Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
Titolo: | D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (c.d. "Rilancio") |
Riferimenti: | AC N.2500/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 295/0/XII |
Data: | 29/05/2020 |
Organi della Camera: | XII Affari sociali |
Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia
(cd. “Decreto Rilancio”)
Profili di interesse della XII Commissione Affari sociali
D.L. 34/2020 – A.C. 2500
29 MAGGIO 2020
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it -
@SR_Studi
Dossier n. 256/0/12
Servizio Studi
Dipartimento Affari sociali
Tel. 06 6760-3266 - * - st_affarisociali@camera.it -
@CD_sociale
Progetti di legge n. 295/0/XII
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AS0159
INDICE
Profili di competenza della XII Commissione Affari sociali
Articolo 1 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza territoriale)
Articolo 2, commi 1-12 e 14-15 (Riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19)
Articolo 2, comma 13 (Esecuzione delle opere edilizie per la rete ospedaliera)
Articolo 3 (Incarichi a tempo determinato ai medici in formazione specialistica)
Articolo 5 (Incremento delle borse di studio degli specializzandi)
Articolo 7 (Metodologie predittive dell’evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione)
Articolo 8 (Proroga validità delle ricette limitative dei farmaci classificati in fascia A)
Articolo 9 (Proroga piani terapeutici)
Articolo 11 (Misure urgenti in materia di Fascicolo sanitario elettronico)
Articolo 12 (Accelerazione dell’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi)
Articolo 18 (Utilizzo delle donazioni)
Articolo 66 (Dispositivi di protezione individuale)
Articolo 67 (Incremento Fondo Terzo settore)
Articolo 82 (Reddito di emergenza)
Articolo 89 (Norme in materia di fondi sociali e servizi sociali)
Articolo 104 (Assistenza e servizi per la disabilità)
Articolo 105 (Finanziamento dei centri estivi 2020 e contrasto alla povertà educativa)
Articolo 109 (Servizi delle pubbliche amministrazioni)
Profili di interesse della XII Commissione Affari sociali
Articolo 13 (Rilevazioni statistiche dell’ISTAT connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19)
Articolo 19 (Funzionamento e potenziamento della Sanità militare)
Articolo 72 (Congedo parentale e bonus baby-sitting)
Articolo 73 (Estensione della durata dei permessi retribuiti per assistenza familiari disabili)
Articolo 83 (Sorveglianza sanitaria)
Articolo 1
(Disposizioni urgenti in materia di assistenza territoriale)
In ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo 1 accelera la definizione delle misure delineate dal Nuovo Patto per la salute 2019-2021 per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute afferenti alle reti territoriali Ssn. Alle misure già previste dal Nuovo Patto per la salute 2019-21, si aggiungono ulteriori disposizioni di prevenzione e cautela, individuate in ragione della pandemia in corso. La copertura finanziaria è pari, nel suo complesso, a 1.256 milioni di euro, a cui si provvede ai sensi dell’art. 265.
A tal fine, le regioni e le province autonome dovranno predisporre specifici piani regionali di potenziamento dell’offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale da recepire nei Programmi operativi regionali per la gestione dell’emergenza Covid-19, previsti dal Decreto Cura Italia.
Le autorizzazioni di spesa sono indirizzate a:
§ Requisizione in uso di immobili per la gestione dei pazienti in sorveglianza attiva e isolamento, circa 32 milioni di euro;
§ Implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata – ADI, circa 733 milioni di euro;
§ Reclutamento personale infermieristico e introduzione della figura dell’infermiere di famiglia/o di comunità, circa 334 milioni di euro a cui si aggiungono 10 milioni di incentivi per i medici di medicina generale che si avvarranno della collaborazione di infermieri;
§ Rafforzamento delle USCA con specialisti convenzionati da utilizzare anche per attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali, 61 milioni di euro;
§ Assunzione di assistenti sociali di supporto alle USCA nelle valutazioni multidimensionali, circa 14 milioni di euro;
§ Istituzione e potenziamento delle Centrali operative regionali dotate con apparecchiature informatiche e di telemedicina, di raccordo con le USCA e i servizi di urgenza/emergenza, circa 72 milioni di euro.
In ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo in esame accelera la definizione delle misure delineate dal Nuovo Patto per la salute 2019-2021 per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute afferenti alle reti territoriali Ssn. Alle misure già previste dal Nuovo Patto per la salute, si aggiungono ulteriori disposizioni di prevenzione e cautela individuate in ragione della pandemia in corso. La copertura finanziaria è pari, nel suo complesso, a 1.256 milioni di euro.
Il Nuovo Patto per la salute 2019-2021, approvato in via definitiva dalla Conferenza Stato-Regioni nel dicembre 2019, ha evidenziato la necessità di “una riorganizzazione dell'assistenza territoriale che promuova, attraverso modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità, basati sulla medicina di iniziativa”. A tal fine, il Patto definisce linee di indirizzo per l'adozione di parametri di riferimento, anche considerando le diverse esperienze regionali in corso, con l'obiettivo di promuovere:
§ le modalità e gli strumenti per favorire l'effettiva continuità assistenziale e la presa in carico unitaria della persona nelle diverse fasi della vita e in relazione alle diverse tipologie di bisogno;
§ il completamento del processo di riordino della medicina generale e della pediatria di libera scelta, favorendo l'integrazione con la specialistica ambulatoriale convenzionata interna e con tutte le figure professionali, compresa l'assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone;
§ specifiche politiche attive di promozione e tutela della salute con particolare attenzione all'infanzia e all'adolescenza, alle persone con disturbo mentale, al sostegno dell'autonomia delle persone con disabilità e non autosufficienza;
§ il potenziamento delle politiche a favore dell'area materno-infantile, delle patologie croniche, delle dipendenze patologiche, dei disturbi del comportamento alimentare, delle cure palliative e della terapia del dolore;
§ la valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzato alla copertura dell'incremento dei bisogni di continuità dell'assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità.
Piani regionali di assistenza territoriale per potenziare le attività di prevenzione (comma 1)
Nella fase emergenziale di progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale, l’articolo in esame impegna le regioni e le province autonome a predisporre per il 2020 specifici piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale territoriale. I piani sono adottati con le seguenti finalità:
§ implementare e rafforzare un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione di SARS-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti;
§ intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus;
§ assicurare una presa in carico precoce dei pazienti contagiati, dei pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, dimessi o paucisintomatici non ricoverati e dei pazienti in isolamento fiduciario.
Più nello specifico i Piani dovranno contenere specifiche misure di:
§ identificazione e gestione dei contatti;
§ organizzazione dell’attività di sorveglianza attiva effettuata a cura dei Dipartimenti di Prevenzione in collaborazione con i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale nonché con le Unità speciali di continuità assistenziale, indirizzate a un monitoraggio costante e a un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, al fine della relativa identificazione, dell’isolamento e del trattamento.
I predetti piani assistenziali sono recepiti nei Programmi operativi regionali per la gestione dell’emergenza Covid-19, previsti dall’art. 18, comma 1, del decreto legge 18/2020, e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi.
L’art. 18 del decreto legge 18/2020 ha disposto, per il 2020, un incremento di 1.410 milioni di euro del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e ha impegnato le Regioni e le province autonome a gestire ed impegnare tali risorse incrementali, nella quota di riparto loro assegnata, attraverso un centro di costo dedicato, redigendo un programma operativo per la gestione dell’emergenza, da sottoporre all’approvazione e al monitoraggio congiunto del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle finanze. Le risorse incrementali disposte dal decreto legge 18/2020, sono state finalizzate a:
§ remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario, 250 milioni di euro;
§ reclutamento di medici in formazione specialistica e di personale medico e sanitario, 660 milioni;
§ incremento del monte ore della specialistica, 6 milioni;
§ potenziamento delle reti di assistenza, attraverso la stipula di contratti con strutture private per l’acquisto di prestazioni, 240 milioni;
§ utilizzo di personale sanitario in servizio nonché dei locali e delle apparecchiature presenti nelle strutture sanitarie private, accreditate e non, 160 milioni;
§ Unità speciali di continuità assistenziale, 104 milioni;
Inoltre, il comma 3 del citato art. 18, ha disposto, sempre per il 2020, l’incremento di 1.650 milioni del Fondo per le emergenze nazionali che ha finanziato per 185 milioni l’acquisto di impianti di ventilazione assistita e per 150 milioni la requisizione di presidi sanitari e beni mobili e immobili. Le risorse del Fondo sono a disposizione del Dipartimento della protezione civile e del Commissario straordinario per gli acquisti di dispositivi medici, DPI e di quanto necessario per contrastare ed affrontare l’emergenza.
Requisizione in uso di immobili per la gestione dei pazienti in sorveglianza attiva e isolamento (commi 2 e 3)
Fermo restando quanto disposto dal Decreto Cura Italia (art. 6, comma 7, del Decreto 18/2020) in materia di requisizione in uso di immobili, nel caso in cui occorra disporre temporaneamente di ulteriori spazi per gestire l’isolamento di contagiati da SARS-CoV-2, le regioni e le province autonome possono stipulare contratti di locazione fino al 31 dicembre 2020 con strutture alberghiere, ovvero con altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità. Fino alla stessa data del 31 dicembre 2020, le aziende sanitarie, tramite i distretti, garantiscono l’implementazione delle attività di assistenza domiciliare integrata, o equivalenti, anche per i pazienti in isolamento ospitati presso i beni immobili requisiti, garantendo adeguato supporto sanitario per il monitoraggio e l’assistenza degli stessi, nonché il supporto per le attività logistiche di ristorazione e di erogazione dei servizi essenziali.
Risorse stanziate per l’intervento: 32.497.693 euro (RT al provvedimento in esame).
Il comma in esame dispone di fatto il prolungamento al 31 dicembre 2020 di quanto già previsto fino al 31 luglio 2020 dall’art. 6 del decreto legge 18/2020, come modificato dall’art. 146 del decreto in esame. La norma stabilisce che l’indennità di requisizione delle strutture alberghiere, ovvero degli altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità è liquidata in forma di acconto, nello stesso decreto di requisizione del prefetto, applicando lo 0,42%, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del cinque per cento, per il moltiplicatore utilizzato ai fini dell’imposta di registro relativo alla corrispondente categoria catastale dell’immobile requisito. La norma prosegue stabilendo che l’indennità di requisizione è determinata in via definitiva entro quaranta giorni con successivo decreto del prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, sulla base del valore corrente di mercato al 31 dicembre 2019 dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore. Con il decreto del prefetto che stabilisce l’indennità definitiva di requisizione è liquidata la differenza tra gli importi definitivi e quelli in acconto dell’indennità di requisizione.
Per l’attuazione della disposizione (fino al 31 luglio 2020) è stato fissato il limite di spesa di 150 milioni a valere sul Fondo emergenze nazionali presso la Protezione civile.
Implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata - ADI (comma 4)
Le regioni e le province autonome incrementano ed indirizzano le azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare con la finalità di:
§ assicurare le accresciute attività di monitoraggio e assistenza connesse all’emergenza epidemiologica;
§ garantire il massimo livello di assistenza in favore dei pazienti in isolamento domiciliare o quarantenati, identificati attraverso le attività di monitoraggio;
§ rafforzare i servizi di assistenza domiciliare per tutti i soggetti fragili le cui condizioni risultano aggravate dall’emergenza in corso, ovvero per i soggetti cronici, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, bisognosi di cure palliative/terapia del dolore e in generale per le situazioni di fragilità tutelate ai sensi del Capo IV del D.p.c.m. 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.
La Relazione fornisce le seguenti informazioni circa la platea dei destinatari:
§ l’assistenza ai pazienti oltre i 65 anni di età passerà dagli attuali 611mila soggetti, pari al 4% della popolazione over 65, a 923mila unità, pari al 6,7%;
§ l’assistenza ai pazienti al di sotto dei 65 anni passerà dagli attuali 70mila assistiti a domicilio, pari allo 0,15% della popolazione under 65, a 140mila, pari allo 0,3%.
Per l’attuazione della disposizione in esame, le regioni e le province autonome, nel rispetto dell’autonomia regionale in materia di organizzazione dei servizi domiciliari, sono autorizzate ad incrementare la spesa per il personale nei limiti di spesa di 265.028.624 euro (indicati dal comma 10).
Risorse complessive stanziate per l’intervento: 733.969.086 euro (RT al provvedimento in esame), di cui 265.028.624 euro di spese di personale.
L’ADI - Assistenza domiciliare integrata (definita dall’art. 22 Cure domiciliari del D.p.c.m. 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei LEA), comprende un insieme organizzato di prestazioni di natura socio-sanitaria erogate presso il domicilio di persone disabili e non autosufficienti bisognose di assistenza di lunga durata. Le prestazioni si differenziano in relazione al bisogno di salute dell'assistito ed al livello di intensità, complessità e durata dell'intervento assistenziale, ma sono costituite nella generalità dei casi da prestazioni professionali di tipo medico-infermieristico-assistenziale ovvero riabilitativo-assistenziale, alle quali possono accompagnarsi accertamenti diagnostici, fornitura di farmaci e dispositivi. Le figure professionali sono coordinate fra loro nell’ambito del Distretto, come previsto dalla normativa nazionale, inclusi gli Accordi Collettivi Nazionali per la Medicina Generale, e dalla normativa delle Regioni in materia di assistenza socio-sanitaria. Gli interventi di assistenza domiciliare integrata possono essere richiesti dall’interessato e/o familiare o su segnalazione dei servizi sociali del comune/piano di zona, dei medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta, dalle ASL, dalle strutture ospedaliere, ma sempre previo consenso dell’interessato (o del suo rappresentante legale), mentre l’équipe multidisciplinare e? costituita, nella generalità dei casi, da un infermiere professionale, un fisioterapista, un assistente sociale, un operatore socio-assistenziale e dai medici specialisti necessari alla patologia del paziente. Tutte queste figure concorrono alla valutazione multidimensionale del bisogno clinico che consente la presa in carico della persona e la definizione del “Progetto di assistenza individuale” (PAI) socio-sanitario integrato.
Il Capo IV (articoli 21-35) del D.p.c.m. sui Nuovi LEA dispone in merito ai percorsi assistenziali (domiciliari, territoriali, semiresidenziali e residenziali) individuando le seguenti aree di utenza: persone affette da patologie ad andamento cronico ed evolutivo per le quali non esistono terapie (cure palliative domiciliarti, art. 23); minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo (art. 25); persone con disturbi mentali (art. 26); persone con disabilità (art. 27); persone con dipendenze patologiche (art. 28); persone non autosufficienti (art. 30).
Poiché ciascuna Regione ha declinato l’ADI in modelli organizzativi diversi, risulta assente un quadro di sistema a cui riferirsi.
Per definire i profili di spesa sanitaria relativi all’ADI, si rinvia alla pubblicazione della Ragioneria dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario del luglio 2019 che comprende l’ADI nella spesa per Long Term Care riferibile all’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che, per senescenza, malattia cronica o limitazione mentale, necessitano di assistenza continuativa. Più precisamente tale aggregato, include, oltre all’assistenza territoriale rivolta agli anziani e ai disabili (articolata in assistenza ambulatoriale e domiciliare, assistenza semi-residenziale ed assistenza residenziale), l’assistenza psichiatrica, l’assistenza rivolta agli alcolisti e ai tossicodipendenti, l’assistenza ospedaliera erogata in regime di lungodegenza, una quota dell’assistenza integrativa, dell’assistenza protesica e dell’assistenza farmaceutica erogata in forma diretta o per conto. La pubblicazione della RGS evidenzia come la componente sanitaria della spesa pubblica per LTC dell’anno 2017, sia pari a circa lo 0,7% del PIL, corrispondente al 10,7% della spesa sanitaria complessiva. Il profilo per età del consumo sanitario per LTC relativo all’assistenza agli anziani e ai disabili mostra valori molto elevati per gli ultrasettantacinquenni, rispetto alla fascia di età 25-50 anni. Diversamente, la componente relativa alle dipendenze e ai malati psichiatrici, evidenzia un consumo più elevato da parte dei più giovani rispetto agli anziani. L’assistenza rivolta agli anziani e ai disabili rappresenta pertanto circa due terzi della spesa sanitaria complessiva per LTC. Tale percentuale e? suddivisa fra la componente erogata in forma residenziale, che copre il 60% circa della spesa, e quella non-residenziale che copre la parte restante.
Per quanto riguarda i costi sociali dell’ADI, si rileva che questi sono coperti in gran parte dei Comuni. Come rilevato dalla pubblicazione Istat, La spesa dei comuni per i servizi sociali, sommando le quote relative al fondo indistinto per le politiche sociali agli altri fondi statali dedicati alle politiche sociali e a quelli europei, si deduce che solo il 15,2% della spesa impiegata per i servizi sociali risulta finanziata a livello centrale, mentre la maggior parte delle risorse provengono direttamente dai territori.
La stessa pubblicazione Istat, edita nel febbraio 2020, quantifica la spesa 2017 dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, in circa 7 miliardi 234 milioni di euro, corrispondenti allo 0,41% del Pil nazionale.
Per quanto riguarda gli interventi domiciliari, la pubblicazione registra, dal 2016, una attenzione crescente dei Comuni verso i bisogni delle persone con disabilita?, testimoniata anche dall’evoluzione delle forme assistenziali e dei sevizi, sempre più orientati a favorire l’autonomia personale e l’inclusione sociale degli utenti presi in carico, l’istruzione e l’inserimento lavorativo. Accanto ai tradizionali strumenti di sostegno ai disabili e alle loro famiglie, quali i centri diurni e le strutture residenziali, l’Istat rileva infatti un arricchimento della rete territoriale e la diffusione di servizi strategici per garantire alle persone con disabilita? i diritti fondamentali, quali l’istruzione e l’inserimento nel mondo del lavoro. Più in particolare, dal 2003 al 2017, la spesa per l’assistenza domiciliare ai disabili e? aumentata del 137%, quella per gli interventi educativo-assistenziali e per l’inserimento lavorativo del 117%. Inoltre, per quanto qui interessa, la pubblicazione rileva che la seconda voce di spesa per i servizi sociali offerti agli anziani dai Comuni e? l’assistenza domiciliare (35,6%) che ha come tipologia prevalente quella socio-assistenziale, e consiste nella cura e igiene della persona e nel supporto nella gestione dell’abitazione. Questa forma di assistenza registra un aumento sul 2016 sia in termini di spesa (+10 milioni) che di utenza, con una spesa media annua per utente pari a 2.075 euro per quasi 135 mila anziani presi in carico. Oltre 72 mila persone (lo 0,5% degli anziani residenti) ricevono invece l’Assistenza Domiciliare Integrata, ovvero con l’integrazione di prestazioni di tipo sanitario a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Reclutamento personale infermieristico e introduzione dell’Infermiere di famiglia o di comunità (comma 5) Indennità personale infermieristico (comma 9)
L’obiettivo degli interventi è, da una parte, potenziare, con la componente infermieristica, l’assistenza domiciliare e la sorveglianza attiva per i pazienti da SARS-CoV-2 non ospedalizzati, supportando le USCA, e dall’altra rafforzare l’assistenza ai soggetti fragili e cronici, anche attraverso la collaborazione rafforzata con i medici di medicina generale, riducendo così il carico di prestazioni e servizi in ambulatoriali. A tal fine viene introdotta la figura professionale dell’infermiere di famiglia o di comunità.
L’infermiere di famiglia/comunità (IFeC) è definito dall’associazione di categoria (AIFeC) come un professionista competente nella promozione della salute, nella prevenzione e nella gestione partecipativa dei processi di salute individuali e della comunità, nonché nella presa in carico, dal punto di vista infermieristico, delle persone nel loro ambiente familiare e di vita. La sua azione è orientata sia a sostenere lo sviluppo della capacità personali sia a potenziare le risorse disponibili nelle comunità.
Attualmente, sono attivi Master di I livello in Infermieristica e comunità presso le Università Cattolica del Sacro cuore di Brescia, Università degli studi di Genova, Università del Piemonte orientale e Università di Milano in collaborazione con l’ASL Vercelli e l’ASST Ovest Milanese, e Università La Sapienza di Roma. I Master in Infermieristica di famiglia e di comunità intendono fornire le competenze necessarie a: - identificare e valutare lo stato di salute ed i bisogni degli individui e delle famiglie nel loro contesto culturale e di comunità, riconoscendone le priorità di intervento; - pianificare ed erogare assistenza alle famiglie che necessitano di interventi specifici; - sostenere ed incoraggiare gli individui e le famiglie nella partecipazione alle decisioni relative alla loro salute; - partecipare alle attività di prevenzione; - partecipare alla ricerca, recuperando dati epidemiologici e clinici in relazione a specifici obiettivi conoscitivi e assistenziali.
Dal 15 maggio al 31 dicembre 2020, le aziende e gli enti del Ssn possono utilizzare forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa con infermieri che non si trovino in costanza di rapporto di lavoro subordinato con strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate, in numero non superiore a 8 infermieri ogni 50.000 abitanti. Il conferimento di tali incarichi avviene in deroga alla normativa vigente (di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001) e in relazione ai modelli organizzativi regionali. Dal 1° gennaio 2021, le aziende e gli enti del Ssn possono assumere a tempo indeterminato infermieri, in numero non superiore a 8 unità ogni 50.000 abitanti (numero stimato pari a 9.600 infermieri), e comunque nei limiti di spesa di 332.640.000 euro (comma 10), coincidenti con le risorse stanziate dal comma 11 per l’intervento.
Per le attività assistenziali svolte, gli infermieri ricevono un compenso lordo di 30 euro ad ora, inclusivo degli oneri riflessi, per un monte ore settimanale massimo di 35 ore.
Ai sensi del comma 9, nel 2020, il fondo regionale di incentivazione [1] per i medici di medicina generale che si avvarranno della collaborazione di infermieri è incrementato complessivamente dell’importo di 10 milioni di euro. Al contempo, è incrementato dello stesso importo, il finanziamento sanitario corrente per il 2020.
Risorse stanziate per l’intervento: 10 milioni di euro (comma 11) a valere sul finanziamento sanitario corrente per il 2020.
Rafforzamento delle USCA con specialisti convenzionati (comma 6) Attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali (comma 1)
I medici specialisti ambulatoriali convenzionati interni possono entrare a far parte delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA), già composte da: medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza).
Rafforzando in tal modo le USCA, le regioni e le province autonome organizzano attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali, anche garantendo la collaborazione e la consulenza di medici specialisti in relazione alle esigenze di salute delle persone assistite.
Come stabilito dall’art. 8, comma 1, lett.b-bis), del D.Lgs. 502/1992, il personale convenzionato è inserito nelle forme organizzative dell’assistenza distrettuale dei servizi sanitari regionali e aderisce al sistema informativo sanitario regionale e nazionale. Gli enti e le aziende del Ssn, nell’ambito dei propri poteri, si avvalgono, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche, degli specialisti ambulatoriali, dei veterinari e dei professionisti, utilizzando le ore di attivita? formalmente deliberate in sede aziendale. In questo contesto, gli specialisti ambulatoriali, i veterinari ed i professionisti esercitano un’attività convenzionale operante in regime di parasubordinazione nell’ambito dell’organizzazione del Ssn. Infatti, il rapporto di coloro che svolgono attività in regime di convenzione con le aziende sanitarie, si configura come un rapporto privatistico di lavoro autonomo-professionale con i connotati della cosiddetta parasubordinazione ed esula dall’ambito del pubblico impiego.
In considerazione delle funzioni assistenziali, svolte sul territorio, ogni Unità è tenuta a redigere apposita rendicontazione trimestrale di attività, da consegnare all’ente sanitario di competenza, che la trasmette alla regione di riferimento. Il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e finanze, in sede di monitoraggio dei Piani regionali di assistenza territoriale (di cui al comma 1), possono richiedere le relazioni necessarie.
Risorse stanziate per l’intervento: 61 milioni di euro (comma 11) a valere sul finanziamento sanitario corrente per il 2020, complessivamente impegnati per spese di personale (comma 10).
Dal 10 marzo 2020, le regioni e le province autonome sono state impegnate ad istituire, presso una sede di continuità assistenziale già esistente, una Unità speciale di continuità assistenziale (USCA) ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Le disposizioni hanno efficacia fino al 31 luglio 2020 (art. 8 del decreto legge 14/2020, poi assorbito dal decreto legge 18/2020 come art. 4-bis).
Le USCA sono state costituite per consentire ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) di garantire l'attività di assistenza territoriale ordinaria, indirizzando alle USCA, a seguito del controllo a distanza attraverso triage telefonico, i pazienti sospetti di essere affetti da COVID-19. A seguito della segnalazione, tali pazienti possono essere presi in carico dall'unità speciale. Per i pazienti che si recano autonomamente in pronto soccorso, il triage deve essere effettuato in un ambiente diverso e separato dai locali adibiti all'accettazione del medesimo pronto soccorso.
L'unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta. Possono far parte dell'unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza. Per l'incarico di natura convenzionale è previsto un compenso orario pari a 40 euro lordi. L'unità speciale è attiva sette giorni su sette, dalle 8.00 alle 20.00, e ai medici per le attività svolte nell'ambito della stessa è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora. I medici dell'unità speciale per lo svolgimento delle specifiche attività devono essere dotati di ricettario del Ssn, di idonei dispositivi di protezione individuale e seguire tutte le procedure previste.
La circolare del Ministero della salute n. 7865 del 25 marzo 2020 Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19 ha inoltre ribadito la necessità di potenziare la presa in cura e la sorveglianza territoriale attiva per i pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio affetti da COVID-19, per i dimessi, o paucisintomatici non ricoverati e per i pazienti in isolamento fiduciario per i contatti di caso o per i pazienti sintomatici senza evidenza di contatto, nonché per i pazienti fragili, cronici e affetti da patologie invalidanti. Per coloro i quali non possa essere garantito l'isolamento, la circolare dispone la presa in carico da parte dei servizi di sanità pubblica territorialmente competenti, in raccordo con i MMG e l'Unità speciale di continuità assistenziale. La stessa circolare specifica che, garantita la necessaria assistenza sanitaria, i servizi sociali delle amministrazioni comunali e le associazioni di volontariato, mediante co-progettazioni e attraverso l'adozione di specifici protocolli, definiscono tutte le misure necessarie per assicurare alle persone sole e prive di caregiver la massima tutela e il supporto per le necessità quotidiane.
Ad oggi, tutte le Regioni hanno istituito le USCA, con DGR od ordinanze, seppur con alcune differenze rispetto alla tipologia dei pazienti da prendere in carico, alla composizione delle Unità e perfino al rapporto tra USCA e numero di abitanti.
Assunzione di assistenti sociali ai fini della valutazione multidimensionale (comma 7)
Dal 15 maggio al 31 dicembre 2020, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a professionisti del profilo di assistente sociale, regolarmente iscritti all’albo professionale. Gli incarichi sono conferiti affinché gli assistenti sociali supportino le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) nella valutazione multidimensionale dei bisogni dei pazienti e nell'integrazione con i servizi sociali e socio sanitari territoriali. Gli incarichi possono essere conferiti in numero non superiore ad un assistente sociale ogni due Unità, per un monte ore settimanale massimo di 24 ore. Per le attività svolte è riconosciuto agli assistenti sociali un compenso lordo orario di 30 euro, inclusivo degli oneri riflessi. Il conferimento di incarichi avviene in deroga alla normativa vigente (di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001).
Risorse stanziate per l’intervento: 14.256.000 euro (comma 11).
Il D.p.c.m. 12 gennaio 2017 sui Nuovi Lea, all’art. 21, commi 1 e 2, chiarisce che il Ssn garantisce l'accesso unitario ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico della persona e la valutazione multidimensionale dei bisogni, sotto il profilo clinico, funzionale e sociale. E’ però responsabilità delle regioni e delle province autonome organizzare tali attività garantendo uniformità sul proprio territorio nelle modalità, nelle procedure e negli strumenti di valutazione multidimensionale, anche in riferimento alle diverse fasi del Progetto di assistenza individuale (PAI) che definisce i bisogni terapeutico-riabilitativi e assistenziali della persona. Il PAI è redatto dall'unità di valutazione multidimensionale, con il coinvolgimento di tutte le componenti dell'offerta assistenziale sanitaria, sociosanitaria e sociale, del paziente e della sua famiglia. Il coordinamento dell'attività clinica rientra tra i compiti del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, fatti salvi i casi in cui il soggetto responsabile del rapporto di cura sia stato diversamente identificato.
Centrali operative regionali (comma 8)
Per garantire il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali, così come implementate nei piani regionali, le regioni e le province autonome provvedono all’attivazione di centrali operative regionali, che svolgono le funzioni di raccordo fra i servizi e con il sistema di emergenza-urgenza. Le Centrali utilizzano anche strumenti informatici e di telemedicina.
La Relazione chiarisce che le Centrali operative, dotate di apposito personale e di apparecchiature per il telemonitoraggio e la telemedicina, ricopriranno un ruolo centrale per il monitoraggio dei soggetti posti in sorveglianza attiva o in quarantena precauzionale, sia a domicilio sia negli immobili requisiti, coordinandosi, in caso di peggioramento delle condizioni cliniche, con i servizi di emergenza urgenza per una tempestiva ospedalizzazione.
Inoltre, le Centrali saranno responsabili della fornitura ai pazienti dei saturimetri (anche detti pulsiossimetri per la misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue) e delle altre apparecchiature necessarie per il controllo a distanza dei parametri vitali.
Risorse stanziate per l’intervento: 72.271.204 euro (comma 11), di cui 23.675.000 euro per spesa di personale (comma 10).
Per l'applicazione della telemedicina nel periodo emergenziale, si rinvia al documento dell'Istituto superiore di sanità Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2020 "Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l'emergenza sanitaria COVID-19" pubblicato il 13 aprile 2020, che fornisce supporto alla realizzazione di servizi in telemedicina durante l'emergenza COVID-19 con l'obiettivo di garantire uniformità di procedure e di prestazioni. Il Rapporto è stato predisposto per la situazione di emergenza sanitaria in relazione alla diffusione di COVID-19 e di conseguenza non viene studiata la possibilità di estendere i servizi di telemedicina attivati durante l'emergenza sanitaria oltre la durata della stessa.
Il rapporto individua le tipologie di persone che, dovendo restare in isolamento, necessitano di controlli sanitari nel luogo adibito a domicilio:1) asintomatici che sono venuti in contatto con caso COVID-19 positivo (quarantena fino a 14 giorni dall'ultimo contatto con il caso); 2) paucisintomatici che sono venuti in contatto con caso COVID-19 positivo, con test COVID-19 negativo (isolamento fino a 14 giorni dall'ultimo contatto con il caso); 3) paucisintomatici con test COVID-19 positivo (isolamento fino a negativizzazione del test e scomparsa dei sintomi); 4) dimessi dall'ospedale clinicamente guariti, ancora COVID-19 positivi. A questi si aggiungono i pazienti cronici o con patologie particolari, che, nel periodo emergenziale, non possono essere seguiti come di consueto per trattamenti di lungo periodo dai servizi territoriali o da strutture residenziali (patologie quali: diabete, patologie cardiovascolari croniche, BPCO, terapie del dolore, chemioterapie, patologie psichiatriche, disabilità), comprendendo anche le persone affette da malattie rare e condizioni di fragilità che richiedono costanti contatti con le strutture sanitarie e gli operatori sanitari di riferimento, oppure persone che necessitano di particolare assistenza e/o supporto non ospedalieri, ma non differibili (ad esempio: gestanti, puerpere, persone con problematiche psicologiche).
Il decreto legge 23/2020 all'art. 38 ha delimitato il campo di azione della telemedicina disponendo altresì risorse indirizzate all'acquisto di pulsiossimetri (saturimetri) da utilizzare nella valutazione a distanza dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Più in particolare, l'art. 38 del citato decreto, prevede, al comma 4, che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta si dotino, con oneri a proprio carico, di sistemi di piattaforme digitali, che consentano il contatto ordinario e prevalente con i pazienti fragili e cronici gravi. Inoltre, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, nel caso in cui non dispongano di dispositivi di protezione individuale idonei, sono tenuti a collaborare a distanza, nel caso sia loro richiesto dalle regioni, alla sorveglianza clinica dei pazienti in quarantena o isolamento e dei pazienti in fase di guarigione, dimessi precocemente dagli ospedali. Il successivo comma 5 autorizza le regioni, qualora lo ritengano utile, ad impiegare il 20% dei fondi (pari a circa 236 milioni di euro) stanziati dalla legge di bilancio 2020 per favorire l'utilizzo di apparecchiature sanitarie da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta (art. 1, commi 449 e 450 della legge 160/2019), per l'acquisto e la fornitura ai medici di pulsiossimetri che permettano, previa consegna al paziente, la valutazione a distanza della saturazione di ossigeno e della frequenza cardiaca durante il videoconsulto. Il medico si avvale delle fasi di osservazione e dei segni riscontrati, nonché dei sintomi riferiti dal paziente, per un orientamento che definisca le successive azioni cliniche necessarie, in accordo con i percorsi definiti a livello regionale.
