Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Disposizioni per la promozione delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative
Riferimenti: AC N.1239/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 273
Data: 19/02/2020
Organi della Camera: X Attività produttive


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Disposizioni per la promozione delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative

19 febbraio 2020
Schede di lettura


Indice

Premessa normativa: disciplina di sostegno alle startup innovative, incubatori certificati e PMI innovative|Contenuto della proposta di legge|


Premessa normativa: disciplina di sostegno alle startup innovative, incubatori certificati e PMI innovative

Con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, in Legge n. 221/2012 (artt. 25-32), il legislatore ha introdotto nell'ordinamento un quadro normativo di sostegno alla nascita ed alla crescita di nuove imprese innovative (c.d. start-up innovative) con l'esplicito obiettivo di favorire lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l'occupazione, in particolare giovanile. Le misure consistono essenzialmente in semplificazioni alla costituzione di tali società, dunque in deroghe al diritto societario, nella riduzione degli oneri per l'avvio, agevolazioni fiscali e di sostegno al lavoro (assunzioni di personale) e agevolazioni fiscali agli investimenti nel capitale di rischio delle startup innovative.

In questo quadro, il legislatore, con il D.L. n. 179/2012, ha altresì introdotto un sostegno alle società di capitali - incubatori di startup innovative, così definendo le società che forniscono attività di sostegno all'avvio e allo sviluppo di imprese innovative mediante l'offerta di servizi di incubazione fisica (come strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere startup innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca).

In seguito, il legislatore è intervenuto, non solo implementando le misure a sostegno delle startup innovative introdotte nel 2012, ma anche introducendo una disciplina di sostegno alle PMI innovative "più mature", non iscritte al registro speciale delle startup innovative (D.L. n. 3/2015 e ss. mod. e int.). 

Definizione di startup innovativa e di incubatore certificato

La definizione di startup innovativa è contenuta nell'articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012. Ai sensi di tale norma, è startup innovativa - e dunque accede agli incentivi per essa previsti dal citato D.Lgs. - la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:

  • è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (comma 2, lett. b);
  • ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (lett. c);
  • presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (lett. d);
  • non distribuisce e non ha distribuito utili (lett. e);
  • non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g);
  • ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f);
  • a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (lett. h):
  1. le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del valore maggiore tra fatturato (valore totale della produzione) e costo (il n. 1, lett. h) comma 2 dell'art. 25 descrive talune le spese da annoverarsi a quelle in ricerca e sviluppo in aggiunta ai criteri dettati dai principi contabili aziendali);
  2. la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
  3. l'impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.

 L'articolo 25, comma 4 del D.L. n. 179/2012 consente poi ad una startup innovativa di ottenere, su richiesta, la qualifica di startup innovativa a vocazione sociale se, in aggiunta al possesso dei requisiti sopra indicati, operi nei settori  individuati dalla normativa nazionale sull'impresa sociale (D.Lgs. n. 112/2017, articolo 2, comma 1, che ha abrogato il D.Lgs. n. 155/2006, articolo 2, comma 1, originariamente citato dal D.L. n. 179, cfr. anche dall Circolare MISE 3677/C del 20 gennaio 2015).

Come evidenzia il Ministero dello sviluppo economico, nella Scheda di sintesi sulla disciplina delle Startup innovative pubblicata a luglio 2019, le modalità di concessione di startup innovativa a vocazione sociale non comporta attualmente benefici di legge aggiuntivi rispetto a quelli previsti per le altre startup  innovative, salvo eventuali misure specifiche a livello regionale e locale (cfr. Circolare 3677/C emanata dal MISE il 20 gennaio 2015). 

L'articolo 25, comma 5 del D.L. n. 179/2012 definisce incubatore certificato di startup innovative una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europaea, residente fiscalmente in Italia (ex art. 73 TUIR- D.P.R. n. 917/1986) che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative ed è in possesso dei seguenti requisiti:

  1. dispone di strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere start-up innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca;
  2. dispone di attrezzature adeguate all'attività delle startup innovative, quali sistemi di accesso in banda ultralarga alla rete internet, sale riunioni, macchinari per test, prove o prototipi;
  3. è amministrato o diretto da persone di riconosciuta competenza in materia di impresa e innovazione e ha a disposizione una struttura tecnica e di consulenza manageriale permanente;
  4. ha regolari rapporti di collaborazione con università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari che svolgono attività e progetti collegati a start-up innovative;
  5.  ha adeguata e comprovata esperienza nell'attività di sostegno a start-up innovative.

Il Decreto del MISE 22 dicembre 2016, adottato ai sensi dei commi 6 e 7 dell'articolo 25 del D.Lgs. n. 179/2012, ha dettagliato i requisiti  per l'identificazione degli incubatori certificati di start up innovative. Il riconoscimento del possesso dei  requisiti è autocertificato dall'incubatore di startup innovative mediante dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale  al  momento  dell'iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese istituita sia per le startup innovative che per gli incubatori certificati, ai sensi dell'articolo 25, commi 8-13 del D.L. n. 179/2012  .

Modalità di iscrizione e regime di pubblicità

In base al citato articolo 25, commi 8-13 del D.L. n. 179/2012 , la startup innovativa in possesso dei requisiti e l'incubatore certificato in possesso dei requisiti deve registrarsi presso l'apposita sezione speciale del Registro delle imprese, al fine di poter beneficiare della disciplina agevolativa per esse prevista.

L'iscrizione avviene trasmettendo telematicamente alla Camera di Commercio territorialmente competente un'autocertificazione prodotta dal legale rappresentante circa il possesso dei requisiti, sulla piattaforma informatica del portale nazionale delle imprese innovative http://startup.registroimprese.it/ (cfr. articolo 25, comma 17-bis, introdotto con il D.L. n. 135/2018, cd. D.L. cd. "Semplificazioni", che ha attribuito valore legale alla piattaforma startup.registroimprese.it.).

Le informazioni database sono rese disponibili gratuitamente, assicurando la massima trasparenza e accessibilità, con possibilità di rielaborazione da parte di soggetti terzi. 

Ai sensi  dell'articolo 25, comma 15,del D.L. n. 179/2012, anch'esso modificato dal D.L. n. 135/2018, il rappresentante legale della startup innovativa o dell'incubatore certificato deve attestare annualmente il mantenimento del possesso dei requisiti, depositando tale dichiarazione presso l'ufficio del registro delle imprese (con le medesime modalità telematiche), entro 30 giorni dall'approvazione del bilancio d'esercizio e comunque entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, fatti sali i maggiori limiti temporali ex art. 2364 cc, nel cui caso l'adempimento è effettuato entro sette mesi.

Entro 60 giorni dalla perdita dei requisiti, la cancellazione dalla Sezione speciale avviene d'ufficio, permanendo l'iscrizione ordinaria presso il registro delle imprese (articolo 25, comma 16).

Appare opportuno ricordare che il D.L. n. 3/2015, all'articolo 4, comma 10-bis, ha permesso la possibilità di redigere l'atto costitutivo della startup innovativa  (ivi incluse le successive modificazioni) per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto in forma digitale, ai sensi dell'art. 24 del Codice dell'Amministrazione digitale. Con il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 17 febbraio 2016 è data attuazione alla disciplina, attraverso la predisposizione di un modello standard tipizzato di atto costitutivo/statuto digitale delle startup innovative in forma di S.R.L..

Misure di agevolazione per le startup innovative e incubatori certificati

Le principali misure agevolative per le startup innovative e gli incubatori certificati sono contenute negli articoli 26-31 del D.L. n. 179/2012 e nell'articolo 4 del D.L. n. 3/2015 e ss. mod. e int.. Se ne darà sinteticamente conto di seguito, sulla scorta della sistematizzazione effettuata dal MISE nella citata Scheda di sintesi sulla disciplina delle Startup innovative pubblicata a luglio 2019.

Esonero da diritti camerali e imposte di bollo (D.L. 179/2012, articolo 26, comma 8)

Le startup innovative e gli incubatori certificati sono esonerati dal pagamento dell'imposta di bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli adempimenti relativi alle iscrizioni nel registro delle imprese, nonché dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio. L'esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l'acquisizione della qualifica di startup innovativa e di incubatore certificato e dura comunque non oltre il quinto anno di iscrizione.

Deroghe alla disciplina societaria ordinaria (D.L.179/2012, articolo 26, commi 1-7)

Per le startup innovative costituite sotto forma di S.p.A. e S.R.L., nel caso in cui le perdite d'esercizio comportino una riduzione del capitale sociale di oltre un terzo, in deroga al codice civile (art. 2446, comma secondo, e 2482-bis, comma quarto), il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo viene posticipato al secondo esercizio successivo (invece del primo esercizio successivo). In caso di riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale, l'assemblea, in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare il rinvio della decisione alla chiusura dell'esercizio successivo (comma 1).

Per le startup innovativa costituita in forma di Srl:

  • l'atto costitutivo può creare categorie di quote dotate di particolari diritti, come categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che ne attribuiscono in misura non proporzionale alla partecipazione (commi 2 e 3);
  • in deroga a quanto previsto dall'art.2468, primo comma, c.c., le quote di partecipazione in tali società possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali (comma 5);
  • il divieto di operazioni sulle partecipazioni sociali stabilito dall'articolo 2474 cc non trova applicazione se l'operazione è compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali.

Inoltre, le startup innovative non sono soggette alla disciplina delle società di comodo e delle società in perdita sistematica (comma 4). Pertanto, come rileva il MISE, nel caso conseguano ricavi "non congrui" oppure siano in perdita fiscale sistematica, non scattano nei loro confronti le penalizzazioni fiscali previste per le cosiddette società di comodo, ad esempio l'imputazione di un reddito minimo e di una base imponibile minima ai fini Irap, l'utilizzo limitato del credito IVA, l'applicazione della maggiorazione Ires del 10,5%.

