Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione
Riferimenti: AC N.3319/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 493
Data: 02/11/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione

2 novembre 2021
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Le confessioni religiose che hanno stipulato l'intesa con lo Stato|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|


Contenuto

Il disegno di legge C. 3319, approvato dal Senato (A.S. 2060), intende regolare i rapporti tra lo Stato Italiano e l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, sulla base dell'allegata intesa stipulata il 30 luglio 2019 e sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente dell'Associazione.

I rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche (o acattoliche) sono regolati dall' articolo 8 della Costituzione che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. Viene riconosciuto alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano ed è posto il principio che i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Il principio della regolazione con Intesa è stato attuato solamente a partire dalla metà degli anni '80 e riguarda alcune delle varie confessioni presenti in Italia (si v. infra). Attualmente, la disciplina riguardante le confessioni non cattoliche presenti in Italia è diversa a seconda che queste abbiano o meno proceduto alla stipulazione di una intesa con lo Stato. Per le confessioni prive di intesa è tuttora applicata la legge sui "culti ammessi" (L. n. 1159/1929) e il relativo regolamento di attuazione. Per le confessioni che hanno stipulato un'intesa con lo Stato italiano cessano di avere efficacia le norme richiamate che sono sostituite dalle disposizioni contenute nelle singole intese.

Come risulta dalla relazione illustrativa presentata al Senato, il testo dell'intesa è stato elaborato dalla Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 1997, integrata dai rappresentanti dell'Associazione « Chiesa d'Inghilterra ». Dopo aver ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica, con decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 2014, il Presidente dell'Associazione « Chiesa d'Inghilterra », nel 2015, ha presentato la richiesta di avvio delle trattative per l'intesa.

L'iter, iniziato nel novembre 2015, si è concluso nel 2016. La Commissione interministeriale per le intese e i rappresentanti della confessione hanno esaminato il testo della bozza di intesa sotto ogni profilo, con particolare riguardo alla sua compatibilità con l'ordinamento giuridico italiano e con i princìpi della Costituzione e, come previsto, è stato anche acquisito il parere della Commissione consultiva per la libertà religiosa, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 marzo 1997. Il testo dell'intesa è stato siglato il 26 marzo 2019 dal Sottosegretario di Stato pro tempore e dal Presidente dell'Associazione. Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di intesa nella riunione del 20 maggio 2019.

Infine, l'intesa è stata siglata il 30 luglio 2019 dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" . Il Governo, l'11 gennaio 2021, ha presentato al Senato il relativo disegno di legge, dove è stato approvato nella seduta del 13 ottobre.

