Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: Disposizioni per la semplificazione nelle materie dell'agricoltura e della pesca
Riferimenti: AC N.982/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 73
Data: 18/12/2018
Organi della Camera: XIII Agricoltura

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

 

Disposizioni per la semplificazione nelle materie dell'agricoltura e della pesca A.C. 982

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 73

 

 

 

18 dicembre 2018

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura

( 066760-3610 – * st_agricoltura@camera.it

 

 

 

 

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File: AG0020.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Interventi per la tutela del reddito agricolo e per la trasparenza delle relazioni contrattuali) 3

§  Articolo 2 (Efficacia dell'accertamento della qualifica di imprenditore agricolo professionale) 6

§  Articolo 3 (Periodo vendemmiale) 7

§  Articolo 4 (Agricoltura biodinamica) 8

§  Articolo 5 (Semplificazione in materia di cooperative agricole) 9

§  Articolo 6 (Semplificazione in materia di prevenzione degli incendi nelle strutture agrituristiche) 10

§  Articolo 7 (Trasparenza dell'origine dei prodotti agroalimentari somministrati negli esercizi agrituristici) 11

§  Articolo 8 (Semplificazioni in materia di imprese agro-meccaniche e di centri di giardinaggio) 13

§  Articolo 9 (Disposizione per la tutela delle microimprese) 14

§  Articolo 10 (Semplificazione in materia di cessione di prodotti agroalimentari) 15

§  Articolo 11 (Disposizioni in materia di documentazione antimafia) 16

§  Articolo 12 (Disposizione in materia di pratiche sleali) 18

§  Articolo 13 (Esclusione dei grassi di origine suina dal contributo al Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti) 19

§  Articolo 14 (Semplificazioni in materia di tenuta del fascicolo aziendale) 21

§  Articolo 15 (Semplificazione in materia di pagamenti di contributi) 22

§  Articolo 16 (Delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura) 23

§  Articolo 17 (Semplificazione in materia di licenze di pesca) 27

§  Articolo 18 (Semplificazioni in materia di sorveglianza sanitaria per i lavoratori a tempo determinato e stagionali) 29

§  Articolo 19 (Credito d'imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive) 34

§  Articolo 20 (Semplificazione in materia di fatturazione) 35

§  Articolo 21 (Semplificazione in materia di corresponsione annuale del diritto alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) 36

§  Articolo 22 (Semplificazione in materia di donazioni e patti di famiglia) 37

§  Articolo 23 (Semplificazione in materia di accisa sulla birra per i piccoli birrifici indipendenti) 38

§  Articolo 24 (Semplificazioni in materia di controlli) 39

§  Articolo 25 (Razionalizzazione delle procedure per l'affitto di terreni pubblici ad uso agricolo) 41

§  Articolo 26 (Semplificazione in materia di compravendita di fondi agricoli di esiguo valore economico) 43

§  Articolo 27 (Semplificazioni in materia di accessi ai fondi rustici) 44

§  Articolo 28 (Raccolta dei dati in allevamento) 46

§  Articolo 29 (Consulenza aziendale) 48

§  Articolo 30 (Semplificazione in materia di trasporto di animali con rimorchi non agricoli) 49

§  Articolo 31 (Semplificazione in materia di controllo della fauna selvatica) 51

§  Articolo 32 (Riconoscimento di associazione venatoria) 52

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Articolo 1
(Interventi per la tutela del reddito agricolo e per la trasparenza delle relazioni contrattuali)

La proposta di legge in esame (AC 982) è suddivisa in 8 Capi (32 articoli):, recanti, rispettivamente, semplificazioni in materia di:

-        agricoltura (Capo I/artt. 1-15);

-        pesca ( Capo II/artt. 16 e 17);

-        lavoro agricolo (Capo III /articolo 18);

-        fiscalità agricola (Capo IV/artt. 19-23);

-        controlli in agricoltura (Capo V/articolo 24);

-        contratti e accesso a fondi agricoli (Capo VI/artt. 25-27);

-        zootecnia (Capo VII/28-30);

-        fauna selvatica (Capo VIII/artt. 31 e 32).

 

L’articolo 1 reca interventi per la tutela del reddito agrario e la trasparenza delle relazioni contrattuali.

In particolare, il comma 1 prevede che i contratti aventi ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli stipulati obbligatoriamente in forma scritta devono avere una durata non inferiore a dodici mesi, salvo rinuncia espressa da parte dell’agricoltore cedente.

 

Il testo fa rinvia all’art.168 del regolamento (UE) n. 1308/2013 sia ai fini dell’individuazione di quali siano i prodotti agricoli interessati sia al fine di individuare la normativa applicabile ai contratti in esame.

Quanto alla prima questione sono interessati i seguenti prodotti: cereali, riso, zucchero, foraggi essiccati; sementi, luppolo, olio di oliva e olive da tavola, lino e canapa, prodotti ortofrutticoli, prodotti ortofrutticoli trasformati, banane, settore vitivinicolo, piante vive e prodotti della floricoltura, bulbi, radici e affini, fiori recisi e fogliame ornamentale, tabacco, carni bovine, latte e prodotti lattiero-caseari, carni suine, carni ovine e caprine, uova, carni di pollame, alcole etilico di origine agricola, prodotti dell'apicoltura, bachi da seta.

Quanto alla normativa applicabile contenuta nell’articolo 168, si prevede, in generale, che, eccetto che per il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e il settore dello zucchero, qualora uno Stato membro decida che ogni consegna nel suo territorio dei prodotti agricoli sopra richiamati debba formare oggetti di contratto scritto, questo dovrà prevedere:

il prezzo da pagare alla consegna che o è fisso o è calcolato combinando vari fattori stabiliti nel contratto (indicatori di mercato, le quantità consegnate e la qualità o la composizione dei prodotti agricoli consegnati);

la quantità e la qualità dei prodotti interessati che può e/o deve essere consegnata e il calendario di tali consegne;

la durata del contratto, che può essere determinata o indeterminata, con clausole di risoluzione;

le precisazioni riguardanti le scadenze e le procedure di pagamento;

le modalità per la raccolta o la consegna dei prodotti agricoli e

le norme applicabili in caso di forza maggiore.

Anche le organizzazioni di produttori o le associazioni di organizzazioni di produttori possono esigere il contratto scritto. Questo non può considerarsi obbligatorio se il primo acquirente è una microimpresa, una piccola impresa o una media impresa ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE. Non è, poi, necessario mettere a punto un contratto o un'offerta di contratto se un socio di una cooperativa consegna i prodotti interessati alla cooperativa della quale è socio. Se uno Stato membro decide di rendere obbligatori contratti scritti per la consegna di prodotti agricoli, può stabilire una durata minima, di almeno sei mesi,  applicabile soltanto ai contratti scritti tra un produttore e il primo acquirente dei prodotti agricoli.

Ai sensi dell’art.62, comma 1, del D.L. n.1/2012 i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. I contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti.

Si ricorda, inoltre, che presso il Parlamento europeo è all’esame la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera alimentare (COM (2018) 173 final).

 

Il comma 2 del medesimo art. 1 prevede che, ai fini della verifica della sussistenza delle condotte vietate nelle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, i costi medi di produzione dei prodotti agricoli sono rilevati e pubblicati mensilmente dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sulla base della metodologia approvata dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

 

Il testo richiama, ai fini della definizione delle condotte vietate, quanto prescritto dall’articolo 62, comma 2, del D.L. n.1/2012, in base al quale nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni dei prodotti agricoli, è vietato:

a) imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali e retroattive;

b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;

c) subordinare la conclusione, l'esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre;

d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;

e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento.

 

Per la realizzazione delle predette attività l’ISMEA può utilizzare le risorse proprie di cui all’articolo 1, comma 663, della legge 22 dicembre 2015, n. 208”.

 

Si ricorda, al riguardo, che il suddetto art. 1, comma 663 della legge n. 208 del 2015 ha previsto che, in attuazione delle disposizioni che hanno disposto l’incorporazione della società Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) Spa e della Società gestione fondi per l'agroalimentare (SGFA) s.r.l. nell’ISMEA, il contributo ordinario annuo a carico dello Stato in favore di ISMEA venisse soppresso e l'Istituto versasse annualmente all'entrata del bilancio dello Stato la somma di 1 milione di euro. Tali somme non sembrano, quindi, potersi configurare come risorse proprie dell’ISMEA, utilizzabili per la realizzazione di attività dell’Istituto.

Nel progetto di bilancio 2019 (AC 1334) nello stato di previsione del MIPAAFT sono assegnate risorse all’ISMEA nei seguenti capitoli per i seguenti importi in conto competenza: cap. 7253, 8,7 milioni di euro (quale assegnazione all’Istituto per il finanziamento delle misure agevolative nel settore agricolo); cap. 2089, circa 0,2 milioni di euro (quale contributo all'ISMEA e/o al CREA per la realizzazione di studi, ricerche ed attività di supporto nel campo della cooperazione agricola). Non risultano assegnate all’ISMEA somme derivanti da disposizioni della suddetta legge n. 208 del 2015.

 

Il comma 3  dispone, infine, che le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale nel settore agricolo, a norma dell’articolo 4 della legge 11 novembre 2011, n. 180 , possono agire in giudizio per richiedere che vengano inseriti di diritto nei contratti di cessione di prodotti agricoli gli elementi obbligatori di cui ai precedenti commi 1 e 2.

 

L’art. 4 della legge 11 novembre 2011, n.180 prevede che le associazioni di categoria rappresentate in almeno cinque camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominate «camere di commercio», ovvero nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e le loro articolazioni territoriali e di categoria, sono legittimate a proporre azioni in giudizio sia a tutela di interessi relativi alla generalità dei soggetti appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni soggetti. Prosegue, poi, consentendo alle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, regionale e provinciale di impugnare gli atti amministrativi lesivi degli interessi diffusi.

 

 


Articolo 2
(Efficacia dell'accertamento della qualifica di imprenditore agricolo professionale)

 

L’articolo 2 attribuisce efficacia su tutto il territorio nazionale all’accertamento della qualifica di imprenditore agricolo professionale, effettuato da ciascuna regione, ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004. Ciò avviene mediante un’integrazione del comma 2 del medesimo art. 1 del suddetto decreto legislativo n. 99 del 2004.

 

Si ricorda che è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui che (ai sensi  del citato articolo 1 del D.Lgs. 99/2004), in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse), direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro.

Si ricorda inoltre che - ai sensi del comma 1 del suddetto art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 - possono acquisire la qualifica di imprenditore agricolo professionale i soci delle società di persone e di cooperative (comprese quelle di lavoro) e gli amministratori delle società di capitali nel caso in cui l'attività svolta sia contraddistinta dalla presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito richiamati.

Inoltre, le società di persone, cooperative e di capitali (anche a scopo consortile) sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle richiamate attività agricole e siano in possesso di specifici requisiti (art. 1, comma 3 del suddetto decreto legislativo).

Sono, infine, riconosciute all'imprenditore agricolo professionale persona fisica (se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale), le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto (art. 1, comma 4 del medesimo decreto). 

