Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali
Titolo: Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi
Riferimenti: AC N.687/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 173
Data: 26/06/2019
Organi della Camera: XII Affari sociali

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi

A.C. 687

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 173

 

 

 

26 giugno 2019

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: AS0100.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Sintesi del provvedimento  3

§  Articolo 1- Oggetto della delega e principi e criteri direttivi generali 5

§  Articolo 2 - Assegno unico per i figli a carico  10

§  Articolo 3 - Dote unica per i servizi a favore dei figli a carico  16

§  Articolo 4 - Procedimento per l'adozione dei decreti legislativi 18

Dati di contesto

§  Natalità e fecondità  21

§  Condizioni di vita, Reddito e carico fiscale delle famiglie  22

§  Occupazione femminile  24

§  Povertà  26

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Sintesi del provvedimento

La proposta di legge in commento (composta da quattro articoli) reca la delega al Governo per l’adozione, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, di uno o più decreti legislativi finalizzati a riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e a favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità. Come evidenziato dalla Relazione illustrativa, la proposta di legge intende superare l’attuale polverizzazione delle misure a sostegno della genitorialità (prestazioni sociali agevolate, assegni familiari, detrazioni fiscali), mediante una complessiva razionalizzazione e una parziale soppressione degli istituti vigenti, finalizzando le risorse così reperite all’istituzione dell’assegno unico e della dote unica per figli a carico. L’intento di razionalizzare il sistema, fornendo strumenti di sostegno conosciuti e usufruibili dagli aventi diritto, ha una pluralità di obiettivi: contrastare la ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro; promuovere la parità di genere; sostenere la natalità e combattere la povertà (anche minorile).

 

Per il raggiungimento delle finalità sopra illustrate, viene istituito l’assegno unico, misura di sostegno economico per i figli a carico, applicato facendo riferimento al genitore con il reddito più elevato e progressivamente ridotto, fino all’azzeramento, quando il suddetto reddito supera 100.000 euro annui lordi. L’assegno può raggiungere un importo massimo di 240 euro per dodici mensilità. Dalla maggiore età fino al compimento del ventiseiesimo anno di età, l’importo massimo dell’assegno è fissato in 80 euro. Viene invece prevista una maggiorazione, rispetto agli importi previsti per i figli minorenni e maggiorenni, in misura non inferiore al 40 per cento, per ciascun figlio con disabilità. Le misure sono concesse in forma di detrazione fiscale ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro. In ragione della complessiva revisione dei benefici per i figli a carico, si prevede l’eliminazione delle detrazioni fiscali per minori, dell’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli a carico, del bonus bebè, del Fondo di sostegno alla natalità e del Premio alla nascita. E’ inoltre previsto un coordinamento con gli interventi per il contrasto alla povertà. Contestualmente, si demanda ai decreti legislativi delegati l’individuazione delle misure complementari a favore dei minori a carico da mantenere in vigore solo in quanto destinate a specifici bisogni, attività o destinatari e il progressivo superamento della contribuzione per gli assegni per il nucleo familiare a carico del datore di lavoro nonché l’adozione di strumenti di integrale compensazione qualora il beneficio complessivo risulti inferiore al beneficio complessivo precedentemente fruito.

Per il riordino e il potenziamento delle misure volte a favorire la fruizione dei servizi a sostegno della genitorialità, si prevede invece l’istituzione di una dote unica per un ammontare massimo di 400 euro per dodici mensilità, per ogni figlio fino ai tre anni di età. La dote è utilizzabile per il pagamento di servizi per l'infanzia quali asili nido, micronidi, baby parking e personale direttamente incaricato. La dote è riconosciuta in forma ridotta per i figli a carico nella fascia di età compresa tra i 3 e i 14 anni compiuti, mentre viene riconosciuta in forma maggiorata, in misura non inferiore al 40 per cento, per ciascun figlio con disabilità. Le misure volte a favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità, si applicano facendo riferimento all’ISEE e sono erogate mediante la Carta acquisti. Per la copertura di questi interventi si prevede l’utilizzo dei risparmi di spesa derivanti dall’eliminazione delle detrazioni fiscali per le spese sostenute per la frequenza scolare e dalla cancellazione del buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia.

La proposta di legge in commento presuppone, attraverso gli interventi illustrati, di individuare risparmi di spesa pubblica per un ammontare non inferiore a 3,2 miliardi di euro nel primo anno successivo a quello di entrata in vigore del provvedimento, a 6,4 miliardi di euro nel secondo anno successivo a quello di entrata in vigore e a 9,6 miliardi di euro a decorrere dal terzo anno successivo, da destinare a incremento delle attuali dotazioni per gli interventi descritti (assegno e dote unica).


 

Articolo 1- Oggetto della delega e principi e criteri direttivi generali

L’articolo 1 individua le finalità dell’intervento legislativo nella promozione della natalità, nel sostegno della genitorialità e nell’incentivazione dell’occupazione, in particolare femminile. Per tali finalità, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi, uno o più decreti legislativi volti a riordinare e potenziare:

 

a) le misure di sostegno economico per i figli a carico, secondo princìpi e criteri direttivi specifici, illustrati nel dettaglio dal successivo articolo 2 (Assegno unico per i figli a carico);

b) le misure volte a favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità, secondo princìpi e criteri direttivi specifici di cui al successivo articolo 3 (Dote unica per i servizi per i figli a carico).