Spesa di personale (comma 10)
Per il 2020, a valere sulle risorse di cui al comma 11, le regioni e le province autonome sono autorizzate, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente, ad incrementare la spesa di personale fino agli importi indicati nella tabella di cui all’allegato B, per:
§ implementazione ADI (comma 4): 265.028.624 euro;
§ reclutamento di Infermieri (comma 5): 332.640.000 euro;
§ rafforzamento USCA (comma 6): 61 milioni;
§ assunzione di assistenti sociali (comma 7): 14.256.000 euro;
§ personale Centrali operative regionali (comma 8): 23.675.000 euro.
A decorrere dal 2021 è altresì autorizzato l’incremento di spesa per l’attuazione dei commi 4, 5 e 8 fino agli importi indicati nella tabella di cui all’allegato B, che forma parte integrante del decreto in esame, a valere sulle risorse di cui al comma 11.
Risorse (comma 11)
2020 – Risorse incrementali complessive del livello del fabbisogno nazionale standard pari a: 1.256 milioni di euro.
Autorizzazioni di spesa:
838.737.983 euro attuazione dei commi 2, 3, 4 e 8, rispettivamente Requisizione in uso immobili (commi 2 e 3); ADI (comma 4); Centrali operative (comma 8), di cui:
72.271.204 per Centrali operative regionali (comma 8)
407.896.000 euro attuazione dei commi 5, 6 e 7, di cui:
332.640.000 euro Infermieri di famiglia/comunità (comma 5) 61.000.000 euro USCA e specialisti convenzionati (co. 6)
14.256.000 euro assistenti sociali (comma 7)
10 milioni per indennità personale infermieristico (comma 9)
__________________________________________________________
Totale incremento livello finanziamento Ssn 2020 1.256.633.983 euro
Al finanziamento di cui all’articolo in esame accedono tutte le regioni e le province autonome (in deroga alla legislazione vigente per le autonomie speciali in materia di concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente), sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per il 2020 nelle seguenti modalità:
§ attuazione commi da 1 a 7 e 9, per un importo pari a 1.184.362.779 euro;
§ attuazione comma 8, sulla base delle necessità legate alla distribuzione delle centrali operative a livello regionale, per un importo pari a 72.271.204 euro.
Va ricordato che il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.
Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:
§ entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);
§ fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.
§ bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).
La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1, comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.
La ripartizione complessiva delle somme di cui al presente articolo, pari a 1.256.633.983 euro per il 2020, è riportata nella tabella di cui all’allegato A, che costituisce parte integrante del decreto in esame.
Agli oneri si provvede ai sensi dell’art. 265.
Le regioni e le province autonome e gli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute nell’apposito centro di costo “COV-20”, di cui all’art. 18 del decreto legge 18/2020.
L’art. 18 del decreto legge 18/2020 ha stabilito gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.
Dal 2021 - Autorizzazioni di spesa a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento
§ 480.000.000 euro per il reclutamento di personale infermieristico (comma 5);
§ 733.969.086 euro per il rafforzamento dell’ADI (comma 4);
§ 32.496.931 per l’operatività delle Centrali regionali (comma 8).
Articolo 2, commi 1-12 e 14-15
(Riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19)
L’articolo 2 è finalizzato alla realizzazione di un rafforzamento strutturale della rete ospedaliera del Servizio sanitario nazionale mediante l’adozione di uno specifico piano di riorganizzazione in grado di fronteggiare in maniera adeguata le emergenze pandemiche come quella da COVID-19 in corso. A tale scopo si prevede un aumento strutturale sul territorio nazionale di posti letto di terapia intensiva - ubicati anche in strutture movimentabili - e di area semi-intensiva (al 50% convertibili in posti di terapia intensiva), della dotazione dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari dei pazienti COVID-19, e viene demandato alle regioni di consolidare all’interno delle strutture sanitarie la separazione dei percorsi di accesso e cura per i pazienti citati. Le Regioni e le province autonome vengono anche autorizzate ad incrementare le spese per le assunzioni di personale sanitario, socio-sanitario e tecnico. Per l'insieme di questi interventi è previsto uno stanziamento di 1,467 miliardi per il 2020 che sono trasferiti al Commissario straordinario per il contrasto COVID-19 che è autorizzato a delegare i propri poteri ai Presidenti delle regioni e province autonome, allo scopo di garantire la massima celerità negli interventi di potenziamento della rete ospedaliera.
A tale scopo il comma 1 prevede che le Regioni e le province autonome garantiscono l’incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cure, rendendo strutturale la risposta all’aumento significativo della domanda di assistenza in relazione alle successive fasi di gestione della situazione epidemiologica correlata al virus Sars-CoV-2, ai suoi esiti e a eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica.
In proposito la relazione illustrativa osserva che durante la fase più acuta dell’emergenza l’attivazione dei posti letto per la gestione dei pazienti COVID-19 è stata organizzata dalle Regioni secondo alcuni modelli di riferimento:
-
definizione di strutture a destinazione e trattamento esclusivo di patologie COVID- 19 connesse;
-
riconversione parziale di strutture ospedaliere non esclusivamente dedicate a tali pazienti e prosecuzione dell’assistenza all’interno della rete dell’emergenza con netta separazione dei percorsi;
-
allestimento di ospedali da campo o di unità mobili;
-
riconversione di unità operative di degenza o di servizi in reparti COVID-19 a media e alta intensità di cure, terapie semi-intensive ed intensive attraverso la rilevazione di spazi dismessi.
La fase emergenziale più acuta dell’epidemia è stata affrontata anche con la sospensione dell’attività ordinaria procrastinabile di ricovero ospedaliero e con la contestuale riconversione di molti reparti nonché sale operatorie. La finalità perseguita dall’articolo in esame è quindi quella di rendere strutturale la risposta assistenziale fornita nel momento dell’emergenza garantendo al tempo stesso il graduale ripristino delle attività ordinarie
In linea generale va poi ricordato che la terapia intensiva (in sigla TI) è il reparto ospedaliero dove vengono garantite cure intense a pazienti con particolari stati di salute di media o alta gravità, quali ad esempio il supporto delle funzioni vitali (respiratore meccanico, farmaci inotropi, ecc.), od anche dopo recente intervento chirurgico maggiore, necessità di monitoraggio continuo e intervento immediato. La terapia intensiva dispone normalmente per ogni unità letto di un respiratore automatico, monitor multiparametrico, un defibrillatore manuale, pompe infusionali, impianto d’aspirazione; nel reparto è garantita assistenza infermieristica specializzata in numero non inferiore ad una unità ogni due letti e di un medico, normalmente anestesita. È classicamente costituita da un unico spazio di degenza in modo da poter garantire in qualsiasi momento, da parte di tutto il personale presente, il controllo agevole di ciò che avviene nel reparto e la garanzia di immediati interventi in caso di necessità. Esistono terapie intensive specializzate in cardiochirurgia, cardiologia, neurochirurgia, traumatologia, trapianti.
Lo scopo della terapia intensiva è, quello di stabilizzare le funzioni vitali dei pazienti gravi – la cui vita è in pericolo immediato – e permettere il successivo trasferimento in reparti meno intensivi, ma specializzati nel trattamento della singola patologia. Il tutto avviene grazie ad un monitoraggio avanzato del paziente (7 giorni su 7, 24 ore su 24) e all’utilizzo di tecnologie che supportano in primo luogo le funzioni respiratorie e cardiocircolatorie. Proprio per via dell’unicità delle condizioni dei pazienti che ne hanno bisogno, il numero dei letti di terapia intensiva è sempre molto ridotto rispetto ai letti di degenza ordinaria. E questo nonostante spesso, per consentire al malato di riprendersi, siano necessari tempi lunghi - da diversi giorni a qualche settimana - proprio come avviene per tanti pazienti COVID-19. Una delle caratteristiche principali della pandemia da COVID-19 si riscontra nella percentuale drammaticamente alta di pazienti che vanno in insufficienza respiratoria e hanno bisogno della terapia intensiva per sopravvivere. L'infezione causata dal nuovo coronavirus infatti provoca nel 10% dei casi una grave polmonite interstiziale bilaterale, con possibile sviluppo di Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS).
Per i pazienti meno critici, ma che necessitano comunque di un costante monitoraggio, il supporto delle funzioni vitali può avvenire anche all’interno delle cosiddette terapie sub-intensive, tramite macchinari meno invasivi
I piani di riorganizzazione di cui al presente comma, come approvati dal Ministero della salute ai sensi del comma 7, sono recepiti nei programmi operativi di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18
[2]
, e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi.
Il citato articolo 18, al comma 1, prevede, tra l’altro che ciascuna regione deve redigere un apposito Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 che il Ministero della salute dovrà approvare, di concerto con il MEF. Il Programma, inoltre, dovrà essere sottoposto al monitoraggio congiunto di questi Ministeri.
Viene poi stabilito che ai fini del presente comma e nel rispetto dei principi di separazione e sicurezza dei percorsi, è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione ulteriore di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva (corrispondente ad un incremento di circa 70% del numero di posti letto preesistenti la pandemia). Per ciascuna regione e provincia autonoma, tale incremento strutturale determina una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti.
Secondo una rilevazione compiuta il 21 marzo scorso da quotidiano Sanità in collaborazione con l'Anaao Assomed, la dotazione di partenza di terapia intensiva, prima dell'emergenza da COVID-19 in Italia, era di 5.404 posti letto, tra pubblico e privato. Nelle settimane critiche dell’emergenza epidemiologica, da Nord a Sud, le Regioni si sono attivate, portando la cifra complessiva a lievitare fino a 7.781. Qui una tabella elaborata al 21 marzo della distribuzione per Regioni dei posti di T.I.
Il comma 2 dispone che le regioni e le province autonome programmano una riqualificazione di 4.225 posti letto di area semi-intensiva, con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica, prevedendo che tali postazioni siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico ad alta intensità di cure.
Come sopra già ricordato la terapia subintensiva (o semintensiva) è destinata ai pazienti che non hanno bisogno di un trattamento invasivo come quelli più critici, ma che a causa della loro gravità necessitano comunque di uno stretto e costante monitoraggio delle funzioni vitali. Si tratta di una unità intermedia tra la degenza ordinaria e il trattamento intensivo
[3]
. A differenza della terapia intensiva, quella subintensiva, inoltre, non è standardizzata, né nelle dotazioni né nelle modalità organizzative.
In una nota dell'Ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, in prima fila nel contrasto alla COVID-19, si legge che nella sezione di terapia subintensiva è disponibile “il monitoraggio dei segni vitali ed, eventualmente, anche la possibilità di ventilazione non-invasiva o invasiva”. Nel trattamento dell'infezione da coronavirus, oltre ai ventilatori tradizionali, vengono utilizzati con successo anche i caschi respiratori CPAP (Continuous Positive Airway Pressure). Sono dispositivi che permettono di fornire ventilazione artificiale a un paziente con difficoltà respiratorie e che possono rappresentare una delle dotazioni all'avanguardia delle terapie subintensive. La Fondazione Veronesi spiega che in terapia subintensiva possono passare i pazienti dopo il trattamento nella sezione più critica: “Superato il periodo di ricovero in terapia intensiva, un paziente potrebbe non essere ancora in grado di proseguire la degenza in un reparto ordinario. Da qui l'esigenza di avere delle strutture intermedie, dove i pazienti vengono monitorati 24 ore al giorno, ma con un supporto meno invasivo rispetto ai giorni precedenti”.
Viene poi stabilito che in relazione all’andamento della curva pandemica, per almeno il 50 per cento dei posti letto di area semi-intensiva sopra previsti, si possa prontamente procedere, in caso di emergenza, alla loro conversione in posti letti di terapia intensiva, mediante integrazione delle singole postazioni con la necessaria strumentazione di ventilazione e monitoraggio. Al funzionamento dei predetti posti letto, a decorrere dal 2021, si provvede con le risorse umane programmate a legislazione vigente.
Il comma 3 inoltre stabilisce che, allo scopo di fronteggiare l’emergenza pandemica, e comunque fino al 31 dicembre 2020, sarà resa disponibile, per un periodo massimo di 4 mesi dalla data di attivazione, una dotazione di 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisa in 4 strutture movimentabili pronte per essere allestite in breve tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno.: per ciascuna struttura è prevista una dotazione di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.
Nel complesso, secondo i dati del Ministero della salute [4] si passa da un numero di 5.179 posti letto di TI (pre-emergenza) a 8.679, con un incremento del 70%. A questi si aggiunge la predisposizione alla terapia intensiva, con la sola implementazione di ventilazione meccanica e monitoraggio, di 2.112 posti letto di terapia semintensiva (cfr. infra). Inoltre, si aggiungono 300 posti
letto di terapia intensiva suddivisi in 4 strutture movimentabili, pronte per essere allestite in breve
tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno. Questo porta la disponibilità di terapie intensive a 11.091 posti letto di terapia intensiva, + 115% rispetto alla disponibilità in pre-emergenza.
Di seguito i dati dei posti letto per Regione come da tabella contenuta nella relazione tecnica.
L’incremento di posti letto assegnato a ciascuna Regione è stato calcolato partendo dai posti letto iniziali attivi in ciascuna Regione, registrati nei flussi informativi nazionali, fino al raggiungimento di una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti. Tale dotazione rende omogeneo su tutto il territorio nazionale il numero di posti letto per mille abitanti (0,14).
Alle Regioni ed alle province autonome che abbiano individuato unità assistenziali in regime di ricovero per pazienti affetti dal COVID-19, è poi demandato, ai sensi del comma 4, di provvedere a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, e di assicurare la ristrutturazione dei Pronto Soccorso con l’individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi.
Le Regioni vengono poi autorizzate a implementare i mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per i pazienti Covid-19, per le dimissioni protette e per i trasporti interospedalieri per pazienti non affetti da Covid-19 (comma 5). Per l’operatività di tali mezzi di trasporto, potranno assumere personale dipendente medico, infermieristico e operatore tecnico, con decorrenza 15 maggio 2020.
A tal fine, il limite di spesa regionale per l’anno 2020 è riportato nella colonna 6 della tabella di riparto di cui all’Allegato C, che forma parte integrante del presente decreto (pari a 263.900.000 euro ripartiti tra le Regioni secondo le indicazioni dell’Allegato).
Il comma 6, intervenendo sull’articolo 1, commi 1 e 2 del D.L. n. 18/2020, modifica le finalità e gli importi di uno stanziamento già previsto in favore del personale sanitario (dipendente dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale).
La novella - fermo restando il riferimento al solo personale direttamente impiegato nelle attività di contrasto dell'emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del virus COVID-19 - prevede (lettera a) del comma 6) che le risorse siano destinate prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale suddetto, mentre la versione previgente prevedeva (in via tassativa) la destinazione alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario (del medesimo personale).
Si prevede inoltre che le regioni e le province autonome possano raddoppiare (lettera b) del comma 6) la misura dello stanziamento già vigente, con proprie risorse (fermo restando l'equilibrio economico del sistema sanitario dell'ente). Con riferimento a tale ipotesi, il successivo comma 10 prevede un incremento di 190 milioni di euro, per il 2020, del livello del finanziamento sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato (cfr. infra), incremento che è ripartito tra le regioni e le province autonome dall'allegato C del presente decreto -. La misura dello stanziamento già vigente (che può essere, come detto, suscettibile di un raddoppio) è stabilita, per ciascuna regione o provincia autonoma, nella terza colonna della tabella A allegata al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 (colonna che fa riferimento, nell'intestazione, all'articolo 1, comma 1, dello stesso D.L. n. 18). Si rileva che il totale dello stanziamento già vigente è pari a 250 milioni di euro, mentre l'incremento di cui al successivo comma 10 è pari a 190 milioni; da tale differenza consegue che una quota del raddoppio - qualora l'ente attui tale facoltà in misura integrale - debba essere coperta con ulteriori risorse dell'ente.
In relazione alla modifica suddetta nella destinazione delle risorse, la novella prevede (lettera a) citata) che le risorse in oggetto incrementino - oltre che il "fondo per la retribuzione delle condizioni di lavoro" della dirigenza medica e sanitaria
[5]
ed il "fondo condizioni di lavoro e incarichi" del personale del comparto sanità
[6]
- per la "restante parte" i fondi incentivanti. Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri di determinazione di tale quota, considerato che non viene specificato l'importo da destinare ai due fondi summenzionati. Inoltre, la novella (lettera b) citata) fa un riferimento specifico - per la possibile destinazione degli incrementi in esame - all'indennità per il personale infermieristico di cui all'articolo 86, comma 6, del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.
La novella specifica altresì (lettera a) citata) che gli incrementi in oggetto delle remunerazioni sono consentiti in deroga - oltre che al livello massimo delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti, come già previsto dalla formulazione vigente - agli altri vincoli in materia di spesa per il personale.
Il comma 7 incrementa anche per le finalità di cui ai commi 1 e 5 (terzo periodo) del presente articolo, le risorse finanziarie già destinate alle assunzioni previste dalle disposizioni di cui all’articolo 2-bis, commi 1, lettera a) e 5, e all’ articolo 2-ter del decreto legge 17 marzo 2020, n.18
[7]
, vale a dire:
Più in particolare, le Regioni e le province autonome sono autorizzate ad incrementare la spesa di personale, per l’anno 2020, nel limite massimo di 240.975.000 euro, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia, da ripartirsi, per il medesimo anno 2020, a livello regionale come indicato nelle colonne 3 e 5 della tabella di cui all’allegato C, del decreto legge.
L’articolo 2-bis summenzionato concerne il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie ed agli operatori socio-sanitari (comma 1, lettera a), e commi da 2 a 4) ovvero a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza (comma 5)
I commi da 1 a 3 dell'articolo 2-ter consentono, in via transitoria, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari, mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale. Il comma 5 reca, in merito, norme specifiche relative ai medici in formazione specialistica. Il comma 4 reca una norma transitoria sulle modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche.
All’onere sopra indicato di 240.975.000 euro si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2020.
Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).
Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021. Per gli anni 2020 e 2021, l'accesso da parte delle regioni agli incrementi del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario, rispettivamente di 2.000 e 3.500 milioni di euro, è stato condizionato alla stipula dell'Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per il Patto per la salute 2019-2021, che ha previsto le misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati, oltre che di efficientamento dei costi. Il Patto per la Salute 2019-2021, in base al comma 515, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018) avrebbe dovuto essere sottoscritto entro il 31 marzo 2019, pena il mancato accesso delle regioni agli incrementi stabiliti per il livello di finanziamento del SSN per gli anni 2020 e 2021, rispettivamente pari a 2.000 e 1.500 milioni di euro. L'art. 42 del D.L. n. 124 del 2019, cd. "Fiscale", convertito dalla L. 157/2019, al comma 1, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2019 del termine per la sottoscrizione del nuovo Patto per la Salute 2019-2021. In Conferenza Stato-Regioni, il 18 dicembre 2019 è stata raggiunta finalmente l'intesa sul Patto, con il testo definitivo (qui il contenuto dell'Atto).
Va ricordato inoltre che l’articolo 18 del D.L. 18/2020 (c.d. “Cura Italia, cfr. supra) ha incrementato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato di 1.410 milioni di euro per l'anno 2020, sia in relazione agli interventi previsti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale, sia per le misure di incremento delle assunzioni nel comparto sanitario disposte dal decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14 (poi trasfuso nel D.L. 18/2020).
Nei piani di riorganizzazione diretti a fronteggiare le emergenze pandemiche di cui al comma 1, le regioni e le province autonome indicano le unità di personale aggiuntive rispetto alle vigenti dotazioni organiche da assumere o già assunte (ai sensi degli articoli 2-bis e 2-ter del decreto legge n. 18 del 2020). Per le finalità di cui ai commi 1 e 5, secondo periodo, del presente articolo (aumenti posti terapia intensiva e ad alta intensità di cure, nonché dei mezzi di trasporto per i trasferimenti secondari dei pazienti da COVID-19), a decorrere dal 1° Gennaio 2021, le Regioni e le province autonome sono autorizzate ad incrementare la spesa di personale nel limite massimo di 347.060.000 euro, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa di personale, da ripartirsi, a decorrere dall’anno 2021, a livello regionale come indicato nelle colonne 6 e 7 della citata tabella di cui all’allegato C.
Il comma 8 definisce le modalità di adozione dei piani di riorganizzazione di cui al comma 1. Viene previsto che entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, le regioni e le province autonome presentano il piano, comprensivo di tutte le misure sopra descritte, al Ministero della salute, che provvede ad approvarlo entro trenta giorni dalla ricezione. Il Ministero ha facoltà di richiedere una sola volta chiarimenti o integrazioni alla Regione o provincia autonoma, che ne dà riscontro entro i successivi dieci giorni, durante i quali il termine di approvazione è sospeso. Decorso il termine previsto per l’approvazione, senza l’adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano si intende approvato. Nel caso di mancata presentazione del piano da parte della regione o della provincia autonoma oppure nel caso di adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano è adottato dal Ministero della salute nel successivo termine di trenta giorni, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
I commi 9 e 10 quantificano l’onere recato dalle misure previste dall’articolo in esame.
Più in particolare il comma 9 autorizza per l’anno 2020 la spesa complessiva di 1.467.491.667 euro, per l’attuazione dei commi 1, 2, 3, 4 e 5, primo periodo, del presente articolo. Più nel dettaglio vengono autorizzati 1.413.145.000 euro in relazione a quanto previsto dai commi 1, 2, 4 e 5, primo periodo, vale a dire:
§ aumento dei posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva;
§ realizzazione di una separazione strutturale dei percorsi di accesso e cura dei pazienti;
§ implementazione dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari dei pazienti COVID.
Vengono invece stanziati 54.346.667 euro in relazione a quanto previsto dal comma 3, vale a dire: - realizzazione di 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisi in 4 strutture movimentabili, ciascuna delle quali dotata di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.
A tal fine è istituito per l'anno 2020 apposito capitolo nello stato di previsione del Ministero della salute per l'importo di 1.467.491.667 euro.
Il comma in esame prevede inoltre che per far fronte ai successivi oneri di manutenzione delle attrezzature per posto letto, dei pronto soccorso e dei mezzi di trasporto, a decorrere dall’anno 2021 all’onere complessivo di 25.025.250 euro si provvede a valere sul livello finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 10 autorizza la spesa complessiva di 430.975.000 euro per l’anno 2020, per l’attuazione dei commi 5, terzo periodo, 7, nonché al fine di integrare le risorse per le finalità di cui al comma 6, lettera a). Di questi 190.000.000 euro sono stanziati per il comma 6, lettera a) e 240.975.000 euro per l’attuazione dei commi 5, terzo periodo, e 7 (cfr.supra).
A tale fine, è conseguentemente incrementato, per l'anno 2020, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato. Al finanziamento di cui al presente comma accedono tutte le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2020 e per gli importi indicati nell’Allegato C, che costituisce parte integrante del presente decreto.
Va ricordato che il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.
Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:
§
entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);
§
fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.
§
compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge n. 296/2006 art. 1, comma 830);
Più nel dettaglio, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.
§
bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).
La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.
Le regioni e le province autonome e gli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute nell’anno 2020 nell’apposito centro di costo “COV-20”, di cui all’art. 18 del decreto legge 18 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020.
In proposito va ricordato che il comma 1 del citato articolo 18 del D.L. 18/2020 ha stabilito gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.
Si ricorda che con quest’ultimo decreto sono stati adottati, per gli enti del Ssn, nuovi modelli di rilevazione economica del Conto Economico, dello Stato Patrimoniale, dei costi di Livelli essenziali di Assistenza e del Conto del Presidio, anche per tenere conto dell’evoluzione normativa data essenzialmente dal D.Lgs. n. 118 del 2011, che ha attuato le deleghe della L. 42 del 2009 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi. I nuovi modelli, in particolare, sono diretti ad assicurare una più organica ed omogenea attività di rilevazione dei dati di ricavo e di costo degli enti del Servizio sanitario Nazionale di cui all'art. 19, comma 2, lettera c)del citato decreto legislativo (vale a dire aziende sanitarie locali (ASL); aziende ospedaliere (AO); istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN), tendendo a garantire la piena coerenza trai dati contenuti nei diversi modelli di rilevazione economica e a rispondere alle esigenze informative, sia a livello ministeriale che regionale, per una più puntuale e dettagliata articolazione degli fatti economici.
A decorrere dall’anno 2021, all’onere pari a 347.060.000 euro, relativo alla spesa per il personale aggiuntivo di cui al comma 7 del presente articolo, si provvede a valere sul livello finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 11 prevede che a seguito dell’approvazione da parte del Ministero della salute di ciascun piano di riorganizzazione, considerata l’urgenza, gli importi di cui al comma 9 relativi all’anno 2020, pari a complessivi 1.467.491.667 euro, sono trasferiti al Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, e si compongono di 1.413.145.000 euro, da ripartire a livello regionale secondo la Tabella di cui all’Allegato D, e di 54.346.667 euro per le strutture movimentabili di cui al comma 3. Il Commissario Straordinario procederà, nell’ambito dei poteri conferitigli dall’articolo 122 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, a dare attuazione ai piani, garantendo la massima tempestività e l’omogeneità territoriale, in raccordo con ciascuna regione e provincia autonoma.
Il comma 12 autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, a delegare – per l’attuazione del piano di riorganizzazione per far fronte alle emergenze pandemiche di cui al comma 1 - l'esercizio dei poteri a lui attribuiti (ai sensi e per gli effetti dell'articolo 122 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18) a ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma che agisce conseguentemente in qualità di commissario delegato.
Il comma 12 prevede quindi che per l'attuazione del piano di riorganizzazione, il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 (figura istituita, com'è noto, dall'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020) possa delegare i poteri a lui spettanti al Presidente di regione o di provincia autonoma interessato.
Quest'ultimo agisce conseguentemente in qualità di commissario delegato, a titolo gratuito, nel rispetto delle direttive impartite e delle tempistiche stabilite dal Commissario straordinario.
A sua volta, l'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020, richiamato dalla previsione in esame, specifica, al comma 1, che il Commissario, "raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie" provvede al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva.
Inoltre, il modulo procedimentale disegnato dall'articolo 122, comma 2 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, stabilisce che il Commissario collabori con le regioni e le supporti nell'esercizio delle relative competenze in materia di salute e può, anche su richiesta delle regioni, adottare in via d'urgenza, nell'ambito delle funzioni sue proprie, i provvedimenti necessari (di natura non normativa) a fronteggiare ogni situazione eccezionale, i quali sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni e alle singole regioni interessate, che possono chiederne il riesame.
Le competenze del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID -19 sono definite dal comma 1 dell'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020.
Esso prevede che il Commissario "attua e sovrintende a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria", organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla. Inoltre programma e organizza ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni, e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale.
Nell'esercizio di tali attività, il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house, nonché delle centrali di acquisto.
Si è ricordato supra come il Commissario, raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie, provveda inoltre al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva.
Il Commissario dispone, anche per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile e, ove necessario, del prefetto territorialmente competente, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 18, la requisizione di beni mobili, mobili registrati e immobili, e provvede alla gestione.
Il Commissario pone in essere ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell'emergenza. Per la medesima finalità, può provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti e alla riconversione di quelli esistenti per la produzione di detti beni tramite il commissariamento di rami d'azienda, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all'emergenza, organizzandone la raccolta e controllandone l'impiego.
La formulazione del comma 12 prevede dunque la possibilità di una delega, conferibile dal Commissario senza specifiche formalità, anche a prescindere dal tipo di poteri delegabili, e in piena autonomia (trattandosi di una deliberazione del Commissario e non di una proposta di attribuzione dei propri poteri al presidente della regione, da formalizzare con d.P.C.m. o altro atto).
In proposito, da un’analisi del quadro normativo vigente non sembrano riscontrarsi precedenti in cui si sia attribuito al Commissario, organo tecnico, il potere di delegare le proprie funzioni o l'esercizio dei propri poteri, all'organo politico di vertice di una regione.
Si valuti quindi l'opportunità di chiarire la previsione del comma 12, anche con riguardo alla tipologia di funzioni che il Commissario può delegare al Presidente della regione e ai casi in cui si verifica tale delega. Si valuti inoltre l'opportunità di definire il procedimento e la tipologia di atto con i quali potrà avvenire tale delega.
Il comma 14 prevede che la proprietà delle opere realizzate dal Commissario sia delle aziende del Servizio sanitario nazionale presso le quali sono realizzate. Qualora la regione abbia già provveduto in tutto o in parte alla realizzazione delle opere anteriormente al presente decreto-legge il Commissario è autorizzato a finanziarle a valere sulle risorse di cui al presente articolo e nei limiti delle stesse. Il comma 15 dispone che agli oneri derivanti dai commi 9 e 10 pari a 1.898.466.667 di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 265 (Disposizioni finanziarie finali).
Il comma 13 dell’articolo 2 consente di eseguire le opere edilizie, strettamente necessarie a perseguire le finalità per il riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19, in deroga alle disposizioni previste dal Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali. La disposizione consente, inoltre, per le medesime opere edilizie, di derogare, fino al termine dello stato di emergenza, agli obblighi in materia di prevenzione incendi previsti dal D.P.R. n. 151/2011, prevedendo che i requisiti minimi antincendio sono assolti con l’osservanza delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Più nel dettaglio, il comma 13 dell’art. 2 stabilisce che le opere edilizie strettamente necessarie a perseguire le finalità di cui al presente articolo (ossia il riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19) possono essere eseguite:
§ in deroga alle disposizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali;
§ nonché, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 (e quindi, allo stato, fino al 31 luglio 2020) e delle successive eventuali proroghe, in deroga agli obblighi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, recante il Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi.
La norma in esame chiarisce inoltre che il rispetto dei requisiti minimi antincendio si intende assolto con l’osservanza delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008.
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, d’ora in avanti TUE) detta i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia. Il Titolo II del TUE contiene le disposizioni sui titoli abilitativi necessari per tutti gli interventi edilizi, che devono comunque rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali (tra cui i piani regolatori), e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, in particolare le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004).
Le norme sui titoli abilitativi sono state modificate da numerosi provvedimenti, tra i quali si ricordano i più recenti:
§ legge 28 dicembre 2015 n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali);
§ decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 (Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA));
§ decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124);
§ decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA2), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti).
Attualmente, il TUE prevede cinque regimi amministrativi degli interventi edilizi: l’attività edilizia libera, il permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), la segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire e la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).
In tale ambito, le regioni possono disciplinare autonomamente l’attività edilizia ed i titoli abilitativi, nel rispetto dei principi fondamentali e delle indicazioni del Testo Unico. Le regioni ordinarie esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia e governo del territorio nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.
Si ricorda, poi, che all’interno del citato D. Lgs. n. 81/2008, l’art. 46 disciplina la prevenzione incendi nei luoghi di lavoro, stabilendo, in primo luogo, che la prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente. In particolare, nei luoghi di lavoro soggetti al citato decreto legislativo (che si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio) devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.
Si ricorda, inoltre, che in tema di norme antincendio, il regolamento di cui al D.P.R. n. 151/2011 individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio, attribuite secondo la normativa alla competenza del Comando VVF. Nell'ambito di applicazione del regolamento rientrano tutte le attività riportate nell'Allegato I, soggette ai controlli di prevenzione incendi che, a seconda della categoria di appartenenza A, B, C, devono ottenere la conformità antincendio. In tale ambito sono incluse le strutture sanitarie con superficie superiore a 500m2 (punto 68, Allegato I, D.P.R. n. 151/2011).
L’ultimo periodo del comma 13 consente, infine, l’inizio dei lavori contestualmente alla presentazione della istanza o della denuncia di inizio di attività presso il comune competente.
Si segnala che tale possibilità è già prevista, in merito alla SCIA in generale, dall’art. 19, comma 2 della L. n. 241/1992, come modificato dal D.Lgs. n. 126/2016, che stabilisce, in particolare, che l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.
L’espressione “denuncia di inizio attività” (DIA) presente nella norma in esame andrebbe sostituita con l’espressione “segnalazione certificata di inizio attività” (SCIA), in conformità con l’attuale formulazione dell’art. 19 della legge n. 241/1990.
Si ricorda che la SCIA si configura come una semplice segnalazione – corredata dalla documentazione richiesta dalla normativa di settore – da parte dell’interessato all’amministrazione pubblica competente, non utilizzabile nei casi in cui siano richiesti “titoli espressi” – ovvero in presenza di vincoli normativi di carattere ambientale, paesaggistico, culturale o inerenti alla salute, alla sicurezza pubblica, alla difesa nazionale – senza che vengano preventivamente acquisiti gli atti di assenso (autorizzazione, nulla osta, parere preventivo, ecc.) dell’ente preposto alla tutela del vincolo stesso (art. 22, co. 6, del D.P.R. n. 380/2001, cosiddetta “SCIA condizionata”).
