Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa
Riferimenti: SCH.DEC N.55/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 55
Data: 10/12/2018
Organi della Camera: X Attività produttive


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Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa

10 dicembre 2018
Atti del Governo


Indice

Presupposti normativi|Contenuto|Formulazione del testo|


Presupposti normativi

Il Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea TFUE (articolo 118) prevede che "nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscano le misure per la creazione di titoli europei al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione".

Sulla base di tale previsione, il Regolamento (CE) n. 40/94, codificato nel 2009 come Regolamento (CE) n. 207/2009, ha creato un sistema specifico di protezione del marchio per l'Unione europea, che opera in parallelo ai sistemi nazionali di protezione del marchio. Il Marchio UE è valido in tutto il territorio dell'Unione europea e non è possibile limitare la portata geografica della tutela solo ad alcuni Stati membri. Il Regolamento del 2009 sul marchio europeo è stato modificato dal Regolamento (UE) n. 2424/2015. Tale regolamento ha introdotto importanti innovazioni, per ciò che concerne i segni idonei a costituire marchio UE, lo snellimento delle procedure per la registrazione del marchio UE, e la riorganizzazione dell'«Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)» che è stato sostituito con «Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale» (UIPO). Il Regolamento (UE) n. 2424/2015 è stato ora codificato nel Reg. (UE) n. 2017/1001/UE (il quale ha conseguentemente abrogato il precedente Regolamento (UE) n. 207/2009). Il Regolamento (UE) n. 2017/1001/UE è stato poi integrato dal Reg. delegato UE 2018/625 e attuato dal Regolamento di applicazione UE n. 2018/626.

Parallelamente all'istituzione di un sistema di protezione europeo dei marchi, la Direttiva 89/104/UEE del Consiglio, poi codificata come Direttiva 2008/95/UE ha introdotto norme volte ad armonizzare i sistemi nazionali di protezione dei marchi d'impresa esistenti all'interno dei diversi Stati membri. Le Direttive in questione hanno trovato recepimento in Italia con il Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come successivamente modificato dal Decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 131.

La Direttiva (UE) 2015/2436 è dunque finalizzata ad un ulteriore e più stringente ravvicinamento delle legislazioni sostanziali e procedurali degli Stati membri in materia di marchi di impresa nazionali, muovendosi in sostanziale simmetria con le modifiche adottate con il Regolamento europeo Marchi, relativo al marchio d'impresa UE. A tal fine, la nuova Direttiva abroga, a decorrere dal 15 gennaio 2019, la pregressa Direttiva 2008/95/UE.

Insieme al Regolamento Marchi (UE) n. 2017/1001/UE, la Direttiva (UE) 2015/2436 costituisce il cd. "pacchetto marchi", ossia l'intervento normativo voluto dal legislatore europeo non soltanto per armonizzare tra loro gli ordinamenti degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, ma anche per rendere il più possibile omogenei gli ordinamenti nazionali e quella parte di ordinamento europeo che disciplina in maniera diretta il "marchio d'impresa dell'Unione europea", ossia il titolo di proprietà industriale rilasciato dall'EUIPO (Ufficio europeo per la proprietà intellettuale) e che ha effetto in tutti gli Stati membri.

L'adozione, in sede UE, del  "pacchetto marchi" ha comportato l'adozione di un intervento legislativo nazionale volto al suo recepimento. L'articolo 3 della legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163/2017) ha quindi delegato il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per l'attuazione della Direttiva (UE) n. 2015/2436 e per l'adeguamento alle disposizioni del Regolamento sul Marchio europeo (Reg. (UE) n. 2017/1001/UE). Lo schema di decreto legislativo in esame costituisce dunque esercizio della delega al Governo contenuta nell'articolo 3 della citata legge n. 163/2017.


La norma di delega

L'articolo 3 della legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163/2017) ha delegato il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi per l'attuazione della Direttiva (UE) n. 2015/2436 e per l'adeguamento alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 2424/2015, sul Marchio europeo, ora codificato nel Regolamento (UE) n. 2017/1001/UE come integrato dal Regolamento delegato UE 2018/625 e attuato dal Regolamento di applicazione UE n. 2018/626

 In particolare, l'articolo 3 della legge n. 163 ha disposto che la delega deve essere esercitata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, conformemente alle procedure di cui all'articolo 31 della L. 234/2012, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari . I decreti legislativi delegati debbono essere adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia e dell'economia e delle finanze (comma 2).

Si ricorda che, ai sensi dell' articolo 31 comma 3, della Legge n. 234/2012, la legge di delegazione europea indica le direttive in relazione alle quali sugli schemi dei decreti legislativi di recepimento è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

Nell'esercizio della delega, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234/2012 (comma 1),  i seguenti principi e criteri direttivi (comma 3):

  1. adeguare le norme del Codice della proprietà industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) alle previsioni della Direttiva 2015/2436 e del Regolamento (UE) 2424/2015, con abrogazione espressa delle disposizioni superate;
  2. salvaguardare la possibilità di adottare disposizioni attuative della Direttiva 2015/2436, anche attraverso decreti ministeriali di natura regolamentare di cui all'articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988, nelle materie non coperte da riserva di legge e già disciplinate attraverso regolamenti, compreso l'eventuale aggiornamento delle norme contenute nel Regolamento attuativo del Codice della proprietà industriale (D.M. 13 gennaio 2010, n. 33).
  3. introdurre, conformemente alla Direttiva 2015/2436, i casi in cui un marchio debba essere escluso dalla registrazione o, se registrato, debba essere dichiarato nullo o decaduto, sia in relazione agli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità, sia in relazione all'individuazione dei segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa, sia in relazione ai motivi di decadenza, prevedendo in particolare, nel caso in cui l'uso venga contestato in azioni in sede giudiziaria o amministrativa o nel corso di un procedimento di opposizione, che gravi sul titolare del marchio anteriore l'onere di provarne l'uso effettivo (a norma dell'articolo 16 della Direttiva) per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda l'azione o di provare la sussistenza di motivi legittimi per il suo mancato uso, nei termini temporali indicati dalla Direttiva (agli articoli 17, 44 e 46);
  4. prevedere, conformemente alla Direttiva, il diritto di vietare l'uso di un segno a fini diversi da quello di contraddistinguere prodotti o servizi;
  5. uniformare la disciplina dei marchi collettivi alle disposizioni in materia contenute nella della Direttiva, prevedendo che costituiscano marchi collettivi anche i segni e le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi e stabilendo le opportune disposizioni di coordinamento con la disciplina dei marchi di garanzia e di certificazione.
  6. prevedere, in tema di marchi di garanzia o di certificazione, l'adeguamento della normativa nazionale alla direttiva 2015/2436 e al Regolamento n. 2424/2015, ed in particolare prevedere che:

1)  i segni e le indicazioni che, nel commercio, possano servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, costituiscano marchi di garanzia o di certificazione.

2)  possano essere titolari di un marchio di certificazione o garanzia le persone fisiche o giuridiche competenti, ai sensi della vigente normativa, a certificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio deve essere registrato, a condizione che non svolgano un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato;

3) l'obbligatorietà della presentazione del regolamento d'uso del marchio di garanzia o di certificazione e della comunicazione di ogni successiva modifica, a pena di decadenza.

4) le condizioni di esclusione dalla registrazione, di decadenza e di nullità dei marchi di garanzia o di certificazione, per motivi diversi da quelli indicati dalla direttiva (UE) 2015/2436 (agli articoli 4, 19 e 20), nella misura in cui la funzione di detti marchi lo richieda ed in particolare che la decadenza per non uso sia accertata in caso di inadeguato controllo sull'impiego del marchio da parte dei licenziatari ed in caso di uso improprio o discriminatorio del marchio da parte del titolare del marchio.

g. fatto salvo il diritto delle parti al ricorso davanti agli organi giurisdizionali, dovrà prevedersi una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa, da espletare dinanzi l'Ufficio italiano brevetti e marchi, soggetta al pagamento dei diritti di deposito delle relative domande, nei termini e con le modalità stabiliti dal decreto previsto dall'articolo 226 del Codice della proprietà industriale (CPI), la cui omissione determini l'irricevibilità delle domande stesse;

h)     modificare e integrare la disciplina delle procedure dinanzi alla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, al fine di garantirne l'efficienza e la rapidità complessive, anche in riferimento alle impugnazioni dei provvedimenti in tema di decadenza e nullità.

 
La Direttiva n. 2015/2436

La Direttiva n. 2015/2436 (testo per rifusione della pregressa direttiva 2008/95/UE) sancisce il principio per cui l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio d'impresa registrato debbano essere in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni (considerando n. 12). Si prefigge pertanto di ravvicinare non solo le disposizioni di diritto sostanziale, ma anche le principali norme procedurali in materia di registrazione del marchio d'impresa degli Stati membri, muovendosi in simmetria con il sistema del marchio UE  di cui al Reg. (CE) 14 giugno 2017, n. 2017/1001/UE (considerando n. 9).

Quanto all'ambito di applicazione della Direttiva, esso è costituito da tutti i marchi d'impresa relativi a prodotti o servizi oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione come marchi d'impresa individuali, marchi di garanzia o di certificazione, ovvero marchi collettivi in uno Stato membro o presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro (articolo 1 della Direttiva).

Le principali novità della Direttiva sono così riassumibili:

  • sono suscettibili di costituire marchio d'impresa tutti i segni rappresentati in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, come i suoni, e quindi non più necessariamente i segni rappresentati mediante strumenti grafici. Il segno deve comunque essere suscettibile di essere rappresentato in modo chiaro, tale da distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli delle altre e in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare precisamente ed esattamente l'oggetto della protezione (articolo 3 e Considerando n. 13 della Direttiva). Il segno deve dunque essere preciso, autonomo, facilmente accessibile, intelligibile, durevole e oggettivo (Considerando n. 13 della Direttiva).

  • nella casistica degli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità assoluti vengono introdotti, anche in questo caso in simmetria con le novità del "Regolamento Marchi", i segni esclusi dalla registrazione in virtù della disciplina nazionale, europea o derivante da accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro fa parte, sulle denominazioni di origine, sulle indicazioni geografiche, sulle menzioni tradizionali protette per vini, sulle specialità tradizionali garantite nonché quelli che contengono o riproducono nei loro elementi essenziali una varietà vegetale precedente registrata conformemente alla legislazione dell'Unione o al diritto nazionale o ad accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro interessato sono parte (articolo 4 e Considerando n. 15 della Direttiva);

  • nella casistica degli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità relativi vengono introdotti, anche in questo caso in simmetria con le novità del "Regolamento Marchi", i seguenti casi:
    • il caso in cui l'agente o il rappresentante del titolare del marchio ha presentato domanda di registrazione a proprio nome senza l'autorizzazione del titolare (a meno che tale agente o rappresentante non giustifichi il proprio modo di agire);
    • il caso in cui era già stata presentata una domanda di denominazione di origine o di indicazione geografica prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio d'impresa
    • tale denominazione di origine o indicazione geografica conferisce alla persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti da essa derivanti il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa posteriore;

  • la Direttiva inoltre disciplina ora puntualmente l'ipotesi di mancanza di carattere distintivo o di notorietà di un marchio d'impresa anteriore, che preclude la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa registrato. L'assenza del carattere distintivo o l'assenza di notorietà del marchio anteriore devono esservi alla data di deposito del marchio d'impresa posteriore (articolo 8);

  • per ciò che concerne i diritti conferiti dal marchio d'impresa al suo titolare, la Direttiva interviene in vario modo. In particolare, rende da facoltativa ad obbligatoria l'inclusione, all'interno della disciplina degli Stati membri, del diritto del titolare del marchio di vietare ai terzi qualsiasi segno identico o simile al marchio a prescindere dal fatto che sia utilizzato per prodotti o servizi identici, simili o non simili a quelli per cui esso è stato registrato, laddove il marchio gode di notorietà nello Stato membro e se l'uso immotivato del segno consente di trarre un indebito vantaggio o reca pregiudizio al marchio registrato.
    La Direttiva, inoltre, introduce il diritto del titolare del marchio registrato di vietare a terzi di apporre segni identici o simili al marchio d'impresa sull'imballaggio dei loro prodotti; di utilizzare il segno come nome commerciale o denominazione sociale o come parte di tali nomi e denominazioni; di utilizzare il segno nella pubblicità comparativa.
    La Direttiva, altresì, aggiunge il diritto del titolare del marchio registrato di vietare a terzi di introdurre prodotti, in ambito commerciale, nello Stato membro di registrazione, senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti, compreso il loro imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio che è identico al marchio registrato o che non ne può essere distinto nei suoi aspetti essenziali. Il diritto del titolare del marchio comunque si estingue se, nel corso del procedimento per la verifica della contraffazione, il dichiarante o il detentore dei prodotti dimostra che il titolare del marchio registrato non ha diritto a vietare l'immissione in commercio dei prodotti stessi nel paese di destinazione finale (articolo 10).
    La Direttiva, inoltre, sancisce il principio per cui ai titolari di marchi d'impresa dovrebbe essere attribuito il diritto di impedire l'ingresso di prodotti contraffatti e la loro immissione in tutte le situazioni doganali, compresi, in particolare, il transito, il trasbordo, il deposito, le zone franche, la custodia temporanea, il perfezionamento attivo o l'ammissione temporanea, anche nel caso in cui i prodotti non siano destinati ad essere immessi sul mercato dello Stato membro interessato. Dunque, nell'effettuare i controlli doganali le autorità doganali si dovrebbero avvalere dei poteri e delle procedure consentite dalla disciplina europea (Regolamento (UE) n. 608/2013) anche su richiesta dei titolari dei diritti (Considerando n. 23).
    La Direttiva, a tal fine, introduce il diritto per i titolari di marchi d'impresa registrati di vietare:
    - l'apposizione di un segno identico o simile al marchio sull'imballaggio, etichette, cartellini, caratteristiche o dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui lo stesso può essere apposto;
    - l'offerta, l'immissione in commercio, lo stoccaggio, o l'importazione o l'esportazione di imballaggi, etichette, cartellini, caratteristiche o dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui il marchio è apposto (articolo 11)

Le novità di cui sopra – in simmetria con le novità del "Regolamento Marchi",  rispondo alla necessità, esplicitata nella Direttiva, di introdurre misure più stringenti per la lotta alla contraffazione, anche per ciò che concerne i farmaci generici (Considerando da 19 a 22 e 25-26 della Direttiva).

