Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali
Riferimenti: AC N.917/XVIII AC N.855/XVIII AC N.1323/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 66
Data: 28/11/2018
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali

28 novembre 2018
Schede di lettura


Indice

Contenuto|La risoluzione delle Nazioni Unite 48/134 del 1993|I lavori parlamentari nella XVI legislatura|Gli organismi per la tutela dei diritti umani in Italia|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

Le proposte di legge A.C. 1323 (on. Scagliusi ed altri) e A.C. 855 (Quartapelle ed altri) istituiscono la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani con la finalità di dare attuazione alla risoluzione n. 48/134 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 20 dicembre 1993, che impegna tutti gli Stati firmatari, tra cui l'Italia, ad istituire organismi nazionali, autorevoli ed indipendenti, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

 

L'articolo 1 della proposta di legge A.C. 1323 stabilisce i Princìpi generaliprincìpi generali del provvedimento, che, in attuazione della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 48/134, intende promuovere e proteggere i diritti umani fondamentali, nel rispetto dei princìpi della Costituzione, del diritto internazionale e del diritto umanitario, pattizio e consuetudinario, e in ottemperanza alle deliberazioni del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa - OSCE (comma 1).

Il comma 2 dispone che la Commissione (istituita dal successivo articolo 2) possa segnalare al Governo tra le convenzioni internazionali in materia di diritti umani e di libertà fondamentali, quelle che non sono ancora state ratificate dall'Italia e formulare proposte per la loro esecuzione. Viene così anticipato uno dei compiti della Commissione, trattati diffusamente dall'articolo 3.

 

L'articolo 2 della pdl A.C. 1323 e l'articolo 1 della pdl A.C. 855 dispongono l'istituzione della Commissione, ne individuano lo scopo e le forme di autonomia, nonché la composizione.

Entrambe le pdl prevedono che la Commissione abbia lo Scopi della Commissionescopo di promuovere e proteggere i diritti fondamentali della persona, ed in particolare quelli stabiliti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali di cui l'Italia fa parte.

La Commissione, come previsto dai Princìpi di Parigi adottati dalla Commissione ONU per i diritti umani del 1991 (vedi oltre), è istituita quale organismo indipendente. Essa gode di autonomia, organizzativa, funzionale e contabile. Opera in piena indipendenza, amministrativa, di giudizio e di valutazione, ed è dotata di personale e sede propri. 

 

La pdl A.C. 1323 prevede che la Commissione sia composta da Composizione7 membri. I componenti, sono scelti tra persone che oltre ad essere di "indiscussa moralità, riconosciuta indipendenza, integrità ed elevata professionalità", devono avere una comprovata competenza nel campo dei diritti umani, dei diritti dei minori e delle scienze umane in genere e devono aver svolto attività di protezione dei diritti della persona in Italia e all'estero (comma 3).

I componenti sono designati tra le seguenti categorie (comma 4):

  • 3 rappresentanti delle organizzazioni non governative;
  • 2 soggetti che operano nell'ambito della società civile;
  • 2 docenti universitari.

 

Il comma 5 prevede una procedura di Nomina dei componentinomina dei componenti articolata in 3 fasi.

 

Nella prima fase, le Commissioni competenti per materia di Camera e Senato procedono alla definizione di tre elenchi, uno per ciascuna delle tre categorie di cui sopra, costituiti da 10 soggetti per le ONG e da 6 soggetti per le altre due categorie, metà designati dalle Commissioni della Camera, metà del Senato. Le designazioni sono effettuate con procedura trasparente e di evidenza pubblica che tenga conto dei seguenti parametri:

  • rispetto delle pari opportunità, tenendo conto della "diversità etnica della società" e della "gamma" dei gruppi vulnerabili;
  • rispetto della diversità;
  • rappresentanza pluralistica delle forze sociali coinvolte nella promozione e nella protezione dei diritti umani.

 

Nella seconda fase, avviene la nomina dei componenti da parte dei Presidenti di Camera e Senato che, di intesa tra loro, scelgono i membri nell'ambito dei tre elenchi.

Relativamente alla modalità di nomina prevista dalla disposizione in esame, si ricorda che la procedura che contempla la nomina di componenti di organismi indipendenti - d'intesa tra i Presidenti delle Camere - sulla base di elenchi predisposti dalle Commissioni parlamentari è prevista in particolare dalla legge n. 243 del 2012 per la nomina dei tre membri del Consiglio dell'Ufficio parlamentare di bilancio, di cui uno con funzioni di presidente. L'art. 16 della citata legge n. 243 prevede che siano nominati con decreto adottato d'intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nell'ambito di un elenco di dieci soggetti indicati dalle Commissioni parlamentari competenti in materia di finanza pubblica a maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti, secondo modalità stabilite dai Regolamenti parlamentari. I membri del Consiglio sono scelti tra persone di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia di economia e di finanza pubblica a livello nazionale e internazionale. I membri del Consiglio sono nominati per sei anni e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, nè possono essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati, nè ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura. I dipendenti pubblici sono collocati fuori ruolo per l'intera durata del mandato. Per gravi violazioni dei doveri d'ufficio, i membri del Consiglio possono essere revocati dall'incarico con decreto adottato d'intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, su proposta delle Commissioni parlamentari competenti in materia di finanza pubblica, adottata a maggioranza dei due terzi dei relativi componenti, secondo modalità stabilite dai Regolamenti parlamentari.

 

Infine, il presidente della Commissione è eletto tra i componenti della Commissione dai componenti medesimi con votazione a maggioranza dei due terzi; rimane in carica per un anno e non può essere rieletto.

Nei cinque anni del mandato, quindi, 5 componenti su 7 svolgeranno a rotazione la funzione di presidente, essendo la durata pari ad un anno al massimo.

 

Il successivo comma 6 dispone che i componenti durano in carica 5 anni e possono essere rinnovati una sola volta.

