Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: L'esame del Documento programmatico di bilancio (DPB) da parte delle Istituzioni europee
Serie: Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE   Numero: 6
Data: 03/12/2018
Organi della Camera: Assemblea, V Bilancio, XIV Unione Europea


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L'esame del Documento programmatico di bilancio (DPB) da parte delle Istituzioni europee

3 dicembre 2018


Indice

Il parere della Commissione europea sul DPB e la relazione ai sensi delll'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE del 21 novembre 2018|Quadro normativo di riferimento|Interlocuzione tra la Commissione europea e il Governo italiano precedente all'adozione del parere sul DPB del 21 novembre|Possibili sviluppi|


Il parere della Commissione europea sul DPB e la relazione ai sensi delll'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE del 21 novembre 2018

Il 21 novembre 2018 la Commissione europea ha presentato il pacchetto d'autunno che rappresenta l'inizio del ciclo del Semestre europeo 2019 per il coordinamento delle politiche economiche e sociali.

In tale ambito, la Commissione ha anche adottato i pareri relativi alla conformità al Patto di stabilità e crescita dei documenti programmatici di bilancio (DPB) degli Stati membri della zona euro per il 2019.

Per quanto concerne l'Italia, la Commissione ha formulato il parere sul DPB, alla luce del documento programmatico di bilancio rivisto presentato il 13 novembre 2018 (vedi infra), e una relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che, costituisce «la prima fase della procedura per i disavanzi eccessivi», pur non rappresentandone ancora l'apertura in senso formale (vedi infra par. 2.1).

Nel parere sul DPB, la Commissione europea ha confermato l'esistenza, a suo avviso, di un'inosservanza particolarmente grave della raccomandazione rivolta all'Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018, già rilevata nella lettera del 18 ottobre al Governo italiano (vedi infra). Si ricorda che tale raccomandazione, insieme alle raccomandazioni indirizzate agli altri Stati membri, era stata approvata dal Consiglio europeo del 28 giugno 2018. In particolare, il Consiglio aveva raccomandato all'Italia, oltre all'adozione di talune riforme strutturali, di assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superasse lo 0,1% nel 2019 (corrispondente ad un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6% del PIL).

In particolare, nel parere la Commissione rileva che «il Consiglio ha raccomandato all'Italia di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica al fine di creare margini per l'altra spesa sociale, ma l'introduzione della nuova possibilità di pensionamento anticipato rappresenta un passo indietro rispetto alle precedenti riforme pensionistiche da cui dipende la sostenibilità a lungo termine dell'elevato debito italiano. Essa potrebbe anche avere ripercussioni negative sull'offerta di lavoro, in un contesto in cui l'Italia è già indietro rispetto alla media dell'UE per la partecipazione dei lavoratori più anziani (55-64) al mercato del lavoro. Inoltre, l'introduzione di un condono fiscale potrebbe scoraggiare il rispetto degli obblighi tributari, controbilanciando in larga misura il potenziale effetto positivo del rafforzamento della fatturazione elettronica. In aggiunta, il documento programmatico di bilancio 2019 riveduto contempla disposizioni che riducono gli oneri fiscali gravanti sulle imprese che assumono o reinvestono i loro utili in beni strumentali, ma l'incidenza di tali disposizioni è ampiamente compensata nel 2019 dall'abrogazione dei vigenti regimi fiscali favorevoli per le imprese e sugli utili reinvestiti. Infine, l'introduzione delle nuove misure di aumento della pressione fiscale sulle banche, unitamente agli effetti dell'aumento dei rendimenti del debito sovrano, potrebbe ostacolare l'offerta di credito. Considerato complessivamente, l'impatto sulla crescita delle misure previste dal documento programmatico di bilancio 2019 potrebbe essere inferiore a quanto previsto dal governo, anche nel breve periodo».

La Commissione europea fa quindi presente di aver effettuato inoltre una nuova valutazione della presunta non conformità dell'Italia con il criterio del debito, in quanto la richiamata «inosservanza particolarmente grave, rilevata dalla Commissione, della raccomandazione indirizzata all'Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018 rappresenta una modifica sostanziale dei fattori significativi analizzati dalla Commissione il 23 maggio 2018 che impone un riesame del giudizio della Commissione».