L' Associazione "Chiesa d'Inghilterra", con sede a Roma, riunisce le chiese e coloro che in Italia professano la Comunione Anglicana di fede cristiana, cattolica e apostolica, ed in particolare gli appartenenti alla  Church of England.
L'Associazione è ente morale religioso: con decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 2014 ne è stata riconosciuta la personalità giuridica ed approvato lo statuto (v.  Comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 2014; per approfondimenti sull'Associazione, cfr. il  sito dell'Associazione Chiesa d'Inghilterra).
Il 30 luglio 2019 è stata stipulata la intesa -  ex articolo 8, terzo comma della Costituzione - tra il Governo italiano e l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", la quale 'rappresenta' in Italia l'Arcidiaconato d'Italia e Malta, il quale a sua volta è articolazione della Diocesi di Gibilterra in Europa (estesa fino a includere Marocco, Turchia, i territori dell'ex Unione Sovietica), la quale rientra nella Provincia ecclesiastica di Canterbury ed è la più estesa delle quarantadue diocesi in cui si articola la  Church of England.
L'Arcidiaconato si articola in cappellanie e congregazioni, le quali (enumerate nell'art. 8 dell'intesa e nell'art. 9 del disegno di legge) sono in Italia:  Congregazione di Assisi; Congregazione di Bari; Congregazione di Bologna; Congregazione di Bordighera; Cappellania di Cadenabbia (Como); Congregazione di Città della Pieve; Cappellania di Firenze; Cappellania di Genova; Congregazione di Macerata; Cappellania di Milano; Cappellania di Napoli; Congregazione di Padova; Cappellania di Palermo; Cappellania di Roma; Cappellania di Siena; Congregazione di Sorrento; Congregazione di Taormina; Congregazione di Trieste; Congregazione di Varese; Cappellania di Venezia (fu nella Repubblica di Venezia, in avvio di XVII secolo, la prima fondazione di una comunità anglicana).
Più in generale, va ricordato che la Chiesa d'Inghilterra nasce nel 1534 con l'approvazione da parte del Parlamento dell' Act of Supremacy. Esso attribuì al Re Enrico VIII il diritto di essere il capo supremo sulla terra della Church of England. Il Difensore della Fede e Governatore Supremo della Chiesa d'Inghilterra ( Defender of the Faith and Supreme Governor of the Church of England), secondo la vigente denominazione, è la Regina Elisabetta II. La massima autorità religiosa è l'Arcivescovo di Canterbury, il quale è Primate della Chiesa d'Inghilterra. Il Monarca del Regno Unito nomina (entro un procedimento in cui interviene una Crown Nominations Commission nonché il Primo Ministro, con un ruolo di cui si dibatte, in particolare da un quindicennio, l'incidenza) gli arcivescovi ed i vescovi diocesani. La Chiesa d'Inghilterra è suddivisa in due Provincie, Canterbury e York, a loro volta suddivise, complessivamente, in quarantadue diocesi. I due arcivescovi di Canterbury e di York ed altri ventiquattro vescovi siedono nella House of Lords del Parlamento britannico.

Il disegno di legge, che mira a conferire all'intesa stipulata l'approvazione parlamentare, consta di 22 articoli. 

L'articolo 1 stabilisce che la legge di approvazione dell'intesa regola i rapporti tra lo Stato e l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", sulla base appunto dell'intesa allegata, stipulata il 30 luglio 2019.

Gli articoli da 2 a 21 riportano il testo della suddetta intesa.

In particolare, l'articolo 2 riconosce riconosce l'autonomia e libertà confessionale dell'Associazione, nonché la non ingerenza dello Stato nelle nomine dei ministri di culto  "effettuate secondo lo statuto dell'Associazione «Chiesa d'Inghilterra »", nell'esercizio del culto medesimo e nell'organizzazione della comunità religiosa e negli atti disciplinari e spirituali. Viene altresì garantita ai singoli fedeli e alle organizzazioni appartenenti all'Associazione piena libertà di professione e pratica religiosa, di propaganda e di esercizio del culto, nonché la libera comunicazione all'interno ed all'esterno dei luoghi di culto.

Tale disposizione rileva in quanto, in queste materie, la legislazione sui cosiddetti culti ammessi (legge 24 giugno 1929, n. 1159), non più applicabile all'Istituto dopo l'approvazione dell'intesa, prevede approvazioni e controlli da parte dello Stato.

Nell'articolo 3 si riconosce il libero esercizio del ministero dei ministri di culto "liberamente nominati in base allo statuto dell'Associazione «Chiesa d'Inghilterra»" e "compresi in un elenco comunicato al Ministero dell'interno".

Essi non sono tenuti a dare ai magistrati o altre autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero.

Nel caso fosse ripristinato del servizio obbligatorio di leva (sospeso con la legge n. 331 del 2000 e del decreto legislativo n. 215 del 2001: la disciplina è oggi recata dal decreto legislativo n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare) i ministri di culto hanno diritto, su loro richiesta, ad essere esonerati dal servizio militare o, nel rispetto delle norme sull'obiezione di coscienza, ad essere assegnati al servizio civile.

La certificazione della qualifica di ministri di culto è, per tali fini, rilasciata dal rappresentante legale dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra".

