commissione UE, Secondary earners and fiscal policies in Europe, 2015). Essa si riferisce a uno specifico gruppo di individui: coloro che percepiscono reddito da lavoro e, tuttavia, guadagnano meno dei propri partner. Si tratta, secondo il citato studio della Commissione UE, della maggior parte delle donne che lavorano all'interno di coppie sposate o conviventi. Nello studio OCSE del 2019 dal titolo Under pressure: the squeezed middle class, si sottolinea che la differenza tra l'aliquota media della tassazione del primo e del secondo percettore di reddito è particolarmente alta nei paesi che adottano un sistema di tassazione del reddito basato sull'unità familiare (Francia, Germania, Lussemburgo e Svizzera). Al contrario, nei sistemi fiscali in cui l'unità impositiva è l'individuo, come in Italia, la tassazione diretta del secondo percettore di reddito che inizia a lavorare o incrementa le ore lavorate può risultare elevata, se le detrazioni e le agevolazioni fiscali sono assegnate o revocate sulla base del reddito familiare.
Nel tempo sono state numerose le proposte di modifica dell'imposizione diretta orientate a sostituire l'attuale sistema, di tipo individuale (ove l'unità impositiva è appunto l'individuo) con un sistema basato sulla tassazione del nucleo familiare (cd. quoziente familiare, in cui l'aliquota è applicata sulla somma dei redditi familiari e poi suddivisa per il numero dei suoi componenti). Le proposte di legge in tal senso si sono succedute nel corso delle ultime legislature (in particolare, per la XVIII Legislatura si segnalano le seguenti proposte: A.A.S.S. 465, 547, 1678; A.C. 706).
c) affermare il valore sociale delle attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo;
L’articolo 4, commi da 52 a 54, della legge 92/2012[3] fornisce le definizioni di “apprendimento formale”, “apprendimento non formale” e “apprendimento informale”. Rispettivamente, l’apprendimento formale si attua nel sistema di istruzione e formazione statale, nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta.
L’apprendimento non formale è caratterizzato da una scelta intenzionale della persona (e si realizza al di fuori dei sistemi di istruzione e formazione, delle università e istituzioni di alta formazione) e si attua in ogni organismo che persegue scopi educativi e formativi, quali il volontariato, il servizio civile nazionale, il privato sociale e il mondo delle imprese.
Infine, l’apprendimento informale si realizza, anche a prescindere da una scelta intenzionale, nello svolgimento, da parte di ogni persona, delle attività quotidiane e nelle interazioni che in esse hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
d) prevedere l’introduzione di misure organizzative, di comunicazione e semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e l’individuazione dei medesimi;
Il decreto-legge 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni) reca numerose misure urgenti per l’innovazione digitale, tra cui alcune finalizzate a favorire la diffusione di servizi in rete e ad agevolare l'accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese.
Tra queste, per quanto qui interessa, si ricordano le seguenti:
· l’estensione della possibilità per i cittadini di fruire dei servizi attraverso la propria identità digitale, ampliandola a quelli erogati dai concessionari di pubblici servizi e dalle società a controllo pubblico, precisando che l’accesso al domicilio digitale avvenga tramite dispositivi mobili anche attraverso l’applicazione AppIO;
· l’obbligo per le p.a, di utilizzare esclusivamente il Sistema pubblico di identità digitale - SPID e la Carta di identità - CIE per l’accesso dei cittadini ai propri servizi on line:
· la presentazione di autocertificazioni, istanze e dichiarazioni direttamente da cellulare tramite AppIO;
· il sostegno per l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici;
· la semplificazione della disciplina anagrafica.
e) abolire o modificare le misure a sostegno delle famiglie e della genitorialità vigenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, al fine di garantire il finanziamento degli interventi previsti per l’attuazione delle deleghe nel loro complesso secondo quanto previsto dall’articolo 8 (alla cui scheda si rinvia).
Articolo 2
(Delega al Governo per l’istituzione dell’assegno universale e per il
riordino e la semplificazione delle misure di
sostegno economico per i figli)
L’articolo 2 reca la delega al Governo per l’istituzione dell’assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico. Più precisamente, il Governo, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, un decreto legislativo delegato per l’istituzione dell’assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico.
Si ricorda che è stato approvato dall’Assemblea della Camera (e trasmesso al Senato) l’A.C. 687 “Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi”, presentato il 4 giugno 2018 - abbinato con C. 2155, C. 2249. L’esame della pdl è iniziato, presso la Commissione XII della Camera (Affari sociali), il 27 giugno 2019 e si è concluso il 30 giugno 2020. La proposta è passata all’esame dell’Assemblea della Camera il 1° luglio 2020 (l’A.C. 687-A “Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale”), ed è stata approvata con modifiche il 21 luglio scorso
Nel suo intervento in Aula, in occasione della discussione generale della proposta, la Ministra per le Pari opportunità e la famiglia ha sottolineato come, all'interno del Family Act, “la proposta dell'assegno unico universale certamente rappresenta una colonna fondamentale ed è per questo, riconoscendo la maturità del percorso parlamentare e, in particolare, della proposta di legge a prima firma Delrio, ma anche dei contributi che sono arrivati da tutte le forze politiche, che si è voluto sostenere e procedere con un'accelerazione nel dibattito, sia in Commissione che all'interno di quest'Aula, ma, come tanti hanno in realtà richiamato, anche il valore e l'efficacia di questo strumento va inserito e iscritto all'interno di una progettualità di sistema, che vede accanto a questa misura l'investimento in servizi e sostegno all'educazione delle nuove generazioni, promozione di maggiore parità di genere, corresponsabilità nell'ambito familiare, incentivi importanti per il lavoro femminile e protagonismo dei giovani e delle giovani coppie… Questo ci permette anche di fare un altro passaggio: le politiche familiari non sono più politiche di costo, sono politiche di investimento e in questo sono qui a rassicurare, a nome del Governo, un impegno fattivo nel reperimento delle risorse per permettere l'attuazione di quanto è previsto dalla legge delega, ma anche nel valorizzare quegli elementi che, all'interno della legge delega - penso in particolare alla promozione del lavoro femminile - possono invece, altresì, rappresentare investimento e reperimento di risorse, quindi non solo costo”.
Nell’esercizio della delega, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali recati dal precedente articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
a) l’assegno universale si ispira al princìpio universalistico e costituisce un beneficio economico attribuito a tutti i nuclei familiari con figli a carico nell’ambito delle risorse disponibili (indicate dall’articolo 8);
A questo proposito la Relazione Illustrativa al provvedimento (RI) richiama gli artt. 30 e 31 della Costituzione che riconoscono ai genitori il dovere/diritto di mantenere, istruire ed educare i figli, e assegnano alla Repubblica il compito di proteggere la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo, con particolare riferimento alle famiglie numerose. Da ciò discende, per il legislatore, la necessità che l’assegno sia una misura universale, indirizzata a tutte le famiglie, con l’obiettivo di promuovere e sostenere l’educazione e la crescita di tutte le bambine e i bambini, autentico valore sociale del Paese. L’investimento sulle nuove generazioni, in tal senso risponde al dettato costituzionale di corresponsabilizzare le istituzioni, prevedendo, a fronte di un diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare la prole, un dovere dello Stato a garantire che questo diritto possa essere esercitato. Pertanto, l’assegno, nel disegno complessivo, non si connota come misura di contrasto alla povertà, ma come uno strumento di sviluppo e crescita collettiva.
b) l’importo dell’assegno universale è stabilito sulla base dell’ISEE, pertanto è erogato con criteri di progressività;
Al criterio universalistico viene associato il criterio di progressività, dal quale discende che a un importo base si associa un importo variabile, determinato per scaglioni, in base all’ISEE, in ragione delle condizioni economiche del nucleo familiare di riferimento.
c) l’assegno universale è attribuito mensilmente mediante la corresponsione diretta di una somma di denaro ovvero mediante il riconoscimento di un credito da utilizzare in compensazione dei debiti di imposta;
La RI illustrativa chiarisce che il riconoscimento del credito potrà essere utilizzato in compensazione tramite il modello F24, sia in sede di dichiarazione dei redditi.
d) l’assegno universale è attribuito per ciascun figlio, fino al limite di età determinato dal decreto legislativo delegato, che può prevederne la progressiva elevazione, comunque non oltre il diciottesimo anno, salvo quanto disposto dalla successiva lettera l) per i figli con disabilità;
e) come già indicato dall’art. 1, lettera a), del provvedimento in esame, l’importo dell’assegno tiene conto del numero dei figli a carico, prevedendo per i figli successivi al secondo, una maggiorazione del 20 per cento;
f) l’assegno universale è riconosciuto a decorrere dal settimo mese di gravidanza;
g) l’assegno universale non concorre a formare il reddito complessivo;
h) l’assegno universale non rileva per il calcolo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni sociali a sostegno del reddito e ai fini del riconoscimento del Reddito di cittadinanza (di cui al decreto legge 4/2019);
Le prestazioni di sostegno al reddito, in tutto o in parte legate alla fiscalità generale, sono collegate al verificarsi di eventi, temporanei ed imprevedibili nella durata, che possono insorgere durante il rapporto di lavoro oppure alla cessazione dello stesso. Sono inoltre previste sia per i nuclei familiari sia per i singoli lavoratori in caso di disoccupazione, mobilità o diminuzione della capacità lavorativa (NASpi, CIG, mobilità, mobilità in deroga e altre).
i) l’importo dell’assegno universale tiene conto dell’età dei figli a carico. Viene pertanto suggerita, ma non chiaramente esplicitata, una modulazione dell’assegno in base all’età del minore;
l) per ciascun figlio con disabilità, l’importo dell’assegno universale è incrementato e l’assegno è attribuito fino a limiti di età superiori al diciottesimo anno. Al proposito si sottolinea che la lettera in esame si riferisce all’art. 3 della legge 104/1992, pertanto alla persona disabile in senso generale, indipendentemente dalla circostanza che fruisca dell’assegno di accompagnamento (esigibile dalle persone con disabilità grave di cui all’art. 3, comma 3).
Ai sensi dell’art. 3 della legge 104/1992[4], è persona disabile chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La persona disabile ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
Ai sensi del comma 3 dell’art. 3, la disabilità si definisce grave qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
L’art. 2, comma 2 del decreto legge 69/1988[5], nel disporre che l’assegno per il nucleo familiare (ANF) compete in misura differenziata (secondo specifiche tabelle) in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, precisa che i livelli di reddito di tali tabelle sono aumentati per i nuclei familiari che comprendono soggetti che si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilita? di dedicarsi ad un proficuo lavoro, ovvero, se minorenni, che abbiano difficolta? persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
In altro ambito di tutela, ovvero quello legato ai riconoscimenti di invalidità civile per la fruizione delle correlate prestazioni economiche e/o di altri benefici, con la legge 289/1990[6], il legislatore ha derivato dall’assegno di accompagnamento un altro beneficio economico denominato “indennita? mensile di frequenza” da attribuire al minore che presenta “difficolta? persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età”.