Con le stesse procedure adottate per la nomina, si prevede che i componenti la Commissione possano essere revocati in qualsiasi momento nel caso si verifichino violazioni degli obblighi di legge. E' stabilito altresì che a metà del mandato i componenti siano "sottoposti a una procedura di controllo" per accertare l'eventuale sopravvenuta mancanza dei requisiti e delle qualità prescritti per la nomina e "per valutare l'efficacia delle determinazioni adottate e dei risultati ottenuti", in funzione di un'eventuale riconferma degli incarichi o di una loro revoca. I componenti rimangono comunque in carica fino alla nomina dei nuovi componenti.

Relativamente alle previsioni del comma 6, andrebbe specificato a quale soggetto compete la "procedura di controllo" dei componenti in merito alla perdurante sussistenza dei requisiti previsti dalla legge ed in ordine all'efficacia delle determinazioni e dei risultati ottenuti, anche tenendo conto della configurazione della Commissione quale organismo indipendente, ai sensi della citata risoluzione dell'Assemblea delle Nazioni unite 48/134.  

 

La proposta di legge A.C. 855 prevede che la Commissione sia composta da 4 membri, anch'essi scelti tra soggetti esperti in materia, eletti, rispettivamente, 2 dal Senato e 2 dalla Camera, a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le candidature sono preventivamente esaminate dalle Commissioni parlamentari competenti attraverso l'audizione dei candidati e la consultazione delle ONG rappresentative della società civile. I componenti durano in carica 5 anni ed eleggono un presidente e un vicepresidente  (art. 1, commi 3-5). I componenti sono in particolare scelti tra persone di altissima levatura morale, di riconosciuta indipendenza, di integrità, di "coraggio" e di elevata professionalità, con comprovata esperienza del campo dei diritti umani (art. 1, comma 3).

La pdl A.C. 855 prevede, al comma 3 dell'art. 1, che la Commissione "è organo collegiale composto da 4 membri". Ai commi 5 e 6 fa invece riferimento al presidente e ai 4 membri della Commissione, specificando che il presidente è eletto dai 4 membri della Commissione. Andrebbe dunque chiarito se si intende prevedere che il Presidente sia eletto dai 4 membri della Commissione tra loro, come farebbe intendere la previsione del comma 8 che affida ai Presidenti delle Camere, d'intesa, la valutazione circa l'effettiva incompatibilità sopravvenuta o altri impedimenti sorti ai fini dell'attivazione delle procedure per la nomina del nuovo componente (procedura che non sarebbe applicabile se il presidente non fosse nominato dalle Camere). 

La proposta di legge A.C. 1323 prevede diverse attività Regime di incompatibilitàincompatibili con l'incarico di membro della Commissione (art. 2, comma 7). In particolare, essi non possono svolgere o ricoprire, pena la decadenza:

  • impieghi pubblici o privato;
  • incarichi di amministrazione, direzione o controllo di società pubbliche o private (il testo precisa che è incompatibile anche la "proprietà di azioni" in dette società);
  • professioni e attività imprenditoriali;
  • cariche, anche di natura elettiva o governativa;
  • incarichi in associazioni che svolgono attività nel settore dei diritti umani;
  • attività nell'ambito o per conto di associazioni, partiti o movimenti politici.

 

La pdl A.C. 855 prevede che i membri della Commissione non possono in ogni caso ricoprire cariche elettive o assumere incarichi di governo o altri uffici pubblici di qualsiasi natura, né ricoprire incarichi per conto di un'associazione o di un partito o movimento politico. Inoltre, se docenti universitari di ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni (art. 1, comma 6). La medesima  pdl A.C. 855 (art. 1, comma 2) specifica inoltre che non possono essere nominati componenti della Commissione i dipendenti di pubbliche amministrazioni e le persone che ricoprono cariche elettive.

In base all'art. 2, comma 8 della pdl 1323, i componenti la Commissione, se sono dipendenti di amministrazioni pubbliche, sono collocati fuori ruolo. Si prevede inoltre che i magistrati in servizio non possono fare parte della Commissione (sembra derivarne che possano, di conseguenza, farne parte i magistrati collocati in aspettativa). Per i professori universitari di ruolo il testo specifica che sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell'articolo 13 del DPR 382/1980.

Il testo specifica inoltre che "il personale collocato fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito". Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire maggiormente tale previsione, specificando, inoltre, che tale divieto opera "durante lo svolgimento dell'incarico presso la Commissione" potendo altrimenti voler configurare anche un divieto di sostituzione nell'incarico di componente.

 

Viene riconosciuta ai componenti la Commissione una Indennità di funzioneindennità di funzione pari a 80.000 euro, facendo il testo riferimento ad un terzo del limite massimo per il compenso retributivo per le cariche pubbliche, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente, previsto dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, che è pari a 240.000 euro. Per coloro che svolgono la funzione di Presidente non può essere stabilita alcuna indennità aggiuntiva (art. 2, comma 9, pdl A.c. 1323).

La pdl A.C. 855 fa riferimento (art. 1, comma 7) - come limite massimo dell'indennità di funzione - al trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, ai sensi della L. 244/2007, art. 3, commi 44-52-bis e al DPR 195/2010 recante Regolamento recante determinazione dei limiti massimi del trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo. Si ricorda, al riguardo, che l'art. 13 del decreto-legge n. 66 del 2014 ha successivamente disposto che a decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione è fissato in euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente.

 

L'incarico di componente, oltre che per la naturale scadenza del mandato o per decesso, cessa in caso di dimissioni o di sopravvenuta accertata mancanza dei requisiti e delle qualità prescritti per la nomina. Alla sostituzione dei componenti cessati si provvede con le medesime modalità previste per la loro nomina (art. 2, comma 10 pdl A.C. 1323). In maniera analoga dispone la pdl A.C. 855, art. 1, comma 8, che affida la valutazione e la procedura per l'attivazione della procedure di nomina del nuovo componente ai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro (per il Presidente della Commissione v. supra).

