Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali
Riferimenti: AC N.457/XVIII AC N.470/XVIII AC N.526/XVIII AC N.1/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 22
Data: 05/09/2018
Organi della Camera: X Attività produttive


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Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali

5 settembre 2018
Schede di lettura


Indice

Premessa|Contenuto delle proposte di legge|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Formulazione del testo|


Premessa

La disciplina sugli orari di apertura degli esercizi commerciali

Fino all'anno 2011, l'apertura degli esercizi commerciali è stata soggetta, in base alle norme legislative contenute nel D.Lgs. n. 114/1998 e alle disposizioni regionali e comunali, a limitazioni concernenti, in particolare, l'obbligo di chiusura domenicale e festiva e l'obbligo di rispettare determinati orari di apertura e chiusura. La piena liberalizzazione dei giorni e orari di apertura degli esercizi commerciali è stata disposta con il D.L. 201/2011 (Decreto cd. "Salva-Italia"), che ha eliminato qualsiasi vincolo su questo specifico aspetto.

L'impianto del D.Lgs. 114 del 1998

Il comma 1 dell'articolo 11 del D.Lgs. n. 114/1998 ha attribuito ai titolari di esercizi di vendita al dettaglio la libertà di determinare gli orari di apertura e di chiusura al pubblico, nel rispetto delle disposizioni dettate in via generale dal medesimo Decreto e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, in ossequio a quanto disposto dall'art. 50, comma 7, TUEL (Testo unico sugli enti locali, D. Lgs. n. 267/2000).

I commi 2 e 4 dell'articolo 11 hanno disposto la libertà degli esercenti di restare aperti al pubblico tra le ore 7 e le ore 22 nei giorni feriali, con un limite massimo di apertura giornaliera di 13 ore e con l'obbligo di osservare la chiusura domenicale e festiva e, nei casi previsti dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale. Ai sensi del comma 5, i Comuni sono stati autorizzati ad individuare, previo parere delle organizzazioni di categoria e dei consumatori, giorni e zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Invero, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il comma 5 non avrebbe introdotto una disposizione immediatamente precettiva, essendo indefettibile l'attuazione di essa mediante norme regolamentari comunali [Cons. St., Sez. V, 5 aprile 2005, n. 1548].

L'articolo 12 del D.Lgs. n. 114/1998 ha disposto la specialità del regime degli orari nei comuni ad economia prevalentemente turistica, nonché nelle città d'arte e nei loro territori, già affermata dalla previgente legislazione. Per essi ha infatti previsto la libertà degli esercenti di determinare gli orari dei propri negozi anche in deroga agli obblighi di chiusura nei giorni festivi e di riposo infrasettimanale di cui al comma 4 del precedente articolo 11. L'articolo ha confermato il potere di coordinamento dei comuni previsto nell'art. 50, comma 7, TUEL (e in passato già contenuto nell'articolo 36, comma 3, della Legge n. 142/1990), prevedendo che, nei periodi di maggiore afflusso turistico, le organizzazioni rappresentative delle categorie coinvolte (esercenti, lavoratori, consumatori) possano definire accordi con i Comuni per assicurare all'utenza idonei livelli di servizio e di informazione.

L'articolo 13 del D.Lgs. n. 114/1998 ha esonerato dall'applicazione delle sopra indicate norme alcune tipologie di attività, in virtù della tipologia dei beni oggetto di rivendita, o dei luoghi in cui tali attività sono aperte. Si tratta dei seguenti esercizi: le rivendite di generi di monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; le rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche.

L'articolo 3 del D.L. 223 del 2006 (primo dei c.d. "Decreti Bersani")

L'impianto normativo di cui al D.Lgs. n. 114/1998 è stato (implicitamente) confermato dal primo dei c.d. Decreti Bersani (D.L. 4 luglio 2006, n. 223 conv. in legge 4 agosto 2006, n. 248.), il cui articolo 3, nel dettare molteplici disposizioni pro-concorrenza, non ha modificato la disciplina sugli orari. In particolare l'articolo 3, comma 1, ha eliminato una serie di altri limiti e prescrizioni alle attività commerciali (come. ad esempio, l'iscrizione a registri abilitanti o il possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande).