Con il messaggio 4 ottobre 2019, n. 3604, l’INPS ha fornito chiarimenti in merito all’accertamento del diritto a percepire la maggiorazione dell’importo dell’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF) in caso di presenza di minorenni inabili all’interno del nucleo familiare, stabilendo che ai fini del riconoscimento della maggiorazione possono essere presi in considerazione anche i soggetti fruitori dell’indennità di frequenza. Per poter beneficiare dell’ANF con importi maggiorati, tuttavia, è necessario il parere dei medici legali dell’INPS, poiché, essendo il complesso menomativo del minore titolare dell’indennita? di frequenza dispiegato in un ampio ventaglio di situazioni sottese, e? necessario richiedere parere all’Ufficio medico legale della sede INPS di riferimento per una disamina della fattispecie. Nel contempo, non si ritiene più necessario subordinare la procedibilità dell’istanza di ANF all’autorizzazione, laddove il minore stesso sia stato valutato e storicizzato presso l’Istituto. In tale caso, viene pertanto meno la necessità di presentazione della domanda di Autorizzazione ANF.
Articolo 3
(Delega al Governo per il riordino delle misure di
sostegno all’educazione dei figli)
L’articolo 3 conferisce al Governo la delega ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riordino delle misure di sostegno all’educazione dei figli a carico, prevedendo contestualmente l’introduzione di nuovi benefici da erogare alle famiglie.
I decreti sono adottati, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione e con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport e, come previsto dal procedimento per l’adozione dei decreti ai sensi dell’articolo 7, prima della loro trasmissione alle Camere, previa acquisizione dell’Intesa in sede di Conferenza unificata.
Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo deve attenersi ad ulteriori principi e criteri direttivi, oltre a quelli generali disposti all’articolo 1, come previsto dalle seguenti lettere:
- lett. a): razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l’educazione, anche non formale, dei figli;
Si ricorda che, in base all’articolo 12 commi 1, lettera c), e 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917- Testo unico delle imposte di redditi (TUIR), il contribuente che ha figli fiscalmente a carico ha diritto a una detrazione dall'Irpef il cui importo varia in funzione del suo reddito complessivo; l'importo effettivamente spettante diminuisce con l'aumentare del reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro. Una persona si considera fiscalmente a carico di un familiare quando dispone di un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Solo per i figli di età non superiore a 24 anni, dal 1° gennaio 2019 questo limite è aumentato a 4.000 euro.
La detrazione di base per i figli a carico è attualmente pari a:
· 1.220 euro, per il figlio di età inferiore a tre anni
· 950 euro, se il figlio ha un'età pari o superiore a tre anni.
Se in famiglia ci sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo. In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro.
È prevista un maggiore detrazione per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992: si ha diritto all'ulteriore importo di 400 euro.
La detrazione per i figli va ripartita al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c'è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato. Questa facoltà consente a quest'ultimo, come per esempio nel caso di incapienza dell'imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni. Per una panoramica dettagliata delle detrazioni previste i figli a carico si rinvia all’area tematica dell’Agenzia delle entrate.
Tra le altre principali agevolazioni fiscali, si ricorda che per le spese sostenute dai genitori per pagare le rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici o privati, è possibile usufruire di una detrazione (articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005 e articolo 2, comma 6, della legge n. 203 del 2008 che ha disposto l'applicazione della misura a regime), per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio. Inoltre, l’articolo 1, comma 355, legge 11 dicembre 2016, n. 232 ha disposto che ai figli nati dal 1° gennaio 2016 spetta un contributo di massimo 1.000 euro, per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche (la legge di bilancio 2020 ha elevato l’importo del buono fino a un massimo di 3.000 euro sulla base dell’ ISEE minorenni, in corso di validità, riferito al minore per cui è richiesta la prestazione).
Si segnala infine l'articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies) del TUIR consente di detrarre da IRPEF il 19 per cento delle spese sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, mentre la lettera e-bis) dello stesso articolo riconosce la stessa detrazione in merito alle spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione per un importo annuo non superiore a 800 euro a decorrere dall'anno 2019 per alunno o studente.
- lett. b): garantire, in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l’istituzione e il sostegno dei servizi “socio-educativi” per l’infanzia, orientati, rispetto ai servizi più strettamente “educativi” (v. successiva lett. c)), alla promozione e allo sviluppo delle potenzialità di crescita personale, di autonomia e integrazione sociale dei minori iscritti, anche disabili, qualora esprimano disagio personale, sociale, familiare, al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità per la crescita dei figli.
In materia, si ricorda che, allo scopo di superare la frammentazione fra servizi socio-educativi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni), afferenti al sistema dei servizi sociali, e scuola dell'infanzia (da 3 a 6 anni), afferente al Sistema nazionale di istruzione, il d.lgs. 65/2017 – emanato sulla base della delega recata dalla L. 107/2015 (art. 1, co. 180 e 181, lett. e) – ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia[7] e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali.
Tra gli obiettivi strategici del Sistema integrato rientrano il progressivo ampliamento e la progressiva accessibilità dei servizi educativi per l'infanzia – anche attraverso un loro riequilibrio territoriale – con l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i 3 anni di età, a livello nazionale; la graduale diffusione della presenza dei servizi educativi per l'infanzia, con l'obiettivo tendenziale di giungere al 75% nei Comuni; la qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi per l'infanzia; la generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia; la formazione in servizio di tutto il personale del Sistema integrato; il coordinamento pedagogico territoriale.
Per l’estensione del Sistema integrato, il d.lgs. ha previsto l’adozione di un Piano di azione nazionale pluriennale[8] che definisce anche la destinazione delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione, contestualmente istituito[9].
Tra gli obiettivi del Piano rientra, in particolare, il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante graduale stabilizzazione e potenziamento, al fine di escludere i servizi educativi per l'infanzia dai servizi pubblici a domanda individuale.
Ogni due anni, il Ministro deve presentare una relazione sullo stato di attuazione del Piano.
- lett. c): prevedere misure di sostegno alle famiglie mediante contributi destinati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia, di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 (v. ante), e delle scuole dell’infanzia, oltre che mediante l’introduzione di servizi di supporto presso le rispettive abitazioni per le famiglie con figli di età inferiore a sei anni.
Con riferimento a questi ultimi servizi, si ricorda che l’articolo 1, comma 355, della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016) ha disposto che ai figli nati dal 1° gennaio 2016 spetta un contributo, su richiesta del genitore, di massimo 1.000 euro, per il pagamento di rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati e di forme di assistenza domiciliare in favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche. Successivamente, l’articolo 1, comma 343, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha elevato l’importo del buono fino a un massimo di 3.000 euro sulla base dell’ISEE riferito al minore per cui è richiesta la prestazione.
Le misure di sostegno, mediante contributi alle famiglie finalizzati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette per la frequenza dei servizi educativi per l’infanzia rientrano nella competenza amministrativa degli enti locali, ai sensi dell’articolo 12 della L. 241/1990, anche per il tramite di enti privati, mediante specifici provvedimenti volti a regolamentare la concessione dei benefici in parola. Tali servizi rientrano nei cd. “servizi a domanda individuale”[10] per la cui copertura tariffaria, in relazione al costo di gestione, il Comune ha riserva discrezionale, applicabile agli utenti in base ad indicatori ISEE[11].
Con riferimento alle spese sostenute per la frequenza delle scuole dell’infanzia, si ricorda che attualmente è prevista la detrazione delle spese sostenute per la frequenza di scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione, che comprende le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali. In particolare, l’art. 1, co. 151, della L. 107/2015 – inserendo la sopra accennata lett. e-bis) nel co. 1 dell’art. 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 917/1986 - ha previsto la possibilità di detrarre dall’IRPEF le spese sostenute per la frequenza fino a un importo annuo originariamente di € 400 per studente, elevati a € 564 per il 2016, € 717 per il 2017, € 786 per il 2018 e € 800 dal 2019 dall’art. 1, co. 617, della L. di bilancio 2017 (L. 232/2016).
Al riguardo, con Risoluzione 68/E del 4 agosto 2016 l’Agenzia delle entrate aveva anzitutto ricordato che, in base alla circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, rientrano in tale previsione le tasse, i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica, quali, a titolo di esempio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spese per la mensa scolastica. Aveva poi chiarito che anche le spese sostenute per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto e il pre- e post-scuola sono detraibili, in quanto tali servizi, pur se forniti in orario extracurricolare, sono di fatto strettamente collegati alla frequenza scolastica[12].
Per ulteriori informazioni si rinvia alla già menzionata Circolare n. 19/2020 dell’Agenzia delle entrate.
- lett. d): prevedere misure di sostegno alle famiglie per le spese per i figli affetti da patologie fisiche e non fisiche, comprese la diagnosi e la cura di disturbi specifici dell’apprendimento, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado;
Tali soggetti, a legislazione vigente, possono beneficiare di una prestazione economica assistenziale erogata, su domanda, dall’INPS, denominata “indennità di frequenza” prevista per i minori fino al compimento del 18° anno di età, a sostegno dell’inserimento scolastico e sociale degli alunni con disabilità, ai sensi della L. n. 289 del 1990.
L’indennità è equiparata alla pensione corrisposta agli invalidi civili (242,84 per tredici mensilità) ed è finalizzata all'iscrizione o all'eventuale frequenza del minore a trattamenti terapeutici o riabilitativi, a corsi scolastici o a centri di formazione o di addestramento professionale.
Riguardo ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riconosciuti dalla L. n. 170 del 2010 (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) si rinvia alle linee guida del 2011 e alla pagina dedicata del Ministero dell’istruzione.
- lett. e) ed f): previsione di misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per i figli in relazione a viaggi di istruzione, per l’iscrizione annuale o l’abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti destinati alla pratica sportiva nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte e di musica, per l’acquisto di libri, diversi dai libri di testo e di biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche e altri spettacoli dal vivo, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali.
Al riguardo, si ricorda che le forme di sostegno per i consumi culturali dei giovani sono varie.
Tra esse si ricordano:
o “IoStudio-La Carta dello studente”, che è una tessera nominativa cui sono associate funzionalità volte ad agevolare, fra l’altro, l'accesso degli studenti a beni e servizi di natura culturale (fra gli altri, cinema, teatri, musica, sport, corsi di lingua, corsi di informatica, materiale scolastico, libri, film, viaggi studio, parchi, mostre, monumenti).
Da ultimo, l’art. 10 del d.lgs. 63/2017 ha previsto un potenziamento della Carta, disponendo che il Ministero dell'istruzione la attribuisce agli studenti censiti nell'Anagrafe nazionale degli studenti e frequentanti una scuola primaria o secondaria di primo e secondo grado. Alla Carta attribuita agli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado può essere associato un borsellino elettronico attivabile, a richiesta, dallo studente o da chi ne esercita la responsabilità genitoriale. Inoltre, la Carta è attribuita, a richiesta, agli studenti frequentanti le Università, gli Istituti per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e i Centri regionali per la formazione professionale[13];
Le funzionalità, i processi di produzione e distribuzione ed il trattamento dei dati personali del servizio istituzionale “La Carta dello Studente – IoStudio” sono stati definiti con DM 16 ottobre 2015, n. 838;
o la Card cultura per i giovani che compiono 18 anni, attivata per gli anni dal 2016 al 2020. In particolare per i giovani che compiono 18 anni nel 2020, la Card può essere utilizzata per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell’editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.
Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili per il 2020 – pari, a seguito dell’incremento disposto dall’art. 183, co. 11-ter, del D.L. 34/2020 (D.L. 77/2020), a € 190 mln - nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020).