 

Possono partecipare alle riunioni della Commissione - ove se ne ravvisi la necessità nel caso in cui si tratti di affrontare specifici problemi di natura tecnica - rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e rappresentanti del Governo italiano negli organismi internazionali deputati al controllo dell'adempimento degli obblighi assunti dall'Italia con la ratifica delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani. Tali soggetti partecipano con funzioni consultive, senza diritto di voto "deliberativo" e senza compenso (art. 2, comma 11 pdl A.C. 1323).

 

L'articolo 3 (comma 1) della pdl A.C. 1323 individua in modo dettagliato i Compiti della Commissione compiti della Commissione tra cui, in particolare:

  • vigilare sul rispetto dei diritti umani e su eventuali abusi perpetrati ai danni di popoli, in Italia e all'estero;
  • promuovere la cultura dei diritti umani e la loro divulgazione coinvolgendo le istituzioni scolastiche, anche ai fini dell'inserimento dei temi attinenti alla protezione dei diritti umani tra le materie di studio, e promuovendo campagne di informazione;
  • formulare pareri, raccomandazioni e proposte, anche relative all'adozione di iniziative legislative, al Governo e alle Camere su tutte le questioni concernenti il rispetto dei diritti umani. A tale fine, il Governo è tenuto a sottoporre al parere della Commissione i progetti di atti legislativi e regolamentari che possono avere un'incidenza diretta o indiretta su tali diritti, sentito il Comitato interministeriale per i diritti umani, operante presso il Ministero degli affari esteri;
  • esprimere pareri e formulare proposte al Governo ogniqualvolta siano in corso negoziati per la conclusione di accordi multilaterali o bilaterali che abbiano a oggetto materie di competenza della Commissione;
  • proporre al Governo di valutare, nei casi di "paese e grave violazione dei diritti umani" la possibilità di "annullamento di ogni tipo di contratto stipulato con il soggetto che ha commesso la violazione". Andrebbe valutata l'opportunità di definire tale previsione con maggiore determinatezza anche tenuto conto dei riflessi rispetto all'autonomia negoziale ed ai vincoli contrattuali assunti;
  • assicurare che, nell'adozione delle determinazioni di politica estera, siano tenute in adeguata considerazione la promozione e la protezione dei diritti umani;
  • verificare l'attuazione delle convenzioni e degli accordi internazionali ratificati dall'Italia in materia di diritti umani;
  • contribuire alla redazione dei rapporti che l'Italia è tenuta a sottoporre ai competenti organismi internazionali e al Comitato interministeriale per i diritti umani;
  • cooperare con gli organismi internazionali e con le istituzioni di altri Stati europei ed extraeuropei che operano nei settori della promozione e della protezione dei diritti umani, della lotta ai crimini contro l'umanità e ai crimini di guerra;
  • promuovere contatti con gli organismi pubblici, quali i difensori civici, a cui la legge attribuisce specifiche competenze in relazione alla protezione dei diritti umani;
  • ricevere segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti;
  • fornire assistenza e rendere pareri alle amministrazioni pubbliche che intendano inserire nei programmi di formazione e aggiornamento del personale le materie relative al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
  • pubblicare, nel sito internet istituzionale della Commissione, un bollettino nel quale sono riportati gli atti e i documenti adottati e le attività svolte;
  • promuovere la costituzione di un forum permanente di pubblico confronto. Le modalità di costituzione del forum sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati;
  • istituire un forum permanente per il pubblico confronto sull'operato della Commissione;
  • promuovere, nell'ambito delle categorie professionali, l'inserimento nei codici di deontologia di norme per la promozione e la protezione dei diritti umani;
  • presentare  al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministri competenti e alle Camere una relazione annuale sull'attività svolta e sullo stato di attuazione degli atti internazionali concernenti la promozione e la protezione dei diritti umani e sul rispetto dei diritti umani in Italia e all'estero.

 

Nello svolgimento di tali compiti, la Commissione si avvale, con funzioni consultive, dell'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica  - UNAR (v. infra) (comma 5).

 

Alla Commissione possono inoltre essere demandate ulteriori funzioni derivanti dagli impegni internazionali previste da leggi di esecuzione di convenzioni internazionali in materia di diritti umani (comma 6).

I compiti previsti dalla pdl A.C. 855 (art. 2, comma 1) sono così definiti:

  • monitorare il rispetto dei diritti umani in Italia;
  • valutare le segnalazioni in materia di violazioni o limitazioni dei diritti umani che provengano dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano;
  • verificare il rispetto dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, anche prendendo visione, previo consenso  dell'interessato, degli atti contenuti nel fascicolo dell'interessato stesso e accedendo alle strutture in cui si trovano persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, compresi i centri destinati ai richiedenti asilo e ai rifugiati e ai centri per "l'identificazione dei migranti". Riguardo quest'ultimo richiamo andrebbe valutata l'opportunità di specificare se si intende fare riferimento ai Centri di permanenza e rimpatri (CPR), ex Centri per l'identificazione e l'espulsione (CIE);
  • verificare attuazione nel territorio nazionale delle convenzioni e degli accordi internazionali ratificati dall'Italia in materia di diritti umani;
  • collaborare con altri organismi pubblici che hanno competenze sulla tutela dei diritti umani,
  • formulare pareri, raccomandazioni e proposte, anche con riferimento a provvedimenti di natura legislativa o regolamentare, al Governo e alle Camere. Gli organi nei cui confronti sono formulati i pareri, le raccomandazioni e le proposte sono tenuti a dare una risposta motivata entro 90 giorni indicando le misure che intendono adottare;
  • promuovere la cultura e l'insegnamento dei diritti umani, nonché la diffusione della conoscenza delle norme nazionali e internazionali che regolano la materia;
  • favorire il dialogo con la società civile attraverso campagne e iniziative pubbliche;
  • predisporre e trasmettere alle Camere una relazione annuale sull'attività svolta.