Infine, l'atto costitutivo delle startup innovative e degli incubatori certificati può prevedere, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, l'emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ex artt. 2479 e 2479-bis cc.

Remunerazione del personale e degli amministratori attraverso strumenti di partecipazione al capitale (D.L. 179/2012, articolo 27)

Le startup innovative e gli incubatori certificati possono remunerare i propri collaboratori con strumenti di partecipazione al capitale sociale (come le stock option), e i fornitori di servizi esterni attraverso schemi di work for equity.

L'articolo 27 del D.L. n. 179/2012 dispone che il reddito di lavoro derivante dall'assegnazione, da parte delle startup innovative e degli incubatori certificati, ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi di strumenti finanziari o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l'attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari, nonché dall'esercizio di diritti di opzione attribuiti per l'acquisto di tali strumenti finanziari, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti, sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi, a condizione che gli strumenti finanziari o i diritti non siano riacquistati dalla startup innovativa o dall'incubatore certificato, dalla società emittente o da qualsiasi soggetto che direttamente controlla o è controllato dalla startup innovativa o dall'incubatore certificato, ovvero è controllato dallo stesso soggetto che controlla la startup innovativa o l'incubatore certificato.

Le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell'apporto di opere e servizi resi in favore di startup innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l'apporto, anche in deroga all'articolo 9 del TUIR (in sede di determinazione dei redditi e delle perdite), al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento.

La Scheda di sintesi sulla disciplina delle Startup innovative pubblicata a luglio 2019 dal MISE evidenzia che  le startup innovative costituite online avranno la possibilità di emettere strumenti partecipativi del capitale mediante una piattaforma web, sulla base di un modello standard di regolamento, secondo modalità simili a quelle previste per la redazione e la modifica degli atti fondativi.

Misure di remunerazione flessibile del personale nelle startup innovative (D.L. 179/2012, articolo 28, comma 7)

La retribuzione dei lavoratori assunti da una startup innovativa è costituita da una parte che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile, e da una parte variabile, consistente in trattamenti collegati all'efficienza o alla redditività dell'impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri obiettivi o parametri di rendimento concordati tra le parti, incluse l'assegnazione di opzioni per l'acquisto di quote o azioni della società e la cessione gratuita delle medesime quote o azioni.

Dunque, come evidenzia il MISE, fatto salvo il minimo tabellare previsto dai contratti collettivi di categoria, le parti possono stabilire in totale autonomia le componenti fisse e variabili della retribuzione, concordate ad esempio sulla base all'efficienza o alla redditività dell'impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri obiettivi o parametri di rendimento, anche attraverso strumenti di partecipazione al capitale aziendale.
In aggiunta, i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale possono definire in via diretta ovvero in via delegata ai livelli decentrati con accordi interconfederali o di categoria o avvisi comuni: a) criteri per la determinazione di minimi tabellari specifici funzionali alla promozione dell'avvio delle startup innovative, nonché criteri per la definizione della parte variabile della remunerazione; b) disposizioni finalizzate all'adattamento delle regole di gestione del rapporto di lavoro alle esigenze delle startup innovative, nella prospettiva di rafforzarne lo sviluppo e stabilizzarne la presenza nella realtà produttiva.

Le misure operano per un periodo di cinque anni dalla data di costituzione di una startup innovativa.

Incentivi fiscali per gli investitori in equity (D.L. 179/2012, articolo 29)

L'articolo 29 del D.L. n. 179/2019 e ss. mod. e int. (Legge n. 232/2016, articolo 1, commi 66 e ss.), ricompensa gli investimenti nel capitale di rischio delle startup innovative, provenienti da persone fisiche e giuridiche,

La sua configurazione, applicabile per gli investimenti in capitale di rischio effettuati a partire dal 1° gennaio 2017 (Legge n. 232/2016, Legge di Bilancio 2017, art. 1, comma 66), prevede quanto segue:

  • per le persone fisiche, una detrazione dall'imposta lorda Irpef pari al 30% dell'ammontare investito, fino a un massimo di 1 milione di euro;
  • per le persone giuridiche, deduzione dall'imponibile Ires pari al 30% dell'ammontare investito, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro.

Gli incentivi, esercitabili in forma automatica in sede di dichiarazione dei redditi, valgono sia in caso di investimenti diretti in startup innovative, sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di OICR (Organismi di investimento collettivo del risparmio) e altre società che investono prevalentemente in startup e PMI innovative. A partire dall'anno 2017, la fruizione dell'incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella startup innovativa (holding period) per un minimo di tre anni.
Ulteriori disposizioni sulle modalità di esercizio dell'agevolazione sono disponibili nel D.M.7 maggio 2019. Tale regime di aiuto, ai sensi di quanto previsto dalla Legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 67), è stato notificato alla Commissione europea (Decisione della Commissione C(2018)8389 final).

Raccolta di capitali tramite equity crowdfunding e accesso facilitato al Fondo di garanzia PMI (D.L. n. 179/2012, articolo 30, commi 1-6)

L'articolo 30, commi 1-5 del D.L. n. 179/2012  ha disciplinato (con una novella al D.Lgs. n. 58/1998) l'istituzione del portale per la raccolta di capitali per le startup innovative. Si tratta di una piattaforma online che ha come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle startup innovative, comprese le startup a vocazione sociale

Come evidenzia il MISE, l'equity crowdfunding, inizialmente previsto per le sole startup innovative, è stato gradualmente esteso dapprima alle PMI innovative, agli OICR e alle società di capitali che investono prevalentemente in startup e PMI innovative (2015) e poi, con la Legge di Bilancio 2017, a tutte le piccole e medie imprese italiane. Lo strumento ricade sotto la responsabilità di Consob, l'Autorità di vigilanza dei mercati finanziari: disposizioni attuative sono date nel Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali online adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013, aggiornato con delibera n. 20264 del 17 gennaio 2018.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 30, comma 6 del D.L.n. 179/2012  le startup innovative e gli incubatori certificati beneficiano di criteri e modalità semplificate e gratuite di accesso all'intervento in garanzia del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese (si rinvia, sul punto, alle nuove Disposizioni Operative del Fondo, approvate con D.M. 12 febbraio 2019).

Sostegno all'internazionalizzazione delle startup (D.L. n. 179/2012, articolo 30, commi 7-8)

L'Agenzia ICE fornisce assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia alle startup innovative, le quali rientrano tra le imprese destinatarie dei servizi di assistenza e consulenza della medesima Agenzia. L'ICE provvede, altresì, a individuare le principali fiere e manifestazioni internazionali dove ospitare gratuitamente le startup innovative, tenendo conto dell'attinenza delle loro attività all'oggetto della manifestazione. L'Agenzia sviluppa iniziative per favorire l'incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di early stage capital e di capitale di espansione.

Quanto all'attuazione della misura in esame, si rinvia alla già citata Scheda di sintesi sulla disciplina delle Startup innovative pubblicata dal MISE a luglio 2019 (pag. 18).

Composizione e gestione della crisi nell'impresa start-up innovativa (D.L. n. 179/2012, articolo 31)

Le startup sono assoggettate in via esclusiva alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, con l'esonero, in particolare, dalle procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa. Come rileva il MISE, le startup innovative sono dunque annoverate tra i cd. soggetti "non fallibili", allo scopo di consentire loro l'accesso alle procedure semplificate per la composizione della crisi in continuità e di ridurre i tempi per la liquidazione giudiziale, limitando gli oneri connessi al fallimento, inclusa la sua stigmatizzazione a livello culturale. In maniera correlata, inoltre, decorsi 12 mesi dall'apertura della liquidazione, l'accesso ai dati di fonte camerale relativi ai soci e agli organi sociali della stessa è consentito esclusivamente alle autorità giudiziarie e di vigilanza.

Si ricorda, con specifico riferimento all'impiego del termine " fallimento", che Il D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha complessivamente riformato le procedure concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare) e ha introdotto nel nostro ordinamento la procedura di liquidazione giudiziale in sostituzione dell'attuale procedura fallimentare. Anche da un punto di vista lessicale, la riforma ha quindi sostituto il termine "fallimento" (ed i suoi derivati) con l'espressione "liquidazione giudiziale". La riforma entrerà tuttavia in vigore in vigore il 14 agosto 2020 (ossia decorsi 18 mesi dalla data di pubblicazione del decreto stesso in Gazzetta ufficiale). La legge fallimentare ( regio decreto n. 267 del 1942) e la legge sul sovraindebitamento ( legge n. 3 del 2012) non sono peraltro abrogate: restano disciplinati dalla normativa vigente sia i ricorsi e le domande pendenti alla data del 14 agosto 2020 (nonché le procedure aperte a seguito della definizione di tali ricorsi e domande) sia le procedure pendenti alla medesima data.

Ulteriori disposizioni speciali in materia di lavoro

Si rileva, infine, che le startup innovative godono di ulteriori disposizioni speciali per ciò che attiene alla disciplina del lavoro (per cui si rinvia al D.Lgs. n. 81/2015, art. 21, comma 3 e 23, comma 2).

Nel complesso, le startup innovative sono soggette alla disciplina dei contratti a tempo determinato prevista dal D.Lgs 81/2015, così come emendato dal d.l. 87/2018.
La startup innovativa può pertanto assumere personale con contratti a tempo determinato della durata massima di 24 mesi. Tuttavia, all'interno del citato arco temporale, i contratti potranno essere anche di breve durata e rinnovati più volte, senza i limiti sulla durata e sul numero di proroghe previsti dalla norma generale (art. 21).
Inoltre, a differenza di quanto avviene per le altre imprese, le startup innovative con più di 5 dipendenti non sono tenute a stipulare un numero di contratti a tempo determinato calcolato in rapporto al numero di contratti a tempo indeterminato attivi (art. 23). Ai sensi del D.Lgs. 81/2015, entrambe le misure citate si applicano per un massimo di 4 anni (e non 5, come le agevolazioni di cui al d.l. 179/2012), calcolati a partire dalla data di costituzione della startup innovativa.