Con specifico riferimento alla frequenza di corsi di musica, si ricorda, inoltre, che l’art. 1, co. 346 e 347, della stessa L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – novellando l'art. 15 del testo unico delle imposte sui redditi (DPR 917/1986) – ha previsto, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2021, la detraibilità del 19%, su un importo massimo di € 1.000, delle spese sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a € 36.000 per l'iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute, a scuole di musica iscritte nei registri regionali, nonché a cori, bande, e scuole di musica “riconosciute da una pubblica amministrazione”.
A sua volta, l'art. 105-ter del già citato D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha riconosciuto per il 2020 un contributo per le spese sostenute per la frequenza di cori, bande e scuole di musica, nel limite di spesa di € 10 mln. In particolare, il contributo è riconosciuto – per un importo non superiore a € 200 – ai nuclei familiari con un ISEE in corso di validità, ordinario o corrente (ai sensi dell’art. 9 del DPCM 159/2013), non superiore a € 30.000, per le spese sostenute per:
- frequenza di lezioni di musica presso scuole di musica iscritte nei registri regionali da parte di minori di 16 anni già iscritti alle medesime scuole alla data del 23 febbraio 2020;
- frequenza di cori, bande e scuole di musica “riconosciuti da una pubblica amministrazione”.
Il contributo può essere richiesto una sola volta da ciascun nucleo familiare ed è riconosciuto a condizione che la spesa sia stata sostenuta con versamento bancario o postale, ovvero con altri sistemi di pagamento tracciabili, individuati dall’art. 23 del d.lgs. 241/1997. Modalità e termini per la richiesta e l’erogazione del contributo devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’istruzione e il Ministro dell’economia e delle finanze, per la cui emanazione non è previsto un termine.
Attualmente l’ordinamento fiscale prevede specifiche misure di sostegno alle famiglie per alcune attività culturali e sportive svolte dai familiari a carico. Anche in tal caso si tratta principalmente di detrazioni IRPEF.
Con particolare riferimento ai viaggi di istruzione, la già menzionata Circolare n. 19/2020 dell’Agenzia delle entrate chiarisce che si tratta di spese detraibili al 19 per cento, in quanto ricomprese nel novero delle spese di istruzione non universitaria.
L’articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies) del TUIR riconosce una detrazione pari al 19 per cento delle spese per l’iscrizione annuale e l’abbonamento, per i ragazzi di eta? compresa tra 5 e 18 anni (anche se compiuti nel corso del 2019 la detrazione spetta per l’intero anno d’imposta – circolare n. 34/E del 4 aprile 2008), ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica. La detrazione spetta anche se le spese sono state sostenute per i familiari fiscalmente a carico (ad esempio figli), per un importo non superiore per ciascun ragazzo a 210,00 euro.
Inoltre è detraibile il 19 per cento delle spese, per un importo non superiore a 1.000 euro, sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro, per l'iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute, a scuole di musica iscritte nei registri regionali nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione, per lo studio e la pratica della musica (articolo 15, comma 1, lettera e-quater del TUIR).
- lett. g): previsione di ulteriori misure di sostegno alle famiglie per le spese relative all’acquisto dei libri di testo per la scuola secondaria di primo e di secondo grado e di beni e servizi informatici per i figli a carico che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado e che non beneficiano di altre forme di sostegno per l’acquisto di testi scolastici.
Con riferimento ai libri di testo, si ricorda, anzitutto, che l’art. 23, co. 5, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha autorizzato, a decorrere dal 2013, la spesa di € 103 mln annui affinché i comuni provvedano, ai sensi dell’art. 27, co. 1, della L. 448/1998, a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico (dunque, fino al secondo anno dell’istruzione secondaria di secondo grado compreso)[14], in possesso dei requisiti richiesti, e la fornitura in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore, in possesso dei requisiti richiesti[15].
Inoltre, l’art. 1, co. 258, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR[16] un Fondo, con una dotazione di € 10 mln per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, finalizzato a concorrere alle spese sostenute e non coperte da altri contributi pubblici per l’acquisto di libri di testo e di altri materiali didattici, anche digitali, relativi ai corsi di istruzione scolastica fino all’assolvimento dell’obbligo[17].
Successivamente, pari stanziamento è stato previsto dall’art. 7, co. 4, del d.lgs. 63/2017, per ciascuno degli anni 2019 e 2020.
A sua volta, l’art. 9 dello stesso d.lgs. 63/2017 ha istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR il Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, per l'erogazione di borse di studio, da parte degli enti locali, a favore degli studenti iscritti alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, per l'acquisto, fra l’altro, di libri di testo, nonché per l'accesso a beni e servizi di natura culturale.
A tale finalità, ha destinato € 30 mln per il 2017, € 33,4 mln per il 2018 ed € 39,7 mln annui a decorrere dal 2019.
Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato previa intesa in sede di Conferenza Unificata è determinato annualmente l'ammontare degli importi erogabili per la singola borsa di studio, le modalità per la richiesta del beneficio e per l'erogazione delle borse di studio, nonché il valore dell'ISEE per l'accesso alla borsa di studio[18].
Da ultimo, con nota prot. 19146 del 6 luglio 2020 è stato emanato - nell’ambito dell’Asse I del Programma Operativo Nazionale “Per la Scuola” 2014-2020 e del Programma Operativo Complementare (POC) “Per la Scuola”, Asse I - un avviso pubblico finalizzato a consentire alle istituzioni scolastiche di acquistare supporti, libri e kit didattici, anche da concedere in comodato d’uso, a favore di studenti in difficoltà. A titolo esemplificativo, possono essere acquistati libri di testo, cartacei e/o digitali, vocabolari, dizionari, libri o audiolibri di narrativa consigliati dalle scuole, anche in lingua straniera, materiali specifici finalizzati alla didattica che sostituiscono o affiancano il libro di testo per gli studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA) o con altri bisogni educativi speciali (BES). È anche consentita l’acquisizione in locazione di devices da dare in comodato d’uso agli studenti che ne siano privi per l’a.s. 2020/2021.
Sono ammesse a partecipare – con inoltro della domanda dal 13 al 23 luglio 2020 – le istituzioni scolastiche statali secondarie di primo e di secondo grado e le scuole paritarie secondarie di primo e di secondo grado che svolgono un servizio pubblico a titolo gratuito o a fronte di una remunerazione che copra solo una frazione del costo reale (c.d. scuole paritarie che svolgono il servizio in modalità non commerciale) ubicate nelle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.
L’avviso mette a disposizione fino a € 100.000 per le scuole secondarie di primo grado e fino a € 120.000 per quelle di secondo grado, sulla base del numero di studenti e di altri indicatori relativi sia al disagio negli apprendimenti sia al contesto socio-economico di riferimento delle scuole.
Complessivamente, in base al comunicato stampa, per l’attuazione dell’intervento sono disponibili € 236 mln.
- lett. h): prevedere agevolazioni in favore delle famiglie per forme di sostegno aggiuntivo collegate alla contrattazione di secondo livello.
Sul punto, si ricorda che la normativa vigente prevede la possibilità, introdotta dalla legge di stabilità 2016, di convertire i premi di produttività in denaro in prestazioni di welfare aziendale - possibilità che deve essere contemplata dal contratto collettivo aziendale o territoriale - escluse dall'imposizione IRPEF, come, in particolare: servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti; frequenza di asili nido; servizi di educazione ed istruzione (compresi i servizi integrativi e di mensa connessi con le prestazioni educative) non necessariamente inerenti alla frequenza di asili nido; frequenza di ludoteche, centri estivi e invernali.
Si segnala, inoltre, che la medesima legge di stabilità 2016 ha introdotto anche un regime tributario specifico per le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Tale regime tributario consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali pari al 10%. L'ambito dei soggetti ammessi al regime in esame è costituito dai titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione, a 80.000 euro.
- lett. i): prevedere che i benefìci e le prestazioni di cui al presente comma siano corrisposte nella forma di agevolazioni fiscali ovvero mediante l’erogazione di una somma di denaro allo scopo vincolata e nell’ambito di limiti di spesa programmati compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8.
Criterio direttivo di chiusura è la previsione che tutte le misure per il sostegno alle famiglie siano corrisposte mediante la concessione di agevolazioni fiscali ovvero la corresponsione di somme di denaro (trasferimenti monetari) con vincolo di scopo, erogate per un ammontare complessivo quale limite di spesa programmata compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8, che definisce la copertura del presente provvedimento (v. infra).
Articolo 4
(Delega al Governo per la disciplina dei congedi parentali e di
paternità)
L’articolo 4 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino della disciplina relativa al congedo parentale e a quello di paternità.
I decreti devono essere adottati, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro per gli affari europei (comma 1).
Come specificato nella RI al provvedimento, tale riforma recepisce, in anticipo, quanto previsto dalla Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare (che costituisce uno dei risultati principali del pilastro europeo dei diritti sociali) la quale:
- stabilisce una disposizione minima europea che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi al livello del congedo per malattia;
- rafforza l’attuale diritto a un congedo parentale di 4 mesi, imponendo la non trasferibilità di 2 mesi tra i genitori e introducendo un indennizzo per questo periodo di 2 mesi a un livello che sarà stabilito dagli Stati membri;
- in materia di congedo per i prestatori di assistenza, prevede 5 giorni di congedo all’anno per lavoratore;
- estende il diritto esistente di richiedere accordi di lavoro flessibile a tutti i lavoratori genitori di bambini fino ad almeno 8 anni e a tutti gli accompagnatori.
Con riferimento alla disciplina dei congedi parentali, nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1 (comma 2):
a) introdurre modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e, nell’ambito della relativa competenza, con le forme stabilite dai contratti collettivi di lavoro applicati al settore, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
b) prevedere per i genitori lavoratori la possibilità di usufruire, previo preavviso al datore di lavoro, di un permesso retribuito, di durata non inferiore a cinque ore nel corso dell’anno, per i colloqui con gli insegnanti e per la partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli;
c) stabilire un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all’altro genitore per ciascun figlio;
d) prevedere misure che favoriscano l’estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi, tenendo conto della specificità delle singole professioni.
Con riferimento alla disciplina del congedo di paternità, nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1 (comma 3):
a) prevedere un periodo di congedo obbligatorio, di durata non inferiore a dieci giorni lavorativi, per il padre lavoratore nei primi mesi dalla nascita del figlio;
b) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore;
c) prevedere che il diritto al congedo di paternità non sia subordinato a una determinata anzianità lavorativa e di servizio;
d) prevedere un ragionevole periodo di preavviso al datore di lavoro per l’esercizio del diritto al congedo di paternità, sulla base dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
e) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni con misure eguali rispetto a quelle garantite per i lavoratori del settore privato[19].
Viene infine specificato che i suddetti benefìci sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda), anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 4).
CONGEDO PARENTALE E CONGEDO DI PATERNITA’: NORMATIVA VIGENTE
Congedo parentale
I congedi parentali (disciplinati dagli artt. 32 e ss. del D.Lgs. 151/2001, come modificati da successivi interventi normativi) si traducono nell'astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore. In particolare, trascorso il periodo di congedo di maternità, ciascun genitore, ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi (lo stesso termine si applica anche in caso di adozione e affidamento).
Tale diritto spetta:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
- al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi qualora usufruisca dell'astensione facoltativa per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi (in quest'ultimo caso, il periodo massimo utilizzabile da entrambi i genitori viene elevato a 11 mesi);
- nel caso in cui vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
Salvi casi di oggettiva impossibilità, il congedo parentale deve essere richiesto con un preavviso non inferiore a 5 giorni (2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria), con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo.