   

In ordine ai Poteri della Commissionepoteri della Commissione entrambe le proposte prevedono che essa ha la facoltà di richiedere informazioni e documenti a soggetti pubblici e privati, fatte salve le disposizioni in materia di protezione dei dati personali (pdl A.C. 1323 art. 3, comma 2 e in maniera analoga la pdl A.C. 855, art. 2, comma 2).

La pdl A.C. 1323 dispone inoltre che in caso di rifiuto od omissione la Commissione può chiedere un ordine di esibizione al presidente del tribunale competente per territorio "il quale provvede senza ritardo sulla richiesta della Commissione con decreto motivato" (art. 3, comma 3).

Tale ultima previsione appare suscettibile di approfondimento, alla luce del principio di indipendenza ed autonomia della magistratura, nella parte in cui sembra prefigurare un obbligo posto in capo al presidente del tribunale di provvedere senza ritardo all'adozione di un decreto motivato, prescindendo da una valutazione in ordine ai requisiti ed alle violazioni poste in essere.

La pdl A.C. 1323 prevede altresì che la Commissione possa disporre ispezioni e verifiche presso le strutture richiamate nella denunciata violazione dei diritti umani (art. 3, comma 4).

 Disciplina inoltre dettagliatamente il procedimento di accertamento effettuato dalla Commissione a seguito di presentazione di Le denunce per violazione dei diritti umaniistanza o denuncia di violazione dei diritti umani (art. 3, commi 7-9) che comporta l'esame da parte della Commissione e, in caso di fondatezza, l'assegnazione al responsabile della violazione di un termine per la cessazione del comportamento posto in essere in violazione dei diritti umani.

In particolare, si prevede che, qualora la Commissione proceda ad accertamenti in relazione alla presentazione di un'istanza o denuncia da parte di un soggetto per asserita violazione dei diritti umani riconosciuti dalle leggi vigenti, è tenuta a dare notizia alle parti interessate dell'apertura del procedimento, eccettuati i casi in cui, per la delicatezza delle situazioni rappresentate o per l'urgenza di procedere, tale comunicazione debba essere effettuata successivamente.
Assunte le necessarie informazioni, la Commissione, se ritiene fondata l'istanza o la denuncia, assegna al responsabile un termine per la cessazione del comportamento denunciato, indicando le misure necessarie a tutela dei diritti dell'interessato e stabilendo il termine per la loro adozione. Il provvedimento è comunicato senza ritardo alle parti interessate.

Il soggetto interessato, se non intende conformarsi alla richiesta della Commissione, deve comunicare il suo dissenso motivato nel termine di 30 giorni dalla comunicazione. Nel caso in cui il soggetto interessato non comunichi il dissenso motivato nel termine previsto o nel caso in cui la Commissione ritenga insufficiente la motivazione fornita, la Commissione, ove ne ricorrano i presupposti, "ricorre" all'autorità giudiziaria competente. Si valuti in proposito l'opportunità di specificare maggiormente tale fase procedurale, facendo in particolare riferimento ad una "segnalazione" o "trasmissione di notizia" da parte della Commissione all'autorità giudiziaria piuttosto che ad un "ricorso" in senso proprio.

Viene altresì previsto che qualora il soggetto sia una pubblica amministrazione, nel caso in cui ometta di conformarsi e il dissenso motivato non sia comunicato nel termine assegnato o la motivazione non sia ritenuta sufficiente, la Commissione si rivolge agli uffici sovraordinati a quello originariamente interessato. Se gli uffici sovraordinati decidono di provvedere in conformità alla richiesta della Commissione, "sono tenuti a instaurare il procedimento disciplinare a carico del dipendente al quale risulta attribuibile l'inerzia".

Se gli uffici sovraordinati decidono di non accogliere la richiesta, la Commissione può chiedere all'autorità giudiziaria competente di annullare l'atto che reputa illegittimo ovvero di ordinare agli uffici interessati di tenere il comportamento dovuto.

Relativamente all'obbligo di instaurazione del procedimento disciplinare, si ricorda che nel pubblico impiego trova applicazione il principio secondo il quale, pena la nullità, tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte dall' ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale è anche organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura.
L'art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001, come da ultimo modificato dal D.Lgs. 75 del 2017, dispone in particolare che, salvo le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l'irrogazione della sanzione del rimprovero verbale, ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento e nell'ambito della propria organizzazione, individua l'ufficio per i procedimenti disciplinari competente per le infrazioni punibili con sanzione superiore al rimprovero verbale e ne attribuisce la titolarità e responsabilità. Il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, è tenuto a segnalare immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza. L'Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni decorrenti dal ricevimento della predetta segnalazione, ovvero dal momento in cui abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare, provvede alla contestazione scritta dell'addebito e convoca l'interessato, con un preavviso di almeno venti giorni, per l'audizione in contraddittorio a sua difesa. Il dipendente può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. In caso di grave ed oggettivo impedimento, ferma la possibilità di depositare memorie scritte, il dipendente può richiedere che l'audizione a sua difesa sia differita, per una sola volta, con proroga del termine per la conclusione del procedimento in misura corrispondente. Salvo eccezioni, il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. L'ufficio competente per i procedimenti disciplinari conclude il procedimento, con l' atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro centoventi giorni dalla contestazione dell'addebito.
La violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell'addebito e il termine per la conclusione del procedimento.