Ulteriori disposizioni fiscali

Quanto alla disciplina fiscale si ricorda altresì, per le startup innovative, l'esonero dall'obbligo di apposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA, di cui al D.L. n. 3/2015, articolo 4, comma 11-novies.

Le PMI innovative e le misure di agevolazione (D.L. n. 3/2015, articolo 4)

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le startup innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.

Nel dettaglio, l'articolo 4 comma 1 del D.L. n. 3/2015 definisce PMI innovative, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

  1. la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 73 D.P.R. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
  2. la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;
  3. le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;
  4. l'assenza di iscrizione al registro speciale delle startup e incubatori certificati;
  5. il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta:

1) volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 % del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa. Vengono dettagliate modalità specifiche di computo delle spese.

2) impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale;

3) titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

 Quanto all'iscrizione delle PMI innovative presso il registro delle imprese, le modalità sono analoghe a quelle previste per le startup innovative, prevedendosi l'istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di una apposita sezione speciale del registro delle imprese cui le PMI innovative devono essere iscritte.

L'iscrizione avviene a seguito di presentazione della domanda in formato elettronico, e le informazioni inserite al momento dell'iscrizione secondo quanto disposto dall'articolo 4,comma 3 del D.L. n. 3/2015 devono essere aggiornate annualmente con le medesime modalità telematiche (nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it).

Quanto ai benefici, alle PMI innovative si applicano gran parte dei benefici previsti per le startup innovative nel D.L. n. 179/2012, ed in particolare:

  • l'articolo 26, sulle deroghe alla disciplina societaria ordinarie e sull'esonero dal pagamento dell'imposta di bollo, fatto salvo l'obbligo del pagamento dei diritti di segreteria dovuti per adempimenti relativi alle iscrizioni nel registro delle imprese nonché del diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio;
  • l'articolo 27, sulla remunerazione del personale e degli amministratori attraverso strumenti di partecipazione al capitale
  • l'articolo 30 commi 6, 7 e 8, sull'accesso semplificato e gratuito al Fondo di garanzia PMI e sul supporto dell'Agenzia ICE. Quanto al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese, l'accesso automatico – ovvero senza ulteriore valutazione del merito creditizio, rispetto a quella già effettuata dall'istituto di credito – al Fondo di Garanzia per le PMI, non è consentito alle imprese che si posizionano nella fascia di rating più bassa tra quelle previste dal Fondo
  • l'articolo 29, sugli incentivi fiscali gli investimenti nel capitale di rischio delle PMI innovative, ma nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato. Si richiamano, in particolare, gli  Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio, di cui alla Comunicazione 2014/C 19/04 della Commissione, del 22 gennaio 2014. Il MISE precisa al riguardo che gli incentivi fiscali per gli investimenti in capitale di rischio si applicano secondo le stesse modalità previste per le startup innovative solo se l'impresa ha effettuato la sua prima vendita commerciale da meno di 7 anni. Le imprese più mature sono comunque ammissibili se rispettano le condizioni stabilite dal D.M, 7 maggio 2019, che recepisce le indicazioni contenute nell'autorizzazione della Commissione europea
  • l'accesso alle piattaforme di raccolta di capitali tramite equity crowfounding (Portale per la raccolta di capitali per le startup innovative e per le PMI innovative).

Contenuto della proposta di legge


Finalità, ambito di applicazione e definizioni (articolo 1)

 La proposta di legge in esame contiene disposizioni volte a favorire la costituzione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese (PMI) innovative, mediante misure per la promozione degli investimenti e per l'accesso al mercato di capitali, nonché per l'occupazione e la partecipazione professionale.

Ai fini della definizione di start-up innovative e PMI innovative, l'articolo 1 della proposta di legge opera un richiamo, rispettivamente, all'articolo 25 del D.L.18 ottobre 2012, n. 179 (L. n. 221/2012)  e all'articolo 4, comma 1, del D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015) (commi 1 e 2).

Lo stesso articolo 1 della proposta di legge reca le seguenti definizioni (comma 3)

  1. fondi per il venture capital - FVC, ovvero gli organismi e le società di investimento di cui all'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98; si tratta di organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi e di società di investimento a capitale fisso, residenti in Italia, in UE o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo compresi nelle cd. white list (con cui vi è un adeguato scambio di informazioni), che investono almeno l'85 per cento del valore degli attivi in piccole e medie imprese PMI non quotate in mercati regolamentati, nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell'attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion o scale up financing) e il residuo in piccole e medie imprese, come definite dal Testo Unico Finanziario (TUF). Le società destinatarie dei FVC devono avere specifiche caratteristiche, tra cui il non essere quotate, avere sede operativa in Italia e non superare specifici limiti di fatturato (50 milioni di euro);
  2. private equity: l'investimento nel capitale proprio di società non quotate in borsa, compreso il venture capital;
  3. corporate venture capital - CVC: l'investimento effettuato da un'azienda in una start-up o una PMI, attraverso un fondo dedicato allo scopo di avere un accesso privilegiato alle innovazioni e alle tecnologie sviluppate dalle aziende acquisite;
  4. incubatori certificati: le società di cui all'articolo 25, comma 5, del decreto- legge 18 ottobre 2012, n. 179
  5. angel network: le associazioni di investitori non professionali a supporto dell'innovazione, che investono nella fase di avviamento delle start-up;
  6. società di investimento: le società che investono capitali privati, senza ricorrere alla raccolta da fondi istituzionali e da fondi terzi, non sottoposte alla normativa delle società di gestione del risparmio.

Con riferimento alla definizione di cui alla lettera f), si valuti l'opportunità dichiarire il perimetro e la disciplina delle "società di investimento" ivi nominate (per ulteriori specificazioni si rinvia alla scheda di lettura relativa all'articolo 13). 


Incentivi fiscali per gli investimenti in start-up e PMI innovative (articolo 2)

L'articolo 2 rimodula le vigenti agevolazioni fiscali operanti per coloro che investono in start-upinnovative, elevando sia l'aliquota delle vigenti agevolazioni, sia l'importo massimo agevolabile da tassazione. Sono introdotte ulteriori forme di vantaggio fiscale, con particolare riferimento alle plusvalenze e alle minusvalenze, nonché ai proventi derivanti dall'acquisizione di start-up e piccole e medie imprese innovative.

Il comma 1 rimodula le agevolazioni previste dall'articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, che nella formulazione vigente ricompensa gli investimenti nel capitale di rischio delle startup innovative, provenienti da persone fisiche e giuridiche. L'agevolazione, che secondo le norme vigenti si applica agli investimenti in capitale di rischio effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2017, prevede:

a) per le persone fisiche, una detrazione IRPEF pari al 30% dell'ammontare investito, fino a un massimo di 1 milione di euro;

b) per le persone giuridiche, una deduzione IRES pari al 30% dell'ammontare investito, fino a un massimo di 1,8 milioni di euro.

Per effetto delle norme in esame, si dispone anzitutto (lettera a)) che il limite massimo di 1 milione di euro di investimento in start-up detraibile dall'IRPEF operi solo con riferimento agli anni 2017 e 2018. La lettera b) dispone che l'agevolabilità (sotto forma di detraibilità e deducibilità) del 30 per cento delle somme investite, in luogo di decorrere dall'anno 2017, operi solo con riferimento agli anni 2017 e 2018. 

Di conseguenza l'operatività delle vigenti disposizioni viene limitata al 2018; per l'anno 2019 e per gli anni successivi viene dunque prevista una nuova e specifica disciplina (nuovo comma 7-ter dell'articolo 29,  introdotto dalla lettera c) del comma 1, che dal 2019 esenta da tassazione (a fini IRPEF e IRES), per i soggetti diversi dalle start-up innovative, il 70 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più start-up innovative, piccole o medie imprese innovative, fondi per il venture capital, fondi promossi da incubatori certificati o angel network o società di investimento.

L'agevolazione vale sia per gli investimenti diretti, sia per quelli effettuati tramite organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che effettuino almeno il 30 per cento dei propri investimenti in start-up innovative e piccole e medie imprese innovative. 

Viene fissato un nuovo limite di investimento massimo agevolabile, pari a 2 milioni di euro per le persone fisiche e 4 milioni di euro per le società, per ciascun periodo di imposta; detto limite è incrementato dell'eventuale differenza tra il limite massimo deducibile e l'investimento effettuato nell'anno precedente. L'investimento deve essere mantenuto per almeno tre anni. L'eventuale cessione, anche parziale, dell'investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e il recupero a tassazione dell'importo dedotto, maggiorato degli interessi legali. 

Ai sensi del nuovo comma 7-quater, la quota di reddito derivante da investimento che risulta esente da tassazione è aumentata all'80 per cento per la somma investita dai dipendenti nelle iniziative di corporate venture capital effettuate dall'azienda in cui sono occupati, a condizione che siano previste forme di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell'azienda

Il comma 2 introduce una diversa agevolazione, esentando da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate (ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986) al capitale sociale di una o più start-up innovative o PMI innovative, possedute direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio, che effettuino almeno il 30 per cento dei propri investimenti in start-up innovative e PMI innovative.

Al contempo, il comma 3 prevede che non sia computato nell'imponibile il 50 per cento delle minusvalenze realizzate con riferimento alla partecipazione al capitale sociale di una o più start-up innovative o PMI innovative possedute direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio, ove effettuino almeno il 30 per cento dei propri investimenti in start-up innovative e PMI innovative, possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell'avvenuta cessione. 
 Infine ai sensi del comma 4 è esente da tassazione il 70 per cento del reddito di impresa derivante degli investimenti effettuati per l'acquisizione di start-up innovative o PMI innovative, nel periodo d'imposta in corso alla data di acquisizione e nei tre periodi d'imposta successivi. 
 Infine è escluso dalla formazione dal reddito di impresa (comma 5) - ed è dunque esente da tassazione - il 90 per cento degli investimenti effettuati per l'acquisizione di start-up innovative o PMI innovative sottoposte a procedura concorsuale (ai sensi dell'articolo 31, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che disciplina la composizione della crisi di impresa per tali tipologie di imprese), nel periodo d'imposta in corso alla data di acquisizione e nei tre periodi d'imposta successivi, se l'acquirente assicura la continuazione del rapporto di lavoro dei dipendenti alle condizioni già in essere presso l'impresa acquisita.