La contrattazione collettiva di settore può stabilire le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Inoltre, per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata, la lavoratrice madre (o, in alternativa, il lavoratore padre) ha diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei suddetti periodi, non superiore a tre anni, (a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, la presenza del genitore sia richiesta dai sanitari). In alternativa al prolungamento del congedo, fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, possono essere fruiti i riposi giornalieri retribuiti di due ore (ex art. 42, c. 1, D.Lgs. 151/2001).
Alle lavoratrici e ai lavoratori è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Per i periodi di congedo parentale ulteriori è dovuta, fino all’ottavo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Per quanto concerne specificamente, la disciplina del congedo parentale per le lavoratrici ed i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata I.N.P.S., non iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria né titolari di trattamento pensionistico, estendendone la durata e l'arco temporale entro il quale esso può essere fruito, la L. 81/2017 (cd. Jobs act per gli autonomi) prevede, in particolare:
- il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 mesi (come precedentemente previsto) a 6 mesi;
- la possibilità di fruire del congedo parentale non solo entro il primo anno di vita del bambino (come precedentemente previsto), ma fino al terzo anno di vita del bambino;
- l'introduzione di un tetto massimo di 6 mesi di congedo complessivamente fruibile dai genitori (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
- l'applicazione delle nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo.
Congedo di paternità
Il congedo di paternità (disciplinato dagli artt. 28 e ss. del D.Lgs. 151/2001, come modificati da successivi interventi normativi) è il diritto riconosciuto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Per quanto riguarda il trattamento economico e normativo, si applicano al padre lavoratore le stesse disposizioni previste per il congedo di maternità in materia di trattamento normativo, economico e previdenziale. In particolare, si ricorda che l’anzianità di servizio rileva ai fini dell’accreditamento dei contributi figurativi relativi ai periodi di congedo di paternità e di maternità per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa: in caso di costanza di rapporto di lavoro non è richiesta alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei predetti contributi figurativi, mentre i periodi corrispondenti al congedo di maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro in periodi precedenti o successivi all'evento. L’INPS, con circ. 40/2013, ha specificato che tale previsione si applica anche riguardo al congedo obbligatorio del padre.
Il congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente (già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 dall’articolo 2, comma 24, della L. 92/2012, cd. Legge Fornero) è stato oggetto di successive proroghe, da ultimo ad opera della legge di bilancio 2020 che, per il 2020, ha elevato a sette giorni la durata del congedo obbligatorio di paternità (che deve essere goduto entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria della madre) e ha disposto che, nel medesimo anno, il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima)
Il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità; in tali casi, al padre lavoratore autonomo è riconosciuta l’indennità di maternità spettante alle lavoratrici autonome, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Inoltre, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché di affidamento esclusivo del bambino al padre, al padre lavoratore autonomo o libero professionista è riconosciuta l'indennità cui hanno diritto le lavoratrici autonome e le libere professioniste, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre o per la parte residua.
Articolo 5
(Delega al Governo per incentivare il lavoro femminile e
l’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro)
L’articolo 5 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino ed il rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
I decreti devono essere adottati, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari europei (comma 1).
Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli generali di cui all’articolo 1, volti a prevedere (comma 2):
a) una percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per dipendenti, assunti con contratto di lavoro subordinato, addetti ai servizi domestici e all’assistenza di familiari, tenendo conto dell’ISEE del nucleo familiare;
b) una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli;
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni. Ai sensi degli artt. 47 e ss. del D.Lgs. 151/2001, si tratta di un congedo coperto da contribuzione figurativa, ma non retribuito. Tuttavia, per quanto concerne il settore pubblico impiego, si fa presente che l’aspetto retributivo del congedo per malattia del figlio è regolato contrattualmente e molti CCNL riconoscono l’intera retribuzione per i primi trenta giorni di congedo per la malattia del figlio fino ai tre anni di età del bambino.
c) incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro (stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), che prevedono modalità di lavoro flessibile, ai fini della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, con il riconoscimento ai lavoratori della facoltà di chiedere, secondo le previsioni dei medesimi contratti, il ripristino dell’originario regime contrattuale;
d) prevedere che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lett. a), della legge 662/1996, sia riservata all’avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni.
Si evidenzia, rinviando più diffusamente all’apposita ricostruzione normativa (vedi infra) che, per le imprese femminili (startup e non) opera, secondo la disciplina vigente, una Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI, istituita con atto normativo secondario attuativo della disciplina primaria del Fondo stesso[20].
L’operatività della Sezione speciale è condizionata alla presenza di disponibilità finanziarie a valere su di essa. In caso di interruzione dell’operatività, è possibile ripristinare la predetta operatività in presenza di disponibilità finanziarie rinvenienti da nuovi versamenti, ovvero dallo svincolo di precedenti impegni, in ragione di una valutazione della rischiosità delle operazioni in essere e della stima delle sofferenze che da esse potranno derivare.
Si valuti l’opportunità di chiarire, sulla base della disciplina attualmente vigente del Fondo di garanzia PMI, se il criterio di delega intenda fare riferimento al riconoscimento in favore delle sole startup femminili di una riserva in senso tecnico, a valere sulle dotazioni generali del Fondo, ovvero se la riserva faccia riferimento alla previsione, in questo caso ex lege, di una Sezione speciale del Fondo operante per le sole startup femminili.
IMPRENDITORIA FEMMINILE
Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendone la liquidità attraverso un sostegno in garanzia per la contrazione di finanziamenti. Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.
La Sezione Speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità" (cd. Sezione Speciale "imprenditoria femminile") è stata istituita ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, D.M. 26 gennaio 2012 e dell'Atto di Convenzione del 14 marzo 2013 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze. L'atto di convenzione ha fissato il plafond iniziale della Sezione in 10 milioni di euro, provenienti dai contributi versati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità.
I contributi della Presidenza del Consiglio per la Sezione speciale sono stati versati sull’apposito conto corrente infruttifero n. 22034 intestato al Medio Credito Centrale S.p.A. rubricato Fondo di Garanzia PMI, aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato. L'atto di convenzione è stato successivamente integrato da un Atto aggiuntivo, sottoscritto in data 2 dicembre 2014 e approvato con decreto della Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le Pari Opportunità, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e finanze del 20 aprile 2015.
La Sezione è finalizzata a interventi del Fondo in favore delle Imprese femminili, mediante la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, di cogaranzia e di controgaranzia del Fondo stesso, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa. Le imprese femminili beneficiarie dell'intervento in garanzia (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 53, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 198/2006) sono le micro, piccole e medie imprese con le seguenti caratteristiche:
- società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
- società di capitali le cui quote di partecipazione spettano in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; imprese individuali gestite da donne.
In favore delle imprese Start up femminili è riservata una quota pari al 50 per cento della dotazione della Sezione speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari opportunità". Tale riserva può subire modifiche in aumento o in diminuzione sulla base di opportune valutazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Sono start up femminili, ai sensi della Convenzione, le PMI aventi i requisiti sopra indicati che sono state costituite o hanno iniziato la propria attività da meno di tre anni rispetto alla data di presentazione della richiesta di ammissione alla garanzia del Fondo, come risultanti dalle ultime due dichiarazioni fiscali presentate dall'impresa.
La circolare n. 11/2015 del Mediocredito Centrale, che ha reso operativa l'estensione degli interventi della Sezione speciale alle donne professioniste, definisce tale categoria. Le donne professioniste sono quelle iscritte agli ordini professionali o aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della L. n. 4/2013 e in possesso dell'attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge.
Alle imprese femminili e alle donne professioniste sono riservate condizioni speciali vantaggiose per la concessione dell'intervento in garanzia del Fondo, e, in particolare:
- possibilità di prenotare direttamente la garanzia;
- priorità di istruttoria e di delibera;
- esenzione dal versamento della commissione una tantum al Fondo.
Per tutto ciò che non è esplicitamente previsto dalla specifica regolamentazione della Sezione Speciale per le Pari Opportunità, vale la normativa ordinaria del Fondo contenuta nelle Disposizioni operative in vigore (approvate con D.M. 13 febbraio 2019).
Si rinvia, per ciò che attiene agli interventi di sostegno vigenti per l’imprenditoria femminile, all’apposito tema dell’attività parlamentare “Sostegno all'imprenditoria femminile”.
e) ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno.
Viene infine specificato che i suddetti benefìci sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda), anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 3).
PANORAMICA SULLE MISURE DI CONCILIAZIONE VITA-LAVORO VIGENTI
Congedi
Per quanto concerne il potenziamento delle misure di conciliazione vita-lavoro, vengono in considerazione, in primo luogo, quelle in materia di congedi parentali realizzate negli ultimi anni che hanno determinato, in particolare:
- l’ampliamento dell'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
- il riconoscimento del congedo di paternità anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
- l’estensione del congedo parentale dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino, con fruizione anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% per un periodo massimo complessivo di 6 mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
- il riconoscimento in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS: dell'indennità di maternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni) e anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia); della possibilità di fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome); del prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza); dell'applicazione della nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo
- per le lavoratrici autonome, l’estensione dell'indennità di maternità ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
- l’inserimento, tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno, della lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
- per le donne che esercitano la professione forense, la previsione del legittimo impedimento del difensore nel periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto;
- la sospensione, dal 2018, dei contratti di ricerca a tempo determinato stipulati dalle università nel periodo di astensione obbligatoria per maternità e il termine di scadenza è prorogato per un periodo pari a quello di astensione obbligatoria;
- per le donne vittime di violenza di genere, il riconoscimento di un congedo retribuito per un periodo massimo di tre mesi;
- la proroga per il 2020 del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, elevandone la durata a sette giorni e disponendo che anche per il 2020 (così come previsto anche per il 2019) il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima);
- il riconoscimento alle lavoratrici della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino.
Trasformazione del rapporto di lavoro
Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientrano anche le disposizioni che prevedono, in determinati casi, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (D.Lgs. 81/2015). Più precisamente:
- in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
- il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
Si ricorda che anche la lavoratrice che usufruisce del congedo per violenza di genere ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
Passaggio di personale tra amministrazioni
Tra le suddette misure vengono in considerazione anche le disposizioni in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse (L. 124/2015), che prevedono, in particolare, che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.
Anche la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.
In tema di cure parentali, la medesima legge dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica (sul punto, con direttiva del Presidente del consiglio del 1° giugno 2017, sono state definite le linee guida per l'organizzazione del lavoro
Telelavoro e smart working
In materia di disposizioni volte a favorire il telelavoro, si ricorda che anche la L. 81/2017 (relativa al lavoro autonomo) contiene una disciplina dettagliata (applicabile, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) del lavoro agile e dei suoi elementi costitutivi, proprio al fine di agevolare la conciliazione vita-lavoro.
La legge di bilancio 2019 ha inoltre previsto l’obbligo, per i datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working), di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale. Per quanto concerne lo svolgimento del lavoro agile conseguente all’emergenza da COVID-19, sia nel settore pubblico che in quello privato - sia pur con talune differenze (cfr. artt. 87, 90 e 263 del D.L. 34/2020) -, sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendo la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e l'assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa previsti.finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti).
INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE FEMMINILE NELLA NORMATIVA VIGENTE
La L. 92/2012 ha riconosciuto un incentivo per le assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni svantaggiate, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti. Per tali assunzioni è riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro per la durata di dodici mesi (diciotto se la suddetta assunzione è a tempo indeterminato o se vi è una trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato).