Rispetto alla DIA, che prevede, prima dell’avvio dell'intervento, l’assenso del Comune, che può anche negarne l'approvazione, l’innovazione della SCIA più importante consiste nel poter iniziare qualsiasi attività dalla data di presentazione della medesima all’amministrazione competente, purché siano verificate due condizioni, ovvero: siano stati acquisiti tutti i preventivi atti di assenso, eventualmente previsti dalle leggi e norme vigenti; le attività e/o gli immobili oggetto di intervento non siano localizzati all’interno dei centri storici e nelle altre aree di particolare pregio ambientale, storico, artistico (ovvero all’interno delle Zone “A” di cui al D.M. n. 1444/1968 ed aree equipollenti), in cui l’inizio dei lavori può avvenire solo dopo 30 giorni dalla data di presentazione della SCIA (art. 23-bis, co. 4, del D.P.R. n. 380/2001).
Si fa presente infine che il comma 13, ultimo periodo, è in sostanza analogo a quanto previsto dall’art. 4, comma 2 del D.L. 18/2020 (cd. Decreto Cura Italia, vedi qui il dossier).
L'articolo 3 modifica le norme transitorie sugli incarichi a tempo determinato ai medici in formazione specialistica, nell'ambito della disciplina che consente, sempre in via transitoria, in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari (mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale). Le novelle di cui al presente articolo concernono in particolare i limiti di durata e le ipotesi di proroga.
Si prevede, in primo luogo, che gli incarichi in oggetto ai medici in formazione specialistica [8] abbiano una durata di sei mesi, mentre le norme per il personale sanitario e socio-sanitario summenzionati stabiliscono la durata di un anno. Resta fermo che, per i medici in formazione specialistica, l'incarico è ammesso esclusivamente per gli iscritti all'ultimo o penultimo anno dei relativi corsi di specializzazione.
Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del nuovo termine di durata per gli incarichi già conferiti, considerato che, nella disciplina finora vigente, il termine di un anno trovava applicazione anche per i medici in formazione specialistica.
In secondo luogo, si consente - in relazione al nuovo termine di sei mesi - una proroga della durata dell’incarico, in ragione del perdurare dello stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2020, previa definizione dell'accordo di cui all'articolo 1, comma 548-bis, settimo periodo, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni. Si valuti l'opportunità di chiarire i termini dell’ipotesi di proroga, considerato che, nella disciplina vigente, lo stato di emergenza cessa il 31 luglio 2020 (in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020).
Si ricorda che la norma richiamata di cui al comma 548-bis prevede, in materia di formazione (medica e veterinaria) specialistica a tempo parziale, la stipulazione di specifici accordi tra le regioni, le province autonome e le università interessate, sulla base di un accordo quadro, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
[9]
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La novella dispone altresì che, per le ipotesi di proroga in esame, l'accordo tenga conto delle eventuali e particolari esigenze di recupero - all'interno dell'ordinaria durata legale del corso di studio - delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.
Resta fermo (come previsto dalla formulazione già vigente) che: i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante lo stato di emergenza in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione.
Le novelle suddette riguardano il comma 5 dell'articolo 2-ter del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, mentre le norme che concernono in generale il personale delle professioni sanitarie e gli operatori socio-sanitari sono poste dai commi da 1 a 3 del medesimo articolo 2-ter
[10]
.
La possibilità di conferimento degli incarichi a tempo determinato in esame è ammessa durante la vigenza dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (la quale ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera). Il conferimento (da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) può concernere il personale delle professioni sanitarie e gli operatori socio-sanitari.
Riguardo al richiamo concernente le professioni sanitarie, si ricorda che il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini
[11]
: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.
Gli incarichi in esame non sono rinnovabili
[12]
e sono conferiti mediante procedure comparative per titoli o colloquio orale o per titoli e colloquio orale, svolte con forme di pubblicità semplificata, quali la pubblicazione dell'avviso - per una durata minima di cinque giorni - solo sul sito internet dell'azienda che lo bandisca.
In ogni caso, il ricorso agli incarichi in esame è subordinato alla previa verifica - da parte dei medesimi enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore.
Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
Il successivo articolo 17-ter, comma 2, dello stesso D.L. n. 18 reca alcune specificazioni sulle modalità di applicazione dell’articolo 2-ter in esame alle aziende ospedaliero-universitarie.
Allo scopo di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza, l’articolo 4 prevede e disciplina il riconoscimento alle strutture sanitarie inserite nei piani per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva, di una remunerazione per una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti ed alla gestione dell’emergenza. La definizione delle modalità di determinazione di tale remunerazione è rimessa ad un decreto del Ministro della salute previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Viene abrogato l’articolo 32 del D.L. 23/2020 disciplinante la stessa materia.
Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che per far fronte all’emergenza epidemiologica COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (vale a dire fino al 31 luglio 2020), le regioni, anche quelle in piano di rientro
[13]
, e le province autonome di Trento e Bolzano, possono riconoscere alle strutture sanitarie inserite nei piani adottati per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio (di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) del D.L. 18/2020
[14]
), la remunerazione di una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all'allestimento dei reparti e alla gestione dell'emergenza COVID 19 secondo le disposizioni dei predetti piani, e un incremento tariffario per le attività rese a pazienti COVID.
Va ricordato che con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, disponendo che si provveda con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
Va inoltre ricordato che l’articolo 3 del citato D.L. n. 18/2020, all’esame della Camera, ha previsto e disciplinato alcune misure di potenziamento delle reti di assistenza territoriale per far fronte all’emergenza da COVID-19, prevedendo che le regioni e le province autonome e le aziende sanitarie possano stipulare accordi contrattuali con strutture sanitarie pubbliche, private accreditate ed anche private non accreditate, per l’acquisto di ulteriori prestazioni sanitarie in presenza di alcuni presupposti:
§
la situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 richieda l’attuazione nel territorio regionale e provinciale del piano, adottato in attuazione della circolare del Ministero della salute del 1° marzo 2020 (prot. GAB 2627) , al fine di incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio e in conformità alle indicazioni fornite dal Ministro della salute con circolare del 29 febbraio 2020(prot. GAB 2619);
§
la circostanza che dal piano sopracitato emerga l’impossibilità di perseguire gli obiettivi di potenziamento dell’assistenza nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate mediante le prestazioni acquistate con i contratti in essere alla data del decreto in esame.
Il riconoscimento di tale remunerazione può avvenire anche in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124
[15]
(c.d. decreto fiscale) convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, pari al valore della spesa consuntivata per l’anno 2011, e in deroga all’articolo 8-sexies, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
[16]
.
Le prestazioni sanitarie incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) vengono erogate da soggetti pubblici (Aziende sanitarie e ospedaliere, Aziende ospedaliero-universitarie, Irccs pubblici), privati equiparati (Irccs privati, Ospedali classificati e “Presidi”) e privati accreditati, con i quali le Regioni e le Aziende stipulano degli accordi o contratti e fissano una remunerazione. Le regole di base del sistema di remunerazione, basate su tariffe per prestazione fissate preventivamente, sono stabilite dall’articolo 8-sexies del d.lgs. 502/92 .
Il sistema di remunerazione si compone di due elementi principali e si basa sul funzionamento di alcuni meccanismi che ne devono garantire la definizione, l’aggiornamento e il corretto utilizzo. Elemento fondamentale del sistema sono le tariffe omnicomprensive predeterminate per singola prestazione; ne esistono, normativamente, tre tipologie:
1.
le tariffe nazionali, stabilite periodicamente dal Ministero della salute insieme al Ministero dell’Economia;
2.
le tariffe regionali, stabilite periodicamente dagli Assessorati regionali alla sanità;
3.
per le sole attività di ricovero, dal luglio 2003, sono inoltre stabilite concordemente tra tutte le regioni ogni anno le tariffe utilizzate per la “compensazione della mobilità interregionale” (TUC, Tariffa Unica Convenzionale).
I criteri per determinare le tariffe, a livello nazionale e regionale, sono definiti per legge e impongono, sia il legame delle tariffe con i costi per produrre le prestazioni secondo modalità efficienti ed appropriate, sia il rispetto dei vincoli dettati dai livelli di finanziamento complessivo del Ssn.
Attualmente, due decreti ministeriali definiscono i tariffari nazionali, vale a dire: il Decreto del Ministero della salute ministeriale 18 ottobre 2012
[17]
e il Decreto del Ministero della sanità 27 agosto 1999, n. 332
[18]
.
Tale specifica remunerazione viene riconosciuta in sede di rinegoziazione per l'anno 2020 degli accordi e dei contratti di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per le finalità emergenziali previste dai predetti piani.
L’articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992 prevede che la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano una serie di aspetti, tra i quali, gli obiettivi di salute, il volume massimo di prestazioni da assicurare, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate.
Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa Intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabilite le modalità di determinazione della specifica funzione assistenziale e l’incremento tariffario di cui al comma 1 in modo da garantire la compatibilità con il finanziamento per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2020 e con le risorse previste per l’attuazione dell’articolo 3, comma 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.
Il comma 6 dell’articolo 3 del D.L. 18/2020 dispone che per l’attuazione dei commi 1 e 2 (concernenti la stipula di accordi con le strutture sanitarie), è autorizzata la spesa complessiva di 240.000.000 euro per l'anno 2020 e per l’attuazione del comma 3 (concernente la messa a disposizione di locali e personale da parte delle strutture sanitarie), è autorizzata la spesa di 160.000.000 euro per l’anno 2020. Al relativo onere si provvede a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno. Al relativo finanziamento accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019.
Il comma 3 prevede che la remunerazione della specifica funzione assistenziale e l’incremento tariffario di cui al comma 1 come individuati nel decreto ministeriale di cui al comma 2, sono riconosciuti, limitatamente al periodo dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, anche agli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 19, lettera c), della legge n. 23 giugno 2011, n. 118 [19] , compatibilmente con il fabbisogno sanitario riconosciuto per l’anno 2020, vale a dire: alle aziende sanitarie locali, alle aziende ospedaliere, agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni, alle aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale; in tal senso, come evidenziato dalla relazione illustrativa, per ragioni di equità si è ritenuto di estendere tale remunerazione anche alle strutture pubbliche che hanno collaborato e collaborano alla gestione dell’emergenza.
Va osservato che il riferimento corretto è al Decreto legislativo (e non già alla legge) n.118/2011.
Ai sensi del comma 4, nella vigenza dell’accordo rinegoziato ai sensi del comma 1, gli enti del servizio sanitario nazionale, corrispondono agli erogatori privati, a titolo di acconto e salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione delle attività da parte degli erogatori privati, un corrispettivo, su base mensile, per le prestazioni rese ai sensi del presente articolo, fino ad un massimo del 90 per cento dei dodicesimi corrisposti o comunque dovuti per l’anno 2020.
Il comma 5 dà facoltà alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, nelle more dell’adozione del decreto di cui al comma 2, di riconoscere alle strutture private accreditate destinatarie di apposito budget per l’anno 2020, e che vedono altresì una temporanea sospensione delle attività ordinarie in funzione anche di quanto previsto dall’articolo 5-sexies, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, la remunerazione a titolo di acconto, su base mensile, e salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione delle attività da parte degli erogatori privati, fino a un massimo del 90 per cento del volume di attività riconosciuto nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 stipulati per il 2020.
L’articolo 5 sexies, del D.L. n.18/2020, al comma 1, al fine di impiegare il personale sanitario delle strutture pubbliche o private prioritariamente nella gestione dell’emergenza, ha dato facoltà, alle regioni e alle province autonome, di rimodulare o sospendere le attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti, ivi incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria.
Si prevede inoltre che agli esercenti le professioni sanitarie, impegnati a far fronte alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non si applichino le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore (in relazione, tra l’altro, alla regolamentazione dei riposi, delle pause, ferie, turni notturni, v. infra), purchè venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate mediante accordo quadro nazionale.
Infine viene abrogato l’articolo 23 del D.L. 23/2020 che disciplina la stessa materia.
Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.
Articolo 5
(Incremento delle borse di studio degli specializzandi)
L’articolo 5 dispone l’incremento dell’autorizzazione di spesa relativa al numero dei contratti di formazione specialistica destinati ai medici specializzandi per un importo di 105 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 109,2 milioni per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Viene corrispondentemente incrementato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per la parte statale, con oneri a valere sulla copertura definita al comma 7 dell’articolo 265.
L’autorizzazione di spesa è riferita all’articolo 37 del D.Lgs. n. 368/1999 che regola il contratto annuale di formazione-lavoro stipulato dal medico specializzando all'atto dell’iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia. L’iscrizione non dà diritto all'accesso ai ruoli del SSN e dell'università o della ASL ove si svolge la formazione, ma è finalizzata esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante frequenza programmata delle attività didattiche e svolgimento di attività assistenziali, conformemente anche alle indicazioni fornite in sede comunitaria.
I contratti di formazione sono stipulati dai medici specializzandi con l'università ove abbia sede la scuola di specializzazione e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie le cui strutture siano parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.
In base ai dati forniti dalla RT, sarebbero 4.200 i nuovi specializzandi per ciascuno degli anni 2020 e 2021, tenuto conto del costo annuo lordo di una borsa di studio, pari a 25.000 euro, che aumenterebbe a 26.000 euro, a partire dal terzo anno fino alla conclusione del ciclo di studi (anni 2022-2024).
L’autorizzazione di spesa in esame è stata incrementata più volte. Da ultimo, la legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 271, Legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente incrementato i contratti di formazione specialistica dei medici mediante un nuovo aumento delle risorse già appostate al comma 521, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge 145/2018) allo scopo di prevederne un aumento a regime stimato in 900 borse di specializzazione.
Tali risorse hanno incrementato l'autorizzazione di spesa già prevista all'articolo 1, comma 252, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), che a sua volta aveva disposto un incremento degli stanziamenti aventi la medesima finalità ai sensi dell'art. 1, comma 424 della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), diretti ad aumentare le risorse a legislazione vigente ascrivibili al sopra citato D.Lgs. 368/1999 .
Inoltre, il comma 518, art. 1, della citata legge di bilancio 2019 ha previsto l'integrazione, con la finalità di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione specifica, delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale per un importo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019. L'incremento rappresenta comunque un limite di spesa.
La seguente tabella evidenzia i rispettivi incrementi delle risorse stanziate per i contratti di formazione medica specialistica previsti dai diversi atti normativi richiamati:
(in milioni di euro)
Finanziamento borse di formazione medica specialistica
|
2019
|
2020
|
2021
|
2022
|
2023 e ss.
|
dal 2024
|
Autorizzazione di spesa al D.Lgs. 368/1999, di cui:
|
708
|
702
|
702
|
702
|
702
|
702
|
Art. 1, co. 424, L. 147/2013
|
50
|
50
|
50
|
50
|
50
|
50
|
Art. 1, co. 252, L. 208/2015
|
70
|
90
|
90
|
90
|
90
|
90
|
Legge di bilancio n. 145/2018 (art. 1, comma 521)
|
22,5
|
45
|
68,4
|
91,8
|
100
|
100
|
Legge di bilancio n. 160/2019 (art. 1, comma 271)
|
-
|
5,425
|
10,850
|
16,492
|
22,134
|
24,995
|
DL. n. 34/2020, art. 5
|
-
|
105
|
105
|
109,2
|
109,2
|
109,2
|
Risorse complessive
|
730,5
|
852
|
875,4
|
903
|
911,2
|
911,2
|
Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati.
Si sottolinea che, in aggiunta alla risorse elencate, il comma 859, art. 1, della citata legge di bilancio 2020 ha inoltre disposto che per l'ammissione di medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria, riordinate ed accreditate ai sensi dei decreti ministeriali D.M. n. 68 del 4 febbraio 2015 e D.M. n. 402 del 13 giugno 2017, è autorizzata l'ulteriore spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 26 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022.
Per completezza, si ricorda che è stata finanziata con 3 milioni di euro (commi 470-472, art. 1, della legge di bilancio 2020) una tecnostruttura per supportare le attività dell'Osservatorio nazionale e degli Osservatori regionali per la formazione medica specialistica di cui agli articoli 43 e 44 del citato D.Lgs. n. 368 del 1999 ed autorizzata una spesa di 3 milioni di euro nel 2020 e 2 milioni annui dal 2021 da destinare all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), per il supporto alle attività del Ministero della salute e delle regioni concernenti la definizione del fabbisogno di medici e professionisti sanitari, nonché per il supporto all'Osservatorio nazionale ed agli Osservatori regionali summenzionati per lo sviluppo e l'adozione di metodologie e strumenti per la definizione di una distribuzione dei posti - relativi ai corsi di medicina e chirurgia e delle professioni sanitarie e alle scuole di specializzazione di area sanitaria - rispondenti alle effettive esigenze del Servizio sanitario nazionale.
L'articolo 7 autorizza il Ministero della salute a trattare dati personali - anche relativi alla salute degli assistiti - raccolti nei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale - nonché dati reddituali dell'interessato e del suo nucleo familiare, al fine di sviluppare metodologie predittive dell’evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione. Si demanda ad un regolamento del Ministro della salute (adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali) la definizione delle norme attuative.
Il comma 1 consente che il Ministero della salute tratti i dati in oggetto nell'ambito dei compiti ad esso attribuiti dall'articolo 47-ter del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni (articolo operante una ricognizione generale delle funzioni del suddetto Dicastero), con particolare riferimento alle funzioni relative: agli indirizzi generali e di coordinamento in materia di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie; alla programmazione tecnico-sanitaria di rilievo nazionale; all’indirizzo, coordinamento e monitoraggio dell’attività tecnico-sanitaria regionale.
Il comma in esame richiama anche l'articolo 2-sexies, comma 2, lettera v), del codice in materia di protezione dei dati personali (di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196). Tale disposizione considera rilevante l'interesse pubblico relativo ai trattamenti in materia di programmazione, gestione, controllo e valutazione dell'assistenza sanitaria, ivi incluse l'instaurazione, la gestione, la pianificazione e il controllo dei rapporti tra l'amministrazione ed i soggetti accreditati o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.
Il trattamento dei dati di cui al presente comma 1 deve avvenire:
§ nel rispetto delle norme poste dal regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, "relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)".
§ secondo le modalità poste dal regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 7 dicembre 2016, n. 262 ("Regolamento recante procedure per l'interconnessione a livello nazionale dei sistemi informativi su base individuale del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato").
Il comma 2 prevede che un decreto del Ministro della salute di natura regolamentare, adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, individui le tipologie di dati che possano essere trattati, nonché le relative modalità di acquisizione dai sistemi informativi dei soggetti detentori, le operazioni eseguibili, le misure appropriate e specifiche per la tutela dei diritti degli interessati, i tempi di conservazione dei dati medesimi. Le tipologie di dati in esame possono rientrare anche tra le categorie particolari annoverate dall'articolo 9 del citato regolamento 2016/679/UE.
Si ricorda che il paragrafo 1 del suddetto articolo 9 reca, in via generale, il divieto di trattare i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché dati genetici, biometrici (intesi a identificare in modo univoco una persona fisica), dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona. Tuttavia, il successivo paragrafo 2 individua i casi di esclusione del divieto. Tra questi figurano le ipotesi di trattamento necessario:
§ per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, il quale deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi del soggetto (lettera g));
§ per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali, sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri o conformemente al contratto con un professionista della sanità (fatte salve le condizioni e le garanzie di cui al paragrafo 3 dello stesso articolo 9) (lettera h));
§ per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell'assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici, sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, il quale deve prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti e le libertà dell'interessato, in particolare il segreto professionale (lettera i));
§ a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, sulla base del diritto dell'Unione o nazionale, il quale deve essere conforme al criterio di proporzionalità rispetto alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi del soggetto (lettera j)).
L’articolo 8 prevede, allo scopo di una semplificazione delle procedure di rinnovo delle ricette mediche e di una limitazione degli accessi dei pazienti presso le strutture sanitarie, per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria, alcune proroghe delle prescrizioni mediche dei farmaci essenziali e per le malattie croniche, rimborsati dal SSN.
Il comma 1 prevede che, per il solo periodo di emergenza - fino al 31 luglio 2020 - allo scopo di una semplificazione delle procedure di rinnovo e di una limitazione degli accessi dei pazienti presso le strutture sanitarie, è prorogata, fino ad un massimo di ulteriori 30 giorni, la validità della ricetta (per un totale massimo di 60 giorni, in luogo dei 30 previsti per le ricette a carico del SSN) per i pazienti già in trattamento con medicinali classificati in fascia A
[20]
(vale a dire i farmaci essenziali e quelli per le malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, v. approfondimento), soggetti a prescrizione medica limitativa ripetibile (RRL) e non ripetibile (RNRL). Ulteriore condizione per la proroga della validità è che tali farmaci non siano sottoposti a Piano Terapeutico, vale a dire con condizioni cliniche supportate da evidenze scientifiche, o Registro di monitoraggio AIFA per il controllo dell’appropriatezza prescrittiva
[21]
, nei casi in cui sia prevista dalla regione o dalla provincia autonoma competente una modalità di erogazione attraverso la distribuzione per conto (DPC). Tale modalità consente al paziente di ritirare nelle farmacie aperte al pubblico i farmaci in confezione ospedaliera, in base ad accordi tra farmacie e aziende ospedaliere, su cui la norma indirizza per un uso il più possibile esteso. Questo canale distributivo – si ricorda - fuoriesce dalla farmaceutica convenzionata.
La norma in esame deroga, in particolare, al comma 12 dell'art. 85 della legge n. 388/2000, che limita a due il numero massimo di confezioni per ricetta, salvo quanto disposto dall’art. 9 del DL. 347/2001 che stabilisce - per le patologie individuate dal D.Lgs. n. 124/1998, art. 5, comma 1, lett. a) (malattie croniche o invalidanti) e lett. b) (malattie rare) - un limite massimo per ricetta aumentato a tre pezzi. La prescrizione non può comunque superare i sessanta giorni di terapia.
I medicinali soggetti a ricetta medica limitativa sono quelli la cui prescrizione può essere effettuata solo da taluni medici o a taluni ambienti e comprendono le seguenti categorie di medicinali: a) medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero per ragioni di sicurezza di cui all’art. 92 D.Lgs. 219/2006
[22]
per le caratteristiche farmacologiche date o l’innovatività o la modalità di somministrazione ovvero per altri motivi di tutela della salute pubblica
[23]
; b) medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. 219/2006, la cui prescrizione medica può essere rinnovata volta per volta in quanto con l’uso continuato possono determinare stati tossici o determinare rischi particolarmente elevati per la salute
[24]
; c) medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio (art. 94 D.Lgs 219/2006) che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalità di impiego, sono destinati ad essere utilizzati direttamente dallo specialista durante la visita ambulatoriale ovvero presso il domicilio del paziente, soltanto se la somministrazione dello stesso non necessita di particolari attrezzature ambulatoriali
[25]
. Si sottolinea che le limitazioni per tali medicinali riguardano esclusivamente il regime di dispensazione e non quello di concedibilità a carico del SSN, per il quale valgono i contenuti delle specifiche note CUF.
Nel caso in cui i pazienti abbiano già iniziato il trattamento con i farmaci indicati al precedente comma, la validità della ricetta, se questa è già scaduta o non è stata utilizzata, viene prorogata di 60 giorni dalla data di scadenza della ricetta medesima (comma 2).
Il comma 3 definisce un regime particolare nel caso di nuove prescrizioni da parte del centro o dello specialista dei medicinali sopra indicati, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (19 maggio 2020): la validità della ricetta, con riferimento a tali prescrizioni, è estesa a una durata massima di 60 giorni per un numero massimo di 6 pezzi per ricetta, necessari a coprire l’intervallo temporale di 60 giorni e tenuto conto del fabbisogno individuale, fatte salve le disposizioni più favorevoli già previste, tra cui quelle per le patologie croniche e per le malattie rare.
In proposito, il DL. n. 347/2001 (L. n. 405/2001), come modificato dall’art. 26 del DL. 90/2014 (L. 114/2014) ha stabilito che in attesa dell’entrata a regime della ricetta dematerializzata su tutto il territorio nazionale, per determinate patologie croniche, il medico può prescrivere medicinali fino ad un massimo di sei confezioni per ricetta, purchè già utilizzati dal paziente da almeno sei mesi, per un totale massimo di durata della prescrizione pari a 180 giorni di terapia.
È previsto il caso della non applicazione della proroga automatica della ricetta, quando il paziente presenta un peggioramento della patologia di base o un’intolleranza ovvero nel caso in cui il trattamento con i sopra indicati medicinali preveda il monitoraggio di parametri sull’andamento della terapia ai fini della prescrizione. In tali casi deve essere contattato il centro o lo specialista di riferimento, secondo le indicazioni fornite dalle singole regioni e dalle province autonome (comma 4).
Infine, si prevede (comma 5) che lo stesso sistema di proroga della ricetta sopra definito durante tutto il periodo emergenziale sia applicato anche ai farmaci che sono distribuiti nell’ambito del canale della farmaceutica convenzionata (come ad esempio i farmaci di fascia H, nell’ambito della rete ospedaliera, per approfondimenti consulta I farmaci e la spesa farmaceutica).
L’articolo 9 proroga di ulteriori 90 giorni i piani terapeutici in scadenza durante il periodo dell’emergenza epidemiologica in corso, relativi a specifiche patologie che includono ausili, dispositivi monouso e protesici in considerazione della necessità di ridurre il rischio di infezione da SARS-CoV-2, limitando l’affluenza negli ambulatori specialistici al fine di ottenere il rinnovo dei predetti piani.
Più in dettaglio i piani terapeutici in commento sono relativi alla fornitura di ausili, dispositivi monouso e altri dispositivi protesici fissati in base ai livelli essenziali di assistenza di cui al D.P.C.M 12 gennaio 2017, dovuti a incontinenza, stomie e alimentazione speciale, per i laringectomizzati e per la prevenzione e trattamento delle lesioni cutanee, oltre che per patologie respiratorie e per altri prodotti funzionali all’ospedalizzazione a domicilio.
La proroga è prevista per tutto il periodo dell’emergenza epidemiologica, che al momento è stabilito dalla Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020.
La norma prevede inoltre che le Regioni adottino procedure accelerate per l’effettuazione delle prime autorizzazioni dei nuovi piani terapeutici a seguito della ulteriore scadenza definita dalla proroga.
Si segnala in proposito che un’analoga norma, riferita alla più ampia categoria della “fornitura di protesi, ortesi, ausili e dispositivi necessari per la prevenzione, la correzione o la compensazione di menomazioni o disabilità, per il potenziamento delle abilità nonché per la promozione dell’autonomia dell’assistito”, risulta contenuta nel disegno di legge di conversione del DL. 19/2020, tuttora all’esame del Senato (AS 1811, articolo 4-bis), in quanto introdotta durante l’esame in prima lettura alla Camera.
Si sottolinea, infine, che, analogamente a quanto previsto dalla disposizione in esame, con riferimento ai piani terapeutici di medicinali, l’AIFA ha provveduto ad estendere di 90 giorni la durata per quelli che risultano in scadenza nei soli mesi di marzo e aprile.
L’articolo 10 apporta tre distinte modifiche a specifiche disposizioni del DL. 18/2020, riguardanti: l’estensione ai familiari di tutti gli esercenti le professioni sanitarie deceduti durante lo stato di emergenza per concause legate al COVID-19 dei benefici già previsti per i familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari; l’estensione ai Centri riabilitativi ambulatoriali del SSN del regime di sospensione già previsto per alcuni centri sociosanitari e socioassistenziali; l’aggiornamento del regime di agevolazione fiscale, in funzione antispreco, della cessione di taluni beni non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione.
Più in dettaglio, le modifiche al DL. 18/2020 (L. 27/2020) in esame riguardano:
a)
il comma 1, dell’articolo 22-bis, con la finalità di estendere ai familiari di tutti gli esercenti le professioni sanitarie il beneficio previsto dalla normativa previgente a favore dei soli familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS) impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che, durante lo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 (cioè fino al 31 luglio 2020) siano decedute per aver contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto ovvero "come concausa" del contagio del virus. Conseguentemente viene modificata la rubrica dell’articolo 22-bis in “Iniziativa di solidarietà in favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie e operatori socio-sanitari.”.
Per l'adozione di tali iniziative - si ricorda - è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020.
In proposito si segnala che l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri –Dipartimento della Protezione civile del 5 aprile 2020 è diretta ad assicurare un sostegno economico ai familiari delle persone direttamente impegnate per fronteggiare l'emergenza COVID-19, decedute nell'esercizio della propria funzione ed attività a causa del coronavirus. A tal fine, è stata disposta l’autorizzazione del Dipartimento della protezione civile a ricevere risorse finanziare derivanti da erogazioni liberali allo scopo espressamente finalizzate dal donante. Si prevede, inoltre, che con apposito decreto del Presidente del Consiglio, che non risulta ancora emanato, vengano definite le modalità di individuazione dei beneficiari e di erogazione delle somme.
b)
il comma 1, primo periodo, dell’articolo 47, con l’obiettivo di estendere anche ai Centri riabilitativi ambulatoriali del SSN il regime di sospensione stabilito dalla normativa previgente in relazione all’attività dei Centri semiresidenziali per persone con disabilità a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario, a prescindere da come i Centri siano denominati dalle normative regionali.
Rimangono esclusi dalla sospensione, su decisione delle ASL e d’accordo con i gestori, i Centri diurni in cui vengono erogate prestazioni sanitarie indifferibili sempreché sia garantito il rispetto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19.
A tali centri, si applicherà pertanto la disciplina prevista dall’articolo 47 del DL. 18/2020 (L. 27/2020) (consulta la scheda) in materia di strutture per le persone con disabilità e misure compensative di sostegno anche domiciliare;
c)
la lettera a) dell’articolo 71-bis, per l’aggiornamento, tramite la lett. d-bis) all’articolo 16, comma 1, della L. n. 166/2016 (cd. “legge antisprechi”), delle categorie dei beni per le quali non opera la presunzione di cessione di cui al regolamento DPR n. 441/1997
[26]
e che risultano così ampliate, con riferimento a determinate cessioni gratuite di prodotti non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione
[27]
ai quali si applicano alcune agevolazioni fiscali ai fini IVA e ai fini delle imposte dirette (consulta la scheda).
Le modifiche sono volte, in particolare, a precisare e ad estendere l’ambito dei beni oggetto dell’agevolazione:
-
in aggiunta ai prodotti tessili, di abbigliamento e giocattoli, viene dettagliata la categoria dell’arredamento, sostituendola con le categorie di “mobili” e “complementi di arredo”;
-
con riferimento ai materiali per l’edilizia, si precisa che sono inclusi i materiali per la pavimentazione;
-
con riferimento agli elettrodomestici, si chiarisce che l’uso può essere sia civile sia industriale;
-
tra le categorie dei prodotti elettronici, si aggiungono i televisori (oltre ai già presenti personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico).
L'articolo 11, al fine di potenziare e rafforzare l'infrastruttura del Fascicolo sanitario elettronico (FSE), reca modifiche alle disposizioni in materia recate dall'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, e successive modificazioni. Esso prevede l'estensione del Fascicolo alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale. A tale riguardo, le novelle includono tra i soggetti abilitati che alimentano il FSE tutti gli esercenti una professione sanitaria e - in via facoltativa e di propria iniziativa - gli assistiti.
È abrogata la necessità del consenso dell'assistito per l'implementazione del Fascicolo, consenso che resta necessario per la consultazione del medesimo Fascicolo.
Si prevede, quindi, l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei consensi e relative revoche e dell’Indice Nazionale dei documenti del FSE, entrambi associati all'Anagrafe degli assistiti (ANA).
Si prevede, tramite il Portale nazionale FSE, l'accesso diretto online al Fascicolo da parte dell’assistito e degli operatori sanitari autorizzati. Sono inoltre previsti taluni obblighi di pubblicazione su tale Portale.
Sono novellate le disposizioni concernenti l'integrazione tra i sistemi del Fascicolo e della Tessera Sanitaria, al fine di ampliare il novero delle informazioni disponibili nel Fascicolo.
La disposizione in esame prevede, infine, la definizione di regole tecniche per rendere disponibili al FSE informazioni dal Sistema Informativo Trapianti, dalle Anagrafi vaccinali, dai Centri unici di prenotazioni delle regioni e delle province autonome.