Ulteriori forme di tutela del marchio registrato sono inserite dalla Direttiva, sempre in simmetria con il "Regolamento Marchi", per ciò che concerne:

  • la riproduzione del marchio stesso in dizionari, in enciclopedie o opere di consultazione cartacee o elettroniche (in tal caso, anche su richiesta del titolare del marchio, la riproduzione deve essere corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato) (articolo 12);
  • il divieto d'uso del marchio a nome di un agente o rappresentante, senza il consenso del titolare del marchio stesso (articolo 13)

Quanto alla limitazione degli effetti del marchio di impresa, viene specificato che il titolare del marchio non può vietare a terzi l'uso del marchio nel commercio del nome o dell'indirizzo del terzo, qualora si tratti di una persona fisica (articolo 14, paragrafo 1, lettere a)).

Per ciò che concerne la decorrenza del periodo dei cinque anni, trascorsi i quali il non uso effettivo del marchio ne comporta la decadenza, la Direttiva interviene al fine di uniformare il dies a quo del periodo in questione. La data di decorrenza del periodo di cinque anni deve essere iscritta nel Registro dei marchi (articolo 16).

In relazione a quanto sopra previsto, la Direttiva dispone che il titolare di un marchio d'impresa ha il diritto di vietare l'uso di un segno solo nella misura in cui non possa essere incorso nella decadenza dai suoi diritti nel momento in cui è avviata l'azione per contraffazione. Nell'ambito dell'azione di contraffazione intentata dal titolare del marchio stesso, questi, su richiesta del convenuto, ha l'onere di provare l'effettivo uso del marchio nei cinque anni precedenti l'avvio dell'azione, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso (articolo 17).

Parallelamente, nelle azioni per contraffazione, il titolare di un marchio d'impresa non ha il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa registrato posteriormente quando tale marchio posteriore non sarebbe dichiarato nullo ai sensi della Direttiva (art. 8, art. 9, par. 1 o 2, art. 46, par. 3, art. 53, parr. 1 e 4, art. 54, parr. 1 o 2, art. 57, par. 2) (articolo 18).

La Direttiva opera poi un allineamento delle norme applicabili ai marchi d'impresa quali oggetto di proprietà rispetto con quelle già in vigore per i marchi UE. Tali norme riguardano:

  • la cessione (articolo 22), che viene consentita per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è stato registrato;
  • la costituzione di diritti reali, tra i quali i pegno (articolo 23) e l'esecuzione forzata (articolo 24);
  • la concessione di licenze, la cui disciplina rimane comunque identica a quella già in vigore con la Direttiva n. 2008/95/UE (articolo 25).

La Direttiva introduce un'apposita Sezione (artt. da 27-36) volta a disciplinare e qualificare i "marchi collettivi" ed i "marchi di garanzia o di certificazione", in simmetria con la disciplina del "Regolamento marchi".

Viene pertanto definito:

  1. «marchio di garanzia o di certificazione»: un marchio d'impresa idoneo a distinguere i prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione dei servizi, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche da prodotti e servizi che non sono certificati;
  2. «marchio collettivo»: un marchio d'impresa idoneo a distinguere i prodotti o servizi dei membri dell'associazione titolare da quelli di altre imprese (articolo 27).

Dunque, nella normativa riformata si distingue tra marchio collettivo in senso stretto, (collective mark cioè marchio che identifica la provenienza di prodotti o servizi da certe imprese associate o consorziate) dal marchio di garanzia o di certificazione (certification mark), che ha invece la funzione esclusiva di garantire natura e qualità di certi prodotti.

Inoltre, la previsione all'interno degli ordinamenti nazionali di "marchi di garanzia o di certificazione" è facoltativa per gli Stati membri.

La Direttiva al riguardo consente infatti agli Stati membri la facoltà di disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi di garanzia o di certificazione.

Si osservi che la definizione di marchio di certificazione contenuto nella Direttiva è sostanzialmente identica a quella dell'art. 83 del Regolamento marchi UE n. 2017/1001/UE, ma con la differenza che nel marchio di certificazione UE è esplicitamente esclusa la provenienza geografica come elemento idoneo a qualificare il marchio di certificazione UE.

Il marchio di garanzia o di certificazione non autorizza il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di tali segni o indicazioni, purché l'uso del terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare un marchio di tale tipo non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica (articolo 28).

Per ciò che concerne i marchi collettivi, essi devono essere previsti all'interno degli ordinamenti nazionali. La Direttiva dispone che possono depositare domanda di marchio collettivo le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente al diritto loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico. Anche in questo caso la Direttiva consente agli Stati membri la facoltà di disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi.

I marchi collettivi non autorizzano il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di tali segni o indicazioni, purché l'uso da parte del terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale (articolo 29). E' prevista poi la presentazione da parte del richiedente un marchio collettivo del relativo regolamento d'uso, in cui debbono quantomeno essere indicate le persone autorizzate a usare il marchio e le relative condizioni di appartenenza all'associazione e di utilizzo, comprese le sanzioni (articolo 30). E' poi disciplinato il rigetto della domanda (che interviene se non soddisfa la definizione di marchio collettivo, o per assenza di regolamento d'uso o per contrarietà all'ordine pubblico e al buon costume del regolamento stesso). La direttiva specifica che la domanda è respinta se il pubblico rischia di essere indotto in errore circa il carattere o il significato del marchio, in particolare quando questi non sembri un marchio collettivo (articoli 31-33).

Quanto ai motivi di decadenza, oltre al non uso e alla subentrata genericità del marchio, sono enunciati dalla Direttiva i seguenti ulteriori motivi:

  • il titolare non adotta misure ragionevoli per prevenire un'utilizzazione del marchio incompatibile con le condizioni del regolamento d'uso;
  • il modo di utilizzo del marchio rischia di indurre in errore il pubblico circa il carattere significativo del marchio stesso;
  • la modifica del regolamento d'uso del marchio non è conforme alle condizioni previste, a meno che non vi sia una nuova modifica (articolo 36).

La Direttiva introduce poi ulteriori disposizioni di armonizzazione della disciplina degli Stati membri per ciò che attiene alla procedura di registrazione del marchio d'impresa (artt.37-50). Vengono dunque indicati i seguenti elementi essenziali della domanda di registrazione:

  1. una richiesta di registrazione;
  2. informazioni che permettano di identificare il richiedente;
  3. l'elenco dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione;
  4. una rappresentazione del marchio che soddisfa i requisiti di identificazione da parte delle autorità e del pubblico.

La domanda di marchio comporta il pagamento di una tassa stabilita dallo Stato membro (art. 37) e la data di deposito della domanda è quella in cui la documentazione di cui sopra viene presentata all'ufficio (art. 38). Come per il Marchio dell'UE, si prevede che i prodotti ed i servizi per i quali è chiesta la protezione sono identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, la portata della protezione richiesta e che tali prodotti e servizi sono classificati secondo il sistema stabilito dall'Accordo di Nizza (art. 39).

La Direttiva facoltizza gli Stati membri a prevedere che, prima della registrazione di un marchio, terzi legittimati possano inviare all'ufficio osservazioni scritte fondate su motivi specifici per cui la domanda di marchio (individuale o collettivo o di certificazione) dovrebbe essere respinta (art. 40). E' ammessa la divisione delle diverse domande presentate e relative registrazioni (art. 41). Si consente inoltre agli Stati membri di prevedere che la domanda ed il rinnovo di marchi di impresa debbano essere soggetti ad una tassa supplementare per classe dei prodotti (art. 42).

La Direttiva disciplina poi taluni aspetti essenziali delle procedure di opposizione, decadenza e nullità del marchio d'impresa (artt. 43-47). Si obbliga in particolare gli Stati membri a prevedere una procedura di opposizione in via amministrativa avverso una domanda di registrazione di marchio, indicando come soggetti legittimati almeno il titolare di un marchio d'impresa anteriore e la persona autorizzata ad esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o da un'indicazione geografica protetta. Il termine per la eventuale composizione amichevole è di almeno due mesi (art. 43). Nei procedimenti di opposizione, è in capo all'opponente l'onere della prova dell'effettivo uso del proprio marchio anteriore (art. 44).

La Direttiva dispone inoltre che gli Stati membri, fatto salvo il diritto delle parti al ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali, debbano prevedere una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza e la dichiarazione di nullità. I motivi di decadenza sono i tassativi: mancanza d'uso effettivo, ingannevolezza o genericità sopravvenuta (sono i motivi di cui agli artt. 19 e 20 della Direttiva).

La procedura amministrativa per la nullità prevede che il marchio debba essere dichiarato nullo almeno per i seguenti motivi:

  1. impedimenti assoluti (di cui all'art. 4 della Direttiva)
  2. diritto anteriore (di cui all'art. 5 , par. 1-3 della Direttiva)

I soggetti autorizzati a presentare domanda di decadenza/nullità debbono essere almeno le persone fisiche o giuridiche e i gruppi o gli organismi costituiti per rappresentare gli interessi di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori e che, a norma del diritto applicabile, hanno la capacità di stare in giudizio in nome proprio; e nel caso di nullità per diritto anteriore, la persona interessata, nonché nel caso di una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta i soggetti autorizzati ad esercitarne i diritti. La domanda di decadenza e di dichiarazione di nullità può essere anche parziale, cioè può vertere su una parte o sulla totalità dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio contestato è registrato. Può essere presentata un'unica domanda per più diritti appartenenti allo stesso titolare. Anche nei procedimenti per nullità, è in capo all'opponente l'onere della prova dell'effettivo uso del proprio marchio anteriore (art. 46). Gli effetti della dichiarazione di decadenza decorrono dalla data della relativa domanda di decadenza (art. 47).

 

Per ciò che attiene alla durata della registrazione essa è di dieci anni dalla data di deposito della domanda. La registrazione è rinnovabile di dieci anni (art. 48), secondo la procedura delineata nella stessa Direttiva (l'ufficio, almeno sei mesi prima della scadenza, deve informare il titolare e la domanda di rinnovo deve essere presentata in un arco di almeno sei mesi precedenti la scadenza) (art. 49 e 50).

 

Vi sono poi una serie di disposizioni (artt. 51-52) volte a promuovere la cooperazione tra i diversi Uffici per la proprietà industriale degli Stati membri e per la protezione dei dati personali dei soggetti interessati (art. 53).

 

Il termine dato dalla Direttiva per il suo recepimento (recepimento degli artt. 3 a 6, da 8 a 14, 16, 17 e 18, da 22 a 39, 41, 43 e 44 e da 46 a 50) è fissato al 14 gennaio 2019, tranne che per ciò che riguarda l'introduzione all'interno degli Stati membri della procedura per la decadenza o la dichiarazione di nullità, di cui all'art. 45 della Direttiva, il cui termine di recepimento è più lungo ed è fissato al 14 gennaio 2023.

 

La precedente direttiva 2008/95/UE è abrogata a decorrere dal 15 gennaio 2019 (articolo 55).

A decorrere da tale data si applicano i seguenti articoli della nuova Direttiva qui in esame:

  • articolo 1, sull'ambito di applicazione
  • articolo 7, sugli impedimenti alla registrazione e motivi di nullità soltanto per una parte dei prodotti o servizi per cui il marchio è chiesto o registrato
  • articolo 15, sull'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d'impresa
  • articoli da 19-21, concernenti la decadenza dei diritti di marchio d'impresa
  • articoli da 54-57, su recepimento, abrogazione, entrata in vigore e destinatari della direttiva.

La direttiva è entrata in vigore il 12 gennaio 2016 (articolo 56).

 

Disciplina nazionale vigente sul marchio

La disciplina del marchio è fondata in generale sulle norme del codice civile (artt. 2569-2574) e in via speciale sulle norme del Codice della proprietà industriale (CPI) D.lgs. n. 30 del 10 febbraio 2005 (artt.7-28). Il CPI è stato in più punti modificato dal successivo D.Lgs. n. 131/2010, al fine di un adeguamento della disciplina nazionale alla disciplina europea nel frattempo intervenuta.