La Commissione europea, nella relazione conclude che l'analisi comprende «la valutazione di tutti i fattori significativi, vale a dire: I) il fatto che le condizioni macroeconomiche, nonostante rischi di peggioramento recentemente acuitisi, non possano essere addotte per spiegare gli ampi scostamenti dell'Italia rispetto al parametro di riferimento per la riduzione del debito, alla luce di una crescita nominale del PIL superiore al 2 % dal 2016; II) il fatto che i piani di governo implichino una retromarcia rispetto alle precedenti riforme strutturali atte a stimolare la crescita, in particolare alle passate riforme delle pensioni; e soprattutto III) il rischio evidenziato di deviazione significativa dal percorso di aggiustamento raccomandato verso l'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2018 e l'inosservanza particolarmente grave per il 2019 della raccomandazione rivolta all'Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018, sulla base sia dei piani di governo che delle previsioni d'autunno 2018 della Commissione. Nel complesso, l'analisi indica che il criterio del debito definito nel trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997 debba considerarsi come non rispettato e che, pertanto, una procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito sia giustificata».


Quadro normativo di riferimento


Procedura di esame del DPB

Il regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, stabilisce le disposizioni di monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio nella zona euro e di garanzia della coerenza dei bilanci nazionali con gli indirizzi di politica economica emanati nel contesto del Patto di stabilità e crescita (PSC) e del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.

In particolare, l'articolo 4 fissa un calendario comune di bilancio che impone, tra l'altro, agli Stati membri la cui moneta è l'euro di rendere pubblico entro il 15 ottobre di ogni anno il progetto di bilancio dell'amministrazione centrale per l'anno successivo. La medesima norma prevede che il bilancio debba essere approvato entro il 31 dicembre di ogni anno. Il successivo paragrafo 4 prevede che I programmi di bilancio nazionali a medio termine e i progetti di bilancio si basano su previsioni macroeconomiche indipendenti e indicano se le previsioni di bilancio sono state elaborate o approvate da un ente indipendente.

Il successivo articolo 6 dispone che, sempre entro il 15 ottobre di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione e all'Eurogruppo un progetto di documento programmatico di bilancio (DPB) per l'anno successivo. Tale progetto deve essere coerente con le raccomandazioni formulate nel contesto del PSC e, ove applicabile, con le raccomandazioni formulate nel contesto del ciclo annuale di sorveglianza, anche per quanto concerne la procedura relativa agli squilibri macroeconomici. Sul DPB, la Commissione europea si esprime, entro il 30 novembre, con un parere (articolo 7).

L'articolo 7 prevede che, in deroga a tale procedura ordinaria, nei casi eccezionali in cui, previa consultazione dello Stato membro interessato entro una settimana dalla presentazione del progetto di documento programmatico di bilancio, la Commissione europea riscontri un'inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria definiti nel PSC, essa adotta il proprio parere entro due settimane dalla trasmissione del progetto di documento programmatico di bilancio. Nel parere la Commissione europea chiede che sia presentato un progetto riveduto di documento programmatico quanto prima e comunque entro tre settimane dalla data del suo parere. La richiesta della Commissione europea dev'essere motivata e resa pubblica. La Commissione europea adotta un nuovo parere sul progetto riveduto di documento programmatico di bilancio quanto prima e comunque entro tre settimane dalla presentazione di tale documento. Il parere della Commissione europea è reso pubblico ed è presentato all'Eurogruppo. L'Eurogruppo esamina il parere della Commissione sul documento programmatico di bilancio; il risultato dell'esame è reso pubblico, ove appropriato.

In seguito, su richiesta del Parlamento dello Stato membro interessato o del Parlamento europeo, la Commissione europea presenta il proprio parere al Parlamento che ne fa richiesta (par. 3).


La procedura per i disavanzi eccessivi

La procedura per disavanzi eccessivi (PDE) è definita dall'articolo 126 del TFUE e ulteriormente specificata dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, che fa parte del patto di stabilità e crescita (PSC). Il regolamento (UE) n. 473/2013 contiene disposizioni specifiche per gli Stati membri della zona euro soggetti a una procedura per i disavanzi eccessivi.