 

Oltre ai princìpi e ai criteri direttivi specifici volti al riordino e al potenziamento delle misure di sostegno economico per i figli a carico e delle misure volte a favorire la fruizione di servizi di sostegno alla genitorialità, i decreti delegati, ai sensi del comma 2, dovranno osservare i seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

 

a)     le misure di sostegno economico per i figli a carico e quelle volte alla fruizione dei servizi a sostegno della genitorialità non sono considerati per la richiesta e per il calcolo delle prestazioni sociali agevolate diverse da quelle di sostegno del reddito;

 

Le prestazioni sociali agevolate sono prestazioni o servizi sociali assistenziali la cui erogazione dipende dalla situazione economica del nucleo del richiedente. I criteri utilizzati per stabilire l’accesso e il grado di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali agevolate sono stati riformati con l’approvazione del Dpcm 159/2013 [1] , che definisce le modalità e gli ambiti di applicazione dell’ISEE. In generale, l’ISEE viene utilizzato ai fini dell’applicazione di tariffe differenziate in relazione alla condizione economica per la compartecipazione al costo di alcuni servizi oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non è ammesso l’accesso alla prestazione. La situazione economica è valutata tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (valorizzato al 20%) e, attraverso una scala di equivalenza, della composizione del nucleo familiare (numero dei componenti e loro caratteristiche). Gli enti erogatori possono prevedere, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, per caratterizzare, in autonomia, le loro politiche sociali. A livello locale, l’ISEE si applica principalmente per individuare coloro che hanno diritto di accedere a prestazioni di welfare comunale (asili nido, mense scolastiche, servizi socio-sanitari domiciliari e residenziali, etc.). Tra i trasferimenti monetari statali, subordinati all’ISEE, rientrano invece prestazioni quali l’assegno alle famiglie con almeno tre minori, l’assegno di maternità, la Carta acquisti e il bonus bebé.

Per prestazioni a sostegno del reddito si intendono tutte quelle corresponsioni, a carico in tutto o in parte della fiscalità generale, che l’INPS eroga nei confronti di alcuni soggetti in difficoltà per garantire sostegno ai lavoratori che si trovano in determinate condizioni, la cui erogazione è subordinata alla presenza di specifici requisiti.

 

b) le misure di sostegno economico per i figli a carico possono essere richieste anche da coloro che percepiscono altre misure di sostegno del reddito, in tal caso, però, la presenza di altri trattamenti economici eventualmente percepiti, condiziona l’entità del beneficio;

 

c) le misure di sostegno economico per i figli a carico si applicano facendo riferimento al genitore con il reddito più elevato e sono progressivamente ridotte fino all’azzeramento quando il suddetto reddito supera 100.000 euro annui lordi;

 

d) le misure volte a favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità, si applicano facendo riferimento all’ISEE;

 

e) le misure di sostegno economico per i figli a carico sono concesse in forma di detrazione fiscale ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro;

 

Si ricorda che l’articolo 12, comma 1, lettera c) del TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917 del 1986 disciplina le detrazioni per i figli a carico. Nel tempo l’Amministrazione finanziaria ha integrato la normativa con numerosi documenti di prassi.

In primo luogo, tale detrazione è rapportata al mese e compete dal mese dell’anno in cui si verificano a quello in cui cessano le condizioni previste, indipendentemente dal numero dei giorni. Le detrazioni per i figli a carico spettano anche se questi non convivono con il contribuente o non risiedono in Italia; inoltre la detrazione per i figli compete indipendentemente dalla circostanza che gli stessi abbiano o meno superato determinati limiti di età o che siano o non siano dediti agli studi o a tirocinio gratuito.

La condizione principale per usufruire della detrazione è che il familiare per il quale si chiede abbia un reddito complessivo annuo fino ad un massimo di 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. La detrazione spetta per tutti i figli, compresi quelli naturali, riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni, il limite di reddito complessivo è elevato a 4.000 euro.

 L’ammontare della detrazione spettante non è fisso, ma varia in funzione del reddito complessivo posseduto nel periodo d’imposta. In sostanza, sono state stabilite detrazioni di base (o teoriche), ma l’importo effettivo diminuisce man mano che aumenta il reddito, fino ad annullarsi quando il reddito complessivo arriva a 95.000 euro per le detrazioni dei figli e a 80.000 euro per quelle del coniuge e degli altri familiari.

La detrazione di base per i figli a carico è stata fissata in:

1.220 fino a 3 anni;

950 euro se il figlio ha un’età pari o superiore a tre anni.

Se in famiglia ci sono più di tre figli a carico, questi importi aumentano di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo.

Per il figlio disabile, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104 del 1992, si ha diritto a un ulteriore import, elevato nel 2013 a 400 euro.

 Per determinare la detrazione effettiva, è necessario moltiplicare la detrazione teorica per il coefficiente che si ottiene dal rapporto tra 95.000, diminuito del reddito complessivo, e 95.000. Tale coefficiente va assunto nelle prime quattro cifre decimali, con il sistema del troncamento (ad esempio, se il risultato del rapporto è pari a 0,569487, il coefficiente da prendere in considerazione sarà 0,5694).

Se i figli sono più di uno, l’importo di 95.000 euro indicato nella formula va aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo. Ad esempio, l’importo aumenta a 110.000 euro nel caso di due figli a carico, a 125.000 per tre figli, a 140.000 per quattro, e così via.

La detrazione per i figli non può essere ripartita liberamente tra i genitori. È prevista, infatti, la suddivisione al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In alternativa, e se c’è accordo tra le parti, si può scegliere di attribuire tutta la detrazione al genitore che possiede il reddito più elevato, così da consentire a quest’ultimo, nel caso di incapienza dell’imposta del genitore con reddito più basso, il godimento per intero della detrazione.