Ai fini del riscontro delle segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti (di cui ai compiti sopra elencati) la Commissione può chiedere, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, l'Accesso alle banche dati accesso alle banche dati pubbliche, ad eccezione del Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno, Direzione centrale della polizia criminale (articolo 8 della legge 121/1981), e della banca dati nazionale del DNA istituita presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di cui alla legge 85/2009 (art. 3, comma 10 della pdl A.C. 1323). Anche la pdl A.C. 855 disciplina l'accesso alle banche dati pubbliche da parte della Commissione, previa richiesta ai soggetti interessati e comunicando la richiesta al Garante per la protezione dei dati personali (art. 2, comma 2).

 

Nel caso di visite, accessi e verifiche della Commissione, le amministrazioni pubbliche interessate, e, ove necessario, gli altri organi dello Stato collaborano con la Commissione nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili (art. 3, comma 11 pdl A.C. 1323).

 

L'articolo 4 della pdl A.C. 1323 disciplina l'Personale e struttura di supportoorganizzazione e il funzionamento dell'ufficio di segreteria della Commissione, i criteri per l'assunzione di personale da parte della Commissione (da effettuare mediante concorso pubblico sulla base dei requisiti fissati dalla Commissione inclusa, in particolare, un'adeguata conoscenza delle principali lingue straniere) e il trattamento economico di detto personale (per il quale si fa rinvio al contratto nazionale collettivo del comparto Ministeri), nonché la redazione del rendiconto della gestione finanziaria, che è sottoposta (come prevede anche la pdl A.C. 855) al controllo della Corte dei conti. Il rendiconto è pubblicato sul sito internet della Commissione e del Ministero degli affari esteri in forme idonee ad assicurarne l'accessibilità agli utenti.

L'ufficio è composto da un organico iniziale di 10 unità, tra cui un direttore, un vice direttore, un segretario generale e sette impiegati. La pdl A.C. 855 prevede un primo contingente di personale non superiore a 50 unità.

Il funzionamento, l'organizzazione interna, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese, le funzioni del direttore dell'ufficio di segreteria e le procedure e le modalità di reclutamento del personale dell'ufficio sono disciplinati da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro degli affari, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e sentita la Commissione medesima.

Anche la pdl A.C. 855 (art. 3) demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione dell'organizzazione e del funzionamento della Commissione, fissando un limite massimo, di 120 unità, alla sua dotazione organica. Tuttavia, si prevede che le modifiche al regolamento successive alla pubblicazione del DPCM potranno essere adottate con deliberazione  della stessa Commissione,  da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, che potrà modificare anche la dotazione organica. Tale ultima previsione pare suscettibile di approfondimento sotto il profilo delle fonti, consentendo ad una delibera della Commissione di modificare il DPCM sull'organizzazione e sulla dotazione organica. 

 

Alcune modalità di funzionamento della Commissione sono disciplinate direttamente dalla proposta di legge A.C. 1323 (articolo 5) che prevede:

  • la presentazione da parte della Commissione di un rapporto all'autorità giudiziaria competente nel caso venga a conoscenza di fatti che possano costituire reato;
  • lo svolgimento di indagini di propria iniziativa, sulla base di segnalazioni individuali o collettive, anche qualora non sia presentata la relativa denuncia all'autorità giudiziariaIn proposito, appare opportuno valutare l'esigenza di fare riferimento a "poteri ispettivi", riconducibili all'alveo delle competenze delle autorità amministrative e richiamati anche al comma 4 dell'art. 3 della pdl anziché a "poteri di indagine", propri dell'autorità giudiziaria e delle Commissioni di inchiesta. Ad esempio, l'art. 45, co. 1, del d.lgs. 33/2013 attribuisce all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) il compito di controllare «l'esatto  adempimento  degli  obblighi  di pubblicazione previsti dalla normativa  vigente,  esercitando  poteri ispettivi  mediante  richiesta  di  notizie,  informazioni,  atti   e documenti alle amministrazioni pubbliche e  ordinando  l'adozione  di atti o provvedimenti richiesti dalla  normativa  vigente,  ovvero  la rimozione di comportamenti o atti  contrastanti  con  i  piani  e  le regole sulla trasparenza»;
  • la possibilità di chiedere la collaborazione delle amministrazioni dello Stato e di altri soggetti pubblici;
  • la possibilità di invitare le autorità competenti ad adottare misure per il ripristino dei diritti delle persone che abbiano subìto una violazione dei propri diritti umani fondamentali;
  • l'obbligo di basare la propria attività su princìpi di trasparenza e di imparzialità;
  • l'obbligo di motivazione degli atti adottati.

 

Inoltre, è previsto un apparato Sanzionisanzionatorio in caso di violazione degli obblighi di informazione e documentazione posti all'articolo 3, comma 2. E' prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 15.000 euro nel caso in cui i soggetti obbligati rifiutino od omettano di fornire informazioni e documenti: Nel caso di trasmissione di documenti e informazioni falsi è invece prevista la sanzione penale detentiva da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato (commi 4 e 5).

Inoltre, i componenti della Commissione e dell'ufficio di segreteria nonché i soggetti di cui gli stessi si avvalgono per l'adempimento delle proprie funzioni sono tenuti al segreto di ufficio (comma 5) di cui articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, DPR 3/1957.

Infine, si prevede l'obbligo di Obblighi di trasparenzapubblicazione, secondo criteri di trasparenza, dei provvedimenti della Commissione che può adottare ulteriori iniziative per diffondere la conoscenza dei provvedimenti adottati e dell'attività svolta (comma 6).

 

L'articolo 6 della pdl A.C. 1323 prevede che la Commissione possa avvalersi, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, della Consulenzecollaborazione di università, centri di studio, ricerca, organizzazioni non governative, associazioni e altri organismi di  comprovata competenza e professionalità in materia di promozione e protezione dei diritti umani.

 

L'articolo 7 della pdl A.C. 1323 prevede la soppressione del DPCM 13 aprile 2007, che ha istituito il Comitato dei ministri per l'indirizzo e la guida strategica in materia di tutela dei diritti umani presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità (si veda in proposito il paragrafo Gli organismi per la tutela dei diritti umani in Italia).