Inoltre, la legge di bilancio per il 2018 (l. 205/2017) ha riconosciuto un contributo alle cooperative sociali che assumono donne vittime di violenza di genere, inserite in appositi percorsi di protezione debitamente certificati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel 2018. Il contributo è riconosciuto per un periodo massimo di trentasei mesi, entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute (Per la misura del suddetto sgravio, riconosciuto nel limite massimo di importo pari a 350 euro su base mensile, e per le relative modalità di attuazione è stato adottato il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 11 maggio 2018).
Al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile ed estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla normativa sulle prestazioni di lavoro sportivo, la legge di bilancio 2020 (art. 1, c. 181, L. 160/2019) riconosce alle società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo, per gli anni 2020, 2021 e 2022, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali (con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica) entro il limite massimo di 8.000 euro su base annua.
Articolo 6
(Delega al Governo per sostenere l’autonomia finanziaria dei giovani)
L’articolo 6 prevede e disciplina l’adozione di uno o più decreti legislativi diretti a sostenere il conseguimento dell’autonomia finanziaria dei giovani.
Ai sensi del comma 1, il Governo e? delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, su proposta del Ministro per le pari opportunità e per la famiglia e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport e con il Ministro dell’università e della ricerca, uno o più decreti legislativi per il riordino e il rafforzamento delle misure volte a sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell’autonomia finanziaria da parte dei giovani.
Nell’esercizio della delega, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’art. 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie per l’acquisto di libri di testo universitari per i figli maggiorenni a carico, iscritti a corsi universitari, qualora non beneficino di altre forme di sostegno per l’acquisto di testi universitari;
b) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente al contratto di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari;
Si segnala che il successivo articolo 8, comma 1, lettera b), n 3, del provvedimento in esame prevede la modifica o l’abolizione della misura della detrazione delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede disposta dal sopra citato articolo 15, comma 1, lettera i-sexies) del TUIR.
Occorre pertanto valutare l’opportunità di coordinare le due disposizioni.
A tale proposito si ricorda che l'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del TUIR stabilisce che dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento i canoni di locazione derivanti dai contratti di locazione stipulati o rinnovati, i canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante da quest'ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa, per unità immobiliari situate nello stesso comune in cui ha sede l'università o in comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro. Alle medesime condizioni ed entro lo stesso limite, la detrazione spetta per i canoni derivanti da contratti di locazione e di ospitalità ovvero da atti di assegnazione in godimento stipulati, ai sensi della normativa vigente nello Stato in cui l'immobile è situato, dagli studenti iscritti a un corso di laurea presso un'università ubicata nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo.
Per una dettagliata ricostruzione in materia di detrazione dei canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede si rinvia alla lettura della Circolare 19/E dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2020.
c) prevedere agevolazioni fiscali per la locazione dell’immobile adibito ad abitazione principale in favore delle giovani coppie composte da soggetti aventi ambedue età non superiore a trentacinque anni alla data di presentazione della domanda.
Si ricorda che il vigente articolo 16, comma 1-ter), del TUIR prevede che ai giovani di età compresa tra i 20 ed i 30 anni che hanno stipulato un contratto di locazione ai sensi della legge n. 431 del 1998, per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, spetta una detrazione stabilita in misura forfetaria, rapportata al numero dei giorni nei quali la medesima è stata adibita ad abitazione principale, di euro 991,60. La detrazione spetta solo se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non è superiore a euro 15.493,71. La detrazione compete per i primi tre anni dalla stipula del contratto.
Per una dettagliata ricostruzione in materia di detrazione per canoni di locazione spettanti ai giovani per abitazione principale si rinvia alla lettura della Circolare 19/E dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2020.
I benefìci sopra elencati sono riconosciuti nell’ambito delle risorse disponibili ai sensi dell’articolo 8, anche prevedendone l’attuazione in forma progressiva (comma 3).
Articolo 7
(Procedimento per l’adozione dei decreti legislativi)
L’articolo 7 disciplina il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi.
Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
Le Commissioni parlamentari si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Se il termine per l’espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto per l’adozione dei decreti legislativi, quest’ultimo termine e? prorogato di novanta giorni.
Sugli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 3 (riordino delle misure di sostegno all’educazione dei figli – materia di competenza concorrente), prima della loro trasmissione alle Camere, e? acquisita l’intesa in sede di Conferenza unificata.
Al riguardo la Conferenza delle regioni, nel documento di posizione sul disegno di legge in esame del 9 luglio 2020, ha espresso, fra l’altro, la raccomandazione di prevedere l'intesa della Conferenza Unificata su tutti gli schemi di decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi delegati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura prevista dall’articolo in esame, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi.
Articolo 8
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 8 individua le risorse finanziarie da impiegare per l’attuazione delle deleghe di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 qualificandole come limite massimo di spesa. Tali risorse, che non vengono quantificate nel loro complesso (nemmeno dalle Relazioni al provvedimento, che non forniscono indicazioni neanche sulla platea dei destinatari), corrispondono a risorse già stanziate ed attualmente destinate ad una serie di benefici, che, nel corso dell’attuazione della delega, si intende abolire o modificare.
Si osserva che non viene indicato alcun termine per l’esercizio della delega.
In prima istanza si provvede nei limiti delle risorse dell’autorizzazione di spesa del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dall’art. 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. La norma non specifica quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, ma indica che, dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate alla copertura finanziaria dell'assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e del Bonus asilo nido.
Concorrono inoltre al finanziamento degli interventi previsti dalle deleghe, le risorse rivenienti:
a) dalla modificazione o dall’abolizione delle seguenti misure:
1) assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori;
L'assegno per il nucleo familiare dei Comuni (di cui all'art. 65 della legge 448/1998) e? concesso in via esclusiva dai Comuni ed erogato dall'INPS. Il beneficio e? rivolto alle famiglie che hanno figli minori e che dispongono di patrimoni e redditi limitati (per il 2020 pari a 8.788,99 euro). Per il 2020, l’importo dell’assegno, se spettante in misura intera, e? pari a 1.886,82 (corrispondenti a 145,14 euro per 13 mensilità). Spesa annuale stimata pari a 36 milioni di euro (Assestamento del bilancio anno 2020 – cap. 3530/6)
2) assegno di natalità, (c.d. Bonus bebe?) di cui alla legge di stabilita? 2015 (art. 1, comma 125, della legge 190/2014,e successive modificazioni);
Si rileva che le risorse per il riconoscimento del beneficio, dal 2021, sono trasferite nel "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia".
La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 340 e 341, della legge 160/2019) ha esteso l'assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020. Con riferimento a tali soggetti, l'assegno e? corrisposto esclusivamente fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione. Il Bonus, come ridisegnato dalla legge di bilancio 2020, e? una prestazione ad accesso universale modulata a seconda delle fasce di reddito di riferimento (precedentemente invece spettava a condizione che il nucleo familiare fosse in possesso di un ISEE non superiore a 25.000 euro; l'importo dell'assegno era raddoppiato per famiglie con ISEE non superiore a 7.000 euro). Più precisamente, l'importo dell'assegno annuo e? stato cosi? rimodulato:
a) 1.920 euro (160 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui;
b) 1.440 euro (120 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore alla soglia di 7.000 euro e non superiore a 40.000 euro;
c) 960 euro (80 euro al mese) qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l'assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell'ISEE minorenni superiore a 40.000 euro;
d) in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020, l'importo dell'assegno di cui alle lettere a), b) e c) e? aumentato del 20 per cento.
La legge di bilancio 2020 ha quantificato l'onere derivante dal riconoscimento dell'assegno di natalità (nei modi e nei tempi sopra) indicati in 790 milioni di euro per l'anno 2020 e in 410 milioni di euro per l'anno 2021. L'importo previsto per il 2021 e? a valere sul "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dall'articolo 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019).
La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Si tratta di un assegno una tantum, il cui maggior onere e? stato stimato, al momento della sua istituzione, in 392 milioni di euro (RT al provvedimento). Il beneficio e? corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi. Il beneficio e? concesso in un'unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato.
Dal febbraio 2018, come reso noto dall'INPS con il Messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018, il beneficio e? stato esteso alle donne straniere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (di cui all'art. 9 del D. Lgs. 286/1998), della carta di soggiorno o carta di soggiorno permanente (di cui agli articoli 10 e 17 del D. Lgs. 30/2007).
4) buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l’infanzia (c.d. Bonus asilo nido);
Si rileva che le risorse per il riconoscimento del beneficio, dal 2021, sono trasferite nel "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia".
La legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 343 e 344, della legge 160/2019) ha modificato la normativa relativa al Bonus asilo nido e forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche (di cui all’art. 1, comma 355, della legge 232/2016). A decorrere dal 2020, il Bonus di 1.500 euro è stato rimodulato e incrementato in base a soglie ISEE differenziate: rimane pari a 1.500 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni superiore a 40.000 euro; è incrementato di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro (raggiungendo l'importo di 2.500 euro); è incrementato di ulteriori 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro, (raggiungendo così l'importo di 3.000 euro). Il buono è corrisposto dall'INPS al genitore richiedente, previa presentazione di idonea documentazione attestante l'iscrizione e il pagamento della retta a strutture pubbliche o private. Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 520 milioni di euro per il 2020 e 530 milioni di euro per il 2021. Superato il limite di spesa non sono prese in considerazione ulteriori domande. Dal 2021 le risorse sono a valere sul "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia" istituito dall'articolo 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019).
5) Fondo di sostegno alla natalità;
La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 13 milioni di euro per il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Il decreto legge 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro per la famiglia e le disabilita?, la gestione delle risorse del Fondo. Il fondo e? diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o piu? figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di eta? ovvero entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea e? individuata fra i nuclei familiari residenti in Italia con cittadinanza italiana, o cittadini di uno Stato membro dell'UE o, se cittadini extracomunitari, in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.
b) dalla modificazione o dall’abolizione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle seguenti misure:
1) detrazioni fiscali per minori, previste dall’articolo 12, commi 1, lettera c), e i-bis del Testo unico delle imposte di redditi;
Come già ricordato nel commento all’articolo 3 del provvedimento in esame, in base all’articolo 12 commi 1, lettera c), e 1-bis, del TUIR, il contribuente che ha figli fiscalmente a carico ha diritto a una detrazione dall'Irpef il cui importo varia in funzione del suo reddito complessivo; l'importo effettivamente spettante diminuisce con l'aumentare del reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro. Una persona si considera fiscalmente a carico di un suo familiare quando dispone di un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Solo per i figli di età non superiore a 24 anni, dal 1° gennaio 2019 questo limite è aumentato a 4.000 euro.
La detrazione di base per i figli a carico è attualmente pari a:
1.220 euro, per il figlio di età inferiore a tre anni
950 euro, se il figlio ha un'età pari o superiore a tre anni.
Se in famiglia ci sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo. In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro.
È prevista un maggiore detrazione per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992: si ha diritto all'ulteriore importo di 400 euro.
La detrazione per i figli va ripartita al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c'è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato. Questa facoltà consente a quest'ultimo, come per esempio nel caso di incapienza dell'imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero delle detrazioni. Per una panoramica dettagliata delle detrazioni previste i figli a carico si rinvia all’area tematica dell’Agenzia delle entrate.