Le riforme del 2011: la disciplina vigente

Nel corso del 2011, nel quadro delle riforme anticrisi, l'art. 35, comma 6, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 ha introdotto nell'articolo 3, comma 1 del D.L. n. 223/2006, la lettera d-bis), una disposizione intesa a liberalizzare, «in via sperimentale», gli orari di apertura e chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio situati in località turistiche o città d'arte.

La piena liberalizzazione dei giorni e orari di apertura degli esercizi commerciali, è stata però realizzata con il D.L. 201/2011 (Decreto salva-Italia) che, all'articolo 31, comma 1, con una novella alla citata lettera d-bis), elimina qualsiasi vincolo su questo specifico aspetto. All'esito dei due interventi normativi del luglio-dicembre 2011 il nuovo comma 1, lettera d-bis), dell'art. 3 del D.L. n. 223/2006, nella versione oggi in vigore, stabilisce che «le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza il rispetto di orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio.

 

La nuova lettera d-bis) del comma 1 del citato articolo 3 D.L. n. 223/2006, aggiunge pertanto all'elenco degli ambiti normativi, per i quali è espressamente escluso che lo svolgimento di attività commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni, anche la disciplina degli orari e della chiusura domenicale o festiva di tutti gli esercizi e di tutte le attività commerciali come individuate dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114.

La norma in esame, per la sua formulazione e per il suo contenuto, non necessita di alcuna attuazione ed è quindi direttamente applicativa.

 Si osserva che l'intervento contenuto nell'articolo 31 del D.L. n. 201/2011 non ha operato nei termini di una abrogazione esplicita delle disposizioni con esso incompatibili contenute nel D.Lgs. n. 114/1998.

 Si ricorda inoltre che l'articolo 40 del D.L. 5/2012 ha soppresso il vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva.

 

Quanto all'articolo 50, comma 7 del TUEL,  esso attualmente dispone che il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.

Giurisprudenza della Corte costituzionale: la disciplina degli orari tra materia del "commercio" e materia della "concorrenza"

La disciplina degli orari delle attività commerciali è da un lato riconducibile alla materia del commercio, attribuita alla competenza residuale (e quindi esclusiva) delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), dall'altro – come la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato - presenta profili inerenti alla materia della tutela della concorrenza, che la Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. e) Cost.).

Secondo la giurisprudenza costituzionale, a seguito della modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione, la materia "commercio" rientra nella competenza esclusiva residuale delle Regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost. (ordinanza 199/2006), e la disciplina degli orari degli esercizi commerciali rientra nella materia «commercio» di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. (sentenza n. 350 del 2008). Tuttavia la stessa Corte (sentenza 288/2010) ha anche rilevato che pertengono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato le regole in materia di commercio direttamente afferenti alla tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale e volte a garantire condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché ad assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale.

 Successivamente all'introduzione delle disposizioni di liberalizzazione di cui all'articolo 31 del D.L. 201/2011, la Corte, con la sentenza n. 299 del 2012, ha posto in luce, tra l'altro, che per costante giurisprudenza costituzionale la nozione di concorrenza attribuita alla competenza esclusiva dello Stato comprende:

  1. sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e che ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione;
  2. sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche »;

La materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere finalistico, non è una materia di estensione certa o delimitata, ma è configurabile come trasversale, corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall'intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni.

 Dalla natura trasversale della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza la Corte ha tratto la conclusione «che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza» (sentenza n. 299 del 2012 citata, punto 6.1. del Considerato in diritto).

 

Con la sentenza 299 del 2012, e con le successive sentenze nn. 27 e 38 del 2013, la Corte qualifica dunque le norme sulla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela della concorrenza, in quanto tali rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e quindi abilitate a disporre costituendo un limite alla disciplina regionale.

 

In particolare, nella sentenza n. 38 del 15 marzo 2013, la Corte – nel dichiarare l'incostituzionalità dell'articolo 5, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e dell'articolo 6 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7 – ha affermato che quanto dispone a livello statale l'articolo 3, comma 1, lettera d-bis), del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (..) trova la sua legittimazione «ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale. Si tratta, dunque, di misure coerenti con l'obiettivo di promuovere la concorrenza, risultando proporzionate allo scopo di garantire l'assetto concorrenziale del mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale".

 

L'Orientamento della Corte è stato recentemente sviluppato nella sentenza n. 239/2016, con la quale la stessa ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 9, comma 4, e 13, comma 7, lettera c), della legge regionale pugliese n. 24/2015, incidenti sulla disciplina degli orari degli esercizi commerciali. La Corte ha affermato che le norme regionali sono " in contrasto con il divieto assoluto e perentorio di regolazione, disposto dallo Stato nell'ambito della sua competenza esclusiva in materia di «tutela della concorrenza» (…). Del resto, afferma però la Corte "la totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non costituisce una soluzione imposta dalla Costituzione, sicché lo Stato potrà rivederla in tutto o in parte, temperarla o mitigarla. Nondimeno, nel vigore del divieto di imporre limiti e prescrizioni sugli orari, stabilito dallo Stato nell'esercizio della sua competenza esclusiva a tutela della concorrenza, la disciplina regionale che intervenga per attenuare il divieto risulta illegittima sotto il profilo della violazione del riparto di competenze (Considerando in diritto 3.5).

Si ricorda, anche, la recente sentenza n. 98/2017 che ha censurato delle disposizioni legislative della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, recanti interventi in materia di orari degli esercizi commerciali, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e), Cost., richiamando le considerazioni della testé citata sentenza n. 239/2016.

 

Con le recenti pronunce, sembra quindi ribadito il principio, già sancito nella sentenza n. 14 del 2004, secondo il quale la nozione di concorrenza non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, propria del diritto europeo che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali: dunque, non solo nel senso della necessaria deregolamentazione, ma anche nel senso di un necessario bilanciamento tra l'interesse a promuovere e a mantenere un mercato concorrenziale aperto ed altri interessi costituzionalmente rilevanti.

Il T.U. sulla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali approvato nella XVII legislatura dalla Camera (A.S. 1629)

Nella scorsa legislatura, l'Assemblea della Camera, in data 25 settembre 2014, ha approvato in prima lettura il disegno di legge A.S. n. 1629 (Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali). Esso ha costituito il testo unificato delle seguenti proposte di legge: PDL d'iniziativa dei deputati Dell'Orco e altri - Atto Camera n. 750; PDL di iniziativa popolare - Atto Camera n. 947, PDL d'iniziativa dei deputati Benamati e altri - Atto Camera n. 1042, PDL d'iniziativa del deputato Baruffi - Atto Camera n. 1240, PDL d'iniziativa dei deputati Abrignani e Polidori - Atto Camera n. 1279, PDL d'iniziativa dei deputati Allasia e altri - Atto Camera n. 1627 e PDL d'iniziativa del deputato Minardo - Atto Camera n. 1809. Il provvedimento è stato trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza del Senato il 26 settembre 2014, ma l'iter presso quel ramo del Parlamento non si è concluso.

Il contenuto del Testo Unificato trova riproposizione nella proposta di legge A.C.470 Benamati ed altri, descritta nel successivo capitolo (cfr. "Contenuto delle proposte di legge").

Si ricorda che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel corso degli anni, ha effettuato diverse segnalazioni sul tema al Governo e al Parlamento ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge n. 287/1990, specificando che anche l'orario di apertura dei negozi costituisce una delle dimensioni, insieme al prezzo ed alle altre caratteristiche del servizio, rispetto alle quali può realizzarsi una concorrenza tra esercenti e proponendo di estendere la liberalizzazione della disciplina degli orari. Nello specifico, il 22 luglio 2013 con la segnalazione AS 1065 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto di esprimersi in relazione alle problematiche afferenti all'effettiva realizzazione della liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali disposta dall'articolo 31, comma 1, del D.L. n. 201/2011: essa segnalava i numerosi ostacoli rinvenuti a livello regionale e locale alla completa liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi disposta dal legislatore nazionale, sottolineando le numerose restrizioni normative, rilevate analizzando le diverse leggi regionali in materia. In data 1° luglio 2015, l'Autorità, audita nel corso dell'esame in sede referente al Senato sul DDL 1629, approvato in prima lettura dalla Camera, nel richiamare la giurisprudenza della Corte Costituzionale sino ad allora consolidatasi, affermava che il disegno di legge, rispetto ad un contesto normativo in cui veniva sancita la piena libertà di determinazione delle modalità di svolgimento dell'attività economica, interveniva a frapporre ostacoli alla liberalizzazione degli orari e delle giornate di apertura degli esercizi commerciali, introducendo così – attraverso l'obbligo di chiusura giornaliero previsto per le principali festività, solo parzialmente derogabile dagli esercenti – un ostacolo al libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali. L'Autorità rilevava altresì che il principio della piena libertà delle imprese in ordine alla definizione di orari e giornate di apertura degli esercizi commerciali si era ormai affermato in gran parte dei Paesi europei, molti dei quali – tra cui la Svezia, l'Irlanda, il Portogallo – hanno, come l'Italia, eliminato ogni vincolo alle aperture domenicali e festive, in un contesto in cui la tendenza è verso regole che introducano sempre maggiore flessibilità e libertà nelle scelte relative alle modalità di svolgimento dell'attività economica".


Contenuto delle proposte di legge

La proposta di legge di iniziativa popolare A.C. 1, la proposta di legge di iniziativa del Consiglio regionale delle Marche A.C. 587 e le proposte di legge di iniziativa parlamentare A.C. 457 Saltamartini ed altri, A.C.526 Davide Crippa e altri, A.C. 470 Benamati e altri prevedono norme in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali e artigianali.

Tutte le proposte intervengono su quanto disposto dall' articolo 3, lettera d-bis) del D.L. n. 223/2006, coma novellata dall'articolo 31 del D.L. 201/2011 (c.d. Salva-Italia), che ha reso la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali permanente e non più solo sperimentale, ed applicabile in tutto il territorio nazionale.

Tutte le proposte di legge, sia pure con diverse modalità e gradazioni, intendono introdurre restrizioni alla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali sancita dalle norme vigenti.

Si segnala che la proposta di legge A.C. 470 Benamati ripropone il testo unificato approvato nella scorsa legislatura in prima lettura, a larga maggioranza, dall'Assemblea della Camera, il 25 settembre 2014.

Limiti agli orari di apertura degli esercizi commerciali Introduzioni di limiti agli orari di apertura degli esercizi commerciali (Art. 1 A.C. 1, Artt. 1 e 2 PDL A.C. 457, Art. 1 PDL A.C. 526, Art. 1 e 2 PDL A.C. 587, Artt. 1 e 2, commi 1-6 PDL A.C. 470)

Come sopra detto, le proposte di legge in esame intendono introdurre limiti alla liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali disposta dall'articolo 3, comma 1, lettera d-bis) del D.L. n. 223/2006, coma novellata dall'articolo 31 del D.L. 201/2011 (c.d. Salva-Italia).

Si ricorda che il comma 1, lettera d-bis), dell'art. 3 del D.L. n. 223/2006, nella versione vigente, stabilisce che «le attività commerciali, come individuate dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

[…] d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio».

 

In particolare, la Proposta di legge di iniziativa popolare A.C. 1 abroga tout court la citata lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006. Ciò, si legge nella relazione illustrativa allegata alla proposta stessa, al fine di riconsegnare agli enti territoriali la competenza a regolamentare la disciplina degli orari di apertura, ai sensi di quanto già previsto dal D.Lgs. n. 114/1998.

La PDL Saltamartini A.C. 457, all'articolo 1, abroga la citata lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006 e contestualmente introduce, nel citato articolo 3 - con una modifica al comma 4 e l'inserimento di tre nuovi commi da 4-bis a 4-quater - la previsione secondo la quale le regioni, d'intesa con gli enti locali e sentito il parere delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello regionale, adottano un piano per la regolazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali che prevede l'obbligo della chiusura domenicale e festiva dell'esercizio.

Nel piano sono individuati i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Tali giorni comprendono le domeniche del mese di dicembre, nonché ulteriori quattro domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell'anno.

Quanto sopra non si applica ai piccoli esercizi commerciali ubicati nelle località turistiche e nei piccoli comuni montani, nonché alle attività commerciali balneari e alle attività connesse, per i quali – secondo la PDL - l'orario di apertura e chiusura non è soggetto ad alcun obbligo.

Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi e alle disposizioni qui in esame entro il 31 dicembre 2018.

Contestualmente, la PDL 457, all'articolo 2, abroga l'articolo 31 del D.L. n. 201/2011, il quale al comma 1 ha novellato la citata lettera d-bis) e al comma 2, dispone che costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio, senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.

 

Anche la PDL Davide Crippa A.C. 526 propone di abrogare l'articolo 31 del D.L. n. 201/2011 e, contestualmente – attraverso una novella alla citata lettera d-bis) dell'articolo 1 del D.L. n. 223/2006 - mitiga il principio della liberalizzazione totale degli orari di apertura degli esercizi commerciali stabilendo che esso operi solo per le attività commerciali ubicate nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte.

La stessa PDL prevede che per gli esercizi che svolgono attività commerciali ubicati fuori delle predette località, le regioni, d'intesa con gli enti locali e sentito il parere dei comitati locali e delle organizzazioni di categoria, dei lavoratori e dei consumatori, adottano un piano per la regolazione dei giorni di apertura, il quale deve prevedere turni a rotazione per l'apertura degli esercizi medesimi nelle domeniche e negli altri giorni festivi. Il piano deve prevedere, per ogni comune, l'apertura del 25 per cento degli esercizi commerciali per ciascun settore merceologico in ciascuna domenica o giorno festivo, comunque non oltre il massimo annuo di dodici giorni di apertura festiva per ciascun esercizio commerciale.

Le regioni e gli enti locali sono obbligati ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni in esame entro il 31 dicembre 2018.

La PDL esclude dall'obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le specifiche attività indicate nell'articolo 13 del D.Lgs. n.114/1998.

Si tratta dei seguenti esercizi: le rivendite di generi di monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita qui previste siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche

 

La PDL di iniziativa regionale A.C. 587, dispone l'abrogazione della lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006 e l'introduzione, nel citato articolo 3, della previsione secondo la quale le attività commerciali, come individuate dal D.Lgs. n. 114/1998, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte rispettando gli orari di apertura e chiusura, l'obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio nonché la facoltà di apertura domenicale e festiva per un massimo di dodici giornate l'anno, escluse, comunque, le seguenti festività: Capodanno, Epifania, Pasqua, Lunedì dell'Angelo, Anniversario della Liberazione, Festa del lavoro, Festa della Repubblica, Ferragosto, Tutti i Santi, Immacolata Concezione, Natale e Santo Stefano (nuovo comma 1-bis, inserito dall'articolo 1 della PDL in esame nell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006).

L'articolo 2 della PDL dispone altresì che, ai fini della facoltà di apertura prevista dalle disposizioni di cui sopra, le regioni dispongono un piano triennale tenendo in considerazione la vocazione turistica del territorio e le esigenze della clientela rispetto alle diverse categorie merceologiche. I comuni sono tenuti a registrare il regime delle aperture facoltative deciso dai singoli esercenti e trasmetterlo alle regioni.

 

La PDL Benamati A.C. 470 – che, come detto, riproduce il testo del T.U. (A.S. 1629) approvato nella scorsa legislatura in prima lettura dall'Assemblea della Camera dei deputati – apporta anch'esso, all'articolo 1, sempre in termini di novella alla lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006, alcune limitazioni alla liberalizzazione della disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali ivi contenuta. Con la novella, la PDL, pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura o di chiusura, prevede che nei seguenti dodici giorni festivi dell'anno le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva: 1) il 1° gennaio, primo giorno dell'anno; 2) il 6 gennaio, festa dell'Epifania; 3) il 25 aprile, anniversario della Liberazione; 4) la domenica di Pasqua; 5) il giorno di lunedì dopo Pasqua; 6) il 1° maggio, festa del lavoro; 7) il 2 giugno, festa della Repubblica; 8) il 15 agosto, festa dell'Assunzione della beata Vergine Maria; 9) il 1° novembre, festa di Ognissanti; 10) l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione; 11) il 25 dicembre, festa di Natale; 12) il 26 dicembre, festa di Santo Stefano.

L'articolo 1 della PDL, contestualmente, consente a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio, di derogare all'obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici sopra indicati. L'esercente, che vuole avvalersi della potestà di deroga, deve darne comunicazione al comune competente per territorio secondo modalità la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi, sentita l'ANCI, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. La previsione in questione viene introdotta quale nuovo comma 1-bis nell'articolo 3 del D.L. n. 226/2006.

Le disposizioni relative all'obbligo di chiusura nei giorni festivi si applicano a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello dell'entrata in vigore del provvedimento.