Nella relazione illustrativa si evidenzia che "con l'entrata in vigore della legge, tale Comitato non avrebbe più ragione di esistere poiché si troverebbe a esercitare gli stessi compiti della costituenda Commissione".

 

L'articolo 8 della pdl A.C. 1323, infine, reca la Disposizioni finanziariecopertura finanziaria per gli oneri derivanti dall'attuazione della legge pari a 1.600.000 euro annui a decorrere dal 2018.

Nella relazione illustrativa si evidenzia che: "L'importo è basato su un approssimativo calcolo, ovvero: 560.000 euro totali per i sette consiglieri, 80.000 euro per il direttore, 55.000 per il vicedirettore, 50.000 per il segretario generale e 40.000 euro (280.000 totali) per ciascuna delle sette unità dell'ufficio, circa 270.000 euro le spese per la sede (locazione e arredo), circa 50.000 euro per la fornitura di servizi (manutenzione, assistenza tecnica, utenze, riscaldamento eccetera), circa 30.000 euro per altre spese (poste, trasporto, rappresentanza, cancelleria) e le inevitabili spese per consulenze e per missioni dei componenti e del personale dell'ufficio, pari a circa 160.000 euro".

 Alla copertura finanziaria si fa fronte con una corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

La pdl A.C. 855 (art. 4) dispone che le risorse finanziarie da destinare alla Commissione siano individuate  con  un DPCM, da adottarsi, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge. La medesima pdl provvede a quantificare gli oneri derivanti dall'attuazione della legge, valutati in 662.575 euro per l'anno 2018 e in 1.735.150 euro annui a decorrere dall'anno 2019. Analoga alla pdl A.C. 1323 la copertura finanziaria.

Considerato che l'avvio dell'esame parlamentare delle proposte di legge avviene nel mese di novembre 2018 occorre aggiornare i riferimenti relativi alla decorrenza degli oneri finanziari.


La risoluzione delle Nazioni Unite 48/134 del 1993

La risoluzione n. 48/134 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata il 20 dicembre 1993, impegna tutti gli Stati firmatari, tra cui l'Italia, ad istituire organismi nazionali, autorevoli ed indipendenti, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

La risoluzione detta una serie di criteri che gli organismi nazionali per la tutela dei diritti umani devono soddisfare, riprendendo i cosiddetti I princìpi di Parigiprincìpi di Parigi adottati dalla Commissione ONU per i diritti umani nel 1991: indipendenza ed autonomia dal Governo (operativa e finanziaria), pluralismo, ampio mandato basato sugli standard universali sui diritti umani, adeguato potere di indagine e risorse adeguate.

Diversi Le Commissioni diritti umani in EuropaPaesi europei hanno istituito organi nazionali per la tutela dei diritti umani, tra cui Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Regno unito, Spagna (in proposito si veda Osservatorio di politica internazionale, Gli strumenti di tutela dei diritti umani, gennaio 2010).

 

La Commissione dei diritti dell'uomo, sopra citata, organismo politico volto a supervisionare l'osservanza dei principi in materia di diritti umani propugnati dall'ONU, si è trasformata nel 2006 in Consiglio dei diritti umani.

L'Italia è divenuta membro del Consiglio per il triennio 2007-2010 e nel presentare la propria candidatura, aveva assunto l'impegno (pledge) di: istituire una Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani, in conformità alla risoluzione ONU 48/134 del 20 dicembre 1993; attuare lo Statuto della Corte penale internazionale (Cpi); ratificare il Protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura.

 

Il 12 ottobre 2018 l'Assemblea generale dell'ONU ha eletto nuovamente l'L'elezione dell'Italia al Consiglio ONU diritti umaniItalia tra i componenti del Consiglio dei diritti umani per un periodo di tre anni a partire dal 1° gennaio 2019, con un ampio consenso (180 voti).

Nel corso del suo mandato "l'Italia intende promuovere un approccio rigoroso verso il rispetto dei diritti umani nel mondo, con particolare attenzione a specifici temi ritenuti prioritari quali la condanna di tutte le forme di xenofobia, il contrasto delle discriminazioni a carattere religioso e la piena garanzia della libertà di religione, la protezione dei bambini e dei minori, la concreta tutela delle persone con disabilità, l'effettiva parità delle donne nella società; la lotta contro ogni tratta di esseri umani, l'estensione della moratoria della pena di morte nel mondo e la tutela del patrimonio culturale" (Ministero degli affari esteri, Comunicato stampa del 12 ottobre 2018).

In precedenza, a seguito della presentazione della candidatura, l'Italia aveva assunto diversi impegni formalizzati nella nota del 22 febbraio 2018 inviata al Presidente dell'Assemblea generale dell'ONU.

 

La questione della mancata istituzione in Italia di un organismo nazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti umani in attuazione della Risoluzione delle Nazioni Unite 48/134 del 1993 è stata "costantemente evocata nelle sedi internazionali e dalla società civile". In occasione della procedura revisionata per l'esame della situazione dei diritti umani in tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, (c.d. Revisione Periodica Universale Universal Periodic Review – UPR), l'Italia ha accettato 23 raccomandazioni relative proprio all'istituzione di un organismo nazionale indipendente per la promozione e tutela dei diritti umani (Camera dei deputati, Relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo nonché sulla tutela ed il rispetto dei diritti umani in Italia, Anno 2016, 18 dicembre 2017, doc. CXXI, n. 5).

Nel Rapporto di medio termine del novembre 2017, trasmesso su base volontaria dall'Italia in merito al recepimento delle raccomandazioni, si fa riferimento all'obiettivo di rafforzare il mandato dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), riconoscendo una maggiore autonomia, anche assegnando a tale organismo lo status di autorità indipendente (Ministry of foreign affairs, Inter-ministerial Committee for Human Rights, Italy Mid-term review following the 2nd UPR cycle, November 2017, pag. 29).