Precise regole sono previste per i coniugi separati e divorziati (articolo 12, comma 1-bis del TUIR). In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, è disposto per legge che:

se non c’è accordo tra i genitori, la detrazione spetta al genitore affidatario o, se l’affidamento è congiunto o condiviso, va ripartita al 50%

quando il genitore affidatario (o uno dei genitori affidatari, in caso di affidamento congiunto) ha un reddito tale da non consentirgli di usufruire in tutto o in parte della detrazione (cioè nelle ipotesi di incapienza), questa è assegnata per intero all’altro genitore. In questo caso, salvo diverso accordo tra le parti, il genitore che sfrutta per intero la detrazione ha l’obbligo di riversare all’altro genitore affidatario un importo pari alla maggiore detrazione fruita

se solo uno dei genitori è titolare di reddito, egli potrà beneficiare della detrazione nella misura del 100%, a condizione che sia raggiunto tra i due un accordo in merito alla titolarità della detrazione e al successivo riversamento dell’importo spettante al genitore che non può usufruire del beneficio.

In presenza di almeno quattro figli a carico è prevista, in aggiunta a quelle ordinarie, un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro. Detto importo spetta in misura piena e non dipende dal livello di reddito del beneficiario, né va ragguagliato al periodo dell’anno in cui si verifica l’evento che dà diritto alla detrazione stessa. La detrazione deve essere ripartita, nella misura del 50%, tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice. Questi criteri di ripartizione non possono essere modificati sulla base di accordi intercorsi tra i genitori. Se uno dei coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo.

 

f) le misure volte a favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità, sono erogate mediante la Carta acquisti;

 

Il decreto-legge 112/2008 ha istituito la Carta acquisti ordinaria: un beneficio economico, pari a 40 euro mensili, caricato bimestralmente su una carta di pagamento elettronico. La Carta acquisti è riconosciuta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 e ai bambini di età inferiore ai tre anni, se in possesso di particolari requisiti economici che li collocano nella fascia di bisogno assoluto (avere un ISEE, in corso di validità, inferiore a 6.938,78 euro). Inizialmente, potevano usufruire della Carta acquisti ordinaria soltanto i cittadini italiani; la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha esteso la platea dei beneficiari anche ai cittadini di altri Stati dell'Ue e ai cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, purché in possesso dei requisiti sopra ricordati. La Carta è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche. I negozi convenzionati, che supportano il programma, accordano ai titolari della Carta uno sconto del 5%. Gli enti locali possono aderire al programma Carta acquisti estendendone l'uso o aumentando il beneficio a favore dei propri residenti (decreto n. 89030 del 16 settembre 2008). La gestione della Carta acquisti è centralizzata. L'Inps procede all'accredito delle somme sulla carta elettronica, dopo aver ricevuto le domande e verificato i dati dei richiedenti. Come indicato dal XVII Rapporto annuale INPS, il numero di beneficiari della Carta acquisti nel 2017 è stato pari a 571.639 (nel 2016 sono stati 560.844), il 19,31% dei quali risiedeva in Campania, il 18,84% in Sicilia, il 10,27%in Lombardia,  l'8,4 in Puglia, l'8,2% nel Lazio e il 5,84% in Calabria.

 

g) la individuazione di risparmi di spesa pubblica, per un ammontare non inferiore a 3,2 miliardi di euro nel primo anno successivo a quello di entrata in vigore del provvedimento, a 6,4 miliardi di euro nel secondo anno successivo a quello di entrata in vigore e a 9,6 miliardi di euro a decorrere dal terzo anno successivo, da destinare a incremento delle attuali dotazioni per gli interventi.

Tali risparmi dovrebbero derivare dall’eliminazione dei benefici e delle agevolazioni fiscali più specificamente indicati nei successivi articoli 2 e 3.

 

Al momento della registrazione della nascita, il comma 3, impegna l’ufficiale di stato civile ad informare le famiglie sui benefìci previsti dal provvedimento in esame, come fra l’altro previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera h), della legge 124/2015 recante. Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

 

In particolare, l’art. 1 della legge 124/2015 è dedicato alla Carta della cittadinanza digitale e, per quanto qui interessa, prevede (alla lettera h) fra i principi e i criteri direttivi anche la semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti e l'accesso ai servizi di interesse dei cittadini, fra i quali anche  la conoscibilità della normativa e degli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità corrispondenti al profilo dei richiedenti, attraverso l'utilizzo del sito internet dell'Istituto nazionale della previdenza sociale collegato con i siti delle amministrazioni regionali e locali, attivabile al momento dell'iscrizione anagrafica della figlia o del figlio nato o adottato, secondo modalità e procedure che garantiscano la certezza e la riservatezza dei dati.

 

 


 

Articolo 2 - Assegno unico per i figli a carico

L’articolo 2 reca i principi e i criteri specifici per la delega relativa al riordino e potenziamento delle le misure di sostegno economico per i figli a carico.

 

Più in particolare si prevede:

a) riconoscimento di un assegno unico per ciascun figlio minorenne a carico, per un importo fino a 240 euro per dodici mensilità. Si precisa che anche il nascituro, dal settimo mese di gravidanza, è considerato figlio a carico;

 

b) riconoscimento di un assegno unico per ciascun figlio maggiorenne a carico fino al compimento del ventiseiesimo anno di età, per un importo fino a 80 euro per dodici mensilità;

 

c) introduzione di una maggiorazione del nuovo assegno rispetto agli importi previsti per i figli minorenni e maggiorenni di cui alle lettere a) e b), in misura non inferiore al 40 per cento per ciascun figlio con disabilità ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

 

L’art. 3 della legge 104/1992 Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate definisce gli aventi diritti alle prestazioni stabilite in loro favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative. L’art. 3, comma 3, fornisce la definizione di disabilità grave, che assume rilievo per l’erogazione di alcune provvidenze economiche quali l’indennità di accompagnamento. In questo caso la maggiorazione del 40 per cento dell’assegno unico viene erogata per i figli disabili e diviene a tal fine irrilevante la connotazione di disabilità grave.

