Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: Delega al Governo per la disciplina dell'agricoltura multifunzionale e promozione dell'imprenditoria e del lavoro femminile nel settore agricolo
Riferimenti: AC N.2049/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 404
Data: 08/03/2021
Organi della Camera: XIII Agricoltura


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Delega al Governo per la disciplina dell'agricoltura multifunzionale e promozione dell'imprenditoria e del lavoro femminile nel settore agricolo

8 marzo 2021
Seconda edizione


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Analisi di impatto di genere|


Contenuto

La proposta di legge in esame (A.C. 2049) si compone di 5 articoli volti a disciplinare l'agricoltura multifuzionale - intesa come agricoltura caratterizzata dalla diversificazione delle attività agricole - e ad introdurre disposizioni per la promozione dell'imprenditoria e del lavoro femminile nel settore agricolo.

L'art. 1 interviene su alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, in materia di incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego e nel decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 in materia di interventi per l'incentivazione di attività imprenditoriali.

In particolare, il comma 1 estende i benefici in materia di accesso al credito - già previsti dall'art. 2 del citato decreto legislativo n. 185 del 2020 per le micro e piccole imprese a prevalente partecipazione femminile o giovanile -  alle imprese agricole, anche di nuova costituzione, a conduzione femminile o in cui la compagine societaria sia composta in prevalenza da donne. Si tratta, in particolare, dell'innalzamento al 90% della percentuale di copertura delle spese inerenti i mutui agevolati per investimenti concedibili alle imprese.

 Si ricorda, in proposito, che il citato art. 2 del decreto legislativo n. 185 del 2000 prevede, al fine di sostenere lo sviluppo delle micro e piccole imprese a prevalente partecipazione giovanile o femminile  la concessione di  mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero della durata massima di dieci anni e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile, ai sensi e nei limiti del regolamento (CE) n. 1998/2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore ("de minimis") e delle eventuali successive disposizioni comunitarie applicabili modificative del predetto regolamento. Nel caso di imprese costituite da almeno trentasei mesi e da non oltre sessanta mesi, e nel caso di imprese agricole, anche di nuova costituzione la percentuale di copertura delle spese ammissibili è innalzata al 90 per cento del totale e le agevolazioni possono essere concesse ai sensi dell' articolo 17 del regolamento (UE) n. 651/2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli  articoli 107  e  108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea . 
Per quanto concerne gli aiuti di Stato nell'attuale epidemia da Covid-19, si rinvia all'apposito tema web del Servizio Studi della Camera.

Il comma 2, interviene sull'art. 4 del d.  lgs. n. 185 del 2000, relativo ai progetti finanziabili in favore della nuova imprenditorialita' nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi (di cui al Capo I del decreto legislativo), stabilendo che la mancata chiusura del procedimento di concessione dei contributi (rectius agevolazioni), entro il termine di centottanta giorni, sia rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili, con conseguente responsabilità dirigenziale e disciplinare.

 Si fa presente, al riguardo, che l'art. 4 del richiamato d. lgs. n. 185 del 2000 prevede che possono essere finanziate  le iniziative che prevedano investimenti non superiori a 1.500.000 euro, relative, in particolare, alla produzione di beni nei settori dell'industria, dell'artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli. L'importo massimo delle spese ammissibili è innalzato a 3 milioni di euro per le imprese costituite da almeno trentasei mesi e da non oltre sessanta mesi,fatte salve le limitazioni derivanti dall'applicazione della disciplina europea in materia di aiuti di Stato. 

I commi 3 e 4 della disposizione in esame, estendono la portata delle misure previste dal capo III del suddetto d. lgs n. 185 del 2000 in materia di sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale.

Nello specifico, il comma 3,  interviene sull'art. 10 del più volte citato d. lgs. n. 185 del 2000, disponendo l'ampliamento dei benefici previsti in favore delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile in relazione al ricambio generazionale in agricoltura. Si stabilisce, in particolare, che i mutui agevolati per gli investimenti siano concessi anche per costituire i compendi unici di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 o per corrispondere l'indennizzo agli eventuali coeredi in caso di successione, al fine di conservare l'integrità aziendale, in attuazione della raccomandazione 94/1069/CE della Commissione relativa all'adozione di strumenti per il mantenimento della reddittività delle piccole e medie imprese nelle successioni ereditarie.