2) assegno per il nucleo familiare;
In premessa si ricorda che l'assegno ex decreto legge 69/1988 ha sostituito gli assegni familiari previsti dal T.U. approvato con D.P.R. 797/1955, che rimane in vigore per taluni aspetti.
Infatti, l'art. 2, c. 3, del decreto legge 69/1988 dispone che, per quanto non previsto dal medesimo decreto, sono ancora applicabili le norme contenute nel Testo Unico degli assegni familiari, quali, a titolo di esempio: quelle che disciplinano la decorrenza del diritto agli assegni (art. 11 T.U.), la corresponsione degli assegni per i periodi di infortunio, malattia, gravidanza e puerperio (artt. 14, 15, 16 e 17 T.U.), i termini di prescrizione (artt. 23, 32 e 44 T.U.), il numero degli assegni da corrispondere per il periodo di paga, in relazione al lavoro svolto (art. 59 T.U.). L'Assegno per il Nucleo Familiare (ANF) e? una prestazione economica erogata dall'INPS ai nuclei familiari di alcune categorie di lavoratori, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e dei lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la tubercolosi. Presupposti per il riconoscimento dell'assegno sono l'esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito (rivalutati annualmente) e la non fruizione di altri trattamenti di famiglia. Devono essere considerati i redditi prodotti nell'anno solare precedente al 1° luglio di ogni anno e che hanno valore fino al 30 giugno dell'anno successivo. Per tale motivo, gli importi sono pubblicati annualmente dall'INPS in tabelle valide dal 1° luglio di ogni anno fino al 30 giugno dell'anno seguente. Per la determinazione degli importi per il periodo dal 1° luglio 2019 al 30 giugno 2020 si veda la Circ. INPS 66/2019 , mentre per quelli relativi al periodo dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 si veda la Circ. INPS 60/2020. Si ricorda che l'assegno viene pagato dal datore di lavoro, per conto dell'INPS, ai lavoratori dipendenti in attività, in occasione del pagamento della retribuzione, mentre e? pagato direttamente dall'INPS se il richiedente e?: addetto ai servizi domestici; iscritto alla Gestione Separata; operaio agricolo dipendente a tempo determinato; lavoratore di ditte cessate o fallite; beneficiario di altre prestazioni previdenziali.
Sul punto, l'Ufficio parlamentare di bilancio, nel corso dell'audizione del 16 ottobre 2019 per l'esame dell'AC 687: "Gli assegni al nucleo familiare presentano un profilo distributivo che si distingue nettamente da quello delle detrazioni. Prendendo la forma di trasferimenti monetari, gli assegni non incontrano il problema dell'incapienza fiscale e, infatti, per i redditi bassi assumono i livelli piu? elevati, per ridursi poi molto rapidamente al crescere del reddito. Questa struttura distributiva risponde a esigenze diverse rispetto a quelle tutelate dalle detrazioni. Si tratta infatti di un istituto orientato al perseguimento di obiettivi di equita? verticale, finalizzato prevalentemente al sostegno delle famiglie che, proprio per la presenza di figli a carico, rischiano di non disporre di un'adeguata capacita? di spesa. Benche? la progressiva estensione dei limiti di reddito ha comportato una diffusione degli assegni anche a nuclei con redditi familiari medi e medio-alti rispetto all'impianto emerso dalla riforma della seconda meta? degli anni ottanta, e benché nel tempo la riduzione dei contributi CUAF abbia imposto un parziale finanziamento con fiscalità generale, permangono ancora i tratti originari di un trasferimento verticale di natura previdenziale".
3) detrazione delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede, prevista dall’articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del testo unico delle imposte sui redditi.
Si segnala che il precedente articolo 6, comma 2, lettera b), del provvedimento in esame prevede detrazioni delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede disposta dal sopra citato articolo 15, comma 1, lettera i-sexies) del TUIR.
Occorre pertanto valutare l’opportunità di coordinare le due disposizioni.
La norma in commento indirizza all’attuazione degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 il limite di spesa derivante dal complesso delle risorse sopra esposte, ma allo stesso tempo considera la possibilità che tali risorse non siano sufficienti all’esercizio delle deleghe, conseguentemente stabilisce che i decreti delegati che determinano nuovi o maggiori oneri privi di compensazione al loro interno o mediante l’utilizzo delle risorse sopra esposte, possono essere adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi recanti le necessarie coperture finanziarie.
Al proposito, la norma in commento richiama espressamente l'art. 17, comma 2, della legge 196/2009, ai sensi del quale le leggi di delega comportanti oneri finanziari devono recare le coperture necessarie per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi e? effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo e? allegata una relazione tecnica, che da? conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
In questo paragrafo vengono forniti dati statistici e di contesto che, senza alcuna pretesa di esaustività, intendono fornire indicazioni utili per l’esame del disegno di legge delega.
L’Istat nel Bilancio demografico annuale: anno 2019 fornisce dati puntuali sulla crisi demografica, un fenomeno che ha assunto ormai dimensioni molto preoccupanti nel nostro paese.
Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente e? inferiore di quasi 189 mila unita? (188.721) rispetto all’inizio dell’anno. Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551 mila residenti in cinque anni. Prosegue la dinamica naturale negativa della popolazione, che ancora una volta fa registrare un deficit significativo di “sostituzione naturale” tra nati e morti, in linea con la tendenza negativa in atto da diversi anni. Nel corso del 2019 la differenza tra nati e morti (saldo naturale) e? di -214 mila unita?.
Il record negativo di nascite dall’Unita? d’Italia registrato nel 2018 e? di nuovo superato dai dati del 2019: gli iscritti in anagrafe per nascita sono appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19 mila unita? sul 2018 (-4,5%). Il calo si registra in tutte le ripartizioni, ma e? più accentuato al Centro (-6,5%).
Il calo di popolazione residente e? dovuto ai cittadini italiani, che al 31 dicembre ammontano a 54 milioni 938 mila unita?, 236 mila in meno dall’inizio dell’anno (-0,4%) e circa 844 mila in meno in cinque anni: una perdita consistente, di dimensioni pari, ad esempio, a quella di province come Genova o Venezia.
Nello stesso periodo (vale a dire al 31 dicembre 2019, rispetto all’inizio dell’anno), al contrario, la popolazione residente di cittadinanza straniera e? aumentata di oltre 292 mila unita? attenuando in tal modo la flessione del dato complessivo di popolazione residente. Il ritmo di incremento della popolazione straniera si va tuttavia affievolendo. Al 31 dicembre 2019 sono 5.306.548 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe, l’8,8% del totale della popolazione residente, con un aumento, rispetto all’inizio dell’anno, di sole 47 mila unita? (+0,9%). Inoltre, negli ultimi anni si assiste anche a una progressiva diminuzione del numero di stranieri nati in Italia, cosi? che il contributo all’incremento delle nascite fornito dalle donne straniere, registrato a partire dagli anni duemila, sta di anno in anno riducendosi
I fattori strutturali che negli ultimi anni hanno contribuito al calo delle nascite sono noti e si identificano nella progressiva riduzione della popolazione italiana in età feconda, costituita da generazioni sempre meno numerose alla nascita - a causa della denatalità osservata a partire dalla seconda meta? degli anni Settanta - non più incrementate dall’ingresso di consistenti contingenti di giovani immigrati.
Nel 2019 la distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica resta stabile rispetto agli anni precedenti. Le aree più popolose del Paese si confermano il Nord-ovest (dove risiede il 26,7% della popolazione complessiva) e il Sud (23,0%), seguite dal Centro (19,9%), dal Nord-est (19,4%) e infine dalle Isole (11,0%). A livello regionale, il primato negativo in termini di perdita di popolazione e? del Molise (-1,14%), seguito da Calabria (-0,99%) e Basilicata (-0,97%). All’opposto, incrementi di popolazione si osservano nelle province di Bolzano e Trento (rispettivamente +0,30% e +0,27%), in Lombardia (+0,16%) ed Emilia- Romagna (+0,09%).
Ancora l’Istat nel Rapporto annuale 2020 (segnatamente nel Capitolo 5) osserva che la rapida caduta della natalità potrebbe tra l’altro subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-COVID. In assenza di un qualunque effetto distorsivo derivante da COVID-19, nel 2020 le previsioni – svolte in epoca pre-pandemica – fornivano una stima di 432.538 nati nel 2020 e per il 2021 una forbice compresa tra un minimo di 422.420 nati (scenario basso) a un massimo di 432.689 (scenario medio-basso).
Recenti simulazioni, che innanzitutto tengono conto del possibile condizionamento delle scelte riproduttive derivante dal clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, evidenziano un suo primo effetto sulla riduzione delle nascite nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10 mila unita?, ripartite per un terzo nel 2020 e due terzi nel 2021, con un calo della natalità dello 0,84% nel 2020, rispetto al 2019, e un ulteriore calo dell’1,3% nel 2021
Ma la prospettiva peggiora ulteriormente allorché si aggiungono gli effetti negativi indotti dalla verosimile crescita del livello di disoccupazione, inteso come fenomeno proxy del clima di disagio e di insicurezza economica che si instaura nella popolazione e nelle famiglie. In particolare, se si sommano i risultati derivanti dallo shock occupazionale, a quelli indotti dai fattori di incertezza e paura, si perviene a uno scenario che propone, rispetto ai 435 mila nati del 2019, una riduzione che nel 2020 potrebbe mantenersi attorno a due punti percentuali (da -1,6% a -2,1% secondo le diverse varianti), mentre nel 2021 risulterebbe decisamente più accentuata, con un calo, sempre rispetto al 2019, del 4,5% a fronte della variante di caduta occupazionale più ottimistica e del 9,8% secondo quella relativamente più pessimistica (+20 punti di disoccupazione da recuperare in 24 mesi). I 435 mila nati del 2019 e i 428 mila ipotizzati per il 2020, alle condizioni pre COVID-19, scenderebbero cosi? a circa 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021.
Il numero effettivo di figli che le persone riescono ad avere non rende ragione al diffuso desiderio di maternità e paternità presente nel nostro Paese. Sono solo 500 mila gli individui tra i 18 e i 49 anni che affermano che fare figli non rientra nel proprio progetto di vita: una componente tutto sommato marginale e che include, nella meta? dei casi, persone che hanno superato i 40 anni e che prendono atto delle difficolta? di avere figli in eta? avanzata. Altri 2 milioni 200 mila (piu? della meta? ha superato i 40 anni) non ha figli e non intende averne per ragioni di età o perché non ha un partner, o per problemi di salute. Per circa la meta? delle persone che non hanno figli e non intendono averne le motivazioni addotte evidenziano piu? che una scelta una sorta di rassegnazione a fronte di oggettive difficolta?. Non a caso, i dati sul numero di figli ideali e desiderati evidenziano tendenze diverse. A fronte di una fecondità reale in costante calo dal 2010 e che ci riporta agli stessi livelli di 15 anni fa, il numero di figli desiderato resta sempre fermo a due, evidenziando un significativo scarto tra quanto si desidera e quanto si riesce a rea- lizzare. Va inoltre osservato come il modello di fecondità ideale sia omogeneo a livello territoriale.
La Nota Istat La protezione sociale in Italia e in Europa, del 28 aprile 2020, rileva che in Italia tale protezione viene fornita in prevalenza in denaro (83%) ma anche in natura, sotto forma di servizi erogati direttamente da strutture pubbliche o in convenzione col privato (17%).
