Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone
Serie: Progetti di legge   Numero: 520
Data: 02/12/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone

2 dicembre 2021
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto


Oggetto e compiti della Commissione

L'attività della Commissione che la proposta intende istituire è volta ad indagare sulla scomparsa di Denise Pipitone, avvenuta a Mazara del Vallo il 1° settembre 2004, quando la bambina aveva quattro anni, in circostanze misteriose e mai definitivamente chiarite, come emerge anche dalla sintesi delle principali vicende riportate dalla relazione illustrativa. 

L'articolo 1, al comma 1, istituisce la Commissione d'inchiesta e, al comma 2, ne definisce i compiti.

In particolare, la Commissione ha il compito di:

a) ricostruire in maniera puntuale le cause e i motivi alla base della scomparsa di Denise Pipitone;

b) verificare ed esaminare il materiale relativo alla scomparsa, raccolto a seguito delle inchieste effettuate dalle Forze dell'ordine e dalla magistratura e delle ricerche realizzate dai mezzi di comunicazione;

c) verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale di eventuali responsabilità relative alla scomparsa di Denise Pipitone.

Il comma 3 prevede che la Commissione possa riferire alla Camera ogniqualvolta lo ritenga necessario. Al termine dei lavori è presentata una relazione sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Possono essere presentate relazioni di minoranza.


Composizione, poteri e organizzazione interna dei lavori

L'articolo 2, al comma 1, stabilisce che la Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito.

Ai sensi del comma 2, la Commissione è convocata per la costituzione dal Presidente della Camera entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti

Il comma 3 prevede che la Commissione, nella prima seduta, elegga l'Ufficio di Presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, secondo le norme previste dall'articolo 20, co. 2, 3 e 4 del Regolamento della Camera dei deputati per le Commissioni permanenti.

Per l'elezione del Presidente della Commissione, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede  al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età (art. 20, co. 2, r.C.). Per l'elezione, rispettivamente, dei due  vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 2 (art. 20, co. 3). Le stesse disposizioni si applicano per le elezioni suppletive (art. 20, co. 4).

Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Tale formulazione riproduce il contenuto dell'articolo 82 della Costituzione, ripreso anche  dall'art. 141, comma 2, del Regolamento della Camera.  Analogamente, l'art. 162, comma 5, del Regolamento del Senato recita: "I poteri della Commissione sono, a norma della Costituzione italiana, gli stessi dell'autorità giudiziaria". La possibilità dell'esercizio di poteri coercitivi rende l'inchiesta parlamentare lo strumento più incisivo del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze. Diversamente, l'indagine conoscitiva pur essendo anch'essa finalizzata all'approfondimento di temi di ampia portata non prevede poteri coercitivi di acquisizione delle informazioni. I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente limitati alla fase "istruttoria", dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.

Si specifica inoltre che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

L'articolo 133 del codice di procedura penale prevede che se il testimone, il perito, la persona  sottoposta  all'esame  del  perito  diversa dall'imputato, il  consulente  tecnico, l'interprete  o  il  custode  di  cose  sequestrate,  regolarmente  citati  o  convocati,  omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne  l'accompagnamento  coattivo  e  può  altresì  condannarli,  con  ordinanza,  al pagamento  di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della  cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. L'accompagnamento coattivo è disposto, nei casi previsti dalla legge, con decreto motivato, con il quale il giudice ordina di condurre i predetti soggetti alla sua presenza, se occorre anche con la forza. La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell'atto previsto e di quelli conseguenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso, la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore.

Si stabilisce, al comma 2, che la Commissione ha la facoltà di chiedere agli organi e uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materie attinenti alle finalità dell'inchiesta. Inoltre, ai sensi del comma 3, la Commissione può altresì chiedere copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso o conclusi presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, anche se coperti da segreto, nonchè copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari.

 In tali casi, l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 c.p.p. che disciplina la richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero. 

In particolare al disposizione richiamata stabilisce che quando è necessario per il compimento delle proprie indagini, il pubblico ministero può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito  dall'articolo 329, copie di atti relativi ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato.

Si riconosce altresì che l'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa (comma 4).

In relazione a tutte le acquisizioni documentali, la Commissione garantisce il segreto funzionale fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia siano coperti da segreto, nei termini stabiliti dagli organi e dagli uffici che li hanno trasmessi (comma 5).

Ai sensi del comma 6, la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti, le assunzioni testimoniali e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle stesse. 

Si prevede poi, al comma 7, che per il segreto d'ufficio, professionale e bancario trovano applicazione le norme vigenti. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a comunicare alla Commissione le fonti delle loro informazioni (comma 8).

Si ricorda che il  segreto d'ufficio obbliga l'impiegato pubblico a non divulgare a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso (art. 15, DPR 3/1957). In sede processuale, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti (art. 201 c.p.p.). Parimenti, determinate categorie di persone (sacerdoti, medici, avvocati ecc.) non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, ad esempio in qualità di periti ( segreto professionale   ex art. 200 c.p.p.). 
Per quanto riguarda il  segreto bancario si applicano le disposizioni in materia di riservatezza dei dati personali che prevedono che la comunicazione a terzi di dati personali relativi a un cliente è ammessa se lo stesso vi acconsente (art. 23 del Codice della  privacy, decreto legislativo n. 196/2003) o se ricorre uno dei casi in cui il trattamento può essere effettuato senza il consenso (art. 24 del Codice). Fuori dei casi di operazioni di comunicazione dei dati strumentali alle prestazioni richieste e ai servizi erogati (per le quali non è necessario ottenere il consenso degli interessati: art. 24, comma 1, lett.   b), del Codice), gli istituti di credito e il personale incaricato dell'esecuzione delle operazioni bancarie di volta in volta richieste devono mantenere il riserbo sulle informazioni utilizzate. Parziali deroghe sono previste per le indagini tributarie.