 Il citato art. 10 del citato d. lgs. n. 185 del 2000, disciplina la concessione di mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni e di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile, nonché un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile. Per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata non superiore a quindici anni.
Si ricorda, inoltre, che l'art. 5- bis, comma 1 ,  del  richiamato  decreto-legislativo n. 228 del 2001  definisce come  compendio unico  l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999 e dal regolamento (CE) n. 1260/1999 e successive modificazioni. I predetti regolamenti sono stati sostituiti, di recente, rispettivamente, dai regolamenti (CE) n. 1305/2013 e n. 1303/2013, i quali non riportano indicazioni relative all'entità minima colturale per determinare il livello minimo di redditività.

Il comma 4 interviene sull'art. 10-ter del d. lgs. n.185 del 2000, prevedendo - specularmente a quanto disposto dal sopra richiamato comma 2 - la responsabilità dei dirigenti nei casi di mancata chiusura del procedimento di concessione dei (contributi) volti al finanziamento dei progetti presentati dalle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile, ai sensi del capo III del citato d. lgs. n. 185 del 2000.

Il comma 5 modifica l'art. 29 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, disponendo che, al fine di garantire l'accessibilità agli interventi volti ad incentivare le attività imprenditoriali, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (rectius Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali) provvede, con propri decreti, alla revisione della disciplina attuativa degli strumenti di competenza, al fine di favorire la costituzione di imprese agricole, in particolare a conduzione femminile, mediante gli interventi previsti nel citato d. lgs. n. 185 del 2000.

L'art. 2 reca una delega al Governo per la disciplina dell'agricoltura multifunzionale - intesa come agricoltura caratterizzata dalla diversificazione delle attività agricole, mediante la promozione di interventi di sostegno alla pluriattività e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e d'inserimento socio-lavorativo connessi all'attività agricola - prevedendo l'adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, di uno o più decreti legislativi in materia. Sono quindi enucleati i principi e criteri direttivi cui i citati decreti legislativi devono attenersi prevedendosi, altresì, il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Al riguardo, si osserva, che l'art. 2 indica come finalità per l'esercizio della delega legislativa un efficace utilizzo delle risorse previste nell'ambito del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 e, in previsione, della programmmazione 2021-2027 della politica agricola comune (PAC) dell'Unione europea. In proposito, si fa presente, che, per quanto riguarda la nuova Politica agricola comune, il suo avvio è previsto - dopo un periodo transitorio di 2 anni - per il 1° gennaio 2023. Per quanto riguarda l'iter negoziale, si ricorda che lo scorso 10 novembre sono stati avviati i triloghi tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione al fine di raggiungere un accordo definitivo sulle tre proposte di regolamento presentate. Con riferimento alla PAC post 2020, si rinvia all'apposita sezione del tema web del Servizio Studi della Camera.

Tra i criteri ed i principi direttivi cui devono ispirarsi i citati decreti legislativi, si ricordano, in particolare:

- la realizzazione di interventi per favorire il lavoro e l'imprenditoria femminili, anche prevedendo specifiche quote vincolate o corsie preferenziali nell'attribuzione delle risorse derivanti dalla programmazione della PAC, ed introducendo specifiche misure nell'ambito del piano nazionale di utilizzo delle risorse della PAC relative alla programmazione 2021-2027;

- l'adozione di misure dirette ad assicurare il sostegno alla crescita dell'imprenditoria femminile in agricoltura, la tutela del lavoro agricolo femminile e la partecipazione delle donne nell'ambito dell'impresa agricola familiare;

- l'introduzione di disposizioni che prevedano il rapido accesso alle misure di sostegno e al credito agevolato;

- l'introduzione di norme volte a favorire l'agricoltura multifunzionale con un modello gestionale dell'azienda basato sull'apporto di capitale umano e nel quale il reddito complessivo derivi da un complesso di attività agricole, quali la specializzazione colturale, il piccolo allevamento, la silvicoltura, il consumo immediato e la vendita diretta al consumatore finale dei propri prodotti;

- l'applicazione dell'iniziativa europea in materia di sviluppo rurale denominata «Leader+», di cui alla comunicazione 2000/C 139/05 della Commissione, del 14 aprile 2000, al fine di promuovere e di consolidare strategie volte a valorizzare il contributo femminile allo sviluppo delle aree rurali, incidendo sugli aspetti socioculturali che condizionano la partecipazione attiva delle donne alla vita socio-economica e ai processi di sviluppo locale; 

- l'estensione alle imprese agricole dell'accesso alla misura massima della garanzia diretta concessa dal Fondo di garanzia, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

L'art. 3 reca alcune disposizioni volte all'attuazione del principio della parità di genere.