Il citato articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 ha istituito il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), inteso come l'insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l'assistito. Il FSE è istituito dalle regioni e dalle province autonome, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, con le finalità elencate al comma 2 dell’articolo 12. Le successive modifiche introdotte con il decreto-legge n. 69 del 2013 hanno fissato al 30 giugno 2015 il termine per l’attivazione del FSE presso le regioni e le province autonome. Successivamente, l’articolo 1, commi da 382 a 384, della legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016) ha novellato l'articolo 12 al fine di definire l’Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità (INI) dei Fascicoli sanitari elettronici regionali, prevedendo, a tal fine, l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema Tessera Sanitaria, gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze. Infine, il decreto 4 agosto 2017 del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, reca "Modalità tecniche e servizi telematici resi disponibili dall'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico (FSE)". Tale decreto è stato modificato dal decreto 25 ottobre 2018.
L'articolo 11, comma 1, lett. a), integra il comma 1 dell'articolo 12, al fine di includere nel FSE i dati e i documenti digitali riferiti anche alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale.
La lett. b), modificando il comma 2 del medesimo articolo 12, specifica che l'accesso al Fascicolo da parte dell'assistito deve essere assicurato anche tramite il Portale online del FSE (v. infra).
La lett. c) modifica il comma 3 dello stesso articolo 12. La novella prevede, in primo luogo, che il FSE sia alimentato in maniera non solo continuativa, come nel testo finora vigente, ma anche "tempestiva"; in secondo luogo, si prevede - in coerenza con quanto previsto dalla lett. a) - che l’alimentazione riguardi anche i dati inerenti agli eventi clinici, presenti e trascorsi, forniti dagli esercenti una professione sanitaria al di fuori del Servizio sanitario nazionale nonché (in via facoltativa) i dati medici in possesso dell’assistito (su iniziativa di quest’ultimo).
La lett. d) abroga il comma 3-bis del suddetto articolo 12, il quale prevedeva che il FSE potesse essere alimentato esclusivamente sulla base del consenso libero e informato da parte dell'assistito.
La lett. e) modifica il comma 4 dell'articolo 12. Tale comma stabilisce che le finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione (previste dal comma 2, lett. a), dell'articolo 12) siano perseguite dai soggetti del Servizio sanitario nazionale e dei servizi socio-sanitari regionali che prendano in cura l'assistito, nonché (secondo la presente lettera ed in coerenza con le novelle di cui alle lett. a) e c)) da soggetti esercenti professioni sanitarie al di fuori del Servizio sanitario nazionale. Ulteriore modifica del comma prevede che le suddette finalità siano perseguite secondo le modalità di accesso al Fascicolo da parte di ciascuno dei predetti soggetti e da parte degli esercenti le professioni sanitarie, nonché nel rispetto delle misure di sicurezza definite ai sensi del comma 7.
Il comma 7 dell'articolo 12, non modificato dalla norma in esame, demanda ad uno o più decreti ministeriali la definizione dei contenuti del FSE e del dossier farmaceutico nonché i limiti di responsabilità e i compiti dei soggetti che concorrono alla sua implementazione, i sistemi di codifica dei dati, le garanzie e le misure di sicurezza da adottare nel trattamento dei dati personali nel rispetto dei diritti dell'assistito, le modalità e i livelli diversificati di accesso al FSE da parte dei soggetti abilitati, la definizione e le relative modalità di attribuzione di un codice identificativo univoco dell'assistito che non consenta l'identificazione diretta dell'interessato, i criteri per l'interoperabilità del FSE a livello regionale, nazionale ed europeo, nel rispetto delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività. Il regolamento in materia di Fascicolo sanitario elettronico è stato adottato con il D.P.C.M. 29 settembre 2015, n. 178.
Le lett. f) e g) modificano il comma 15-ter del suddetto articolo 12.
In base alla versione già vigente di quest'ultimo, l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) - sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell’ambito dei rispettivi piani - svolge, in accordo con il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e le regioni e le province autonome, i compiti relativi alla progettazione dell’infrastruttura nazionale INI, necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE. La realizzazione della medesima infrastruttura INI è curata dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema Tessera sanitaria. L’infrastruttura INI deve garantire comunque l’interoperabilità dei FSE e dei dossier farmaceutici regionali, nonché l’identificazione dell’assistito, attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (ANA)
[28]
.
Inoltre, per le regioni e le province autonome che (ai sensi del comma 15 dell’articolo 12) si avvalgano dell’infrastruttura nazionale
[29]
deve essere garantita anche l’interconnessione dei soggetti finalizzata alla trasmissione telematica dei dati, nonché, secondo la novella di cui alla lett. f):
§ la codifica e la firma remota dei dati oggetto di trattamento, necessaria per la successiva alimentazione e consultazione del Fascicolo;
§ la conservazione dei dati del Fascicolo da parte delle stesse regioni e province autonome.
§ Quanto alla conservazione del dato, il nuovo testo vigente richiama quanto stabilito dall’articolo 44 del codice dell'amministrazione digitale (di cui al d.lgs. n. 82 del 2005), concernente i requisiti per la gestione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni.
L'attuazione delle presenti disposizioni è demandata a decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, previsti dal numero 3) del comma 15-ter in oggetto. Si ricorda che il decreto 4 agosto 2017
[30]
ha dato attuazione alle disposizioni vigenti di cui al predetto comma 15-ter.
Con i medesimi decreti (secondo la novella di cui alla lett. g)) si dovrà prevedere, secondo le modalità e le misure di sicurezza ivi stabilite e previo parere del Garante per la protezione dei dati personali:
§ l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei consensi e relative revoche. Tale Anagrafe dovrà essere associata agli assistiti risultanti in ANA, comprensiva delle informazioni relative all’eventuale soggetto delegato dall’assistito;
§ la realizzazione dell’Indice Nazionale dei documenti dei FSE, al fine di assicurare l'interoperabilità delle funzioni del Fascicolo medesimo. L'Indice dovrà essere associato agli assistiti risultanti in ANA;
§ la realizzazione del Portale Nazionale FSE. Il Portale opererà anche attraverso l’interconnessione con i corrispondenti portali delle regioni e province autonome, al fine di consentire, tramite le funzioni dell’Indice Nazionale, l'accesso on line al FSE da parte dell’assistito e degli operatori sanitari autorizzati, secondo modalità determinate ai sensi del comma 7 (v. supra). Tale accesso è fornito in modalità aggregata, secondo quanto disposto dalla Determinazione n. 80 del 2018 dell’Agenzia per l’Italia digitale, che ha approvato lo Schema di Convenzione di adesione a SPID da parte di Soggetti Aggregatori di pubbliche amministrazioni in qualità di fornitori di servizi.
Come rilevato nelle premesse alla citata determinazione n. 80 dell'AgID, lo Schema di Convenzione è stato approvato al fine di consentire a soggetti pubblici e privati di agire in qualità di Soggetto Aggregatore di altri soggetti fornitori di servizi pubblici e di rendere disponibile alla Pubblica Amministrazione una modalità semplificata per l’accessibilità ai propri servizi in rete tramite credenziali SPID. Per quanto concerne il Sistema Pubblico di Identità Digitale - SPID si rinvia al sito istituzionale ad esso dedicato (https://www.spid.gov.it/).
La lett. h) modifica il comma 15-septies del suddetto articolo 12. Tale comma dispone che il Sistema Tessera Sanitaria renda disponibili ai FSE e ai dossier farmaceutici regionali, attraverso l’Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità, i dati risultanti negli archivi del medesimo Sistema Tessera Sanitaria relativi: alle esenzioni dell’assistito; alle prescrizioni e prestazioni erogate di farmaceutica - comprensivi, secondo la novella in esame, dei piani terapeutici - e specialistica, a carico del Servizio sanitario nazionale; ai certificati di malattia telematici; alle prestazioni di assistenza protesica, termale e integrativa.
Sono aggiunti, sempre secondo la novella di cui alla lett. h):
§ le ricette e le prestazioni erogate non a carico del SSN;
§ i dati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 175 del 2014 [31] .
Tale articolo 3 riguarda la trasmissione, da parte di soggetti terzi, all'Agenzia delle entrate di dati relativi a oneri e spese sostenute dai contribuenti. La novella specifica che tali dati, resi disponibili al sistema del Fascicolo sanitario elettronico, devono essere comprensivi delle informazioni relative alla prestazione erogata e al relativo referto. I medesimi dati dovranno essere resi disponibili secondo le modalità definite dal decreto ministeriale, previsto dal comma 15-ter, punto 3) (v. supra, sub lett. f)), previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. Il decreto individuerà le misure tecniche e organizzative necessarie a garantire la sicurezza del trattamento e i diritti e le libertà degli interessati.
Considerato che l'articolo 3 del decreto legislativo n. 175 del 2014 - richiamato dalla novella in esame - riguarda diverse tipologie di oneri e spese sostenute dai contribuenti, si valuti l'opportunità di limitare il riferimento al comma 3, in quanto è l’unico comma concernente il settore sanitario.
Infine, la lett. i) introduce due commi aggiuntivi nel suddetto articolo 12.
Il comma 15-octies impone la pubblicazione sul portale del nazionale FSE, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, delle specifiche tecniche dei documenti del FSE e del dossier farmaceutico, come definiti con i decreti attuativi previsti dal comma 7 del medesimo articolo 12 (v. supra).
Il comma 15-novies stabilisce che, ai fini dell’alimentazione dei FSE attraverso l'infrastruttura nazionale di cui al comma 15-ter, con il decreto ministeriale di cui al numero 3) del comma 15-ter, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano stabilite le modalità tecniche con le quali:
§ il Sistema Informativo Trapianti del Ministero della salute (di cui alla legge n. 91 del 1999) renda disponibile i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi e tessuti;
§ le Anagrafi vaccinali regionali rendano disponibili i dati relativi alla situazione vaccinale;
§ il Centro Unico di prenotazione di ciascuna regione o provincia autonoma renda disponibili i dati relativi alle prenotazioni.
L’articolo 12 definisce la disciplina per accelerare l’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, esonerando i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione effettuata con modulistica cartacea.
L’invio delle informazioni relative alle nascite e ai decessi è previsto dall’art. 62, comma 6, lettera c), del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), che disciplina in particolare i servizi di invio telematico resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente – ANPR con riferimento agli atti e ai certificati sopra richiamati, con sistema di trasmissione compatibile a quello dell’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC (sistema di accoglienza centrale) di cui al D. M. Salute del 26 febbraio 2010.
Al riguardo, come segnalato dalla RT, il citato art. 62, comma 6, lettera c) del CAD già prevede l’implementazione delle procedure di acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi attraverso l’utilizzo della piattaforma del Sistema Tessera Sanitaria, nell’ambito delle risorse già stanziate per il Sistema TS (PG 1 del cap. 7585/MEF). Il decreto attuativo sull’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema TS per la trasmissione dei dati delle dichiarazioni di nascita/morte, già elaborato dai Ministeri dell’interno e della salute, tuttavia non risulta ancora emanato o pubblicato.
In particolare, si prevede che le strutture sanitarie, i medici, i medici necroscopi o altri sanitari delegati, inviano direttamente al Sistema Tessera Sanitaria del MEF i seguenti dati:
a)
avviso di decesso;
in base all’articolo 72, comma 3 del DPR n. 396/2000, la dichiarazione di morte deve essere fatta entro 24 ore dal decesso all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o del luogo dove il cadavere è stato deposto, da parte di uno dei congiunti o da una persona convivente con il defunto o da un loro delegato ovvero da persona informata del decesso. In caso di morte in un ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, il direttore o chi ne è stato delegato dall'amministrazione deve trasmettere avviso della morte, comunque nel termine di 24 ore, con le specifiche indicazioni relative ai dati indicati nell’atto di morte (luogo, giorno e l'ora della morte, dati anagrafici del defunto e dell’eventuale coniuge e degli altri dati di cui all’art.73).
b)
certificato necroscopico;
in base all’articolo 74, comma 2 del richiamato DPR n. 392/2000, è l’atto rilasciato a seguito dell’accertamento della morte per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario, in cui sono indicati, in caso, indizi di reato;
c)
denuncia della causa di morte;
ai sensi del Regolamento di polizia mortuaria (DPR n. 285/1990) è l’atto con il quale i medici devono denunciare al sindaco, per ogni caso di morte di persona da loro assistita, la malattia che, a loro giudizio, ne sarebbe stata la causa, ferme restando le disposizioni sulla dichiarazione e sull'avviso di morte da parte dei familiari. In caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della salute, il comune deve darne informazione immediatamente all’azienda ospedaliera dove è avvenuto il decesso.
d)
attestazione di nascita;
è la dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile, corredata da una attestazione di avvenuta nascita con le generalità della madre, nonché altri dati relativi alla nascita, ai sensi dell’art. 30, comma 2, DPR n. 396/2000;
e)
dichiarazione di nascita;
a differenza dell’attestazione di nascita che è resa dall’ufficiale dello stato civile, la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata, in base a quanto prescritto dall’art. 30, comma 1 del DPR n. 396/2000.
La trasmissione dei predetti dati, pertanto, esonera i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione cartacea (comma 2).
Si prevede che il Sistema Tessera Sanitaria - Sistema di Accoglienza Centrale (SAC) renda immediatamente disponibili, senza registrazione, i dati di cui all’elenco sopra indicato (comma 3):
a)
all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità ordinarie di registrazione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, in base al sopra richiamato all’art. 62 del Codice dell’amministrazione digitale;
b)
nel caso in cui i Comuni non siano ancora collegati all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), l’invio dei dati dovrà essere espletato tramite posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato (PEC).
c)
in ultimo, si prevede l’invio dei dati anche all’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT).
Viene demandata ad uno o più decreti del MEF, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dell’interno, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, la definizione dei dati di cui al presente articolo e le relative modalità tecniche di trasmissione (comma 4). L’intera procedura non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovendo le amministrazioni interessate provvedere con le risorse disponibili a legislazione vigente (comma 5).
L'articolo 18, comma 1, stabilisce, in primo luogo, che le somme raccolte mediante donazioni liberali - versate negli appositi conti correnti - possano essere destinate dal Dipartimento della protezione civile al pagamento delle spese relative alle acquisizioni di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale da parte del Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19.
In secondo luogo, il comma 1 estende una disciplina transitoria, che prevede l’affidamento diretto per alcune acquisizioni di forniture e servizi, finanziate esclusivamente dalle donazioni, all’ipotesi in cui le medesime acquisizioni siano effettuate dalle regioni e province autonome e loro enti, società e fondazioni.
Lo stesso comma reca inoltre una precisazione riguardo agli obblighi di rendicontazione e tracciabilità, a carico delle pubbliche amministrazioni beneficiarie delle donazioni intese a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19.
Sono fatti salvi le destinazioni e gli utilizzi delle donazioni finora disposti (comma 2).
Il primo intervento summenzionato di cui al comma 1 è operato mediante una novella dell'art. 99 del D.L. n. 18 del 2020 (convertito dalla L. n. 27 del 2020).
Riguardo al Commissario straordinario summenzionato, si ricorda che l’articolo 122 dello stesso decreto-legge n. 18 ne prevede la nomina, ai fini del rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19, e definisce l'ambito delle sue competenze. Tra queste figura l'organizzazione, acquisizione e produzione di ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto.
Ulteriore modifica riguarda il comma 3 del medesimo art. 99. Tale articolo prevede che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 e, in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte delle aziende, agenzie e degli enti del Servizio sanitario nazionale, da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, ai sensi dell’art. 793 c.c., avvenga mediante affidamento diretto. Si procede senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie europee recate dal codice dei contratti pubblici e a condizione che l'affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.
La novella, come sopra accennato, estende tale disciplina alle medesime acquisizioni di forniture e servizi da parte delle "regioni e province autonome e loro enti, società e fondazioni".
Con una modifica al comma 5 dell'art. 99, inoltre, si specifica che per ciascuna pubblica amministrazione beneficiaria delle donazioni intese a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19 l'apertura di un conto corrente dedicato presso il proprio tesoriere è facoltativa. Resta fermo che occorre in ogni caso attuare un’apposita rendicontazione separata (con completa tracciabilità dei movimenti) - la quale può essere quindi effettuata, in base alla suddetta novella, anche nell’ambito del conto corrente di tesoreria generale -.
Come già accennato, ai sensi del comma 2 del presente articolo 18 restano valide le destinazioni e le utilizzazioni già disposte, effettuate a decorrere dalla data di apertura dei citati conti correnti.
L'articolo 66 concerne l'ambito di applicazione di una norma transitoria, relativa all’uso, in determinati contesti, delle mascherine chirurgiche e alle tipologie delle stesse.
La versione finora vigente della norma transitoria (norma di cui all'articolo 16 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) prevede che, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (termine che, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, scade il 31 luglio 2020), le mascherine chirurgiche reperibili in commercio siano inclusi tra i dispositivi di protezione individuale (DPI), con riferimento a tutti i casi in cui i lavoratori, nello svolgimento della loro attività, siano oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro. Tale prescrizione è in sostanza relativa ad un livello minimo di protezione (salve le norme e le valutazioni specifiche, relative ad un livello più elevato).
La novella di cui al presente articolo 66 specifica che la disposizione transitoria si applica anche ai volontari (sia in ambito sanitario sia in altri ambiti) e ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.
Si ricorda che la norma transitoria oggetto della novella consente, mediante il richiamo del comma 3 dell'articolo 5-bis del citato D.L. n. 18, il ricorso anche a mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee), previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, la nozione generale dei dispositivi di protezione individuale per i lavoratori è costituita dall’attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante la sua attività, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Per le attrezzature che rientrano in tale nozione si applicano gli obblighi previsti dal medesimo D.Lgs. n. 81 del 2008.
Come norma transitoria generale, il comma 2 dell’articolo 5-bis del citato D.L. n. 18 consente, con riferimento allo stato di emergenza in oggetto e fino al relativo termine finale (posto, come detto, al 31 luglio 2020), l'impiego di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista (per i medesimi dispositivi di protezione individuale) dalla normativa vigente, previa valutazione dell'efficacia da parte del Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile.
Si ricorda altresì che il comma 2 del citato articolo 16 del D.L. n. 18 consente, fino al termine del suddetto stato di emergenza, l’impiego, da parte delle persone presenti sull’intero territorio nazionale, di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio.
Articolo 67
(Incremento Fondo Terzo settore)
L’articolo 67 autorizza l’incremento di 100 milioni di euro per il 2020 della seconda sezione del Fondo per il Terzo settore, a valere sulla copertura disposta al comma 7 dell’articolo 265, con la finalità di sostenere ulteriormente gli interventi delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni del Terzo Settore a causa delle emergenze sociali ed assistenziali determinate dall’epidemia COVID-19.
Il Fondo per il Terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall’articolo 72 del D.Lgs. n. 117/2017, individua il finanziamento annuale di obiettivi generali, aree prioritarie di intervento e linee di attività, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, e i soggetti attuatori degli interventi finanziabili, cui possono accedere esclusivamente gli enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS, il Registro Unico nazionale degli enti del Terzo settore, non ancora a regime.
In considerazione delle numerose misure poste in essere nel periodo dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, il Decreto legge "Cura Italia" (art. 35 del DL. 18/2020, L. 27/2020) ha disposto alcuni rinvii delle scadenze previste per gli enti del Terzo settore: è stato rinviato, dal 30 giugno al 31 ottobre 2020, il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (ASP) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel nuovo Codice (D.Lgs. n. 117/2017). Entro lo stesso termine del 31 ottobre 2020, le imprese sociali possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.
Più in dettaglio, il Fondo è previsto in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera g), della legge delega per la riforma (L. n. 106/2016) al fine di sostenere, anche attraverso le specifiche reti associative, lo svolgimento di attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che sono oggetto di iniziative e progetti promossi dei predetti enti, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore (consulta l’approfondimento).
Il Fondo in esame si divide in due sezioni, di cui la prima ha carattere rotativo, vale a dire finanzia interventi con le risorse che vengono restituite dagli enti beneficiari dopo aver finanziato progetti eleggibili in base alle finalità della sezione medesima. La seconda sezione, invece, consente veri e propri trasferimenti a sostegno dei medesimi progetti.
In proposito, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto (DM 166 del 12 novembre 2019) ha definito le linee di indirizzo per l’individuazione degli obiettivi generali, delle aree prioritarie di intervento e delle linee di attività finanziabili attraverso il Fondo per il finanziamento di progetti e di attività di interesse generale nel Terzo settore, di cui all’articolo 72 del Codice del Terzo settore, con risorse pari a 39 milioni di euro nel 2019. A tali risorse, si aggiungono quelle specificamente destinate al sostegno degli enti del Terzo settore per attività non aventi carattere progettuale, come i contributi per l’acquisto di autoambulanze o la concessione di contributi annui a specifici soggetti, come previsto dall’articolo 73 del Codice medesimo, per un ammontare di 21,960 milioni di euro.
Da ultimo, con D.M. 44 del 12 marzo 2020, sono state approvate le linee guida per il Terzo Settore relativamente al 2020. Le risorse individuate per il Fondo in commento ammontano a 34 milioni di euro, oltre le risorse destinate alle attività non aventi carattere progettuale (16,960 milioni).
Articolo 82
(Reddito di emergenza)
L’articolo 82 istituisce il Reddito di emergenza (Rem), un sostegno straordinario al reddito rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica che, nel periodo emergenziale da COVID-19, non hanno avuto accesso alle altre misure di sostegno previste dal Decreto Cura Italia. Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Il beneficio è corrisposto in due quote (ovvero può essere erogato per due volte); l’importo di ciascuna quota è compreso fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili gravi o non autosufficienti (in questo ultimo caso fino a 840 euro).
Il Rem è riconosciuto ai nuclei familiari residenti in Italia se in possesso dei seguenti requisiti:
§ un reddito familiare nel mese di aprile 2020 inferiore al beneficio Rem;
§ un valore ISEE inferiore a 15.000 euro;
§ un valore del patrimonio mobiliare familiare riferito al 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di 5.000 euro per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di 20.000 euro. Il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente disabile o non autosufficiente.
Il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di:
§ titolari di pensioni dirette o indirette, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
§ titolari di rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore alla quota Rem;
§ percettori di Reddito di cittadinanza
Il Rem è riconosciuto ed erogato dall’INPS previa richiesta tramite modello di domanda predisposto e presentato secondo le modalità stabilite dall’Istituto.
L’autorizzazione di spesa per l’erogazione del Rem è pari a 954,6 milioni di euro per il 2020, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato “Fondo per il Reddito di emergenza”. L'INPS provvede al monitoraggio della misura. In caso di scostamenti dal limite di spesa autorizzato, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
Per gli oneri connessi alla stipula della convenzione con i centri di assistenza fiscale per la presentazione della richiesta del Rem è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro.
Alla totalità degli oneri, pari a 959,6 milioni si provvede ai sensi dell’art. 265.
L’articolo 82, al comma 1, istituisce il Reddito di emergenza (Rem), un sostegno straordinario al reddito rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica a causa dell’emergenza epidemiologica, che non hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste a tal fine dal Decreto Cura Italia (decreto legge 18/2020). Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Il beneficio è corrisposto in due quote (ovvero può essere erogato per due volte), ciascuna delle quali compresa fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest’ultimo caso fino a 840 euro).
La RT al provvedimento stima la platea dei beneficiari del REM in circa 867.600 nuclei familiari, per un totale di 2.016.400 persone coinvolte.
Più precisamente, ai sensi del comma 5, tale quota è determinata da un ammontare pari a 400 euro, moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza applicata per l’accesso al Reddito di cittadinanza - RdC (di cui all’art. 2, co. 4, del decreto legge 4/2019 istitutivo del Reddito di cittadinanza - RDC) fino ad un massimo di 2, corrispondente a 800 euro, ovvero fino ad un massimo di 2,1, corrispondente a 840 euro, nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza, come definite ai fini ISEE [32] .
A fini comparativi, per un approfondimento sulla determinazione del beneficio economico RdC, si rinvia al seguente documento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ai sensi del comma 6 non hanno diritto al Rem:
§ i soggetti che si trovano in stato detentivo, per tutta la durata della pena. Dalla formulazione della disposizione, si tratta di condannati in via definitiva che si trovano in carcere in esecuzione della pena inflitta. L’esclusione dal Rem non opera per i detenuti in stato di custodia cautelare, e dunque in attesa di giudizio;
§ coloro che sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica.
Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiario abbia tra i suoi componenti tali soggetti, il parametro della scala di equivalenza, non ne tiene conto.
A differenza del parametro della scala di equivalenza ISEE (qui la tabella prospettica a cura dell’INPS), molto articolato e nel quale si riconosce un peso maggiore alle famiglie numerose con figli minori, il parametro della scala di equivalenza RdC, come definito dall’art. 2, comma 4, del decreto legge 4/2019 istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), favorisce i nuclei familiari in cui sono presenti più adulti.
Nel dettaglio, il parametro della scala di equivalenza RdC è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare, è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza. La scala di equivalenza applicata per il RdC non tiene conto dei soggetti che si trovano in stato detentivo o sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o in altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra P.A., né dei componenti del nucleo familiare disoccupati a seguito di dimissioni volontarie (nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni), fatte salve le dimissioni per giusta causa, ne? dei componenti sottoposti a misura cautelare personale, nonché a condanna definitiva, intervenuta nei 10 anni precedenti la richiesta, per i delitti previsti dai seguenti articoli del Codice penale: 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 280 (Attentato per finalità terroristiche o di eversione), 289-bis (Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), 416-bis (Associazione di tipo mafioso), 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso), 422 (Strage) e 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).
Il Monitoraggio Caritas su emergenza COVID -19, condotto dal 9 al 24 aprile 2020 in 101 Centri Caritas, registra, rispetto al periodo pre-emergenza, il raddoppio delle persone che per la prima volta si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane. Cresce la richiesta di beni di prima necessita?, cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nel contempo, aumenta il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro.
La Caritas, con Alleanza per la povertà di cui fa parte, si è fatta portatrice sin dall’inizio dell’epidemia della necessità di introdurre il Reddito di Emergenza a tutela delle fasce più deboli della popolazione. L’Alleanza ha pubblicato un documento in cui sintetizza le misure, che a suo parere, dovrebbero essere adottate nella "fase 2", tra cui: il riequilibrio degli importi del beneficio tra le famiglie proprietarie di abitazione e le famiglie con minori e più numerose; lo sviluppo di analisi preliminari per indirizzare al meglio i beneficiari nei percorsi di inclusione socio-lavorativa; il rafforzamento dei servizi sociali. L'Alleanza ricorda infine la necessità di assumere provvedimenti concreti per i senza fissa dimora.
Oltre alla proposta dell’Alleanza per la povertà, si segnala sinteticamente la proposta operativa formulata da Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) e Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). La proposta, presentata come integrativa alle misure già introdotte dal Decreto "Cura Italia", prevede l’adozione di due misure: il SEA e il REM. Il Sostegno di Emergenza per il Lavoro Autonomo (SEA) sostituisce il bonus di 600 euro una tantum per gli autonomi. L'importo del SEA non è in somma fissa indistinta, come nella suddetta misura, bensì cambia in base alle diverse situazioni. Il suo obiettivo principale consiste nel sostenere chi è in più grave difficoltà: pertanto l'ammontare del contributo è determinato in modo progressivo secondo le condizioni economiche del nucleo del lavoratore autonomo. Il SEA punta, inoltre, a mantenere la capacità produttiva del lavoro autonomo. Dunque, il suo valore è parametrato anche alla perdita di guadagno (in proporzione al volume abituale di attività), così da supportare in modo equo chi è stato maggiormente colpito. Il Reddito di Cittadinanza per l'Emergenza (REM) utilizza i dispositivi del Reddito di Cittadinanza e lo sostituisce per i nuovi richiedenti per il periodo di vigenza. Rispetto al Reddito di Cittadinanza sono previsti: informazione automatica agli aventi diritto; drastica semplificazione della documentazione necessaria per beneficiare della misura; velocizzazione delle procedure per l'erogazione del trasferimento; modifica dei vincoli di accesso legati al patrimonio mobiliare e immobiliare; allentamento temporaneo delle sanzioni legate alla condizione di lavoro irregolare e altro.
Ai sensi del comma 2, il Rem è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso, cumulativamente, al momento della domanda, dei seguenti requisiti:
a) residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;
b) un valore del reddito familiare, nel mese di aprile 2020, inferiore al beneficio Rem;
c) un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000. Il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’ISEE [33] (di cui al D.p.c.m. 159/2013).
Ai fini di una comparazione con il Reddito di cittadinanza, si ricorda che per l’accesso al RdC il valore del patrimonio mobiliare è il seguente:
- un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le predette soglie sono ulteriormente incrementate di 5.000 euro per ogni componente con disabilita? media, così come definita a fini ISEE, presente nel nucleo e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilita? grave o di non autosufficienza.
A partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 4-sexies del Decreto Crescita (decreto legge 34/2019), l’anno di riferimento per calcolare il patrimonio mobiliare ed immobiliare a fini ISEE è divenuto il secondo anno precedente alla data di presentazione della DSU. Resta ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell'ISEE corrente.
d) un valore ISEE inferiore a 15.000 euro;
Sempre a fini comparativi, si ricorda che per l’accesso al RdC è richiesto un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc. In ogni caso, la soglia e? incrementata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione.
Il comma 3 elenca le incompatibilità tra Rem e ulteriori indennità. Più precisamente, il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle seguenti indennità:
- le indennità per alcune categorie di lavoratori introdotte dagli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del decreto legge 18/2020 (c.d. Cura Italia);
Gli articoli da 27 a 30 e l’articolo 38 del Cura Italia riconoscono, in favore di alcune categorie di lavoratori colpite dalla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa disposta in ragione dell’emergenza epidemiologica, un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione (articolo 27); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (articolo 28); i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29); gli operai agricoli a tempo determinato (articolo 30); i lavoratori dello spettacolo (articolo 38). Tali indennità - ai sensi dell’art. 31 - non sono cumulabili e non spettano qualora il soggetto sia titolare del Reddito di cittadinanza
- una delle indennità rivolte ai lavoratori dipendenti e autonomi in attuazione dell’articolo 44 del decreto legge 18/2020;
L’articolo 44 istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro.
- una delle indennità di cui agli articoli 84 (Nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-1) e 85 (Indennità per i lavoratori domestici) del decreto in esame (alle cui schede si rinvia).
Si osserva che l’art. 98 del decreto in esame riconosce una indennità in favore dei lavoratori dello sport, che, ai sensi dello stesso art. 98 (alla cui scheda si rinvia), non è cumulabile con il Reddito di cittadinanza e il Reddito di emergenza. Andrebbe pertanto aggiunto l’art. 98 all’elenco delle incompatibilità.
Il Rem non è altresì compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che siano al momento della domanda in una delle seguenti condizioni:
a) essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;
b) essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore al Rem (come determinata dal comma 5);
c) essere percettori di reddito di cittadinanza, ovvero di misure aventi finalità analoghe adottate e finanziate dalle Province autonome di Trento e Bolzano secondo i propri ordinamenti, e comunicate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, affinché le stesse non siano computate ai fini dell'accesso, della quantificazione e del mantenimento del Rdc (misure di cui all’art. 13, comma 2, del medesimo decreto legge 4/2019 istitutivo del RdC).
Il comma 4 specifica che, ai fini dell’accesso e della determinazione dell’ammontare del Rem:
a) il nucleo familiare è definito ai sensi dell’art. 3 del D.p.c.m. 159/2013;
Ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M 159/2013 Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU. Salvo casi particolari, i coniugi ed i figli minori, anche se non conviventi, fanno parte dello stesso nucleo, a questi soggetti devono essere aggiunte le altre persone presenti sullo stato di famiglia. Gli unici altri soggetti non inclusi nello stato di famiglia che possono essere ordinariamente aggregati sono i figli maggiorenni di eta? inferiore a 26 anni, non conviventi se a carico fiscale dei genitori, se non sono coniugati e non hanno figli.
Più in particolare:
§ i coniugi fanno parte dello stesso nucleo familiare anche in caso di diversa residenza anagrafica; appartengono a due nuclei familiari diversi solo nelle seguenti ipotesi: separazione legale, divorzio, nullità del matrimonio, decadenza della potestà genitoriale, allontanamento dalla residenza familiare, provvedimenti temporanei e urgenti del giudice che consentono la diversa residenza.
§
il figlio minore fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Il minore che si trovi in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell'affidatario, ancorché risulti nella famiglia anagrafica del genitore. Il minore in affidamento temporaneo (ai sensi dell'art. 2 della legge 184/1983), è considerato nucleo familiare a sé stante, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo familiare. Il minore in affidamento e collocato presso comunità è considerato nucleo familiare a sé stante.
§
il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato.
§ il soggetto che si trova in convivenza anagrafica ai sensi del D.P.R. 223/1989 è considerato nucleo familiare a sé stante.