 

La PDL A.C. 470, come la PDL A.C. 526, esclude dall'obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le specifiche attività indicate nell'articolo 13 del D.Lgs. n.114/1998.

 

Inoltre, la stessa PDL A.C. 470, all'articolo 2, consente a ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, di predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, ferme restando le limitazioni dell'articolo 1, con la finalità di assicurare la fruibilità dei servizi commerciali, promuovere l'offerta commerciale e valorizzare zone a più marcata vocazione commerciale.

Gli accordi territoriali sono adottati per la prima volta entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento.

Per la predisposizione e l'aggiornamento degli accordi territoriali, i Comuni consultano le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese e dei lavoratori, nonché, prima dell'entrata in vigore dell'accordo, la popolazione residente, anche in forma telematica. Sulla base degli accordi territoriali, i comuni predispongono un documento informativo sugli orari dei servizi destinati ai consumatori e degli esercizi commerciali, esistenti nel rispettivo territorio. Il documento è redatto sulla base delle informazioni rese disponibili dagli operatori, dalle loro organizzazioni di categoria o da altre fonti.

Al fine di favorire l'adesione a tali accordi territoriali da parte delle micro, piccole e medie imprese del commercio, si prevede che le regioni e i comuni possono stabilire incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza.

Ai sensi dell'articolo 2 dell'allegato 1 alla raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/UE del 6 maggio 2003 –  la categoria delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR(par. 2 articolo 2).
All'interno della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
Si definisce micro impresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR(par. 3 articolo 2).
E' demandata alle regioni:
  • la definizione, previa consultazione delle organizzazioni regionali rappresentative delle categorie, dei criteri per l'individuazione di aree ove gli accordi territoriali in materia di orari degli esercizi commerciali possono essere adottati in forma coordinata tra i comuni;
  • la definizione dei criteri generali di determinazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti.

Lo stesso articolo 2 della PDL demanda alle regioni, previa consultazione delle organizzazioni regionali rappresentative delle categorie interessate, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione dei criteri, parametri e strumenti per l'individuazione di aree ove gli accordi territoriali possono essere adottati in forma coordinata tra i comuni ivi insistenti; nonchè dei criteri generali di determinazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo e dei trasporti.

Istituzione di un OsservatorioIstituzione di un Osservatorio (Artt. 2 PDL A.C. 526, Art. 2, comma 7 PDL A.C. 470)

La PDL Davide Crippa A.C. 526 e la PDL Benamati A.C. 470 prevedono l'istituzione di un Osservatorio finalizzato a verificare gli effetti della regolazione sulle aperture domenicali e festive. Per la PDL Davide Crippa A.C. 526 l'Osservatorio è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico e prevede anche la partecipazione dei rappresentanti delle organizzazioni di categoria, sindacali dei lavoratori e dei consumatori maggiormente rappresentative. Mentre, per la PDL Benamati A.C. 470, l'Osservatorio può essere istituito  da ciascuna regione e prevede la partecipazione dei rappresentanti delle imprese e dei lavoratori dei settori interessati e dei consumatori.

 

In particolare, la PDL Davide Crippa A.C. 526 dispone l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, dal 1° gennaio 2019, di un Osservatorio sulle aperture domenicali e festive.

L'Osservatorio è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con il compito di verificare gli effetti della regolazione delle aperture domenicali e festive prevista dalle disposizioni contenute nel provvedimento stesso. L'osservatorio è composto da dieci membri, di cui quattro funzionari del Ministero dello sviluppo economico, due rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative e due rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative.

Ai componenti dell'osservatorio non è corrisposto alcun emolumento, compenso o rimborso di spese.

 

La PDL Benamati A.C. 470, all'articolo 2, comma 7, prevede che ciascuna regione possa istituire un Osservatorio sugli effetti dell'attuazione delle nuove disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali, senza nuovi oneri per la finanza pubblica, al quale partecipano, senza percepire compensi di alcun tipo, rappresentanti delle amministrazioni pubbliche regionali e locali competenti, delle imprese e dei lavoratori dei settori interessati e dei consumatori.