 

d) mantenimento delle misure e degli importi in vigore per il coniuge a carico e per gli altri familiari a carico diversi dai figli (minorenni e maggiorenni a carico);

 

L’articolo 12, comma 1, lettera a) del TUIR chiarisce che la detrazione di base per il coniuge a carico è pari a 800 euro; tale ammontare tuttavia varia in funzione del reddito. L’unico caso in cui si dispone di un importo fisso (690 euro) è quando il reddito complessivo del beneficiario è compreso tra 15.001 e 40.000 euro. Inoltre, per i contribuenti che si collocano all’interno di questa fascia, e precisamente per coloro il cui reddito è compreso tra 29.001 e 35.200 euro, è previsto un incremento della detrazione fissa, variabile tra 10 e 30 euro.

La detrazione base per gli altri familiari a carico è pari a 750 euro; anche questo importo diminuisce man mano che cresce il reddito complessivo. Per calcolare la detrazione effettivamente spettante occorre moltiplicare la detrazione base per il coefficiente che si ottiene dal rapporto tra 80.000, diminuito del reddito complessivo, e 80.000. Anche la detrazione per gli altri familiari a carico non può essere assegnata in modo discrezionale, va ripartita pro quota tra coloro che ne hanno diritto.

Requisito per essere considerato “a carico” è che il familiare possieda un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

 

e) eliminazione, in conseguenza della complessiva revisione dei benefici per i familiari a carico, delle detrazioni fiscali per minori a carico previste dall’articolo 12, comma 1, lettera c), e comma 1-bis, del TUIR. Per una illustrazione di tali misure si veda la scheda di lettura dell’articolo 1.

 

f) eliminazione dell’assegno per il nucleo familiare previsto dall’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e degli assegni familiari previsti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797;

 

L’assegno per il nucleo familiare è una prestazione riconosciuta in favore dei lavoratori dipendenti, in presenza di determinati livelli di reddito familiare, dall’articolo 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69 (con decorrenza 1° gennaio 1988) che sostituisce, per il settore privato non agricolo, gli assegni familiari per i lavoratori in attività e le quote di maggiorazione per i pensionati, nonché ogni altro trattamento di famiglia comunque denominato, e, per il settore pubblico, le quote di aggiunta di famiglia previste per i dipendenti di tale settore. L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari e di reddito ed è erogato con cadenza mensile su richiesta del lavoratore o del pensionato (unitamente alla retribuzione o alla pensione).

Soggetti beneficiari dell’assegno sono: i lavoratori dipendenti; i titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali derivanti da lavoro dipendente; i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi; il personale statale in attività di servizio ed in quiescenza; ulteriori soggetti titolari di particolari rapporti di lavoro, individuati dalla prassi amministrativa e dalla stessa legge; i lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS; i lavoratori in altre situazioni di pagamento diretto.

Inoltre, l’assegno viene corrisposto direttamente dall’INPS: lavoratori beneficiari di trattamenti di disoccupazione non agricola e di integrazioni salariali pagate direttamente dall'INPS; lavoratori agricoli dipendenti assunti con contratto di durata determinata e dipendenti da aziende boschive; soci di cooperative; lavoratori dipendenti da aziende cessate o dichiarate fallite.

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito (rivalutati annualmente), la non fruizione di altri trattamenti di famiglia. L’ammontare dell’assegno è quindi commisurato al numero dei componenti del nucleo familiare e al reddito del nucleo familiare (secondo la Tabella allegata alla legge n.69/1988).

L’ammontare dell’assegno, unico per l’intero nucleo familiare, è quindi determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo, mentre la prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare. Il pagamento dell’assegno viene generalmente effettuato dal datore di lavoro che anticipa la somma spettante al lavoratore e chiede poi il rimborso all’ente previdenziale tramite conguaglio con la denuncia contributiva mensile.

Gli importi dell’assegno per il nucleo familiare, validi per il periodo 1° luglio 2019 – 30 giugno 2020, sono stati determinati con la circolare INPS n. 66 del 17 maggio 2019.

Si ricorda che a decorrere dal 1° aprile 2019 le domande di assegno per il nucleo familiare dei lavoratori dipendenti di aziende attive del settore privato non agricolo devono essere presentate direttamente all’INPS, esclusivamente in modalità telematica (circ. INPS 45/2019).

Gli assegni familiari disciplinati dal D.P.R. 797/1955 (Testo Unico sugli assegni familiari) rimangono in vigore limitatamente a specifiche categorie di lavoratori. Attualmente, infatti, costituiscono una prestazione (spetta un assegno per ogni familiare vivente a carico) a sostegno delle famiglie di alcune categorie di lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari lavoranti nel territorio italiano, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge. In particolare, l’assegno familiare spetta ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri; ai piccoli coltivatori diretti e ai titolari delle pensioni a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri).

 

g) eliminazione dell’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori di cui all’articolo 65 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

 

L’assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori a carico è un beneficio concesso in via esclusiva dai Comuni ed erogato dall’I.N.P.S. a nuclei che si trovino in determinate situazioni reddituali. E’ riconosciuto al nucleo familiare composto almeno da un genitore e tre figli minori (appartenenti alla stessa famiglia anagrafica), che siano figli del richiedente medesimo o del coniuge o da essi ricevuti in affidamento preadottivo, nel caso vi siano risorse reddituali e patrimoniali non superiori ad una determinata soglia.

L’importo dell’assegno, che deve essere richiesto annualmente al Comune di residenza entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, è pari per il 2019 a 144,42 euro e il valore dell’ISEE è pari a 8.745,26 euro (cfr. il Comunicato del 6 aprile 2019 della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia).