Si ricorda che il Messaggio INPS n. 1608 del 14 aprile 2020, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 34 del decreto legge 18/2020, sospende, fino al prossimo 1° giugno (a partire dal 23 febbraio) gli obblighi di comunicazione delle variazioni relative al nucleo familiare, all’attività lavorativa e al patrimonio. Ricordiamo a questo proposito che ai sensi del decreto legge 4/2019, in caso di variazione del nucleo familiare rispetto a quanto dichiarato ai fini Isee, i nuclei sono tenuti a comunicare la variazione, entro due mesi dal verificarsi della stessa, pena la decadenza dal beneficio.
b) il reddito familiare è inclusivo di tutte le componenti di cui all’articolo 4, comma 2, del D.pc.m. 159/2013 ed è riferito al mese di aprile 2020 secondo il principio di cassa;
L’art. 4, comma 2, del D.P.C.M. 2 stabilisce che il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti:
a) reddito complessivo ai fini IRPEF;
b) redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d'imposta;
c) ogni altra componente reddituale esente da imposta, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni;
d) i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l'obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell'IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato;
e) assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti;
f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo a fini IRPEF;
g) redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell'IMU. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5 per cento e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale e il reddito agrario, rispettivamente, dell'80 per cento e del 70 per cento. Nell'importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all'estero non locati soggetti alla disciplina dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero di cui al comma 15 dell'art. 19 del decreto 201/2011, non indicati nel reddito complessivo a fini IRPEF, assumendo la base imponibile determinata ai sensi dell'art. 70, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 917/1986;
h) il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare;
i)
il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da parte degli appartenenti al nucleo iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE).
c) il patrimonio mobiliare definito ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.p.c.m. 159/2013.
Con il termine patrimonio mobiliare si intende la somma dei saldi - al 31 dicembre dell’anno precedente alla presentazione della DSU- di vari titoli. Nello specifico, per calcolare il valore del patrimonio mobiliare si devono prendere in considerazione i saldi dei seguenti titoli:
a) depositi e conti correnti bancari e postali, per i quali va assunto il valore del saldo contabile attivo, al lordo degli interessi, al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, ovvero, se superiore, il valore della consistenza media annua riferita al medesimo anno. Tale principio trova un’eccezione nel caso di acquisti immobiliari o incrementi di altre componenti mobiliari consentendo al richiedente di considerare il saldo al 31 dicembre anche se inferiore alla consistenza media;
b) titoli di Stato ed equiparati, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati, per i quali va assunto il valore nominale delle consistenze alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU;
c) azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (O.I.C.R.) italiani o esteri, per le quali va assunto il valore risultante dall'ultimo prospetto redatto dalla società di gestione alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU;
d) partecipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate in mercati regolamentati, per le quali va assunto il valore rilevato alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, ovvero, in mancanza, nel giorno antecedente più prossimo;
e) partecipazioni azionarie in società non quotate in mercati regolamentati e partecipazioni in società non azionarie, per le quali va assunto il valore della frazione del patrimonio netto, determinato sulla base delle risultanze dell'ultimo bilancio approvato anteriormente alla data di presentazione della DSU, ovvero, in caso di esonero dall'obbligo di redazione del bilancio, determinato dalla somma delle rimanenze finali e dal costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti, nonché degli altri cespiti o beni patrimoniali;
f) masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, affidate in gestione ad un soggetto abilitato, per le quali va assunto il valore delle consistenze risultanti dall'ultimo rendiconto predisposto, secondo i criteri stabiliti dai regolamenti emanati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, dal gestore del patrimonio anteriormente alla data di cui alla lettera b);
g) altri strumenti e rapporti finanziari per i quali va assunto il valore corrente alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, nonché contratti di assicurazione a capitalizzazione o mista sulla vita e di capitalizzazione per i quali va assunto l'importo dei premi complessivamente versati a tale ultima data, al netto degli eventuali riscatti, ivi comprese le polizze a premio unico anticipato per tutta la durata del contratto per le quali va assunto l'importo del premio versato; sono esclusi i contratti di assicurazione mista sulla vita per i quali alla medesima data non è esercitabile il diritto di riscatto;
h) il valore del patrimonio netto per le imprese individuali in contabilità ordinaria, ovvero il valore delle rimanenze finali e del costo dei beni ammortizzabili per le imprese individuali in contabilità semplificata.
Dal valore del patrimonio mobiliare si detrae, fino a concorrenza, una franchigia pari a 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000 euro per ogni figlio componente il nucleo familiare successivo al secondo.
Ai sensi del comma 7, il Rem è riconosciuto ed erogato dall’INPS previa richiesta tramite modello di domanda predisposto dall’INPS, presentato secondo le modalità stabilite dall’Istituto.
Le richieste Rem possono essere presentate presso:
§ i centri di assistenza fiscale (di cui all'art. 32 del D.Lgs. 241/1997), previa stipula di una convenzione con l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
§
gli istituti di patronato (di cui alla legge 152/2001). Alla relativa pratica si applica il medesimo punteggio concernente le pratiche inerenti gli assegni sociali (valutate come al numero 8 della tabella D allegata al decreto 10 ottobre 2008, n. 193).
Come per tutte le richieste di prestazione all’Istituto, il Messaggio Inps n. 1681 del 20 aprile 2020 ha ampliato le modalità di presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di Cittadinanza anche alla modalità online attraverso autenticazione con PIN dispositivo, SPID, Carta Nazionale dei Servizi e Carta di Identità Elettronica.
Il comma 8, ai fini della verifica del possesso dei requisiti relativi al patrimonio mobiliare (di cui al comma 2, lettera c), chiarisce che l’INPS e l’Agenzia delle entrate possono scambiare i dati relativi ai saldi e alle giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare nelle modalità previste ai fini ISEE (comunicate ai sensi dell’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 605/1973, e dell’art. 11, comma 2, del decreto legge 201/2011).
Ai sensi del combinato disposto dell’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 605/1973 e dell’art. 11, comma 2, del decreto legge 201/2011, dal 1° gennaio 2012, le banche, Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro. L'esistenza dei rapporti e di qualsiasi operazione sopra indicata, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi, sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione del codice fiscale e dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi.
Si ricorda infine che, al fine di agevolare l’utente nell’inserimento dei dati utili al calcolo dell’ISEE, l’art. 10, comma 1, del D.Lgs 147/2017 ha introdotto la Dichiarazione Sostitutiva Unica precompilata, caratterizzata dalla coesistenza fra dati autodichiarati e dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS (cd. dati precompilati). Successivamente, il Decreto 9 agosto 2019 ha disciplinato l’accesso alla DSU precompilata, le componenti della DSU precompilata che continuano ad essere autodichiarate, nonché le omissioni o difformità rispetto al patrimonio mobiliare dichiarato. Il medesimo decreto ministeriale ha previsto, a decorrere dal mese di gennaio 2020, un periodo di sperimentazione nel quale la DSU precompilata e? resa accessibile soltanto ai nuclei familiari che presentino una DSU all’INPS in modalità web sul portale dell’INPS. Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2020, il controllo del patrimonio mobiliare sia per la DSU non precompilata che per quella precompilata (in caso di modifiche dei dati del patrimonio mobiliare precompilati) riguarda le informazioni relative al saldo e alla giacenza dei rapporti posseduti. In particolare, è oggetto di controllo il valore del patrimonio mobiliare complessivo del nucleo e, qualora siano rilevate delle omissioni o difformità, queste devono essere riportate, nella sezione delle annotazioni dell’attestazione ISEE (per un approfondimento Dichiarazione ISEE precompilata si rinvia al Messaggio INPS n. 96 del 13 gennaio 2020).
Nel caso in cui in esito a verifiche e controlli emerga il mancato possesso dei requisiti, il Rem è immediatamente revocato, ferma restando la restituzione di quanto indebitamente percepito e le sanzioni previste a legislazione vigente (comma 9).
Il comma 10 reca l’autorizzazione di spesa per l’erogazione del Rem pari a 954,6 milioni di euro per l’anno 2020, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato “Fondo per il Reddito di emergenza”. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di 954,6 milioni di euro per l’anno 2020 e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
Per gli oneri connessi alla stipula della convenzione con i centri di assistenza fiscale per la presentazione della richiesta del Rem è autorizzato un limite di spesa pari a 5 milioni di euro.
Il comma 11 stabilisce che, per la copertura degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 959,6 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 265.
Articolo 89
(Norme in materia di fondi sociali e servizi sociali)
L’articolo 89 prevede un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione necessari affinché gli enti territoriali ottengano la quota loro spettante del riparto 2020 di alcuni dei Fondi statali deputati al finanziamento delle politiche sociali. Inoltre, sempre ai fini delle rendicontazioni dei Fondi sociali, con riferimento alle spese sostenute nell'anno 2020, le amministrazioni destinatarie dei fondi possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle annualità precedenti.
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione necessari affinché gli enti territoriali ottengano la quota loro spettante del riparto 2020 dei Fondi statali deputati al finanziamento delle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS); Fondo per le non autosufficienze (FNA); Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità prive di sostegno familiare - Fondo dopo di noi; Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza).
Si ricorda che i decreti di riparto delle risorse dei Fondi per le politiche sociali e la non autosufficienza per il 2019 hanno già previsto, a partire dal 2020, una diversa procedura relativa alla programmazione regionale e territoriale della quota parte delle risorse dei Fondi sociali e del monitoraggio del loro utilizzo. Il Decreto di riparto per il 2019 del Fondo nazionale per le politiche sociali e il Decreto di riparto per il 2019 del Fondo per le non autosufficienze sono stati adottati, rispettivamente, dopo l’approvazione del Piano Nazionale Sociale del triennio 2018-2020 e in contemporanea con il Piano nazionale della non autosufficienza 2019-2021. Entrambi i decreti di riparto, pertanto, tengono conto delle indicazioni del diverso disegno di programmazione delle risorse dei Fondi come delineato dai Piani.
La legge delega 33/2017 recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali ha previsto una diversa erogazione delle risorse stanziate a livello centrale per il finanziamento delle politiche sociali. A tal fine, l'art. 1, comma 4, lettere a) e b), della legge delega ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida specifiche per gli interventi sociali previsti.
Il D.Lgs. 147/2017, attuativo della delega e istitutivo del Reddito di inclusione (REI - la misura nazionale di contrasto alla povertà), ha conseguentemente previsto, all'articolo 21, la costituzione, presso il MLPS, della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, con il compito di predisporre specifici Piani triennali (con possibili aggiornamenti annuali), quali strumenti programmatici per l’utilizzo delle risorse dei fondi statali dedicati alle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali, Fondo nazionale per le non autosufficienze, “Quota servizi del Fondo povertà). Con l’istituzione del Reddito e della pensione di cittadinanza, ad opera del decreto legge 4/2019, dal 1aprile 2019 è stato abrogato quasi per intero il Capo II del D.Lgs. 147/2017, dedicato al REI, lasciando in vigore il Capo III, dedicato al riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà e il Capo IV, dedicato al rafforzamento dei servizi e degli interventi di contrasto alla povertà.
Nel disegno del legislatore, i Piani, programmati su un orizzonte temporale triennale con eventuali aggiornamenti annuali, devono individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l'obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale. Ma, più in generale, al di là della specifica "specializzazione" dei fondi nazionali a finanziamento dei servizi territoriali, i Piani hanno come priorità l'adozione di un approccio il più possibile integrato nella programmazione dei servizi territoriali (afferenti al sistema sanitario, al sistema delle politiche del lavoro, al sistema di educazione e istruzione, al sistema della formazione e delle politiche abitative). Tale integrazione viene indicata tanto più necessaria per servizi "cerniera" come i servizi sociali, per la loro potenzialità di attivare il complesso delle risorse e dei servizi territoriali necessari ad una appropriata progettazione personalizzata degli interventi.
Più precisamente, la norma dispone, che, ai fini della rendicontazione da parte di regioni, ambiti territoriali e comuni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'utilizzo delle risorse dei Fondi sociali, la rendicontazione del 75% della quota relativa alla seconda annualità precedente è condizione sufficiente alla erogazione della quota annuale di spettanza, ferma restando la verifica da parte dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali della coerenza degli utilizzi con le norme e gli atti di programmazione. Le eventuali somme relative alla seconda annualità precedente non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.
Tali indicazioni coordinano ed anticipano, come già evidenziato, quanto già contenuto nel Decreto di riparto per il 2019 del Fondo nazionale per le politiche sociali e nel Decreto di riparto per il 2019 del Fondo per le non autosufficienze. Più nel dettaglio, ai sensi dei citati decreti, le Regioni sono tenute a programmare l’utilizzo delle risorse loro assegnate (in coerenza con il Piano nazionale di riferimento) e a predisporre un atto di programmazione contenente la ripartizione delle stesse risorse tra gli ambiti territoriali. Entro 60 giorni dall’emanazione del Decreto di riparto, tale atto di programmazione deve essere trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali insieme alla rendicontazione dell’utilizzo della quota relativa alla seconda annualità precedente. A decorrere dal 2021 l’erogazione della quota di riparto è condizionata alla rendicontazione da parte degli ambiti territoriali, nella specifica sezione del Sistema informativo dell’offerta sociale (SIOSS), dell’effettivo utilizzo di almeno il 75% su base regionale, delle risorse della seconda annualità precedente, secondo un’articolazione per interventi, servizi sociali e aeree assistenziali (non più per macrolivellli). Il Decreto di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali per il 2019 prevede inoltre, nelle more del pieno funzionamento del SIOSS, per il solo 2020 (relativamente alle risorse del 2018), la sperimentazione di tale modello di rendicontazione attraverso rendicontazione diretta con il Ministero.
Entro sessanta giorni dalla ricezione della quota di riparto loro spettante, le Regioni devono procedere al trasferimento delle risorse agli ambiti territoriali, secondo quanto previsto dalla programmazione regionale. L’erogazione agli ambiti territoriali e? comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro trenta giorni dall’effettivo trasferimento delle risorse. Eventuali somme non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.
Il comma 2 specifica che, ai fini delle rendicontazioni di cui al comma 1, con riferimento alle spese sostenute nell'anno 2020, le amministrazioni destinatarie dei fondi possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle annualità precedenti.
Fondo nazionale per le politiche sociali
Nel Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), istituito dalla legge 449/1997 (legge finanziaria per il 1998), sono contenute le risorse che lo Stato stanzia annualmente con la legge di bilancio per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale indicati dalla legge quadro 328/2000. Le risorse del FNPS, ripartite annualmente, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, fra regioni, province autonome, comuni e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono ripartite con decreto interministeriale (sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono pubblicati i decreti di riparto dal 2005 al 2019). A partire dal 2010 le somme riferite alle Province Autonome di Trento e Bolzano, pur essendo calcolate ai fini del riparto, sono rese indisponibili (articolo 2, comma 109, della legge 191/2009 finanziaria 2010).
In conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha determinato lo spostamento della materia dell'assistenza sociale dall'area della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni a quella della potestà legislativa esclusiva delle Regioni (Sentenza Corte costituzionale n. 423/2004), il FNPS è un fondo indistinto, pertanto le risorse non possono essere vincolate ad una specifica destinazione individuata a livello nazionale.
Gli interventi finanziati a valere sul FNPS sono stati rimodulati nel tempo da alcuni provvedimenti normativi. In particolare, le risorse del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, limitatamente alla parte dedicata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie, dal 2008 sono determinate annualmente in Tabella C della legge di stabilità e allocate direttamente nel Fondo per l'infanzia e l'adolescenza. Le risorse per gli interventi su tutto il territorio nazionale da dedicare all'infanzia e all'adolescenza, invece, confluiscono ancora nel FNPS indistintamente, senza essere quantificate.
Dal 2010 si è assistito a una progressiva contrazione delle risorse assegnate: il fondo, quasi azzerato dalla Legge di stabilità 2011 e 2012, è stato parzialmente ricostituito dalla Legge di stabilità 2013 (Legge 228/2012), che gli ha destinato circa 344 milioni di euro. Per il 2014, la legge di stabilità (legge 147/2013) ha destinato al FNPS 317 milioni di euro. Con la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) lo stanziamento del Fondo ha acquistato carattere strutturale. L'articolo 1, comma 158, della stabilità 2015 ha infatti previsto uno stanziamento annuale a regime di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015 (qui consultabile la Tabella dei finanziamenti del FNPS fino al 2019, a cura della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome).
La legge di bilancio 2020 (Sezione II della legge 160/2019) ha previsto, per ciascun anno del triennio 2020-2022, un finanziamento di 394 milioni di euro.
Fondo per le non autosufficienze
Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. Nel corso dell'esame referente, nel corpo della Sezione I della legge di bilancio, è stato inserito il comma 331 che ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro. Si ricorda che l’art. 104 del decreto in esame, ha incrementato il Fondo di ulteriori 90 milioni per il 2020, di cui 20 milioni finalizzati alla realizzazione di progetti per la vita indipendente.
A decorrere dal 2016, l'intera dotazione del FNA ha assunto carattere strutturale e si è accresciuta negli anni successivi: dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 573,2 milioni di euro nel 2019 (Per un approfondimento sulla consistenza del Fondo fino al 2019 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome). A queste risorse vanno poi sommate quelle derivanti dai risparmi connessi al programma straordinario di verifica della permanenza del possesso dei requisiti sanitari per l'erogazione delle prestazioni di invalidità civile, condotte da INPS nel periodo 2013-2015, che il legislatore ha ridestinato all'FNA.
Le risorse del Fondo sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016, stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3, la condizione delle persone con disabilità gravissime. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017 ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di “disabilità gravissima”, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016 - legge di bilancio 2017). Il restante ammontare del Fondo finanzia gli interventi per “non autosufficienze gravi”, ad oggi pero? non meglio specificate a livello nazionale e quindi rimesse nei termini definitori esclusivamente alla programmazione regionale.
Si ricorda, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate anche le azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 3, “Vita indipendente e inclusione nella società”.
Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità prive di sostegno familiare – Fondo Dopo di noi
La legge n. 112/2016 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari". In seguito, il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), la titolarità, insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dei decreti di attuazione e degli atti di riparto delle risorse del Fondo Dopo di noi, che è stato disciplinato, con l'individuazione degli obiettivi di servizio e delle modalità di riparto, dal decreto del 23 novembre 2016.
Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Pertanto le risorse del Fondo risultano pari, a legislazione vigente, a 58,1 milioni di euro. Si ricorda che l’art. 104 del decreto in esame, ha incrementato il Fondo di ulteriori 20 milioni per il 2020.
Destinatari delle misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. Le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati, nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.
Le misure previste dalla legge 112/2016 rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili, accanto ai quali, si aggiunge la previsione di interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.
Per l'attuazione della legge, si rinvia alla Seconda Relazione (riferita all'anno 2018) al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112.
Fondo nazionale infanzia e adolescenza
La legge 28 agosto 1997, n. 285 ha sollecitato e sostenuto la progettualità orientata alla tutela e alla promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza suddiviso tra le Regioni (70%) e 15 Città riservatarie (30%), chiamando gli enti locali e il terzo settore a programmare insieme e a diffondere una cultura di progettazione concertata e di collaborazione interistituzionale.
In seguito, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha disposto, all'art. 1, co. 1258, che la dotazione del Fondo fosse completamente destinata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie e che le restanti risorse destinate all'infanzia e all'adolescenza confluissero, indistintamente, nel Fondo nazionale per le politiche sociali.
La dotazione del Fondo per il 2020 è pari a 28,8 milioni di euro.
Articolo 104
(Assistenza e servizi per la disabilità)
Nell’ottica di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti, e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, l’articolo 104 incrementa di 90 milioni di euro il Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente.
Per le stesse finalità, e nell’ottica di rafforzare tali interventi anche attraverso la realizzazione di soluzioni alloggiative innovative, il Fondo Dopo di Noi è incrementato di ulteriori 20 milioni di euro.
Inoltre, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, viene istituito il “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità”, nel limite di spesa di 40 milioni per il 2020, da trasferire da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse del Fondo sono indirizzate al riconoscimento di indennità agli enti gestori delle strutture semiresidenziali per persone disabili, che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, hanno dovuto affrontare oneri non previsti per l’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti.
La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennità è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.
Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 150 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.
In conseguenza della emergenza epidemiologica da COVID-19, al fine di potenziare l'assistenza, i servizi e i progetti di vita indipendente per le persone disabili e non autosufficienti e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, il comma 1 incrementa, per il 2020, di 90 milioni di euro lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente. Pertanto, considerando che la legge di bilancio 2020 ha assegnato al Fondo 621 milioni, lo stanziamento risulta ora pari a 711 milioni di euro.
La legge 162/1998 ha introdotto nella legge quadro per l’assistenza (art. 39, comma l-ter) un primo espresso riferimento al diritto alla vita indipendente delle persone con disabilita?. La legge 162 ha infatti previsto, fra le possibilità operative delle Regioni, l’istituzione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta attraverso piani personalizzati, in grado di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilita? permanente e grave limitazione dell'autonomia personale, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore, e mediante l’istituzione di servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza (comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati).
Nel corso degli anni, le Regioni, sulla base delle indicazioni contenute nella legge 162, hanno sperimentato e favorito una progettualità volta all’assistenza indiretta, alla deistituzionalizzazione e all’incentivazione della domiciliarità nonché, sebbene in modo residuale, al supporto a percorsi di autonomia personale.
L’approvazione della legge 112/2016 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare ha rafforzato il quadro sul diritto dei disabili all’autodeterminazione e alla vita indipendente fornendo ulteriori indicazioni sul cd. Dopo di noi.
Lo sviluppo di una rete di interventi e di servizi nell’ordinaria programmazione sociale dei territori è stata invece disegnata dal secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità del 2017, in particolare dalla Linea di intervento 2 “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”, con particolare riferimento alle azioni 3, 4 e 5. Al Programma sono seguite le Linee guida per la presentazione di progetti in materia di vita indipendente ed inclusione nella società delle persone con disabilita?, approvate anch’esse nel 2017, che hanno fornito le indicazioni necessarie per individuare le caratteristiche dei progetti di vita indipendente finanziabili dalle Regioni attraverso la quota di risorse, a tal fine vincolate,
del Fondo per le non autosufficienze.
Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. Nel corso dell'esame referente, nel corpo della Sezione I della legge di bilancio, è stato inserito il comma 331 che ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro.
A decorrere dal 2016, l'intera dotazione del FNA ha assunto carattere strutturale e si è accresciuta negli anni successivi: dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 573,2 milioni di euro nel 2019 (Per un approfondimento sulla consistenza del Fondo fino al 2019 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome). A queste risorse vanno poi sommate quelle derivanti dai risparmi connessi al programma straordinario di verifica della permanenza del possesso dei requisiti sanitari per l'erogazione delle prestazioni di invalidità civile, condotte da INPS nel periodo 2013-2015, che il legislatore ha ridestinato all'FNA.
Le risorse del Fondo sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016, stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3, la condizione delle persone con disabilità gravissime, ma solo ai fini del riparto, attribuendo agli interventi e servizi loro dedicati il 40% delle risorse. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017 ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di “disabilità gravissima”, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016 - legge di bilancio 2017). Il restante ammontare del Fondo finanzia gli interventi per “non autosufficienze gravi”, ad oggi pero? non meglio specificate a livello nazionale e quindi rimesse nei termini definitori esclusivamente alla programmazione regionale.
Si ricorda, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate anche le azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 2, “Vita indipendente e inclusione nella società”.
Il Piano per la non autosufficienza 2019-2021 (e conseguente riparto triennale del Fondo, adottati entrambi con DPCM del 21 novembre 2019) ha programmato l'utilizzo delle risorse afferenti al Fondo per le non autosufficienze su un orizzonte triennale e mediante indirizzi nazionali. Le priorità per l'utilizzo delle risorse del Fondo vengono definite nella logica degli obiettivi di servizio, considerati strumenti per avviare il riconoscimento dei livelli essenziali delle prestazioni, ancora non definibili nel complesso, tenuto conto dell’insufficienza delle risorse disponibili. Per quanto riguarda la platea dei disabili gravissimi (stimata inferiore a 60 mila persone), il Piano ritiene sostenibile un intervento che, in assenza di servizi erogati dal territorio (quali assistenza domiciliare o servizi semiresidenziali), preveda un trasferimento di almeno 400 euro mensili per 12 mensilità.
Sul punto, la Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che l’incremento del Fondo intende assicurare una graduale progressione nel raggiungimento dei servizi essenziali, affinché si possa giungere alla istituzione di "un assegno di cura e per l’autonomia, con alcune caratteristiche uniformi definite a livello nazionale".
In questo quadro, la Relazione sottolinea anche i maggiori costi che derivano dalla tutela dei disabili gravissimi e dei non autosufficienti gravi in considerazione della emergenza da COVID-19, che ha imposto e impone l’incremento e la riorganizzazione delle diverse prestazioni ed attività di assistenza, necessari per contrastare e ridurre il rischio epidemiologico. Sempre la Relazione mette in rilievo che l’incremento del Fondo intende favorire anche i progetti di vita indipendente (vedi infra), che nell'attuale contesto di rischio assumono una maggiore rilevanza in relazione a quanto evidenziatosi nelle strutture residenziali dedicate all’assistenza dei disabili gravissimi e degli non autosufficienti gravi.
Il comma 2 incrementa di 20 milioni per il 2020 lo stanziamento del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (Fondo Dopo di noi di cui all'art. 3, comma 1, della legge 112/2016), che, con tale incremento, raggiunge per il 2020 l’ammontare di 78,1 milioni.
La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che, nelle fasi emergenziali di c.d. convivenza con il nuovo coronavirus, saranno richiesti complessivi maggiori oneri per la tutela delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Tali risorse dovranno infatti essere indirizzate all’adozione urgente di interventi volti alla cd. deistituzionalizzazione, ovvero a forme di supporto alla domiciliarità, nonché a progetti personalizzati per l’acquisizione di maggiori livelli di autonomia quotidiana, volti a ridurre, in ambienti domestici e alloggiativi adeguati, i rischi di contagio delle persone con disabilità grave.
La legge n. 112/2016 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari". In seguito, il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), la titolarità, insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dei decreti di attuazione e degli atti di riparto delle risorse del Fondo Dopo di noi, che è stato disciplinato, con l'individuazione degli obiettivi di servizio e delle modalità di riparto, dal decreto del 23 novembre 2016.
Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Pertanto le risorse del Fondo risultano pari, a legislazione vigente, a 58,1 milioni di euro.
Destinatari delle misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. In tal senso, le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile durante l'esistenza in vita dei genitori e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati e nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.
Le misure previste dalla legge 112/2016 rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili, accanto ai quali, la legge n. 112 aggiunge la previsione di interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.
Per l'attuazione della legge, si rinvia alla Seconda Relazione (riferita all'anno 2018) al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112.
Il comma 3 istituisce, nello stato di previsione Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo denominato "Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità" nel limite di spesa di 40 milioni di euro per il 2020, da trasferire alla Presidenza del Consiglio. Il Fondo è istituito al fine di garantire il riconoscimento di una indennità agli enti gestori delle strutture semiresidenziali, comunque denominate dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità. Tali strutture, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno infatti dovuto affrontare oneri non previsti derivanti dall’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti.
La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennità è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.
Sul punto, la Relazione illustrativa evidenzia che alla chiusura delle strutture semiresidenziali, disposta con il decreto legge 18/2020, ha fatto seguito il D.P.C.M. del 26 aprile 2020, con cui se ne autorizza la riapertura a condizione che vengano assicurati specifici protocolli concernenti il rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori.
A questo riguardo, si fa notare che, nel periodo di sospensione dell’attività dei Centri diurni semiresidenziali, il decreto legge 18/2020, agli articoli 47 e 48, ha previsto la possibilità di riconvertire i servizi resi da tali strutture in prestazioni alternative (domiciliari, a distanza, o negli stessi Centri, se adeguatamente attrezzati) soggette a specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi). A tale proposito, si rinvia alla scheda di questo Dossier relativa all’art. 89 che, al comma 2, prevede che le amministrazioni destinatarie dei fondi sociali (Fondo non autosufficienze, Fondo per le politiche sociali, Fondo Dopo di noi e Gondo nazionale per ‘infanzia e l’adolescenza), possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle quote di riparto dei Fondi sociali delle annualità precedenti.
Da quanto esposto, andrebbe pertanto coordinato il contenuto del comma in esame con quello dell’art. 89, comma 2, chiarendo se le indennità del “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità” possono essere richieste esclusivamente per i costi sostenuti dai Centri semiresidenziali, comunque denominati, dal momento della loro riapertura, disposta dal 4 maggio 2020, o se invece tali indennità possono essere richieste anche per i maggiori costi sostenuti durante il periodo di sospensione dell’attività dei Centri.
Come stabilito dal comma 4, agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 150 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.
L’articolo 105 incrementa di 150 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo per le politiche della famiglia allo scopo di destinare una quota di risorse ai Comuni per il potenziamento, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i bambini di età compresa tra i 3 ed i 14 anni, nonché allo scopo di contrastare con iniziative mirate la povertà educativa. I criteri per il riparto della quota di risorse sono stabiliti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che al fine di sostenere le famiglie, per l’anno 2020, una quota di risorse a valere sul Fondo per le politiche della famiglia, di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 223/2006
[34]
, pari, ai sensi del comma 3, a 150 milioni di euro, sia destinata ai comuni, per finanziare iniziative, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, volte a introdurre:
a)
interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività di bambini e bambine di età compresa fra i 3 e i 14 anni, per i mesi da giugno a settembre 2020;
b)
progetti volti a contrastare la povertà educativa e ad implementare le opportunità culturali e educative dei minori.
La misura è finalizzata a recuperare almeno in parte l’offerta educativa e culturale destinata ai bambini ed agli adolescenti che, a causa dell’emergenza sanitaria e della chiusura delle attività didattiche resa necessaria dall’attuazione delle misure di contenimento, non hanno potuto svolgere adeguate esperienze, anche di contatto sociale, al di fuori del contesto domestico e familiare. Nello stesso tempo essa viene incontro alle esigenze dei genitori/lavoratori chiamati nella Fase 2, a riprendere lo svolgimento della propria attività.
Il Dipartimento per le politiche della famiglia ha pubblicato sul proprio sito le Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza COVID-19., redatte grazie al lavoro congiunto con l’Associazione nazionale comuni italiani, l’Unione delle Province d'Italia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la Società Italiana di Pediatria, d'intesa con i Ministeri dell'Istruzione, della Salute, del Lavoro e delle politiche sociali, delle Politiche giovanili e dello sport, ed integrate dalle raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Va poi ricordato che il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006 (legge finanziaria 2007).
Recentemente, l'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Le conseguenti modifiche all'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio è avvenuto con l'adozione del DPCM 21 ottobre 2019.
Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano: interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata); percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori; interventi in materia di adozione e affidamenti.
Dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro. Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020 è pari a 74,5 milioni di euro (la Sezione II della legge 160/2019 ha infatti operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019).
In tema di povertà educativa va ricordato che la legge di bilancio 2019 (L. n.145/2018, art. 1, comma 478) ha prorogato e rifinanziato, per gli anni 2019, 2020 e 2021, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, già istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015, art. 1, commi da 392 a 395), alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni di origine bancaria. Contestualmente, la citata legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 479 e 480) ha prorogato per il medesimo triennio 2019-2021 il credito d'imposta concesso alle fondazioni bancarie per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 relativo ai versamenti al predetto Fondo, riducendone però l'entità dal 75 al 65 per cento degli importi versati ed abbassandone il relativo limite di spesa da 100 a 55 milioni di euro annui.
Si segnala infine che, la legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, attribuisce all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale.
Ai sensi del comma 2 le modalità per il riparto della quota di risorse vengono definiti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari, previa intesa in sede di conferenza unificata
[35]
, riservando la misura del 10 per cento per il finanziamento dei progetti volti a contrastare la povertà educativa e la restante quota al potenziamento dei centri estivi e dei servizi socioeducativi.
L’articolo 109 modifica la disciplina già vigente introdotta a seguito della conversione del DL. 18/2020, riguardante i servizi delle pubbliche amministrazioni, in considerazione dei provvedimenti di sospensione di alcuni servizi, laddove disposta con ordinanze regionali o altri atti, relativamente a prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza, ovvero negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi a carattere educativo, scolastico, sociosanitario e socioassistenziale, senza ricreare aggregazione, mediante personale dipendente da soggetti privati. Le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con importi già dovuti per l'erogazione del servizio standard, cui si sommano quote soggette alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività e quote eventualmente riconosciute a copertura delle spese residue incomprimibili. In relazione alle ore non lavorate, sono riconosciuti i trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga. L’articolo contiene anche una disposizione a sostegno del trasporto scolastico.