In particolare, al comma 1, è previsto che, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento - in sede di rinnovo delle cariche degli enti strumentali agricoli e delle società controllate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali operanti nel settore agricolo, si provvede ad assicurare che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato nel rispetto dei criteri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251.

Si ricorda, in proposito, che il sopra citato D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251 " Regolamento concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, in attuazione dell'articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2013, stabilisce, all'art. 2, che le suddette società prevedono, nei propri statuti, che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo.

Tale disposizione è prevista al fine di dare piena attuazione all'articolo 48 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

Il citato art. 48 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 " Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2006, prevede, al comma 1, che le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le province, i comuni e gli altri enti pubblici non economici, predispongano piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sotto rappresentate, favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi.

Il comma 2 stabilisce che, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente provvedimento, il Governo provveda a modificare il sopra citato DPR n. 251 del 2012, nel senso di assicurare il rispetto della composizione degli organi sociali e, a tal fine sopprimendo, all'art. 3, comma 1, il limite dei tre mandati consecutivi e prevedendo che i compiti di monitoraggio e vigilanza - di cui all'art. 4, comma 5, - attribuiti al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità siano estesi anche al Ministro competente. 

L'art. 3 del sopra richiamato D.P.R. n. 251 del 2012 stabilisce che le società controllate sopra richiamate assicurano il rispetto della composizione degli organi sociali anche in caso di sostituzione, per tre mandati consecutivi a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente regolamento. Per il primo mandato la quota riservata al genere meno rappresentato è pari ad almeno un quinto del numero dei componenti dell'organo.

Il successivo art. 4 del citato D.P. R. n. 251 del 2012, attribuisce compiti di monitoraggio e vigilanza al Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità prevedendo, altresì, la presentazione al Parlamento di una relazione triennale sullo stato di applicazione della stessa. La stessa disposizione stabilisce, inoltre, che le società di cui si tratta sono tenute a comunicare al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità la composizione degli organi sociali entro quindici giorni dalla data di nomina degli stessi o dalla data di sostituzione in caso di modificazione della stessa; inoltre le medesime società sono tenute a comunicare al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità la mancanza di equilibrio tra i generi, anche quando questa si verifichi in corso di mandato. E' inoltre stabilito che  nei casi in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità accerti il mancato rispetto della quota stabilita, nella composizione degli organi sociali, diffida la società a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità fissa un nuovo termine di sessanta giorni ad adempiere, con l'avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, ove la società non provveda, i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell'organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo statuto.

Ai successivi commi, si prevedono ulteriori modifiche delle disposizioni vigenti volte ad attuare il principio della parità di genere.

In particolare, il comma 3, riguarda una modifica del comma 17-bis dell'articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128, disponendo che, nell'ipotesi in cui la composizione del consiglio di amministrazione dei consorzi di tutela DOP e IGP  non rispetti il criterio di riparto volto ad assicurare l'equilibrio tra i sessi, si applicano le disposizioni del comma 5 dell'articolo 4 del più volte citato D.P.R. n. 251 del 2012.

Il comma 4, introduce, tra i requisiti necessari per il riconoscimento da parte del Ministero competente dei consorzi di tutela DOP e IGP, di cui all'art. 41, comma 3, della legge 12 dicembre 2016 n. 238, anche quello secondo cui lo statuto di detti consorzi deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i sessi, di cui al sopra menzionato D.P.R. n. 251 del 2012.

Il comma 5, prevede la soppressione del riferimento ai tre mandati consecutivi con riferimento al rispetto del principio della parità tra i sessi nei consorzi di tutela, di cui all'articolo 2, comma 3 della legge 28 luglio 2016, n. 154 recante disposizioni in materia di semplicazione nei settori agricolo e agroalimentare. 

L'art. 4 reca alcune disposizioni volte alla ricostituzione dell'Osservatorio nazionale per l'imprenditoria ed il lavoro femminile in agricoltura (ONILFA).