 

h) eliminazione dell’assegno di natalità (bonus bebè) di cui all’articolo 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e all’articolo 1, comma 248, della legge 27 dicembre 2017 n. 205;

 

L'assegno di natalità o bonus bebè è un assegno mensile, destinato alle famiglie con un ISEE non superiore a 25.000 euro, per ogni figlio nato, adottato o in affido preadottivo, tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019. L'assegno è annuale e viene corrisposto ogni mese fino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito di adozione o affidamento preadottivo. L'importo dell'assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell'indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui. E’ previsto un incremento del 20 per cento dell'importo dell'assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relativamente ai figli successivi al primo. L’importo maggiorato del 20% si applica anche ai parti gemellari. Con la circolare INPS 7 giugno 2019, n. 85, l’Istituto ha fornito chiarimenti sui requisiti, sugli importi e sulle modalità di accesso per il 2019. I limiti di spesa sono stati fissati a 204 milioni di euro per il 2019 e a 240 milioni per il 2020.

Il beneficio, istituito dalla legge di stabilità 2015 (commi 125-129 della legge 190/2014) per un periodo di tre anni a favore dei nati o dei minori adottati nel triennio 2015-2017, è stato in seguito riconosciuto soltanto per la durata di un anno anche per i nati o adottati nel 2018 (art. 1, commi 248-249 della legge 205/2017). È stato quindi esteso (art. 23-quater, commi da 1 a 3 del decreto legge 119/2018), anche ai nati o adottati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, fino al compimento del primo anno di età o di ingresso nel nucleo familiare.

 

i) soppressione del Fondo di sostegno alla natalità di cui all’articolo 1, commi 348 e 349, della legge 232/2016;

 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il "Fondo di sostegno alla natalità", con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per il 2019, 13 milioni di euro il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Il decreto legge 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro per la famiglia e le disabilità, la gestione delle risorse del Fondo. Il fondo è diretto a favorire l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di età ovvero entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea è individuata fra i nuclei familiari che abbiano la residenza in Italia e cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'Unione europea oppure, in caso di cittadino extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie.

 

l) eliminazione del premio alla nascita (bonus mamma domani) di cui all’articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore, pari ad 800 euro. Si tratta di un assegno una tantum, il cui maggior onere è stato stimato, al momento della sua istituzione, in 392 milioni di euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall'INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del Testo Unico delle imposte sui redditi. Il beneficio è concesso in un'unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato.

m) individuazione delle misure complementari a favore dei minori a carico da mantenere in vigore solo in quanto destinate a specifici bisogni, attività o destinatari;

 

Le misure complementari sono quelle applicabili a particolari tipologie di famiglie, come le famiglie monoparentali e quelle con componenti disabili che attualmente beneficiano di specifiche maggiorazioni dei trattamenti sia riguardo agli assegni familiari sia alle detrazioni. Fra le misure complementari è compreso anche l’assegno familiare erogato ai nuclei familiari con più di tre figli a carico con ISEE inferiore o pari a euro 8.745,26 (nuclei, ai quali attualmente viene erogato uno specifico assegno che la delega intende sopprimere), le famiglie con figli minori di tre anni e infine le famiglie con figli a carico maggiorenni.

 

n) progressivo superamento della contribuzione per gli assegni per il nucleo familiare a carico del datore di lavoro;

 

Il finanziamento degli assegni al nucleo familiare deriva da una specifica aliquota contributiva applicata sulla retribuzione dei lavoratori dipendenti attualmente pari allo 0,68 per cento.

 

o) adozione di strumenti di integrale compensazione qualora il beneficio complessivo risulti inferiore al beneficio complessivo fruito prima della data di entrata in vigore della presente legge;

 

In proposito si osserva che l’abrogazione di misure complementari (quali l’assegno ai nuclei familiari con più di tre figli a carico, i bonus previsti per le famiglie con figli minori di tre anni) e l’assegno ridotto per i figli a carico maggiorenni potrebbero determinare in diminuzione, rispetto a quanto precedentemente percepito, l’ammontare dell’assegno unico previsto dal provvedimento in esame.

 

p) coordinamento con gli interventi di contrasto alla povertà di cui al decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147 [2] , assicurando l’equilibrio e l’integrazione nell’applicazione delle due misure.

 

Si ricorda che il D. Lgs. 147/2017 ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (REI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale e ha fissato i primi livelli di assistenza in ambito sociale. L'articolo 11 del decreto legge 4/2019, istitutivo del Reddito e della Pensione di cittadinanza, ha abrogato, dal 1° aprile 2019, quasi per intero il Capo II del D.Lgs. 147/2017, dedicato al ReI. Più precisamente, il Reddito di Cittadinanza (misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà) ha assorbito il ReI, che dal mese di aprile 2019 non è più riconosciuto, né rinnovato. Se riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019, il ReI continua ad essere erogato per la durata prevista e secondo le modalità disciplinate dalla disposizioni istitutive (più specificamente, ai sensi dell'art. 9, D.Lgs. 147/2017), salva la possibilità di far domanda per il Reddito di cittadinanza e fermo restando la incompatibilità di contemporanea fruizione del Reddito di cittadinanza e del Reddito di inclusione nell'ambito dello stesso nucleo familiare. Dell'impianto originariamente previsto per il ReI, restano vigenti soltanto alcune disposizioni, seppur modificate per renderle funzionali all'attuazione del Reddito di cittadinanza.