Poteri del sindaco e sanzioniPoteri del sindaco e sanzioni (art. 3, PDL A.C. 470)

La PDL A.C. 470, all'articolo 3, attraverso una novella all'articolo 50, comma 7 del Testo Unico Enti Locali – TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), specifica i poteri che il TUEL stesso attribuisce al sindaco in materia di esercizi commerciali, precisando che, qualora - per esigenze di sostenibilità ambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela del diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo, alle quali non possa altrimenti provvedersi - sia necessario limitare l'afflusso di pubblico in determinate zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggregazione notturna, è rimessa al sindaco la definizione, per un periodo non superiore a tre mesi degli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. La novella prevista dall'articolo 3 della proposta di legge amplia, quindi, l'ambito di applicazione dei poteri sindacali già attualmente previsti dallo stesso comma 7 limitatamente agli orari di esercizi commerciali che vendano alcolici e superalcolici.

Si ricorda che l'articolo 50, comma 7, del citato TUEL attribuisce al sindaco, oltre che un potere generale di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali, anche la possibilità,  con ordinanza non contingibile e urgente, di disporre -  a fini di tutela della tranquillita' e del riposo dei residenti in determinate aree delle citta' interessate da un rilevante afflusso di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi -  limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche per un periodo massimo di sessanta giorni.

La proposta in esame punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro le violazioni degli obblighi di chiusura degli esercizi commerciali dettati dall'articolo 3. Alla particolare gravità dell'illecito amministrativo o all'eventuale recidiva (rectius: reiterazione) - una seconda violazione dello stesso obbligo in un anno, anche se oblata (se cioè è intervenuto il pagamento in misura ridotta) -  consegue la sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio da uno a dieci giorni.

Si ricorda come, ai sensi della legge 689/1981 sulle sanzioni amministrative, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravita' della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonche' alla personalita' dello stesso e alle sue condizioni economiche (art. 11). Sempre in base alla stessa legge, gli effetti della reiterazione non operano in caso di pagamento in misura ridotta (art. 8-bis).

Istituzione di un fondoIstituzione di un Fondo per il sostegno delle microimprese nel settore del commercio al dettaglio (Artt. 4, PDL A.C. 470)

L'articolo 4 della PDL A.C. 470 istituisce - presso il Ministero dello sviluppo economico - un Fondo per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio.

Ai fini del finanziamento del Fondo, viene autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 destinati all'erogazione dei contributi per le spese sostenute per l'ampliamento dell'attività, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, e di sistemi di sicurezza innovativi, nonché per l'accrescimento dell'efficienza energetica.

Ai fini del finanziamento del Fondo, è autorizzata altresì la spesa di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 per l'erogazione di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili, di proprietà sia pubblica sia privata, e di contributi per l'acquisizione di servizi.

Il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, definisce, con proprio decreto, entro novantagiorni dalla data di entrata in vigore della legge, nei limiti delle risorse iscritte nel Fondo, i requisiti per beneficiare dei contributi in questione ed i criteri per la determinazione della loro entità.

Le risorse assegnate sono ripartite annualmente tra le regioni e le province autonome, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, anche in rapporto alla quota delle risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome stesse.

Agli oneri derivanti dall'articolo, pari complessivamente a 18 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 e a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede:

a) quanto a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione, del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nel programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero;

b) quanto a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nel programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Con riferimento alla quantificazione dell'onere finanziario e alla relativa copertura prevista dall'articolo in esame si osserva l'opportunità di una sua riformulazione, aggiornandone la decorrenza.


Necessità dell'intervento con legge

Le proposte di legge all'esame intervengono su materia disciplinata da normativa di rango primario.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Si rinvia al paragrafo, contenuto in Premessa, sulla Giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.


Formulazione del testo

In alcuni casi, la proposta di legge del Consiglio regionale delle Marche A.C. 587 e le proposte di legge A.C.526 Davide Crippa e altri, A.C. 470 Benamati e altri intervengono sulla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali senza modificare espressamente la normativa contenuta nell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006. Si veda, ad esempio, l'articolo 2 della PDL A.C. 587, nonchè i commi da 3 a 5 dell'articolo 1 della PDL A.C. 526 e l'articolo 2 della PDL A.C. 470. Al riguardo, potrebbe essere valutata l'opportunità di riformulare le disposizioni indicate in termini di novella al citato articolo 3.