Si ricorda, in proposito, che tale organismo era stato istituito con D.M. del 13 ottobre 1997 presso il Ministero per le poltiche agricole con le seguenti finalità:
- raccolta ed elaborazione dei dati relativi alle effettive possibilità di occupazione delle donne nel settore agricolo e, in genere, nel territorio rurale;
- esame della normativa riguardante il lavoro femminile e la sua evoluzione, nonché studio della normativa in materia di pari opportunità;
- analisi degli interventi attivati dalle amministrazioni centrali e regionali nonché dall'Unione europea al fine di individuare le opportunità per l'imprenditoria e il lavoro coadiuvante e dipendente delle donne in agricoltura;
- collegamento con le fonti di informazione e divulgazione, nonché con il mondo della ricerca e sperimentazione ai fini della promozione di iniziative nel campo dell'imprenditoria femminile;
- attivazione, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, di iniziative pilota per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile in agricoltura;
- sensibilizzazione delle amministrazioni interessate allo sviluppo rurale;
- funzioni consultive e di supporto per un migliore e puntuale svolgimento delle attività pubbliche.
L'ONILFA è stato successivamente soppresso dall'art. 12, comma 20, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 recante " Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario" e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2012, n. 156.

Al comma 1, si prevede, in particolare, che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e di Bolzano - provvede con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, alla ricostituzione dell'ONILFA.

Al comma 2, sono enumerate le ulteriori funzioni da attribuirsi all'ONILFA. Tra queste, in particolare, si ricordano: 

1) la sensibilizzazione delle pubbliche amministrazioni ad avviare politiche attive volte a sostenere la crescita dell'imprenditoria femminile in agricoltura, comprese le attività formative nonchè ad attuare e a diffondere politiche di sviluppo rurale attraverso la realizzazione di infrastrutture e di servizi nei territori rurali, destinate alle imprese femminili e alle donne, in conformità a quanto previsto dalla normativa dell'Unione europea;

2) lo svolgimento da parte del suddetto organismo di un ruolo di stimolo e di supporto all'azione del Governo, in relazione all'obiettivo di promuovere le azioni dell'Unione europea in favore dell'imprenditoria e del lavoro femminile in agricoltura nell'ambito della programmazione 2021-2027;

3) l'attività di raccordo con i competenti uffici delle regioni e delle province autonome, da esercitarsi anche attraverso la richiesta e lo scambio di informazioni disponibili in materia di lavoro femminile in agricoltura con gli organismi dell'Unione europea e regionali competenti;

4) la creazione, nel proprio sito internet istituzionale, di un portale telematico volto ad mettere a disposizione delle aspiranti imprenditrici agricole le normative vigenti in materia, percorsi guidati per accedere ai finanziamenti, avvisi concernenti la pubblicazione di bandi relativi al settore agricolo e consigli per la risoluzione di problemi concernenti le procedure amministrative nonchè di un portale, denominato « banca della solidarietà », che consenta alle imprenditrici e alle lavoratrici del settore agricolo nazionale di confrontare le loro esperienze e conoscenze con quelle delle imprenditrici e delle lavoratrici agricole dei Paesi dell'Unione europea e dei Paesi in via di sviluppo;

5) la redazione di un rapporto annuale per il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sullo stato di attuazione delle politiche in favore dello sviluppo del lavoro e dell'attività imprenditoriale delle donne in agricoltura. 

L'art. 5 prevede, infine, l'Istituzione della Giornata nazionale del lavoro femminile in agricoltura.

In particolare, al comma 1 si stabilisce - in corrispondenza con la Giornata internazionale delle donne rurali, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 62/136 del 18 dicembre 2007 - l'istituzione, il 15 ottobre di ogni anno, della Giornata nazionale del lavoro femminile in agricoltura al fine di far conoscere l'importanza sociale e la qualità dell'imprenditoria e del lavoro femminile in agricoltura, nonché l'apporto dato dalle donne alla crescita civile e sociale del Paese anche allo scopo di assicurare la parità di trattamento tra uomo e donna in agricoltura.

Al comma 2, si prevede che, in occasione di tale giornata, siano organizzati eventi e iniziative finalizzati a far conoscere le attività, le esperienze e le professionalità acquisite dalle donne in agricoltura.