 

Il marchio è un segno distintivo dei prodotti o dei servizi, realizzati o distribuiti da un'impresa: attraverso la sua registrazione, è oggetto di protezione quale titolo di proprietà industriale. L'articolo 7 CPI dispone infatti che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni rappresentabili graficamente: in particolare, le parole (compresi i ritratti e i nomi di persone), disegni, lettere, cifre, suoni, forma del prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.

Dunque, secondo il Codice della proprietà industriale non è attivabile la registrazione di marchi olfattivi non rappresentabili graficamente (l'UIBM afferma che ciò è in quanto non esiste a oggi una classificazione internazionale degli odori tale da consentire una precisa e inequivocabile indicazione).

Le previsioni del CPI sono destinate ad essere modificate con il recepimento della Direttiva n. 2015/2436, la quale prevede che sono suscettibili di costituire marchio d'impresa tutti i segni rappresentati in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, come i suoni, e quindi non più necessariamente i segni rappresentati mediante strumenti grafici (cfr. infra, il paragrafo relativo al contenuto dello schema di D.Lgs. in esame).

 Il segno ai fini di una sua registrazione come marchio deve attualmente avere, a pena di nullità (articolo 25), i seguenti requisiti:

  • novità, come intesa ai sensi dell'articolo 12 del Codice della proprietà industriale;
  • autonoma capacità distintiva ai sensi dell'articolo 13 del Codice della proprietà industriale;
  • liceità ai sensi dell'articolo 14 del Codice.

Il recepimento della citata Direttiva n. 2015/2436 integrerà anche la casistica degli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità assoluti (cfr. infra).

Il marchio d'impresa può essere:

  • individuale: se appartiene a una singola impresa o a persona fisica;
  • collettivo. La definizione di marchio collettivo è quella riportata dall'articolo 2570 c.c. e dall'art. 11 del CPI quale marchio la cui registrazione può essere ottenuta non da un singolo imprenditore per contraddistinguere i prodotti provenienti dalla propria azienda, bensì "da soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi". L'art. 2570 c.c. e in modo analogo l'art. 11 del CPI (Codice di Proprietà Industriale – D. Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 ) prevedono che i suddetti soggetti "possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori e commercianti". I regolamenti concernenti l'uso dei marchi collettivi, i controlli e le relative sanzioni devono essere allegati alla domanda di registrazione; le modificazioni regolamentari devono essere comunicate a cura dei titolari all'Ufficio italiano brevetti e marchi per essere incluse tra i documenti allegati alla domanda.
    Il marchio collettivo, dunque, è solitamente richiesto da un "soggetto proponente", generalmente si tratta di associazioni, cooperative o consorzi, per poi essere concesso in uso a quelle singole imprese che si impegnano a rispettare quanto stabilito nel regolamento d'uso. Si osserva al riguardo che la Direttiva 2015/2436, specificache sono legittimati a richiedere il marchio collettivo, oltre le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti, le persone giuridiche di diritto pubblico.
    Il marchio viene considerato "collettivo" perché deve essere concesso a qualsiasi operatore economico lo richieda e sia in grado di rispettarne tutti i requisiti di applicazione così come definiti nel regolamento di utilizzo. A differenza del marchio "commerciale", quindi, l'uso non può essere limitato ad operatori scelti da parte del proprietario del marchio. Il marchio collettivo è definito pubblico se il titolare è un ente pubblico, privato quando il titolare è un soggetto privato, generalmente nella forma giuridica di consorzio o associazione. L'articolo 11 del Codice dispone specificamente – in deroga a quanto invece dallo stesso Codice previsto per i marchi d'impresa – che un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. In tal caso, peraltro, l'Ufficio italiano brevetti e marchi può rifiutare, con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione.
    Si evidenzia che la Direttiva n. 2015/2436 introduce un'apposita disciplina (artt. da 27-36) volta a distinguere i "marchi collettivi" ed i "marchi di garanzia o di certificazione"(cfr. infra). 

 

Ai sensi dell'articolo 15 CPI, i diritti esclusivi di proprietà sono conferiti con la registrazione del marchio e decorrono, se si tratta di prima registrazione, dalla data di deposito della domanda. Se si tratta di rinnovo, gli effetti della registrazione decorrono dalla data di scadenza della precedente. La registrazione dura dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda, salvo il caso di rinuncia del titolare. Anche il rinnovo si effettua per periodi di dieci anni, ai sensi dell'articolo 16.

Per la registrazione dei marchi presso l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale di Ginevra (OMPI), rimangono ferme, ai sensi dell'articolo 17 CPI, le disposizioni vigenti ai sensi delle convenzioni internazionali. Il Codice, all'articolo 18, ammette entro dati limiti e condizioni ivi previsti, la possibilità che il Ministro dello sviluppo economico accordi una protezione temporanea ai nuovi marchi apposti sui prodotti o sui materiali inerenti alla prestazione dei servizi che figurano in esposizioni nazionali o internazionali, ufficiali od ufficialmente riconosciute, tenute nel territorio dello Stato o in uno Stato estero che accordi reciprocità di trattamento.

L'articolo 19 CPI consente la registrazione di un marchio d'impresa a colui che lo utilizza o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso. Inoltre, concede la registrazione alle amministrazioni dello Stato, alle regioni, province o comuni anche per marchi aventi ad oggetto elementi grafici distintivi tratti dal patrimonio culturale, storico, architettonico o ambientale del relativo territorio. In tale caso, i proventi derivanti dallo sfruttamento commerciale del marchio dovranno essere destinati al finanziamento delle attività istituzionali o alla copertura degli eventuali disavanzi pregressi dell'ente.

 

Per ciò che concerne i diritti scaturenti con la registrazione del marchio, essi consistono,ai sensi dell'articolo 20 del CPI, in primis, nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Di conseguenza, il suo titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo consenso, di usare nell'attività economica:

  1. un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;
  2. un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico(cfr. sul punto anche l'articolo 22 CPI );
  3. un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi(cfr. sul punto anche l'articolo 22 CPI).

Inoltre, il commerciante può anche apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le merci (cfr. anche, sul punto, articolo 21 del CPI).

La tutela nei confronti della registrazione di un marchio identico o simile da parte di altri soggetti può essere fatta valere in via giudiziale, ovvero attraverso un procedura di opposizione, stragiudiziale.

Ai sensi del CPI, il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, ovvero può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari (articolo 23).

Secondo il CPI, il marchio deve essere usato effettivamente da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo. Ciò è previsto, dall'articolo 24 del Codice, a pena di decadenza. Nel caso di un marchio internazionale designante l'Italia e registrato ai sensi dell'accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, il termine indicato decorre dalla data in cui scade il termine per l'Ufficio italiano brevetti e marchi per formulare il rifiuto provvisorio o, qualora la registrazione sia stata oggetto di rifiuto provvisorio, dalla data in cui l'Ufficio italiano brevetti e marchi conferma la tutela in Italia della registrazione internazionale in modo definitivo.

Se i motivi di decadenza o di nullità di un marchio d'impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio è registrato, la decadenza o nullità riguardano solo questa parte dei prodotti o servizi (articoli 26 e 27).

I diritti di privativa scaturenti dalla registrazione di un marchio sono validi nel territorio dello Stato nel quale è stata effettuata la registrazione.

Dunque, la registrazione può avvenire attraverso:

  • una registrazione  nazionale, che avviene ai sensi di quanto previsto dagli artt. 147 e ss. CPI e relativo D.M. di attuazione 13 gennaio 2010, n. 33, secondo la seguente procedura:

o   presentazione della domanda presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi, presso le Camere di commercio, industria e artigianato e presso gli uffici o enti pubblici determinati con decreto del Ministro dello sviluppo economico (art. 147 e D.D.M.M 10 aprile 2006 e 24 ottobre 2008.);

o   ricevibilità: l'Ufficio controlla che la domanda sia conforme alle condizioni stabilite dall'art. 148 del CPI (richiedente identificabile, riproduzione del marchio, elenco dei prodotti e/o servizi

o   esame formale: l'Ufficio verifica che la domanda contenga quanto previsto dall'art. 156 del CPI (contenuto della domanda) e 158 (deve essere presentata una domanda per ciascun marchio che si vuole registrare), e - per la domanda di registrazione di marchi collettivi - anche quanto previsto dall'art. 11 del CPI (cioè copia dei regolamenti disciplinari d'uso dei marchi collettivi);

o   esame tecnico: l'Ufficio, riconosciuta la regolarità formale della domanda di registrazione, procede all'esame tecnico, svolto ai sensi dell'art. 170 del CPI, al fine di accertare che non esistano impedimenti assoluti alla registrazione;

o   pubblicazione: dopo essere stata esaminata dall'UIBM, la domanda di registrazione è messa immediatamente a disposizione del pubblico e riportata nel Bollettino dei Brevetti per invenzioni, modelli e marchi. L'ordinamento consente ai soggetti legittimati ai sensi dell'art. 177 CPI una procedura di opposizione alle domande di registrazione per marchio di impresa, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 174 e ss. del CPI. La procedura, disciplinata anche dal D.M. di attuazione n. 33/2010, è stata effettivamente attivata dal luglio 2011, in virtù dell'ulteriore decreto ministeriale attuativo D. M. 11 maggio 2011 e della relativa Circolare esplicativa n. 582. In base ad essa, dunque, per quello che riguarda le domande di marchio nazionali depositate in Italia, i titolari di diritti anteriori in conflitto con terzi depositari di un brand analogo possono opporsi alla nuova registrazione agendo in via amministrativa. L'articolo 176 CPI prevede nello specifico la possibilità, per i titolari di un diritto anteriore, di opporsi alla registrazione della domanda di marchio entro tre mesi dalla sua pubblicazione. L'Ufficio italiano brevetti e marchi, verificate la ricevibilità e l'ammissibilità dell'opposizione, la comunica al richiedente la registrazione con l'avviso, anche all'opponente, della facoltà di raggiungere un accordo di conciliazione entro due mesi dalla data della comunicazione, prorogabili su istanza comune delle parti fino al termine massimo di un anno (previsto dal D.M. n. 33/2010, articolo 60, comma 2)

o   registrazione: verificato che non esistono impedimenti, che non sia stata  presentata opposizione o, in caso affermativo, che la stessa si sia risolta positivamente, il marchio viene registrato e l'Ufficio emette un certificato di     registrazione.

  • attraverso una registrazione di marchio internazionale L'art. 171 CPI prevede che l'UIBM effettua l'esame dei marchi internazionali che designano l'Italia, conformemente alle norme relative ai marchi nazionali.

  • attraverso una registrazione di marchio dell'Unione europea. Si ricorda in proposito che il marchio UE ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta l'Unione: può essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per l'intera Unione (articolo 1 Reg. (CE) 14 giugno 2017, n. 2017/1001/UE).

Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame è composto da 37 articoli. Gli articoli da 1 a 32 apportano modifiche varie ed integrazioni al "Codice della proprietà industriale" (CPI), D.Lgs. n. 30/2005, ai fini di un adeguamento delle disposizioni ivi contenute alle novità introdotte dalla Direttiva di armonizzazione (UE) 2015/2436. Di tali modifiche ed integrazioni se ne darà indicazione di seguito, alla luce dei principali profili innovativi, in simmetria con quanto esposto nella relazione illustrativa. Quanto all'adeguamento del Codice della proprietà industriale alla disciplina europea sul marchio dell'UE - di cui al Regolamento (UE) 2017/1001, al Regolamento delegato (UE) 2018/625 e al Regolamento di applicazione (UE) 2018/626 - si consideri che tale adeguamento ha carattere limitato nello schema di D.Lgs. in esame: la disciplina sul marchio europeo citata coesiste in parallelo a quella nazionale e ha carattere di immediata applicabilità. Nell'ordinamento interno peraltro già esistono disposizioni di coordinamento della normativa sul marchio nazionale, con la normativa sui marchio comunitario (cfr. art. 159, comma 4, art. 176, comma 4, lett. a), art. 180, comma 3-bis , art. 187, comma 1, lett. b) CPI e relative norme attuative contenute nel D.M. 13 gennaio 2010, n. 33).

Gli articoli da 33 a 37 dello schema contengono infine disposizioni transitorie e di adeguamento della normativa secondaria vigente sui marchi (di cui, principalmente, al citato D.M. 13 gennaio 2010, n. 33), una norma in materia di assunzioni presso il MISE al fine dello svolgimento dei nuovi incrementali adempimenti derivanti dall'attuazione della Direttiva (UE) 2015/2436, e una disposizione di invarianza finanziaria. 

Abolizione del requisito della rappresentazione grafica del marchio (articoli 1 e 20)

Gli articoli 1 e 20 dello schema novellano rispettivamente l'articolo 7 e l'articolo 20 CPI, al fine di adeguarne le disposizioni ad una delle principali novità introdotte dalla Direttiva (UE) n. 2015/2436 (articolo 3) e dal Regolamento marchi, costituita dall'eliminazione del requisito di rappresentazione grafica dalla definizione dei marchi stessi. Tale eliminazione dà luogo alla possibilità di accettare nuovi tipi di marchi, depositati in formati non previsti in precedenza dai sistemi nazionali o regionali, quali, ad esempio, i marchi sonori, di movimento, multimediali, e gli ologrammi, purchè, come già precisato dalla Corte di Giustizia (sent. Sieckmann C-273/00) siano rappresentati in modo chiaro, preciso, autonomo, facilmente accessibile, intellegibile durevole e obbiettivo. Purtuttavia, questi nuovi tipi di marchi e requisiti di rappresentazione sono stati introdotti e specificati dalla disciplina sulla protezione del marchio europeo, contenuta nell'articolo 3 del Regolamento di esecuzione del Regolamento marchi (Reg. n. 2018/626/UE), mentre la Direttiva (UE) n. 2015/2436 non contiene definizioni dettagliate di tipi di marchio, né sancisce specifici requisiti di rappresentazione.