La PDE sostiene il cosiddetto braccio correttivo del PSC dell'UE. I Paesi dell'UE devono dimostrare una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri:

  • il loro disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del prodotto interno lordo (PIL);
  • il debito pubblico (debito del Governo e degli enti pubblici) non deve superare il 60% del PIL.

Nel mese di aprile ogni anno, i Paesi della zona euro presentano i loro programmi di stabilità alla Commissione europea e al Consiglio, recanti gli obiettivi di bilancio a medio termine (OMT) del Paese e le indicazioni su come questo verrà raggiunto, mentre gli altri Stati membri presentano alle stesse istituzioni programmi di convergenza.

Se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione europea prepara una relazione. La relazione tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione europea può, inoltre, preparare una relazione se ritiene che in un determinato Stato membro, malgrado i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo.

Sulla relazione della Commissione europea è chiamato ad esprimersi entro due settimane il Comitato economico e finanziario (art. 126, par. 4, TFUE e 3, par. 1, reg. n.1467/1997)

Acquisito il parere del Comitato, la Commissione europea, se ritiene che in uno Stato membro esista o possa determinarsi in futuro un disavanzo eccessivo, trasmette un parere allo Stato membro interessato e ne informa il Consiglio.

Il Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo (articolo 126, paragrafo 6, TFUE).


Interlocuzione tra la Commissione europea e il Governo italiano precedente all'adozione del parere sul DPB del 21 novembre


La lettera di Dombrovskis e Moscovici del 18 ottobre 2018

Con lettera del 18 ottobre 2018, il Vicepresidente Dombrovskis e il Commissario Moscovici hanno attivato il canale di consultazione di cui al citato articolo 7 del regolamento n. 473 del 2013, avendo riscontrato nel DPB presentato dal Governo italiano una "violazione grave e manifesta delle raccomandazioni adottate dal Consiglio" ai sensi del PSC per il 2019, con la partecipazione anche dell'Italia.

In particolare nella citata lettera si chiedono chiarimenti, prima del parere formale ai sensi del richiamato articolo 7, su tre questioni principali:
  • il DPB prevede una crescita della spesa pubblica del 2,7%, in luogo dell'incremento raccomandato pari allo 0,1%. Il deterioramento strutturale (ricalcolato) nel 2019 ammonta allo 0,8% del PIL, il che corrisponde a una deviazione significativa rispetto alla raccomandata correzione strutturale del deficit pari allo 0,6% del PIL. Sia la previsione di un'espansione fiscale prossima all'1% del PIL, che l'entità della deviazione (una differenza di circa l'1,5% del PIL), rileva la Commissione europea, non hanno precedenti nella storia del Patto di Stabilità e Crescita;
  • il debito pubblico italiano è pari circa al 130% del PIL, ma il DPB non garantirebbe il rispetto della regola della costante riduzione del debito pubblico verso la soglia del 60% del PIL stabilita dai Trattati. La Commissione ricorda che, quando ha valutato situazione del disavanzo e del debito italiani, nel preparare i suoi rapporti ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE, il rispetto di massima del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita è stato sempre un "fattore rilevante" di primaria importanza. Tuttavia, se tale conformità alle regole del braccio preventivo non dovesse più essere confermata, in ragione della deviazione significativa pianificata dall'Italia (secondo il DPB, il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine non è previsto per il 2021), le conclusioni dell'ultimo rapporto (maggio 2018) potrebbero necessitare di una revisione;
  • le previsioni macroeconomiche del DPB non sono state validate dall'organismo indipendente previsto dall'ordinamento italiano (l'Ufficio parlamentare di bilancio), in contrasto con l'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 473/2013.

La risposta del Ministro Tria del 22 ottobre 2018

Con lettera del 22 ottobre 2018, il Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, ha risposto sulle tre questioni affrontate nella lettera della Commissione europea.