Si rammenta che per coltivatore diretto (CD) s'intende il piccolo imprenditore (art. 2083 del codice civile) che si dedica direttamente e abitualmente alla manuale coltivazione dei terreni, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all'allevamento del bestiame ed attività connesse (articoli 1 e 2 della legge n. 1047 del 1957). Le attività devono essere svolte con abitualità e prevalenza per impegno lavorativo e reddito ricavato. Il requisito della abitualità sussiste quando l'attività sia svolta in modo esclusivo o prevalente (cioè quella che, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 9 del 1963, occupi il lavoratore per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca la maggior fonte di reddito).

 


 

Articolo 3
(Periodo vendemmiale)

 

L’articolo 3, anticipa dal 1° agosto al 15 luglio di ogni anno l’inizio del periodo vendemmiale, ossia del periodo entro il quale è consentito raccogliere le uve ed effettuare le fermentazioni e le rifermentazioni dei prodotti vitivinicoli (il termine di tale periodo rimane il 31 dicembre di ciascun anno). Ciò avviene mediante una novella all’art. 10, comma 1, della legge n. 238 del 2016 (cosiddetto testo unico sul vino).

 

L’art. 10 prevede, infatti, al comma 1, che il periodo entro il quale è consentito raccogliere le uve ed effettuare le fermentazioni e le rifermentazioni dei prodotti vitivinicoli è fissato dal 1º agosto al 31 dicembre di ogni anno.

La relazione illustrativa specifica che la decorrenza dal 1 agosto è stata considerata dagli operatori un elemento di grave appesantimento, pregiudizievole per i buoni esiti della vendemmia in molte regioni italiane; tale modifica è , quindi, volta a dare maggiore flessibilità in considerazione delle

 


 

Articolo 4
(Agricoltura biodinamica)

 

L’articolo 4 dispone che il metodo dell’agricoltura biodinamica, che prevede l'uso di preparati biodinamici, applicato nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, sia equiparato al metodo di agricoltura biologica.

Si ricorda, in proposito che disposizione di analogo tenore è contenuta nel testo unificato (art. 1, co.3) A.C.290 ed abb.) sul metodo di produzione biologico, approvato dalla Camera e trasmesso al Senato.

 

Un riferimento normativo esplicito alla agricoltura biodinamica si può rinvenire all'articolo 12, paragrafo 1, lettera c) del suddetto regolamento (CE) n. 834 del 2007, che prevede che nella produzione biologica vegetale "è consentito l'uso di preparati biodinamici". Ai preparati biodinamici fanno riferimento, in particolare, gli allegati 2 e 3 del decreto ministeriale 18 luglio 2018, n. 6793 in materia di attuazione di regolamenti comunitari relativi alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici (che rinviano alle “Preparazioni previste dal regolamento CE n. 834/07, art. 12, lettera c)) e l’articolo 38 del DPR n. 290 del 2001, relativo a taluni prodotti utilizzati in agricoltura biologica, biodinamica e convenzionale.

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in esame “equipara l’agricoltura biodinamica a quella biologica, onde eliminare gli ostacoli burocratici ed interpretativi che non consentono agli agricoltori che producono con il metodo della biodinamica di vedersi certificare i prodotti o l'intera filiera produttiva, in modo unanime da tutti gli Enti certificatori BIO. L’ostacolo principale è costituito dall’interpretazione restrittiva del regolamento n. 834 del 2007 al quale fanno riferimento i certificatori. Con questa norma è fugato ogni dubbio, a condizione che siano rispettate le disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007”.

Per un approfondimento sull'agricoltura biodinamica, i cui princìpi sono stati formulati dall'austriaco Rudolf Steiner negli anni 20 dello scorso secolo ed in particolare sul vino biodinamico, compresa la certificazione di tale tipo di prodotti, si rinvia al seguente link: http://www.vino-bio.com/vini-biodinamici/.

 


 

Articolo 5
(Semplificazione in materia di cooperative agricole)

 

L’articolo 5 integra, con una novella, la disciplina relativa ai soci lavoratori di cooperativa, prevista dall’art. 1 della legge n. 142 del 2001. Prevede, nello specifico, un comma aggiuntivo al predetto art. 1 (comma 3-bis), con il quale si dispone che il socio della cooperativa agricola possa partecipare a contribuire al raggiungimento degli scopi sociali prestando attività lavorativa nella cooperativa mediante l’utilizzo della propria copertura previdenziale di lavoratore autonomo agricolo, senza dover instaurare con la cooperativa un ulteriore rapporto di lavoro.

 

Si ricorda, che la legge n.142 del 2001, recante revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore prevede, al comma 1, disposizioni specifiche sui soci lavoratori di cooperativa.

In base al comma 3, il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte.

 

La relazione illustrativa afferma – tra l’altro – che la disposizione in esame “si propone di consentire che il socio di cooperativa agricola possa partecipare a contribuire al raggiungimento degli scopi sociali prestando attività lavorativa nella cooperativa mediante l’utilizzo della propria copertura previdenziale di Coltivatore diretto o di Imprenditore agricolo a titolo principale, senza dover instaurare con la cooperativa un ulteriore rapporto di lavoro in forma subordinata”.

 


 

Articolo 6
(Semplificazione in materia di prevenzione degli incendi nelle strutture agrituristiche)

 

L’articolo 6 estende alle attività ricettive con capacità non superiore a venticinque posti letto che utilizzino singole unità abitative l’applicabilità della disposizione di cui punto 8.2.1. del decreto del Ministro dell’interno 9 aprile 1994 (che reca l’“Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettivo turistico-alberghiere”), relativa alle modalità di installazione degli impianti di produzione calore nelle attività recettive con capacità superiore a venticinque posti letto disciplinate dal Titolo III del medesimo decreto.

 

La citata disposizione (8.2.1), inserita nel Titolo dedicato alle attività recettive con capacità superiore a venticinque posti letto, prevede che gli impianti di produzione di calore devono essere di tipo centralizzato. I predetti impianti devono essere realizzati a regola d'arte e nel rispetto delle specifiche disposizioni di prevenzione incendi. Nei villaggi albergo e nelle residenze turistico-alberghiere, è consentito, in considerazione della specifica destinazione, che le singole unità abitative siano servite da impianti individuali per riscaldamento ambienti e/o cottura cibi alimentati da gas combustibile sotto l'osservanza delle specifiche prescrizioni elencate.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in esame include gli agriturismi che utilizzano singole unità abitative e che abbiano una capacità ricettiva non superiore a 25 posti letto nella deroga prevista per “villaggi albergo” e di “residenze turistico-alberghiere” strutturati in singole unità abitative rispetto all’obbligo di impianti di tipo centralizzato così da poter dotare i singoli appartamenti di impianti individuali alimentati da gas combustibile”.

 

Al riguardo, si osserva che la disposizione in esame interviene su un atto normativo secondario di natura tecnica senza modificarlo direttamente ed è formulata in modo da essere applicabile, non ai soli agriturismi, ma a tutti gli edifici adibiti alle attività ricettive turistico-alberghiere con capacità non superiore a 25 posti letto, indicate all’art. 1 del suddetto DM 9 aprile 1994 (ossia alberghi, motel, affittacamere e così via, ad esclusione dei rifugi alpini che hanno una disciplina propria nel Titolo IV del decreto).

 


 

Articolo 7
(Trasparenza dell'origine dei prodotti agroalimentari somministrati negli esercizi agrituristici)

 

L’articolo 7 reca norme sulla trasparenza dell’origine dei prodotti agroalimentari somministrati nelle attività agrituristiche. Si prevede, al riguardo, che i prodotti agroalimentari somministrati nelle attività agrituristiche di cui alla legge n. 96 del 2006 (che reca la disciplina dell’agriturismo) debbano recare l’indicazione del luogo di produzione dell’alimento o del suo ingrediente primario con modalità idonee a rendere chiare e facilmente leggibili al consumatore le informazioni fornite (comma 1). Per le violazioni del predetto obbligo, si applicano le sanzioni (amministrative pecuniarie) di cui all'art. 4, comma 10, della legge 3 febbraio 2011, n. 4 (che reca le disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari).

Si osserva, al riguardo, che la norma sembra configurare, riferendosi alla somministrazione, ad un obbligo da adempiere nell’ambito della Carta dei vini e delle pietanze che viene presentata al consumatore al momento dell’offerta del servizio di ristorazione; non sembra, invece, riguardare la vendita diretta e le norme di etichettatura dei prodotti venduti all’interno delle strutture, per i quali vige una normativa specifica. Si fa presente, inoltre, che apposite sanzioni in merito all’informazione al consumatore sono contenute nel decreto legislativo n. 15 dicembre 2017, n. 231, in relazione alle fattispecie contenute nel Reg. 1169/2011.

 

Si ricorda che l’art. 10 della legge n.96 del 2006 prevede che alla vendita dei prodotti propri, tal quali o comunque trasformati, nonché dei prodotti tipici locali da parte dell'impresa agrituristica si applicano le disposizioni di cui alla legge 9 febbraio 1963, n. 59, e successive modificazioni, e all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

La prima disposizione richiamata è stata abrogata.

L’art. 4 del D.Lgs. n.228/2001 regola l’esercizio della vendita diretta e prevede che gli imprenditori agricoli possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

Ciò vale anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa. Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni di euro per le società, si applicano le disposizioni sul commercio di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998.

Nell'ambito dell'esercizio della vendita diretta è consentito vendere prodotti agricoli, anche manipolati o trasformati, già pronti per il consumo, mediante l'utilizzo di strutture mobili nella disponibilità dell'impresa agricola, anche in modalità itinerante su aree pubbliche o private, nonché il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo, con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni generali di carattere igienico-sanitario.

 

Quanto al comma 10 dell’art. 4 della legge n. 4 del 2011 richiamato, esso prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti alimentari non  etichettati in conformità alle disposizioni del stesso articolo 4, e dei decreti interministeriali emanati in attuazione del medesimo articolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro.

I commi precedenti definiscono le fattispecie la cui violazione comporta la sanzione prevista.

Il comma 1 prevede che è obbligatorio, riportare nell'etichettatura di tali prodotti, oltre alle indicazioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni ( sostituito dal reg. 1169/2011), l'indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa dell'Unione europea, dell'eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale.

Per i prodotti alimentari non trasformati, l'indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.

Il comma 3 rinvia la definizione delle modalità per l'indicazione obbligatoria, nonché le disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale a decreti interministeriali del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico.

Le disposizioni normative in esame sono rimaste per molto tempo inattuate in ragione delle perplessità sollevate in sede europea in ordine alla prevista indicazione obbligatoria in etichetta dell’indicazione dell’origine del prodotti.

Solo ultimamente, dopo aver esperito una procedura di consultazione con la Commissione europea e in base a tale procedura, sono stati emanati il decreti del 9 dicembre 2016 sull’indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero caseari e i decreti 26 luglio 2017, recanti indicazione dell’origine in etichetta del grano e del riso. Infine, il 16 novembre 2017 è stato emanato il decreto recante indicazioni in etichetta del pomodoro.