A seguito degli atti adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.L. 6/2020 sono stati previsti uno o più decreti dell’Esecutivo per l’attuazione delle misure di emergenza, tra cui misure di sospensione. La disciplina relativa alle prestazioni individuali fornite dalle pubbliche amministrazioni durante tali sospensioni, come previsto dall’art. 48 del DL. 18/2020 (consulta scheda), viene ora integrata e rettificata in più punti:
§
vengono modificati i riferimenti normativi utilizzati, allo scopo di meglio definire l’ambito di intervento di tali servizi delle pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione da zero a sei anni
[36]
, chiarendo che sono estesi anche agli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado e secondo grado, con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104/1992
[37]
;
§
viene esteso l’ambito di intervento ad altre attività sociosanitarie e socioassistenziali, oltre ai già previsti centri diurni per anziani e per persone con disabilità, ivi includendo i servizi per i centri diurni e semiresidenziali per minori, per la salute mentale, per le dipendenze e per persona senza fissa dimora, nonchè i servizi differibili;
§
si integra la disciplina vigente con la possibilità che tali servizi siano resi anche su proposta degli enti gestori di specifici progetti, per le stesse finalità dei servizi in esame resi dalle pubbliche amministrazioni. Queste ultime possono continuare ad avvalersi anche di personale dipendente da soggetti privati che operano in base a contratti di convenzione, concessione o appalto, che risulti disponibile e già impiegato in tali servizi.
Rimane la precisazione che le prestazioni svolte in forme domiciliari devono essere rese nel rispetto delle direttive sanitarie applicate negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi, senza che si possa ricreare aggregazione. Continua inoltre a valere che tali servizi possono essere svolti secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie. In particolare, si prevede che devono essere adottati specifici protocolli per la definizione di tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.
Il comma 2 autorizza le pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei sopra richiamati servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali, al pagamento dei gestori privati di tali servizi per il tutto il periodo della sospensione, sulla base delle risorse disponibili e delle prestazioni rese in altra forma. Rispetto al testo previgente, quindi, non si fa più riferimento agli importi di spesa iscritti nel bilancio preventivo.
Nel caso in cui le prestazioni siano convertite in altra forma, in deroga alla normativa vigente sui contratti pubblici relativi a lavori e servizi (D.Lgs. n. 50/2016) e previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al precedente comma 1 (convenzione, concessione o appalto), le stesse devono essere retribuite ai gestori con le seguenti quote:
§
quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio standard secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi;
§
un’ulteriore quota per il mantenimento delle strutture attualmente interdette, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, tramite personale a ciò preposto, in modo che le strutture siano immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, all’atto della ripresa della normale attività;
§
una terza quota, eventualmente riconosciuta a copertura delle spese residue incomprimibili, definita tenendo anche in considerazione altre entrate che affluiscono agli enti gestori.
Rispetto alla normativa previgente, pertanto, si segnala la corresponsione di questa ulteriore quota che dovrebbe essere corrisposta in relazione alle spese residue degli enti gestori, definite “incomprimibili”, categoria residuale che presumibilmente comprende costi di gestione giustificati dall’emergenza, che vengono sostenuti in aggiunta a quelli legati all’erogazione del servizio standard e oltre ai costi fissi di mantenimento delle strutture, al netto di eventuali entrate residue mantenute a qualsiasi titolo e per altri contributi ricevuti.
Si precisa, infine, che a seguito dell'attivazione dei servizi di cui al comma precedente, è fatta comunque salva la possibilità per i gestori privati di usufruire, in relazione alle ore non lavorate, dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga per il personale utilizzato nei servizi resi dai gestori privati. Questi vengono attivati, qualora già riconosciuti per la sospensione dei servizi per l'infanzia (sistema di istruzione 0-6 anni) e degli altri servizi sociosanitari e socioassistenziali elencati al comma 1, nonché in relazione ai servizi degli educatori per gli alunni disabili se previsti da accordi definiti all’articolo 4-ter del DL 18/2020 medesimo, nell'ambito dei provvedimenti di sospensione assunti in attuazione del D. L. n. 6 del 2020 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilità (comma 3).
La norma reca, infine, la lettera b) (non coerente con la formulazione dell’articolo e per la quale appare necessaria una rettifica di coordinamento formale del testo) che esclude il servizio di trasporto scolastico dal divieto di decurtazione dei corrispettivi, previsto all’art. 92, comma 4-bis, primo periodo, del DL. 18/2020: si tratta della disposizione che ha previsto che non possano essere applicate, da parte dai committenti dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, né sanzioni e/o penali nei confronti dei gestori di tali servizi, in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus.
In materia interviene anche l’art. 200, comma 3 del presente decreto legge (alla cui scheda si rinvia), che ricomprende invece i servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza e quelli interregionali indivisi, tra quelli per cui la riduzione del servizio di trasporto in conseguenza dell’emergenza Covid-19 non comporta decurtazioni di corrispettivo o l’applicazione di sanzioni o penali.
L’articolo 117 (commi 1-4), allo scopo di incrementare la liquidità disponibile presso gli enti del Servizio sanitario nazionale e, in tal modo, favorire una tempestiva gestione dei pagamenti durante il periodo di emergenza epidemiologica, prevede alcune deroghe rispetto alla normativa vigente in materia di erogazione del finanziamento del SSN a cui concorre ordinariamente lo Stato, a riparto già definito e in attesa dell’adozione delle delibere annuali del CIPE.
Il regime di deroga in commento, riferito all’art. 2, comma 68, lett. b) e c), della legge n. 191/2009 [38] (legge finanziaria 2010) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze:
- a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla regione siciliana anticipazioni delle risorse con riferimento al livello del finanziamento a cui concorre ordinariamente lo Stato, nella misura del 99 per cento - con un incremento di due punti percentuali rispetto al 97% previsto dalla normativa vigente - delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta per l’anno 2020, al netto delle entrate proprie [39] , e, per la sola regione siciliana, al netto della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria [40] . Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al livello del 99,5 per cento (vale a dire 1,5 punti in più rispetto al 98% previsto dalla normativa vigente). Le medesime percentuali di cui alla presente lettera sono applicate all’anno 2019, per cui si procede all’erogazione di quota parte delle quote premiali accantonate.
Sono rideterminate di conseguenza le somme residue che rimangono da erogare, come previsto all’art. 2, comma 68, lett. c) della citata legge finanziaria 2010, per gli anni 2019 e 2020, che rispetto al totale della somma da erogare alle regioni inadempienti e alle regioni adempienti nell’ultimo rientro, scendono, rispettivamente, all’1 e allo 0,5 per cento (lett. a));
- a trasferire alle regioni il finanziamento destinato agli interventi di medicina penitenziaria, il finanziamento destinato al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, ove spettante, il finanziamento destinato agli istituti zooprofilattici sperimentali per l’anno 2020, nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato, regioni e province autonome il 31 marzo 2020 rep. atti 55/CSR (per il 2019 v. Del. CIPE 85/2019 sanità penitenziaria e Del. n. 86/2019 ospedali psichiatrici giudiziari) (lett.b));
- ad effettuare a beneficio delle regioni l’erogazione del 100 per cento del finanziamento stabilito per il 2020 per gli obiettivi del Piano sanitario nazionale nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR, oltre che l’erogazione dell’intera quota residua del finanziamento degli obiettivi del piano sanitario nazionale per gli anni 2018 e 2019 (lett. c)).
Tale erogazione avviene in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente [41] che prevede l’elaborazione a carico delle regioni, sulla scorta di linee guida approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, di specifici progetti per accedere alla restante quota vincolate del Fondo sanitario nazionale da erogare (il 30%). Rimangono ferme le verifiche del Comitato permanente per l’erogazione dei L.E.A. sui progetti presentati dalle regioni, anche ai fini dell’eventuale recupero delle somme in caso di verifica negativa dei medesimi progetti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti negli esercizi successivi;
- ad anticipare all’Istituto superiore di sanità (ISS), all’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP) e al Centro nazionale sangue (CNS) il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2020 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale, in base alle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR e il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2019 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale. Tali erogazioni possono essere effettuate anche nelle more del perfezionamento dei procedimenti previsti ai fini dell’accesso al finanziamento e fermi restando eventuali recuperi a valere sulle somme spettanti negli esercizi successivi, in caso di mancato perfezionamento dei citati procedimenti (lett. d));
- ad anticipare alle regioni e agli altri enti un importo fino al 100 per cento del finanziamento relativo all’anno 2020 assegnato con Intese raggiunte in sede di Conferenza Stato-regioni, in attesa dell’adozione delle rispettive delibere del CIPE.
Rispetto a tali anticipazioni di liquidità, la RT stima, a valere sulle disponibilità di cassa degli stanziamenti di bilancio, un flusso di circa 3.375 milioni di euro.
Il comma 2 precisa che i predetti trasferimenti possono essere effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa del MEF e che lo stesso Ministero è comunque autorizzato ad effettuare eventuali necessarie compensazioni ovvero recuperi a valere sulle risorse a qualunque titolo spettanti alle regioni e agli altri enti anche negli esercizi successivi, a seguito del perfezionamento dei procedimenti e delle verifiche degli adempimenti richiesti.
Per garantire che tali flussi di liquidità siano efficaci per gli scopi previsti, il comma 3, in deroga a quanto disposto all'art. 3, comma 7, del D.L. 35/2013 (L. n. 64/2013), prevede che, per il 2020, le regioni devono garantire l'erogazione ai rispettivi Servizi sanitari regionali, entro la fine dell'anno, della totalità delle somme (invece che dell’importo di almeno il 95%) [42] incassate nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.
Infine, allo scopo di agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti per far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione dell’epidemia, anche con riferimento al tempestivo pagamento dei debiti commerciali nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 118/2011 [43] , il comma 4 dispone la temporanea sospensione delle azioni esecutive fino al 31 dicembre 2020. Pertanto, i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale, effettuati in data antecedente all’entrata in vigore del presente decreto-legge (19 maggio 2020) non producono effetti dalla suddetta data. Gli enti del Servizio sanitario regionale e i loro tesorieri non rimangono vincolati dalle predette azioni esecutive e possono disporre, per la gestione dell’emergenza sanitaria e per il pagamento dei loro debiti, delle somme agli stessi trasferite dalle regioni fino a tutto il 2020.
Il comma 2 dell'articolo 237 reca norme transitorie in materia di accreditamento delle scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici.
Tali norme transitorie sono connesse alla mancata ricostituzione dell'Osservatorio nazionale per la formazione sanitaria specialistica [44] , organo competente per la formulazione della proposta al Ministro della salute (il quale delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca) dell'accreditamento delle scuole in esame (nonché dell'accreditamento delle singole strutture universitarie e ospedaliere rientranti nella rete formativa della scuola).
Il comma in esame prevede, in primo luogo, che l'accreditamento delle scuole di specializzazione suddette concesso per l'anno accademico 2018-2019 sia prorogato per l'anno accademico 2019-2020; la proroga fa riferimento sia agli accreditamenti definitivi sia a quelli provvisori.
Si ricorda che la disciplina dell'accreditamento in esame e delle condizioni stabilite ai fini del medesimo è posta dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (in particolare, dall'articolo 43), nonché dal D.M. 4 febbraio 2015, dal D.M. 13 giugno 2017 e dal D.M. 28 febbraio 2019. In particolare, quest'ultimo decreto ha consentito il riconoscimento di un accreditamento provvisorio, per l'anno accademico 2018-2019, in favore delle scuole di specializzazione che, per mancanza dei requisiti di docenza, fossero state accreditate provvisoriamente fino all'anno accademico precedente; la suddetta proroga era subordinata alla condizione che gli atenei (presso i quali le scuole di specializzazione in oggetto fossero istituite) dimostrassero, alla data di chiusura delle procedure di accreditamento relative all'anno accademico 2018-2019, di aver adottato le deliberazioni intese all'avvio delle procedure di reclutamento necessarie per il raggiungimento dei requisiti di docenza nel suddetto anno accademico.
La norma di proroga ha altresì l'effetto (anche riguardo agli accreditamenti definitivi già concessi) di derogare alle previsioni degli adempimenti annui di cui all'articolo 1, comma 2, all'articolo 5, comma 2, lettera c), e all'articolo 6, comma 4, del citato D.M. 13 giugno 2017 (relativi, rispettivamente, all'eventuale aggiornamento - da parte del Ministero dell'università e della ricerca - dei requisiti, degli standard e degli indicatori di attività formativa ed assistenziale, alla dichiarazione del rettore sul rispetto dei medesimi requisiti, standard e indicatori, all'attività di monitoraggio in materia).
Il comma 2 in esame prevede altresì che le scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici che non abbiano conseguito l’accreditamento per l’anno accademico 2018-2019 possano ripresentare istanza di accreditamento per l’anno accademico 2019-2020, secondo le modalità ed i tempi comunicati dal Ministero dell’università e della ricerca. Tali istanze sono sottoposte ad una commissione di esperti, ai fini della verifica degli standard e dei requisiti di idoneità delle scuole, delle loro reti formative e delle singole strutture che le compongono, e della formulazione delle conseguenti proposte di accreditamento al Ministro della salute (come già detto, il Ministro delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca). La commissione è costituita dai membri che hanno fatto parte dell'ultima composizione dell'Osservatorio summenzionato.
Riguardo a quest'ultima composizione
[45]
, le nomine sono state operate con D.M. 27 marzo 2015, prot. n. 195, D.M. 30 maggio 2017, prot. n. 362, D.M. 12 luglio 2017, prot. n. 506, D.M. 2 maggio 2018, prot. n. 342, D.M. 4 settembre 2018, prot. n. 608. Il presente comma 2 fa riferimento alla composizione dell'Osservatorio alla data del 29 settembre 2018 - cioè, dal giorno successivo al "visto" del suddetto D.M. 4 settembre 2018 da parte dell'organo di controllo -.
Ai componenti della commissione non spettano indennità, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati, ad eccezione del rimborso delle spese documentate.
Il comma 3 dell'articolo 237 modifica le norme sull’ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione in medicina.
La modifica consente la partecipazione dei laureati in medicina e chirurgia che conseguano il medesimo diploma di laurea in tempo utile per la partecipazione alla prova (secondo le indicazioni riportate nel bando). La disposizione finora vigente richiedeva invece che il titolo venisse conseguito prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Resta fermo il principio secondo cui sono esclusi dall’accesso alle scuole in esame i soggetti che non conseguano l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo entro il termine fissato per l’inizio delle attività didattiche delle scuole [46] .
Si ricorda che i commi da 1 a 4 dell’articolo 102 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, hanno stabilito una nuova disciplina dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo; si è introdotto il principio della laurea abilitante, ferma restando la condizione di svolgimento e di superamento (all’interno del corso di laurea o successivamente) di un tirocinio.
Il comma 3 in esame, nell'opera tale modifica normativa, abroga la norma di rango regolamentare vigente in materia
[47]
.
L’articolo 13 autorizza l’ISTAT ad effettuare rilevazioni, elaborazioni e analisi statistiche sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all’emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa. Il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato al 31 luglio 2021. Nell’ambito delle indagini statistiche, l’ISTAT è autorizzata al trattamento dei dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute), nonché dei dati relativi a condanne penali o reati, nel rispetto delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati. L’individuazione dei trattamenti è demandata a una o più specifiche direttive del presidente dell’ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.
Il comma 1 autorizza l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), a trattare dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute) e a dati relativi a condanne penali o reati, di cui al Regolamento (UE) 2016/679 2016 sulla protezione dei dati personali, per effettuare rilevazioni, anche longitudinali (ossia stessi soggetti sottoposti a diverse rilevazioni nel corso del tempo), elaborazioni e analisi statistiche anche presso gli interessati, sul territorio nazionale, volte alla comprensione della situazione economica, sociale ed epidemiologica italiana.
Le particolari categorie di dati di cui al Regolamento europeo generale sulla protezione dei dati (Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016) , art. 9, sono i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona.
Con riguardo ai dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, l’articolo 10 del Regolamento specifica che il trattamento di tali dati deve avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o, se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, deve prevedere garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati. Un eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica.
Il trattamento è autorizzato ai sensi delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati.
In linea generale, l’articolo 9, vieta il trattamento delle particolari categorie di dati sopra ricordate. Tuttavia il medesimo art. 9, par. 2, individua i presupposti in presenza dei quali tali dati possono essere legittimamente trattati. Nello specifico, il trattamento è consentito se trova fondamento nel consenso esplicito dell’interessato ovvero nella necessità del trattamento stesso per una serie di motivi tassativamente elencati. In particolare le lettere g) e j), consentono: il trattamento dei dati personali per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri; il trattamento necessario a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o a fini statistici. In ogni caso il trattamento deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato. Ai sensi dell’art. 89. par. 1, del medesimo Regolamento il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici deve essere soggetto a garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato. Tali garanzie assicurano che siano state predisposte misure tecniche e organizzative, in particolare al fine di garantire il rispetto del principio della minimizzazione dei dati. Tali misure possono includere la pseudonimizzazione, purché le finalità in questione possano essere conseguite in tal modo. Qualora possano essere conseguite attraverso il trattamento ulteriore che non consenta o non consenta più di identificare l'interessato, tali finalità devono essere conseguite in tal modo.
Per dare attuazione alle sopra descritte disposizioni europee sul trattamento delle particolari categorie di dati (c.d. dati sensibili) il D.lgs. n. 196 del 2003 così come novellato dal D.lgs. n. 101 del 2018 (Codice per il trattamento dei dati personali) all’articolo 2-sexies, disciplina il trattamento delle categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, consentendolo solo se previsto dal diritto dell’Unione europea ovvero, nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante. Al riguardo il comma 2 elenca le ipotesi in cui l’interesse pubblico può considerarsi rilevante ai fini della possibilità di eseguire il trattamento dei dati particolari. La lettera cc), considera rilevante l'interesse pubblico relativo ai trattamenti effettuati per fini di ricerca scientifica da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri, e i trattamenti effettuati per fini statistici da parte di soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale (Sistan).
Il comma 1 specifica inoltre che:
§ l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), è qualificato come soggetto titolare del trattamento, agli effetti della disciplina sulla protezione dei dati personali, secondo la quale il titolare del trattamento, singolarmente o insieme con altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali. È specificato altresì che contitolari del trattamento, possano essere altri soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale, che verranno indicati nelle direttive di cui al comma 2 (vedi infra);
L’articolo 4, primo comma, numero 7), del Regolamento 2016/679/UE, fornisce la definizione di «titolare del trattamento» consistente nella persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, il titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell'Unione o degli Stati membri; nonché di «responsabile del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento.
§ con riguardo al periodo temporale, il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato alla scadenza dei dodici mesi successivi al termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e per i dodici mesi successivi, dunque fino al 31 luglio 2021;
§ le finalità sono individuate nella possibilità di disporre di statistiche ufficiali sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all’emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa;
§ lo svolgimento delle rilevazioni deve avvenire nel rispetto delle misure e delle garanzie individuate nelle direttive di cui al comma 2.
Si segnala che il Decreto legge n. 30 del 2020, il cui disegno di legge di conversione è all’esame del Senato (AS 1800), reca la disciplina dello svolgimento di un'indagine di sieroprevalenza, epidemiologica e statistica, condotta dal Ministero della salute e dall'ISTAT, concernente la diffusione nella popolazione italiana del virus SARS-COV-2 (noto anche come COVID-19). L'indagine si basa sull'esecuzione di analisi sierologiche, intese a rilevare la presenza di anticorpi specifici negli individui compresi nei campioni. Le finalità dell'indagine, consistono: nell'acquisizione di un quadro di dati sullo "stato immunitario" della popolazione e sulla diffusione del virus; nella conseguente acquisizione di informazioni sulle caratteristiche epidemiologiche, cliniche e sierologiche del virus (ivi compreso il tasso di letalità); nella possibilità di adeguare, sulla base di tali cognizioni, le misure di profilassi e di contenimento e le decisioni strategiche nel settore sanitario e socio-sanitario.
Il comma 2 rimette l’individuazione dei trattamenti riferiti ai dati personali appartenenti a particolari categorie di dati ovvero a dati relativi a condanne o reati, a una o più specifiche direttive del presidente dell’ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.
L’effettuazione dei trattamenti deve avvenire nel rispetto:
§ delle norme sul Sistema statistico nazionale (di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322);
§ delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, relative ai trattamenti a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici (Titolo VII del D.Lgs.n. 196 del 2003) e delle Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale (di cui all’All. A4, del medesimo Codice);
Il D.Lgs. n. 196 del 2003, così come modificato dal D.lgs. n. 101 del 2018 (C.d. Codice in materia di protezione dei dati personali) reca, al Titolo VII, la disciplina del trattamento dei dati personali effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento 2016/679/UE. In particolare il Capo III è dedicato al trattamento a fini statistici o di ricerca scientifica e contiene la disciplina relativa alla modalità di trattamento di tali dati, specificando che: non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all'interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura; i fini statistici e di ricerca scientifica devono essere chiaramente determinati e resi noti all'interessato. L’art. 106 prevede la promozione da parte del Garante per la protezione dei dati personali, promuove, l’adozione regole deontologiche per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per fini statistici o di ricerca scientifica, volte a individuare garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato in conformità all'articolo 89 del Regolamento. In attuazione di tale previsione sono state approvate:
-
le "Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell'ambito del Sistema statistico nazionale" (oggetto delle delibere del Garante per la protezione dei dati personali n. 514 e 515 del 19 dicembre 2018 ed inserite nel suddetto allegato A 3 con D.M. 15 marzo 2019);
-
le Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati fuori dall’ambito del Sistema statistico nazionale (oggetto delle delibere del Garante per la protezione dei dati personali n. 514 e 515 del 19 dicembre 2018 ed inserite nel suddetto allegato A 4 con D.M. 15 marzo 2019).
Andrebbe valutata l’opportunità di correggere, nella disposizione in commento, il riferimento all’Allegato 4 con quello all’Allegato 3 che contiene Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell'ambito del Sistema statistico nazionale.
Il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali e il mancato rispetto delle stesse comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 83, paragrafo 5 del Regolamento (artt. 2-quater, comma 4, e 166, comma 2, del Codice), ossia l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10 milioni di euro o, per le imprese, fino al 2% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.
Il comma 3 individua il contenuto delle predette direttive, nelle quali devono essere indicati:
§ gli specifici scopi perseguiti;
§ i tipi di dati;
§ le operazioni eseguibili;
§ le misure e le garanzie adottate per tutelare i diritti fondamentali e le libertà degli interessati;
§ le fonti amministrative utilizzate, anche mediante tecniche di integrazione;
§ i tempi di conservazione.
Con riguardo ai profili concernenti la conservazione dei dati, si ricorda che le citate Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica, che sono parte integrante (All. A3 e 4) del Codice per la protezione dei dati personali (vedi sopra) prevedono che i dati personali possano essere conservati per scopi statistici o scientifici anche oltre il periodo necessario per il raggiungimento degli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente trattati, in conformità all’art. 5, § 1 lett. e) del Regolamento. Tale disposizione generale prevede che i dati vadano conservati in una forma che consenta l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati; i dati personali possono essere conservati per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, conformemente all'articolo 89, paragrafo 1 (vedi sopra), fatta salva l'attuazione di misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato («limitazione della conservazione»).
Il comma 4 prescrive all’ISTAT l’obbligo:
§ di fornire agli interessati le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento (UE) 2016/679 anche in forma sintetica;
§ di assicurare, attraverso il proprio sito istituzionale, adeguate forme di pubblicità alle suddette informazioni, pubblicate in maniera completa e facilmente consultabile.
Gli articoli 13 e 14 del Regolamento 2016/679/UE, disciplinano le informazioni da fornire all'interessato, rispettivamente, nel caso in cui la raccolta dei dati personali avvenga presso l'interessato e nel caso in cui i dati non siano stati ottenuti presso lo stesso.
In particolare, l’articolo 13 elenca le informazioni, relative al titolare del trattamento, da fornire quando i dati personali sono raccolti presso l’interessato. Inoltre, il titolare del trattamento è tenuto a fornire all’interessato anche le seguenti informazioni: periodo di conservazione dei dati; esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione; modalità di esercizio dei diritti di accesso, rettifica, cancellazione, opposizione e portabilità dei dati, se non sussistono specifiche limitazioni; modalità di esercizio del diritto di revocare il consenso e del diritto di reclamo.
Quando i dati non sono stati ottenuti presso l’interessato, in base all’articolo 14 del Regolamento UE, il titolare del trattamento deve comunque fornire all’interessato informazioni analoghe a quelle previste dall’articolo 13 oltre ad informazioni sulla fonte da cui hanno origine i dati personali. Le disposizioni dell’articolo 14 non si applicano, peraltro, se l’interessato dispone già delle informazioni, se la comunicazione implica uno sforzo sproporzionato, quando l’informativa rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento delle finalità di archiviazione nel pubblico interesse, quando l’ottenimento o la comunicazione sono espressamente previsti dal diritto UE o dello Stato membro, che garantiscono misure appropriate per tutelare gli interessi legittimi dell’interessato, quando i dati personali debbano rimanere riservati conformemente a un obbligo di segreto professionale.
Le citate Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica, di cui agli All A3 e A4 del Codice per la protezione dei dati personali, prevedono specificamente che nella raccolta di dati per uno scopo statistico, nell´ambito delle informazioni di cui all´art. 13 del Regolamento deve essere rappresentata all´interessato l´eventualità che i dati personali possono essere conservati e trattati per altri scopi statistici o scientifici, per quanto noto adeguatamente specificati anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali i dati potranno essere comunicati. Quando i dati sono raccolti presso terzi, ovvero il trattamento effettuato per scopi statistici o scientifici riguarda dati raccolti per altri scopi, e l´informativa comporta uno sforzo sproporzionato rispetto al diritto tutelato, il titolare adotta idonee forme di pubblicità.
Il comma 5 prevede la disciplina in merito alla comunicazione dati trattati nell’ambito delle indagini statistiche di cui all’articolo in esame, stabilendo che gli stessi debbano essere privi di ogni riferimento che permetta l’identificazione diretta delle unità statistiche.
I soggetti cui i dati possono essere comunicati per finalità scientifiche, sono:
§ i ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private o loro strutture di ricerca, inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti (ai sensi comma 1 dell’articolo 5-ter del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33), nei limiti e secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo;
L’articolo 5-ter del D.Lgs. n. 33 del 2013, e successive modificazioni, reca la disciplina dell'accesso (da parte di altri soggetti) per fini scientifici ai dati elementari (privi di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche), raccolti nell'ambito di trattamenti statistici da parte degli enti ed uffici del Sistema statistico nazionale (Sistan). Gli enti e uffici del Sistan, possono consentire l'accesso per fini scientifici ai dati elementari, privi di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche, raccolti nell'ambito di trattamenti statistici di cui i medesimi soggetti siano titolari, a condizione che: l'accesso sia richiesto da ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private o loro strutture di ricerca, inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea (Eurostat) o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti; sia sottoscritto, da parte di un soggetto abilitato a rappresentare l'ente richiedente, un impegno di riservatezza specificante le condizioni di utilizzo dei dati, gli obblighi dei ricercatori, i provvedimenti previsti in caso di violazione degli impegni assunti, nonché le misure adottate per tutelare la riservatezza dei dati; sia presentata una proposta di ricerca e la stessa sia ritenuta adeguata, sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera b), dal medesimo soggetto del Sistan che concede l'accesso. È fatto divieto di effettuare trattamenti diversi da quelli previsti nel progetto di ricerca, conservare i dati elementari oltre i termini di durata del progetto, comunicare i dati a terzi e diffonderli, pena l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 162, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
§ i soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale secondo quanto previsto dal più volte citato Codice in materia di protezione di dati personali (con particolare riferimento alle Regole deontologiche di cui all’allegato A4), nonché del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
Con riguardo alla diffusione dei predetti dati, la stessa è autorizzata solo in forma anonima e aggregata.
Il comma 6 prevede che l’ISTAT faccia fronte alle attività di cui all’articolo in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Articolo 14
(Rifinanziamento Fondo emergenze nazionali e proroga dei termini previsti per la scadenza degli stati di emergenza e delle contabilità speciali)
L'articolo 14 reca il rifinanziamento del Fondo emergenze nazionali per l'anno 2020 di 1.500 milioni di euro, di cui 1.000 milioni di euro sono destinati agli interventi di competenza del commissario straordinario, da trasferire sulla relativa contabilità speciale. Le risorse, che sono oggetto di monitoraggio, possono essere rimodulate con decreto del Ragioniere generale dello Stato, su richiesta congiunta del capo della protezione civile e del commissario straordinario e, previa autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze. La rimodulazione può disporsi anche mediante girofondi tra contabilità speciale del Commissario e quella del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della Protezione civile (co. 1-3). La disposizione poi proroga di ulteriori sei mesi i termini di scadenza degli altri stati di emergenza di rilievo nazionale - diversi da quello connesso al Covid19 - e delle relative contabilità speciali che siano in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non siano più prorogabili ai sensi della vigente normativa; si prevede l'invarianza finanziaria della norma di proroga, stabilendo che alle attività connesse alle proroghe si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza (co.4).
Il comma 1, in conseguenza del perdurare delle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 in relazione alla situazione sanitaria da Covid19, prevede, per l'anno 2020, l'incremento del Fondo emergenze nazionali di 1.500 milioni di euro. Si prevede la destinazione, nell'ambito di tale incremento, di 1.000 milioni di euro agli interventi di competenza del Commissario straordinario per l'emergenza Covid, e da trasferire sull’apposita contabilità speciale a questi intestata.
Il comma 2 della norma in esame stabilisce che, in relazione alle effettive esigenze di spesa connesse all’evolversi del contesto emergenziale, le risorse di cui comma 1, a seguito di apposito monitoraggio effettuato dai soggetti interessati, comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze, possono essere rimodulate con decreto del Ragioniere generale dello Stato; tale rimodulazione avviene su richiesta congiunta del capo della protezione civile e del commissario straordinario e può disporsi, previa autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, anche mediante girofondi tra la contabilità speciale di cui al comma 1 e quella del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della Protezione civile.
Si segnala che la norma sembrerebbe fare riferimento al profilo del monitoraggio dei fabbisogni delle risorse, considerato che la formulazione rimette tale 'monitoraggio' ai medesimi soggetti interessati.
L'articolo 44 del codice di protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ha previsto che per gli interventi conseguenti alle emergenze di rilievo nazionale, di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c) del medesimo codice, relativamente ai quali il Consiglio dei ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile. Sul conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei ministri, al termine di ciascun anno, dovranno essere evidenziati, in apposito allegato, gli utilizzi delle risorse finanziarie del «Fondo per le emergenze nazionali».
Gli interventi contemplati sono in particolare connessi ad eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che, in ragione della loro intensità o estensione devono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante periodi di tempo limitati e predefiniti. Si ricorda che il Consiglio dei Ministri, con la Delibera del 31 gennaio scorso, ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti dagli agenti virali trasmissibili COVID-19, disponendo la possibilità di provvedere con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento, si provvede nel limite di euro 5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.
Successive disposizioni sono intervenute per la rideterminazione della dotazione del fondo: l'art. 1, comma 4-ter, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, l'art. 58-septies, comma 1, D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, e - in relazione all'emergenza Covid - l'art. 18, comma 3, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia).
Con l'articolo 18 del D.L. Cura Italia si è infatti disposto, al comma 3, per far fronte alle esigenze straordinarie connesse allo stato di emergenza deciso dal Consiglio dei Ministri con Delibera del 31 gennaio 2020, l’incremento di 1.650 milioni, per l'anno 2020, del Fondo per le emergenze nazionali, includendo in tali risorse quelle destinate alla copertura delle misure di cui all’articolo 6,comma 10, del medesimo decreto-legge, vale a dire il finanziamento, fino al limite di spesa di 150 milioni, di interventi stabiliti con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile per la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, oltre che di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso.
L'articolo 122 del decreto legge n. 18 del 2020 (Cura Italia) ha previsto la nomina di un Commissario straordinario preposto al rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19, definendone l'ambito delle competenze. In particolare, ai fini dell'acquisizione dei beni, il Commissario è autorizzato - dal comma 9 della citata disposizione- all'apertura di apposito conto corrente bancario, per la regolazione delle transazioni che richiedano il pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia. Al conto corrente e alle risorse ivi esistenti si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della protezione civile). In virtù di siffatto richiamo normativo, le risorse della contabilità speciale per la gestione dell'emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non sono pignorabili né sottoponibili a sequestro, e rimane sospesa qualsivoglia azione esecutiva. La previsione dispone che si provveda alle spese connesse all'attuazione dell'articolo attingendo alle risorse del Fondo per le emergenze nazionali. Per la nomina del Commissario straordinario si veda il Comunicato 20 marzo 2020 e in attuazione di quanto disposto dall'art. 122 si veda la Deliberazione 6 aprile 2020 e la Deliberazione 20 aprile 2020.La prima (Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 aprile 2020, n. 98) ha recato Ulteriore stanziamento per la realizzazione degli interventi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, prevedendo uno stanziamento di euro 450.000.000,00, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, in favore del commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 disponendo che le risorse in questione sono versate sulla contabilità speciale di cui all'art. 122, comma 9 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, intestata al suddetto commissario straordinario. La Delibera 20/04/2020 ha poi recato Ulteriore stanziamento per la realizzazione degli interventi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili (Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 aprile 2020, n. 107) prevedendo un ulteriore stanziamento di euro 900.000.000,00, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, in favore del commissario straordinario, disponendo che le risorse sono versate sulla contabilità speciale di cui all'art. 122 citato.