Nel 2019, per la prima volta dal 1995, non sono più le prestazioni a invalidi civili, ciechi e sordomuti ad assorbire la quota maggiore di spesa (35,2%, 16,5 miliardi) ma la categoria degli altri assegni e sussidi (37,8%, 19,9 miliardi). Quest’ultima ha avuto un peso residuale fino al 2013 ma, a partire dal 2014, con l’introduzione del c.d. bonus 80 euro, e? fortemente cresciuta contribuendo a portare l’intero ammontare speso per assistenza sociale per la prima volta sopra la soglia del 9%; la crescita e? proseguita fino al 2019, anno in cui ha raggiunto il massimo peso dell’intero periodo (11%) per l’effetto aggiuntivo dell’introduzione del reddito di cittadinanza.
Tra le altre prestazioni assistenziali figurano poi, con il 17% della spesa, quelle erogate sotto forma di servizi (asili nido, case di riposo per gli anziani, supporto alle persone non autosufficienti e molto altro), le pensioni e assegni sociali, cui e? destinato il 9,8%, e le pensioni di guerra (0,8%).
Inoltre, il sistema della protezione sociale pubblica e? costato complessivamente 496 miliardi di euro nel 2019: il 96,5% per offrire prestazioni sociali alle famiglie (478,7 miliardi), il 2,1% per i servizi amministrativi, ovvero le spese di funzionamento delle strutture che erogano le prestazioni (10,2 miliardi), l’1,4% per altri costi di mantenimento del sistema (7 miliardi).
Il finanziamento prevalente e? arrivato sotto forma di trasferimenti da parte delle Amministrazioni pubbliche (50,1%) e di contributi sociali (48,3%) e solo in minima parte da altre tipologie di finanziamento, quali trasferimenti da privati, interessi sui prestiti erogati alle famiglie dagli enti di previdenza e altro (complessivamente, l’1,6%).
Il peso preponderante delle entrate da trasferimenti pubblici caratterizza il nostro sistema di protezione sociale negli ultimi anni, in cui la sanita? e l’assistenza sono integralmente a carico della fiscalita? generale mentre la previdenza e? in larga parte finanziata dal versamento dei contributi sociali.
Fino al 2011 erano invece i contributi sociali a rappresentare la prima fonte di finanziamento. Dall’anno seguente la situazione si capovolge e persiste fino a oggi, nonostante la crescita consistente della riscossione di contributi negli ultimi tre anni (+3,1% annuo in media negli anni 2017-2019), dopo un lungo periodo di dinamica quasi nulla (+0,4% tra il 2009 e il 2016).
Ancora l’Istat nel Rapporto annuale 2020 (segnatamente nel Capitolo 3) fornisce dati molto recenti sulle conseguenze sociali della pandemia COVID-19, innestatasi su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze, più ampie di quelle esistenti al momento della crisi del 2008-2009. Sul fronte del mercato del lavoro, i principali indicatori riferiti 2019 mostrano un aumento delle diseguaglianze territoriali, generazionali e per titolo di studio rispetto al 2008. Seppure i dati rivelino una riduzione di quelle di genere, ciò e? avvenuto anche per effetto del peggioramento della situazione occupazionale degli uomini. Le donne, insieme ai giovani e ai lavoratori del Mezzogiorno, restano più esposte a una bassa qualità del lavoro: ad essa sono associate retribuzioni inferiori alla media, elevati rischi di perdita del lavoro e alto livello di segregazione occupazionale.
Il Rapporto sottolinea come un aspetto particolarmente critico sia rappresentato dall’elevato tasso di irregolarità dell’occupazione, più alto tra le donne, nel Mezzogiorno, tra i lavoratori molto giovani e tra quelli più anziani. E? un segmento del mercato del lavoro strutturalmente debole e più esposto, nella particolare situazione seguita al diffondersi dell’epidemia, a causa delle difficolta? di accesso agli ammortizzatori sociali e dell’impossibilita? di giustificare formalmente nel lockdown gli spostamenti per motivi di lavoro. Il numero di famiglie coinvolte e? elevato: si stima che siano circa 2,1 milioni quelle che hanno almeno un occupato irregolare – oltre 6 milioni di individui, pari al 10 per cento della popolazione – e che ben la meta? di esse includa esclusivamente occupati non regolari.
Si aggiunge l’ulteriore criticità legata alle difficolta? di conciliare i tempi di vita. L’offerta di servizi per la prima infanzia, carente e diseguale sul territorio, svantaggia le donne – scoraggiandone la partecipazione – e svantaggia i bambini delle famiglie meno agiate che non usano il nido, perché costoso o non disponibile. La pandemia e le restrizioni imposte per contenere il contagio, hanno un forte impatto sull’organizzazione familiare con il risultato di aumentare entrambi gli svantaggi: il primo a sfavore delle donne, non supportate dai nonni nella cura dei figli; il secondo a sfavore dei bambini, accentuando le distanze di quelli gia? penalizzati da situazioni abitative disagiate e in condizioni socio-economiche non adeguate a sopperire gli effetti della chiusura delle scuole.
Lo shock organizzativo familiare provocato dal lockdown ha potenzialmente interessato tutti i nuclei con figli minori ed entrambi i genitori, o l’unico genitore, occupati/o. Si tratta di quasi tre milioni di famiglie. Una simulazione porta a stimare in quasi 900 mila quelle più esposte a tale criticità, a causa della professione dei genitori che ha richiesto la presenza fisica sul luogo di lavoro. Per le altre famiglie il lavoro a distanza potrebbe aver facilitato la gestione familiare, offrendo l’opportunità di testare in che misura lo smart working possa aiutare la conciliazione dei tempi di vita, una volta superata l’emergenza.
Ulteriori informazioni sulla situazione economica e sulle aspettative delle famiglie durante la crisi legata alla pandemia di Covid-19, sono fornite dalla Banca d’Italia nella Nota Covid-19 del 26 giugno 2020 Principali risultati dell’indagine straordinaria sulle famiglie italiane nel 2020 condotta su un campione di 3.079 individui per raccogliere informazioni qualitative sulla situazione economica e sulle aspettative delle famiglie durante la crisi legata alla pandemia di Covid-19.
Le principali evidenze che emergono da una prima analisi descrittiva dei dati sono le seguenti.
• Poco meno della metà degli individui dichiara che prima dell’emergenza sanitaria arrivava alla fine del mese con difficolta?, con quote più elevate per i lavoratori dipendenti a termine e per i disoccupati;
• Negli ultimi due mesi, corrispondenti alla fase più rigida delle misure di contenimento dell’epidemia, oltre la metà degli individui dichiara di aver subito una riduzione nel reddito familiare, anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sostegno ricevuti; per il 15 per cento il calo e? di oltre la meta? del reddito complessivo. L’impatto e? più negativo tra i lavoratori indipendenti: quasi l’80 per cento ha subito un calo nel reddito e per il 36 per cento la caduta e? di oltre la meta? del reddito familiare;
• Circa la meta? della popolazione si aspetta una riduzione del reddito familiare anche nell’arco dei prossimi 12 mesi, anche se di intensità inferiore a quella degli ultimi due mesi: solo il 7 per cento ritiene che tra un anno il reddito della sua famiglia avrà subito un calo di oltre il 50 per cento rispetto a quello precedente l’emergenza sanitaria. Anche tra coloro che riportano una caduta di oltre il 50 per cento del reddito negli ultimi 2 mesi, più della meta? si aspetta che tra un anno il calo sarà ridimensionato e il 15 per cento ritiene che il reddito tornerà ai livelli precedenti l’emergenza sanitaria.
• Oltre a un diffuso calo nei redditi, più di un terzo degli individui dichiara di disporre di risorse finanziarie liquide sufficienti per meno di 3 mesi a coprire le spese per consumi essenziali della famiglia in assenza di altre entrate, un periodo compatibile con la durata del lockdown legato all’emergenza Covid-19. Questa quota supera il 50 per cento per i disoccupati e per i lavoratori dipendenti con contratto a termine. Poco meno di un quinto dei lavoratori indipendenti e dei lavoratori dipendenti con contratto a termine si trova in questa condizione e contemporaneamente ha subito una riduzione di oltre il 50 per cento del reddito familiare nei primi due mesi della emergenza sanitaria.
• Utilizzando come riferimento omogeneo una soglia di povertà relativa stimata sulla base dell’Indagine sui Bilanci delle Famiglie italiane del 2016, la quota di popolazione che non ha sufficienti risorse finanziarie liquide per poter restare alla soglia di povertà per 3 mesi in assenza di altre entrate raggiunge il 55 per cento.
• Quasi il 40 per cento degli individui indebitati dichiara di avere difficolta? nel sostenere le rate del mutuo a causa della crisi; la quota e? più elevata nel Centro e nel Mezzogiorno. Solo un terzo di chi e? in difficolta? con il pagamento delle rate del mutuo ha fatto ricorso o intende far ricorso alla moratoria mutui. Fra coloro che hanno un finanziamento per credito al consumo la percentuale di individui in difficolta? con il pagamento della rata e? del 34 per cento.
• L’emergenza sanitaria incide negativamente anche sulle aspettative di spesa: circa il 30 per cento della popolazione dichiara di non potersi permettere di andare in vacanza la prossima estate e quasi il 60 per cento ritiene che anche quando l’epidemia sarà terminata le proprie spese per viaggi, vacanze, ristoranti, cinema e teatri saranno comunque inferiori a quelle pre-crisi.
Per finire, alcuni dati sulla conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro e? un’area critica per il nostro Paese. Nel 2018, quasi il 36 per cento delle occupate con figli minori di 15 anni dichiara problemi di conciliazione, quota che sale a 4 su 10 se il figlio più piccolo ha meno di sei anni. Il costo dell’adattamento del lavoro agli equilibri familiari ricade più sulle donne, che, se occupate sono costrette a modificare l’orario o altri aspetti del lavoro che svolgono (il 38,3 per cento delle donne con figli minori di 15 anni, ma il 42,6 per cento se con figli da 0 a 5 anni) mentre i padri lo fanno in misura molto minore (rispettivamente 11,9 per cento e 12,6 per cento).
Le ragioni vanno ricercate nella scarsa disponibilità di servizi per la prima infanzia, nell’insufficienza di investimenti in politiche per la conciliazione, nelle scelte di organizzazione del lavoro delle imprese ancora molto rigide, in una ripartizione del lavoro di cura all’interno della famiglia nel nostro Paese ancora squilibrata a sfavore delle donne.
L’importanza nella gestione della cura dei bambini degli asili nido e ancor più delle materne, rispetto ad altre soluzioni emerge in modo netto: tra i nuclei familiari con figli 0-5 anni il 53,3 per cento ricorre a uno o più servizi formali, percentuale che sale al 63,7 per cento nel caso di coppie in cui entrambi i genitori sono occupati. Per la meta? dei nuclei si tratta dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia (59,5 per cento tra le coppie con entrambi occupati), mentre la baby-sitter viene scelta da meno del 4 per cento (raggiunge il 6 per cento tra le coppie in cui entrambi i genitori sono occupati e si abbassa al 5 per cento in presenza di figli più grandi).
L’aumento della propensione a usare il nido che si e? registrato negli ultimi anni avviene pero? soprattutto laddove la diffusione delle strutture e? ampia e consolidata e allorché il reddito familiare e? alto. Ordinando per quintili il reddito delle famiglie, la percentuale di famiglie con bambini che frequentano il nido cresce via via che si passa dal primo quintile, quello che racchiude l’insieme delle famiglie più povere, per le quali la frequenza al nido supera di poco il 13 per cento, all’ultimo quintile, dove si collocano le piu? ricche, ove si raggiunge il 31,2 per cento. L’accesso al nido viene razionato, quindi, proprio nelle situazioni di disagio, dove sarebbe più importante al fine di ridurre lo svantaggio che deriva dalle condizioni socio-economiche di partenza.