I lavori parlamentari nella XVI legislatura

L'istituzione di una Commissione nazionale per i diritti umani - in attuazione della risoluzione 48/134 ONU – è stata oggetto di dibattito parlamentare in particolare nel corso della XVI legislatura.

Nel 2009 la Commissione Affari costituzionali del Senato ha avviato l'esame di due proposte di legge di iniziativa parlamentare in materia. Successivamente, il 7 giugno 2011, il Governo ha presentato un proprio un disegno di legge (A.S. 2720) che è stato approvato, con alcune modifiche, dall'Assemblea del Senato (20 luglio 2011).

L'iniziativa del Governo era originata dall'impegno assunto dall'Italia, una volta entrata a far parte del Consiglio ONU dei diritti umani, di costituire un organismo indipendente in materia di diritti umani in attuazione della risoluzione ONU n. 48/134 del 1993.

Il testo trasmesso alla Camera (A.C. 4534) è stato esaminato dalla I Commissione Affari costituzionali in sede referente che vi ha apportato alcune modifiche prima di approvarlo il 18 dicembre 2012, pochi giorni prima dello scioglimento delle Camere.


Gli organismi per la tutela dei diritti umani in Italia

A partire dalla X Legislatura, la Commissione Affari esteri della Camera ha istituito al proprio interno, nel 1988, il Comitato permanente per i diritti umani Camera dei deputatiComitato permanente per i diritti umani, un organismo preposto all'esame delle tematiche generali relative ai diritti umani, con particolare riferimento allo stato della loro tutela a livello internazionale, anche attraverso apposite indagini conoscitive. Il Comitato ha avuto anche il compito di seguire l'iter dei singoli provvedimenti in tema di diritti umani, svolgendo un lavoro di carattere istruttorio rispetto alle attività della Commissione.

 

Al Senato ha operato nelle ultime legislature la Commissione straordinaria diritti umani del SenatoCommissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani. La Commissione ha effettuato accurati monitoraggi, attraverso lo svolgimento di indagini conoscitive, sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani - ovvero su fenomeni di disconoscimento e lesione dei diritti stessi - tanto in Italia quanto a livello internazionale. Nella XVII legislatura la Commissione ha svolto un'indagine conoscitiva sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani vigenti in Italia e nella realtà internazionale.

 

A livello governativo, si segnala il Comitato dei ministri per l'indirizzo e la guida strategica in materia di tutela dei diritti umaniComitato dei ministri per l'indirizzo e la guida strategica in materia di tutela dei diritti umani istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità. Il Comitato, istituito dal DPCM 13 aprile 2007, adotta le linee programmatiche e gli indirizzi relativi all'attività in materia di tutela dei diritti umani e svolge funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività del CIDU e degli altri organismi che svolgono e/o coordinano attività istituzionali in materia di diritti umani al fine di assicurarne la coerenza nell'ambito degli indirizzi fissati dal Governo.  Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio che può delegare le relative funzioni al Ministro per i diritti e le pari opportunità, ed è comporto dal Ministro per i diritti e le pari opportunità, dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro della difesa, dal Ministro della giustizia, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'istruzione, dal Ministro del lavoro, dal Ministro per le politiche europee, dal Ministro per le politiche per la famiglia e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Segretario del Consiglio dei Ministri. Alle riunioni del Comitato partecipa anche il presidente del CIDU.

Presso il Ministero degli affari esteri è operante il Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU)Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU), istituito con DM 15 febbraio 1978, n. 519, allo scopo di assolvere agli obblighi assunti dall'Italia in esecuzione di accordi e convenzioni adottati sul piano internazionale nella materia della protezione e promozione dei diritti umani. E' presieduto da un alto funzionario della carriera diplomatica ed è composto da rappresentanti di ministeri, amministrazioni ed enti che a vario titolo si occupano delle tematiche dei diritti umani (D.M. 5 settembre 2013, n. 2000/517).

 

Il Comitato, organismo di coordinamento dell'attività governativa in materia di promozione e tutela dei diritti dell'uomo, secondo quanto disposto dal D.P.C.M. 11 maggio 2007, svolge i seguenti compiti:
  • realizza un sistematico esame delle misure legislative, regolamentari, amministrative ed altre che siano state prese nell'ordinamento interno per attuare gli impegni assunti dall'Italia in virtù delle convenzioni internazionali in materia di tutela dei diritti umani adottate dalle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte; a tal fine, raccoglie tutte le informazioni necessarie sull'azione governativa in tale settore;
  • promuove i provvedimenti che si rendono necessari od opportuni per assicurare il pieno adempimento degli obblighi internazionali già assunti o che dovranno essere assunti dall'Italia a seguito della ratifica delle convenzioni da essa sottoscritte;
  • segue l'attuazione delle convenzioni internazionali e la loro concreta osservanza sul territorio nazionale, e cura la preparazione dei rapporti periodici che lo Stato italiano è tenuto a presentare alle competenti organizzazioni internazionali competenti in materia di diritti umani, come le Nazioni Unite ed il Consiglio d'Europa; cura inoltre la preparazione di ulteriori rapporti, periodici e non, che vengano richiesti dalle organizzazioni in questione;
  • predispone annualmente la relazione al Parlamento in merito all'attività svolta dal Comitato nonché alla tutela e al rispetto dei diritti umani in Italia che il Ministro degli affari esteri è tenuto a presentare ai sensi dell'art. 1, comma 2, della L. 80/1999. L'ultima relazione, riferita all'anno 2016, è stata presentata il 18 dicembre 2017 (Doc. CXXI, n. 5);
  • collabora nelle attività volte ad organizzare e a dar seguito in Italia ad iniziative internazionali attinenti ai diritti umani, quali conferenze, simposi e celebrazioni di ricorrenze internazionali;
  • mantiene ed implementa gli opportuni rapporti con le organizzazioni della società civile attive nel settore della promozione e protezione dei diritti umani.