Si rileva che l'articolo in commento, così come i successivi articoli 3, 5, 6 e 11, recano numerose agevolazioni fiscali senza tuttavia predisporre un'adeguata copertura finanziaria. 

Con riferimento al complesso di incentivi fiscali in oggetto,  si valuti inoltre l'opportunità di subordinarne l'efficacia, coerentemente alla disciplina UE sugli aiuti di stato (in particolare, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) alla preventiva autorizzazione della Commissione europea; ciò anche in considerazione di quanto disposto dall'articolo 21 del Regolamento (UE) n. 651/2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno (cd. regolamento GBER), sugli aiuti al finanziamento del rischio, e dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio, di cui alla Comunicazione 2014/C 19/04 della Commissione, del 22 gennaio 2014.


Incentivi fiscali per lo sviluppo di start-up innovative e di PMI innovative (articolo 3)

L'articolo 3 reca un complesso di norme volte a favorire lo sviluppo delle start-up e delle PMI innovative.  In particolare, sono assoggettate a imposta nel limite del 30 per cento le spese sostenute per la costituzione dei cd.  fondi di corporate venture capital; si dispone l'applicazione del cd. iperammortamento ai costi sostenuti per l'acquisto di beni materiali nuovi e di beni immateriali prodotti da start-up, nonché per gli investimenti nei progetti di open innovation. Le norme fissano poi dei limiti massimi ex lege ai valori corrispondenti a operazioni aziendali straordinarie relative a start-up e PMI innovative, nonché ai conferimenti aventi ad oggetto tali imprese. 

In particolare, il comma 1 consente di dedurre il 70 per cento delle spese sostenute dalle imprese per la costituzione di fondi di corporate venture capital (come definito dall'articolo 1), nel periodo d'imposta alla data di costituzione del fondo e nei periodi d'imposta successivi.

Il comma 2 dispone l'applicazione della misura agevolativa del cd. iperammortamento (maggiorazione dei costi sostenuti dall'impresa a fini fiscali) ai costi sostenuti per l'acquisto di beni materiali nuovi e di beni immateriali prodotti da start-up, nonché per gli investimenti nei progetti di open innovation sviluppati in collaborazione con incubatori o uffici di trasferimento tecnologico.

Più in particolare, la misura si applica ai soggetti titolari di reddito di impresa e agli esercenti arti e professioni. Per tali soggetti, ai fini dell'imposta sui redditi è maggiorato del 70 per cento il costo di acquisizione, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, relativo agli investimenti effettuati:

  1.  in beni materiali nuovi e in beni immateriali prodotti da start-up innovative o da PMI innovative;
  2.  in progetti di innovazione aperta sviluppati in collaborazione con incubatori certificati e uffici di trasferimento tecnologico.

Le misure di cd. superammortamento e iperammortamento sono state operative fino all'anno 2019. Il primo consiste nella maggiorazione, a fini fiscali (del trenta per cento) del costo degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi; il secondo ha consentito la maggiorazione ai fini fiscali (dal 50 al 170 per cento a seconda dell'investimento) del costo di acquisizione di beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie che abilitano la trasformazione in chiave Industria 4.0

Al riguardo si ricorda che la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 184-197 della legge n. 160 del 2019), in luogo di prorogare al 2020 il cd. superammortamento e iperammortamento, ha sostituito le predette misure con un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuoviIn estrema sintesi, esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito viene riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0. Il provvedimento ha chiarito il regime transitorio applicabile ad alcuni investimenti in beni strumentali effettuati nel 2020, al fine di evitare la sovrapposizione dell'agevolazione introdotta con la disciplina di superammortamento e iperammortamento.

Si valuti l'opportunità di coordinare le norme in esame con le modifiche operate dalla legge di bilancio 2020.

Il comma 3 prevede il riconoscimento fiscale di un valore di avviamento massimo predeterminato ex legeper le start-up e le PMI innovative investite da operazioni aziendali straordinarie nel triennio 2019-2021. In particolare, per le società sottoposte a IRES e residenti in Italia (indicate dall'articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR) che risultano da operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione o scissione che coinvolgano start-up innovative o PMI innovative, effettuate negli anni 2019, 2020 e 2021, si considera riconosciuto, ai fini fiscali, il valore di avviamento e quello attribuito ai beni strumentali materiali e immateriali, per un ammontare complessivo non eccedente 10 milioni di euro

Analogo limite è posto, con riferimento alle operazioni di conferimento, dal comma 4: prevede che, nel caso di operazioni di conferimento di start-up innovative o di PMI innovative (effettuate ai sensi dell'articolo 176 del TUIR, che ne reca la relativa disciplina fiscale) si considerano riconosciuti, ai fini fiscali, i maggiori valori iscritti dal soggetto conferitario (individuato al già menzionato comma 3 dell'articolo in esame; soggetto IRES residente in Italia) del presente articolo a titolo di avviamento o di beni strumentali materiali e immateriali, per un ammontare complessivo massimo di 10 milioni di euro

Il successivo comma 5 esclude l'applicazione delle disposizioni di vantaggio dei precedenti commi 3 e 4, se le imprese che partecipano alle operazioni ivi previste fanno parte dello stesso gruppo societario. Sono in ogni caso esclusi i soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero di controllo, anche indiretto, ai sensi delle norme del codice civile (articolo 2359); il comma 6 subordina i medesimi vantaggi alla presentazione all'Agenzia delle entrate di un'istanza di interpello preventivo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) al fine di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti dalle norme in esame.

 Infine, ai sensi del comma 7, decade dalle agevolazioni la società, risultante dall'aggregazione, che nei primi quattro periodi d'imposta dall'effettuazione dell'operazione ponga in essere ulteriori operazioni straordinarie (disciplinate dal Titolo III, capi III e IV, del TUIR), ovvero ceda i beni iscritti o rivalutati (ai sensi dei commi da 3 a 6 già commentati), fatto salvo il diritto di interpello, ed è tenuta a versare le imposte dovute sul maggior reddito, relativo anche ai periodi d'imposta precedenti, determinato senza tenere conto dei maggiori valori riconosciuti fiscalmente ai sensi dei menzionati commi 3 e 4 del presente articolo. Su tali ultime imposte non sono dovuti sanzioni e interessi.


Fondo per la promozione degli investimenti in start-up innovative (articolo 4)

L'articolo 4  è relativo al Fondo per la promozione degli investimenti in start-up innovative.
In particolare, il comma 1 demanda l'istituzione del Fondo in questione ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge. La finalità del Fondo è di promuovere il finanziamento di investimenti in  start-up  innovative. Il comma 1 dota il Fondo di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2028.
Appare opportuno adeguare la temporalità dell'onere recato dal comma 1 dell'articolo 4 per la costituzione del Fondo per la promozione degli investimenti in start-up innovative, provvedendo altresì ad indicare la relativa copertura finanziaria. Si valuti inoltre l'opportunità di precisare che i decreti ministeriali cui è demandata la definizione delle modalità operative di concessione degli aiuti previsti dalle suddette norme, dovranno a ciò provvedere nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato applicabile ai settori interessati.
Il comma 2 precisa che il Fondo effettua investimenti mediante acquisizione di quote o di partecipazioni in fondi promossi da FVC (Fondi per il venture capital), italiani ed esteri, nonché in fondi promossi da  angel network  o incubatori certificati italiani, che investano esclusivamente in Italia, fino al massimo dello stesso ammontare di capitale apportato da privati.
Il business angel, o investitore informale in capitale di rischio, è una persona fisica che finanzia e l'aiuta una startup, portando, oltre al capitale, la propria esperienza, conoscenze, contatti. Il business angel a differenza dei fondi di investimento investe risorse proprie. 
Esistono associazioni che si occupano di organizzare reti locali (Business Angels Networks), strutture permanenti territoriali che consentono agli investitori informali di incontrare gli imprenditori alla ricerca di capitale di rischio.
Un incubatore d'impresa è un'organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione di nuove imprese.
I modi e gli strumenti che l'incubatore adotta per aiutare le  startup sono molteplici e vanno dal fornire una sede fisica ai nuovi imprenditori, al garantire loro un finanziamento a fondo perduto, all'inserirli in una rete sociale e imprenditoriale fertile e attiva, fino al mettere a disposizione contatti e consulenza.
Attraverso la disciplina degli incubatori certificati (art. 25, comma 5, del d.l. 179/2012) il legislatore ha inteso far emergere e valorizzare le eccellenze nazionali nell'ambito dell'incubazione e accelerazione di nuove imprese innovative ad alto valore tecnologico. L'incubatore certificato di startup innovative è una società che soddisfa alcuni requisiti specifici, dettagliati dal D.M. MISE 22 dicembre 2016, relativi ai locali, al personale, alle attrezzature e, soprattutto, all'esperienza nelle attività di sostegno all'avvio e allo sviluppo di imprese innovative mediante l'offerta di servizi di incubazione fisica. Tale forma di incubazione è sostenuta dal legislatore in quanto capace di generare ricadute positive sul tessuto imprenditoriale locale.
Per un approfondimento si veda la Relazione MISE sullo stato di attuazione e l'impatto della policy sulle startup e le PMI innovative nel 2017.

Investimenti degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme pensionistiche complementari (articolo 5)

L'articolo 5 introduce norme relative agli investimenti obbligatori degli enti di previdenza obbligatoria e dei fondi pensione, contestualmente prevedendo specifiche agevolazioni fiscali. 

In particolare, al comma 1 si  dispone che gli enti di previdenza obbligatoria di diritto privato (di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103e i fondi di previdenza complementare investano lo 0,5 per cento dell'attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell'esercizio precedente in fondi di venture capital, fondi promossi da angel network o incubatori certificati italiani o in società di investimento, come individuati all'articolo 1 della proposta in esame.

Si consente (comma 2) ai predetti enti di "dedurre fiscalmente" il 30 per cento delle somme destinate ai predetti investimenti di cui al medesimo comma 1. 

In assenza di ulteriori specificazioni, la norma in esame sembra riferire l'agevolazione alle imposte sui redditi; al riguardo si valuti l'opportunità di chiarire con precisione a quali imposte fa riferimento l'agevolazione in esame.

Inoltre, al comma 3 si esentano da imposizione le plusvalenze derivanti dalle partecipazioni non qualificate al capitale sociale di start-up innovative o PMI innovative, purché possedute direttamente ovvero per il tramite di FVC, di fondi promossi da angel network o incubatori certificati italiani, nonché di società di investimento che investano per almeno il 30 per cento in start-up innovative o PMI innovative.


Misure di sostegno ai piani di risparmio a lungo termine e al mercato del venture capital (articolo 6)

L'articolo 6 modifica la disciplina dei piani di risparmio a lungo termine (PIR) al fine di destinare il 5 per cento della raccolta in fondi di venture capital, fondi promossi da angel network, incubatori certificati italiani o in società di investimento, con la possibilità di dedurre al 100 per cento l'eventuale minusvalenza.

Si ricorda che la legge di bilancio 2017 ( legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 88-114) ha introdotto disposizioni, successivamente modificate nel tempo, che concedono agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nelle imprese e in particolar modo nelle PMI.
In particolare:
  • sono detassati i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche, al di fuori di attività di impresa commerciale, se derivano da investimenti effettuati nei cd. piani di risparmio a lungo termine detenuti per almeno cinque anni: si tratta di investimenti nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le PMI, nei limiti di 30 mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150 mila euro. Sono gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione, i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio;
  • sono detassati i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine detenuti per almeno cinque anni nel capitale delle imprese e nei PIR alle condizioni richiamate sopra, se effettuati da enti di previdenza obbligatoria e forme di previdenza complementare. La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 210 della legge n. 145 del 2018) ha innalzato dal 5 al 10 per cento il limite degli asset investibili da parte di tali enti, secondo il regime agevolato e ha elevato, per l'anno 2019, dal 30 al 40 per cento la quota di detrazioni spettanti per l'investimento in start-up innovative.
Si ricorda infine che le forme di previdenza complementare sono regolate dal decreto legislativo n. 252 del 2005 e costituiscono un insieme più ampio rispetto agli enti di previdenza obbligatoria, includendo tutte le forme di previdenza (si tratta, principalmente, di fondi negoziali, fondi a libera adesione e piani individuali) per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
L'articolo 13-bis del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto  nuovi criteri per gli investimenti destinati ai piani di risparmio a lungo termine - PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 e ha disposto la non applicabilità agli enti di previdenza obbligatoria e complementare delle disposizioni relative all'unicità del PIR. Resta ferma la normativa introdotta dalla legge di bilancio 2019 per gli investimenti in PIR costituiti nel 2019.

Con riferimento ai criteri per gli investimenti in PIR costituiti a decorrere dal 2020, si prevede che in ciascun anno solare di durata del piano di risparmio a lungo termine, per almeno due terzi dell'anno stesso, le somme o i valori destinati al piano siano investiti almeno per il 70 per cento del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. La predetta quota del 70 per cento deve essere investita almeno per il 25 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati e almeno per un ulteriore 5 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE MID Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

Pertanto, per i PIR costituiti a decorrere dal 1°gennaio 2020 i nuovi criteri per gli investimenti qualificati sono i seguenti:

  • almeno il 70 per cento delle risorse complessive in strumenti finanziari di imprese radicate in Italia (stessa percentuale prevista dalla legislazione vigente) di cui:

-     almeno il 25 per cento (rispetto all'attuale 30 per cento) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

-     almeno il 5 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB o FTSE MID Cap di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (nuovo criterio inserito dall'articolo in esame).

 Per una ricostruzione dettagliata della disciplina e dello sviluppo dei PIR in Italia si rimanda alla lettura del tema web Investimenti a lungo termine e PIR: il quadro normativo, nonché, per le ultime modifiche, alle schede  dei commi da 211 a 215 della legge di bilancio 2019 , consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

Le norme in esame modificano direttamente l'articolo 1, comma 102 della richiamata legge di bilancio 2017, al fine di destinare almeno il 5 per cento della raccolta dei PIR in organismi di investimento collettivo del risparmio o società di capitali che investono per un valore almeno pari al 70 per cento del valore complessivo delle attività risultanti dal rispettivo rendiconto di gestione o bilancio d'esercizio in fondi di venture capital, in incubatori certificati, in fondi promossi da angel network italiani o in società di investimento e dispongono (nuovo comma 109-bis inserito alla medesima legge) che le minusvalenze derivanti dagli investimenti effettuati in fondi di venture capital, in incubatori certificati, in fondi promossi da angel network italiani o in società di investimento, ad esclusione delle società di gestione del risparmio, siano deducibili nello stesso periodo d'imposta e nei successivi, non oltre il quarto.

Alla luce delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 124 del 2019 appare opportuno coordinare le norme introdotte dall'articolo in esame con la nuova disciplina dei PIR prevista a decorrere dal 2020. 


Fondo per lo sviluppo delle start-up innovative (articolo 7)

L'articolo 7 è relativo al Fondo per lo sviluppo delle start-up innovative. Nel dettaglio, il comma 1 prevede che nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, in conformità agli Orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle PMI, di cui alla comunicazione 2006/C 194/02 della Commissione europea, è istituito il Fondo per lo sviluppo delle start-up innovative, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2019, di 8 milioni di euro per l'anno 2020 e di 10 milioni di euro per l'anno 2021.

Appare opportuno adeguare la decorrenza dell'onere recato dal comma 1 dell'articolo 7,  per la costituzione del Fondo per lo sviluppo delle start-up innovative, provvedendo altresì ad indicare la relativa copertura finanziaria.

Appare inoltre opportuno segnalare che gli Orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato per gli investimenti in capitale di rischio delle PMI - per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020 - sono contenuti nella Comunicazione 2014/C 19/04 della Commissione, del 22 gennaio 2014.

Peraltro, apparirebbe opportuno richiamare, per la tipologia di auti alle imprese prevista dall'articolo in esame (cfr. il comma 2 dell'articolo 7), il Regolamento generale di esenzione dall'obbligo di notifica dell'aiuto per categoria, GBER n. 651/2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli artt. 107 e 108 del TFUE, e, in dettaglio, l'articolo 17, relativo agli aiuti agli investimenti a favore delle PMI, e l'articolo 21, relativo agli aiuti al finanziamento del rischio.

  In base al comma 2, il Fondo concede:

  1. finanziamenti a fondo perduto per progetti di investimento effettuati da soggetti non residenti che intendono costituire una start-up innovativa nel territorio dello Stato, per un ammontare non superiore a 100.000 euro per ogni progetto di investimento;
  2. cofinanziamenti al 50 per cento delle iniziative di promozione fieristica degli enti territoriali in materia di digitale e di start-up innovative, anche in collaborazione con soggetti internazionali.

Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione delle modalità e dei criteri di richiesta del finanziamento del Fondo, di selezione dei progetti, di concessione dei contributi, di monitoraggio e di revoca degli investimenti, nonché la durata minima degli stessi, comunque non inferiore a due anni.

Gli Orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle PMI definiscono le condizioni alle quali gli aiuti di Stato a sostegno di tali investimenti possono essere considerati compatibili con il mercato comune indicando, altresì, le condizioni per determinare l'esistenza di un aiuto di Stato nonché i criteri che la Commissione applicherà nell'analisi della compatibilità delle misure a favore del capitale di rischio.
L'obiettivo degli Orientamenti è di agevolare l'accesso ai finanziamenti da parte delle PMI nelle fasi iniziali del loro sviluppo, in particolare in mancanza di mezzi alternativi di finanziamento provenienti dai mercati finanziari. Nelle intenzioni della Commissione, l'accesso migliore al capitale costituirà uno stimolo alla crescita delle PMI realizzando al contempo l'obiettivo di maggiori posti di lavoro nell'Unione Europea. Gli Orientamenti si riferiscono a misure a favore del capitale di rischio per investimenti nelle PMI nelle fasi iniziali di attività (le cosiddette fasi " seed", " start-up" e di espansione) con finanziamenti forniti congiuntamente dallo Stato e dagli investitori privati.
Con la Comunicazione  2006/C 194/02, la Commissione europea aveva definito, per il precedente periodo programmatorio, gli Orientamenti comunitari del 18 agosto 2006 sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese. Per il nuovo periodo programmatorio,la Commissione, pur mantenendone inalterato l'impianto sostanziale pregresso, ha adottato nuovi Orientamenti (2014/C 19/04) per sostenere le imprese nel processo di crescita e competitività,posto l'acutizzarsi delle difficoltà di accesso al credito, e l'arretramento degli investimenti. In particolare, i nuovi orientamenti:
  • allargano il campo di applicazione degli aiuti: non solo PMI, ma anche società a media capitalizzazione (midcap) (fino a 499 addetti) e quelle innovative (fino a 1500 addetti e con costi per ricerca e sviluppo pari al 10% del totale dei costi operativi);
  • aumentano la soglia di aiuto compatibile con le norme UE: passando da 1,5 milioni per impresa a 15 milioni di euro l'anno per impresa.
  • ampliano la gamma di strumenti finanziari ammissibili (equity, quasi equity, garanzia e prestiti) per riflettere meglio le prassi di mercato;
  • diminuiscono la soglia minima di partecipazione di capitali privati: è obbligatoria, ma il limite è appena del 10% del capitale, in modo che lo Stato possa intervenire soprattutto in quelle aziende che non riescono ad attrarre capitali di rischio privati.
  • introducono maggiore flessibilità e condizioni più chiare per gli incentivi fiscali a chi investe e in particolare l'esenzione dall'obbligo di notifica a Bruxelles per gli sgravi a favore di persone fisiche.

Agevolazioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato da parte di start-up innovative e di PMI innovative (articolo 8)

Gli articoli 8 e 9 prevedono una serie di misure in materia di lavoro, sia al fine di migliorare le capacità assunzionali e l'occupazione, in particolare giovanile, sia con l'obiettivo di agevolare la partecipazione temporanea di personale esperto nelle start-up innovative e nelle PMI innovative.

In particolare, si prevede, all'articolo 8, in favore di start-up e PMI innovative, fondi di venture capital, fondi promossi da angel network, incubatori certificati italiani e società di investimento, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per un periodo di 36 mesi e per un importo massimo di 8.060 euro, per le assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, a decorrere dal 1° gennaio 2019, di nuovi dipendenti under 45.

Si valuti l'opportunità di far decorrere la misura dall'anno in corso.

Dalla misura sono esclusi premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL); resta ferma, altresì, l'aliquota di computo della prestazione pensionistica (comma 1).

L'esonero spetta ai datori di lavoro in caso di nuove assunzioni, con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, e non spetta con riferimento a lavoratori per i quali l'esonero sia già stato usufruito in relazione a una precedente assunzione a tempo indeterminato e non è cumulabile con altri esoneri o agevolazioni contributivi previsti dalla normativa vigente (commi 2 e 3).


Periodo di congedo per i lavoratori (articolo 9)

L'articolo 9 prevede l'obbligo per le aziende di concedere un periodo di congedo ai propri lavoratori che costituiscono una start-up innovativa o una PMI innovativa ovvero risultino impegnati in attività manageriali presso le medesime aziende (comma 1).

In particolare, i dipendenti possono fruire di un congedo per un periodo non superiore a due anni, conservando il posto di lavoro senza retribuzione. Il periodo di congedo non è computato ai fini dell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali e il lavoratore può procedere al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria (comma 2).

I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività lavorativa dopo il periodo di congedo (comma 3).

Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono individuati le modalità e i criteri di applicazione della disposizione (comma 4).


Voucher per consulenze (articolo 10)

L'articolo 10, al comma 1, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2019, siano stanziati 20 milioni di euro annui allo scopo di rafforzare la qualità dei servizi forniti dalle start-up innovative e dalle PMI innovative, mediante la concessione di contributi a fondo perduto in forma di voucher per l'acquisizione, a seguito della sottoscrizione di un apposito contratto di servizio, di prestazioni consulenziali da parte di amministratori delegati, direttori finanziari, direttori generali, responsabili del marketing e manager digitali temporanei.

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, da definizione delle modalità di concessione del voucher e la ripartizione delle risorse a esso destinate.

Appare opportuno adeguare la decorrenza dell'onere recato dal comma 1, nonchè prevederne la copertura finanziaria. Appare inoltre opportuno precisare che il regime di aiuti istituito dall'articolo in esame debba essere conforme alla disciplina sugli aiuti di Stato, applicabile per i settori considerati o, quanto meno, ai criteri generali sanciti dal regolamento (UE) n. 1407/2013 sugli agli aiuti di Stato «de minimis».

Si ricorda che l'articolo 1, commi 228, 229 e 230 della la legge n. 145/2018 ( Legge di bilancio 2019) introduce il cd. Voucher Manager .
In particolare, il comma 228 attribuisce alle micro, piccole e medie imprese un contributo a fondo perduto per l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0. per i periodi d'imposta 2019 e 2020.
Le consulenze oggetto dell'agevolazione devono essere finalizzate a sostenere i processi:
  • di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e
  • di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell'impresa, compreso l'accesso ai mercati finanziari e dei capitali.
Il comma 230 stabilisce che i contributi sono erogati in conformità al regolamento (UE) n. 1407/2013, relativo agli aiuti di Stato de minimis, mentre il comma 231 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo con una dotazione pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 per l'erogazione degli stessi.
Per lo stato di attuazione della misura si veda la sezione dedicata del sito istituzionale del MISE.
Si ricorda inoltre che il D.L. 145/2013 ( L. 9/2014), al comma 1 dell'articolo 6, ha consentito l'accesso da parte delle piccole e medie imprese a finanziamenti a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a 10.000 euro finalizzati all'adozione di interventi di digitalizzazione dei processi aziendali e di ammodernamento tecnologico (cd. Voucher digitalizzazione PMI).
I finanziamenti, segnatamente, sono da destinare a:
  • Acquisto di software, hardware o servizi che consentano il miglioramento dell'efficienza aziendale;
  • Sviluppo di soluzioni di e-commerce;
  • Connettività a banda larga e ultralarga;
  • Formazione qualificata, nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Information and Communication Technology: ICT) del personale delle piccole e medie imprese.
L'erogazione dei benefici per la digitalizzazione delle imprese può avvenire anche nell'ambito della pianificazione degli interventi del Fondo di sviluppo e coesione e del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. Inoltre i contributi possono essere destinati anche a interventi per la modernizzazione dell'organizzazione del lavoro, tale da favorire l'utilizzo di strumenti tecnologici quali il telelavoro; i contributi possono essere destinati anche per permettere il collegamento a Internet mediante tecnologia satellitare, attraverso l'attivazione di decoder e parabole in quelle aree dove le condizioni geomorfologiche non consentano soluzioni attraverso reti terrestri ovvero gli interventi infrastrutturali necessari non risultino economicamente sostenibili. L'erogazione dei finanziamenti deve avvenire nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006 che disciplina l'erogazione degli aiuti de minimis, ora sostituito dal Regolamento (UE) n. 1407/2013.
Per ulteriori approfondimenti ed informazioni sullo stato di attuazione della misura, si veda l'apposita sezione del sito istituzionale del MISE.

Si valuti l'opportunità di coordinare la disposizione in esame con la disciplina vigente, volta a riconoscere contributi a fondo perduto in forma di voucher di analogo contenuto.


Benefìci fiscali per i lavoratori rimpatriati (articolo 11)

L'articolo 11 esenta da imposte i redditi dei soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato al fine di costituire una start-up innovativa o una piccola o media impresa innovativa, ovvero di svolgere un'attività lavorativa presso le stesse imprese.

Viene in particolare introdotto un nuovo comma 1-ter all'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, norma che contiene la disciplina fiscale applicabile ai cd. lavoratori rimpatriati: tali norme  (modificate dalla legge di stabilità 2016, dalla legge di bilancio 2017, dal decreto-legge n. 244 del 2016, dal decreto-legge n. 50 del 2017, dal decreto-legge n. 148 del 2017, dal decreto-legge n. 34 del 2019 e dal decreto-legge n. 124 del 2019) disciplinano compiutamente la materia del rientro in Italia dei lavoratori che si trovano all'estero, in particolare concedendo una agevolazione fiscale temporanea ai lavoratori che non siano stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento, che si impegnino a risiedere in Italia per almeno due anni, e la cui attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano. Per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF nella misura del trenta per cento del proprio ammontare, purché l'attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano. 

In deroga a tale disposizione generale, le norme in esame esentano del tutto da imposizione i redditi di chi trasferisce la residenza in Italia per costituire una start-up innovativa o una piccola o media impresa innovativa, ovvero per svolgere un'attività lavorativa presso le stesse imprese.


Big data (articolo 12)

 L'articolo 12 prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per stabilire specifiche modalità per la fruizione e l'elaborazione, anche per finalità commerciali, dei dati delle amministrazioni pubbliche accessibili e disponibili, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD: decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82), da parte delle start-up innovative e delle PMI innovative, nel rispetto dei limiti della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

 
Il richiamato art. 50, co. 1 del CAD prevede che i dati delle pubbliche amministrazioni siano formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

 

Il DPCM dovrà essere emanato di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti l'Agenzia per l'Italia digitale e il Garante per la protezione dei dati personali.

La relazione illustrativa evidenzia che si tratta di "misure volte a facilitare l'accesso ai big data raccolti dalle amministrazioni pubbliche e da società e partecipate pubbliche per liberare lo sviluppo di applicazioni e quindi la creazione di start-up (open data)". 

Con l'espressione " big data" si indica uno degli elementi più caratteristici dell'evoluzione tecnologica nelle società contemporanee,  originariamente coniato negli Stati Uniti per indicare una quantità di dati così ampia da essere di difficile gestione con le capacità tecnologiche degli elaboratori elettronici. 

L'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID) promuove la cultura degli open data nella pubblica amministrazione, gestendo i cataloghi nazionali dei dati di tipo aperto e stimolando le pubbliche amministrazioni affinché rendano disponibile il quanto più ampio spettro di data set. L'AGIDinoltre  elabora linee guida per la valorizzazione del patrimonio informativo e definisce gli standard per la metadatazione, favorendo quindi l'interoperabilità semantica per rendere omogenei i processi di accesso e di scambio delle informazioni, non solo tra le pubbliche amministrazioni, ma soprattutto tra le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese e cura il repertorio nazionale dei dati territoriali che è parte integrante dell'infrastruttura nazionale per l'informazione territoriale e del monitoraggio ambientale.