Dunque, l'articolo 7 CPI, come novellato dall'articolo 1 dello schema in esame, prevede ora che possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa tutti i segni, purchè siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese, e ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare precisamente ed esattamente l'oggetto della protezione conferita al suo titolare.

L'articolo 156, come novellato dall'articolo 20 dello schema, prevede, di conseguenza, che la domanda di registrazione del marchio deve contenere, anzichè la riproduzione del marchio, la rappresentazione dello stesso, con le modalità previste dall' articolo 7, e che i prodotti ed i servizi per i quali è chiesta la protezione devono essere identificati con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, l'ambito di protezione richiesta.

Nella relazione illustrativa al provvedimento, si precisa, comunque, che i nuovi tipi di marchi ed i requisiti di rappresentazione indicati nell'articolo 3 del Regolamento Marchi verranno parimenti definiti a livello nazionale in via secondaria, intervenendo sul regolamento di attuazione del Codice della proprietà industriale, D.M. 13 gennaio 2010, n. 33. Ciò appare conforme alla Comunicazione comune sulla rappresentazione dei nuovi tipi di marchi dell'EUIPO, adottata nel 2018.

Estensione del divieto di registrazione dei segni la cui forma è imposta dalla natura stessa del prodotto (articolo 2)

Lo schema di decreto, all'articolo 2, estende il divieto, già contenuto nell'articolo 9 nel Codice, di registrare come marchio d'impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto.

Lo schema novella l'articolo 9 citato per adeguarlo a quanto disposto dall'articolo 4, par. 1, lettera e) della Direttiva (UE) n. 2015/2436, prevedendo ora che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio i segni la cui forma o altra caratteristica è risultante dalla natura stessa dei prodotti, ovvero è necessaria per ottenere un risultato tecnico ovvero dà un valore sostanziale al prodotto.

La relazione illustrativa precisa che l'aggiunta di "altra caratteristica" rispetto alla forma è motivata dal fatto che, ai sensi della Direttiva (UE) n. 2015/2436, sono ora registrabili come marchi anche segni aventi altre caratteristiche rispetto alla rappresentazione grafica. Se tali altre caratteristiche sono però "solo" connaturate alla natura stessa del prodotto o necessarie per ottenere un risultato o a dare valore sostanziale al prodotto esse non sono adeguate a determinare la registrazione del segno come marchio. Lo scopo dell'estensione del divieto è in sostanza quello di impedire che attraverso la registrazione surrettizia come marchio, che è potenzialmente perpetua nel tempo, si possa in qualche modo proteggere quella conferita attraverso altri titoli di proprietà intellettuale, quali brevetti e disegni, che hanno invece una durata limitata.

Divieto di registrazione dei segni relativi alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche (articolo 6, articolo 24 , comma 1, lett. d) e g) e articolo 29 comma 1, lett. b))

L'articolo 6 dello schema apporta modifiche ed integrazioni all'articolo 14 comma 1, lett. b) CPI, introducendo l'impedimento assoluto alla registrazione come marchio del segno idoneo ad ingannare il pubblico sulla tipologia di marchio stessa, in recepimento di quanto previsto dall'articolo 35, lett. b) della Direttiva .

Inoltre, conformemente a quanto previsto dalla Direttiva (articolo 4, par. 1, lettere da i) a l) e considerando n. 15), siintroduce l'impedimento assoluto alla registrazione di un segno come marchio nel caso di conflitto con la tutela delle DOP e delle IGP, di conflitto con le menzioni tradizionali protette relative ai vini e alle specialità tradizionali garantite e di conflitto con le denominazioni di varietà vegetali europee e nazionali.

A tale fine, l'articolo 6 integra l'articolo 14, comma 1 con quattro nuove lettere, da c-bis) a c-quinquies), disponendo che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa:

  •  i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE, al diritto nazionale o ad accordi internazionali di cui l'UE o lo Stato è parte, relativi alla protezione delle denominazioni di origine (DO) e delle indicazioni geografiche (IG) (nuova lettera c-bis). Le domande anteriormente presentate di protezione di DO o di IG, sono assimilate alle DO o IG protette, sotto riserva della successiva protezione ed a condizione che la legislazione europea o dello Stato conferisca alla persona autorizzata ad esercitarne i diritti da essa derivanti il diritto di vietare l'uso di un marchio posteriore (nuovo comma 1-bis che recepisce l'articolo 5, par. 3, lett. c) della Direttiva);
  • i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte relativi alla protezione delle menzioni tradizionali per i vini  (nuova lettera c-ter) ;
  • i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'UE relativa alla protezione delle specialità tradizionali garantite o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte (nuova lettera c-quater) ;
  • i segni che contengono o riproducono, nei loro elementi essenziali, una denominazione di varietà vegetale anteriore registrata conformemente alla legislazione UE o ad accordi internazionali di cui l'UE o lo Stato è parte,e che riguardano varietà vegetali della stessa specie o di specie apparentate (nuova lettera c-quinquies).

I sopra indicati divieti assoluti di registrazione vengono altresì inclusi:

  • tra i motivi di opposizione alla registrazione e, a tal fine, lo schema di decreto, all'articolo 24 , comma 1, lett. d) e g), novella l'articolo 176 del Codice, relativo appunto al deposito dell'istanza di opposizione alla registrazione;
  • tra i motivi di presentazione dell'istanza di nullità e, a tal fine, lo schema in esame, all'articolo 29 comma 1, lett. b) cpv. art. 184-bis, all'interno della nuova disciplina sulla decadenza e nullità dei marchi di impresa registrati, inserisce apposito richiamo.
 Si ricorda che l'Unione europea protegge le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine disciplinandone il potenziale conflitto con i marchi d'impresa all' articolo 14, del regolamento UE 1151/2012 (Reg. UE sui regimi di qualità dei prodotti agicoli e alimentari). Tale articolo dispone, al paragrafo 1, che qualora una denominazione di origine o un'indicazione geografica sia regolarmente registrata, la registrazione di un marchio il cui uso possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto, e che riguarda un prodotto dello stesso tipo, è respinta se la domanda di registrazione del marchio è presentata dopo la data di presentazione della domanda di registrazione relativa alla denominazione di origine o all'indicazione geografica presso la Commissione UE e i marchi registrati in violazione di tale previsione sono annullati.
Ai sensi del paragrafo 2, un marchio il cui uso possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto, di cui sia stata depositata la domanda di registrazione, che sia stato registrato o, nei casi in cui ciò sia previsto dalla legislazione pertinente, acquisito con l'uso in buona fede sul territorio dell'Unione anteriormente alla data di presentazione alla Commissione della domanda di protezione della denominazione di origine o dell'indicazione geografica, può continuare a essere utilizzato e rinnovato per il prodotto di cui trattasi nonostante la registrazione di una denominazione di origine o di un'indicazione geografica, purché non sussistano motivi di nullità o decadenza del marchio.
La definizione di una menzione tradizionale protetta relativa ai vini e il relativo ambito di protezione è disciplinata dagli articoli 112 e 113 del Reg. UE n. 1308/2013. In particolare, ai sensi di quest'ultimo articolo, le menzioni tradizionali sono protette esclusivamente nella lingua e per le categorie di prodotti vitivinicoli figuranti nella relativa domanda contro: a) qualsiasi usurpazione, anche quando la menzione protetta è accompagnata da espressioni quali "genere", "tipo", "metodo", "alla maniera", "imitazione", "gusto", "come" o simili; b) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla natura, alle caratteristiche o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi;c) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore e, in particolare, che lasci supporre che il vino fruisca della menzione tradizionale protetta.
La protezione del STG è  disciplinata nel regolamento sui prodotti agricoli e alimentari (regolamento (UE) n. 1151/2012) ed in particolare agli articoli 18 e 24. Una denominazione di varietà vegetale è la designazione generica della varietà che rimane anche dopo la cessazione del diritto di proprietà intellettuale concesso al costitutore (articolo 20 della convenzione UPOV). La convenzione UPOV è vincolante per la maggior parte degli Stati membri dell'UE e per la stessa Unione. A livello dell'Unione, tali diritti sono disciplinati dal regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994.

L'articolo 6, infine, modifica la previsione di cui al comma 2, lettera c) dell'articolo14 CPI, la quale attualmente dispone che il marchio d'impresa decade per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo. Tale motivo di decadenza  viene riformulato nell'omessa adozione da parte del titolare delle misure ragionevolmente idonee a prevenire un uso del marchio non conforme alle condizioni del regolamento d'uso del marchio collettivo o del marchio di certificazione e, in particolare, dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull'uso del marchio collettivo o del marchio di certificazione. Tale riformulazione costituisce recepimento dell'articolo 35, lettera a) della Direttiva.

Modifiche alla disciplina dei soggetti legittimati a richiedere la registrazione di un marchio collettivo (articolo 3)

Lo schema di decreto, all'articolo 3,  apporta modifiche alla disciplina del marchio collettivo, contenuta nell'articolo 11 del Codice.  La definizione di marchio collettivo attualmente riportata dall'art. 11 del CPI e dall'articolo 2570 c.c. è quella secondo la quale è collettivo il marchio la cui registrazione può essere ottenuta "da soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi". Tali soggetti hanno poi la facoltà di concedere l'uso dei marchi stessi a produttori o commercianti. Inoltre, sempre secondo la vigente disciplina, un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi.   Il nostro ordinamento, dunque, nel prevedere una disciplina di tale tipo di marchio, è già conforme alla Direttiva (UE) n. 2015/2436 (articolo 29) la quale dispone l'obbligo per gli Stati membri di regolamentare i marchi collettivi come tipo specifico di marchio. E' altresì conforme alla Direttiva nella parte in cui già prevede la cosiddetta "deroga geografica" (ossia la possibilità per i segni o le indicazioni che possono servire· nel commercio di designare l'origine geografica dei beni o dei servizi per costituire marchi collettivi).

La disciplina già contenuta nel Codice della proprietà industriale all'articolo 11 viene dunque solo in parte modificata dall'articolo 3, in ossequio a quanto previsto dal criterio direttivo di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lett. e) della legge di delegazione, al fine:

  • di specificare, conformemente all'articolo 29, comma 2 della Direttiva, i soggetti legittimati ad ottenere la registrazione dei marchi in questione. Essi, vengono ora individuati nelle persone giuridiche di diritto pubblico e nelle associazioni di categoria di fabbricanti, produttori e prestatori di servizi o commercianti - escluse le società di cui al libro V, Titolo V, Capi da V a VII del codice civile (S.p.A, S.A.S. e S.R.L.) - che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi;
    Si osserva l'opportunità di coordinare l'articolo 2570 del codice civile, con la novella operata dall'articolo 6 in esame all'articolo 11 del CPI.

  • di specificare che i regolamenti concernenti l'uso dei marchi collettivi, che devono essere allegati alla domanda di registrazione, debbono essere conformi ai requisiti propri di essi, contestualmente introdotti dallo schema in esame, con l'articolo 21, che aggiunge a tal fine un nuovo comma 1-bis all'articolo 157 del Codice, il quale a sua volta costituisce recepimento dell'articolo 30 della Direttiva;

  • di introdurre, con riferimento alla possibilità che un marchio collettivo consista in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi, la previsione per cui qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione ha diritto sia a fare uso del marchio, sia di divenire membro della associazione di categoria titolare del marchio, purchè soddisfi i requisiti previsti dal regolamento d'uso dello stesso.

 

Introduzione della disciplina dei marchi di certificazione (articolo 4)

L'articolo 4 dello schema introduce all'interno del Codice, con un nuovo articolo 11-bis, la disciplina del marchio di certificazione. L'introduzione di tale disciplina è nell'esercizio della facoltà concessa agli Stati membri,di cui agli artt. 27 e 28 della Direttiva, in attuazione del criterio di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lett. f) della legge di delegazione europea. Tale disciplina è in sostanziale analogia con la disciplina sul marchio di certificazione europeo, di cui agli articoli dall'83 al 89 del Regolamento Marchi (UE) 2017/1001.

Si osservi infatti in proposito che la definizione di marchio di certificazione contenuto nella Direttiva è sostanzialmente identica a quella dell'art. 83 del Regolamento marchi UE n. 2017/1001/UE, ma con la differenza che nel marchio di certificazione UE è esplicitamente esclusa la provenienza geografica come elemento idoneo a qualificare il marchio di certificazione UE.

Il comma 1 del nuovo articolo 11-bis consente che le persone fisiche o giuridiche, tra cui istituzioni, autorità ed organismi accreditati a garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, possano ottenere la registrazione di marchi di certificazione, a condizione che non svolgano un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato.

Viene inoltre previsto che i regolamenti concernenti l'uso dei marchi di certificazione, i controlli e le relative sanzioni debbano essere allegati alla domanda di registrazione in conformità ai requisiti propri dei regolamenti d'uso dei marchi di certificazione.Tali requisiti vengono contestualmente introdotti dallo schema in esame, con l'articolo 21, che aggiunge un nuovo comma 1-ter all'articolo 157 del Codice.