 

L'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNARUNAR) è stato istituito nel 2003 in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 215/2003, recante norme volte a contrastare le discriminazioni per razza ed origine etnica. L'UNAR è incardinato nell'ambito del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri. Esso ha le tipiche funzioni degli equality bodies nati come strumenti di tutela dalle discriminazioni razziali, con "funzioni di controllo e garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di tutela". In specie esso ha "il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso" (art. 7, comma 1, D.Lgs. 215/2003).

 

In base al DPCM 11 dicembre 2003, l'Ufficio si articola in due servizi: Servizio per la tutela della parità di trattamento e Servizio studi, ricerche e relazioni istituzionali.

Per quanto concerne più in dettaglio, compiti e funzioni, l'UNAR:

-         fornisce assistenza alle vittime di comportamenti discriminatori nei procedimenti intrapresi da queste ultime sia in sede amministrativa che giurisdizionale, attraverso l'azione dedicata di un apposito Contact center;

-         svolge inchieste al fine di verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori nel rispetto delle prerogative dell'autorità giudiziaria;

-         promuove l'adozione di progetti di azioni positive in collaborazione con le associazioni no profit;

-         diffonde la massima conoscenza degli strumenti di tutela attraverso azioni di sensibilizzazione e campagne di comunicazione;

-         formula raccomandazioni e pareri sulle questioni connesse alla discriminazione per razza ed origine etnica;

-         promuove studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, in collaborazione anche con le associazioni e le organizzazioni non governative che operano nel settore, anche al fine di elaborare delle linee guida o dei codici di condotta nel settore della lotta alle discriminazioni fondate su razza o origine etnica.

L'UNAR, tramite il Ministro competente, presenta ogni anno al Parlamento una relazione sull'effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull'efficacia dei meccanismi di tutela (l'ultima disponibile è la Relazione per l'anno 2014).

 

L'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatoriOsservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), è stato istituito nell'ambito del Ministero dell'Interno - allo scopo di agevolare le persone che sono vittime di reati a sfondo discriminatorio (hate crimes o crimini d'odio) nel concreto godimento del diritto all'uguaglianza dinanzi alla legge ed alla protezione contro le discriminazioni.

 

L'Oscad è un organismo interforze (Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri) incardinato nel Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale della polizia criminale. In particolare, l'Osservatorio:

riceve le segnalazioni di atti discriminatori attinenti alla sfera della sicurezza, da parte di istituzioni, associazioni di categoria e privati cittadini, per monitorare i fenomeni di discriminazione determinati da razza o etnia, nazionalità, credo religioso, genere, età, lingua, disabilità fisica o mentale, orientamento sessuale, identità di genere;

attiva, alla luce delle segnalazioni ricevute, interventi mirati sul territorio, da parte della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri;

segue l'evoluzione degli atti discriminatori denunciati alle Forze di polizia;

mantiene rapporti con le associazioni e le istituzioni, pubbliche e private, che si occupano di contrasto alle discriminazioni;

predispone moduli formativi/informativi per qualificare in materia di antidiscriminazione gli operatori delle Forze di Polizia;

elabora idonee misure di prevenzione e contrasto.

 

Il Garante dei detenutiGarante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è stato istituito dall'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013, presso il Ministero della giustizia.

Si tratta di un'autorità collegiale, composta dal presidente e da 2 membri, scelti tra persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani. I componenti dell'autorità sono nominati, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari e restano in carica per 5 anni.

Il Garante nazionale si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministero della Giustizia ed ha un ufficio con massimo 25 unità di personale.

Il Garante non svolge funzioni giurisdizionali ma vigila su tutte le forme di privazione della libertà, dagli istituti di pena alla custodia nei luoghi di polizia, alla permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione, alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza psichiatriche, ai trattamenti sanitari obbligatori.

 

In sintesi, il Garante nazionale:

-         vigila affinché l'esecuzione della custodia delle persone detenute in carcere e degli internati sia conforme a principi e norme nazionali ed internazionali;

-         visita, senza di autorizzazione, gli istituti penitenziari e tutte le strutture in cui vi siano limitazioni della libertà personale compresi i centri di permanenza per i rimpatri;

-         richiede alle amministrazioni responsabili delle strutture sopra indicate le informazioni e i documenti necessari;

-         prende visione, previo consenso dell'interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà;

-         valuta i reclami ai sensi dell'art. 35 della legge 354/1975 (ordinamento penitenziario).

Se accerta violazioni ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell'articolo 35 dell'ordinamento penitenziario, il Garante invia specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata. Se l'amministrazione non provvede, deve comunicare il dissenso motivato entro trenta giorni.

Il Garante nazionale, oltre a promuovere e favorire rapporti di collaborazione con i garanti territoriali, ovvero con altre figure istituzionali comunque denominate, che hanno competenza nelle stesse materie, tramette annualmente una relazione sull'attività svolta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia. L'ultima relazione è stata presentata nel giugno 2018.


Relazioni allegate o richieste

Le proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sono accompagnate dalla relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

La scelta di intervenire con la fonte di rango primario appare riconducibile all'impegno assunto con la risoluzione n. 48/134, che invita gli Stati membri a istituire organismi nazionali, autorevoli e indipendenti, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'istituzione di una Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani è riconducibile alla materia ordinamento dello Stato e degli enti pubblici nazionali rientrante nella potestà legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. g), della Costituzione. 

Viene altresì in rilievo la potestà legislativa esclusiva statale nella materia dei rapporti internazionali dello Stato ex art. 117, secondo comma, lett. a), Cost. in ragione della finalità di dare attuazione agli impegni assunti con la citata risoluzione ONU.