Si ricorda anche che il 20 giugno 2019 è stata adottata la Direttiva (UE) 2019/1024 relativa all'apertura dei dati e al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (direttiva Open data), che ha l'obiettivo di agevolare la creazione di prodotti e servizi a contenuto informativo estesi all'intera Unione europea basati su documenti del settore pubblico e di promuovere l'effettivo uso, oltre i confini nazionali, dei documenti del settore pubblico, da un lato, da parte delle imprese private, in particolare delle PMI, per ricavarne prodotti e servizi a contenuto informativo a valore aggiunto e, dall'altro, da parte dei cittadini per facilitare la comunicazione e la libera circolazione delle informazioni.


Società di investimento a responsabilità limitata (articolo 13)

L'articolo 13 prevede una deroga alla normativa vigente in materia di gestione del risparmio, consentendo alle società di investimento di assumere anche la forma di società a responsabilità limitata, ove i fondi raccolti non siano superiori a 5 milioni di euro.  Tali società non sono soggette alla vigilanza della Banca d'Italia.

L'articolo 1, comma 3, lettera f) della proposta in esame definisce "società di investimento" le società che investono capitali privati, senza ricorrere alla raccolta da fondi istituzionali e da fondi terzi, non sottoposte alla normativa delle società di gestione del risparmio.

Al riguardo giova rammentare che sia la disciplina europea che quella italiana (articolo 5 direttiva MiFID II, direttiva n. 2014/65/UE; articolo 18 del TUF - Testo Unico Finanziario, D.Lgs. n. 58 del 1998) qualificano l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento come attività riservata a soggetti appositamente autorizzati, con un complesso di norme (relative alla struttura, agli organi, alla governance di tali soggetti e alla loro vigilanza) posti principalmente a presidio degli interessi degli investitori. 

Il quadro normativo europeo che disciplina le diverse forme di gestione collettiva, cioè gli OICR istituiti, gestiti e commercializzati nell'Ue e i relativi gestori, è definito sostanzialmente dai seguenti atti:
  • direttive 2009/65/UE (Undertakings for Collective Investments in Transferable Securities - UCITS IV) e 2014/91/UE (UCITS V) che disciplinano gli organismi (fondi e Sicav) di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM, fondi di investimento e Sicav), ivi comprese le condizioni per la gestione e commercializzazione degli stessi. Si tratta dunque di un regime volontario, nel quale si può rientrare conformando la politica d'investimento di un fondo a specifici profili di rischio, in particolare rispetto alla liquidità degli attivi;
  • direttiva 2011/61/UE (AIFMD) che disciplina i gestori di fondi di investimento alternativi (FIA), fra i quali rientrano le Sicaf, che investono una quota significativa delle loro disponibilità in attività che per gli OICVM sono escluse o fortemente limitate (es. immobili, hedge fund, crediti, etc.).
I gestori di fondi (SGR), le Sicav e le Sicaf, pertanto, possono essere qualificati come gestori di organismi di investimento in valori mobiliari (caratterizzati dunque da un elevato grado di liquidabilità) o come gestori di investimenti a questi alternativi (GEFIA).
La disciplina europea prevede inoltre regole specifiche per alcune categorie di fondi alternativi ai quali viene assegnata una rilevanza strategica rispetto alla crescita di lungo periodo e alla coesione sociale, al fine di realizzare una disciplina armonizzata e rimuovere gli ostacoli all'investimento transfrontaliero. Si tratta, in particolare delle seguenti categorie di fondi alternativi gestiti da gestori di FIA (GEFIA) le cui attività non superano la soglia di 500 milioni di euro:

La direttiva AIFMD prevede un regime agevolato oer i gestori di OICR alternativi (GEFIA) nel caso in cui i FIA cumulativi gestiti non superino la soglia di 100 milioni di euro o di 500 milioni di euro per i GEFIA che gestiscono solo fondi che non ricorrono alla leva finanziaria e non concedono agli investitori diritti di rimborso per un periodo di cinque anni. Tuttavia la scelta compiuta a livello legislativo in sede di recepimento della direttiva è stata quella di prevedere l'obbligo di autorizzazione anche per i GEFIA cosiddetti "sotto soglia" e l'applicazione agli stessi del complesso di obblighi imposti dal Regolamento delegato (UE) n. 231/2013, con la possibilità di prevedere, a livello di regolamentazione secondaria, la disapplicazione di alcune previsioni. Infatti, sulla base della delega contenuta nell'articolo 35-undecies del TUF, la Banca d'Italia e la Consob, nell'ambito delle rispettive competenze, possono esentare i gestori autorizzati che gestiscono FIA italiani riservati (il cui valore totale dei beni gestiti non supera 100 milioni di euro ovvero 500 milioni se gli Oicr gestiti non fanno ricorso alla leva finanziaria e non consentono agli investitori di esercitare il diritto di rimborso per 5 anni dopo l'investimento iniziale) dall'applicazione di alcune disposizioni attuative dell'articolo 6, commi 1, 2 e 2-bis. In sede di attuazione, la Banca d'Italia e la Consob hanno identificato alcune specifiche previsioni del citato regolamento delegato europeo e della normativa secondaria nazionale non applicabili ai gestori "sotto soglia".

L'articolo 34, comma 1, del Testo Unico Finanziario - TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) prevede che la Banca d'Italia, sentita la Consob, autorizzi le società di gestione del risparmio all'esercizio del servizio di gestione collettiva del risparmio, nonché all'esercizio del servizio di gestione di portafogli, del servizio di consulenza in materia di investimenti e del servizio di ricezione e trasmissione di ordini, quando ricorrano specifiche condizioni, tra cui la forma di società per azioni.

L'articolo 27 del decreto-legge n. 34 del 2019 ha introdotto una nuova, specifica tipologia di organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) riconducibile alla forma della società di investimento a capitale fisso (Sicaf), con un regime semplificato, detta società di investimento semplice a capitale fisso (SIS). Essa deve gestire direttamente il patrimonio raccolto attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di capitale riservata agli investitori professionali; il patrimonio netto della società non deve eccedere i 25 milioni di euro, mentre il capitale sociale deve risultare almeno pari a quello previsto dal codice civile per le S.p.A. (50.000 euro); l'oggetto esclusivo dell'attività deve risultare l'investimento diretto del patrimonio raccolto in PMI non quotate su mercati regolamentati e la società non deve ricorrere alla leva finanziaria. A fronte di tali limiti operativi vengono previsti oneri regolatori ridotti, attraverso la disapplicazione della normativa secondaria e di taluni obblighi relativi ai partecipanti al capitale, modificando la disciplina dei gestori che operano al di sotto di specifiche soglie di attivo.

Le norme in esame sembrano dunque istituire una tipologia di ente di investimento del tutto nuovo, che - in assenza di specificazioni - appare caratterizzata da un regime semplificato, sostanzialmente derogatorio della normativa sui servizi di investimento delineata a livello nazionale ed europeo.

Si osserva al riguardo che occorre valutare la compatibilità delle norme introdotte con la predetta disciplina (con particolare riferimento al regime autorizzatorio e di vigilanza) e, più in generale, coi principi che governano i servizi di investimento, come derivano dal quadro delle norme nazionali e sovranazionali, con particolare riguardo all'interesse degli investitori. 


Disposizioni in materia di università: modifiche al Codice dei diritti di proprietà industriale (articolo 14)

L'articolo 14, al fine di sviluppare le sinergie con il mondo universitario, introduce disposizioni volte a semplificare – anche in materia di proprietà intellettuale e brevetti – la costituzione e lo sviluppo di spin-off o start-up universitari e a favorire la partecipazione a esse del personale degli atenei e dei centri di ricerca pubblici. Si prevede, inoltre, uno specifico canale di finanziamento per la realizzazione di prototipi e la loro sperimentazione in start-up create allo scopo, nonché si propone di introdurre, come criteri di valutazione degli atenei, le collaborazioni industriali e la generazione di spin-off o start-up ai fini della ripartizione dei finanziamenti ordinari e addizionali previsti dalla normativa vigente.

Il comma 1 interviene sugli articoli 64, comma 1, e 65 del Codice della proprietà industriale (CPI) di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

In particolare, l'articolo 64, comma 1, CPI (Invenzioni dei dipendenti) prevede che "quando l'invenzione industriale è fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d'impiego, in cui l'attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall'invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore".

Il comma 1, lettera a) della disposizione in esame, novellando il citato art. 64, dispone che la relativa disciplina si applichi anche alle invenzioni realizzate nell'ambito del rapporto di lavoro intercorrente con un'università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca.

Il comma 1, lettera b), conseguentemente, abroga l'articolo 65 CPI, il quale, al comma 1, prevede - in particolare - che "in deroga all'articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un'università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile di cui è autore". 

In sostanza, la disciplina dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile, realizzata in esecuzione o in adempimento di un rapporto di lavoro intercorrente con un'università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, viene sottratta dall'alveo dell'art. 65 CPI (il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione) e collocata nell'ambito dell'art. 64 CPI (i diritti derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro e l'inventore conserva il diritto di esserne riconosciuto autore).

 Il comma 2 prevede che nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e della ricerca è istituito un Fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2019, per il finanziamento a fondo perduto di studi di fattibilità sui brevetti o sulle invenzioni messe a punto nei laboratori di ricerca al fine di aumentarne il grado di maturità tecnologica. Con decreto del Ministro dell'istruzione e della ricerca, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità e i criteri per la concessione dei finanziamenti di cui al primo periodo, tenendo conto della partecipazione degli uffici di trasferimento tecnologico delle università nelle fasi di progettazione e di monitoraggio degli studi di fattibilità.
  

Il comma 3 dispone che, sempre nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e della ricerca è istituito il Fondo per il sostegno alla ricerca applicata e allo sviluppo di innovazione, con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2019, per il finanziamento a fondo perduto dei progetti di creazione e di sperimentazione dei prototipi nelle start-up innovative. Con decreto del Ministro dell'istruzione e della ricerca, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità e i criteri per la concessione dei finanziamenti di cui al primo periodo.

Appare opportuno adeguare l'annualità degli oneri recati dai commi 2 e 3 dell'articolo 14 per la costituzione, rispettivamente, del Fondo per il finanziamento a fondo perduto di studi di fattibilità sui brevetti o sulle invenzioni messe a punto nei laboratori di ricerca al fine di aumentarne il grado di maturità tecnologica e del Fondo per il sostegno alla ricerca applicata e allo sviluppo di innovazione, provvedendo altresì ad indicare le relative coperture finanziarie. Si valuti inoltre l'opportunità di precisare che i decreti ministeriali cui è demandata la definizione delle modalità operative di concessione degli aiuti previsti dalle suddette norme, dovranno a ciò provvedere nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato applicabile ai settori interessati o, quanto meno, ai criteri generali sanciti dal Regolamento (UE) 1407/2013 sugli aiuti di Stato "de minimis". 

Si segnala, inoltre, la necessità di sostituire il riferimento al "Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca" con quello al "Ministero dell'università e della ricerca", ovunque ricorra nel testo dell'articolo in esame.

 

Al riguardo, infatti, si ricorda che l'art. 1, co. 1, del D.L. n. 1/2020 –; attualmente all'esame delle Camere (A.S. 1664) – ha istituito il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca sopprimendo, conseguentemente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Inoltre, l'art. 3, co. 8, dello stesso D.L. n. 1/2020 ha disposto che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, sono apportate le variazioni di bilancio occorrenti per l'adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura del Governo.

Il comma 4 prevede che alle società aventi caratteristiche di spin-off o di start-up universitarie e degli enti di ricerca, non si applica l'articolo 5, comma 9, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
 Il citato articolo 5, comma 9, segnatamente, dispone che nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica o per l'organizzazione e la gestione di un servizio di interesse generale, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica.

In merito si evidenzia come il comma 5 dell'art. 7 (Costituzione di società a partecipazione pubblica) del D.Lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) stabilisca che, nel caso in cui sia prevista la partecipazione all'atto costitutivo di soci privati, la scelta di questi ultimi avviene con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Con il parere 4 luglio 2018 n. 620, l'ANAC stabilisce che ai fini della costituzione di società spin off, nella forma di società di capitali cui participi anche un soggetto privato, l'individuazione di quest'ultimo deve avvenire con procedura ad evidenza pubblica, come previsto dall'art. 7, comma 5, DLlgs. 175/2016 che rinvia all'art. 5, comma 9, del D.Lgs. n. 50/2016, nonché delle disposizioni in tema di trasparenza ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013. Ciò in considerazione del fatto che l'articolo 7, comma 5, sopra richiamato costituisce una disposizione di carattere generale che deve trovare applicazione, salvo deroghe espresse del legislatore, quando un'amministrazione pubblica costituisce una società unitamente a soggetti privati, per le finalità di cui all'articolo 4 del Testo Unico delle società a partecipazione pubblica.
 

Il comma 5 dispone che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), sono definiti gli indicatori e i parametri per la valutazione periodica delle università riguardo le attività di apertura verso il contesto socio-economico mediante valorizzazione e trasferimento delle conoscenze.

In particolare, si stabilisce che gli indicatori e i parametri devono essere utilizzati ai fini della ripartizione delle risorse del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e delle ulteriori risorse attribuite a ciascuna università in proporzione alla valutazione dei risultati raggiunti, nonché ai fini della progressione di carriera del personale accademico.

 Al riguardo, si ricorda, anzitutto, che fra i compiti dell'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) – istituita dall'art. 2, co. 138 e ss., del D.L. 262/2006 (L. 286/2006) – vi è quello di valutare la qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione, ricerca, compreso il trasferimento tecnologico delle università e degli enti di ricerca, anche con riferimento alle singole strutture dei predetti enti (art. 3, co. 1, DPR 76/2010, concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia).

Con riferimento specifico a tale aspetto, già nel primo esercizio di valutazione della qualità della ricerca (VQR 2004-2010) l'ANVUR ha introdotto il concetto di Terza Missione come "apertura verso il contesto socio-economico mediante la valorizzazione e il trasferimento delle conoscenze". In quella occasione, sono stati definiti alcuni indicatori volti a misurare la quantità di alcune tipologie di attività (brevetti, spin-off, ecc.), ma che non analizzavano le loro caratteristiche specifiche e la loro qualità.
Per la successiva VQR 2011-2014, l'ANVUR ha istituito una commissione di esperti ad hoc per la valutazione delle attività di terza missione. Al riguardo, il rapporto finale della VQR 2011-2014 , pubblicato il 21 febbraio 2017, ha evidenziato che "l'identificazione di indicatori idonei a valutare le attività di terza missione è ancora un problema aperto", dal momento che, nonostante i miglioramenti dell'analisi, "l'ANVUR considera ancora l'attività di valutazione delle attività di terza missione come sperimentale, e dubita che essa sia sufficiente matura per essere utilizzata ai fini della distribuzione di risorse ".
Si ricorda, in ogni caso, che, in base al DM n. 989 del 25 ottobre 2019, recante le linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2019-2021, le risorse da attribuire alle università statali e alle università non statali – a valere, rispettivamente, sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e sul contributo di cui all'art. 2 della L. 243/1991 – fanno riferimento anche al perseguimento degli obiettivi relativi a Ricerca, trasferimento tecnologico e di conoscenza.

 

 Il comma 6 prevede che, al fine di sostenere e di qualificare le società aventi caratteristiche di spin-off e startup universitarie previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 agosto 2011, n. 168, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede a modificare il medesimo regolamento al fine di inserire, tra i criteri che devono essere valutati dalle università ai fini dell'approvazione delle proposte di costituzione delle società:

- lo sviluppo di prodotti, di soluzioni tecnologiche e di software, anche distribuiti come servizi;

- il collegamento a un'innovazione chiaramente identificata e derivata dai risultati di ricerca dell'ateneo;

- l'appartenenza dei diritti di proprietà intellettuale all'ateneo, che ne assegna i diritti di sfruttamento alla società sulla base di un'apposita licenza;

- il ruolo attribuito agli uffici di trasferimento tecnologico e agli incubatori nell'ambito delle attività della società.

Startup e spin-off fanno riferimento a due modelli di impresa diversi tra loro. Si tratta in entrambi i casi di nuove imprese. Tuttavia, le startup nascono da un'iniziativa autonoma e prevedono un business model che non dipende da nessun'altra organizzazione, se non dalla volontà della società titolare. Al contrario, gli spin-off nascono dalla scissione di un'impresa, la quale mantiene dei legami con le nuove imprese che si sono generate, in termini di know-how e quote di partecipazione.
Per quanto riguarda gli spin-off occorre distinguere tra:
  • Spin-off aziendale: attività imprenditoriale nata da un'impresa esistente (alla base della della scissione possono esservi svariati motivi: economia di specializzazione, self-employment dei dipendenti o utilizzo di innovazioni e conoscenze non utilizzabili nell'impresa esistente);
  • Spin-off universitario: il nuovo soggetto-imprenditore (caratterizzato dalla presenza di professori, enti di ricerca, ricercatori o dottorandi) si distacca dall'impresa/organizzazione di cui faceva parte ed avvia un proprio business utilizzando le competenze e le attività di ricerca dell'organizzazione di cui faceva parte. Gli spin-off universitari sono considerati  validissimi strumenti per trasferire competenze e tecnologie sul mercato

Il D.M. 10 agosto 2011, n. 168 reca il "Regolamento concernente la definizione dei criteri di partecipazione di professori e ricercatori universitari a società aventi caratteristiche di spin off o start up universitari in attuazione di quanto previsto all'articolo 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240" e definisce le modalità per proporre, partecipare e assumere responsabilità formali in società aventi caratteristiche di spin off o start up da parte di professori e ricercatori universitari di ruolo (articolo 1, comma 1).

S'intendono aventi caratteristiche di spin off o start up le società di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297 (art. 1, comma 2).

Si tratta, in sostanza, di società di recente costituzione ovvero da costituire, finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, per determinate attività (di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, diffusione di tecnologie, fino all'avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte di soggetti assimilati in fase d'avvio, su progetto o programma presentato anche da coloro che si impegnano a costituire o a concorrere alla nuova società), con la partecipazione azionaria o il concorso, o comunque con il relativo impegno di tutti o alcuni tra i seguenti soggetti:

  • professori e ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, ENEA e ASI, nonché dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca sulla base di regolamenti delle università e degli enti di appartenenza, che ne disciplinino la procedura autorizzativa e il collocamento in aspettativa ovvero il mantenimento in servizio o nel corso di studio, nonché le questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale e che definiscano le limitazioni volte a prevenire i conflitti di interesse con le società costituite o da costituire;
  • imprese, centri di ricerca con personalità giuridica autonoma promossi da imprese; società, consorzi e società consortili con partecipazione di imprese e centri di ricerca, nonché eventualmente di altri soggetti (tra i quali, in particolare, università, enti di ricerca, ENEA, ASI, società di assicurazione, banche, intermediari finanziari, fondi mobiliari chiusi);
  • università, enti di ricerca anche a carattere regionale, ENEA ed ASI.

Il D.M n.168/2011 precisa ulteriormente che, per qualificarsi come spin off o start up universitari le predette società devono essere costituite su iniziativa dell'università o del personale universitario o prevedere la partecipazione al capitale da parte dell'università ovvero la partecipazione del personale universitario (sia in termini di partecipazione al capitale, sia in termini di impegno diretto nel conseguimento dell'oggetto sociale, offrendo alla nuova entità giuridica l'impiego del know how e delle competenze generate in un contesto di ricerca) (articolo 2).

La proposta di costituzione della società, corredata da un progetto imprenditoriale, è approvata dal consiglio di amministrazione dell'università, che delibera a maggioranza dei suoi membri, previo parere favorevole del senato accademico (articolo 3). E' inoltre prevista una disciplina delle incompatibilità (articolo 4) e dei conflitti di interesse (articolo 5).