Si consente altresì che un marchio dì certificazione può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi. In tal caso, l'Ufficio italiano brevetti e marchi può rifiutare, con provvedimento motivato, la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione. L'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) ha facoltà di chiedere al riguardo l'avviso delle amministrazioni pubbliche, categorie e organi interessati o competenti. L'avvenuta registrazione del marchio di certificazione costituito da nome geografico non autorizza il titolare a vietare a terzi l'uso nel commercio del nome stesso, purché quest'uso sia conforme ai principi della correttezza professionale. Viene da ultimo prevista una norma di rinvio a tutte le altre disposizioni del codice in quanto non contrastino con la natura dei marchi di certificazione.

Modifiche alla disciplina della novità (articolo 5)

L'articolo 5 dello schema apporta modifiche all'articolo 12 CPI, essenzialmente volte ad un adeguamento terminologico della disciplina ivi contenuta alle previsioni di cui all'articolo 5, comma 1, lett. a) della Direttiva. Inoltre, con una novella al citato articolo 12, comma 2, in simmetria con quanto da tale disposizione già previsto per il marchio collettivo, che non toglie la novità il marchio anteriore che sia scaduto da oltre tre anni se si tratta di un marchio di certificazione.

Decorrenza degli effetti del rinnovo della registrazione e adeguamenti terminologici (articoli 7 e 8)

L'articolo 7 dello schema di decreto interviene sulla data di decorrenza degli effetti della rinnovazione della registrazione, disponendo, con una novella all'articolo 15 CPI, che essi decorrano dal giorno successivo alla data di scadenza della registrazione precedente (anzichè dalla data di scadenza della registrazione precedente), in simmetria con l'articolo 49, paragrafo 5 della Direttiva. 

L'articolo 8 dello schema, intervenendo sulla disciplina della protezione temporanea accordabile con decreto ministeriale, di cui all'articolo 18, aggiorna la formulazione decreto del Ministero delle attività produttive, condecreto del  Ministero dello sviluppo economico.

Integrazioni alla disciplina dei diritti conferiti dalla registrazione del marchio (articolo 9)

L'articolo 9 integra la disciplina contenuta nell'articolo 20 CPI sui diritti scaturenti dalla registrazione del marchio in capo al suo titolare, in attuazione dell'articolo 3, comma 3, lettera d) della legge di delegazione europea. Le nuove previsioni sono finalizzate a consentire ai proprietari dei marchi di combattere la contraffazione in modo più efficace, con particolare riferimento agli atti preparatori alla contraffazione e alle merci contraffatte in transito nello Stato.

L'articolo 20 CPI viene quindi novellato in più punti, in primis ai commi 1 e 2, al fine:

  • di prevedere che il titolare del marchio ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica - anche ai fini diversi da quello di contraddistinguere prodotti e servizi - un segno identico o simile al marchio registrato quando l'uso di tale segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi. Tale previsione viene introdotta in attuazione dell'articolo 10, comma 6 della Direttiva;
  •  che il titolare del marchio può  vietare ai terzi di apporre il segno - oltre che sui prodotti o sulle loro confezioni - anche sugli imballaggi, nonchè vietare di apporre il segno su confezioni, imballaggi, etichette, cartellini, dispositivi di sicurezza o autenticazione o componenti degli stessi o su altri mezzi su cui il marchio può essere apposto ovvero di offrire, immettere in commercio, detenere a tali fini, importare o esportare tali mezzi recanti il marchio, quando vi sia il rischio che gli stessi possano essere usati in attività costituenti violazione del diritto del titolare. Tali previsioni vengono introdotte in attuazione dell'articolo 10,  paragrafo 3, lettere da a) a c) e dell'articolo 11 della Direttiva. Tale articolo quale sancisce il divieto di atti preparatori alla contraffazione in quanto consente al titolare del marchio il potere di inibire l'imballaggio, le etichette, i cartellini, le caratteristiche o i dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui è apposto il marchio d'impresa prima che possano essere utilizzati con prodotti o servizi contraffatti, evitando così, come evidenzia la relazione illustrativa, facili elusioni da parte dei contraffattori, che spesso fanno "viaggiare separati" prodotti e marchi, apponendovi questi ultimi solo nell'imminenza della commercializzazione, cosi da ridurre il rischio di controlli e sequestri che, invece, con la disposizione in commento potranno essere disposti anche in relazione a queste attività preparatorie.

Nel medesimo articolo 20 vengono altresì introdotti due nuovi commi, secondo i quali:

  • il titolare del marchio può vietare ai terzi di introdurre in Italia, in ambito commerciale, prodotti che non siano stati immessi in libera pratica, quando detti prodotti oppure il relativo imballaggio provengono da Paesi terzi rispetto all'UE e recano senza autorizzazione un segno identico al marchio o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali dal marchio, qualora i prodotti in questione rientrino nell'ambito di protezione del marchio stesso, a meno che durante il procedimento per determinare l'eventuale violazione del marchio, il dichiarante o il detentore dei prodotti fornisca la prova del fatto che il titolare del marchio non ha il diritto di vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel Paese di destinazione finale (nuovo comma 2-bis). Tale nuovo comma recepisce quanto previsto dall'articolo 10, paragrafo 4 della Direttiva, il quale - come  evidenziato dalla relazione illustrativa - consente di applicare anche in caso di mero transito la procedura di sequestro alla frontiera, con un decisivo progresso rispetto alla situazione attuale in cui il sequestro doganale, anche delle merci in mero transito nel territorio europeo, era ammesso solo in presenza di elementi indiziari del fatto che le merci sospette di contraffazione, se non bloccate, sarebbero state commercializzate in Europa.
    In base alla nuova regola, invece, sarà sufficiente che il titolare del marchio disponga di un'esclusiva sia nel Paese europeo dove le merci vengono presentate in dogana, sia in quello di destinazione dichiarata delle merci in transito; inoltre, l'onere di provare che il titolare del marchio UE non ha il diritto di vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel Paese di destinazione finale graverà sul soggetto che presenta le merci alla dogana europea, il quale dovrà assolvere tale onere nell'ambito del procedimento attivato ai sensi del Regolamento UE n. 608/2013, cosi sgravando il titolare del marchio (e le Dogane) dei costi e oneri relativi (cfr. comunicazione della Commissione sull'applicazione dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali relativa alle merci introdotte nel territorio doganale dell'Unione senza essere immesse in libera pratica, comprese le merci in transito (2016/C- 244/03).
  • se la riproduzione di un marchio in un dizionario, in un'enciclopedia o in un'analoga opera di consultazione in formato cartaceo o elettronico dà l'impressione che esso costituisca il nome generico dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, su richiesta del titolare del marchio d'impresa l'editore dell'opera provvede affinché la riproduzione del marchio sia, tempestivamente e al più tardi nell'edizione successiva in caso di opere in formato cartaceo, corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato (nuovo comma 3-bis, che recepisce quanto previsto dall'articolo 12 della Direttiva).

Modifiche alle limitazioni del diritto di marchio (articolo 10)

L'articolo 10  interviene apportando modifiche alla disciplina delle limitazioni del diritto di marchio di cui all'articolo 21 CPI, specificando, che il diritto di marchio registrato non permette al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica:

  • del loro nome o indirizzo, qualora si tratti di una persona fisica: tale circostanza viene inserita con la novella in esame, in simmetria con quanto prevede la Direttiva, all'articolo 14, paragrafo 1, lett a), per cui la difesa del nome è limitata alle persone fisiche;
  • di segni o indicazioni che non sono distintivi. Tale previsione, di carattere generale, che riproduce quanto contenuto nell'articolo 14, paragrafo 1, lett. b) della Direttiva, si aggiunge a quanto attualmente già disposto dalla norma per cui il diritto di marchio registrato non permette al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio.
  • del marchio d'impresa per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi del titolare di tale marchio. Tale previsione, di carattere generale, riproduce quanto contenuto nell'articolo 14, paragrafo 1, lett. c) della Direttiva.

Modifiche alla disciplina sull'uso del marchio (articolo 11)

Secondo la normativa vigente, contenuta nell'articolo 24 CPI, comma 1, il marchio, a pena di decadenza, deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia giustificato da un motivo legittimo.

L'articolo 11 dello schema di decreto in esame, attraverso l'introduzione di un nuovo comma 1-bis, specifica che, nel caso di marchi collettivi o di certificazione, i requisiti di cui sopra sono soddisfatti quando l'uso effettivo è effettuato da un soggetto legittimato all'uso, in ossequio a quanto previsto dalla Direttiva all'articolo 28, comma 5 per i marchi di certificazione ed all'articolo 32 in materia di marchi collettivi.

Inoltre, con la novella viene meglio precisato che è equiparato all'uso del marchio:

  • l'uso dello stesso in forma modificata ancorché non registrata (che non ne alteri il carattere distintivo), in recepimento di quanto previsto dall'articolo 16, paragrafo 5 della Direttiva. Come evidenziato dalla relazione illutrativa, tale disposizione codifica le conclusioni della Corte di Giustizia nella Causa C-533/11 - Rintisch ("PROTI");
  • l'apposizione del marchio - oltre che sui prodotti o sulle loro confezioni - anche sugli imballaggi ai fini dell'esportazione di essi.

Integrazioni alle cause di nullità del marchio (articolo 12)

L'articolo 12 dello schema aggiunge tra i motivi di nullità del marchio - disciplinati dall'articolo 25  CPI - la non conformità alle previsioni del Codice sui marchi collettivi e sui marchi di certificazione. Tali previsioni, come sopra detto, sono contenute rispettivamente nell'articolo 11 e nell'articolo 11-bis, il primo modificato ed il secondo inserito dallo schema in esame. Ciò in attuazione dell'art. 36 della Direttiva, per i marchi collettivi, mentre, per quelli di certificazione, in attuazione dell'articolo 3, comma 3, lettera f), n. 4) della legge di delegazione europea. Contestualmente, l'articolo 13 aggiunge la previsione per cui, nel caso di contrasto con le disposizioni in materia di marchi collettivi di cui all'articolo 11, o di marchi di certificazione di cui all'articolo 11-bis, la nullità non può essere dichiarata qualora il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni, modificando il regolamento d'uso.   

Modifiche alla ripartizione dell'onere della prova nell'ambito delle azioni giudiziarie di contraffazione (articolo 13)

L'articolo 13 reca modifiche all'articolo 121 CPI in materia di ripartizione dell'onere della prova nell'ambito delle azioni giudiziarie di contraffazione.Tali novelle attuano le previsioni contenute all'art. 17 della Direttiva. Attraverso l'intervento novellatore si conferma che l'onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso su chi impugna il titolo, ma salvo il caso di decadenza per non uso. In ogni caso in cui sia domandata o eccepita la decadenza per non uso, spetta al titolare del marchio la prova dell'uso dello stesso nei 5 anni precedenti la data di presentazione dell'azione o che esistono motivi validi per il non uso conformemente a quanto previsto dall'articolo 24 CPI.

Dunque, ai sensi della normativa come modificata, non è possibile impedire l'uso di un segno se i diritti del titolare sono suscettibili di essere dichiarati decaduti per non uso al momento in cui l'azione per contraffazione viene intentata. La relazione illustrativa evidenzia che, in ogni caso, è l'azione introdotta in via principale per la dichiarazione di decadenza che produce effetti erga omnes.

Modifiche in materia di legittimazione all'azione di nullità e di decadenza (articolo 14)

L'articolo 14 dello  schema reca modifiche all'articolo 122 del CPI in materia di legittimazione all'azione di nullità e di decadenza, al fine di coordinare l'azione giudiziaria con quella amministrativa (introdotta dall'articolo 29 dello schema di decreto), per ragioni di economia processuale e procedimentale. In particolare, l'articolo aggiunge due commi all'art. 122 del CPI. Il nuovo comma 4-bis prevede che l'azione di nullità o decadenza di un marchio registrato  sia improcedibile qualora, su una domanda con il medesimo oggetto, i medesimi fatti costitutivi e fra le stesse parti, sia stata pronunciata una decisione dall'Ufficio italiano brevetti e marchi ai sensi dell'articolo 184-quater (articolo introdotto dall'art. 29 dello schema, su cui v. infra) o sia pendente un procedimento dinanzi all'Ufficio italiano brevetti e marchi, ai sensi dell'articolo 184- bis (articolo introdotto dall'art. 29 dello schema, su cui v. infra). Il nuovo comma 4-bis prevede che, che fuori dai casi sopra descritti, qualora l'azione di nullità o decadenza di un marchio registrato sia esercitata in pendenza di un procedimento amministrativo, connesso per il suo oggetto, il giudice possa sospendere il relativo processo. La parte che vi abbia interesse deve chiedere la fissazione  di una nuova udienza entro il termine perentorio di tre mesi dalla definizione del procedimento amministrativo connesso, ai sensi dell'articolo 297, comma 3, del codice di procedura civile. 