Le disposizioni generali sull’etichettatura dei prodotti alimentari e sulle informazioni da fornire al consumatore sono contenute nel Reg. 116972011; le relative sanzioni sono contenute nel decreto legislativo n. 15 dicembre 2017, n. 231.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in esame si propone di garantire la massima trasparenza sulla provenienza dei prodotti alimentari somministrati dalle aziende agrituristiche, con modalità idonee a non appesantire gli adempimenti anche burocratici in capo agli operatori.

 


 

Articolo 8
(Semplificazioni in materia di imprese agro-meccaniche e di centri di giardinaggio)

 

L’articolo 8 prevede:

-        al comma 1, l’equiparazione all’imprenditore agricolo delle imprese agro-meccaniche che forniscono in via prevalente, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore agricolo e rinvia a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la disciplina delle relative condizioni di equiparazione;

-        al comma 2, l’equiparazione all’imprenditore agricolo dei centri di giardinaggio che forniscono beni e servizi connessi all’attività agricola e rinvia, a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la disciplina delle relative condizioni di equiparazione.

La relazione illustrativa rileva che l’ordinamento giuridico italiano non riconosce la figura dell’imprenditore agro-meccanico. “Tale vuoto legislativo determina una discriminazione tra il soggetto che svolge l’attività agro-meccanica con la qualifica di imprenditore agricolo e quello che la svolge professionalmente con l’attuale qualifica di artigiano. Il secondo comma della disposizione intende risolvere analoghi problemi interpretativi che si sono posti per l’attività dei centri di giardinaggio, ed evitare che nei diversi territori regionali vi siano discipline diverse in una materia, quella della qualificazione civilistica dell’attività, che rientra pacificamente nelle competenze esclusive dello Stato”.

 


 

Articolo 9
(Disposizione per la tutela delle microimprese)

 

L’articolo 9 estende alle microimprese i diritti riconosciuti e garantiti ai consumatori e agli utenti dall’art. 2 del decreto legislativo n. 206 del 2005.

 

L’ art. 2 del decreto legislativo n. 206 del 2005, in materia di diritti dei consumatori, prevede, al comma 2, che ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

a) alla tutela della salute;

b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;

c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis) all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;

d) all'educazione al consumo;

e) alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali;

f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;

g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

La relazione illustrativa ricorda che il legislatore ha già provveduto ad ampliare alle microimprese la tutela dalle pratiche commerciali scorrette, in precedenza prevista solo per i consumatori.

Il riferimento è all’articolo 7 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.27.

L’articolo in esame ha inserito all’interno del codice del consumo la definizione di microimprese ed ha previsto, all’articolo 19, che il Titolo III, relativo alle pratiche commerciali, alla pubblicità e alle altre comunicazioni commerciali, si applichi alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa illecita è assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145.

 

Si fa presente che alcuni dei diritti richiamati dall’articolo 2, comma 2, sembrano implicare necessariamente il riferimento a persone fisiche e non a entità di carattere giuridico astratto quali le microimprese; sarebbe, pertanto, opportuno indicare specificamente le lettere contenenti i diritti che si intendono estendere alle microimprese.


 

Articolo 10
(Semplificazione in materia di cessione di prodotti agroalimentari)

 

L’articolo 10, estende ai piccoli imprenditori, di cui all’art. 2083 del codice civile, la possibilità, già prevista nei confronti del consumatore finale, di non dover stipulare obbligatoriamente in forma scritta i contratti che abbiano ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari. Ciò avviene tramite un’integrazione dell’articolo 62, comma 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2083 del codice civile, sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata, prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

 


 

Articolo 11
(Disposizioni in materia di documentazione antimafia)

 

L’articolo 11 reca disposizioni in materia di documentazione antimafia.

 

Si ricorda, in proposito, che il decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159 reca il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia.

All’articolo 83, in particolare, si prevede, al comma 1, che le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici devono acquisire la documentazione antimafia (comunicazione antimafia e informazione antimafia) prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, tra i quali sono menzionati i contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

La documentazione in esame, secondo quanto stabilisce il comma 3, non è comunque richiesta: a) per i rapporti fra i soggetti pubblici; b) per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui alla lettera a) ed altri soggetti, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto di cui all'articolo 67; c) per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza; d) per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale; e) per i provvedimenti, gli atti ed i contratti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro. (la lettera è stata, così, sostituita dall'art. 25, comma 1, lett. b), L. 17 ottobre 2017, n. 161)

Il comma 3-bis prevede, poi, che la documentazione di cui al comma 1 è sempre prevista nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo superiore a 5.000 euro.

L’art. 91, prevede, poi, al comma 1-bis, che l'informazione antimafia è sempre richiesta nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo superiore a 5.000 euro.

La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha modificato la disposizione relativa alla presentazione dell'informazione antimafia da parte degli imprenditori agricoli di cui al comma 3-bis dell’art. 83 e 1-bis dell’art. 91, confermando per le imprese agricole che abbiano fatto domanda per importi inferiori a 25.000 euro una proroga al 31 dicembre 2018 dell'obbligo di presentare la suddetta informazione ed escludendo dall'obbligo le domande di contributi presentate prima del 19 novembre 2017. Con l'entrata in vigore della disposizione in esame, l'obbligo di presentazione della documentazione antimafia si applicherà da subito solo ai titolari di fondi che accedono a fondi europei per importi superiori a 25.000 euro 8 (art. 1, co. 1142).

Infine, il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (c.d. decreto-sicurezza) ha previsto, all’art. 24, comma 1-bis., che le disposizioni degli articoli 83, comma 3-bis, e 91, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro, non si applicano fino al 31 dicembre 2019.

 

L’articolo in esame:

a)     sostituisce la lettera e) del comma 3 con una formulazione che prevede l’aggiunta delle “erogazioni” tra le tipologie di provvedimenti che sono esonerati dalla presentazione della documentazione antimafia nel caso in cui il valore complessivo non superi i 150.000 euro;

b)     sostituisce, poi, il comma 3-bis, prevedendo che la documentazione in esame sia sempre acquisita nell’ipotesi di concessione di terreni agricoli demaniali, non richiamando ulteriormente la specifica che deve trattarsi di terreni che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla PAC; non vengono, più inclusi nell’obbligo, in quanto non richiamati i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europeo per un importo non superiore a 5.000 euro.

 

In relazione alla lettera b), si valuti l’opportunità di estendere la modifica anche a quanto riportato nell’articolo 91, comma 1-bis del decreto legislativo n. 159 del 2011.

 


 

Articolo 12
(Disposizione in materia di pratiche sleali)

 

L’articolo 12 prevede che sia considerata pratica sleale vietata ai sensi dell’articolo 62, comma 2, del D.L. n.1/2012, l’adozione, per l’acquisto di prodotti (non è specificato che debbano essere generi agroalimentari), della procedura dell’asta elettronica inversa o al doppio ribasso.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in esame mira a risolvere il problema causato dal fatto che alcune catene distributive adottano sistemi non trasparenti di contrattazione dell’acquisto di prodotti agroalimentari particolarmente penalizzanti per la filiera produttiva. “In particolare, nei casi in cui tali metodi vengano usati per l’acquisto di prodotti di qualità certificata (biologico o denominazioni Dop e Igp), si agisce in totale spregio ai maggiori costi e ai sacrifici sostenuti dalle imprese per garantire ai consumatori un prodotto ad alto valore aggiunto. L’intento è di rendere positiva e disciplinata la contrarietà alle pratiche delle aste online, che presentano offerte al ribasso in modalità tutt’altro che trasparenti e che danneggiano i produttori e loro cooperative”.

Si ricorda, al riguardo che la XIII Commissione Agricoltura ha svolto il 26 settembre 2018 le audizioni informali dei rappresentanti di Agrinsieme, ANCC-Coop, ANCD- Conad e Federdistribuzione sul fenomeno della vendita dei prodotti agricoli sottocosto e delle aste a doppio ribasso.

E’ stato, al riguardo, specificato che la vendita dei prodotti sottocosto è un fenomeno che vede gli acquirenti riconoscere ai fornitori prezzi talmente bassi che i ricavi non bastano neanche a coprire i costi di produzione. L’asta elettronica al doppio ribasso è un sistema dove alcune grandi aziende di distribuzione chiedono ai fornitori un’offerta di vendita per i propri prodotti, salvo, poi, una volta raccolte le diverse proposte, indire una seconda gara nella quale usare come base di partenza non l’offerta qualitativamente migliore, ma, al contrario, quella di prezzo inferiore. In tale occasione si è ricordato che nel giugno 2017 è stato firmato un Protocollo di intesa per favorire un mercato più trasparente e evitare effetti distorsivi dei rapporti di filiera con l’impegno a non fare ricorso alle aste elettroniche inverse al doppio ribasso.

 


 

Articolo 13
(Esclusione dei grassi di origine suina dal contributo al Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti)

 

L’articolo 13 esclude esplicitamente i grassi animali di origine suina dall’applicazione del contributo ambientale di cui all’articolo 10, comma 1,  della legge 28 luglio 2016, n. 154 (cosiddetto collegato agricolo), aggiungendo la lettera e-bis) al comma 3 del predetto art. 10, comma che indica mediante alcune lettere i casi di esclusione dall’applicazione del contributo.

 

L’art. 10 del collegato agricolo (L. n.15472016) disciplina il contributo al CONOE

Viene, a tal fine, previsto, dal comma 1 che, considerata la necessità di assicurare la regolare prosecuzione dell'attività di raccolta e trattamento dei grassi vegetali e animali esausti e al fine di garantire l'operatività del Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (CONOE), , e di consentire la crescita e lo sviluppo del settore e delle attività imprenditoriali connesse alla gestione di tali rifiuti, a decorrere dal 1° luglio 2017 il contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, è determinato come segue:

a) oli di oliva vergini e olio di oliva, in confezioni di capacità superiore a cinque litri: euro 0,0102/kg;

b) oli vegetali, diversi da quelli di cui alla lettera a), in confezioni di capacità superiore ad un litro: euro 0,0108/kg;

c) grassi animali e vegetali in confezioni di capacità superiore a 500 grammi: euro 0,0005/kg;

d) oli extravergini di oliva: euro 0,0102/kg.

Il contributo ambientale è dovuto in occasione della prima immissione del prodotto, sfuso o confezionato, nel mercato nazionale ed è versato al CONOE ovvero al sistema alternativo, con cadenza trimestrale. Del contributo è data evidenza riportando nelle fatture di vendita la dicitura: «Contributo ambientale sugli oli e grassi animali e vegetali per uso alimentare assolto», anche nelle fasi successive della commercializzazione. Il CONOE disciplina le procedure per la riscossione del contributo, i rimborsi e i conguagli e le eventuali fattispecie di esenzione.