In particolare, il Ministro ha fornito i seguenti chiarimenti:
  • in merito alla questione del disavanzo strutturale, ha precisato che «il Governo è cosciente di avere scelto un'impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di stabilità e crescita» e ha motivato tale scelta a della necessità di recuperare i livelli di PIL pre-crisi e di aiutare gli strati più svantaggiati della popolazione italiana, attuando il programma di Governo. Si precisa comunque che, al di là dello scostamento previsto nel 2019, il Governo non intende espandere ulteriormente il deficit nel biennio successivo e si impegna a ricondurre il saldo strutturale verso l'obiettivo di medio termine dal 2022, ovvero anche prima laddove il PIL ritornasse al livello pre-crisi prima del previsto;
  • in riferimento ai rilievi relativi al rispetto della regola del debito, il Governo ha evidenziato come la dinamica del PIL sia cruciale quando si valutano gli sviluppi del rapporto debito/PIL, sottolineando in proposito il calo significativo di tale rapporto nelle previsioni del Governo, a differenza di quanto accaduto nel passato decennio, in ragione delle misure di stimolo alla crescita che si intende introdurre con la prossima legge di bilancio;
  • in merito alla mancata validazione delle previsioni macroeconomiche da parte dell'UPB, il Governo ha ricordato che la legislazione italiana (articolo 18, comma 3, della legge n. 243 del 2012) prevede che, in caso di mancata validazione, il Governo sia tenuto a conformarsi alle valutazioni dell'UPB ovvero a spiegare al Parlamento le ragioni che lo inducano a confermare le proprie previsioni. Tale ultima è stata la strada prescelta dal Governo, con l'audizione del Ministro Tria davanti alle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato il 10 ottobre 2018. Nella lettera si segnala inoltre che sulla correttezza di tale procedura la Commissione europea non ha avanzato rilievi.

La lettera reca inoltre una serie di elementi volti a spiegare le previsioni macroeconomiche fornite dal Governo e anticipa la direzione di alcune misure che dovrebbero rientrare nella prossima legge di bilancio e nei provvedimenti collegati con la finalità di creare un ambiente favorevole agli investimenti.

Infine, il Governo si impegna ad intervenire, ove la dinamica dei rapporti debito/PIL e deficit/PIL non dovesse evolvere secondo le previsioni, con le necessarie misure correttive.


Il parere della Commissione europea sul DPB del 23 ottobre 2018 e la lettera del 29 ottobre 2018

La Commissione europea ha adottato il 23 ottobre 2018, anche all'esito della descritta consultazione con il Governo italiano, un parere sulla proposta di DPB ai sensi del citato articolo 7 del regolamento n. 473/2013, chiedendo all'Italia di presentare un documento programmatico di bilancio riveduto per il 2019 entro tre settimane; esso sarà poi oggetto di valutazione da parte della stessa Commissione europea, con la pubblicazione di un successivo parere, entro la fine di novembre.

Si tratta della prima volta che la Commissione europea richiede la presentazione di un documento programmatico di bilancio riveduto.

A giudizio della Commissione europea, il documento programmatico di bilancio per il 2019 dell'Italia comporta un'inosservanza particolarmente grave della citata raccomandazione indirizzata all'Italia dal Consiglio dell'Unione europea il 13 luglio 2018.