Legittimazione all'azione di contraffazione del licenziatario (articolo 15)

L'articolo 15 dello schema inserisce nel CPI un nuovo articolo 122-bis, in materia di legittimazione all'azione di contraffazione del licenziatario, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 25, paragrafi 3 e 4 della Direttiva e, quanto ai marchi collettivi, dall'art. 34, paragrafo 1 della Direttiva. In particolare, il nuovo articolo 122-bis dispone che, fatte salve le clausole del contratto di licenza, il licenziatario possa avviare un'azione per contraffazione di un marchio d'impresa soltanto con il consenso del titolare del medesimo marchio. Il titolare di una licenza esclusiva può tuttavia avviare una siffatta azione se il titolare del marchio, previa messa in mora, non avvia un'azione per contraffazione entro termini appropriati.

Al riguardo, si osserva che sarebbe opportuno introdurre un termine determinato o determinabile.

E' consentito al licenziatario di intervenire nell'azione per contraffazione avviata dal titolare del marchio per ottenere il risarcimento del danno da lui subito. Le predette disposizioni si applicano anche ai soggetti abilitati all'uso di marchi collettivi.

Nuove disposizioni in materia di procedura dinnanzi alla Commissione ricorsi (articoli 16-18)

Gli articoli 16, 17 e 18 introducono nel Codice di proprietà industriale nuove disposizioni in materia di procedura innanzi alla Commissione dei ricorsi avverso i provvedimenti dell'UIBM che respingono totalmente o parzialmente una domanda o istanza, che rifiutano la trascrizione oppure che impediscono il riconoscimento di un diritto e negli altri casi previsti dal CPI. La relazione illustrativa evidenzia in proposito che, in tal modo, viene innovato l'attuale quadro normativo che tratteggia solo in modo sommario la procedura in questione, in attuazione del principio di delega contenuto nell'articolo 3, comma 3, lettera h) della legge n. 163/2017.

Nel dettaglio, l'articolo 17 dello schema sostituisce l'articolo 136 CPI, che attualmente disciplina la procedura dinnanzi alla Commissione ricorsi e l'articolo 18 introduce dodici nuovi articoli dal 136-bis al 136-terdecies, volti a disciplinare in modo più analitico la procedura in questione e asuperare - afferma la relazione illustrativa - le difficoltà interpretative ed applicative che negli anni si sono presentate, dettando una disciplina organica del processo innanzi la Commissione.

L'articolo 16 reca conseguenti modifiche di coordinamento dell'articolo 135 CPI con la nuova procedura introdotta. Viene in particolar modo soppresso il termine perentorio ivi previsto per la presentazione del ricorso alla Commissione ricorsi e aggiornato in ogni parte il riferimento al nome corrente del Ministero dello sviluppo economico.

La presentazione dei ricorsi trova ora la sua disciplina analitica nell'articolo 136 CPI, novellato dall'articolo 17 dello schema qui in esame. Ai sensi di tale articolo qui novellato, la notifica del ricorso va effettuata, a pena di inammissibilità, ad almeno uno dei controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce e all'UIBM,  entro il termine perentorio di sessanta giorni da quello in cui l'interessato abbia ricevuto comunicazione o conoscenza dell'atto impugnato. Dunque, secondo le modifiche apportate dallo schema in esame, il termine per la notifica del ricorso rimane invariato, mentre si specifica che la notifica va fatta ad almeno uno dei controinteressati (anzichè ai controinteressati) ai quali l'atto direttamente si riferisce.

  Quanto ai requisiti di forma e di contenuto del ricorso essi trovano ora una analitica indicazione e taluni di essi sono previsti a pena di inammissibilità. Quanto alle modalità procedurali della presentazione della notifica, si richiama l'art. 137 e ss. cpc. inoltre, le comunicazioni a cura della segreteria possono essere effettuate mediante l'utilizzo di posta elettronica certificata. Infine, viene disciplinato il ricorso incidentale, con un richiamo all'art. 334 c.p.c., relativo alle impugnazioni incidentali tardive, che si applica in quanto compatibile.

I nuovi articoli da 136-bis a 136-terdecies - introdotti dall'articolo 18 dello schema -disciplinano rispettivamente:

  • il deposito del ricorso, che deve avvenire, come già prevede l'art. 136 comma 1, CPI, entro il termine perentorio di trenta giorni dall'ultima notifica del ricorso stesso (nuovo articolo 136-bis);
  • l'iscrizione del ricorso nel registro generale e la formazione del fascicolo d'ufficio da parte della segreteria della Commissione e di quello delle parti; nonchè le comunicazioni a cura della segreteria, che possono essere effettuate mediante l'utilizzo di posta elettronica certificata (nuovo articolo 136-ter). Tale disciplina è più analitica di quella attualmente prevista nell'art. 136, comma 4 CPI, ai sensi del quale l'UIBM, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di deposito del ricorso, deve produrre, mediante inserimento in apposito fascicolo tenuto dalla segreteria della Commissione, l'eventuale provvedimento impugnato nonché gli atti ed i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati, e quelli che l'ufficio ritiene utili al giudizio;
  • l'esame preliminare del ricorso da parte del Presidente e il potere da parte di questo di dichiararne con decreto l'inammissibilità, quando manifesta. Il medesimo Presidente, ove ne sussistano i presupposti, dichiara inoltre con decreto la sospensione, l'interruzione e l'estinzione del processo . Viene, inoltre, disciplinato il reclamo avverso il decreto con cui è disposta la sospensione, interruzione o estinzione del giudizio e la tipologia di provvedimenti che possono essere emanati dalla Commissione in relazione alle possibili fattispecie: sentenza, se è dichiarata l'inammissibilità del ricorso o l'estinzione del processo; ordinanza non impugnabile, negli altri casi. E' prevista inoltre la riunione dei ricorsi con lo stesso oggetto o che sono tra di loro connessi, nonché l'ipotesi della separazione per garantire la celerità del giudizio (nuovo articolo 136-quater).Tale disciplina è del tutto nuova rispetto a quanto attualmente previsto nell'art. 136 CPI.;
  • la fase preliminare all'udienza di trattazione prevedendo la comunicazione da parte della segreteria della Commissione alle parti costituite della data dell'udienza di trattazione almeno quaranta giorni liberi prima della stessa, e i termini per il deposito ad opera delle parti di documenti e memorie (articolo 136-quinquies);
  • la trattazione della controversia. In particolare, si disciplina la composizione del collegio (presidente più due componenti della Commissione) e la deliberazione in camera di consiglio (articolo 136-sexies). Anche tale disciplina è più analitica rispetto a quanto attualmente previsto dai commi 6 e 7 dell'articolo 136 CPI.
  • le deliberazioni del collegio giudicante, con la possibilità di un suo rinvio di non oltre trenta giorni. Vengono altresì disciplinate le modalità secondo cui la Commissione delibera, stabiliti gli elementi di cui si compone la sentenza e le modalità di pubblicazione e notificazione della stessa (articolo-136-septies)
  • le diverse ipotesi di sospensione ed interruzione del processo, che è dichiarata dal presidente della Commissione con decreto o dalla Commissione con ordinanza; le conseguenze della sospensione e dell'interruzione sui termini del processo: durante la sospensione e l'interruzione non possono essere compiuti atti del processo. E' altresì disciplinata la riassunzione del processo e i relativi termini (articolo 136-octies).  
    Si osserva al riguardo che non appare chiaro quanto disposto dal comma 9 del nuovo articolo 136-octies secondo il quale i termini interrotti ricominciano a decorrere dalla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 136-nonies, posto che tale nuovo articolo disciplina l'estinzione del processo. Sarebbe opportuno un chiarimento al riguardo.
  • i casi di estinzione del processo per rinuncia al ricorso di una delle parti, per inattività delle parti (nei casi in cui ad esse spetti di proseguire, riassumere o integrare il giudizio e non vi abbiano provveduto entro un termine perentorio stabilito dalla legge o dalla Commissione) o per sopravvenuta carenza di interesse ad agire (articolo 136-nonies);
  • il procedimento di correzione degli errori materiali, stabilendo che vi si provvede con ordinanza emessa in camera di consiglio, d'ufficio o su richiesta di parte (articolo 136-decies);
  • i provvedimenti cautelari, i quali vengono adottati con ordinanza emessa in Camera di consiglio, la cui normativa riproduce l'attuale formulazione dell'articolo 136, commi 17 e 18 CPI (articolo 136-undecies);
  • il giudizio di ottemperanza al giudicato, nell'ipotesi in cui l'amministrazione non abbia prestato ottemperanza alle misure cautelari concesse, o vi abbia adempiuto solo parzialmente. Le norme riproducono in sostanza quanto attualmente previsto dall'articolo 136, comma 19 CPI (articolo 136-duodecies);                                          
  • il sistema delle impugnazioni, stabilendo che avverso la sentenza della Commissione dei ricorsi, pronunciata in unico grado, è proponibile ricorso per Cassazione. In tale caso, il ricorso non sospende l'esecuzione della sentenza. Tuttavia, il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione (viene richiamato l'art. 373 c.p.c). E' altresì ammissibile il ricorso per revocazione, nei casi di cui all' art.395c.p.c.(articolo 136-terdecies).

Decorrenza degli effetti dell'affissione delle comunicazioni presso l'Albo dell'UIBM (articolo 19) e adeguamenti terminologici (articolo 22)

L'articolo 19 apporta modifiche all'articolo 147 CPI in ordine alla decorrenza degli effetti dell'affissione delle comunicazioni presso l'Albo dell'ufficio italiano brevetti e marchi, laddove manchi l'indicazione o l'elezione del domicilio da parte del soggetto interessato (destinatario delle medesime comunicazioni), nonché in tutti gli altri casi di irreperibilità del soggetto interessato. La novella in particolare introduce nel citato articolo 147un nuovo comma 3-quinquies, il quale dispone che, nei suddetti casi, la comunicazione si ha per eseguita lo stesso giorno in cui è stata effettuata l'affisione nell'Albo.

 La relazione illustrativa afferma che tale previsione, individuando espressamente il dies a quo di decorrenza degli effetti dell'affissione all'Albo, consente di aumentare il livello di certezza del  diritto, aumentando il grado di efficienza e rapidità complessiva dell'azione amministrativa dell'Ufficio. Al riguardo afferma che si è tenuto conto che in ogni comunicazione dell'Ufficio è previsto il termine di due mesi in favore del richiedente per dare riscontro. Viene in particolare richiamato l'articolo 173, comma 1 CPI, il quale dispone che i rilievi ai quali dà luogo l'esame delle domande e delle istanze devono essere comunicati all'interessato con l'assegnazione di un termine per la risposta non inferiore a due mesi dalla data di ricezione della comunicazione. Viene infine richiamata l'analoga disciplina contenuta nell'articolo 59 del Regolamento delegato sul marchio europeo, il quale prevede la notifica pubblica mediante pubblicazione di un avviso. La Direttiva non prevede invece una disposizione analoga.

L'articolo 22 modifica il comma 4 dell'articolo 159 CPI in materia di domanda di rinnovazione di marchio, aggiornando la dizione marchio comunitario alla dizione marchio dell'Unione europea, come previsto all'articolo 1 del Regolamento Marchi (UE) 2017/1001.

Con riferimento all'articolo 22, sarebbe altresì opportuno aggiornare il richiamo al Regolamento sul marchio europeo al nuovo Reg. UE (UE) 2017/1001 e successive modificazioni.

Integrazioni alla disciplina di esame tecnico delle domande (articolo 23 e articolo 27, comma 1, lett. d))

L'articolo 23 dello schema modifica l'articolo 170 CPI, relativo all'esame tecnico delle domande da parte dell'UIBM. L'esame tecnico viene eseguito su quelle domande per le quali è stata già riconosciuta la regolarità formale. Le modifiche sono finalizzate a ricomprendere all'interno della disciplina di esame tecnico anche le verifiche inerenti i marchi di certificazione (di cui all'articolo 11-bis dello schema) e gli impedimenti alla registrazione in materia di DOP, IGP, MTV e STG (di cui rispettivamente all'articolo 14, comma 1, lettere c-bis), c-ter), c-quater) e c-quinquies)). A tal fine, viene novellato il comma 1 dell'articolo 170 CPI. Il medesimo articolo viene altresì integrato di due ulteriori commi 2-bis e 2-ter.

Il nuovo comma 2-bis, in particolare, prevede che l'esame delle modifiche al regolamento d'uso di marchi collettivi o di marchi certificazione sia rivolto ad accertare se possono trovare applicazione le disposizioni previste, rispettivamente, all'articolo 11 e all'articolo 11-bis CPI (come modificati e integrati dal decreto in esame) e che le modifiche del regolamento d'uso acquistano effetto soltanto a decorrere dalla data di iscrizione di tali modifiche nel registro, in recepimento i quanto previsto dall'articolo 33, paragrafo 2 e 3 della Direttiva.

Il nuovo comma 2-ter dispone che l'UIBM esamina con precedenza la domanda di marchio ove questa risulti essere il motivo in base al quale è stata proposta una opposizione ad una domanda dì registrazione di marchio dell'Unione europea; un'azione di revoca di una registrazione dell'Unione europea; una istanza di decadenza o nullità ad una domanda di marchio dell'Unione europea; una azione di decadenza di una registrazione dell'Unione europea. Si tratta di disposizioni in parte già previste dall'articolo 180, comma 3-bis CPI, che vengono ora inserite nell'articolo 170 al fine di raccogliere sotto un unico articolo le norme concernenti l'esame delle domande con precedenza. Conseguentemente, il comma 3-bis dell'articolo 180 viene abrogato dall'articolo 27, comma 1, lett. d) dello schema qui in esame.