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge in esame, di iniziativa parlamentare, è corredata dalla relazione illustrativa.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'agricoltura, intesa come attività di produzione che si estrinseca, a norma dell'articolo 2135 del codice civile, nella coltivazione del fondo, nella selvicoltura e nell'allevamento di animali, rientra nella competenza residuale delle Regioni, non essendo menzionata tra le materie di competenza esclusiva statale o concorrente tra lo Stato e le regioni dall'articolo 117 della Costituzione.

Tuttavia, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che la competenza residuale regionale non rileva quando l'intervento legislativo interessi materie che, seppur incidenti nel comparto agricolo, sono nominate dall'articolo 117 della Costituzione tra le competenze statali e concorrenti. Il riferimento è, in particolare, ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario che limita sia la potestà statale che quella regionale, alle materie di competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma), quali la tutela della concorrenza (lett. e), l'organizzazione amministrativa (lett. g),  l'ordinamento civile e penale  (lett. l, nell'ambito del quale possono trovare fondamento la prevalenza delle norme contenute nel provvedimento in esame), la profilassi internazionale (lett.q), e la tutela dell'ambiente (lett. s).

Si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell'articolo 117 della Costituzione, sono materia di competenza concorrente che interessano il comparto agricolo, il commercio con l'estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, l'istruzione e la formazione professionale, la tutela della salute, la ricerca e il sostegno all'innovazione, l'alimentazione e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. 


Analisi di impatto di genere

La proposta di legge in esame risulta avere come scopo principale quello di promuovere la parità di genere nel settore agricolo (finalità richiamata espressamente all'art. 3): le sue disposizioni sono tese, in particolare, a sostenere l'imprenditoria femminile in tale settore (artt. 1 e 2) e, più in generale, il lavoro femminile agricolo (artt. 4 e 5).

Si evidenzia, in particolare, l'ulteriore specifica finalità - contenuta nel citato art. 3 - del riequilibrio di genere in sede di rinnovo delle cariche degli enti strumentali agricoli e delle società controllate dal MIPAAF, al fine di dare piena attuazione all'art. 48 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006 (commi 1 e 2).

La medesima finalità viene perseguita ai successivi commi 3-5 del medesimo art. 3 (rispettivamente, in relazione alla composizione del consiglio di amministrazione dei consorzi di tutela DOP e IGP; alle necessarie previsioni in materia che devono essere presenti nello statuto dei predetti consorzi e, infine, alla soppressione del riferimento ai tre mandati consecutivi in relazione al rispetto del principio della parità tra i sessi nei consorzi di tutela).

Tenuto conto della classificazione della Ragioneria generale dello Stato basata sul Bilancio di genere (rassegna normativa), l'ambito di intervento di tali disposizioni è pertanto riconducibile a diversi settori quali, in particolare, il "mercato del lavoro" e la "partecipazione ai processi decisionali"; la modalità di intervento si configura come "un'azione positiva" e la misura è qualificabile in via prevalente come un "intervento di regolamentazione e di spesa".

Al contempo, per avere un quadro del potenziale impatto delle disposizioni del presente progetto di legge, con particolare riferimento al perseguimento della parità di genere, appare opportuno riportare - di seguito - un insieme di dati ed elaborazioni sul numero di imprenditrici e lavoratrici che operano nel settore agricolo.

Secondo il Rapporto Unioncamere sull'imprenditoria femminile 2020 - alla cui lettura integrale si rimanda - con riferimento ai settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca  - (si veda la tabella a pag. 9) - su un totale di 740.990 imprese complessive rilevate nel 2019 in tali settori, 210.402 sono "imprese femminili", a fronte di un numero pari a 530.588 di imprese a conduzione maschile.

Il predetto Rapporto - alle pagg. 5 e 6 - definisce femminile un'impresa la cui partecipazione di genere risulti superiore al 50%, mediando la composizione delle quote di partecipazione e le cariche attribuite. Esso prevede, quindi, che siano qualificate femminili:

- le imprese individuali di cui siano titolari donne ovvero gestite da donne;

- le società di persone in cui la maggioranza dei soci è di genere femminile;

- le società di capitali in cui la maggioranza delle quote di partecipazione sia nella titolarità di donne, ovvero in cui la maggioranza delle cariche sia attribuita a donne, ovvero le imprese in cui la media tra le quote di partecipazione nella titolarità di donne e le quote delle cariche attribuite a donne risulti superiore al 50%;

- le imprese cooperative in cui la maggioranza dei soci sia di genere femminile.