Sono, comunque, esclusi dall'applicazione del contributo gli oli extravergini di oliva, fatta salva l'applicazione dello stesso quando sia dimostrato che il loro impiego o la loro gestione determinano la produzione di rifiuti oggetto dell'attività del CONOE. Restano, in ogni caso, esclusi dall'applicazione del contributo:

a) gli oli di oliva vergini e l'olio di oliva in confezioni di capacità eguale o inferiore a cinque litri;

b) gli oli vegetali diversi da quelli di cui alla lettera a), in confezioni di capacità eguale o inferiore a un litro;

c) i grassi animali e vegetali in confezioni di capacità eguale o inferiore a 500 grammi;

d) gli oli e i grassi animali e vegetali a denominazione di origine e ad indicazione geografica protette nonché i prodotti alimentari con questi conservati;

e) gli oli e i grassi animali e vegetali, nonché i prodotti alimentari con questi conservati, oggetto di vendita diretta effettuata dalle imprese agricole..

4. La congruità del contributo e dei costi di riscossione è verificata con cadenza annuale dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro dello sviluppo economico, sulla base della documentazione tecnica trasmessa dal CONOE,. L'entità del contributo resta invariata fino all'adozione del decreto di modifica ai sensi dell'articolo 233, comma 10, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

La relazione illustrativa osserva, tra l’altro, che dalla disposizione in esame non derivano minori entrate per il bilancio dello Stato, considerato che la stessa non ha mai trovato applicazione concreta nei confronti degli operatori suinicoli. L’intento è quello di eliminare una incertezza in sede applicativa. suscettibile di aggravare l’attività di un settore così importante per le nostre produzioni agroalimentari”.

 


 

Articolo 14
(Semplificazioni in materia di tenuta del fascicolo aziendale)

 

L’articolo 14  prevede che anche i professionisti abilitati all'esercizio della professione (oltre che i centri autorizzati di assistenza agricola) possano intrattenere i rapporti con le pubbliche amministrazioni nella tenuta dei dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabiliti i requisiti di garanzia e di buon funzionamento che gli studi professionali abilitati devono possedere per l’esercizio delle relative attività.

Le disposizioni in esame sono inserite nell’ordinamento attraverso due novelle all’articolo 25, comma 2, del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito dalla legge 4 aprile 2012,  n. 35).

 

L’art. 25 del richiamato D.L. n.5 del 2012 ha previsto misure di semplificazione per le imprese agricole stabilendo, al comma 2, che i dati relativi alla azienda agricola contenuti nel fascicolo aziendale elettronico fanno fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda agricola instaura ed intrattiene con esse, anche per il tramite dei centri autorizzati di assistenza agricola che ne curano la tenuta e l'aggiornamento. Le modalità operative per la consultazione del fascicolo aziendale elettronico da parte delle pubbliche amministrazioni sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in esame si propone di estendere il novero dei soggetti qualificati che possono svolgere l’attività di tenuta del fascicolo aziendale e che è altresì prevista, analogamente all’articolo 6, comma 3, ultimo periodo del decreto legislativo 21 maggio 2018, n.74, relativo ai centri autorizzati di assistenza agricola (CAA), “l’adozione di un decreto ministeriale ove siano specificati requisiti di garanzia richiesti in capo ai liberi professionisti per potere svolgere una attività che ha marcati caratteri pubblicistici”.

 


 

Articolo 15
(Semplificazione in materia di pagamenti di contributi)

 

L’articolo 15 prevede che gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile non siano tenuti al pagamento del contributo di cui all’articolo 23, primo comma, del regio decreto 31 ottobre 1923, n. 2523 per l’esercizio delle attività dirette alla manipolazione, conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli come definite dal comma 3 del citato articolo 2135. Conseguentemente, ai maggiori oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE), di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 (convertito dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307).

 

Il citato primo comma dell’art. 23 del regio decreto 31 ottobre 1923, n. 2523, recante il riordinamento dell’istruzione industriale, prevede che al “rimanente delle spese necessarie per il mantenimento delle Stazioni sperimentali per l'industria debbono provvedere le imprese che esercitano le industrie per le quali la Stazione è preordinata od i commerci di importazione corrispondenti e gli Enti pubblici locali che vi sono tenuti. Il contributo dovuto dalle imprese viene ripartito annualmente fra esse dal Consiglio di amministrazione della Stazione in proporzione della loro capacità di produzione”.

 

Si ricorda, poi, che il suddetto art. 2135 del codice civile prevede che sia imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché' le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

 

La relazione illustrativa afferma che la suddetta disposizione sana l’anomalia conseguente al fatto che alcune Stazioni sperimentali per l’industria (enti pubblici economici sottoposti alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico), “ritengono di sottoporre al contributo le imprese agricole, e ciò in contrasto con il disposto del citato art. 23 del R.D. n. 2523 del 1923, che stabilisce che alle spese di mantenimento debbano provvedere solamente le imprese che rientrano nell’ambito del tipo di industria per la quale è preordinata la stazione sperimentale”.


 

Articolo 16
(Delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura)

 

L’articolo 16 prevede una delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura. Si tratta di una disposizione che riprende, in parte, il lavoro già svolto nel corso della passata Legislatura con l’approvazione da parte della Camera dei deputati del testo unificato delle proposte di legge C.338 ed abb.

Il comma 1, in particolare, prevede che, al fine di procedere alla semplificazione e al riassetto della normativa vigente in materia di pesca e acquacoltura, il Governo sia delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi con i quali provvede raccogliere in un testo unico tutte le norme vigenti in materia.

Il comma 2 indica i princìpi e criteri direttivi sulla base dei quali adottare i decreti legislativi:

a) abrogazione espressa delle disposizioni superate per l’introduzione di nuove norme nonché di quelle che siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete;

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 15 delle preleggi del codice civile, dedicato alle regole sull’abrogazione delle leggi è previsto che “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

 

b) coordinamento delle disposizioni, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

c) eliminazione di duplicazioni e risoluzione di eventuali incongruenze e antinomie tenendo conto dei consolidati orientamenti giurisprudenziali;

d) coordinamento, adeguamento e integrazione della normativa nazionale con quella internazionale e dell’Unione europea in materia di pesca e acquacoltura e di pesca non professionale, di tutela e protezione dell'ecosistema marino e delle forme di pesca e acquacoltura tradizionali;

e) prevenzione, contrasto e repressione della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, anche attraverso la revisione del sistema sanzionatorio in materia di pesca e acquacoltura, di cui al capo II (artt. 7-24) del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, al fine di assicurare un corretto bilanciamento tra precetto e sanzione, sia per le fattispecie di illecito penale che amministrativo, tenendo nel debito conto l’elemento psicologico di colui che si rende responsabile delle infrazioni nonché delle peculiari dimensioni delle imprese nazionali;

f) adeguamento dei tipi di pesca professionale di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639, in funzione dell’evoluzione tecnologica ed in coerenza con la normativa sovranazionale, con particolare riferimento alla possibilità di modificare e/o estendere l’operatività delle navi da pesca, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia della salute e della sicurezza della vita umana in mare;

 

L’art. 9 del D.P.R. n.1639 del 1968 prevede, in merito ai tipi di pesca professionale, che, con riferimento alle navi per la pesca professionale, ed alle categorie di pesca costiera, mediterranea e oltre gli stretti, la pesca professionale si distingue nei seguenti tipi: pesca costiera, pesca mediterranea o d'altura, pesca oltre gli Stretti od oceanica; la pesca costiera, a sua volta, si divide in pesca locale e pesca ravvicinata.

La pesca locale si esercita nelle acque marittime fino a una distanza di sei miglia dalla costa, con o senza navi da pesca di quarta categoria, o da terra.

Nel rispetto della normativa internazionale, la pesca ravvicinata si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di 40 miglia dalla costa, con navi da pesca di categoria non inferiore alla terza.

La pesca d'altura si esercita nelle acque del mare Mediterraneo, con navi da pesca di categoria non inferiore alla seconda.

La pesca oceanica si esercita oltre gli Stretti, con navi di prima categoria.

 

g) adeguamento delle disposizioni di cui agli articoli 138 (relativo agli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva) e 140 (relativo alle limitazioni d’uso degli attrezzi per la pesca sportiva) del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n.1639, alla normativa dell’Unione Europea in materia di limiti alla strumentazione utilizzabile per l’esercizio di tale pesca.

 

L’articolo 138 definisce gli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva.

Gli attrezzi individuali e non individuali consentiti per la pesca sportiva sono:

a) coppo o bilancia;

b) giacchio o rezzaglio o sparviero;

c) lenze fisse quali canne a non più di tre ami, lenze morte, bolentini, correntine a non più di sei ami, lenze per cefalopodi, rastrelli da usarsi a piedi;

d) lenze a traino di superficie, e di fondo e filaccioni;

e) nattelli per la pesca in superficie, fucile subacqueo, fiocina a mano, canna per cefalopodi;

f) parangali fissi o derivanti; nasse

L’art. 140 definisce le limitazioni d'uso degli attrezzi per la pesca sportiva prevedendo che

a) non possono essere utilizzate bilance di lato superiore a 6 metri;

b) non può essere utilizzato giacchio o rezzaglio o sparviero di perimetro superiore a 16 metri;

c) non possono essere usate più di 5 canne per ogni pescatore sportivo;

d) il numero degli ami dei parangali complessivamente calati da ciascuna imbarcazione non deve essere superiore a 200 qualunque sia il numero delle persone presenti a bordo;

e) non possono essere calate da ciascuna imbarcazione più di due nasse qualunque sia il numero delle persone presenti a bordo;

f) è vietato l'uso di fonti luminose ad eccezione della torcia utilizzata nell'esercizio della pesca subacquea. Nell'esercizio della pesca con la fiocina è consentito l'uso di una lampada

 

h) adeguamento delle disposizioni del regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione (Navigazione marittima) adottato con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, con particolare riferimento al CAPO IV – artt. 248-264 (Dei titoli professionali per i servizi di coperta), al fine di favorire il ricambio generazionale e l’arruolamento di pescatori a bordo della navi della pesca costiera.

 

Il comma 3 prevede che i decreti legislativi di cui sopra siano adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati, previa acquisizione dei pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è poi trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al precedente comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.

Il comma 4 prevede che gli schemi dei decreti legislativi di cui sopra siano altresì corredati di relazione tecnica sulla relativa neutralità finanziaria dei medesimi, ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 qualora uno o più decreti determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

 


 

Articolo 17
(Semplificazione in materia di licenze di pesca)

 

L’articolo 17, rubricato “Semplificazione in materia di licenza di pesca”, è composto di cinque commi, che non novellano altre disposizioni legislative.

 

Il comma 1 prevede che la tassa di concessione governativa prevista dall’articolo 8 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 641 (Licenza per la pesca professionale marittima) sia dovuta ogni otto anni, indipendentemente dalla scadenza indicata nella licenza di pesca. È ammesso il pagamento tardivo oltre il termine di scadenza degli otto anni, entro i sei mesi successivi della scadenza stessa; in tal caso è applicata, a titolo di sanzione, una sovrattassa pari al 5 per cento dell'importo della tassa ordinaria.

 

L’articolo 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, recante disciplina delle tasse sulle concessioni governative.

Reca, al Titolo III relativo alla pesca, l’indicazione della tariffa da pagare per l’esercizio della pesca professionale.