L'articolo 4 assicura il diritto all'assistenza spirituale (con oneri a carico dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra") agli appartenenti alle Forze armate, alle Forze di polizia o ad altri servizi assimilati, ai degenti in strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali, ai detenuti negli istituti penitenziari.

In caso di loro decesso, le autorità competenti assicurano ove possibile (su richiesta di un familiare o su una dichiarazione del deceduto) l'officiatura o la presenza alle esequie di un ministro di culto.

I militari italiani fedeli della Chiesa d'Inghilterra hanno diritto di partecipare (nel rispetto delle esigenze di servizio) alle attività religiose che si svolgano nelle località dove si trovano per ragioni di servizio. In mancanza di chiese in quelle località, possono comunque ottenere il permesso di frequentare la chiesa più vicina (compatibilmente con le ragioni di servizio).

Gli articoli 5, 6 e 7 sono in materia di istruzione.

L'articolo 5 riconosce agli alunni delle scuole pubbliche non universitarie il diritto di avvalersi o non avvalersi di insegnamenti religiosi. Tale diritto è esercitato, ai sensi delle leggi dello Stato, dagli alunni stessi o da coloro cui competa la responsabilità genitoriale.

È assicurato agli "incaricati designati dall'Associazione «Chiesa d'Inghilterra»" il diritto di corrispondere alle richieste provenienti dagli alunni o dalle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Le attività si svolgono tra quelle extra-curricolari ed in orario extra-scolastico - senza oneri per lo Stato.

L'articolo 6 concerne, per l'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", il diritto d'istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione, cui può essere riconosciuta altresì la parità (ai sensi della legge n. 62 del 2000, la quale reca appunto norme sulla parità scolastica), anche in ordine agli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione.

Si ricorda, per inciso, che l'articolo 15, comma 1, lettera  i-octies) del TUIR prevede la detraibilità dall'imposta di un importo pari al 19 per cento, delle erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione.

L'articolo 7 ha per oggetto il riconoscimento (su richiesta degli interessati, in possesso del titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado) dei titoli di primo e secondo ciclo della Chiesa d'Inghilterra, in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche, rilasciati da Istituti accademici con personalità giuridica, operanti sul territorio italiano e riconosciuti dalla Chiesa d'Inghilterra.

Un profilo di specificità confessionale è toccato dall'articolo 8, relativo all'astensione nel giorno della festività del Venerdì Santo dalla frequenza scolastica (su richiesta dello studente, se maggiorenne, o di chi ne abbia la responsabilità genitoriale) nonché dall'attività lavorativa (nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro, con l'obbligo di recupero delle relative ore lavorative e senza diritto ad alcun compenso straordinario), salve le imprescindibili esigenze dei servizi pubblici essenziali.

Il regime giuridico degli enti religiosi è disciplinato dall'articolo 9. Il riconoscimento delle esistenti Cappellanie e Congregazioni quali enti ecclesiastici interviene previo deposito degli statuti e subordinatamente alla loro verifica di conformità con l'ordinamento italiano da parte del Ministero dell'interno. Per enti diversi (purché facenti parte dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra"), l'acquisto della personalità giuridica è concesso con decreto del Ministro dell'interno, previa la verifica di conformità sopra ricordata.

Medesimo procedimento si applica per la costituzione in enti ecclesiastici con personalità giuridica di nuove Cappellanie e Congregazioni (o la modificazione territoriale, l'unificazione o l'estinzione di quelle esistenti). La correlativa domanda è presentata dal legale rappresentante dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", previa delibera motivata dell'assemblea degli associati.

Si considerano enti ecclesiastici quelli che svolgono prevalentemente attività di religione o di culto, ossia dirette all'esercizio del culto e alla cura pastorale, alla formazione dei ministri di culto, dei religiosi e dei catechisti, a scopi missionari e di evangelizzazione, e all'educazione cristiana, come catechesi o cultura religiosa.