 

q) destinazione dei risparmi di spesa conseguenti all’eliminazione delle detrazioni fiscali (di cui alla lettera e)); dell’assegno familiare (di cui alle lettera f)); dell’assegno ai nuclei familiari con più di tre figli a carico (di cui alla lettera g)); del bonus bebé (di cui alla lettera h)); del Fondo di sostegno alla natalità (di cui alla lettera i)) e del Premio alla nascita (di cui alla lettera l)) alla copertura di:

a) assegno unico per ciascun figlio minorenne a carico (per un importo fino a 240 euro per dodici mensilità);

b) assegno unico per ciascun figlio maggiorenne a carico fino al compimento del ventiseiesimo anno di età (per un importo fino a 80 euro per dodici mensilità);

c) maggiorazione del nuovo assegno rispetto agli importi previsti per i figli minorenni e maggiorenni, in misura non inferiore al 40 per cento per ciascun figlio con disabilità.

 


 

Articolo 3 - Dote unica per i servizi a favore dei figli a carico

 

L’articolo in commento indica i princìpi e i criteri direttivi specifici a cui dovrà conformarsi il decreto legislativo sul riordino e sul potenziamento delle misure volte a favorire la fruizione dei servizi a sostegno della genitorialità. Più in particolare:

 

La lettera a) istituisce una dote unica per un ammontare fino a un massimo di 400 euro per dodici mensilità, per ogni figlio fino ai tre anni di età, utilizzabile per il pagamento di servizi per l'infanzia quali asili nido, micronidi, baby parking e personale direttamente incaricato;

 

La lettera b) riconosce la dote unica in forma ridotta per i figli a carico nella fascia di età compresa tra i 3 e i 14 anni compiuti;

 

 

La lettera c) riconosce una dote unica maggiorata rispetto agli importi differenziati per fasce di età a cui si riferiscono le due lettere precedenti, in misura non inferiore al 40 per cento per ciascun figlio con disabilità;

 

Ai sensi della lettera d) i decreti legislativi delegati devono prevedere che il beneficiario della dote unica per i servizi a favore dei figli a carico entri in possesso di un'idonea documentazione fiscale rilasciata dal soggetto che eroga il servizio, e che l’erogazione del beneficio e la rendicontazione dei servizi siano effettuate per via telematica attraverso una dote unica digitale.

Conseguentemente si prevede (alla lettera e)) l’eliminazione delle detrazioni previste dall'articolo 15, comma 1, lettera e-bis), del TUIR limitatamente alle spese per la frequenza alle scuole dell'infanzia.

 

La richiamata lettera e-bis) dispone che siano detraibili, per il 19 per cento, - le spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione, per un importo annuo non superiore a 800 euro a decorrere dall'anno 2019 per alunno o studente.

 

La lettera f) si riferisce, con l’intento di eliminarla, a una misura finanziata fino al 2018 e pertanto non più attiva, ovvero i voucher utilizzabili per l'acquisto di servizi di baby-sitting e per fare fronte agli oneri della rete dei servizi per l'infanzia.

 

Si ricorda che la misura, di cui all'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, riconosceva alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, alla madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, nonché alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, la possibilità di richiedere al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati. L’ultimo finanziamento della misura, per il 2017 e il 2018, è stato previsto dai commi 356 e 357 della legge 232/2016 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019.

 

Ai sensi della lettera g)  viene eliminato  il buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia di cui all'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

 

La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legg 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa 90,9 euro mensili, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. Il buono è riferito ai nuovi nati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni. La legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 488, della legge 145/2018) ha portato il buono da 1.000 a 1.500 euro su base annua e lo ha esteso a ciascun anno del triennio 2019-2021. A decorrere dal 2022, il buono è determinato con DPCM, da adottare entro il 30 settembre 2021, nel rispetto del limite di spesa programmato, e comunque per un importo non inferiore a 1.000 euro su base annua, tenuto conto degli esiti del monitoraggio previsto per la misura. Il beneficio è erogato, secondo l'ordine di presentazione telematica delle domande, nel limite di spesa di 300 milioni per il 2019, e di 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Superato il limite di spesa non vengono prese in considerazione ulteriori domande.

 

Infine, la lettera h) convoglia i risparmi di spesa conseguenti all'eliminazione dei benefìci derivanti dalle detrazioni fiscali ( di cui alla lettera e)), dai voucher baby sitting, che però, come visto, non sono più attivi (di cui alla lettera  f))  e dal buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia (di cui alla lettera g)) alla copertura degli oneri derivanti dall’istituzione della dote unica, della dote unica in forma ridotta e della dote unica maggiorata (interventi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo in esame).

 


 

Articolo 4 - Procedimento per l'adozione dei decreti legislativi

L’articolo in esame disciplina il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi delegati. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, gli schemi dei decreti legislativi delegati, corredati di relazione tecnica, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il termine per l’espressione dei pareri è fissato in trenta giorni dalla data di assegnazione. Le Commissioni possono chiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di trenta giorni il termine per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri, o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione, perché su di esso sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data della nuova assegnazione. Decorso tale termine, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva.

Entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi. Le disposizioni integrative devono essere adottate nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al provvedimento ora in esame e con la procedura sopra illustrata per l’adozione degli stessi decreti legislativi.

 


Dati di contesto

 


Natalità e fecondità

Secondo quanto rilevato dal Rapporto annuale Istat sulle prospettive demografiche del nostro paese, in Italia la flessione demografica, dal 2008 al 2018, ha subito un’accelerazione, segnando nel 2017 un saldo naturale negativo record (-191 mila unità, confermato dalla stima di -187 mila del 2018). Dal 1993, primo anno dal dopoguerra in cui la differenza tra nascite e decessi è stata negativa, il Paese ha sempre manifestato, con rare eccezioni, una dinamica naturale in deficit. Questa tendenza è stata determinata da una riduzione costante delle nascite (da 576 mila nel 2008 a circa 450 mila nel 2018), a cui si è accompagnato un continuo aumento dei decessi (649 mila nel 2017, record assoluto dal secondo dopoguerra), legati al continuo invecchiamento della popolazione.