Tariffa annessa - Articolo 8 [Pesca marittima]

 

Indicazione degli atti soggetti a tassa

Ammontare delle tasse in euro

1. Licenza per la pesca professionale marittima (art. 4 della legge 17 febbraio 1982, n. 41): per ogni unità adibita

404,00

 

Il comma 2 dispone che la tassa è altresì dovuta, prima della scadenza degli otto anni, soltanto nei casi di variazioni sostanziali della licenza di pesca che comportino l'adozione di un nuovo atto amministrativo. Nei casi indicati dal comma in esame, la nuova licenza resta in vigore per otto anni a decorrere dalla data del pagamento della medesima tassa.

Il comma 3 prevede che, ferma restando la scadenza prevista della licenza, la tassa di concessione governativa sulla licenza di pesca non è dovuta in caso di cambio di armatore, se il passaggio avviene tra la cooperativa di pesca ed i suoi soci o viceversa, nonché fra soci appartenenti alla medesima cooperativa di pesca, durante il periodo di vigenza della licenza.

Il comma 4 dispone che, con regolamento adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, da adottarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per il rilascio delle licenze di pesca, le modifiche e i rinnovi, i criteri di valutazione, le variazioni sostanziali di cui al precedente comma 2 che comportano il rilascio di una nuova licenza, le procedure ed i tempi relativi.

Il comma 5 prevede che, nel caso di procedura amministrativa relativa al rilascio di nuova licenza di pesca, l'interessato, dopo l'acquisizione al procedimento dell'istanza redatta ai sensi delle pertinenti norme in materia, è temporaneamente abilitato all'esercizio dell'attività di pesca, nelle more della conclusione del procedimento. Ai fini di eventuali controlli delle Autorità di controllo è sufficiente esibire copia dell’istanza già presentata.

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in commento fa chiarezza su modalità e termini di versamento della tassa di concessione governativa connessa al rilascio della licenza di pesca professionale marittima. “La tassa ammonta attualmente a 404,00 euro. Sono segnalati molti casi nelle diverse marinerie in cui i titolari della licenza debbano versare due volte la tassa di concessione a causa di una difforme interpretazione sulle variazioni – sostanziali e non sostanziali - che possono verificarsi nel corso degli anni. Per risolvere tale problema la norma stabilisce che un decreto del Ministro delle politiche agricole definisca le modalità per il rilascio delle licenze di pesca e soprattutto quali siano le variazioni sostanziali che fanno scattare l’obbligo di emissione di un nuovo atto amministrativo”.

 

Il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 26 luglio 1995 reca la Disciplina del rilascio delle licenze di pesca prevedendo all’articolo 2 che la licenza è rilasciata dal Ministero all’interessato, iscritto nel registro delle imprese di pesca di cui all’articolo 11, L. 14 luglio 1965, n. 963 ed è conforme al modello ivi allegato. La licenza è rilasciata, esclusivamente all’interessato che abbia ottenuto il nulla osta, per le categorie di pesca di cui agli articoli 8 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 e per i sistemi previsti dal medesimo decreto, applicando le aggregazioni di cui all’art. 11 del presente decreto.  La licenza è valida per un periodo di otto anni ed è rinnovabile su richiesta dell’interessato. Le licenze, rilasciate in applicazione delle disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto, conservano il loro termine di validità quadriennale.

Si rinvia, infine, alla risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 105/E del 27 novembre 2014, relativa alla tassa sulle concessioni governative per il rilascio della licenza di pesca professionale marittima.

 


 

Articolo 18
(Semplificazioni in materia di sorveglianza sanitaria per i lavoratori a tempo determinato e stagionali)

 

L’articolo 18 è intitolato “Semplificazioni in materia di sorveglianza sanitaria per i lavoratori a tempo determinato e stagionali”, è composto di sei commi che non novellano altre disposizioni legislative.

Il comma 1 prevede che per i lavoratori a tempo determinato e stagionali, limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali, per le quali è, comunque, previsto l’obbligo di sorveglianza sanitaria ai sensi dell’articolo 41, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, gli adempimenti previsti dal medesimo articolo al comma 2 si considerano assolti, su scelta del datore di lavoro, senza costi per i lavoratori, mediante visita medica preventiva, da effettuarsi da parte del medico competente, ovvero dal Dipartimento di prevenzione della ASL.

 

Si ricorda che, ai sensi del suddetto art. 41, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente:

a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all'articolo 6;

b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

Ai sensi del comma 2, essa  comprende:

 a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;

 b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;

c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;

 d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;

e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;

e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva;

e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.

 

Il comma 2 dispone che la visita medica preventiva di cui al comma 1 ha validità biennale e consente al lavoratore idoneo di prestare la propria attività anche presso altre imprese agricole per lavorazioni che presentano i medesimi rischi, senza la necessità di ulteriori accertamenti medici.

Il comma 3 prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2 si applicano anche ai lavoratori che svolgono nelle imprese agricole prestazioni di lavoro occasionale come disciplinato da ultimo dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n.50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n.96.

 

L’art. 54-bis reca la disciplina delle prestazioni occasionali ed è stato da ultimo riformato con il decreto-legge n.87/2018, noto come decreto dignità.

Viene previsto che:

- è ammessa la possibilità di acquisire prestazioni di lavoro occasionali, intendendosi per tali le attività lavorative che danno luogo, nel corso di un anno civile:

a) per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;

b) per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, a compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro;

c) per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, a compensi di importo non superiore a 2.500 euro;

c-bis) per ciascun prestatore, per le attività di steward nell’ambito delle competizioni calcistiche, svolte nei confronti di ciascun utilizzatore di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91, a compensi di importo complessivo non superiore a 5.000 euro.

Il prestatore ha diritto all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, con iscrizione alla Gestione separata, e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 Il prestatore ha diritto al riposo giornaliero, alle pause e ai riposi settimanali.

 I compensi percepiti dal prestatore sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sul suo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

 Non possono essere acquisite prestazioni di lavoro occasionali da soggetti con i quali l'utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa.

6. Alle prestazioni di cui al presente articolo possono fare ricorso:

a) le persone fisiche, non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa, per il ricorso a prestazioni occasionali mediante il Libretto Famiglia;

b) gli altri utilizzatori, nei limiti di cui al comma 14, per l'acquisizione di prestazioni di lavoro mediante il contratto di prestazione occasionale di cui al comma 13;

b-bis) le società sportive di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91.

8-bis. Per prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, il prestatore è tenuto ad autocertificare, nella piattaforma informatica di non essere stato iscritto nell'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

9. Per l'accesso alle prestazioni di cui al presente articolo, gli utilizzatori e i prestatori sono tenuti a registrarsi e a svolgere i relativi adempimenti, anche tramite un intermediario all'interno di un'apposita piattaforma informatica, gestita dall'INPS, di seguito denominata "piattaforma informatica INPS", che supporta le operazioni di erogazione e di accreditamento dei compensi e di valorizzazione della posizione contributiva dei prestatori attraverso un sistema di pagamento elettronico. I pagamenti possono essere altresì effettuati utilizzando il modello di versamento F24, con esclusione della facoltà di compensazione dei crediti di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Esclusivamente ai fini dell'accesso al Libretto Famiglia di cui al comma 10, la registrazione e i relativi adempimenti possono essere svolti tramite un ente di patronato di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152.

10. Ciascun utilizzatore di cui al comma 6, lettere a) e b-bis), può acquistare, attraverso la piattaforma informatica INPS ovvero presso gli uffici postali, un libretto nominativo prefinanziato, denominato "Libretto Famiglia", per il pagamento delle prestazioni occasionali rese a suo favore da uno o più prestatori nell'ambito di:

a) piccoli lavori domestici, compresi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione;

b) assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità;

c) insegnamento privato supplementare;

c-bis) attività di cui al decreto del Ministro dell'interno 8 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2007, limitatamente alle società sportive di cui al comma 6, lettera b-bis), del presente articolo.

Mediante il Libretto Famiglia, è erogato, per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati.

11. Ciascun Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento, il cui valore nominale è fissato in 10 euro, utilizzabili per compensare prestazioni di durata non superiore a un'ora. Per ciascun titolo di pagamento erogato sono interamente a carico dell'utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata stabilita nella misura di 1,65 euro, e il premio dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, , stabilito nella misura di 0,25 euro; un importo di 0,10 euro è destinato al finanziamento degli oneri gestionali.

12. Attraverso la piattaforma informatica INPS ovvero avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall'INPS, l'utilizzatore di cui al comma 6, lettera a), entro il giorno 3 del mese successivo allo svolgimento della prestazione, comunica i dati identificativi del prestatore, il compenso pattuito, il luogo di svolgimento e la durata della prestazione, nonché ogni altra informazione necessaria ai fini della gestione del rapporto. Il prestatore riceve contestuale notifica attraverso comunicazione di short message service (SMS) o di posta elettronica.

13. Il contratto di prestazione occasionale è il contratto mediante il quale un utilizzatore, di cui ai commi 6, lettera b), e 7, acquisisce, con modalità semplificate, prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità, entro i limiti di importo di cui al comma 1, alle condizioni e con le modalità di cui ai commi 14 e seguenti.

14. E' vietato il ricorso al contratto di prestazione occasionale:

a) da parte degli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato, ad eccezione delle aziende alberghiere e delle strutture ricettive che operano nel settore del turismo, per le attività lavorative rese dai soggetti di cui al comma 8, e che hanno alle proprie dipendenze fino a otto lavoratori.

b) da parte delle imprese del settore agricolo, salvo che per le attività lavorative rese dai soggetti di cui al comma 8 purché non iscritti nell'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli;

c) da parte delle imprese dell'edilizia e di settori affini, delle imprese esercenti l'attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, delle imprese del settore delle miniere, cave e torbiere;

d) nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi.

16. La misura minima oraria del compenso è pari a 9 euro, tranne che nel settore agricolo, per il quale il compenso minimo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Sono interamente a carico dell'utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata, nella misura del 33 per cento del compenso, e il premio dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nella misura del 3,5 per cento del compenso.

17. L'utilizzatore di cui al comma 6, lettera b), è tenuto a trasmettere almeno un'ora prima dell'inizio della prestazione, attraverso la piattaforma informatica INPS ovvero avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall'INPS, una dichiarazione contenente, tra l'altro, le seguenti informazioni: a) i dati anagrafici e identificativi del prestatore; b) il luogo di svolgimento della prestazione; c) l'oggetto della prestazione; d) la data e l'ora di inizio e di termine della prestazione ovvero, se si tratta di imprenditore agricolo, di azienda alberghiera o struttura ricettiva che opera nel settore del turismo o di ente locale, la data di inizio e il monte orario complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non superiore a dieci giorni; e) il compenso pattuito per la prestazione, in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell'arco della giornata, fatto salvo quanto stabilito per il settore agricolo ai sensi del comma 16, fermo restando che per il settore agricolo le quattro ore continuative di prestazione sono riferite all'arco temporale di cui alla lettera d) del presente comma. Il prestatore riceve contestuale notifica della dichiarazione attraverso comunicazione di short message service (SMS) o di posta elettronica.