Gli enti possono svolgere, secondo le leggi vigenti, attività diverse da quelle religiose, ossia assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura, e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.

Agli effetti tributari, gli enti dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" civilmente riconosciuti, aventi fine di religione o di culto, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione.

I mutamenti sostanziali nel fine, nella destinazione del patrimonio e nel modo di esistere di un ente, acquistano efficacia mediante riconoscimento con decreto del Ministro dell'interno.

Gli enti civilmente riconosciuti - aggiunge l'articolo 10 - devono iscriversi nel registro delle persone giuridiche (in modo che vi risultino altresì le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dell'ente), con richiesta da formulare entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge che recepisce l'intesa.

L'articolo 11 sancisce un comune impegno, della Repubblica italiana e dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", alla tutela e valorizzazione dei beni afferenti al patrimonio culturale della Chiesa d'Inghilterra. Può essere istituito a tal fine, senza oneri per lo Stato, un'apposita Commissione mista.

Gli edifici di culto sono oggetto delle tutele previste dall'articolo 12, che dispone non possano essere occupati, requisiti, espropriati o demoliti se non per gravi motivi o previo accordo con il responsabile dell'edificio, né siano accessibili - salvo i casi di urgente necessità - dalla forza pubblica senza previo avviso e senza aver sentito il responsabile dell'edificio.

Agli edifici di culto e alle relative pertinenze si applicano le norme vigenti in materia di esenzioni, agevolazioni tributarie, contributi e concessioni.

L'articolo 13 prevede che nei cimiteri siano presenti, ove possibile, aree riservate ai fedeli della Chiesa d'Inghilterra ai sensi della vigente normativa.

Gli articoli 14 e 15 concernono profili fiscali.

In particolare, l'articolo 14 estende la deducibilità fiscale dal reddito delle persone fisiche delle erogazioni liberali in denaro (fino all'importo di 1.032,91 euro) effettuate in favore dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra", degli enti da essa controllati, delle comunità locali, per i fini di culto, istruzione, assistenza e beneficenza. Le modalità per la deduzione sono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

L'articolo 15 consente all'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" di concorrere alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF - a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge - da destinare, oltre che ai fini di cui all'articolo 14, anche per il mantenimento dei ministri di culto, per la realizzazione e manutenzione degli edifici di culto e di monasteri, per scopi filantropici, assistenziali e culturali da realizzarsi anche in Paesi esteri.

A tal fine, l'Associazione è tenuta a trasmettere annualmente al Ministero dell'interno, entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio, un rendiconto relativo all'utilizzazione delle somme nonché delle erogazioni liberali, con l'indicazione puntuale di alcune voci di utilizzo (quali l'ammontare complessivo destinato al sostentamento dei ministri di culto e gli interventi operati per altre finalità).

Per la verifica dell'attuazione degli articoli 14 e 15, una delle parti può richiedere la costituzione di un'apposita Commissione paritetica nominata dall'autorità governativa e dall'Associazione, al fine di predisporre eventuali modifiche (articolo 16).

L'articolo 17 dispone l'equiparazione degli assegni ai ministri di culto così corrisposti al reddito da lavoro dipendente, ai soli fini fiscali, i quali includono le ritenute fiscali e, riguardo ai ministri di culto che vi siano tenuti, il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.

L'articolo 18 dispone in ordine al riconoscimento agli effetti civili del matrimonio celebrato in Italia secondo il rito anglicano, a condizione che il relativo atto sia trascritto nei registri dello stato civile. Resta ferma la facoltà di celebrare e sciogliere matrimoni religiosi senza alcun effetto o rilevanza civile.

L'articolo 19 dispone che con l'entrata in vigore della presente legge, le disposizioni cosiddette 'sui culti ammessi', ossia la legge 24 giugno 1929, n. 1159, ed il regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289, non trovino più applicazione nei confronti dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" e degli enti confessionali che ne facciano parte.