Il comma 3 reca la copertura degli oneri ai sensi dell'articolo 265 del decreto-legge.
Il comma 4 proroga di ulteriori sei mesi i termini di scadenza degli altri stati di emergenza di rilievo nazionale - diversi da quello connesso al Covid-19 - dichiarati ai sensi dell’articolo 24 del Codice di protezione civile. Si prorogano quindi le relative contabilità speciali di cui all’articolo 27 del medesimo Codice. La proroga riguarda gli stati di emergenza nazionali che siano in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non siano più prorogabili ai sensi della vigente normativa.
La norma chiarisce dunque che tale proroga non riguarda lo stato di emergenza connesso al Covid 19 dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.
In base alla disposizione, dalla proroga non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e alle attività connesse alle proroghe si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza.
La relazione illustrativa al decreto in esame afferma che in considerazione dell’impegno profuso dalle regioni finalizzato al contrasto della diffusione del virus Covid-19 e della conseguente impossibilità di operare per il superamento dei contesti emergenziali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, si prevede la proroga degli stati di emergenza e delle contabilità speciali in scadenza entro il 31 luglio 2020 e che non sono più prorogabili ai sensi della vigente normativa per ulteriori sei mesi.
Il nuovo Codice di protezione civile di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.1, reca all'articolo 24. norme sulla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti indicati ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile, nonché individuandone le relative risorse.
In base al comma 3 della norma vigente, la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Si ricorda peraltro che in deroga a quanto disposto dal presente comma sono state emanate alcune disposizioni: l'art. 1, comma 4-bis, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189 (decreto terremoto), convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229, come poi modificato dall'art. 01, comma 1, D.L. 29 maggio 2018, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2018, n. 89, e, successivamente, con l'art. 15, comma 1, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (proroga termini), convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8.
L'articolo 27 del medesimo Codice, in materia di contabilità speciali per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale e altre disposizioni in materia amministrativa e procedimentale, prevede che per l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 44-ter, comma 8, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009), può essere autorizzata l'apertura di apposite contabilità speciali, le quali possono essere mantenute per un periodo massimo di quarantotto mesi dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza. In base al comma 2 di tale previsione, le risorse stanziate a valere sul Fondo emergenze nazionali di cui alla delibera prevista dall'articolo 24, comma 1 dichiarativa dello stato di emergenza, sono trasferite integralmente a seguito della nomina del commissario delegato sulla contabilità speciale aperta e le ulteriori somme previste dalla delibera medesima vengono corrisposte nella misura del 50 per cento a seguito dell'emanazione della delibera, mentre il restante 50 per cento all'attestazione dello stato di attuazione degli interventi finanziati. Sulle contabilità speciali di cui al presente articolo può essere autorizzato il versamento di eventuali ulteriori risorse finanziarie finalizzate al superamento dello specifico contesto emergenziale, diverse da quelle stanziate a valere sul Fondo per le emergenze nazionali e rese disponibili dalle Regioni e dagli enti locali interessati, da individuarsi con apposite ordinanze di protezione civile adottate di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Sulle medesime contabilità possono, altresì, confluire le risorse finanziarie eventualmente provenienti da donazioni, da altre amministrazioni, nonché dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea.
Sono previsti obblighi di rendicontazione (comma 4) e si stabilisce che per la prosecuzione e il completamento degli interventi e delle attività previste dalle ordinanze adottate ai sensi dell'articolo 25 ove non ultimati o conclusi alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale la durata della contabilità speciale può essere prorogata per un periodo di tempo determinato fermo restando il limite di cui al comma 1. Per gli ulteriori interventi ed attività da porre in essere secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti possono essere trasferite alla regione ovvero, ove esistenti, alle agenzie regionali preposte allo svolgimento della funzione di protezione civile o ai soggetti attuatori competenti.
Si rammenta che fermo quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, fino alla cessazione degli effetti delle ordinanze di protezione civile, resta sospesa ogni azione esecutiva e sono privi di effetto i pignoramenti comunque notificati, e le risorse comunque dirette a finanziare le contabilità speciali istituite con ordinanze di protezione civile sono insuscettibili di pignoramento o sequestro fino alla definitiva chiusura delle pertinenti contabilità speciali.
La Corte costituzionale si è pronunciata in materia di "proroghe termini" delle emergenze, in riferimento ai decreti legge cd. “milleproroghe”. In particolare nella sent. n. 22 del 2012 (ribadita nella successiva sent. n. 154 del 2015) ha asserito che i cosiddetti decreti “milleproroghe”, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire ad una ratio unitaria risiedente in un duplice intento: "intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento"; oppure "incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale". Secondo la giurisprudenza costituzionale, focalizzata sulle proroghe di termini, risulta in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione "la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei". Ne segue che "del tutto estranea a tali interventi ['mille-proroghe'] è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Cost." (sent. n. 22 del 2012). In tal senso, secondo la Corte "ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati".
In ordine ai requisiti di necessità e urgenza (art. 77 Cost.), la sent. della Corte costituzionale n. 220 del 2013 ha peraltro evidenziato i "ristretti limiti tracciati dal secondo e terzo comma dell’art. 77 Cost." che sono stati "concepiti dal legislatore costituente per interventi specifici e puntuali, resi necessari e improcrastinabili dall’insorgere di «casi straordinari di necessità e d’urgenza»". Viene, al riguardo, in rilievo la già menzionata sent. n. 22 del 2012, in base alla quale "Il presupposto del «caso» straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validità prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualità temporale" (sul requisito della omogeneità anche le successive sent. n. 32 del 2014 e n. 154 del 2015).
L’articolo 15 incrementa la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di 20 milioni di euro per il 2020 e dispone l’incumulabilità del rimborso per il mancato guadagno giornaliero, riconosciuto ai volontari di Protezione civile che svolgono attività di lavoro autonomo, con le indennità spettanti ad alcune categorie di lavoratori in conseguenza della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Nel dettaglio la norma dispone l’incremento del suddetto Fondo di 20 mln di euro per il 2020 (che si aggiungono ai 10 mln stanziati per la medesima annualità dalla legge di bilancio 2020), al fine di garantire adeguate risorse da destinare all’assistenza delle persone più vulnerabili e alla ricostruzione del tessuto sociale deteriorato in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell’art. 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia) (commi 1 e 2).
Il Fondo nazionale per il servizio civile, istituito dalla legge n. 230 del 1998, ha come finalità lo sviluppo complessivo del servizio civile universale, nonché la continuità del contingente di operatori volontari.
I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale [48] sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.
La Presidenza del Consiglio cura l’amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie. A tal fine elabora ogni anno - previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni - un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile.
Il Fondo è quantificato annualmente dalla legge di bilancio dello Stato. Quella per il 2020 (L. 160/2019, art. 1, comma 267) ha previsto un incremento dello stanziamento di 10 milioni per il medesimo anno. Pertanto, la dotazione iniziale del Fondo nel bilancio 2020 (capitolo 2185 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze: "Fondo occorrente per gli interventi del servizio civile nazionale") risulta pari 149,02 milioni per il 2020; 99,28 milioni per il 28 per il 2021; 106,58 milioni per il 2022.
La norma in commento, inoltre, dispone che ai volontari che svolgono attività di lavoro autonomo - che percepiscono una delle indennità attribuite a determinate categorie di lavoratori dagli articoli da 27 a 30 del D.L. 18/2020, nonché dall’articolo 84 comma 1 del presente provvedimento, in conseguenza della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa - non si applica quanto disposto dall’articolo 39, comma 5, del D.Lgs. 1/2018 che riconosce ai volontari di Protezione civile lavoratori autonomi un rimborso per il mancato guadagno giornaliero calcolato sulla base della dichiarazione del reddito presentata l'anno precedente a quello in cui è stata prestata l'opera di volontariato, nel limite di 103,30 euro giornalieri [49] (comma 2).
Per quanto concerne l’ambito temporale di applicazione della disposizione in commento, il predetto divieto di cumulo si applica per le attività di volontariato svolte nei mesi per i quali sia percepita una delle richiamate indennità.
Riguardo ai divieti di cumulo di cui alla norma in commento, si valuti l'opportunità di richiamare non solo il comma 1 dell’articolo 84, ma anche altri commi del medesimo articolo, considerato che anch'essi concernono indennità relative a lavoratori autonomi o a soggetti che potrebbero svolgere nel periodo in oggetto lavoro autonomo.
Per la stessa ragione, si valuti l’opportunità di richiamare anche l'articolo 44 del D.L. 18/2020 e l'articolo 81 del presente decreto, in relazione a indennità analoghe, previste da essi o dai relativi provvedimenti attuativi.
I citati articoli del D.L. 18/2020, prorogati dall’art. 89 del provvedimento in esame sia pur non in forma di novella, riconoscono un'indennità, pari a 600 euro, in favore dei seguenti soggetti, qualora non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (per la proroga e l’incremento delle suddette indennità, nonché per la modifica di alcuni presupposti per il loro riconoscimento, si rimanda alla scheda di lettura sull’articolo 89 del provvedimento in esame):
§
dei liberi professionisti titolari di partita IVA iscritti alla Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione (art. 27 D.L. 18/2020 e 84, c. 1);
§
dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (artt. 28 D.L. 18/2020 e 84, c. 4);
§
dei lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro in un determinato periodo (artt. 29 D.L. 18/2020 e 84, c. 5 e 6);
§
degli operai agricoli a tempo determinato che nel 2019 hanno svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo (artt. 30 D.L. 18/2020 e 84, c. 7).
Articolo 19
(Funzionamento e potenziamento della Sanità militare)
L’articolo 19 è volto ad autorizzare, per l’anno 2020:
§ l’arruolamento eccezionale, a domanda, di 70 ufficiali medici (di cui 30 della Marina militare, 30 dell’Aeronautica militare e 10 dell’Arma dei carabinieri) e di 100 sottufficiali infermieri (di cui 50 della Marina militare e 50 dell’Aeronautica militare).
§ la spesa di euro 88.818.000 di euro, per sostenere le attività e l’ulteriore potenziamento dei servizi sanitari militari.
In particolare, il comma 1 autorizza per l’anno 2020 l’arruolamento eccezionale, a domanda, di personale della Marina militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri in servizio temporaneo, con una ferma eccezionale della durata di un anno, nelle seguenti misure per ciascuna categoria e Forza armata:
a) 70 ufficiali medici con il grado di tenente o grado corrispondente, di cui 30 della Marina militare, 30 dell’Aeronautica militare e 10 dell’Arma dei carabinieri;
b) 100 sottufficiali infermieri con il grado di maresciallo, di cui 50 della Marina militare e 50 dell’Aeronautica militare.
La disposizione richiama l’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, per quanto concerne le finalità e per le modalità, i requisiti, le procedure ed il trattamento giuridico ed economico.
Si ricorda che l’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, e i successivi articoli 8 e 9, hanno introdotto una serie di disposizioni volte a potenziare le risorse umane e strumentali a disposizione dei servizi sanitari delle Forze armate, fortemente impegnati nel contrastare l’emergenza sanitaria connessa al diffondersi del virus COVID-19. In particolare, l’articolo 7 prevede una procedura semplificata per l’arruolamento, eccezionale e temporaneo (di un anno, dal 15 aprile 2020 al 15 aprile 2021), di 320 unità di personale medico e infermieristico dell’Esercito (mentre l’articolo 19 in esame coinvolge le altre Forze armate), definendone il relativo stato giuridico ed economico. Si tratta di 120 medici e 200 infermieri militari, da inquadrare, rispettivamente, con il grado di tenente (gli ufficiali medici) e di maresciallo (i sottufficiali infermieri), in servizio temporaneo (ferma attiva della durata di un anno), a cui sarà riconosciuto il trattamento giuridico ed economico dei loro parigrado in servizio permanente. Per quanto attiene alle modalità di arruolamento, il richiamato articolo 7 delinea un procedimento particolarmente semplificato in quanto, al fine di velocizzare la selezione delle professionalità. Il comma 2 prevede che la selezione del personale si basi sui giudizi formulati dalle Commissioni di avanzamento istituzionalmente competenti per tali necessità.
Tali Commissioni, ai sensi dell’articolo 1034 del Codice dell’ordinamento militare, esprimono giudizi sull'avanzamento degli ufficiali le Commissioni di vertice nei riguardi degli ufficiali aventi grado di generale di divisione e corrispondenti; le Commissioni superiori di avanzamento nei riguardi degli ufficiali aventi grado da tenente colonnello a generale di brigata e corrispondenti; le Commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente aventi grado da sottotenente a maggiore e corrispondenti; i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento. Le Commissioni di vertice e le Commissioni superiori di avanzamento sono costituite presso ciascuna Forza armata. Per quanto riguarda l’Esercito la disciplina delle Commissioni superiore e ordinaria di avanzamento sono regolate, rispettivamente, dagli articoli 1037 e 1042 del Codice dell’ordinamento militare. Per la valutazione del personale appartenente a ciascuno dei ruoli marescialli, sergenti e volontari in servizio permanente, sono istituite presso l'Esercito italiano, la Marina militare e l'Aeronautica militare apposite Commissioni permanenti (artt. 1047 e ss. del Codice dell’ordinamento militare).
Per quanto, attiene, ai requisiti per la partecipazione alla selezione, il richiamato comma 2 dell’articolo 7 prevede che gli aspiranti all’arruolamento siano cittadini italiani di età non superiore ai 45 anni, in possesso di una laurea magistrale in medicina e chirurgia, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti ufficiali medici e in infermieristica, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti sottufficiali infermieri. Si prevede, inoltre, che i candidati:
§
non siano stati giudicati permanentemente non idonei al servizio militare, non siano stati dimessi d’autorità da precedenti ferme nelle Forze armate;
§
non siano stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non siano imputati in procedimenti penali per delitti non colposi.
Ai sensi del comma 2, le domande di partecipazione sono presentate entro quindici giorni dalla data di pubblicazione delle procedure di arruolamento da parte della Direzione generale del personale militare sul portale on-line del sito internet del Ministero della Difesa (www.difesa.it), e gli arruolamenti sono perfezionati entro i successivi 20 giorni.
Il comma 3 prevede che i periodi di servizio prestato in virtù sia dell’articolo 19 in esame che dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, costituiscono titolo di merito da valutare nelle procedure concorsuali per il reclutamento di personale militare in servizio permanente appartenente ai medesimi ruoli delle Forze armate.
Il comma 4 autorizza la spesa di euro 4.682.845 per l’anno 2020 e euro 3.962.407 per l’anno 2021 per l’attuazione del comma 1.
La relazione illustrativa precisa che, a seguito dell’evolversi della situazione emergenziale in atto, le disposizioni recate dai commi 1-4 sono volte a rafforzare i presidi già apprestati dall’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, allo stato non del tutto adeguati ad affrontare efficacemente la situazione in molti nosocomi sul territorio nazionale e a supportare sinergicamente tutte le altre strutture di qualsiasi livello del Servizio sanitario nazionale. Il rafforzamento degli strumenti predisposti consentirà alle Forze armate di fornire risposte adeguate, tempestive, flessibili e coerenti con la necessità di dislocare e contingenti di personale sanitario nei diversi presidi ospedalieri potenzialmente in difficoltà situati sull’intero territorio nazionale.
Dal momento che si tratta di affrontare una situazione assolutamente straordinaria, non codificata, senza precedenti e in costante evoluzione, e tenuta anche presente la ristrettissima tempistica a disposizione, vengono confermati gli istituti e le modalità eccezionali già posti in essere con il citato articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020.
La relazione tecnica elenca nel dettaglio gli oneri per categoria professionale e per forza armata, ipotizzando l’immissione in servizio per il 15 giugno 2020.
Il comma 5 autorizza inoltre l’ulteriore spesa di 84.132.000 per l’anno 2020, per sostenere le attività e l’ulteriore potenziamento dei servizi sanitari militari di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 18 del 2020, che a sua volta ha previsto per l’anno 2020 la spesa di 34,6 milioni di euro per il potenziamento dei servizi sanitari militari e per l’acquisto di dispositivi medici e presidi sanitari mirati alla gestione dei casi urgenti e di biocontenimento.
Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, lo stanziamento di 84,13 milioni riguarda per 14,49 milioni la spesa corrente e per 69,64 milioni la spesa in conto capitale. La relazione tecnica fornisce un elenco dettagliato delle esigenze e delle tipologie di acquisti previsti.
La relazione illustrativa evidenzia come il rapido sviluppo e la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 richieda un ulteriore potenziamento della Sanità militare, quale organizzazione presente sul territorio in grado di supportare la gestione dei casi urgenti e per il contenimento degli effetti negativi che l’epidemia sta producendo.
Per realizzare l’efficiente potenziamento della Sanità militare occorrono, sempre secondo la Relazione, interventi volti alla realizzazione di strutture sanitarie dedicate, all’adeguamento infrastrutturale dei Poli ospedalieri militari esistenti, all’acquisto di dispositivi e presidi sanitari idonei a gestire in sicurezza l’emergenza, e soprattutto degli ulteriori assetti per il trasporto in sicurezza e la gestione a terra, su unità navali, negli aeroporti militari e in volo di pazienti con malattie infettive contagiose. Più in particolare, la relazione illustrativa elenca alcune esigenze:
§ l’acquisto di 2 ospedali da campo Role 1+ [50] oltre a moduli aggiuntivi per incrementare la capacità di risposta e di dispiegamento su ogni parte del territorio nazionale di altri ospedali da campo già nella disponibilità delle Forze armate;
§ l’acquisto di materiale specifico e assetti per trasporti aerei in biocontenimento;
§ l’acquisito di materiali e dispositivi medici per gestione di pazienti sia in terapia intensiva che in degenza ordinaria;
§ il potenziamento di strutture ospedaliere militari, al fine di pervenire anche ad un incremento dei posti letto degenza disponibili, con necessità di effettuare anche connesse opere infrastrutturali. I lavori di adeguamento infrastrutturali riguarderanno principalmente le strutture del Policlinico Militare del Celio, del polo Ospedaliero di Milano Baggio, del Centro Ospedaliero Militare di Taranto;
§ la costruzione di un APOD (Air Port of Debarkation) /ATOC (Air Terminal Operation Center) nazionale (con relativo alternato), per garantire la gestione di personale contagiato trasportato con assetti aerei all’interno o all’esterno del territorio nazionale;
§ il potenziamento delle capacità di accoglienza di pazienti in biocontenimento epidemiologico e di decontaminazione delle strutture.
In particolare, è necessario incrementare le capacità di ricovero sul territorio nazionale, sia nelle strutture sanitarie militari esistenti (il Centro ospedaliero militare di Taranto, il Polo ospedaliero militare di Milano Baggio e il Policlinico militare del Celio di Roma), comprese quelle presenti sulle unità navali della Marina militare, sia nelle strutture ospedaliere campali ad hoc (l’ospedale militare da campo a Piacenza allestito dall’Esercito, capace di ospitare dai 40 ai 60 posti letto e quello vicino all’Ospedale Carlo Urbani a Jesi nelle Marche, allestito dalla Marina militare). Si rafforza inoltre la capacità di trasporto aereo e terrestre di pazienti in alto biocontenimento (anche in condizioni di assistenza intensiva), la capacità di diagnostica rapida per specifica patologia, farmaci e dispostivi di protezione individuale per l’assistenza dei malati e dei contagiati, la sanificazione delle aree e delle strutture.
Per sanità militare deve intendersi il complesso dell’organizzazione sanitaria delle Forze armate del Paese.
Secondo il Codice ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, artt. 181-213), il Servizio sanitario militare (SSM) è un sistema di strutture e servizi che deve assicurare prioritariamente il complesso delle attività che concorrono a garantire l’efficienza psicofisica del personale militare e civile della Difesa.
La sanità militare ha infatti il compito primario di assicurare l’assistenza sanitaria in operazioni e in addestramento, sia all’interno che al di fuori del territorio nazionale, nonché, in subordine, di concorrere all’assistenza e al soccorso della collettività nazionale e internazionale nei casi di pubbliche calamità.
Essa agisce attraverso i servizi sanitari di ciascuna delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri che, nel loro insieme, ma con le loro specificità, costituiscono il “servizio sanitario militare”.
La sanità militare costituisce un settore di centrale interesse per la Difesa e tale servizio, secondo il D.M. Sanità-Difesa del 4 marzo 2015, che ne individua dettagliatamente i beneficiari, va erogato ad un bacino di potenziali utenti (personale in servizio e in congedo dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Arma Carabinieri, Guardia di Finanza, dipendenti civili della Difesa, e loro familiari) stimabile, secondo la Corte dei conti (delibera 16/2019/G) in almeno di 400.000 unità.
L’attuale organizzazione territoriale della sanità militare è schematizzata nel diagramma seguente:
Fonte: Corte dei conti (delibera 16/2019/G), su dati Ministero della difesa
1 Centro Ospedaliero Militare dal 2018 (precedentemente Dipartimento militare di medicina legale- DMML)
2 Istituti di Medicina Aerospaziale di Milano e Roma
3 Istituto di Perfezionamento e Addestramento in Medicina Aerospaziale
4 5 DMML nel 2017, ridotti a 4 nel 2018 (dopo il ripristino del COM di Milano)
5 Già Centro Studi e Ricerche EI, dal 2017 riorganizzato quale Dipartimento del Policlinico Militare “Celio”
6 Dipende dall’Ufficio Studi del Comando Subacqueo Incursori (COMSUBIN
7 Sezioni di Sanità CC (40 dal 1° gennaio 2017, dopo l’assorbimento del Corpo Forestale, in precedenza 38)
Il sistema della sanità militare, nel corso del 2018, si è avvalso complessivamente di circa 6.300 unità, comprendenti medici, infermieri, aiutanti di sanità, tecnici, e relativo supporto logistico operativo, articolato su due aliquote: quella della sanità di sostegno (o territoriale), a carattere ospedaliero e pari a 2.460 unità, e la sanità di aderenza, operante a contatto con gli appartenenti alla Difesa, pari a 3.838 unità. Si segnala che, per sanità di aderenza, in ambito militare si intende la componente sanitaria organicamente inquadrata in ciascuna unità combattente, e che con essa si sposta, per assicurare l’assistenza a favore del personale dell’unità stessa, durante le attività di caserma, di addestramento e di effettivo impiego operativo.
Restringendo il campo alla sanità territoriale, la medesima delibera riporta i dati relativi alla consistenza del personale dedicato alla sanità territoriale e i relativi costi (tab. 1 pag. 35). Nell’anno 2018:
§ per l’Esercito, compreso il Policlinico militare del Celio, la consistenza del personale ammonta a 1.486 unità, con un costo lordo di circa 77 milioni di euro;
§ per la Marina, la consistenza del personale è di 553 unità, con un costo di 30,8 milioni;
§ per l’Aeronautica, la consistenza del personale è di 354 unità, con un costo di 21,3 milioni;
§ per i Carabinieri, la consistenza del personale è di 18 unità, con un costo di 1,3 milioni.
In totale, comprese le strutture interforze, il personale della sanità territoriale militare ammonta a 2.446 unità, e il costo totale a 134,3 milioni per l’anno 2018.
Il comma 6, infine, reca la copertura degli oneri derivanti dai commi 4 e 5, pari complessivamente a 88.814.845 euro per l’anno 2020 e 3.962.407 per l’anno 2021, a cui si provvede:
§ quanto a 88.814.845 euro per l’anno 2020, ai sensi dell’articolo 265 del decreto-legge in esame;
§ quanto a 3.962.407 per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente (tabella A) iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.
Ai fini della formulazione del testo, si segnala che il comma 6, nel riepilogare gli oneri per l’anno 2021, riporta erroneamente l’importo di 3.241.969, in luogo di 3.962.407 (cifra coerente sia con il comma 4 che con il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari).
L’articolo 20 stanzia l’ulteriore spesa di 1 milione di euro per l’anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario al personale medico e paramedico e delle sale operative delle Forze armate, in virtù dei maggiori compiti connessi con il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza.
La disposizione, ai fini dello svolgimento, da parte del personale medico e paramedico e delle sale operative delle Forze armate, dei maggiori compiti connessi con il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, autorizza, per l’anno 2020, l’ulteriore spesa complessiva di euro 1.000.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (comma 1).
La relazione illustrativa specifica che il finanziamento riguarda gli oneri di straordinario connessi con i maggiori compiti assolti dal personale delle Forze armate delle sale operative, in funzioni di coordinamento per tutte le attività svolte dal personale delle Forze armate sul territorio (“Strade sicure”, attività di concorso, trasporto, logistico e infrastrutturale campale, ecc.), e dal personale medico e paramedico militare, assegnato alle strutture sanitarie sia della Difesa (Centri ospedalieri militari, Policlinico militare del Celio e le diverse strutture medico-campali dislocate sul territorio), sia del Servizio sanitario nazionale.
Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 74, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020 ha autorizzato la spesa di 59.938.776 euro, per l’anno 2020, in favore del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria). Di questa cifra, 34.380.936 euro sono per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale suddetto e 25.557.840 euro per altri oneri connessi all’impiego del personale.
Secondo la relazione tecnica al citato decreto-legge, all’interno dello stanziamento complessivo la somma di 1.757.336 euro è destinata al pagamento degli straordinari per il personale medico e paramedico (200 unità) e per il personale di sala operativa (130 unità) delle Forze armate, calcolando 80 ore di straordinario mensili per tre mesi.
La suddetta spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19, per un periodo di ulteriori 90 giorni a decorrere della scadenza dei 30 giorni di cui al comma 01, che a sua volta autorizza la spesa complessiva di euro 4.111.000 per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario e degli oneri dell’integrazione, per un periodo di trenta giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, dell’operazione Strade Sicure (per approfondimenti si veda la scheda dell’articolo 22 del decreto-legge in esame) di 253 unità.
La relazione tecnica precisa di aver preso in considerazione nella quantificazione degli oneri le medesime unità impiegate per effetto del citato articolo 74, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020. Nello specifico, sono state considerate:
§ 220 unità di personale medico/paramedico militare, tenendo conto dell’aumentato numero di personale sanitario impiegato per l’emergenza anche a seguito degli arruolamenti straordinari in virtù dell’art. 7 del decreto-legge n. 18 del 2020;
§ 130 unità di personale militare impiegato nelle sale operative.
La proiezione contempla la necessità di un incremento di 80 ore di lavoro straordinario pro-capite mensile per il periodo dal 15 giugno (cioè a decorrere dalla scadenza dei 90 giorni già finanziati dal citato decreto-legge dal 17 marzo) al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza deliberato Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020.
Alla copertura degli oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265 del decreto-legge in esame (comma 2).
L’articolo 21, in considerazione del blocco delle procedure concorsuali per l’accesso nelle carriere iniziali delle Forze armate, disposta nell’ambito delle misure di contenimento del virus Covid-19, prolunga i tempi di permanenza nelle ferme prefissate, sia quelle propedeutiche all’accesso nella ferma quadriennale, sia quelle funzionali all’inserimento nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate (nuovo articolo 2204-ter del d.lgs. n. 66 del 2010).
Si prevede, inoltre, il reclutamento, in via eccezionale per l’anno 2020, di 60 marescialli in servizio permanente. Il reclutamento ha luogo mediante concorso riservato al personale in servizio appartenente ai ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente, in possesso di laurea per la professione sanitaria infermieristica e relativa abilitazione professionale (nuovo articolo 2197-ter.1 del D.Lgs. n. 66 del 2010).
Nello specifico l’articolo 21 novella il Codice dell’ordinamento militare di cui decreto legislativo n. 66 del 2010 al fine di inserirvi i nuovi articoli 2204-ter e 2197-ter.1.
Il nuovo articolo 2204-ter (Prolungamento della ferma dei volontari in ferma prefissata):
§
al comma 1, prolunga, per un periodo massimo di sei mesi, eventualmente rinnovabile per una sola volta, la durata della ferma dei volontari in ferma prefissata annuale che negli anni 2020, 2021 e 2022 termineranno il periodo di rafferma annuale, ovvero l’eventuale rafferma (artt. 954, co. 1, e 2204 del codice ordinamento militare).
Come si vedrà più diffusamente in seguito, la ferma annuale, che può essere rinnovata per due successive ferme annuali (per un totale, quindi, di tre anni), è propedeutica per l’accesso, tramite concorso, alla successiva ferma quadriennale la quale, a sua vota, può essere prolungata per due successivi bienni. La ferma quadriennale è preliminare all’accesso nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate.
Il prolungamento può aver luogo:
1.
nei limiti delle consistenze organiche previste a legislazione vigente;
2.
su proposta della Forza armata di appartenenza;
3.
previo consenso degli interessati.
§
Al comma 2 si dispone il prolungamento della ferma dei volontari al termine del secondo periodo di rafferma biennale, successivo alla ferma prefissata quadriennale (art. 954, co. 2, del codice ordinamento militare, cfr. infra), che negli anni 2020, 2021 e 2022 parteciperanno alle procedure per il transito in servizio permanente, per il tempo strettamente necessario al completamento dell’iter concorsuale.
Il richiamato prolungamento può aver luogo:
1.
nei limiti delle consistenze organiche previste a legislazione vigente;
2.
previo consenso degli interessati.
In relazione alla disposizione in esame si osserva che la Commissione difesa della Camera, nella seduta del 15 aprile 2020, in sede di espressione del parere sull’ Atto Camera 2463, recante la conversione in legge del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”) aveva espresso un’osservazione (n. 12) volta a “valutare l'opportunità di prevedere nei successivi provvedimenti, qualora verificata l'impossibilità di procedere al reclutamento di nuovo personale, di estendere la ferma del personale militare volontario sino alla conclusione dell'emergenza da COVID-19".
La legge n. 331 del 2000, recante norme per l'istituzione del servizio militare professionale (il cui contenuto è poi confluito nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010), ha disposto la professionalizzazione dello strumento militare italiano (resa effettiva dal 2005), con la graduale sostituzione, al termine di un periodo transitorio, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa.
??Sono state quindi istituite, a partire dal 1° gennaio 2005, per l'Esercito, la Marina militare e l'Aeronautica militare, le nuove categorie dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) e dei volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4) e sono state conseguentemente abolite le figure del volontario in ferma breve e del volontario in ferma annuale.
La relativa disciplina normativa è attualmente contenuta nel Capo VII del titolo II del Libro IV del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.
La ferma prefissata è strutturata su base modulare, annuale con possibilità di due proroghe di un anno ciascuno a domanda dell’interessato; quadriennale con possibilità di due proroghe biennali, sempre a domanda dell’interessato.
Nello specifico: i Volontari in Ferma di un anno, al termine della ferma, possono concorrere per l'immissione nella ferma quadriennale (VFP 4) delle Forze Armate. I Volontari risultati idonei, ma non vincitori del concorso per VFP 4 potranno essere ammessi a domanda e nel limite dei posti disponibili, a due successivi periodi di rafferma della durata di un anno ciascuno.
A loro volta i volontari in ferma quadriennale, esaurita la ferma quadriennale, ovvero la rafferma biennale (che in totale possono essere due) e giudicati idonei, utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito, sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministro della difesa, con conseguente mutamento dallo status di volontario a quella di graduato.
Il servizio svolto quale volontario in ferma prefissata costituisce, pertanto, la premessa e il presupposto indefettibile per transitare, tramite concorso per titoli ed esami, nei ruoli del servizio permanente.
Come precisato dal Capo di stato maggiore della difesa, Generale Vecciarelli, nel corso della sua audizione presso la Commissione difesa della Camera (17 aprile 2019), “questo passaggio è molto selettivo, posto che in media solo un volontario in ferma prefissata su cinque reclutati ogni anno riesce ad accedere al rapporto a tempo indeterminato; questo in ragione del limitato numero di posti disponibili”.
In termini numerici, con riferimento alle esigenze del 2018 e al netto delle esigenze del Corpo delle capitanerie di porto, su 10.000 posti a concorso per VFP1, soltanto 2.000 circa accedono successivamente alla ferma quadriennale e, quindi, al servizio permanente. Per il restante personale, l’attuale quadro normativo prevede appositi strumenti per il ricollocamento nel mercato del lavoro, tra i quali la riserva di posti per l’accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, che ad oggi, considerando la media delle assunzioni annue operate negli ultimi anni, consente di stabilizzare solo un ulteriore 30 per cento dei volontari in ferma prefissata.