18. Nel caso in cui la prestazione lavorativa non abbia luogo, l'utilizzatore di cui al comma 6, lettera b), è tenuto a comunicare, attraverso la piattaforma informatica INPS ovvero avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall'INPS, la revoca della dichiarazione trasmessa all'INPS entro i tre giorni successivi al giorno programmato di svolgimento della prestazione. In mancanza della predetta revoca, l'INPS provvede al pagamento delle prestazioni e all'accredito dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi nel termine di cui al comma 19.

e Camere una relazione sullo sviluppo delle attività lavorative disciplinate dal presente articolo.

 

Il comma 4 dispone che l’effettuazione e l’esito della visita medica devono risultare da apposita certificazione e il datore di lavoro è tenuto ad acquisirne copia.

Il comma 5 prevede che gli Enti bilaterali e gli organismi paritetici del settore agricolo e della cooperazione di livello nazionale o territoriale possano adottare iniziative, anche attraverso lo strumento della convenzione, finalizzate a favorire l’assolvimento degli obblighi in materia di sorveglianza sanitaria di cui al citato decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per le imprese agricole e i lavoratori aderenti al sistema della bilateralità, mediante convenzioni con i medici competenti.

Il comma 6, infine, prevede che il medico competente incaricato di effettuare la sorveglianza sanitaria per i lavoratori di cui ai commi 1 e 3 non sia tenuto ad effettuare la visita degli ambienti di lavoro in relazione alle lavorazioni agricole di riferimento.

 


 

Articolo 19
(Credito d'imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive)

 

L’articolo 19  prevede che per i periodi di imposta successivi al 2018 il credito di imposta riconosciuto alle strutture alberghiere e alle imprese agrituristiche per interventi di ristrutturazione edilizia, di eliminazione delle barriere architettoniche, di incremento dell’efficienza energetica, adeguamento antisismico e di acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo sia riconosciuto a condizione che siano effettuati almeno uno degli interventi elencati.

 

Più in particolare il decreto-legge n.83 del 2014 ha previsto all’art.10 ha previsto un credito di imposta alle strutture alberghiere nella misura del 30 per cento delle spese sostenute fino ad un massimo di 200.000 euro per gli interventi di ristrutturazione edilizia o a interventi di eliminazione delle barriere architettoniche e di incremento dell'efficienza energetica, ovvero per le tipologie di spesa di cui al comma 7 del presente articolo, secondo le modalità ivi previste.

Il comma 4 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2017 ha prorogato il credito d'imposta di cui all'articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, per i periodi d'imposta 2017 e 2018, nella misura del 65 per cento, a condizione che gli interventi abbiano anche le finalità di cui al comma 2 del articolo in esame.

Il comma 2 dell’articolo 1 fa riferimento oltre agli interventi già previsti nell’art. 10, agli interventi di ristrutturazione energetica delle parti comuni degli edifici, agli interventi contro il rischio sismico nonché all’acquisto di mobili ed elettrodomestici finalizzati all’arredo.

Si ricorda che sempre con il comma 4 dell’art. 1 sono state, poi, comprese tra i beneficiari del credito d'imposta di cui al periodo precedente anche le strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali, nonché gli stabilimenti termali anche per la realizzazione di piscine termali e per l'acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali.

Il comma 2 dell’articolo 1 prevede come finalità:

 

 


 

Articolo 20
(Semplificazione in materia di fatturazione)

 

L’articolo 20, permette che le disposizioni sia del primo periodo (attualmente escluse) sia del secondo periodo del comma 7 dell’art. 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante il regime speciale IVA per i produttori agricoli, si possano applicare anche a quei produttori che optino per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari.

Ciò avviene per mezzo di una novella al comma 11 dell’art. 34 del citato D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Il comma 11 dell’art. 34 del D.P.R. 633/1972 prevede che le disposizioni dell’ articolo non si applicano, salvo quella di cui al comma 7, ultimo periodo, ai soggetti di cui ai commi precedenti che optino per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari dandone comunicazione all'ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.

Si ricorda che il suddetto comma 7 dell’art. 34 prevede, al primo periodo, che i passaggi dei prodotti agricoli e ittici agli enti, alle cooperative o agli altri organismi associativi ai fini della vendita, anche previa manipolazione o trasformazione, si considerano effettuati all'atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati. L'obbligo di emissione della fattura – recita il secondo periodo del medesimo comma - può essere adempiuto dagli enti stessi per conto dei produttori agricoli conferenti; in tal caso a questi è consegnato un esemplare della fattura ai fini dei successivi adempimenti prescritti.

 


 

Articolo 21
(Semplificazione in materia di corresponsione annuale del diritto alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura)

 

L’articolo 21 dà la facoltà alla Camere di commercio (rectius: Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), di diminuire la misura del diritto annuale, per gli imprenditori agricoli, i coltivatori diretti, nonché per le società semplici agricole iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese, distinguendo, se del caso, per classi di fatturato, fino ad arrivare all’esenzione.

 

Ciò avviene per mezzo dell’inserimento di un comma aggiuntivo (4-bis), all’art. 18 della legge n. 580 del 1993, relativo al finanziamento delle Camere di commercio. 

Si rammenta che, ai sensi del comma 4 del medesimo art. 18 della legge n. 580 del 1993, la misura del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da parte di ogni impresa iscritta o annotata nei registri, ivi compresi gli importi minimi e quelli massimi, nonché gli importi del diritto dovuti in misura fissa, è determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Si ricorda altresì che l’art. 28, comma 1, del decreto-legge n. 90 del 2014 ha disposto che, nelle more del riordino del sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, l'importo del  diritto annuale di cui al citato art. 18 della legge n. 580 del 1993, come determinato per  l'anno 2014 (per il quale erano state mantenute in vigore le misure del diritto annuale stabilite dal decreto ministeriale 21 aprile 2011), è ridotto, per l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016,  del  40 per cento e, a decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento.

 


 

Articolo 22
(Semplificazione in materia di donazioni e patti di famiglia)

 

L’articolo 22  prevede che non si applichi ai trasferimenti di immobili a titolo gratuito, ai contratti di donazione e ai contratti di cui all’articolo 768-bis del codice civile (cosiddetti patti di famiglia) l’obbligo – cui all’art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 192 del 2005 - di inserire nei relativi contratti l’apposita clausola con la quale l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici e di allegare al contratto copia dell'attestato di prestazione energetica (fa eccezione il caso di locazione di singole unità immobiliari).

Ciò avviene tramite l’inserimento di un comma aggiuntivo (3-ter)) al citato art. 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005.

 

Tale obbligo è attualmente sanzionato, nella generalità dei casi, in caso di omessa dichiarazione o allegazione, con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da euro 3.000 a euro 18.000.

 

Si ricorda che il suddetto articolo 768-bis del codice civile prevede che sia patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

 


 

Articolo 23
(Semplificazione in materia di accisa sulla birra per i piccoli birrifici indipendenti)

 

L’articolo 23 prevede che per i birrifici che producono birra artigianale (definiti all’art. 2, comma 4-bis, della legge n. 1354 del 1962, così come modificata dall’art. 35, comma 1, della legge n. 154 del 2016) il volume di ciascuna partita di birra da sottoporre a tassazione sia dato dalla birra immessa in consumo esclusivamente sulla base dei dati giornalieri contenuti nel registro di magazzino, nel quale si assume in carico.

-         il prodotto finito in fase di condizionamento;

-        il prodotto andato perduto,

-        i quantitativi estratti giornalmente per l'immissione in consumo diretta ovvero tramite la vendita ad altre imprese.

Si prevede, poi, che con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, siano stabilite “modalità particolari” per l'esercizio dei controlli.

Ciò avviene mediante l’aggiunta di un comma (il 7-bis) all’articolo 35 del decreto legislativo n. 504 del 1995, che reca la disciplina sull’accertamento dell’accisa sulla birra.

 

Si ricorda che la definizione di birra artigianale, di cui al comma 4-bis della legge n. 1354 del 1962, è la seguente:

“Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi”

La relazione illustrativa rileva che la disposizione in commento mira a spostare la determinazione del valore di accisa successivamente alla fase di ammostamento, onde evitare il pagamento dell'accisa anche sullo scarto.

Si ricorda, al riguardo, che il disegno di legge di bilancio per il 2019 prevede, nel testo trasmesso al Senato (art. 1, co.387/389) la riduzione (art. 1, co. 387) dell’accisa sulla birra da 3 euro a 2,99 euro per ettolitro e grado-plato, e la previsione (art. 1, co. 388 e 389), per i birrifici artigianali di minore dimensione (ossia quelli con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri) di poter considerare accertato il prodotto finito a conclusione e non a monte delle operazioni, nonché la riduzione del 40 per cento dell’aliquota ordinaria (è previsto che la nuova disciplina si applichi a decorrere dall’emanazione delle disposizioni attuative).


 

Articolo 24
(Semplificazioni in materia di controlli)

 

L’articolo 24 introduce due modifiche in materia di controlli sulle imprese agricole.

La prima prevede che, anche nei confronti delle imprese agroalimentari (oltre che di quelle agricole), i controlli ispettivi siano effettuati dagli organi di vigilanza in modo coordinato, evitando sovrapposizioni e duplicazioni e garantendo l'accesso all'informazione sui controlli (comma 1, lett. a) che modifica i commi 1 e 2 dell’art. 1 del D.L. n. 91/2014).

La seconda sopprime la specifica “sola” riferito alla sanzione amministrativa pecuniaria, permettendo, così, l’applicazione dell’istituto della diffida da parte dell’organo di controllo incaricato anche quando non sia prevista esclusivamente l’applicazione di detta sanzione.

Ciò avviene tramite due novelle all’art.1 del decreto legge n. 91 del 2014 (convertito dalla legge n. 116 del 2014), rispettivamente, ai commi 1 e 2 e al comma 3 del predetto articolo 1. Conseguentemente, è modificata la rubrica del predetto art. 1.

 

L’art. 1 del decreto-legge n.91 del 2014 reca disposizioni urgenti in materia di controlli sulle imprese agricole, istituzione del registro unico dei controlli sulle imprese agricole e potenziamento dell'istituto della diffida nel settore agroalimentare.