Una delle parti può sollecitare modifiche al testo dell'allegata intesa - da apportare, mantiene fermo l'articolo 20, mediante la stipulazione di una nuova intesa, con la conseguente presentazione al Parlamento di apposito disegno di legge di approvazione. Aggiunge il medesimo articolo, con disposizione che parrebbe suscettibile di qualche verifica: "In occasione della presentazione di disegni di legge relativi a materie che coinvolgano rapporti dell'Associazione «Chiesa d'Inghilterra» con lo Stato, sono promosse previamente, in conformità all'articolo 8 della Costituzione, le intese del caso".

L'articolo 21 prescrive che eventuali modifiche statutarie dell'Associazione "Chiesa d'Inghilterra" siano tempestivamente comunicate alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'interno.

Infine l'articolo 22 reca la copertura finanziaria, di oneri stimati in 143.000 euro per l'anno 2022 e 84.000 euro a decorrere dall'anno 2023 (comma 2). Alla copertura di tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Sono importi corrispondenti a stime connesse alla deducibilità ai fini IRPEF delle erogazioni liberali effettuate in denaro, quale effetto dell'articolo 14 del disegno di legge.

Nel corso dell'esame al Senato tale articolo è stato modificato nel senso di rimodulare la copertura finanziaria, riferendola all'anno 2022, agli anni successivi al 2023 e al bilancio triennale 2021-2023.

Ancora l'articolo 22 prevede al comma 1 - a seguito di modificazione introdotta al Senato - una generale clausola di invarianza di oneri finanziari.

Una tale previsione rende, a rigore, ridondante la specifica previsione di assenza di oneri disposta (circa la materia dell'istruzione) dall'articolo 5. Esso è stato lasciato tuttavia immodificato, optandosi (come ricordato dal Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, nel corso della  seduta del 27 aprile 2021) per il preservamento di una previsione presente anche nel dettato del testo dell'intesa.

Le confessioni religiose che hanno stipulato l'intesa con lo Stato

Per quanto concerne le confessioni che hanno stipulato un'intesa con lo Stato italiano, in prima battuta cessano di avere efficacia le norme della cd. "legge sui culti ammessi" (L. 1159/1929) e del relativo regolamento di attuazione (R.D. 289/1930), che sono sostituite dalle disposizioni contenute nelle singole intese (tutte le leggi volte a dare attuazione alle intese prevedono tale decadenza con uno specifico articolo recante la cessazione di efficacia delle suddette disposizione a far data dall'entrata in vigore delle stesse).

Le intese finora intervenute danno, pertanto, atto della autonomia e della indipendenza degli ordinamenti religiosi diversi da quello cattolico.

Ciascuna intesa reca, quindi, disposizioni dirette a disciplinare i rapporti tra lo Stato e quella confessione religiosa che ha stipulato l'intesa.

Si tratta, pertanto, di norme specifiche, spesso finalizzate a tutelare aspetti particolari, peculiari della confessione interessata. Si possono tuttavia individuare alcuni elementi ricorrenti. Quasi tutte le intese recano disposizioni per l'assistenza individuale nelle caserme, negli ospedali, nelle case di cura e di riposo e nei penitenziari, per l'insegnamento della religione nelle scuole, per il matrimonio, per il riconoscimento di enti con fini di culto, istruzione e beneficenza, per il regime degli edifici di culto e per i rapporti finanziari con lo Stato nella ripartizione dell'8 per mille del gettito IRPEF e, infine, per le festività. In generale, tali disposizioni concorrono a definire un regime più indipendente rispetto a quello valido per le confessioni prive di intesa.

In questo senso particolarmente significative sono le disposizioni relative ai ministri del culto: per le confessioni che hanno stipulato le intese cessano di avere efficacia le norme sui "culti ammessi", che prevedono l'approvazione governativa delle nomine dei ministri; le confessioni nominano pertanto i propri ministri senza condizioni, salvo l'obbligo di registrazione in appositi elenchi.