La Commissione europea, riprendendo le valutazioni contenute nella lettera di Dombrovskis e Moscovici, rileva che il documento programmatico di bilancio 2019 presentato dall'Italia:
  • prevede per l'anno prossimo una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento raccomandato verso l'obiettivo di bilancio a medio termine a causa del previsto forte deterioramento del saldo strutturale e di un tasso di crescita della spesa pubblica, al netto delle misure discrezionali sul fronte delle entrate e delle misure una tantum, ben al di sopra del tasso di riferimento. Inoltre, a giudizio della Commissione europea, i notevoli rischi al ribasso delle proiezioni presentate nel documento programmatico di bilancio potrebbero peggiorare ulteriormente la situazione;
  • non rispetta, altresì, il requisito di cui all' articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 473/2013, poiché le previsioni macroeconomiche sottese al documento programmatico di bilancio 2019 non sono state approvate da un ente indipendente, quale l'UPB;
  • prevede un'espansione fiscale che, abbinata ai rischi di revisione al ribasso della crescita del PIL nominale, pregiudica la riduzione del rapporto debito/PIL tuttora elevato dell'Italia e in particolare il rispetto del criterio concordato da tutti gli Stati membri di abbassamento del debito al valore di riferimento del 60% stabilito dal Trattato [1].
  • non è in linea con gli impegni assunti nel programma di stabilità dell'aprile 2018, nel quale si annunciava che si sarebbe perseguito l'obiettivo di un disavanzo pari allo 0,8% del PIL nel 2019. Al contrario, il documento programmatico di bilancio 2019 prevede un notevole aumento del disavanzo pubblico, fino al 2,4% del PIL nel 2019, ossia il triplo di quanto inizialmente previsto.
La Commissione europea ricorda, altresì, che l'Italia:
  • negli ultimi anni è stata il principale beneficiario della flessibilità applicata nell'ambito del Patto di stabilità e crescita, per un importo dell'ordine di 30 miliardi di euro (pari all'1,8% del PIL) nel periodo 2015-2018, in considerazione di una serie di fattori, come condizioni economiche sfavorevoli, sostegno alle riforme strutturali e agli investimenti ed "eventi inconsueti" connessi alle minacce alla sicurezza, alla crisi dei rifugiati e ai terremoti;
  • è il secondo maggior destinatario del Piano Juncker: i finanziamenti complessivi all'Italia hanno raggiunto la somma di 8,9 miliardi di euro, da cui è previsto derivino oltre 50 miliardi di euro di nuovi investimenti. L'Italia è anche il s econdo maggiore beneficiario dei Fondi strutturali e di investimento europei, con 44,7 miliardi di euro di sostegno dell'Unione nel periodo 2014-2020, che rappresentano una media di 735 euro pro capite provenienti dal bilancio dell'Unione.

 

Facendo seguito al suddetto parere del 23 ottobre, la Commissione europea, con lettera del 29 ottobre 2018, ha rilevato che, nonostante la riduzione indicata dal DPB 2019 del rapporto debito/PIL, non si prevede che l'Italia soddisfi prima facie il parametro di riferimento relativo all'adeguamento del rapporto debito/PIL nel 2018 e nel 2019.

In particolare, in considerazione dell'inosservanza prima facie da parte dell'Italia del parametro di riferimento relativo all'adeguamento del rapporto debito/PIL nel 2017, il 23 maggio 2018 la Commissione europea ricorda di aver adottato una relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE che ha analizzato la conformità al criterio del debito stabilito dal Trattato. Dopo aver esaminato tutti i fattori significativi ed in particolare la conformità dell'Italia al braccio preventivo del PSC, la relazione aveva concluso che il criterio del debito stabilito dal Trattato e dal regolamento (CE) n. 1467/1997 era da considerarsi come rispettato all'epoca. Tuttavia, secondo la Commissione europea, l'inosservanza particolarmente grave, da parte del DPB presentato dall'Italia per il 2019, della raccomandazione rivolta all'Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018, rappresenta un cambiamento sostanziale nei fattori significativi che giustifica la pubblicazione di una nuova relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, per l'inosservanza prima facie nel 2017 del parametro di riferimento relativo all'adeguamento del rapporto debito/PIL da parte dell'Italia.

[1] La Commissione europea ricorda che il rapporto debito pubblico/PIL dell'Italia, pari al 131,2% nel 2017, è il secondo più alto dell'UE e tra i più alti al mondo. Nel 2017 rappresentava un onere medio di 37 mila euro per abitante. L'elevato stock del debito pubblico priva l'Italia del margine di manovra fiscale necessario per stabilizzare la sua economia in caso di shock macroeconomici e rappresenta un onere intergenerazionale che graverà sul tenore di vita degli italiani del futuro. Il fatto che i costi del servizio del debito assorbano un importo notevolmente maggiore di risorse pubbliche in Italia rispetto al resto della zona euro va, inoltre, a giudizio della Commissione europea, a discapito della spesa produttiva del Paese. La spesa per interessi dell'Italia è ammontata nel 2017 a circa 65,5 miliardi di euro, pari al 3,8% del PIL, sostanzialmente la stessa quantità di risorse pubbliche destinate all'istruzione. Inoltre, rileva la Commissione europea, un elevato debito pubblico, in assenza di politiche di bilancio prudenti, potrebbe amplificare l'effetto di shock derivanti da perdita di fiducia dei mercati sui rendimenti del debito sovrano, con un impatto negativo proporzionalmente più marcato sia sulla spesa per interessi del Paese che sul costo di finanziamento complessivo per l'economia reale.