Il costo contribuisce, insieme ad altri fattori, a condizionare la scelta dei genitori. Le tariffe di iscrizione, infatti, non sono basse: mediamente la spesa sostenuta dalle famiglie che usano il servizio di asilo nido, pubblico o privato, e? 1.996 euro all’anno. Un dato che trova conferma nelle informazioni tratte dai bilanci dei Comuni che riportano, come compartecipazione delle famiglie alla spesa per un bambino iscritto nei nidi comunali, un importo annuo medio di circa 2.000 euro. In aggiunta, l’offerta di posti e? fortemente eterogenea tra territori, a sfavore delle aree meno ricche. Il ritardo del Mezzogiorno e? evidente: sommando posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi, pubblici e privati, mediamente non si arriva a coprire il 15 per cento dei bambini fino a 3 anni di età. Un valore distante dal parametro del 33 per cento fissato nel 2002 in sede europea come obiettivo per il 2010 e superato in cinque regioni del Centro-Nord.
Costi elevati e scarsità di offerta creano una criticità aggiuntiva. Molte famiglie, infatti, scelgono di anticipare, rispetto al compimento dei 3 anni, l’accesso dei figli alle scuole d’infanzia – meno costose e non razionate sul territorio – che pero? non sono attrezzate per gestire questa fascia di età. Il fenomeno dei bambini anticipatari alla scuola dell’infanzia e? particolarmente diffuso nelle regioni meridionali (Figura 3.11): rapportati ai bambini di 2 anni compiuti, essi sono in media il 15 per cento dei loro coetanei e superano il 20 per cento nelle regioni del Sud con un’incidenza particolarmente alta (31,3 per cento) in Calabria. In aggiunta, il limite imposto dalla normativa circa il compimento dei tre anni entro il mese di aprile dell’anno scolastico di riferimento per l’iscrizione alla scuola d’infanzia non viene rispettato, anche se solo in piccola parte (si vedano gli irregolari della Figura 3.11). E? da notare, anche, che la scelta di anticipo in questa fase ha effetti sull’intero percorso scolastico successivo, con lo slittamento in avanti di tutte le classi frequentate, indipendentemente dalla reale propensione dei bambini all’apprendimento precoce. Infatti, a livelli alti di iscrizioni anticipate alla scuola d’infanzia corrispondono geograficamente livelli elevati di anticipi anche nella scuola primaria: nel Sud ciò interessa mediamente il 16 per cento dei bambini di 5 anni contro il 3,4 per cento del Centro-Nord e potrebbe talvolta creare condizioni di svantaggio per questi bambini dal punto di vista degli stessi esiti scolastici. Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla pubblicazione del 2020 Nidi e servizi educativi per l’infanzia. Stato dell’arte, criticita? e sviluppi del sistema educativo integrato 0-6, a cura di Istat, Universita? Ca’ Foscari Venezia, Consorzio per lo sviluppo delle metodologie e delle innovazioni nelle pubbliche amministrazioni - MIPA e Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia.
[1] Il disegno di legge delega è stato approvato dal Consiglio dei Ministri n. 51 dell’11 giugno 2020, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comunicato stampa).
[2] Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà
[3] Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.
[4] Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
[5] Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti.
[6] Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla L. 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi"
[7] In particolare, i servizi educativi per l’infanzia sono articolati in: nidi e micronidi, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi; sezioni primavera, che accolgono bambini fra 24 e 36 mesi; servizi integrativi, che concorrono all’educazione e alla cura dei bambini in modo flessibile e diversificato, e si distinguono in: spazi gioco, che accolgono bambini fra 12 e 36 mesi; centri per bambini e famiglie, che accolgono bambini dai primi mesi di vita insieme con un adulto accompagnatore; servizi educativi in contesto domiciliare, che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi.
I servizi educativi per l’infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati. Le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.
[8] Il primo Piano di azione nazionale (triennale) è stato adottato con Delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017, previa intesa in Conferenza unificata del 2 novembre 2017. In particolare, l’art. 3, co. 4, della Delibera ha previsto che l'assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi individuati dal Piano si realizza esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia e che le regioni dovevano assicurare un finanziamento pari almeno al 20% per l'anno 2018 e, a partire dall'anno 2019, pari al 30% delle risorse assicurate dallo Stato.
[9] In particolare, il d.lgs. 65/2017 ha previsto una dotazione del Fondo di € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 239 mln annui dal 2019. Successivamente, l’art. 1, co. 741, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha incrementato di € 10 mln annui, a decorrere dal 2019, il medesimo Fondo. Da ultimo, l’art. 233, co. 1, 2 e 5, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha incrementato, per il 2020, di € 15 mln lo stesso Fondo, disponendo la ripartizione dello stesso anche nelle more dell’adozione del nuovo Piano di azione nazionale. Nella seduta della Conferenza unificata in cui è stato adottato il Piano di azione nazionale 2017-2019 è stata raggiunta anche l’intesa per il riparto del Fondo per il 2017, operato per il 40% sulla popolazione 0-6 anni, per il 50% sul numero degli iscritti ai servizi educativi al 31 dicembre 2015 e per il 10% sulla popolazione da 3 a 6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 22 dicembre 2017, n. 1012. L’intesa per il riparto del Fondo per il 2018 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 ottobre 2018. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 26 ottobre 2018, n. 687, che, in particolare, ha ripartito € 209 mln secondo i criteri di cui al DM 1012/2017 ed € 15 mln tra le regioni che si collocano al di sotto della media nazionale della percentuale di iscritti ai servizi educativi rispetto alla popolazione di età compresa tra 0 e 3 anni, pari al 26,13%, e in proporzione all’incremento della medesima popolazione da servire per raggiungere la media nazionale (qui la tabella di riparto 2018).
L’intesa per il riparto del Fondo per il 2019 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019. Il riparto delle risorse fra le regioni è stato operato con DM 19 dicembre 2019, n. 1160, che, in particolare, ha ripartito € 209 mln secondo i criteri di cui al DM 1012/2017, € 30 mln tra le regioni che si collocano al di sotto della media nazionale della percentuale di iscritti ai servizi educativi rispetto alla popolazione di età compresa tra 0 e 3 anni, pari al 24%, e in proporzione all’incremento della medesima popolazione da servire per raggiungere la media nazionale, e € 10 mln in proporzione alla popolazione residente di età compresa tra 0 e 3 anni (per il riparto 2019 si v. la tabella A allegata al DM).
L’intesa per il riparto del Fondo per il 2020 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 giugno 2020. Il riparto delle risorse è stato operato con DM 53 del 30 giugno 2020 che, in particolare, ha ripartito € 249 mln secondo la distribuzione di cui al DM 1160/2019 ed € 15 mln al fine di perseguire il riequilibrio dei servizi educativi per l’infanzia nei territori in cui sussiste un maggior divario negativo rispetto alla media nazionale, pari al 24,7%, dei posti dei servizi educativi disponibili rispetto alla popolazione di età compresa tra zero e tre anni secondo i dati dell’ISTAT.
[10] Tali servizi trovano classificazione nel DM 31 dicembre 1983, emanato in attuazione del D.L. 28 febbraio 1983 n. 55 (L. n. 131/1983) con cui si prevede che gli enti locali sono tenuti a definire, non oltre la data della deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale che saranno definiti con apposito decreto. Per tali servizi pubblici i Comuni e i loro consorzi, le province, e le comunità montane sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato. Si tratta di attività gestite direttamente dall’ente, anche per il tramite di enti privati convenzionati, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale e che possono essere utilizzate a richiesta dell’utente, anche verso la contribuzione di apposite tariffe.
[11] La tariffa pagata dall’utente all’Amministrazione a fronte della fruizione del servizio a domanda individuale non costituisce il prezzo della singola prestazione, e, in particolare, non è composta dalle sole voci di spesa sostenute dall’Amministrazione per erogare il singolo servizio ma rappresenta la misura della contribuzione dell’utente al costo complessivo sostenuto dall’Amministrazione per l’erogazione del servizio, determinato annualmente dall’Amministrazione, per obbligo di legge, tenendo conto dei costi diretti e indiretti. Una volta determinato il costo complessivo del servizio (su base necessariamente previsionale) l’Amministrazione valuta, in relazione alle disponibilità di bilancio, la quota parte di esso finanziabile con risorse comunali e quella residua da porre direttamente a carico dell’utenza.
[12] Non sono, invece, detraibili le spese relative al servizio di trasporto scolastico, anche se fornito per sopperire ad un servizio pubblico di linea inadeguato per il collegamento abitazione-scuola, in quanto ciò risulterebbe discriminatorio rispetto a chi, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe diritto ad alcuna agevolazione.
[14] L’estensione della gratuità parziale dei libri di testo agli studenti dei primi due anni dell'istruzione secondaria di secondo grado – fino a quel momento prevista solo fino al completamento dell’istruzione secondaria di primo grado – era stata disposta dall’art. 1, co. 628, della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), in relazione all’elevazione dell'obbligo scolastico ad almeno dieci anni, disposto dal co. 622 dello stesso art. 1. Fino alla stabilizzazione prevista dal D.L. 95/2012, si era proceduto a finanziare l’intervento per annualità. Le risorse sono allocate sul cap. 2043 dello stato di previsione dell’allora MIUR.
[15] I requisiti per l’accesso al beneficio sono stati individuati con DPCM 320/1999, che in particolare, aveva indicato in 30 mln di lire (pari a € 15.493,71) il reddito annuale massimo del nucleo familiare necessario per l'accesso ai benefici per la scuola secondaria di I e di II grado.
Il DPCM 320/1999 è stato modificato prima con DPCM 226/2000 e poi con DPCM 211/2006, ma l’importo massimo del reddito annuale è rimasto invariato.
[16] Al riguardo, si ricorda che l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha istituito il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca, con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. In particolare, l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 (D.L. 12/2020) ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate. Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.
[17] Le risorse sono state allocate sul cap. 1501 dello stato di previsione dell’allora MIUR.
[18] Per il 2019 è intervenuto il DM 1178 del 27 dicembre 2019.
[19] Sul punto, si ricorda che il congedo obbligatorio di paternità è attualmente operativo per i dipendenti privati, mancando per i dipendenti pubblici il relativo provvedimento attuativo di cui all’art. 1, c. 8, della L. 92/2012.
[20] Il Fondo di garanzia per le PMI è alimentato prevalentemente, anche se non in via esclusiva, attraverso risorse statali. La dotazione del Fondo è incrementata anche attraverso le risorse provenienti dai Fondi strutturali e di investimento europei (PON imprese e competitività) e non solo. Nel dettaglio, l’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, come da ultimo modificato dal D.L. n. 23/2020 (articolo 13, comma 6) dispone che la dotazione del Fondo può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte di altri enti e organismi pubblici, delle banche, delle Regioni ovvero con l'intervento della SACE S.p.a. e della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con l’intervento di privati, secondo modalità stabilite con decreto interministeriale (cfr. D.M. 26 gennaio 2012, come da ultimo modificato dal D.M. 1 giugno 2019). Il D.M ha previsto, a tal fine, che siano istituite apposite Sezioni speciali del Fondo.