Inoltre, diversa è la procedura relativa al riconoscimento della personalità giuridica degli istituti di culto: per quelli afferenti alle confessioni religiose che per prime hanno stipulato l'intesa, il procedimento ricalca quella per i "culti ammessi", mentre per gli istituti di culto delle Chiese battista e luterana è prevista una procedura semplificata di emanazione con decreto ministeriale e non con decreto del Presidente della Repubblica.

Si ricorda che le confessioni religiose con le quali lo Stato italiano ha un rapporto conforme al dettato costituzionale dell'articolo 8 sono:

    Larga parte delle leggi sopra riportate sono state oggetto di successiva modifica al fine di consentire alle confessioni religiose, che già avevano stipulato una intesa con lo Stato italiano, la partecipazione alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF laddove tale previsione non era stata inserita nel testo originario.

    Nella XVI legislatura, la I Commissione Affari Costituzionali della Camera ha esaminato il disegno di legge di recepimento dell'intesa con la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia, senza pervenire alla sua approvazione.

    Si rammenta, inoltre, che il 1° febbraio 2017, il Ministro dell'interno e i rappresentanti delle associazioni e della comunità islamiche presenti in Italia hanno sottoscritto al Viminale un Patto nazionale per un Islam italiano

    Per quanto concerne l'Accordo tra l'Italia e la Santa Sede e le successive intese di attuazione, si veda la pagina internet dedicata sul sito del Governo. Quanto al testo delle intese con le altre confessioni religiose, si veda qui.


    Relazioni allegate o richieste

    Il testo del disegno di legge governativo, che è stato presentato al Senato in prima lettura (A.S. 2060), è accompagnato dalla relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), dall'analisi tecnico-normativo (ATN), dalla relazione tecnica, oltre che dalla relazione illustrativa.


    Necessità dell'intervento con legge

    L'articolo 8, terzo comma, della Costituzione espressamente richiede che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica siano regolati per legge, sulla base di intese con le relative rappresentanze. 

    Nella sentenza n. 52 del 2016, la Corte costituzionale ha avuto modo di richiamare che il  "significato della disposizione costituzionale consiste nell'estensione, alle confessioni non cattoliche, del 'metodo della bilateralità', in vista dell'elaborazione della disciplina di ambiti collegati ai caratteri peculiari delle singole confessioni religiose (sentenza n. 346 del 2002). Le intese sono perciò volte a riconoscere le esigenze specifiche di ciascuna delle confessioni religiose (sentenza n. 235 del 1997), ovvero a concedere loro particolari vantaggi o eventualmente a imporre loro particolari limitazioni (sentenza n. 59 del 1958), ovvero ancora a dare rilevanza, nell'ordinamento, a specifici atti propri della confessione religiosa. Tale significato dell'intesa, cioè il suo essere finalizzata al riconoscimento di esigenze peculiari del gruppo religioso, deve restare fermo, a prescindere dal fatto che la prassi mostri una tendenza alla uniformità dei contenuti delle intese effettivamente stipulate, contenuti che continuano tuttavia a dipendere, in ultima analisi, dalla volontà delle parti".

    Con particolare riferimento agli aspetti procedurali si ricorda che tale materia non risulta essere disciplinata in via legislativa. Si è formata peraltro una prassi consolidata a partire dal 1984 (data della prima attuazione del dettato costituzionale in tale materia).

    In primo luogo si ricorda che le trattative vengono avviate soltanto con le confessioni che abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica ex lege 1159/1929. L'esame di compatibilità viene condotto sia dal Ministero dell'interno, sia dal Consiglio di Stato, il quale è chiamato ad esprimere il proprio parere (non obbligatorio) in merito.

    La competenza ad avviare le trattative, in vista della stipulazione di tali intese, spetta al Governo: a tal fine, le confessioni interessate che hanno conseguito il riconoscimento della personalità giuridica si devono rivolgere, tramite istanza, al Presidente del Consiglio. A tale riguardo, la Corte costituzionale, nella più volte citata sentenza n. 52 del 2016, ha chiarito che "per il Governo, l'individuazione dei soggetti che possono essere ammessi alle trattative, e il successivo effettivo avvio di queste, sono determinazioni importanti, nelle quali sono già impegnate la sua discrezionalità politica, e la responsabilità che normalmente ne deriva in una forma di governo parlamentare"; "al Governo spetta una discrezionalità ampia, il cui unico limite è rintracciabile nei principi costituzionali, e che potrebbe indurlo a non concedere nemmeno quell'implicito effetto di 'legittimazione' in fatto che l'associazione potrebbe ottenere dal solo avvio delle trattative. Scelte del genere, per le ragioni che le motivano, non possono costituire oggetto di sindacato da parte del giudice". "La riserva di competenza a favore del Consiglio dei ministri, in ordine alla decisione di avviare o meno le trattative, ha l'effetto di rendere possibile, secondo i principi propri del governo parlamentare, l'effettività del controllo del Parlamento fin dalla fase preliminare all'apertura vera e propria delle trattative, controllo ben giustificato alla luce dei delicati interessi protetti dal terzo comma dell'art. 8 Cost.".

    Rammenta inoltre la Corte: "Le confessioni religiose, a prescindere dalla circostanza che abbiano concluso un'intesa, sono destinatarie di una serie complessa di regole, in vari settori. E la giurisprudenza di questa Corte afferma che, in assenza di una legge che definisca la nozione di 'confessione religiosa', e non essendo sufficiente l'auto-qualificazione, «la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto che ne esprima chiaramente i caratteri, o comunque dalla comune considerazione», dai criteri che, nell'esperienza giuridica, vengono utilizzati per distinguere le confessioni religiose da altre organizzazioni sociali (sentenza n. 195 del 1993; in termini analoghi, sentenza n. 467 del 1992)".
    "In questo contesto, l'atto governativo di diniego all'avvio delle trattative, nella parte in cui nega la qualifica di 'confessione religiosa' all'associazione richiedente, non può avere efficacia esterna al procedimento di cui all'art. 8, terzo comma, Cost., e non può pregiudicare ad altri fini la sfera giuridica dell'associazione stessa".
    "In definitiva, un conto è l'individuazione, in astratto, dei caratteri che fanno di un gruppo sociale con finalità religiose una confessione, rendendola, come tale, destinataria di tutte le norme predisposte dal diritto comune per questo genere di associazioni. Un altro conto è la valutazione del Governo circa l'avvio delle trattative ex art. 8, terzo comma, Cost., nel cui ambito ricade anche l'individuazione, in concreto, dell'interlocutore. Quest'ultima è scelta nella quale hanno peso decisivo delicati apprezzamenti di opportunità, che gli artt. 8, terzo comma, e 95 Cost. attribuiscono alla responsabilità del Governo".

    L'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze delle confessioni religiose è affidato dal Presidente del Consiglio al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il quale si avvale di una apposita Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, istituita presso la stessa Presidenza. Tale organo predispone le bozze di intesa unitamente alle delegazioni delle confessioni religiose che ne hanno fatto richiesta. Sulle bozze di intesa si esprime, poi, la Commissione consultiva per la libertà religiosa, operante presso la Presidenza del Consiglio.

    Concluse le trattative, le intese sono sottoposte all'esame del Consiglio dei ministri e, una volta firmate dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della confessione religiosa, vengono trasmesse al Parlamento per l'approvazione con legge.

    Infine, con riferimento alla questione della modificabilità o meno del testo si ricorda che si è affermata una prassi che, pur non escludendo in assoluto la emendabilità, restringe l'ambito di intervento del Parlamento a modifiche di carattere non sostanziale, quali quelle dirette ad integrare o chiarire il disegno di legge, o ad emendarne le parti che non rispecchiano fedelmente l'intesa.

    Da ultimo, il Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, nella seduta del 27 aprile 2021, ha ricordato che "è nella piena disponibilità del Parlamento approvare o non approvare i disegni di legge di regolazione delle intese con le confessioni religiose di cui all'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Tuttavia, nel caso in cui si intenda procedere, i poteri emendativi delle Camere sono assai ridotti. Il testo consiste infatti, quasi integralmente, nella riproduzione letterale dell'articolato dell'intesa [...]. Ciò differenzia significativamente, per una prassi costante, questa tipologia di atti dai disegni di legge di ratifica di trattati internazionali, che non riproducono il testo dell'accordo ma lo riportano in allegato; non incide tuttavia sui margini di intervento del Parlamento, che sono limitati alle parti non riproduttive dell'intesa o che comunque non ne tocchino la sostanza.".

    Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

    La materia "rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose" spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. c), della Costituzione


    Rispetto degli altri princìpi costituzionali

    Come anticipato, i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche sono regolati dall'articolo 8 della Costituzione, che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni.

    La disposizione costituzionale riconosce alle confessioni diverse dalla cattolica l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.

    Viene sancito, altresì, il principio secondo il quale i rapporti con lo Stato delle confessioni religiose diverse dalla cattolica sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze; si tratta quindi di una riserva di legge rinforzata, caratterizzata da aggravamenti procedurali che non consentono la modifica, abrogazione o deroga di tali leggi se non mediante leggi ordinarie che abbiano seguito la stessa procedura bilaterale di formazione.

    Per quanto riguarda l'autonomia organizzativa delle confessioni diverse dalla cattolica, la Corte costituzionale, con la sentenza 43/1988, ha chiarito che "al riconoscimento da parte dell'art. 8, secondo comma, Cost., della capacità delle confessioni religiose, diverse dalla cattolica, di dotarsi di propri statuti, corrisponde l'abbandono da parte dello Stato della pretesa di fissarne direttamente per legge i contenuti". Questa autonomia istituzionale esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell'emanazione delle disposizioni statutarie delle confessioni religiose che non sia riconducibile ai limiti espressamente previsti dalla Costituzione.

    Una ulteriore specifica garanzia valida per tutte le confessioni religiose (abbiano o meno stipulato un'intesa) e le forme associative che ne sono espressione è prevista dall'art. 20 della Costituzione, ai sensi del quale "Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".

    Infine, l'aspetto individuale della libertà religiosa, è comunque garantito a tutti (indipendentemente dalla cittadinanza e dall'appartenenza a una confessione religiosa) dall'art. 19 della Costituzione, con riguardo alla professione di fede in ogni forma, individuale o associata, alla propaganda ed all'esercizio del culto in privato o in pubblico, con il solo limite dei "riti contrari al buon costume".

    La Corte costituzionale - nella sentenza n. 52 del 2016 - ha avuto modo di ricordare che "nel nostro ordinamento [...] caratterizzato dal principio di laicità e, quindi, di imparzialità ed equidistanza rispetto a ciascuna confessione religiosa (sentenze n. 508 del 2000 e n. 329 del 1997), non è in sé stessa la stipulazione dell'intesa a consentire la realizzazione dell'eguaglianza tra le confessioni: quest'ultima risulta invece complessivamente tutelata dagli artt. 3 e 8, primo e secondo comma, Cost., dall'art. 19 Cost., ove è garantito il diritto di tutti di professare liberamente la propria fede religiosa, in forma individuale o associata, nonché dall'art. 20 Cost.. [...] Il terzo comma [dell'art. 8 Cost.], invece, ha l'autonomo significato di permettere l'estensione del 'metodo bilaterale' alla materia dei rapporti tra Stato e confessioni non cattoliche, ove il riferimento a tale metodo evoca l'incontro della volontà delle due parti già sulla scelta di avviare le trattative.".