Modifiche alla disciplina del deposito dell'istanza di opposizione in via amministrativa alla registrazione (articolo 24)

L'articolo 24 modifica l'articolo 176 CPI, in materia di deposito dell'istanza d'opposizione in via amministrativa alla registrazione di marchi, volte a correggere alcuni errori materiali presenti nel comma 2 del citato articolo 176 (lett. a) e b) del comma 1 dell'art. 24)  e ad introdurre, nel contenuto necessario a pena di irricevibilità della domanda di opposizione,  previsto dallo stesso comma 2 dell'articolo 176, l'atto di nomina del rappresentante o la dichiarazione di riserva di deposito ad esso relativa, se è stato nominato un mandatario, nonchè la previsione che, se è formulata riserva, l'atto di nomina deve essere depositato entro il termine perentorio di due mesi dalla data del deposito dell'opposizione.

Viene dunque anticipato alla fase di presentazione della domanda il deposito dell'atto di nomina del rappresentante, già comunque previsto dal comma 4, lettera d) del medesimo articolo 176 (che viene pertanto soppresso dalla lettera f) del comma 1).

In tale modo, afferma la relazione illustrativa, si consente all'UIBM di rendere più efficiente e rapida l'istruttoria sui motivi di ammissibilità della domanda che, per l'effetto, vengono concentrati nella fase preliminare prodromica all'esame di merito ed alla decisione. In mancanza di un intervento normativo al riguardo, la fase d'esame dell'opposizione, compreso il periodo di conciliazione (di cui all'articolo 178 CPI) e le relative istanze di proroga (fino ad 1 anno) oltre che la stessa rinuncia all'opposizione potevano in ogni caso essere presentate senza alcuna evidenza della procura.

Estensione della legittimazione all'opposizione in via amministrativa ad una domanda di registrazione (articolo 25)

L'articolo 25 modifica il comma 1 dell'articolo 177 CPI in materia di legittimazione all'opposizione ad una domanda di registrazione, estendendola anche:

  • ai soggetti legittimati a tutelare i diritti conferiti da una denominazione di origine ovvero da una indicazione geografica;
  • al soggetto che ha depositato la domanda di protezione di una denominazione di origine ovvero di una indicazione geografica, non ancora concessa al momento della presentazione dell'opposizione.
    Tale estensione costituisce recepimento di quanto previsto nell'articolo 43 della Direttiva.

Modifiche in materia di esame dell'opposizione in via amministrativa e decisioni (articolo 26)

L'articolo 26 modifica l'articolo 178 CPI in materia di esame dell'opposizione alla registrazione di un marchio e delle relative decisioni. In proposito, si ricorda che l'articolo 178, comma 4 CPI  prevede attualmente che l'opponente titolare di marchio anteriore registrato da almeno cinque anni deve, su istanza del richiedente, fornire i documenti idonei a provare che tale marchio è stato oggetto di uso effettivo, da parte sua o con il suo consenso, per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato e sui quali si fonda l'opposizione. L'articolo in esame,  con una novella al comma 4, specifica che i cinque anni devono essere alla data di deposito o di priorità del marchio oggetto dell'opposizione.

Con riferimento all'articolo 26, comma 1, lett. b), che opera la novella in questione, si osserva l'opportunità di espungere la locuzione "o che vi siano motivi legittimi per la mancata utilizzazione", in quanto già presente nel testo della norma oggetto di novella.

L'articolo in esame inserisce altresì dopo il comma 4 dell'articolo 178, un nuovo comma 4-bis ai sensi del quale la prova d'uso del marchio opera anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio dell'Unione europea. In tal caso l'uso effettivo del marchio dell'Unione europea è determinato a norma dell'articolo 18 del Regolamento Marchi (UE) 2017/1001.

Inoltre, l'articolo qui in commento, con una novella al comma 2 del citato articolo 178, specifica che il richiedente la registrazione di un marchio che abbia ricevuto la documentazione su cui si fonda l'opposizione alla registrazione, senza esser pervenuto ad un accordo di conciliazione, può presentare istanza della prova d'uso del marchio anteriore contestualmente alla presentazione per iscritto delle proprie deduzioni, entro il termine fissato all'uopo dall'UIBM. 

Viene infine aggiunto un nuovo comma 7-bis nell'articolo 178 CPI, il quale prevede che l'Ufficio italiano brevetti e marchi pone a carico del richiedente, se soccombente, il rimborso dei diritti di opposizione. Le spese di rappresentanza professionale nel procedimento sono liquidate a carico della parte soccombente, a domanda, nella misura massima individuata con decreto del Ministero dello sviluppo economico. Tale disposizione, afferma la relazione tecnica, è già prevista all'articolo 56, comma 4 del decreto ministeriale di esecuzione del CPI (D.M 13 gennaio 2010, n. 33) ed è ora inserita in una fonte primaria al fine di prevenire eventuali criticità sotto il profilo della riserva di legge, di cui all'articolo 23 Cost., per cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Integrazione delle fattispecie di sospensione e  estinzione del procedimento di opposizione (articoli 27 e 28)

L'articolo 27 modifica l'articolo 180 CPI, introducendo le seguenti ulteriori fattispecie in presenza delle quali opera la sospensione del procedimento di opposizione:

  • se l'opposizione è basata su una domanda di protezione di una denominazione di origine ovvero di una indicazione geografica, fino alla protezione (a tal fine, viene introdotta nel citato articolo 180, comma 1, una nuova lettera d-bis))
  • se è pendente un procedimento di cancellazione della denominazione di origine protetta ovvero della indicazione geografica protetta, fino al termine in cui la decisione della Commissione europea diviene definitiva (nuova lettera e-ter)).

L'articolo 28 modifica, inoltre, l'articolo 181 CPI introducendo le seguenti ulteriori fattispecie in presenza delle quali opera l'estinzione del procedimento di opposizione:

  • la domanda di protezione della denominazione di origine o della indicazione geografica sulla quale si fonda l'opposizione è ritirata o rigettata (a tal fine, viene introdotta nel comma 1 dell'articolo 181 una nuova lettera a-bis)) ;
  • la denominazione di origine protetta o l'indicazione geografica protetta sulla quale si fonda l'opposizione è cancellata (nuova lettera a-ter nel comma 1 dell'articolo 181);
  • la domanda o la registrazione, oggetto di opposizione, è stata limitata, cancellando i prodotti o servizi contro cui è stata fatta opposizione (nuova lettera e-bis nel comma 1 dell'articolo 181);
  • è venuto meno l'interesse ad agire (nuova lettera e-ter nel comma 1 dell'articolo 181).

Le integrazioni sono da ricollegare, come osserva la relazione illustrativa, alle novità introdotte in materia di impedimento assoluto alla registrazione di un segno come marchio nel caso di conflitto con la tutela delle DOP e delle IGP (cfr. supra), oltre che all'opportunità di prevedere in via residuale una clausola generale di estinzione in ogni altro caso di sopravvenuta carenza di interesse ad agire.

    

Introduzione della disciplina organica del procedimento amministrativo di decadenza e nullità (articolo 29)

L'articolo 29 reca la disciplina organica del procedimento di decadenza e nullità dei marchi di impresa registrati. A tal fine, l'articolo  inserisce nel Capo IV del Codice, relativo all' "acquisto e mantenimento dei diritti di proprietà industriale e relative procedure" un'apposita Sezione II-bis.

L'introduzione nel Codice di tale disciplina organica costituisce attuazione degli articoli da 45 a 47 della Direttiva, oltre che è in ottemperanza dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 3, comma 3, lettera g) della legge di delegazione europea. La relazione illustrativa rileva che, sotto il profilo sistematico, la struttura della nuova sezione riprende quella della precedente Sezione II in materia di osservazioni e opposizioni.

Nel dettaglio, la lettera b) dell'articolo 29 inserisce nove nuovi articoli da 184-bis al 184-decies CPI.

L'articolo 184-bis disciplina il deposito dell'istanza di decadenza o nullità a livello amministrativo, facendo comunque salva la proponibilità dell'azione davanti all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 120 CPI. I soggetti legittimati, come individuati nel successivo articolo 184-ter, possono presentare istanza, scritta e motivata, all'UIBM per l'accertamento della decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa registrato.

I motivi su cui può fondarsi l'istanza di decadenza sono quelli di cui:

  • all'articolo 13, comma 4 CPI (sopravvenuta perdita della capacità distintiva del marchio divenuto denominazione generica); 
  • articolo 14, comma 2, lettera a) CPI (sopravvenuta ingannevolezza per il pubblico a causa di modo e  contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è registrato)
  • articolo 24 (uso effettivo quinquennale, previsto dal citato articolo 24 a pena di decadenza)

I motivi su cui può fondarsi l'istanza di nullità sono i seguenti:

  1.  il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato in quanto non soddisfa i requisiti previsti dall'articolo 7 CPI (sull'oggetto della registrazione), all'articolo 9 CPI (segni costituiti esclusivamente dalla forma o altra caratteristica imposta dalla natura stessa del prodotto), articolo 10, comma 1 cpi (stemmi e altri simboli ed emblemi di interesse pubblico che non possono costituire oggetto di marchio), articolo 13, commi da 1 a 3 CPI (sulla capacità distintiva), articolo 14 (sulla liceità e diritti dei terzi) comma 1, lettera a) (segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume), lettera b) (segni idonei ad ingannare il pubblico), lettera c-bis) (sulle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche), c-ter) (sulle menzioni tradizionali per i vini protette), c-quater) (sulle specialità tradizionali garantite) e c-quinquies) (sulle denominazioni di varietà vegetali) del CPI;
  2. il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato a causa dell'esistenza di un diritto anteriore ai sensi degli articoli 12 (novità), comma 1, lettere da c) ad f) del CPI
  3. la domanda di registrazione del marchio d'impresa è stata presentata dall'agente o dal rappresentante senza il consenso del titolare o un giustificato motivo.

E' inoltre previsto che l'istanza di decadenza o di nullità, che può riguardare una sola registrazione di marchio, è ricevibile se redatta in lingua italiana e deve avere determinati contenuti e allegati. Alcuni di tali contenuti (esplicitamente indicati  nel nuovo articolo, al comma 4) sono previsti a pena di inammissibilità.Sono altresì previsti i casi di improcedibilità, e di sospensione.

In particolare, l'istanza è improcedibile qualora, su una domanda con il medesimo oggetto, i medesimi fatti costitutivi e fra le stesse parti, sia stata pronunciata una decisione o sia pendente un procedimento dinanzi all'Ufficio italiano brevetti e marchi o all'autorità giudiziaria adita ai sensi dell'articolo 122 CPI. L'istanza di decadenza o di nullità è altresì improcedibile qualora sia stata presentata contestualmente ad una domanda, con il medesimo oggetto, i medesimi fatti costitutivi e fra le stesse parti, proposta davanti all'autorità giudiziaria adita ai sensi dell'articolo 122.

Mentre, fuori del caso di improcedibilità, qualora un'istanza di decadenza o di nullità sia presentata all'Ufficio italiano brevetti e marchi in pendenza di un procedimento, amministrativo o giudiziario, connesso per l'oggetto (petitum), la trattazione dell'istanza è sospesa fino a che il procedimento pendente sia concluso. In tal caso, l'istante può chiedere la prosecuzione del procedimento sospeso, con istanza da presentare all'UIBM entro il termine perentorio di tre mesi dalla definitività del provvedimento adottato nel procedimento amministrativo connesso o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il processo connesso; altrimenti, il procedimento sull'istanza di decadenza o di nullità si estingue.

L'articolo 184-septies disciplina i seguenti ulteriori casi di sospensione della procedura di nullità o decadenza:

  1. se l'istanza di nullità è basata su una domanda anteriore di registrazione di marchio d'impresa, su una domanda di registrazione di denominazione di origine ovvero su una domanda di registrazione di indicazione geografica, fino a quando su tali domande non sia adottato un provvedimento definitivo;
  2. se l'istanza di nullità è basata su un marchio internazionale, fino a quando non siano scaduti i termini per il rifiuto o la presentazione di un'opposizione avverso la registrazione di tale marchio, ovvero si siano conclusi i relativi procedimenti di esame o di opposizione;
  3. a domanda del titolare del marchio posteriore, se è pendente un giudizio di nullità o di decadenza del marchio anteriore sul quale si fonda la domanda di nullità o relativo alla spettanza del diritto alla registrazione, fino al passaggio in giudicato della decisione;
  4. a domanda del titolare del marchio posteriore, se è pendente, dinanzi all'UIBM, un procedimento di nullità o di decadenza del marchio anteriore sul quale si fonda l'istanza o relativo alla spettanza del diritto di registrazione, fino a che la relativa decisione sia definitiva;
  5. a domanda del titolare del marchio posteriore, se è pendente un procedimento di cancellazione della denominazione di origine ovvero della indicazione geografica protetta sulla quale si fonda la domanda di nullità, fino al termine in cui la decisione della Commissione UE diviene definitiva;
  6. negli altri casi previsti dal regolamento di attuazione del Codice.

Se l'istante, entro tre mesi dalla cessazione delle predette cause sospensive non chiede la prosecuzione del procedimento sospeso, il procedimento sull'istanza di decadenza o di nullità si estingue.