La riunione dell'Eurogruppo del 5 novembre 2018

Il 5 novembre 2018 l'Eurogruppo ha fatto il punto sulla valutazione in corso dei documenti programmatici di bilancio (DPB) 2019 degli Stati membri della zona euro e ha esaminato il parere formulato il 23 ottobre dalla Commissione europea in merito al documento programmatico di bilancio dell'Italia. Con riguardo a quest'ultimo, tutti i Paesi dell'area euro si sono detti d'accordo con la valutazione effettuata dalla Commissione europea, ricordando l'importanza di finanze pubbliche sane e del loro coordinamento nel quadro del PSC come prerequisito per una crescita economica sostenibile e per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria.


La lettera del Ministro Tria del 13 novembre 2018

Il 13 novembre 2018 il Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, ha inviato alla Commissione europea la versione rivista del DPB 2019.

Il Governo italiano sostiene di aver valutato attentamente le argomentazioni contenute nel citato parere della Commissione europea del 23 ottobre 2018, ma ritiene di confermare nel DPB rivisto l'impianto complessivo già presentato in precedenza. In particolare, il DPB rivisto conferma gli obiettivi di crescita del PIL dell'1,5% nel 2019, dell'1,6% nel 2020 e dell'1,4% nel 2021 e un livello di indebitamento netto del 2,4% del PIL nel 2019, pur rilevando come quest'ultimo rappresenti un "limite invalicabile" che sarà sottoposto a "costante monitoraggio".

Per quanto riguarda, invece, il rapporto debito/PIL, il Governo, al fine di accelerarne la riduzione, annuncia l'intenzione di innalzare all'1% del PIL, per il 2019, l'obiettivo di privatizzazione del patrimonio pubblico. Anche grazie a tale misura, secondo il DPB rivisto il rapporto debito/PIL scenderebbe dal 131,2% del 2017 al 126% nel 2021.

Infine, il Governo ha chiesto l'applicazione della flessibilità per eventi eccezionali per finanziare spese di natura eccezionale, pari a circa lo 0,2% del PIL, per contrastare il dissesto idrogeologico e per la manutenzione straordinaria della rete viaria e di collegamenti.


Possibili sviluppi


Esito del parere sul DPB

Il parere adottato sul DPB è presentato all'Eurogruppo ai sensi dell'articolo 7 del citato regolamento n. 473/2013. L'Eurogruppo esamina i pareri della Commissione riguardanti i progetti di documenti programmatici di bilancio, nonché la situazione e le prospettive di bilancio per l'intera zona euro basandosi sulla valutazione globale effettuata dalla Commissione. I risultati di tali esami da parte dell'Eurogruppo sono resi pubblici, ove appropriato.

L'Eurogruppo si è riunito il 3 dicembre 2018 e ha esaminato i DPB dei 19 Stati membri dell'area euro. Per quanto riguarda l'Italia, l'Eurogruppo ha espresso sostegno per la valutazione effettuata dalla Commissione europea e ha raccomandato all'Italia di adottare le misure necessarie per conformarsi al Patto di stabilità e crescita. Infine, ha espresso sostegno per il dialogo in corso tra la Commissione europea e le autorità italiane.

Inoltre, su richiesta del parlamento dello Stato membro interessato o del Parlamento europeo, la Commissione presenta il proprio parere al parlamento che ne fa richiesta.


Fasi dell'eventuale procedura per disavanzi eccessivi

Con la presentazione della relazione ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del TFUE la Commissione ha avviato fase preliminare che potrebbe portare all'apertura di una eventuale procedura per disavanzi eccessivi come sopra descritta (vedi par. 2).

Nel caso in cui il Consiglio dovesse, all'esito dei passaggi descritti supra (vedi par. 2), stabilire la sussistenza di un disavanzo eccessivo, potrebbero essere adottate le seguenti misure.