In termini numerici la categoria dei volontari (VFP1 E VFP4) assorbe il 60% dell'organico mentre i sottufficiali il 27% e gli ufficiali il 12%.
Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare, Servizio Studi Camera dei deputati, Dipartimento Difesa.
Più nel dettaglio, considerando che nell'ambito della categoria dei sottufficiali ci sono i primi marescialli, marescialli e sergenti e che nella categoria dei volontari ci sono quelli in servizio permanente e in ferma prefissata, il grafico sottostante ripartisce ulteriormente:
Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare, Servizio Studi Camera dei deputati, Dipartimento Difesa.
Per un approfondimento di questi temi si veda:
§ il Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul Reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, approvato dalla Commissione Difesa della Camera lo scorso 28 gennaio;
§
il tema web Il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate
Si segnala, inoltre, che sono in corso di esame, presso la IV Commissione difesa della Camera dei deputati le proposte di legge A.C. 1870, A.C. 204 e A.C. 2051 in materia di reclutamento dei volontari in ferma prefissata triennale.
A sua volta la lettera b) del comma 1 dell’articolo 21, introduce l’articolo 2197-ter.1. volto a consentire, in via eccezionale per l’anno 2020, il reclutamento, a nomina diretta con il grado di maresciallo o grado corrispondente, di n. 60 marescialli in servizio permanente, di cui n. 30 dell'Esercito italiano, n. 15 della Marina militare e n. 15 dell'Aeronautica militare (comma 1). Il reclutamento avrà luogo mediante concorso per titoli riservato al personale in servizio appartenente ai ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente in possesso di laurea per la professione sanitaria infermieristica e relativa abilitazione professionale, che non abbiano riportato nell’ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della consegna.
Le modalità di svolgimento del concorso, compresi la tipologia e i criteri di valutazione dei titoli di merito ai fini della formazione della graduatoria, sono stabiliti dal bando di concorso (comma 3).
Articolo 72
(Congedo parentale e bonus baby-sitting)
L’articolo 72 aumenta (da 15) a 30 giorni la durata massima del congedo parentale introdotto in favore dei genitori lavoratori dall’articolo 23 del Decreto cura Italia ed incrementa da 600 a 1.200 euro l’importo massimo complessivo del voucher babysitting riconosciuto in alternativa al suddetto congedo (per i dipendenti del settore sanitario l’aumento è da 1.000 a 2.000 euro), prevedendo che lo stesso voucher possa essere utilizzato anche per l’iscrizione ai centri estivi e ai servizi educativi all’infanzia.
In dettaglio, l’articolo in commento – che modifica gli articoli 23 e 25 del D.L. 18/2020 - interviene sugli aspetti di seguito elencati.
Congedi parentali
La disposizione in commento aumenta da 15 a 30 giorni (continuativi o frazionati) la durata massima del suddetto congedo parentale – introdotto dall’art. 23 c. 1, del D.L. 18/2020 (convertito dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27) a seguito della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19 - per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato. La norma conferma che il congedo è riconosciuto per figli fino a 12 anni di età [51] , che è coperto da contribuzione figurativa e che la relativa indennità è pari al 50 per cento della retribuzione. Il termine finale per la fruizione del congedo, la cui decorrenza rimane al 5 marzo, è fissato al 31 luglio 2020 (comma 1, lett. a)).
La lettera in commento modifica il comma 1 dell’articolo 23 del D.L. 18/2020, ma, per effetto dei richiami al medesimo comma 1 contenuti nei commi successivi dell’art. 23 e nell’art. 25, l’estensione della durata massima del predetto congedo parentale a 30 giorni complessivi sembrerebbe applicabile anche alle altre categorie di lavoratori richiamate dai medesimi articoli, ossia ai genitori lavoratori dipendenti pubblici, autonomi, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, o dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato (per i quali il calcolo della relativa indennità è diverso a seconda della categoria considerata).
Si ricorda, inoltre, che, in base a quanto disposto dall’art. 25, c. 1, del D.L. 18/2020 (non modificato dalla disposizione in commento), la fruizione del suddetto congedo da parte dei dipendenti pubblici è concessa per tutto il periodo di sospensione dei servizi scolastici – sospensione prorogata, da ultimo, fino al 17 maggio dal DPCM del 26 aprile 2020 – e non fino al 31 luglio 2020, come previsto per i dipendenti privati dall’art. 23, c. 1, del D.L. 18/2020, richiamato dal medesimo art. 25.
In relazione al nuovo termine del 31 luglio 2020, posto per il settore privato, si valuti l’opportunità di specificare quale sia il termine finale di applicazione del congedo parentale in esame per i dipendenti pubblici.
Si ricorda che, in base al comma 4 del richiamato art. 23, non modificato dalla norma in commento, la fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori - a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore - per un totale complessivo di quindici giorni.
Al riguardo, sembrerebbe opportuno un chiarimento in merito all’applicabilità anche al congedo fruito alternativamente da entrambi i genitori dell’estensione a 30 giorni della durata massima del congedo parentale di cui all’art. 23, c. 1, operata dall’articolo in commento.
La norma in commento conferma, inoltre, quanto previsto dall’art. 23 che dispone la conversione nel suddetto congedo speciale dei periodi di congedo parentale disciplinati dal D.Lgs. 151/2001, fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione dei servizi educativi, con diritto alla relativa indennità e che non sono computati o indennizzati a titolo di congedo parentale.
La disposizione in esame – modificando l’art. 23, c. 6, del D.L. 18/2020 – dispone, infine, che del congedo non retribuito riconosciuto ai genitori dipendenti privati per la chiusura delle scuole - fruibile, come specificato, in aggiunta al predetto congedo parentale speciale - si possa godere in presenza di figli minori di 16 anni e non più, come previsto nel testo previgente, di figli di età ricompresa tra 12 e 16 anni (comma 1, lett. b)).
In base a quanto previsto dal richiamato art. 23, c. 6, il predetto congedo non è coperto da contribuzione figurativa e dà diritto alla conservazione del posto di lavoro con divieto di licenziamento.
Voucher baby-sitting
L’articolo in commento – modificando l’art. 23, c. 8, del D.L. 18/2020 - incrementa da 600 a 1.200 euro il limite massimo complessivo dei bonus riconosciuti, ai medesimi soggetti summenzionati [52] , in alternativa al suddetto congedo, per l’acquisto di servizi di baby-sitting, da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche (erogato mediante il libretto di famiglia di cui all’art. 54-bis del D.L. 50/2017) [53] , nonché, come aggiunto dal presente articolo, in alternativa e con erogazione diretta al richiedente, per la comprovata iscrizione ai servizi integrativi per l’infanzia, ai servizi socio-educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia. Viene inoltre specificato che nel caso in cui il bonus venga utilizzato per servizi integrativi per l’infanzia, esso non è compatibile con la fruizione del cosiddetto bonus asilo nido [54] (di cui all’art. 1, c. 355, della L. 232/2016), che rimane invece cumulabile negli altri casi, come specificato dalla circolare INPS 44/2020 [55] (comma 1, lett. c)).
Alle medesime condizioni, la disposizione in commento aumenta, altresì, da 1.000 a 2.000 euro l’importo massimo del bonus per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché per i dipendenti della Polizia di Stato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per l’emergenza epidemiologica [56] (comma 2, lett. a)).
Limiti di spesa
A seguito delle predette estensioni, la norma in commento incrementa i limiti di spesa originariamente disposti dagli art. 23, c. 11, e 25, c. 5, del D.L. 18/2020 nel modo seguente (comma 1, lett. d), comma 2, lett. b)):
§ da 1.261,1 a 1.569 mln di euro per il 2020 con riferimento alla fruizione dei suddetti benefici da parte dei dipendenti privati, degli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e dei lavoratori autonomi;
§ da 30 a 67,6 mln di euro per il medesimo anno con riferimento alla fruizione dei suddetti benefici da parte dei dipendenti pubblici e dei dipendenti del settore sanitario (pubblico e privato accreditato) e della Polizia di Stato.
Ai relativi oneri, pari a 676,7 per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
Articolo 73
(Estensione della durata dei permessi retribuiti
per assistenza familiari disabili)
L’articolo 73 incrementa di ulteriori complessivi dodici giorni, usufruibili nei mesi di maggio e giugno 2020, il numero di giorni di permesso retribuito riconosciuto dalla normativa vigente per l’assistenza di familiari disabili e coperto da contribuzione figurativa.
I suddetti 12 giorni ulteriori complessivi per i mesi di maggio e giugno 2020 si aggiungono, quindi, ai 3 giorni di permesso mensile previsti in via ordinaria dall’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992, diventando pari a 18 giorni totali per i due mesi citati (comma 1).
La norma in commento estende quindi anche ai mesi di maggio e giugno 2020 quanto già previsto dall’art. 24 del D.L. 18/2020 per i mesi di marzo e aprile 2020 [57] .
Il richiamato art. 24 riconosce il suddetto beneficio anche al personale sanitario, compatibilmente con le esigenze organizzative delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale impegnati nell'emergenza COVID-19 e del comparto sanità, nonché al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, della Polizia Penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane, compatibilmente con le esigenze organizzative dell'ente cui appartengono e con le preminenti esigenze di interesse pubblico da tutelare. In quest’ultimo caso, il beneficio non è cumulabile con la possibilità per il medesimo personale di essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio per ragioni riconducibili all’emergenza epidemiologica, di cui all’art. 87, c. 6, del D.L. 18/2020.
Agli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo in commento, pari a 604,7 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).
I suddetti permessi retribuiti sono disciplinati dall’articolo 33, comma 2, della L. 104/1992 che riconosce il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito (anche in maniera continuativa), coperto da contribuzione figurativa, al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno e non può essere attribuito a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.
Inoltre, il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
L'articolo 74 modifica la disciplina transitoria di cui all'articolo 26, commi 2 e 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, concernente il trattamento per alcune ipotesi di assenza dal servizio dei lavoratori, pubblici e privati, in relazione ad alcune condizioni di disabilità o di rischio per la salute. Le modifiche di cui al presente articolo 74 consistono nell'estensione della disciplina transitoria in oggetto - il cui termine finale viene prorogato dal 30 aprile 2020 al 31 luglio 2020 - e nel conseguente incremento del limite di spesa, di cui al comma 5 del suddetto articolo 26; tale limite - che concerne anche altri oneri di cui al medesimo articolo 26 [58] - viene elevato da 130 milioni di euro a 380 milioni (per il 2020). Per la relativa copertura finanziaria, il presente articolo fa rinvio al successivo articolo 265.
Si ricorda che la norma transitoria in esame dispone che - fino al termine summenzionato - per i lavoratori, pubblici e privati, rientranti in determinate ipotesi il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria che abbia in carico il paziente sia equiparato - ai fini del trattamento giuridico ed economico - al ricovero ospedaliero.
La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni:
§ riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104;
§
possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita
[59]
. Tale certificazione è rilasciata dai competenti organi medico-legali (costituiti dai servizi di medicina legale delle aziende sanitarie locali e dell'INPS).
Il periodo di assenza dal servizio viene prescritto (come detto, dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria) sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei summenzionati organi medico-legali, i cui riferimenti devono essere indicati nel medesimo certificato di prescrizione; nessuna responsabilità, neanche di natura contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi.
Per i periodi di assenza dal servizio in esame, gli oneri finanziari derivanti dalla suddetta equiparazione al ricovero ospedaliero (che ricadrebbero a carico del datore di lavoro e dell'INPS) sono posti a carico dello Stato, nel rispetto del limite massimo di spesa summenzionato e su domanda del datore di lavoro per quanto riguarda gli oneri a suo carico. L'INPS provvede al relativo monitoraggio finanziario. Qualora da quest'ultimo emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, il medesimo Istituto non prende in considerazione ulteriori domande.
Si ricorda che il limite di spesa in oggetto e il relativo monitoraggio delle domande concernono anche l'imputazione allo Stato degli oneri finanziari - che ricadrebbero a carico del datore di lavoro e dell'INPS - derivanti dal comma 1 del citato articolo 26 del D.L. n. 18 - il quale equipara alla malattia i periodi trascorsi dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena o in altre condizioni di permanenza domiciliare obbligatoria, in relazione alle disposizioni restrittive della circolazione concernenti l'emergenza epidemiologica da COVID-19 -.
Articolo 77
(Modifiche all’articolo 43 del dl 18/2020 in materia di contributi alle imprese e agli enti del terzo settore per la sicurezza e il potenziamento dei presìdi sanitari)
L’articolo 77 modifica l’articolo 43 del d.l. 18/2020, prevedendo che il trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia, sia erogato non solo alle imprese, come originariamente previsto, ma anche agli enti del terzo settore per l’acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale.
In dettaglio, si ricorda che la disposizione dell’art. 43 sopra richiamata, ha lo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese nonché, in base alla modifica proposta dalla norma in esame, delle attività di interesse generale degli enti del terzo settore di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del terzo settore)
[60]
.
A tal fine, l’articolo 43 prevede che l’INAIL provveda entro il 30 aprile 2020 al trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro ad Invitalia, a valere sulle risorse già programmate nel bilancio di previsione 2020 dello stesso istituto per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese. In base alla modifica proposta dalla norma in esame, i finanziamenti sono destinati anche alle attività di interesse generale degli enti del terzo settore e ai progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese (ai sensi dell’art.11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).
Articolo 83
(Sorveglianza sanitaria)
L’articolo 83 dispone che i datori di lavoro pubblici e privati, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV, assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità.
In dettaglio, la sorveglianza eccezionale è prevista fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 41 del D.Lgs. 81/2008, che definisce le competenze e le modalità nello svolgimento della sorveglianza sanitaria ordinaria [61] , e con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente (comma 1).
Nel caso non sia fatto obbligo ai datori di lavoro di nominare il medico competente (ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), è possibile per gli stessi chiedere ai servizi territoriali INAIL che tale sorveglianza sanitaria possa essere svolta da propri medici del lavoro (ferma restando la possibilità di nominarne uno per il periodo emergenziale da parte degli stessi datori di lavoro di cui sopra). L’INAIL provvede su tali richieste anche avvalendosi del contingente di personale di 200 medici specialisti di cui all’articolo 10 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 [62] . Con decreto interministeriale del Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e il Ministro delle economie e finanze acquisito il parere della Conferenza Stato Regioni, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, viene definita la relativa tariffa per l’effettuazione di tali prestazioni. Al personale medico di cui sopra non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 di cui agli articoli 25 (Obblighi del medico competente), 39 (Svolgimento dell'attività di medico competente), 40 (rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale) e 41 (Sorveglianza sanitaria) (comma 2).
Qualora, a seguito dell’esperimento delle procedure di sorveglianza sanitaria di cui al presente articolo, fosse accertata la inidoneità del lavoratore alla mansione, ciò non potrebbe in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro (comma 3).
Nell’ambito delle finalità previste dalla disposizione in esame, l’INAIL è autorizzato, previa convenzione con ANPAL, all’assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato, della durata massima di 15 mesi, di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di età non superiore a 29 anni, a valere sulle risorse di cui al Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani, nel limite massimo di spesa di 20,895 milioni di euro per l’anno in corso e 83,579 milioni di euro per il 2021 (comma 4).
Nell’ambito della Programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020, l’Unione Europa ha istituito una linea di finanziamento specifica per far fronte al tema dell’occupazione giovanile, mediante il Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani (PON IOG). Con il PON IOG, a titolarità del Ministero del lavoro, viene attuata in Italia l'iniziativa Garanzia Giovani, che è il Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Esso prevede, nei Paesi con un tasso di disoccupazione superiore al 25%, appositi stanziamenti per la realizzazione di misure di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo.
Il PON ha un budget di circa 2,8 miliardi di euro, di cui oltre 2,1 milioni di contributo UE, a valere sul Fondo Sociale Europeo (FSE). La parte restante costituisce il cofinanziamento nazionale. In merito allo stato di utilizzo delle risorse del programma, alla data del 3 dicembre 2019 [63] risultano pagamenti per circa 1,3 miliardi, con un livello di avanzamento del programma del 47,5% rispetto al complesso delle risorse programmate.
Articolo 237, comma 1
(Disposizioni in materia di esami di abilitazione
all'esercizio di alcune professioni)
L’articolo 237, comma 1, prevede, in relazione agli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui al comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020, le cui prove siano in corso di svolgimento, che il Ministero dell'università e della ricerca possa disporre, con decreto, modalità di svolgimento delle prove diverse da quelle previste dalla normativa vigente, ivi inclusa la possibilità di eliminazione di una prova.
Nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 237 prevede che, in relazione agli esami di Stato di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legge 8 aprile 2020, n. 22, le cui prove siano in corso di svolgimento alla data del 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto qui in conversione), il Ministro dell’università e della ricerca può disporre, con decreto, su proposta dei consigli o degli organi nazionali, comunque denominati, degli ordini, collegi e federazioni delle professioni interessate, modalità di svolgimento di tali prove diverse da quelle indicate dalle vigenti disposizioni normative.
Le professioni indicate nel comma 1 dell'articolo 6 del d.l. n. 22 del 2020 (attualmente in corso di conversione in Senato - AS 1774) sono quelle di:
§
dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo (queste professioni sono regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001);
§
odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale
è opportuno ricordare che, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6 del d.l. n. 22, è stato adottato il D.M. 29 aprile 2020, prot. n. 57, recante le modalità di svolgimento della prima sessione dell'anno 2020 degli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001, nonché delle professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale. Tale decreto ha previsto, in deroga alla normativa vigente, che l'esame di stato per queste professioni sia costituito per la prima sessione dell’anno 2020, da un’unica prova orale svolta con modalità a distanza.
Si ricorda inoltre che con il D.M. 24 aprile 2020, n. 38 è stato disposto il rinvio dell’esame di Stato, a causa dell’emergenza sanitaria, per l'abilitazione alle professioni ricordate. In particolare quanto all’esame per l’iscrizione nella sezione A dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea specialistica o almeno quadriennale, la sessione già prevista per il 16 giugno è stata rinviata al 16 luglio. In merito all’esame per l’iscrizione nella sezione B dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea triennale, la sessione già prevista per il 22 giugno, è stata invece rinviata al 24 luglio.
Sempre il comma 1 dell'articolo 237 precisa che nei casi in cui sia disposta l'eliminazione di una prova, il decreto ministeriale debba anche individuare le modalità e i criteri per la valutazione finale, salvaguardando criteri di uniformità sul territorio nazionale per lo svolgimento degli esami relativi a ciascuna professione, nonché il rispetto delle disposizioni in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, dettate dal decreto legislativo n. 206 del 2007.
è appena il caso di ricordare che con riguardo alle professioni disciplinate dal D.P.R. n. 328 del 2001, salvo disposizioni speciali, gli esami consistono in due prove scritte di carattere generale, una prova pratica e una prova orale (art. 5, d.P.R. n. 328 del 2001).
[1] Fondo regionale finalizzato ad incentivare assetti organizzativi, strutturali e obiettivi assistenziali di qualità dell’assistenza primaria, di cui all’art. 46 dell’Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (MMG). L’art. 59 dello stesso Accordo, al comma 1, lettera b), indica invece la quota variabile del trattamento economico dei MMG finalizzata al raggiungimento di obiettivi e di standard erogativi e organizzativi previsti dalla programmazione regionale e/o aziendale, compresi la medicina associata, l’indennità di collaborazione informatica, l’indennità di collaboratore di studio medico e l’indennità di personale infermieristico.
[2] Misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
[3]
Cfr. F. Aprà, F. Causin, A. Purro “Le terapie subintensive e la medicina d’urgenza”.
[4] http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4756
[5]
Tale fondo è stato istituito dall’articolo 96 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo ai dirigenti (medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie) dell’area sanità per il triennio 2016-2018.
[6]
Tale fondo è stato istituito dall’articolo 80 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.
[7] Misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
[8] Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.
[9] Più in particolare, l’accordo nazionale e gli accordi specifici concernono le modalità di svolgimento della suddetta formazione a tempo parziale e delle attività formative, teoriche e pratiche, previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria.
[10] Si ricorda che l'articolo 2-ter ha costituito la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 2 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 - D.L. di cui l’articolo 1, comma 2, della citata L. n. 27 (di conversione del D.L. n. 18) ha disposto l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi -.
[11]
Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.
[12] Riguardo alla durata dell'incarico, cfr. supra.
[13]
Sono sette le Regioni attualmente sottoposte alla disciplina dei Piani di rientro (PdR): Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise; Calabria e Molise sono commissariate.
[14]
Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
[15]
Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili.
[16] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
[17]
Remunerazione prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale
[18]
Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalita' di erogazione e tariffe
[20] Come chiarito dalla Relazione illustrativa, vi sono inclusi i farmaci elencati nel Prontuario AIFA ospedale-territorio (A-PHT).
[21] Per tali farmaci, infatti, è già stata disposta la proroga, a seguito del parere della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA, attraverso comunicato AIFA del 6 aprile 2020.
[22] Strumento di attuazione della Direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa al Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano.
[23] Tenuto conto delle caratteristiche di questi medicinali, l'AIFA può stabilirne l'uso limitato a taluni centri ospedalieri ovvero anche presso strutture di ricovero a carattere privato. Sul confezionamento primario devono portare la dicitura “Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico” e se è possibile l’utilizzo anche nelle strutture di ricovero a carattere privato la dicitura è modificata in rapporto all'impiego autorizzato del medicinale. Pertanto, vengono forniti dai produttori e dai grossisti direttamente alle strutture autorizzate a impiegarli o agli enti da cui queste dipendono, ovvero alle farmacie autorizzate, come previsto all’art. 1, co. 162, della legge annuale per la concorrenza (L. n. 124/2017). Pertanto, anche le farmacie potranno distribuirli, in via esclusiva, alle strutture autorizzate ad impiegarli o agli enti da cui queste dipendono (centri ospedalieri e strutture di ricovero a carattere privato).
[24] Si tratta di medicinali. In base all’articolo 93 del D.Lgs. n. 219/2006, tali medicinali sono vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti, sebbene siano utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, con controllo in corso di trattamento riservati allo specialista. Sull'imballaggio esterno deve essere riportata la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione, dopo la frase che autorizza la vendita solo su presentazione della ricetta medica utilizzabile una sola volta. La validità è limitata a 30 giorni, con numero di confezioni necessarie che sarà il medico a dover specificare per la copertura di un congruo periodo di trattamento (ad esempio, fino alla successiva visita specialistica).
[25] Sul confezionamento primario devono essere riportate le diciture: «Uso riservato a...», con specificazione dello specialista autorizzato all'impiego del medicinale, e «Vietata la vendita al pubblico». Questi medicinali possono essere forniti dai produttori e dai grossisti direttamente agli specialisti autorizzati ad impiegarli.
[26] Si presumono infatti cedute le merci acquistate, importate o prodotte, rinvenute presso un deposito di proprietà dell’imprenditore, in assenza di una comunicazione, formalmente dichiarata nei modi e nei termini previsti, della destinazione del locale all’attività d’impresa. Ciò al fine di evitare possibili elusioni dell’Iva per il tramite di immagazzinamenti di beni in locali non noti e non controllabili dall’ufficio.
[27] L’inidoneità della commercializzazione può derivare da imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l'idoneità all'utilizzo o per altri motivi similari.
[28] Prevista nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria ai sensi dell’articolo 62-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005.
[29] Secondo la relazione illustrativa del presente decreto-legge, in ogni regione o provincia autonoma è realizzata e operativa l’infrastruttura di FSE. Le regioni Abruzzo, Calabria, Campania e Sicilia hanno chiesto tutti i servizi in sussidiarietà di INI, mentre le regioni Basilicata e Piemonte l’hanno chiesta solo per alcuni servizi.
[30] Modificato dal decreto 25 ottobre 2018.
[31] "Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata".
[32] L'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) serve a fornire una valutazione della situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (mobiliare ed immobiliare) e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. L'ISEE è necessario per l'accesso alle prestazioni sociali la cui erogazione dipende dalla situazione economica familiare. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti; in tal caso, in sede di calcolo dell’ISEE, viene applicata una maggiorazione della scala di equivalenza che si differenzia a secondo del tipo di disabilità (disabilita? media; disabilita? grave; non autosufficienza). La definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza è recata dall’Allegato 3 al D.pc.c.m. 159/2013.
[33] La definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza è recata dall’Allegato 3 al D.pc.c.m. 159/2013.
[34]
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.
[35] Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997.
[36] Articolo 2 del D.Lgs. n. 65 del 2017. Tra i servizi educativi per l’infanzia rientrano i nidi e i micronidi, le sezioni primavera, i servizi integrativi per le famiglie (spazi gioco e centri per bambini e famiglie), i servizi educativi in contesto domiciliare, mentre le scuole per l’infanzia operano in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione o scuola primaria.
[37] Previsione disposta dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 66 del 2017 sull’inclusione scolastica.
[38] Regime prorogato a decorrere dal 2013 dall'art. 15, comma 24, del DL. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), cd. decreto di Spending Review.
[39] Si tratta delle entrate proprie degli enti sanitari, quali ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti, e delle entrate derivanti dalla fiscalità regionale: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. La fiscalità generale, nelle sue componenti distinte IRAP ed addizionale IRPEF, transita nei conti di Tesoreria a consuntivo. Con riferimento all’anno di riferimento corrente, i valori di gettito dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF costituiscono valori stimati, e pertanto, qualora i gettiti effettivi risultino inferiori, il differenziale è assicurato dal fondo di garanzia di cui all'articolo 13 del D.lgs. 56/2000.
[40] Si ricorda che, in generale, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, art. 1, comma 830, infatti, tale regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale motivo, la regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale per quanto riguarda la spesa sanitaria.
[41] Art. 1, comma 34-bis, della legge 662/1996.
[42] Costituisce infatti adempimento regionale, dal 2013, vagliato dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 23 marzo 2005, l'erogazione, da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale, entro la fine dell'anno, di almeno il 90% delle somme che la regione incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. A decorrere dall'anno 2015 la predetta percentuale è rideterminata al valore del 95 per cento e la restante quota deve essere erogata al servizio sanitario regionale entro il 31 marzo dell'anno successivo.
[43] ASL (aziende sanitarie locali); aziende ospedaliere (AO); Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie (AOU) integrate con il Servizio sanitario nazionale e IZS (Istituti zooprofilattici).
[44] Riguardo alla disciplina dell'Osservatorio, cfr. l'articolo 43 del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e l'articolo 1, comma 470, della L. 27 dicembre 2019, n. 160. In merito alla composizione dello stesso organo, cfr. infra.
[45] In base alla normativa applicata per tale composizione (normativa di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo 43 del D.Lgs. n. 368), l'Osservatorio nazionale è costituito - oltre che dal presidente, nominato d'intesa fra il Ministro della salute ed il Ministro dell'università e della ricerca - da:
a) tre rappresentanti del Ministero dell'università e della ricerca;
b) tre rappresentanti del Ministero della salute;
c) tre presidi della facoltà di medicina e chirurgia, designati dalla Conferenza permanente dei rettori;
d) tre rappresentanti delle regioni, designati dalla Conferenza permanente dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano;
e) tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica. Una norma transitoria - finora applicata - prevede che, fino alla data dell'elezione dei rappresentanti (con modalità definite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca) da parte degli studenti iscritti alle scuole di specializzazione, facciano parte dell'Osservatorio tre medici in formazione specialistica (uno per ciascuna delle tre aree funzionali cui afferiscono le scuole di specializzazione) nominati, su designazione delle associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca.
Si ricorda che il citato articolo 1, comma 470, della L. n. 160 ha previsto un'integrazione della relativa composizione, per garantire una rappresentanza degli specializzandi dei profili professionali sanitari diversi da quello di medico, in aggiunta alla rappresentanza eletta dei medici in formazione specialistica.
[46] Si ricorda che quest’ultimo principio è posto anche da un'altra norma di rango legislativo (articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni).
[47] Articolo 2, comma 1, secondo periodo, del regolamento di cui al D.M. 10 agosto 2017, n. 130.
[48] Si ricorda in proposito che il decreto legislativo n. 40 del 2017 (modificato dal D.Lgs. n. 43 del 2018) ha disposto l’istituzione del servizio civile "universale" (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile "nazionale") finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica.
[49] Sul punto, si segnala la direttiva del Presidente del consiglio dei ministri del 24 febbraio 2020 concernente le modalità e le procedure per la presentazione delle istanze dei rimborsi spettanti ai datori di lavoro pubblici e privati dei volontari, ai volontari lavoratori autonomi/liberi professionisti e alle organizzazioni di volontariato per le attività di protezione civile autorizzate.
[50] Si tratta di una classificazione riguardante le strutture per il trattamento sanitario, in termini di capacità e competenze mediche che forniscono. La capacità di risposta sanitaria di tipo Role 1 è una responsabilità nazionale e si focalizza sulla prestazione di cure mediche di base, pronto soccorso specialistico, triage, rianimazione e stabilizzazione del paziente.
[51] Il limite di età di 12 anni per la fruizione del suddetto congedo speciale non si applica in riferimento ai figli con disabilità grave iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.
[52] Per espressa previsione dell’art. 23, c. 9, del D.L. 18/2020, il suddetto bonus è riconosciuto anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.
[53] Ai sensi del richiamato art. 54-bis, le persone fisiche (non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa) possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale utilizzando il Libretto di Famiglia, cioè un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di: piccoli lavori domestici (inclusi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione); assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità; insegnamento privato supplementare; attività degli assistenti di stadio. Ogni Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento con valore nominale di 10 euro per prestazioni non superiori ad un'ora; di tale somma 1,65 euro e 0,25 euro sono a carico dell'utilizzatore, rispettivamente per la contribuzione alla Gestione separata e per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; 0,10 euro sono invece destinati al finanziamento degli oneri gestionali; gli utilizzatori, devono comunicare con specifiche modalità entro il terzo giorno del mese successivo alla prestazione tutti i dati relativi al prestatore e alla prestazione.
[54] Con riferimento ai nati dal 1° gennaio 2016, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche, è attribuito, a partire dal 2017 e per un triennio, un buono di 1000 euro su base annua e parametrato a undici mensilità. Per ciascun anno del triennio 2019-2021 il suddetto importo è elevato a 1.500 euro. A decorrere dal 2020, il beneficio di 1.500 euro è incrementato: di 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro; di 1.000 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro.
[55] L’INPS specifica che il bonus baby-sitting, infatti, è erogato mediante Libretto Famiglia ed è destinato a remunerare il lavoratore occasionale che svolge assistenza e sorveglianza del minore nei periodi di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia. Resta quindi fermo il diritto a percepire il rimborso per il pagamento della retta dell’asilo per le mensilità riferite al periodo suddetto, sulla base della documentazione attestante l’effettivo sostenimento della spesa.
[56] In tali casi, ai fini dell’accesso al bonus, il lavoratore presenta domanda all’INPS in via telematica, indicando la prestazione di cui vuole usufruire, il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che intende utilizzare. Qualora dal monitoraggio delle domande, affidato all’INPS, emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per la suddetta finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate.
[57] Si ricorda che sul punto la circolare INPS 45/2020 ha specificato che i predetti 12 giorni per i mesi di marzo e aprile 2020 potevano essere fruiti anche consecutivamente (anche frazionandoli in ore) nel corso di un solo mese, ferma restando la fruizione mensile dei tre giorni ordinariamente prevista dalla L. 104/1992, e che possono essere fruiti-
[58] Cfr. il seguito della presente scheda.
[59] In merito, la norma in esame opera anche un richiamo di natura generale all’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104. Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".
[60] A mente del quale, “Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.”
[61] In coerenza con quanto declinato nel Documento tecnico, pubblicato il 23 aprile u.s., elaborato dall’Istituto ed approvato dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile, in deroga alle disposizioni generali di cui al d.lgs. n. 81/2008 e in conseguenza dello stato emergenziale, al fine di individuare le misure preventive, aggiuntive o specifiche per una tutela, quanto maggiore possibile, rispetto ad un eventuale contagio da Covid-19, i datori di lavoro pubblici e privati saranno tenuti a sottoporre i lavoratori alle misure di sorveglianza sanitaria eccezionale. Trattasi di sorveglianza sanitaria eccezionale, in quanto misura connessa ad uno stato emergenziale e finalizzata alla prevenzione esclusiva del rischio da contagio, ad esclusione quindi degli altri rischi specifici della mansione, normati dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
[62] Tale contingente è assunto conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020.
[63] Bollettino statistico del Ministero dell'economia e delle finanze, recante il Monitoraggio politiche di coesione – Programmazione 2014-2020 – Situazione al 31 dicembre 2019.