L'articolo 184-ter disciplina la legittimazione attiva a presentare istanza di decadenza o nullità davanti allUIBM, in recepimento dell'articolo 45 della direttiva. In particolare, è legittimato attivo qualsiasi interessato nei casi in cui venga presentata una istanza di decadenza, ovvero una istanza di  nullità in quanto il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato perchè non soddisfa i requisiti previsti dall'articolo 7 CPI (sull'oggetto della registrazione), all'articolo 9 CPI (segni costituiti esclusivamente dalla forma o altra caratteristica imposta dalla natura stessa del prodotto), articolo 10, comma 1 CPI (stemmi e altri simboli ed emblemi di interesse pubblico che non possono costituire oggetto di marchio), articolo 13, commi da 1 a 3 CPI (sulla capacità distintiva), articolo 14 (sulla liceità e diritti dei terzi) comma 1, lettera a) (segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume), lettera b) (segni idonei ad ingannare il pubblico), lettera c-bis) (sulle denominazioni di origine ed indicazioni geografiche), c-ter) (sulle menzioni tradizionali per i vini protette), c-quater) (sulle specialità tradizionali garantite) e c-quinquies) (sulle denominazioni di varietà vegetali) del CPI. Nel caso in cui sia presentata istanza di nullità a causa dell'esistenza di un diritto anteriore ai sensi degli articoli 12 (novità), comma 1, lettere da c) ad f) del CPI, è legittimato il titolare del marchio anteriore o la persona autorizzata ad esercitare i diritti conferiti dalle DO o IGP.

L'articolo 184-quater disciplina la procedura d'esame della domanda di decadenza o di nullità e le relative decisioni. Quanto a queste ultime, si prevede, in particolare, che al termine del procedimento di decadenza o nullità, l'UIBM, se accoglie la domanda, accerta la decadenza o dichiara la nullità della registrazione del marchio in tutto o in parte, ovvero dispone il trasferimento della titolarità della registrazione. Nel caso di registrazione internazionale, l'Ufficio dà comunicazione della decisione all'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI). L'UIBM, con il provvedimento decisorio, pone a carico della parte soccombente il rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme alle spese di rappresentanza professionale nel procedimento, nella misura massima individuata con decreto del Ministero dello sviluppo economico. E' prevista l'annotazione nel registro dei provvedimenti che accertano la decadenza o dichiarano la nullità della registrazione o trasferiscono la titolarità della registrazione di un marchio.

L'articolo 184-quinquies disciplina la prova d'uso. In particolare, si prevede che nei procedimenti per la dichiarazione di nullità basata su un marchio d'impresa registrato con una data di deposito o di priorità anteriore, su istanza del titolare del marchio d'impresa posteriore, il titolare del marchio d'impresa anteriore deve fornire la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, il marchio d'impresa anteriore sia stato oggetto di uso effettivo per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda la domanda, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio anteriore, alla data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, fosse conclusa da almeno cinque anni.

Qualora, alla data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore, il termine di cinque anni durante il quale il marchio d'impresa anteriore doveva essere oggetto di uso effettivo, sia scaduto, il titolare del marchio d'impresa anteriore, oltre alla prova di cui sopra, deve fornire la prova che il marchio è stato oggetto di uso effettivo nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di deposito o di priorità, o che sussistevano motivi legittimi per il suo mancato uso. In mancanza delle prove sopra indicate, da fornire entro sessanta giorni dalla data di comunicazione dell'istanza da parte dell'UIBM, la domanda di nullità sulla base di un marchio anteriore è respinta. La disciplina di cui sopra si applica anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso, l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del relativo Reg.(UE) 2017/1001.

L'articolo 184-sexies reca disposizioni in materia di efficacia erga omnes e decorrenza degli effetti della decadenza e della nullità, prevedendo in particolare, che le decadenze o la nullità anche parziali di una registrazione di marchio hanno efficacia nei confronti di tutti quando siano dichiarate con provvedimento dell'UIBM divenuto definitivo. La declaratoria di decadenza della registrazione di un marchio d'impresa produce effetti a decorrere dalla data di deposito della domanda di decadenza o, su istanza del richiedente, di quella anteriore in cui è maturata una delle cause di decadenza. La nullità della registrazione di un marchio di impresa, per tutti o per una parte di prodotti o servizi, produce effetti fin dalla data della registrazione.

L'articolo 184-octies prevede l'estinzione della procedura di decadenza o nullità qualora:

a) il marchio sul quale si fonda l'istanza è stato dichiarato nullo o decaduto con sentenza passata in giudicato o provvedimento definitivo;

b) la rinuncia all'istanza di decadenza o nullità è accettata, senza riserve o condizioni, dalle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione;

c) la domanda o la registrazione, oggetto dell'istanza di decadenza o nullità è ritirata o rigettata con decisione definitiva per i prodotti e servizi controversi;

d) non è presentata istanza di prosecuzione del procedimento sospeso;

e) la domanda di protezione della denominazione di origine o della indicazione geografica sulla quale si fonda l'istanza di nullità è ritirata o rigettata;

f) la denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta o la specialità tradizionale garantita, sulla quale si fonda la domanda di nullità, è cancellata;

g) se è venuto meno l'interesse ad agire.

L'articolo 184-nonies prevede che le norme sopra indicate sulla procedura di decadenza o nullità entreranno in vigore successivamente all'emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico che ne stabilisce le modalità di applicazione.

L'articolo 184-decies prevede che il provvedimento con il quale l'UIBM dichiara irricevibile, inammissibile o estinta la procedura di decadenza o nullità ovvero accoglie, anche parzialmente, o respinge l'istanza, è comunicato alle parti che possono presentare ricorso davanti alla Commissione dei ricorsi, ai sensi dell'articolo 135 CPI.

Integrazione dei contenuti del Bollettino Ufficiale dei Marchi d'impresa (articolo 30)

L'articolo 30 modifica l'articolo 187 CPI, che reca i contenuti del Bollettino ufficiale dei marchi d'impresa, da pubblicarsi con cadenza almeno mensile, includendovi, con l'aggiunta al comma 1 della lettera f-quater), le domande di modifica al regolamento d'uso di marchi collettivi o di marchi di certificazione e le modifiche avvenute.

Assoggettamento all'imposta di bollo delle domande per le decadenze e le nullità (articolo 31)

L'articolo 31 modifica l'articolo 225 CPI in materia di diritti di concessione, includendo tra le domande assoggettate al pagamento dell'imposta di bollo, nonché al pagamento delle tasse di concessione governativa e dei diritti la cui determinazione è effettuata dal MISE su proposta del MEF, anche le domande per le decadenze e le nullità.

Modifiche alla disciplina dei diritti di rinnovo (articolo 32)

L'articolo 32 modifica l'articolo 227 CPI in materia di diritti per il mantenimento in vita dei titoli di proprietà industriale, introducendovi un nuovo comma 8-bis, ai sensi del quale, se la domanda di rinnovo del marchio o le relative tasse pagate si riferiscono soltanto a una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è registrato, questa è rinnovata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi, fatto salvo i casi di pagamento incompleto o irregolare dì cui all'articolo 230 CPI. Inoltre, se le tasse versate non sono sufficienti per tutte le classi di prodotti e servizi per le quali viene richiesto il rinnovo, la registrazione viene rinnovata se risulta chiaramente quali sono le classi cui si riferisce l'importo versato. In mancanza di altri criteri, l'Ufficio prende in considerazione le classi nell'ordine di classificazione. Tale nuova previsione recepisce le disposizioni di cui all'articolo 49, comma 4 della Direttiva.

Facoltà di convertire il segno in marchio collettivo o in marchio di certificazione (articolo 33 e 34)

L'articolo 33 reca una disposizione transitoria in favore dei titolari di marchi collettivi nazionali registrati secondo il regime previgente a quello del decreto in esame. Per essi, è in particolare prevista la facoltà di formulare domanda all'UIBM per la conversione del segno in marchio collettivo o in marchio di certificazione conformemente alla nuova disciplina, senza incorrere nel rischio di preclusioni sopravvenute ai sensi di quest'ultima.

La domanda deve essere corredata dal testo del regolamento d'uso del segno, aggiornato in coerenza alla nuova disciplina in vigore e alla scelta di conversione formulata dall'istante. E' altresì prevista l'estensione a tali domande dell'applicazione delle disposizioni del CPI in materia di domande di marchi di certificazione o marchi collettivi, compresa la tassa di deposito di cui all'articolo 11 della tariffa per la registrazione per marchi d'impresa  e collettivi allegata al D.P.R. n. 641/1972,  che viene a tal fine aggiornato dall'articolo 34 per estendere la tariffa in questione anche ai marchi di certificazione.

Si prevede che gli effetti della registrazione del nuovo marchio decorrano dal deposito della domanda di conversione, ai fini della determinazione della durata di cui all'articolo 15 CPI (10 anni). In caso di mancata presentazione della domanda di conversione, il marchio decade a decorrere dalla data di scadenza del termine ivi previsto. I procedimenti istruttori in corso su domande di registrazione di marchi collettivi nazionali ai sensi della normativa previgente sono sospesi alla data di entrata in vigore del decreto qui in commento e soggetti che hanno presentato la domanda possono riavviare l'istruttoria presentando istanza di conversione della stessa, in domanda di registrazione di marchio collettivo o marchio di certificazione, ai sensi della nuova disciplina. In tale caso, gli effetti della registrazione del marchio risultante dalla domanda di conversione decorrono dalla data di deposito della domanda di registrazione convertita. In caso di mancata presentazione della domanda di conversione entro il termine sopra indicato, le domande di registrazione di marchi collettivi nazionali ai sensi della normativa previgente si considerano ritirate.

Disposizioni di adeguamento (articolo 35)

L'articolo 35, in ottemperanza al principio di delega di cui all'articolo 3, comma 3, lettera b) della legge n. 163/2017, prevede che il Ministero dello sviluppo economico con regolamento ministeriale (da adottarsi ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge n. 400/1988), possa adottare eventuali ulteriori disposizioni attuative della direttiva (UE) 2015/2436, nelle materie non coperte da riserva di legge e già disciplinate mediante analoghi regolamenti, compreso l'eventuale aggiornamento delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al D.M. 13 gennaio 2010.

Adempimenti conseguenti all'attuazione della direttiva 2015/2436 (articolo 36) 

L'articolo 36 autorizza il Ministero dello sviluppo economico per il triennio 2019-2021 - ad assumere a tempo indeterminato, nei limiti dei posti disponibili in  dotazione organica e in deroga a specifiche disposizioni in materia di mobilità volontaria e di procedure concorsuali, 30 unità di personale in possesso di determinati requisiti.  Più nel dettaglio, le suddette 30 unità di personale (da inquadrare nell'Area III, posizione economica F1), selezionate mediante apposito concorso pubblico, devono possedere specifici requisiti professionali necessari all'espletamento dei nuovi compiti operativi derivanti dall'attuazione della Direttiva.

Come specificato nella Relazione illustrativa, la suddetta autorizzazione è finalizzata all'assunzione, nell'ambito della Direzione generale per la lotta alla contraffazione – Ufficio italiano brevetti e marchi, di personale con competenze specifiche, soprattutto in tema di proprietà industriale, che consentano lo svolgimento dei nuovi compiti operativi derivanti dall'introduzione dei procedimenti amministrativi di nullità e decadenza del marchio a seguito del recepimento della Direttiva richiamata.

 Le assunzioni sono effettuate in deroga agli obblighi per le amministrazioni:

  • di attivare le procedure di mobilità volontaria prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, immettendo prioritariamente in ruolo i dipendenti (provenienti da altre amministrazioni) in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio (ex art. 30, c. 2-bis, D.Lgs. 165/2001);
  • di adottare le determinazioni relative all'avvio delle procedure di reclutamento (autorizzato con apposito DPCM) sulla base del piano triennale dei fabbisogni (ex art. 35, c. 4, del D.Lgs. 165/2001);
  • di avviare l'espletamento delle procedure concorsuali successivamente  alla verifica: dell'avvenuta immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato (salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate); dell'assenza di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie (ex art. 4, c. 3, D.L. 101/2013);
  • di procedere al reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche che si svolge mediante concorsi pubblici unici (ex art. 4, c. 3-quinquies, D.L. 101/2013)

 I relativi oneri sono quantificati in 0,3 milioni di euro per il 2019 e in 1,2 milioni di euro dal 2020, a cui si provvede:

  • per il 2019 e 2020, mediante utilizzo di quota parte delle entrate derivanti dal pagamento dei diritti di cui all'art. 1, c. 851, della L.296/2006 (ossia i diritti sui brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e modelli nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi d'impresa);
  • dal 2021 mediante riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea (di cui all'articolo 41-bis della L. 234/2012).

 Infine, si dispone l'obbligo in capo al Ministero dello sviluppo economico di comunicare ai Dipartimenti della funzione pubblica e della Ragioneria dello Stato le assunzioni effettuate ai sensi del presente articolo ed i relativi oneri.

Disposizioni finanziarie (articolo 37)

L'articolo 37 dispone che dall'attuazione delle disposizioni del presente provvedimento, ad eccezione dell'articolo 36, non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni provvedono agli adempimenti ad esso conseguenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               


Formulazione del testo

 Si valuti l'opportunità di adeguare nel titolo dello Schema di Decreto in esame il riferimento al marchio dell'Unione europea, conformemente a quanto previsto attualmente dal Reg. (CE) 14/06/2017, n. 2017/1001/UE.