La presenza di saldi migratori con l’estero superiori a 250 mila unità annue, peraltro associati a una progressiva ripresa dell’emigrazione italiana, ha solo parzialmente compensato il declino del saldo naturale. Più precisamente, le iscrizioni in anagrafe dall’estero si sono ridotte da 494 mila del 2008 a 349 mila del 2018, mentre le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero sono aumentate in maniera marcata, passando da 62 mila a 160 mila nel decennio. Dal riscontro anagrafico, il saldo migratorio netto con l’estero si è quindi ridotto a 190 mila unità nel 2018 (era di 433 mila unità nel 2008). Il saldo migratorio positivo limita gli effetti del calo demografico dovuto al saldo naturale negativo, stimato pari a -187 mila nel 2018, anno in cui sono stati iscritti in anagrafe per nascita 449 mila bambini, quasi 10 mila in meno rispetto al 2017, mentre i cancellati per decesso sono stati 636 mila. Rispetto al 2008 le nascite sono diminuite di quasi 130 mila unità.

Al primo gennaio 2019, secondo le stime più recenti, i residenti in Italia sono circa 60,4 milioni, 400 mila in meno rispetto al 1° gennaio 2015.

I giovani fino a 14 anni di età rappresentano il 13,2 per cento del totale dei residenti in Italia, la popolazione in età attiva il 64 per cento e gli anziani con 65 anni e oltre il 22,8 per cento. Rispetto al 1992, prima volta in cui si è verificato il sorpasso degli ultrasessantacinquenni sui minori fino a 14 anni di età, il quadro strutturale è profondamente cambiato. Dal 1992 al 1° gennaio 2019 la quota di popolazione in età da lavoro si è ridotta di oltre cinque punti (era pari al 69,1 per cento nel 1992). La dimensione di questo fenomeno spiega perché l’invecchiamento della popolazione, con i suoi effetti sulla spesa pensionistica e sanitaria e sul mercato del lavoro, sia uno dei principali temi del dibattito demografico, economico e politico.

Per quanto riguarda Natalità e fecondità della popolazione residente, l’Istat torna a sottolineare come gli effetti sociali della crisi economica abbiano agito direttamente sulla cadenza delle nascite. Le donne residenti in Italia hanno accentuato il rinvio dell’esperienza riproduttiva verso età sempre più avanzate; rispetto al 1995, l’età media al parto è aumentata di oltre due anni, arrivando a 31,9 anni; in misura ancora più marcata è cresciuta anche l’età media alla nascita del primo figlio che si attesta a 31,1 anni nel 2017 (tre anni in più rispetto al 1995). Le regioni del Centro sono quelle che presentano il calendario più posticipato (32,3 anni) insieme a Basilicata e Sardegna (rispettivamente 32,7 e

Il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100 mila (il 21,7 per cento del totale).

Condizioni di vita, Reddito e carico fiscale delle famiglie

L’indagine campionaria dell’Istat “Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie”, riferita al 2017, e condotta su 22.226 famiglie (48.819 individui), rileva numerosi indicatori delle condizioni economiche delle famiglie, insieme ai redditi netti familiari e alla condizione lavorativa dei componenti.

Relativamente al reddito, nel 2017, il 20,3% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà, cioè fa parte di famiglie il cui reddito disponibile equivalente nel 2016 (anno di riferimento dei redditi) è inferiore alla soglia di rischio di povertà pari a 9.925 euro (il 60% della mediana della distribuzione individuale del reddito disponibile equivalente); il 10,1% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale (in forte diminuzione rispetto al 12,1% dell’anno precedente), mostra cioè almeno quattro dei nove segnali di deprivazione previsti [3] ; l’11,8% (12,8% nel 2016) vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia in famiglie con componenti tra i 18 e i 59 anni che nel 2016 hanno lavorato meno di un quinto del tempo.

Nel 2017 si stima che le persone a maggior rischio di povertà o esclusione sociale ricadano in prevalenza in famiglie numerose con cinque o più componenti (42,7%, dal 43,7% nel 2016), in famiglie di coppie con tre o più figli (41,1%, in sensibile miglioramento dal 46,1% dell’anno precedente), in famiglie con tre o più minori (44,5% dal 47,3%), ma anche in quelle monogenitore (38,8%). Per le famiglie con cinque o più componenti il rischio di povertà e la grave deprivazione sono rispettivamente pari a 33,6% e 15,2%.

Per quanto riguarda il carico fiscale, il paragrafo della pubblicazione dell’Istat dedicato a questo tema, sottolinea che “In Italia la tassazione dei redditi è su base individuale, con detrazioni che tengono conto solo in parte delle condizioni familiari del contribuente. Per comprendere appieno gli effetti del prelievo fiscale sul benessere materiale e sulle condizioni di vita delle famiglie occorre valutare il carico tributario rispetto alle entrate di tutti i componenti. Nel 2016, l’aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare si conferma stabile al 19,4% rispetto all’anno precedente. La presenza in famiglia di uno o più componenti minori (prevalentemente coppie con figli) consente ai nuclei familiari sostenuti da un unico percettore di ottenere alcuni benefici fiscali che, per effetto delle detrazioni, crescono all’aumentare dei figli a carico. I valori più bassi delle aliquote medie si registrano, in linea con l’anno precedente, tra le coppie con tre o più figli (di cui almeno uno minore) con l’8,4%. Relativamente contenuto è il prelievo fiscale tra le coppie con due figli, di cui almeno uno minore (13,9%) e tra le famiglie di altra tipologia, in prevalenza con due o più nuclei (13% circa). Il trattamento favorevole di cui godono le famiglie con minori è determinato, oltre che dalle maggiori detrazioni per i componenti a carico, anche dalla possibile fruizione di assegni al nucleo familiare (esenti da imposta), modulati in modo tale da crescere all’aumentare del numero dei componenti. Il vantaggio fiscale tende tuttavia ad assottigliarsi man mano che aumenta il livello di reddito familiare. La riduzione dell’aliquota al crescere dei figli a carico è meno accentuata tra le famiglie di due o più percettori, si azzera nella classe di reddito superiore (oltre 40.000 euro) mentre persiste tra le famiglie sostenute da un unico percettore. Poiché il sistema fiscale italiano non prevede trasferimenti monetari ai cosiddetti incapienti (ovvero ai contribuenti che, a causa delle loro ridotte entrate, riportano un’imposta lorda così bassa o nulla da non poter fruire pienamente delle detrazioni spettanti), accade spesso che le famiglie della classe di reddito 0-15mila euro non riescano ad abbattere ulteriormente il loro carico fiscale, pur in presenza di un numero considerevole di figli. Ciò avviene soprattutto se il già basso reddito familiare proviene da una sommatoria di redditi individuali ridotti: nella prima fascia di reddito, la probabilità che si verifichi una situazione di incapienza è tre volte più elevata nelle famiglie con due o più percettori rispetto alle famiglie con un solo percettore”.