Infine, per le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale (comma 9).

Gli articoli da 366 a 384-bis, collocati nel  Libro II, Titolo III, Capo I, del codice penale, riguardano una serie di delitti contro l'attività giudiziaria, che vanno dal rifiuto di atti legalmente dovuti (art. 366), alla simulazione di reato (art. 367), dalla calunnia e autocalunnia (artt. 368-9), dalla falsa testimonianza (art. 372) alla falsa perizia o interpretazione (artt. 373), dalla frode processuale (art. 374) all'intralcio alla giustizia (art. 377), dal favoreggiamento personale o reale (art. 378-9) alla rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 379-bis). Si tratta di delitti che hanno come comune denominatore la tutela del corretto funzionamento della giustizia, quale bene di primaria importanza, e che sono generalmente definibili come reati di pericolo concreto, in quanto la condotta deve estrinsecarsi in azioni o omissioni idonee a porre concretamente in pericolo l'esatto svolgimento della funzione giurisdizionale.

L'articolo 4, al comma 1, impone l'obbligo del segreto ai componenti la Commissione, al personale addetto ed a ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, anche dopo la cessazione dell'incarico, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 5, 6 e 7.

Ai sensi dei comma 2, la violazione dell'obbligo del segreto, nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione sono punite ai sensi delle leggi vigenti.

 

In proposito viene in rilievo, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, che l'art. 326. c.p.  (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio) punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. 
In pena maggiore (reclusione da due a cinque anni) incorre il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete; se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

L'articolo 5, al comma 1, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione siano disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei suoi lavori, stabilendo inoltre che ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

Si specifica, al comma 2, che le sedute della Commissioni sono pubbliche, ma la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.

Ai sensi del comma 3, la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e delle collaborazioni che ritenga necessarie, senza indicare un limite specifico.

Il comma 4 prevede che per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.

Ai sensi del comma 5, le spese per il funzionamento della Commissione, poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati, sono stabilite nel limite annuo massimo di 40.000 euro. Un incremento delle spese così determinate, in misura non superiore al 30 per cento, può essere autorizzato dal Presidente della Camera su motivata richiesta del presidente della Commissione.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Si ricorda che l'articolo 82, primo comma, della Costituzione stabilisce che ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

L'istituzione della Commissione di inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera, con atto non legislativo.

Per quanto riguarda la nomina dei componenti, il secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità.

L'articolo 82, comma secondo, della Costituzione stabilisce inoltre che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase istruttoria delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni. La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testimoni renitenti.

In particolare, come chiarito anche dal provvedimento in esame, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 - rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte di periti, interpreti o testimoni - e 372 – falsa testimonianza - del codice penale, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria.

La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'articolo 24 Costituzione, riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione della persona interrogata.

Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. In via generale si può affermare che lo svolgimento dell'inchiesta trova gli stessi limiti che la vigente legislazione pone alle indagini dell'autorità giudiziaria, fermo restando che l'atto istitutivo della Commissione può disporne di ulteriori, ovvero prevedere l'inapplicabilità nei confronti della Commissione stessa di disposizioni limitative dell'attività d'indagine dell'autorità giudiziaria.

Particolarmente complesso è  il problema dei rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria. In particolare nella  sentenza n. 231 del 1975 la Corte costituzionale ha evidenziato che "compito delle Commissioni parlamentari di inchiesta non è di ‘giudicare', ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere; esse non tendono a produrre, né le loro relazioni conclusive producono, alcuna modificazione giuridica (com'è invece proprio degli atti giurisdizionali), ma hanno semplicemente lo scopo di mettere a disposizione delle Assemblee tutti gli elementi utili affinché queste possano, con piena cognizione delle situazioni di fatto, deliberare la propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative, sia invitando il Governo a adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti del caso. L'attività di inchiesta rientra, insomma, nella più lata nozione della funzione ispettiva delle Camere; muove da cause politiche ed ha finalità del pari politiche; nè potrebbe rivolgersi ad accertare reati e connesse responsabilità di ordine penale, ché se così per avventura facesse, invaderebbe indebitamente la sfera di attribuzioni del potere giurisdizionale".
Relativamente ai rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria la Corte costituzionale, nella  sentenza n. 26 del 2008, ha rilevato che i poteri di indagine spettanti, rispettivamente, alle Commissioni parlamentari di inchiesta e agli organi della magistratura requirente hanno ambiti e funzioni differenti, con la conseguenza che l'esercizio degli uni non può avvenire a danno degli altri, e viceversa. Infatti, il compito delle suddette Commissioni non è di "giudicare", ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere.
 Pertanto, il normale corso della giustizia non può essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari, ma deve arrestarsi unicamente nel momento in cui l'esercizio dei poteri di indagine dell'autorità giudiziaria possa incidere illegittimamente su fatti ad essa soggettivamente e oggettivamente sottratti e rientranti nella competenza degli organi parlamentari. Sulla base di questa argomentazione, nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la Corte (nella citata sentenza n. 26 del 2008) ha, da una parte, riconosciuto il potere della Commissione parlamentare di disporre lo svolgimento di accertamenti tecnici non ripetibili sull'autovettura corpo del reato, potendo la Commissione esercitare gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria ex art. 82, secondo comma, Cost., e ha, dall'altra, negato che la Commissione potesse opporre un rifiuto alla richiesta, avanzata dalla Procura, di acconsentire allo svolgimento congiunto dei predetti accertamenti tecnici, in base al principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato.