Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza
Riferimenti: AC N.105/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 52
Data: 23/10/2018
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza

23 ottobre 2018
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

La Oggetto della proposta di leggeproposta di legge C. 105 (Boldrini ed al.) prevede un intervento organico di riforma delle modalità di acquisizione della cittadinanza, mediante modifiche ed integrazioni alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, che attualmente detta la disciplina della materia.

Come noto, la legge sulla cittadinanza italiana è basata sul principio del c.d. ius sanguinis, in base al quale acquista di diritto la cittadinanza alla nascita colui che sia nato da madre o padre cittadini italiani. Il diritto alla cittadinanza per ius soli - in virtù del quale l'acquisizione della cittadinanza di un dato paese è conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio - è garantito solamente in alcune situazioni particolari, caratterizzate dalla impossibilità per il bambino di avere alcuna cittadinanza a causa di filiazione da parte di genitori privi di cittadinanza (apolidi) o ignoti, ovvero in presenza di norme del Paese di provenienza che impedisce l'acquisizione della cittadinanza dei genitori. Nel corso delle ultime legislature è stato dedicato ampio spazio all'esame delle proposte di riforma della legge sulla cittadinanza, senza tuttavia giungere all'approvazione di un testo definitivo.

In particolare, nella I lavori parlamentari nella XVII legislaturaXVII legislatura il dibattito sulla riforma della legge si è mosso sulla base del prevalente intento di riflettere sul rapporto tra cittadinanza e fenomeno migratorio, come sviluppatosi nell'ultimo decennio. La Commissione affari costituzionali della Camera, all'inizio della legislatura, aveva avviato in sede referente l'esame di 25 proposte di legge e svolto un' indagine conoscitiva in sede istruttoria, valutando dapprima un'ipotesi molto ampia di riforma. La maggior parte delle proposte di legge in esame era tesa ad integrare le disposizioni vigenti in materia di acquisizione di diritto della cittadinanza, ampliando il novero dei casi in cui la cittadinanza è attribuita in base al criterio dello ius soli. Altre proposte prevedevano anche l'accesso di diritto alla cittadinanza ai minori stranieri nati o entrati in Italia nei primi anni di vita e che vi hanno soggiornato o risieduto legalmente fino alla maggiore età (cd.  ius domicilii). Molte proposte miravano ad introdurre una nuova forma di acquisizione della cittadinanza da parte del minore che presuppone lo svolgimento di corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale (c.d.  ius culturae). Tra le altre questioni affrontate figuravano: interventi in materia di acquisto della cittadinanza per matrimonio per semplificare o aggravare i requisiti richiesti; la riforma dei casi di cd. naturalizzazione; l'introduzione di requisiti di integrazione linguistica e sociale dei richiedenti la cittadinanza con diverse modalità (test di integrazione, attestazione di conoscenza della lingua, frequenza di appositi corsi). Nel corso dell'istruttoria il perimetro della discussione è stato successivamente limitato all'estensione dei  casi di acquisizione della cittadinanza per i minori nati o formati in Italia. La  proposta di riforma è stata approvata dall'Assemblea della Camera il 13 ottobre 2015, per poi essere trasmessa al Senato dove tuttavia l'esame non ha concluso il proprio iter entro lo scioglimento delle Camere ( A.S. 2092). La novità principale del testo rispetto alla normativa vigente consisteva nella previsione di una nuova fattispecie di acquisto della cittadinanza italiana per nascita e nell'introduzione di una nuova fattispecie di acquisto della cittadinanza in seguito ad un percorso scolastico o formativo.
In particolare, in base al testo approvato acquista la cittadinanza per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno titolare del diritto di soggiorno permanente o in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Tale titolo è rilasciato allo straniero, in possesso dei seguenti requisiti: titolarità, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità; reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale; disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge; superamento di un test di conoscenza della lingua italiana. La seconda fattispecie di acquisto della cittadinanza prevista dal testo riguarda il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva di tale corso. Oltre a queste ipotesi, che configurano un diritto all'acquisto della cittadinanza, il testo introduceva un ulteriore caso di concessione della cittadinanza, avente carattere discrezionale, per lo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale con il conseguimento di una qualifica professionale.

La proposta in esame Finalità della proposta di leggeriproduce, con alcune modificazioni, il testo della proposta di legge di iniziativa popolare presentata alla Camera nella XVI legislatura e mantenuta anche nella XVII legislatura ai sensi dell'art. 107, co. 4 del regolamento Camera (atto Camera n. 9). Essa interviene sulla disciplina vigente al fine di facilitare ed incrementare, come si legge nella relazione illustrativa, l'acquisizione della cittadinanza, in particolare attraverso l'estensione delle fattispecie di ius soli e la previsione di ampie possibilità di acquisto della cittadinanza per i minori presenti sul territorio.

Il testo si compone di 10 articoli, di seguito illustrati.


Articolo 1

L'Nuove ipotesi di ius soliarticolo 1 integra le disposizioni vigenti in materia di acquisizione di diritto della cittadinanza, ampliando il novero dei casi in cui la cittadinanza è attribuita in base al criterio dello ius soli.

L'ordinamento italiano riconosce il criterio di acquisizione della cittadinanza basato sullo ius soli, pur prevedendolo soltanto in via residuale e per casi limitati a:
  • coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti (dal punto di vista giuridico) o apolidi (cioè privi di qualsiasi cittadinanza) (art. 1, co. 1, lett. b);
  • coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all'estero possa acquisire la loro cittadinanza (art. 1, co. 1, lett. b);
  • i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un'altra cittadinanza (art. 1, co. 2).
In altri casi, alla nascita sul territorio deve accompagnarsi la residenza legale ininterrotta fino alla maggiore età per poter acquistare la cittadinanza, facendone richiesta entro un anno dal compimento della maggiore età (art. 4, co. 2, su cui, si v., infra).

In primo luogo, si prevede l'acquisizione della cittadinanza per nascita per chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno, (cd. ius soli). La disposizione specifica che tale requisito deve sussistere al momento della nascita del figlio (art. 1, comma 1, lett. a)). Si ricorda in proposito che il periodo di soggiorno regolare decorre dalla data di rilascio del permesso di soggiorno.

Si prevede una seconda ipotesi, in base alla quale acquista la cittadinanza per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno nato in Italia.

La relazione illustrativa sottolinea in proposito che tale seconda ipotesi, per la quale non è previsto alcune requisito aggiuntivo (soggiorno, residenza, ecc.), integri una situazione che indica di per sé l'esistenza di un rapporto inscindibile con il territorio. In tal modo s'intende, inoltre, estendere il diritto di cittadinanza agli stranieri di seconda o terza generazione, da sempre presenti sul territorio e privi di qualsiasi titolo di soggiorno (ad esempio di etnia Rom). 

Per quanto riguarda il procedimento, la cittadinanza si acquista mediante dichiarazione di volontà espressa da un genitore (non necessariamente dunque del genitore che risponde ai requisiti richiesti). La proposta non definisce un termine per l'effettuazione della dichiarazione. Al riguardo, andrebbe valutata l'opportunità di estendere il potere di dichiarare la volontà del minore, in mancanza del genitore, a chi esercita la responsabilità genitoriale (analogamente a quanto disposto all'art. 2).

L'interessato può comunque rinunciare alla cittadinanza così acquisita entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, purché in possesso di altra cittadinanza. (art. 1, comma 1, lett. b), cpv. 2-bis). Ove il genitore non abbia reso la dichiarazione di volontà, l'interessato può fare richiesta di acquisto della cittadinanza entro due anni dal raggiungimento della maggiore età (art. 1, comma 1, lett. b), cpv. 2-ter).


Articolo 2

L'Modalità di acquisto della cittadinanza per i minori stranieriarticolo 2 introduce alcune modifiche all'articolo 4 della L. 91 del 1992, tese a favorire l'acquisizione della cittadinanza ai minori stranierinati o entrati in Italia nei primi anni di vita.

Si ricorda in proposito che la disciplina vigente, di cui all'art. 4, comma 2, L. n. 91/1992 prevede che lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (c.d. ius domicilii).

Il decreto-legge c.d. "del fare" (D.L. 69/2013, art. 33) ha introdotto una disposizione di semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia, secondo il quale ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 91/1992, all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.
Inoltre, gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato, la possibilità di esercitare tale diritto entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

Con una modifica al comma 2 dell'articolo 4, la proposta in esame dispone in proposito che lo straniero nato o entrato in Italia entro il decimo anno di età acquista, a richiesta, la cittadinanza italiana qualora abbia soggiornato regolarmente in Italia fino al compimento della maggiore età. E' richiesta in tale caso una dichiarazione dell'interessato da rendersi entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.

Al contempo, i nuovi commi 2-bis e 2-ter introducono una forma di acquisizione della cittadinanza da parte dei minori che presuppone lo svolgimento di corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale (c.d. ius culturae).

Si ricorda in proposito che l'art. 38 del D.Lgs. n. 286 del 1998 stabilisce che i minori stranieri presenti sul territorio nazionale sono soggetti all'obbligo scolastico e che ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

In particolare, si prevede per il minore figlio di genitori stranieri l'acquisizione della cittadinanza italiana previa frequenza di un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado ovvero secondaria di secondo grado presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale. 

In proposito, l'espressione "frequenza", senza ulteriori specificazioni, potrebbe determinare dubbi interpretativi in ordine al fatto che alcuni cicli durano 3 anni mentre altri 5 anni e al dubbio per cui la frequenza potrebbe intendersi per l'intera durata del corso (di 3, 4 o 5 anni) o solo per una parte di esso. Né viene chiarito nel testo se sia o meno necessaria la conclusione del corso con esito positivo. Si valuti pertanto l'opportunità di una ulteriore specificazione.

Ai sensi della disposizione introdotta, la cittadinanza si acquista mediante dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale.  Anche per tale fattispecie l'interessato può rinunciare alla cittadinanza acquisita, entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, purché in possesso di altra cittadinanza, e, viceversa, fare richiesta di acquisto della cittadinanza (del pari entro due anni dal raggiungimento della maggiore età), ove il genitore non abbia reso la dichiarazione di volontà.

Il comma 2 dell'articolo in esame è volto a coordinare le disposizioni introdotte dal comma 1 all'articolo 4 della legge n. 91 del 1992 con la previsione di cui al D.L. 69 del 2013 in base alla quale gli ufficiali di stato civile sono tenuti, nel corso dei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data. La novella coordina la modifica al nuovo testo, che consentirebbe di dichiarare di voler acquisire la cittadinanza entro il ventesimo anno di età.


Articolo 3

L'Matrimonio e adozione di maggiorenne articolo 3, comma 1, interviene sulla disciplina dettata dall'art. 5 della L. 91/1992, che regola l'acquisto della cittadinanza da parte di stranieri che abbiano contratto matrimonio con cittadini italiani, riducendo il periodo minimo di residenza in Italia dopo il matrimonio, da due anni a sei mesi, ai fini dell'attribuzione della cittadinanza per iuris communicatiofermo restando il termine di tre anni nel caso in cui il coniuge straniero risieda all'estero. Elimina inoltre la riduzione della metà dei termini in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

Viene così ripristinata la disciplina vigente prima della legge n. 94/2009, parte del cosiddetto "pacchetto sicurezza" adottato all'inizio della XVI legislatura. La legge n. 94/2009, con l'intento di porre un freno al fenomeno dei "matrimoni di comodo", aveva infatti elevato da sei mesi a due anni il periodo minimo di residenza richiesto, disponendo altresì la riduzione ad un anno in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

L'acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani è disciplinata dagli articoli da 5 a 8 della L. n. 91 del 1992. Gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell'interessato, oppure, se residenti all'estero, all'autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni:
  • residenza legale nel territorio italiano da almeno due anni, successivi al matrimonio, o, in alternativa, per gli stranieri residenti all'estero, il decorso di tre anni dalla data del matrimonio tra lo straniero e il cittadino. I predetti termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi;
  • persistenza del vincolo matrimoniale;
  • insussistenza della separazione legale;
  • assenza di condanne penali per i delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini;
  • assenza di condanne penali per i delitti non colposi per i quali è prevista una pena edittale non inferiore a tre anni;
  • assenza di condanne penali per reati non politici, con pena detentiva superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenza riconosciuta in Italia;
  • insussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

Contestualmente, con la riformulazione dell'articolo 5 della legge 91/1992 si introduce anche una disposizione in ordine all'adozione dello straniero maggiorenne. In particolare, si prevede che lo straniero maggiorenne, adottato da un cittadino italiano, acquista la cittadinanza italiana dopo due anni di residenza legale nel territorio della Repubblica, successiva all'adozione.

Si ricorda che attualmente l'acquisizione della cittadinanza dello straniero maggiorenne adottato è disciplinata dall'art. 9, comma 1, lett. b), che prevede un periodo di residenza di cinque anni dopo l'adozione quale requisito preliminare. Inoltre, la concessione della cittadinanza è discrezionale ed è concessa con DPR, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno. La disposizione in esame rende, dunque, automatica l'acquisizione della cittadinanza del cittadino straniero maggiorenne, alla stregua del cittadino minorenne (di cui all'art. 3 della legge 91/1992). Conseguentemente, la proposta in esame abroga l'art. 9, co. 1 lett. b) (si v. infra, articolo 6).

Il Abolizione dell'obbligo di certificazione e del contributocomma 2 abroga l'articolo 9-bis della legge sulla cittadinanza. Tale disposizione, al comma 1, stabilisce che fini dell'elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, all'istanza o dichiarazione dell'interessato deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge.

I commi 2 e 3 della disposizione abrogata disciplinano il contributo richiesto per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, che pertanto verrebbe eliminato con la proposta in esame. In proposito, si ricorda che il D.L. 113 del 2018 (attualmente all'esame del Senato per la conversione in legge) ha innalzato da 200 a 250 euro l'ammontare del citato contributo (art. 14, co. 1, lett. b)). 

Tale contributo è stato introdotto dalla legge n. 94/2009 (art. 1, comma 12), nell'ambito del c.d. "pacchetto sicurezza". Considerato l'esplicito riferimento della norma alle istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza italiana, devono ritenersi escluse dal pagamento del contributo le istanze di riconoscimento della cittadinanza "iure sanguinis" (art. 1, co. 1, lett. a), L. 91/1992) nonché tutte le forme di automatismo previste dalla legge 91/1992 (art. 1 comma 1, lett. b); art. 1 comma 2; art. 2, comma 1; art. 3, comma 1; art. 13 comma 1, lett. d); art. 14).
Il gettito derivante dal contributo è destinato (art. 9-bis, comma 3, L. 91/1992): per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione; per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza.
È inoltre previsto che alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge (art. 9-bis, comma 1, L. 91/1992).

Articolo 4

La proposta di legge interviene altresì sulla disciplina relativa alla concessione della cittadinanza per naturalizzazione, che lo straniero può richiedere dopo un certo numero di anni di residenza in Italia e che lo Stato può concedere, modificando l'art. 9 della L. 91/1992.

Ai sensi dell'articolo 9 della L. n. 91 del 1992, l'acquisto della cittadinanza può avvenire per residenza ( c.d. naturalizzazione): a differenza delle altre modalità di acquisto della cittadinanza, che riservano all'autorità margini di intervento molto ristretti, l'emanazione del provvedimento di concessione della cittadinanza è soggetto, come sottolineato da costante giurisprudenza, amministrativa, ad una valutazione discrezionale da parte della pubblica amministrazione, pur attenuata dall'obbligo del parere preventivo del Consiglio di Stato.
Il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti, che costituisce il requisito fondamentale per conseguire la cittadinanza secondo tale modalità, deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell'istanza per la concessione della cittadinanza.
Può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero che si trova in una delle seguenti condizioni:
  • residente in Italia da almeno dieci anni, se cittadino non appartenente all'Unione europea, o da almeno quattro anni, se cittadino comunitario (art. 9, co. 1, lett. f) e d)): ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero va valutato il
    periodo di soggiorno in Italia assistito da regolare permesso, per cui va esclusa la rilevanza del periodo in cui lo straniero medesimo sia risultato anagraficamente residente nel paese (C. Stato, sez. IV, 07-05-1999, n. 799);
  • apolide residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. e));
  • il cui padre o la cui madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato in Italia e, in entrambi i casi, vi risiede da almeno tre anni (art. 9, co. 1, lett. a));
  • maggiorenne adottato da cittadino italiano e residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. b));
  • chi abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano, anche all'estero, per almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. c)). Salvi i casi previsti dall'art. 4 della legge, nel quale si richiede specificamente l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego, si considera che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione a carico del bilancio dello Stato (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. c)).

La Concessione e attribuzione della cittadinanza proposta è volta a restringere i casi di concessione discrezionale della cittadinanza, introducendo al contempo una nuova modalità di attribuzione della cittadinanza che sostituisce alcune rilevanti ipotesi di acquisto di cittadinanza per c.d. naturalizzazione ai sensi dell'art. 9 L. n. 91/1992. La principale innovazione consiste nel fatto che l'acquisto della cittadinanza non è discrezionale, come nell'ipotesi di cui all'art. 9, L. n. 91/1992, ma costituisce un atto dovuto una volta verificati i requisiti prescritti dalla legge. A differenza dell'art. 9, che riguarda la concessione della cittadinanza, la nuova disciplina posta nell'articolo 5-bis, introdotto dal comma 1 della disposizione in esame, fa riferimento all'attribuzione della cittadinanza.

In particolare, si prevede l'attribuzione della cittadinanza:

  1. allo straniero che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni - in luogo dei 10 anni previsti dall'art. 9 L. 91/1992 - che è in possesso di un requisito reddituale non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (quindi non inferiore all'assegno sociale annuo);
  2. al cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea che risieda legalmente da almeno tre anni in Italia, in luogo dei quattro anni previsti dall'art. 9 L. 91/1992;
  3. allo straniero regolarmente soggiornante da almeno tre anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria o di apolide (l'art. 9 L. n. 91/1992 contempla solo l'ipotesi dell'apolide legalmente residente da almeno cinque anni).

Viene specificato che per queste ultime due ipotesi non è richiesto alcun requisito di reddito.

Per ciò che attiene al procedimento, la proposta prevede l'attribuzione della cittadinanza, su istanza dell'interessato, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del sindaco del comune di residenza. In proposito, nel silenzio della norma, la relazione illustrativa specifica che in tal modo "si impegnano" i vertici delle istituzioni più vicine ai cittadini. Non è inoltre più richiesto il parere preventivo del Consiglio di Stato. 

Conseguentemente alle novità introdotte dalla disposizione esaminata, che sottrae alcune fattispecie dall'ambito della discrezionalità amministrativa, il comma 2 dell'articolo 4 sopprime le previsioni contenute nell'art. 9, comma 1, lett. b)d), e) ed f) recanti rispettivamente l'accesso alla cittadinanza da parte di:

  • stranieri adottati nella maggiore età (categoria di soggetti esclusa, in quanto rientra nella disciplina di cui all'art. 3 della proposta);
  • cittadini comunitari;
  • apolidi residenti da almeno 5 anni;
  • stranieri residenti da almeno 10 anni.

Articolo 5

L'Integrazione linguistica e sociale dello stranieroarticolo 5 introduce il nuovo articolo 5-ter alla L. 91 del 1992,  secondo il quale lo Stato garantisce l'offerta formativa per la conoscenza della lingua e della Costituzione italiana per gli stranieri richiedenti la cittadinanza e promuove, anche in collaborazione con le regioni e con gli enti locali, le iniziative e le attività finalizzate a sostenere l'integrazione linguistica e sociale dello straniero.

Nella XVI legislatura, la legge sulla sicurezza (L. 94/2009) ha introdotto il concetto di "integrazione", quale processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri (art. 1, comma 25). Per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno lo straniero deve stipulare un accordo di integrazione (il cosiddetto permesso di soggiorno "a punti"), articolato per crediti, con l'impegno a conseguire specifici obiettivi di integrazione. La perdita integrale dei crediti comporta la revoca del titolo di soggiorno e l'espulsione amministrativa dello straniero. L'accordo di integrazione è diventato operativo con l'adozione del regolamento di attuazione (DPR 14 settembre 2011, n. 179). Inoltre, il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, riservato agli stranieri residenti da lungo tempo nel nostro Paese, viene ora subordinato al superamento da parte del richiedente di un test di conoscenza della lingua italiana (art. 1, comma 22, lett. i). Le modalità di svolgimento del test sono state definite con il decreto del Ministro dell'interno 4 giugno 2010.

Articolo 6

L'Motivi preclusivi dell'acquisto della cittadinanzaarticolo 6 modifica il regime delle cause ostative, che attualmente precludono il riconoscimento della cittadinanza per matrimonio (art. 5, L. 91/1992) e lo estende alle nuove ipotesi di attribuzione della cittadinanza prive di discrezionalità precedentemente illustrate (art. 5-bis, L. 91/1992) e a quella del minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione o di formazione professionale in Italia (art. 4, comma 2-bis, L. 91/1992).

Rispetto alla disciplina vigente, la nuova formulazione dell'articolo 6:

  • conferma, quale motivo preclusivo, la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III (artt. da 241 a 294) del codice penale. Si tratta dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, contro la personalità interna dello Stato e contro i diritti politici del cittadino;
  • prevede, quale causa ostativa all'attribuzione della cittadinanza, la condanna per un delitto non colposo ad una pena superiore a due anni di reclusione, in luogo della causa ostativa della condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; occorre dunque fare riferimento non più alla pena edittale, ma alla pena irrogata;
  • esclude dalle cause ostative all'attribuzione della cittadinanza la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia:
  • esclude dalle cause ostative all'attribuzione della cittadinanza la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica;
  • amplia il novero delle cause ostative, escludendo la possibilità di divenire cittadini italiani anche per coloro che hanno riportato una condanna per uno dei crimini contro l'umanità puniti ai sensi della legge penale internazionale. In particolare, si richiamano le competenze sui crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, riconosciute ai tribunali penali internazionali (tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia, tribunale internazionale per i crimini in Ruanda e Corte penale internazionale).
  • elimina la sospensione dell'acquisto della cittadinanza fino alla sentenza definitiva in caso di esercizio dell'azione penale.

 

Inoltre, viene introdotta la previsione secondo cui l'acquisto della cittadinanza non è precluso ai minori condannati a pena detentiva non superiore a tre anni e si riconduce la cessazione degli effetti preclusivi non solo alla riabilitazione (già prevista dalla disciplina vigente), ma anche all'estinzione del reato.


Articolo 7

L'Figli minori di chi acquista la cittadinanzaarticolo 7, con una novella all'articolo 14 della L. 91/1992, modifica la disciplina dell'acquisto della cittadinanza da parte dei figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana eliminando il requisito della convivenza con il genitore, attualmente previsto, così che sia richiesta unicamente la non decadenza dalla responsabilità genitoriale e la residenza del minore nel territorio della Repubblica.

In base alla disciplina vigente, l'acquisto interviene avviene automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne secondo l'ordinamento italiano. Perché il genitore divenuto italiano possa trasmettere lo status civitatis al figlio, occorrono pertanto che ricorrano tre condizioni: il rapporto di filiazione; la minore età del figlio; la convivenza con il genitore. L'art. 12 del D.P.R. n. 572/93 ha specificato che la convivenza deve essere stabile ed effettiva ed attestata con idonea documentazione, deve inoltre sussistere al momento dell'acquisto o del riacquisto della cittadinanza del genitore.

Attuazione e disciplina transitoria

L'Disciplina di attuazionearticolo 9  autorizza il riordino ed accorpamento in un unico testo delle disposizioni di natura regolamentare vigenti in materia di cittadinanza, nonché l'attuazione della nuova disciplina. A tal fine è previsto si provveda con regolamento governativo di esecuzione ex art. 17, co. 1, L. 400/1988, richiamando le modalità di cui all'art. 25 della legge sulla cittadinanza. Quest'ultima disposizione prevede, in particolare, che il DPR sia adottato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, ai quali l'articolo 8 della proposta di legge affianca anche il Ministro dell'istruzione.

Si specifica che il regolamento di riordino disciplina i procedimenti amministrativi per l'acquisizione della cittadinanza (attualmente regolati dal DPR n. 362/1994), stabilendo al contempo che il termine improrogabile per la conclusione dei procedimenti è di ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza. In caso di superamento di tale termine l'istanza si intende accolta. In relazione a quest'ultima previsione, che stabilisce la regola del silenzio assenso per le istanze in materia di cittadinanza si richiama l'art. 20, comma 4, della legge sul procedimento amministrativo (L. 241 del 1990), che esclude l'operatività di tale meccanismo per una serie di procedimenti, tra i quali vi rientrano quelli riguardanti la cittadinanza. Conseguentemente, la proposta di legge novella l'articolo 20 della L. 241 del 1990, espungendo il riferimento ai procedimenti in materia di cittadinanza. 

Per quanto concerne la disciplina dei termini dei procedimenti in materia di cittadinanza, si richiama la previsione dell'articolo 14, co. 1, del D.L. 113/2018 (c.d. DL immigrazione e sicurezza), attualmente all'esame del Senato per la conversione in legge, che estende da ventiquattro a quarantotto mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio (art. 5, L. 91/1992) e per c.d. naturalizzazione (art. 9, L. 91/1992), nonché dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza avviati dall'autorità diplomatica o consolare o dall'Ufficiale di stato civile a seguito di istanze fondate su fatti accaduti prima del 1° gennaio 1948. Il termine decorre dalla data di presentazione della istanza.

Tale disposizione va sostanzialmente a raddoppiare i termini finora previsti. Infatti, il termine per completare il percorso istruttorio con l'adozione del provvedimento conclusivo di riconoscimento della cittadinanza iure matrimonii è previsto in due anni dall'art. 8, co. 2, della L. n. 91/1992. Per le istanze di cittadinanza per residenza, ai sensi del regolamento sui procedimenti di acquisto della cittadinanza (D.P.R. n. 362/1994, articolo 3), il termine previsto per la conclusione del procedimento è anch'esso fissato in due anni ("settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda"), ma in tal caso, per consolidato orientamento della giurisprudenza, il termine non riveste carattere perentorio. Il procedimento di concessione presenta infatti un carattere di maggiore complessità rispetto al precedente, in quanto l'istruttoria è finalizzata a verificare sulla base di vari indici (reddito, stabilità dell'attività lavorativa, raggiungimento di un sufficiente grado di integrazione, assenza di motivi ostativi attinenti alla sicurezza e di precedenti penali) la coincidenza tra l'interesse del richiedente la cittadinanza e l'interesse pubblico. Si ricorda infine che con finalità di semplificazione dei procedimenti, il decreto-legge c.d. "del fare" (D.L. 69/2013, art. 33, comma 2-bis) ha previsto, che gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici.

Da ultimo, l'Disciplina transitoriaarticolo 10 della proposta di legge introduce alcune disposizioni transitorie volte a disciplinare l'accesso alla cittadinanza nelle nuove forme previste dalle proposta medesima per coloro che al momento dell'entrata in vigore della legge hanno già maturato i requisiti prescritti.

In particolare, coloro che hanno già maturato i requisiti per l'applicazione delle nuove ipotesi di ius soli, nonché delle nuove modalità di acquisto della cittadinanza per residenza (c.d. ius domicilii) e in seguito a un percorso formativo (c.d. ius culturae), rispettivamente introdotte dagli articoli 1 e 2 della proposta di legge in esame, hanno la facoltà di acquistare la cittadinanza, se rilasciano una dichiarazione in tal senso entro tre anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di riordino previsto dall'articolo 9 della proposta.


Necessità dell'intervento con legge

La proposta di legge interviene su una materia regolata da fonte normativa di grado primario, ossia la L. n. 91 del 1992, che viene puntualmente novellata. 


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Ai sensi dell'articolo 117, comma primo, lett. i), della Costituzione la "cittadinanza" rientra tra le materie di legislazione esclusiva dello Stato.