In base ai dati riportati nell'Annuario sull'agricoltura del CREA per l'anno 2019 (pubblicato a gennaio 2021), l'imprenditoria femminile nel settore primario interessa circa il 31% delle imprese, percentuale che si mantiene costante dal 2010 e risulta di poco superiore agli altri settori produttivi, dove mediamente il 29% delle imprese è a titolarità femminile (pag. 66).

 
 Con riferimento alla composizione percentuale in base alle classi di età non si evidenziano cambiamenti significativi negli ultimi anni; infatti - secondo il citato Annuario CREA - nell'ultimo quinquennio è rimasta pressoché invariata la quota di titolari giovani (età inferiore ai 30 anni) pari al 4,2% e quella dei titolari con più di 50 anni che rappresenta quasi il 70% dei titolari (+0,5% rispetto all'anno precedente). L'incidenza dei titolari agricoli con meno di 30 anni è inferiore rispetto ad altri settori (5,7% se si considerano tutti i settori economici), mentre la presenza di titolari meno giovani è sensibilmente superiore, situazione che conferma la difficoltà con cui il ricambio generazionale si realizza nel settore primario, malgrado le opportunità di finanziamento previste dalle politiche per lo sviluppo rurale (si veda pag. 66 dell'Annuario sopra citato).
 

Per quanto concerne il numero di occupati in agricoltura, per sesso e per posizione professionale, il suddetto Annuario del CREA - nella tab. 3.2 di pag. 104 e nella tab. A10 di pag. 520 - mostra (in base a dati ISTAT) che su un totale di 909 mila occupati totali in agricoltura, silvicoltura e pesca nel 2019 (erano 872 mila nel 2018, essendovi quindi stato un incremento del 4,2 per cento rispetto all'anno precedente), 235 mila sono donne (erano 234 mila nel 2018). Di queste 235 mila occupate nel comparto agricolo, 123 mila sono lavoratrici dipendenti (erano 124 mila nel 2018) e 113 mila sono lavoratrici indipendenti (erano 111 mila l'anno precedente).

Secondo un'estrazione di dati effettuata da dati.istat.it (lavoro e retribuzioni/offerta di lavoro/occupazione/occupati/macrosettori economici/Ateco 2007-posizione professionale, tempo pieno/parziale), risulta che delle circa 235 mila lavoratrici occupate in agricoltura nel 2019, 61 mila lo erano a tempo parziale a fronte di un totale di 174 mila lavoratrici a tempo pieno.

Sempre in base ad un'estrazione di dati effettuata da dati.istat.it (lavoro e retribuzioni/offerta di lavoro/occupazione/occupati/macrosettori economici/Ateco 2007-profilo professionale), le 113 mila lavoratrici indipendenti rilevate dall'ISTAT nel 2019 nei settori dell'agricoltura, della pesca e della silvicoltura, risultano suddivise tra: 6 mila imprenditrici; mille libere professioniste; 73 mila lavoratrici in proprio, 31 mila coadiuvanti familiari e 2 mila collaboratrici.

L'Annuario statistico italiano ISTAT 2020 riporta un trend di occupazione femminile in agricoltura che si presenta, negli ultimi anni, sostanzialmente stabile: 229 mila occupate nel 2015, 240 mila nel 2016, 228 mila nel 2017 e - come anticipato -  234 mila nel 2018 e 235 mila nel 2019 (tab. 8.1, pag. 324).

Infine, con riferimento al settore agrituristico, il citato Annuario del Crea rileva (pag. 378) che su 24.576 aziende autorizzate all'esercizio dell'agriturismo nel 2019 (anno in cui tale settore ha registrato un andamento crescente), 8.566 erano gestite da imprenditrici agricole (numero sostanzialmente invariato rispetto all'anno precedente), quindi circa 1/3 del totale sono donne. Come evidenziato anche dal Rapporto BES - Istat 2019, pag. 135, le aziende agrituristiche rappresentano una forma di conduzione agricola che concilia produzione e accoglienza, che le legislazioni regionali incentivano anche come presidio dei valori ambientali e storico-paesaggistici dei territori e che è diventato uno dei principali motori economici delle aree rurali.