 

Occupazione femminile

Istogramma sui tassi d'occupazione nel 2017

Il grafico interattivo Tasso di occupazione per la popolazione in età da lavoro, 2017”, a cura di Istat/Eurostat, mostra chiaramente che, nel nostro paese, il tasso di occupazione degli uomini è più alto di quello delle donne (rispettivamente 67,1 % e 48,9% nel 2017).

E' inoltre interessante notare che la forbice tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile si allarga con il numero di figli. In Italia nel 2017, il tasso di occupazione per le donne senza figli è il 53,1 %, mentre è il 67,9 % per gli uomini. Con un figlio, il tasso aumenta al 57,5% per le donne e all'79,3 % per gli uomini. Per le donne con due figli, il tasso rimane quasi invariato al 55,8%, mentre quello degli uomini aumenta al 86,8 %. Per le persone con tre o più figli, il tasso di occupazione diminuisce al 44,9 % per le donne, mentre per gli uomini arriva all'82,3 %.

E’ quindi evidente, e lo conferma anche il Rapporto annuale Istat, che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è influenzata dal ruolo ricoperto in famiglia. Benché il tasso di occupazione femminile sia cresciuto di tre punti percentuali tra il 2013 e il 2018, quello delle donne tra 25 e 49 anni – la fascia di età nella quale si registra la maggiore concentrazione di madri con figli minori – è caratterizzato da un aumento più contenuto, dal 58,1 al 59,5 per cento. Solo per le donne con figli tra 0 e 2 anni si stima un arretramento nel tasso di occupazione (-5,1 punti per le donne in un nucleo monogenitore e -1,3 per le madri in coppia).

 

La difficoltà nel conciliare il lavoro retribuito con il lavoro di cura è dunque determinante per la partecipazione femminile al mercato del lavoro, oltre a costituire un fattore importante nei comportamenti demografici e nelle scelte di fecondità. La difficoltà di conciliazione dipende dalla disponibilità di servizi di sostegno alla maternità e all’infanzia e dall’organizzazione del lavoro nelle imprese, anche se non esclusivamente: il sistema di welfare “familista” che caratterizza il nostro Paese, demandando in larga parte la cura dei soggetti più fragili alle famiglie, implica una notevole entità di lavoro non retribuito per attività di cura e può comportare particolari difficoltà per le donne, che rivestono più spesso il ruolo di caregiver.

Povertà

La pubblicazione Istat La povertà in Italia rileva che, nel 2017 tra gli individui in povertà assoluta si stima che le donne siano 2 milioni 472mila (incidenza pari all’8,0%), i minorenni 1 milione 208mila (12,1%), i giovani di 18-34 anni 1 milione e 112mila (10,4%, valore più elevato dal 2005) e gli anziani 611mila (4,6%). Le condizioni dei minori rimangono quindi critiche: il valore dell’incidenza, infatti, dal 2014 non è più sceso sotto il 10%; nel tempo crescono anche i valori dell’incidenza fra gli adulti tra i 35 e i 64 anni (da 2,7% del 2005 a 8,1% del 2017). I livelli di povertà assoluta si mantengono elevati per le famiglie con cinque o più componenti (17,8%), soprattutto se coppie con tre o più figli (15,4%). Nel lungo periodo la crescita della povertà assoluta è più marcata tra le famiglie con quattro o cinque componenti e più: per quelle con 4 componenti l’incidenza passa da 2,2% del 2005 a 10,2% del 2017; per quelle di 5 componenti e più da 6,3% (del 2005) a 17,8%. Nel 2017 peggiorano, rispetto al 2016, le condizioni delle famiglie con un figlio minore: l’incidenza della povertà assoluta sale a 9,5% da 7,2%, continuando il consistente incremento registrato a partire dal 2013. L’incidenza è infatti elevata quando in famiglia è presente almeno un figlio minore (10,5%) e raggiunge il massimo se ci sono tre o più figli minori (20,9%).

Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne.



[1]     Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente.

[2]     Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà

[3]     Grave deprivazione materiale (indicatore Europa 2020)=percentuale di persone in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale sui nove indicati di seguito: 1. essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito; 2. non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; 3. non poter sostenere spese impreviste di 800 euro (l’importo di riferimento per le spese impreviste è pari a circa 1/12 del valore della soglia di povertà annuale calcolata nel 2015, il cui valore era pari a 9.508 euro); 4. non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano; 5. non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; 6. non potersi permettere un televisore a colori; 7. non potersi permettere una lavatrice; 8. non potersi permettere un’automobile; 9. non potersi permettere un telefono.