In particolare, prevede:

al comma 1, che i controlli ispettivi nei confronti delle imprese agricole sono effettuati dagli organi di vigilanza in modo coordinato, evitando sovrapposizioni e duplicazioni, garantendo l'accesso all'informazione sui controlli. I controlli sono predisposti anche utilizzando i dati contenuti nel registro di unico dei controlli. I controlli ispettivi esperiti nei confronti delle imprese agricole sono riportati in appositi verbali, da notificare anche nei casi di constatata regolarità. Nei casi di attestata regolarità, ovvero di regolarizzazione conseguente al controllo ispettivo eseguito, gli adempimenti relativi alle annualità sulle quali sono stati effettuati i controlli non possono essere oggetto di contestazioni in successive ispezioni relative alle stesse annualità e tipologie di controllo, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari dell'imprenditore, ovvero nel caso emergano atti, fatti o elementi non conosciuti al momento dell'ispezione. La presente disposizione si applica agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale del controllo ispettivo;

- al comma 2, che è istituito, con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'interno, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il registro unico dei controlli ispettivi di cui al comma 1 sulle imprese agricole. I dati concernenti i controlli effettuati da parte di organi di polizia e dai competenti organi di vigilanza e di controllo, nonché da organismi privati autorizzati allo svolgimento di compiti di controllo dalle vigenti disposizioni, a carico delle imprese agricole sono resi disponibili tempestivamente in via telematica e rendicontati annualmente, anche ai fini della successiva riprogrammazione ai sensi dell'articolo 42 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, alle altre pubbliche amministrazioni secondo le modalità definite con Accordo tra le amministrazioni interessate sancito in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

- al comma 3, che per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, per le quali è prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, l'organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta per la prima volta l'esistenza di violazioni sanabili, diffida l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di venti giorni dalla data di ricezione dell'atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell'illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma, entro il termine indicato, l'organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, ai sensi dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l'applicazione dell'articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. (4)

4. Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare per le quali è prevista l'applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, se già consentito il pagamento in misura ridotta, la somma, determinata ai sensi dell'articolo 16, primo comma, della citata legge n. 689 del 1981, è ridotta del trenta per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche alle violazioni contestate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, purché l'interessato effettui il pagamento e trasmetta la relativa quietanza entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto all'autorità competente, di cui all'articolo 17 della citata legge n. 689 del 1981 e all'organo che ha accertato la violazione.

 


 

Articolo 25
(Razionalizzazione delle procedure per l'affitto di terreni pubblici ad uso agricolo)

 

L’articolo 25 novella l’art. 6 del decreto legislativo n. 228 del 2001, rispettivamente, al comma 1 e al comma 2.

 

L’articolo 6 del decreto legislativo n.228 del 2001 detta disposizioni in merito all’utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili prevedendo che:

1. Le disposizioni recate dalla legge 12 giugno 1962, n. 567, e successive modificazioni, dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, e successive modificazioni, dalla legge 3 maggio 1982, n. 203, e successive modificazioni, si applicano anche ai terreni demaniali o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura o del patrimonio indisponibile appartenenti ad enti pubblici, territoriali o non territoriali, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa.

2. L'ente proprietario può recedere in tutto o in parte dalla concessione o dal contratto di affitto mediante preavviso non inferiore a sei mesi e pagamento di una indennità per le coltivazioni in corso che vadano perdute nell'ipotesi che il terreno demaniale o equiparato o facente parte del patrimonio indisponibile debba essere improcrastinabilmente destinato al fine per il quale la demanialità o l'indisponibilità è posta.

3. Sui terreni di cui al comma 1 del presente articolo sono ammessi soltanto i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni concordati tra le parti o quelli eseguiti a seguito del procedimento di cui all'articolo 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203. In quest'ultimo caso l'autorità competente non può emettere parere favorevole se i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni mantengono la loro utilità anche dopo la restituzione del terreno alla sua destinazione istituzionale.

4. Gli enti di cui al comma 1 del presente articolo, alla scadenza della concessione amministrativa o del contratto di affitto, per la concessione e la locazione dei terreni di loro proprietà devono adottare procedure di licitazione privata o trattativa privata. A tal fine possono avvalersi della disposizione di cui all'articolo 23, terzo comma, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dal primo comma dell'articolo 45 della legge 3 maggio 1982, n. 203.

4-bis. Qualora alla scadenza di cui al comma 4 abbiano manifestato interesse all'affitto o alla concessione amministrativa giovani imprenditori agricoli, di età compresa tra i 18 e i 40 anni, l'assegnazione dei terreni avviene al canone base indicato nell'avviso pubblico o nel bando di gara. In caso di pluralità di richieste da parte dei predetti soggetti, fermo restando il canone base, si procede mediante sorteggio tra gli stessi.

 

La modifica al comma 1 chiarisce che le disposizioni in materia di affitto dei fondi rustici e di contratti agrari si applicano ai terreni di qualsiasi natura. La disposizione di cui all’art. 6 del Dlgs 228/2001 aveva esteso l’ambito di applicabilità ai soli terreni demaniali e patrimoniali indisponibili, appartenenti ad enti pubblici, territoriali o non territoriali, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa.

La relazione illustrativa afferma che la suddetta novella al comma 1 chiarisce l’ambito oggetto di applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 6 del d.lgs. n. 228 del 2001, “superando le difficoltà interpretative dell’attuale formulazione della norma che ha, in talune ipotesi, ingenerato ingiustificate disparità di trattamento per i soggetti interessati alla conduzione di terreni ad uso agricolo di proprietà pubblica”.

La modifica al comma 2 del citato art. 6 del decreto legislativo n. 228 del 2001 integra lo stesso, prevedendo che, qualora il terreno oggetto di concessione o di contratto di affitto sia gravato da uso civico, la violazione del divieto di subaffitto e comunque di subconcessione costituisce causa di risoluzione di diritto del rapporto, ai sensi dell’articolo 1456 del codice civile (che regola la clausola risolutiva espressa).

La relazione illustrativa, in relazione a questa seconda novella, precisa che si propone l’introduzione del divieto di subaffitto o di subconcessione “per i terreni gravati da uso civico, così da scongiurare il ripetersi di operazioni speculative aventi ad oggetto tale particolare categoria di beni pubblici”.


 

Articolo 26
(Semplificazione in materia di compravendita di fondi agricoli di esiguo valore economico)

 

L’articolo 26, dal titolo “Semplificazioni in materia di compravendita di fondi agricoli di esiguo valore economico”, prevede che i contratti tra privati che hanno ad oggetto la compravendita di fondi agricoli con superficie non superiore a cinquemila metri quadri, o il cui valore economico è inferiore a cinquemila euro, possano essere rogati dal segretario comunale del comune di ubicazione dei fondi medesimi ovvero, nel caso di contratti aventi ad oggetto la compravendita di appezzamenti di terreni agricoli che insistono sul territorio di più comuni, dal segretario comunale del comune nel quale insiste la porzione maggiore. Il segretario comunale provvede anche alle autenticazioni delle sottoscrizioni necessarie alla stipula degli atti per il trasferimento dei suddetti fondi.


 

Articolo 27
(Semplificazioni in materia di accessi ai fondi rustici)

 

L’articolo 27 prevede, al comma 1, che nei comuni ricadenti in aree montane o di collina (individuati ai sensi del comma 5-bis dell’art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012, introdotto dall’art. 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del  2014, che rimanda all’art. 7, comma 1, lettera h) del decreto legislativo n. 504 del 1992), i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale, che, per l’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, utilizzano una pluralità di accessi stradali ai sensi dell’art. 22 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992), sono esonerati dal pagamento del canone di concessione all’ente proprietario della strada per l’accesso stradale più prossimo al fabbricato rurale adibito ad abitazione o al fondo rustico ove è ubicato il centro aziendale. Il comma 2 del medesimo art. 27 dispone che, per gli ulteriori accessi stradali utilizzati dai soggetti indicati nel precedente comma, per i quali non trova applicazione l’esonero ivi disposto, il canone concessorio è ridotto ad un quinto di quello determinato ai sensi dell’articolo 27 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992 (che regola le formalità per il rilascio delle autorizzazioni e concessioni, prevedendo, in particolare, ai commi 7 e 8, disposizioni sulla somma dovuta per l'uso o l'occupazione delle strade e delle loro pertinenze).

 

Il comma 5-bis dell’art. 4 del decreto-legge n.16 del 2012, introdotto dall’art. 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, ha previsto che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'interno, sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione IMU sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui iscritti nella previdenza agricola, e gli altri. Ai terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadano in zone montane o di collina, è riconosciuta l'esenzione dall'IMU. Dalle disposizioni di cui al presente comma deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal medesimo anno 2014.

L’art. 27 del decreto legislativo n.285/1992, recante il nuovo codice della strada, ha previsto all’articolo 27, le formalità per il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni. Viene, a tal fine, previsto che le domande dirette a conseguire le concessioni e le autorizzazioni, se interessano strade o autostrade statali, sono presentate al competente ufficio dell'A.N.A.S. e, in caso di strade in concessione, all'ente concessionario che provvede a trasmetterle con il proprio parere al competente ufficio dell'A.N.A.S., ove le convenzioni di concessione non consentono al concessionario di adottare il relativo provvedimento. Le domande rivolte a conseguire i provvedimenti di cui al comma 1 interessanti strade non statali sono presentate all'ente proprietario della strada. I provvedimenti di concessione ed autorizzazione, che sono rinnovabili alla loro scadenza, indicano le condizioni e le prescrizioni di carattere tecnico o amministrativo alle quali esse sono assoggettate, la somma dovuta per l'occupazione o per l'uso concesso, nonché la durata, che non potrà comunque eccedere gli anni ventinove. L'autorità competente può revocarli o modificarli in qualsiasi momento per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o di tutela della sicurezza stradale, senza essere tenuta a corrispondere alcun indennizzo.

Nel determinare la misura della somma si ha riguardo alle soggezioni che derivano alla strada o autostrada, quando la concessione costituisce l'oggetto principale dell'impresa, al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l'utente ne ricava.

 


 

Articolo 28
(Raccolta dei dati in allevamento)

 

L’articolo 28 apporta una modifica testuale all’art. 4 del decreto legislativo sulla disciplina della riproduzione animale, sopprimendo il requisito richiesto ai soggetti terzi per svolgere l’attività di raccolta dei dati in allevamento e relativo alla necessità di avere un’articolazione territoriale che garantisca la raccolta sull’intero territorio nazionale.

 

L’art.4, relativo alla raccolta dei dati in allevamento e loro gestione, prevede che le attività inerenti la raccolta dei dati in allevamento, finalizzate alla realizzazione del programma genetico, sono svolte dagli Enti selezionatori o, su delega degli stessi, possono essere svolte da soggetti terzi al fine di favorire la specializzazione delle attività e la terzietà rispetto ai dati e alla loro validazione.

 I soggetti terzi devono possedere, secondo il comma 2, i seguenti requisiti:

a) certificazione ICAR - Comitato internazionale per la registrazione degli animali, con esclusione delle specie equine e suine;

b) sede in Italia con articolazione territoriale che garantisca la raccolta dei dati in allevamento sull'intero territorio nazionale;

c) dotazione delle necessarie strutture e attrezzature

nonché di personale di adeguata qualificazione;

d) dotazione di un sistema informativo in grado di organizzare e gestire i dati rilevati negli allevamenti con l'obbligo di alimentare la Banca dati unica zootecnica;

e) personalità giuridica senza fini di lucro;

f) non essere un Ente selezionatore riconosciuto;

g) riconoscimento, da parte del Ministero, quale Autorità nazionale competente, ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 2016/1012.

La raccolta dei dati in allevamento finalizzata ad alimentare la Banca dati unica zootecnica, al fine di arricchire le informazioni da mettere a disposizione per l'erogazione della consulenza aziendale, può essere svolta senza maggiori oneri per la finanza pubblica anche su iniziativa di soggetti diversi da quelli indicati precedentemente, a condizione che gli stessi abbiano sede in Italia, siano in possesso dei requisiti di cui alle lettere a), c), d), e) ed f) e siano validati con parere favorevole dal Comitato.