Ai sensi del suddetto articolo 126, paragrafo 7, TFUE, il Consiglio adotta, su raccomandazione della Commissione europea, le raccomandazioni allo Stato membro al fine di far cessare tale situazione entro un determinato periodo. Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1467/1997, la raccomandazione del Consiglio dispone un termine massimo di sei mesi entro il quale lo Stato membro interessato deve darvi seguito effettivo. Se la gravità delle circostanze lo giustifica, il termine può essere ridotto a tre mesi.

Ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (UE) n. 473/2013, lo Stato membro interessato è chiamato a presentare alla Commissione europea e al Consiglio un programma di partenariato economico che indichi gli interventi e le riforme strutturali necessari per garantire una correzione effettiva e duratura del disavanzo eccessivo e che sviluppi il programma nazionale di riforma nonché il programma di stabilità, tenendo pienamente conto delle raccomandazioni del Consiglio relative all'attuazione degli orientamenti integrati per le politiche economiche e occupazionali dello Stato membro interessato. Il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione europea, adotta un parere sul programma di partenariato economico. Le misure del programma di partenariato economico possono essere incluse nel piano d'azione correttivo di cui all'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1176/2011.

Ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 473/2013, è, altresì, previsto un monitoraggio più rigoroso da parte della Commissione europea per gli Stati membri sottoposti a una procedura per disavanzo eccessivo, che si concreta in ulteriori obblighi informativi da parte degli Stati membri su richiesta della Commissione.

Qualora uno Stato membro persista nel disattendere le raccomandazioni del Consiglio, quest'ultimo può decidere di intimare allo Stato membro di prendere, entro un termine stabilito, le misure volte alla riduzione del disavanzo che il Consiglio ritiene necessarie per correggere la situazione.

Se persiste l'inadempimento da parte dello Stato membro, il Consiglio può:

- chiedere che lo Stato membro interessato pubblichi informazioni supplementari, che saranno specificate dal Consiglio, prima dell'emissione di obbligazioni o altri titoli,

- invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la sua politica di prestiti verso lo Stato membro in questione,

- richiedere che lo Stato membro in questione costituisca un deposito infruttifero di importo adeguato presso l'Unione, fino a quando, a parere del Consiglio, il disavanzo eccessivo non sia stato corretto,

- infliggere ammende di entità adeguata.

In proposito, l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 1173/2011 relativo all'effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro prevede che l'importo del deposito infruttifero sia pari allo 0,2% del PIL, mentre il successivo articolo 6 prevede che, in caso di persistente inadempimento, il deposito si possa convertire in un'ammenda pari allo 0,2% del PIL. Tali ammende potranno arrivare nei casi più gravi fino allo 0,5% del PIL sulla base di quanto disposto dall'articolo 12 del regolamento n. 1467/1997, come modificato dal regolamento n. 1177/2011.

Si ricorda, inoltre, che sulla base delle modifiche introdotte dal six pack nel 2011, le decisioni riguardanti la maggior parte delle sanzioni contemplate dalla PDE vengono prese a maggioranza qualificata inversa. Ciò significa che un'ammenda si considera approvata a meno che il Consiglio non decida di respingerla a maggioranza qualificata.

Inoltre, i 25 Paesi che hanno firmato il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance hanno acconsentito ad applicare la votazione a maggioranza qualificata inversa in una fase iniziale della procedura, ad esempio quando si decide se un Paese dell'UE debba essere sottoposto a una PDE.

Si segnala, infine, che ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1303/2013 sui fondi strutturali, la Commissione europea può, inoltre, rivolgere al Consiglio una proposta di sospendere parzialmente o totalmente gli impegni o i pagamenti relativi ai programmi di uno Stato membro se il Consiglio decide, a norma dell'articolo 126, paragrafo 8, o dell'articolo 126, paragrafo 11, TFUE, che lo Stato membro interessato non ha realizzato azioni efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo. La proposta della Commissione europea si ritiene adottata dal Consiglio a meno che esso non decida, tramite un atto di esecuzione, di respingere la proposta a maggioranza qualificata entro un mese della presentazione della proposta della Commissione europea. La sospensione degli impegni si applica agli impegni dai fondi SIE per lo Stato membro interessato a partire dal 1o gennaio dell'anno successivo alla decisione di sospensione.