4. Il Ministero, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, istituisce con proprio decreto il Comitato nazionale zootecnico, che può essere articolato per attitudine produttiva, composto da rappresentanti dello stesso Ministero, da un rappresentante del Ministero della salute e da rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, con compiti di regolazione, standardizzazione e indirizzo dell'attività di raccolta dati negli allevamenti.

 I dati raccolti in allevamento sono registrati, organizzati, conservati e divulgati secondo le regole stabilite dal Comitato, anche con riguardo alla compatibilità delle modalità di registrazione e validazione dei dati, nella Banca dati unica zootecnica a livello nazionale, la quale è realizzata, anche tramite meccanismi di cooperazione applicativa con la Banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica (BDN) del Ministero della salute, garantendo l'interoperabilità con altre banche dati esistenti e l'accessibilità ai soggetti riconosciuti dalle regioni e province autonome ai fini della consulenza aziendale, e nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.

 

La relazione illustrativa afferma che l’articolo in commento è volto a promuovere la liberalizzazione delle attività di raccolta dei dati in allevamento anche attraverso la possibile concorrenza tra strutture operative appositamente riconosciute, operanti sul territorio nazionale, come peraltro più volte evidenziato nelle segnalazioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato al Parlamento e Al Governo.

Si ricorda, al riguardo, che sul fatto che antecedentemente i requisiti per il riconoscimento degli Enti selezionatori e dei relativi programmi genetici fossero stabiliti con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (predeterminando quale associazione possa o debba gestire programmi genetici per determinate razze), ai sensi della legge n. 30/1991, è intervenuta l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che aveva lamentato trattarsi di una scelta "idonea a produrre conseguenze anticoncorrenziali nel mercato della commercializzazione dei prodotti di allevamento". Infatti, “nella scelta dell'impresa cui richiedere i servizi per i quali sono previste forme obbligatorie di controllo o di certificazione, gli utilizzatori saranno incentivati ad avvalersi del soggetto istituzionalmente preposto all'esercizio di tale funzione anziché rivolgersi alle imprese concorrenti, nella ragionevole aspettativa di precostituirsi un rapporto privilegiato con il controllore” (Parere 28/03/2013, n. AS1036) .


 

Articolo 29
(Consulenza aziendale)

 

L’articolo 29 interviene ugualmente sull’articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 2018, n.52 apportando talune modifiche al comma 6; in particolare, si prevede che i soggetti incaricati della consulenza aziendale possano avere come propri ambiti di intervento anche la raccolta dei dati in allevamento a condizione che il personale impiegato nell’attività di consulenza non partecipi alla fase operativa della raccolta dei dati.

 

Il comma 6 dell’art. 4 del Dlgs 52/2018 prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità ed i tempi con i quali sono resi accessibili i dati ai soggetti riconosciuti ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, i quali non partecipano alla raccolta dei dati in allevamento di cui al comma

 

Si ricorda che l’art. 1-ter richiamato ha istituito il sistema di consulenza aziendale in agricoltura per gli aspetti relativi alla competitività dell'azienda agricola, zootecnica e forestale, all'innovazione tecnologica ed informatica, all'agricoltura di precisione e al trasferimento di conoscenza dal campo della ricerca al settore primario, inclusi il benessere e la biodiversità animale nonché i profili sanitari delle pratiche zootecniche. E’ previsto che lo svolgimento dell'attività di consulenza deve essere chiaramente separato dallo svolgimento dell'attività di controllo dei procedimenti amministrativi e tecnici per l'erogazione di finanziamenti pubblici all'agricoltura. I consulenti che operano nel sistema di cui al comma 1 devono possedere qualifiche adeguate o ricevere una adeguata formazione di base e di aggiornamento.

 


 

Articolo 30
(Semplificazione in materia di trasporto di animali con rimorchi non agricoli)

 

L’articolo 30 integra l’articolo 56 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) in materia di rimorchi, aggiungendo il comma 4-bis, il quale prevede che i rimorchi per trasporto di cose possano essere utilizzati anche per il trasporto di animali vivi, previa autorizzazione rilasciata dal Servizio veterinario territorialmente competente (ai sensi del Regolamento (CE) n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate, e ai sensi dell’Accordo, sancito, a tal proposito, in data 20 marzo 2008, dalla Conferenza  Stato-Regioni, che contiene gli aspetti applicativi del predetto regolamento comunitario, relativi all’autorizzazione al trasporto di animali vivi).

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione in commento “risolve alcune incongruenze giuridiche – non meglio specificate - tra le disposizioni del Codice della Strada e il Regolamento n. 1/2005 del Consiglio Europeo sulla protezione degli animali durante il trasporto”.

Invero, il codice della strada dedica poco spazio a norme sul trasporto di animali. In particolare, l’art. 10, comma 3, dello stesso considera trasporto in condizioni di eccezionalità – tra l’altro - quello effettuato con veicoli che effettuano trasporti di animali vivi e quello “con carrozzeria ad altezza variabile che effettuano trasporti di animali vivi”. Con riferimento agli animali domestici, poi, l’art. 169, comma 6, prevede che, sui veicoli diversi da quelli autorizzati a norma dell'art. 38 del regolamento di polizia veterinaria (DPR n. 320 del 1954), sia vietato il trasporto di tali animali in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida. “E' consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore, purché custoditi in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo che, se installati in via permanente, devono essere autorizzati dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri”.

Si ricorda che il suddetto DPR n. 320 del 1954 prevede, al Capo VII (artt. 31-40), norme sul trasporto degli animali, dei prodotti ed avanzi animali. In particolare, l’art. 37 del predetto regolamento prevede che gli autoveicoli e i rimorchi adibiti al trasporto degli animali debbano avere pavimento e pareti ben connessi, lavabili e disinfettabili e raccordati tra loro in modo da impedire la fuoruscita dei liquami. “Quelli a furgone devono inoltre avere le pareti provviste, a conveniente altezza, di adeguate aperture per una sufficiente aerazione. Per il trasporto degli animali di piccola taglia per i quali è possibile utilizzare autoveicoli e rimorchi a piani sovrapposti, il pavimento di detti piani deve essere raccordato alle pareti in modo da impedire la fuoruscita dei liquami”.

Per quanto concerne il citato Regolamento (CE) n. 1/2005, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate, questo è composto di 37 articoli e 6 allegati. Esso si applica al trasporto di animali vertebrati vivi all'interno della Comunità, “compresi i controlli specifici che i funzionari competenti devono effettuare sulle partite che entrano nel territorio doganale della Comunità o che ne escono” (art. 1, par. 1). Sono quindi dettate le condizioni generali per il trasporto di animali (art. 2).

Le suddette condizioni generali sono le seguenti:

Nessuno è autorizzato a trasportare o a far trasportare animali in condizioni tali da esporli a lesioni o a sofferenze inutili.

Inoltre devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

sono state previamente prese tutte le disposizioni necessarie per ridurre al minimo la durata del viaggio e assicurare i bisogni degli animali durante il viaggio;

gli animali sono idonei per il viaggio previsto;

i mezzi di trasporto sono progettati, costruiti, mantenuti e usati in modo da evitare lesioni e sofferenze e assicurare l'incolumità degli animali;

le strutture di carico e scarico devono essere adeguatamente progettate, costruite, mantenute e usate in modo da evitare lesioni e sofferenze e assicurare l'incolumità degli animali;

il personale che accudisce gli animali è formato o, secondo il caso, idoneo a tal fine e espleta i propri compiti senza violenza e senza usare nessun metodo suscettibile di causare all'animale spavento, lesioni o sofferenze inutili;

il trasporto è effettuato senza indugio verso il luogo di destinazione e le condizioni di benessere degli animali sono controllate a intervalli regolari e opportunamente preservate;

agli animali è garantito un sufficiente spazio d'impiantito e un'altezza sufficiente considerati la loro taglia e il viaggio previsto;

acqua, alimenti e riposo sono offerti agli animali, a opportuni intervalli, sono appropriati per qualità e quantità alle loro specie e taglia.

E’ poi indicata, nel medesimo regolamento europeo, quale debba essere la documentazione di trasporto (art. 4), e sono stabiliti altri obblighi per gli organizzatori, i trasportatori, i detentori e gli operatori dei centri di raccolta degli animali (artt. 5-9); sono inoltre previsti doveri e obblighi delle autorità competenti (artt. 10-22), sanzioni (art. 25), ispezioni (art. 27), controlli in loco (art. 28) e guide delle buone pratiche (art. 29).

 


 

Articolo 31
(Semplificazione in materia di controllo della fauna selvatica)

 

L’articolo 31 sostituisce il quarto e il quinto periodo del comma 2 dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992, in materia di controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. La novella prevede, al quarto periodo, che i piani di abbattimento della fauna selvatica devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti non solo dalle amministrazioni provinciali, come è attualmente, ma anche da quelle regionali. La modifica al quinto periodo è nel senso di prevedere, oltre alle categorie già legittimate a fornire ausilio alle amministrazioni nell’esecuzione dei piani di abbattimento, seppur elencate in un ordine diverso (guardie forestali, guardie comunali, proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i medesimi piani) anche la categoria di operatori abilitati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano previa frequenza di appositi corsi approvati dall’ISPRA. Resta fermo che tutte le categorie devono essere minute di licenza per l’esercizio venatorio.

 

L’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n.157, reca norme sul controllo della fauna selvatica prevedendo che:

- le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'art. 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità (comma 1);

- le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio (comma 2).

Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l'esercizio venatorio.

 


 

Articolo 32
(Riconoscimento di associazione venatoria)

 

L’articolo 32, infine, integra l’elenco delle Associazioni venatorie riconosciute dalla normativa, aggiungendo la CONF.A.V.I. – Confederazione delle Associazioni Venatorie Italiane Ciò avviene mediante una novella dell’art. 34, comma 5 della legge n. 157 del 1992.

 

L’art. 34 della L. n.157/1992 prevede che:

Le associazioni venatorie sono libere (comma 1);

Le associazioni venatorie istituite per atto pubblico possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della presente legge, purché posseggano i seguenti requisiti:

a) abbiano finalità ricreative, formative e tecnico-venatorie;

b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici;

c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore ad un quindicesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, riferito al 31 dicembre dell'anno precedente quello in cui avviene la presentazione della domanda di riconoscimento (comma 2).

Le associazioni sono riconosciute con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (comma 3).

Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste dispone con decreto la revoca del riconoscimento stesso (comma 4).

Si considerano riconosciute agli effetti della presente legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione nazionale libera caccia, ARCI-Caccia, Unione nazionale Enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina, Associazione italiana della caccia - Italcaccia) già riconosciute ed operanti ai sensi dell'art. 86 del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia, approvato, con regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016, come sostituito dall'art. 35 della legge 2 agosto 1967, n. 799.(comma 5).

Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono sottoposte alla vigilanza del Ministro dell'agricoltura e delle foreste (comma 6).